Tiflologia per l’Integrazione apr04

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Tiflologia per lIntegrazione trimestrale edito dalla Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita Onlus con il contributo dellUnione Italiana dei Ciechi e della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro CiechiAnno 14n.2 aprile/giugno 2004 Reg. Trib. Roma n. 00667/90 del 14/11/90DIRETTORE RESPONSABILE Pietro PiscitelliCOMITATO DI REDAZIONE Giancarlo Abba, Vincenzo Bizzi, Gian Paolo Menegatti, Pietro Piscitelli, Antonio Quatraro SEGRETERIA DI REDAZIONE Daniela Apicerni, Francesco Giacanelli, Giusi Piccolino DIREZIONE E REDAZIONE Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita Onlus Centro di Documentazione Tiflologica Via della Fontanella di Borghese, 23 - 00186 Roma Tel. 06.68809210/06.68219820 Fax 06.68136227 E-mail: [email protected] AMMINISTRAZIONE Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita Onlus Via G. Ferrari, 5/A 20052 Monza (MI)1Stampa Tipografica La Piramide Via A.M. Valsalva, 34 Roma Tel. 06.35500452 Grafica Roberto Accorsi Abbonamento Euro 10,33 da versare sul c/c n. 00853200 intestato a: Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita Onlus Via G. Ferrari, 5/A 20052 Monza (indicando la causale del versamento) Gli articoli firmati esprimono lopinione dellautore, che non coincide necessariamente con la linea della redazione. Finito di stampare il 25 maggio 2004( logo USPI) Tiflologia per lIntegrazione associata allUSPI Unione Stampa Periodica Italiana Sommario EDITORIALE Legge Stanca e Riforma Moratti: punti di intersezione Pietro Piscitelli DIDATTICA Riflettendo sul processo di integrazione2Antonio Passaro ORIENTAMENTO E MOBILITA Il bastone bianco lungo simbolo della cecit ed ausilio di mobilit (2a parte) Corrado Bortolin e Giovanni Bosco Vitiello STRUMENTI PER LORIENTAMENTO PROFESSIONALE I reattivi psicologici nellorientamento: riflessioni sul loro impiego con utenza affetta da disabilit visiva Barbara Muzzatti MINORAZIONE VISIVA E PLURIDISABILITA I comportamenti problematici nei disabili gravi e coinvolgimento della famiglia Domenico Vaccaro e Angela Mecca ESPERIENZE DIDATTICHE Unesperienza di gruppo per crescere insieme STORIA DELLA TIFLOLOGIA Storicit e attualit di Louis Braille Carlo Monti Segnalazioni bibliograficheLEGGE STANCA E RIFORMA MORATTI: PUNTI DI INTERSEZIONENoi tutti abbiamo salutato con favore, nei primi giorni di questo anno, quale momento conclusivo delle celebrazioni del concomitante anno europeo della disabilit, il varo della L.9 gennaio 2004, n.4, cd. Legge Stanca dal nome del suo proponente Ministro per lInnovazione e le Tecnologie che detta disposizioni per favorire laccesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. Il provvedimento riunisce in s le disposizioni di diverse proposte di legge in materia e nel corso della Conferenza internazionale sullinvecchiamento, la disabilit e lautosufficienza, tenutasi a Washington il 5 dicembre 2003 organizzata dallUE e dal Governo Federale3Statunitense stata riconosciuta quale normativa esemplare per il superamento del cosiddetto digital divide, ovvero della barriere digitali limitanti laccessibilit delle categorie svantaggiate alle nuove tecnologie informatiche e, in particolare, al mondo di Internet. Secondo uno studio della Disability Rights Commission della City University of London, incaricata di svolgere una formal investigation sui problemi legati allaccessibilit informatica e sulle possibili soluzioni per la navigazione in rete, luso di strumentazioni informatiche e, insieme ad esso, laccesso e la navigazione in Internet sono diventati negli ultimi anni una pratica diffusa per milioni di persone per motivi di entertainment, posta elettronica e studio/lavoro, e-commerce. Tuttavia, sia la civilt della tecnologia informatica e digitale, sia il villaggio globale costituito da Internet si affidano prevalentemente ad automatismi, a immagini e a simboli e tutto ci rende analfabeta anche il pi colto dei ciechi. Nasce, perci, il concetto di accessibilit definito dallart. 2 della Legge Stanca come la reale fruibilit di tutte le fonti di informazione digitali anche a chi, in condizioni di disabilit, necessita di tecnologie assistive, ovvero di strumenti e soluzioni tecniche, hardware e software, anche personalizzate che azzerano limpatto invalidante della minorazione. La grande novit della Legge laver esteso tale concetto anche agli strumenti didattici e formativi, utilizzati e utilizzabili nelle scuole di ogni ordine e grado. Nella scuola disegnata dalla Riforma Moratti (L. 53/2003) e dal recente decreto applicativo (D.Lgs. 59/2004), linformatica e tutto ci che ad essa collegato costituiscono elementi fondanti nella formazione dei giovani studenti fin dai banchi delle scuole elementari. Una scuola di tutti e di ciascuno recita lart. 1 della L. 53/2003: dunque una scuola nella quale, secondo quanto disposto dallart. 5 della Legge Stanca, si dovr provvedere, nellambito delle disponibilit di bilancio, alladozione di accorgimenti tecnici per favorire lutilizzo di tecnologie informatiche da parte dei disabili, indifferentemente che si tratti di alunni, docenti e non docenti. Una scuola nella quale il materiale didattico e formativo sia conforme e rispondente alla minorazione di colui che ne fruisce al punto da far obbligo alla stipula di idonee convenzioni tra il Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca e le associazioni di editori al fine di garantire che la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche si accompagni sempre alla fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali, accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno. Una scuola che tenga conto degli standard dellaccessibilit informatica anche nel predisporre il proprio portale. Una scuola nella quale possano trovare spazio progetti e iniziative per favorire laccessibilit alle opere multimediali, nel rispetto delle indicazioni provenienti sia dal4Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, che dal Ministero per i Beni e le Attivit Culturali e sviluppate di concerto con le principali associazioni delle persone disabili. un assetto futuro quello qui descritto, la cui operativit legata allemanazione di norme regolamentari alla cui stesura, secondo notizie recenti, sta lavorando un gruppo congiunto di lavoro costituito dal MIUR e dal Ministero per lInnovazione e le Tecnologie al fine di ottenere il massimo consenso possibile su una materia cos complessa e innovativa e soprattutto al fine di evitare che il limite delle disponibilit di bilancio diventi il limite per la costruzione della cosiddetta scuola nuova.Il Direttore Responsabile prof. Pietro PiscitelliRIFLETTENDO SUL PROCESSO DI INTEGRAZIONEdi Antonio Passaro I disabili visivi costituiscono un insieme molto eterogeneo e complesso, sia per la variet delle condizioni umane, sia per le differenze di prospettiva riabilitativa, scolastica e sociale. Ci che li accomuna appunto la complessit del loro danno e la necessit di una precoce diagnosi con la quale si possa concepire e promuovere un progetto di vita che consenta un percorso formativo integrato. Nel processo di integrazione incidono fortemente la figura dellinsegnante e la cultura della istituzione scolastica rispetto alle diversit e sar quindi importante che la persona dellalunno sia conosciuta approfondendo gli aspetti eziologici della minorazione, la tipologia del danno, la presenza di deficit addizionali. Alunno, insegnante e scuola sono i tre aspetti che si analizzeranno in funzione del processo di integrazione scolastica. Esaminiamo le principali cause di minorazione visiva che possono presentarsi in et pediatrica, come riportate in una ricerca condotta dalla Fondazione Hollman: Rop (retinopatia del pretermine) 37% Subatrofia/atrofia del nervo ottico 24,69% Malformazioni congenite 14,8% Cataratta 9,8% Toxoplasmosi 4,9%5 Anoftalmia 3,7% Glaucoma congenito 1,2% Patologie varie 3,7 %Questo primo quadro dovr essere poi associato ad un esame degli alunni che si riferisca al loro processo cognitivo-apprendimentale, per poter essere funzionale alla scelta didatticometodologica da effettuarsi in ambito scolastico: Soggetti con cecit assoluta dalla nascita. Soggetti con perdita progressiva del visus. Soggetti con ridotta funzione del visus. Soggetti con cecit o minorazione visiva associata ad altri deficit (pluriminorati).Inoltre occorre considerare come, in questi ultimi decenni, si stia maggiormente prefigurando una tipologia dalunno che presenta molteplici e vari deficit addizionali. Sar, quindi, necessaria una attenta valutazione del danno visivo, correlata alle possibili minorazioni aggiuntive associate. A tal fine pu risultare utile una elaborazione visuale della complessit della minorazione utilizzando il diagramma di Venn. Suddividiamo, quindi, gli alunni in tre gruppi: 1. Soggetti disabili visivi con danni delle funzioni simboliche e relazionali. 2. Soggetti disabili visivi che presentano danni delle funzioni neuromotorie. 3. Soggetti disabili visivi con difficolt di apprendimento. In rapporto alla variabilit dei deficit addizionali possiamo considerare ulteriori situazioni tipologiche quali: 1. Soggetti con danno delle funzioni simboliche/relazionali e neuromotorie. 2. Soggetti con danno delle funzioni simboliche/relazionali e difficolt di apprendimento. 3. Soggetti con danni delle funzioni neuromotorie e difficolt di apprendimento.614215326In ultimo, pu indicarsi la situazione di concomitanza totale delle condizioni precedenti, identificabile nella tipologia della pluriminorazione grave (punto 7).1 4 25 7 63Dopo queste precisazioni, si comprende limportanza di soffermare lattenzione sulla specificit della tipologia dellalunno con minorazione visiva in rapporto alle variabili presentate, tenendo conto degli aspetti addizionali pi incidenti sul profilo apprendimentale e comportamentale, con lobiettivo di costruire una cultura dellaccoglienza in ogni istituzione scolastica, al fine di produrre migliori forme di organizzazione interna didattiche meglio adeguate. Linsegnante Ritengo opportuno precisare quali siano le funzioni preminenti dellinsegnante specializzato nel suo agire professionale nei confronti dellalunno con minorazione visiva. a) La funzione di osservatore e competenzeLosservazione ha un valore conoscitivo ed un intento formativo, uno stile di vita, una modalit dellessere con laltro. Nella relazione con la diversit, il saper osservare diviene il7punto iniziale di ogni possibile trattamento. Losservazione anzitutto una esperienza di libert: libert della mente di muovere da s, per entrare in relazione con un oggetto, per andare verso laltro. Un insegnante abituato ad osservare potr cogliere cos i messaggi che lalunno gli manda, la molteplicit dei segni che sono spesso eterogenei o contraddittori ed appaiono senza un significato immediato. Attraverso losservazione linsegnante si apre alla problematicit, non attua la fase del giudizio, cerca di cogliere il divenire, la processualit senza fermarsi a valutare il solo prodotto. Linsegnante/osservatore crea la relazione, crea cio il clima nel quale si esplica il rapporto con lalunno, prepara il contesto nel quale promuovere lincontro alunno-coetaneidocente. Losservare comporta di conseguenza il valutare secondo un principio riflessivo che supera la visione oggettivante, permettendo allinsegnante di ripensare il suo agire e di autovalutarsi. Losservazione, nella relazione, permetter anche di riflettere su ci che si fa o si fatto, indipendentemente dai risultati. Per questi motivi osservare apprendere dallesperienza. b) Linsegnante come mediatore del processo di apprendimento e di socializzazioneNel momento in cui si deve realizzare un intervento educativo/riabilitativo, riferito ad alunno non vedente, si deve pervenire ad una interrelazione di stimoli/azioni, che rendano l'intervento compatibile con il soggetto che lo riceve, con le sue disfunzionalit e con l'ambiente in cui si attua. Da questo presupposto, affrontando il problema dei metodi e delle tecniche per la realizzazione di un intervento, si evidenzia come occorre precisare bene i significati di intervento e di persona affetta da cecit o ipovisione o pluriminorazione. Se riflettiamo sulla metodologia tradizionale e, di conseguenza, sulle tecniche ad essa inerenti, notiamo come nella pratica comune si dia maggior peso all'aspetto biologico del danno, trascurando, troppo spesso, gli aspetti socio-educativi. Al contrario, il versante educativo per troppo tempo si negato ad aperture verso il riabilitativo, contribuendo ad edificare delle barriere che non esistono o che non dovrebbero esistere. Forse ci si dimentica frequentemente che il bambino, o l'adolescente, a cui si riferisce un intervento, unit e quindi debba considerarsi e rispettarsi la persona. Una difforme considerazione dell'aspetto metodologico pu, quindi, indurre una8distorsione conoscitiva ed operativa. Un vero metodo deve sempre rifarsi ad una visione dinamica di ci che intercorre tra soggetto, figure educative-riabilitative ed ambiente. indubbio che l'intervento sia la risultante di due momenti precursori quali l'osservazione e la valutazione. Ormai prassi operativa avvalersi della diagnosi funzionale come punto fermo per la stesura del profilo dinamico funzionale e del PEI. Non si pu, quindi, partire dall'osservazione senza arrivare a valutare. Il problema nel saper valutare, nel saper considerare gli aspetti ricavati dal processo osservativo, nel porre in giusta considerazione gli elementi, senza sminuirli o enfatizzarli. La valutazione richiede una profonda conoscenza esperienziale, una consapevolezza della personale dimensione interiore, una conoscenza riabilitatore. Occorre pervenire ad una valutazione come giudizio dinamico che riguarda la funzionalit del soggetto. Appropriandoci di un linguaggio clinico possiamo dire che, mentre l'osservazione e la valutazione contribuiscono alla formulazione della diagnosi, la prognosi che si collega e si integra con la metodologia dell'intervento. Conoscere per prevedere: un intervento acquista un senso ed un valore solo se stata posta una prognosi. c) Linsegnante come mediatore delle relazioni del proprio ruolo di insegnante o diUn riferimento particolare deve essere fatto alla minorazione visiva, che incide in modo determinante sulla scelta metodologica. La mancanza del canale visivo comporta una scelta relazionale, un approccio metodologico che dovr fondarsi sugli aspetti tattilo-aptici, tonicoposturali ed emotivo-verbali; , inoltre, da sottolineare come la mancanza di reciprocit oculare possa comportare un disturbo nella relazione, proprio nella fase iniziale dell'approccio. Da questa precisazione torniamo a ridiscutere dell'intervento affermando che la logica di un progetto dipende dal giudizio prognostico. Si pu notare come, di fronte alla situazione dellalunno con danno visivo, l'operatore possa presentare due tipi di risposte: o inibirsi o darsi da fare. La situazione della grave diversit, aggiunta alla negata specularit dovuta alla mancanza della vista, induce pi spesso la soluzione del pragmatismo: provare, tentare, non arrendersi.9Questo comportamento, in un esame di carattere metodologico, pu risultare improduttivo; allo stesso modo, il ricorrere all'uso di tecniche varie pu spingere l'educatore o il riabilitatore a sottoporre il soggetto ad eccessive stimolazioni, con risultati negativi. allora opportuno precisare, nella stesura di un PEI, alcuni punti fermi per la gestione collaborativa dell'intervento: a) Valutazione critica degli aspetti dell'intervento. b) Cogestione degli aspetti educativi e riabilitativi. c) Individuazione e scelta di specifiche didattiche. d) Definizione degli atteggiamenti educativi. e) Elaborazione di una scala di priorit nella scansione degli obiettivi. f) Esame delle interferenze possibili. g) Valutazione collegiale e formulazione del PEI. Sar altres necessario che, fra insegnanti/educatori e figure riabilitative, si sviluppino, nella forma colloquiale, approfondimenti di studio e di ricerca, per dare continuit alle azioni didattiche. Ad esempio, sar opportuno che il riabilitatore conosca le linee dello sviluppo motorio del bambino cieco, che si approfondisca il rapporto tra cecit come danno funzionale, e processi di apprendimento, che si esamini in modo diverso il rapporto che pu intercorrere tra il soggetto non vedente e gli oggetti. Fra insegnante e riabilitatore dovr stabilirsi il principio che l'osservazione assume un valore relazionale, da cui sar poi importante progettare forme di adattamento del metodo allalunno. Occorrer maturare una coscienza deontologica dalla quale nasca un atteggiamento collaborativo ed il convincimento che il PEI l'espressione sinergica di pi competenze; in esso, gli aspetti di qualit e di quantit, di relazione e di durata si intersecano per offrire tono e motivazione alla scansione dell'intervento. Gli alunni minorati della vista hanno bisogno di trovare ragioni per collaborare in funzione della loro stessa identit. La diversit sensoriale non solo occasione di stimolo e di conoscenza, ma anche domanda di positive relazioni e cooperazioni nella fattiva e produttiva logica dellintegrazione. Il problema consiste nellapprontare e nello svolgere una programmazione con lo scopo di permettere allalunno e ai suoi compagni di vivere la diversit non come un limite, ma come occasione di apprendimento e di socializzazione nella globalit delle interrelazioni possibili,1 0Gruppo classeconsentendo una visione insieme olistica ed analitica del problema cui si va incontro, nel tentativo di progettare e di produrre servizi alla persona, mediante la relazione con altre persone. Inoltre, poich la situazione di apprendimento si svolge nellampio contesto della classe e dei laboratori, linsegnante dovr evitare le interferenze negative e facilitare le collaborazioni attive. fondamentale motivare la presenza dellalunno, spiegando cosa vuol dire il non vedere e rielaborando a tutto il contesto educativo la storia dellalunno non come insieme di dati clinici sempre patologici, ma come storia di vita. Lambiente scolastico, gli insegnanti, i coetanei, le famiglie dei frequentanti, il personale non docente, possono non avere esperienza nel settore dellhandicap visivo; si pu avere una risposta enfatizzata del problema, un atteggiamento di permissiva affettivit o un vissuto negativo verso la situazione di handicap che si manifester con il rifiuto, non palese, dellalunno stesso.0100090000037400000002001c00000000000400000003010800050000000b02000000000 50000000c020907140e040000002e0118001c000000fb029cff00000000000090010000000004 40001254696d6573204e657720526f6d616e0000000000000000000000000000000000040000 002d0100000400000002010100050000000902000000020d000000320a5a000000010004000 0000000100e0807209d2d001c000000fb021000070000000000bc02000000000102022253797 374656d000000000000180000002cc8110001000000e404000000000000040000002d010100 030000000000 d) Le caratteristiche dellinsegnanteDa quanto indicato si evidenziano le tre caratteristiche che dovrebbe possedere un insegnante per assumere un corretto atteggiamento deontologico: autorevolezza, tolleranza, competenza. I primi due elementi derivano dalla assunzione di uno stile osservativo e dalla capacit di contemplare nella propria mente la riflessivit dellessere osservato dallalunno, il terzo dalle esperienze e dalle conoscenze maturate. La formazione dellinsegnante passa anche attraverso lesperienza di lavoro in gruppo, negli incontri di discussione, nel confronto del proprio agire con i colleghi, nelle simulazioni1 1indotte. Un tale lavoro sul campo favorir in lui lacquisizione di maggiore autorevolezza nelle relazioni e la capacit di tollerare le frustrazioni che possono insorgere nella quotidianit. Connotare una scuola a misura dell'alunno compito arduo; pi facile promuovere forme di adattamento degli alunni alle strutture scolastiche che modificarne l'assetto per favorire il processo di sviluppo di ogni singolo. La scuola Da questo aspetto centrato sulla valutazione dellalunno si evidenzia come compito della scuola sia funzione di mediazione. La famiglia si trovata da sola a confrontarsi con la durissima esperienza del bambino minorato della vista, la societ non ha ancora scoperto la presenza del bambino e la famiglia ha dovuto cercarsi le risposte da sola, prima nellambito clinico, poi nel contesto affettivo ed in ultimo nella speranza. Ora tocca alla scuola dare significato alla presenza dellalunno non vedente. Non vi possibilit di accoglienza, se non sostenuta dalla speranza e dalla consapevolezza di poter programmare anche per lui una risposta proiettata nellavvenire. La comunit scolastica deve saper programmare laccoglienza con la consapevolezza di poter progettare un lavoro educativo che sia la risposta ai problemi dellalunno. Se lalunno, nella scuola, non si sentir accolto; se non avvertir che nei suoi confronti si sviluppato un atteggiamento di fiducia, non potr maturare il proprio sentimento di appartenenza. Egli si sentir un estraneo, avvertir manifestazioni di affetto e di relazione che non lo riguardano, potr arrivare ad autoescludersi sino a giungere a pericolose manifestazioni di isolamento: il processo di adattamento diviene propedeutico al momento dellintegrazione. 0100090000037400000002001c00000000000400000003010800050000000b02000000000 50000000c020907140e040000002e0118001c000000fb029cff00000000000090010000000004 40001254696d6573204e657720526f6d616e0000000000000000000000000000000000040000 002d0100000400000002010100050000000902000000020d000000320a5a000000010004000 0000000100e0807209d2d001c000000fb021000070000000000bc02000000000102022253797 374656d000000000000180000002cc8110001000000e404000000000000040000002d010100 030000000000 Il concetto di integrazione implica in s lo sviluppo della comunicazione, cio il momento della partecipazione poich lintegrazione una partecipazione pi articolata, dove si1 2il primoquello dellaccoglienzache coinvolge linsegnante nella suaraggiungono le possibilit di espressione personale. Lo scenario, che oggi sembra delinearsi dalla scuola dell'autonomia, offre nuovi spazi d'azione che possono essere ritrovati nelle recenti disposizioni legislative che, se ben interpretate, favoriscono la possibilit di attuare quella flessibilit organizzativa che rende significativa la presenza dell'alunno non vedente. La legge 15 marzo 1997 n. 59, meglio conosciuta come legge sull'autonomia scolastica, all'articolo 21, indica come l'autonomia organizzativa finalizzata alla realizzazione della flessibilit, della diversificazione, dell'efficacia e dell'efficienza del servizio scolastico all'integrazione ed al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, allintroduzione di tecnologie innovative ed al coordinamento con il contesto territoriale. Da tali disposizioni, la comunit educante potr trovare le risorse che valorizzino la presenza dell'alunno con minorazione visiva, attraverso un progetto di scuola aperto all'accoglienza e che preveda la possibilit di adattamento ai ritmi d'apprendimento e alle possibilit recettive di ogni singola diversit, come indicato dal DPR 275/99 . Allart. 1, co. 2, si parla di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalit e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con lesigenza di migliorare lefficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. evidente che dovranno prevedersi contenuti disciplinari personalizzati e delle differenziazioni procedurali; ambedue questi aspetti trovano risposta nel disposto dellart. 3 (piano dellofferta formativa) e dellart. 4 (autonomia didattica). In primo luogo la progettazione dovr essere bilanciata tra offerte di tipo curricolare ed extracurricolare, educative ed organizzative; lalunno dovr seguire percorsi ben tracciati che coinvolgano pi agenzie, anche di tipo riabilitativo, con la specifica precisazione che sar la scuola a dover gestire linsieme delle proposte in un equilibrato ed organizzato servizio. Articolazione modulare del monte ore, definizione di unit di insegnamento appropriate, percorsi didattici individualizzati, costituzione di gruppi di alunni provenienti dalla stessa classe, da diverse classi o da diversi anni di corso, laggregazione delle discipline in aree e ambiti, sono i riferimenti che favoriscono il superamento di una negativa burocratizzazione, ancora retaggio della legge 517/77 (unit di ciascuna classe). Lautonomia didattica si sostanzia nella scelta organizzativa, nellimpiego diversificato dei docenti, nella possibilit di scelte metodologiche pi funzionali, con la costituzione di strutture gruppo facilitanti lintegrazione, che prevedano allinterno, momenti individuali ed1 3individualizzati ben scanditi, cos da eliminare i tempi negativi di una presenza in aula dellalunno che ne favorisca pi lemarginazione che la socializzazione. La scuola pu costituire dei nuclei di docenti esperti per lintegrazione, creando spazi e strutture, cos da poter accogliere, allinterno, le figure di altri operatori, che verrebbero ad operare nella struttura scolastica, in sinergia con gli insegnanti. Lultimo aspetto dellautonomia, e forse il pi importante, previsto nel Regolamento, si riferisce alla ricerca ed alla sperimentazione. Ancora oggi, a distanza di anni, la singola scuola che ha acquisito nel trattamento di un soggetto non vedente una competenza, alle dimissioni dellalunno per cessata frequenza, non messa nella condizione di divulgare il patrimonio dei saperi acquisito, delle metodologie attuate, n pu suggerire le strategie adottate; anche la dotazione specifica di strumenti e sussidi, di cui si dotata, rimane immagazzinata in se stessa. Al contrario, la presenza ridotta, nella popolazione scolastica, di alunni non vedenti o ipovedenti con o senza minorazioni aggiuntive, potrebbe portare ad una diffusione ordinata e catalogata dei risultati didattici, ad una divulgazione in rete, del patrimonio cognitivo acquisito. Allart.6 si delinea la possibilit che ci avvenga, prospettando il ruolo che assume laccordo di rete, lo scambio di docenti specialisti per larricchimento formativo e lutilizzo delle risorse. Integrare l'alunno nel contesto della scuola vuol dire "abilitare" la comunit educante ad accogliere e relazionarsi con l'alunno senza enfasi o pietismi, senza proclami ma con reale convincimento che ogni identit ha diritto alla propria crescita originale. In questa nuova cultura dell'autonomia, i docenti potranno costituire un nucleo operativo che realizzi scelte fortemente condivise dalle quali far nascere progetti mirati e individualizzati. La scuola dovr cercarsi dei partner e delle collaborazioni attraverso forme di "convenzione" con altre agenzie educative e riabilitative, poich, tanto pi l'alunno complesso, tanto maggiore dovr essere lo sforzo per pervenire ad una azione educativa e riabilitativa estesa. La scuola dell'autonomia diviene la scuola del "progetto" che, riconoscendo i suoi limiti, cerca di colmarli attraverso forme di collaborazione con altre agenzie, per realizzare quel continuum di relazioni nelle quali anche l'alunno con minorazione visiva possa ricevere risposte reali ai suoi bisogni di crescita e ricostruire gradatamente la sua identit.1 4Antonio Passaro dirigente scolastico e tiflologoIL BASTONE BIANCO LUNGO, SIMBOLO DELLA CECIT ED AUSILIO DI MOBILIT (2a parte)Corrado Bortolin e Giovanni Bosco Vitiello Il bastone come strumento e come ausilio Proseguendo nella nostra indagine nell'universo del bastone bianco bene ricordare che gli ausili tradizionali della mobilit sono: Laccompagnatore. Il bastone bianco lungo. Il cane guida. Sono chiaramente tre sistemi per la mobilit assolutamente asimmetrici e la valutazione comparativa diretta non aiuta a capire il valore intrinseco di ciascuno di essi. In diversa misura e con un diverso grado di libert queste tre modalit hanno consentito e consentono la mobilit della persona minorata della vista. La loro potenza ed il loro potere nello sviluppo e promozione dell'autonomia personale dipendono tanto da condizioni intrinseche alla modalit utilizzata quanto da componenti estrinseche e sistemiche. Noi rimaniamo ancorati, in questa sede, al bastone bianco non per escludere o sottovalutare gli altri due sistemi di mobilit, ma, semplicemente, per coerenza argomentativa rispetto al tema che ci siamo dati: il bastone bianco lungo come strumento tradizionale, simbolico e primario di mobilit. In questa seconda parte ci concentreremo sui concetti di ausiliarit e di strumentalit. Lausilio (aiuto, complemento nello svolgimento di una determinata attivit o nel conseguimento di uno scopo definito) un prolungamento, in senso lato, del cervello; una manifestazione della plasticit ideativa dellhomo faber. Un'ombra semantica sottile lo differenzia dallo strumento come arnese indispensabile per lo svolgimento di un'attivit. Lefficacia dello strumento condizionata (esaltata o inibita) dalle abilit, dalla perizia, dall'esperienza e dalla intelligenza di chi ne fa uso. Il soggetto operante trasforma uno strumento in ausilio. Nelle mani della persona abile lo strumento - da mero oggetto/arnese di cui ci si pu attivamente e abitualmente servire per il conseguimento di uno scopo riducendo la fatica ed ottimizzando la forza - diviene un mezzo espressivo della persona. Per meglio capirci un buon frullatore aiuta la cuoca esperta a preparare una buona torta con minor fatica1 5ed in tempi pi brevi, ma se la cuoca pessima nessun frullatore, anche il pi costoso, le sar di giovamento e, probabilmente, i suoi ospiti continueranno a mangiare mattoni zuccherati. I bastoni bianchi lunghi sono strumenti nella misura in cui servono unicamente a rilevare elementi strutturali e/o variabili che si vengono a collocare entro lo spazio di deambulazione. Intercettando questi elementi (non necessariamente sono ostacoli) aiutano la persone con disabilit visiva a verificare lo stato di fatto del piano di calpestio. Se utilizzato in modo appropriato il bastone evita la collisione diretta e consente di rilevare a circa un passo e mezzo quanto posto sulla propria traiettoria. In questo senso si pu dire che il bastone bianco lungo aiuta a supplire allintrinseca impossibilit (cecit) o ridotta capacit (ipovisione) nel rilevare elementi a distanza e, quindi, aiuta la persona a mettere in atto adeguate strategie conseguenti (evitamento - incontro). A questo livello il bastone garantisce l'incolumit (entro certi limiti strutturali) e la mobilit pu essere esercitata in modo funzionale con processi lineari di concatenamento di elementi sequenziali. Il salto qualitativo avviene quando la persona integra ed elabora i dati oggettuali rilevati dal bastone tanto a livello tattile (colpire un oggetto, texture delle superfici) che propriocettivo (percepire una variazione di quota) e acustico (risonanza caratteristica dei materiali e dei volumi) entro un quadro esperienziale e cognitivo di pi ampia portata. Divenuto ausilio lo strumento bastone consente la decodificazione di messaggi ambientali e la loro riorganizzazione entro un quadro di riferimento che permette di definire la propria posizione e/o spostamento in riferimento ad elementi rilevanti dello spazio circostante. In modo simmetrico la persona pu determinare la posizione e/o spostamento di oggetti rispetto a se stesso. Infine le medesime determinazioni possono avvenire rispetto ad un movimento relativo di entrambi. Tutto questo integrato in un quadro progettuale, in sistemi di controllo e di operazioni decisionali secondo scelte di responsabilit. Tecnologie per la mobilit e bastoni bianchi lunghi Gli strumenti tradizionali della mobilit appartengono al gruppo definito primario o di primo ordine nel senso che le loro caratteristiche fondamentali sono rimaste sostanzialmente identiche a se stesse e sono (attualmente) imprescindibili per una mobilit sicura. L'evoluzione sociale, tecnica e tecnologica offre ai disabili visivi servizi di accompagnamento pi efficaci, diversi e migliori modelli di bastone bianco lungo, nuove razze per l'addestramento di cani guida. Non (ancora) responsabilmente proponibile una mobilit1 6autonoma senza l'uso di uno di questi strumenti. Meglio ancora, linnovazione tecnologica non ha prodotto (ancora) nuovi strumenti primari per la mobilit. Ci che risulta assolutamente innovativa la ricerca applicata e la presenza sul mercato di strumenti per la navigazione capaci di fornire informazioni ambientali aggiuntive che possono facilitare l'elaborazione dei dati raccolti. La prima osservazione che le nuove tecnologie non sostituiscono (ancora) i vecchi e tradizionali strumenti della mobilit, ma integrano, potenziano e li completano sotto laspetto informazionale; cio sono capaci di fornire informazioni pregnanti per l'orientamento, la pianificazione, la realizzazione ed il controllo di progetti di mobilit. Proprio per questa loro intrinseca natura essi sono sistemi di informazione e di comunicazione per la navigazione. Non possono dirsi propriamente nemmeno sistemi per lorientamento perch informare sulla posizione locale non significa implicitamente che il destinatario sappia collocare ed integrare questa informazione entro un quadro di riferimento in cui determinare la traiettoria desiderata, operazione che propriamente dicesi orientarsi. Attualmente, a tale obbiettivo sembrano avvicinarsi i sistemi a controllo satellitare che potranno dare "passo dopo passo" le stringhe sequenziali di orientamento spaziale per raggiungere la destinazione individuata. Lorientamento non uno stato, ma un processo molto pi complesso del qui ed ora; una elaborazione cognitiva dinamica ed interattiva, una modalit o strategia del pensiero operativo. Qui si vuole semplicemente evidenziare che i criteri per valutare gli strumenti di deambulazione e quelli di informazione (nel senso specificato sono ausili per la mobilit) sono asimmetrici in modo intrinseco. Se il primo gruppo pu configurarsi primariamente come ausili per una deambulazione sicura il secondo viene a configurarsi come ausili per la trasmissione di informazioni utili anche alla mobilit. La ricaduta sul mercato dei risultati della ricerca applicata sar presumibilmente quella di un paesaggio altamente differenziato in cui interagiranno molteplici sistemi, non incompatibili tecnicamente e tecnologicamente tra loro, ma capaci di integrare reciprocamente il proprio nucleo informativo. Qui di seguito riportiamo, in ordine alfabetico, alcune tecnologie innovative per la mobilit. Esse integrano, arricchiscono, completano i sistemi tradizionali e si configurano essenzialmente come sistemi di informazione che facilitano l'orientamento e quindi la navigazione.1 7Bastone ad infrarossi. La ricerca applicata ha consentito la realizzazione di un bastone che utilizzando il sistema di emissione ad infrarossi consente di inviare segnali nella banda delle onde elettromagnetiche lunghe e ne legge le risposte. I sensori captano i raggi riflessi dagli ostacoli che, proprio perch riflessi, tornano verso la fonte emittente dove un computer decodifica ed interpreta i segnali. Si tratta quindi di un radar che intercetta quanto si pone sul percorso. Il sistema alimentato da batterie e consente di evidenziare alcune categorie di ostacoli: variazioni di quota del piano di calpestio (gradini), oggetti alti fino a 15 centimetri, oggetti alti fino a 75 centimetri. A ciascuna di queste tipologie associato un segnale di allertamento che viene trasmesso all'utilizzatore attraverso un auricolare. Bastone ad ultrasuoni. La tecnologia elettronica applicata al bastone prende spunto dal modo con cui i pipistrelli si muovono e localizzano gli oggetti lungo il proprio itinerario. Il bastone, dotato di una trasmittente emette onde sonore nella banda degli ultrasuoni; un microchip interno al bastone stesso elabora le informazioni di ritorno e le trasforma in segnale tattile, meglio in una vibrazione. Il segnale decodificato attiva uno o pi dei quattro cuscinetti vibratili inseriti nell'impugnatura. L'intensit della vibrazione proporzionale alla vicinanza dell'oggetto intercettato. Bastone vibratile. Il sistema segmentato nei seguenti elementi costitutivi: impianto a terra di guida elettromagnetica, bastone vibratile, segnalatori in tecnologia Walk Assistant (WA), unit individuale WA. L'impianto assolve alla funzione di fornire al non vedente la direzione di percorrenza. Ci viene realizzato mediante una sorta di corrimano elettronico generato da un conduttore nascosto nella pavimentazione e attraversato da un debolissimo segnale che, captato da un bastone bianco per non vedente opportunamente adattato, lo trasforma in una vibrazione percepibile all'impugnatura. Entrando nell'area d'influenza di un segnalatore, l'unit individuale riproduce in modo totalmente automatico, frasi, commenti vocali per una durata complessiva di due ore, fornendo al non vedente l'esatta posizione ed il posizionamento relativo dell'utilizzatore rispetto al segnalatore, con una indicazione di direzione e di verso che permette la generazione di frasi specifiche in funzione della posizione del corpo. Il contenuto informativo dell'unit pu essere liberamente programmato in sito, disponendo il sistema di una funzione di autoapprendimento. Il sistema pu essere attivato anche come bussola vocale o per brevi marce azimutali assistite, nel caso non fosse possibile la posa del cavo nella pavimentazione. Segnaletica sul piano di calpestio. La tecnica e la tecnologia sono applicate sul pavimento e giocando su un accurato studio del percezione tattile, plantare1 8ed acustica, quindi su una differenziazione degli stimoli di texture, vengono trasmesse informazioni rispetto a condizioni permanenti dell'ambiente. La discriminazione del segnale pu avvenire secondo tre principali modalit: accostamento di materiali di diversa natura, di natura simile ma con superfici differenti ed infine materiali diversi sia per natura che per trattamento di superficie. A livello informale un semplice zerbino funge da segnalazione sul piano di calpestio indicando con buona probabilit, per esempio, un'entrata o una scala. In un contesto urbano si assiste, sebbene non in modo omogeneo, ad un tentativo di standardizzazione della segnaletica fondamentale tanto a livello nazionale quanto internazionale. Per semplicit evidenziamo i due segnali che per chiara leggibilit risultano maggiormente diffusi. Le linee parallele a rilievo indicano solitamente la direzione di marcia in ambienti poveri o privi di punti e di linee di riferimento (naturali). In alternativa intercettano la traiettoria di deambulazione ed indicano che a destra oppure a sinistra vi un'area di interesse. La struttura a punti ha il compito di allertare la persona indicando l'imminenza di un'area di attenzione e/o di pericolo. In alcune situazioni possono indicare anche cambio di direzione o presenza di attrezzature di interesse. Sistemi informativi ad infrarossi. Questi tipi di sistema fungono da sportello informatore. Essi sono formati da un insieme di unit denominate trasmettitori le quali possono essere collegate fra loro formando delle reti geografiche, supervisionate, oppure in applicazione individuale. I messaggi vocali, irradiati per mezzo di trasmissione a raggi infrarossi, sono ricevuti da terminali portatili, in dotazione agli utilizzatori. Il terminale funziona a batteria, la quale pu essere agevolmente ricaricata con apposito dispositivo di carica rapida. Consente la navigazione urbana ed extraurbana. Il sistema di diffusione messaggi da considerarsi modulare ed espandibile. I fasci di raggi infrarossi emessi dai trasmettitori creano un vero e proprio percorso informativo e di orientamento per il disabile, anche se invisibile all'occhio umano. All'interno dei trasmettitori sono inseriti degli elementi intelligenti per la distribuzione dei raggi infrarossi e quindi dell'audio. Essi sono in grado di riprodurre messaggi audio di tipo "fisso" cio residenti nell'unit, ma modificabili. Il volume della ricezione regolabile. I trasmettitori sono installati nei punti d'interesse ed indicano la tipologia del luogo e dell'elemento in cui sono posti. Il ricevitore, simile al telecomando di un cancello, portato dal disabile, esso consente lintercettazione dei raggi infrarossi emessi dai trasmettitori, ricevendo cos le informazioni che mettono in condizione l'utilizzatore di orientarsi e conoscere ci che gli sta intorno. Il ricevitore un dispositivo personale d'ascolto, dotato di auricolare supplementare e di altre funzioni. Sistemi infrarossi. Questo sistema si basa su1 9una pluralit di trasmettitori di fasci di raggi infrarossi modulati ed una pluralit di ricevitoridecodificatori dei fasci emessi dai trasmettitori. Gli apparati di trasmissione possono essere dislocati sul territorio urbano sia su postazioni fisse sia mobili ed hanno il compito di creare delle corsie di luce infrarossa entro le quali il disabile visivo si autopilota per mezzo del ricevitore, il quale gli fornisce istruzioni di navigazione in audio anche parlato. I fasci di raggi infrarossi emessi dai trasmettitori creano delle corsie di larghezza e lunghezza che variano in funzione della postazione ove collocato il trasmettitore ed in relazione all'ambiente dove lo stesso opera. Le lunghezze possono variare da alcuni metri fino a 60-70. Le larghezze possono variare in funzione dell'apertura dell'angolo dirraggiamento, da un minimo di un paio di metri (angolo demissione molto stretto), ad un massimo di 90. Con pi trasmettitori gemellati si possono ottenere angoli dirraggiamento fino a 360. I trasmettitori possono avere memorie interne nelle quali sono memorizzati i dati relativi alle informazioni da erogare e per funzionare in modo autonomo o essere pilotati da sistemi ad essi collegati. Possono essere privi di memorie se fanno parte di reti governate da elaboratori. Alcune versioni di trasmettitore possono alimentarne altri. Sistemi satellitari. La tecnologia satellitare ha avuto la sua prima applicazione in ambito militare, ma da tempo ha trovato applicazione civile nei sistemi di navigazione. Gli studi di settore hanno raggiunto un livello di definizione ottimale di localizzazione e di mappatura del territorio. Il suo apporto all'orientamento delle persone con deficit visivo potr essere di notevole portata. Attualmente la tecnologia non ha ancora raggiunto un livello tale da essere produttiva la sua commercializzazione. I sistemi di rilevamento satellitare determinano la posizione locale del soggetto e su sua indicazione suggeriscono l'itinerario migliore per raggiungere un determinato obiettivo. Le consegne vengono trasmesse con trascodifica vocale direttamente all'utente. Sistema sonar. Il sistema sonar un ausilio della mobilit aggiuntivo al bastone ed pensato per l'uso in ambiente esterno. Esso consente l'individuazione di ostacoli occasionali e permanenti sul piano di calpestio. un sistema montato su un caschetto e controllato da un microcomputer. Cinque trasduttori ad ultrasuoni sono inseriti nel piccolo casco che include tre ricevitori (uno puntato a sinistra, uno a destra e uno al centro) e due trasmettitori puntati in modo da irradiare il percorso davanti all'utilizzatore. Gli echi degli ostacoli che si trovano nel raggio di azione degli ultrasuoni vengono captati e trasformati in segnali acustici. I segnali vengono elaborati da un microcomputer. Il gran numero di informazioni raccolte dai ricevitori2 0 digitalizzata e analizzata da una serie di algoritmi decisionali il cui scopo di scegliere solo le informazioni necessarie ai bisogni dell'utente. Solo l'informazione selezionata viene data all'utente evitando l'accumulo di informazioni non necessarie. Tali informazioni vengono inviate all'orecchio destro se l'ostacolo si trova a destra a quello sinistro se l'oggetto collocato a sinistra e ad entrambi se l'ostacolo collocato al centro. Il pathfinder non d informazioni sul tipo e grandezza dell'oggetto incontrato, ma ne evidenzia l'esistenza qualunque esso sia. Fine II parteCorrado Bortolin e Giovanni Bosco Vitiello istruttori di Orientamento e MobilitI REATTIVI PSICOLOGICI NELLORIENTAMENTO: RIFLESSIONI SUL LORO IMPIEGO CON UTENZA AFFETTA DA DISABILIT VISIVABarbara MuzzattiRiassunto Lo scopo del presente lavoro coincide con il riflettere sulla fruibilit, in presenza di utenza con disabilit visiva, dei reattivi che comunemente si utilizzano nella pratica orientativa. Dopo una rassegna dei principali strumenti volti alla misurazione dellintelligenza, allo studio della personalit e alla registrazione degli interessi professionali, si offrono dei suggerimenti operativi per aumentare la validit e laffidabilit delle misurazioni e per implementare lefficacia del proprio intervento di counselling vocazionale. Listituzionalizzazione delle attivit di orientamento per le scuole di ogni ordine e grado (Direttiva del Ministero della Pubblica Istruzione n.487 del 6 agosto 1997) fornisce nuovo vigore alla ricerca in tema di orientamento alla scelta e pone nuovi interrogativi: tra essi, quelli inerenti lefficacia, in presenza di utenza disabile, degli strumenti normalmente utilizzati. La letteratura (Di Fabio, 1998; Pombeni, 1996; Soresi, 1996) elenca diverse tipologie di intervento di orientamento alle scelte scolastico-professionali quali, per esempio, linformazione, i percorsi educativo-curriculari, il counselling. Assumendo che il materiale cartaceo e che i siti Internet, media privilegiati per il reperimento di informazioni aggiornate, siano pienamente accessibili alle persone disabili, posto che lorientamento educativo, in quanto attivit curriculare, sia strutturato tenendo conto delle esigenze di tutti i membri del2 1gruppo classe, rimane aperto il problema della consulenza orientativa offerta da un operatore, psicologo o non psicologo, alluopo formato e quindi in grado di utilizzare strumenti specifici quali test e questionari. Nelle pagine che seguono, si intende sviscerare questa tematica passando in rassegna la letteratura inerente lutilizzo di test comunemente utilizzati nella pratica orientativa nel nostro Paese, con particolare attenzione alle limitazioni e ai problemi che si possono incontrare, e/o agli accorgimenti che necessario adottare, qualora lutente sia uno studente con disabilit visiva. Disabilit visive, non disabilit visiva A premessa di qualsiasi discorso inerente la disabilit, importante ricordare come questetichetta, se pur si dettgli di volta in volta in quella di disabile motorio, cieco e cos via, racchiuda una discreta eterogeneit, quanto meno in termini di grado di menomazione e di abilit possedute. Cos, parlare di disabilit visiva non significa riferirsi automaticamente alla condizione di cecit assoluta, ma (conformemente agli enunciati della Legge n. 138/2001) pu significare trovarsi davanti ad un caso di cecit parziale, ipovisione grave, ipovisione moderata, ipovisione lieve, oltre che della gi citata cecit assoluta. In termini pi operativi, ci pu voler dire che lassociazione automatica disabilit visiva e metodo Braille, per esempio, non sia sempre corretta e che quindi i provvedimenti volti ad agevolare la fruizione del materiale visivo non debbano necessariamente passare attraverso la ricodificazione in stimoli tattili (Dunckworth, 1993). Nel presente lavoro, si cercher di tenere presente, da un lato, le necessit delle persone alfabetizzate con il metodo Braille e di coloro che non sono in grado di percepire alcun tipo di stimolo grafico, dallaltro, le esigenze delle persone ipovedenti in grado di fruire di stimoli visivi ingranditi, senza porre laccento su ulteriori distinzioni. Giova, per, menzionare qui come il tipo di patologia, let e le modalit di insorgenza della stessa, possano determinare sia la scelta dello strumento che le risposte offerte dal soggetto (Jordan, 1978; Loeding e Greenan, 1998). Strumenti volti alla misurazione dellintelligenza/intelligenze Per lutenza con disabilit visiva, come per la popolazione generale, lo strumento pi utilizzato per la misurazione dellintelligenza rappresentato dalla Wechsler Adult Intelligence Scale WAIS (Wechsler, 1986a) o, in et evolutiva, dalla Wechsler Intelligence Scale for Children WISC (Wechsler, 1986b), anche se, nel primo caso, viene abitualmente impiegata la sola sub-scala verbale (Bauman e Kropf, 1979; Reid, 1997).2 2Come noto (per una trattazione pi dettagliata si rimanda ai manuali dei relativi reattivi), la scala di intelligenza di Wechsler costituita da due distinte sub-scale, verbale e performance, in grado di offrire due distinti quozienti (QIV ovvero quoziente verbale, QIP ovvero quoziente di performance) dalla cui somma si ottiene il QI (quoziente intellettivo) del compilatore. La sub-scala verbale costituita, a sua volta, da sei prove distinte (informazione, comprensione, ragionamento aritmetico, vocabolario, analogie, memoria di cifre), analogamente alla costituzione della sub-scala di performance (le cui prove sono: associazione simboli-numeri, completamento di figure, disegno con cubi, riordinamento di storie, ricostruzione di figure, labirinti (opzionale)). Dal momento che lutilizzo di uno strumento sottintende ladozione dellimpianto teorico che lo sostiene, la prima rilevazione da fare coincide con il prendere consapevolezza del fatto che la misurazione ottenuta dallimpiego della sola sotto-scala verbale parziale ed inerente ad una sola componente dellintelligenza (Reid, 1997): dal solo QI verbale, cio, non legittimo inferire il quoziente intellettivo generale. Duncan, Weidel, Prickett, Vernon e Hollingsworth-Hodges (1989) e Bauman (1975) sostengono limportanza di misurare la componente performativa anche nelle persone cieche. A ci si affiancano le considerazioni di Vernon (citato da Duncan et al., 1989), per cui le occupazioni tradizionalmente predilette dai ciechi sarebbero predette meglio da prove di performance piuttosto che da prove verbali. In Italia, a differenza di quanto accade nel mondo anglosassone e in quello statunitense (Reid, 1997, 2001, 2002; Vander-Kolk, 1987), non esistono adattamenti aptici di scale di performance, quindi lunica registrazione possibile coincide con le abilit verbali. Limpiego di strumenti testuali, tuttavia, non sembra essere scevro da inconvenienti. Nella misurazione dellintelligenza verbale attraverso la relativa sottoscala degli strumenti di Wechsler, infatti, importante tener presenti due possibili limitazioni alla validit e allattendibilit della stessa misura, imputabili, rispettivamente, al verbalismo e alle pi sviluppate capacit mnestiche. Il verbalismo viene definito come lenunciazione meccanica di un concetto a cui non corrisponderebbe una completa e concreta comprensione del reale significato (Dauterman, Shapiro e Suinn 1967; Vander-Kolk, 1977); la pi diretta conseguenza del verbalismo potrebbe coincidere con la reale possibilit che alcune prove registrino le abilit definitorie, associative o mnestiche, piuttosto che la conoscenza o la comprensione. La riconosciuta, e adattiva, maggiore capacit mnestica delle persone con disabilit visiva pu, invece, portare ad un innalzamento non costante (Vander-Kolk, 1977), entro il set di prove, del punteggio (ottenuto, come noto, per addizione), inconveniente aggirabile valutando non solo lindice complessivo di intelligenza verbale, ma effettuando contemporaneamente unanalisi2 3qualitativa del protocollo. Un secondo problema, oltre allaccessibilit del materiale testistico, costituito dallopportunit o meno di utilizzare le norme relative alla popolazione generale per confrontare i punteggi del soggetto disabile. Lesiguit numerica e la grande eterogeneit sociodemografica delle popolazioni disabili, spesso, scoraggiano i ricercatori dallintraprendere tarature specifiche; ci non significa, per, che questo non possa costituire un problema. Limitatamente alla sotto-scala verbale della WAIS, Vander-Kolk (1977, 1982) non riporta differenze statisticamente significative tra un campione di minorati della vista e un campione di normo-vedenti, dato (come si vedr in seguito) non generalizzabile ad altri reattivi. Infine, un invito alla cautela deve essere speso per limpiego delle prove di performance con le persone ipovedenti. Come noto, la vista una funzione complessa che non si limita alla sola acuit, ma comprende anche lampiezza del campo visivo, la percezione cromatica, dei contrasti, ecc.; queste diverse componenti del senso vista possono essere compromesse a vario modo nellipovisione, cos che una cattiva prestazione in una prova della scala spesso non pu essere univocamente attribuita a scarsa abilit in quel dominio, a meno di una dettagliata conoscenza delle funzionalit visive residue del singolo soggetto (Bauman, 1975; Scholl e Schnur, 1976). Strumenti per lo studio della personalit Gli strumenti volti allo studio della personalit vengono comunemente ripartiti in due grandi classi: i reattivi a carattere proiettivo (tra i quali vengono collocati anche i test grafici) e gli inventari (Lis e Zennaro, 1997; Rubini, 1984). I reattivi a carattere proiettivo (gli esempi pi noti sono il Roschach e lo T.A.T.) sono costituiti da uno stimolo visivo vagamente tratteggiato (o astratto) a partire dal quale il soggetto deve indicare ci che gli appare rappresentato. In Italia non sono attualmente in commercio versioni aptiche o sonore di questo tipo di strumenti, peraltro utilizzati nei paesi anglofoni, come riportato da Vander-Kolk (1987). I test grafici (ne sono esempio il test dellalbero o il reattivo di Wartegg), invece, consistono nelleffettuazione di una rappresentazione grafica guidata da specifiche consegne; le informazioni utili vengono desunte dallanalisi del tratto grafico, della disposizione spaziale della rappresentazione (nel foglio o in riferimento a stimoli prestampati), della tematica (se libera come nel caso del test di Wartegg). Il disegno a rilievo, di solito realizzato mediante la riproduzione di tratti su fogli di plastica leggermente ruvida, poggiati su un piano gommato,2 4mal si presta a questo tipo di compiti. Le limitazioni maggiori allimpiego di queste procedure sono da ricondursi primariamente allimpossibilit di modulare il tratto in rilievo (se non in forme molto grossolane), alla necessaria schematicit della rappresentazione (risulta molto difficile realizzare particolari e dettagli riconoscibili), alla difficolt di rendere la volumetria, alle dimensioni, necessariamente dilatate affinch il disegno risulti decodificabile. La terza categoria di strumenti citata costituita dagli inventari di personalit, ovvero da questionari in cui al soggetto viene richiesto di indicare il proprio grado di accordo con unaffermazione data, scegliendo lintensit dello stesso entro un range dato, o nel quale si richiede di scegliere lalternativa che meglio rappresenta lo stesso compilatore (un esempio di inventario di personalit costituito dal 16-PF Test, Cattel, 1991). Laccessibilit a questo tipo di materiale risulta pi facile e pu passare attraverso la traduzione in Braille del protocollo, la sua fruizione attraverso dispositivi ingrandenti o screen reader, attraverso la lettura e la compilazione coadiuvata da una seconda persona. Reid (2000a, 2000b), trattando il tema dellimpiego degli inventari di personalit con lutenza disabile della vista, annovera tre ulteriori problemi, oltre a quelli che la letteratura abitualmente descrive in riferimento a questa categoria di strumenti. Il primo, denominabile accessibilit, fa riferimento a quanto citato pocanzi, ovvero alla necessit di rendere il pi possibile autonoma la fruizione del materiale. Sotto letichetta differenze di gruppo e dati normativi, Reid colloca le differenze esperienziali (esemplificate nelle attivit di tempo libero o nellaccesso alla letteratura e ai clich culturali diffusi dai media) che ritiene sussistano tra vedenti e non vedenti e nella necessit di dati normativi distinti. A sostegno dellopportunit di tarature differenziate depongono anche i dati riportati da Adrian e colleghi (Adrian, Miller e De LAune, 1982; Miller, Adrian e De LAude, 1982) per il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI) e il California Personality Inventory (CPI) e da Jones (1983) per alcune sotto-scale del 16-PF. A parziale contenimento delle differenze di gruppo addotte, va la menzione della larga diffusione nella popolazione in oggetto di calcolatori e di relativi dispositivi per lutilizzo degli applicativi mediante sintesi vocali o dispositivi Braille, i quali rendono possibile lacquisizione in tempi rapidi (e la conseguente lettura) di materiali stampati (nel passato trascritti a mano in Braille e distribuiti da ununica stamperia operativa sullintero territorio nazionale), nonch la navigazione in Internet. Infine, Reid suggerisce di prestare particolare attenzione al contenuto degli item, poich questi, in virt di espliciti riferimenti ad esperienze visive o ad attivit richiedenti limpiego della vista, possono risultare privi di significato per il soggetto non vedente, quindi richiedere un trattamento differenziato in fase di calcolo dei punteggi.2 5Strumenti volti alla misurazione degli interessi professionali La rilevazione degli interessi professionali avviene solitamente attraverso la compilazione di inventari, ovvero di questionari in cui i soggetti indicano la propria preferenza per ciascuna attivit, o professione, presentata in una lista. Prendendo a modello le tre obiezioni proposte da Reid (2000b), e presentate pi sopra, potremmo raggruppare nelle stesse tre categorie, gli aspetti a cui importante prestare attenzione nellimpiego di questa tipologia di strumenti con lutenza disabile visiva. Se si intende garantire laccessibilit al protocollo attraverso la lettura da parte di una seconda persona, gli item troppo lunghi (quelli per esempio che risultano costituiti da tre alternative entro cui scegliere) possono risultare di difficile gestione, cos come accade per i questionari che impiegano una scala di risposta di tipo Likert, in cui i punti siano particolarmente numerosi: in questultimo caso, infatti, le etichette associate a ciascun punto della scala possono essere confuse o non ricordate, per cui una loro ripetizione a seguito dellitem potrebbe rassicurare il somministratore sullaffidabilit delle risposte. Questultimo accorgimento dovrebbe essere tenuto presente anche qualora si intenda somministrare una versione registrata o informatizzata del questionario. Quanto a quelle che Reid chiama differenze di gruppo e normative, le ricerche pubblicate sembrano avallare la presenza di entrambe. Vander-Kolk (1987) riporta come i disabili visivi, pi dei soggetti normali, indichino preferenze per le professioni daiuto, le genitoriali, quelle legate al mondo della radio e minori interessi per larea scientifica o meccanica, imputando ci ad unesposizione pi limitata al mondo del lavoro (si vedano anche Rabby e Croft, 1989; McBroom e Tedder, 1993); cause complementari a queste potrebbero essere il verbalismo nella forma di indiretta conoscenza delle professioni e dei mansionari e la presenza di stereotipi professionali relati al tipo di disabilit (per una rassegna delle professioni maggiormente svolte dalle persone cieche o ipovedenti si rimanda a Wolffe e Spungin, 2002). Sul piano pi psicometrico, invece, Winer, White e Smith (1987) e Jones (1992) riportano differenze negli Holland Vocational Codes tra la presente e la popolazione generale, mentre Jones (1995) giunge a suggerire cautela nellimpiego e nellinterpretazione di questi dati. I rischi legati al contenuto degli item, menzionati per i reattivi di personalit, sono presenti anche in questo tipo di materiale. Ad essi si somma il fatto che, come spiega diffusamente Jones (1995), le persone disabili sono indotte a rispondere agli stimoli che compongono il questionario di interesse non in virt delle proprie reali inclinazioni o preferenze, ma basandosi su cosa, a causa della propria menomazione, si ritengono in grado di poter fare o2 6non fare. Discussione Lassessing delle abilit, della personalit e degli interessi vocazionali delle persone disabili non nasce con lobbligatoriet, sancita per legge, di offrire a tutti gli studenti un supporto orientativo che si avvalga anche di strumenti psicologici quali i test. Nonostante ci, per, gli strumenti applicabili, realmente e con efficacia, a questo tipo di popolazione sembrano essere davvero pochi. Dunckworth (1993) descrive minuziosamente le fasi di traduzione e adattamento di un test attitudinale in caratteri Braille e in caratteri tipografici ingranditi, ma allaccessibilit dei contenuti, come visto pi sopra, si affiancano il problema dellinterpretazione dei risultati che, di norma, avviene attraverso la comparazione del punteggio ottenuto da un soggetto con campioni normativi paragonabili per caratteristiche socio-culturali e interrogativi inerenti la validit di costrutto e di criterio degli stessi strumenti, che potrebbero risultare modificate dalla modalit di somministrazione o dalla stessa peculiarit della popolazione minorata della vista (Reid, 1998; Szlyk, Becker e Fishman, 2000). Ad esemplificazione di questultimo aspetto, pu essere significativo citare i dati per cui sembrerebbe che le prestazioni mnestiche possano variare, in compiti somministrati verbalmente, in base alla qualit (naturale o sintetica) della voce che li propone (Hjelmquist, Dahlstrand, e Hedelin, 1992, citato da Reid, 1998). Ancora, su questo aspetto giova ricordare le raccomandazioni di Szlyk, Becker e Fishman (2000), i quali invitano a non affidarsi ad ununica misura per una diagnosi di personalit, ma da un lato suggeriscono limpiego di pi strumenti, dallaltro sottolineano limportanza di condurre nuovi studi per cercare di dirimere la questione della rappresentativit dei campioni e delle tarature. Consapevoli dei limiti metodologici che limpiego di questi strumenti incontra nellassessing della persona disabile visiva, comunque importante tentare lazione orientativa cercando, il pi possibile, di contenere i rischi descritti sopra. Suggerimenti operativi nellimpiego di questionari Il questionario sembra, dunque, essere lo strumento pi facilmente utilizzabile, potendo esso essere letto da una seconda persona, trascritto in Braille, registrato, fruito attraverso sistemi ingrandenti o vocalizzatori di testo. Dai contributi di ricerca citati, e dallesperienza con le strumentazioni tiflologiche, scaturiscono alcuni semplici suggerimenti che potrebbero essere funzionali alla raccolta e allinterpretazione dei punteggi. a) In virt delle considerazioni fatte sulleterogeneit della condizione di disabilit, prima2 7della fase di somministrazione, pu essere utile informarsi sulle concrete difficolt in letto-scrittura (es. affaticabilit davanti al monitor, reale dimestichezza con il Braille) e delleventuale utilizzo di strategie e/o dispositivi per supplirle (sistemi ingrandenti a circuito chiuso o collegati al calcolatore, fotocopie ingrandite, Braille, screen reader, registratore, lettore). b) In secondo luogo, potrebbe essere utile informarsi preventivamente sulle opportunit di transcodifica in formato accessibile del materiale, poich, come documenta anche Dunckworth (1993), la resa in Braille richiede una ristrutturazione della formattazione della pagina e, come la registrazione su supporto magnetico o elettronico, richiede tempo. c) Sollecitare quanto meno la registrazione autonoma della risposta da parte del soggetto; ci potrebbe permettere di ridurre i relativi set bias quali la tendenza a rispondere secondo un criterio di desiderabilit sociale o il prediligere le risposte estreme. d) Rendere costantemente disponibili le alternative di risposta e le eventuali etichette assegnate loro. e) Sollecitare la registrazione dei propri interessi e delle proprie preferenze e non di ci che ritenuto pi fattibile o meno difficoltoso in base alla propria menomazione (Jones, 1995). f) Prestare cautela allinterpretazione dei risultati in base ai dati normativi. Ulteriori aspetti da considerare In contesto clinico, Nota e Soresi (2003) suggeriscono di approfondire mediante colloquio i dati ottenuti dallutilizzo di strumenti standardizzati. Anche nellambito dellintervento di orientamento, potrebbe essere utile adottare questatteggiamento e sondare alcuni aspetti che gli strumenti normali non sono in grado di catturare. In particolare, potrebbe essere importante approfondire: la reale conoscenza dei mansionari delle singole professioni o delle discipline inerenti un iter di studio (cfr. quanto osservato precedentemente sugli interessi professionali); la reale accessibilit e la possibilit di fruizione delle comuni fonti informative; leventuale presenza di disabilit aggiuntive; la percezione di barriere nellattuazione della scelta (barriere fisiche, personali, sociali, ambientali) (Kirchner, Johnson e Harkins, 1997; ODay, 1999; Wolffe e Spungin, 2002); le abilit di coping possedute (Henrysson, 1991; Lazarus e Folkman, 1984; Wright, 1983); la presenza di abilit comunicative e sociali (Harrell e Strauss, 1986; Wittenstein, 1993); il grado di padronanza di abilit compensatorie, quali quelle di autonomia personale, di mobilit e di padronanza dei sussidi tiflotecnici e tiflodidattici, che risultano strettamente connesse allo svolgimento di unattivit lavorativa o2 8al proseguimento delliter scolastico (McBroom, 1997; Wolffe, 1996). 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La scopo di tale modalit di lavoro quello di permettere a tutti lacquisizione di un linguaggio comune, condizione indispensabile per favorire la condivisione di una progettualit che, mirata allo sviluppo di sinergie, di risorse e di azioni, ha come obiettivo primario il ben-essere dei ragazzi non vedenti pluriminorati in famiglia, a scuola, al centro di riabilitazione e in tutti i contesti ove si trovino a vivere. Gi nel momento della valutazione psicoeducativa tesa alla stesura del programma educativo individualizzato, si coinvolgono le figure di riferimento che diventano tutte co-responsabili dellintervento, apportando preziosi contributi in base alla propria professionalit. Successivamente, con la realizzazione di incontri di verifica periodica sullandamento dellintervento educativo programmato, si crea loccasione per mettere in comune le proprie competenze e per convogliare gli sforzi in ununica direzione. Un lavoro centrale, ovviamente spetta alla famiglia i cui legami e le cui relazioni interne vanno ad influire sulla formazione dei pi piccoli, ancora di pi quando essi per una serie di difficolt, hanno meno occasioni di confrontarsi in modo attivo con lesterno. Poich, dunque, la formazione ricevuta in famiglia pu incrementare o svilire le potenzialit individuali, impossibile approntare qualsiasi strategia di intervento, sebbene adeguata, trascurando e non rendendo partecipe lambito domestico. Il supporto dei genitori non solo importante per rinforzare il lavoro degli3 2operatori, ma in genere, indispensabile per la buona riuscita di qualsiasi intervento (Pati, 2001). Di seguito si descrive un intervento programmato nellarea del comportamento per un bambino non vedente pluriminorato con un disturbo relazionale di tipo autistico, che senza il coinvolgimento della famiglia, rischia di non raggiungere lobiettivo programmato. Comportamento problematico Comportamento problematico: definizione Con il termine di comportamento problematico si indica quel comportamento autolesionista o aggressivo che, a causa della sua intensit, frequenza o durata, interferisce negativamente nella vita del bambino, sia nelle sue capacit di apprendimento di nuove abilit, sia nello svolgimento di compiti gi noti, sia nelle sue relazione con gli altri (Vaccaro, Coppa, 1998, p. 69-70; Vaccaro, Mecca, 2000, p. 28). Grazie agli studi fatti a tal proposito negli ultimi decenni, si venuta sviluppando lipotesi comunicativa1 dei comportamenti disadattivi, che hanno spostato lattenzione dal lavoro prettamente rivolto alla loro eliminazione, alla comprensione del loro significato. Solo un simile approccio permette di realizzare un intervento teso ad insegnare un comportamento adeguato che porti il ragazzo a sperimentare il successo nella propria richiesta cos come lo era nella forma problematica. Ogni comportamento si verifica in un contesto sociale formato da molte persone che interagiscono a vari livelli con chi lo emette. Ogni bambino che ricorre a tale modalit di comunicazione, infatti, ha fatto esperienza del fatto che attivando quello specifico comportamento riesce ad ottenere quello che vuole da chi gli sta intorno. Comportamento problematico: metodi di intervento I metodi di intervento ai quali si pu ricorrere possono essere: lestinzione 2, solitamente abbinato al rinforzamento differenziale3, il blocco fisico4, il time out5 e il costo della risposta, collegabile1 Secondo tale ipotesi, ogni comportamento problematico un modo di comunicare utilizzato dalle persone che, mancando di qualsiasi forma di linguaggio verbale o gestuale e pittografico funzionale, lo attivano per influenzare le persone e gli ambienti circostanti (Carr, et al., 1998, pp. 9-12; Ianes, Celi, 1999, pp. 261-263). 2 Tale metodo comporta lignorare cio il fingere che il comportamento non si stia verificando (Ianes, Celi, 1999, pp. 273-276; Foxx, 1995, pp. 137-142). 3 Consiste nellincentivare tutti i comportamenti positivi del bambino. Le diverse modalit di attivazione di tale intervento sono: rinforzamento differenziale dei comportamenti alternativi, di quelli adeguati, di quelli incompatibili e di quelli comunicativi (Ianes, Celi, 1999, pp. 276-278; Foxx, 1995, pp. 121-128; Vaccaro, Coppa, 1998, pp. 180-183). 4 Consiste nel bloccare fisicamente la persona in modo da impedirle lemissione del comportamento problematico (Ianes, Celi, 1999, pp. 282-283; Foxx, 1995, pp. 143-148; Vaccaro, Coppa, 1998, pp. 78-80). 5 Comporta lallontanare il ragazzo da una situazione per lui altamente rinforzante (Ianes, Celi, 1999, pp. 283-286; 3 3spesso al contratto educativo a sua volta sostenuto dalleconomia simbolica6. A queste metodologie di intervento si pu aggiungere anche lipercorrezione7. Chi lavora con le persone disabili sa bene che per ogni ragazzo sar difficilmente valido il singolo metodo di intervento: solitamente esso dovr essere integrato da elementi presi dai vari metodi di intervento. importante sottolineare che un intervento in tal senso non significa solo applicazione di procedure specifiche per cambiare il comportamento del bambino, ma un processo complesso che implica il cambiamento comportamentale di quanti gli vivono intorno: pi che qualcosa che si fa a una persona in difficolt, qualcosa che si fa con essa. Meta finale di tutto il lavoro il cambiamento dei sistemi di relazione con un miglioramento nella qualit della vita della persona disabile e di quanti rientrano nel proprio contesto sociale. Un Intervento sul comportamento problematico e coinvolgimento della famiglia Presentazione del caso Luca8 ha quasi dieci anni e presenta la diagnosi di sindrome di Norrie unita ad un disturbo relazionale di tipo autistico. Il bambino non vedente, cammina autonomamente e non comunica verbalmente. Le richieste sono formulate attraverso la comunicazione comportamentale, per lo pi schiaffi e morsi a se stesso quando vuole ottenere o evitare qualcosa. Da alcuni mesi a questi atteggiamenti contro se stesso si uniscono anche quelli rivolti contro linsegnante e la mamma. La loro intensit e frequenza sono costanti sia nelle situazioni di riposo che di lavoro. Ci che pi ha allarmato gli operatori, ed in modo particolare la mamma, erano gli schiaffi che Luca continuava a darsi con tanta forza da crearsi ematomi sul viso, ai quali si erano uniti anche dei colpi con la testa sugli spigoli presenti nellambiente in cui si trovava. La mamma apparsa stanca e spaventata in quanto, sebbene, negli anni precedenti il bambino avesse attivato in alcuni momenti comportamenti disadattivi, questi si erano limitati ad alcuni morsi a se stesso e poi, con un intervento basato sullestinzione, si erano andati riducendo fino a scomparire quasi del tutto. In un sopralluogo fatto aVaccaro, Coppa, 1998, pp. 78-80). 6 Il costo della risposta comporta allalunno che si comportato male lemissione di un altro comportamento riparatore. Questa procedura pu essere collegabile a quella del contratto educativo che prevede un accordo tra leducatore e lallievo. Quando tale modalit di intervento viene applicata con ragazzi che presentano una deficit cognitivo notevole, importante integrarla con la cosiddetta economia simbolica in cui gli accordi vengono ulteriormente concretizzati attraverso luso di rinforzatori simbolici o token (gettone) (Vaccaro, Mecca, 2000, p. 31). 7Consiste nel costringere lalunno ad esagerare la correzione del suo comportamento problematico dopo che lo ha emesso (Ianes, Celi, 1999, pp. 287-288; Vaccaro, Coppa, 1998, pp. 77-78; Vaccaro, Mecca, 2000, pp. 31-32). 8 Il nome ovviamente di fantasia [NdR] 3 4scuola da un operatore della Fondazione, su richiesta della famiglia e del dirigente scolastico, si potuto vedere il bambino su un tappeto, con le gote gonfie a seguito degli innumerevoli schiaffi nonch le testate date sugli spigoli. Luca si dondolava e gridava mordendosi nonostante avesse a disposizione tutto ci che gli era gradito (musica, pallone, materassino). Situazione familiare La famiglia di Luca umile e con un livello culturale medio-basso. Allinterno della coppia genitoriale si potuto notare subito una incongruenza educativa derivante da una diversa consapevolezza delle reali condizioni del bambino: la mamma consapevole del fatto che il proprio figlio ha molte difficolt, il pap, invece, ritiene che Luca sia solo cieco e che quindi, presto parler e si comporter come tutti gli altri bimbi. Daltra parte, poich il pap sta spesso fuori casa per lavoro, soprattutto la mamma che, avendo un rapporto pi continuato nel tempo con il figlio, sente la stanchezza derivata dal riuscire a gestirlo nei momenti di crisi. Il poco tempo che il pap passa con il figlio finalizzato ad accontentarlo in tutto: lo imbocca, lo porta in braccio, di fronte ai suoi rifiuti a lavarsi i denti e a fare la pip nel wc, lo asseconda, gli fa ascoltare sempre la musica, anche quando il bambino non ha fatto nulla per meritarsela. Di fronte ai comportamenti problematici del bambino il pap si avvicinava a lui accarezzandolo e dicendogli che non doveva comportarsi cos. Agli operatori che gli hanno fatto notare lopportunit di un intervento diverso, ha sempre detto che secondo lui, crescendo il bambino avrebbe capito da s che non si doveva fare cos. La mamma, invece, sebbene molto attenta e disponibile alle indicazioni educative suggeritele, dinanzi a questi comportamenti mostrava chiaramente di non riuscire a gestirli emotivamente e di volta in volta di ricorrere a strategie diverse. Lei stessa ha pi volte affermato di non riuscire a rimanere impassibile di fronte ai continui schiaffi del figlio e spesso, anche dinanzi agli operatori, in risposta ai comportamenti del figlio, gli ha dato un altro schiaffo, gli ha tirato i capelli, lo ha sgridato dicendogli di smettere. La mamma riferisce che spesso alcuni professionisti dellarea medica che conoscono bene il bambino avevano consigliato, previa visita specialistica, lutilizzo di farmaci per tranquillizzarlo nei periodi in cui emetteva un maggior numero di comportamenti problematici. In realt questo tipo di intervento farmacologico non si mai potuto avviare per la contrariet allo stesso da parte del pap, n tanto meno, a causa della reticenza del genitore, stato possibile effettuare una visita presso un neuropsichiatra da molti professionisti consigliata - per valutare la situazione oggettiva di Luca. La valutazione Vista la situazione apparso necessario proporre alla famiglia per Luca un trattamento educativo di tre settimane durante le quali, dal luned al venerd il bambino venuto per due sessioni di lavoro al giorno, una di mattina ed una di pomeriggio, presso il nostro centro. Ogni3 5sessione di lavoro durata circa due ore. Per il resto del giorno, Luca rimasto solo con la mamma nella camera della pensione presso cui hanno trovato ospitalit. Linsegnante, invece, sebbene si fosse manifestata molto disponibile, stata poco presente durante il trattamento. Lipotesi di partenza era che alla base dellintervento ci fossero delle situazioni ambientali che avessero consolidato i comportamenti disadattivi e, in seguito, mantenuti in vita. ovvio, infatti, che il rinforzo, anche inconsapevole da parte di chi vive con la persona che emette comportamenti difficili, li consolida e li mantiene in vita nel tempo; detta ipotesi, per, non era sostenuta da dati oggettivi. Altro elemento importante, principio che permette un intervento sul comportamento, la valenza comunicativa data allo stesso. Il comportamento che particolarmente preoccupava tutti, in quanto pericoloso prima di tutto per Luca stesso, era quello autolesivo. Sin dallinizio, per, si sono manifestati altri comportamenti, classificabili come disadattivi. Infatti oltre al dare schiaffi e mordere se stesso, Luca presentava altri comportamenti quali il graffiare e mordere laltro, lo spingere il banco lontano da s, il buttare gli operanti a terra e il dare calci sotto il tavolo di lavoro. Si partiti dal fare una osservazione di frequenza degli stessi per valutare quale fosse il comportamento pi presente e per monitorare lintervento. Lintervento Vista la gravit di alcuni dei comportamenti, anzicch partire da una prima fase dedicata soltanto alla loro osservazione, stato avviato subito anche lintervento. Come valore di base sono stati presi i comportamenti registrati, fin dallinizio, valutando in itinere le modalit di intervento adatte alla situazione di Luca. Sono state registrate in apposite griglie le frequenze dei suddetti comportamenti. Nel frattempo stata fatta anche unanalisi funzionale dei singoli episodi da dove non stato possibile verificare quale fosse lorigine di tali eventi individuando cause specifiche scatenanti o elementi che li mantenessero in vita. In un trattamento in cui si intende in modo prioritario lavorare sul comportamento necessario proporre al bambino attivit che questi gi conosce, attivit che non siano n troppo facili per le sue capacit, n troppo difficili e che favoriscano la crescita della motivazione al compito. Inoltre, per invogliare il bambino, ogni volta, dopo aver svolto una serie di tre attivit, Luca trovava sul tavolo da lavoro, in un cestino, una pallina, segnalno utilizzato per indicargli la situazione giocare. A questo punto il bambino veniva fatto alzare e portato vicino al tappeto sul quale poteva sedersi e rilassarsi. Ovviamente, per quanto detto in premessa, non si pu lavorare sul comportamento disadattivo senza intervenire, contemporaneamente nellarea della comunicazione (Ianes, Celi, 1999, pp. 279-282; Carr et al., 1998, pp. 28-36 e pp. 147-172). A Luca, ogni volta, sono state comunicate le situazioni che andava a vivere, con un oggetto evocativo associato ad un gesto3 6specifico. Il bambino gi conosceva ed utilizzava appropriatamente il gesto basta (passare il palmo di una mano sul dorso dellaltra e viceversa). Altri gesti, invece, quali il mangiare (palmo della mano sulla bocca), il bere (pugno sulla bocca), pip (mano al pube), lavorare (pugni battuti verticalmente tra di loro) e il giocare (indice di una mano nel palmo dellaltra), essendo stati comunicati pi di rado, sono poco noti a Luca. Per favorire questa sua conoscenza si ritenuto utile aggiungere, contemporaneamente al gesto, loggetto evocativo corrispondente. Cos, il cucchiaio corrisponde al mangiare, il bicchiere al bere, il tavolino al lavorare, il rotolino di carta igienica alla pip e una pallina al giocare. Ogni volta che il bambino deve vivere una delle suddette situazioni, ladulto gli presenta in un cestino loggetto corrispondente, glielo fa esplorare, lo nomina e gli fa fare il gesto relativo. Subito dopo gli fa riporre loggetto nel cesto e gli fa fare quanto anticipato. Trattamento comportamentale Avendo lesigenza di dover utilizzare una modalit di intervento che potesse essere, poi, facilmente adottabile dalle singole figure di riferimento che, sul territorio, avrebbero dovuto interagire con il bambino, si ricorso allestinzione: loperatore ha dovuto ignorare, cio fingere che il comportamento non si stesse verificando. Questo stato fatto quando Luca dirigeva verso se stesso la propria aggressivit, quando ha cercato di aggredire ladulto e quando il bambino spingeva bruscamente il tavolo da lavoro lontano da s. Ovviamente, poich lintervento basato sullestinzione ha pochissime possibilit di raggiungere un successo, se non vengono rinforzati i comportamenti adeguati, sono state individuate una serie di situazioni ed oggetti rinforzanti per Luca. Per rispondere al comportamento di buttare gli operanti a terra, si ricorso allipercorrezione che consistita nel costringere il bambino ad esagerare la correzione: rispetto al numero degli operanti buttati a terra, Luca ne ha dovuti raccogliere ogni volta il doppio. Risultati Facendo una media dellemissione dei comportamenti problematici, si potuta registrare una graduale riduzione degli stessi nel corso dei 15 giorni di intervento; riduzione particolarmente evidente nel corso della terza settimana di lavoro con Luca, sebbene ancora con una frequenza abbastanza elevata. Ci comunque dimostra che le modalit di intervento scelte erano quelle giuste. Limpossibilit per la famiglia a rimanere pi a lungo lontana da casa non ci ha permesso di procedere ancora con lintervento. Un lavoro nellarea del comportamento, infatti, per raggiungere obiettivi positivi, richiede un maggior tempo a disposizione. Un maggior numero di sessioni di lavoro, inoltre sarebb