Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...
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N ella nostra società, caratterizzata da una cultura preva-lentemente visiva, la cecità mette a disagio.
Nella relazione con
un non vedente viene a mancare un canale fondamentale di co-municazione: la reci-procità di sguardo. In ambito scolastico,
la didattica per un non vedente implica una conoscenza tec-nico - strumentale specifica (ausili, ma-teriali tattili in sosti-tuzione di quelli ico-nici, metodo di letto-scrittura Braille) che consenta di aiutare l’alunno a superare le
limitazioni imposte dal deficit visivo. La situazione di handicap dipende molto dal contesto. Sapere quali difficoltà sono conseguenti al problema visivo, aiuta l’in-segnante a capire meglio i limiti e le potenzialità dell’alunno
consentendogli di costruirsi un’immagine reale del soggetto, evitando così di incorrere in atteggiamenti di iperprotezione o di aspettative eccessive.
QUADERNI DI LAVORO
Cecità e ipovisione
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Le problematiche
evolutive conseguenti
alla minorazione
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L’accoglienza
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Indicazioni metodolo-
giche di base
8
Indicazioni per la di-
dattica disciplinare
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Centro per
l’integrazione
scolastica e la piena
realizzazione dei non
vedenti
Enti fondatori:
- Provincia di Brescia
- Comune di Brescia
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25123 BRESCIA
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APPUNTI OPERATIVI PER LA DISABILITA’ VISIVA
Primi passi per l’integrazione scolastica
dell’alunno con deficit visivo
Elementi di tiflologia di base
Sommario:
Vediamo innanzitutto di fare chiarezza su due diverse problematiche
sensoriali.
Mentre la condizione di cecità è facile da intuire, diventa molto diffici-
le descrivere e comprendere le caratteristiche del soggetto
“ipovedente” poiché entrano in gioco fattori individuali molto diversi
tra loro ed estremamente influenti sulle performances visive ed adat-
tive del soggetto (la famiglia, l’accettazione, l’ambiente, la motivazio-
ne, il contesto, ecc.)
Possiamo affermare che “si intende per ipovedente la persona porta-
trice di una disabilità visiva di entità tale da non consentire lo svolgi-
mento delle comuni attività della vita quotidiana. Tale disabilità con-
segue ad una patologia irreversibile che non può essere migliorata
attraverso trattamenti medici e/o lenti convenzionali”.
Con questa definizione si punta l'attenzione sugli impedimenti pratici
di tipo quotidiano (autonomie domestiche, spostamenti, letto-
scrittura, ecc.) e sull'irreversibilità della patologia.
Non si fa riferimento soltanto alla quantificazione del danno visivo,
quanto all'aspetto della funzionalità visiva che è ciò che interessa
principalmente in ambito educativo e didattico. Spesso accade infatti
che rientrino nella medesima definizione soggetti con differenti capa-
cità visive e quindi con differenti gradi di autonomia, nonostante gli
esami diagnostici rilevino una patologia originaria comune e una
identica quantificazione del visus.
Addirittura può capitare che soggetti con visus bassissimo manifesti-
no performances migliori di soggetti considerati medio-gravi a livello
oculistico.
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QUADERNI DI LAVORO
Mentre la
condizione di
cecità è facile
da intuire,
diventa molto
difficile
descrivere e
comprendere le
caratteristiche
del soggetto
“ipovedente”
Cecità e ipovisione
Questo perché diverso è parlare di visus e di diagnosi oculistica, piuttosto che di funzionalità visi-
va.
Mentre con i primi due termini si fa riferimento a criteri oggettivi di misurazione di un danno sen-
soriale, con l'ultimo termine si fa riferimento ad un comportamento soggettivo, vale a dire alla
capacità del soggetto di utilizzare al meglio il proprio residuo.
L’intervento educativo e la didattica per ipo e non vedenti contemplano alcuni atteggiamenti di
base comuni - come ad esempio la comunicazione verbale, l’accompagnamento e l’educazione
sensoriale – ma, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria, si diversificano per gli aspetti
che richiedono attenzioni diverse, come gli strumenti per la lettoscrittura, l’illuminazione, i colo-
ri, i contrasti e così via.
Diverso è anche il grado di accettazio-
ne della propria minorazione da parte
di un cieco e di un ipovedente. Que-
st’ultimo, proprio perché ci vede un
po’ (se porto gli occhiali non sono cie-
co), tende a mascherare la propria
condizione attraverso comportamenti
inadeguati (immobilismo - iperattivi-
tà). Difficile è anche convincere l’ipo-
vedente ad utilizzare strumentazioni
specifiche, ma diversificanti (bastone
bianco, ingranditori, libri ingranditi,
ecc.) che potrebbero renderlo mag-
giormente autonomo.
Influisce su tali aspetti anche il momento di insorgenza della patologia visiva: diverso è essere
ciechi dalla nascita, diverso è avere una patologia degenerativa. La perdita della vista in età
successiva alla nascita, se ha il vantaggio di permettere al soggetto la produzione di immagini
mentali (memoria immaginativa) adeguate della realtà (immagini guida), tuttavia conduce a
uno stato di disagio psicologico importante, conseguente alla incertezza dell’evoluzione della
patologia, nonché alla perdita di una serie di autonomie e di informazioni visive su cui il sogget-
to aveva precedentemente basato la sua esistenza.
La perdita della vista nei primi anni di vita può arrecare ritardi e problemi nello sviluppo cogniti-
vo, affettivo e psicomotorio del bambino.
Elementi di tiflologia di base
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BIBLIOGRAFIA
AAVV, L ’ integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista, UTET ed.
Abba G. – AAVV, Le problematiche dell ’ integrazione del non vedente nella scuola. Guida per insegnanti, Biblioteca Italiana per Ciechi
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Galati Dario ( a cura di ) , Vedere con la mente, Franco Angeli
Mazzeo M., Il bambino cieco: introduzione allo sviluppo cognitivo. ed. Anicia
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Romagnoli A., “ Ragazzi ciechi ” , ed. Zanichelli ( BO )
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Zaniboni P., Il bambino non vedente: finalità e metodi della scuola dell ’ obbligo, I.RI.FO.R
Coppa M. – De Santis R., Il bambino ipovedente, ed Armando
Coppa M., Le minorazioni visive, ed Tecnoscuola ( Gorizia )
Prendiamo qui in considerazione soprattutto lo sviluppo cognitivo.
Lo sviluppo cognitivo del bambino consiste nella “capacità di servirsi sem-
pre meno dell'azione immediata e, grazie alla capacità di anticipare
mentalmente una situazione e le conseguenze delle proprie azioni, rea-
lizzare collegamenti della situazione presente con precedenti esperienze,
soppesare le varie possibilità d'azione e scegliere la strada opportuna
con il minimo rischio e il minimo dispendio di energie” (Piaget).
Il primo passo verso la capacità di rappresentarsi e comprendere le tra-
sformazioni della realtà è l'immagine mentale. La rappresentazione men-
tale degli oggetti percepiti e delle loro eventuali trasformazioni guida la
formazione dei contenuti concettuali.
Il pensiero deriva dall’azione. Il reale, secondo Piaget, consiste in sistemi
di trasformazione e quindi, per conoscere gli oggetti, è necessario agire
su di essi in modo da scomporli e ricomporli. La conoscenza avviene solo
attraverso l'interazione con il mondo attraverso azioni su di esso; azioni
che ci permettono di strutturare una rappresentazione simbolica della
realtà che porta alla nascita del concetto.
Alcune osservazioni hanno messo in evidenza come i bambini non veden-
ti posseggano numerose limitazioni sensomotorie che impediscono l'e-
splorazione attiva del reale, che è la base per la rappresentazione men-
tale, conducendo a ritardi nello sviluppo dei concetti.
Queste difficoltà derivano dalle caratteristiche dei due principali sistemi
percettivi suppletivi della vista: l’udito e il tatto che, da soli, non riesco-
no a compensare completamente la mancanza della vista.
• L'udito infatti ha la funzione principale di localizzare sorgenti sonore
nello spazio ed è specializzato
nella conoscenza di sequenze
temporali;
• il tatto fornisce la conoscen-
za delle proprietà sostanziali
dell'oggetto: forma, dimensio-
ne, texture, peso, temperatu-
ra, ma ha un campo percetti-
vo limitato: non è in grado di
percepire oggetti in movimen-
to e il contesto ambientale.
Le caratteristiche principali
del tatto sono l'analiticità e la
sequenzialità, a differenza
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QUADERNI DI
LAVORO
Il primo passo
verso la capacità
di rappresentarsi
e comprendere le
trasformazioni
della realtà è
l'immagine
mentale
QUADERNI DI LAVORO
Le principali problematiche evolutive conseguenti
alla minorazione
della vista che possiede caratteri di globalità e di simultaneità.
La vista è specializzata nella percezione dello spazio; da qui alcune conseguenze negative
in bambini privi di questo senso.
E’ ritardata l’acquisizione del grasping manuale poiché i bambini ciechi non hanno la perce-
zione di oggetti lontani dalla loro mano a meno che questi non emettano un suono.
E’ ritardata l'acquisizione del concetto di permanenza dell'oggetto (che si raggiunge nor-
malmente intorno agli 8 mesi, mentre nel bambino cieco si raggiunge intorno ai 3-5 anni).
Per il bambino cieco infatti gli oggetti non esistono se non gli si manifestano al tatto o so-
noramente.
Da qui ritardi anche nella deambulazione (manca la motivazione a muoversi), ritardi
nell'acquisizione di relazioni spaziali e di causalità (concentrazione sul proprio corpo), con-
dotte stereotipate. La condotta di ricerca di oggetti sonori nascosti è prerequisito per la
deambulazione nel cieco, ma è condotta tardiva: solo dopo i 22 mesi.
Per quanto riguarda la psicomotricità si possono verificare, nel bambino privo di vista, dei
ritardi motori. Ricordiamo anche che la vista è stimolo per procedere a raggiungere un og-
getto. Se questa manca si riduce l’interesse alla locomozione, con il conseguente ritardo
nell'acquisizione delle nozioni di oggetto e di spazio. Il movimento è fondamentale infatti
per renderci conto di ciò che sta attorno e per differenziare il sé dagli altri (concetto di
identità). Anche l'iperprotezione è spesso causa di problematiche motorie con le conse-
guenze suaccennate.
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I ciechi totali dalla nascita presentano maggiori limitazioni rispetto a ciechi
tardivi che hanno il supporto di organizzazioni percettive, spaziali e tattili
più plastiche grazie all'ausilio visivo dei primi anni. Tuttavia il mondo dei
non vedenti non è diverso da quello dei vedenti sul piano cognitivo, ma è
diverso sul piano spaziale immaginativo: c'è uno scarto temporale nello
sviluppo poiché i mezzi per acquisire abilità cognitive sono diversi nei
ciechi che devono avvalersi di processi dei sensi vicarianti che richiedono
tempi maggiori di analisi e rielaborazione.
Elementi di tiflologia di base
Per agevolare l'integrazione dell’alunno non vedente nel gruppo o nella
classe, è importante preparare il primo incontro con particolare attenzio-
ne ai tre livelli dell'istituzione, degli insegnanti e dei compagni.
L'istituzione
La struttura che accoglie un
ragazzo con deficit visivo
deve essere preventivamen-
te preparata all'arrivo del
non vedente, in modo tale
che semplici misure di sicu-
rezza evitino spiacevoli inci-
denti che potrebbero turbare
il momento dell'accoglienza.
Adattare l’ambiente alle esi-
genze dell’alunno è sicuramente un compito difficile per l’educatore tiflo-
logico, ma è una condizione necessaria per l’integrazione scolastica e la
riduzione degli ostacoli all’autonomia.
In particolare, bisogna assicurarsi che:
le scale esistenti siano tutte provviste di corrimano e adeguatamen-
te indicate sul pavimento con riferimenti tattili;
la palestra sia priva di cambiamenti di livello: ove questo non sia
possibile, che eventuali gradini siano segnalati;
tutti gli inutili ostacoli (sul terreno o sospesi) siano rimossi e, ove
questo non sia possibile, siano adeguatamente resi noti al non ve-
dente;
la classe del non vedente/ipovedente sia sullo stesso piano dei labo-
ratori, dei bagni e della palestra o almeno il più vicino possibile;
nella classe, nei laboratori e
negli spogliatoi sia assegnato
al non vedente/ipovedente
sempre lo stesso spazio, pre-
feribilmente il più facilmente
raggiungibile (almeno per un
primo periodo di tempo).
E’ importante inoltre dotare gli
ambienti di segnaletiche tattili e/o
visive, scritte ingrandite e/o in
Braille per facilitare la conoscenza
dell’ambiente da parte del ragaz-
zo con deficit visivo.
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QUADERNI DI
LAVORO QUADERNI DI LAVORO
Per entrare in
relazione con gli
altri, l’alunno con
problemi di vista
deve superare
qualche difficoltà
supplementare. Gli
mancano infatti i
segnali di
approccio più
immediati quali il
sorriso e lo
sguardo, per cui
l’”altro” rimane a
lungo uno
sconosciuto
L’accoglienza
Gli insegnanti
È auspicabile che tutti coloro che lavorano con il non vedente siano raggiunti da una comuni-
cazione scritta circa il profilo generale dell'allievo, il livello funzionale visivo, il livello motorio
raggiunto e le difficoltà relative all'orientamento spaziale e all'autonomia personale.
L'integrazione scolastica di un alunno con minorazione visiva segue le indicazioni della legge
n. 104 del 1992:
individuazione e segnalazione da parte della famiglia;
certificazione redatta dalle ASL;
diagnosi funzionale di competenza delle ASL (potenzialità residue);
profilo dinamico funzionale (il prevedibile sviluppo a breve/medio termine dell'allievo);
piano educativo individualizzato (P.E.I.) in cui vengono descritti gli interventi integrati
ed equilibrati tra loro. Per l'insegnante il Piano educativo è un quadro di riferimento per
la programmazione del lavoro quotidiano in vista degli obiettivi ipotizzati e per le
verifiche e le valutazioni in relazione alle caratteristiche dell'alunno.
Il progetto di intervento tiflopedagogico curato dal Centro Non Vedenti è uno strumento che
va ad integrare il P.E.I.
Bisogna innanzitutto avere ben chiari quali sono gli aspetti prioritari a cui rivolgere l'attenzio-
ne educativa per un coinvolgimento sereno ed attivo dell'alunno nella vita scolastica:
favorire situazioni di benessere, mediante l'equilibrio affettivorelazionale che, a sua
volta, è legato al concetto di sé ed all'accettazione dell'handicap;
avere fiducia nelle capacità dell’alunno e valorizzare quello che può dare;
accrescere la sua autostima e fiducia , mettendo in risalto i lati positivi;
sostenere l’interesse e la motivazione, indispensabili per lo svolgimento di qualsiasi atti-
vità;
sensibilizzare il gruppo della classe attraverso attività di accoglienza e socializzazione;
adattare gli spazi e gli ambienti per facilitare l'autonomia (conoscere l'ambiente, sia in
terno che esterno, è fondamentale per la sicurezza e l’autonomia);
curare l'illuminazione perché la luce eccessiva - per esempio - provoca abbagliamento.
I compagni
Per entrare in relazione con gli altri, l’alunno
con problemi di vista deve superare qualche dif-
ficoltà supplementare. Gli mancano infatti i se-
gnali di approccio più immediati quali il sorriso
e lo sguardo, per cui l’altro rimane a lungo uno
sconosciuto. I processi di socializzazione hanno
bisogno di tempi più lunghi per il bambino cie-
co, anche perché proprio nei rapporti con i coe-
tanei egli trova grandi soddisfazioni, ma anche
notevoli difficoltà in quanto nel confronto spe-
rimenta il suo essere diverso e la sua minora-
zione.
Dispensa n° 1
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Elementi di tiflologia di base
È opportuno che l'insegnante parli apertamente, preparando gli allievi ai
ruoli che dovranno affrontare per agevolare la partecipazione del non ve-
dente alle attività in programma: si troveranno infatti ad essere aiutanti,
guide, assistenti di orientamento, soprattutto nel primo periodo di am-
bientamento.
Si può favorire la conoscenza degli altri durante il momento dell’acco-
glienza e dell’appello, attraverso la voce del saluto, il tatto, i giochi di co-
noscenza e i lavori di gruppo.
Molto efficaci sono le attività di simulazione che possono svolgersi nelle
ore di educazione fisica; mettono i compagni nella condizione di un non
vedente/ipovedente e quindi aiutano a capirne meglio i bisogni e le diffi-
coltà.
Tutto ciò dovrebbe avvenire in un'atmosfera di coadiuvazione e di confi-
denza tale da non mettere l’alunno ipovedente nella condizione di sentirsi
un ostacolo per lo svolgersi delle attività, quanto un soggetto partecipe
anche se con gli opportuni adattamenti. Nessun momento è più socializ-
zante del gioco. Nei confronti che si producono si impara a collaborare e
a rispettare le regole della comunità. E’ nel gioco che ci si commisura agli
altri e alle cose, che si attivano le possibilità e si accettano i limiti.
Per evitare inutili imbarazzi, inoltre, è utile ricordare agli studenti che
non è necessario eliminare le parole "vedere" e "guardare", che fanno
parte anche del vocabolario dei non vedenti!
Esistono semplici ma efficaci accorgimenti per adeguare il proprio metodo di
lavoro.
Modificazione delle modalità comunicative
La presenza di un alunno non vedente o ipovedente in classe deve innanzi
tutto renderci più attenti circa le modalità di comunicazione. Da una comuni-
cazione verbale prevalentemente a carattere visivo è necessario passare ad
una comunicazione verbale efficace che si caratterizza in un linguaggio ver-
bale anticipativo, descrittivo e sintetico.
Anticipativo perché comunica all'alunno la situazione che lo coinvolgerà
ancora prima che questa si realizzi (uno spostamento, l'utilizzo di un mate-
riale particolare, la visita ad un nuovo ambiente, ecc.). Questo aspetto è im-
portante per favorire nell'alunno una maggiore sicurezza rispetto ad eventi
per lui poco familiari e difficilmente controllabili dalla vista.
Descrittivo perché comunica all'alunno le azioni che si svolgono durante
l'attività o la situazione proposta, permettendo così all'ipovedente di inte-
grare i dati sensoriali deficitari con informazioni verbali corrette che
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QUADERNI DI
LAVORO QUADERNI DI LAVORO
Indicazioni metodologiche di base
Per evitare
inutili
imbarazzi è
utile ricordare
agli studenti
che non è
necessario
eliminare le
parole "vedere"
e "guardare",
che fanno parte
anche del
vocabolario dei
non vedenti!
velocizzano i tempi di apprendimento (se descrivo ciò che sto scrivendo alla lavagna, l'alunno
ipovedente sarà in grado di trascrivere sul quaderno più velocemente che non avvicinandosi in
continuazione alla stessa per mettere a fuoco i segni grafici).
Sintetico perché deve utilizzare elementi essenziali che aiutino a velocizzare i processi di riela-
borazione delle esperienze condotte, processi che nel caso di deficit sensoriale risultano assai
più laboriosi e lunghi (per esempio, si può sintetizzare al termine di una lezione ciò che è avve-
nuto, oppure il contenuto di un filmato, oppure un'attività in palestra).
E' importante verificare inoltre la conoscenza reale dell’alunno circa alcuni termini per noi di
uso comune prima di utilizzarli nella comunicazione e offrire sempre al bambino la possibilità
di far riferimento a referenti concreti relativi a determinati concetti.
E’ importante fare attenzione ai richiami verbali e all’uso della lavagna che va sempre integrato –
come si diceva - con la descrizione verbale.
La conoscenza degli spazi
Per un alunno non vedente, prima di ogni altra cosa, è necessario conoscere il luogo dove si
trova (in questo caso l’aula). L’ambiente classe sarà organizzato in modo da creare uno spazio
ordinato, semplice e privo di ostacoli, dove i mobili mantengano il loro posto fisso.
L’alunno dovrà essere accompagnato tutto intorno a fare il giro delle pareti, cercando di fargli
individuare anche i punti di riferimento come la porta, le finestre, la lavagna, ecc. che egli è in
grado di riconoscere dal diverso rumore del materiale di cui sono costituiti e dalla superficie.
Successivamente dovrà anche imparare a trovare il bagno, il cortile, le altre aule. Al riguardo è
utile predisporre percorsi tattili (strisce tattili lungo le pareti e sulle porte) che aiutino l’alunno
a spostarsi autonomamente.
Spesso l’alunno non vedente è lasciato solo nel processo di adattamento ai nuovi ambienti e
arriva con le sue sole forze a costruirsi una mappa dello spazio. Ma ad una verifica più attenta
ci si accorge che è una mappa incompleta e che comunque questa operazione richiede molto
tempo ed energia a scapito di altre attività. Altre volte il non vedente aumenta la sua insicurez-
za e si chiude in un atteggiamento immobilistico che va poi a scapito della socializzazione.
Si può dire che l’alunno conosce il suo ambiente di vita quando è in grado di muoversi senza
esitazioni e di dirigersi autonomamente alla ricerca di oggetti disposti in un ordine che egli co-
nosce e soprattutto che è in grado di rappresentare (plastico, disegno).
Per un cieco è assai importante che gli oggetti siano possibilmente disposti sempre nello stesso
modo. Variazioni nella disposizione degli oggetti, fatta all’insaputa dell’alunno, causa spesso
complicazioni e disorientamento. È opportuno quindi che ogni cambiamento venga effettuato
con la sua partecipazione allo scopo di facilitare la costruzione dello schema immaginativo della
nuova disposizione.
Per l'alunno ipovedente la distri-
buzione geometrica della sorgente
di luce deve utilizzare particolari
accorgimenti:
evitare l'abbagliamento, assicurandosi che la sorgente luminosa non sia direttamente visibile,
limitando la quantità di luce emessa o distribuendola su un'area più grande evitare l'eccessiva uniformità della luce, utilizzando sia luci dirette che diffuse per favorire il
senso di profondità e la tridimensionalità schermare la luce naturale per evitare abbagliamenti diretti e riflessi (vedi lavagna)
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Elementi di tiflologia di base
Predisposizione degli ambienti scolastici
Alcuni suggerimenti per una maggiore fruibilità da parte dell’alunno ipovedente.
evitare zone d'ombra e spazi con eccessive differenze di illuminazione preferire l'illuminazione artificiale con lampade il cui fascio luminoso sia
rivolto verso l'alto utilizzare lampade fluorescenti di vetro smerigliato ridurre la distanza tra la lampada e il piano di lavoro fornire illuminazione supplementare e ausili ottici illuminanti eliminare superfici lucide che creano riflessi evidenziare il piano di lavoro con colore opaco e utilizzare i contrasti di
colore per evidenziare gli oggetti posti su di esso (vedi tavola da pran-zo: tovaglia bianca con stoviglie nere, verdi, blu o rosse)
il banco dell’alunno deve essere più ampio del normale e dotato di ri-piano inclinabile
il materiale da leggere deve trovarsi allo stesso livello degli occhi
l'impiego di sistemi ingrandenti richiede una distanza ravvicinata per cui diventano importanti gli atteggiamenti posturali: appoggio dei go-miti, posizione del collo e della schiena.
Per favorire l'autonomia illuminare bene porte e ingressi, permettendo una facile individuazione
di ostacoli e gradini creare contrasto tra porte e stipiti le porte a vetro devono avere una striscia colorata a 130 cm di altezza
i corridoi necessitano di riferimenti visivi: luci nei punti di giunzione tra pavimento, parete e soffitto e luci colorate ad altezza di 130 cm lungo le pareti
il senso di profondità e le distanze vengono esaltate colorando in modo
contrastante gli infissi, le porte, i mobili il pavimento deve contrastare le pareti le ombre sugli scalini sono un pericolo rivestire il bordo di ogni scalino con una striscia orizzontale di materiale
antiscivolo di colore contrastante con la scala posizionare tre strisce verticali continue di colore contrastante che cor-
rono lungo l'intera lunghezza delle scale informare tutto il personale scolastico della presenza di un alunno con
deficit visivo affinché siano attenti nel riporre gli strumenti di lavoro.
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QUADERNI DI
LAVORO QUADERNI DI LAVORO
Un ipovedente,
proprio perché ci
vede un po’ (“se
porto gli occhiali
non sono cieco”),
tende a
mascherare la
propria
condizione
attraverso
comportamenti
inadeguati quali
immobilismo o
iperattività
La didattica "esperienziale"
Tale concetto dovrebbe essere ovvio per chi si occupa
di tiflologia, ma anche per chi si occupa di didattica,
soprattutto nel primo ciclo di scuola primaria. Purtrop-
po così non è: quante volte gli alunni lavorano su sche-
de preconfezionate dove gli oggetti-elementi della na-
tura sono soltanto rappresentati? Se per tutti gli alunni
l'apprendimento passa più facilmente attraverso il fare
(Piaget: il pensiero deriva dall'azione), a maggior ra-
gione questo vale per chi non può godere dell'alternati-
va visiva nel tempo extrascolastico e fatica inoltre a
gestire materiale strutturato su schede durante le le-
zioni a scuola. L'utilizzo di materiale concreto facilita i
processi di apprendimento dell'alunno con deficit sen-
soriale.
(NB: Per un approfondimento relativo ai materiali sensoriali si veda la dispensa specifica).
La programmazione anticipata
Con l’alunno non vedente/ipovedente è vietata l'improvvisazione (anche per le uscite didattiche, la
scelta dei laboratori, la visione di filmati).
Il materiale tattile o ingrandito infatti non è una semplice trasposizione, ma una rielaborazione che
richiede tempi lunghi per la realizzazione.
La visione di filmati di studio: richiede una programma-
zione anticipata, la presentazione anticipata del conte-
nuto all’alunno non vedente, la verbalizzazione durante
la visione, eventuali schede tattili-ingrandite o sintesi
dei contenuti in Braille.
Le uscite didattiche: richiedono sempre una program-
mazione anticipata, la visita preventiva da parte del do-
cente-accompagnatore, la realizzazione di una mappa
tattile o ingrandita del percorso e degli spazi; insieme al
ragazzo si procederà poi allo studio del materiale predi-
sposto nonché alla valutazione dei mezzi di trasporto, di
costi-spese e dei contenuti dell’uscita.
I testi scolastici: un testo in Braille può essere in formato cartaceo o elettronico. In entrambi i casi è
testo lineare ed essenziale. Le immagini vanno sostituite con materiale tattile o descritte a voce. Il
testo in cartaceo può essere in più volumi e quindi anche pesante per il trasporto. Da qui la necessità
di programmare con anticipo le lezioni per avvisare l’alunno delle parti che verranno affrontate di vol-
ta in volta.
Dispensa n° 1
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Indicazioni per la didattica disciplinare
Elementi di tiflologia di base
Il testo per ipovedente (su file o cartaceo) non è solo ingrandito, ma rielabo-
rato e personalizzato per le caratteristiche visive dell’alunno: font, carattere,
colori, immagini.
Se cartaceo ha dimensioni diverse dall’originale ed è in più volumi. Anche qui
è necessaria la programmazione.
L’obiettivo dell’autonomia
L’autonomia dell’alunno non vedente è il principale obiettivo che il processo
educativo si propone di raggiungere. Per autonomia si intende la capacità di
muoversi in spazi non conosciuti e di utilizzare gli strumenti a disposizione
per risolvere le proprie esigenze. L'orientamento spazio-temporale ne è il
presupposto principale. La cecità precoce e completa incide in modo notevole
su tutto ciò che concerne l'elaborazione cognitiva dello spazio e la rappresen-
tazione simbolica della realtà. Fino alla seconda metà del seicento era diffusa
la convinzione che un cieco dalla nascita non potesse riconoscere e distin-
guere tra di loro le diverse forme spaziali perché la vista era considerata l’u-
nica via per conoscere lo spazio e le sue forme.
Furono i fatti a dimostrare che la mancanza della vista non impedisce la co-
struzione mentale dello spazio. Per organizzare un buon rapporto con la real-
tà circostante, la persona che non vede ha bisogno di attivare l’insieme dei
propri sensi residui. Anche se il tatto viene generalmente considerato come
la vista dei ciechi, è importante tenere presente che la vista non può essere
sostituita validamente da un solo senso. La complementarietà tra il tatto e
l’udito permette al soggetto cieco di entrare in contatto con la realtà del
mondo e conoscerlo con apprezzabile efficacia.
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QUADERNI DI
LAVORO
Fino alla
seconda metà
del seicento era
diffusa la
convinzione
che un cieco
dalla nascita
non potesse
riconoscere e
distinguere tra
di loro le
diverse forme
spaziali perché
la vista era
considerata
l’unica via per
conoscere lo
spazio e le sue
forme. Furono
i fatti a
dimostrare che
la mancanza
della vista non
impedisce la
costruzione
mentale dello
spazio.
QUADERNI DI LAVORO
Il tatto possiede un campo percettivo molto ridotto e pertanto procede per esplorazione di fram-
menti spaziali, ma presenta peraltro una capacità di analisi molto raffinata e puntuale.
Viceversa l’udito possiede un campo percettivo notevolmente più esteso che consente ai ciechi un
ampio riferimento spaziale d’insieme, ma offre informazioni insufficienti sugli oggetti e sulle carat-
teristiche particolari dello spazio circostante. Le informazioni provenienti dall’olfatto, dalle variabili
termiche e anemestesiche e dal lavoro dei muscoli impiegati nel movimento, offrono al soggetto
non vedente la possibilità d’integrare e di arricchire il quadro percettivo, migliorando sensibilmen-
te le qualità della sua conoscenza. Naturalmente questo non significa che la privazione della vista
possa essere sostituita dal patrimonio sensoriale residuo nei suoi aspetti essenzialmente visivi.
Nella mente di un soggetto cieco dalla nascita non c’è la
realtà dei colori né di alcun altro fenomeno propriamente
visivo. Ciò nonostante possiamo dire che i ciechi dimostra-
no un buon senso della realtà e si rappresentano il mondo
con efficace chiarezza e misura.
Purtroppo accade spesso che l’alunno con deficit visivo, se
non adeguatamente stimolato in un clima ludico e affettuo-
so, possa rivolgere prevalenti attenzioni alla dimensione
propriocettiva (percezione del proprio corpo nello spazio),
non aprendosi ad un panorama esterocettivo (percezione di
spazi esterni al proprio corpo) spesso poco allettante e si-
curamente più impegnativo.
Se l’alunno cieco, pur avendo potenzialità sensoriali residue
integre, non viene indotto a valorizzarle, può presentare
mani “cieche”, cioè inattive, incapaci di rilevare con sponta-
neità esplorativa le molteplici caratteristiche tattili e aptiche
della realtà.
Altre difficoltà possono ingenerarsi nell’appropriato utiliz-
zo dell’udito quando il soggetto percepisce un panorama
acustico caotico e indifferenziato che non gli consente di
correlare effettivamente il suono o il rumore con ciò che
lo genera (sostanzialità dell’oggetto). Anzi, può addirittu-
ra accadere che creda che l’oggetto sia il suo suono, quel-
la parte cioè che gli è dato di percepire, se non si ha l’ac-
cortezza di aiutarlo a stabilire una correlazione tra il suo-
no dell’oggetto e le caratteristiche del medesimo, eviden-
ziandone forma, posizione, modalità di uso, sostanza, su-
perficie, temperatura, eccetera.
A volte anche lo sviluppo della capacità tattile e aptica
può essere trascurata. In tal caso le mani del ragazzo ap-
paiono ipotoniche, inattive, tendenti a giocare e a intrat-
tenersi l’una con l’altra.
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Elementi di tiflologia di base
Strumenti e materiali didattici
La presenza di una minorazione visiva non impedisce lo sviluppo della capacità
di leggere e scrivere, né comporta necessariamente maggiori difficoltà di ap-
prendimento. Può tuttavia rendersi necessario il ricorso a modalità diverse dal-
la lettura e scrittura con lettere normali. Si può ricorrere a caratteri in nero in-
granditi e persino al codice Braille.
Se l’alunno ha un residuo visivo, per aumentare l’efficacia nella lettura si può
ricorrere ad ingrandimenti del testo, all’aumento del contrasto, ad altri ausili
ingrandenti.
Per la scrittura si può ricorrere alla matita morbida a punta grossa, al penna-
rello nero, ai fogli a righe evidenziate e/o in rilievo, all’uso dello stampato
maiuscolo, agli ausili ingrandenti e/o informatici.
Alcune volte è già evidente in
età prescolare quale sia la
strada migliore per il bambi-
no (materiali sensoriali, in-
grandimenti, prebraille). Al-
tre volte la decisione verrà
affidata, nel periodo della
scuola, ad una équipe di spe-
cialisti che valuterà come il
bambino utilizzi le informa-
zioni provenienti dai diversi
canali sensoriali.
Quando il “Braille”
In caso di cecità, oppure in caso di alunno che non è in grado di compiere atti-
vità di tipo visivo a distanza di 25-30 cm, se non vi è possibilità di lettura di un
font ingrandito adeguato, come alternativa ai momenti di affaticamento visivo,
oppure in caso di patologia degenerativa, allora si può pensare all’avviamento
al codice Braille. Una condizione importante è l’accettazione del percorso da
parte dell’alunno (e della famiglia). Altra condizione è che l’apprendimento del
Braille non sia contemporaneo all'apprendimento del codice in nero e che il
soggetto non sia più in grado di leggere con la vista.
Dopo aver osservato le modalità conoscitive ed esplorative spontanee dell’a-
lunno, occorre valutare la presenza di altre patologie prima di presentare en-
trambi i codici di lettura e di scrittura per poi lasciare la scelta al soggetto in-
teressato, sapendo che non esistono criteri validi in assoluto e sono molto
influenti le circostanze e il contesto.
L’accettazione degli strumenti didattici specifici per l’ipovisione deve essere
coerente con i processi di integrazione nella classe e con il coinvolgimento dei
genitori e, ovviamente, degli insegnanti curricolari.
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QUADERNI DI LAVORO
L’alunno non
vedente deve
imparare ad
utilizzare gli
ausili specifici
per la
lettoscrittura ai
fini della propria
integrazione
scolastica
Il testo ideale per l’integrazione
La trasformazione del testo prodotto dalla Casa
editrice in un testo fruibile dall’alunno disabile
della vista richiede un delicato lavoro di mediazio-
ne e di programmazione delle parti da riprodurre.
Il testo in Braille, oltre al lavoro di trascrizione e
stampa, deve essere integrato da schede tattili
che riproducono le illustrazioni, o da descrizioni
verbali minuziose delle stesse.
Le parti di testo ingrandite per l’ipovedente devo-
no essere essenziali, con una organizzazione se-
quenziale degli elementi nello spazio-pagina, con
un buon contrasto bianco-nero, di materiale non
riflettente e non lucido, con ingrandimento e ca-
rattere personalizzati.
Per favorire l’autonomia, il testo deve avere le dimensioni del formato-pagina corrispondente al li-
bro in nero e contenere immagini e colori. Non sono secondarie per importanza anche le caratteri-
stiche della copertina, la rilegatura, l'indice, l'impaginazione, il materiale cartaceo, gli allegati, la
conoscenza dei diversi volumi che compongono il testo originario. Il tutto deve essere confezionato
con la mediazione creativa dei docenti e degli educatori tiflodidattici.
Gli ausili
L’alunno non vedente deve imparare ad utilizzare
gli ausili specifici per la lettoscrittura ai fini della
propria integrazione scolastica, sociale e professio-
nale. Per lui, gli ausili principali sono la dattiloritmi-
ca, la dattilobraille, il piano di gomma, la vasta
gamma della strumentazione tifloinformatica (per
questo si veda la dispensa specifica), il registrato-
re, il bastone bianco, la calcolatrice con la sintesi
vocale, eccetera.
Per gli alunni ipovedenti gli ausili si possono riassumere sinteticamente in 5 categorie:
Ausili non ottici: pennarelli, libri a stampa ingrandita, evidenziatori, quaderni a righe marcate;
Ausili ottici: lenti correttive, lenti di ingrandimento, filtri per la luce solare (sono occhiali colorati
non graduati che filtrano la luce esterna, attenuando il fenomeno di abbagliamento), ecc.;
Ausili posturali: leggio, banco reclinabile e sedia ergonomica (per evitare vizi posturali e per
consentire una posizione della schiena ad angolo retto e gomiti appoggiati). Il leggio è uno
strumento importante per l'ipovedente, in quanto, oltre a permettergli di aver le mani libere,
favorisce una posizione corretta del dorso e del corpo e impegna la persona a mantenere una
distanza di lettura costante. Il banco ergonomico può alzarsi o abbassarsi in relazione
all'altezza della persona e possiede il piano reclinabile;
Ausili luminosi: lampade a braccio snodato, di facile regolabilità in modo che nella lettura l'ipo-
vedente possa dirigere la luce sul testo senza creare ombra.
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Elementi di tiflologia di base
GLI ARGOMENTI DELLE EDIZIONI DEI
“QUADERNI DI LAVORO”
LA STORIA DEL C.N.V. E I SUOI SERVIZI
LE RAPPRESENTAZIONI TATTILI
L’INTERVENTO PRECOCE
LE TECNOLOGIE INFORMATICHE
L’EDUCAZIONE ALL’ASCOLTO
La lampada deve essere a bassa temperatura
e possedere un fascio luminoso il più vicino
possibile alla luce diurna (quella alogena offre
un'intensità maggiore rispetto alla lampada ad
incandescenza e non altera i colori ).
Ausili elettronici: PC con software che permetta ingrandi-
menti progressivi della stampa; CCTV (televisore a circuito
chiuso), eccetera.
NB: Per le tecnologie informatiche si veda la dispensa specifica.
Naturalmente è sempre utile cercare, nell'attività quotidiana con l'alunno ipovedente, di attuare
quello che viene definito uno "sforzo di immedesimazione immaginativa", vale a dire il tentativo di
"calarsi nei panni" dell'ipovedente ogni qualvolta gli si proponga una determinata attività-situazione
al fine di meglio comprenderne le difficoltà ed i bisogni; sforzo immaginativo perché non è possibile,
come abbiamo più volte verificato, riprodurre una situazione di ipovisione reale date le caratteristi-
che tipicamente individuali di tale condizione e data l’esperienza incancellabile di chi vede.
I PRIMI PASSI PER L’INTEGRAZIONE
SCOLASTICA
L’ALUNNO IPOVEDENTE A SCUOLA
LE MINORAZIONI PLURIME
IL BRAILLE
LA SCUOLA DEDELL’INFANZIA
LA SCUOLA PRIMARIA