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EXECUTIVE BRIEFINGS Emerging Markets and Global Issues Thailandia e Myanmar: nuove opportunità di business in Asia Materiale di documentazione a cura di ISPI Palazzo Clerici, 23 maggio 2013 In collaborazione con:

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EXECUTIVE BRIEFINGS Emerging Markets and Global Issues

Thailandia e Myanmar: nuove opportunità di business in Asia

Materiale di documentazione a cura di ISPI

Palazzo Clerici, 23 maggio 2013

In collaborazione con:

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INDICE DEL MATERIALE DI DOCUMENTAZIONE

Thailandia

Introduzione

Un paese dalle molte potenzialità

Politica

1. In cerca di stabilità

2. Le incognite della successione reale

3. La Thailandia tra Cina e Usa

4. Le relazioni regionali

Economia

5. Un’economia in crescita

6. Un paese orientato al commercio estero

7. La politica economica del governo

Shinawatra

8. Il business environment

9. Le opportunità per le imprese italiane

Approfondimento

10. Il turismo sanitario

Myanmar

Introduzione

Dall'isolamento all'apertura economica e

politica

Politica

11. La transizione democratica

12. I rapporti internazionali

13. Myanmar tra Cina e Stati Uniti

Economia

14. Un’economia in crescita

15. Gli investimenti diretti esteri

16. La riforma del sistema bancario

17. Le opportunità di business

18. I rischi

Approfondimenti

19. Le tensioni interetniche e la questione dei

profughi

20. Il porto di Sittwe: nuovo nodo geostrategico

dell'Asia meridionale

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TTHHAAIILLAANNDDIIAA -- IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE

UUNN PPAAEESSEE DDAALLLLEE MMOOLLTTEE OOPPPPOORRTTUUNNIITTÀÀ

Collocata al centro di un’area dall’elevata importanza strategica, la Thailandia rappresenta una base di

primo piano per scambi commerciali e investimenti nella regione del Sud-Est asiatico. Fattori quali la

localizzazione geografica, la vicinanza ai paesi emergenti della regione (Cambogia, Myanmar, Laos...), la

presenza di una solida base industriale e agroindustriale, nonché di un’elevata qualificazione delle risorse

umane, fanno della Thailandia un paese dalle elevate potenzialità di business.

Dopo la transizione politica del 2011 e la ricostruzione degli impianti danneggiati dalle pesanti alluvioni

che hanno colpito il paese nello stesso anno, la Thailandia ha recuperato terreno, facendo registrare

recentemente tassi di crescita economica decisamente elevati che testimoniano l’esistenza di vaste

opportunità per le aziende italiane specie nei beni di consumo, nelle costruzioni e meccanica strumentale.

Il paese dispone, inoltre, di un’efficiente rete di collegamenti interni e ha in programma di sviluppare le

vie di comunicazione stradali, ferroviarie e fluviali con i paesi limitrofi, nel contesto di un più ampio

progetto di integrazione dei trasporti nella Regione del Grande Mekong e nel quadro dell’impegno

dell’ASEAN volto allo sviluppo delle comunicazioni della regione del Sud-Est asiatico, anche con il

sostegno della Banca Mondiale (WB) e della Banca di Sviluppo Asiatica (ADB).

Dati statistici ed economici generali

Popolazione 67.450.000 Pil (ppp) 645 mld $ Importazioni 214 mld $

Densità 136 abitanti

per Kmq

Pil pro-capite

(ppp)

10.000$ Esportazioni 226 mld $

Sistema

politico

Monarchia

costituzionale

Disoccupazione 0,6% Ide entrata 159 mld $

Capo di Stato

Capo di

governo

Re Bhumibol

Adulyadej

(Rama IX)

Yingluck

Shinawatra

Debito/pil 43,3% Ide uscita 52 mld $

Principali

Organizzazioni

internazionali

Aiea, Apec,

Asean, Fao,

Fmi, Onu,

Wto

Indice di

competitività

39° su 142 Ease of Doing

Business

18° su 185

Fonti: Cia World FactBook, World Bank, World Economic Forum

Lo sviluppo industriale della Thailandia ha avuto inizio nei primi anni Settanta. Una politica fortemente

orientata alla sostituzione delle importazioni e all'attrazione di investimenti stranieri ha consentito che

l'industria manifatturiera si sviluppasse molto velocemente. Negli anni Ottanta i settori di maggiore sviluppo

sono stati quelli ad alta intensità di lavoro e orientati all'export, tessile e abbigliamento in particolare. A

partire dagli anni '90 si è registrato uno sviluppo più decisivo nei settori beni di consumo tecnologici,

dell'elettronica e del settore automobilistico.

La Thailandia si è quindi trasformata in pochi decenni in un moderno paese industriale. Oggi il settore

industriale rappresenta circa il 45% del Pil thailandese, l'industria manifatturiera da sola vi contribuisce per

il 35%. I settori i più importanti sono elettronica, elettrodomestici e automobile. Accanto a questi, si sono

sviluppati tutti i settori correlati e della subfornitura (gomma e plastica, vetro, lavorazione metalli) mentre

un ottimo sviluppo hanno avuto altre industrie (chimica e petrolchimica, alimentare, tessile, ecc.).

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PPOOLLIITTIICCAA

11 –– IINN CCEERRCCAA DDII SSTTAABBIILLIITTÀÀ

Dalla fine della monarchia assoluta nel 1932, la Thailandia ha assistito a 11 colpi di stato e al varo di 17

Carte costituzionali. L’ultimo colpo di stato, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin

Shinawatra, magnate delle telecomunicazioni autore di una politica fortemente populista.

Il colpo di stato è stato dettato dal crescente sostegno popolare che Thaksin andava assumendo, soprattutto

tra le classi meno abbienti risiedenti nel Nord-Est del paese, rischiando così di sottrarre influenza agli attori

politici thailandesi tradizionali, in primis il potente blocco burocratico-militare. Una nuova Carta

costituzionale, promulgata nell’agosto 2007, ha ridotto la libertà d’azione del governo, accrescendo il ruolo

del potere giudiziario, delle commissioni speciali e del Senato. Nonostante le suddette misure avessero

l’obiettivo di sradicare il consenso guadagnato da Thaksin e dal suo partito TRT (Thai Rak Thai, a sua volta

bandito nel maggio 2007), le elezioni del dicembre 2007 hanno visto l’affermarsi il PPP (Phak Palang

Prachachon), partito sorto sulle ceneri del TRT.

Lo scoppio delle manifestazioni di piazza ad opera delle Camicie gialle e il conseguente scioglimento del

PPP ad opera della Corte costituzionale, hanno aperto la strada all’elezione a primo ministro di Abhisit

Vejjajiva del Democrat Party. A fine 2008 è poi arrivata la condanna in absentia di Thaksin, che da due

anni del resto si trovava in esilio volontario a Dubai. Nella primavera 2010 è stata la volta di altre violente

manifestazioni di piazza, questa volta scatenate dalle proteste delle Camicie rosse, i sostenitori di Thaksin.

Alle elezioni del 2011, il Pheu Thai Party di Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin, ha ottenuto la

maggioranza.

Elezioni 2011: Voto popolare Elezioni 2011:Seggi ottenuti

Fonte: Thailand Election Commission

Camicie Rosse vs Camicie Gialle

Le Camicie Rosse rappresentano un movimento popolare guidato dallo United Front for Democracy

Against Dictatorship (UDD), una coalizione di quelle forze politiche contrarie al colpo di stato

militare che, nel settembre 2006, ha deposto l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra. Il

movimento è espressione della Thailandia rurale e del malcontento che si oppone all’eccessiva

concentrazione di potere politico ed economico nella capitale Bangkok, accusata di crescere a scapito

del paese.

Le Camicie Gialle, dal colore usato durante le celebrazioni per il compleanno del re, rappresentano

invece il forte nazionalismo presente tra la borghesia ricca e l’aristocrazia di Bangkok. Le Camicie

Gialle si richiamano simbolicamente alla monarchia, chiedendo che il re svolga un maggior ruolo in

politica per prevenire l’emergere di leader populisti, con ovvio riferimento all’ex premier in esilio.

Nei mesi precedenti le elezioni del 2011, il movimento delle Camicie Gialle si è spaccato tra i

sostenitori di un boicottaggio totale delle elezioni e chi invece ha voluto partecipare al confronto

elettorale.

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PPOOLLIITTIICCAA

22 –– LLEE IINNCCOOGGNNIITTEE DDEELLLLAA SSUUCCCCEESSSSIIOONNEE RREEAALLEE

L’elevata instabilità politica thailandese è accresciuta dalla questione cruciale della successione del re

Bhumibol Adulyadej (Rama IX) ha, infatti, compiuto 85 anni ed è il sovrano più longevo al mondo, ma

dal 2009 non gode di ottima salute. È il nono sovrano della dinastia

Chakri che guida il paese da 229 anni e, nonostante non goda di poteri

formali rilevanti, rappresenta il simbolo dell’unità nazionale ed è molto

amato dal popolo, anche perché in passato ha saputo evitare che le

fratture interne degenerassero. L’eccezionale popolarità di re Rama XI è

stata costruita a partire dagli anni ’50 attraverso una capillare

propaganda, una sostanziale riscrittura della storia passata e recente, una

draconiana legge sulla lesa maestà e una solida alleanza con il

potentissimo esercito, suggellata dal maresciallo Sarit Thanarat, dittatore

della Thailandia dal 1959 al 1963.

L’ingegnosa opera di restaurazione della monarchia venne portata avanti

allo scopo di avere un’ideologia da contrapporre a quella comunista (che

all’epoca pareva in inarrestabile ascesa) per proteggere le classi

dominanti e continuare a sviluppare il capitalismo thailandese attraverso

gli investimenti nordamericani. In piena guerra fredda, il generale Sarit

promosse la sacralità della figura del re e dell’istituzione monarchica per

dipingersi come l’indispensabile difensore del monarca, della religione e

della nazione contro gli attacchi del comunismo. Così facendo, il dittatore

potè legittimarsi agli occhi della popolazione, delle élite e di Washington.

Sebbene molto amato dal popolo, la figura del re viene tutt’oggi strumentalizzata a fini politici. Il

controverso articolo 12 dell’attuale Costituzione, che prevede la pena carceraria dai 3 ai 15 anni per il reato

di lesa maestà, viene spesso utilizzato dal blocco burocratico militare che rappresenta l’élite thailandese

come strumento per

controllare la società,

prolungare il ruolo dei

militari nella vita politica

thailandese e ostacolare

gli oppositori politici.

La questione della

successione del re è

foriera di instabilità.

Il primo in linea di

successione è il figlio

Vajiralongkorn, non

particolarmente amato dal

popolo per essersi sposato

tre volte e per una serie di

scandali che lo hanno

visto protagonista.

La maggioranza dei

thailandesi preferirebbe vedere ascendere al trono la seconda figlia del re, la principessa Sirindhorn, da

sempre molto attiva in opere di beneficenza, sulla linea del padre.

Re Rama IX

Il principe Vajiralongkorn e la principessa Sirindhorn

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PPOOLLIITTIICCAA

33 –– LLAA TTHHAAIILLAANNDDIIAA TTRRAA CCIINNAA EE UUSSAA

A partire dal secondo dopoguerra, la Thailandia ha rappresentato per gli Stati Uniti una pietra angolare

della loro politica estera nella regione asiatica. Con la fine della Guerra fredda, l’alleanza con gli Usa è

rimasta stabile, come ha sin da subito dimostrato la concessione dell’utilizzo delle basi in territorio

thailandese nel corso della prima guerra del Golfo. L’acquisizione nel 2003 da parte della Thailandia

dello status di “Major non-NATO Ally”, la partecipazione alle operazioni belliche in Iraq tramite l’invio

di 400 soldati e la perdurante garanzia dei diritti di sorvolo e rifornimento per i mezzi statunitensi diretti

in Afghanistan e Iraq, sono tutti indicatori dello stretto legame tra Bangkok e Washington.

Parallelamente all’alleanza con gli Usa, la Thailandia sta consolidando il proprio legame con la Cina,

con cui del resto condivide una sostanziale convergenza strategica dalla fine degl i anni Settanta.

Quando nel dicembre 1978 le truppe vietnamite invasero la Cambogia dei Khmer Rossi, Thailandia e

Cina intuirono che, qualora il Vietnam fosse divenuto egemone nell’area indocinese, i propri interessi

sarebbero stati a rischio. Questo rapporto storico con la Cina si è consolidato in seguito alla crisi che ha

colpito le economie asiatiche nel 1997, quando l’aiuto cinese permise alla Thailandia di non naufragare

oltre il già pesante -11% fatto registrare dal Pil per quell’anno. Nel 1999 i due paesi hanno poi firmato il

“Sino-Thai Plan of Action” per il XXVI secolo, finalizzato ad accrescere la cooperazione commerciale,

scientifica, in materia giudiziaria e nel settore della sicurezza.

L’interconnessione sino-thailandese è in forte crescita in quanto la politica del “Go abroad” sta

portando a un aumento degli investimenti cinesi in Thailandia, l’interscambio sta notevolmente

crescendo e a livello culturale ha una valenza simbolica il fatto che 23 dei 41 Istituti Confucio presenti

in Asia sudorientale si trovino in territorio thailandese. La visita di Barack Obama nel novembre 2012,

seguita a ruota da quella di Wen Jiabao, ha ribadito l’importanza della duplice relazione. L’eventuale

futura partecipazione della Thailandia alla Trans Pacific Partnership potrebbe ripianare gli screzi degli

ultimi mesi, legati al rifiuto opposto alla richiesta di Washington di utilizzare la base di U-Tapao per

una ricerca meteorologica prodotta dalla NASA. Tale adesione, però, potrebbe comportare uno

sbilanciamento verso gli Usa (la TPP è vista come un’alleanza economica per “contenere” l’avanzata

cinese nell’area) e di conseguenza complicare i rapporti con Pechino.

Esportazioni Usa e Cina in Thailandia (migliaia di dollari)

Anno Esportazioni Usa

in Thailandia

Esportazioni Cina

in Thailandia

2001 5.995.120 2.337.109

2002 4.859.500 2.957.345

2003 5.841.350 3.827.905

2004 6.362.814 5.801.575

2005 7.233.101 7.819.296

2006 8.152.469 9.764.065

2007 8.444.876 12.032.910

2008 9.066.834 15.636.354

2009 6.920.200 13.307.098

2010 8.974.365 19.741.222

2011 10.927.480 25.694.604

Fonte: Unctad

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PPOOLLIITTIICCAA

44 –– LLEE RREELLAAZZIIOONNII RREEGGIIOONNAALLII

La Thailandia è membro fondatore dell'ASEAN e ha contribuito in maniera sostanziale alla realizzazione e

allo sviluppo dell'Asean Free Trade Area (AFTA). Per i sei membri fondatori (Thailandia, Singapore,

Malesia, Indonesia, Filippine, Brunei), l'AFTA è entrato in vigore l'1 gennaio 2010, data dalla quale i dazi

d'importazione sono stati azzerati. Nei restanti paesi membri (Cambogia, Laos, Myanmar, Vietnam) l'AFTA

entrerà in vigore nel 2015. L'area ASEAN rappresenta un mercato di oltre mezzo miliardo di consumatori,

con un Pil attorno ai 1500 miliardi di dollari, e un commercio interno di oltre 1000 miliardi di dollari. In

qualità di membro dell'ASEAN, la Thailandia beneficia anche di sei accordi di libero scambio bilaterali con

i paesi facenti parte dell'East Asia Summit: Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e

India.

La Thailandia è stata caratterizzata per anni da relazioni molto difficili con i paesi vicini, date dal

convergere di due fattori: la presenza nel paese di minoranze separatiste, al confine con Malaysia e

Myanmar, e il permanere di dispute relative ai confini, come nel caso della Cambogia. Ciononostante, in

seguito alla vittoria elettorale del Pheu Thai Party (Partito per i Thailandesi) nel luglio 2011 le frizioni con la

Cambogia sembrano aver trovato una soluzione almeno temporanea, che lascia ben sperare per la stabilità

futura dell’intera regione. Lo stesso può dirsi per le tensioni con la Malaysia (nonostante il movimento

separatista nelle province meridionali sia un costante fattore di tensione) e con il Laos, con il quale, dopo il

conflitto che nel 1998 provocò oltre 1000 morti in un solo mese, la Thailandia sta cooperando per giungere a

una demarcazione definitiva dei confini.

Il caso del rapporto con il Myanmar è particolarmente interessante in quanto, malgrado solo 60 dei 2.400

km di confine siano ufficialmente demarcati, dai primi anni del XXVI secolo non si verificano scontri

armati, anche perché sussiste una forte interconnessione commerciale e, in particolare, la Thailandia

importa dal Myanmar circa un terzo del gas prodotto da quest’ultimo. Il 70% del fabbisogno energetico

thailandese viene coperto con gas naturale, il 20% del quale arriva dal Myanmar, più precisamente dai

giacimenti di Yadana e Yetagun.

La rete di gasdotti Thailandia-Myanmar

Fonte: Total Myanmar

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EECCOONNOOMMIIAA

55 –– UUNN’’EECCOONNOOMMIIAA IINN CCRREESSCCIITTAA

Dopo il +0,1% fatto registrare nel 2011 – flessione dovuta quasi esclusivamente alle ripercussioni in campo

economico delle gravi inondazioni che hanno colpito il paese nell'autunno di quell'anno – il Pil thailandese

ha fatto registrare una crescita del 6,4% nel 2012, tornando in linea con i tassi di crescita riportati negli

anni precedenti. A favorire questa pronta e significativa ripresa sono stati gli imponenti programmi di spesa

pubblica adottati dal governo - oltre 8 miliardi di euro soprattutto nel settore infrastrutture - e in parte il

capitolo delle esportazioni, che in chiusura del 2012 hanno fatto registrare un +3,5% nonostante il

rallentamento dell'area euro, tra i principali mercati di sbocco per l'economia thailandese.

La domanda interna è cresciuta in modo più sostenuto rispetto al passato, tenuto conto che al +3,5% del

2011 ha fatto seguito nel 2012 un +6,8%. I consumi privati continuano infatti a essere sostenuti sia dal basso

tasso di disoccupazione (0,7%), sia dalle misure del governo di Yingluck Shinawatra volte a sostenere i

redditi delle famiglie.

Crescita del Pil e tasso di disoccupazione

Fonte: Economist Intelligence Unit

In netta crescita anche gli investimenti. Secondo i dati della Bank of Thailand, infatti, nel 2012 gli

investimenti privati sono cresciuti del 12,4%, mentre quelli pubblici del 6,3%. La Banca di Thailandia

sottolinea inoltre come la maggior parte degli investimenti sia di lungo periodo, tanto che le previsioni per il

2013 segnalano un +6,8% per gli investimenti privati e un +21,7% per quelli pubblici.

Sotto il profilo monetario, nel corso del 2012 è stata confermata la tendenza al deprezzamento, pur lieve,

del baht thailandese rispetto al dollaro statunitense, già registrata nel 2011 e dovuta prevalentemente agli

effetti della crisi del debito in Europa e al rallentamento generale dell'economia. A tale proposito, la Banca

centrale thailandese, in controtendenza con quanto auspicato dal Vice primo ministro e Ministro delle

Finanze, Kittirat Na-Ranong, che vorrebbe un baht più debole per sostenere le esportazioni, ha fatto presente

di voler intervenire sui mercati solo nel caso in cui si dovessero verificare dei fenomeni di speculazione,

lasciando quindi operare le fluttuazioni. Queste ultime si mantengono comunque entro limiti più che

accettabili, tenuto conto che nell'ultima parte del 2012 il baht è tornato ad apprezzarsi nei confronti del

dollaro Usa dopo che le misure prese in Europa hanno iniziato a mostrare i primi risultati, migliorando la

fiducia degli investitori stranieri e di conseguenza anche l'afflusso finanziario verso il mercato azionario

thailandese.

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EECCOONNOOMMIIAA

66 -- UUNN PPAAEESSEE OORRIIEENNTTAATTOO AALL CCOOMMMMEERRCCIIOO EESSTTEERROO

La Thailandia è un paese fortemente orientato al commercio estero. Il valore delle esportazioni e delle

importazioni si è quasi quadruplicato nel corso degli ultimi 10 anni, raggiungendo nel 2011 il record storico

rispettivamente di 164,4 e di 137,7 miliardi di euro.

Per il 2012 le previsioni del governo thailandese indicavano una crescita delle esportazioni del 15% rispetto

al 2011. Obiettivo mancato a causa delle conseguenze delle alluvioni di fine 2011, che hanno penalizzato la

produzione industriale per tutto il primo semestre 2012, ma soprattutto a causa della crisi economica

internazionale, che ha ridotto la domanda da parte di alcuni dei principali partner commerciali, Ue e

Giappone in primis. Migliori le dinamiche delle esportazioni verso i paesi ASEAN e gli Usa.

Le esportazioni della Thailandia riguardano prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera e in

particolare prodotti dell’elettronica (computer, hard disk, circuiti integrati), elettrodomestici e automobili,

che complessivamente rappresentano i ¾ delle esportazioni totali. Si tratta del comparto che più ha

contribuito alla crescita, anche se modesta, delle esportazioni del 2012. Inferiore il contributo delle

esportazioni di prodotti agroindustriali (che rappresentano circa l’8% delle esportazioni totali) mentre

flettono decisamente (circa -20%) le esportazioni di prodotti agricoli, che rappresentano circa il 10% delle

esportazioni totali della Thailandia.

Import Partners Export Partner

Fonte: Cia World FactBook

I primi tre mercati di sbocco sono Cina, Giappone e Usa.

L’Italia è 29° nella lista dei paesi clienti e assorbe una quota di circa lo 0,6% delle esportazioni totali della

Thailandia.

Incremento sostanziale invece delle importazioni della Thailandia, che crescono nel 2012 di circa l’8%

rispetto al 2011. La Thailandia importa prevalentemente materie prime e semilavorati (circa il 40% del

totale), beni strumentali (28%), greggio e derivati (20%). Le importazioni di beni di consumo rappresentano

circa il 12% del totale. La crescita delle importazioni nel 2012 ha riguardato prevalentemente i beni

strumentali (+24%) mentre si registra una flessione di circa il 6% delle importazioni di materie prime e

semilavorati. Crescono di circa il 15% le importazioni di beni di consumo.

Principale fornitore è il Giappone, seguito da Cina e Eau.

L’Italia è il 25° fornitore con una quota di circa lo 0,9% delle importazioni totali della Thailandia.

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EECCOONNOOMMIIAA

77 –– LLAA PPOOLLIITTIICCAA EECCOONNOOMMIICCAA DDEELL GGOOVVEERRNNOO SSHHIINNAAWWAATTRRAA

Il governo guidato da Yingluck Shinawatra, insediatosi dopo le ultime elezioni del luglio 2011, ha fatto

delle riforme economiche uno di punti cardine del proprio programma elettorale. Tra le misure che

rivestono particolare interesse per gli investitori locali e internazionali vi sono l’innalzamento del salario

minimo dei lavoratori e dei neolaureati, che porta dai precedenti 221 bath (5,20 € circa) a 300 bath (7,15 €)

al giorno per i lavoratori e dagli attuali 10.640 bath (251 €) a 15.000 bath (360 €) per i neolaureati, e la

riduzione dell’aliquota sui profitti delle imprese dal 30% al 23% per l’anno fiscale 2012/2013, in modo

da arrivare nel 2013/2014 al 20%. Se questa misura si concentra sul lato dell’offerta, l’innalzamento del

salario minimo, in un primo momento limitato alle 7 province più sviluppate e dal 1 gennaio 2013 esteso a

tutto il paese, ha l’obiettivo dichiarato di stimolare la domanda interna.

La rete infrastrutturale del Grande Mekong

Le priorità del governo sono tuttavia

adesso concentrate sui programmi di

spesa pubblica, con l’obiettivo di

realizzare le infrastrutture necessarie

per evitare in futuro il ripetersi dei

disastrosi effetti delle recenti

inondazioni (mirando così anche al

mantenimento della fiducia da parte

degli investitori stranieri), e di stimolare l’economia.

I programmi di spesa, circa 8,5

miliardi di euro, sono destinati alla

costruzione di strutture di gestione

delle acque del fiume che attraversa

Bangkok e i principali distretti

industriali (Chao Praya), di otto suoi

affluenti e di altri 17 bacini nel paese,

oltre alla realizzazione di un fondo di

assicurazione da 1,4 miliardi di euro

per la copertura di premi assicurativi

contratti da famiglie e imprese, che

dovrebbe vedere la partecipazione di

società di assicurazioni private.

Fonte: Asian Development Bank

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EECCOONNOOMMIIAA

88 –– IILL BBUUSSIINNEESSSS EENNVVIIRROONNMMEENNTT

La Thailandia, secondo il Global Competitiveness Report 2012-2013 pubblicato dal World Economic

Forum, occupa il 38esimo posto su 144 paesi, guadagnando così una posizione rispetto all’anno precedente,

invertendo il trend negativo degli ultimi sei anni e collocandosi al quarto posto tra i paesi ASEAN, dopo

Singapore, Malaysia e Brunei. Il quadro macroeconomico complessivo, la dimensione del mercato interno,

la stabilità del settore finanziario hanno giocato un ruolo importante per il miglioramento della competitività

del sistema. Il WEF ha sottolineato anche il contributo positivo delle infrastrutture aeroportuali, che

eccellono rispetto a strade e ferrovie comunque oggetto dei prossimi piani di sviluppo del governo, e della

facilità nell’avviare un’impresa (la Thailandia è al 18° posto (su 185) a livello globale dell’ultimo “Ease of

doing business” della Banca Mondiale), mentre i limiti segnalati nel rapporto sono: instabilità politica,

corruzione, qualità dell’istruzione pubblica e incerta protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

Ease of Doing Business, indicatori

Indice Rank

Thailandia

Rank

Media regionale (Asia

orientale e Pacifico)

Avviare un’attività 85 93

Permessi di costruzione 16 71

Ottenere elettricità 10 75

Registrazione di una proprietà 26 86

Ricevere credito 70 91

Indice di forza sui diritti legali

(0-10)

5 7

Indice di profondità delle

informazioni sul credito (0-6)

5 4

Protezione degli investitori 13 83

Indice di protezione

dell’investitore (0-10)

7.7 5.4

Pagamento delle tasse 96 70

Numero di pagamenti

(all’anno)

22 25

Durata (ore all’anno) 264 209

Tasse sul profitto (%) 28.1 16.7

Tasse sui lavoratori

e contribuenti (%)

5.7 10.9

Altre tasse (%) 3.9 6.9

Tasso totale delle imposte

(% profit)

37.6 34.5

Commercio internazionale 20 76

Implementazione dei contratti 23 87

Chiudere un’attività 58 107

Fonte: World Bank

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EECCOONNOOMMIIAA

99 –– LLEE OOPPPPOORRTTUUNNIITTÀÀ PPEERR LLEE IIMMPPRREESSEE IITTAALLIIAANNEE

I rapporti con l’Italia

Sotto il profilo economico-commerciale, il potenziale inespresso dei rapporti bilaterali è dimostrato

dall’andamento dell’interscambio, cresciuto nel 2011 del 25% (superando per la prima volta i 4 miliardi di

dollari), a fronte di un posizionamento dell’Italia solo al 22° posto tra i partner commerciali della Thailandia.

L’Italia esporta soprattutto macchinari e prodotti chimici e, in misura crescente, beni di consumo, grazie a

un’espansione della classe media urbana che offre prospettive interessanti al Made in Italy (vino,

agroalimentare, arredamento, design e moda). Di particolare interesse sono i settori ad alto contenuto

tecnologico – gestione delle acque, ferrovie ad alta velocità, attività spaziali, energie alternative,

biotecnologie, macchine utensili, auto motive, industria agroalimentare “post harvest”, apparecchiature

medicali – in cui la Thailandia manca di capacità e forniture adeguate.

Scambi commerciali Italia-Thailandia (milioni di €)

2010 2011

Export italiano dalla Thailandia 944,08 1.200,27

Import italiano in Thailandia 1.294,89 1.414,79

Fonte: Ambasciata italiana a Bangkok

Gli scambi commerciali tra Italia e Thailandia sono cresciuti costantemente durante gli ultimi 10 anni. L’interscambio totale si è sostanzialmente raddoppiato, arrivando al suo massimo storico di 2,7 miliardi di €

nel 2011. La bilancia commerciale è stata tradizionalmente a favore della Thailandia fino al 2011; nel 2012

si è registrata però un’inversione di tendenza piuttosto decisa. Nei primi nove mesi del 2012 le esportazioni

dall’Italia verso la Thailandia sono cresciute di oltre il 25%, mentre le esportazioni della Thailandia verso

l’Italia flettono di quasi il 30%.

La Thailandia esporta verso l’Italia prevalentemente prodotti dell’industria manifatturiera (circa il 70%

del totale), i prodotti agricoli rappresentano il 17% e i prodotti dell’industria alimentare il 13%.

Le categorie di prodotti maggiormente esportate sono gioielli e pietre preziose, condizionatori e parti,

gamberi congelati, gomma naturale e automobili e parti. Più o meno tutti sono interessati dalla flessione

generalizzata delle esportazioni della Thailandia verso l’Italia.

L’Italia esporta verso la Thailandia prevalentemente beni strumentali, che rappresentano oltre il 53% del

totale. Le materie prime e semilavorati rappresentano circa il 22%, i beni di consumo poco meno del 20% e

il settore auto/moto circa il 4%. L’ottima performance delle esportazioni italiane che si è registrata nel 2012

è stata determinata prevalentemente dalla crescita delle esportazioni di macchinari per uso industriale, che da

sole rappresentano circa il 40% delle esportazioni totali. La crescita nei primi nove mesi del 2012 rispetto

allo stesso periodo del 2011 è stata notevole (+24%) soprattutto se consideriamo che tra il 2010 e il 2011

erano già cresciute di oltre il 25%. Molto positivo nel corso del 2012 anche l’andamento delle esportazioni

di beni di consumo (+8%) e di auto e moto (+70%) mentre flettono di circa il 10% le esportazioni di materie

prime e semilavorati.

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AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTOO

1100 -- IILL TTUURRIISSMMOO SSAANNIITTAARRIIOO

Nato da una costola del turismo tradizionale, il turismo sanitario in Thailandia è diventato rapidamente

un’attività autonoma per una convergenza di fattori: eccellente tradizione medica (il padre di re Bhumibol

era medico e aveva studiato a Harvard), mancanza di strutture adeguate in molti paesi vicini (Myanmar,

Cambogia, Vietnam), forte afflusso dai paesi del Golfo i cui (ricchi) residenti hanno difficoltà a ottenere i

visti per farsi curare in Usa. Si aggiunge un crescente pellegrinaggio di pazienti statunitensi che non

potrebbero permettersi le cure nel loro paese: in Thailandia le cure mediche costano un terzo o la metà di

quanto costano negli Usa.

L’attività si sta industrializzando a ritmo accelerato con l’accorpamento delle strutture minori. Si apre così

un interessante mercato anche per le aziende italiane nei settori farmaceutico, delle apparecchiature

medicali e attrezzature di laboratorio, che in Thailandia trovano interlocutori di solide dimensioni. È il

caso ad esempio di Dusit Medical Group che ormai controlla 29 tra ospedali e cliniche di cui 2 in Cambogia,

20 mila pazienti visitati al giorno, 4.700 posti letto con un fatturato annuo di 4,4 miliardi di dollari (inclusi i

pazienti thailandesi). E che punta a estendere l’attività nel settore farmaceutico e dei laboratori clinici

espandendosi anche su altri mercati asiatici.

In mancanza di un’industria nazionale produttrice di strumentazioni medicali, si registrano interessanti

opportunità commerciali in un settore in cui comunque è da tenere in considerazione la presenza della

concorrenza americana, giapponese e tedesca. Ne sono una dimostrazione i dati relativi all’export di

attrezzature medicali dall’Italia verso la Thailandia, che hanno fatto registrare nel 2011 la cifra record di 91

milioni di dollari (+35% su base annua). Nel 2012, pur avendo subito un calo del 28% con 65 milioni di

dollari di valore complessivo, le attrezzature medicali sono comunque rimaste la decima voce delle

esportazioni italiane verso la Thailandia.

Comparazione dei prezzi delle maggiori operazioni mediche (dollari)

Operazione Usa Thailandia Singapore

Bypass aorto-

coronarico

130.000 11.000 18.500

Sostituzione della

valvola cardiaca

160.000 10.000 12.500

Angioplastica 57.000 13.000 13.000

Operazione all’anca 43.000 12.000 12.000

Isterectomia 20.000 4.500 6.000

Operazione al

ginocchio

40.000 10.000 13.000

Fusione spinale 62.000 7.000 9.000

Fonte: American Medical Association

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MMYYAANNMMAARR -- IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE

DDAALLLL''IISSOOLLAAMMEENNTTOO AALLLL''AAPPEERRTTUURRAA EECCOONNOOMMIICCAA EE PPOOLLIITTIICCAA

Myanmar è il secondo paese Asean per estensione territoriale (676.578 Km2), conta una popolazione di

55.167.300 persone (stima al luglio 2013), fa registrare una crescita media del Pil del 5% annua, e gode di

una collocazione geografica strategica tra India, Cina e paesi Asean.

All'inizio degli anni '60, l'allora Birmania era tra le economie asiatiche più promettenti: il maggior

esportatore mondiale di riso, importante produttore di legni pregiati, un sistema economico e legale

efficiente, una forza lavoro qualificata e un enorme potenziale di risorse naturali, ancora perlopiù

inesplorate. Il colpo di stato che nel 1962 portò al potere la giunta militare guidata dal generale Ne Win, ha

aperto un lungo periodo di dittatura e stagnazione economica, rendendo di fatto Myanmar un paese

isolato e tra i più poveri al mondo.

Il ritiro dalla scena politica di Ne Win nel 1988, a seguito dei disordini sociali che hanno fatto eco al

fallimento della “via birmana al socialismo”, ha rappresentato una prima speranza di apertura per il paese,

subito cancellata dall'instaurarsi di una nuova dittatura militare. Nel 1989 la figlia del leader della lotta

indipendentista birmana Aung San, Aung San Su Kyi, veniva posta agli arresti domiciliari.

Nel 1996 l'Unione Europea impose le prime sanzioni economiche che vietavano investimenti e commercio,

seguite da quelle degli Stati Uniti nel maggio 1997. Le sanzioni statunitensi vennero inasprite nel 2002,

mentre quelle targate Ue vennero rinnovate di anno in anno fino all'aprile 2012. Come diretta conseguenza

degli impianti sanzionatori adottati dai governi occidentali, Mynamar si avvicinò alla Cina, alla quale venne

di fatto data carta bianca nello sfruttamento delle risorse naturali di cui il Myanmar è particolarmente ricco.

La liberazione di Aung San Suu Kyi, avvenuta una settimana dopo le elezioni del novembre 2010, ha

segnato l'inizio di un processo che, passando per la liberazione di alcuni prigionieri politici e gli accordi di

cessate il fuoco con alcune minoranze etniche, è culminato dello svolgimento di libere elezioni suppletive il

1° aprile 2012, vinte dalla Lega Nazionale Democratica (NDL) di Aung San Suu Kyi. Nonostante

l'importante risultato ottenuto dalla NDL, il vero banco di prova per la nascente democrazia birmana

saranno le elezioni presidenziali del 2015. Nel frattempo, il nuovo presidente e primo ministro Thein Sein

ha avviato un processo di riforma: una svolta storica per il paese, che sembra aver preso coscienza delle

conseguenze negative dei decenni di isolamento e delle potenziali opportunità per la propria economia.

La definitiva rimozione delle sanzioni Ue a partire dal 22 aprile 2013, dopo che erano state

temporaneamente sospese l'anno precedente (tranne l'embargo sulle armi), permette di includere Myanmar

tra i nuovi paesi ad alto potenziale di crescita. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, Myanmar ha il

potenziale per diventare la prossima frontiera economica dell'Asia; secondo l'Asian Development Bank esso

potrebbe diventare una “rising star” dell'Asia se riuscirà a fare adeguata leva sulle proprie risorse naturali e

umane e fruire della posizione geostrategica a cerniera tra Asia meridionale e Pacifico. Dati statistici ed economici generali

Popolazione 55167330 Pil (ppp) 89,23 mld $ Importazioni 7,1 mld $

Densità 74 ab per

Kmq

Pil pro-capite

(ppp)

1.400 $ Esportazioni 8,5 mld $

Sistema

politico

Repubblica

presidenziale

Disoccupazione 5,40% Ide entrata 850 mln $

Capo di Stato Thein Sein Debito/pil 53,50% Aiuti in

entrata

355 mln $

Principali

Organizzazioni

internazionali

Aiea, Asean,

Fao, Fmi,

Onu, Wto

Indice di

debolezza dello

stato

Score:

96,2/120

Rank: 21/177

Indice di

corruzione

percepita

Score: 15/100

Rank: 172/176

Fonti: Cia World FactBook, World Bank, Fund for Peace, Transparency International

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PPOOLLIITTIICCAA 1111 –– LLAA TTRRAANNSSIIZZIIOONNEE DDEEMMOOCCRRAATTIICCAA

Le elezioni suppletive dell'aprile 2012 hanno assegnato 43 seggi su 45 vacanti in Parlamento alla National

League for Democracy (NLD) guidata dal premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi, storico partito di

opposizione. Nonostante ciò, il potere rimane ancora saldamente nelle mani della giunta militare guidata da Thein

Sein. Il vero banco di prova saranno le elezioni generali del 2015, quando dallo scontro tra lo Union Solidarity

and Development Party (USDP), il partito sostenuto e guidato dai militari e la NLD emergeranno alcune

probabili risposte sulla credibilità del processo di liberalizzazione politica in atto e sugli sviluppi futuri della

politica birmana.

La svolta per il Paese asiatico è avvenuta nel 2010, quando il nuovo governo civile di Thein Sein ha liberato

Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari. A ciò sono seguite, il 31 gennaio 2011, la convocazione del

Parlamento e la contestuale entrata in vigore della Costituzione del 2008 e, infine, il 4 febbraio, l’elezione da

parte del Parlamento di Thein Sein come Presidente della Repubblica. Thein Sein, un militare moderato, pur

essendo stato Primo Ministro durante il precedente regime, è ritenuto l’unico rappresentante politico adatto a

garantire la transizione del Paese da una dittatura militare a un regime democratico.

Il governo ha infatti dato avvio a un processo di transizione democratica, intensificatosi a partire da agosto

2011 e che ha dato luogo a una serie di risultati importanti: avvio di riforme economiche; fine della censura

preventiva sulla stampa; nuove leggi sulla libertà sindacale e di manifestazione; accordo con l’ILO per lo

sradicamento del lavoro forzato entro il 2015; creazione di una commissione parlamentare per il rispetto dei

diritti umani; avvio di negoziati di pace con i gruppi etnici separatisti; sei provvedimenti di amnistia - l’ultimo il

17 settembre 2012 - che avrebbero - in assenza di dati certi in materia - consentito la liberazione di circa 800

prigionieri politici, riducendo sostanzialmente quelli ancora detenuti; rimpasto di governo, nell’agosto 2012, con

l’uscita di scena degli elementi più conservatori.

In risposta alle riforme avviate dal regime birmano, nel 2012 la comunità internazionale ha iniziato a sospendere

le principali sanzioni internazionali vigenti nel Paese, dimostrando così di voler scommettere sul processo di

democratizzazione in corso. Successivamente alla sospensione delle sanzioni internazionali, alcune personalità

politiche di paesi occidentali hanno visitato il paese, tra i quali il Presidente Usa Barack Obama e l’allora

Segretario di Stato Hillary Clinton (novembre 2012).

Ma agli occhi della comunità internazionale, affinché la via intrapresa dal governo verso la democrazia possa

considerarsi completa, restano cruciali la fine degli scontri con le minoranze etniche, specialmente nella

regione del Rakhine e del Kachin, e la liberazione di tutti i restanti prigionieri politici. Infatti, pur essendo

vero che alcune importanti riforme sono state compiute, il percorso pare essere ancora lastricato di ostacoli.

Myanmar

Cambogia

Filippine

Indonesia

Thailandia

Vietnam

Malesia

Laos

0

20

40

60

80

100

120

96,288,7

83,2 80,677 74

68,5

51,9

Indice di debolezza dello stato

(Paesi Asean)

Somalia

Corea del Nord

Myanmar

Afghanistan

Sudan

Turkmenistan

Uzbekistan

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8

0,98

1,01

1,49

1,52

1,56

1,6

1,62

Indice di corruzione percepita

(Primi paesi al mondo)

Fonte: Fund for Peace (20 stato solido/114 stato

fallito) Fonte: Transparency International (0 corruzione

max/10 corruzione min)

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PPOOLLIITTIICCAA 1122 –– II RRAAPPPPOORRTTII IINNTTEERRNNAAZZIIOONNAALLII

Cina Gli interessi cinesi in Myanmar sono molteplici: politico-strategici per la posizione geografica e lo

sbocco sull'Oceano Indiano; economici per la ricchezza di materie prime (soprattutto fonti di energia) e per

il commercio bilaterale. In particolare, la partnership con il Myanmar rientra nella strategia cinese del “filo

di perle”, tesa a stabilire un forte rapporto di cooperazione con i maggiori porti della regione, che divengono

in questo modo veri e propri avamposti commerciali.

India Nei decenni passati l'India ha

mantenuto buoni rapporti con la dittatura

birmana per due motivi: la presenza di

movimenti insurrezionali nel Nord-Est del

paese, che utilizzano il Myanmar come

rifugio, e il timore che l'influenza cinese su

quest'ultimo divenisse predominante. India

e Cina si contendono tutt'oggi il favore

della giunta militare birmana sia per

guadagnarsi l’accesso alle ingenti risorse

energetiche del paese, sia in

considerazione della posizione strategica

del Myanmar, che offre ad entrambi uno

sbocco sul Golfo del Bengala.

Thailandia I rapporti tra i due paesi si reggono su equilibri delicati, soprattutto a causa delle problematiche

relative alle questioni della pesca illegale, della deforestazione e del traffico di droga. Bangkok sostiene il

processo di riforme birmano allo scopo di assicurarsi la fornitura di petrolio e gas, ma al tempo stesso

guarda con preoccupazione all'apertura del paese a nuovi partner. Gli immigrati birmani in fuga da Myanmar

rappresentano infatti un’importante risorsa di manodopera a basso costo per la Thailandia, che in seguito al

miglioramento del contesto birmano potrebbe vedere venir meno tale importante risorsa. Bangkok, tuttavia,

ha bisogno del gas naturale birmano, che arriva in Thailandia attraverso due gasdotti.

Giappone Tokyo ha intensificato negli ultimi anni le attività di cooperazione e penetrazione economica in

Myanmar, mirando soprattutto alla manodopera a basso costo disponibile nel paese, da utilizzare come base

manifatturiera per le proprie industrie. Con l'avvio del processo di apertura politica ed economica varato da

Thein Sein, il Giappone ha annunciato la cancellazione di parte del credito vantato verso Myanmar (3,7

miliardi di $ su un totale di 6 miliardi di $). Tokyo fornirà inoltre sostegno tecnico e finanziario alla

creazione di una borsa valori.

Stati Uniti In seguito alle elezioni dell'aprile 2012, gli Usa hanno ristabilito rapporti diplomatici con il

Myanmar, hanno creato in loco un'agenzia incaricata di gestire i programmi di aiuto (USAID), permettere a

alcune Ong americane di operare nel paese, facilitare viaggi in Usa di alcune personalità politiche.

Washington ha inoltre autorizzato la rimozione di alcune sanzioni in particolari aree di investimento (come

la creazione di un circuito per l'utilizzo di carte di credito). Le principali sanzioni, tuttavia, permangono a

causa del protrarsi dei conflitti etnici nonostante gli accordi di “cessate il fuoco”.

Unione Europea In seguito agli sviluppi politici interni in Myanmar, nell'aprile 2011 l'Ue ha introdotto dei

primi allentamenti al regime sanzionatorio imposto al paese, culminati nell'aprile 2012 con la sospensione

per un anno delle sanzioni. Il presidente della Commissione europea Barroso, in visita in Myanmar nel

novembre 2012, ha annunciato la disponibilità dell'Ue all'invio di una missione di assistenza elettorale nel

2015 e la prossima trasformazione dell'ufficio Ue a Yangon in una vera e propria delegazione. Il 22 aprile

2013 l'Ue ha formalizzato la rimozione definitiva delle sanzioni, eccezione fatta per l'embargo sulle armi.

Fonte: China briefing

La strategia del “filo di perle” cinese

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PPOOLLIITTIICCAA 1133 –– MMYYAANNMMAARR TTRRAA CCIINNAA EE SSTTAATTII UUNNIITTII

Il lungo periodo di isolamento al quale è stato sottoposto il Myanmar da parte dei paesi euro-atlantici,

soprattutto durante gli anni ’90, ha portato Naypyidaw ad avvicinarsi in misura sempre maggiore alla Cina.

Nonostante le pressioni ricevute dalle diplomazie occidentali a interrompere l’assistenza al regime birmano e

a esercitare la propria influenza per spingere la giunta militare ad aperture in senso democratico, la Cina non

ha mai rinunciato alle relazioni con il proprio vicino, secondo la celebre formula del “Beijing Consensus” –

la via cinese allo sviluppo economico. Oggi il Paese si trova al centro del gioco di influenza portato

avanti da Usa e Cina nell’area: esso rappresenta infatti uno dei perni della nuova strategia asiatica di

Obama (“Pivot to Asia”) volta al contenimento del gigante cinese.

Gli interessi della Cina in Myanmar sono molteplici. Il Paese rappresenta uno sbocco strategico, logistico

e commerciale fondamentale sul Golfo del Bengala e sull’Oceano Indiano. Il Myanmar rappresenta, inoltre,

un importante corridoio logistico. Pechino ha avviato la costruzione di una serie di gasdotti e oleodotti, che

congiungerebbero le coste birmane con le province dello Yunnan e del Guanxi. Infine, l’altra questione

fondamentale è quella delle risorse idriche. Pechino ha promosso la costruzione di un sistema di dighe e

centrali idroelettriche, tra le quali spicca la diga Myitsone sul fiume Irawaddy, destinata a fornire elettricità

alle province occidentali dello Yunnan e del Guizhou. La costruzione di infrastrutture come quella di

Myitsone, che una volta completata sarebbe la diga più grande del mondo, mette in luce le contraddizioni

che caratterizzano la posizione del governo birmano. Se, da un lato, la presenza cinese è stata per anni un

fattore di sviluppo e modernizzazione, oltre che l’unica fonte di sostegno diplomatico, dall’altro, ha

rappresentato anche una forma di dipendenza economica e politica estrema da Pechino.

Anche alla luce di tali preoccupazioni, il governo guidato da Thein Sein e i militari hanno provato ad aprirsi

al mondo diversificando le proprie relazioni internazionali con i Paesi euro-atlantici in primis. Per questi

motivi, l’apertura agli Stati Uniti, culminata con la visita di Hillary Clinton nel Paese nel dicembre 2011 e

poi quella del Presidente Obama del novembre 2012, è il segnale più evidente della volontà del nuovo corso

del governo militare di ridimensionare la propria dipendenza da Pechino.

In questo contesto si sono inseriti gli Usa e la loro diplomazia volta a fare del Paese uno dei punti di

appoggio del rebalancing strategico nella regione dell’Asia-Pacifico. Come già ai tempi di Clinton nei

confronti della Cina, l'America di Obama ha deciso di adottare nei confronti del Myanmar una politica di

engagement.

Il Presidente Barack Obama in visita in Myanmar nel novembre 2012 (Foto Jason Reed/Reuters)

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EECCOONNOOMMIIAA 1144 –– UUNN’’EECCOONNOOMMIIAA IINN CCRREESSCCIITTAA

Nel 2012 il Pil del Mynamar è stato pari a 89,2 miliardi di dollari (a parità di potere d'acquisto), facendo

registrare una crescita del 6,2% rispetto al 2011. Le stime dell'Economist Intelligence Unit prevedono una

crescita del 5,4% nel periodo 2013-2014 e un'ulteriore crescita attorno al 7% nei periodi 2014-2015 e 2017-

2018. La crescita birmana sarà inizialmente guidata da importanti progetti di investimento da parte

prevalentemente di Cina, Corea del Sud e Thailandia, soprattutto nei settori dell'energia e delle

infrastrutture. La crescita della domanda interna è stimata attorno al 4% annuo; nonostante il fatto che una

consistente parte della popolazione viva sotto la soglia di povertà (le ultime stime, del 2007, parlano del

32,7%), le tendenze sembrano preannunciare la crescita del contributo della domanda interna nella

crescita economica del paese.

Alla crescita del Pil birmano contribuiranno poi lo sviluppo di settori quali il turismo, l'industria tessile,

l'agricoltura e la pesca. Un ruolo fondamentale verrà poi ricoperto dall'industria delle costruzioni, in

considerazione del numero elevato di progetti di costruzione di infrastrutture stimolati da investimenti

privati. Inoltre, entro la fine del 2013 verranno avviati i progetti di estrazione del gas naturale liquefatto dai

giacimenti di Shwe (parola che in birmano significa “oro”), che porteranno a una crescita consistente delle

esportazioni birmane di gas naturale.

Fonte: Economist Intelligence Unit

Come parte del nuovo corso economico, il governo di Thein Sein ha varato un nuovo regime di cambio a

fluttuazione controllata, ancorando il kyat al dollaro e permettendone una variazione giornaliera entro una

banda di oscillazione dello 0,8%. Il nuovo cambio è stato adattato al valore del kyat sul mercato nero:

attualmente il cambio col dollaro è pari a circa 880 kiat/$. Il provvedimento ha rappresentato il primo passo

verso la creazione di un sistema valutario unico, cui dovrà seguire una graduale diminuzione delle restrizioni

all'uso di valuta estera.

La ridefinizione della politica valutaria, del resto, rappresenta la prima di una serie di riforme strutturali

annunciate dal governo, tra le quali vi sono la creazione di un nuovo mercato interbancario ufficiale, una

nuova legge che dia maggiore autonomia alla Banca centrale, e una regolamentazione degli IDE meno

restrittiva.

2012 2013 2014 2015 2016 2017

0

2

4

6

8

55,4

66,5

6,97,3

Stime di crescita del Pil (%)

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EECCOONNOOMMIIAA

1155 -- GGLLII IINNVVEESSTTIIMMEENNTTII DDIIRREETTTTII EESSTTEERRII

Il 2011 ha fatto segnare la crescita del 195% degli investimenti diretti esteri nel paese, dovuti alla

migliorata percezione del rischio paese. Tra gli investitori, un ruolo di primo piano è riservato alla Cina,

attiva soprattutto nel settore energetico e i cui investimenti contano per circa il 70% del totale degli IDE in

Myanmar.

Il governo del paese ha attuato una serie di provvedimenti volti a incentivare ulteriormente l'ingresso di

investimenti stranieri nel paese: l'allentamento delle restrizioni sulla locazione di terreni per investimenti

esteri, la facilitazione del rimpatrio di profitti all'estero, il varo di incentivi fiscali e l'importazione di

manodopera qualificata. Tali provvedimenti lasciano prevedere tanto un afflusso dei capitali esteri per

investimenti (in particolare nel settore energetico e infrastrutturale), quanto un aumento dell'interscambio

commerciale, fino a ora transitato su canali non ufficiali e frenato dalle restrizioni valutarie.

Fonte: Unctad

L'approvazione della nuova legge sugli investimenti n.21/2012 dovrebbe definire un quadro regolamentare

più certo, favorendo così l'afflusso di nuovi IDE. Il nuovo corpo normativo è stato completato dal decreto

attuativo del 31 gennaio 2013. L'efficacia di queste misure è stata comprovata dalle numerose dimostrazioni

di interesse da parte di multinazionali estere quali Coca Cola, Ford, General Electric, Mitsubishi e Suzuki.

Stime Unctad parlano di un incremento negli ultimi 18 mesi del 20% di IDE rispetto a quanto fatto registrare

nei precedenti 20 anni. I settori trainanti sono l'energia e l'oil&gas; in particolare gli investitori stranieri sono

interessati all'enorme potenziale rappresentato dalle riserve di idrocarburi, in particolar modo da quelle

offshore. Tra i principali paesi investitori nel settore energia si segnalano Cina e Thailandia, ma sempre più

anche il Giappone e, in prospettiva, la Corea del Sud.

La Cina e il Giappone hanno obiettivi diversi: mentre la prima è interessata soprattutto all'accesso alle

abbondanti risorse naturali del Myanmar (gas, gemme, legname, gomma naturale ed energia idroelettrica), il

secondo mira all'abbondante manodopera a basso costo birmana, fondamentale alla creazione di una base

manifatturiera per le aziende nipponiche.

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

0

200

400

600

800

1000

1200

191

291251 236

428

715

976 963

450

850

IDE in Myanmar

(milioni di $ a prezzi correnti)

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EECCOONNOOMMIIAA

1166 –– LLAA RRIIFFOORRMMAA DDEELL SSIISSTTEEMMAA BBAANNCCAARRIIOO

Il sistema bancario birmano è in fase di profonda evoluzione. Una nuova legge bancaria che dovrebbe

riformare l'intero sistema è attualmente in fase di elaborazione da parte del Parlamento.

Il sistema creditizio birmano si basa ancora prevalentemente sul contante. Da pochi mesi però è stata

introdotta una prima, limitata, circolazione di carte di debito e di credito. Il primo prelievo di contante

tramite circuito Mastercard è avvenuto il 15 novembre 2012 in un ATM della banca birmana CB Bank, che

sta seguendo tutti i suoi 36 ATM al prelievo sui circuiti Mastercard, Maestro e Cirrus. Visa ha a sua volta

stipulato accordi con CB Bank e con Bank Kanbawza, con inizio operatività il 31 agosto 2013.

Nel luglio scorso la Banca centrale – Central Bank of Myanmar (CBM) – ha ottenuto una parziale

indipendenza funzionale dal Ministero delle Finanze nella gestione della politica monetaria. Tra gli

obiettivi futuri, la creazione di un mercato dei capitali, il rafforzamento della solidità del sistema bancario

nazionale e il reintegro nei circuiti bancari internazionali, anche in vista dell'integrazione ASEAN nel 2015.

La CBM sta attualmente collaborando con la banca giapponese Daiwa e la Borsa di Tokyo per la

costituzione della borsa valori.

Fino a luglio 2012 le banche estere potevano aprire solamente uffici di rappresentanza. Con la graduale

liberalizzazione del mercato bancario, avviata appunto a partire da luglio scorso, sono state autorizzate

anche le joint-venture con controparti locali, mentre si prevede la concessione della piena operatività alle

banche estere entro il 2015.

L'attuale composizione del sistema bancario birmano

4 banche statali

Myanmar Economic

Bank

(la maggiore banca

commerciale attiva

nel settore retail)

Myanmar Foreign Trade

Bank

(per le transazioni

internazionali)

Myanmar Investment

and Commercial Bank

(banca corporate

e di investimenti)

Myanmar Agricultural

Development Bank

(specializzata nel credito

agricolo)

19 banche commerciali private

22 uffici di rappresentanza di banche straniere

Fonte: Ambasciata d'Italia a Bangkok

Per quanto riguarda i servizi assicurativi, nel settembre scorso 12 società di assicurazioni private hanno

ottenuto la licenza per l'offerta di servizi assicurativi da parte della competente Autorità di vigilanza

“Insurance Business Supervisory Board” (IBSB). Si tratta delle prime licenze emesse dal 1963. Importanti

società straniere come l'inglese Prudential Plc., l'asiatica AIA Group Ltd. e la canadese Manulife Financial Corp., hanno già manifestato interesse per il mercato assicurativo birmano.

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1177 –– LLEE OOPPPPOORRTTUUNNIITTÀÀ DDII BBUUSSIINNEESSSS

L'interscambio con l'Italia

A partire dal 23 aprile 2012, giorno della sospensione delle sanzioni Ue, per le imprese italiane si è aperta

una finestra di opportunità che si sta traducendo soprattutto in analisi delle opportunità commerciali e di

investimento nel paese. Per via del lungo periodo di chiusura economica, i dati dell’interscambio bilaterale

con l'Italia non sono particolarmente significativi in termini assoluti. Tuttavia, il dinamismo dei flussi

commerciali del 2012 lascia presagire un consistente aumento dei rapporti commerciali tra i due paesi. Nel

2012, l’interscambio totale è stato pari a 35,5 milioni di €, con un aumento percentuale dell'81,4% rispetto al

2011. Le esportazioni italiane hanno raggiunto nel 2012 il valore di 23,73 milioni di € (+69,3% rispetto al

2011), mentre le importazioni dal Myanmar gli 11,7 milioni di € (+111,8%), con un saldo a favore dell'Italia

pari a 11,9 milioni di € (+41,4%). Gli investimenti diretti italiani sono per ora limitati a pochissime

presenze, attive soprattutto nel settore del turismo.

L'interscambio Italia-Myanmar (Milioni di €)

2010 2011 2012

Export italiano verso il Myanmar 15,6 14,01 23,73

Import italiano dal Myanmar 6 5,56 11,77

Fonte: ISTAT

Le opportunità di investimento

Energia. Gli analisti stimano che le riserve di petrolio birmane ammontino a 2,1 miliardi di barile, mentre

quelle di gas naturale a 25 trilioni di piedi cubi. A queste si aggiungono le riserve di gas di scisto, pari a 3,3

milioni di barili. Il Ministero dell'Energia ha emesso il 17 gennaio scorso il secondo “bidding round” per

l'assegnazione di 18 blocchi onshore, al quale è seguito l'11 aprile scorso quello per 30 blocchi offshore.

Costruzioni. Dopo 50 anni di isolamento, le infrastrutture birmane versano in uno stato di obsolescenza. Il

sostegno alla crescita economica del paese passa attraverso la costruzione di una rete di infrastrutture

moderna ed efficiente.

Informazione e comunicazioni. Il governo è in procinto di emanare una nuova legge sulle

telecomunicazioni per smantellare l'attuale monopolio di stato e ha avviato il processo di gara per

l'attribuzione delle licenze di telefonia mobile, che si dovrebbe concludere il 27 giugno 2013. È prevista

l'emissione di due licenze, aperte a operatori birmani ed esteri, con l'obiettivo del lancio di servizi 4G già nel

2013. L'ADB stima che la penetrazione delle reti mobili in Myanmar sia pari all'1,24%, rispetto al 70% di

Cambogia, all'87% del Laos e al 100% di Malaysia e Thailandia. L'obiettivo del governo è di espandere la

penetrazione al 75-80% entro il 2015-16. Altre aree di previsto sviluppo sono i servizi di internet provider

(ISP) e la creazione di centri di elaborazione dati.

Turismo Il settore del turismo, che ha conosciuto una breve battuta di arresto nel 2007-08 a causa prima dei

disordini politici e poi del ciclone Nargis, è in netta ripresa dal 2009. Il settore impiega 50.000 persone e nel

2011 ha generato introiti in valuta estera pari a 319 milioni di $, con una crescita del 25,6% rispetto al 2010.

Gli ingressi sono stati pari a 391.176 nel 2011, di cui 9.710 dall'Italia. Numeri comunque ancora limitati, se

raffrontati a quelli registrati nei paesi vicini: nel 2011, 18 milioni di turisti in Thailandia e 5 in Vietnam. La

Norvegia ha recentemente messo a disposizione 225.000 dollari per la predisposizione di un Master plan che

pianifichi una crescita sostenibile nel settore del turismo, con la gestione operativa affidata all'ADB.

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1188 –– II RRIISSCCHHII PPRRIINNCCIIPPAALLII

Rischi politici

Conflitti etnici. Il governo ha avviato significativi negoziati per la pacificazione del paese, sfociati nella

firma di tregue con 11 gruppi su 12. Tuttavia, continuano gli scontri con l'etnia tradizionalmente più

conflittuale, la Kachin. Inoltre, nel maggio 2012 si sono riaccese le tensioni in Arakan tra birmani buddisti e

la minoranza dei Rohingya. Lo stato di emergenza dichiarato dal governo in giugno ha comunque permesso

un relativo ritorno alla calma, anche se la politica di separazione delle due comunità etniche desta forti

preoccupazioni.

Conflitti sociali. L'attuale governo ha fatto dello sviluppo economico una delle sue priorità. A fronte del

processo di riforme in corso, sarà cruciale che il Myanmar consolidi le proprie capacità istituzionali per

evitare un aumento della sperequazione sociale e per assorbire i grandi flussi potenziali di investimenti esteri

diretti, che rischiano altrimenti di arricchire le lobby, con conseguenze sociali potenzialmente esplosive.

Rischi economici

Infrastrutture. Per garantire la sostenibilità della crescita economica dei prossimi anni, il Myanmar deve

avviare un'opera di costruzione e ammodernamento delle proprie infrastrutture di base, quali reti energetiche e trasporti.

Riforma del sistema bancario e finanziario. Un freno alla crescita, agli scambi commerciali e agli

investimenti diretti esteri in entrata è rappresentato dal sistema bancario e finanziario birmano, obsoleto e

scollegato dai circuiti internazionali. Le transazioni bancarie internazionali sono difficoltose, sia per effetto

delle sanzioni occidentali (ora in gran parte revocate, ma che hanno comportato effetti di lungo periodo sul sistema bancario birmano), sia a causa dell'arretratezza dei sistemi IT delle banche birmane.

Arretratezza delle telecomunicazioni. Le tlc sono arretrate e malfunzionanti. Nel caso della telefonia

mobile, le carte SIM sono costose (circa 220 € a settembre 2012) e, almeno sulla carta, limitate ai birmani.

L'accesso a internet è altrettanto costoso; una linea broadband costa all'incirca 1.400 dollari. È in corso la

fase di pre-qualifica per la concessione di licenze di telefonia mobile, alla cui gara hanno partecipato numerose società di telecomunicazioni estere.

Insufficiente capacità di generazione di energia per il mercato interno. La capacità di generazione

elettrica è stimata pari a circa 3.641 megawatt, di cui 2.560 provenienti da centrali idroelettriche e 900 da

altre fonti. Nonostante l'abbondanza di gas naturale, la disponibilità di energia è uno dei freni principali e un

prerequisito essenziale allo sviluppo del paese, in quanto gran parte dell'energia generata viene attualmente

esportata.

Rischi operativi

Due diligence delle controparti birmane. Risulta al momento molto difficile condurre una due diligence

finanziaria e non dei potenziali partner in affari birmani. Le visure camerali vengono spesso negate.

Corruzione. Nel rapporto 2012 di Transparency International sull'indice di corruzione percepita, il

Myanmar si è posizionato al 172esimo posto su 176 paesi. Nonostante le critiche (fondate) sul mancato aggiornamento dei dati sul paese, la corruzione nel paese è un fenomeno endemico.

Scarsa protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Sebbene nel 2011 il Myanmar sia divenuto

membro della World Intellectual Property Organization (WIPO), non esiste attualmente nella legislazione

interna una legge ad hoc a tutela dei diritti di proprietà intellettuale, protetti genericamente dalle norme di

Common Law, che favoriscono il primo utilizzatore.

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1199 –– LLEE TTEENNSSIIOONNII IINNTTEERREETTNNIICCHHEE EE LLAA QQUUEESSTTIIOONNEE DDEEII PPRROOFFUUGGHHII

Un elemento di criticità che permane tutt’oggi in Myanmar e dal quale dipende la totale cancellazione delle

sanzioni internazionali è la questione del rispetto delle minoranze etniche presenti nel paese. Fin dagli anni

'90, molti dei partiti che rappresentavano le varie minoranze etniche (specie quelli nella zona orientale, dove

risiedono i gruppi Karen e Shan) sono stati banditi dal regime militare. Questi movimenti si sono poi

organizzati anche militarmente, forti dei profitti derivanti dal mercato dell’oppio, e hanno iniziato una lunga

lotta contro le autorità centrali di Naypyidaw.

Il caso più eclatante è quello della comunità Kachin, un gruppo etnico che abita l'omonima regione di

confine tra India, Cina e Myanmar e che da oltre 50 anni è teatro di una sanguinosa guerra civile che vede

contrapporsi le milizie per la liberazione del Kachin (KIA) e l’esercito

governativo birmano con l’appoggio non molto velato delle forze

militari cinesi, preoccupate dall’imponente flusso di profughi che si

riversa lungo i suoi confini. Nonostante la firma di un cessate il fuoco nel 1994 – in virtù del quale le

truppe regolari avrebbero dovuto abbandonare la regione del Kachin e

restituire il controllo militare ed amministrativo al KIA – avesse fatto

sperare in una pacificazione del territorio, le violenze hanno

ricominciato immediatamente da ambo le parti. Secondo le Nazioni

Unite, circa 24.000 persone risiedono nelle aree controllate dall’esercito

regolare mentre 40.000 in quelle controllate dal KIA. Human Rights

Watch ha denunciato il ruolo della Cina nel finanziare l’esercito regolare

birmano nella lotta contro i ribelli, oltre che il mancato rispetto della

Convenzione internazionale sui rifugiati del 1951. Nel concreto Pechino è accusata di rimpatriare in maniera

forzosa i profughi Kachin in Myanmar, consegnandoli di fatto alla violenza dei militari.

Un altro caso molto caldo in Myanmar negli ultimi tempi è quello relativo alla persecuzione della

minoranza musulmana di etnia Rohingya. I Rohingya vivono nello Stato di Rakhine, una regione sulla

costa orientale. La giunta militare birmana ha cercato di eliminare questo popolo, trovando in questo senso

un formidabile alleato nella maggioranza buddhista senza riuscire ad eliminarlo però del tutto. Per cacciare i

Rohingya dal paese, il regime si è servito del gruppo fondamentalista

buddista “969”, che vorrebbe imporre alla minoranza musulmana una

sorta di apartheid. Una filosofia che sta prendendo sempre più piede

negli ultimi mesi e che alimenta la violenza. Il NLD e la stessa Aung

San Suu Kyi – accusati dai buddisti di avere stretto rapporti con la

minoranza musulmana – non si sono mai schierati apertamente né a

favore né contro il comportamento estremista e razzista dell’élite

buddista e militare del Paese, forse anche per una questione di

opportunità politica in vista delle elezioni presidenziali del 2015. Un

recente rapporto di HRW accusa le autorità locali e il governo di non

aver fatto abbastanza e in alcuni casi di aver fomentato una campagna

di “pulizia etnica” contro la minoranza Rohingya.

Fonte: the Economist

Fonte: the Economist

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2200 –– IILL PPOORRTTOO DDII SSIITTTTWWEE:: NNUUOOVVOO NNOODDOO GGEEOOSSTTRRAATTEEGGIICCOO

DDEELLLL’’AASSIIAA MMEERRIIDDIIOONNAALLEE

Dietro alle persecuzione della minoranza Rohingya si nascondono anche motivazioni di carattere geo-

strategico, che coinvolgono la regione di Rakhine. Da diversi anni, infatti, il porto di Sittwe – situato nella

parte orientale della regione – attrae investimenti

commerciali indiani e cinesi utili a radicare la

presenza di questi due paesi nell’area e a mettere in

sicurezza le rispettive rotte marittime e commerciali

nel Sud Est asiatico. Tale porto, di fatto, si sta

configurando come un’alternativa strategica

commerciale sia al più inflazionato porto di

Chittagong in Bangladesh e hub commerciale di

India e Cina, sia allo Stretto di Malacca considerato

ad alto rischio per la forte concentrazione di

fenomeni pirateschi.

L’importanza di Sittwe è dimostrata dal fatto che

India e Cina si stanno contendendo il porto a suon

di progetti miliardari.

Pechino vorrebbe costruire un gasdotto che colleghi

il Rakhine con lo Yunnan e il Guanxi – le due

province meridionali cinesi interessate anche da

fenomeni migratori illegali – fornendo un

approvvigionamento sicuro degli idrocarburi. Il gasdotto, che dovrebbe avere una capacità annuale di 12

milioni di metri cubi e dovrebbe essere completato entro i prossimi due anni, dovrebbe essere collegato con

il porto di Sittwe che diventerebbe un terminal cinese del commercio internazionale di gas e petrolio da

e per la Cina verso l’Africa orientale (Sudan in primis), il Golfo e l’Asia-Pacifico.

Questo investimento rientrerebbe nella strategia cinese del cosiddetto “Filo di perle”: questa prevede il

rafforzamento delle relazioni politico-commerciali con i Paesi della fascia costiera asiatica dal Mar Rosso

fino all’Indocina. Secondo tale strategia, per rafforzare il proprio sea power la Cina utilizzerebbe la

costruzione di opere infrastrutturali, realizzate in compartecipazione tra aziende o capitali cinesi e partner

della nazione interessata, come strumento di influenza geo-politico. Ogni intervento è realizzato in una

località di notevole importanza geo-strategica e costituisce appunto una delle “perle”, dotata di una propria

valenza autonoma e realizzata secondo specifiche valutazioni del rapporto costo/benefici.

Nuova Delhi, invece, ha stretto nel 2011 un accordo con il governo birmano per fare della città e dell’area

portuale di Sittwe un sito strategicamente rilevante all’interno dell’area di libero scambio dell’ASEAN che

dovrebbe diventare pienamente operativo nel 2015. Come per i cinesi, anche per gli indiani l’area di Sittwe

sarebbe un porto strategicamente importante, in quanto garantirebbe la sicurezza delle rotte commerciali da e

verso l’Oceano Indiano e Pacifico e permetterebbe di rompere la strategia cinese del “filo di perle”.

Fonte: www.rfa.org