Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

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N ella nostra società, caratterizzata da una cultura preva- lentemente visiva, la cecità mette a disagio. Nella relazione con un non vedente viene a mancare un canale fondamentale di co- municazione: la reci- procità di sguardo. In ambito scolastico, la didattica per un non vedente implica una conoscenza tec- nico - strumentale specifica (ausili, ma- teriali tattili in sosti- tuzione di quelli ico- nici, metodo di letto- scrittura Braille) che consenta di aiutare l’alunno a superare le limitazioni imposte dal deficit visivo. La situazione di handicap dipende molto dal contesto. Sapere quali difficoltà sono conseguenti al problema visivo, aiuta l’in- segnante a capire meglio i limiti e le potenzialità dell’alunno consentendogli di costruirsi un’immagine reale del soggetto, evitando così di incorrere in atteggiamenti di iperprotezione o di aspettative eccessive. QUADERNI DI LAVORO Cecità e ipovisione 2 Le problematiche evolutive conseguenti alla minorazione 4 L’accoglienza 6 Indicazioni metodolo- giche di base 8 Indicazioni per la di- dattica disciplinare 11 Centro per l’integrazione scolastica e la piena realizzazione dei non vedenti Enti fondatori: - Provincia di Brescia - Comune di Brescia Viale Piave 46 25123 BRESCIA Tel.: 030360764 - 0303361105 Fax: 0303367223 E-mail: segreteria @centrononvedenti.it www.centrononvedenti.it APPUNTI OPERATIVI PER LA DISABILITA’ VISIVA Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con deficit visivo Elementi di tiflologia di base Sommario:

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Page 1: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

N ella nostra società, caratterizzata da una cultura preva-lentemente visiva, la cecità mette a disagio.

Nella relazione con

un non vedente viene a mancare un canale fondamentale di co-municazione: la reci-procità di sguardo. In ambito scolastico,

la didattica per un non vedente implica una conoscenza tec-nico - strumentale specifica (ausili, ma-teriali tattili in sosti-tuzione di quelli ico-nici, metodo di letto-scrittura Braille) che consenta di aiutare l’alunno a superare le

limitazioni imposte dal deficit visivo. La situazione di handicap dipende molto dal contesto. Sapere quali difficoltà sono conseguenti al problema visivo, aiuta l’in-segnante a capire meglio i limiti e le potenzialità dell’alunno

consentendogli di costruirsi un’immagine reale del soggetto, evitando così di incorrere in atteggiamenti di iperprotezione o di aspettative eccessive.

QUADERNI DI LAVORO

Cecità e ipovisione

2

Le problematiche

evolutive conseguenti

alla minorazione

4

L’accoglienza

6

Indicazioni metodolo-

giche di base

8

Indicazioni per la di-

dattica disciplinare

11

Centro per

l’integrazione

scolastica e la piena

realizzazione dei non

vedenti

Enti fondatori:

- Provincia di Brescia

- Comune di Brescia

Viale Piave 46

25123 BRESCIA

Tel.: 030360764 - 0303361105

Fax: 0303367223

E-mail: segreteria @centrononvedenti.it

www.centrononvedenti.it

APPUNTI OPERATIVI PER LA DISABILITA’ VISIVA

Primi passi per l’integrazione scolastica

dell’alunno con deficit visivo

Elementi di tiflologia di base

Sommario:

Page 2: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Vediamo innanzitutto di fare chiarezza su due diverse problematiche

sensoriali.

Mentre la condizione di cecità è facile da intuire, diventa molto diffici-

le descrivere e comprendere le caratteristiche del soggetto

“ipovedente” poiché entrano in gioco fattori individuali molto diversi

tra loro ed estremamente influenti sulle performances visive ed adat-

tive del soggetto (la famiglia, l’accettazione, l’ambiente, la motivazio-

ne, il contesto, ecc.)

Possiamo affermare che “si intende per ipovedente la persona porta-

trice di una disabilità visiva di entità tale da non consentire lo svolgi-

mento delle comuni attività della vita quotidiana. Tale disabilità con-

segue ad una patologia irreversibile che non può essere migliorata

attraverso trattamenti medici e/o lenti convenzionali”.

Con questa definizione si punta l'attenzione sugli impedimenti pratici

di tipo quotidiano (autonomie domestiche, spostamenti, letto-

scrittura, ecc.) e sull'irreversibilità della patologia.

Non si fa riferimento soltanto alla quantificazione del danno visivo,

quanto all'aspetto della funzionalità visiva che è ciò che interessa

principalmente in ambito educativo e didattico. Spesso accade infatti

che rientrino nella medesima definizione soggetti con differenti capa-

cità visive e quindi con differenti gradi di autonomia, nonostante gli

esami diagnostici rilevino una patologia originaria comune e una

identica quantificazione del visus.

Addirittura può capitare che soggetti con visus bassissimo manifesti-

no performances migliori di soggetti considerati medio-gravi a livello

oculistico.

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QUADERNI DI LAVORO

Mentre la

condizione di

cecità è facile

da intuire,

diventa molto

difficile

descrivere e

comprendere le

caratteristiche

del soggetto

“ipovedente”

Cecità e ipovisione

Page 3: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Questo perché diverso è parlare di visus e di diagnosi oculistica, piuttosto che di funzionalità visi-

va.

Mentre con i primi due termini si fa riferimento a criteri oggettivi di misurazione di un danno sen-

soriale, con l'ultimo termine si fa riferimento ad un comportamento soggettivo, vale a dire alla

capacità del soggetto di utilizzare al meglio il proprio residuo.

L’intervento educativo e la didattica per ipo e non vedenti contemplano alcuni atteggiamenti di

base comuni - come ad esempio la comunicazione verbale, l’accompagnamento e l’educazione

sensoriale – ma, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria, si diversificano per gli aspetti

che richiedono attenzioni diverse, come gli strumenti per la lettoscrittura, l’illuminazione, i colo-

ri, i contrasti e così via.

Diverso è anche il grado di accettazio-

ne della propria minorazione da parte

di un cieco e di un ipovedente. Que-

st’ultimo, proprio perché ci vede un

po’ (se porto gli occhiali non sono cie-

co), tende a mascherare la propria

condizione attraverso comportamenti

inadeguati (immobilismo - iperattivi-

tà). Difficile è anche convincere l’ipo-

vedente ad utilizzare strumentazioni

specifiche, ma diversificanti (bastone

bianco, ingranditori, libri ingranditi,

ecc.) che potrebbero renderlo mag-

giormente autonomo.

Influisce su tali aspetti anche il momento di insorgenza della patologia visiva: diverso è essere

ciechi dalla nascita, diverso è avere una patologia degenerativa. La perdita della vista in età

successiva alla nascita, se ha il vantaggio di permettere al soggetto la produzione di immagini

mentali (memoria immaginativa) adeguate della realtà (immagini guida), tuttavia conduce a

uno stato di disagio psicologico importante, conseguente alla incertezza dell’evoluzione della

patologia, nonché alla perdita di una serie di autonomie e di informazioni visive su cui il sogget-

to aveva precedentemente basato la sua esistenza.

La perdita della vista nei primi anni di vita può arrecare ritardi e problemi nello sviluppo cogniti-

vo, affettivo e psicomotorio del bambino.

Elementi di tiflologia di base

Pagina 3

BIBLIOGRAFIA

AAVV, L ’ integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista, UTET ed.

Abba G. – AAVV, Le problematiche dell ’ integrazione del non vedente nella scuola. Guida per insegnanti, Biblioteca Italiana per Ciechi

Bizzi V. – Bonaccorso A. – Chiarelli R., L ’ integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista, UTET

Ceppi E., I minorati della vista, Armando ed.

Galati Dario ( a cura di ) , Vedere con la mente, Franco Angeli

Mazzeo M., Il bambino cieco: introduzione allo sviluppo cognitivo. ed. Anicia

Piaget J. e Inhelder B., L ’ immagine mentale nel bambino, Firenze, La Nuova Italia

Portiglia C., Mani che vedono, ed. Cappelli

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Coppa M. – De Santis R., Il bambino ipovedente, ed Armando

Coppa M., Le minorazioni visive, ed Tecnoscuola ( Gorizia )

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Prendiamo qui in considerazione soprattutto lo sviluppo cognitivo.

Lo sviluppo cognitivo del bambino consiste nella “capacità di servirsi sem-

pre meno dell'azione immediata e, grazie alla capacità di anticipare

mentalmente una situazione e le conseguenze delle proprie azioni, rea-

lizzare collegamenti della situazione presente con precedenti esperienze,

soppesare le varie possibilità d'azione e scegliere la strada opportuna

con il minimo rischio e il minimo dispendio di energie” (Piaget).

Il primo passo verso la capacità di rappresentarsi e comprendere le tra-

sformazioni della realtà è l'immagine mentale. La rappresentazione men-

tale degli oggetti percepiti e delle loro eventuali trasformazioni guida la

formazione dei contenuti concettuali.

Il pensiero deriva dall’azione. Il reale, secondo Piaget, consiste in sistemi

di trasformazione e quindi, per conoscere gli oggetti, è necessario agire

su di essi in modo da scomporli e ricomporli. La conoscenza avviene solo

attraverso l'interazione con il mondo attraverso azioni su di esso; azioni

che ci permettono di strutturare una rappresentazione simbolica della

realtà che porta alla nascita del concetto.

Alcune osservazioni hanno messo in evidenza come i bambini non veden-

ti posseggano numerose limitazioni sensomotorie che impediscono l'e-

splorazione attiva del reale, che è la base per la rappresentazione men-

tale, conducendo a ritardi nello sviluppo dei concetti.

Queste difficoltà derivano dalle caratteristiche dei due principali sistemi

percettivi suppletivi della vista: l’udito e il tatto che, da soli, non riesco-

no a compensare completamente la mancanza della vista.

• L'udito infatti ha la funzione principale di localizzare sorgenti sonore

nello spazio ed è specializzato

nella conoscenza di sequenze

temporali;

• il tatto fornisce la conoscen-

za delle proprietà sostanziali

dell'oggetto: forma, dimensio-

ne, texture, peso, temperatu-

ra, ma ha un campo percetti-

vo limitato: non è in grado di

percepire oggetti in movimen-

to e il contesto ambientale.

Le caratteristiche principali

del tatto sono l'analiticità e la

sequenzialità, a differenza

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QUADERNI DI

LAVORO

Il primo passo

verso la capacità

di rappresentarsi

e comprendere le

trasformazioni

della realtà è

l'immagine

mentale

QUADERNI DI LAVORO

Le principali problematiche evolutive conseguenti

alla minorazione

Page 5: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

della vista che possiede caratteri di globalità e di simultaneità.

La vista è specializzata nella percezione dello spazio; da qui alcune conseguenze negative

in bambini privi di questo senso.

E’ ritardata l’acquisizione del grasping manuale poiché i bambini ciechi non hanno la perce-

zione di oggetti lontani dalla loro mano a meno che questi non emettano un suono.

E’ ritardata l'acquisizione del concetto di permanenza dell'oggetto (che si raggiunge nor-

malmente intorno agli 8 mesi, mentre nel bambino cieco si raggiunge intorno ai 3-5 anni).

Per il bambino cieco infatti gli oggetti non esistono se non gli si manifestano al tatto o so-

noramente.

Da qui ritardi anche nella deambulazione (manca la motivazione a muoversi), ritardi

nell'acquisizione di relazioni spaziali e di causalità (concentrazione sul proprio corpo), con-

dotte stereotipate. La condotta di ricerca di oggetti sonori nascosti è prerequisito per la

deambulazione nel cieco, ma è condotta tardiva: solo dopo i 22 mesi.

Per quanto riguarda la psicomotricità si possono verificare, nel bambino privo di vista, dei

ritardi motori. Ricordiamo anche che la vista è stimolo per procedere a raggiungere un og-

getto. Se questa manca si riduce l’interesse alla locomozione, con il conseguente ritardo

nell'acquisizione delle nozioni di oggetto e di spazio. Il movimento è fondamentale infatti

per renderci conto di ciò che sta attorno e per differenziare il sé dagli altri (concetto di

identità). Anche l'iperprotezione è spesso causa di problematiche motorie con le conse-

guenze suaccennate.

Pagina 5

I ciechi totali dalla nascita presentano maggiori limitazioni rispetto a ciechi

tardivi che hanno il supporto di organizzazioni percettive, spaziali e tattili

più plastiche grazie all'ausilio visivo dei primi anni. Tuttavia il mondo dei

non vedenti non è diverso da quello dei vedenti sul piano cognitivo, ma è

diverso sul piano spaziale immaginativo: c'è uno scarto temporale nello

sviluppo poiché i mezzi per acquisire abilità cognitive sono diversi nei

ciechi che devono avvalersi di processi dei sensi vicarianti che richiedono

tempi maggiori di analisi e rielaborazione.

Elementi di tiflologia di base

Page 6: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Per agevolare l'integrazione dell’alunno non vedente nel gruppo o nella

classe, è importante preparare il primo incontro con particolare attenzio-

ne ai tre livelli dell'istituzione, degli insegnanti e dei compagni.

L'istituzione

La struttura che accoglie un

ragazzo con deficit visivo

deve essere preventivamen-

te preparata all'arrivo del

non vedente, in modo tale

che semplici misure di sicu-

rezza evitino spiacevoli inci-

denti che potrebbero turbare

il momento dell'accoglienza.

Adattare l’ambiente alle esi-

genze dell’alunno è sicuramente un compito difficile per l’educatore tiflo-

logico, ma è una condizione necessaria per l’integrazione scolastica e la

riduzione degli ostacoli all’autonomia.

In particolare, bisogna assicurarsi che:

le scale esistenti siano tutte provviste di corrimano e adeguatamen-

te indicate sul pavimento con riferimenti tattili;

la palestra sia priva di cambiamenti di livello: ove questo non sia

possibile, che eventuali gradini siano segnalati;

tutti gli inutili ostacoli (sul terreno o sospesi) siano rimossi e, ove

questo non sia possibile, siano adeguatamente resi noti al non ve-

dente;

la classe del non vedente/ipovedente sia sullo stesso piano dei labo-

ratori, dei bagni e della palestra o almeno il più vicino possibile;

nella classe, nei laboratori e

negli spogliatoi sia assegnato

al non vedente/ipovedente

sempre lo stesso spazio, pre-

feribilmente il più facilmente

raggiungibile (almeno per un

primo periodo di tempo).

E’ importante inoltre dotare gli

ambienti di segnaletiche tattili e/o

visive, scritte ingrandite e/o in

Braille per facilitare la conoscenza

dell’ambiente da parte del ragaz-

zo con deficit visivo.

Pagina 6

QUADERNI DI

LAVORO QUADERNI DI LAVORO

Per entrare in

relazione con gli

altri, l’alunno con

problemi di vista

deve superare

qualche difficoltà

supplementare. Gli

mancano infatti i

segnali di

approccio più

immediati quali il

sorriso e lo

sguardo, per cui

l’”altro” rimane a

lungo uno

sconosciuto

L’accoglienza

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Gli insegnanti

È auspicabile che tutti coloro che lavorano con il non vedente siano raggiunti da una comuni-

cazione scritta circa il profilo generale dell'allievo, il livello funzionale visivo, il livello motorio

raggiunto e le difficoltà relative all'orientamento spaziale e all'autonomia personale.

L'integrazione scolastica di un alunno con minorazione visiva segue le indicazioni della legge

n. 104 del 1992:

individuazione e segnalazione da parte della famiglia;

certificazione redatta dalle ASL;

diagnosi funzionale di competenza delle ASL (potenzialità residue);

profilo dinamico funzionale (il prevedibile sviluppo a breve/medio termine dell'allievo);

piano educativo individualizzato (P.E.I.) in cui vengono descritti gli interventi integrati

ed equilibrati tra loro. Per l'insegnante il Piano educativo è un quadro di riferimento per

la programmazione del lavoro quotidiano in vista degli obiettivi ipotizzati e per le

verifiche e le valutazioni in relazione alle caratteristiche dell'alunno.

Il progetto di intervento tiflopedagogico curato dal Centro Non Vedenti è uno strumento che

va ad integrare il P.E.I.

Bisogna innanzitutto avere ben chiari quali sono gli aspetti prioritari a cui rivolgere l'attenzio-

ne educativa per un coinvolgimento sereno ed attivo dell'alunno nella vita scolastica:

favorire situazioni di benessere, mediante l'equilibrio affettivo­relazionale che, a sua

volta, è legato al concetto di sé ed all'accettazione dell'handicap;

avere fiducia nelle capacità dell’alunno e valorizzare quello che può dare;

accrescere la sua autostima e fiducia , mettendo in risalto i lati positivi;

sostenere l’interesse e la motivazione, indispensabili per lo svolgimento di qualsiasi atti-

vità;

sensibilizzare il gruppo della classe attraverso attività di accoglienza e socializzazione;

adattare gli spazi e gli ambienti per facilitare l'autonomia (conoscere l'ambiente, sia in

terno che esterno, è fondamentale per la sicurezza e l’autonomia);

curare l'illuminazione perché la luce eccessiva - per esempio - provoca abbagliamento.

I compagni

Per entrare in relazione con gli altri, l’alunno

con problemi di vista deve superare qualche dif-

ficoltà supplementare. Gli mancano infatti i se-

gnali di approccio più immediati quali il sorriso

e lo sguardo, per cui l’altro rimane a lungo uno

sconosciuto. I processi di socializzazione hanno

bisogno di tempi più lunghi per il bambino cie-

co, anche perché proprio nei rapporti con i coe-

tanei egli trova grandi soddisfazioni, ma anche

notevoli difficoltà in quanto nel confronto spe-

rimenta il suo essere diverso e la sua minora-

zione.

Dispensa n° 1

Pagina 7

Elementi di tiflologia di base

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È opportuno che l'insegnante parli apertamente, preparando gli allievi ai

ruoli che dovranno affrontare per agevolare la partecipazione del non ve-

dente alle attività in programma: si troveranno infatti ad essere aiutanti,

guide, assistenti di orientamento, soprattutto nel primo periodo di am-

bientamento.

Si può favorire la conoscenza degli altri durante il momento dell’acco-

glienza e dell’appello, attraverso la voce del saluto, il tatto, i giochi di co-

noscenza e i lavori di gruppo.

Molto efficaci sono le attività di simulazione che possono svolgersi nelle

ore di educazione fisica; mettono i compagni nella condizione di un non

vedente/ipovedente e quindi aiutano a capirne meglio i bisogni e le diffi-

coltà.

Tutto ciò dovrebbe avvenire in un'atmosfera di coadiuvazione e di confi-

denza tale da non mettere l’alunno ipovedente nella condizione di sentirsi

un ostacolo per lo svolgersi delle attività, quanto un soggetto partecipe

anche se con gli opportuni adattamenti. Nessun momento è più socializ-

zante del gioco. Nei confronti che si producono si impara a collaborare e

a rispettare le regole della comunità. E’ nel gioco che ci si commisura agli

altri e alle cose, che si attivano le possibilità e si accettano i limiti.

Per evitare inutili imbarazzi, inoltre, è utile ricordare agli studenti che

non è necessario eliminare le parole "vedere" e "guardare", che fanno

parte anche del vocabolario dei non vedenti!

Esistono semplici ma efficaci accorgimenti per adeguare il proprio metodo di

lavoro.

Modificazione delle modalità comunicative

La presenza di un alunno non vedente o ipovedente in classe deve innanzi

tutto renderci più attenti circa le modalità di comunicazione. Da una comuni-

cazione verbale prevalentemente a carattere visivo è necessario passare ad

una comunicazione verbale efficace che si caratterizza in un linguaggio ver-

bale anticipativo, descrittivo e sintetico.

Anticipativo perché comunica all'alunno la situazione che lo coinvolgerà

ancora prima che questa si realizzi (uno spostamento, l'utilizzo di un mate-

riale particolare, la visita ad un nuovo ambiente, ecc.). Questo aspetto è im-

portante per favorire nell'alunno una maggiore sicurezza rispetto ad eventi

per lui poco familiari e difficilmente controllabili dalla vista.

Descrittivo perché comunica all'alunno le azioni che si svolgono durante

l'attività o la situazione proposta, permettendo così all'ipovedente di inte-

grare i dati sensoriali deficitari con informazioni verbali corrette che

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QUADERNI DI

LAVORO QUADERNI DI LAVORO

Indicazioni metodologiche di base

Per evitare

inutili

imbarazzi è

utile ricordare

agli studenti

che non è

necessario

eliminare le

parole "vedere"

e "guardare",

che fanno parte

anche del

vocabolario dei

non vedenti!

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velocizzano i tempi di apprendimento (se descrivo ciò che sto scrivendo alla lavagna, l'alunno

ipovedente sarà in grado di trascrivere sul quaderno più velocemente che non avvicinandosi in

continuazione alla stessa per mettere a fuoco i segni grafici).

Sintetico perché deve utilizzare elementi essenziali che aiutino a velocizzare i processi di riela-

borazione delle esperienze condotte, processi che nel caso di deficit sensoriale risultano assai

più laboriosi e lunghi (per esempio, si può sintetizzare al termine di una lezione ciò che è avve-

nuto, oppure il contenuto di un filmato, oppure un'attività in palestra).

E' importante verificare inoltre la conoscenza reale dell’alunno circa alcuni termini per noi di

uso comune prima di utilizzarli nella comunicazione e offrire sempre al bambino la possibilità

di far riferimento a referenti concreti relativi a determinati concetti.

E’ importante fare attenzione ai richiami verbali e all’uso della lavagna che va sempre integrato –

come si diceva - con la descrizione verbale.

La conoscenza degli spazi

Per un alunno non vedente, prima di ogni altra cosa, è necessario conoscere il luogo dove si

trova (in questo caso l’aula). L’ambiente classe sarà organizzato in modo da creare uno spazio

ordinato, semplice e privo di ostacoli, dove i mobili mantengano il loro posto fisso.

L’alunno dovrà essere accompagnato tutto intorno a fare il giro delle pareti, cercando di fargli

individuare anche i punti di riferimento come la porta, le finestre, la lavagna, ecc. che egli è in

grado di riconoscere dal diverso rumore del materiale di cui sono costituiti e dalla superficie.

Successivamente dovrà anche imparare a trovare il bagno, il cortile, le altre aule. Al riguardo è

utile predisporre percorsi tattili (strisce tattili lungo le pareti e sulle porte) che aiutino l’alunno

a spostarsi autonomamente.

Spesso l’alunno non vedente è lasciato solo nel processo di adattamento ai nuovi ambienti e

arriva con le sue sole forze a costruirsi una mappa dello spazio. Ma ad una verifica più attenta

ci si accorge che è una mappa incompleta e che comunque questa operazione richiede molto

tempo ed energia a scapito di altre attività. Altre volte il non vedente aumenta la sua insicurez-

za e si chiude in un atteggiamento immobilistico che va poi a scapito della socializzazione.

Si può dire che l’alunno conosce il suo ambiente di vita quando è in grado di muoversi senza

esitazioni e di dirigersi autonomamente alla ricerca di oggetti disposti in un ordine che egli co-

nosce e soprattutto che è in grado di rappresentare (plastico, disegno).

Per un cieco è assai importante che gli oggetti siano possibilmente disposti sempre nello stesso

modo. Variazioni nella disposizione degli oggetti, fatta all’insaputa dell’alunno, causa spesso

complicazioni e disorientamento. È opportuno quindi che ogni cambiamento venga effettuato

con la sua partecipazione allo scopo di facilitare la costruzione dello schema immaginativo della

nuova disposizione.

Per l'alunno ipovedente la distri-

buzione geometrica della sorgente

di luce deve utilizzare particolari

accorgimenti:

evitare l'abbagliamento, assicurandosi che la sorgente luminosa non sia direttamente visibile,

limitando la quantità di luce emessa o distribuendola su un'area più grande evitare l'eccessiva uniformità della luce, utilizzando sia luci dirette che diffuse per favorire il

senso di profondità e la tridimensionalità schermare la luce naturale per evitare abbagliamenti diretti e riflessi (vedi lavagna)

Dispensa n° 1

Pagina 9

Elementi di tiflologia di base

Predisposizione degli ambienti scolastici

Alcuni suggerimenti per una maggiore fruibilità da parte dell’alunno ipovedente.

Page 10: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

evitare zone d'ombra e spazi con eccessive differenze di illuminazione preferire l'illuminazione artificiale con lampade il cui fascio luminoso sia

rivolto verso l'alto utilizzare lampade fluorescenti di vetro smerigliato ridurre la distanza tra la lampada e il piano di lavoro fornire illuminazione supplementare e ausili ottici illuminanti eliminare superfici lucide che creano riflessi evidenziare il piano di lavoro con colore opaco e utilizzare i contrasti di

colore per evidenziare gli oggetti posti su di esso (vedi tavola da pran-zo: tovaglia bianca con stoviglie nere, verdi, blu o rosse)

il banco dell’alunno deve essere più ampio del normale e dotato di ri-piano inclinabile

il materiale da leggere deve trovarsi allo stesso livello degli occhi

l'impiego di sistemi ingrandenti richiede una distanza ravvicinata per cui diventano importanti gli atteggiamenti posturali: appoggio dei go-miti, posizione del collo e della schiena.

Per favorire l'autonomia illuminare bene porte e ingressi, permettendo una facile individuazione

di ostacoli e gradini creare contrasto tra porte e stipiti le porte a vetro devono avere una striscia colorata a 130 cm di altezza

i corridoi necessitano di riferimenti visivi: luci nei punti di giunzione tra pavimento, parete e soffitto e luci colorate ad altezza di 130 cm lungo le pareti

il senso di profondità e le distanze vengono esaltate colorando in modo

contrastante gli infissi, le porte, i mobili il pavimento deve contrastare le pareti le ombre sugli scalini sono un pericolo rivestire il bordo di ogni scalino con una striscia orizzontale di materiale

antiscivolo di colore contrastante con la scala posizionare tre strisce verticali continue di colore contrastante che cor-

rono lungo l'intera lunghezza delle scale informare tutto il personale scolastico della presenza di un alunno con

deficit visivo affinché siano attenti nel riporre gli strumenti di lavoro.

Pagina 10

QUADERNI DI

LAVORO QUADERNI DI LAVORO

Un ipovedente,

proprio perché ci

vede un po’ (“se

porto gli occhiali

non sono cieco”),

tende a

mascherare la

propria

condizione

attraverso

comportamenti

inadeguati quali

immobilismo o

iperattività

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La didattica "esperienziale"

Tale concetto dovrebbe essere ovvio per chi si occupa

di tiflologia, ma anche per chi si occupa di didattica,

soprattutto nel primo ciclo di scuola primaria. Purtrop-

po così non è: quante volte gli alunni lavorano su sche-

de preconfezionate dove gli oggetti-elementi della na-

tura sono soltanto rappresentati? Se per tutti gli alunni

l'apprendimento passa più facilmente attraverso il fare

(Piaget: il pensiero deriva dall'azione), a maggior ra-

gione questo vale per chi non può godere dell'alternati-

va visiva nel tempo extrascolastico e fatica inoltre a

gestire materiale strutturato su schede durante le le-

zioni a scuola. L'utilizzo di materiale concreto facilita i

processi di apprendimento dell'alunno con deficit sen-

soriale.

(NB: Per un approfondimento relativo ai materiali sensoriali si veda la dispensa specifica).

La programmazione anticipata

Con l’alunno non vedente/ipovedente è vietata l'improvvisazione (anche per le uscite didattiche, la

scelta dei laboratori, la visione di filmati).

Il materiale tattile o ingrandito infatti non è una semplice trasposizione, ma una rielaborazione che

richiede tempi lunghi per la realizzazione.

La visione di filmati di studio: richiede una programma-

zione anticipata, la presentazione anticipata del conte-

nuto all’alunno non vedente, la verbalizzazione durante

la visione, eventuali schede tattili-ingrandite o sintesi

dei contenuti in Braille.

Le uscite didattiche: richiedono sempre una program-

mazione anticipata, la visita preventiva da parte del do-

cente-accompagnatore, la realizzazione di una mappa

tattile o ingrandita del percorso e degli spazi; insieme al

ragazzo si procederà poi allo studio del materiale predi-

sposto nonché alla valutazione dei mezzi di trasporto, di

costi-spese e dei contenuti dell’uscita.

I testi scolastici: un testo in Braille può essere in formato cartaceo o elettronico. In entrambi i casi è

testo lineare ed essenziale. Le immagini vanno sostituite con materiale tattile o descritte a voce. Il

testo in cartaceo può essere in più volumi e quindi anche pesante per il trasporto. Da qui la necessità

di programmare con anticipo le lezioni per avvisare l’alunno delle parti che verranno affrontate di vol-

ta in volta.

Dispensa n° 1

Pagina 11

Indicazioni per la didattica disciplinare

Elementi di tiflologia di base

Page 12: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Il testo per ipovedente (su file o cartaceo) non è solo ingrandito, ma rielabo-

rato e personalizzato per le caratteristiche visive dell’alunno: font, carattere,

colori, immagini.

Se cartaceo ha dimensioni diverse dall’originale ed è in più volumi. Anche qui

è necessaria la programmazione.

L’obiettivo dell’autonomia

L’autonomia dell’alunno non vedente è il principale obiettivo che il processo

educativo si propone di raggiungere. Per autonomia si intende la capacità di

muoversi in spazi non conosciuti e di utilizzare gli strumenti a disposizione

per risolvere le proprie esigenze. L'orientamento spazio-temporale ne è il

presupposto principale. La cecità precoce e completa incide in modo notevole

su tutto ciò che concerne l'elaborazione cognitiva dello spazio e la rappresen-

tazione simbolica della realtà. Fino alla seconda metà del seicento era diffusa

la convinzione che un cieco dalla nascita non potesse riconoscere e distin-

guere tra di loro le diverse forme spaziali perché la vista era considerata l’u-

nica via per conoscere lo spazio e le sue forme.

Furono i fatti a dimostrare che la mancanza della vista non impedisce la co-

struzione mentale dello spazio. Per organizzare un buon rapporto con la real-

tà circostante, la persona che non vede ha bisogno di attivare l’insieme dei

propri sensi residui. Anche se il tatto viene generalmente considerato come

la vista dei ciechi, è importante tenere presente che la vista non può essere

sostituita validamente da un solo senso. La complementarietà tra il tatto e

l’udito permette al soggetto cieco di entrare in contatto con la realtà del

mondo e conoscerlo con apprezzabile efficacia.

Pagina 12

QUADERNI DI

LAVORO

Fino alla

seconda metà

del seicento era

diffusa la

convinzione

che un cieco

dalla nascita

non potesse

riconoscere e

distinguere tra

di loro le

diverse forme

spaziali perché

la vista era

considerata

l’unica via per

conoscere lo

spazio e le sue

forme. Furono

i fatti a

dimostrare che

la mancanza

della vista non

impedisce la

costruzione

mentale dello

spazio.

QUADERNI DI LAVORO

Page 13: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Il tatto possiede un campo percettivo molto ridotto e pertanto procede per esplorazione di fram-

menti spaziali, ma presenta peraltro una capacità di analisi molto raffinata e puntuale.

Viceversa l’udito possiede un campo percettivo notevolmente più esteso che consente ai ciechi un

ampio riferimento spaziale d’insieme, ma offre informazioni insufficienti sugli oggetti e sulle carat-

teristiche particolari dello spazio circostante. Le informazioni provenienti dall’olfatto, dalle variabili

termiche e anemestesiche e dal lavoro dei muscoli impiegati nel movimento, offrono al soggetto

non vedente la possibilità d’integrare e di arricchire il quadro percettivo, migliorando sensibilmen-

te le qualità della sua conoscenza. Naturalmente questo non significa che la privazione della vista

possa essere sostituita dal patrimonio sensoriale residuo nei suoi aspetti essenzialmente visivi.

Nella mente di un soggetto cieco dalla nascita non c’è la

realtà dei colori né di alcun altro fenomeno propriamente

visivo. Ciò nonostante possiamo dire che i ciechi dimostra-

no un buon senso della realtà e si rappresentano il mondo

con efficace chiarezza e misura.

Purtroppo accade spesso che l’alunno con deficit visivo, se

non adeguatamente stimolato in un clima ludico e affettuo-

so, possa rivolgere prevalenti attenzioni alla dimensione

propriocettiva (percezione del proprio corpo nello spazio),

non aprendosi ad un panorama esterocettivo (percezione di

spazi esterni al proprio corpo) spesso poco allettante e si-

curamente più impegnativo.

Se l’alunno cieco, pur avendo potenzialità sensoriali residue

integre, non viene indotto a valorizzarle, può presentare

mani “cieche”, cioè inattive, incapaci di rilevare con sponta-

neità esplorativa le molteplici caratteristiche tattili e aptiche

della realtà.

Altre difficoltà possono ingenerarsi nell’appropriato utiliz-

zo dell’udito quando il soggetto percepisce un panorama

acustico caotico e indifferenziato che non gli consente di

correlare effettivamente il suono o il rumore con ciò che

lo genera (sostanzialità dell’oggetto). Anzi, può addirittu-

ra accadere che creda che l’oggetto sia il suo suono, quel-

la parte cioè che gli è dato di percepire, se non si ha l’ac-

cortezza di aiutarlo a stabilire una correlazione tra il suo-

no dell’oggetto e le caratteristiche del medesimo, eviden-

ziandone forma, posizione, modalità di uso, sostanza, su-

perficie, temperatura, eccetera.

A volte anche lo sviluppo della capacità tattile e aptica

può essere trascurata. In tal caso le mani del ragazzo ap-

paiono ipotoniche, inattive, tendenti a giocare e a intrat-

tenersi l’una con l’altra.

Pagina 13

Elementi di tiflologia di base

Page 14: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Strumenti e materiali didattici

La presenza di una minorazione visiva non impedisce lo sviluppo della capacità

di leggere e scrivere, né comporta necessariamente maggiori difficoltà di ap-

prendimento. Può tuttavia rendersi necessario il ricorso a modalità diverse dal-

la lettura e scrittura con lettere normali. Si può ricorrere a caratteri in nero in-

granditi e persino al codice Braille.

Se l’alunno ha un residuo visivo, per aumentare l’efficacia nella lettura si può

ricorrere ad ingrandimenti del testo, all’aumento del contrasto, ad altri ausili

ingrandenti.

Per la scrittura si può ricorrere alla matita morbida a punta grossa, al penna-

rello nero, ai fogli a righe evidenziate e/o in rilievo, all’uso dello stampato

maiuscolo, agli ausili ingrandenti e/o informatici.

Alcune volte è già evidente in

età prescolare quale sia la

strada migliore per il bambi-

no (materiali sensoriali, in-

grandimenti, prebraille). Al-

tre volte la decisione verrà

affidata, nel periodo della

scuola, ad una équipe di spe-

cialisti che valuterà come il

bambino utilizzi le informa-

zioni provenienti dai diversi

canali sensoriali.

Quando il “Braille”

In caso di cecità, oppure in caso di alunno che non è in grado di compiere atti-

vità di tipo visivo a distanza di 25-30 cm, se non vi è possibilità di lettura di un

font ingrandito adeguato, come alternativa ai momenti di affaticamento visivo,

oppure in caso di patologia degenerativa, allora si può pensare all’avviamento

al codice Braille. Una condizione importante è l’accettazione del percorso da

parte dell’alunno (e della famiglia). Altra condizione è che l’apprendimento del

Braille non sia contemporaneo all'apprendimento del codice in nero e che il

soggetto non sia più in grado di leggere con la vista.

Dopo aver osservato le modalità conoscitive ed esplorative spontanee dell’a-

lunno, occorre valutare la presenza di altre patologie prima di presentare en-

trambi i codici di lettura e di scrittura per poi lasciare la scelta al soggetto in-

teressato, sapendo che non esistono criteri validi in assoluto e sono molto

influenti le circostanze e il contesto.

L’accettazione degli strumenti didattici specifici per l’ipovisione deve essere

coerente con i processi di integrazione nella classe e con il coinvolgimento dei

genitori e, ovviamente, degli insegnanti curricolari.

Pagina 14

QUADERNI DI LAVORO

L’alunno non

vedente deve

imparare ad

utilizzare gli

ausili specifici

per la

lettoscrittura ai

fini della propria

integrazione

scolastica

Page 15: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

Il testo ideale per l’integrazione

La trasformazione del testo prodotto dalla Casa

editrice in un testo fruibile dall’alunno disabile

della vista richiede un delicato lavoro di mediazio-

ne e di programmazione delle parti da riprodurre.

Il testo in Braille, oltre al lavoro di trascrizione e

stampa, deve essere integrato da schede tattili

che riproducono le illustrazioni, o da descrizioni

verbali minuziose delle stesse.

Le parti di testo ingrandite per l’ipovedente devo-

no essere essenziali, con una organizzazione se-

quenziale degli elementi nello spazio-pagina, con

un buon contrasto bianco-nero, di materiale non

riflettente e non lucido, con ingrandimento e ca-

rattere personalizzati.

Per favorire l’autonomia, il testo deve avere le dimensioni del formato-pagina corrispondente al li-

bro in nero e contenere immagini e colori. Non sono secondarie per importanza anche le caratteri-

stiche della copertina, la rilegatura, l'indice, l'impaginazione, il materiale cartaceo, gli allegati, la

conoscenza dei diversi volumi che compongono il testo originario. Il tutto deve essere confezionato

con la mediazione creativa dei docenti e degli educatori tiflodidattici.

Gli ausili

L’alunno non vedente deve imparare ad utilizzare

gli ausili specifici per la lettoscrittura ai fini della

propria integrazione scolastica, sociale e professio-

nale. Per lui, gli ausili principali sono la dattiloritmi-

ca, la dattilobraille, il piano di gomma, la vasta

gamma della strumentazione tifloinformatica (per

questo si veda la dispensa specifica), il registrato-

re, il bastone bianco, la calcolatrice con la sintesi

vocale, eccetera.

Per gli alunni ipovedenti gli ausili si possono riassumere sinteticamente in 5 categorie:

Ausili non ottici: pennarelli, libri a stampa ingrandita, evidenziatori, quaderni a righe marcate;

Ausili ottici: lenti correttive, lenti di ingrandimento, filtri per la luce solare (sono occhiali colorati

non graduati che filtrano la luce esterna, attenuando il fenomeno di abbagliamento), ecc.;

Ausili posturali: leggio, banco reclinabile e sedia ergonomica (per evitare vizi posturali e per

consentire una posizione della schiena ad angolo retto e gomiti appoggiati). Il leggio è uno

strumento importante per l'ipovedente, in quanto, oltre a permettergli di aver le mani libere,

favorisce una posizione corretta del dorso e del corpo e impegna la persona a mantenere una

distanza di lettura costante. Il banco ergonomico può alzarsi o abbassarsi in relazione

all'altezza della persona e possiede il piano reclinabile;

Ausili luminosi: lampade a braccio snodato, di facile regolabilità in modo che nella lettura l'ipo-

vedente possa dirigere la luce sul testo senza creare ombra.

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Elementi di tiflologia di base

Page 16: Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con ...

GLI ARGOMENTI DELLE EDIZIONI DEI

“QUADERNI DI LAVORO”

LA STORIA DEL C.N.V. E I SUOI SERVIZI

LE RAPPRESENTAZIONI TATTILI

L’INTERVENTO PRECOCE

LE TECNOLOGIE INFORMATICHE

L’EDUCAZIONE ALL’ASCOLTO

La lampada deve essere a bassa temperatura

e possedere un fascio luminoso il più vicino

possibile alla luce diurna (quella alogena offre

un'intensità maggiore rispetto alla lampada ad

incandescenza e non altera i colori ).

Ausili elettronici: PC con software che permetta ingrandi-

menti progressivi della stampa; CCTV (televisore a circuito

chiuso), eccetera.

NB: Per le tecnologie informatiche si veda la dispensa specifica.

Naturalmente è sempre utile cercare, nell'attività quotidiana con l'alunno ipovedente, di attuare

quello che viene definito uno "sforzo di immedesimazione immaginativa", vale a dire il tentativo di

"calarsi nei panni" dell'ipovedente ogni qualvolta gli si proponga una determinata attività-situazione

al fine di meglio comprenderne le difficoltà ed i bisogni; sforzo immaginativo perché non è possibile,

come abbiamo più volte verificato, riprodurre una situazione di ipovisione reale date le caratteristi-

che tipicamente individuali di tale condizione e data l’esperienza incancellabile di chi vede.

I PRIMI PASSI PER L’INTEGRAZIONE

SCOLASTICA

L’ALUNNO IPOVEDENTE A SCUOLA

LE MINORAZIONI PLURIME

IL BRAILLE

LA SCUOLA DEDELL’INFANZIA

LA SCUOLA PRIMARIA