TESTIMONIANZE EPIGRAFICHE TARDOANTICHE E ALTOMEDIEVALI ...

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122 TESTIMONIANZE EPIGRAFICHE TARDOANTICHE E ALTOMEDIEVALI IN CAMPANIA: ALCUNI ESEMPI A CONFRONTO di CHIARA LAMBERT Le conoscenze sul patrimonio epigrafico tardoantico e altomedievale della Campania si sono considerevolmente ampliate nell’ultimo quindicennio grazie all’acquisizione di alcune decine di nuovi tituli provenienti da contesti di scavo – Pratola Serra, chiesa di S. Giovanni (PEDUTO 1992; MAURO 1992, p. 342, sch. 48; p. 346, sch. 73); Salerno, chiesa di S. Pietro a Corte (PEDUTO et al. 1988; GALANTE 1988; LAMBERT c.s.); Atripalda, basilica di S. Ippolisto (in corso di scavo) – ed al recente riesame del materiale edito o ine- dito conservato in vecchie raccolte museali – Salerno, De- posito del Museo Diocesano – o in siti di grande rilevanza storico-archeologica – Cimitile, complesso di S. Felice ed Olevano sul Tusciano, grotta di S. Michele (GALANTE c.s.) – o, ancora, noto attraverso sillogi manoscritte e a stampa di epoche diverse (STAIBANO; C.I.L. X, I-II; BRACCO 1981 (I.I.); GAMBINO 1982; FELLE 1993 (I.C.I)). Le iscrizioni più significative dal punto di vista quantita- tivo e contenutistico sono state recuperate dal Prof. Paolo Peduto e dalla sua équipe nel corso degli scavi nel comples- so di S. Pietro a Corte in Salerno (PEDUTO et al. 1988). Allo studio di questi testi, curato da chi scrive per l’imminente pubblicazione del rapporto finale delle risultanze archeolo- giche, cui si rimanda, si aggiungono i primi esiti di un censi- mento sistematico in atto sul patrimonio lapidario iscritto dell’attuale provincia di Salerno nel quadro di due progetti di ricerca scientifica MIUR ex-60% – anno 2003 (M. GA- LANTE, Scritte d’occasione e scritte occasionali nel panora- ma epigrafico della Campania medievale; C. LAMBERT, “Epi- grafi tardo antiche della Campania: costituzione di un corpus”.), finalizzati al reperimento dei dati che dovranno confluire nel previsto Corpus Inscriptiones Medii Aevi Italiae (saecula VI-XII) – La Campania, promosso dal Centro Inter- nazionale di Studi sull’Altomedioevo di Spoleto. Lo stato attuale di avanzamento dello studio con- sente di presentare in questa sede alcune considerazioni comparative circa l’entità e la diffusione sul territorio di documenti epigrafici di età compresa tra il primo manife- starsi del cristianesimo e l’età longobarda, individuati ex- novo o riesaminati in Salerno, Benevento e Avellino – Atripalda-Aeclanum (Fig. 1). Per questa analisi si sono presi in considerazione para- metri quali il luogo e le modalità di rinvenimento, la cronolo- gia, le titolature e l’onomastica, il sesso e l’età dei defunti, il formulario adottato, la qualità dei testi sotto il profilo lingui- stico-grammaticale e paleografico, secondo i criteri in uso per l’edizione dei più recenti Corpora; ne sono sintesi le ta- belle proposte a titolo di esempio, riservate ai soli tituli di Salerno città e di pochi altri centri della provincia (Tabb. 1- 4), per la maggior parte inediti o che non rientrano ancora in una trattazione specifica sul modello delle ICI, già disponi- bili, invece, per Benevento e l’Avellinese (FELLE 1993). a) Il materiale rinvenuto nell’ambito del complesso di S. Pietro a Corte in Salerno consta di undici titoli sepolcrali di età tardoantica e di uno celebrativo di età altomedievale, sicuramente attribuibile al periodo longobardo (GALANTE 1988; VARONE 1982, pp. 28-29; LAMBERT c.s.). Il gruppo numericamente e tipologicamente più rappresentato è per- tinente alla seconda fase di utilizzo del sito, quando le strut- ture riferibili ad un impianto termale di età romana impe- riale (fine I-II sec. d.C.), successivamente obliterato da po- tenti depositi alluvionali, vengono parzialmente recuperate per la realizzazione di un sacello cristiano a carattere priva- to, con antistante area funeraria coeva (PEDUTO 1988; ROMI- TO 1988; EADEM 1996, pp. 29-30; 123-124). Questa ridefinizione funzionale, attuata a partire dall’ul- timo quarto del V secolo, ebbe una connotazione di sicuro privilegio, attestata, oltre che dall’impegno architettonico profuso, dalla monumentalità della tomba principale (PEDU- TO 1988, pp. 11-12; 14-18; FIORILLO 1998, pp. 23-24; 31), dal numero relativamente ridotto delle sepolture – ventiquattro – e dalle iscrizioni ad esse pertinenti. Tra gli inumati, infatti, si annoverano un vir spectabilis (a. 497), una honesta femina (VI sec.) ed un nobilis homo (VI-VII sec.), ma anche gli altri tituli confermano, per l’onomastica e la qualità esecutiva, un livello socio-economico non comune (Tab. 1), (LAMBERT c.s.). Le tecniche di incisione, i formulari e la lingua adottati fanno propendere per la persistenza in loco di botteghe di lapicidi non disabituati alla pratica scrittoria, per quanto la ripartizione dei materiali su un arco cronologico discreta- mente ampio – fine V-inizi VII secolo – non consenta, sotto questo profilo, di instaurare confronti interni sufficiente- mente pregnanti. Tra le scritture lapidee superstiti, quelle integre e ben da- tabili sulla base di elementi intrinseci o di selezionate com- parazioni interne ed esterne, confermano i dati stratigrafici per una durata dell’uso funerario di quest’area che non pare protrarsi oltre la fine del VI-inizi del VII secolo. In questo periodo una presenza bizantina ancora salda in Campania è ben nota grazie a fonti letterarie, archeologiche e numismati- che (PEDUTO 1990, pp. 307-312; 321-324; 334-337; ZANINI 1994, p. 196; IDEM 1998, p. 272; PEDUTO 1999, pp. 27; 30, tav. II; 37; IDEM 2000, pp. 105-107) e qui attestata a livello epigrafico da tre manufatti che si collocano tra lo scorcio del V ed il pieno VI secolo. Tali documenti, pur rientrando nel quadro fondamentalmente stereotipo dei tituli sepolcrali, sono di tenore testuale e di livello esecutivo assai differente; essi rivestono pertanto un notevole interesse per la storia del sito e, più in generale, per l’epigrafia campana, rappresentando a tutt’oggi le uniche testimonianze lapidarie dell’onomastica greca nella Salerno bizantina (LAMBERT c.s.). Generalmente corrette sotto il profilo grammaticale, le iscrizioni in oggetto non presentano particolarità grafiche di rilievo; la maggior parte di esse è eseguita con la tecnica dell’incisione a solco triangolare, ma non mancano alcuni esempi di solco “a cordone”, completato, almeno in un caso, da tracce di un’originaria rubricatura ottenuta mediante un pigmento ceroso di colore rosso-bruno. Sotto il profilo del formulario e dell’apparato icono- grafico, il signum crucis posto all’inizio del testo o dupli- cato all’inizio ed alla fine è presente in quattro casi su undi- ci e si accompagna in tutti i casi alla frequentissima formu- la requiescit in pace, qui attestata otto volte su undici ed in due esempi in unione al qualificativo bonae memoriae. Il titolo di una honesta femina, datato al 556, è concluso da due fogliette cuoriformi e al di sotto dell’ultimo rigo di scrit- tura, in posizione centrata rispetto al testo, vi è la raffigura- zione di due pavoni disposti in simmetria araldica rispetto ad un cántharos dal quale fuoriescono due racemi di vite. Tra gli inizi del VII e l’ultimo quarto dell’VIII secolo il complesso di S. Pietro a Corte è interessato da un nuovo abbandono, le cui cause – non note – sono forse riferibili ad una fase di generale declino della città, non disgiunto da ulteriori calamità naturali. La frequentazione dell’area riprenderà, in forme radi- calmente diverse, solo con Arechi II (774-787), che con i suoi interventi ne rispetterà comunque la sacralità, intac- cando il meno possibile, e talora risarcendo, il luogo di se- poltura di quell’esiguo numero di individui illustri acco- munati post mortem dalla vicinanza ad un antico e venerato deposito di reliquie (DELOGU 1977, pp. 36; 44-51; PEDUTO 1988, pp. 12-13; IDEM 1990, p. 324). Alla fase arechiana, che tradusse la volontà di rendere ar- chitettonicamente visibile il centro di esercizio del proprio

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TESTIMONIANZE EPIGRAFICHETARDOANTICHE E ALTOMEDIEVALI

IN CAMPANIA:ALCUNI ESEMPI A CONFRONTO

diCHIARA LAMBERT

Le conoscenze sul patrimonio epigrafico tardoantico ealtomedievale della Campania si sono considerevolmenteampliate nell’ultimo quindicennio grazie all’acquisizionedi alcune decine di nuovi tituli provenienti da contesti discavo – Pratola Serra, chiesa di S. Giovanni (PEDUTO 1992;MAURO 1992, p. 342, sch. 48; p. 346, sch. 73); Salerno, chiesadi S. Pietro a Corte (PEDUTO et al. 1988; GALANTE 1988;LAMBERT c.s.); Atripalda, basilica di S. Ippolisto (in corsodi scavo) – ed al recente riesame del materiale edito o ine-dito conservato in vecchie raccolte museali – Salerno, De-posito del Museo Diocesano – o in siti di grande rilevanzastorico-archeologica – Cimitile, complesso di S. Felice edOlevano sul Tusciano, grotta di S. Michele (GALANTE c.s.) –o, ancora, noto attraverso sillogi manoscritte e a stampa diepoche diverse (STAIBANO; C.I.L. X, I-II; BRACCO 1981 (I.I.);GAMBINO 1982; FELLE 1993 (I.C.I)).

Le iscrizioni più significative dal punto di vista quantita-tivo e contenutistico sono state recuperate dal Prof. PaoloPeduto e dalla sua équipe nel corso degli scavi nel comples-so di S. Pietro a Corte in Salerno (PEDUTO et al. 1988). Allostudio di questi testi, curato da chi scrive per l’imminentepubblicazione del rapporto finale delle risultanze archeolo-giche, cui si rimanda, si aggiungono i primi esiti di un censi-mento sistematico in atto sul patrimonio lapidario iscrittodell’attuale provincia di Salerno nel quadro di due progettidi ricerca scientifica MIUR ex-60% – anno 2003 (M. GA-LANTE, Scritte d’occasione e scritte occasionali nel panora-ma epigrafico della Campania medievale; C. LAMBERT, “Epi-grafi tardo antiche della Campania: costituzione di uncorpus”.), finalizzati al reperimento dei dati che dovrannoconfluire nel previsto Corpus Inscriptiones Medii Aevi Italiae(saecula VI-XII) – La Campania, promosso dal Centro Inter-nazionale di Studi sull’Altomedioevo di Spoleto.

Lo stato attuale di avanzamento dello studio con-sente di presentare in questa sede alcune considerazionicomparative circa l’entità e la diffusione sul territorio didocumenti epigrafici di età compresa tra il primo manife-starsi del cristianesimo e l’età longobarda, individuati ex-novo o riesaminati in Salerno, Benevento e Avellino –Atripalda-Aeclanum (Fig. 1).

Per questa analisi si sono presi in considerazione para-metri quali il luogo e le modalità di rinvenimento, la cronolo-gia, le titolature e l’onomastica, il sesso e l’età dei defunti, ilformulario adottato, la qualità dei testi sotto il profilo lingui-stico-grammaticale e paleografico, secondo i criteri in usoper l’edizione dei più recenti Corpora; ne sono sintesi le ta-belle proposte a titolo di esempio, riservate ai soli tituli diSalerno città e di pochi altri centri della provincia (Tabb. 1-4), per la maggior parte inediti o che non rientrano ancora inuna trattazione specifica sul modello delle ICI, già disponi-bili, invece, per Benevento e l’Avellinese (FELLE 1993).

a) Il materiale rinvenuto nell’ambito del complesso di S.Pietro a Corte in Salerno consta di undici titoli sepolcrali dietà tardoantica e di uno celebrativo di età altomedievale,sicuramente attribuibile al periodo longobardo (GALANTE1988; VARONE 1982, pp. 28-29; LAMBERT c.s.). Il grupponumericamente e tipologicamente più rappresentato è per-tinente alla seconda fase di utilizzo del sito, quando le strut-ture riferibili ad un impianto termale di età romana impe-riale (fine I-II sec. d.C.), successivamente obliterato da po-tenti depositi alluvionali, vengono parzialmente recuperate

per la realizzazione di un sacello cristiano a carattere priva-to, con antistante area funeraria coeva (PEDUTO 1988; ROMI-TO 1988; EADEM 1996, pp. 29-30; 123-124).

Questa ridefinizione funzionale, attuata a partire dall’ul-timo quarto del V secolo, ebbe una connotazione di sicuroprivilegio, attestata, oltre che dall’impegno architettonicoprofuso, dalla monumentalità della tomba principale (PEDU-TO 1988, pp. 11-12; 14-18; FIORILLO 1998, pp. 23-24; 31), dalnumero relativamente ridotto delle sepolture – ventiquattro– e dalle iscrizioni ad esse pertinenti. Tra gli inumati, infatti,si annoverano un vir spectabilis (a. 497), una honesta femina(VI sec.) ed un nobilis homo (VI-VII sec.), ma anche gli altritituli confermano, per l’onomastica e la qualità esecutiva, unlivello socio-economico non comune (Tab. 1), (LAMBERT c.s.).

Le tecniche di incisione, i formulari e la lingua adottatifanno propendere per la persistenza in loco di botteghe dilapicidi non disabituati alla pratica scrittoria, per quanto laripartizione dei materiali su un arco cronologico discreta-mente ampio – fine V-inizi VII secolo – non consenta, sottoquesto profilo, di instaurare confronti interni sufficiente-mente pregnanti.

Tra le scritture lapidee superstiti, quelle integre e ben da-tabili sulla base di elementi intrinseci o di selezionate com-parazioni interne ed esterne, confermano i dati stratigraficiper una durata dell’uso funerario di quest’area che non pareprotrarsi oltre la fine del VI-inizi del VII secolo. In questoperiodo una presenza bizantina ancora salda in Campania èben nota grazie a fonti letterarie, archeologiche e numismati-che (PEDUTO 1990, pp. 307-312; 321-324; 334-337; ZANINI1994, p. 196; IDEM 1998, p. 272; PEDUTO 1999, pp. 27; 30,tav. II; 37; IDEM 2000, pp. 105-107) e qui attestata a livelloepigrafico da tre manufatti che si collocano tra lo scorcio delV ed il pieno VI secolo. Tali documenti, pur rientrando nelquadro fondamentalmente stereotipo dei tituli sepolcrali, sonodi tenore testuale e di livello esecutivo assai differente; essirivestono pertanto un notevole interesse per la storia del sitoe, più in generale, per l’epigrafia campana, rappresentando atutt’oggi le uniche testimonianze lapidarie dell’onomasticagreca nella Salerno bizantina (LAMBERT c.s.).

Generalmente corrette sotto il profilo grammaticale, leiscrizioni in oggetto non presentano particolarità grafichedi rilievo; la maggior parte di esse è eseguita con la tecnicadell’incisione a solco triangolare, ma non mancano alcuniesempi di solco “a cordone”, completato, almeno in un caso,da tracce di un’originaria rubricatura ottenuta mediante unpigmento ceroso di colore rosso-bruno.

Sotto il profilo del formulario e dell’apparato icono-grafico, il signum crucis posto all’inizio del testo o dupli-cato all’inizio ed alla fine è presente in quattro casi su undi-ci e si accompagna in tutti i casi alla frequentissima formu-la requiescit in pace, qui attestata otto volte su undici ed indue esempi in unione al qualificativo bonae memoriae. Iltitolo di una honesta femina, datato al 556, è concluso dadue fogliette cuoriformi e al di sotto dell’ultimo rigo di scrit-tura, in posizione centrata rispetto al testo, vi è la raffigura-zione di due pavoni disposti in simmetria araldica rispettoad un cántharos dal quale fuoriescono due racemi di vite.

Tra gli inizi del VII e l’ultimo quarto dell’VIII secoloil complesso di S. Pietro a Corte è interessato da un nuovoabbandono, le cui cause – non note – sono forse riferibili aduna fase di generale declino della città, non disgiunto daulteriori calamità naturali.

La frequentazione dell’area riprenderà, in forme radi-calmente diverse, solo con Arechi II (774-787), che con isuoi interventi ne rispetterà comunque la sacralità, intac-cando il meno possibile, e talora risarcendo, il luogo di se-poltura di quell’esiguo numero di individui illustri acco-munati post mortem dalla vicinanza ad un antico e veneratodeposito di reliquie (DELOGU 1977, pp. 36; 44-51; PEDUTO1988, pp. 12-13; IDEM 1990, p. 324).

Alla fase arechiana, che tradusse la volontà di rendere ar-chitettonicamente visibile il centro di esercizio del proprio

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potere mediante la presenza del palatium e dell’annessa cap-pella di corte, si deve anche un importante documento epigra-fico, rappresentato da alcuni frammenti del titulus metrico det-tato da Paolo Diacono per celebrare i meriti del duca longo-bardo autoproclamatosi princeps gentis Langobardorum (GA-SPARRI 1978, pp. 98-100; PEDUTO 2001; AZZARA 2002, pp. 132-133; MATARAZZO 2002, p. XLIII, anno 774). Rinvenuti grazieall’attenzione del Prof. Peduto tra i materiali provenienti dalledemolizioni di parte delle superfetazioni della cappella palati-na e già destinati alla discarica, gli undici frammenti, solo inparte combacianti e leggibili, sono sicuramente identificabilicon alcuni dei versi che Arechi II commissionò allo storico ecantore di corte per l’interno della sua sala di rappresentanza.La memoria di tale carmen si è conservata attraverso diversetradizioni non inficiate dal dubbio di autenticità (ACOCELLA1968, pp. 42-46; NATELLA 2000, pp. 107-114):«[CHRI]ST[E SALUS UTRIUSQUE DECUS SPES UNICAMUNDI

DUC A]GE DVC C[LE]M[ENS ARICHIS PIA SUSCIPE VOTAPERPETUUMQUE TIBI HAEC CONDAS HABITACULA TEMPLI.REGNATOR TIBI SUMME DECUS TRINOMINIS ILLEHEBREAE GENTIS SOLYMIS CONSTRUXIT ASYLUMPONDERE QUOD FACTUM SIC CIRCUMSEPSIT OBRIZODUXIT OPUS NIMIUM VARIIS SCULPTUMQUE FIGURISBRAC(TEATIS)…]».

(«O Cristo, salvezza, gloria dell’uno e dell’altro, spe-ranza unica del mondo / guida, accetta e indirizza, beni-gno, e sostieni i pii voti di Arechi / che a tua gloria è sulpunto di creare in eterno la sacra dimora del tempio. / PerTe, Sovrano, o Sommo Richiamo, egli ha costruito / unasede degna della tre volte nazione ebrea figlia di Salomone/ e nel portarla a termine l’ha circondata di purissimo orofino / aumentandola di valore con uno straordinario appa-rato di varie figure / bratteate …»), (trad. NATELLA 2000,p. 114).

Fig. 4 – Luoghi di rinvenimento di testi epigrafici tardoantichi e altomedievali citati nel testo.

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Tab. 1 – PEDUTO 1988, p. 11; GALANTE 1988; NATELLA 1991; LAMBERT c.s.

Tab. 3 – BRACCO 1981, I.I., Salernum, pp. 60 -64, nn.114, 105, 109, 116.

Tab. 2 – C.I.L., X, Salernum, pp. 74-76, nn. 662, 663, 667, 669, 671; 665, 666; 660, 670; 673; 672; 674; 664; 668.

Tab. 4 – Ffr. inediti.

Questo titulus longobardo – realizzato su un supporto inmarmo bianco saccaroide di provenienza orientale ed eseguitocon una variante tecnica dell’incisione a solco triangolare cheprevede l’inserimento di lettere in metallo dorato, verosimil-mente bronzo (PEDUTO 1988, p. 13; VITOLO 1994, pp. 69-74;MITCHELL 2000, pp. 130-131, sch. 202, tav. 81) –, si inquadra

perfettamente nell’ambito della politica culturale arechianadi richiamo alla grandezza della classicità ed ai suoi valori;nelle sue molteplici valenze, esso ben si accorda con glieccezionali lacerti di pavimentazione in opus sectile e dirivestimento parietale in tessere musive marmoree e in pa-sta vitrea policroma e dorata, ugualmente provenienti dalle

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demolizioni della cappella palatina (PEDUTO 1998, pp. 17-25; DI MURO 1996, pp. 26-35; 85-106) e per i quali, cosìcome per l’iscrizione, è altamente verosimile il contributodi maestranze esterne, legate alla committenza aulica.

b) Notevole interesse rivestono i tredici titoli censiti a suotempo nel C.I.L., X e in parte ripresi in I.I., I (Tab. 2) che,pur risultando al momento dispersi – ma forse confluiti inraccolte private -, sembrano ascrivibili entro un orizzontecronologico più alto rispetto ai materiali di S. Pietro a Cor-te, come del resto già osservato dal primo editore (C.I.L., X,nn. 663, 666, 671; ACOCELLA 1968, pp. 39-40). Anche inmancanza di un esame autoptico, il formulario, la presenzadel Chrismon e delle lettere apocalittiche A ed W e, in uncaso, di un apparato iconografico inequivocabilmente rife-ribile al repertorio paleocristiano delle origini, sembranotrovare una loro collocazione tra il periodo immediatamen-te post-costantiniano ed il V secolo, costituendo dunque leattestazioni più precoci per l’area salernitana.

c) Ugualmente disperse risultano altre quattro epigrafi noncomprese nel C.I.L., X e pubblicate nelle Inscriptiones Italiae(Tab. 3), il cui formulario – anche in questo caso unico ele-mento orientativo per una proposta di datazione, se si ec-cettua una indicazione consolare – induce ad ascriverle, ri-spettivamente, lungo un arco cronologico compreso tra ilIV-V secolo, la prima metà del VI ed il VI-VII secolo.

Tra questi tituli figurano due importanti attestazioni dimembri del clero cittadino: un Grammatius epi(scopus), lacui depositio è datata all’anno 529 e che potrebbe essere ilsecondo della lista episcopale salernitana (KEHR 1935,p. 339; CRISCI, CAMPAGNA 1962, p. 36), ed un Rusticuspre(s)b(yter), la cui titolatura lascerebbe intendere un ruoloecclesiastico legato alla cura animarum nelle campagne;per la cronologia, anche sulla base della pur scarna docu-mentazione relativa, si propende per il pieno VI-inizi delVII secolo (PEDUTO 1999a; LAMBERT c.s.a).

d) Assai modesti, invece, gli apporti forniti dall’esiguo nu-mero di frustuli epigrafici recuperati nei fondi del magazzi-no del Museo diocesano di Salerno, in attesa di riordino(Tab. 4): il riesame del patrimonio di varie epoche ivi rac-colto ha permesso di enucleare, oltre ad un piccolo gruppodi iscrizioni di età romana imperiale, già editi in passato(C.I.L., X; BRACCO 1981), ed un buon numero di lapidi dipieno medioevo, anche quattro frammenti di titoli sepol-crali tardoantichi assai lacunosi. Il formulario, ricostruibilein un solo caso, ed i caratteri paleografici rendono verosi-mile una proposta di datazione al VI-VII secolo per tre diessi ed un rimando ad epoca longobarda – VIII-IX sec.(?) –per il quarto (DE RUBEIS 2000).

e) La cristianizzazione della diocesi di Benevento è docu-mentata sotto il profilo epigrafico da ventotto tituli, di cuisolo quindici conservatisi, illustrati nelle I.C.I. (FELLE 1993,pp. 31-59; IDEM 1998), nove dei quali già editi a suo temponel C.I.L., IX, REGIO II, Beneventum (nn. 2073/ 2082).Quindici testi sono datati ad annum e si collocano tra il 444ed il 570; sulla base del formulario e dei caratteri paleogra-fici, sette sono riferibili al VI secolo, mentre per le rima-nenti l’Editore della raccolta più recente propone un’anti-cipazione alla fine IV-inizi V secolo (FELLE 1993, pp. 27-28). La proposta di tali cronologie è suffragata dal ricorreredi espressioni variate sul verbo quiescere, che trovano ampiconfronti anche negli altri ambiti campani esaminati. Perquanto riguarda le titolature legate alla gerarchia ecclesia-stica si segnalano un lector psalmista ed un subdiaconus(FELLE 1993, p. 27 e nn. 24; 28, pp. 54-55; 58-59).

f) Complessivamente il più ricco per qualità e quantità –cinquantotto tituli, attestati per lo più da tradizione indiretta –è il patrimonio epigrafico relativo all’antica diocesi diAeclanum, che comprende testi provenienti da Abellinum,

Aeclanum, Aiello del Sabato, Bonito, Carpignano, Fontana-rosa, Frigento, Luogosano, Mercogliano, Montefusco,Monticchio, Mugnano, Nusco, Prata (Fig. 1), (GAMBINO 1982;FELLE 1993, pp. 31-84; 87-142). Le iscrizioni datate ad annumassommano a trentatré e si collocano tra il 376/378 ed il 570,con una maggioranza di testi compresi tra il V ed il VI secolo.In questo comprensorio territoriale sono attualmente in corsointense attività di scavo controllate dalla Soprintendenza com-petente ed è pertanto fondato auspicio che al materiale già notoe ben analizzato si aggiungano presto nuove acquisizioni.

A fronte di un cospicuo corpus di iscrizioni per la diocesidi Aeclanum, per Benevento e la stessa Salerno, decontestua-lizzate nella quasi totalità dei casi e in gran parte disperse senon definitivamente perdute, la documentazione di S. Pietro aCorte si conferma dunque al momento come un unicum, inquanto raro sito finora indagato secondo criteri archeologicirigorosi e per l’omogeneità del contesto di ritrovamento deitituli. Il livello qualitativo delle scritture attesta per l’età tardo-antica una mantenuta vitalità delle botteghe locali, in rispostaad una committenza altolocata, erede delle tradizioni romano-bizantine e forse già predisposta ad accogliere, secondo unprocesso osmotico non raro nel mondo antico, quel rinnova-mento politico-culturale di cui Arechi II si fece promotore edartefice.

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