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IL FINTO ACROBATA THE FAKE ACROBAT Caio Pezzola

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IL FINTO ACROBATA THE FAKE ACROBAT

Caio Pezzola

IL FINTO ACROBATATHE FAKE ACROBAT

Caio Pezzola

“Caio certe volte è più vecchio e certe volte più giovane. (...)Scrive bene, è armonico, controlla il verso e la realtà e se procede fuori dalla regola, allora sceglie una rima per soddisfare la follia di una gioia esplosa all’improvviso.La sua poesia è buona, non buonista, parla con i morti, viaggia in stanze e città vuote, comprende l’attesa, vola in alto e piomba senza paracadute verso il sedile di un calcinculo che non lascerà mai.”

dalla prefazione di Tonino Zana“È solo questione di scegliere l’immagine giusta e aspettare l’ispirazione. Il primo passo sulla corda ben tesa e sotto una rete a misura d’orizzonte”.

www.caiopezzola.com

€ 10,00

Caio

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CRO

BAT

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per

Arturo

e Lorenza,

ancora Arturo,

Francesca

e Federica

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stata un’altra poesia. Si è operato a cuore aperto, preso il cuore di Caio in inglese e portato sul corpo italiano. Non trapianto, lo stesso cuore con un’altra lingua, la propria lingua.Il carattere sentimentale di Caio è uscito in pieno, coi suoi valori così intrisi di tradizione e così proiettati nel labirinto di un futuro che gli appartiene, di sogno e di dubbio, di canto per i propri cari e timore di perderli, di una prorompente curiosità per i sensi della terra in ogni sua forma.Caio Pezzola certe volte è più vecchio e certe volte più giovane. Quando pensa al passato prende un bel po’ di anni e se scruta l’orizzonte allora si fa ragazzo, di più, bambino. Scrive bene, è armonico, controlla il verso e la realtà e se procede fuori dalla regola, allora sceglie una rima per soddisfare la follia di una gioia esplosa all’improvviso.La sua poesia è buona, non buonista, parla con i morti, viaggia in stanze e città vuote, comprende l’attesa, vola in alto e piomba senza paracadute verso il sedile di un calcinculo che non lascerà mai.Infine, il dialetto. Ci siamo impietriti e divertiti a perdere venti poesie in un zac, per l’errore di battitura sul mio computer scassato e in un giorno e mezzo le abbiamo riprese, una per una, come le pecore che scappano dalla stalla. Ma non erano più le stesse. Siamo stati derubati di “venti-pecore poesie” e abbiamo rubato ad altri, chissà a chi, altre “venti pecore-poesie”. Giampaolo Bono ci ha sistemato gli accenti ed è testimone della sparizione delle prime venti poesie avvenuta nella sua casa gentile.Ora siamo qui e questa esperienza di mezzo anno ci ha regalato un’amicizia di cui sentiamo la bellezza appena incrociamo la nostra voce e scherziamo con sguardi, ricordi e illusioni orceane.Amici lettori, abbiate pietà.

Tonino Zana

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PREFAZIONE

Tutto comincia con quella telefonata nel tardo autunno scorso, in un pomeriggio corto. “Sono Caio Pezzola, vorrei chiederti un aiuto, un consiglio…Ho scritto delle poesie che già vivono a colori sul Web”.Un’altra trappola, mi sono detto. Ascolto due poeti alla settimana ed io stesso sono convinto di essere Dante. Conosco la malattia. Caio precisa che sono poesie in inglese ed io mi sento libero: “Bravo, complimenti. Però di inglese io non so niente, conosco l’inglese di Celentano, ecco….”. Lui mi insegue come sa fare, appoggia le parole, prende una pausa, quindi accelera, poi rallenta. Fa così Caio, e in mezzo ci mette una battuta. Ora Caio affonda: “No, ti chiedevo un consiglio per tradurle in dialetto. Mia mamma mi ha detto che sono matto. Semmai prima in italiano…”.Concordo con Franca: “Ha ragione tua mamma, prima in italiano e se proprio proprio, alla fine, ti suicidi col dialetto. Comunque vediamoci…”.Due tre volte la settimana, due ore per volta, a casa mia, abbiamo lottato parola dopo parola, confrontando storie, sentimenti, vicende, abbiamo riso, sorriso, ci siamo commossi. Ogni tanto sequestravamo un amico, lo sottoponevamo all’ascolto e quello, povero Cristo, ha sempre detto sotto la tortura del proprio pudore, che si trattava di opera geniale. Per forza.Dal primo incontro abbiamo estratto le nostre parole, anzi la nostra anima in sillabe, vocali e consonanti. Caio si è sottoposto alla prova della verità: se fosse riuscito ad essere sempre sincero con se stesso sarebbe arrivato alla fine, cioè nudo alla meta, poichè pensare, scrivere, pubblicare e presentare un libro di poesie è assumersi l’irresponsabilità di parlare ad alta voce, di aprirsi e privarsi di freni inibitori. Anche da qui deriva una parte di titolo, l’acrobazia.L’inizio degli inizi si ispira ad una fotografia presa in prestito dal Web. Dall’inglese all’italiano non è stata una traduzione e non è

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DIVING JOURNEY

I am a life biter and,when I breathe, air goldbricks fill my bodytill the very last edge,matching so perfectly within a shining puzzle.No difference at all betweencarrying my feet ahead,both on the warm land or placid water,straight up towards the ceilingor pretending to be an acrobatwith a fake glance to the thinnest cord.Without any gravity touch,no more falling, neither fear so far.Only sea sand sprinkle brushes from my hand.But I think I’ll disappear for a while.Making sure somebody will keep an eye.Swimming below the surfacebrings the human souls closer and softer,and I enjoy collecting them with my narrow fish net.And when I am backI kindly allow the time passing byto paint my skin in multicolored layers,feeling so glad that even my own shadowdoesn’t find a comfortable spot to lingerwhile I shape figures with my fingers.

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La poesia manifesta una conversazione dell’autore con se stesso. Si impone l’idea di un coraggio ad affrontare ogni circostanza del viaggio, la traccia omerica della vita come avventura e la negazione di ogni ambiguità: ”E all’ombra negherò ogni passo”.

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SOTA LA PÈL

Me so me e ule ‘n aria quand che gha n’o òjia. Me so me, ma a töcc gha öle be.Me so me e camine tra i nigoi

ma prima compre l’anima de l’acrobata, müsüre la corda,

la pröe, la sènte, so pront. L’è fada.Dopo cumince a pensà de ulà vià,

de ‘ndà de luntà per faf sènter la me mancansa.Se me gho ojia de vualter

alura a vualter va egnarà ojia dè me.Staròm tacacc sö le stèse ojie,

fermaróm i pas del tèmp.Me so me e ligarò le ombre.

Chèle sé, prime fiöle de la mort, prime trapule che porta a sta vià.

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SOTTOPELLE

Io sono colui che divora la vitae respira l’oro a colmare ogni piega

del mio giovane corpo.Muovo i miei passi senza differenza

sulla terra tiepida o sull’acqua placida,compro l’anima dell’acrobata e più

sottile tendo la corda.Ho tradotto e vinto della gravità ogni trama,

Nessuna paura si sente, né della caduta la lama.Solo righe di sabbia sulla mano.

Forse per un po’ sparirò nella pelle del mare e curerò che ascoltiate il rumore del mio mancare.Qui più docili le vostre anime incontro e nella rete

le catturo a branchi a saziar la mia sete.Al mio ritorno permetterò al tempo

di starmi addosso. E all’ombra negherò ogni passo.

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THE STARRED TRAIN

That fresh varnished starwas the first thing I noticedin the grey-packed fog.What a surprise such a early pick up,in the very middle of my life walk,with no ring bell or ticket to ride,but I guess a decent story to tell aside.Track n. 4, just a light and pleasant queueof quiet people I never knew.Whispering their names to the door man,he moves up and down his headwithout even hearing them.They won’t tell me where the train takesbut far the sign says.And in three steps I am up the iron stairsholding to lazy passengers looking nowhere.Everybody is hanging on to each other’s glance,half a smile is enough to become good friends.Looks like it’s time to leave,the steam swallows my beloved on the benchwhile I am still sending kisses by hand.Back soon anyway,start counting the days.

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I versi si radunano nell’attesa del treno. Arriva nell’ora che sorprende. Si sale nello scompartimento. Si parte, si saluta, ci

si promette i l ritorno. Il viaggio è cominciato da tempo, ora si contano i giorni e si riassumono le vicende. Serve la memoria

onesta di quanto è accaduto.

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‘L TRENO

Tuut, tuut tuut, tuuuuut.‘L rüa, precìs come ‘l nàser e ‘l mörèr,

‘n urelòi svìser. Binario numero 4: la zènt la rüza mia, urdinada sensa che gha saes bisògn dei urdin del cuntrulur.

Giü a la olta i salta sö ‘l treno che gha ‘na stèla rossa sö la front come ‘na cometa dè pace mia come ‘l sègn de ‘na rivolusiù.

L’è come gha saes scundit söl treno ‘n pupìche porta töcc a la capana.

Ma prima gh’è ‘n viàs long, mèi sentàs zo, salüdà come si deve,

mandà ‘n bazì. Forse argü i fa ‘l sègn dè la crus

prima de finì ‘n mès al vapur de nebia. Ghif dè iga pasiensa e sperà, anche se la speransa,

tante olte, l’è sul la mader dei speransì.Turne prèst, cumincì a cöntà i dé che manca.

Sti sereni, sti onèscc.

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QUALE TRENO

Con la stella gloriosa sulla fronteil treno sfonda la nebbia e ne svuota la forma.

Senza ora e suono di campanainatteso mi sorprende

nel mezzo di una vita già accesa.Binario N. 4, solo una fila gentile si anima dinanzi al controllore

e ognuno sussurra il proprio nome. Annuisce e pare non sentirli.

Nessuno dice dell’ultima stazionema un segnale porta lontano.

Tre scale, tre passi di ferroe già sto fra corpi pigri e sguardi persi.

Sembra sia tempo di partire,il vapore ad ingoiare i volti dei miei amati che a braccia ritte salutano dalla banchina

ed io a soffiare baci dalla mano.Torno presto, che piano dei giorni cominci la conta.

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WET WATER

A massive mirror is cutting the city in two,widening perspective to never-ending edgesfor the ones who live in the good half,shading the view with a dull coating for the others.Neither half sees beyond the glass plate,take a wild guess who smile and who moan each day.But it’s been raining for ages from the same skyand there is a warm sea flow underneaththe stone pavement of the moist town.No one pays attention to the waves rattlebut silver fishes are sliding unnoticedbetween people’s hurried feet.And how many abandoned luggageare standing in towers along the sidewalk,multiple sizes and colors but no stories inside,filled with air, no secrets to hide.A white dot among thousands of squared umbrellas,a middle-aged man, his face towards the cloudsand mouth wide open swallowing the rain stream,just like the sweetest medicinehealing his entire body skin.

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L’autore impone una parete di cristallo a dividere una delle sue città. Sotto passa un fiume, la gente cammina tra i pesci, un’aria di abbandono si insinua tra ombrelli salvifici. Un uomo di mezza età spalanca la bocca e ingoia “catene di pioggia”, medicina per

rinascere.

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MÜR DE AQUA

Che cità ela chesta ché,taiada a metà da ‘n mür de cristal

con ‘na part dè zènt dè ché e ‘na part de là,coi pès che salta föra de sota tèra

e le umbrèle de la zènt le sta ferme come le boche de le persune,

le sa bagna, le fa sito, le ‘èt niènt dè chèl che nas là ’n font.

Umbrèle depertöt, sèmper acquamuntagne de valìs lasade öde

e abundanade piene de aria e sensa storia.Da ’ndo ’egnaral chèl siòr là,

mès strabangol con la boca dièrta vèrs ‘l ciel?’L ve da la cuntrada benedida

’ndo sa pensa e sa crèt che mangià l’aquache ve zo da là ‘n aria

’l sàes come ciapà la midisina per guarì la ’ita.

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MURO DI PIOGGIA

In una delle mie città la parete alta di cristallo

divide i passi della gente,per metà allarga gli orizzonti

e per l’altra li restringe.La vista oltre è negata.Coglie l’immaginazione

l’istante dell’altro, chi soffre e chi gode.

Piove da millenni dallo stesso cieloe sotto le piazze del passeggio

scorre il fiume caldo.Pesci d’argento scivolano

fra i ciotoli a schivare piedi frettolosie si ignora il rantolio dell’onda.Torri di valigie abbandonate,

solo di aria piene negate anche di una sola storia.

Nella selva di ombrelliun punto bianco, uomo di mezza età

con il volto rivolto alle nuvole spalanca la bocca e ingoia catene di pioggia.

Come la più dolce medicina a guarire il grande corpo della vita.

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MELTING LOVE

Enter again the sweet forest,enter with naked feet and sink theminto purple soaked leaves.Here is the feast we’ve been promised,here is the warm nest that wraps around uslike a nourishment bag.Leave out the poor scent,it’s time to flaunt the queen’s dress.Let your hands blend with my fleshand pull out the pearls your love grew inside me,nicely matured for the joyful harvest.Just spread them in circles shaping our dance floor edge,a jeweled frame blessed by the shy shadows.Embracing the enchanted dark,you are the one I would choose,barely caressing the magic around you.And the show can begin,I have built a bridge across the ancient treesand placed signs all around.Your beloved souls will find the way to come,animals and birds will assistto the never-dying kiss.

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L’autore sceglie i sentieri del bosco per condurre la sua compagna a cogliere il più grande e impegnativo spettacolo della vita, l’amore. Descrive ogni passaggio e la porta fino al ponte da

cui transiteranno tutte le persone a cui insieme sono legati da profondi affetti.

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LA PRIMA DE L’AMUR

Igha mia pora, me ta öle be, stam vizì, igha mia pora,

apena pö aianti,pasàt chèsto paciüc bu

sa dèrv ‘n teré gròs e tènèr come i bras dè me mamaquand la ma strinzia sö

e me sintìe che ‘n dé sarès rüàcci bazì e le carésse de na fomna nöa

‘istida dè regina.Me ta öle be de‘n bé partìt dai mé

e adès nöf e rinforsàt.Strenzèm sö, strenzèm sö

fino a sufegàm. Nel ciar del dé

e nel fosc de chèsta nòt me vède la tò belèsa pö

bèla dè ogni stèla.Gho fat ‘n pont, sura gha pasarà

chi t’à sèmper vülìt be.Adès, dianti al ciel, a le piante

e al vènt dè la stagiùpostom ji àer, per sèmper,

‘n sègn per me dè remisiù a te e per te dè remisiù a me.

2020

LA PRIMA DELL’AMORE

Non aver paura, tra la fitta coltre degli aceri,

entra a piedi nudie affonda nelle foglie cadute

bagnate di porpora.Più avanti è la radura della festa promessa,

nido tepido come ventre di madre.

Lascia il profumodelle ore comuni,

è il tempo della veste regale.Penetra le tue mani

nella mia carne, trova le perlecoltivate dal tuo amore

e spargile a dar forma al cerchio della nostra danza.

Abbracciando l’incanto del buio tu sei la sola che sceglierei.

Tra gli alberi antichi ho costruito un ponte,e ho segnato il sentiero per i tuoi cari.

Il creato del bosco tutto intorno amerà il nostro bacio senza fine.Che lo spettacolo abbia inizio.

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WAITING FOR MR. BASILEWSKY

Deep in the downtown night veins,I was about to start flirting with the mannequins,sending warm kisses through the heavy glassof the store window.All of them were staring at me,having no other target at allin the dark abandoned street.Polite smiles and far ages gestures,wondering if the plastic bodies agreedwith the make up color framing their blind eyesin shiny textures.What a weird sensationand magic at the same time,the emptiness of this noble cityis sucking out my thoughts in a bite.But the glass answered with a welcomed reflection,Mr. Basilewsky finally lifted his hatgreeting me from the back.

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È sera, l’autore si trova in una città deserta. Aspetta un amico e inganna l’attesa osservando una vetrina di manichini. Nasce

un’immaginaria relazione con queste sagome di plastica. Fino a quando il vuoto intorno a lui viene riempito dall’arrivo

di mr. Basilewsky.

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SPÈTE EL SIÒR BASILEWSKY

Che sera scüra, gh’è ‘n giro gne’ ‘n ca,che tristesa truàs dèntèr ‘na cità furestera

a spetà chi mai no ‘e,te dè per te dianti a ‘na vidrina dè manichini.

Se ghoi dè fa: o ma sa sènte zò ‘n tèrae ma mète a pianzèr

o cumincie a ragiunà da matcon chèste persune de plastica.

A ‘n bel momènt ma sümea che ‘n manichino ‘l ride, che giü ‘l pianze e ‘l tèrs, là didrè, ‘l ma schisè l’öcc.

No, isé ‘ndom pròpe mia be, cumince a spertegà.

Pègio amó, la cità adès la fa’ ‘l dè pöe quasi la ma spaènta

nel fa parlà töt ‘l sò ‘öt.Ma gràsie al ciel, a la fì, ‘l rüa

‘l ma cumpàr nel riflès dè la idrina,‘l lea ‘l capèl e ‘l ma salüda.

E me ‘l salüde cuntènt: buonasera siòr Basilewsky.

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ASPETTANDO MR. BASILEWSKY

Giù, dentro alle vene della notte nera,la città è afona nel suo profondo mezzo.

Vivono i manichini oltre i cristalli e i miei baci fondono piccoli varchi

a inumidire le tempie spente.Entro nei fasci dei loro sguardi

solo a me rivolti e sorrido all’orfanità di una via deserta.

Dalle vetrine gesti e smorfie d’altri tempi.E io a domandarmi se queste essenze di plastica

gradiscono o si ingannano del trucco greve a incorniciare i loro occhi ciechi.

Magico e bizzarro il vuoto di questa nobile città:

già prosciuga l’ultima trincea dei miei pensieri.Ma dal vetro la risposta dell’atteso riflesso,

finalmente solleva il cappello e alle mie spalle saluta.Buonasera, Mr. Basilewsky.

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THE ROUND EDGE

We all went through the flames.Shaping the annoying feelings in tiny statuesin a perpetual and steady row.Tearing off the oily wall paperto make a crunchy balland finally listeningto the whispering naked wall.We all went through the dust.Adjusting our hair with a stroke,blowing ahead to set the path free from death,while the soul’s sponge is getting heavily greyand shyly imploring the body to stay.We all went through the woods.Being arms and legs of the crowded nature doom,being guests.Eyes seeking beyond,while feet are kissing the roots.We all went through the sun.Pouring bitterness drops into a golden vesseltill the evaporation makes its coursein a peaceful silence.Buckets of air fill the lungsand life cells are celebratingwithin a prosperous flaw.We all get to the light.

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La poesia ragiona intorno ai duelli della persona con la vita, le fiamme, i veleni, l’ipocrisia dell’unto, la fine nella polvere. Ma, infine, vince il patto con lo spirito, il desiderio del bosco, vigilia

di un sopraggiungere della luce.

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PRIMA DE ULÀ

Ogni persuna la te ‘na storiadè resistensa a le fiame e ai veleni

dè mür purificacc da l’ont e dè la ‘ergogna,

dè polver batidepronte a sufegàt

e giü dopo l’altèr som pasacc de lécon ‘l cör mia con l’anima

perché lé la resta e gha piàns ‘l cör de perderchèl möcc de carne e de öciade

che gha schisa l’öcc, ogni dé, e fa la pace.A la fì töcc i gha saltàt söl co del sul,prima i gha consegnàt lacrime amare

nel cadì dei pàder.Stì sücür, töcc, pròpe töcc‘egnarom föra da ‘l scür,

rüaróm a truà la tera de la luce.

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PRIMA DEL VOLO

Tutti siamo passati oltre le fiamme.Abbiamo forgiato i nostri veleni

in una fila perpetua di piccole statue.Strappata dalle pareti la carta unta

finalmente riascoltiamo del muro nudo i sussurri.

Tutti siamo passati oltre la polverescuotendo i capelli con colpi di spazzola,

liberato il sentiero dalla morte con possenti colpi di fiato,

mentre l’anima imploraal corpo di restare.

Tutti siamo passati oltre il bosco,braccia e gambe intrecciate e fuse

nella carne della natura.Gli occhi cercano lontano,

ma i piedi cedono alle radici.Tutti siamo passati oltre il sole.

Versato gocce amare nel vaso dorato dei Padri,fino ad asciugarsi in un silenzio di pace.

Bocche d’aria rinfrescano labirinti di nervi e pensieri confusi.

Tutti giungiamo alla luce.

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MY NIGHT BOAT

And, to our bitter grief,with a smile and in silence,he died.A gallant gentleman my dad.A never ending source of light-full whitefrom his deep mediterranean eyes.His silky hair had been wavingmy last decades’ dreamswhere I barely kept my boat straight,descending his long nosefrom the forehead plain.This is the way I still deliver my caresses to him,leaving foam wakes behind my row pass,just all around his giant body,like the smoother spider net,embracing him in my forsaken sleep.Night rattles in day, I am awake.Standing still I never think of himbecause he thinks for me.Never talk about him,because my voice is his.

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L’uomo-poeta ci dona il dialogo permanente e notturno con il padre. Lo ricorda in tratti di alta etica filiale, “un gentiluomo

mio padre” e lo porta con sé fino all’alba. Infine rivela il segreto dell’alta protezione: lui pensa e parla per me.

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LA BARCA DE LA ME ‘ITA

Coi öcc bu e silensiùsl’è ‘ndàt a sta vià.

‘N galantòm, me pàder.Sèmper con me, con nuàlter,

del dé e dè nòt.Èco, dè nòt ma so sèmper ‘nsömiàt

de tucàt apena apena, de biöscà ‘nturen a la tò carne,

caressà i chèèi dè seda, vègner zo dre dè ‘l tò nas,da la front e scuprì sèmper

che ta sé ‘n gigante.Quand che rüa matina, ‘l prim ciarur

‘l ròba l’ombra de la stansa.Scolte ‘l me disedàs,

precis a la tò nöa aparisiù.Del dé me pense mia a lü, perché lü ‘l pensa per me.

Parle mia de lüPerché la me us l’è la sò.

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LA MIA BARCA NOTTURNA

Con un sorriso e in silenzio morì.Un gentiluomo, mio padre.

Una risorsa sconfinata di luce piena e bianca dai suoi occhi mediterranei.

Per molti anni i miei sogni hanno navigato sulle

onde dei suoi capelli di seta dove a stento conduco

diritta la mia barca, e scivolo lungo il suo naso

dalla fronte piana movendo.E questo è ancora il modo

con cui a lui consegno le mie carezze,lasciando solchi di schiuma al passaggio dei remi.

Tutto intorno al suo corpo di gigante,come tela di ragno ad abbracciarlo nel mio sonno finalmente libero.

La notte rotola nell’alba, ascolto il risveglio.

Di giorno non penso mai a lui,perché lui pensa per me.

Non parlo mai di lui,perché la mia voce è la sua.

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NO ROOF SHELTER

Air never feels so comfortablelike inside an abandoned house.Dust reveals its own devoted naturelaying unnoticed on dumb wreckage,even on its shadows.Seasons flow in a spiritual silencewhile half bricks walls hold up each otherin a mutual wheeze,delighted in their endless crumpling.No one pays a visit handing over a posy,the waiting lady is now a scented ghost.Her dry lips only yearn for rain dropsfrom the sky with no roof above her head.Ocher leaves shaping the undying carpetunderneath her feet.Because a sumptuous abode is soullessbesides a tumbledown mansion.

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La poesia scopre il mistero di una casa abbandonata, senza tetto. Lì dentro si ascolta una ”conversazione muta” tra il tempo e lo

spazio. Vince la presenza di un fantasma: è una donna conservata nei migliori profumi che governa un’attesa senza fine.

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SENSA TÈT

’Na casa abandunadal’è mìa come ’n cine a l’aperto’ndo cumanda us e spetadur,

anche se l’aria la gha bala dèntera la granda, la polver la crès ogni mezura

e le stagiù le fa sito a scultà ’l final dè la stória.

Ciòca nüssü a la portanüssü porta ‘n fiur,

la siura, dènter, l’è ogni dé pö straolta.La serca de dagha vià a la sét de truà argü,

la boca screpulada da l’ardurcon qualch gossa da ’n cielsensa sügo e sensa culur.

Le fòie le sa ’mmöcia ai sò pè.Sa gira a la larga.

Le anime le cata föra ‘na casa ‘n ruinapötòst de ’n palas gròs e pié dè morcc.

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SENZA RIPARO

Non c’è miglior posto di una casa abbandonataper l’aria che vi dimora.

La polvere rivela la sua natura devota quando giace ignorata sui relitti muti,

e infine sulle loro ombre.Scorrono le stagioni

avide di silenzio. Muri dimezzati

si tengono l’uno nell’altrodeliziati dello sgretolarsi senza fine.

Nessuno oltrepassa la sogliacon un cesto di fiori,e la signora in attesa

ora è un fantasma di profumo.Nella casa senza riparo,

le sue labbra secche bramano gocce di pioggia

da un cielo affondato.Ai suoi piedi tappeti di foglie.

L’anima sceglie una casa in rovina, non una dimora sontuosa.

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THE GRAVE CAROUSEL

A perfect line of elegant peopleis going through the cemetery gate.It is their beloved ones’ day to celebrate.Every single flower brings colored shadowson the grey and white gravelthat gently shapes itselfunder the guests’ heavy steps.The massive marble wallspassively design the labyrinth of sleeping deathand the wet dew is polishing the oval picture frameswith a photoshop lifting effect.But I can see more than that now,more than anybody else.I see the passed away as well.What a tackle to the grievefloating in tiny clouds right above the alive ladiesand the gents’ caps:a polite party is going on in the same place,on the very same gravel,but without moving a single stone.Parents’ and friends’ souls dressedaccording to the epochs they belong to,smiling to each otherwhile caressing or slapping the living silhouettes,sneering at them in a perpetual carousel.Sooner or later they will join the party,leaving the grieve cloud on earth.

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Nel Giorno dei Morti la visionarietà del poeta coglie ombre invisibili. Il camposanto si anima di morti rinati.

Scherzano con i vivi, danzano, si vestono come in vita. E’ la loro festa.

“Nessun posto è negato sulla giostra perpetua”.

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LA GIOSTRA DE LE OMBRE

Te ta sé giü de chèi pochbù dè éder i morcc a ciapà a s-ciafe i vif

nel dé dè la festa,ai prim de noèmber, al camposanto,

‘n més e mès prima de Nedal.Lur i ve föra de la tèra

e nuàlter rüèm de la piàsa.E ma par, adirütüra, che a la sera,

metà dè nuàlter i dorme al camposanto e metà dè lur i turne sota i portèch.Lè ‘n anticipo de la röda che gira,

mèi purtàs aianti col pènser e fas mia truà‘n mès a la nebbia de noèmber, sul, dè per sò cönt.

Adès a metà del dé, anse, ‘n po’ pö aianti, vèrs le dò e mezalà ‘n font, vizì a la capela dei arsiprecc,

girèm sö la giostra, ognü al sò pòst, chi pö aianti, chi pö ‘ndrè, chi strimìt ‘n prinsipe

e chi pacific vèrs la fì.Gh’è pòst per töcc, nüssü resta föra.

Sa paga gne’ ‘l biglièt.

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LA GIOSTRA DELLE OMBRE

Il popolo di Novembre oggi migra al cimitero e alla pietra si piega ordinato e leggero.

Si celebra la festa dei loro amati.I passi dei vivi si fondono con le ombre che i fiori cedono al selciato e le orme vi lasciano il segno del loro passato.

La casa dei morti è labirinto di marmo, affollato di volti che la rugiada risveglia

a diventare sguardi.Uno fra tanti vede ciò che nessuno può,

vede le anime con forma e colore che aleggiano prive di tracce

danzando nell’invisibile candore.Gli spiriti gioiosi della festa

vagano vestiti dei loro giorni,si lanciano sguardi di intesa mentre

carezzano e schiaffeggiano i vivisenza alcuna offesa.

Nel tempo che viene nessun posto è negato sulla giostra perpetua.

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THE RED HAIR GIRL

She has plenty of time to enjoy life.Doesn’t realize that she’ll never die.No chances for the delivery boyto find her at home,he just throws over the daily loversbunches of flowers all around the backyard,a blossoming blanket that she pulls back insideonce in a while.Without even reading the mushy notes,it’s hundreds years she knows.Because if you just fall for a very momentinto her gaze you’ll find yourself dazed,cannot weed out her heavenly gracefrom any whatsoever mirror of your mind.Cannot afford to keep this lie alive.And when you finally forget her,another fellow brings her back to lifethrough his fairy tale drowned into enchanted eyes.And she never sleeps and doesn’t ask why,the night’s stillness is feeding herwith a no-sound lullaby.

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La poesia è dominata da una ragazza dai capelli rossi che vive una dimensione di surreale e arrogante immortalità.

I giovani la inondano di fiori, lei macina secoli di noia. Nessun innamorato si i lluda. Lei si alimenta “con una ninna nanna muta e senza suono”.

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LA ROSSA DE CHÈÈI

La s-cèta rossa dè chèèila pensa de mörer maila arda n’facia nüssü, se iè bröcc o se iè bèi, la infilsa sö sentomila

‘nnamuracc con töcc i sò fardèi.‘L gnaro che fa ‘l mèster

de pogià le röse nel giardì dè la rossa dè chèèi

‘l’à mai vista e ‘l pensa che la gha saèsper via del fato che i fiur i sparìs dal giardì

e dopo ‘n bèl pó de tèmp, ‘l tapé verd ‘l resta nèt come ‘n pom de nasà‘l müs de ‘n bèl s-cèt.

Te bèla, da ‘ndo ègnela töta chèsta baldansa,

chi crèdet de esser, som töcc precis a stè mond.

Gha öl rispèt per chi völ begha öl pasiensa, nüssü dumanda riverensa

ma rispèt sé, se no finìs el bè ve aianti ‘l mal e l’è pègio per töcc,

po a per te, sbèséta e sensa saùr.Te, malmustusa, cata sö le röse,

spèta mia che le marsise. Bröt sègn lasà mörer ‘n fiur.Ma sümea de idila nel lèt,

ensiminida de la sò òjia de fa niènt: la gira ‘l galù, la maja la nòt

e la sa prepara a bötá föra ‘n fiàt amar, apena spunta ‘l prim ciàr.

Ta farét na bröta fine, rossa dè chèèi,

anche se ta möraret mai.

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LA RAGAZZA DAI CAPELLI ROSSI

Lei è il tempo di tutte le vite e ignoraquesta sua deità, non sa che mai morirà.

Il ragazzo delle consegne non la troverà a casa,si arrenderà ad abbandonare oltre la siepe

mazzi di fiori, oggi e domani,di chi la vorrebbe amare,

da chi solo l’aria che lei respira può baciare.La ragazza dai capelli rossi

di tanto in tanto concede lo sguardo al cortilee si libera della coperta fiorita,

del suo peso acre e sottile.Secoli di noia hanno cancellato

l’ultimo stupore e giaccionosenza la sua stima contrade di giovani

a corteggiarla in rima.Guai a chi mantiene illusioni accese!

Nelle parole di un altro tornerà soltanto.Lei non dorme mai e non si chiede perché,

l’immobilità della notte avida la nutrecon una ninna nanna muta e senza suono.

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OVERFLY

They say you are a fruitful mindif you often dream about falling into empty,bottomless space.Every single night I actually picture it in the deep of my pillow blossom.Getting used to losing any substance you can barely touchand hang in mid-air for a while,a fearless vertical slide.Time goes along at an unfamiliar rhythmand blank eyes are fighting to lead the wish between getting squashed to the ground or enjoying a never-ending descent with no sound.Just like flying without wings, smiling with no teeth to show,a wizard playing magic with no audience applause.

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Eroico, cioè “con mente vivida”, secondo l’autore, è colui che sogna di lasciarsi andare nel vuoto e preferire,

durante la caduta, i l godimento della discesa. Lui sceglie di “volare senz’ali”, di unire la potenza del sogno

con l’altrettanta potenza della realtà. Di sognare vivendo.

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SPROFONDE

Ma so ’nsömiàt tate oltede piombà zo nel vöt

e chi cüra la siensa del sèrvel i m’à garantit che chèsto l’è ‘n bu sègn,l’è mèi dè saltà ‘n fòss, de bater la feèr.

Töte le nòcc ma sa prepare apena che mètela sguanza söl cusí.

Oéla, adès sto col co ’n sö e col co ’n zocon le bale per aria

m’è pasàt töte le poreso dientàt ’n leù, ’n leù che ula,

vede niènt ma so ’ndo ’ndo,come che l’òrp che vèt

con la cunvinsiù de ’idiga.L’òrp che vèt per sentiment.Piombe zo vèrs la tèra e godeCapise mia chèl che ma sücét.

Gode a la maniera de giü che ula sensa le ale,

che ’l rit sensa dèncc che ’l cumbina sö dei striamènc

sensa esser ’stria gne’ mago.Gode.

E so che nüssü ma ciocarà le ma.

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SOGNO VERTICALE

Dicono abbia una mente vividachi spesso sogna di cadere nel vuoto.

Ogni notte preparo il voloe consegno la testa

alla guancia del mio cuscino.Subito confido nella gravità perduta,

per poco mi sospendo nella torre d’aria,

scivolo verticale senza paura.Il tempo con le spalle alle pareti

ribalta regole e segni.Gli occhi senza vista

come profezia del ciecoannunciano la scelta:

schiantarsi a terra o godere della discesa senza fine e suono.

Vi chiedo di credermi,è volare senz’ali,

sorridere senza denti da mostrare,la miglior magia di un mago

senza l’applauso del pubblico.

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ONE MORE RIDE

It was a heavy push from the backand the young boy found himselffluttering meters ahead.Kicking the air in a joyful wobblemakes him lighter,keeps him afloatmuch easier than a swim in the water,to a sun burn much closer.Trying to yell any bizarre soundto shape the excitement far from the ground.The red trousers and the white shirtare melting togetherdrawing a perfect pink circle,gracefully dancing and paying courtto the sleepy moon,in the bracing sunday afternoon.Pupils and parents enjoy their rideand then smoothly slide to the amusement beside.The young boy still up there,grabbing the seat ropesjust like the rains of a glorious horse.How much I yearned for such an endless merriment,now it’s on my side.Can I get one more ride?

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Gioca sulla giostra, volteggia in alto, impugna l’aria, si sente vicino al sole. Non teme la vertigine, anzi riconosce come

suoi il cielo e la luna. In alto, il fanciullo-poeta scopre forze sconosciute. Ora tutti scelgono un’altra giostra. Lui no.

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CALCINCULO, ‘N ALTER GIR

Gh’è apena ’n zöch’ndo ta pödèt ciapà a pesade l’ariae strepà i chèèi a chi ta sta dianti.

Lè ’l zöch del calcinculo.Gh’è apena ’n zöch

che ta fa strisà ’l cürisì dè gioia’l ta porta vizì al sul

’l gha fa ciapà la ciuca e ’l trasfurmai culur dè la maìna e dè la camisèta.

’L dopo disnàt, ’l padrù del calcinculo ’l la fa girà isé ’n frèssa

de tucà chèl scart de lüna cumparida prima dè la nòt.

Adès quasi töcc i cambia giostra,i sa stöfacc o i gha pora?

Me no. Me strènze le cadene del sedile ma par de stà söl caal pö bèl.

Mai stàt isé bé.Gho amó ’na palanca giösta

fo n’àlter gir.

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UN ALTRO GIRO

Fu una grande spinta e il ragazzo si trovò a fluttuare

qualche metro avanti.Scalciò l’aria,

ciondolò gioioso, così leggero e più vicino al sole.

Lontano dal suolo ora riconosce la sua gioia

con grida e grida di paura buona.Il giro rutilante inebria il rosso dei pantaloni

e il bianco della maglietta.Tutto si fonde in un cerchio rosa,

danza e corteggia la luna dormientenel meriggio di festa.Ora piccoli e grandi

scivolano sulla giostra accanto.Solo il ragazzo è ancora lassù,stringe le catene come redini

di un cavallo glorioso.Non so quanto ho desiderato

un momento così bello.Un altro giro?

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UNDER THE MOON

Let me grab that shy moon shadowbefore I miss the breeze of itover her velvet skin.What a perfect nightfallto speak up the purest love.Then we found each otherwalking without weightalong the darker side of the hill,as in a lifelong journey.Laid down on my backI feel the earth measuring my body’s mouldwith the smoothest pencil.But the grey line is merely ignoringthat there are two of us.It draws one single egg shaped outline,declaring to heaven our endless bound.

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La poesia riassume i l romanzo di un amore sotto la luna. La notte si allea con la purezza di un patto inesauribi le.

I due corpi vengono protetti dalla geometria della terra che disegna una linea di tutela intorno. “Si sente soltanto

i l mistero divino del nostro unirsi senza fine”.

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SOTA LA LÜNA

Come pöde robà l’ombra de la lünaprima che la spariseda la tò pèl dè ülüt.

L’è öna dè chèle nòcc che rüaogni dès agn, nèta e de’n tepur

truàt tant tèmp fa ne la cesade la prima cuminiù.

Ciapóm la culina a la larga, con calma’l senter l’è long, la ’ita l’è longa.

Ogni tat posóm, bötacc zo con la tèra a disegnà

la furma dei nòscc corp.Ridièntèm amó chèl öf

’ndo sérem prima de nàser, a sta ’nsèma e a posà sö la culina

ta va ’ndre ji agn, ta sa ritroèt pupina.Te ta sét lé e ta ghét dènter dè te

’l mistero de la ’ita,nàser, crèser, turnà ’ndrè

se apena décidem de ülis becon la cosiènsa de saì, sèmper,che som picinì, sènsa de lur:

l’amur e ’l Signur.

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SOTTO LA LUNA

Vorrei prendere la timida ombradella luna prima che si dilegui dalla

tua carne di velluto.Che notte perfetta

per gridare l’amore puro.Camminiamo senza peso

sul lato scuro della collina.Un viaggio lungo una vita.

Disteso con gli occhi al cielo percepisco il disegno intorno al mio corpo.

Con la matita più sottile la terra traccia il perimetro

e chiude le nostre formenella curva di un uovo.

Si sente soltanto il mistero divino

del nostro unirsi senza fine.

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SOULS PORT

I am trying to deliver one tiny promiseto every single glance I meet.That is the beloved task for me,walking with nimblenessthrough the hundreds of heavy headshanging on the airport gates’ numbers.It has never been so smoothgoing along the imaginary railsthat drive me liquidlytowards the assigned destination.Let me just seize the memoryof a charming face,of a purple trolley and its noisy squeaking,of a kiss release,of a golden hair wave.Wondering if my vivid thoughtscould leave tangible signson everyone’s shoulders,just like precious paper cuttingsin a luxurious carnival party.I am crying tears of joystaring at the magnificentdrawing of humanitysqueezed in a glass nest.

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L’autore si trova in un aeroporto, osserva i visi che incontra e cerca di entrare in sintonia con le loro storie. Fissa in un

ricordo immagini emblematiche: “il volto affascinante, la valigia porpora, il bacio consumato, l’onda dei capelli oro”. Infine il

pianto di gioia per un’umanità prigioniera in un nido di vetro.

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ANIME DÈ VEDRE

L’è mia ’na bolgia, gh’è mia confusiù,pötost ’n’idea de pora ià mèt töcc’n sogesiù

e giü per giü i ma passa dianti ’n chèsta campana dè ’edre

prima dè ciapà ‘l pòst a la porta d’imbarco.Dio sa da ’ndo i ve, Dio sa ’ndo i va,

i porta ’n giro face edücadee a me ma piasarès catà föra

le pö ’mbrocade,chèle che ta dismentegarèt pö

e ta farà cumpagnia nei dé che piövnei dé che ’n aereo ’l ta pasarà bàs söl co.

Da chèsta specie de caserma dè vedredè sücür portaró vià ’l culùr ross ma ross de ‘na valìs

e ’l rumurì fastidiùschèl pia come ’n muschì.

Sö le spale dè ogni viazadùrpòge ’n bel pènser,

giü per ogni bulì che m’è restàt dal carneàl apena pasàt.

Pianze, adès pianze de piazera éder come stom töcc precìs

’n chèsto nì dè vedre.

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ANIME DI VETRO

Cerco di consegnare piccole promesse

ad ogni sguardo avanzante.Mi affido questo compito piacevoletra le centinaia di teste ciondolanti

negli imbuti numerati dell’aeroporto.Non è mai stato così facile

procedere lungo i binari immaginari verso la porta d’imbarco.

Voglio impadronirmi del ricordodi un volto affascinante,

di una valigia porpora e delsuo fastidioso cigolio,

di un bacio consumato,di un’onda dai capelli oro.

Sulle spalle di ogni viaggiatore,appoggio vividi pensieri,quali coriandoli d’avanzo

dall’ultimo carnevale di festa.Piango lacrime di gioia

mentre fisso il magnifico disegno di un’umanità

prigioniera nel nido di vetro.

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THE CHAIRS ROOM

Figuring out weired shapeson the polished linoleum floorwhile a bunch of sleepy peopleis staring at the immaculate door.No better time slotto think about your life spot.In the mind net, holes never been so wideand even softer the wire.Happiness and pain are mixing so loudwithin the same fluid bound.Underneath the chairsswinging feet are delivering behave pills,framing multicolor personalitiesthat go from heavy storm windto motionless countryside hills.The baby boy laying on his mama’s kneescompletely ignores the waiting fee,the old man right in front of himwon’t care about what the verdict will be.Next calling, door opens.Faces up in a raw and eyes wide shutto catch a piece of destiny of the people exiting.

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Nella sala d’attesa un gruppo di persone aspetta di essere chiamato. L’autore della poesia analizza i dettagli di un tempo

sospeso prima che si apra la porta. Sono momenti favorevoli alla riflessione. Chi esce offre un frammento del suo verdetto.

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‘L GIÜDISE

Ne la stansa ‘ndo sa spètatöcc i sta al sò posto

i fa sito, i pensa, i sa rispetade pö che ’n altre bande

’n po per la pora del giüdise e ’n poperché i sa troa spaesacc,

ne la stansa dè nüssü.Spetà, l’è düra, passa ne la mènt

i momèncc dür e mòi dei ültim tèmp.Gioie e dulùr i ciundùla aianti e ’ndre

precis dè le gambe cürte dè chiiè ’n po’ agitacc e i sa möf isé.

Dò anime le pütüra du quadèr dè seré:el popo che pósa söi zönöcc de sò mama

e ’l vècio con l’età alta per créder a poc o nièntdel giüdise che ’egnarà föra de chèla porta là.

Adès la sa dèrf, i co i sa alsa e ji öcc i s’èmpisa.

’N tuchilì dè giüdise ’l ve ciapàtda ognü che stà ne la stansa,

i varda la cera, ’l co alt o bas, se ’l rit o no.Sa curiusa se ‘l stà be o se ‘l stà mal,

’l giüdise, prim dè sera, l’è bu de pasà da la stansa al paès.

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IL VERDETTO

Nella stanza dell’attesaimmagino forme senza nome

spalmate sul pavimento freddodi linoleum.

Si incanta sulla porta immacolatauna schiera di persone sedute e lente.Non c’è miglior tempo per asciugare

i pensieri della vita.Nella rete della mente maglie mai così larghe

e allentato il filo.Gioia e dolore si mischiano

nel frastuono di un’opposizione.Ciondolano i piedi sotto le sedie,

interpretano il carattere dei corpi,vento di tempesta o inerme collina di campagna.Il bambino riposa sulle ginocchia della madre,

ignora il pedaggio dell’attesa.Di fronte il vecchio non si cura

del colore nero o bianco del verdetto.Prossima chiamata, la porta si apre.

Si levano i volti e gli occhi si accendono.Del destino di chi esce

catturano un frammento.

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PAST IN A BUBBLE

It was like in an ordinary painting,willing to capturethe magic soaked in a moment.The frame, a quiet streetwithin the heart of a lake-side village,sorting the pleasant thoughtsfrom the fussy ones,warming up my bold headcaressed by an early march sun.Then my eyes met his face,not the other way around.That’s why only from my view sidethe past relighted our friendship’s sound.Spying his moves for seconds,counting the years passed byand ask myself if I owe the rightto awake him from this bracket of time.Easy, just a natural pat on his backwould be enough to bring himon that good fella track.Decided not to.Empty words would flowwithin a regards brush stroke,better enjoy this intimate bubblewithin my memory drawer,overblown and narrow.

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Si sono conosciuti tanto tempo fa, compagni di scuola, adesso sul lungolago di primavera soltanto uno vede e riconosce l’altro.

I ricordi riemergono dal passato. Non vale la pena dichiararsi amici di un tempo. Ognuno per la sua strada

perché “temo parole vuote”.

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LA MEMORIA ’N BUTIGLIA

L’è lü, dè sücür, ’l me cumpagn de scöla. L’è chèl siòr dè là de la strada, dè la banda pö visina al lac. L’è lü e adèss, sota la spera

del sul dè mars l’è amó pö lü, ’l ve föra nèt de l’ombra de la matina.

Me ’l vède, lü no.Lü ’l varda de ‘n altra banda,

’l ma riconos mia.Ma passa dianti la scöla, le s-cète, i profesùri voti, ’l rider, ji udur. So töt dè chèi dé là.

Mèi ciamàl o lasal ’ndà per la sò strada, l’è mèi parlà dè chèi dé là o lasà pèrder,

decider gne’ de cumincià?Mèi lasà pèrder,

saltarès föra le solite parole: ta troe bé, ta set prècis de ailura,

la ’ita come ’ala e quancc fiöi ghèt.Ognü a casa sò, mète töt ne ’na butiglia,

sare e dèrve ’l cassèt sgionf e strèt dè la memoria.E così sia.

6868

IL PASSATO IN UNA BOLLA

Nel cuore del villaggio sul lagodistinguo pensieri amici e inutili

lambito da un sole acerbo di marzo.Sto nella cornice di un dipinto ordinario,

ambisco al dominio di questi minuti normali.Lo riconosco.

I miei occhi lo ritrovano, i suoi no.Dalla sola mia parte

il passato riaccende il suono della nostra amicizia.

Spio i suoi gesti.In pochi secondi

respiro i nostri anni.Che diritto ho di rubarlo

al suo tempo?Basterebbe un tocco sulla spalla

torneremmo sulla strada dei passi buoni.Decido di no.

Temo parole vuote.Scelgo di godere il passato in una bolla.Apro e chiudo il cassetto gonfio e stretto

della mia memoria.

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SEEDING THE SEED

From this heightthe river looks like a black ribbonwith curls and curvesleant on the bright sand of the desert,absorbed by the horizon.The eye ball is warmly rollingalong the mountains’ edgingand the crystal beauty of the emptinessis quietly revealingthe ancient planet’s birth.With a graceful gestureI virtually squeeze the all of itin a little ivory jar,leaving some holes on the capto let the earth breatheand endlessly release invisible scent streams.I lay my ear on it and I get lostin a swallowing echo.Pure joy enchants me,finally feeling the life seed.

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La vista dall’alto cattura il paesaggio della vita, il fiume forma anse, riprende la linea del suo corso, l’occhio del poeta assorbe

ogni visione. Ciò che importa è stringere in un pugno ogni immagine e forma e conservarle in un barattolo di memoria.

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LA SUMENSA

Vist da chèsta altèsa, ’l fiöm l’è ’na nistula dè cürve e risulì

sentacc zo sö la sabia del deserto.L’öcc ’l birula sö le muntagne

e la grandesa dè töt chèl che sümea niènt tra ’na ròba e l’altra

’l parla del nàser dè la tèra.Strènze nel pügn de ’na mà

töta la ’ita che vede sota e dopo la mète dènter ’n scatulì dè avorio.Du o tre büsilì suraisé la tèra la respira

e la ma manda saùr liber sensa pagà.Mète ’l scatulì a l’urecia, sa fa isé quand sa scolta ’l mar da ’na cunchiglia.

Rimbalsa ’l prinsipe de la ’ita’l münüt second

dè la sumensa che rüza sota tèrae apena la pöl la cumpar

con la facia de ’n fil de erba.

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SEMINO IL SEME

Un nastro nero di curve e riccioli e anse,adagiato sulla sabbia luccicante del deserto.

Così vedo il fiume da questa altezzaassorbito dall’orizzonte.

La sfera dell’occhio rotola tiepida sul profilo delle montagne.

La bellezza del vuotorivela la nascita della terra

nella quiete assoluta.Ancora da qui,

fingo di stringere in un pugno tutta la vita di sotto e la travaso

in un barattolo d’avorio.Basta qualche foro sul coperchio,

la terra respira e rilascia profumi senza destino.

Accosto l’orecchio e mi ritrovo nell’eco.Gioia pura mi incanta,

finalmente sento il crepitio del seme.

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7th BIRTHDAY GIFT

While you are sleepingI set up everything for your immortality.Just stay as you are for a bunch of minutesand once your eyes will be open you will see thingsthat I can’t even imagine for my coming days.I am painting the walls with glossy colors,writing the marvelous words you taught me in big letters,in a very perfect line, just the way you like.Your funny monsters are hanging all around,their widest smile is waitingfor a never growing child.Just sleep…My heartfelt feelings are melting in a jelly mould,welcoming your body’s shapeto deliver it to the ancient Gods.They drew the immaculate pathtoward the never-ending joy,daily fed by my holy wishes and tiny prayers.Just tell me “love you, dad” once in a whileand I will multiply it by thousands.What for you is only an easy gesture,if addressed to me is thick like a giant treeand I am holding tight to it.From now on remember to leave me a candyevery seventh birthday of your endless journeyand I promise I will cry a diamond tear into your pot.My son, warm blood of my deepest inside,my pure conscience.This is the gift I owe you.Enjoy it.

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Il padre allestisce il mosaico dell’immortalità per il compleanno del figlio. Lui dorme nella stanza piena di pupazzi e di parole scritte dal genitore sulle pareti. Infine prepara un’impronta

del figlio da consegnare al Signore perché lo conservi per sempre.

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’L ME REGAL PER I TÒ AGN

Fiöl car, sang del me sang, dorma. Te dorma e me prepare

la tò ’ita sensa fine.Dorma amó ’n po’ ’ntàt

che pitüre la tò stansa coi culùr pö ciàre a lètère grande scrie le parole meravigliuse

che ta mét ’nsegnàt.I tò peòcc iè ’n fila precìs dei suldacc

i speta de mitìs sö l’atenti, de sta ai tò urdin.Dismèt mia dè dormer

fiöl car, sang del me sang,’ntant che scalde i me sentimèncc

ne ’n stamp dè gelatina, custodise la tò furma

e la mète nè le ma del Signùr.Ogni dé, le me orasiù le tegnarà nèt

’l sentèr de la tò ’ita.Te dim:”Ta öre be, papà”. Ogni tante me ’l multiplicherò mijér dè olte.

Da ’ncö ricordèt de lasàm zo ’na caramela ogni sèt agn che ta cumpisèt.

’N cambe me pianzarò ’na lacrima de diamant ne la tò scarsela.

Fiöl, cara e apena me, sang cald del me dènter pö luntà,

cosiènsa de la cosiènsa.Chèsto l’è ’l regal che gho dè fat.

Serca dè éser cuntent al dè sura dè ogni cuntentèsa.

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REGALO DI COMPLEANNO

Mentre dormi metto insieme ogni dettaglio

per la tua immortalità.Rimani immobile ancora qualche minuto,

quando aprirai gli occhi vedrai coseper me inimmaginabili nei giorni che verranno.

Dipingo le pareti della tua stanza con colori brillanti,a lettere grandi scrivo le parole meravigliose

che mi hai insegnato su una linea ordinata come piace a te.

I tuoi mostri amici appesi ovunque attendono sorridenti il bambino

padrone per sempre dei loro sogni. Continua a dormire.

Sciolgo i miei sentimenti più profondi.In uno stampo di gelatina

custodisco l’impronta del tuo corpo e la consegno nelle mani di Dio.

È il sentiero immacolato disegnato per teverso la luce.

Lo nutro ogni giorno delle mie piccole preghiere.Dimmi: “ti voglio bene papà”.

Ogni tanto.Io lo moltiplicherò per migliaia di volte.

Ogni tuo gesto semplice,rivolto a me, si trasforma in un albero gigante.

Lo abbraccio stretto.Da oggi ricordati di lasciarmi

una caramella ogni settimo compleannodel tuo viaggio senza fine.

In cambio io piangerò una lacrima di diamante nella tua tasca.

Figlio mio, sangue caldo del mio dentro profondo.Mia coscienza pura.

Questo è il dono che ti devo.Sii felice.

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THE READER’S BOX

There is no room for dust in the reader’s box.Another skin is laying on the shelves top.Hundreds of novels are sticking tight one to each other,no need for a single breath once they have been read.And there is no season dress within the paper walls,air is still and warm,charming flavours underneath the door.The leather chair drowns in the wooden floorwhile million of eyes arise from the pages’ blades,waiting for the silver hair guest to sit and choose by chance.His child face goes through the lines’ streams.The finger like an arrow, catching the beauty even in the shadow.

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Una stanza piena di libri, protetta da un legno nobile, viene scoperta dall’autore. Le pagine si aprono e respirano privilegiate

dalla scelta del padrone di casa. Ha capelli bianchi e volto di fanciullo quando scopre righe di bellezza.

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LA SCATULA DEL LÈTUR

Gha sta gne’ la pólver ne la scatula del lètur.

Mijér dè liber i sümea che i cumande la stansae quasi ’n mès gha sta ’na pultruna bleu

la speta apena che lü ’l rüe e’l sa sènte zò, con ’l dìt puntàt

come la scuria de ‘n domadur de leù.Sa sènt apena l’udur dè le pagine

e qualch saùr che rüa dè altre stanse.Ché ’l cumanda lü,

l’òm dai chèèi d’arzènt da la facia dè gnaro, ’l conos

i posti e i titoi, i nòm e i cugnòme adès ’l stüdia dè ‘nterugà ’l liber

’ndo ’na olta l’è stat ’nterugàt.Pödem, nualtèr òm e fomne

’nterugà i liber?Pödom se stüdièm, da la matina a la sera

se no som sota tir de le dumande che rüa da le pagine,

le ta arda bé e le dis te, bel amico o bela amica,

quate leghe gha sta sota i mari, secondo Verne?Rispond, se no sta a casa,

sta föra dè la stansa,föra da la scatula del lètur.

Bociàt! Ripetere!

8080

LA SCATOLA DEL LETTORE

Non c’è spazio per la polvere nella stanza del lettore.

Un’altra pelle copre il moganodegli scaffali.

Dormono migliaia di romanzi sedati dalla cura di uno sguardo e derubati dell’ultimo respiro.L’aria è ferma e consapevole,

nessun vestito di stagione fra le pareti di carta.

Penetrano da sotto la portafragranze di stanze complici.La poltrona blu affonda nel

mosaico del pavimento e milioni di occhi spuntano

dalle lame delle pagine.L’ospite dai capelli argento

sceglie un sentiero di parole.Il volto di fanciullo passa tra le scie di inchiostro.

Punta il dito come freccia,cattura la bellezza al di là dell’ombra.

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I THROW A LINE

In a quiet pool she extends her pale armsalongside the lane rope,with apparently no effort, no age to show.The red cap arises once in a whileand faintly recalls memorieslike a fog lamp drives the wonderers.It took me there, when she untied the apron knotfor a more comfortable hug,and suddenly we were hanging the fresh linento the barren wire.When she led my hands crossing the lacesdown on her knees,or she pulled me up to the rope ladder,holding so tight,soaking up my sour fears in a bite.Now she emerges from water,Hope she’ll sense how much I loved her, my mother.

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Lei viene osservata dal figlio mentre nuota in una piscina deserta. La cuffia rossa che emerge dal filo dell’acqua richiama i ricordi dell’infanzia: il grembiule sciolto per un abbraccio, le

lenzuola distese insieme, i primi nodi ai lacci delle scarpe. La memoria manifesta la più autentica forma di amore.

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LA CORDA DÈNTER

Sö e zo, con la lena de ’na siura sensa tèmp e sensa fadiga

la uga ne la piscina deserta.Ardela là, con la sò scöfia róssa,

la va sota e la ve surae la ma ’ncanta fina al puntode tiràm vià da chèsto tèmp

e dè purtàm a chèi dé làquand la liberaa ’l grop del bigaröl

per brasàm sö de pö amó,e dopo distindièm i lènsöi fresch

söl fil dè n’istat che l’è pö scutada isé tant.E amó quand che ta ma ’nsegnaèt a desfà

i grop de le scarpe e a fa föra le pore crüde dei popi.

Adès ta’ ègnèt föra de l’acqua e pöde dit chèl che öre dit

sensa che il cic e ciac de la piscina’l ma distürbe töcc du.

’L set o no quant to ülit e ta öle bè?Cara la me mama, cara la me mama per sèmper.

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LA FUNE DENTRO

In una piscina deserta,senza sforzo e senza età

lei distende le braccia bianchelungo la corda della corsia.

Sempre riemerge la cuffia rossa,a flebile intermittenza richiama

ricordi come una lampada nella nebbia guida i viandanti.Mi porta laggiù

quando scioglieva il nododel grembiule per un abbraccio libero,

e subito stendevamole lenzuola fresche

sul filo rovente dell’estate.Quando piegata sulle sue ginocchia

insegnava alle mie mani a vincere la trama dei lacci.

O mi teneva stretto sulla scala di corda,e in un respiro soltanto

prosciugava le mie paure acerbe.Ora lei esce dall’acqua.

Credo sappia quanto è inalterabile il mio amore.Madre mia.

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Tecnoedizioni srlCollana Le nuvole

Tutti i diritti riservati

Progetto graficoGraziella Novelli

Finito di stampare nel mese di marzo 2015

Page 45: The Fake Acrobat

IL FINTO ACROBATA THE FAKE ACROBAT

Caio Pezzola

IL FINTO ACROBATATHE FAKE ACROBAT

Caio Pezzola

“Caio certe volte è più vecchio e certe volte più giovane. (...)Scrive bene, è armonico, controlla il verso e la realtà e se procede fuori dalla regola, allora sceglie una rima per soddisfare la follia di una gioia esplosa all’improvviso.La sua poesia è buona, non buonista, parla con i morti, viaggia in stanze e città vuote, comprende l’attesa, vola in alto e piomba senza paracadute verso il sedile di un calcinculo che non lascerà mai.”

dalla prefazione di Tonino Zana“È solo questione di scegliere l’immagine giusta e aspettare l’ispirazione. Il primo passo sulla corda ben tesa e sotto una rete a misura d’orizzonte”.

www.caiopezzola.com

€ 10,00

Cai

o P

ezzo

laIL

FIN

TO A

CRO

BAT

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FAKE

ACR

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Caio Pezzola

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“Caio certe volte è più vecchio e certe volte più giovane. (...)Scrive bene, è armonico, controlla il verso e la realtà e se procede fuori dalla regola, allora sceglie una rima per soddisfare la follia di una gioia esplosa all’improvviso.La sua poesia è buona, non buonista, parla con i morti, viaggia in stanze e città vuote, comprende l’attesa, vola in alto e piomba senza paracadute verso il sedile di un calcinculo che non lascerà mai.”

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