Testo 29 Luglio 2012 Senza Rif

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Leonardo Rubino INFORMAZIONE ACCESSO E TRASPARENZA dalla carta stampata al web introduzione di Francesco Saponaro

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Leonardo Rubino

INFORMAZIONE ACCESSO E TRASPARENZA

dalla carta stampata al web

introduzione di Francesco Saponaro

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

giugno 2012

Pubblicazione realizzata anche con il contributo di CIA Puglia

(inserire il logo CIA)

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dalla carta stampata al web di Leonardo Rubino

INFORMAZIONE ACCESSO E TRASPARENZAdalla carta stampata al web

Introduzione.............................................................................................................5

Premessa................................................................................................................15

1) L’INFORMAZIONE...............................................................................................21

Informazioni, dati e ‘beni informazionali’..........................................................21

Metadati............................................................................................................26

Banche-dati........................................................................................................26

Documentazione e documento..........................................................................27

Dati pubblici e qualità delle informazioni...........................................................30

Certezze pubbliche e circolazione delle informazioni........................................33

Dati aperti (open data).......................................................................................35

Informazione, opinione pubblica e democrazia.................................................37

Polivalenza del termine informazione................................................................39

Libertà e informazione.......................................................................................42

Diritto e informazione........................................................................................46

Dovere di informazione......................................................................................49

2) L’ACCESSO..........................................................................................................53

Istituzioni europee e accesso.............................................................................53

L’accesso tra mancate occasioni e sabotaggi.....................................................54

L’accesso nella 241/90 ......................................................................................60

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

La (parziale) correzione di rotta.........................................................................63

Diritto di accesso e autonomie locali.................................................................64

L’accesso interamministrativo telematico..........................................................66

Deroghe e limiti al diritto alla conoscenza.........................................................69

a) il segreto....................................................................................................69

b) la riservatezza (trasparenza asimmetrica)..................................................79

c) il diritto all’oblio (e l’identità in rete)..........................................................98

3) LA TRASPARENZA.............................................................................................116

Disponibilità di dati e informazioni..................................................................116

Il principio di trasparenza.................................................................................116

Trasparenza, Costituzione e sovranità.............................................................122

Trasparenza e ‘resa del conto’.........................................................................127

Trasparenza e informazione ambientale..........................................................128

Trasparenza e internet.....................................................................................129

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE............................................................................143

Condivisione, comunità, conversazione...........................................................143

Spazi pubblici interconnessi e condivisione del sapere....................................151

L’intelligenza collettiva.................................................................................152

Copyright e copyleft.....................................................................................155

Accessibilità alla conoscenza e banda larga.....................................................162

Bibliografia...........................................................................................................167

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dalla carta stampata al web di Leonardo Rubino

Introduzione

Il lavoro di Leonardo Rubino si presenta come una sintesi, guidata dall’Autore, dei migliori commenti ai temi più affrontati nella sfera pubblica nel corso dell’ultimo decennio (accesso, trasparenza, diritto all’informazione), temi purtroppo molto spesso trattati in forma di effetto annuncio, cioè promessa a cui non segue alcuna messa in opera.La lettura dei capitoli del volume induce a riflessioni sia teoriche che pratiche. A esempio una fondamentale premessa teorica per orientarsi nella materia è la distinzione tra il diritto all’informazione e il diritto di accesso quale tutela giuridica degli interessi individuali e collettivi coinvolti dall’azione amministrativa. Rispetto a quest’ultimo, comunque incardinato in precisi interessi da tutelare, il diritto generale all’informazione si presenta come un pilastro fondamentale della cittadinanza democratica nelle società contemporanee.Ma altrettanto interessante è l’approfondimento dei tanti dilemmi pratici di cui è intessuta la trama della vita quotidiana dei diritti del cittadino e dei doveri della pubblica amministrazione. Ad esempio, dove si pone il confine tra diffusione della pratica della trasparenza e diritto individuale alla privacy? Io posso oscurare i miei dati sanitari nel fascicolo elettronico individuale, ma così non rischio di compromettere l’efficacia delle cure mediche di cui potrei aver bisogno? La Regione Puglia è stata condannata dal Garante della privacy per aver pubblicato una graduatoria di finanziamenti a soggetti diversamente abili, ma se uno è stato escluso da una graduatoria e vuole valutare l’ipotesi di ricorrere contro un provvedimento amministrativo potrà aver accesso ai dati degli altri concorrenti o vi saranno delle limitazioni? Le risposte ai

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tanti dilemmi e aporie della sfera pratica seguono strade molto diverse: dalla teorizzazione del grado zero della privacy per assicurare il trionfo della trasparenza alla pressante richiesta - all’opposto - di garantire anche giuridicamente il diritto all’oblio, almeno nella forma della cancellazione dei dati individuali dopo un certo lasso di tempo dalle banche dati del Grande Fratello informatico che si sviluppa a velocità supersonica. Ma anche le esperienze nazionali e regionali propongono un grado elevato di differenziazione. Si pensi al fatto che, mentre in Italia non sarebbe possibile diffondere attraverso la Rete immagini che permettono la identificazione degli individui o delle targhe automobilistiche presenti in un luogo riprodotto, negli USA, Paese di elezione del diritto alla privacy, vi sono dei siti Internet, come quelli dei cicloamatori, che diffondono le targhe delle auto in divieto di sosta che ostruiscono le piste ciclabili, con l’incitamento ad un rapido intervento della polizia.Ovviamente lo sviluppo delle tecnologie informatiche abilita i migliori progressi della trasparenza e del diritto all’informazione. Alla luce della diffusione di massa dell’utilizzo della Rete risulta oggi infatti imperdonabile che una amministrazione si sottragga a diffondere le informazioni sui suoi processi deliberativi e sulla congerie dei procedimenti amministrativi di sua pertinenza, oppure non segua l’esempio della Casa Bianca nella apertura totale dei dati e delle informazioni trattate (Open Data e Open Government). Gli aspetti problematici di cui forse meno si discute riguardano a mio avviso i contenuti e le basi conoscitive su cui sostenere il diritto all’informazione come base della vita democratica. Da questo punto di vista le tecnologie di rete contengono enormi potenzialità che rischiano di rimanere inesplorate per carenze che riguardano sostanzialmente la qualità dei dati e delle informazioni, più che le stesse tecnologie. Prendiamo a riferimento le belle definizioni della informazione

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pubblica riportate da Rubino. Essa si connota come strumento di conoscenza solo se risulta: adeguata, ossia completa, significativa, pertinente ed

utile; affidabile, ossia corretta, integra, obiettiva, conforme ed

originale; fruibile, ossia accessibile, comprensibile, leggibile,

semplice.Si potrà obiettare che la rete libera non può avere né filtri né tribunali della verità, ma solo i risultati di una libera interazione sociale. Ed è una obiezione fondata. Ma libera non equivale a democratica, sempre che non si perda nel tempo l’elemento del potere - appunto il Cràtos - cioè l’esercizio di un potere che non si esaurisca nella periodica selezione delle élites mediante le elezioni ma che, fermo restando l’elemento rappresentativo, sia alimentato da buone informazioni che permettano l’esercizio del controllo sociale costante e, in alcuni casi, della vera e propria democrazia deliberativa. Intendiamoci: a livello delle comunità locali questa circolazione delle informazioni di media o buona qualità spesso esiste, ed è facilitata dalle ridotte dimensioni e dalla diretta visibilità dei problemi comuni. Giangiacomo Rousseau non aveva poi torto ad esaltare le dimensioni urbane “di una grandezza proporzionata ai limiti delle facoltà umane”. Ma se la nostra dimensione diventa il mondo, l’Europa, l’Italia o anche la Puglia, le cose si complicano tantissimo.Una indagine svolta nel 2010 tra i cittadini pugliesi ha evidenziato che solo il 5% del campione rappresentativo dichiarava di conoscere molto l’istituzione regionale, mentre il 9% rispondeva di conoscerla abbastanza. E tutti gli altri? Poco o niente.Mentre nella scena politica nazionale prima i partiti e poi il bipolarismo mediatico hanno in qualche modo strutturato un campo di contenuti riconoscibili da tutti i cittadini, seppure

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continuamente sviliti dalle modalità propagandistiche che deprimono l’intelligenza sociale, nella scena pubblica regionale si può con tranquillità affermare che non è mai nata una vera e propria “opinione pubblica regionale”, anche per l’assenza di informazioni di qualità e di strumenti di produzione e diffusione delle medesime informazioni.I principali motivi di tutto ciò risiedono nella stessa struttura del sistema politico-elettorale e del meccanismo di creazione del consenso, che spiegano come mai vi siano delle opinioni pubbliche locali che valutano “cosa ha fatto la Regione per il mio territorio”, piuttosto che valutare cosa è giusto fare in un’area molto vasta qual è quella regionale. Non a caso il radicamento sociale delle Regioni negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso è avvenuto prevalentemente per via delle politiche distributive, che presentavano un volto generoso e benevolo per ogni esigenza che si affacciava con un minimo di sponsorizzazione politica (in Puglia dai mutui agevolati per la casa al credito agricolo generalizzato al finanziamento delle Università della Terza Età alla formazione dei Vigili Urbani…….). Rubino di questa fase sa parecchio, avendo più di 20 anni fa curato un volume sulla “legislazione di contenuto erogatorio” della Regione Puglia. Storicamente, in assenza di incisivi poteri in materia di politiche redistributive o di efficaci interventi in materia di regolazione e standard (se si esclude la materia dell’assetto del territorio, dove ad esempio la Puglia ha dato negli ultimi anni prove di buona regolazione), le politiche distributive hanno nettamente prevalso sulle altre, finendo per costituire l’elemento distintivo della istituzione regionale agli occhi degli Enti locali e dei cittadini. Ma la crisi della finanza pubblica e l’abbandono di fatto di ogni prospettiva di federalismo fiscale cambiano nettamente sia lo scenario che le aspettative. Le Regioni si ritrovano oggi con meno poteri pubblici e legislativi e con un profilo distintivo che

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somiglia sempre più a quello di una Holding specializzata nel finanziamento e nella erogazione di servizi di area vasta (in primo luogo servizi sanitari e sociali, ma anche altri primari servizi pubblici locali, come acqua, rifiuti, trasporti, altri servizi territoriali come la promozione turistica, ecc.), funzioni a cui si accompagna quella della promozione dello sviluppo economico ed infrastrutturale, anche se su questo versante le Regioni a Statuto ordinario che non fanno parte dell’Area Convergenza della UE registrano una seria carenza di risorse da investire.L’impressione diffusa è che le Regioni, dopo aver toccato il vertice del protagonismo istituzionale nel periodo a cavallo tra il Ventesimo e il Ventunesimo Secolo (le riforme amministrative di Bassanini, il Decreto Legislativo n. 56/2000, il nuovo Titolo Quinto della Costituzione del 2001) hanno subìto un costante arretramento sia dei livelli di autonomia politico-legislativa, che persino delle autonome prerogative organizzative e gestionali, come ben sanno le Regioni sottoposte ai cosiddetti Piani sanitari di rientro.A conferma ulteriore di questa tesi si può da ultimo citare il Comunicato emesso il 28 maggio 2012 dal Comitato interministeriale per la revisione della spesa che sintetizza in questo modo le aree di intervento individuate dal Commissario Bondi: “ottimizzazione dei prezzi/costi unitari, ottimizzazione delle quantità/consumi unitari, etc.”. Siamo quindi repentinamente passati da norme statali che per le Regioni rappresentavano “disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica” a un approccio che promette o minaccia il commissariamento gestionale anche delle Regioni.Ho richiamato questo quadro, peraltro oggettivamente motivato nell’ultimo biennio dalla crisi dei debiti sovrani che ha coinvolto l’Europa e che spinge verso una ricentralizzazione del governo della finanza pubblica, per avvertire il lettore che anche la

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comunicazione istituzionale delle Regioni deve essere inevitabilmente innovata. Dal mio punto di vista diventa più che mai necessario colmare il deficit di creazione della “sfera pubblica regionale” per evitare che la crisi della funzione distributiva delle Regioni si trasformi in una crisi di legittimazione democratica. In una fase di decisioni a somma zero o negativa risulta decisivo lo svolgimento del ruolo istituzionale con investimento eccezionale di comunicazione pubblica, diffondendo informazioni di qualità almeno su questi temi: la razionalità delle scelte allocative, gli indicatori di performances dei servizi finanziati o gestiti, le informazioni di costo-beneficio e costo-opportunità degli investimenti promossi. Su alcune decisioni rilevanti si potrebbe anche sperimentare l’effettuazione di referendum deliberativi ben regolati.In materia di trasparenza e partecipazione democratica si possono segnalare la legge regionale della Toscana (L.R n. 69/2009 “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”) e l’esperienza pugliese nel 2007 della Pianificazione Partecipata (il Progetto “Accorda le tue idee”) per la formazione dei Programmi Operativi finanziati con i Fondi Comunitari. Molto istruttiva è anche l’esperienza della Regione Lazio denominata “Sondaggio informato e partecipato” svolta nel 2006. Qui i cittadini sono stati coinvolti, sulla base di elementi informativi pertinenti forniti a supporto della valutazione, su alcuni dilemmi di politica pubblica regionale (tipo: è giusto diminuire i posti letto negli ospedali? Come accorciare le liste d’attesa in sanità?). Su ogni tema sono state distribuite ad un campione di volontari schede che illustravano vantaggi e svantaggi di ogni “soluzione”. Si è potuto così misurare la differenza tra le opinioni rilevate in assenza di informazioni pertinenti e quelle espresse dopo aver valutato gli elementi informativi.

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Ha ricordato di recente Rodolfo Lewanski che la deliberazione non è sinonimo semplicemente di decisione, ma è piuttosto “un processo che mira a generare un consenso informato … che porti … ad una progressiva comprensione delle ragioni altrui …. e ad uno spostamento verso valutazioni più bilanciate, condivise e ragionate”1.La mia opinione è che la rendicontazione sociale dovrebbe uscire dall’attuale stadio compilativo tipico del cosiddetto Bilancio Sociale: quanto ho speso per un obiettivo amministrativo, quanti interventi ho realizzato, quanti utenti sono stati coinvolti, etc. Un filone interessante è per esempio quello degli indicatori di servizio, elaborato dal Dipartimento delle Politiche per lo Sviluppo per monitorare l’evoluzione nel tempo di una politica pubblica mediante alcuni semplici indicatori chiave (percentuale di raccolta differenziata, utenti serviti dal servizio idrico, utenti degli asili nido, etc.). Un aspetto molto trascurato nell’informazione pubblica è sicuramente quello relativo al rapporto tra le nuove spese deliberate dal Parlamento e dalle Assemblee rappresentative e le fonti di entrata. Mentre Camera e Senato almeno mettono in rete i referti sulla copertura amministrativa e finanziaria delle leggi, nelle Regioni questo tipo di informazione è completamente trascurata. Malgrado i tanti proclami sul federalismo fiscale, l’articolo 81 della Costituzione, che obbliga le pubbliche amministrazioni ad un stretta correlazione tra uscite ed entrate, non ha ancora varcato la soglia delle Regioni. In Puglia sono in vigore la legge regionale n. 15/2008 ed il Regolamento n. 20/2009 sulla trasparenza, norme tra le più avanzate d’Italia. L’Assessore alla Trasparenza Guglielmo Minervini, nella Relazione di accompagnamento della legge

1 Rodolfo Lewanski, Istituzionalizzare la partecipazione deliberativa: la politica della Regione Toscana, in Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n.1/2011, Franco Angeli, Milano, pp.11-31.

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regionale n.15/2008, scrisse molto chiaramente: “la Regione intende rendere comprensibili alla comunità pugliese i programmi, le attività ed i risultati raggiunti rispetto alle risorse utilizzate”. La fase della messa in opera di questi obiettivi ha registrato finora la pubblicazione di un Bilancio sociale per il triennio 2006-2008, che espone alcuni dati di attività associati ai programmi regionali e, in alcuni casi, degli indicatori di performances. Più scarsa è invece l’attenzione al rapporto tra risultati e risorse finanziarie investite.Ma non possiamo demandare tutto lo sforzo divulgativo alle pubbliche amministrazioni, anche quelle che credono sinceramente nella politica di Open Data. E’ assolutamente necessario che i tecnici, gli esperti, gli intellettuali animati da passione civica, diano un contributo decisivo per aiutare i cittadini a comprendere tutte le implicazioni delle politiche pubbliche, anche quando sono molto tecniche e di difficile comprensione. Chi aiuta la popolazione di media cultura ad orientarsi tra i milioni di dati messi a disposizione dall’Istat o a capire cos’è il Valore Attuale Netto (VAN) che deriva dall’analisi costo-beneficio di una importante opera pubblica? Anche i consuntivi di bilancio sono praticamente incomprensibili, qualunque sia il livello culturale del lettore. Bisogna quindi incoraggiare i propositi degli studiosi di Valutazione delle politiche pubbliche che, come Giuseppe Moro, propongono forme di valutazione partecipata esplicitamente mirata alla crescita della intelligenza sociale 2.Il rischio, in assenza di interventi, è che si moltiplichino in modo imprevisto quelli che Tacito chiamava ‘arcana imperii’, ma questa volta non per l’apposizione di un segreto di stato da parte dei potenti, bensì per il deficit cognitivo dei cittadini di fronte a

2 Giuseppe Moro, (a cura di), La valutazione possibile, Milano, Franco Angeli, 2011, pp. 11-13.

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temi molto complessi come quelli della politica contemporanea. Bisognerebbe raccogliere molte disponibilità ed energie civiche per costruire e mettere a disposizione del pubblico siti dedicati ad informazioni calibrate, valutazioni anche opposte delle stesse informazioni, sintesi divulgative dei dossier più tecnici, etc. Speriamo che si attivino tanti volontari dell’informazione democratica.

Francesco SaponaroDirettore generale InnovaPuglia

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Premessa

Termini come informazione, trasparenza e accesso vengono spesso usati indifferentemente e sovrapposti in modo promiscuo, anche all’interno di testi normativi.A fronte di tanta indifferenza lessicale e forzata sinonimia, appare opportuno un tentativo (almeno minimo) volto ad un riordino semantico, utile per l’approfondimento concettuale oggetto della presente ricerca.L’elemento comune che percorre trasversalmente informazione, accesso e trasparenza è la conoscenza, espressione del sapere, come molla poderosa di sviluppo ed evoluzione degli esseri umani: sapere inteso per millenni come conoscenza meramente funzionale alla realizzazione di beni e strumenti indispensabili alla sopravvivenza e ora divenuta bene in se’, con proprio valore intrinseco, utilizzato per conseguire utilità economiche dirette o l’esercizio e il rafforzamento del potere.Storia dell’evoluzione dell’umanità, pertanto, come effetto dell’accumulo e diffondersi di conoscenza e, quindi, risultato di un continuo, gigantesco processo di “copia, incolla e migliora”.In questa ricerca ci occuperemo in particolare delle informazioni e degli atti pubblici, nella disponibilità di amministrazioni pubbliche, da esse prodotte o comunque da esse detenute: l’area di ricerca è quindi la ‘sfera pubblica’3, ossia lo spazio pubblico “interposto tra la base della società … e il suo vertice, corrispondente alle istituzioni politiche” 4.3 Jurgen Habermas, The structural transformation of public sphere, 1962 - Strukturwandel der Öffentlichkeit, Neuwied, Luchterhand, 1962, trad. ital. (a cura di) Augusto Illuminati, Ferruccio Masini, Wanda Perretta, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Bari, 1971.

4 Michele Loporcaro, Cattive notizie, la retorica senza lumi dei mass-media italiani, Feltrinelli, Milano, 2010, pag. 19.

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Da un lato la sfera pubblica in senso classico, intesa come ‘res publica’, derivante da ‘publicum’, riferito a ‘jus publicum’ distinto da ‘jus privatum’.Dall’altro il nuovo ‘spazio pubblico’ collettivo e di conoscenza, deterrritorializzato, creato dai nuovi ‘media’ interattivi e interconnessi, e accessibile da qualunque luogo, con una caratteristica fondamentale: la “onnivisione”, grazie alla quale “da ogni punto del web si può trovare e mostrare praticamente qualunque cosa che possa essere registrata digitalmente”; in tal modo il ‘cyberspazio’ 5 assume la forma di una “super-icona vivente” 6.Con internet e i media sociali il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato muta profondamente. Lo spazio privato è catapultato in rete e il corpo (non solo il proprio, ma anche quello altrui, peraltro spesso esibito nella inconsapevolezza della persona interessata) è messo in scena nello spazio virtuale.Appare quindi utile tratteggiare alcuni aspetti problematici della pubblicizzazione della sfera privata indotta dalle nuove forme (e piattaforme) di comunicazione, della connessa tutela del ‘corpo elettronico’ di ogni individuo e del ‘governo delle conoscenze’ circa la più intima sfera privata, anche al di là della ordinaria difesa della riservatezza (diritto di anonimato e segretezza delle comunicazioni).Il procedere della virtualizzazione produce una progressiva smaterializzazione non solo di documenti, ma anche di attività, professioni, relazioni, ecc.).

5 Parola usata per la prima volta nel 1984 dallo scrittore di fantascienza William Gibson nel romanzo Neuromante, Editrice Nord, Milano, 1986.

6 Pierre Lévy, La ciberdemocrazia, in Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti, Derrick De Kerkhove e Antonio Tursi (a cura di), Apogeo, Milano, 2006, pag. 8.

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Nell’universo deterritorializzato “la città digitale rappresenta la base territoriale della ciberdemocrazia” 7 (non va però sottaciuto che “la non fisicità dello spazio virtuale è occupata dalla corposa fisicità reale delle aziende multinazionali, dallo scontro tra centri di interessi, corporazioni, pirati. Non c’è solo trasparenza e dialogo nel ciberspazio, ma anche accanita lotta per controllare i dati, per utilizzare l’informazione” 8).Uno dei terreni ove più aspra si svolge la battaglia è quello dei diritti attinenti la proprietà intellettuale in rete9; a tal proposito, una delle prime e più emblematiche battaglie ingaggiate nei decenni scorsi ha riguardato il tentativo di mettere fuorilegge i

7 Pierre Lévy, ibid., pag. 11.

8 Michele Prospero, La solitudine del cittadino virtuale, in Derrick De Kerkhove, Antonio Tursi (a cura di), Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti, Apogeo, Milano, 2006, pag. 185.

9 Nuova espressione linguistica, introdotta nel 1967 in un documento della ‘World Intellectual Property Organization’ (WIPO).“L’estensione della copertura viene preparata … da una estensione semantica e il ‘trucco’ consiste nell’uso della parola ‘proprietà’ che nel lessico comune dell’occidente viene comunemente associata al diritto perpetuo e pressoché assoluto su di un bene fisico, secondo alcuni persino un diritto naturale. Invece copyright e brevetti, va ribadito …, sono nati come forme particolari e deboli di diritto: con essi lo Stato concede sì un monopolio a controllare la diffusione di certi beni intellettuali, ma limitato. Alcuni suggeriscono persino che non si dovrebbe nemmeno parlare di diritto di copia, ma semmai di privilegio o concessione. Vale in proposito il paragone con le licenze per le trasmissioni via etere: il bene comune (le frequenze) resta tale, ma per un tempo limitato se ne concede il controllo a dei soggetti privati. Nel copyright il bene comune è la conoscenza diffusa, patrimonio dell’umanità anche quando prodotta da un singolo”.“… L’espressione ‘diritti di proprietà intellettuale … suggerisce implicitamente che i beni intellettuali siano come i beni fisici che appartengono al proprietario per sempre (salvo quando egli decida di liberarsene, alienandoli) e oscura invece la profonda differenza tra beni appropriabili e beni in appropriabili: la mia bistecca se la cedo non posso più mangiarla, mentre le mie idee sono inappropriabili, perché, anche passandole ad altri, non per questo ne perdo la disponibilità” (Franco Carlini, Divergenze digitali conflitti, soggetti e tecnologie della terza internet, Manifestolibri, Roma, 2002, pagg. 85-86).

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videoregistratori analogici, accusati di rappresentare addirittura “lo strangolatore di Boston dell’industria cinematografica americana” 10.Che il confine tra tutela del diritto d’autore, battaglia alla cosiddetta pirateria informatica e censura in rete sia molto labile, tanto che ogni pur minimo accenno di regolamentazione susciti immediatamente riflessi condizionati, è confermato dalla mobilitazione che ha preceduto il varo della prima delibera dell’Autorità per la Garanzia nelle comunicazioni (AGCom) sulla proprietà intellettuale in rete11.Intanto, per iniziare a precisare il campo di indagine, pare utile sottolineare che “il diritto di accesso tende alla soddisfazione di un interesse soggettivo, consistente nella aspirazione di un soggetto ad individuare con tempestività gli eventi lesivi relativi alla propria sfera giuridica”, mentre “il diritto all’informazione mira alla soddisfazione dell’interesse generale, in quanto si traduce nell’accoglimento delle istanze di chiunque voglia partecipare attivamente all’amministrazione del pubblico interesse” 12.Il punto di contatto tra la tutela dei soggetti interessati e il controllo democratico dei cittadini sull’operato della pubblica amministrazione può ravvisarsi nell’utilizzo di un comune

10 Con una poderosa operazione di lobbying, negli anni ’70 del Novecento le maggiori case cinematografiche mondiali tentano di far votare al Congresso USA la messa fuori legge dei videoregistratori betamax, accusati di consentire la riproduzione abusiva di film. La controversia finisce in tribunale e dinanzi alla Corte Suprema, con il titanico scontro tra la Sony (produttrice degli allora nuovi apparecchi di videoregistrazione analogica) e la Universal (in rappresentanza del cartello dei colossi multinazionali del cinema).

11 Delibera del 6 luglio 2011. Per i relativi contenuti vedasi l’approfondimento in materia di diritti d’autore contenuto nel capitolo ‘Spazi pubblici interconnessi e condivisione del sapere’.

12 Enza Caracciolo La Grotteria, Carenza di informazione e responsabilità, in I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto di informazione,Giappichelli, pag. 186.

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“strumento per conoscere obiettivi e ragioni dei soggetti pubblici”: la motivazione del provvedimento amministrativo13.

13 Riccardo Villata, La trasparenza dell’azione amministrativa, in Diritto Processuale Amministrativo, n. 4, 1987, Giuffrè, Milano, pag. 529.

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1) L’INFORMAZIONE

Informazioni, dati e ‘beni informazionali’

Prima di addentrarsi in un’analisi più approfondita, pare opportuno abbozzare una prima risposta al grande interrogativo su che cosa possa intendersi per “informazione”.Ebbene, secondo taluni scienziati dell’informazione, “l’informazione è tutto ciò che serve a ridurre o eliminare incertezza e pertanto il suo bisogno cresce con l’aumentare della complessità del livello di organizzazione dei sistemi. L’informazione è quindi, probabilmente, la risorsa più importante per lo sviluppo e il governo delle società umane nell’epoca moderna ...” 14.Inoltre “la trasformazione dell'informazione in informazione elaborata è un processo intelligente svolto nel passato in modo esclusivo dal cervello umano. Ma quando, sotto il pieno controllo dell'uomo, al cervello sono state sostituite le macchine, la quantità dell'informazione, e le caratteristiche della sua elaborazione sono venute a modificarsi profondamente. Da un lato l'informazione è stata ridotta a dato mediante un processo di quantizzazione e formalizzazione che l'ha spogliata della ricchezza e della complessità delle sue proprietà soggettive e semantiche, e dall'altro lato la sua elaborazione è stata circoscritta ad una di tipo algoritmico, cioè a quella corrispondente a successioni di manipolazioni e decisioni logiche" 15.La singolarità dell’informazione sta nel fatto che “può essere prodotta, trasportata, elaborata, consumata, ma, a differenza di 14 Giovanni Battista Gerace, L’informazione come risorsa, in Critica marxista, n. 4/5, 1977, Editori Riuniti, Roma.

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altre merci o manufatti che nell’impiego o nel consumo vengono distrutte”, essa “presenta come caratteristica peculiare quella di ‘non consumarsi’ nell’impiego, anzi di caricarsi di ‘valore aggiunto’ quasi in ogni fase del suo trattamento" 16.Da un punto di vista giuridico “l’informazione rimane una nozione difficile da individuare e definire”. Intanto appare utile distinguere “fra informazioni, dati e beni informazionali” 17.“I dati sono fatti, concetti, rapporti … suscettibili di essere organizzati … in informazioni funzionali” 18. La loro combinazione crea un’informazione.Va ovviamente tenuto presente che l’organizzazione dei dati “da parte di persone diverse porterà spesso a risultati diversi”.“L’importanza dei dati deriva dal fatto che essi costituiscono l’elemento basilare dell’informazione”. “La raccolta dei dati e la loro trasformazione in informazioni è un’attività propriamente umana”, anche se svolta con l’ausilio di elaboratori.Da questo punto di vista, quindi, l’informazione costituisce “un prodotto dell’analisi di dati” ed è “tutto ciò che possono percepire i nostri sensi, quale che sia la forma sotto la quale essa sia stata materializzata: possono essere notizie, immagini, suoni, odori, ecc.” 19.

15 Giovanni Battista Gerace, Informatica, società e sviluppo, in Critica Marxista, n. 6, 1981, Editori Riuniti, Roma.

16 Giovanni Ingravallo, La cultura come risorsa strategica nell’economia digitale, in Economia della cultura, n. 3/1999, Il Mulino, Bologna, pag. 33.

17 Sylvie Schaff, La nozione di informazione e la sua rilevanza giuridica, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1987, Giuffrè, Milano, pag. 445.

18 Cees J. Hamelink, Transnational Data Flows in the Information Age, in Studentlitteratur A.B. Lund (1984), pag. 10 (Krieger Publishing Co., Inc., Melbourne, FL, USA).

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“Nel linguaggio comune la qualifica d’informazione è attribuita a ciò che è utile (informazione è allora sinonimo di comunicazione) o a ciò che è nuovo”.Quanto alle sue caratteristiche, “l’informazione non è divisibile … è difficilmente separabile dalla sua descrizione … è difficilmente misurabile … (ed) è facilmente e indefinitivamente riproducibile. Il mezzo di riproduzione più consueto e meno caro è certamente la parola”. Sul piano storico “l’informazione ha un carattere cumulativo, nel senso che essa è creata a partire dalle scoperte delle generazioni precedenti”. Inoltre “l’informazione è immateriale, ma può essere incorporata in un supporto”. Va poi tenuto presente che essa “appare una realtà intrinseca, che preesiste alle utilizzazioni delle quali può costituire oggetto e” pertanto “richiede una protezione in quanto tale” 20.Le informazioni possono poi essere suddivise in diverse categorie:

1) ‘res nullius’, ossia “beni che non appartengono ad alcuno e circolano liberamente. La loro esistenza è fondata sui diritti essenziali della persona umana, in particolare la libertà di espressione, nonché sull’idea di un patrimonio comune all’umanità. In pratica si riconosce che le idee ed il pensiero non sono l’oggetto di un diritto di proprietà; la libertà di informazione è riconosciuta dalle convenzioni internazionali; esistono delle informazioni che devono essere conosciute da tutti (informazioni di natura amministrativa, ecc.)”;

2) “l’informazione può essere connessa ad una persona fisica o morale cui si riferisce. Si riconosce a tale persona un diritto su tale informazione, giustificato dal rispetto per la

19 Sylvie Schaff, La nozione di informazione e la sua rilevanza giuridica, op. cit., pag. 448.

20 Marcel Ferdinand Planiol e Georges Ripert, Droit civil francais, III, 3, Les Biens, n. 50, 1952.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

vita privata (per le persone fisiche), dal divieto di concorrenza sleale e dalla tutela del segreto commerciale (per le società) e dal segreto di Stato (per lo Stato)”.“E’ la natura dell’informazione che giustifica la protezione giuridica concessa”.

3) “L’informazione può essere anche un bene economico, cioè un bene al quale è connesso un valore espresso in termini monetari o di potere” 21.

In quest’ultimo caso, proprio per sottolineare la natura dell’informazione come bene, si parla, con un’espressione non elegantissima sul piano lessicale, di ‘beni informazionali’.

In relazione alle tre categorie di informazioni sopra indicate, è possibile distinguere tre modi di creazione dell’informazione22:- informazione nominativa, ossia quella che riguarda le persone

e i patrimoni, ma non rappresenta “l’opera volontaria della persona interessata, ma una conseguenza della legge (per es. il nome) o dei suoi atti giuridici (matrimonio, acquisto, condanna)”.La sua divulgazione è lecita “solo se deriva da un atto volontario della persona stessa o da un provvedimento dell’autorità competente”;

- opere dell’ingegno, “create volontariamente dal loro autore, il quale ne diventa automaticamente proprietario”, attraverso un procedimento di “appropriazione attraverso la formulazione” 23;

21 La distinzione dell’informazione in tre categorie è da attribuire ad Alain Madec, Les flux transfrontières de données: vers une éeconomie internazionale de l’information?, in La documentation francaise, Paris, 1982, pag. 110 ss.

22 Pierre Catala, Ebauche d'une théorie juridique de l'information, in Informatica e diritto, Edizioni Scientifiche italiane, Firenze, 1983, I, pag. 15.

23 Pierre Catala, ibid., pag. 21.

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- i dati liberi, che “non appartengono a nessuno. Sono delle ‘res nullius’, dei dati nel senso più proprio del termine, oppure delle informazioni cadute in dominio pubblico. In linea di principio la raccolta è lecita” 24.

Con le nuove tecnologie informatiche, alle informazioni, in quanto bene economico, “si deve applicare quell’antico principio della libera circolazione di tutti i beni, senza il quale il mercato, sia esso libero o pianificato, non potrebbe esistere” 25.Con l’avvento dei media elettronici il mondo risulta ridotto a “un villaggio in cui tutto capita a tutti nel momento: ognuno conosce e dunque partecipa a ogni cosa che accade nel momento in cui essa accade”.“Siamo diventati come l’uomo paleolitico più primitivo, di nuovo vagabondi globali; ma siamo ormai raccoglitori di informazioni, piuttosto che di cibo. D’ora in poi la fonte di cibo, di ricchezza e della vita stessa sarà l’informazione” 26.

Metadati

I “metadati” sono “quelle informazioni che danno conto degli aspetti formali e di contenuto del documento” 27.

24 Sylvie Schaff, La nozione di informazione e la sua rilevanza giuridica, op. cit., pag. 461.

25 Gregorio Arena, Il diritto all’informazione e la sua realizzazione, in Trentino Alto Adige, Atti del Convegno, La casa di vetro, Trento, 1988.

26 Marshall McLuhan, Rimorso dell’incoscienza”, 1963, in Lettera internazionale, n. 98, 2008, trad. di Laura Talarico, Assoc. Cult. Lettera internazionale, Roma, pagg. 29-30.

27 Piero Cavalieri e Fernando Venturini, Utenti, produttori, formati, strumenti di ricerca, in Piero Cavalieri e Fernando Venturini, Documenti e dati pubblici sul web, guida all’informazione di fonte pubblica in rete, Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 77.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Essi “sono dati strutturati e codificati che descrivono caratteristiche delle entità che le contengono (documenti) per aiutare nell’identificazione, scoperta, valutazione e gestione delle entità descritte” 28. Esempi di metadati in un documento sono l’autore, l’argomento, il copyright, la data e il luogo di creazione.In un documento l’indicazione dell’autore costituisce una garanzia dell’autenticità del suo contenuto (elemento di non poco conto in un contesto, quale per esempio la rete, in cui spesso risulta spesso arduo verificare l’autenticità delle informazioni presenti e propalate).

Banche-dati

Le banche dati sono organizzate in informazioni strutturate, accessibili ed elaborate tramite un’interfaccia e strumenti di ricerca, con un aggiornamento continuo. “Nelle banche dati si concentra una parte preponderante del contenuto dei sistemi informativi degli enti pubblici. Sia le informazioni indispensabili alla vita dell’amministrazione (la cosiddetta auto-amministrazione), sia le informazioni strumentali ai propri compiti, sia le informazioni rivolte agli utenti e alle altre amministrazioni. Solo una piccola parte di questo patrimonio informativo è liberamente accessibile all’utente esterno … Sarebbe utile disporre di repertori 29 delle banche dati prodotte da ciascun ente pubblico, come avviene in altri Paesi” 30.

28 International Yearbook of Library and Information Management 2003-2004, Lanham, Scarecrow Press, 2004, pag. XVI.

29 Web directory, elenco di siti suddivisi per categorie e sottocategorie tematiche.

30 Piero Cavalieri e Fernando Venturini, Utenti, produttori, formati, strumenti di ricerca, op. cit., pag. 74.

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Documentazione e documento

“Il vocabolo ‘documentazione’ viene generalmente definito come descrittivo dell’operazione necessaria per la confezione di un documento, a sua volta qualificato come cosa rappresentativa di un ente giuridicamente rilevante” 31.Sotto un profilo funzionale taluno identifica la ‘documentazione’ come “attività necessaria per conseguire gli obiettivi di ricezione, conservazione e trasmissione della rappresentazione di un dato ente giuridicamente rilevante” 32.“Nell’uso corrente ed anche nel linguaggio così del giudice come del legislatore, all’espressione ‘documentazione amministrativa’ sogliono peraltro conferirsi almeno altri due significati”.“Il primo è quello di attività amministrativa non giuridicamente rilevante posta in essere dall’amministrazione; il secondo - che comporta il passaggio dall’azione ad un suo risultato - è quello di un insieme di documenti funzionalizzato a finalità istruttorie” (es. documentazione sanitaria, contabile, di spesa, etc.).Nella legge storica sulla documentazione amministrativa33, viene definito “fatto documentato”, quello “provato dall’interessato mediante produzione di documenti” 34 Inoltre sulla base del

31 Ignazio Francesco Caramazza e Paola Palmieri, Documentazione e documento - II Diritto amministrativo, in Enciclopedia Giuridica, Ist. Encicl. Ital., Roma, 1994, XII, pag. 1.

32 Giovanni Benussi, L’autocertificazione nella disciplina della produzione di atti e documenti amministrativi, in Nuova Rassegna di Legislazione, dottrina e giurisprudenza, Noccioli, Firenze, 1989, III, pagg. 2335 ss.

33 Legge n. 15 del 4 gennaio 1968 - “Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione delle firme”.

34 Ignazio Francesco Caramazza e Paola Palmieri, Documentazione e documento, op. cit., pag. 2.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

principio di “presunzione di sincerità”, taluni fatti, stati o qualità personali sono comprovabili mediante dichiarazione sostitutiva.Il termine ‘documentazione’ viene anche utilizzato per indicare l’attività informativa svolta dalla pubblica amministrazione priva di rilevanza giuridica (è questo per esempio il caso di materiale illustrativo, statistiche, notiziari, guide, etc.).“L’ultimo e più pregnante significato del termine è quello di ‘confezione del documento’ …”. A tal proposito “l’atto di documentazione, benché servente rispetto a quello (principale) documentato, si pone dunque con una sua individualità giuridica” 35, come “narrazione dei fatti in cui si concreta la storicità di un’azione” 36.Il documento cartaceo tradizionalmente inteso, in carenza di espressa previsione normativa, era associato a quella “cosa corporale, semplice o composta, idonea a ricevere, conservare, trasmettere la rappresentazione descrittiva o emblematica o fonetica, di un dato ente, giuridicamente rilevante” 37.Quanto alla struttura (ossia la “forma nella quale la rappresentazione dell’evento si attua e concreta”), essa “consta insolubilmente dell’elemento corporale o materiale mediante il quale l’evento diventerà percepibile - carta, pietra (lavagna), nastro magnetico, pellicola cinematografica …, - e del mezzo che viene adoperato per imprimere su quel tale elemento materiale o corporale la rappresentazione dell’evento - penna, matita, gesso, cartone, dispositivo di fissazione della voce o dell’organo radioscopicamente … Il terzo elemento è costituito dal

35 Ignazio Francesco Caramazza e Paola Palmieri, ibid., pag. 3.

36 Massimo Severo Giannini, In tema di verbalizzazione, in Foro amm., Giuffrè, Milano, 1960, I.

37 Aurelio Candian, Documentazione e documento (teoria generale), in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1964, XIII, pag. 579.

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contenuto, che può essere un corpo come un’energia, … oppure … l’idea, di cui si imprimono nella carta i segni espressivi” 38.Il primo riordino semantico del termine “documenti” lo si deve alla legge delegata39, contenente norme sull’ordinamento e il personale degli archivi di Stato. Infatti la precedente legislazione parlava indistintamente di “atti”, “documenti”, “carte”.Nella nuova accezione di “documento” vengono così ricompresi, “oltre gli ‘atti’ in senso stretto (documenti contenenti atti giuridici), ogni sorta di ‘carte’ (materiale documentale cartaceo di qualsiasi provenienza … destinati a esser conservati al fine di tramandare (in funzione probatoria o in funzione storica) i fatti in esso rappresentati o che essi appaiono suscettibili … di contribuire a rappresentare” 40.Innovando, come si vedrà più innanzi, la legge 241/90 considera “documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti …”.Il superamento del limite cartaceo del documento è ribadito con le norme attuative in materia di accesso, che prevedono l’utilizzo di “strumenti informatici, elettronici e telematici” 41, idonei a fornire attraverso la videata o la stampa il contenuto di un atto.

Dati pubblici e qualità delle informazioni

38 Aurelio Candian, ibid., pag. 579.

39 D.P.R. n. 1409 del 30 settembre 1963 (attuativo della delega concessa al Governo con la legge n. 1863 del 17 dicembre 1962).

40 Aurelio Candian, Documentazione e documento (teoria generale), op. cit., pag. 608.

41 D.P.R. n. n. 352 del 27 giugno 1992 - art. 2, 3° c. - regolamento attuativo legge 241/90 sull’accesso ai documenti amministrativi.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Il Codice dell’Amministrazione Digitale conferisce ‘carattere pubblico’ a taluni dati (“conoscibili da chiunque”)42, dati pubblici “la cui conoscibilità è condizione indispensabile per l’esercizio dei diritti dei cittadini”43 e obbliga la pubblica amministrazione alla formazione, raccolta, conservazione e messa in disponibilità e accessibilità dei dati posseduti44.Premesso che il diritto alla conoscenza risulta funzionale alla libertà di manifestazione del pensiero, il problema che appare oggi centrale è quello della comprensibilità delle informazioni. Altro problema è quello della sovraesposizione45, con informazioni che ruscellano a valle disordinatamente, senza alcuna graduazione circa la loro significatività, con effetti negativi sulla loro conoscenza effettiva.“ Nella nota metafora della ‘casa di vetro’ è come se tutta la casa fosse illuminata con luce abbagliante, con un curioso effetto di rifrazione che impedisce di vedere all’interno” 46. Non si tratta quindi di esercitarsi in una generica (ed astratta) apologia della diffusione di informazioni grezze, indistinte ed eterogenee.

42 Decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, recante “Codice Amministrazione Digitale” - art. 1 lett. N.

43 Rapporto (Dieudonné) Mandelkern - project de loi sur la societé de l’information, presentato all’Assemblée nationale il 14 giugno 2001 (documento n. 3143 ‘messo in distribuzione’ il 18 giugno 2001, scaturito nel corso della 13^ legislatura dal gruppo di lavoro interministeriale, presieduto appunto da Mandelkern, sulla qualità della regolamentazione).

44 Codice Amministrazione Digitale (decr. legisl. n. 82 del 7 marzo 2005) - art. 50.

45 David Heald, Transparency as an Instrumental Value, ivi pag. 60 - British Academy, 2006.

46 Francesco Merloni, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, in La trasparenza amministrativa, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 14.

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In teoria si potrebbe anche verificare che un’offerta indistinta di informazioni, un ‘overload’ (sovraccarico) informativo, produca il paradosso della bulimia informativa abbinato ad “insignificanza” conoscitiva.Infatti “l’eccesso di informazione può provocare sostanziale incomprensione nell’interlocutore, peraltro con possibilità di reale occultamento delle reali ragioni, finalità e modalità dell’agire. Si tratta piuttosto di un’operazione che impegna anche e soprattutto il profilo qualitativo dell’informazione, effettiva garanzia della soddisfazione sostanziale della pretesa” 47.L’idoneità a garantirne affidabilità, significatività e comprensibilità è determinata dalla qualità delle informazioni.Specifiche regole sono dettate per la sicurezza e la tutela della qualità dei dati (esattezza, disponibilità, accessibilità, integrità, riservatezza)48.In particolare, per quanto concerne siti e portali istituzionali, è prescritto che le pubbliche amministrazioni garantiscano “che le informazioni … siano conformi e corrispondenti” a quelle “contenute nei provvedimenti amministrativi originali dei quali si fornisce comunicazione tramite il sito” 49.Ancora: le informazioni pubblicate sui siti devono rispondere ai requisiti di esattezza (tempestività nell’aggiornamento), veridicità e integrità delle informazioni (oltre che loro accessibilità e fruibilità tra le diverse amministrazioni)50.

47 Mario R. Spasiano, Qualità e strumentalità del diritto di informazione nel rapporto cittadino-amministrazione, in I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto di informazione, op. cit., pag. 131.

48 Codice Amministrazione Digitale - decr. legisl. n. 82 del 7 marzo 2005 - art. 51.

49 Codice Amm. Digitale - art. 54 - 4° comma.

50 Direttiva 20 febbraio 2007 - Presidenza Consiglio dei Ministri.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Così come va garantita in particolare la qualità dell’informazione ambientale, perché sia “aggiornata, precisa, confrontabile” 51.Altro carattere importante è dato dalla “ricercabilità”, ossia dalla presenza di “strumenti di indice” (classificazioni, parole-chiave, sommari e altro), “linguaggi di interrogazione”, volti a “facilitare la ricerca dei documenti”, oltre che “repertori (o portali) della documentazione pubblica o degli enti produttori”. Altro elemento importante è l’”aggiornamento … essenziale per le informazioni più soggette a obsolescenza”, salvaguardando nel contempo la disponibilità di dati e documenti ‘storici’52.A tutela della relativa affidabilità, anche per le “carte dei servizi” è previsto che l’informazione sia “esatta, completa e comprensibile” 53.Quanto all’informazione statistica, essa deve rispondere ai requisiti di imparzialità e completezza, qualità delle metodologie statistiche e tecniche informatiche impiegate nella raccolta, conservazione e diffusione dei dati54.L’informazione pubblica si connota quindi come (idoneo) strumento di conoscenza se risulta:- adeguata (ossia completa, significativa, pertinente e utile);- affidabile (corretta, integra, obiettiva, conforme ed originale);- fruibile (accessibile, comprensibile, leggibile, semplice).

51 Direttiva 2003/4/CE - Accesso del pubblico all’informazione ambientale - art. 9 - qualità dell’informazione ambientale.

52 Fernando Venturini, L’informazione pubblica dalla carta al web in Piero Cavalieri e Fernando Venturini, Documenti e dati pubblici sul web, guida all’informazione di fonte pubblica in rete, Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 33.

53 Fabio Giglioni, Le carte di pubblico servizio e il diritto alla qualità delle prestazioni dei pubblici servizi, in Politica del diritto, Il Mulino, Bologna, n. 3, 2003, pagg. 405 ss.

54 Art. 12 decreto legislativo n. 322 del 6 settembre 1989, “Norme sul sistema statistica nazionale …”.

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Certezze pubbliche e circolazione delle informazioni

La “certezza pubblica” costituisce il contenuto di un atto avente “particolare autorevolezza, perché promanante da pubblic(a) autorità” 55.Gli atti di certezza pubblica si palesano come “dichiarazioni di rappresentazioni” e “comportano un acclaramento di un fatto … ed una dichiarazione rappresentativa del fatto acclarato” 56.Pertanto l’atto di certezza viene per esistenza attraverso l’”acclaramento “ (dichiarazione di scienza) e la sua “dichiarazione” (manifestazione) .Nella nozione di “certezza pubblica” è possibile “riscontrare due diverse declinazioni: certezza di scienza e certezza di conoscenza. La differenza … è di carattere funzionale: nella prima (certezza di scienza) prevale la funzione di acquisizione di scienza da parte dell’amministrazione; nella seconda (certezza di conoscenza) prevale la funzione di partecipazione della conoscenza (ossia, della conoscenza acquisita dall’amministrazione) in ambito sociale” 57.Innovando profondamente le prassi amministrative, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione permettono la circolazione telematica delle “certezze pubbliche”. L’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione consente anche la scissione tra documento e informazione; pertanto “l’acquisizione delle informazioni … non

55 Giuseppe Cammarota, Circolazione cartacea e circolazione telematica delle certezze pubbliche. Accertamento d’ufficio ed acquisizione d’ufficio, in Foro Amministrativo-TAR, n. 3, 2004, Giuffrè, Milano, vol. 3-IV, pag. 3529.

56 Massimo Severo Giannini, Certezza pubblica, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1960, VI, pagg. 778-779.

57 Giuseppe Cammarota, Circolazione cartacea e circolazione telematica delle certezze pubbliche … op. cit., pagg. 3529-3530.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

implica la necessaria acquisizione della documentazione in cui sono contenute le informazioni acquisite, potendosi risolvere, di fatto, nella mera visualizzazione (per via telematica) delle informazioni medesime. La visualizzazione integra, di per sé, un’apprensione cognitiva delle informazioni” 58.Il rapporto tra amministrazioni presuppone l’informatizzazione delle basi documentali (archivi), l’interconnessione59 e l’interoperabilità 60 dei sistemi.

Dati aperti (open data)

Il termine “open data” (dato aperto) è associato a una nuova concezione, riferita in particolare a internet come veicolo di trasmissione dei dati e delle informazioni.“Un contenuto o un dato si definisce aperto se chiunque è in grado di utilizzarlo, ri-utilizzarlo e ri-distribuirlo, soggetto, al

58 Giuseppe Cammarota, Circolazione cartacea e circolazione telematica delle certezze pubbliche … ibid., pag. 3542.

59 “Collegamento fisico e logico delle reti pubbliche di comunicazione utilizzate da un operatore per consentire agli utenti del medesimo di comunicare fra loro o con utenti di un altro operatore, o di accedere ai servizi offerti da un altro operatore” (art. 1, d.lgs. 259/2003) in Glossario dell’informatica nelle norme italiane, AIPA (successivamente CNIPA, quindi DigitPA - Ente nazionale per la digitalizzazione della PA) - URL: http://www.digitpa.gov.it/

60 Secondo il “glossario” AIPA (poi CNIPA, quindi Digit.PA), cit., la ’interoperabilità di base attiene ai “Servizi per la realizzazione, gestione ed evoluzione di strumenti per lo scambio di documenti informatici fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini”.La cosiddetta interoperabilità evoluta attiene, in modo più completo, ai “Servizi idonei a favorire la circolazione, lo scambio di dati e informazioni, e l'erogazione fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini”.Entrambe le modalità fanno riferimento al decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 - “Codice dell’Amministrazione Digitale”.

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massimo, alla richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo” 61.Gli ‘open data’ fanno di frequente riferimento a informazioni rappresentate in forme di database e riferite alle tematiche più disparate”, quali per esempio “cartografia, genetica, composti chimici, formule matematiche e scientifiche, dati medici e pratica, bioscienze, dati anagrafici, dati governativi, ecc.”.Spesso i dati sono in possesso di organizzazioni, private e pubbliche, non particolarmente inclini alla diffusione del patrimonio informativo 62. Nell’ottica dell’open data’ i dati andrebbero invece trattati come beni comuni. Esempio tipico sono i genomi, da ritenersi dati appartenenti al genere umano.I dati prodotti dalla pubblica amministrazione, poi, “in quanto finanziati da denaro pubblico, devono ritornare ai contribuenti, e alla comunità in generale, sotto forma di dati aperti e universalmente disponibili”.Il Governo italiano ha dato “piena adesione … ai principi dell’Open Government Declaration”, presentando in proposito un Action Plan 63 “nel quadro del comune esercizio Open Government Partnership” con partner internazionali. Nell’occasione è stato anche lanciato il “portale nazionale dei 61 Per connotarsi come ‘aperti’, i dati devono essere indicizzati dai motori di ricerca, disponibili in un formato aperto, standardizzato e leggibile da una applicazione informatica e “rilasciati attraverso licenze libere che non impediscano la diffusione e il riutilizzo da parte di tutti i soggetti interessati” http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_aperti

62 Secondo John Wilbanks, direttore esecutivo dello Science Commons, “proprio nel momento storico in cui disponiamo delle tecnologie per consentire la disponibilità dei dati scientifici a livello globale e dei sistemi di distribuzione che ci consentirebbero di ampliarla collaborazione e accelerare il ritmo e la profondità delle scoperte … siamo occupati a bloccare i dati e a prevenire l’uso di tecnologie avanzate che avrebbero un forte impatto sulla diffusione della conoscenza” (http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_aperti).

63 http://www.dati.gov.it/content/open-government-partnership-il-piano-italiano

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

dati aperti” 64, con la pubblicazione del catalogo dataset e del catalogo delle applicazioni per smartphone.Particolarmente interessante appare in proposito l’esperienza delle Regioni, che hanno attivato composite piattaforme di accesso on line a dati e servizi territoriali 65.Il concetto di “open data” e “open government” si va facendo strada anche a livello di legislazione regionale 66

Informazione, opinione pubblica e democrazia “Una democrazia senza informazione è una contraddizione” 67 e un sistema di governo chiuso, quanto più si configura come “intricato e complesso nell’essere e nell’agire, tanto più” appare “elusivo, occulto, opaco” 68.

64 www.dati.gov.it.

65 La Regione Puglia, per esempio, ha realizzato un complesso sistema digitale comprendente il SIT (Sistema Informativo Territoriale) comprensivo di accesso gratuito per i professionisti ai rilievi effettuati con GPS, servizi urbanistici e di pianificazione territoriale, protezione civile, agricoltura, Em-Pulia (centro acquisto beni e servizi), piano sanità elettronica, Rupar, Tgov (canale televisivo), Sistema Puglia (per imprese e associazioni di categoria), innovazione digitale degli uffici giudiziari, portale turistico.

66 Vedasi a esempio la legge regionale del Lazio n. 7 del 18 giugno 2012 (“Disposizioni in materia di dati aperti e riutilizzo di informazioni e dati pubblici e iniziative connesse”) e la n. 20 del 24 luglio 2012 della Puglia (“Norme sul software libero, accessibilità di dati e documenti e hardware documentato”).

67 Hans Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato, Edizione di Comunità, Milano, 1954, pag. 293.

68 Walter Lippmann, Public opinion, New York, 1922 - trad. ital. La democrazia, gli interessi, l’informazione organizzata, prefaz. di Nicola Tranfaglia, Donzelli, Roma, 2004 - ult. ediz.

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Per giunta, “un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse ad entrambe” 69.La consapevolezza indotta dall’informazione attiva il “dovere civico della partecipazione del singolo alla vita pubblica”, ossia il “dovere di cooperare perché la vita comune sia l’espressione e la proiezione di ciò che il soggetto umano porta con se’ come attributi originari e fondamentali”.In tal modo “il concetto di democrazia viene esattamente a coincidere con quello di libertà” 70.La libertà di “far uso della (propria) ragione” e di “esporre pubblicamente al mondo le (proprie) idee … criticando apertamente” il sistema vigente rientra i fondamenti illuministi71.L’informazione consente il formarsi dell’opinione pubblica, imprescindibile in una moderna democrazia, e costituisce “principio generale idoneo a fornire un criterio unitario di qualificazione e tutela di tutti gli aspetti conoscitivi, rilevanti per l’ordinamento” 72.

69 James Madison (1751-1836, quarto Presidente degli USA), La bufala della democrazia, in http://it.wikiquote.org/wiki/James_Madison.

70 Lando Tinelli, Lo Stato e l’informazione, in La scienza e la tecnica dell’organizzazione nella pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1961, pagg . 37-38.

71 Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cosa è l’Illuminismo, in Scritti politici e di filosofia della Storia e del diritto, 1784 (trad. ital. Utet, Torino, 1956, pagg. 143 e 148). Nell’opera Kant elogia Federico II di Prussia (Federico di Hohenzollern, detto Federico il Grande, re dal 1740 al 1786), monarca illuminato, per aver favorito la libertà religiosa e di pensiero.

72 Aldo Loiodice, Informazione (diritto alla), in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1971, XXXI, pag. 481.

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Sul piano pratico, però, “l’idea di una democrazia fondata sull’opinione pubblica, per quanto valida in teoria generale, potrebbe risultare illusoria ed acritica sul piano positivo, ove la disciplina giuridica, in rapporto alla realtà sociale, non prevedesse un’adeguata strumentazione idonea a consentirne la realizzazione” 73.Da ciò scaturisce l’esigenza di apprestare idonee “garanzie giuridiche”, posto che la garanzia costituzionale della “libertà di informarsi” appare configurarsi come “lo strumento principale per consentire la formazione di un’opinione pubblica documentata” 74.D’altro canto, però, “l’esistenza di tali strumenti giuridici non può giungere a garantire ad ognuno la possibilità di guidare o ispirare tutte le azioni delle autorità pubbliche o indirettamente dei centri di potere privati, ma può accrescere il controllo effettivo di ognuno su tali azioni” 75.

Polivalenza del termine informazione

Sotto il profilo politico-costituzionale, col termine ‘informazione’ s’intende in primo luogo “un vasto ed indistinto campo materiale avente al suo centro la disciplina della libertà di pensiero e degli strumenti di circolazione dei suoi contenuti” 76.Il termine informazione presenta poi una caratteristica particolare, derivante dalla polivalenza del significato. Esso, infatti, “pur esprimendo nello stesso tempo l’attività di

73 Aldo Loiodice, Contributo allo studio sulla libertà di informazione, Jovene, Napoli, 1969, pagg. 1-3.

74 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, ibid., pag. 26.

75 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, ibid., pagg. 18-19.

76 Pasquale Costanzo, voce Informazione nel diritto costituzionale, in Digesto delle discipline Pubblicistiche, Utet, Torino, 1993, pagg. 319-320.

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informazione e il suo risultato, si bipartisce in due significati più ristretti per quanto attiene all’ampiezza concettuale dell’attività relativa. Da un lato si ha infatti un’azione tendente a fornire ad altri soggetti il risultato informativo; dall’altro si ha un’azione intesa a procurare a se stessi tale risultato. Anche la più semplice analisi lessicale … lascia intravedere tre significati e tre aspetti distinti nella parola ‘informazione’: 1) il dato conoscitivo o la notizia; 2) l’azione di comunicazione ad altri soggetti di tale dato (l’informare); 3) l’azione di ricerca e di raccolta di esso (l’informarsi)” 77.Il termine informazione può essere anche declinato a seconda della posizione di soggetti e di organi, ovvero “a seconda che si intenda rivendicare:

a) una situazione giuridica attiva, estrinsecantesi nel diritto o nella libertà” 78 di comunicare e diffondere informazione o, ancora, in una potestà di analogo contenuto;

b) una situazione giuridica passiva, intesa come libertà di ricevere informazioni, ovvero come diritto all’assenza di ostacoli ingiustificati al ricevimento delle informazioni medesime;

77 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pag. 24.

78 “L’impiego congiunto delle due espressioni implica ovviamente la possibilità di ritenere equivalenti le corrispondenti situazioni di vantaggio solo ad un livello generalissimo, laddove, con specifico riferimento al contenuto, la libertà od il diritto postulano semplicemente un non facere (giuridicamente rilevante) da parte dello Stato o dei privati. Con riferimento invece a contenuti coincidenti con obblighi altrui di prestazione, la distinzione tra libertà e diritto acquista evidentemente un valore più pregnante, documentato esemplarmente, anche se non sempre perspicuamente, proprio del dibattito sull’informazione …” (Alessandro Pace, Problematica delle libertà costituzionali, parte generale, Cedam, Padova, 1990, pagg. 25 ss.). - rif. in Pasquale Costanzo, Informazione nel diritto costituzionale, in Digesto delle materie Pubblicistiche, Utet, Torino, 1993, pag. 321 - nota 7.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

c) una situazione, per così dire, media o riflessiva 79, consistente nel diritto di informarsi o di ricercare le informazioni” 80.

Come già accennato, il termine informazione può essere altresì utilizzato per indicare il risultato dell’attività conoscitiva, anche in rapporto alle più moderne tecniche di trattamento automatico dei dati.Quanto alle modalità operative, pare opportuno riferirsi in via preliminare non ad una mera comunicazione, ma ad una “attività comunicativa funzionale alla conoscenza”. Appare però utile sottolineare subito che, “a dispetto di tale vocazione … essa non offre garanzia di conoscenza reale, né necessariamente si traduce in comprensione” 81.Infatti, di per se’ l’atto del comunicare è “strutturalmente incapace a realizzare lo scopo della conoscenza senza il concorso attivo del destinatario … Il conseguimento di detto obiettivo - così pure la reale comprensione - dipende …” anche “dal livello di attenzione da questi dedicata alla comprensione del messaggio veicolato” 82.E’ chiaro quindi che “il soggetto emittente non può ignorare la qualità della comunicazione” trasmessa.Pertanto l’informazione può ritenersi tale “se adeguata in relazione allo scopo cui naturalmente tende e non vi è dubbio che il conseguimento di quest’ultimo sia agevolato dalla

79 Situazione comunque attiva, qualificata come “riflessiva, dal momento che un simile agire consiste nella creazione di una situazione di vantaggio per lo stesso soggetto agente” (Pasquale Costanzo, Informazione nel diritto costituzionale op. cit., pag. 322 - nota 11).

80 Pasquale Costanzo, voce Informazione nel diritto costituzionale, ibid., pag. 321.

81 Giuseppe Grisi, Informazione (obblighi di), in Enciclopedia Giuridica,Treccani, Roma, 1994, XVI, pag. 4.

82 Matteo De Poli, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Cedam, Padova, 2002.

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semplicità del messaggio e dalle modalità chiare di trasmissione” 83.Per contro, “la informazione che difetta di chiarezza può determinare una confusione e quindi una riduzione delle conoscenze utilizzabili” 84.Parimenti un’informazione sovrabbondante può “tradursi in deficit di conoscenza” 85. Infatti l’eccessiva “rumorosità”rischia di divenire “una dinamica formidabile di opacità” 86.Infatti “il flusso di informazioni ottenibili attraverso i più recenti mezzi di comunicazione assume proporzioni talmente ampie da non consentire di distinguere quelle realmente utili per la tutela dei diritti. Si potrebbe dire che l’accesso alle informazioni, diventando eccesso informativo, richiede una capacità di selezionare le informazioni, per cui non basta conoscere, ma bisogna prima sapere cosa conoscere” 87.

Libertà e informazione

La libertà di informazione assume un duplice significato, in quanto “identifica complessivamente un duplice ordine di situazioni soggettive. In una prima accezione esso esprime un

83 Giuseppe Grisi, Informazione (obblighi di), op.cit., pag. 4.

84 Enza Pellecchia, Scelte contrattuali e informazioni personali, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 9

85 Giuseppe Grisi, Negoziazione telematica, informazione e recesso, in La tutela del navigatore in Internet, (a cura di) Antonio Palazzo e Ugo Ruffolo, Giuffrè, Milano, 2002, pag. 79.

86 Enrico Carloni, Nuove prospettive della trasparenza amministrativa, dall’accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni, Il Mulino, Bologna, n. 2, 2005, pag. 596.

87 Francesco Manganaro e Antonio Romano Tassone, “I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto di informazione”, Giappichelli, Torino, 2005, pag. VII.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

comportamento attivo di espressione (l’atto dell’informare), cui si connette nel vigente ordinamento (art. 21 Cost.) una espressa garanzia costituzionale di libertà (libertà di manifestazione del pensiero). In secondo luogo, con la stessa terminologia, può individuarsi il contenuto di una diversa libertà (talvolta ritenuta un aspetto complementare o consequenziale della prima): la libertà cioè di informarsi e di porre in essere i relativi comportamenti, tesi ad acquisire l’informazione” 88. “Il comportamento acquisitivo di informazioni costituisce il contenuto di una determinata libertà identificabile, oltre che con il termine ‘libertà di informazione’, anche con l’espressione ‘diritto all’informazione’” 89.Anche il termine “conoscenza” indica sia l’atto che tende a procurarsela, sia il risultato” 90.“L’interesse di chi intenda conseguire una conoscenza … può riferirsi non solo a ciò che viene manifestato o espresso, ma anche a quanto risulti documentato … (ipotesi … di semplice realizzazione o documentazione di eventi)” 91.“Informazione e consapevolezza” costituiscono “elementi essenziali della democrazia” . Questi elementi trasformano il popolo da “massa indifferenziata” a “organismo capace di volontà consapevole”92.

88 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pagg. 23-24.

89 Vezio Crisafulli, Problematica della libertà di informazione, Giuffrè, Milano, 1964, pag. 290.

90 Salvatore Pugliatti, voce Conoscenza, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1961, IX, pag. 46.

91 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pag. 33.

92 Aldo Loiodice, Informazione (diritto alla), op. cit., pag. 480.

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Nella dottrina straniera il termine libertà di informazione è utilizzato “nel senso ampio e complessivo di libertà di informare e di essere informato” 93.Secondo le interpretazioni cosiddette ‘funzionaliste’, “la sussistenza di un diritto di informazione è correlata alla funzione di mantenimento del carattere democratico e pluralista dell’ordinamento costituzionale” 94, propria della libertà di informazione. Ne derivano due possibili letture: che la libertà di accesso alle fonti e la libertà di informare vengano ricondotte insieme nell’ambito del diritto di informazione o che la libertà di manifestazione del pensiero sia fatta rientrare nella libertà d’informazione. Nel primo caso si ritiene che il vero contenuto del diritto di informazione non si concreti nell’ottenere la notizia, ma nella possibilità di accedere alla fonte stessa dell’informazione; con l’altro orientamento si persegue il diritto alla corretta informazione, in quanto la libertà di manifestazione del pensiero nell’ambito della libertà di informare fa sì che i limiti posti nei confronti della prima si traducano, per la seconda, in elementi costitutivi dell’attività informativa, con l’obiettivo di garantire la fede pubblica” 95 (vedi capitolo “certezze pubbliche e circolazione delle informazioni”).Con una interessante valutazione del mutamento storico, si sottolinea che “la nozione della libertà di stampa, propria dei secoli XVIII e XIX, si è estesa a quella di libertà di informazione che garantisce, accanto alla diffusione del pensiero, la ricerca delle informazioni e delle opinioni” 96.

93 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pag. 94.

94 Pasquale Costanzo, voce Informazione …, op. cit., pag. 331.

95 Enza Caracciolo La Grotteria, Carenza di informazione e responsabilità, op. cit., pag. 184 - nota 25.

96 Jacques Bourquin, La liberté de la presse, Presses universitaires de France, Paris, 1950, pagg. 117 ss

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Secondo altri autorevoli autori il diritto all’informazione costituisce un “diritto la cui esistenza è necessaria per l’esercizio della libertà di opinione”, in quanto “le opinioni si formano appunto sui fatti” 97. In questo contesto “la libertà di informazione è utile e forse anche necessaria per la formazione del pensiero stesso” 98. Infatti “tra l’azione dell’informare e l’azione dell’informarsi vi è senza dubbio il momento psicologico della formazione del pensiero che si pone come diaframma; però il nesso tra i momenti dell’acquisizione di conoscenza, della formazione del pensiero e della sua espressione non sussiste sempre e necessariamente, sia per la diversità di soggetti cui possono fare capo i tre momenti, sia per l’indipendenza con la quale possono susseguirsi nello stesso soggetto. Piuttosto i tre momenti sono essenziali per la pienezza di estrinsecazione e di sviluppo della personalità umana” 99.Sempre riferendosi alla libertà di pensiero, essa“viene richiamata sistematicamente da una delle tre seguenti situazioni specificamente garantite:

1) libertà di manifestazione del pensiero;2) libertà personale;3) diritto di realizzare la propria personalità”.

“Senza la libertà di pensiero … le predette situazioni sarebbero vanificate e così viceversa”.“La libertà di informazione, invece, si trova in diretto rapporto strumentale … con la libertà di pensiero, mentre in relazione alle altre situazioni soggettive sopra citate il collegamento riveste un carattere di strumentalità indiretta”.

97 Pietro Nuvolone, Cronaca (libertà di) in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1962, XI, pag. 422.

98 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pag. 130.

99 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, ibid., pag. 131 - nota 23.

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Più in generale “le libertà si configurano come una dimensione realizzativa della personalità, sicché la libertà di informazione, se da un lato scaturisce dalla sovranità popolare, dall’altro si ricollega all’esigenza di sviluppo della persona umana garantita nell’art. 2 della Costituzione” 100.Quanto poi al fondamento costituzionale della libertà di informazione, va evidenziato che essa, “pur non potendosi individuare in una specifica norma, si desume dal carattere strumentale dell’informazione stessa, rispetto al sistema e alle libertà espressamente garantite dalla Costituzione” 101.

Diritto e informazione

Il diritto di informazione richiama il patto di legittimazione tra popolo, suoi rappresentanti ed agenti pubblici, tenuti a render conto delle scelte fatte e dei risultati ottenuti, nell’esercizio del weberiano “potere razionale e legale” per essi attribuito e da essi esercitato.“Il diritto all’informazione fa parte della schiera dei nuovi diritti (alla salute, all’ambiente, ecc.) dei quali può costituire l’antecedente logico” 102.Infatti “senza il diritto all’informazione nessuno forse degli altri riesce a funzionare” 103.Il diritto all’informazione attiene in particolare alla libertà (passiva) di informazione, ossia al diritto di ogni cittadino per

100 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, ibid., pag. 134.

101 Aldo Loiodice, Informazione (diritto alla), op. cit., 1971, XXXI, pag. 481.

102 Gregorio Arena, Nuovi diritti e nuovi poteri, in La necessaria discontinuità, Il Mulino, Bologna, 1990, pagg. 155 ss.

103 Stefano Rodotà, Intervista, in Atti del Convegno, La casa di vetro, Trento, 1988.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

essere informato, il diritto ad una informazione ampia, completa e pluralista.Questo diritto sarebbe da un lato “l’antico diritto di parlare, che si è trasformato in questo nuovo modo di conoscere, ma non si tratta di altro che di due facce di una stessa medaglia” 104.D’altro canto “il diritto di informazione si presenta oggi come un diritto tipico della società tecnologica … sotto il duplice aspetto del diritto di informare e del diritto di essere informati” 105.Il suddetto diritto, se da un lato si inserisce nell’alveo delle libertà individuali (di ascendenza liberale), dall’altro poggia sul primario interesse collettivo all’informazione.Per effetto del diritto all’informazione, la Pubblica Amministrazione risulta debitrice di una certa prestazione, senza possibilità di ricorrere a “quei costrutti, come la discrezionalità e il merito amministrativo, che spesso trasformano un obbligo (della PA) nel suo contrario (un potere)” 106.E’ però necessario operare una distinzione tra il “diritto all’informazione”, volto a soddisfare un interesse di carattere generale, finalizzato a propiziare la partecipazione attiva ed informata al governo delle risorse pubbliche, e il “diritto alla conoscibilità”, teso a rispondere ad un’esigenza di ciascun individuo di conoscere anzitempo procedimenti lesivi della propria sfera giuridica.Il diritto alla conoscenza e il connesso diritto alla comprensione appaiono funzionali alla libertà di manifestazione del pensiero.

104 Lyman Bryson, La liberté de l’information, Collection ‘Droit de l’homme’, n. 6, Unesco, Liège, Sciences et Lettres; Paris, Librairie du Recueil Sirey, 1950.

105 Vittorio Frosini, I diritti umani nella società tecnologica, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, Giuffrè, Milano, 1981, pagg. 1162-1163.

106 Carlo Marzuoli, La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, in La trasparenza amministrativa, (a cura di) Francesco Merloni, op. cit., pag. 66.

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Proprio a maggiore garanzia della libertà di manifestazione del pensiero, a metà degli anni ’80 la Commissione per le riforme istituzionali 107 aveva tra l’altro proposto l’introduzione nella Costituzione di un art. 21 bis specifico sul diritto di informazione (inerente in particolare il diritto a cercare, trasmettere, ricevere informazioni) e di accesso, “anche in funzione dell’esercizio dei diritti politici ed elettorali” 108.Comunque, posto che “occorre che l’informazione sia un oggetto di diritto (e quindi anche di dovere) e che questo diritto appartenga a quelli il cui pensiero è in gioco … il diritto all’informazione è il prolungamento naturale del diritto all’educazione” 109.D’altra parte il “diritto di esprimere la propria opinione rientra nell’esercizio della democrazia” e “ogni libera opinione che si esprime è un appello alle altre libertà. L’espressione è appunto quell’appello diretto alla libertà altrui più che l’esteriorizzazione di un’intima convinzione. Se io esprimo il mio pensiero, ciò è senza dubbio in parte per conoscere di più e per dimostrare quel che penso, ma soprattutto per raggiungere l’altrui pensiero. Ma la mia libertà non può … sforzarsi di evocare la libertà altrui senza trattarla come libertà, cioè senza rispettarla” 110.Il diritto di informazione comporta poi di per se’ il diritto di comprensione a favore del suo titolare. Infatti “viene da chiedersi quale valenza informativa possa mai riconoscersi ad un messaggio poco chiaro e/o incomprensibile”.Quindi “l’informazione non può che essere trasparente, ovvero che, essendo la trasparenza coessenziale alla dimensione 107 Commissione presieduta dall’on. Aldo Bozzi (PLI).

108 Par. 3.1 relazione.

109 René Maheu, Diritto all’informazione e diritto a esprimere la propria opinione, in Dei diritti dell’uomo, Unesco, Parigi, 1947, pagg. 310-311.

110 René Maheu, ibid. pagg. 313-314.

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informativa, parlare di informazione non trasparente è un ossimoro” 111.Il diritto alla comprensione costituisce “l’altra faccia della libertà di manifestazione del pensiero: pur operando in sfere diverse, entrambi mirano a raggiungere lo stesso risultato, cioè la formazione di un’opinione razionalmente giustificata”.Pertanto diritto alla comprensione e libertà di manifestazione del pensiero operano … insieme, per ridurre a dimensioni accettabili la complessità che ci circonda” 112.Inoltre, affinché il diritto all’informazione “possa sviluppare pienamente le proprie potenzialità … è necessario che esso investa non (soltanto) le informazioni per così dire ‘fredde’ contenute nei provvedimenti amministrativi, ma quelle, veramente incandescenti, su cui si basano le decisioni: queste, infatti, sono le informazioni legate al potere” 113, quelle che, nella logica del potere stesso, è lecito acquisire “solo in quanto si sia coinvolti nel suo esercizio, nel suo sistema di relazioni, ci si assoggetti alle mediazioni e alle corresponsabilità che l’uso, in sé altamente ‘pericoloso’, dell’informazione stesso comporta” 114.

Dovere di informazione

Speculare al diritto di informazione, si configura il dovere di informazione, non solo entro il rapporto coinvolgente le pubbliche amministrazioni, ma anche nell’ambito delle società

111 Giuseppe Grisi, Informazione, (obblighi di), op. cit., pag. 17.

112 Gregorio Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, in La trasparenza amministrativa, (a cura di) Francesco Merloni, op. cit., pag.34.

113 Gregorio Arena, Nuovi diritti e nuovi poteri, in La necessaria discontinuità, op. cit., pag. 163.

114 Andrea Orsi Battaglini, L’astratta e infeconda idea, in La necessaria discontinuità, Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 69.

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commerciali. Infatti i “soggetti informatori” hanno l’obbligo di “trasmettere e comunicare le informazioni” 115.Quanto alla pubblica amministrazione (alle pubbliche amministrazioni), da tempo ne viene sottolineato il dovere “ad assicurare un vero e proprio servizio di interesse pubblico, connesso all’informazione, alla stregua degli altri servizi di ormai consolidata pertinenza” pubblica (salute pubblica, istruzione, sicurezza interna e internazionale, ecc.).La rivendicazione del “carattere pubblico del servizio” deriva dalla convinzione che esso sia “diretto alla protezione e alla soddisfazione di una libertà democratica” 116. Inoltre “l’informazione non è solo oggetto di obblighi”, ma anche di oneri.In entrambi i casi, però, “l’informazione fa perno sulla comunicazione da un soggetto che sa ad uno verosimilmente (ma non necessariamente) ignaro”.“Siamo in presenza di un obbligo ove la trasmissione sia imposta per soddisfare un interesse dell’avente diritto, destinatario dell’informazione e beneficiario della tutela apprestata in caso di inadempimento; di onere occorre invece parlare ove l’interesse che la trasmissione realizza pertenga allo stesso datore dell’informazione, sul quale gravano le conseguenze legate all’inosservanza”. Va poi considerato che “una cosa è l’onere di informare, altro è l’onere di informarsi. Quest’ultimo, più propriamente, rimanda all’auto-informazione … anch’esso da accordare all’attività di acquisizione di conoscenze; tale acquisizione, tuttavia, anziché costituire effetto di un comportamento cui altri è tenuto (come accade ove l’informazione sia oggetto di un obbligo o di un

115 Marcello Foschini, Diritto dell’azionista all’informazione, Giuffré, Milano, 1959, pag. 477.

116 Lando Tinelli, Lo Stato e l’informazione,op. cit., pagg. 40.

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onere) è il portato dell’agire dello stesso soggetto che approda alla conoscenza …”.“Dunque, il termine ‘informazione’ è impiegato per far riferimento ai casi in cui la conoscenza è ‘ricevuta’ (giacché altri ha l’obbligo o l’onere di trasmetterla), mentre l’auto-informazione rinvia alla conoscenza con propri mezzi o fortuitamente acquisita” 117. Ma un “dovere di informazione”, nella forma di ‘prestazioni notiziali’, incombe anche sui cittadini nei confronti della pubblica amministrazione.Si tratta di una collaborazione volta al soddisfacimento del cosiddetto ‘fine amministrativo’, realizzata attraverso la comunicazione di “elementi di giustizia” ed “elementi di verità” 118. La collaborazione tra amministrazione e cittadino è improntata al “principio di buona fede”, che comprende sia la cosiddetta “veritas dictis”, che la “veritas facti”, ossia “la conformità delle dichiarazioni giuridicamente rilevanti alle conoscenze del soggetto: la verità insita nella buona fede, in altri termini, non è tanto conformità alla vera situazione di fatto, quanto ‘conformità del comportamento del soggetto’ di fronte agli altri, alle sue conoscenze effettive della realtà”, quindi veridicità più che verità oggettiva”.“Il che sta a significare che è in malafede anche colui che semplicemente tace, ossia omette di riferire alcunché di potenzialmente rilevante, ergo anche il cittadino che viene meno ai suoi doveri di informazione nei confronti della pubblica amministrazione” 119.

117 Giuseppe Grisi, Informazione (obblighi di), op. cit., pag. 4.

118 Umberto Allegretti, L’imparzialità amministrativa, Cedam, Padova, 1965, pag. 263.

119 Umberto Allegretti, L’imparzialità amministrativa, ibid, pag. 274-275.

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Sempre in materia di doveri del cittadino, va anche ricordato che egli “partecipa non solo come vera e propria parte, cioè soggetto autonomo, … bensì anche come soggetto solidale della comunità, tanto da potersi definire «parte solidale»” 120. Infatti, oltre alla titolarità di diritti, al cittadino fa capo la titolarità di doveri, previsti dalla Costituzione, tra cui i “doveri inderogabili di solidarietà sociale previsti dall’art. 2”, relativi “ai doveri dell’uomo in quanto tale e non ai doveri più specifici del cittadino” 121.Per altri autori si tratta di veri e propri “doveri di collaborazione civica” 122, costituenti la “trascrizione di antichi principi di solidarietà … aventi immediato riferimento nella collettività locale 123 e correlati ad un diritto di prestazione” 124.

120 Umberto Allegretti, ibid., pagg. 266 e 270.

121 Augusto Cerri, Doveri pubblici, in Encicl. Giur. XII, Ist. Enciclopedia Italiana, Roma, 1989, 1-2.

122 Giorgio M. Lombardi, Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Giuffrè, Milano, 1967, pagg. 85 e seg.

123 Massimo Severo Giannini, Diritto amministrativo, III ed., Giuffrè, Milano, 1993, I, pag. 178.

124 Costantino Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova, 1969, II, pag. 1032.

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2) L’ACCESSO

Istituzioni europee e accesso

“La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali”, nonché a “consentire una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale”, garantendo nel contempo “una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione”.Sulla base di queste considerazioni, il Parlamento, il Consiglio europeo e la Commissione UE assicurano l’accesso “non solo ai documenti” elaborati dalle istituzioni europee, “ma anche ai documenti da esse ricevuti” e detenuti (art. 1).Pertanto “qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni”, ossia ai “documenti formati o ricevuti” dalle stesse o comunque in loro possesso (art. 2)125.Il piano di azione di “e-government” (rientrante nel piano di azione eEurope 2005) 126 punta all’”integrazione dei back-office 125 Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2001 - “accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione”.

126 Approvato dal Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002. La Decisione 2004/387/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 punta a sua volta alla “erogazione interoperabile di servizi paneuropei di governo elettronico alle amministrazioni pubbliche, alle imprese e a cittadini (IDABC)”A fine 2004 la Commissione Europea vara inoltre l’”European Interoperability Framework for pan-european e-Government service (EIF)”,sottolineando l’esigenza di “regole di ordine organizzativo, tecnico e semantico, di livello europeo, idonee a creare le condizioni per implementare i servizi di e-government trans-europeo” - Maria Paola Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico: profili giuridici dell’accesso interamministrativo telematico -

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delle amministrazioni, finalizzata all’integrazione delle prestazioni”, affinché “il composito universo amministrativo possa presentarsi nei rapporti con il cittadino e interagire con esso come un sistema unitario, cui ci si può rivolgere da punti di accesso unici, senza la necessità di conoscere e tener conto delle interne articolazioni di (rispettiva) competenza”.Una visione integrata del sistema amministrativo pubblico, volta a garantire la “più ampia circolazione di dati all’interno delle pubbliche amministrazioni, che … da bacini chiusi, devono trasformarsi sempre più … in vasi comunicanti” 127.

L’accesso tra mancate occasioni e sabotaggi

“L’ingresso nel nostro ordinamento del diritto di accesso ai documenti amministrativi si suole far risalire alla legge urbanistica del 1967 (n. 765) 128, secondo la quale chiunque (poteva) prendere visione, presso gli uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto” 129.Oltre quindici anni dopo, nel 1983 la legge dello Stato relativa all’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali nucleari130, obbliga l’Enel a tenere nei Comuni sedi di centrali “udienze pubbliche di informazione”, nonché

tra testo unico sulla documentazione amministrativa e codice dell’amministrazione digitale, in Diritto Pubblico, Il Mulino, Bologna, n. 2, 2005, pag. 526 - nota 1.

127 Marcello Clarich, Trasparenza e protezione dei dati personali nell’azione amministrativa, in Il Foro Amministrativo-TAR, Giuffrè, Milano, 2004, vol. 3-4, pag. 3889.

128 Legge n. 765 del 6 agosto 1967 - modifica della legge urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942 (legge-ponte).

129 Gaetano D’Auria, Trasparenze e segreti nell’amministrazione italiana, in Politica del diritto, n. 1, 1990, Il Mulino, Bologna, pag. 103.

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pubblicare “tutti gli atti istruttori attinenti la sicurezza e la protezione ambientale”.Altri riferimenti all’accesso sono rinvenibili nella legge del 1985 relativa allo status degli amministratori locali 131, che introduce il diritto di “tutti i cittadini” di prendere visione (ma non di ottenere copia) di “tutti i provvedimenti adottati” dagli enti locali e dalle USL. Le relative modalità di esercizio sono demandate ai regolamenti.Nei fatti, al di là della formale proclamazione del diritto, prevale un atteggiamento di chiusura; il nuovo diritto viene per lo più considerato “un elemento anomalo, di disturbo, per il funzionamento degli uffici” 132.Nei fatti prevalgono “gelosia dei propri atti, riservatezza ad oltranza, antagonismo esasperato, con un unico obiettivo: allontanare i curiosi”. Siamo infatti di fronte ad amministrazioni che considerano il cittadino un vero e proprio “antagonista o un curioso estraneo, invece di vederlo come un padrone di casa che vuol conoscere con esattezza il comportamento di coloro che amministrano in suo nome e conto” 133, spendendo per giunta i suoi soldi, a lui prelevati per lo più coattivamente.

130 Legge statale n. 8 del 10 gennaio 1983, classico esempio di titolo mascherato, in quanto denominata pudicamente “Norme per l’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi”.

131 Legge statale n. 816 del 27 dicembre 1985.

132 Giorgio Pastori, I diritti di informazione di cui alla legge n. 816/85 e la loro attuazione, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Giuffré, Milano, 1988, pag. 591.

133 Antonio Carullo, La trasparenza nelle amministrazioni locali, in Quaderni Istituzionali, n. 5, 1988, Arel, Roma, pag. 11.

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Una distanza siderale, prima che geografica, anzitutto mentale, se si considera che la prima norma svedese sulla pubblicità degli atti risale al 1809134.Nel 1986, nel contesto della legge istitutiva del Ministero dell’ambiente, viene sancito che “qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente e può ottenere copia …” 135.L’anno successivo la Commissione Nigro136, incaricata di preparare il testo del progetto di legge sul procedimento amministrativo, propone il superamento del ‘segreto d’ufficio’ e la sostituzione delle norme fino ad allora vigenti 137, con il riconoscimento del diritto di accesso a “chiunque”, senza limitazioni soggettive, “prescindendo da ogni connessine o coinvolgimento specifico con attività amministrative compiute o in corso”, ponendosi in tal modo l’obiettivo della “libera

134 Norma introdotta con la Costituzione del 7 giugno 1809 che provvedeva anche ad istituire il cosiddetto Ombudsman, ossia mediatore, per tutelare i cittadini da eventuali abusi del sovrano.

135 Legge n. 349 dell’8 luglio 1986 - art. 14, 3° c.

136 Dal nome del suo presidente, il prof. Mario Nigro. La Commissione, costituita nel 1983, aveva concluso nel 1987 i suoi lavori presentando alla Presidente del Consiglio dei Ministri due proposte, una riguardante la semplificazione amministrativa e l’altra sull’accesso ai documenti. Le due proposte, unificate in un unico documento, vengono presentate al Parlamento il 7 settembre 1984.Il 24 settembre 1986 il Governo chiede il parere del Consiglio di Stato, a seguito del quale presenta il disegno di legge al Parlamento. La conclusione anticipata della (IX) legislatura ne impedisce la discussione. Con l’avvio della X legislatura il disegno di legge viene ripresentato nello stesso testo e riesce a concludere l’iter legislativo in pochissimo tempo prima alla Camera e poi al Senato, attraverso l’esame deliberante nelle rispettive Commissioni Affari costituzionali.

137 DPR n. 3 del 10 gennaio 1957 - statuto impiegati civili dello Stato - art. 15 - segreto di ufficio.

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circolazione delle informazioni, la trasparenza e lo svolgimento imparziale dell’attività amministrativa” 138.La proposta si pone in linea con la normativa comunitaria139, secondo la quale “l’accesso all’informazione non deve essere rifiutato per il fatto che il richiedente non ha particolari interessi in materia”.“In questa prospettiva, qualunque soggetto, indipendentemente dai motivi che lo spingevano” a farne richiesta, “aveva il diritto di accedere ai documenti richiesti, salvo che questi contenessero informazioni riguardanti interessi pubblici o privati da tutelare mediante il segreto”.Riprendendo normative presenti in altri Paesi (Svezia, Francia, Usa),“si prospettava così il diritto civico alla conoscenza delle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni”, attribuendo all’accesso il fine generale di “assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa” 140, sorretto da concreti strumenti per l’esercizio di tale diritto.A ciò va ricordato (come peraltro già accennato) che sempre a metà degli anni ’80 la Commissione (Bozzi) per le riforme istituzionali aveva proposto la costituzionalizzazione del diritti di informazione e di accesso, con la introduzione nella Carta di un art. 21-bis, a garanzia della libertà di manifestazione del pensiero (e in funzione dell’esercizio dei diritti politici ed elettorali).Purtroppo le successive scelte del legislatore italiano vanno in tutt’altra direzione. Il ruolo dell’accesso per garantire la trasparenza viene sabotato. L’accesso, ipotizzato

138 Giorgio Pastori, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Amministrare, 1986, n. 1, Ist. Scienza Amm. Pubblica, Il Mulino, Bologna, pag. 149.

139 Raccomandazione n. R C.E.E. (81) 19 - punto 3.

140 Gregorio Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, op. cit., pag. 31.

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originariamente come nuovo diritto non soltanto per essere informati nel proprio interesse, ma con la finalità generale di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa, risulta infine rivolto esclusivamente alla tutela di privati, con effetti gravemente limitativi quale efficace strumento di garanzia del buon andamento dell’amministrazione.Non manca chi argomenta che la pubblica amministrazione italiana sarebbe in fin dei conti ‘prigioniera della propria storia’, in primo luogo in quanto essa “si è formata nel contesto dello Stato autocratico, cioè di quello Stato in cui il Governo del potere pubblico è esercitato in segreto e, come, tale, è stata ereditata dallo Stato di diritto”.“La seconda ragione” di tanta ‘ostinazione al segreto’ sarebbe da ascrivere al fatto che “il processo di democratizzazione dello Stato … si è indirizzato prevalentemente verso il potere legislativo. Diversamente la P.A. … è rimasta aliena dagli attributi della democrazia” 141.“Non c’è quindi da meravigliarsi se”, almeno sino a qualche tempo fa, si riscontravano “puntualmente norme sulla pubblicità delle sedute parlamentari o degli atti normativi e, non con la stessa frequenza, norme sulla pubblicità dell’attività amministrativa” 142.Tornando alla ‘bozza Nigro’, il seme delle innovazioni da essa proposte non va fortunatamente disperso e dà importanti frutti diversi anni dopo, allorquando, per es., nello Statuto della Regione Toscana143 viene sancito che “tutti hanno diritto di

141 Marco Mazzamuto, Sul diritto di accesso nella L. 241 del 1990, in Il Foro Amministrativo, 1992, Giuffrè, Milano, pagg.1571-1572 (vedi anche in nota 2 - Sabino Cassese, Burocrazia, democrazia e partecipazione, in JUS, Università Cattolica Sacro Cuore , Milano, 1985, pagg. 81-seg.).

142 Marco Mazzamuto, ibid., pag. 1572.

143 Approvato dal Consiglio regionale con prima deliberazione in data 6 maggio 2004 e con seconda deliberazione in data 19 luglio 2004, pubblicato sul BURT n.

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accedere senza obbligo di motivazione ai documenti amministrativi”.In proposito risulta significativa la sentenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi su ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo l’Alta Corte144, infatti, il riconoscimento generalizzato di tale diritto “si conforma al principio costituzionale di imparzialità e trasparenza”.Altro importante frutto risulta prodotto tra il 2008 e il 2009 a livello di Regione Puglia.Dapprima con legge regionale e poi con il relativo regolamento attuativo145 viene sancito il diritto di accesso ad “atti, documenti e informazioni”, ancorché con richiesta di motivazione dell’istanza, ma indipendentemente da un interesse diretto.

L’accesso nella 241/90 146

L’accesso configurato dalla 241/90 (dopo la ‘bocciatura’ della proposta ‘Nigro’) riguarda l’ammissione alla conoscenza di documenti non pubblici, che diventano accessibili.

12 dell’11 febbraio 2005, parte prima. Gli articoli 6 e 35 sono stati modificati con legge statutaria regionale n. 1 del 8 gennaio 2010, in vigore dal 13 gennaio 2010. Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso sono disciplinati dall’art. 54.

144 Sentenza n. 372 del 2 dicembre 2004.

145 Legge regionale n. 15 del 20 giugno 2008 (“Principi e linee-guida in materia di trasparenza dell’attività amministrativa”) e regolamento regionale attuativo n. 20 del 29 settembre 2009.

146 La legge 241/90 viene approvata “quasi alla chetichella” il 31 luglio 1990, “tra la disattenzione di una opinione pubblica distratta dalle ferie e la sorpresa degli studiosi”, per giunta “alla presenza di un numero di senatori inversamente proporzionale alla sua importanza, come sottolineato dal Presidente della Commissione (Affari costituzionali, Leopoldo) Elia”, Guido Sirianni, L’esame parlamentare della riforma del procedimento amministrativo, in Il Foro Amministrativo, 1993, Giuffrè, Milano, pag. 867.

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L’accesso, intervenendo in assenza (o carenza) di pubblicità, costituisce un requisito preliminare per la partecipazione al procedimento e la conoscenza degli elementi fondanti della decisione.Ciò non costituisce il rovesciamento della segretezza, ma “solo l’apertura di una breccia”; non si connota come pubblicità, ma costituisce la “proiezione del diritto di difesa individuale” e lo “strumento per realizzare la conoscenza di atti non soggetti a pubblicità” 147.La pubblicità comporta un ruolo attivo dell’amministrazione pubblica, mentre il beneficiario (almeno inizialmente) si trova in una posizione passiva.L’accesso si connota come alternativo alla pubblicità, in quanto destinato selettivamente solo ad alcuni; la pubblicità, invece, implica la rilevanza di ognuno, senza eccezioni.L’accesso, invece, costituisce (nella versione originaria del 1990 dell’art. 22) un diritto sì di “chiunque”, ma “suscettibile di affievolimento”, in quanto esigibile solo in funzione della tutela dei propri interessi, e comunque (come si vedrà successivamente), a tutela di una situazione giuridica di rango almeno pari al diritto del contro-interessato.Con le modifiche introdotte nel 2005 l’originario “chiunque” (titolato all’accesso) viene sostituito dai “soggetti interessati”, tra i quali vengono inclusi sia i soggetti privati, che i “portatori di interessi pubblici e diffusi” (comma 1 - lett. b).Viene anche precisato che “l’interesse diretto, concreto e attuale” dev’essere “corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.Il diritto di accesso viene poi equiparato ai “diritti sociali e civili i cui livelli vanno garantiti” (comma 2).

147 Carlo Marzuoli, La trasparenza come strumento di pubblicità, in La trasparenza amministrativa, op. cit., pagg. 51-53.

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Ma a bilanciare le timide aperture cala la ghigliottina della modifica all’art. 24 (comma 3), che sancisce, a scanso di illusioni, la inammissibilità “del controllo generico” (diffuso) sull’attività amministrativa”.Una distanza siderale dagli altri Paesi dell’Unione Europea, ove il diritto di accesso risulta connotato come “diritto di controllo democratico sull’amministrazione” spettante ad ognuno “in virtù dello ‘status civitatis’” 148.Per esempio l’ordinamento francese149 sancisce il diritto di ogni “persona”, anche a prescindere dalla sua nazionalità, all’accesso (ai documenti amministrativo di carattere non nominativo).Analizzando le modifiche introdotte alla 241/90 dalla legge 15/2005, si osserva che in particolare la modifica all’art. 22 costituisce sostanzialmente una “controriforma”, a conferma che “l’Italia è passata, nel giro di un quindicennio, da posizioni di prudente avanzamento, a posizioni di preoccupante ritardo” 150.Ulteriore restrizione all’accesso (non superata nemmeno con le modifiche successive, di cui si dirà poc’anzi), è introdotta dalle modifiche introdotte alla 241 con la normativa del 2005, secondo la quale “non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo” 151. La formulazione originaria dell’art. 22 si limitava a specificare la nozione di

148 Roberto Caranta, Laura Ferraris, Simona Rodriguez, La partecipazione al procedimento amministrativo, Giuffré, 2005, pag. 225.

149 Leggi 78-753 del 17 luglio 1978 e 79-587 dell’11 luglio 1979.

150 Aldo Sandulli, La casa dei vetri oscurati”, in Giornale di diritto amministrativo, n. 6, 2007, pag. 669, Ipsoa, Milano.Storicamente la metafora della ‘casa di vetro’ risulta utilizzata per la rima volta da Filippo Turati nel corso di un intervento pronunciato il 17 giugno 1908 alla Camera dei Deputati in occasione della discussione sulla legge n. 290 del 25 giugno 1908 sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato (Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, sess. 1904-1908, pag. 22962).

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documento amministrativo quale “rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie di contenuto di atti …”.Pare utile rammentare, almeno per memoria, che una parte autorevole, ancorché minoritaria, della dottrina aveva inutilmente proposto di ricomprendere nella nozione di documento amministrativo non solo la “rappresentazione del contenuto di atti, sia giuridici (nella tradizionale definizione di manifestazioni di volontà, di giudizio, di conoscenza e di desiderio), ma anche i fatti conosciuti, cioè le notizie e le informazioni”, comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa 152.Altra questione aperta rimane quella della “informazione sulle informazioni”, utile a “rendere effettivo il diritto di accesso, ovvio essendo che la richiesta di consultare un atto o acquisire un’informazione presuppone che si abbia notizia della loro esistenza” 153.

La (parziale) correzione di rotta

Il “vade retro Satana!” caparbiamente ribadito nel 2005 contro ogni eventuale velleità di “controllo generalizzato” teso per esorcizzare ogni ipotesi di “controllo diffuso” viene superato (anche se soltanto in materia di personale) qualche anno dopo con l’ulteriore modifica introdotta dalla legge 15/2009.Con questa “rivoluzione” si introduce infatti apertamente il tanto vituperato “controllo diffuso”, sorretto dalla “accessibilità

151 Legge n. 15 dell’11 febbraio 2005 - art. 15, comma 4, con nuova formulazione dell’art. 22 della legge n. 241/90 (comma 4).

152 Girolamo Sciullo, Sintonie e dissonanze fra la legge 8 giugno 1990 n. 142 e 7 agosto 1990 n. 241, Riflessi sull’autonomia locale, in Foro Amm., n. 1, 199O, Giuffrè, Milano, pag. 2205.

153 Girolamo Sciullo, ibid., pag. 2222.

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totale” (art. 4 comma 7) in materia di personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, segnatamente per:

- organizzazione amministrazione;- indicatori gestionali e istituzionali;- risultati attività di misurazione;- valutazione svolta da organi competenti.

A buon peso si aggiunge (in verità si ripete) che trasparenza e accesso costituiscono “livelli essenziali delle prestazioni” (art. 4 comma 6).La “trasparenza amministrativa” connessa all’accesso ritorna ripetutamente nell’ambito delle norme attuative154 della legge n. 15/2009.In tale contesto si parla appunto di “trasparenza nei risultati” 155, di “trasparenza delle informazioni concernenti misurazioni e valutazioni delle performances” 156, addirittura di “trasparenza intesa come accessibilità totale … delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori … dei risultati … allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità”. La trasparenza viene anche configurata come ”livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche …” 157.Non basta: “ogni amministrazione … adotta un programma triennale per la trasparenza” 158 e, in via generale, “le amministrazioni pubbliche garantiscono la massima

154 Decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009, recante norme per la “ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.

155 Art. 2 comma 1 (decr. legisl. n. 150/2009).

156 Art. 2 comma 3 (decr. legisl. n. 150/2009).

157 Art. 11 comma 1 (decr. legisl. n. 150/2009).

158 Art. 11 comma 2 (decr. legisl. n. 150/2009).

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trasparenza” 159, così come devono attivarsi per “rendere effettivi i principi di trasparenza” 160, organizzando anche delle specifiche “giornate della trasparenza” 161.Non manca infine un’apposita “commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche …” 162.

Diritto di accesso e autonomie locali

Già in apertura l’art. 7 della legge 142/90163 enuncia la propria caratterizzazione aperta, titolando “azione popolare, diritto di accesso e di informazione dei cittadini”.Il comma 3 chiarisce in via preliminare e senza equivoci che “tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici” (con l’eccezione di quelli “riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una … dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia” a carattere temporaneo e comunque sorretta da idonea motivazione).Nel testo risulta poi costante il riferimento ai “cittadini, singoli o associati”, titolari del diritto di accesso non solo agli atti, ma anche “alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione”.La formulazione viene mantenuta anche con la successiva riforma e l’adozione del Testo Unico degli Enti locali164, il cui art. 10 garantisce “il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione”, estendendo

159 Art. 11 comma 3 (decr. legisl. n. 150/2009).

160 Art. 11 comma 5 (decr. legisl. n. 150/2009).

161 Art. 11 comma 6 (decr. legisl. n. 150/2009).

162 Art. 13 comma 1 (decr. legisl. n. 150/2009).

163 Legge n. 142 dell’8 giugno 1990 - “ordinamento delle autonomie locali”.

164 Decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000.

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così l’accesso “anche alle informazioni che non abbiano la forma di documento” 165.“La norma in oggetto, nell’individuare la sussistenza del diritto all’informazione, distingue la predetta situazione giuridica dalla relativa libertà, di fondamento costituzionale 166, e ne afferma la piena tutela attraverso il riconoscimento, in capo ai cittadini, di una pretesa giuridica da far valere nei confronti dell’amministrazione. Ne deriva l’obbligo … di fornire ai privati le informazioni richieste, fatta eccezione per quelle che risultino vietate dallo Statuto dell’Ente …” 167.

L’accesso interamministrativo telematico

L’accesso interamministrativo telematico costituisce uno “strumento organizzativo generale di circolazione dei dati e dei documenti” 168 nel sistema amministrativo, volto a superare la ‘concezione proprietaria’ dei documenti e delle informazioni.Premesso che le pubbliche amministrazioni (così come i gestori di servizi pubblici) non possono richiedere all’interessato atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse siano tenute a certificare, queste sono tenute ad acquisire 165 Sergio Fiorenzano, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi dopo la legge 11 febbraio 2005 n. 15: nuove regole sostanziali e giustiziali, in La trasparenza amministrativa, (a cura di) Francesco Merloni, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 467.

166 Alberto Zucchetti, Diritto di accesso e informazione, commento all’art. 10, d. lgs 18 agosto 2000 n. 267, in Testo unico degli enti locali, vol. I, (a cura di) Vittorio Italia e Antonio Romano, Giuffrè, Milano, 2000, pag. 183.

167 Enza Caracciolo La Grotteria, Carenza di informazione e responsabilità - Il diritto di accesso e l’informazione, op. cit., pag. 187.

168 Maria Paola Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico …, op. cit., pag. 532.

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d’ufficio le relative informazioni ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato169.A tal proposito viene prevista l’acquisizione d’ufficio delle informazioni, anche per fax e via telematica, da parte dell’amministrazione procedente presso l’archivio informatico dell’amministrazione che la detiene.L’accesso interamministrativo telematico è configurato come “possibilità di utilizzo che permette direttamente al soggetto di esprimere le esigenze e di fruire dei dati. Va dalla sola visualizzazione alla possibilità di formulare interrogazioni o ricerche, all’utilizzo (elaborazione, trasferimento), fino all’aggiornamento (inserimento, modifica e/o cancellazione)” 170.In questo caso “la circolazione del dato o del documento si realizza senza che ne avvenga la trasmissione da parte dell’amministrazione che ne ha il possesso, ma tramite, appunto, consultazione telematica dell’archivio informatico ed acquisizione diretta del dato o documento selezionato da parte dell’amministrazione interessata”.Pertanto l’oggetto dell’accesso è rappresentato “da documenti informatici, raccolti in archivi (banche dati, base di dati, registri, elenchi, ecc.) informatici” 171.Pare utile precisare che per “documento informatico” s’intende “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” 172.

169 Testo Unico sulla documentazione amministrativa - DPR n. 445 del 28 dicembre 2000 - art. 43 (accertamenti d’ufficio), sostanzialmente riproduttiva dell’art. 18 (autocertificazione) della legge 241/90.

170 AIPA (poi CNIPA, quindi DigitPA), Glossario, in I Quaderni, n. 8/2002, suppl. al n. 2/2002 di Informazioni, dedicato a I dati pubblici; linee-guida per l’accesso, la commercializzazione e la diffusione, pag. 27.

171 Maria Paola Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico …, op. cit., pag. 538.

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Definizione che si differenzia da quella di “documento amministrativo”, inteso come “rappresentazione del contenuto di atti” 173.Più in dettaglio il documento informatico può essere distinto in “documento-atto, documento-fatto, documento-dato, a seconda dell’oggetto della rappresentazione con esso espressa. Questo perché nella realtà della documentazione informatica i singoli dati sono scorporabili dal documento o altro contenitore informatico di cui siano parte (documento, banca dati, base di dati, ecc.)” e “ogni dato costituisce una fonte autonoma di rappresentazione, cioè un documento. Dal punto di vista dell’informatica il dato è infatti definibile come “rappresentazione di un fenomeno della realtà di interesse in un formato codificato, in modo tale da essere memorizzabile ed elaborabile mediante sistemi informatici” 174.Nel documento cartaceo, invece, “i singoli dati rimangono, di regola, ‘inautonomi’, non per una diversità ontologica rispetto a quelli contenuti nel documento informatico, ma perché privi della potenzialità d’uso autonomo proprie dei dati racchiusi in quest’ultimo. E solo, insomma, con l’informatizzazione che nell’attività di gestione documentale emergono in modo diffuso, accanto ai documenti, i dati” 175.Qualora poi l’accesso attenga a dati personali, si applicano le norme a tutela della privacy, in conformità ai principi di finalità, pertinenza, non eccedenza e, per quanto concerne i dati 172 Testo unico sulla documentazione amministrativa - DPR n. 445 del 28 dicembre 2000 - art. 1 c. 1, lett. b).

173 Legge n. 241 del 7 agosto 1990 - art. 22, c. 1, lett. d) e Testo Unico documentazione amministrativa - DPR n. 445 del 28 dicembre 2000 - art. 1 c. 1, lett. a).

174 AIPA (poi CNIPA, quindi Digit.PA), Glossario, cit., pag. 27.

175 Maria Paola Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico …, op. cit., pag. 539.

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sensibili, di essenzialità. In ogni caso la consultazione di tali dati va “operata per finalità di rilevante interesse pubblico” 176.A ciò va inoltre aggiunto che vi è “un’intrinseca connessione tra il profilo della tutela della riservatezza e quello di tutela della sicurezza e integrità del sistema” 177.

Deroghe e limiti al diritto alla conoscenza

a) il segreto

Il ‘diritto alla conoscenza’ viene derogato e trova la sua eccezione nelle “informazioni (rese) invisibili”, non solo al fine di “garantire la sopravvivenza dello Stato”178, “ma anche “per difendere spazi di autonomia nei rapporti sociali o per consentire lo svolgersi di determinate funzioni amministrative o professionali” 179.Nel caso in cui le pubbliche amministrazioni gestiscano dati non propri, ma di terzi, questi hanno diritto di ricorrere al segreto per poter tutelare i propri interesse personali.Il segreto è ‘bifronte’: “ ‘soggetti attivi’ e ‘soggetti passivi’ del segreto si presuppongono a vicenda, nella correlazione e - il più delle volte - nella compresenza” 180.

176 Testo unico sulla documentazione amministrativa - DPR n. 445 del 28 dicembre 2000 - art. 43 (accertamenti d’ufficio) - c. 2.

177 Maria Paola Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico …, op. cit., pag. 551.

178 Daniele Donati, Il principio di trasparenza in Costituzione, in La trasparenza amministrativa, (a cura di) Francesco Merloni, op. cit., pagg. 86-87.

179 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, profili teorici, Cedam, Padova, 1984, pag. X.

180 Riccardo Orestano, Sulla problematica del segreto, in Il Segreto nella realtà giuridica italiana, Padova, 1983 - pag. 108.

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Pertanto il segreto si appalesa come “uno strumento: come tale, il suo uso può essere positivo o negativo a seconda della valutazione degli interessi che esso contribuisce a proteggere” 181.“Il medesimo segreto può essere strumento di difesa della libertà di un soggetto ma, anche, strumento di questo stesso soggetto per limitare una libertà altrui, cioè per esercitare potere sugli altri” 182.Quanto ai profili etimologici, “che secretus venga da secernere non è un segreto, e neppure la composizione del verbo, ‘se’ e ‘cernere’, dove il se indica la separazione, l’allontanamento, la privazione e cerno esprime anch’esso il ‘separare’, il ‘dividere’, il ‘distinguere’, sicché il preverbo ha funzione intensiva, iterattiva” (ripetitiva e, quindi rafforzativa) 183.

181 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, profili teorici, op. cit., pag. X.

182 Gregorio Arena, ibid., pag. 59.

183 Riccardo Orestano, Sulla problematica del segreto …, op. cit., 1983, p. 99.

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“La radice di ‘segreto’ è dunque ‘cerno’” 184, che costituisce “… une veritable plaque tournante étymologique”(vera e propria piattaforma etimologica girevole), dai molteplici derivati” 185.

Quanto poi al rapporto tra segreto e potere, “che il segreto in senso proprio o le difficoltà di accesso alle informazioni significative siano elementi costitutivi del potere … è una antica

184 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, profili teorici, op. cit., pag. X.L’autore specifica quindi ulteriormente: “Innanzi tutto, ‘cerno’ ha due possibili significati, uno concreto ed uno figurato. Secondo il primo, esso designa un’operazione agricola preliminare alla semina … il ‘setaccio’, il ‘passare al setaccio’, latinamente ‘cribrum’, il nostro ‘crivello’” (Riccardo Orestano, Sulla problematica del segreto nel mondo romano, op. cit., pag. 100) - nota 20, pag. 7 - o ‘vaglio’, con cui si seleziona la sementa.Da questo deriva il significato figurato, che conserva la nozione di separazione, benché attuata con strumenti diversi. Pertanto, quando essa si realizza per mezzo di un “… organo sensoriale (essenzialmente, la vista) ‘cerno’ significa “discernere” nel senso di distinguere il vero dal falso, il bene dal male. Ne deriva anche ‘giudicare’” (Arnaud Lévy, Evaluation ètymologique et sémantique du mot secret, in Nouvelle Review de Psychanalys, Paris, Editions Gallimard, 1976, pag. 118). - nota 21, pag. 7.Ma dalla radice ‘cerno’, mediante l’aggiunta di un prefisso, sono derivati numerosi altri termini, tutti connessi in qualche modo con l’originario ‘separare’ (Riccardo Orestano, Sulla problematica del segreto nel mondo romano, op. cit., pag. 100). - nota 22, pag. 8.Si tratta di due termini che, nonostante la stretta parentela etimologica, esprimono una radicale opposizione semantica. Infatti in ex-cerno “… il prefisso ‘ex’ mette l’accento sul rifiuto”, sull’allontanare da se’, al contrario di quanto avviene in se’cerno, dove “… il prefisso ‘se’, mettere da parte, con uno scopo di conservazione” (Arnaud Levy, Evaluation ètymologique, op. cit.) - nota 23 , pag. 8. Quindi, in un caso si separa per gettare, per allontanare da sé, nell’altro per conservare.Sulla base di quanto si è detto è possibile individuare due elementi di rilievo per la definizione del concetto di ‘segreto’.In primo luogo proprio dall’opposizione semantica fra ex-cerno e se-cerno risulta evidente come venga se-creto (‘separato’, nel senso di ‘messo da parte) solo ciò che viene ritenuto di valore; il setaccio, in sostanza, serve a selezionare qualcosa di prezioso, con qualità particolari.

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idea della cui verità … nessuno dubiti … Di spiegazioni ce ne sono molte, e non tutte confessabili” 186.Tale affermazione, che può sembrare apodittica, appare confermata anche sul piano storico, se ben cinque secoli orsono si affermava che “… spesso tra ‘l palazzo e la piazza è una nebbia sì folta, un muro sì grosso che, non vi penetrando l’occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o delle

Ma ciò che è prezioso e fuori dal comune è anche per questo stesso motivo oggetto di desiderio da parte di altri soggetti, diversi dal proprietario del bene ‘secreto’: da ciò la necessità di proteggere, occultandolo, tale bene (nota 24 dell’autore, pag. 9: tale esigenza di occultamento e di difesa viene in evidenza anche ogni volta che un gruppo od una comunità si servono per le comunicazioni tra i propri membri di un linguaggio segreto. Spesso ciò è dovuto al desiderio di preservare la propria identità, escludendo gli altri … In sostanza, il principale criterio per la identificazione di un linguaggio segreto è la funzione di esclusione …).Tuttavia l’occultamento di cui è oggetto il bene ‘secreto’ non è finalizzato unicamente alla protezione del bene stesso; ciò che viene separato e poi nascosto non è sterile. E infatti viene nascosto perché dia frutto.Questo appare piuttosto evidente riprendendo in esame l’attività agricola successiva a quel ‘setacciare’ da cui deriva etimologicamente l’attuale ‘segreto’ … si rileva che, dopo la semina, il chicco viene coperto (operito, secondo Catone) con terra o concime. Successivamente si procede all’operazione inversa, l’aperire, scoprire; reserare secreta, secondo Cicerone, ossia scoprire segreti.La sementa, ciò che è stato separato (secreto), viene coperta, ovvero occultata (operita). Separare e occultare sono così stretti in un rapporto in cui l’uno ‘dà senso all’altro’: si nasconde ciò che è stato selezionato, ma si seleziona per nascondere. Ecco quindi che ciò che è ‘secreto’ è anche di necessità ‘operito’: ‘segreto’ e ‘nascosto’ diventano sinonimi.Il discorso non vale solo per l’agricoltura. Infatti le notizie segrete, finché rimangono occulte, ‘danno frutto’, ovvero consentono al titolare o al detentore del segreto di proteggere determinati interessi; ciò diventa impossibile non appena il segreto sia s/velato (cioè s/coperto: reserare secreta, diceva Cicerone) - nota 27, pag. 10Il secondo elemento emergente dall’analisi del termine ‘segreto’ è connesso con il modo di funzionare del setaccio, il ‘cribrum’ da cui ha origine la vicenda etimologica ripercorsa finora.Questo strumento consiste essenzialmente in una trama attraverso la quale possono passare alcune sostanze, mentre ne vengono trattenute altre (il setaccio,

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ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India. E però si empie facilmente il mondo di opinioni erronee e vane” 187.A ulteriore conferma della inscindibilità del binomio potere-informazione, si specifica che “il potere e l’informazione si rafforzano reciprocamente. Il possesso di risorse adeguate di informazioni diventa un’importante risorsa nella competizione politica. E’ molto difficile monopolizzare le informazioni che, per definizione sono fluide e trasmesse in una molteplicità di modi …

pertanto, è uno strumento che funziona in entrambi i sensi: esso infatti seleziona ciò che è utile sia trattenendo (per esempio la sementa rispetto alla vagliatura), sia lasciando passare (per esempio la farina rispetto alla crusca). Del resto anche il segreto è sempre bifronte (nota 28, pag. 11; cfr. Riccardo Orestano, Sulla problematica del segreto, op. cit., pag. 108).Tuttavia ciò che determina il passaggio attraverso il setaccio non è la tessitura, l’ordito più o meno fitto della trama, bensì la forma dell’oggetto setacciato: infatti ‘… l’elemento separatore non è altro che un buco. La sua funzione è di lasciar passare o di trattenere’; più precisamente, è ‘… la conformità dell’oggetto all’orifizio ciò che determina il passaggio attraverso il setaccio. Vi è nel setacciare, un rapporto tra la nozione di forma e quella di buono-cattivo o, in altre parole, la forma determina la qualità’ (Arnaud Lévy, Evaluation ètymologique et sémantique du mot secret, op. cit., pag. 119 - nota 29, pag. 11).Pertanto nell’ambito riguardante il concetto di segreto, questo significa che una notizia non può essere altro che segreta o non segreta: non c’è una posizione intermedia (esiste … la categoria delle notizie’riservate’: ma proprio in quanto tali esse sono notizie non-segrete) - nota 30, pag. 11. Le notizie segrete sono dunque notizie nettamente separate dalle altre; così come, in un certo senso, ‘separati’ sono anche i soggetti a conoscenza di tali notizie, rispetto a coloro che ne sono invece all’oscuro (che la separazione operata mediante il segreto riguardi anche le persone e non solo le informazioni, è confermato dalle osservazioni di Kaiser sull’isolamento di cui soffrono, rispetto alle proprie famiglie ed alla comunità di appartenenza, i membri dei servizi di informazione statunitensi) - nota 31, pag. 11.

185 Arnaud Lévy, Evaluation ètymologique et sémantique du mot secret, in Nouvelle Review de Psychanalys, Gallimard, Paris, 1976, p. 118 .

186 Andrea Orsi Battaglini, L’astratta e infeconda idea, op. cit., pag. 68.

187 Francesco Guicciardini, Ricordi, 1529.

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Ciononostante i centri di potere tentano di controllare ad ogni costo la diffusione delle informazioni” 188.Sempre in riferimento al potere, chi lo detiene di solito non intende perderlo, ma tende a rafforzarlo; il segreto diventa quindi uno strumento per mantenere ed accrescere il potere.Ecco perché “il segreto sta nel nucleo più interno del potere” 189.Vi è pertanto la convinzione che sussista una “perpetua articolazione del potere sul sapere e del sapere sul potere … Esercitare il potere crea oggetti di sapere, li fa emergere, accumula informazioni, le utilizza … L’esercizio del potere crea perpetuamente sapere e viceversa il sapere porta con sé effetti di potere … Non è possibile che il potere si eserciti senza sapere, non è possibile che il sapere non generi potere” 190.Si instaura quindi un ‘intimo rapporto’ tra segreto e potere, funzionale al reciproco consolidamento: il potere permette l’acquisizione di informazioni, che, a loro volta, permettono al detentore del potere di accentuare la separazione dagli altri.“Fra i primi a mettere in rilievo il rapporto tra potere e segreto, Tacito è stato colui che ha saputo meglio esprimerne il contenuto, grazie a due sole parole, ma di grande forza espressiva: arcana imperii” 191.Va però osservato che “il rapporto tra il segreto e il potere, con il reciproco rafforzamento della separazione rispetto agli ‘altri’, è

188 Rivkah Bar-Yosef - Mriam Starkschall, La rivoluzione dell’informazione, in Franco Rositi (a cura di), Razionalità sociale e tecnologie dell’informazione: descrizione e critica dell'utopia tecnocratica,Centro Studi Fondazione Olivetti, Edizioni Comunità, Milano, 1973, III, p. 611.

189 Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi, Milano, 1981, p. 350 (trad. di Furio Jesi).

190 Michel Focault, Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977.

191 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, profili teorici, op. cit., nota 123, pag. 51 (Tacito, Annales, II, 36, Historiae, I, 4).

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un rapporto che risente di una determinata concezione del potere; laddove il detentore del potere è considerato come un ‘modello’, il potente non ha bisogno del segreto e, anzi, deve essere il più ‘visibile’ possibile” 192.Oltre a strumento di potere (per il suo mantenimento e rafforzamento) il segreto si connota paradossalmente anche come mezzo di comunicazione: se è pur vero che dirada le informazioni e occulta quelle più significative, con la propria esistenza il segreto trasmette un messaggio in grado di guidare gli altri verso di se’.Analizzando le caratteristiche del segreto, è possibile ravvisare tre elementi costitutivi.Il segreto attiene anzitutto a un “sapere”: un’informazione su qualcosa193. Questo ‘qualcosa’ può presentarsi in modo variegato: “Tout semble pouvoir être un secret, même rien” 194.Cos’è per esempio il ‘segreto di Stato’? Per taluno rappresenta una “menzogna lecita e utile (lecita perché utile)” 195. Per giunta, “al carattere magico del segreto di Stato si deve il fatto che esso non tollera nessuna definizione … basta un semplice timbro per stabilire che una determinata cosa è segreto di Stato” 196.

192 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, profili teorici, ibid., nota 130, pag. 55. - cfr. in proposito Vitality Aronovich Rubin, Individual and State in Ancient China: Essays on Four Chinese Philosophers, Translated and with an introduction by Steven I. Levine, New York, Columbia University Press, 1976, XIX, pag. 84.

193 “C’est le savoir de la chose, et non la chose elle-meme, qui constitue le secret”, Arnaud Lévy, Evaluation …, op. cit., pag. 120.

194 Arnaud Lévy, Evaluation …, ibid., pag. 120.

195 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, in Rivista italiana di scienza politica, n. 2, 1980, Il Mulino, Bologna, pag. 191.

196 Hans Magnus Henzensberger, Politica, 1978, p. 149.

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Tornando agli elementi costitutivi del segreto, perché possa ravvisarsene la presenza è necessario che il “sapere” sia “nascosto”. Il terzo elemento sono poi gli “altri”, a cui dev’essere negata la conoscenza.A loro volta gli “altri” sono divisibili in due categorie: se accettano e sono consapevoli dell’importanza degli interessi (pubblici, come nel caso del segreto di Stato, oppure professionali o privati, nel caso del segreto professionale o dei ministri di culto) tutelati dal segreto si configurano come “complici”.Se, invece, gli ‘altri’ sono considerati ‘nemici’, essi non devono essere neppure consapevoli dell’esistenza del segreto.Il detentore del segreto quindi suddivide gli ‘altri’ in due gruppi: coloro che sono ammessi a condividere il sapere e coloro da escludere dalla conoscenza, rifiutando loro il sapere.“Escludere, etimologicamente, deriva anch’esso dal latino, come ‘secerno’ o ‘excerno’, ed è composto dal prefisso ‘ex’ (fuori) e da ‘claudere’ (chiudere): letteralmente, quindi, chi è ‘escluso’ dalla conoscenza di un segreto è ‘chiuso fuori’ da uno spazio contenente, per così dire, informazioni a lui inaccessibili” 197.Operando preventivamente “nei confronti di chi non è legittimato a condividere le conoscenze”, il segreto tende quindi “ad eliminare l’acquisizione di quelle conoscenze suscettibili di causare comportamenti lesivi degli interessi tutelati” 198.Quanto alla pubblica amministrazione, “il segreto è componente funzionale” di una “idea della separatezza” 199 della stessa.

197 Gregorio Arena, Il segreto amministrativo, II, op. cit., nota 131, pag. 55.

198 Aldo Loiodice, Informazione (diritto alla), op. cit., pagg. 472-493.

199 Marco Mazzamuto, Sul diritto di accesso nella L. 241 del 1990, op. cit., pag. 1572.

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“La necessità del segreto corrisponde ai desideri della burocrazia” (portatrice di un ‘sapere specializzato’ 200) e “favorisce il suo potere, perché in ogni gruppo, dalle tribù primitive alla burocrazia più complessa, il possedere segreti circonda il detentore di un’aureola magica, ponendolo al di sopra della media degli uomini” 201.A ciò va aggiunto che, secondo uno schema classico, il segreto costituisce proprio “lo spirito generale della burocrazia … il mistero 202, custodito entro di essa dalla gerarchia, e all’esterno in quanto essa è corporazione chiusa” 203 (pare opportuno rammentare però che, secondo le osservazioni di Max Weber204, “i termini democrazia e burocrazia, oggi considerati opposti - all’inizio, nell’800 - progredirono parallelamente”. E’ pur vero, comunque che “i rapporti tra corpo politico e corpo amministrativo sono mutati. Il secondo è cresciuto a dismisura, sfuggendo al controllo del primo”205.

200 Max Weber, Wirtshaft und Gesellschaft, (a cura di) Johannes Winckelmann, Tübingen, 1922, trad. Ital. Economia e società, I, Ed. di Comunità, Milano, 1961, pag. 218.

201 Erich Fromm, La rivoluzione della speranza, Etas, Milano, 1979, pagg. 129 e seg.

202 L’accattivante fascino del “mistero” riecheggia con grande suggestione narrativa anche nella “Turandot” di Giacomo Puccini: la principessa ordina che quella notte a Pechino“nessun dorma!”, perché dvv’essere scoperto il nome del principe ignoto, pena la morte. Ma “il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà!” esclama da parte sua il principe Calaf, figlio di Timur. Alla fine sarà lui stesso a svelare il segreto, pronunciando il suo nome.

203 Karl Marx, Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Marx-Engels, Opere,Editori Riuniti, Roma, 1983.

204 Max Weber, Wirtshaft und Gesellschaft, op. cit

205 Sabino Cassese, Burocrazia, democrazia e partecipazione, op. cit., pagg. 81-82.

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Analizzando poi brevemente la genesi della nozione di segreto sul piano storico, si osserva che, nel passaggio dallo Stato assoluto allo Stato di diritto, la pubblica amministrazione ha mantenuto alcuni degli antichi privilegi del sovrano e dei suoi rappresentanti e agenti.Il segreto del sovrano è stato però spersonalizzato e scisso: da un lato abbiamo il segreto di Stato, volto a tutelare la sicurezza di una entità impersonale qual è lo Stato; dall’altro emerge il segreto d’ufficio, degli uffici, volto a tutelare l’ordinamento amministrativo.L’antico segreto personale del principe, già spersonalizzato, assume ora nuovamente un carattere personale, dato che viene correlato alla persona titolare dell’ufficio.Non pare contraddittorio che l’antica opacità, il segreto sugli affari pubblici del principe, volto a garantirne incontrollabilità e arbitrarietà, fosse compensata dalla studiata ostentazione esterna dei simboli della sua potenza: la reggia sfarzosa, la corona tempestata di diamanti e le altre insegne esaltanti la regalità, lo splendore delle vesti, il codazzo dei nobili, la imponente scorta armata, ma anche le cerimonie volte a conferire pubblica solennità ai principali momenti della sua vita privata, come nascite, nozze, matrimoni e anche morte.Una collaudata ed efficace strategia, volta a dissimulare l’”inavvicinabilità”, la separatezza nell’espletamento delle pubbliche funzioni, con l’ostentata e apparente (rectius, falsamente) complice partecipazione ad eventi di carattere strettamente privato: una geniale anticipazione della moderna trasformazione della politica in spettacolo, ovvero in “politainment”, trasformazione indotta dalla prevalenza e pervasività del mezzo televisivo206.

206 Già 30 anni fa, quindi prima che in Italia “deflagrasse” il fenomeno delle televisioni commerciali, si sottolineava la trasformazione della politica in

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Una commistione, ad arte, tra ribalta (luogo di rappresentazione e relazione in cui si indossano maschere diverse, a seconda delle esigenze di scena) e retroscena (luoghi tendenzialmente celati al pubblico sguardo)207.Quanto alla rilevanza del segreto, può essere utile un confronto tra lo Statuto albertino e l’ordinamento costituzionale della Repubblica.“L’assetto costituzionale albertino era caratterizzato da un dualismo tra centri tradizionali del potere e comunità nazionale. Il monaca poteva opporre con sufficiente discrezionalità delle sfere di segretezza al Parlamento, essendo istituzionalmente la sua attività sottratta al controllo di questo”.“Nell’ordinamento costituzionale vigente”, invece, si è in presenza di “un’unica base complessa di derivazione del potere, il popolo (art. 1, comma 2° Cost.). In tale quadro il segreto non è abolito, ma la sua estensione risente delle modifiche subite dal suo presupposto originario, dal collegamento ad un diverso centro di imputazione dei poteri sovrani: questo non è più il monarca, ma il popolo, il cui organo rappresentativo (il Parlamento) è caratterizzato nella sua azione dalla pubblicità. Quest’ultima, in tal modo, viene ad assumere il valore di modalità generale, mentre il segreto diventa una eccezione, la cui imposizione naturalmente deve rapportarsi a esigenze ben precise” 208.

spettacolo, con la metamorfosi del politico di turno in attore e uomo di spettacolo, impegnato per esibirsi e recitare a beneficio del pubblico spettatore. In proposito vedi Robert Gèrard Schwartzemberg, Lo Stato spettacolo, Attori e pubblico nel grande teatro della politica mondiale”, Editori Riuniti, Roma, 1980. -

207 Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969, (trad. in ital. di Margherita Ciacci).

208 Aldo Loiodice, Contributo allo studio …, op. cit., pag. 84. - rif. nota 148.

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Nuove e inedite problematiche emergono nel rapporto tra segreto e potere, quando questo non è concentrato in luoghi determinati, ma diffuso e fatto di flussi che viaggiano e si sviluppano attraverso reti informatiche: si ha così quello che è stato definito un ‘non-luogo’, ovvero “lo spazio dei flussi” 209.

b) la riservatezza (trasparenza asimmetrica)

L’altro limite posto al diritto alla conoscenza, inteso anche come “trasparenza asimmetrica”, è il ‘diritto alla riservatezza’, quale “affermazione di un diritto negativo di libertà”, ascrivibile a soggetti privati (diritto “to be let alone” 210, essere lasciato in pace, non disturbato, come “jus solitudinis”) 211 e all’amministrazione pubblica.Diversamente da quanto comunemente si crede, la teorizzazione del diritto alla privacy e soprattutto i timori circa la sua violazione non sono un’acquisizione recente; infatti, ancor prima degli albori del 1900 l’immissione sul mercato della prima macchina fotografica aveva fatto esclamare: “questa invenzione distruggerà per sempre la nostra privacy, esponendo a tutti la nostra vita” 212.

209 Manuel Castells, The Internet Galaxy-Reflections on the Internet, Business and Society - trad. ital. Galassia Internet, (a cura di) Stefano Viviani, Feltrinelli, Milano, 2002.

210 Stefano Rodotà, Progresso tecnico e problema istituzionale nella gestione delle informazioni, in Nicola Matteucci (a cura di), Privacy e banche dei dati, Il Mulino, Bologna, 1981, pag. 31. v. anche Louis Brandeis e Samuel Warren, The right to be left alone, in Harvard Law Review, Boston, 1890.

211 Vittorio Frosini, I diritti umani nella società tecnologica, op. cit., pag. 1163.

212 Allarme lanciato da Louis Brandeis, giudice della Corte Suprema USA, nel 1890, a seguito dell’invenzione della macchina fotografica Kodak (i giornali di pettegolezzo di Boston avevano avviato infatti la pubblicazione di foto scattate in

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Il diritto alla riservatezza assume ulteriore rilevanza con lo sviluppo, da un lato, delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e, dall’altro, con i progressi in materia di genetica e sequenziamento del DNA.La tutela dei dati personali diventa la tutela del “nostro corpo elettronico”, considerato un “diritto fondamentale della persona dal Trattato di Lisbona e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, entrata in vigore il 1° dicembre 2009 213.Infatti, è pur vero che le “tecnologie cellulari ... racchiudono il mondo nelle tasche” di una persona, ma è altrettanto vero che nel contempo “rendono (questo stesso individuo) disponibile (e quindi osservabile e tracciabile d)al mondo intero” 214.D’altro canto effetti dirompenti sulla nostra privacy (e sul mercato delle assicurazioni) avranno i progressi della biologia molecolare e di amplificazione del DNA. Gli esperti sostengono infatti che nel giro di alcuni anni saranno disponibili a costi irrisori test di diagnostica molecolare in grado di individuare le mutazioni genetiche. Quanto al rapporto tra accesso e trasparenza, quando entra in gioco la privacy tra diritto di accesso e diritti della personalità si apre quello che è stato definito un “aspro contrasto” 215.Talvolta, si è assistito (e si assiste) a “tentativi delle pubbliche amministrazioni di riscoprire ed enfatizzare le esigenze di tutela

occasione di feste e balli privati). 213 Stefano Rodotà, Una Costituzione per il web, in la Repubblica, 19 febbraio 2010, ed. l’Espresso, Roma, pag. 38 (la ‘protezione dei dati di carattere personale’ è specificamente prevista dall’art. 8 della “carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”).

214 Derrick De Kerkhove, Dalla democrazia alla cyberdemocrazia, in Derrick De Kerkhove, Antonio Tursi (a cura di), Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti, Apogeo, Milano, 2006, pag. 58.

215 Consiglio di Stato, sez. VI, 30 marzo 2001, n. 1882.

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della riservatezza in modo per così dire sviato, cioè non allo scopo di dare adeguata protezione a un interesse di rango costituzionale, qual è quello alla riservatezza, bensì per limitare al minimo l’ambito applicativo del diritto di accesso”. La tutela della riservatezza risulta cioè utilizzata “da succedaneo del principio tradizionale del (vecchio) segreto d’ufficio” 216.In rapporto alla riservatezza l’accesso è esercitabile per tutelare una situazione giuridica di rango almeno pari al diritto dell’interessato”, ovvero consistente “in un diritto della personalità o di un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”.La conoscibilità è pertanto ammissibile per far valere o difendere diritti equivalenti del soggetto richiedente (in questo caso si comunicano solo i dati pertinenti ai diritti in esame, con eventuale estrapolazione dei dati).E’ da escludere per esempio che la rivendicazione di meri diritti di credito (attenenti evidentemente ad interessi sub-valenti) possa comportare l’accoglimento della richiesta di accesso a dati super-sensibili (stato di salute e vita sessuale).Una particolarità è rappresentata dall’ipotesi in cui a esercitare il diritto di accesso sia il soggetto interessato, ossia la persona o l’ente a cui si riferiscono i dati. La richiesta è motivata dall’esigenza di verificare la legittimità del trattamento, o per opporvisi, o per richiedere la cancellazione, la rettifica e l’integrazione dei dati.“In questa prospettiva il diritto di accesso altro non è se non un’appendice del diritto alla riservatezza” 217.

216 Marcello Clarich, Trasparenza e protezione dei dati personali nell’azione amministrativa, op. cit., pag. 3892.

217 Marcello Clarich, ibid., pag. 3894.

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La tutela della riservatezza, della dignità e degli altri diritti e libertà fondamentali rientra tra i compiti del Garante della privacy 218.Il Garante ha per esempio censurato la pubblicazione (su un bollettino ufficiale regionale) dei nominativi di soggetti beneficiari di un contributo pubblico regionale (destinato a disabili). Dapprima è stata ordinata la rimozione degli atti dal sito istituzionale; successivamente la Regione è stata condannata per l’illecita “diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute di un cospicuo numero di soggetti” 219.

218 Istituito con legge n. 675 del 31 dicembre 1996, che ha introdotto le norme a ‘Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali’. Le norme sono state ripetutamente rivisitate, anche successivamente al varo del ‘Codice in materia di protezione dei dati personali’ (decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003).

219 Il garante della privacy è intervenuto con tre pronunce nei confronti della Regione Puglia per la pubblicazione di atti contenenti elenchi di beneficiari di contributi destinati a soggetti con disabilità.Con una prima pronuncia (del 18 gennaio 2007, doc. web n. 1382026) il garante, constatata la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione e sul sito istituzionale di graduatorie comprendenti dati personali attinenti soggetti disabili che avevano richiesto contributi per l’acquisto di un personal computer e dei relativi ausili, ne vieta la diffusione, ritenendoli “idonei a rivelare lo stato di salute” dei suddetti richiedenti.A ciò si aggiunge che la stessa precauzione di coprire con omissis le caselle relative ai dati relativi al codice fiscale, al comune di residenza e alla data di nascita dei disabili si era rivelata inefficace. Infatti l’aver coperto le celle contenenti i suddetti dati, pur impedendone la visualizzazione in prima battuta da parte degli utenti di Internet, non costituiva un mascheramento efficace per sottrarre tali dati alla indiscriminata visione. Tali dati divenivano infatti visualizzabili se trasposti sul personal computer dell’utente mediante l’utilizzo di un word processor (es. su file word). Con una successiva pronuncia (del 17 settembre 2009, doc. web. n. 1658335) il Garante, vista la persistente pubblicazione (in altra pagina) sul sito istituzionale della Regione di elenchi e graduatorie di disabili già oggetto della precedente pronuncia del 18 gennaio 2007, ribadisce l’illiceità di tale condotta, prescrivendo altresì alla stessa Regione di “conformare la redazione dei bollettini ufficiali alle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali ed, in

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Ripetuti interventi sono segnalati anche a proposito della pubblicazione sui siti istituzionali degli enti locali di atti e documenti contenenti dati personali, con la adozione di specifiche misure220 volte a contemperare la trasparenza dell’attività amministrativa con un “livello elevato di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali rispetto al trattamento dei dati personali (art. 2, comma 1, del Codice)”.

particolare, al divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati (art. 22, comma 8 del Codice,), nonché alle … ‘linee-guida in materia di trattamento dei dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali’ … con particolare riferimento alla necessità di evitare la diffusione di informazioni eccedenti che possano creare disagio all’interessato o esporlo a conseguenze indesiderate”.Pur avendo la Regione prontamente ottemperato alle due pronunce di rimozione dei dati dalle diverse pagine del sito, il procedimento si conclude (ordinanza del 23 settembre 2010, doc. web n. 1771332) con la condanna della Regione Puglia al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria (di 40.000 euro) per la violazione dell’art. 164 bis, comma 3, del Codice.La vicenda è emblematica per i contorni particolari che l’hanno caratterizzata.Infatti, come s’è detto, la Regione Puglia, a fronte delle prime pronunce del Garante, aveva provveduto alla rimozione degli elenchi dal sito; senonché gli stessi, anche se rimossi e non più presenti nelle pagine del portale istituzionale della Regione, erano comunque “sopravvissuti” in rete.Questa apparente contraddizione derivava dalla circostanza che le suddette pagine erano state in precedenza indicizzate e inserite nella cosiddetta “memoria cache” del motore di ricerca ‘Google’.In virtù della “persistenza digitale” di cui si dirà poc’anzi nel parte relativa al ‘diritto all’oblio’, le pagine oggetto di censura del Garante continuavano per essere raggiungibili per altra via; non più attraverso il portale istituzionale della Regione, ma attraverso la memoria perenne di ‘Google’

220 Il primo intervento risulta contenuto nella deliberazione n. 17 del 19 aprile 2007, doc. web n. 1407101 - Linee-guida sui siti internet di comuni e province - trasparenza e dati personali indispensabili.Secondo il Garante “la presenza di dati personali negli atti e nei documenti conoscibili o diffusi dagli enti locali richiede, da parte di questi ultimi, alcune doverose valutazioni, affinché siano rispettati i diritti degli interessati”.Infatti - precisa il Garante - “in presenza di alcuni dati personali o di determinate forme di diffusione vanno … individuate specifiche soluzioni e modalità per attuare la trasparenza in modo ponderato e secondo correttezza”.

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L’esigenza di garantire un siffatto “elevato livello di tutela … non ostacola - sottolinea in premessa il Garante - una piena trasparenza dell’attività amministrativa”; pertanto occorre evitare di “considerare la protezione dei dati come un ostacolo alla trasparenza”.Il garante raccomanda agli enti “un approccio equilibrato”, nel rispetto dei principi di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza”, evitando modalità di divulgazione indifferenziata di dati.La diffusione in internet di dati personali ne comporta la messa a disposizione ad “un numero indefinito di persone”, con possibilità di consultazione con “carattere ubiquitario”, ossia “da molteplici luoghi e in qualsiasi momento”.Pertanto “la circostanza secondo la quale tutte le deliberazioni sono pubblicate (oltre che all’albo pretorio, anche nel relativo

Intanto “gli enti locali devono astenersi dal richiedere il consenso al trattamento dei dati da parte degli interessati (art. 18, comma 4, del Codice). Il consenso è infatti richiesto solo nei riguardi di soggetti privati ed enti pubblici economici, nonché in ambito sanitario”.“La pubblicazione e la divulgazione di atti e documenti amministrativi determinano una ‘diffusione’ di dati personali”, comportandone “la conoscenza da parte di un numero indeterminato di cittadini”, con relativa (seppur legittima, se prevista da norme) interferenza nella sfera personale degli interessati.“Con un approccio equilibrato e meditato” va attentamente valutato “se la finalità di trasparenza e di comunicazione può essere perseguita senza divulgare tali dati, oppure rendendo pubblici atti e documenti senza indicare dati identificativi adottando modalità che”, in base al principio di necessità, “permettano di identificare gli interessati solo quando è necessario”. Sussiste conseguentemente un obbligo per i suddetti enti di “attenta configurazione di sistemi informativi e di programmi informatici per ridurre al minimo l’utilizzazione di dati personali” (art. 3 del Codice).Nel richiamare poi il rispetto anche del ‘principio di proporzionalità’, il Garante specifica ulteriormente che “i tipi di dati e il genere di operazioni svolte per pubblicarli e diffonderli devono essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite (art. 11, comma 1, lettera d), del Codice)” evitando quindi, “per quanto possibile, modalità indifferenziate di pubblicazione e divulgazione”.

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sito istituzionale), deve indurre le amministrazioni “a valutare con estrema attenzione le stesse tecniche di redazione delle deliberazioni e dei loro allegati. Ciò soprattutto quando vengono in considerazione informazioni sensibili (si pensi per esempio agli atti adottati nel quadro dell’attività di assistenza e beneficenza, che comportano spesso la valutazione di circostanze e requisiti personali che attengono a situazioni di particolare disagio)”.Con questo primo intervento il Garante ribadisce in ogni caso “il divieto di diffondere dati idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati (art. 22, comma 8, 65, comma 6, e 68, comma 3, del Codice)” come nel caso “dell’indicazione di specifici elementi identificativi dello stato di diversamente abile”.Infine “l’ente locale … deve garantire il rispetto del diritto all’oblio dell’interessato una volta perseguite le finalità poste alla base del trattamento (art. 11, comma 1, lett. C), d) ed e) del Codice)”.Il continuo evolversi della pubblicazione e diffusione sul web di atti e documenti delle pubbliche amministrazioni contenenti dati personali determina un nuovo intervento del Garante 221, che

221 Linee-guida in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetto pubblici per finalità di pubblicazione e di diffusione sul web di atti e documento adottati dalle pubbliche amministrazioni - deliberazione n. 88 del 2 marzo 2011 - doc. web 1793203 - G.U. n. 64 del 19 marzo 2011 (provvedimento finale emesso a seguito delle consultazioni avviate sul precedente “schema” del 15 dicembre 2010, doc. web n. 1773728).“A fronte della messa a disposizione on line di atti e documenti amministrativi contenenti dati personali, occorre individuare idonei accorgimenti volti ad assicurare forme corrette e proporzionate di conoscibilità di tali informazioni, impedendo la loro indiscriminata e incondizionata reperibilità in Internet, garantendo il rispetto dei principi di qualità ed esattezza dei dati e delimitando la loro disponibilità on line.Va poi “tenuto presente il pericolo oggettivo costituito dai motori di ricerca che ‘decontestualizzano il dato’ estrapolandolo dal sito in cui è contenuto, e trasformandolo in una parte, non controllata e non controllabile, delle informazioni”.

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sottolinea l’esigenza di idonei accorgimenti tecnici per garantire una efficace tutela della riservatezza. Specifica attenzione va posta in particolare alle informazioni non più aggiornate o relative ad avvenimenti risalenti nel tempo, che possono produrre conseguenze pregiudizievoli per le persone interessate.

Il Garante richiama quindi l’attenzione sulla circostanza che la “diffusione illimitata e continua in Internet di dati personali” può “comportare conseguenze pregiudizievoli per le persone interessate, specie se si tratta di informazioni non più aggiornate o relative ad avvenimenti risalenti nel tempo contenute in atti e provvedimenti amministrativi reperibili on line che hanno giù raggiunto gli scopi per i quali si era reso necessario renderli pubblici”.A questo proposito si suggerisce di individuare congrui periodi di tempo entro i quali mantenere i documenti on line, trascorsi i quali “devono essere rimossi dal web”.Altro aspetto trattato riguarda la necessaria predisposizione di cautele volte ad evitare “operazioni di duplicazione massiva dei file contenenti dati personali (come per es. l’utilizzo di firewall di rete - filtri in entrata e uscita alle connessioni - “in grado di riconoscere accessi che risultino anomali per numero rapportato all’intervallo di tempo di riferimento”.In merito alle notizie riguardanti lo svolgimento delle prestazioni e la relativa valutazione di coloro che sono addetti ad una funzione pubblica, si ribadisce l’esclusione della “conoscibilità … delle notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causano l’astensione dal lavoro”.Quanto poi ai curricula professionali, la loro pubblicazione in rete dev’essere preceduta dalla preventiva selezione delle informazioni in essi contenute, con riferimento al principio di ‘pertinenza’.Inoltre “non appare giustificato riprodurre sul web informazioni quali i cedolini dello stipendio”, così come “i dati risultanti dalle dichiarazioni fiscali, oppure riguardanti l’orario di entrata e di uscita di singoli dipendenti, l’indirizzo del domicilio privato, il numero di telefono e l’indirizzo di posta elettronica personale”.Ulteriore aspetto della disciplina varata dal Garante riguarda l’albo dei beneficiari di provvidenze di natura economica.Nel confermare l’esigenza di “rendere trasparente l’azione amministrativa, anche in ordine all’utilizzo delle risorse finanziarie da parte dei soggetti eroganti”, si specifica che sono pubblicabili “i soli dati necessari all’individuazione dei soggetti interessati (nominativi e relativa data di nascita), l’esercizio finanziario relativo

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Sempre in materia di tutela della privacy si segnala una specifica pronuncia del Garante per i servizi di ‘social network’ 222.In particolare il Garante lancia l’allarme circa l’estrema vulnerabilità degli utenti, i cui dati divengono accessibili a livello globale da parte di soggetti terzi “secondo modalità e in quantità sinora sconosciute”.

alla concessione del beneficio, nonché l’indicazione della ‘disposizione di legge sulla base della quale hanno luogo le erogazioni’ medesime”.“Non risulta invece giustificato diffondere ulteriori dati non pertinenti, quali l’indirizzo di abitazione, il codice fiscale, le coordinate bancarie dove sono accreditati i contributi, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce dell’Indicatore della situazione economica equivalente-Isee, ovvero informazioni che descrivano le condizioni di indigenza in cui versa l’interessato”.

222 Rapporto e linee-guida in materia di privacy nei servizi di social network - memorandum di Roma, adottato in occasione del 43mo incontro, 3-4 marzo 2008, International working group on data protection in telecommunications’ - doc. web n. 1567124.In premessa il Garante sottolinea che “i servizi di social network sembrano mettere in discussione il concetto di spazio individuale nella sua accezione sociale. I dati personali divengono accessibili pubblicamente (e a livello globale) secondo modalità e in quantità sinora sconosciute”.Il Garante mette in guardia quindi contro i rischi connessi.Anzitutto, fa, notare, “il concetto di oblio non esiste in Internet. I dati, una volta pubblicati, possono rimanerci letteralmente per sempre, anche se la persona interessata li ha cancellati dal sito ‘originario’. Infatti “possono esisterne copie presso soggetti terzi”, quali “i servizi di archivistica e la funzione di ‘cache’ disponibile presso un notissimo motore di ricerca”.Considerato poi che i fornitori di servizi di social network “hanno gli strumenti tecnici per registrare ogni singolo passo dell’utente sul loro sito” e “possono comunicare a terzi dati personali (di traffico), compresi gli indirizzi IP” che consentono di individuare i dati relativi all’ubicazione.“Il bisogno crescente di finanziare i servizi e ricavare profitti può fungere da stimolo ulteriore per la raccolta, il trattamento e l’utilizzazione di dati relativi agli utenti”.Elevato è anche il rischio di rivelare “più informazioni di quanto si creda. Per esempio le foto possono trasformarsi in identificatori biometrici universali”, anche in considerazione della disponibilità di sempre più perfezionati software di riconoscimento del volto.

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La progressiva trasformazione delle aziende informatiche, prima gestite spesso da “gruppi di studenti meno interessati all’aspetto finanziario”, in “grandi soggetti di respiro internazionale” quotate in borsa produce uno stimolo ulteriore alla raccolta, al trattamento e alla diffusione dei dati. Nell’ottica della massimizzazione dei ricavi, “i dati contenuti nei profili degli utenti ed il numero di utenti esclusivi (uniti alla frequenza di utilizzo) costituiscono” dei veri e propri beni patrimoniali utilizzabili per finanziare i servizi e ricavare profitti223.La stessa “Agenzia europea per la sicurezza delle reti e delle informazioni (ENISA) ha richiamato l’attenzione su una tecnologia emergente (CBIR, content-based image retriva) che offre ulteriori opportunità di localizzare gli utenti associando gli elementi identificativi di determinati ambienti e luoghi (per esempio, un dipinto appeso in una stanza, o un edificio visibile nell’immagine) ai dati relativi all’ubicazione contenuti in un database. Infine le funzioni dette di ‘grafo sociale’ (insieme delle connessioni di una persona all’interno di un social network) “rivelano informazioni sui rapporti intercorrenti tra i singoli utenti”.A proposito dell’utilizzo improprio dei profili utente da parte di soggetti terzi, si suggerisce l’impiego di ‘proxy’ (programmi di interposizione tra server e utenti), che consentono di nascondere l’indirizzo IP dell’utente al fornitore di servizi pubblicitari.Problemi emergono anche dall’utilizzo dei ‘cookies’ (le tracce che monitorano la navigazione in internet e ne memorizzano le tracce).Il Garante si sofferma poi su alcuni strumenti volti a consentire agli utenti di controllare l’utilizzo dei dati contenuti nei loro profili da parte di soggetti terzi: ‘policy-aware’ (politiche consapevoli), cifrature dei profili-utente, loro memorizzazione non centralizzata, introduzione data di scadenza e misure contro i programmi-spider (programmi-ragno, che consentono la raccolta e lo scaricamento di massa dei dati), applicazione di filigrane alle immagini fotografiche e funzionalità per loro trasformazione in dati pseudonimizzati o addirittura anonimi, utilizzo applicazioni grafiche (anziché testuali) per presentare le informazioni, possibilità per gli utenti di rifiutare il consenso (opt-out) per gli utilizzi secondari dei dati e manifestare il consenso espresso (opt-in) per i dati sensibili.

223 “Un ricercatore tedesco ha individuato, in un campione di servizi di social network tra i più diffusi, circa 120 attributi personali all’interno dei profili utente, quali per esempio età, indirizzo, film preferiti, libri preferiti, preferenze musicali, ecc., oltre a opinioni politiche e, addirittura, orientamento sessuale” - Berliner Morgenpost, 23 gennaio 2008, pag. 9: Mehr Informationen als die Stasi (più

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Altro profilo inerente la riservatezza riguarda il perseguimento dei reati di violazione del ‘copyright’ in internet, attraverso i sistemi di ‘file-sharing’, ossia l’acquisizione abusiva di file da parte di singoli utenti (per l’approfondimento degli aspetti connessi più specificamente al diritto d’autore si rinvia più innanzi, nella parte dedicata a ‘Spazi pubblici interconnessi e condivisione del sapere).Pare utile ora accennare ai problemi connessi alla ‘privacy’.L’accertamento delle violazioni del diritto d’autore in rete avviene solitamente attraverso tecniche denominate di “sniffing”, con la richiesta agli operatori telefonici e ai ‘service provider’ delle connessioni a internet di fornitura degli indirizzi IP e del traffico degli utenti224.Questi metodi di indagine (talvolta condotti direttamente dalle società titolari del diritto d’autore) si connotano per l’elevata invasività: oltre alla privacy, emergono infatti ulteriori profili costituzionali di particolare delicatezza, quali la segretezza delle comunicazioni elettroniche e l’inviolabilità del domicilio.In questa occasione sorregge il ‘principio di proporzionalità’; in nome del perseguimento dell’eventuale violazione del diritto d’autore, non può soccombere la tutela di diritti primari connessi all’inviolabilità della persona225.

informazioni della Stasi) - http://www.morgenpost.de/content/2008/01/23/wissenschaft/942868.html- rif. in Garante privacy, Rapporto e linee-guida in materia di privacy nei servizi di social network, Roma, 3-4 marzo 2008, doc. web1567124).

224 Peraltro l’indirizzo IP non identifica un singolo utente, ma un computer, una utenza telefonica.

225 Uno dei primi casi verificatosi in Italia ha riguardato una casa discografica e un produttore di videogiochi: per documentare la violazione del diritto d’autore costoro avevano ingaggiato una società specializzata in intercettazioni nelle reti ‘peer-to-peer’ e successivamente chiesto ai provider i corrispondenti nominativi degli utenti. Avendo così individuato i computer dai quali erano stati scaricati

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Un caso particolare di violazione della riservatezza, continua e per giunta non percepita nella propria interezza e pervasività, riguarda l’acquisto di software per il funzionamento dei computers226. Le società venditrici di programmi impongono agli acquirenti la firma di contratti pre-stampati (praticamente ‘per adesione’), in cui si riservano il controllo del computer dell’utente (diritto di perquisizione, identificazione e censura)227.

abusivamente files, chiedono agli utenti il relativo risarcimento, pena l’avvio di azioni giudiziarie.Il Tribunale di Roma con sentenza del 17 marzo 2008 rigetta la richiesta dei titolari del diritti d’autore, affermando che essi non avevano diritto di accedere ai dati personali dei soggetti intercettati e nega carattere probatorio e utilizzabilità processuale ai dati illegittimamente raccolti.

226 Quando un utente acquista un software non ne diventa proprietario, ma gli viene concessa una semplice ‘licenza d’uso’, che prevede una serie di diritti per la società licenziante e numerosi obblighi a carico del licenziatario-acquirente.All’acquirente è imposto il divieto di “decodificare, decompilare o di assemblare il software” e quindi avere cognizione del codice sorgente.A garanzia dell’effettività di tali prescrizioni, Microsoft, per es., si riserva il “diritto di effettuare scansioni dei dispositivi hardware e delle configurazioni software presenti sulle macchine dell’utente (un diritto che potremmo chiamare ‘diritto di perquisizione’), il diritto di raccogliere e conservare l’indirizzo IP della macchina su cui viene installato il software (diritto di identificazione), il diritto di definire quali tra i software presenti sulla macchina dell’utente siano ‘indesiderati’, e persino di impedirne l’installazione o di procedere alla loro rimozione (diritti di censura)”.Mauro Santaniello, Diritti umani nel ciberspazio. Patrimonio, persona e lex digitalis, in Politica del diritto, n. 3, 2010, Il Mulino, Bologna, pag. 428.

227 Il sistema contrattuale che regola l’utilizzo del software “dovrebbe far inorridire ogni esperto di diritto civile”. Infatti se il software “fosse un bene acquistato varrebbero tutte le leggi del diritto civile che regolano i contratti di compra e vendita, come la possibilità di restituire un prodotto difettoso o di chiedere il risarcimento per i danni provocati dal suo malfunzionamento …”.“Se fosse un’automobile, acquistandola si avrebbe anche il diritto di migliorarla alterandola: un’auto può essere riverniciata o dotata di gomme scolpite da neve, le si possono alesare i cilindri e ribassare la testata e poi la si potrà anche rivendere, ricavando il giusto sovrapprezzo per le migliorie così abilmente introdotte”.

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Per non parlare del legame esclusivo che si crea tra majors del software e utenti, a seguito della trasformazione dei software, da applicazioni installate sui computers a servizi erogati in rete tramite postazioni remote, da pagare di volta in volta (con possibilità di accesso anche per piccoli apparati mobili come palmari e telefoni cellulari).Il rapporto tra “evoluzione tecnologica e protezione dei dati” costituisce il filo conduttore della ‘Relazione 2010’ del Garante228.Uno dei capitoli si occupa di “comunicazioni elettroniche e acquisizioni su larga scala di immagini per la pubblicazione on line”, con un’analisi tra l’altro sia del “trattamento effettuato da Google sui frammenti di comunicazioni elettroniche captati sul territorio italiano … dalle Google car” che delle immagini panoramiche a livello stradale acquisite dalle stesse e utilizzate per il cosiddetto servizio Street View.Quanto alle immagini, il carattere sistematico della raccolta, protratta per anni - argomenta il Garante - “rende concreta l’eventualità che le informazioni, pur frammentarie, abbiano carattere di dati personali”. Pertanto alla società californiana è stato prescritto di fornire dettagliate informazioni pubbliche (sul proprio sito, su giornali ed emittenti locali) sul passaggio delle Google car, “anche per consentire agli interessati di allontanarsi dai luoghi in cui vengono riprese le immagini”.Quanto invece alla raccolta di frammenti di comunicazioni elettroniche trasmesse dagli utenti su reti wi-fi non protette da protocolli sicuri e da cifratura, il Garante ha imposto a Google di bloccare qualsiasi trattamento delle suddette comunicazioni,

“Il software invece non lo si può toccare … E’ come se il cofano del motore fosse sigillato, impedendoci di vedere sia cosa c’è sotto che modificarlo”.Franco Carlini, Divergenze digitali, … op. cit., pag. 112.

228 Presentata al Parlamento il 23 giugno 2011 - http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1819504

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configurando anche ipotesi di reati penali attinenti “intercettazioni fraudolente di comunicazioni”.Altre questioni sollevate con la Relazione 2010 riguardano il cosiddetto telemarketing e la profilazione.Con le norme introdotte nel 2009229 chi non desidera ricevere pubblicità telefonica commerciale o telefonate per ricerche di mercato (cosiddetto ‘opt in’) deve iscriversi in un apposito ‘Registro delle opposizioni’ (“opt out”). In tal modo è stato ribaltato il principio del consenso esplicito per il trattamento dei dati personali, provenienti da elenchi pubblici.Tale scelta legislativa era stata adottata nonostante nel corso dei lavori parlamentari, il Garante aveva fatto presente che siffatti registri “non hanno in realtà funzionato in nessuno dei Paesi in cui sono stati istituiti” 230.La relazione 2010 è poi integrata da due documenti inerenti rispettivamente ‘cloud computing’ e “smartphone e tablet”. Il cloud computing, osserva il Garante nelle “indicazioni per l’utilizzo consapevole dei servizi” 231, rappresenta l’evoluzione del

229 Art. 20-bis del decreto legge n. 135 del 25 settembre 2009, convertito con modificazioni in legge n. 166 del 20 novembre 2009, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. (09G0145)".

230 Relazione 2010 cit., pagg. 9-10.

231 Vedi URL:http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1819933.Il Garante osserva che la rapida diffusione delle cloud (nuvole informatiche) deriva dal fatto che le risorse “sono facilmente configurabili e accessibili via rete e sono caratterizzate da particolare agilità di fruizione che, da una parte semplifica significativamente il dimensionamento iniziale dei sistemi e delle applicazioni, mentre dall’altra permette di sostenere gradualmente lo sforzo di investimento richiesto per gli opportuni adeguamenti tecnologici e l’erogazione di nuovi servizi”.Il Garante distingue poi le private cloud (infrastruttura informatica dedicata alle esigenze di una singola organizzazione, affidata in gestione a un terzo nella forma dell’hosting dei server) e public cloud, la cui infrastruttura risulta “di proprietà di un fornitore specializzato nell’erogazione di servizi che mette a disposizione di utenti, aziende o amministrazioni”. Tali servizi, resi disponibili a terzi attraverso la

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modo in cui si utilizza la rete internet, “che da strumento per la sola condivisione documentale (la pagina web resa disponibile dal sito web remoto) diviene la porta d’accesso alle risorse elaborative di un provider (l’applicazione resa disponibile in modalità web)”.Ciò determina una vera e propria “modifica dei costumi”, già evidente nell’utenza individuale, ma “non sempre con completa consapevolezza anche dei possibili rischi derivanti dalle nuove tecnologie utilizzate” (pag. 8).Il trasferimento dei dati dai sistemi locali posti sotto il diretto controllo degli utenti ai sistemi remoti del fornitore232 “assume

vendita a consumo, sono fruiti attraverso Internet, con il conseguente trasferimento dell’elaborazione o dei dati presso i sistemi del fornitore del servizio. In questo caso l’’utente, insieme ai dati, “cede una parte importante del controllo esercitabile su di essi. Per esempio, la complessità delle infrastrutture, e la loro eventuale dislocazione su siti al di fuori dei confini nazionali, potrebbe determinare - sottolinea il Garante - l’impossibilità sia di conoscere con esattezza l’ubicazione dei propri dati nella nuvola, sia di sapere se e quando i dati vengono spostati da un luogo all’altro per esigenze organizzative, tecniche o economiche difficilmente determinabili e gestibili a priori” (pagg. 6-7).Le nuvole informatiche possono estendersi geograficamente su diversi siti e gli utenti possono ignorare dove vengano effettivamente custoditi i propri dati.

232 Si tenga anche conto - sottolinea il Garante - “che il servizio prescelto potrebbe essere il risultato finale di una catena di trasformazione dei servizi acquisiti presso altri service provider, diversi dal fornitore con cui l’utente stipula il contratto di servizio; l’utente, a fronte di filiere di responsabilità complesse, potrebbe non sempre essere messo in grado di sapere chi, dei vari gestori dei servizi intermedi, può accedere a determinati dati” (pag. 12).Né si può omettere di considerare che “il servizio virtuale, in assenza di adeguate garanzie in merito alla qualità della connettività di rete, potrebbe occasionalmente risultare degradato in presenza di elevati picchi di traffico o addirittura indisponibile laddove si verifichino eventi anomali quali, per esempio, guasti, impedendo l’accessibilità temporanea ai dati in esso conservati”.Inoltre, dato che “le ckoud sono sistemi e infrastrutture condivise basate sul concetto di risorse noleggiate a un’utenza multipla e mutevole … i fornitori … custodiscono i dati di singoli e organizzazioni diverse che potrebbero avere interessi ed esigenze differenti o persino obiettivi contrastanti e in concorrenza”.

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un ruolo centrale in ordine alla sicurezza dei dati e, quindi, all’adozione delle misure necessarie a garantirla” (pagg. 11-12).Alla luce delle osservazioni, il Garante conclude sull’argomento precisando che “prima di adottare un sistema basato sul cloud computing, è necessario … valutare attentamente il rapporto tra rischi e benefici derivanti dall’utilizzo del predetto servizio virtuale, minimizzando i primi attraverso una attenta verifica dell’affidabilità del fornitori di servizi al quale ci si intende affidare” (pag. 13)233.In particolare per la PA, considerato che gestisce per lo più dati non propri, ma riferiti ad utenti, cittadini e imprese, il trasferimento dei dati a soggetti esterni apre un capitolo inedito e da valutare con particolare attenzione, al di là del mero profilo di convenienza economica del trasferimento di programmi, dati e server.La Relazione 2010 del Garante tratta anche gli scenari attuali e le prospettive operative in merito a smartphone e tablet 234.

La stessa “conservazione dei dati in luoghi geografici differenti ha riflessi immediati sia sulla normativa applicabile in caso di contenzioso tra l’utente, sia in relazione alle disposizioni nazionali che disciplinano il trattamento, l’archiviazione e la sicurezza dei dati” (pag. 13).

233 Gli interrogativi in tema di sicurezza e tutela della privacy risultano riproposti (e rinfocolati) dai recenti blackout (più precisamente outage) occorsi a fine aprile 2011 a due giganti mondiali come Sony e Amazon, i cui server sono stati attaccati e bloccati per giorni, con la conseguente razzia di dati (compresi quelli relativi a carte di credito) riferiti a circa 80 milioni di utenti.

234 Vedi URL: http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1819937“Gli utenti - argomenta il Garante - tendono a delegare la gestione di molti aspetti della propria vita, sia personale che professionale alle nuove tecnologie, le quali fanno sempre più spesso impiego di informazioni relative alla geolocalizzazione degli interessati. Questi dati non sempre restano archiviati esclusivamente sul dispositivo, ma vengono frequentemente conservati in aree remote potenzialmente accessibili da altri utenti” (pag. 12).Inoltre gli smartphone utilizzano applicazioni (mobile apps) che consistono in servizi erogati in modalità web, “Il cui utilizzo implica ... che le informazioni

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Gli smartphone si connotano come dispositivi pervasivi che impiegano tra l’altro “sensori per la determinazione della posizione (GPS) e per l’acquisizione di altri elementi dell’ambiente circostante l’utente”.L’utilizzatore di applicazioni per smartphone “è identificabile abbastanza facilmente attraverso informazioni obiettive e concrete”; ciò determina un affievolimento della distinzione tra identità digitale e identità reale, con “maggiori pericoli dal punto di vista della sicurezza informatica”, con nuovi rischi e minacce (“es. stalking sociale, intercettazioni, furto di account di pagamento”).Aumenta pertanto la possibilità di intrecciare differenti aspetti della vita dell’utente (personale e professionale) “in modi non sempre chiari, conoscibili, prevedibili, controllabili e desiderati da parte dell’utente stesso” (pag. 14).In proposito, uno dei terreni più immediati di concretizzazione del rischio - esemplifica conclusivamente sul punto il Garante - è costituito dal “tracciamento e profilazione dell’utente a sua insaputa e disponibilità di dati univoci (IMEL, numeri di telefono) da utilizzare per esempio per la pubblicità comportamentale, per l’enforcement di un accordo di servizio o per la tutela del diritto d’autore”.Sempre in materia di riservatezza devono rilevarsi infine alcune novità sul piano legislativo piuttosto preoccupanti, indice di visioni tendenti alla compressione (o addirittura sospensione) delle garanzie volte alla tutela della privacy.Da un lato la legge in materia di “Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico …” 235

esclude l’applicabilità delle norme in materia di tutela della

personali siano spostate o copiate sulle cloud (nuvole) del fornitore del servizio”. Quella che per l’utente appare una facilitazione d’uso si connota come uno spostamento dei suoi dati in postazioni remote a lui sconosciute.

235 Legge n. 15 del 4 marzo 2009 - art. 4 comma 9.

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riservatezza personale 236 per “le notizie concernenti le prestazioni di chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione”. Dall’altro il cosiddetto ‘decreto milleproroghe’ 2011 237 introduce l’obbligo, per i “centri di procreazione medicalmente assistita” (Pma), di fornire “i dati richiesti al Ministero della Salute”; una formulazione talmente ampia e generica, da non escludere in teoria l’elenco delle pazienti sottoposte a trattamento.A livello più generale, e sovranazionale in particolare, ulteriori fattori di compressione delle garanzie apprestate a tutela della privacy rinvengono dalle periodiche emergenzialità correlate, per esesempio, alla lotta al terrorismo238.Resta così confermato che il cyberspazio costituisce un campo strategico su cui si gioca la fondamentale partita per la libertà dei cittadini.Di fronte ai preoccupanti indirizzi normativi, nazionali e sovranazionali, appare particolarmente calzante l’affermazione secondo la quale “se la privacy viene messa fuori legge, solo i fuorilegge avranno privacy” 239.

236 Decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

237 Decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010, convertito con modificazioni in legge n. 10 del 26 febbraio 2011, recante “proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”.

238 Secondo uno massimi responsabili delle agenzie di sicurezza USA, in una società esposta al terrorismo la privacy si connoterebbe non come diritto all’anonimato, ma esclusivamente come un insieme di regole e garanzie circa il ‘buon uso’ che l’amministrazione si impegnerebbe a fare dei dati personali (Donald Kerr, discorso pronunciato il 23 ottobre 2007).

239 Philip Zimmermann, autore del software ‘Pretty Good Privacy’ (abbastanza buona privacy), realizzato per garantire la sicurezza nella trasmissione dei messaggi di posta elettronica. Il programma si basa su una doppia chiave di accesso, una pubblica (per la codifica, ossia criptazione del messaggio) e l’altra

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c) il diritto all’oblio (e l’identità in rete)

La memoria umana non è fissa: cambia e risente della capacità biologica di ricordare e dimenticare; i ricordi remoti vengono dimenticati, per far posto a quelli più recenti. I soggetti incapaci di dimenticare sono ossessionati dal passato. “La memoria porta gli umani a perdere i dettagli” 240 (oltre a renderli incapaci di ragionare, perché incapaci di “filtrare” le informazioni salienti).Grandi quantità di informazioni vengono declassificate e abbandonate, perché ritenute non rilevanti. L’oblio biologico (oltre che necessario) è utile per trattenere solo i ricordi preziosi, le memorie recenti. D’altronde la continua potatura neuronale e sinaptica rende la mente flessibile e le conferisce grande capacità di adattamento. Nell’antica Roma per i condannati per fatti particolarmente gravi era prevista la “dannatio memoriae”: per impedire che ne fosse mantenuto il ricordo, scompariva il nome dalle iscrizioni, venivano distrutte le immagini e le statue241.

privata (per la decodifica).

240 Jorge Luis Borges, Funes (el memorioso). O della memoria, in Finzioni, Adelphi, Milano, 2003.

241 Stefano Rodotà, Dai ricordi ai dati l’oblio è un diritto?, in Repubblica, ed. L’Espresso, Roma, 30 gennaio 2012, pag. 50.“In Francia, nel 1598, dopo una stagione di guerre laceranti, l’Editto di Nantes stabilì che ‘la memoria di tutte le cose accadute da una parte e dall’altra, dall’inizio del mese di marzo 1585 fino al nostro avvento al trono, rimanga spenta e assopita come di cosa non avvenuta. Vietiamo a tutti i nostri sudditi, di qualunque ceto e qualità siano, di rinnovarne la memoria’”.

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Oggi la “dannatio memoriae”si è trasformata in “dannatio ricordo”, nella persistenza delle tracce di ogni persona.Infatti con i processi di digitalizzazione, la memorizzazione e l’indicizzazione delle informazioni si perviene alla loro persistenza nel tempo. Il controllo dell’informazione permette il controllo sull’individuo, l’individuo a cui si riferisce l’informazione.“Chi controlla il passato … controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato” 242.“Che cosa diventa la persona quando viene consegnata alle banche dati e alle loro interconnessioni, ai motori di ricerca che rendono immediato l’accesso a qualsiasi informazione, quando le viene negato il diritto di sottrarsi allo sguardo indesiderato, di ritirarsi in una zona d’ombra?” 243.Si delinea l’avvento di un futuro “incapace di perdonare, perché non può più dimenticare” 244. Scherzando (ma non troppo), si aggiunge infatti che “Dio perdona e dimentica, la rete no” 245.

242 George Orwell (Eric Arthur Blair), 1984, Mondadori, (ristampa) 2009, Milano, pag 37 (titolo originale dell’opera Nineteen Eighty-Four, 1949, Londra, Arnoldo Mondadori, 1950, Milano).

243 Stefano Rodotà, ibid.

244 Viktor Mayer-Schöenbrger - Delete - Diritto all’oblio nell’era digitale, Egea, Milano, 2010.

245 Espressione più volte ripetuta da Viviane Reding, Commissario UE per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, presentatrice delle proposte di regolamentazione a tutela della privacy (vedi infra).

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Sembra di poter richiamare il ‘Panopticon’ 246, emblema del ‘potere invisibile’ in grado di controllare in modo permanente tutto e tutti, e strumento per dissociare la coppia “vedere-essere visto”. Chi vede non è visto, chi non vede è visto247. Ma “chi sorveglia il sorvegliante (Quis custodiet custodes?”) 248.Si realizza così una sorta di camera oscura, che consente di osservare (spiare) le persone senza essere visti. In questo contesto “la visibilità è una trappola”. Il sorvegliato “è visto, ma

246 Struttura (ideata nel 1794 da Jeremy Bentham), costituita da una torre, posta al centro di un edifico radiocentrico, suddiviso in celle tra loro non comunicanti, per consentire ad un solo sorvegliante (‘opticon’) di controllare tutti (‘pan’) i sorvegliati (detenuti, ammalati, psicopatici, operai, ecc.) senza che questi possano accorgersi di essere sorvegliati. Ogni cella ha due finestre: una che dà verso l’interno, di fronte alla torre, l’altra, verso l’esterno, per consentire alla luce di attraversare per intero la cella. “Per effetto del controluce, si possono cogliere dalla torre, stagliantisi esattamente, le piccole silhouttes prigioniere nelle celle”. Ogni cella costituisce una piccola gabbia, un piccolo teatro, “in cui ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile … La folla (brulicante nelle vecchie prigioni) … è abolita in favore di una collezione di individualità separate … Il principio della segreta viene rovesciato; o piuttosto, delle sue tre funzioni - rinchiudere, privare della luce, nascondere - non si mantiene che la prima e si sopprimono le altre due. La piena luce e lo sguardo di un sorvegliante captano più di quanto facesse l’ombra, che, alla fine proteggeva” (Michel Focault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gallimard, Paris, 1975 - trad. ital. di Alcesti Tarchetti, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino, 1976, pag. 218.In una siffatta struttura i reclusi sono indotti a modellare i propri comportamenti in virtù della minaccia permanente di una sorveglianza inverificabile. L’invisibile onniscienza del sorvegliante è volta a indurre i sorvegliati ad assumere i comportamenti imposti alla loro condizione. “Il detenuto non deve mai sapere se è guardato, nel momento attuale; ma deve essere sicuro che può esserlo continuamente” (Michel Focault, ibid., pag. 219).La forza del Panopticon “è di non intervenire mai, ma di esercitarsi spontaneamente e senza rumore”(Michel Focault, ibid., pag. 224).

247 Michel Focault, ibid., pag. 220. - pag. 69 del PDF

248 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit., pag. 196.

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non vede; (risulta così) oggetto di una informazione, mai soggetto di una comunicazione” 249, in una condizione di “solitudine sequestrata e scrutata” 250.L’importante non è che i sorvegliati “vedano chi li vede: importante è che sappiano che c’è qualcuno che li vede, o meglio che li può vedere” 251.Uno strumento più moderno, ma con le stesse finalità, è “il teleschermo che riceve … e trasmette … contemporaneamente”, attraverso il quale ognuno può “essere sia visto che sentito”, anche se nessuno sa se e quando è sotto osservazione (da parte della “Psicopolizia”), con quale frequenza e con quali sistemi 252.Si crea quindi un rapporto asimmetrico ‘comando-obbedienza’: “il principe è tanto più capace di farsi ubbidire quanto più è onniveggente, ed è tanto più capace di comandare quanto più è invisibile … Colui che comanda è tanto più terribile quanto più è nascosto (il suddito sa che chi lo vede c’è, ma non sa esattamente dov’è); colui che deve ubbidire è tanto più docile quanto più è scrutabile e scrutato in ogni suo gesto, atto o parola” 253.Maggiore è il potere detenuto, maggiore è la possibilità di mantenere (la persistenza de)i ricordi.

249 Michel Focault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, op. cit., pag. 218.

250 Jeremy Bentham, Panopticon, in Works, ed. John Browring, London, 1843, tomo IV, pagg. 60-64, cfr. tav. 17.

251 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit., pag. 194.

252 George Orwell, op. cit., pagg. 6-7.

253 Norberto Bobbio, ibid., pag. 195.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

In rapporto alla ‘rete delle reti’, informazioni, dati, immagini, ecc., una volta inseriti in essa, saltellano da un computer all’altro e attraversano, come un fulmineo flusso aeriforme, apparecchiature informatiche (‘devices’) anche remote, in grado di catturarli, modificarli e/o manipolarli; i dati originariamente immessi assumono così una soggettività propria, completamente distinta e distante dall’originario soggetto produttore ed entrano nella disponibilità di chiunque, in qualunque parte del mondo e per qualsiasi finalità. Il carattere virale del meccanismo di propagazione ne consente una divulgazione e replicazione fulminea ed incontrollabile (così come, in ipotesi, un ‘ritorno’ indietro anche nella forma di un catastrofico tsunami elettronico con devastanti effetti in termini di immagine). Di converso, tenuto conto che la gran parte delle informazioni riguardanti le persone circola a loro insaputa, l’astinenza digitale non costituisce un antidoto efficace alla pervasività del sistema. Per non dire di possibili effetti paranoici di ‘auto-censura’.L’identità di una persona diviene pertanto la variegata risultante di una poliedrica etero-costruzione cui contribuiscono tanti altri soggetti che, alimentando (e attingendo dal)la sterminata varietà di banche-dati, la segmentano e ne moltiplicano i profili: sembra la riproposizione in chiave moderna dello straordinario romanzo “Uno, nessuno e centomila” 254: il profilo (i profili) di ognuno, appetito da nuovi “cacciatori di taglia/identità” e custodito in luoghi per lo più misteriosi e s-conosciuti, può essere ri-costruito a piacimento, utilizzando, come nel “cubo di

254 Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Bemporad, Firenze, 1926.

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Rubik” 255, quadranti palesi o nascosti (nonché costruendone artificiosamente di altri), in un gioco infinito in cui alla fine risulta arduo separare il vero dal verosimile e, soprattutto, dal falso. In questo modo anche “la menzogna diventa … un fatto storico, quindi vero”256.Andando al di là dell’identità protea257 (fluida e variegata ma comunque sotto controllo) e forse anche dello stesso modello di ‘identità liquida’ 258 (espressione di una più generale ‘modernità liquida’, con l’avvento anche della “scrittura liquida” - vedi capitolo Trasparenza e internet), ci si avvia verso un’impalpabile identità aeriforme, caratterizzata dalla persistenza digitale, testimone (a prova di Alzhaimer) della ‘storia delle identità’ sedimentate e stratificate nel tempo in rete (e quindi ghiotto terreno di ricerche e scorrerie di ‘archeologi virtuali’ a caccia delle indelebili testimonianze ‘fossili’ del nostro passato, divenuto eterno presente).

255 “Il Cubo di Rubik, o Cubo magico (Rubik-kocka in ungherese) è un celebre rompicapo (in particolare un twisty puzzle) inventato dal professore di architettura e scultore ungherese Ernő Rubik nel 1974”.“Il Cubo di Rubik presenta 9 quadrati su ogni faccia, per un totale di 54 quadrati. Solitamente i quadrati differiscono tra loro per il colore, con un totale di 6 colori differenti. Quando il Cubo di Rubik è risolto, ogni faccia ha tutti i nove quadrati dello stesso colore. Il rompicapo ha celebrato il 25º anniversario nel 2005, anno nel quale è stata presentata una versione speciale del cubo, con il logo ufficiale - Rubik's Cube 1980-2005 - stampato su un quadrato di colore bianco”.(fonte: wikipedia - URL: http://it.wikipedia.org/wiki/Cubo_di_Rubik).

256 George Orwell, 1984, op. cit., pag. 37.

257 Robert Jay Lifton, The Protean Self, Basic Books, New York, 1993. - rif. in http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Jay_Lifton e http://altrimondi.gazzetta.it/2010/07/facebook-e-la-condanna-alleter.html

258 Zigmunt Bauman, Intervista sull'identità, (a cura di) Benedetto Vecchi, Laterza, Roma, 2003.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Dalla scatola fisica prima contenente documenti, foto, immagini, registrazioni video e audio (frutto di nostre scelte e selezioni per mantenere i nostri ricordi), si passa a una scatola virtuale in cui gli altri possono scrutare, ascoltare, estrarre, selezionare, manipolare e utilizzare a piacimento per i propri scopi e obiettivi. Il nostro passato, anche remoto, diviene un gigantesco bagaglio (e potenzialmente opprimente fardello) di cui risulta impossibile sbarazzarsene.La poliedrica e contemporanea costruzione di molteplici identità rende d’altronde superflua la stessa pratica delle false identità (avatar, nickname, scambi di ruolo uomo-donna) prima ricorrenti nelle chat.Si avvia così un processo di profonda trasformazione della persona, in quanto “cambiano anche le relazioni sociali” e diventano “transitori i legami. Le relazioni tra le persone risultano ‘deboli’ … L’instabilità … diventa … il tratto distintivo dell’esperienza di vita delle persone”.“Identità deboli, in continua riconfigurazione, e distribuite su episodi e aspetti diversi, che vengono spesi di volta in volta in funzione delle occasioni e degli interlocutori. Episodi come frammenti di identità in costruzione, dove non è chiaro non tanto quale sarà lo stato finale, quanto il punto d’equilibrio che stabilisce la coerenza comportamentale. Identità, appunto, episodiche” 259.Con internet viene anche rimodulato il rapporto tra legami forti e legami deboli e risulta allargata la cerchia dei secondi.

259 Sebastiano Bagnara, Trasformazione e complessità dei lavoratori della conoscenza: le identità delle persone, in Federico Butera, Sebastiano Bagnara, Ruggero Cesaria e Sebastiano Di Guardo (a cura di), Knowledge working, Lavoro, lavoratori, società della conoscenza, Mondadori Università, Milano, 2008, pag. 50.

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“Prima di internet vivevamo in una società di piccole scatole - la famiglia, il paese, il lavoro, ecc. - al cui interno eravamo uniti agli altri da legami forti. Con internet disponiamo di passerelle verso molte altre scatole, vale a dire realtà sociali con le quali magari conserviamo solo legami deboli” 260.La possibilità di arte-fare nuovi profili virtuali esalta e amplifica anche quella che, a livello di dinamiche di gruppo e relazioni

260 Antonio Casilli, Les liaisons numériques. Vers una nouvelle socialité, Seuil, Paris, 2010.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

inter-personali, è definita “finestra di Johari” 261, ossia il modello grafico di rappresentazione della consapevolezza di se’.Infatti, in tale contesto di interrelazioni, oltre a prodursi una dilatazione di quella che viene indicata come “arena”, o “area pubblica” (l’io manifesto, conosciuto a ognuno di noi e agli altri), aumentano le possibilità di amplificare la cosiddetta “area

261 La “finestra di Johari” (Johari window) è un’espressione coniata nel 1963 da Joseph Luft e Harry Ingham, ricercatori dell’Università della California; costituisce un modello di rappresentazione della consapevolezza di se’, riguardo alle emozioni, i comportamenti e le relazioni inter-personali.La “finestra di Johari” è formata da quattro quadranti:- Q1 - aperto (noto a me, noto agli altri)- Q2 - cieco, (ignoto a me, noto agli altri)- Q3 - segreto, occulto (noto a me, ignoto agli altri)- Q4 - sconosciuto, ignoto (ignoto a me, ignoto agli altri).

NOTO A MEIGNOTO A MENOTO AGLI ALTRIQ1

area apertaarenaQ2

area cieca

IGNOTO AGLI ALTRIQ3area segreta, privata, occulta

facciataQ4area sconosciuta, ignota

inconscio- Q1 - rappresenta l’area pubblica, l’arena (l’io manifesto)- Q2 - rappresenta l’area cieca (l’io sconosciuto)- Q3 - rappresenta l’area privata, la facciata (l’io intimo)- Q4 - rappresenta l’area ignota, l’inconscio (l’io occulto).

NOTO A MEIGNOTO A ME

NOTO AGLI ALTRIQ1

caratteristiche fisichecomportamenti

motivazionisentimentiQ2

atteggiamenti

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cieca”, ossia l’area sconosciuta a ognuno di noi e nota agli altri, in virtù dei segnali che ognuno involontariamente trasmette alle persone con cui entra in relazione. Fenomeni che possono risultare ulteriormente amplificati, in una sorte di “Panopticon capovolto”, nei casi in cui “tutti scrutano l’uno che si espone volontariamente all’occhio planetario”262, “mentre ogni pretesa d’’intimità suscita diffidenza (cos’avrà da nascondere?)” 263.

comportamentimotivazionisentimenti

difese

IGNOTO AGLI ALTRIQ3

conoscenzepreferenze

valoriassunzioniintenzioni

sentimentiQ4comportamenti

conflittisentimenti

motivazioniFonte: I fondamenti della comunicazione, (a cura di) Roberto Ibbahttp://www.corteancona.it/Formazione/corsi_2006/comunicazione_verbale_scritta/materiale_corso/Ibba%20-I%20fondamenti%20della%20comunicazione.pdfIn un ambiente favorevole il soggetto tende a ridurre l’area della facciata (privata), a vantaggio dell’arena (area pubblica). L’apertura è dettata dall’esigenza del soggetto di sentirsi partecipe del gruppo, aprendosi di più agli altri.v. Joseph Luft, Introduction à la dynamique des groupes, Toulouse, 1968 - trad. in ital. di Pier Luigi Bemporad e Margherita Ciacci Berardi, La Nuova Italia, Firenze, 1973.

262 Stefano Rodotà, La vita e le regole, Feltrinelli, Milano, 2007, pag. 103.

263 Carlo Formenti, Cybersoviet - utopie postdemocratiche e nuovi media, Raffaello Cortina, Milano, 2008, pag. 221.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Interrogativi angoscianti sorgono poi a voler dar credito a talune affermazioni, secondo le quali lo sviluppo delle nuove tecnologie renderebbe ineluttabile avere “zero privacy” 264, perché si tratterebbe solo di “una preoccupazione del vecchio mondo” 265, e quindi nient’altro che un’anticaglia da rottamare.Una funzione strategica è svolta dagli ‘aggregatori di informazioni’ (comunemente chiamati “motori di ricerca”), a proposito dei quali si pone però il problema dell’attendibilità delle fonti e della mobilità del confine (“limes” nell’accezione latina), ossia dell’area di contatto e di reciproca influenza e sovrapposizione tra verità-verosimiglianza-falsità delle notizie.Occorre anche considerare che i motori di ricerca memorizzano ogni accesso realizzato a un qualunque sito, da quali luoghi sono partite le interrogazioni e quando queste sono avvenute.Google è in assoluto il massimo detentore del ‘database delle (nostre) intenzioni’, “ovvero il risultato aggregato di ogni ricerca inserita nel motore, di ogni lista di risultati presentata, e di ogni percorso seguito sulla base di quei risultati”.Si tratta di un “enorme database di ‘clickstream’ (percorsi seguiti in rete e flussi di navigazione), di desideri, necessità, volontà e gusti che possono essere scoperti, citati, archiviati, registrati e sfruttati per finalità di ogni sorta” 266.

264 “You have zero privacy!”: questa l’affermazione (del 26 gennaio 1999) poco tranquillizzante di uno dei massimi dirigenti di un colosso informatico USA.

265 Mark Zuckerberg (Facebook) e Evan Williams (Twitter).

266 John Battelle, Google e gli altri, come hanno trasformato la nostra cultura e riscritto le regole del business, Cortina, Milano, 2006, pag. 17.

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Pertanto Google costituisce ormai “un potere a se’, superiore a quello di un’infinità di Stati nazionali, con i quali negozia appunto da potenza a potenza”.“E’ interlocutore quotidiano di centinaia di milioni di persone alle quali offre la possibilità di entrare e muoversi nell’universo digitale”. Ma in tal modo “governa corpi, conoscenza, relazioni sociali” ed esercita “un potere sovrano … senza controllo sulle vite di tutti noi” 267. Un potere immenso, che gli ha conferito il ruolo di “un ‘decisore finale’ sciolto da ogni vincolo o controllo in materia, di rilevanza planetaria” 268.A differenza dell’attività delatoria svolta da Yahoo! 269, il conflitto con la Cina ha permesso a Google di accreditarsi politicamente e presentarsi come il campione dei diritti civili a livello mondiale.E’ passato in secondo piano che, comunque, Google rimane parte integrante di quel gigantesco sistema tentacolare chiamato ‘big data’ 270 (“con un palese richiamo a quel ‘big

267 Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, in Politica del diritto, n. 3, 2010, Il Mulino, Bologna, pag. 341.

268 Jeffrey Rosen, Google’s Gatekeepers, in New York Times Magazine, 28 novembre 2008. - rif. in Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, op. cit., pag. 349

269 L’altro gigante mondiale dei motori di ricerca, che ha consegnato il Governo cinese le informazioni relative ad un giornalista dissidente, poi arrestato e condannato.

270 David Bollier, The Promise and Peril of Big Data, Aspen Institute, Washington DC, 2010. - rif. in Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, op. cit., pag. 342.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Pharma’ 271, con il quale si è voluto descrivere lo strapotere delle società farmaceutiche”)272. Big data in progressiva, costante crescita a ritmi esponenziali273.Attraverso il software di indicizzazione, il motore di ricerca associa alla pagina visualizzata inserzioni pubblicitarie specifiche connesse alle parole o frasi ricercate.Grazie al proprio software di indicizzazione e al gigantesco hardware274 approntato per “archiviare, organizzare e presentare quella che è ormai una copia privata, costantemente aggiornata, del world wide web, Google è in grado di generare e gestire un mercato pubblicitario con profitti altissimi e un costo del lavoro irrisorio” 275.“Il rapporto fra il motore e i suoi utenti si basa su uno ‘scambio ineguale’: comodità contro valore. Infatti gli utenti ‘pompano’ informazioni - su di se ma anche su tutte le persone con cui sono 271 Jacki Law, Big Pharma, Come l’industria farmaceutica controlla la nostra salute - trad. ital. di Stefano Suigo, Einaudi, Torino, 2006.

272 Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, op. cit., pag. 342.

273 Nel 2010 tutti i dati del mondo erano 1,2 zettabyte (uno zettabyte, ossia 1.000 7 byte, è pari un miliardo di terabyte; un terabyte è formato all’incirca da mille e cento miliardi di byte. Si stima che nel 2020 saranno circa 40 zettabyte (Antonio Dini, Le insidie della nuvola, in Nòva-Il Sole 24 Ore, 19 maggio 2011).

274 La reale potenza di calcolo di Google costituisce uno dei più grandi segreti, gelosamente custodito. Secondo le statistiche ufficiali disporrebbe di 10.000 server. Alcuni analisti ne stimano il numero tra 150.000 e 170.000. Secondo un rapporto (giugno 2006) del New York Times i server a disposizione di Google sarebbero addirittura 450.000, a fronte dei 200.000 di Microsoft.David F. Carr, How Google works, in Baseline W. http:/www.baselinemag.com/c/a/Infrastructure/How-Google-Works-1, 6 luglio 2006, ultima visita 9 settembre 2009.

275 Mauro Santaniello, Diritti umani nel ciberspazio. Patrimonio, persona e lex digitalis, op. cit., pag. 434.

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in contatto - nei data base di Google ogni volta che usufruiscono dei servizi (ricerca, posta elettronica, gadget, programmi utilizzabili via internet, mappe, ecc.); e in questo modo consentono a Google di rendere sempre più mirata e flessibile la comunicazione pubblicitaria e l’offerta di ulteriori servizi, che in questo modo vanno a colpire fette sempre più sottili della ‘coda lunga’”, determinando un processo riassumibile nell’ossimoro “personalizzazione di massa” 276, che produce una nuova forma di “consumismo personalizzato” 277.Anche la piattaforma You-tube, su cui ogni utente della rete può scaricare video, “fa largo uso di annunci pubblicitari che sfruttano il cosiddetto ‘content targeting’, una tecnologia che consente di scandagliare il testo di una pagina e associarvi diversi annunci pubblicitari in maniera automatica, sulla base della pertinenza tra i contenuti della pagina e le parole chiave acquistate dall’inserzionista” 278.Molte delle applicazioni utilizzate sui ‘social network’ risultano confezionate in modo tale da poter trasmettere fuori dalle relative piattaforme (a società di pubblicità) i dati delle persone che le usano (Id identificativi, browser utilizzati, luogo di residenza, pagine visitate). La stessa connessione a un’applicazione, a un sito da parte di un soggetto consente a

276 Carlo Formenti, Cybersoviet - utopie postdemocratiche e nuovi media, op. cit., pag. 9.

277 Ippolita.net, Luci e ombre di Google, Feltrinelli, Milano, 2007. indirizzo URL: http://www.ippolita.net/google.

278 Mauro Santaniello, Diritti umani nel ciberspazio. Patrimonio, persona e lex digitalis, op. cit., pag. 434.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

questo stesso sito l’acquisizione dei profili e dei dati utenti di tutta la rete dei soggetti con cui egli risulta in relazione.Sempre a proposito di ‘social network’, la stessa eventuale precauzione di limitare l’accessibilità ai propri dati, selezionando i soggetti con cui condividerli, non pone completamente al riparo. I dati, una volta immessi in rete, rimangono comunque a disposizione del sito, tanto che, anche cancellandosi, in caso di successiva re-iscrizione, dalla profondità delle memorie riappare il vecchio profilo.L’offerta gratuita di nuove risorse informatiche e servizi sempre più residenti in rete comporta “la concentrazione dell’intelligenza della rete presso alcuni nodi particolari, a detrimento del carattere diffuso e disperso che le risorse di internet avevano assunto agli albori”.“L’intelligenza della rete” va progressivamente concentrandosi presso i grandi sistemi centrali di elaborazione, “a cui gli utenti accedono utilizzando terminali … privi di significative capacità di elaborazione e di archiviazione”.Si va così realizzando una “progressiva sostituzione dei personal computer con dispositivi (mobili, come per es. smartphone, etc.)279 dalle potenzialità di elaborazione molto più ridotte” che consentono ai colossi mondiali del software penetranti ed invasi meccanismi di controllo. “Su questi (piccoli) dispositivi le licenze d’uso e il codice di firmware (sequenza di istruzioni) sono persino più vincolanti per l’utente, come dimostrano i casi sempre più frequenti di

279 Pare ormai inarrestabile la tendenza a una sempre più massiccia utilizzazione di App, applicazioni poste su dispositivi mobili.

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cancellazione da remoto di programmi e contenuti”280, effettuata sotto il paravento di opzione di sicurezza.A distanza di ben otto secoli dalla prima codificazione del principio dell’’habeas corpus integrum’ 281, l’integrità e intangibilità del corpo in senso fisico (ora anche interfaccia tra noi e il mondo virtuale), si pone ora il problema della tutela della intangibilità del ‘corpo elettronico’ (habeas data? 282, ossia l’habeas corpus digitale) di ogni individuo, ossia delle informazioni che lo riguardano, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nella categoria dei ‘dati sensibili’.Un problema estremamente delicato e complesso, che non può essere lasciato alla volontà unilaterale dei colossi mondiali di raccolta e aggregazione di informazioni. Tra i possibili meccanismi di tutela si segnala la proposta di conferire una scadenza alle informazioni (‘expiration date for information’) 283, un limite temporale oltre il quale le stesse non possano più essere utilizzate (né, ovviamente, rimanere presenti nelle memorie dei motori di ricerca). Si tratta, in altri termini, di garantire il “diritto a rendere silenziosi i chips” 284 (del resto vi

280 Mauro Santaniello, Diritti umani nel ciberspazio. Patrimonio, persona e lex digitalis, op. cit., pagg. 439-440.

281 Sancito il 15 giugno 1215 nell’ambito della ‘Magna Charta Libertatum’, emanata presso Runnymede dal re inglese Giovanni Senzaterra a seguito della rivolta dei baroni.

282 Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, op. cit., pag. 349.

283 Viktor Mayer-Schöenberger, Delete - Diritto all’oblio nell’era digitale, op. cit.

284 Stefano Rodotà, L’identità al tempo di Google, in la Repubblica, 14 dicembre 2009, Gruppo ed. l’Espresso, Roma, pag. 31.

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sono software 285 che consentono a chi immette files in rete di pre-determinare il lasso di tempo entro il quale gli stessi rimangono nella pubblica disponibilità).L’enorme quantità di dati quotidianamente immessi in rete286, potenzialmente destinati a non scomparire, ha indotto la Commissione UE a presentare al Parlamento europeo due provvedimenti a tutela dei cittadini.Si tratta di una direttiva (che andrà poi recepita da ogni Paese) per la protezione dei dati relativi a provvedimenti giudiziari, misure di sicurezza e polizia e di un regolamento (immediatamente in vigore, una volta approvato) volto a disciplinare gli altri in modo omogeneo e uniforme in tutta la UE287.

285 Quali, a esempio drop.io.

286 Quantificata a fine 2011 in centomila tweet al minuto, un milione di commenti su Facebook ogni due minuti e 4 milioni di dati sensibili al giorno, 500 miliardi di minuti trascorsi in rete al mese.

287 La proposta di regolamento, sottoposta al Parlamento europeo su iniziativa del Vicepresidente e Commissario UE (giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza) Viviane Reding, d’intesa con i Garanti europei della privacy, si muove lungo le seguenti direttrici:1) l‘onere di dimostrare l’illiceità del trattamento dei dati non più posto a carico dei cittadini; dev’essere il titolare del trattamento a dimostrarne la liceità;2) il consenso all’utilizzo dei dati dev’essere esplicito;3) l’eventuale perdita di dati a seguito di attacco informatico dev’essere subito comunicata;4) pubbliche amministrazioni e imprese con oltre 50 dipendenti devono nominare un ‘data protection officier’;5) per l’uso illecito dei dati qualcuno deve comunque risponderne;6) per ogni nuovo strumento tecnologico o nuova applicazione dev’esserne valutato l’impatto sulla privacy (PIA, privacy impact assessment);7) va garantita la ‘portabilità’ dei dati (a esempio nel passaggio da un social networl a un altro).

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I dati personali costituiscono il “non oscuro oggetto del desiderio” per diversi tipi di business e motori di ricerca; eppure “le nostre foto, i nostri video e i nostri contatti appartengono solo a noi, non alla società sul cui sito carichiamo il nostro profilo” 288.Tornando alla persistenza digitale va rilevato che la negazione del ‘diritto all’oblio’ può talvolta rappresentare paradossalmente una garanzia di trasparenza: la sopravvivenza dei dati nella cosiddetta ‘memoria cache’ dei motori di ricerca consente di misurare infatti la coerenza ‘storica’ di un soggetto attraverso il monitoraggio-scansione delle performances, con la valutazione di ciò che è stato detto e fatto nel corso del tempo. Il prodotto di tale impietosa ‘vivisezione’ del passato contribuisce a determinare la “web reputation” (o, di converso, la ‘bancarotta reputazionale’) dello stesso soggetto.Il diritto all’oblio pone anche interrogativi relativi al “rapporto tra memoria individuale e memoria sociale”. In altri termini, “può il diritto della persona di chiedere la cancellazione di alcuni dati trasformarsi in un diritto all’autorappresentazione, alla riscrittura stessa della storia, con l’eliminazione di tutto ciò che contrasta con l’immagine che la persona vuol dare di se’?”. Per questa strada il diritto all’oblio sarebbe destinato a scivolare verso “la falsificazione della realtà”, trasformandosi in

La proposta di nuova regolamentazione UE si aggiunge ad iniziative già avviate per l’utilizzo responsabile delle tecnologie online, soprattutto a tutela di bambini e giovani.Una di queste iniziative, Safer Internet Day: Think B4 post”, si svolge annualmente nel mese di febbraio.

288 Viviane Reding, Vicepresidente e Commissario UE, Se a controllare i nostri dati siamo noi, in Repubblica, 27 gennaio 2012, ed. L’Espresso, Roma, pag. 39.

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“strumento per limitare il diritto all’informazione, la libera ricerca storica, la necessaria trasparenza” 289.Come (non programmato) contraltare alla persistenza digitale vi è il problema della rapidissima obsolescenza e sostituzione dei ‘supporti’ digitali (sia hardware che software) contenenti le informazioni. La travolgente innovazione digitale produce una continua rincorsa alla produzione di nuovi supporti, sempre più veloci e capaci di memorizzare informazioni, riducendo i costi e i tempi di registrazione. Ma, a differenza a esempio della carta, che ha consentito finora la conservazione e la lettura dei documenti a distanza di diversi secoli, si pone il problema della leggibilità di documenti, filmati (sonori e video), registrazioni musicali di appena pochi anni fa.

289 Stefano Rodotà, Dai ricordi ai dati l’oblio è un diritto?, op. cit.., Repubblica, 30 gennaio 2012.

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3) LA TRASPARENZA

Disponibilità di dati e informazioni

I documenti e le informazioni possono giungere ai destinatari attraverso diverse modalità: accesso, diffusione, disponibilità.Premesso che dell’atteggiamento attivo del richiedente in merito all’accesso si è già detto, va aggiunto che la ‘diffusione’ rientra tra le attività di comunicazione delle amministrazioni pubbliche.Peculiare importanza riveste la “disponibilità, intesa come predisposizione di fonti informative per un pubblico generico e non determinato a priori … La pubblica amministrazione prepara le informazioni e le raccolte documentarie, ne garantisce la manutenzione, predispone gli strumenti per facilitare l’accesso alle informazioni”.“La disponibilità è basata sulla costruzione di ‘luoghi’ dove raggiungere liberamente l’informazione creata”, organizzata in contenitori nei quali può essere consultata e recuperata.Pertanto “è la disponibilità lo strumento che più si adatta alle esigenze di trasparenza” 290.

Il principio di trasparenza

Nella letteratura giuridica, anche straniera291, la trasparenza è intesa come “contenitore all’interno del quale si collocano,

290 Fernando Venturini, L’informazione pubblica dalla carta al web, op. cit., pag. 24.

291 Bruno Lasserre, Noelle Lenoir, Bernard Stirn, La transparence administrative, Presses Universitaires de France, Paris, 1987.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

stratificandosi, istituti diversi, che comunque hanno lo scopo di rendere conoscibili gli apparati amministrativi”.In Italia con la riforma introdotta nel 2005292 la trasparenza, intesa come principio generale, entra a far parte della legge 241/90 e risulta sovrapposta (sostanzialmente assimilata) all’accesso.Accesso e trasparenza sono comunque accomunati dalla appartenenza ai cosiddetti ‘diritti della quarta generazione’.“Dopo il riconoscimento dei diritti connessi all’inviolabilità della persona (habeas corpus), dei diritti di libertà, discendenti prevalentemente dalle Costituzioni dell’800 come diretta filiazione della Rivoluzione francese, dei diritti sociali (connessi alla realizzazione del cosiddetto ‘stato sociale’, che rende prestazioni, servizi e assistenza ai cittadini)”, questi nuovi diritti “costituiscono un’ulteriore generazione, propria di una democrazia più matura, che potremmo definire … ‘diritti amministrativi’” 293.Nella dottrina francese si teorizza, per esempio, “le droit à la transparence de l’administration”, specie nell’ambito della “nouvelle generation des droits, liés aux progrès technologiques” 294.“Nuovi diritti: espressione tanto generica sul piano tecnico, quanto chiara nella esigenza che esprime” e con caratteri di

292 Legge n. 15 dell’11 febbraio 2005.

293 Italo Franco, Trasparenza, motivazione e responsabilità: partecipazione e diritti di accesso nella legge 241 del 1990. Rapporti con preesistenti normative, in Il Foro amministrativo, 1992, Giuffrè, Milano, pag. 1282.

294 Jean Paul Costa, Les libertés publiches en France et dans le mond, Politique étrangère, Sth, Paris, 1986, vol. 51, n. 3, pagg. 807-808 - indirizzo URL: http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/polit_0032-342x_1986_num_51_3_3611_t1_0807_0000_3

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“non degradabilità, assolutezza, prevalenza di fronte all’interesse pubblico comunque prospettato” 295.Diritti, quindi, espressione di una democrazia matura, e non semplici ‘desiderata’ di pochi “cittadini allo stato brado e qualche studioso” 296.E’ pur vero però che, a livello normativo, l’entrata in scena della trasparenza dalla porta accessoria dell’accesso ne limita ab origine orizzonti significativi in termini di ‘promozione di conoscenza’. In tale contesto, infatti, non pare perseguita realmente una ‘conoscenza diffusa’, ma (molto più modestamente) una conoscenza soggettivamente delimitata, diversamente da quanto avviene in altri Paesi, quali per esempio gli USA, ove l’accesso, introdotto sin dal 1966297, è aperto a tutti, riconosciuto “open to all”.A differenza dell’accesso, soggettivamente delimitato, la trasparenza si connota come un vero e proprio “diritto alla conoscenza” riconosciuto a chiunque ed “esprime una condizione permanente di conoscibilità che si impone costituzionalmente come regola dell’organizzazione e dell’attività amministrativa” 298. Essa riassume quindi “un modo

295 Andrea Orsi Battaglini, L’astratta e infeconda idea, op. cit., pag. 70.

296 Pessimistica espressione usata nel febbraio 1988 nel corso del Convegno di Messina dal prof. Mario Nigro, Presidente, come già accennato, della Commissione i cui studi nei primi anni ’80 hanno costituito la base per la legge (241/90) sul procedimento amministrativo e il diritto di accesso.

297 Freedom of Information Act.Ispirandosi al Freedom of Information Act, è stata avviata sul web l’iniziativa “FOIA.IT”, volta a rivendicare l’adozione in Italia di analoghe norme, al fine garantire il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione. A questo proposito il FOIA.IT ha pubblicato “dieci buoni motivi per volere una legge sulla trasparenza della P.A.”.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

di essere dell’amministrazione, un obiettivo, un parametro cui commisurare lo svolgimento dell’azione amministrativa” 299.La trasparenza si muove nell’ottica del controllo “con finalità non egoistiche”, ma “di tipo democratico” 300.“Il grado di realizzazione della pubblicità dei documenti … è indice dello stato di democraticità in cui si trova un determinato ordinamento” 301, nonché “corollario dello Stato democratico di diritto” 302, contrapposto al potere “che occulta e che si occulta” 303.“Nulla rappresenta, al pari della pubblicità, l’essenza di un paese libero; tutte le sue istituzioni non potrebbero vivere a lungo se esse non funzionassero ‘au grand jour’” 304.In assenza di trasparenza, si realizza un “sostanziale arbitrio della P.A. nel discernimento delle notizie suscettibili di pubblicità … e nella selezione dei destinatari, con intuibili possibilità di violazione del principio costituzionale di imparzialità”.

298 Chiara Cudia, Trasparenza amministrativa e diritti di informazione del cittadino nei riguardi dell’amministrazione regionale, in La trasparenza amministrativa, op. cit., pag. 132.

299 Riccardo Villata, La trasparenza dell’azione amministrativa, op. cit, pag. 528. -

300 Enrico Carloni, Nuove prospettive della trasparenza amministrativa: dall’accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni”, op. cit., pag. 579.

301 Giuseppe Barone, L’intervento del privato nel procedimento amministrativo, Giuffrè, Milano, 1969, pag. 214.

302 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit., pag. 191.

303 Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1984, pag. 89..

304 Maurice Joly, Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu ou la politique de Machiavel au XIXe siècle par un contemporain, Bruxelles, s.e. 1868, pag. 25.

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In tal modo, “più che una ferrea e imparziale regola di segretezza”, risulta in concreto praticata una “non regola” che rimette alla P.A. una “totale ed incontrollata discrezionalità” 305.In assenza di trasparenza “la circolazione delle informazioni, all’interno dell’amministrazione e dall’amministrazione verso l’esterno avviene … con caratteristiche di casualità, imprevedibilità ed anche di arbitrio, poiché è molto facile che determinate persone o gruppi di interesse instaurino con l’amministrazione rapporti privilegiati ‘talvolta a danno di altri, comunque sempre a danno dell’interesse pubblico ad una amministrazione imparziale’” 306. Del resto la formazione di “reti informali” tra le persone inserite nella pubblica amministrazione, comporta un “minore interesse … a favorire una condizione che diminuirebbe una situazione di privilegio”, ascrivibile alla detenzione di informazioni307. Infatti “il flusso informativo della pubblica amministrazione verso gli amministrati è composto da due circuiti: uno legale ed uno sommerso; quest’ultimo, proprio per il fatto di essere illegale, fa acquisire valore aggiunto alle informazioni” 308.Le stesse ‘relazioni informali’ tra i funzionari pubblici si palesano come una sorta di ‘gerarchia parallela’, “derivanti dall’essere depositari delle informazioni necessarie per il funzionamento degli uffici … Questa posizione viene sfruttata strategicamente … per il controllo, non codificato, delle zone di incertezza … che spesso rappresentano i percorsi su cui viene incanalata la

305 Marco Mazzamuto, Sul diritto di accesso nella legge n. 241 del 1990, op. cit., pag. 1575.

306 Gaetano D’Auria, Trasparenze e segreti nell’amministrazione italiana, op. cit., pagg. 97-98.

307 Angelo Mari, Diritto all’informazione e pubblica amministrazione, in Il Foro Amministrativo, 1992, Giuffrè, Milano, 1992, pag. 2888.

308 Gregorio Arena, Il diritto all’informazione e la sua realizzazione, op. cit., 1988.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

politica dei singoli apparati burocratici”. Ciò determina l’avverarsi di un paradosso: “più si è in possesso di informazioni, più si ha potere. Maggiore è il potere, minore è la disponibilità ad informare” 309.Di converso, la disponibilità effettiva e generalizzata di informazioni determina un “risultato misurabile della conoscenza” 310, rapportabile al principio di responsabilità (accountability), con un incremento della fiducia dei cittadini ed una ri-legittimazione da parte del soggetto (perennemente) titolare della sovranità nei confronti degli agenti a cui ne è affidato (temporaneamente) l’esercizio.La trasparenza consente quindi di superare la “barriera oltre la quale si guarda per acquisire delle conoscenze” e costituisce una possibilità per i cittadini di “attraversare con il proprio sguardo le metaforiche mura dell’amministrazione” 311.Tra l’altro va opportunamente ricordato che “il valore della trasparenza … si estende necessariamente anche al di là delle pubbliche amministrazioni in senso stretto sino a ricoprire tutto il campo dell’attività amministrativa rientrante nel raggio di azione dei principi di imparzialità e non discriminazione (anche se essa è svolta da soggetti formalmente privati … ), ai quali si accompagnano usualmente garanzie procedurali di pubblicità non richieste dalle attività puramente private” 312.In rapporto ai processi decisionali “una vera trasparenza … diventa possibile solo dall’interno dell’amministrazione, nel 309 Angelo Mari, Diritto all’informazione e pubblica amministrazione, op. cit., pag. 2888.

310 Francesco Merloni, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, in La trasparenza amministrativa”, op. cit.,, pag. 5.

311 Gregorio Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, op. cit. pag. 29.

312 Marcello Clarich, Trasparenza e protezione dei dati personali nell’azione amministrativa, op. cit., pag. 3888.

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senso che, per essere realizzata, richiede che gli individui e la collettività vengano attratti in una trama organizzativa dinamica del cui agire possono rendersi conto perché in esso direttamente coinvolti” 313.

Trasparenza, Costituzione e sovranità

La trasparenza, connotata come pretesa nei confronti dei soggetti che esercitano il pubblico potere, affonda le proprie ragioni storiche nel passaggio della sovranità dal monarca al popolo.Ferma restando la titolarità in capo al popolo, in democrazia il concreto e quotidiano esercizio è affidato a rappresentanti (elettivi) ed agenti (i burocrati), investiti di pubbliche funzioni.La trasparenza diventa così un tratto distintivo della relazione tra il popolo (titolare della sovranità) e i soggetti (temporaneamente) incaricati di esercitarla.Uno dei criteri per differenziare lo Stato costituzionale dallo Stato assoluto è il “carattere pubblico del potere”, inteso come manifesto (‘Öffentliches’) 314, quindi “non segreto” 315.Può altresì cogliersi il nesso tra “rappresentanza” e “pubblicità del potere”, “rappresentanza come una forma di rappresentazione, cioè un modo di presentare, di far presente, di rendere visibile ciò che altrimenti resterebbe nascosto” 316.

313 Marco Bombardelli, Diritto all’informazione, principio di pubblicità e motivazione degli atti amministrativi, in L’accesso ai documenti amministrativi, (a cura di) Gregorio Arena (autori vari),Il Mulino, Bologna, 1991, pagg. 15 ss.

314 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit., pag. 186,

315 James Madison, Lettera n. 10 del 23 novembre 1787, in Il Federalista, Pisa, Nistri-Lischi, pagg. 56 ss.

316 Carl Schmitt, Verfassungslehre, 9, Aufl., Duncker & Humblot, Berlin 1928.

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Ma “la rappresentanza può aver luogo soltanto nella sfera della pubblicità. Non c’è alcuna rappresentanza che si svolga in segreto …” 317.“Rappresentare significa rendere visibile e rendere presente un essere invisibile mediante un essere pubblicamente presente … L’invisibile viene presupposto come assente e contemporaneamente reso presente” 318.Con la ‘dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino’ del 26 agosto 1789 si specifica, tra l’altro, che “tutti i cittadini hanno diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di consentirlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione e la durata” 319. Pertanto “la società ha diritto di chieder conto a ogni agente della sua amministrazione” 320.Eppure per lungo tempo la descrizione dello Stato risulta “punteggiata da suggestioni di notevole forza evocativa e dall’impiego di immagini fantastiche e metaforiche” 321: senza perdersi nell’elencazione dei 141 significati tratteggiati da Cassese e Titus322, ci si limiterà ad accennare solo allo Stato inteso come “mostruosa progenie di potere e di diritto” 323, o “amministrazione di una grande azienda che si chiama patria che appartiene ad una grande associazione che si chiama 317 Carl Schmitt, Munchen und Leipzig, Dunker & Humblot, 1928, pag. 208.

318 Carl Schmitt, ibid., pag. 209.

319 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo - art. 14.

320 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo - art. 15.

321 Alberto Massera, Lo Stato senza qualità, in La necessaria discontinuità, op. cit., pag. 189.

322 Alberto Massera, Lo Stato senza qualità, ibid., pag. 190.

323 Paul Valery - rif. in Alberto Massera, Lo Stato senza qualità”, ibid., pag. 189.

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nazione” 324, “orco filantropico” 325 o, ancora, “aggregato di strutture”, ossia di “organizzazioni adibite allo svolgimento di attività” 326.Tornando all’oggi, nel moderno diritto dell’UE è sancito esplicitamente il diritto di ogni cittadino europeo “ad una buona amministrazione”.Nel preambolo del “Trattato per la adozione (poi svanita) della Costituzione europea” risultava espressa l’esigenza di “approfondire il carattere democratico e trasparente della vita pubblica”.Democrazia, quindi, come “regime del potere visibile”, “governo del potere pubblico in pubblico” 327, “in cui nulla” può “essere confinato nello spazio del mistero” 328. Tutt’altro, parafrasando un noto romanzo329, rispetto ad uno “Stato senza qualità”, Proprio la pubblicità degli atti del potere rappresenta il “momento di svolta nella trasformazione dello Stato moderno da Stato assoluto a Stato di diritto” 330.

324 Filippo T. Marinetti - rif. in Alberto Massera, Lo Stato senza qualità”, ibid., pag. 189.

325 Octavio Paz, 1978 (espressione riferita allo Stato messicano, governato dal 1929 al 2000, in ogni aspetto - politico, economico e sociale - dal PRI, Partito Rivoluzionario Istituzionale).

326 Massimo Severo Giannini, Introduzione al diritto costituzionale, Bulzoni, Roma, 1984, pag. 63.

327 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit. pag. 182.

328 Ruggero Puletti, Il lento cammino verso la verità, in l’Umanità, 13 marzo 1980, n. 60, anno XII.

329 Robert Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino, 1972.

330 Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, op. cit., pag. 200.

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Trasparenza quindi come “modalità di azione dei pubblici poteri”, esibizione di attività e risultati conseguiti; una evidenza pubblica opposta ai privati, per i quali prevale la riservatezza.Il principio della trasparenza appare quindi strettamente connaturato al modello democratico, con una precipua immedesimazione democrazia-trasparenza, mediante la costruzione di un “sistema istituzionale visibile, controllabile, valutabile”. La trasparenza diventa “principio relativo all’organizzazione del potere, prima ancora che al suo esercizio, utile a rendere decifrabili i compiti e le potestà di ogni apparato” 331.Nella Costituzione non vi sono riferimenti espliciti alla trasparenza, per cui si rende necessaria un’attività interpretativa per ricostruire (e ricomporre) i frammenti normativi rinvenibili.Anzitutto uno dei principi su cui si basa la Costituzione è il principio democratico. Ciò “comporta che tutti i poteri pubblici siano esercitati con trasparenza” 332.Intanto pare emergere una forte relazione tra trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). A sua volta tale principio risulta “collegato funzionalmente all’art. 81 Cost.”, riconducibile all’esigenza di un “uso oculato delle risorse finanziarie” da parte degli apparati pubblici.“Dal principio di buon andamento si irradiano … le tre fondamentali esigenze di funzionalità organizzativa, di soddisfacimento delle situazioni costituzionalmente garantite e di buon uso delle risorse finanziarie, intese come traduzioni costituzionali, rispettivamente, di efficienza efficacia ed economicità” 333.

331 Daniele Donati, Il principio di trasparenza in Costituzione, op. cit., pag. 99.

332 Valerio Onida, I principi fondamentali della Costituzione italiana, in Manuale di diritto pubblico, (a cura di) Giuliano Amato e Augusto Barbera, Il Mulino, Bologna, 1984, pag. 119.

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La trasparenza appare poi strettamente interrelata ad una serie di diritti primari della persona, quali il diritto alla libera manifestazione del pensiero, a sua volta connesso al diritto di elettorato attivo e passivo e al diritto di associazione, ossia ad un “diritto individuale da esercitare nell’interesse generale”. In tal modo “quella che era una prerogativa riconosciuta e affermata per gli individui diventa elemento caratterizzante dei mezzi” (media, riunioni e associazioni) ”mediante i quali si attua” 334, anche come strumento di partecipazione consapevole.La trasparenza, “elemento essenziale dei sistemi liberali e democratici”, affermandosi come “valore della conoscenza”, si connota come “strumento di affermazione della libertà e dignità delle persone (di comprendere e quindi) di esprimere il loro pensiero, idea presente (anche se) diversamente rappresentata in tutti i testi costituzionali di origine liberale”.D’altro canto “la conoscenza come strumento di riequilibrio delle disuguaglianze”, può rappresentare un “mezzo per la redistribuzione delle risorse (anche informative)” 335.In questa complessa e articolata poliedricità, è possibile cogliere un “contrasto tra la stabilità del valore (della trasparenza) e la volatilità delle forme” (attraverso le quali può in concreto affermarsi)336.

Trasparenza e ‘resa del conto’

Nell’assolvere ad una funzione autorizzatoria e di indirizzo dell’attività, il sistema contabile consente la rilevazione di fatti 333 Cesare Pinelli, Responsabilità per risultati e controlli, in Diritto amministrativo, n. 3, 1997, pag. 408, Giuffrè, Milano.

334 Daniele Donati, Il principio di trasparenza in Costituzione, op. cit., pag. 106.

335 Daniele Donati, ibid., pagg. 129-130.

336 Daniele Donati, ibid., pag.130.

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gestionali e la loro trasformazione da singoli episodi a rappresentazioni in grado di produrre trasparenza, con la precisa finalità di “dar conto”. La contabilità finanziaria costituisce un efficace sistema per una verifica delle modalità di acquisizione delle risorse fornite dai contribuenti e il loro conseguente impiego (in questo caso, è possibile rilevare per esempio che spese eccedenti le entrate, producendo indebitamento, determinano l’effetto diretto di sottrarre ricchezza alle generazioni future).D’altro canto la contabilità economico-patrimoniale consente di dar conto del livello di corrispondenza tra il prelievo fiscale (sacrifici imposti ai contribuenti) e il valore dei servizi forniti.Un moderno (e interessante) strumento di trasparenza non dell’azione, ma dei risultati, è costituito dal cosiddetto ‘bilancio sociale’, che sempre più numerose amministrazioni stanno dimostrando di considerare.Particolarmente interessante appare l’iniziativa avviata in Gran Bretagna, intitolata “dove vanno a finire i miei soldi”, per consentire ai cittadini di verificare la composizione della spesa pubblica337.

Trasparenza e informazione ambientale

Il nesso tra trasparenza e informazione risulta significativo in materia di “informazione ambientale”, le cui norme sono volte a garantire che essa “sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico” 338.

337 L’iniziativa Wheredoesmoneygo” è stata lanciata dalla Open Knowledge Foundation (Riccardo Luna, Banche dati, così gli archivi gratis sul web cambieranno le nostre vite, in la Repubblica, R2 il caso, 18 ottobre 2011, pag. 57).

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A tal proposito “gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche strutturino l’informazione ambientale rilevante” (per le loro funzioni, e in loro possesso o detenuta per loro conto) ai fini di un’attiva e sistematica diffusione al pubblico” (in particolare mediante le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione)339.Tenendo conto della natura dell’informazione, qualunque soggetto, indipendentemente dai requisiti o interessi connessi alla richiesta, è titolare del diritto all’informazione ambientale: infatti “l’autorità pubblica rende disponibile … l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta senza che questi debba dichiarare il proprio interesse” 340.Con queste norme l’organizzazione stessa delle amministrazioni costituisce “principio di attività”. Infatti “il modo in cui i dati, relativi all’ambiente e al territorio, sono organizzati e disciplinati negli enti che li detengono, precede logicamente il modo in cui è organizzata e disciplinata l’attività avente ad oggetto questi dati, sia che la conoscenza avvenga a partire da una richiesta individuale (come accade nell’accesso), sia che la conoscenza avvenga a partire da un obbligo imposto ai pubblici poteri, come accade al fine di attivare la partecipazione nei processi decisionali” 341.

Trasparenza e internet

338 Direttiva CE 2003/4/CE - Accesso del pubblico all’informazione ambientale - art. 1 - obiettivi.

339 Direttiva CE 2003/4/CE - Accesso del pubblico all’informazione ambientale - art. 7 - diffusione dell’informazione ambientale.

340 Decreto legislativo n. 195 del 19 agosto 2005 - art. 3 primo comma.

341 Paolo Siracusano, Il principio di trasparenza nella materia della tutela ambientale e territorio, in La trasparenza amministrativa, op. cit., pag. 590.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Intanto va preliminarmente detto che, quella che oggi, per consuetudine e comodità lessicale, continuiamo a chiamare “internet” è la risultante di una vasta e complessa molteplicità di reti e sotto-reti, con fili e senza fili, accessibili tramite postazioni e strumenti fissi e mobili sempre più diversificati.In ogni caso, relativamente a internet 342, appare opportuno sfatare preliminarmente alcune ‘leggende metropolitane’ che fanno ascendere la sua progettazione per finalità militari di difesa strategica e, dall’altro, l’attribuzione agli ‘hacker’ della qualifica di pirati informatici e diffusori di virus.Per prima cosa va chiarito che la ‘rete delle reti’ non è nata in funzione della realizzazione di un progetto militare, ma per connettere i computer delle Università e dei centri di ricerca USA; internet (a partire dalla progenitrice Arpanet) è stata realizzata, infatti, grazie alla straordinaria passione, al sacrificio disinteressato e allo sforzo coordinato di una moltitudine di studenti, ricercatori, docenti universitari e funzionari pubblici.Quindi, “più che una conquista strategica delle forze armate statunitensi, internet è stata una conquista umana e culturale di un gruppo di pionieri che hanno creduto nel networking quando le Università erano ancora gelosissime del ‘tempo macchina’ dei propri calcolatori, e parlare di una condivisione delle risorse suscitava grande diffidenza all’interno degli ambienti scientifici” 343.

342 Essendo internet un sostantivo, sarebbe più corretto premettervi l’articolo, come avviene correntemente nella pubblicistica anglosassone, con l’uso del “the” (Paolo Magrassi, Digitalmente confusi, Franco Angeli, Milano, 2011, pag. 20).

343 Carlo Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri - storia sociale del ciberspazio e della comunicazione elettronica, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2007, pag. 145. Nel testo si dà conto che l’avventura della ‘rete’ ha inizio il 4 ottobre 1957, allorquando dal cosmodromo di Baikonur (odierno Kazakhistan) l’URSS lancia in orbita intorno alla Terra il primo satellite artificiale, lo ‘Sputinik 1’ (in cirillico Спутник), una piccola sfera pressurizzata di alluminio, fornita di due trasmittenti e

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Oggi, grazie a quella grande marea di visionari, utopisti e idealisti che hanno inseguito con determinazione i loro sogni, Internet costituisce “il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia mai conosciuto, la proiezione di un’altra metafora, la ‘società della conoscenza’” 344. Non si tratta di un semplice mezzo di comunicazione, ma di un vero e proprio ambiente di relazione.

quattro antenne.Scioccati da quanto accaduto, gli Stati Uniti corrono subito ai ripari per recuperare il ritardo tecnologico. Su iniziativa del Presidente USA Dwight Eisenhower viene nominato uno ‘Science Advisor’, individuato nella figura dello scienziato James R. Killian, del ‘Massachussets Institute of Technology’ di Boston.Il 7 gennaio 1958 il Presidente Eisenhower chiede al Congresso i fondi per la costituzione dell’ARPA, l’Advanced Research Project Agency. A distanza di dieci anni, nel 1969, l’ARPA dà vita ad ARPAnet, primo abbozzo di ciò che successivamente sarà Internet.Diretto da Paul Baran, nel 1960 prende l’avvio uno dei più grandi progetti della storia delle telecomunicazioni. All’interno di questo progetto viene avviata la ricerca sulla cosiddetta ‘commutazione di pacchetto’, fondamentale per la trasmissione dei dati. Le reti di trasmissione dati sono ispirate alla rete più complessa esistente, il cervello umano. Si perviene così a delineare un modello di ‘rete distribuita’ (distributed network), fondata sulla ridondanza e la molteplicità dei collegamenti.Constatato però che il progetto stava per finire nelle mani della ‘Defense Communication Agency’, Baran blocca tutto e ripone nel cassetto i suoi studi sulla ‘commutazione di pacchetto’.Un passaggio fondamentale nella concettualizzazione della rete è una pubblicazione, realizzata nel 1968 da Carl Robnett Licklider e Bob Taylor dal nome “The Computer is a Communication Device” (Il computer è un dispositivo di comunicazione), in cui viene precisato il concetto di ‘comunità virtuali’ (on-line interactives communities), intese come “gruppi di persone unite da interessi comuni anziché dalla vicinanza geografica”.Intanto Licklider, passato all’ARPA, avvia una straordinaria ‘caccia ai cervelli’ e coinvolge i più grandi centri di ricerca e le più prestigiose istituzioni universitarie degli Stati Uniti.ARPAnet si sviluppa così al di fuori degli ambienti militari, coinvolgendo gli studenti universitari che, a partire dal 1969, cominciano ad utilizzarla.ARPA-net, quindi, nasce e comincia a svilupparsi per collegare computers e ricercatori delle Università (in verità i computers, ognuno con un proprio specifico

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Sarà pur vero che “Internet non è il paradiso” 345, ma è indubitabile che con la ‘rete delle reti’ la conoscenza acquista valore di “bene pubblico globale” 346.“La rete, facilitando la diffusione della conoscenza, incrementa … il valore della cittadinanza”. Grazie per essa, si afferma un nuovo concetto di libertà, la “libertà d’impressione” 347, che costituisce oggi l’equivalente della “libertà d’espressione”, simbolo dell’Illuminismo.linguaggio, non sono tra loro direttamente collegati, ma connessi attraverso una sottorete di computers aventi lo stesso linguaggio; in tal modo non si pongono problemi di compatibilità). I computer interposti tra i calcolatori universitari e la rete di comunicazione vengono denominati Interface Message Processor (IMP).Dopo iniziali titubanze, ostinate gelosie e ritrosie, le Università comprendono la portata dell’iniziativa e si avvia una intensa cooperazione, con l’avvio del Network Working Group’ (NWG).Il primo IMP arriva il 30 agosto 1969 alla University of California, Los Angeles (UCLA): si tratta di un computer senza hard-disk, senza floppy (non ancora inventati), con appena 12k di memoria. Il codice di sistema indispensabile per il suo funzionamento consiste in un nastro perforato di quasi 800 metri.Il secondo IMP arriva allo Stanford Research Institute della California l’1 ottobre 1969: è questa la data di nascita della prima rete.“Il motore principale che nei primi anni di vita della ‘rete delle reti’ spinge i programmatori verso la ricerca e lo sviluppo di nuovi strumenti per l’utilizzo di Internet non è la prospettiva di un guadagno economico, ma la voglia di scambiare con altre persone conoscenze e programmi da realizzare in base alle stesse esigenze …”.“La molla che spinge i pionieri di Internet a scrivere programmi, migliorandoli di continuo e mettendoli a disposizione gratuitamente, è proprio la voglia di utilizzare nuovi servizi e nuove comodità. Dietro i primi prodotti dell’intelligenza collettiva della rete non ci sono strategie commerciali o manovre finanziarie, ma solamente la voglia di utilizzare un nuovo strumento di comunicazione nel modo più semplice ed efficace. Scrivere un programma che permette di comunicare con gli altri attraverso la rete è un lavoro che richiede parecchio tempo ed energia mentale, ma i fondatori di Internet vengono ripagati abbondantemente per questo investimento con un enorme accrescimento della conoscenza, un’espansione dell’intelletto che i primi utenti/sviluppatori/programmatori hanno sperimentato con successo grazie all’interazione con gli altri centri universitari e le altre organizzazioni scientifiche che dal 1969 in poi sono ‘entrate in rete’”.“Mettere i computer in grado di scambiarsi segnali elettrici è stato solo il primo passo verso la creazione di quel sistema informativo distribuito che oggi

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Proprio in Francia, patria della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” del 1789, la ventilata ipotesi348 di disconnessione, con l’inibizione all’accesso alla rete per i ‘downloader’ recidivi, è stata ritenuta dalla Corte costituzionale una esplicita violazione dei diritti umani: per la prima volta è stata così effettuata una assimilazione tra diritti umani e accesso al web.Di fronte alla invadenza di molti Stati, che cercano di utilizzare il residuo potere della propria sovranità per limitarne l’uso e

chiamiamo Internet. Il lavoro gratuito e volontario di tantissime persone ha contribuito … a migliorare l’interazione tra gli esseri umani e la macchina …”.“Senza questa attenzione al rapporto tra l’uomo e il calcolatore probabilmente i computer di Arpanet e Internet avrebbero continuato solamente a parlarsi tra loro, utilizzando un linguaggio comprensibile solo a pochi addetti ai lavori, senza poter ‘parlare’ e interagire con la gente comune”.“Lo sviluppo di Internet non sarebbe stato possibile senza il drastico cambiamento di mentalità introdotto dallo spirito di gratuità, condivisione e collaborazione, che ha permeato la rete sin dai suoi esordi”.“La comunità dei primi pionieri della rete ha saputo affermare uno stile di lavoro vincente, caratterizzato dalla ricerca del massimo profitto intellettuale (indipendentemente dal profitto economico), dalla collaborazione spontanea e dalla condivisione dei risultati positivi ottenuti, che aveva come contropartita la condivisione delle difficoltà e dei problemi relativi all’utilizzo della rete”(Carlo Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri, op. cit., pagg. 159-161).Tornando ad ARPAnet, va ricordato che il primo messaggio di posta elettronica viene inviato nel 1971. Per gli indirizzi e-mail, a partire dal secondo messaggio si decide di utilizzare la “chiocciolina” (@), ponendovi a sinistra l’indirizzo del mittente e a destra il nome del server.Nel 1973 Arpanet diventa una rete internazionale che connette USA ed Europa. I primi centri europei per essere connessi a quelli americani sono l’University College di Londra e il Royal Radar Establishement in Norvegia.Un altro passaggio fondamentale è l’avvio dell’utilizzo del TCP/IP (Trasmission Control Protocol - Internet Protocol), con la separazione delle funzioni di instradamento dei pacchetti da quelle di frammentazione e ricostruzione dei messaggi completi.Uno strumento fondamentale per la trasmissione/ricezione è il modem, che, utilizzando le linee telefoniche, consente lo scambio di informazioni. Un sistema di ‘accoppiamento acustico’permette una modulazione dei segnali elettrici (inviati come segnali acustici); di converso con la demodulazione si raccolgono dei fischi, trasformandoli in ‘bit’.

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l’accesso, emerge nei giuristi più avvertiti l’interrogativo circa la costituzionalizzazione del diritto di accesso a internet, come “diritto fondamentale di ogni persona” 349.In questa direzione appare muoversi il Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa con i “10 principi chiave per la tutela di internet”350, volti a “proteggere l’universalità, l’integrità e

Intanto al CERN di Ginevra (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare) con l’arrivo di Tim Berners-Lee (che sarà poi il progettista del programma “World Wide Web”) matura la convinzione di uno strumento in grado di consentire ai ricercatori di accedere a un patrimonio comune di informazioni.La prima tappa è la creazione nel 1990 del protocollo di trasmissione http (Hypertext Transfer Protocol); successivamente viene definito lo standard di trasferimento e scrittura degli ipertesti: il linguaggio Html (Hyper Text Markup Language).Il terzo tassello è la definizione di un sistema di indicizzazione capace di associare un documento ad un indirizzo (Url, ossia Uniform Resource Locator).Sono ora disponibili i tre elementi fondamentali: regole e protocolli per far parlare tra loro i computer, linguaggio per scrivere testi non sequenziali e sistema di indirizzo per individuare univocamente un documento attraverso un ‘localizzatore uniforme’.Per dirla con Tim Berners-Lee, progettista del programma World Wide Web, non c’era un computer centrale, né un’organizzazione che controllava il web. Web inteso quindi non come cosa fisica, esistente in un luogo, ma spazio nel quale l’informazione ha la possibilità di esistere (Tim Berners-Lee, Weaving the web - with Mark Fischetti, the original design and ultimate destiny of the World Wide Web by its inventor, San Francisco Harper & Collins, 1999 - trad. ital. di Giancarlo Carlotti, L'architettura del nuovo web: dall'inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interattiva e intercreativa, Feltrinelli, 2001).Nel 1993 il Cern dichiara che le tecnologie sviluppate sono da considerare libere da ogni brevetto o copyright e possono quindi essere liberamente e gratuitamente utilizzate da tutti per finalità scientifiche e commerciali.

Quanto infine all’assimilazione della figura degli hacker a pirati informatici e novelli untori e diffusori di virus, va chiarito anzitutto che il termine hacker deriva dal verbo “to hack”, ossia smontare, fare a pezzi (per sapere cosa ci sia all’interno di un meccanismo). L’espressione “a good hack” equivale a soluzione brillante (riferita di solito a un problema informatico o altro).I primi hacker sono studenti del MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston che smontano i programmi, li rivedono, li migliorano e li mettono a

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l’apertura della rete, salvaguardando la libertà d’espressione e l’accesso all’informazione on line”351.La diversità di posizioni tra chi vuol tutelare internet dall’eccessiva invadenza dei Governi e, dall’altro, alcuni Stati che intendono porla sotto tutela o, quantomeno, mantenerla nel raggio della propria legislazione352 è diventata palese nel corso del 6° I.G.F. (Internet Governance Forum).

disposizione. Sono i primi della classe, i cosiddetti secchioni, sono i virtuosi della programmazione. Non perseguono l’arricchimento personale, ma sono mossi unicamente dalla passione per l’informatica. Gli hacker non brevettano i loro programmi, ma li condividono con chiunque voglia utilizzarli e migliorarli. Nasce così la cosiddetta ‘etica hacker’, ben raffigurata nel testo di Steven Levy Hackers: Heroes of the Computer Revolution, Anchor Press, New York, 1984.Tra i principi spiccano alcune massime fondamentali:

- l’accesso ai computer dev’essere totale e illimitato;- tutta l’informazione dev’essere libera;- con un computer puoi creare arte e bellezza;- i computer possono cambiare la vita in meglio.

Come si vede quindi, tutt’altro che pirati o distruttori di memorie di altrui computer, ma ricercatori impegnati per la diffusione della conoscenza.(notizie tratte da Carlo Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri, op. cit.).L’impegno degli hacker richiama il concetto del lavoro come libera attività creativa, ossia come “opera” (Hannah Arendt, Vita ativa, la condizione umana, trad. in ital. Bompiani, Milano, 1988).Per una ulteriore conferma delle origini non militari di Internet vedasi anche Katie Hafner, Matthew Lyon, La storia del futuro. Le origini di Internet, trad. ital. di Giuliana Giobbi, Feltrinelli, Milano, 1998. Per completare l’excursus storico relativo a Internet, pare opportuno aggiungere che, secondo uno dei massimi esperti di “rete”, Manuel Castells, nella storia di Internet sono rintracciabili “quattro strati”: scienziati e hackers (strati superiori), seguiti negli anni ’90 da “comunitari virtuali” e imprenditori “dot.com”.

344 Stefano Rodotà, prefazione a I nemici della rete, di Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, Rizzoli, Milano, 2010, pag. 6.

345 Geert Lovink, Internet non è il paradiso, Apogeo, Milano, 2004.

346 Stefano Rodotà, prefazione a I nemici della rete, op. cit., pag. 8.

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In questo contesto appare importante la presa di posizione pubblica di un’organizzazione pluri-millenaria come la Chiesa cattolica, che ha colto da tempo il carattere epocale dell’innovazione costituita da internet: infatti in un documento ufficiale si afferma con estrema nettezza che “la libertà di

347 La libertà d’impressione è stata teorizzata da due scienziati della politica canadese, Marshall Conley e Christina Patterson nel libro The Human Rights and The Internet, Mc Millan, New York, 2000, rovesciando l’art. 19 della “Dichiarazione dei diritti umani” (promossa dall’ONU e firmata a Parigi il 10 dicembre 1948) relativa alla libertà d’espressione, connessa a quella di opinione. - rif. in Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, I nemici della rete, op. cit., pag. 22.

348 Contenuta nella proposta di legge Hadopi per sanzionare (senza processo, ma con un semplice atto amministrativo) i dowunloader recidivi.

349 Stefano Rodotà, Una Costituzione per Internet?, op. cit., pag. 351.

350 Due raccomandazioni e due decisioni adottate tra giugno e settembre e rese pubbliche il 23 settembre 2011.Il Consiglio d’Europa evoca anzitutto i rischi di concentrazioni sul mercato dei media, con conseguente minaccia per il pluralismo, la scelta e la diversità dei contenuti. I ‘principi chiave’ attengono in particolare a: tutela dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, multistakeholder governance (governance partecipata), responsabilità degli Stati, rafforzamento del potere di azione degli utenti internet, universalità, integrità e gestione decentralizzata, standard aperti, interoperabilità e natura end-to-end della rete, open network, diversità culturale e linguistica.Si tratta del sostanziale recepimento delle proposte formulate nel 2005 con la cosiddetta ‘Carta Tunisi Mon Amour’ (in occasione del I Internet Governance Forum - IGF - dagli italiani Fiorello Cortiana e Stefano Rodotà, poi divenuta ‘Internet Bill of Rights’.Va però annotato che, accanto ai suddetti importanti principi e l’invito ad adottare un nuovo concetto di media, nonché a garantire la libertà d’espressione delle reti sociali, le raccomandazioni precisano che le reti sociali devono accettare restrizioni e sanzioni in caso di pericoli per la sicurezza nazionale e pubblica, la difesa dell’ordine e la prevenzione dei reati, la protezione della morale e l’imparzialità del potere giudiziario.

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conoscere … è un diritto umano fondamentale e la libertà di espressione è una pietra d’angolo della democrazia” 353.Internet viene ritenuto anche “mezzo espressivo e spazio di comunicazione dove elaborare specifici contenuti ed esplorare nuove relazioni fra le cose e le persone”, consentendo lo “scambio dei saperi dei suoi utilizzatori” 354, che produce “un

Si tratta però, com’è facile rilevare, di armi a doppio taglio, trattandosi di argomenti utilizzati dai Paesi autoritari come alibi per la repressione e la censura di Internet.

351 Arturo Di Corinto, Democrazia, rivolte e libertà - Internet sceglie il suo futuro, in La Repubblica, 27 settembre 2011, - commento al sesto IGF, Internet Governance Forum, organizzato a Nairobi dall’ONU, dal titolo ‘Internet come catalizzatore per il cambiamento: accesso, sviluppo, libertà e innovazione’. Vedi URL: http://www.repubblica.it/tecnologia/2011/09/27/news/futuro_internet-22324597/?ref=HREC2-12.

352 Antonella Giulia Pizzaleo, Internet Governance Forum: di chi è la Rete?, commento al 6° I.G.F. di Nairobi (27-30 settembre 2011), in Daily wired, URL: http://daily.wired.it/news/internet/2011/10/03/bilancio-internet-governance-forum-14726.html

353 Il documento ”Etica in Internet”, elaborato nel febbraio 2002 dal “Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali” evidenzia le straordinarie opportunità di “questo meraviglioso strumento tecnologico”.Nel condannare il ‘digital divide’, inaccettabile forma di discriminazione tra ricchi e poveri e tra nazioni, si afferma che “il cyberspazio dovrebbe essere una fonte di informazioni e servizi accessibili a tutti gratuitamente in una vasta gamma di lingue”. Quanto alla concezione di Internet come luogo di comunicazione e informazione, il “Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali” sostiene “con vigore la libera espressione e il libero scambio di idee”.Rispetto a Internet la Chiesa si trova “di fronte a nuovi approcci, nuovi spazi che chiedono creatività, capacità di fare conversazione, di condurre riflessioni critiche. Si chiede anche un nuovo senso di comunità, di collaborazione e anche di contemplazione”.“ I cristiani - precisa infine il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali - sono anche connessi, prima che dalla rete, da una stessa convinzione di fede, capace di

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gigantesco e reticolare scambio di notizie e opinioni che genera una nuvola di comunicazione” 355. “Internet è la stampa sottoposta all’accelerazione dell’elettricità”. In rete il testo si diffonde infatti con modalità sconosciute alla stampa, “quali l’ubiquità, l’accelerazione prodigiosa, l’istantaneità, la memoria globale … sino all’ipertinenza (‘hypertinence’) dei motori di ricerca e delle connessioni” 356.Mentre “l’alfabeto è stato esplosivo, l’elettricità è implosiva. L’alfabeto ha suddiviso la conoscenza in generi, ha permesso la sua classificazione, la nascita della biblioteca. Internet, invece, ha riunito tutta l’informazione prima separata. Internet rappresenta l’opposto della biblioteca. E’ implosiva anche nel senso che comprime tempi e distanze. Tale accelerazione libera una gran quantità di energia” 357.Di converso (sul versante dei cosiddetti ‘resistenti anti-digitali’), si sottolinea che “quando alla tecnologia alfabetica succede quella elettronica, e quindi al sequenziale succede il simultaneo, le forme di comunicazione discorsiva lasciano il passo a forme di comunicazione configurazionale, e il pensiero mitico tende a prevalere sulle forme del pensiero logico-critico” 358.In ogni caso in rete si realizza uno scambio ininterrotto tra apparenze mediali ed esperienze vissute, che dà corpo ad una

ispirare una qualità di relazioni che va oltre la frammentarietà e la declinante appartenenza istituzionale”.

354 Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, I nemici della rete, op. cit., pagg. 248-249.

355 Arturo di Corinto e Alessandro Gilioli, ibid., pagg. 173.

356 Derrick De Kerkhove, Dalla democrazia alla cyber democrazia, op. cit., pag. 58.

357 Derrick De Kerkhove, ibid., pag. 66.

358 Franco Berardi Bifo, Democrazia e mutazione. Che ne è della democrazia nel processo della mutazione?, in Derrick De Kerkhove e Antonio Tursi, Dopo la democrazia? …, op. cit., pag. 76.

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“virtualità reale”. Infatti “il virtuale non è affatto il contrario del reale, ma un modo di essere fecondo e possente, che concede margine ai processi di creazione, schiude prospettive future, scava pozzi di senso al di sotto della piattezza fisica immediata” 359.Internet fornisce anche il supporto allo sviluppo dell’”individualismo in rete come forma dominante di socialità. L’individualismo in rete è un modello sociale, non è una raccolta di individui isolati. Piuttosto gli individui costruiscono i loro network, online e offline, sulla base dei loro interessi, valori, affinità e progetti” 360.La rete (più propriamente un insieme di reti e sottoreti) è costituita da una serie di nodi, tra di essi uniti tramite connessioni; non vi sono gerarchie, né un centro avente il ruolo di controllo e organizzazione.Essa non è però la mera sommatoria degli elementi tra di loro interconnessi, ma diventa il risultato delle relazioni che si sviluppano e che danno corpo ad un ‘network’ di (e fra) persone, che esalta il principio della ‘molecolarità’.Per quanto concerne le pubbliche amministrazioni, la ‘rete’ rappresenta “il potenziale luogo della disponibilità dell’informazione pubblica in tutte le sue forme … Il profilo della disponibilità raggiunge la sua massima espressione nel momento in cui … sostituisce le pubblicazioni ufficiali e diventa strumento di conoscibilità con valore giuridico” 361.359 Pierre Lévy, Qu’est-ce que le virtuel?, La Découverte, Paris, 1995 - trad. ital. (a cura di) Maria Colò e Maddalena Di Sopra, Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, 1997.

360 Manuel Castells, The Internet Galaxy-Reflections on the Internet, Business and Society - trad. ital. Galassia Internet, (a cura di) Stefano Viviani, Feltrinelli, Milano, 2002, pag. 129.

361 Fernando Venturini, L’informazione pubblica dalla carta al web, op. cit., pag. 28.

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Per le amministrazioni pubbliche è pertanto auspicabile che il web venga “utilizzato per pubblicare tutta l’informazione di rilevanza pubblica relativa alle attività generate dall’amministrazione, provvedendo alla validazione e al regolare aggiornamento delle informazioni” 362.In internet “la documentazione pubblica può presentarsi sotto la forma di reticoli di documenti (in vari formati) o sotto la forma di banche dati o in strutture complesse che assommano le caratteristiche di entrambe”.“Nel primo caso i documenti sono file in linguaggio ‘html’, tipico del web. Le informazioni … entrano a far parte di ‘iper-documenti’ percorribili in base ad un reticolo ipertestuale che può estendersi anche al di là di un singolo sito …” 363.A proposito della apparente contrapposizione tra testo e iper-testo, va rilevato che “ogni testo andrebbe compreso come proliferazione di linee interpretative che esso genera e tiene insieme (il latino ‘textum’ significava proprio ‘trama’, ‘tessuto’) … Le nuove tecnologie non fanno altro che rendere percepibile questo dato di fatto; l’ipertesto dispone a portata di mouse le associazioni che implicitamente hanno da sempre caratterizzato ciascun testo”. Di nuovo c’è un passaggio sociale importante: ”il procedere interpretativo è condivisibile con gli altri” 364. L’ipertesto si palesa infatti come “un insieme di nodi connessi da legami, dove le informazioni non sono legate linearmente, come su una corda a nodi, ma estendono i loro legami a stella, con una modalità reticolare” 365: siamo così all’avvento della “scrittura

362 Dipartimento per la funzione pubblica - circolare del 13 marzo 2001

363 Piero Cavalieri e Fernando Venturini, Utenti, produttori, formati, strumenti di ricerca, op. cit., pagg. 72-73.

364 Antonio Tursi, Proliferazione della discussione, necessità della decisione, op. cit., pag. 141-142.

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liquida” 366, “un mezzo di comunicazione infinitamente interconnesso nel quale tutti i libri del mondo saranno acquisiti digitalmente e ‘linkati’ tra loro”. In questo modo “tagliare, incollare, linkare e chiosare sono importanti quanto scrivere” 367.Del resto la progressiva smaterializzazione (non solo di documenti, ma anche di transazioni, relazioni, professioni, ecc.) appare un fenomeno inarrestabile e non reversibile.A favore della fluidità, in contrapposizione alla permanenza del testo, Platone nel Fedro sosteneva che “la scrittura, dando al discorso ‘permanenza’, lo irrigidisce, mentre il parlato lo conserva vivo e vibrante” 368.Si fa in proposito osservare che, in fondo, “col virtuale la specie umana ha familiarità da sempre. Angeli, santi volanti, madonne che appaiono in sogno, fantasmi, defunti chiamati in terra da un medium, ombre care di parenti che ci proteggono da lassù … che cos’altro sono se non entità virtuali, che sostituiscono persone fisiche non esistenti o surrogano funzioni prive di base corporea? Viviamo ad origine in mezzo ad avatar, cioè entità immateriali (benché non fatte di pixel a cui nei secoli si è attribuita un’enorme varietà di funzioni. Il Virgilio della Divina Commedia è forse uno dei primi assistant virtuali entrati in servizio” 369.Tornando ai documenti, oltre a quelli in formato ‘html’, ve ne sono altri in differenti formati, come word, excel (foglio

365 Donata Feroldi, Il significato dell’orrore, in Valerio Magrelli, I surfisti del linguaggio, viaggio nel dizionario delle relazioni (lessicali), La Repubblica, R2 Cultura, pag. 47, 28 ottobre 2011.

366 Kevin Kelly, Scan This Book, in ‘New York Times Magazine, 14 maggio 2006.

367 Paolo Magrassi, Digitalmente confusi, op. cit., pag. 177.

368 Raffaele Simone, La civiltà materiale, Repubblica, ed. l’Espresso, Roma, 1 febbraio 212, pag. 55.

369 Raffaele Simone, ibid.

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elettronico), pdf o anche in formati non testuali (filmati, registrazioni, etc.).Le banche dati, come si è detto, sono organizzate in informazioni strutturate, accessibili ed elaborate tramite un’interfaccia e strumenti di ricerca, con un aggiornamento continuo. La ricerca di informazioni sul ‘web’ può essere realizzata o attraverso specifiche banche dati, nelle quali l’informazione è organizzata e strutturata (es. ricerca di un autore o di un’opera nel catalogo di una biblioteca o all’interno del sistema bibliotecario nazionale) o attraverso aggregatori di informazioni (motori di ricerca) di carattere generale (es. Google).I motori di ricerca, ancorché utili e spesso insostituibili, non danno però conto della qualità e dell’attendibilità delle informazioni riportate.Per le banche-dati si pone inoltre il problema della “visibilità”. Queste, infatti, non sono accessibili ai motori di ricerca. Cosicché l’informazione strutturata, organizzata, visualizzabile solo mediante maschere di ricerca (es. catalogo di una biblioteca) costituisce il “web invisibile”. Da qui la necessità, come si è già accennato, di disporre di ‘repertori’ delle banche dati prodotte dai diversi enti pubblici, come avviene, per esempio, in Gran Bretagna370.A proposito della ricerca di documenti in rete, non va però sottaciuto che “più passa il tempo e più evidente si fa il problema della conservazione dell’informazione presente in rete. In rete non c’è solo il problema di trovare i documenti … ma anche di essere certi di ritrovarli - tali e quali - nel giro di qualche giorno, settimana o anno” 371.

370 Inforoute and the information asset register.

371 Fernando Venturini, L’informazione pubblica dalla carta al web, op. cit., pag. 61.

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Condivisione, comunità, conversazione

“Con il telegrafo l’uomo occidentale ha iniziato ad allungare i suoi nervi fuori dal proprio corpo. Le tecnologie precedenti erano state estensioni di organi fisici: la ruota è un prolungamento dei piedi, le mura delle città sono un’esteriorizzazione collettiva della pelle ... I media elettronici, invece, sono estensioni del sistema nervoso centrale, ossia un ambito inclusivo e simultaneo … A partire dal telegrafo, abbiamo esteso il cervello e i nervi dell’uomo in tutto il globo” 372.“La tecnologia, particolarmente quella per l’informazione e la comunicazione, è ben più che l’insieme di hardware e software … L’obiettivo del telefono, del computer e di internet” è di “amplificare la forza della mente”.“Quando un’intera popolazione amplifica le proprie capacità di pensare e comunicare, gli impieghi individuali di quelle tecnologie che estendono le capacità mentali vanno ad aggiungersi a fenomeni emergenti che sono sociali, politici ed economici quanto strettamente individuali. Il ‘World Wide Web’, per esempio, non è nulla di meno - e tanto di più - di una pagina web con link ad altre pagine web, moltiplicato per un miliardo di volte” 373.“I computer vanno … considerati come un’estensione della memoria e non come una minaccia per le capacità cognitive. L’universo informatico è per noi una sorta di prolunga cognitiva, 372 Marshall Mc Luhan, Rimorso dell’incoscienza, op. cit., 1963

373 Howard Rheingold, prefazione a Hacker, scienziati e pionieri, storia sociale del ciberspazio e della comunicazione elettronica di Carlo Gubitosa, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2007, pagg. 3-4.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

nonché sociale che ci consente un maggior numero di relazioni. L’agenda del telefonino o la lista di amici di Facebook ampliano la cerchia delle conoscenze con cui restiamo in contatto” 374.Il frutto dell’unione tra informatica (sintesi dell’elettronica e del calcolo meccanico) e le reti di telecomunicazioni (telefonia digitalizzata) ha prodotto il ‘cyberspazio dell’informazione’. E il cyberspazio è anche “il luogo dove si trovano due persone quando si telefonano” 375.La digitalizzazione376 esalta la tattilità: il mouse (e il puntatore sullo schermo) costituiscono “una vera e propria mano della e, nello stesso tempo, nella mente, che permette di toccare le idee”377. L’interattività tattile produce immersione, anzi “e-mersioni” 378.Ogni giorno all’interno delle moderne reti digitali “viaggiano miliardi di parole, che percorrono il mondo cavalcando raggi di luce all’interno di fibre ottiche (sottilissimi filamenti di vetro),

374 Antonio Casilli, Les liaisons numériques, op. cit.

375 John Perry Barlow, poeta, saggista, già paroliere dei Grateful Dead, difensore delle libertà digitali, co-fondatore nel 1990 della Electronic Frontier Foundation, ente no-profit a tutela della libertà di espressione in Rete. Nel 1996 lancia la “Dichiarazione d’indipendenza del cyberspazio” (definito come “nuova casa della Mente”). Cyberspazio come “spazio globale naturalmente indipendente dalle tirannie” che cercano di imporre i Governi (in particolare quello USA).Cyberspazio fatto di relazioni e transazioni, “un mondo che si trova contemporaneamente dappertutto e da nessuna parte, ma non è dove vivono i nostri corpi … Le nostre identità non hanno corpi”, quindi è impossibile esercitare su di essi coercizione fisica.I concetti ordinari di proprietà, espressione, identità e contesto “si basano sulla materia, ma non c’è materia qui”. Nell’affermare “le nostre coscienze virtuali immuni dalla vostra sovranità”, Barlow sottolinea l’impegno a creare una “civiltà della mente nel cyberspazio”. 376 Dal latino digitus, dito.

377 Antonio Tursi, Proliferazione della discussione, necessità della decisione, in Dopo la democrazia? …, op. cit., pag. 130.

378 Antonio Tursi, ibid, pag. 130.

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trasformando in una realtà quotidiana i sogni e le visioni di quei pionieri della scienza che hanno immaginato (e contribuito a costruire) un mondo dove lo spazio che separa le nazioni e il tempo necessario a percorrere questo spazio non sarebbero stati più un limite per la curiosità umana e per la voglia di conoscere popoli lontani” 379.Oggi lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è caratterizzato dallo sviluppo della ‘convergenza’ tra ‘medium’ (radio, tv, cellulare, social-network, e-book, ecc.); ognuno di essi non è più destinato a svolgere un solo tipo di prestazione, ma è in grado di garantire appunto la ‘convergenza’, ossia l’uso contemporaneo di più media.Siamo di fronte all’affermarsi della cosiddetta “regola delle 3 C” (condivisione, comunità, conversazione), con una mutazione del rapporto tra informazione e suo autore. Infatti “la conoscenza si presenta come autonoma dal suo autore e assume le sembianze di un bene comune” 380.Internet ha introdotto “un universo simbolico che tocca le dimensioni fondamentali della comunicazione … tra gli uomini; la dimensione del linguaggio, la dimensione dello spazio e la dimensione del tempo” 381. Il cosiddetto “web 2.0” 382 ha poi trasformato il ruolo degli utenti, che da meri consumatori sono diventati produttori di informazioni (assumendo così l’appellativo ibrido di ‘prosumer’), con il passaggio dal sistema della comunicazione di massa a quello dell’auto-comunicazione di massa. Attraverso un semplice cellulare ognuno può inserire

379 Carlo Gubitosa, Hacker. Scienziati e Pionieri, op. cit., pag. 17.

380 Stefano Rodotà, Una Costituzione per il web, op. cit., 19 febbraio 2010

381 Giuseppe Grisi, Informazione, (obblighi di), op. cit.

382 Intanto già si parla di web 3.0 e “web semantico”.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

in rete informazioni, video, foto, suoni, assumendo così la veste di editore 383.La “strapotenza delle (nuove) fucine mediatiche” 384 genera nuove forme di socializzazione che si dispongono per lo più verso un “modello neo-comunitario” 385 “o, meglio, “tribale” 386.Parallelamente si amplificano i fenomeni di ‘vetrinizzazione’ 387, con l’esposizione, al pari delle merci, del proprio (e altrui) corpo (catapultato in rete e messo in scena nello spazio virtuale, come abbiamo già detto), delle proprie emozioni e della propria vita (mantenendo però il controllo di ciò che si vuol far sapere e ciò che si far celare).“La visibilità la cerchiamo come l’ossigeno. Non è facile essere visti in un mondo dove le immagini sono tutto quanto c’è di reale” 388.

383 Di grande forza evocativa risulta la ‘tag line’ di “You tube” (sito di video streaming): “broadcast yourself” (trasmetti te stesso e, quindi, “trasmetti tu stesso”). Ogni utente può infatti immettere direttamente video in rete e, allo stesso tempo, fruire delle altrui immissioni. Ognuno, quindi, è allo stesso tempo, fornitore e fruitore di contenuti.

384 Onofrio Romano, Le fabbriche di Nichi. Fenomenologia di una comunità politica postdemocratica, in Democrazia e diritto, n. 3-4, 2009, Franco Angeli, Milano, pag. 152.

385 Joshua Meyrowitz, No sense of place: the impact of electronic media on social behavior, Oxford University Press, New York, 1985.

386 Michel Maffesoli, Le temps des tribus. Le declin de l’individualisme dans les sociéties de masse, Mèridiens Klincksieck, Paris, 1988.

387 Fenomeno, come si è già accennato, non del tutto nuovo, dato che già nel 1890 gli allarmi del giudice USA Louis Brandeis sulla violazione della privacy derivavano dalla pubblicazione sui giornali di Boston delle foto scattate in occasione di feste e balli privati, utilizzando la (allora) nuova macchina fotografica Kodak, appena inventata.

388 Igino Domanin, Apologia della barbarie, Bompiani, Milano, 2007, pag. 56.

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Da strumento di informazione il web si trasforma in “piattaforma per la condivisione di massa di informazioni e conoscenze” 389. In quest’ottica il nuovo “soggetto connettivo” 390

sarebbe addirittura in grado di competere con i poteri costituiti, svelandoli e mettendoli a nudo, in una sorta di ‘Panopticon’ a parti rovesciate391.Il web 2.0 rappresenta non tanto un salto tecnologico, quanto “un diverso intreccio tra tecnologia, usi sociali e collettivi e modelli di business, basati su gratuita e pubblicità” 392.Con la “rete delle reti” è mutata la trasmissione stessa della conoscenza: da modalità verticale (organizzata per gerarchie, secondo una struttura piramidale), ad una di tipo orizzontale (‘multitasking’), ossia fruizione contemporanea di più mezzi.Conseguentemente si dispone sempre più di “frammenti di informazione, (ma) sempre meno tempo per ordinarli”, con aumento della “fame del nostro cervello emotivo”, nonché “gravi effetti sul modo in cui viene ‘processata’ l’informazione: difficoltà a distinguere il rilevante dal superfluo” e “nell’utilizzo della memoria a breve” 393.

389 Carlo Formenti, Sfera pubblica e nuovi media, Politica del diritto, n. 3, 2010, Il Mulino, Bologna, pag. 503.

390 Carlo Formenti, Cybersoviet - utopoie postdemocratiche e nuovi media, op. cit., pag. 120

391 Le vicende di Wikileaks, con il disvelamento (e la relativa pubblicazione a livello mondiale, non a opera di un singolo soggetto, ma da parte di un’agguerritissima organizzazione sovra-nazionale) di centinaia di migliaia di files contenenti informazioni super-segrete della diplomazia USA confortano questa tesi, a prima vista piuttosto ardite e super-ottimistica.

392 Franco Carlini, in Arturo Di Corinto, corso di Comunicazione mediata dal computer, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università La Sapienza, Roma - www.comunicazione.uniroma1.it/materiali/1.20.21_corso2007.ppt - Simili.

393 Fabio Chiusi, Stimoli in eccesso, Multitasker - rischi”, in Nòva-Il Sole 24 Ore, 24 giugno 2010, pag. 5, Milano.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

E così “i deficit cognitivi poi rischiano di essere duraturi, modificando le connessioni neurali in modo tale da disabituarci alla lettura profonda e dunque agli approfondimenti, alla comprensione di sfumature di significato inaccessibili alle costanti peregrinazioni da link a link” 394.Premesso che il “multitasking” è un “sistema concepito per il computer e non per il cervello umano”, ne consegue che, anziché per osservare, gli occhi vengano utilizzati “come il pennello elettronico di uno scanner”. Consumiamo così “singoli bit invece di globalità”. Dedichiamo “sempre meno tempo a osservare e questo minor tempo” lo impegniamo per “un sempre maggior numero di singoli pezzi di media: in tal modo si “collezionano (solo semplici) frammenti”.“Questo significa che un nuovo paradigma si sta imponendo, ed è quello su cui occorre riflettere di più: stiamo entrando nell’economia della costante attenzione parziale” 395.“L’economia della conoscenza viene a coincidere con l’economia dell’attenzione … La vera risorsa scarsa sul mercato” diviene “l’attenzione delle persone” 396.

394 Fabio Chiusi, ibid.

395 Alberto Contri, Collezionisti di frammenti, in Nòva-Il Sole 24 Ore, 20 gennaio 2011, Milano, pag. 9.

396 Sebastiano Bagnara, Trasformazione e complessità dei lavoratori della conoscenza: le identità delle persone, op. cit., pag. 49.

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Le stesse conversazioni sui social network 397 e i micro-blogging 398 tendono ad assumere la forma di scambi veloci e brevi399; per non parlare della compulsività degli scambi di sms400 fatti di acronimi e abbreviazioni401 e nei quali risulta praticamente bandito l’uso delle vocali.Il continuo zig-zagare tra apparecchi e strumenti diversi produce quello che viene indicato come ‘surfing mentale’. “Come i surfisti cavalcano le grandi onde oceaniche, oggi si tende a cavalcare musica, televisione, cinema, letteratura … e relazioni interpersonali”.“Il ‘surfing mentale’ rende la mente più rapida, ma meno capace di elasticità e di adattabilità a toni e sfumature, come se anche nella vita, come nella musica, non vi fosse un adagio con brio, un pianissimo, un fortissimo, un largo …” 402.

397 Iscrivendosi, ogni utente che vi abbia aderito dispone di un proprio spazio ove inserisce e pubblica i propri messaggi, commenti, foto e video,

398 I blog sono dei diari e pagine in rete personali e collettivi, strumenti di conversazione e condivisione di interessi; grazie a un apposito software (CMS, Content Management System), i messaggi (post) sono inseriti automaticvamente in una struttura grafica predefinita. Il termine è il risultato dell’abbreviazione di web log, traccia in rete. Vi sono anche Vblog, contenenti filmati, e photoblog, nei quali vengono inserite foto. L’insieme dei blogs costituisce la cosiddetta blogosfera, blogsphere, porzione della più generale info-sfera.Secondo De Kerhove, allievo di McLuhan, i blog assommano i caratteri di un giornale, un diario, una conversazione da salotto e comunità legate da condivisione di interessi.(Derrick De Kerkhove, Dalla democrazia alla cyberdemocrazia, op. cit

399 Twitter consente di trasmettere messaggi aventi ciascuno una lunghezza massima di 140 caratteri.

400 Acronimo di Short Message Service, che indica i brevi messaggi scambiati tramite telefoni cellulari.

401 Per lo più incomprensibili ai “nativi pre-digitali” (identificabili anche come ‘silver analogici’) - vedi ad. es. cmq (comunque), tvb (ti voglio bene), umdb (un mondo di bene), ecc.

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Pur senza arrivare al catastrofico vaticinio di una pericolosa deriva verso la trasformazione in “informatissimi idioti” 403, si ipotizza che tra i possibili effetti della peregrinazione fra bit e frammenti di informazione siano da annoverare anche l’incapacità a prestare attenzione per un tempo superiore a un paio di minuti, la superficialità, la distrazione e l’ansia.Lo stesso uso di comuni programmi volti a semplificare le procedure e velocizzare le scelte può essere ricondotto al modello “making thing easy” (rendendo la cosa semplice) che, lasciando apparentemente libere le persone, determinerebbero una “standardizzazione dei processi mentali. Cos’è ‘Power Point’? E’ un modello di facilitazione dei processi di pensiero ed esposizione che sostituisce alla faticosa elaborazione personale l’adozione di modelli espositivi precostituiti”. In tal modo appare configurarsi come “il paradigma di una nuova generazione di facilitatori dei processi di pensiero che sottomette progressivamente l’attività cognitiva e ideativa degli esseri umani agli standard dei facilitatori che lavorano alle dipendenze di un gigantesco conglomerato tecno-finanziario” 404.Si tenga poi conto che “già oggi … i processi di immaginazione sono generati da catene produttive largamente controllate dalle ‘corporation’ della televisione e della pubblicità”. Pertanto la tendenza presente nella ’infosfera’ sarebbe quella della “preformazione della mente umana” (finanche di un processo di “modellazione centralizzata etero determinata della

402 Paolo Crepet, Sfamilia, Einaudi, Torino, 2009, pagg. 196-198.

403 Franco Ferrarotti, Un popolo di informatissimi idioti/2, in Lettera internazionale, n. 98, 2008, ed. Associazione Culturale Lettera internazionale, Roma, pag. 34: “Se non già oggi, quasi certamente domani, saremo probabilmente messi di fronte a un popolo di informatissimi idioti, se è vera la definizione dell’idiota come di colui ‘qui sait tout et ne comprend rien’ e che, come tale, incarna il tipo dell’”idiot savant”.

404 Franco Berardi Bifo, Democrazia e mutazione, op. cit., 74.

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mente umana”), con la creazione, da parte delle tecnologie digitali, di “condizioni di una vera e propria mutazione cognitiva … governata e modellata da aziende globali che producono macchine cognitive e comunicative” 405.Questi ed altri interrogativi sui possibili effetti sull’essenza della democrazia da un lato e, dall’altro, sui cambiamenti della fisiologia e della stessa anatomia del cervello umano, con conseguenti cambiamenti del modo stesso in cui pensiamo, sono oggetto di ricerche ed approfondimenti.Per chi “maneggia informazione” si tratta certamente di un compito impegnativo: trasmettere notizie che escano dalla palude del gossip e vadano oltre l’infotainment, ossia informazioni che si connotino per una intima ‘salienza’, al di là dell’informazione-spettacolo o intrattenimento.

Spazi pubblici interconnessi e condivisione del sapere

Come già accennato nella prima parte, l’informazione e la conoscenza, a differenza di molti altri beni, non subiscono un deterioramento dal processo di circolazione; anzi, il loro uso e consumo contribuiscono a incrementare la qualità e le opportunità per la creazione di nuovi prodotti: i beni comuni della conoscenza (digital commons).Mentre la ‘old economy’ presuppone per lo più un consumo distruttivo dei beni, la condivisione e l’uso dei prodotti-base della ‘new economy’, l’informazione e la conoscenza, ne accrescono il valore.“Le nuove tecnologie abilitano relazioni sociali complesse basate sulla cooperazione e condivisione, con l’utilizzo di ‘hardware’ economico e ‘banda larga’ di massa” 406.405 Franco Berardi Bifo, ibid., pag. 75.

406 Franco Carlini, in Arturo di Corinto, corso di Comunicazione mediata dal computer, cit.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

I processi di produzione del sapere sono così basati sulla ‘condivisione’ e sullo ‘scambio’, con una intensa accumulazione della conoscenza globalmente prodotta e la realizzazione di un enorme spazio pubblico inter-connesso (‘netowrked public spaces’).Siamo di fronte a ‘network di persone’ impegnate nel libero scambio delle informazioni; la libera circolazione di idee e risultati, il libero utilizzo del patrimonio comune delle conoscenze si appalesano come il presupposto della Res publica della scienza.

L’intelligenza collettiva

Nel corso della storia l’umanità ha occupato diversi spazi: dapprima la Terra, ove si è posto “in comunicazione con gli animali, le piante, i paesaggi, i luoghi e gli spiriti”.Un secondo spazio antropologico è quello del Territorio; è quindi subentrato lo spazio delle merci (“che va forse collocato agli albori del miracolo greco con l’invenzione dell’alfabeto e della moneta … oppure va fatto risalire al Rinascimento con il trionfo della stampa, prima vera industria … oppure tra i fumi della Rivoluzione industriale (XVIII secolo)”.Ecco quindi il quarto spazio, lo “spazio del sapere”, che “nasce e si perpetua con la circolazione, l’associazione e la metamorfosi delle comunità pensanti”. “Attraverso sistemi di segni, linguaggi e tecnologie intellettuali … il cervello si unisce ed entra in contatto con altri cervelli … “.Lungi dal rimpiazzare l’uomo, l’informatica e le tecniche di comunicazione a supporto digitale favoriscono la costruzione “di collettivi intelligenti in cui le potenzialità sociali e cognitive possano svilupparsi e ampliarsi reciprocamente”.

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“Il maggior progetto architettonico del XXI secolo consisterà nell’immaginare, costruire, sistemare l’ambito interattivo e mutevole del cyberspazio”Lo spazio del sapere risulta quindi “popolato di intellettuali collettivi, che non sono individui ma gruppi che sono la proiezione nel ciberspazio di persone concrete”. Intelligenza collettiva, quindi, non come “mera somma di intelligenze individuali” 407, ma “una forma di intelligenza qualitativamente diversa, che va ad aggiungersi alle intelligenze personali, una sorta di cervello collettivo o ipercorteccia” 408.L’intelligenza collettiva risulta pertanto “un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze”.Il fondamento e il fine dell’intelligenza collettiva sono il riconoscimento e l’arricchimento reciproco delle persone, e non il culto di comunità feticizzate o ipostatizzate” 409.Così come gli utensili e gli strumenti manuali hanno aumentato per millenni la forza fisica dell’uomo, la Rete (delle Reti) consente l’amplificazione dell’intelligenza collettiva 410.

407 Paolo Magrassi, Digitalmente confusi, op. cit., pag. 175.

408 Pierre Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del ciberspazio, Feltrinelli, Milano, 1999, pag. 31 (ed. orig. L’intelligence collective, Pour une antropologie du cyberspace, La Découverte, Paris, 1994).Straordinaria definizione attribuita da Levy a Roy Ascott, enunciata a Tolosa nel 1992, in occasione della manifestazione “Faust”, nel corso della relazione “Telenomia”. 409 Pierre Lévy ibid., pag. 34.

410 Michael Nielsen, Le nuove vie della scoperta scientifica, Come l’intelligenza collettiva, sta cambiando la scienza, Einaudi, Torino, 2012, pag. 22.

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Uno straordinario esempio di condivisione del sapere scientifico mondiale è rappresentato dalla “Public Library of Science” 411, grandioso progetto in cui sono impegnati nei diversi continenti oltre 30.000 scienziati.Un altro esempio ormai diffusissimo di condivisione di conoscenze è il ‘metodo wiki’ 412, che offre la possibilità di intervenire su un testo per integrarlo e migliorarlo, innescando un ‘effetto sciame’.Particolarmente innovativo è anche il concetto di ‘cosmopedia’ 413, rappresentazione e gestione dinamica delle conoscenze, ambiente virtuale che si organizza e si arricchisce a seconda delle esplorazioni dell’utente. “Al faccia a faccia dell’immagine fissa e del testo (tipici dell’enciclopedia) oppone un numero elevatissimo di forme di espressione”: immagine fissa, animata,

411 PLOS è un’organizzazione no-profit di scienziati e medici impegnati a rendere la letteratura medica e scientifica mondiale un bene pubblico liberamente accessibile - http://www.plos.org/.

412 Termine haitiano che significa veloce; l’esempio più conosciuto è ‘wikipedia’, “l’enciclopedia libera e collaborativa gestita da editori volontari”, ormai accreditata di un’elevata affidabilità, avviata nel 2001 da Jimmy Wales.“Ognuno può scrivere una voce dell’enciclopedia sugli argomenti di cui si sente particolarmente esperto. Viene raccomandato di sottoporre testi non controversi e obiettivi, ma su di essi comunque non viene esercitato alcun controllo centrale; la verifica e le correzioni sono semmai affidate ai lettori, ognuno dei quali può trasformarsi in recensore, correttore e autore a sua volta”.“In tutti questi casi si parte dal presupposto … che le persone hanno delle cose da dire e sono depositari di saperi che volentieri mettono a disposizione per il solo piacere di farlo e per la gratificazione che loro deriva dal fatto di essere riconosciuti in rete come esperti” (Franco Carlini, Divergenze digitali, op. cit., pag. 168).Va in ogni caso tenuto conto che a ogni voce è associata una “pagina di conversazione” (visionabile cliccando in alto a sinistra l’etichetta “discussione”), ove autori e utenti si scambiano informazioni.

413 Michel Autier e Pierre Lévy, La cosmopédie, una utopie hypervisuelle, in Culture tecnique, n. 24, 1992, Centre de recherche sur la culture technique, Neuilly-sur-Seine (numero dedicato alle Machine à communiquer, pagg. 226-234).

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suono, simulazioni e mappe interattive, sistemi esperti, videografie dinamiche, realtà virtuali, vite artificiali, ecc.414.Da ciò deriva il sistema degli “alberi delle conoscenze” 415, l’insieme delle conoscenze di tutti.

Copyright e copyleft

“Se la natura ha creato qualcosa meno suscettibile di altre alla proprietà esclusiva, questa cosa è la potenza del pensiero chiamata idea … Colui che riceve un’idea da me, riceve delle istruzioni senza togliermi nulla” 416.

414 Pierre Lévy, L’intelligenza collettiva, op. cit., pag. 210.

415 Michel Autier e Pierre Lévy, Les Arbres de connaissences, La Découverte, Paris, 1992.

416 Thomas Jefferson (III Presidente USA) to Isaac McPherson, http://etext.lib.virginia.edu/jefferson/quotations/jeff1550.htm.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

L’idea tradizionale del ‘copyright’ 417 tende a evolvere verso forme diverse di tutela: il ‘copyleft’ 418, ossia forme di protezione del diritto di autore che, pur garantendo la paternità dell’opera e i diritti economici presso i soggetti commerciali, favoriscono il suo utilizzo, la duplicazione e distribuzione in qualsiasi luogo, con qualsiasi mezzo o per qualsiasi fine e ampliano i diritti dell’utilizzatore.

417 In Italia le prime norme sul diritto d’autore risalgono alla Repubblica Cisalpina (1801). Attualmente la tutela del ‘copyright’ è regolamentata dalla legge n. 633 del 22 aprile 1941, che fino al 2004 vietava la riproduzione non autorizzata di opere “per fini di lucro”.Con decreto-legge n. 72 del 22 marzo 2004 (successivamente convertito in legge n. 128 del 21 maggio 2004), all’interno di un testo relativo al finanziamento delle attività cinematografiche, vengono introdotte “Misure di contrasto alla diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno” con modifiche alle norme sul copyright (art. 171-ter, comma 1, della legge n. 633/41) e in particolare sullo scambio di opere protette attraverso i sistemi cosiddetti di “file-sharing” (P2P - ‘Peer to peer’ - porta a porta, da pari a pari; ogni utente risulta sia ‘client’, ‘dowunloader’- in quanto scarica files - che ‘server’, ‘uploader’, dato che condivide gli stessi).Con le norme introdotte nel 2004 si estende l’ambito di applicazione delle sanzioni penali (particolarmente elevate, dato che variano da uno a quattro anni); il reato, fino ad allora ancorato al ‘fine di lucro’, viene rapportato alla finalità di “trarne profitto”. Con la vecchia formulazione, in vigore fino al 2004, la giurisprudenza aveva chiarito che “il fine di lucro non può intendersi come comprendente anche il semplice risparmio di costi, ma deve limitarsi all’immediato incremento patrimoniale, che non è ravvisabile qualora la duplicazione sia avvenuta a fini (esclusivamente) personali” (Tribunale di Torino, 13 luglio 2000).La sostituzione del “fine di lucro” con la finalità del “trarne profitto” viene approvata dal Parlamento a grande maggioranza, con la benevola astensione di buona parte delle opposizioni; solo uno sparuto numero di parlamentari si oppone con una strenua battaglia minoritaria, che produce frutti successivamente (infatti in occasione dell’approvazione della legge n. 43 del 31 marzo 2005 contenente disposizioni varie, tra cui norme per università, ricerca, grandi opere strategiche, ecc.), con un positivo recupero di razionalità, il Parlamento provvede (nell’ambito dell’art. 3 - interventi per beni e attività culturali - comma 3-quinquies), a rapportare la sanzione penale al solo “fine di lucro”, escludendo così la punibilità per fini personali.

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I soggetti che intendono condividere in modo ampio le proprie opere in virtù del modello “alcuni diritti riservati” possono utilizzare le licenze “Creative Commons”, che consentono diverse opzioni per il diritto d’autore 419. La logica dello scambio, della reciprocità e della condivisione è poi alla base della ‘gift economy’, l’economia del dono, in particolare in materia di software il progetto GNU420 (cosa diversa dal cosiddetto open source, basato sull’apertura del

Il testo attualmente vigente (art. 171-ter comma 2 lett. a) della legge 633/1941 dispone che “è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.582 a euro 15.493 chiunque riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi”. ”. Pare utile aggiungere, sempre in tema di modifica alle norme sul copyright, che con l’art. 39 comma 1 del decr. legisl. n. 68 del 2003 (recante “Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione”) si introduce il cosiddetto ‘equo compenso’ (consistente in una maggiorazione sul prezzo di listino), sull’acquisto di “apparecchi destinati alla registrazione di fonogrammi e videogrammi” e “supporti di registrazione audio e video” (supporti analogici, digitali, memorie fisse e trasferibili destinate alla registrazione di fonogrammi e videogrammi).Di cosa si tratta? Praticamente di una sorta di ‘multa preventiva’ comminata agli acquirenti di dispositivi multimediali e supporti per archiviazione digitale (evidentemente partendo dalla convinzione che, acquistando tali dispositivi, ognuno diventi di per se’ divulgatore, riproduttore e copiatore abusivo di opere coperte da copyright).Con il cosiddetto ‘decreto Bondi’ (Ministro Beni e attività culturali da maggio 2008 a marzo 2011) del 30 dicembre 2009, oltre ad aumentare l’entità del compenso, viene ampliata la platea dei ‘tartassati’, sottoponendo a prelievo obbligatorio ogni tipo di memoria fissa o mobile, indipendentemente dalla sua destinazione. Risultano così assoggettati trasversalmente a ‘equo compenso’ anche le memorie dei telefonini, le chiavette Usb, gli hard-disk interni ed esterni dei personal computer.Sulla questione dell’equo compenso viene investita la Corte di Giustizia UE che, con una sentenza della 3^ sezione, si pronuncia il 21 ottobre 2010.La pronuncia interviene in una controversia tra la SGAE (omologa spagnola della italiana Siae e la “Padawan SL”, società spagnola operante nel mercato della commercializzazione di supporti di registrazione.

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codice sorgente, che resta comunque un pre-requisito per il software libero).Di converso la concezione proprietaria del software e il possesso in via esclusiva del codice informatico 421 da parte delle imprese produttrici costituisce una sorta di legge privata sottratta ai canoni della conoscibilità e della modificabilità 422, elementi fondanti delle norme giuridiche.

La Corte sollecita preliminarmente un’interpretazione omogenea della direttiva europea (2001/29/CE), “a prescindere dalla facoltà riconosciuta agli Stati membri di determinare … la forma, le modalità di finanziamento e prelievo, nonché l’entità di tale equo compenso”.Nel merito l’equo compenso per copia privata - statuisce la Corte - dev’essere necessariamente correlato all’utilizzo effettivo (anche se identificato solo su base presuntiva) del supporto o del dispositivo per la realizzazione di una copia privata.La semplice idoneità di un supporto o dispositivo per la registrazione di una copia privata o la sua capacità di registrazione non possono costituire il presupposto impositivo per l’obbligo di pagamento dell’equo compenso per copia privata.Pertanto “l’applicazione indiscriminata del prelievo ... non risulta conforme con la direttiva 2001/CE.Perché sia imposto l’equo compenso, non è sufficiente che i supporti siano idonei, ma devono essere effettivamente destinati alla registrazione di copie private. Pertanto l’estensione (come nel caso del predetto decreto min. Bondi) a tutti i supporti solo potenzialmente capaci di effettuare registrazioni viene sconfessata dalla Corte.Al di là delle specifiche parti impegnate nella controversia, l’autorevole pronuncia giurisprudenziale spiega la sua efficacia negli ordinamenti interni di tutti i Paesi membri.Vedi: http://punto-informatico.it/3018123/PI/Commenti/equo-compenso-riscossa.aspx e http://curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang=it&jurcdj=jurcdj&numaff=&nomusuel=&ddatefs=10&mdatefs=10&ydatefs=2010&ddatefe=25&mdatefe=10&ydatefe=2010&docnodecision=docnodecision&allcommjo=allcommjo&affint=affint&affclose=affclose&alldocrec=alldocrec&docor=docor&docav=docav&docsom=docsom&docinf=docinf&alldocnorec=alldocnorec&docnoor=docnoor&docppoag=docppoag&radtypeord=on&newform=newform&docj=docj&docop=docop&docnoj=docnoj&typeord=ALL&domaine=&mots=&resmax=100&Submit=Rechercher.

418 La base legale del copyleft è la ‘General Public License’ (GPL).

419 “Creative Commons” è un’organizzazione no-profit. Le relative licenze e i prodotti sono utilizzabili liberamente e gratuitamente, senza necessità di contattare CC per permessi o registrazioni.

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In materia di diritto d’autore si segnala anche una pronuncia dell’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (AGCom)423

non perfezionata per l’approssimarsi della scadenza del mandato e quindi rimbalzata alla successiva Authority.Lo schema di regolamento accoglie nel nostro ordinamento il principio (mutuato dalla tradizione giuridica USA) del ‘fair use’

Il detentore dei diritti può non autorizzare usi in prevalenza commerciali (opzione non commerciale: NC, secondo l’acronimo inglese) o la creazione di opere derivate (non opere derivate: acronimo ND); se autorizza opere derivate può imporre l’obbligo di rilasciarle con la stessa licenza dell’opera originaria (condividi allo stesso modo, acronimo SA, derivante da Share-Alike). Le combinazioni di queste opzioni producono le sei licenze CC, disponibili anche in versione italiana. Creative Commons Public Licenses (CCPL) italiane:Common Deed (riassunti delle licenze) e Legal Code delle licenze versione 3.0 Italia

attribuzione 3.0 (CC BY 3.0) non opere derivate 3.0 (C CNY-ND 3.0) non commerciale 3.0 (CC BY-NC 3.0) non commerciale - non opere derivate 3.0 (CC BY-NC-ND 3.0) non commerciale - condividi allo stesso modo 3.0 (CC BY-NC-SA-3.0) condividi allo stesso modo 3.0 (CC-BY SA 3.0)

fonte: http://www.creativecommons.it, e http://www.creativecommons.it /licenze

420 GNU è un acronimo ‘ricorsivo’, che sta per “GNU’s not Unix” (GNU non è UNIX, riferito a uno dei primi sistemi operativi, realizzato nel 1969 da AT&T e Bell Laboratories). Il progetto GNU è ideato e lanciato nel 1983 con la ‘Free Software Foundation’ (FSF) da Richard Stallman per il software libero, in alternativa ai produttori di software proprietario (che gli utenti non possono modificare)il software libero si basa su principi etici ed è incentrato sulla libertà dell’utente: chiunque può utilizzare il software libero - reso disponibile con una licenza d’uso, studiarlo, modificarlo e ridistribuirlo. Esso poggia su quattro libertà:- libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo;- libertà di studiare il programma e modificarlo;- libertà di re-distribuire il programma ad altri;- libertà di migliorarlo e distribuire pubblicamente i miglioramenti.

421 Lawrence Lessig, equazione tra codice sorgente del software e legge del cyberspazio - Mauro Santaniello, Diritti umani nel ciberspazio. Patrimonio, persona

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

(uso corretto, leale)424, ossia l’uso di parti di materiali che, pur coperti dal copyright, possono essere utilizzati per scopi non commerciali.Dallo schema di regolamento varato nell’estate 2010 dall’AgCom risultano esclusi “i siti non aventi finalità commerciale o scopo di lucro, l’esercizio del diritto di cronaca, commento, critica o discussione, l’uso didattico e scientifico, la

e lex digitalis, in Politica del diritto, n. 3, 2010, Il Mulino, Bologna, pag.428

422 Da parte dei teorici del software libero viene evidenziato un interessante parallelismo fra le leggi dell’ordinamento giuridico generale e la legge privata del codice informatico, segreto e assolutamente inaccessibili agli utenti.“Una società libera è regolata da leggi. Ma ci sono limiti che ogni società libera pone sulla regolamentazione attraverso legge: nessuna società che tiene segrete le sue leggi può mai essere detta libera … E la legge è visibile solo quando i suoi termini sono conoscibili e controllabili da coloro che sono regolati o dagli agenti di rappresentanti di coloro che sono regolati (avvocati, parlamentari”.Lawrence Lessig, Introduction in Free software, free Society, Selected essay of Richard M. Stallman, Boston. GNU Press, 2002, pagg. 11-14.

423 Con una delibera del 6 luglio 2011 l’AgCom ha adottato uno schema di regolamento sul diritto d’autore in Rete, successivamente sottoposto a una consultazione pubblica; tale procedura è intesa a favorire “un dibattito approfondito e aperto a tutti i contributi, a tutte le voci della società civile, del mondo web e di quello produttivo, della cultura e del lavoro”.L’atto si suddivide in due parti: la prima riguarda le regole tese a favorire l’offerta legale tramite l’individuazione di misure di sostegno allo sviluppo dei contenuti digitali e soluzioni idonee alla riduzione delle barriere normative. L’Autorità invita i gestori di siti e i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici ad adottare codici di condotta. Si rende poi necessaria - secondo l’AgCom - la stipula di accordi tra produttori e distributori tendenti tra l’altro alla disponibilità di contenuti con modalità di acquisto semplificate e a costi contenuti, nonché accordi tra operatori per accordi collettivi di licenza.La seconda parte dello schema di regolamento riguarda le misure volte a tutelare il diritto d’autore e si articola in due fasi: una dinanzi al gestore del sito, l’altra dinanzi all’Autorità.In prima battuta il gestore del sito, se riconosce che i diritti del contenuto oggetto di segnalazione siano effettivamente riconducibili al segnalante, può rimuoverlo lui stesso dal sito entro quattro giorni dalla segnalazione (procedura ‘notice and take down’).

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riproduzione parziale, per quantità e qualità, del contenuto rispetto all’opera integrale che non nuoccia alla valorizzazione commerciale di questa” 425.Si segnala infine la battaglia che ha visto protagonista il Parlamento europeo nel rigettare il cosiddetto accordo “Acta” 426, ritenuto pericoloso per la libertà d’espressione, la ricerca e la privacy.

Qualora una delle parti ritenga insoddisfacente la procedura precedente, può rivolgersi all’Autorità che, “dopo un trasparente contraddittorio della durata di dieci giorni”, potrà impartire nei successivi venti giorni un ‘ordine di rimozione selettiva dei contenuti illegali o, rispettivamente, di loro ripristino”.Risultano in ogni caso esclusi dagli interventi i siti personali e amatoriali, che sono distinti dai fornitori di contenuto professionale.Conclusivamente si sottolinea che (diversamente dai timori della vigilia) lo schema della regolamentazione adottata dall’AgCom non prevede alcuna misura di inibizione all’accesso a siti, dato che esse “non si rivolgono all’utente finale, né intervengono sulle applicazioni ‘peer to pee’”.Risulta infine stralciata la ventilata regolamentazione attinente i siti esteri, che non sarà possibile rendere irraggiungibili. In caso di ipotesi di violazione di norme, l’Autorità informerà la competente Autorità Giudiziaria.In ogni caso la procedura dinanzi all’AgCom si connota come alternativa e non sostitutiva rispetto all’azione dinanzi alla Magistratura e comunque si blocca in caso di ricorso al giudice di una delle parti coinvolte.Vedi URL: http://www.repubblica.it/politica/2011/07/06/news/agcom_approva_la_delibera_sul_copyright_stretta_sui_pirati_la_rete_teme_la_censura-18753032/index.html?ref=search

424 Il principio del ‘fair use’, contenuto nel ‘Copyright Act’ statunitense, consente la citazione non autorizzata o l’incorporazione di materiale protetto da copyright in un’altra opera, nel rispetto di alcune condizioni:1) oggetto e natura dell’uso (consentito quello didattico e senza scopo di lucro);2) natura dell’opera protetta;3) quantità e importanza della parte utilizzata rispetto all’intera opera protetta;4) effetti sul mercato potenziale e sul valore dell’opera protetta.Vedi URL: http://it.wikipedia.org/wiki/Fair_use.

425 Si tratta di “forme di utilizzo dei contenuti coperti da diritto d’autore che non tolgono nulla all’industria e ai titolari dei diritti e, ad un tempo, danno molto alla società in termini di circolazione di idee, informazioni e creatività” (Guido Scorza, Delibera Agcom, la forza della Rete (e della ragione), in L’Espresso, 7 luglio 2011 -

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

Accessibilità alla conoscenza e banda larga

La conclusione di questo lavoro può ben essere esemplificata dalla constatazione che il processo di ‘trasparente esercizio di pubblici poteri e funzioni’ va commisurato al parametro primario della ‘conoscenza’.Appare però opportuno sottolineare che, se da un lato l’attivazione di ‘conoscenza’ non è direttamente proporzionale alla mera quantità di atti, documenti e informazioni indistintamente riversati in rete, essa è anche rapportata all’adeguatezza dell’infrastruttura telematica disponibile: la concreta possibilità di godimento dei “nuovi diritti di cittadinanza”, di cui l’informazione rappresenta un elemento imprescindibile, è direttamente rapportata al livello di adeguatezza di tale infrastruttura.In tale contesto appare centrale la ‘banda larga’, che consente la connessione - e quindi trasmissione e ricezione di dati - ad alta velocità. Senza di essa la connessione a internet risulta lenta e problematica, quindi si appalesa come un vero e proprio ‘gap’, una sorta di collo di bottiglia per l’accesso alla conoscenza. La indisponibilità della banda larga crea all’origine una disparità di accesso: da un lato i soggetti che possono fruire di tecnologie

vedi URL: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/delibera-agcom-la-forza-della-rete- %28e-della-ragione%29/2155632/15.

426 Anti-Counterfeiting Trade Agreement, accordo commerciale (negoziato in segreto tra Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud e Svizzera e da diversi altri Paesi europei) volto a contrastare la contraffazione di marchi commerciali e la pirateria informatica, tutelare copyright e brevetti. L’accordo è stato bocciato dal Parlamento europeo (478 voti contrari, 165 astenuti e 39 favorevoli) nella seduta del 4 luglio 2012. Nell’occasione il Parlamento europeo (destinatario di fortissime pressione da parte dell’opinione pubblica internazionale e di una petizione sottoscritta da circa 3 milioni di cittadini di tutto il mondo) esercitava per la prima volta le sue nuove competenze in materia di trattati commerciali.

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(fibre ottiche) e connessioni veloci (le cosiddette ‘autostrade dell’informazione’), dall’altro i soggetti, vittime di “discriminazioni di opportunità” e costretti a percorrere le vecchie mulattiere.Da parte degli operatori privati la destinazione di risorse alla banda larga viene interpretata come la garanzia “di un diritto sociale e di una conquista dell’umanità” 427.Anche per il Governo italiano lo sviluppo della ‘banda larga’ costituisce “fattore di sviluppo e garanzia di diritti per l’enorme quantità di dati, informazioni e conoscenza che veicola” 428.Il carattere strategico dei relativi investimenti è amplificato dagli effetti diretti (moltiplicativi) e indiretti (offerta di nuovi servizi, aumento produttività nella produzione di beni e servizi, trasformazione dei settori, maggiore competizione sulle merci e sui servizi). Ulteriore effetto indiretto è costituito dal risparmio energetico. Infatti “la sola introduzione di una rete di banda ultralarga permette di risparmiare fino a 760 milioni di euro in un orizzonte temporale compreso tra il 2011 e il 2020, grazie ai migliori consumi e all’utilizzo dei meccanismi dei titoli di efficienza energetica” 429.

427 Gianluca Dettori, imprenditore della rete e fondatore su Facebook del gruppo Internet come diritto fondamentale. Un’altra innovativa tecnologia è il cosiddetto wi-fi (connessioni senza fili), in grado di coprire anche le realtà marginali, periferiche o le aree rurali, la cui copertura con fibre ottiche risulterebbe piuttosto impegnativa sul piano finanziario.

428 Progetto strategico “Agenda Digitale Italiana: implementare le infrastrutture di rete - caratteristiche e modalità attuative”, Ministero dello Sviluppo economico - Dipartimento per le Comunicazioni, 15 dicembre 2011, pag. 58.

429 Progetto ATENA (Analisi Tecnico Economica sullo sviluppo della rete e dei servizi di NuovA generazione”, continuazione del progetto VATE - rif. in Progetto strategico “Agenda Digitale Italiana: implementare le infrastrutture di rete – caratteristiche e modalità attuative, a cura del Ministero dello Sviluppo economico - dip. per le Comunicazioni, 15 dicembre 2011, pag. 69.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

In alcuni Paesi stranieri, come per es. la Finlandia, un’apposita legge ha sancito il diritto di ogni cittadino a disporre della connessione con “banda larga” (100 Mb/sec.) entro il 2015, dichiarata ‘servizio universale’ da garantire finanche nei più sperduti villaggi artici (in Italia costituiscono ‘servizio universale’ le telecomunicazioni; il soggetto incaricato di fornire tale servizio è ‘Telecom’ ) 430.Anche l’ONU si è espressa per una più larga accessibilità alla banda larga entro il 2015, che non costituisce assolutamente un lusso ove è in pericolo l’esistenza stessa della vita della persone (dato che mancano finanche beni indispensabili alla sopravvivenza e diritti essenziali), ma si connota come “abilitatore di sviluppo, conoscenza e uguaglianza”.“I governi del mondo dovrebbero considerare la rete un’infrastruttura di base, come le strade, lo smaltimento dei rifiuti e l’acqua” 431; nella moderna società le reti digitali rappresentano l’equivalente “dell’acqua in una società rurale” 432.Per quanto concerne l’Italia la situazione evidenzia incertezza. Ai ritardi nella disponibilità della ‘banda larga’ si aggiungono arretratezze nel rapporto tra cittadini e amministrazioni pubbliche: nella classifica dell’Onu sul livello del coinvolgimento dei cittadini da parte della P.A. (“E-partecipation-index”), il

430 Decreto Presidente della Repubblica n. 318 del 19 settembre 1997 (art. 3, comma 4), recante “Regolamento per l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni”.

431 Hamadoun Toure, segretario generale ’International Telecommunication Union’, agenzia internazionale dell’Onu (fondata a Parigi nel 1865 con il nome di International Telegraph Union, con il compito di fissare standard nelle telecomunicazioni e nell’uso delle onde radio.

432 Gianluca Dettori, cit. - rif. in Arturo Di Corinto e Alessandro Gilioli, I nemici della rete, op. cit., pag. 26

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nostro Paese risulta al 55° posto, in coda, oltre che alle grandi potenze occidentali, persino a Kazahkstan, Kyrgyzstan, Mongolia, Uzbekistan, Brasile, Egitto, Giordania e Kenia433.Ancor più sconfortanti risultano le ‘performances’ relative all’offerta di servizi on-line: sempre secondo il citato rapporto “E-Government Survey 2010” dell’Onu, l’Italia si colloca all’87° posto, in coda addirittura a Costa d’Avorio, Angola, Bangladesh, Albania, Azerbaijan e Viet-Nam434.Di fronte al poderoso e inarrestabile avanzare del ‘sistema di auto-comunicazione di massa’ 435, quanto potranno reggere le ostinate resistenze, le intollerabili negligenze e le inossidabili pigrizie poste a cementare il muro di gomma (o il ‘mulo di gomma’?) eretto a diga di fronte alla sete di conoscenza?Basterà un buzz, un brusio in rete, per spazzare via pigrizie, negligenze e gelosie? Intanto basterà un brusio in rete e la web reputation andrà in frantumi. Se poi il buzz avrà la capacità di trasformarsi in uragano e quindi in un vero e proprio tsunami, allora non ci saranno ripari adeguati per nascondere pigrizie, negligenze e gelosie.

433 United Nations, E-Government Survey 2010, Leveraging at the time of financial and economic crisis, New York, april 2010, pag. 124. http://unpan1.un.org/intradoc/groups/public/documents/un/unpan038851.pdf.

434 United Nations, E-Government Survey 2010, cit., pag. 116.

435 Secondo taluni studiosi non vanno comunque eccessivamente enfatizzate le ‘proprietà democratiche’ della rete. Infatti agli utenti è sì consentita una intensa attività di auto-comunicazione, ma in fin dei conti si tratta di un’attività periferica, dato che l’intelligenza della rete rimane ben salda (anzi tende a concentrarsi) nelle memorie remote dei colossi appartenenti alla ‘big data’.

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INFORMAZIONE, ACCESSO E TRASPARENZA

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Sono inoltre stati tratti da wikipedia

- Open data - http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_aperti

- Cubo di Rubik i- http://it.wikipedia.org/wiki/Cubo_di_Rubik

- Fair use, in http://it.wikipedia.org/wiki/Fair_use