Testimoni 4 Aprile 2018 – 5,00 - Dehoniane · 2018. 4. 12. · di Dio consacrante, la gradualità...

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Testimoni 4/2018 1 4 Aprile 2018 – 5,00 TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA” VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA zione a p. 41) , da G. Ghirlanda a J. García Paredes, da M. Sedano Sierra a G. Rocca, da B. Secondin a R. Zas Friz De Col, da M. Schlosser a X. Larrañaga. Le relazioni e i dibattiti del seminario internazionale erano in quattro lingue e gli intervenuti ar- rivavano dal mondo intero. Oggetto di riflessione e di confronto è stato il termine «consacrazione» o meglio quanto esso sia in grado di identificare nella Chiesa il vasto mondo dei religiosi e religiose (circa un milione e mezzo, per oltre il 70% donne; e altrettanti in capo ad istitu- ti non pontifici, ma diocesani), di de- F orse il titolo non è immediata- mente comprensibile per tutti (Consecratio et consecratio per evangelica consilia), ma la direzione in capo alla Congregazione per i re- ligiosi (presenti il prefetto, card. J. Braz de Aviz, il segretario, mons. J. R. Carballo e molti dei suoi diretti col- laboratori), il luogo (Università An- tonianum) e l’ampiezza temporale (1-3 marzo) mostrano un investi- mento di rilievo. Del resto erano pre- senti un centinaio di teologi, fra i più noti nell’ambito della vita consacra- ta: da F. Ciardi a N. Hausman (pub- blichiamo come Speciale la sua rela- Seminario internazionale (Roma, 1-3 marzo) CONSACRAZIONE IL CONCETTO E LA VITA Un centinaio di teologi approfondiscono l’identità della vita consacrata e la sua qualifica di consacrazione. Secondo due linee: sistematica e normativa, da un lato, e narrativo-carismatica dall’altro. Testi moni In questo numero VITA CONSACRATA Come ritrovare il soffio carismatico (parte 2) 5 VITA DELLA CHIESA Lettera Placuit Deo: la salvezza dell’uomo viene da Dio 12 ECUMENISMO La Chiesa ortodossa e la missione 9 QUESTIONI SOCIALI Dopo il 4 marzo riflessioni e sfide 14 PROFILI E TESTIMONI Suor Leonella Sgorbati proclamata beata 18 VITA CONSACRATA Il lavoro gratuito delle suore 22 NOVITÀ LIBRARIE Un maestro nella foresta 46 VITA DELLA CHIESA Intervista: vicende di un teologo e della teologia 24 VITA CONSACRATA Il modello di fraternità: è tempo di creatività 29 LA CHIESA NEL MONDO Cina e Santa Sede: accordo sui vescovi 32 QUESTIONI SOCIALI Dossier della Caritas sui muri nel mondo 35 BREVI DAL MONDO 38 VOCE DELLO SPIRITO O notte veramente gloriosa 40 SPECIALE Consacrazione religiosa e condizione umana 41 MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA 9 7 8 8 8 1 0 0 5 1 2 3 8

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    4Aprile 2018 – € 5,00TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA

    zione a p. 41) , da G. Ghirlanda a J.García Paredes, da M. Sedano Sierraa G. Rocca, da B. Secondin a R. ZasFriz De Col, da M. Schlosser a X.Larrañaga. Le relazioni e i dibattitidel seminario internazionale eranoin quattro lingue e gli intervenuti ar-rivavano dal mondo intero.Oggetto di riflessione e di confrontoè stato il termine «consacrazione» omeglio quanto esso sia in grado diidentificare nella Chiesa il vastomondo dei religiosi e religiose (circaun milione e mezzo, per oltre il 70%donne; e altrettanti in capo ad istitu-ti non pontifici, ma diocesani), di de-

    Forse il titolo non è immediata-mente comprensibile per tutti(Consecratio et consecratio perevangelica consilia), ma la direzionein capo alla Congregazione per i re-ligiosi (presenti il prefetto, card. J.Braz de Aviz, il segretario, mons. J. R.Carballo e molti dei suoi diretti col-laboratori), il luogo (Università An-tonianum) e l’ampiezza temporale(1-3 marzo) mostrano un investi-mento di rilievo. Del resto erano pre-senti un centinaio di teologi, fra i piùnoti nell’ambito della vita consacra-ta: da F. Ciardi a N. Hausman (pub-blichiamo come Speciale la sua rela-

    Seminario internazionale (Roma, 1-3 marzo)

    CONSACRAZIONEIL CONCETTO E LA VITA

    Un centinaio di teologi approfondiscono l’identità dellavita consacrata e la sua qualifica di consacrazione.

    Secondo due linee: sistematica e normativa, da un lato, enarrativo-carismatica dall’altro.

    TestimoniIn questo numero

    VITA CONSACRATACome ritrovareil soffio carismatico (parte 2)5

    VITA DELLA CHIESA Lettera Placuit Deo: la salvezzadell’uomo viene da Dio12

    ECUMENISMOLa Chiesa ortodossae la missione9

    QUESTIONI SOCIALIDopo il 4 marzoriflessioni e sfide14PROFILI E TESTIMONISuor Leonella Sgorbatiproclamata beata18VITA CONSACRATAIl lavoro gratuitodelle suore22

    NOVITÀ LIBRARIE

    Un maestro nella foresta46

    VITA DELLA CHIESAIntervista: vicende diun teologo e della teologia24VITA CONSACRATAIl modello di fraternità: è tempo di creatività29LA CHIESA NEL MONDOCina e Santa Sede: accordo sui vescovi32QUESTIONI SOCIALIDossier della Caritassui muri nel mondo35BREVI DAL MONDO38VOCE DELLO SPIRITOO notteveramente gloriosa40SPECIALE

    Consacrazione religiosae condizione umana

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    MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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    finirne le identità ecclesiali e di con-tenere le molte forme e gli innume-revoli carismi che lo abitano. Si puòforse tradurre la ricerca in questedomande: qual è l’identità dei reli-giosi nella Chiesa, dal momento chenon sono più uno «stato di perfezio-ne» e la chiamata alla santità è pertutti? Il termine che tutti li vorrebbecontenere («consacrazione») è dav-vero in grado di farlo? L’esplosionedelle forme carismatiche nuove (mo-vimenti, comunità, fondazioni nuo-ve) come si collocano di fronte ai re-ligiosi di cui spesso assumono moltecaratteristiche? Il tutto in prepara-zione a un più vasto convegno a Ro-ma fra qualche mese.

    —Fuori dal mondo?Da un lato vi è una ricerca teologicasull’identità dei religiosi oggi, dall’al-tro una esigenza pratica per gover-nare un fenomeno non privo di pos-sibili ambiguità e contraddizioni. Gliscandali legati ad alcune delle nuovefondazioni potevano essere evitati?E da parte di chi? È indicativo chesul finire dei tre giorni, mons. Car-ballo abbia informato l’assembleadel prossimo cambiamento di alcunenorme giuridiche. Le nuove fonda-zioni diocesane, numerosissime inAfrica e non solo, dovranno avereun parere previo obbligatorio daparte della Congregazione. Il sugge-rimento di vincolare i vescovi ad al-cuni criteri non è invece passato pernon porre limiti alla loro autorità.Rispetto agli istituti tradizionali siprevede la possibilità di dimettereun religioso o una religiosa che ab-bia abbandonato la comunità per unanno senza darne giustificazione aisuperiori.Il profilo scientifico delle otto rela-zioni (e altrettante contro-relazioni),la diversità degli approcci (canonico,biblico, storico, antropologico, teolo-gico, ecclesiologico) e l’ampio spazioconcesso al dibattito implodevanosulla ricerca di un termine di identi-ficazione, dando un’impressione(sbagliata) di estraneità rispetto alcontesto culturale e civile. Se in me-tropolitana o per strada si fosse in-terrogato qualcuno sul significato dicomunità, la risposta sarebbe cadutasulle comunità terapeutiche o sullecommunity dei social; i voti sarebbe-ro stati quelli scolastici; la consacra-zione quella di XFactor o delle me-daglie olimpiche; la missione o me-glio mission quella delle aziende.L’abissale distanza linguistica è il se-gnale della difficile comunicabilitàdella vita consacrata. Le discussionipotevano sembrare lontane anchedal vissuto reale delle religiose e deireligiosi: invecchiamento, scarsitàvocazionale in Occidente, sposta-mento a Sud, inculturazione dei ca-rismi, scandali, nuove frontiere ecc.In realtà, i cenni di contestualizza-zione, i rapporti personali, gli scena-ri evocati dalle riflessioni erano mol-to consapevoli delle dimensioni pra-tiche del vissuto.

    —Norme feliciRiconoscere una identità e costruireattorno ad essa una struttura giuridi-ca adeguata sono condizioni fonda-mentali per il futuro. Si può ricorre-re a una singola parola o a un insie-me di termini, l’importante è chel’efflorescenza dei carismi collettivinon sia dispersa per mancanza di di-scernimento o non sia soffocata perincapacità del diritto. Associazioni,gruppi, comunità, movimenti: «èchiaro che oggi non esiste una defi-nizione di questo fenomeno associa-tivo ecclesiale da parte del legislato-re o accettata dai diversi autori cheinvestigano sul tema per la novità ela ricchezza delle loro diverse mani-festazioni» (R. Pérez Sanjuán). «Ilcontinuo ricorso all’analogia con gliistituti di vita consacrata quando so-no erette come associazioni di fede-li con determinate caratteristiche,indica l’insufficienza dell’attualenormativa universale». Ma, fa nota-re A. Pedretti in Commentarium proreligiosis (n. 98, 2017, p. 331): «Se èpossibile vivere canonicamente eteologicamente come consacrati fuo-ri dal trattato del can. 573, il rischioè quello di due ordini di consacrati.Così, chi rinuncia alla tutela canoni-ca, restando tra le associazioni, godedella necessaria libertà carismatica,con la conseguenza per la Chiesa dinon poter verificare in tutta la suaforza il carisma di riferimento».

    —Fedeli al ConcilioEsce del tutto confermato il quadrodel Vaticano II: dalla chiamata uni-versale alla santità alla collocazioneecclesiale, dalla centralità del carismaal rapporto col ministero, dal servizioal mondo alla testimonianza perso-nale e comunitaria. E il guadagno delmagistero successivo, così sintetizza-to da B. Secondin: «il protagonismodi Dio consacrante, la gradualità del-la consacrazione, la relazione fra con-sacrazione e l’ispirazione carismaticadel fondatore/carisma proprio di unistituto, la natura sacramentale dellavita consacrata, l’aspetto chiaramen-te sponsale della consacrazione, ladialettica chiamata-risposta, l’esplici-tazione articolata della dimensioneapostolica e profetica, il rapporto fra

    Aprile 2018 – anno XLI (72)DIRETTORE RESPONSABILE:p. Lorenzo Prezzi

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    Reg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

    associatoall’unione stampa periodica italiana

    L’editore è a disposizione degli aventi diritto che nonè stato possibile contattare, nonché per eventuali einvolontarie inesattezze e/o omissioni nella citazionedelle fonti iconografiche riprodotte nella rivista.

    Questo numero è stato consegnato alle poste il 5-4-2018

    moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita consacrata

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    consigli e radicalismo evangelico, l’a-zione mediatrice della Chiesa sia incampo liturgico che giuridico/istitu-zionale, la relazione col mistero del-la redenzione e il contesto culturale,la concretizzazione in percorsi esi-stenziali differenti dell’unica espe-rienza fondamentale, il ruolo di rap-presentanza della Chiesa-sposa difronte al Cristo-sposo ecc. ». Con l’at-tenzione a non far riemergere nel «dipiù» della consacrazione religiosaforme vecchie di elitismo, di sacra-lità, di corsie riservate. Altra conferma, fissata dall’esorta-zione apostolica Vita consecrata, èl’appartenenza della vita religiosa al-la vita e alla santità della Chiesa, ele-mento irrinunciabile e qualificantedella sua natura. Non quindi unasemplice struttura nella Chiesa, mauna struttura della Chiesa (G. Ghir-landa). Per semplicità di racconto e di me-morizzazione si possono disporre leriflessioni del seminario su due ver-santi. Nel primo il termine «consa-crazione» dà spazio a una concezio-ne di vita consacrata di tipo sistema-tico, normativo, teologicamentestrutturato, escludente. Insommauna consacrazione che funziona co-me «cappello» per molte teste (l’im-magine è di Ciardi). Nel secondo laconsacrazione e l’identità religiosaassumono un tratto narrativo, cari-smatico, vitale-pneumatologico, filo-calico, includente. Insomma, «senzacappello». Nel primo si evidenzia lalinea canonica-istituzionale, nel se-condo quella storico-carismatica.Spesso le due linee si sovrapponeva-no nello stesso autore.

    —Le due lineeSe il sinodo del 1994 ha progressiva-mente insistito sull’espressione«consacrazione», qualificandola co-me speciale, più perfetta, a specialetitolo, capace di esprimere la totaleconsacrazione a Dio e da parte diDio, celebrata in un atto liturgico incui si emettono i voti nella Chiesa,l’esortazione apostolica successivaconferma autorevolmente l’indiriz-zo. Si tratta di una vocazione specia-le e distinta, approfondimento diquella battesimale, ma con una pecu-liarità ulteriore, frutto di un dono

    dello Spirito (G.Ghirlanda). «La ri-flessione teologicaattuale sembra orien-tarsi a questa convin-zione: la consacrazio-ne come elementocostitutivo o catego-ria teologica fonda-mentale per intende-re rettamente» la vitaconsacrata (mons.Carballo). La vita re-ligiosa è presentenella Chiesa fin daiprimi secoli, regolar-mente confrontatacon l’esigenza di unaqualche istituziona-lizzazione. Già conBasilio di Cesarea(IV sec.) si propone,nella Grande regola,una professione diverginità. Nella vitamonastica preceden-te era già in vigore,ma Basilio sente l’e-sigenza di una vera promessa fattadavanti a testimoni (M. Sedano).Progressivamente, ma mai in sensoesclusivo, emergono come identifica-zione i voti di castità, povertà e ob-bedienza, a cui Tommaso conferisceun segno di perennità e stabilità. Ilconcilio tridentino e il magisterosuccessivo li confermerà. I voti si collocano alla confluenzadella tradizione orientale e occiden-tale, del carattere di offerta e obla-zione da un lato e di quello della pro-messa e del contratto dall’altro. An-cora oggi la liturgia conserva il carat-tere oblativo e cultuale e la regolal’elemento della promessa pattuita.Per un millennio non hanno avuto lacentralità che oggi rivestono, anchese mai in forma esclusiva. È statoTommaso d’Aquino a dare loro unasistemazione complessiva, candidan-doli a interpretare in maniera eccel-lente le dimensioni antropologiche difondo. Ma non solo. Come ha notatoN. Hausman la visione trinitaria del-la Vita consecrata fa di essi un mododi leggere Dio stesso: l’amore cheunisce le Persone, la loro infinita ric-chezza (povertà), la luminosa pater-nità di Dio e la mutua corrisponden-za dei Tre (obbedienza).

    —Consacrazionee BellezzaMa i voti non sono spesso all’originedelle intuizioni carismatiche dei fon-datori. F. Ciardi ha ricordato che so-praggiungono dopo. «Non è la pro-fessione dei tre voti che storicamen-te ha creato la via consacrata. Sonoaltri i motivi ispiratori e originari chestanno alla sua radice: il desiderio diuna lode incessante, la ricerca di Dio,la preghiera di intercessione, il servi-zio ai poveri e agli ammalati, l’an-nuncio della conversione e del regnodi Dio, la catechesi e la formazionedei giovani…». I racconti più che iconcetti sembrano in grado di custo-dire il dono spirituale di ciascuna fa-miglia. Del resto, ha ricordato M.Sessa, l’impossibilità di un ancorag-gio verbale alla Scrittura suggerisceil «superamento di un modello cri-stologico cristallizzato e presentatocome un punto di partenza immedia-to, ma come un cammino, come unatensione strutturale che dalle figureantiche e neotestamentarie arriva acontemplare il Compimento», cioèCristo. Il riferimento alla vita consa-crata come elezione, già suggeritodalla Clar (religiosi latino-america-

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    ATTUALITÀ

    ni), tende non a limare le disegua-glianze, ma a esaltare le differenze.L’eletto è oggetto di benedizione inmaniera assolutamente gratuita, ediviene portatore di una benedizio-ne destinata a tutti. Riconoscendo lasua inadeguatezza tutti possonoidentificarsi con lui e scoprire an-ch’essi di essere eletti e benedetti.«Si potrà allora comprendere appie-no la povertà solo partendo dalla be-nedizione della ricchezza, la castitàdalla benedizione della nuzialità fe-conda, l’obbedienza dalla benedizio-ne dell’ascolto, come discernimentotra vera e falsa profezia» (M. Sessa).«Mi sembra da privilegiare una ela-borazione teologica della vita consa-crata che parta dal dato storico e lointerpreta … ha per oggetto unarealtà storica per natura, un vissuto,una molteplicità di esperienze chedevono essere tenute costantementepresenti» (F. Ciardi). Il monachesi-mo, anche contemporaneo, fa faticaa riconoscersi compiutamente nella«consacrazione» e nei voti (G. Dos-setti). E il fiorire delle novità, dalneo-monachesimo ai movimenti ec-clesiali, da comunità ecumeniche afamiglie ecclesiali, preme su confininormativi che non sembrano piùadeguati (M. Bevilacqua).J. García Paredes suggerisce di collo-care la consacrazione entro la cate-goria dell’alleanza, di un Dio checerca l’uomo e di un uomo che cer-ca Dio. I consigli diventano il segnodella fedeltà davanti ai pericoli del-l’idolatria (potere, sesso, denaro).Sapendo che la consacrazione cari-smatica si collega e si alimenta dellaconsecratio continua nei sacramentie dell’infinita varietà carismatica sol-levata dallo Spirito. Più che preoccu-parsi dei concetti si apre a una crea-zione continua con una spiritualitànarrativa che non identifica lo Spiri-to con una sola istanza. «La consa-crazione è il risplendere della Bel-lezza divina in noi. La Bellezza uni-fica la varietà, non la sopprime». Difficile pensare che il seminariotraghetti norme e teologie decisa-mente oltre la «consacrazione», maha testimoniato l’enorme ricchezzadi vita e di riflessione che la parola astento racchiude.

    Lorenzo Prezzi

    Noi donneC’eravamo anche noi “al piano superiore” a pregare assieme a tutti gli altrie con perseveranza, nell’attesa di ricevere forza dallo Spirito promesso dalMaestro (At 1,14).E siamo liete che la nostra presenza sia stata segnalata dal medico edevangelista Luca, un vero gentiluomo, attento alla presenza e al contributo dinoi donne, oltre che elegante narratore.Ci dispiace invece che si dica che non eravamo presenti all’ultima cena. Ma chi ha preparato quella cena? Chi ha lottato con Giuda per avere imigliori vini, oltre che cibi non scadenti, per quel banchetto che sentivamotanto importante? Chi ha portato tovaglie fresche di bucato e stovigliedignitose, scovate appositamente per quell’occasione? Chi serviva a tavola?A un certo punto, intuendo che il Maestro voleva dire cose importanti aiDodici, ci siamo ritirate in disparte, ma, lo confessiamo, tendendo l’orecchio estando con il fiato sospeso per non perdere nessuna delle Sue sante evenerabili parole, con le quali assicurava di essere di nuovo presente, anchedopo la sua partenza, ogniqualvolta avessero fatto “questo in memoria di me”.A dire il vero, un brivido ci scosse al pensiero della sua assenza annunciatacome imminente, addolcita però dalla promessa misteriosa della suapresenza permanente, attraverso quel gesto. Quando poi portammo l’acqua con la quale lavò i piedi dei suoi stupefattidiscepoli, comprendemmo la sua e la nostra grandezza: chi è grande serve echi serve è grande. Quel gesto sconcertante ci rivelò invece la nostra grandezza agli occhi di Dio.Noi che abbiamo sempre servito, pensandoci all’ultimo posto, ci siamo trovateposte ai vertici della classifica stilata dal Maestro.E quando venne lo Spirito su di noi, come sugli altri, raccolti al pianosuperiore, dopo essere state cinquanta giorni prima “apostole degli apostoli”,ci sentimmo confermate ad essere “testimoni fino ai confini del mondo”, aduscire cioè sulle piazze a parlare di Lui, a toccare i cuori, anzi a trafiggerlicon accenti nostri, diversi e complementari. Ma i tempi non erano maturi. Poche di noi hanno avuto la fortuna e lapossibilità di correre lungo le strade del mondo per annunciare il Signorerisorto.Maria, la madre del Signore ci accompagnava rasserenante: se da una parte,ci incoraggiava a ”scegliere la parte migliore”, a scoprire la “grazia delservizio” tanto decantato e poco praticato, a svolgere il “servizio della parola”soprattutto dentro le mura domestiche dove si plasmano i figli e le figlie diDio, dall’altra ci ricordava che sarebbero venuti i giorni in cui davvero, comedice Gioele, “i vostri figli e le vostre figlie profeteranno”.“Che cosa volete che siano due millenni di attesa d’una piena realizzazionedi questa profezia?”, soggiungeva sorridendo, come se stesse leggendo nelprofondo del mistero di un futuro prossimo venturo.“Avete ricevuto lo Spirito Santo, che vi costituisce figlie ed eredi e testimoni.Egli sa quando è giunta l’ora di una nuova vostra testimonianza. Chi puòopporsi alla potenza dello Spirito?”.Grazie, Maria! A noi donne tocca il vigilare, perseverando nel servizio, inattesa che il tuo sorriso profetico diventi anche il nostro.

    Piergiordano Cabra

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    —La missionein territorio sconnessoPer la dimensione apostolica in tut-te le variazioni di diaconie e di for-me di presenza – cioè per la missio-ne – possiamo parlare di un cantieremai chiuso. Di certo, le modalità con-crete variano in continuazione, mo-strando una vivacità e una creativitàcoraggiosa e audace: e, col tempo,certi risultati si consolidano in operestabili, in opzioni tipiche, in servizicollaudati, che diventano diffusi estandardizzati. Ma proprio la mute-volezza delle situazioni e il continuoribaltamento di urgenze e prioritàgenerano sfide, revisioni e cambimai finiti. Perciò, per quanto ci si im-pegni a focalizzare tipi e senso didiaconie nuove, la vita continua a di-sarticolare abitudini e competenze,dando a tutti del filo da torcere.Perché nel campo della missione –appunto quello che Vita consecratachiama con bella e suggestiva

    espressione servitium caritatis, e checostituisce la terza parte del docu-mento – ormai non si può vivere diabitudini sacre. Ma bisogna impara-re a “uscire” dal “si è sempre fattocosì”, per stare di sentinella, per in-tercettare bisogni e disagi, urgenze emalesseri, e agire con professionalitàe intraprendenza. Questa situazioneriguarda tutti, e genera oggi una fi-brillazione che non pochi subisconocon senso di angoscia, avendo l’im-pressione di stare a perdere tempocon servizi e presenze che girano avuoto, su se stessi, e viene meno laconvinzione di stare nel posto giusto.E questo paralizza e avvilisce.Da qui un senso di frustrazione, dacui non si viene fuori. Alcuni si illu-dono aggrappandosi alle situazionicome se fossero sacre ed eterne, e sitratta di case e opere ridotte a totem,a cui sacrificare vite e persone, sen-za poter mettere in dubbio la vali-dità e l’opportunità attuale. Neppu-re si risolve buttando tutto a mare,

    VITA CONSACRATA

    Convegno a Bologna sulla vita consacrata (2° parte)

    COME RITROVAREIL SOFFIO CARISMATICOCi vuole una nuova sapienza carismatica per superare il

    ritardo di discernimento e di intraprendenza, perrecuperare dal carisma i semi di futuro non ancora

    sviluppati e originali, per discernere, con fedeltà creativa,le opzioni da fare e i distacchi dolorosi da accettare oggi

    in queste situazioni.

    svendendo patrimoni di competenzee di istituzioni, per andare in cerca dicose nuove, per buttarsi nelle emer-genze come se fossero dei toccasanache automaticamente ricostruisconocompetenza e vigore per il carisma.Ci vuole una nuova sapienza cari-smatica per superare il ritardo di di-scernimento e di intraprendenza, perrecuperare dal carisma i semi di fu-turo non ancora sviluppati e origina-li, per discernere, con fedeltà creati-va, le opzioni da fare e i distacchi do-lorosi da accettare, oggi in queste si-tuazioni. Non basta la generositàpersonale, la voglia di darsi da fare,lo slancio generoso per fare del be-ne: ci vuole lucidità e libertà, pazien-za e audacia, comunione e professio-nalità anche culturale. Tutte cose chenon si improvvisano, né si possonoacquisire con un giro di valzer pres-so qualche convegno autoreferenzia-le o per aver letto qualche libro pie-no di generose fantasie, rivestite diluccicante profezia.

    —Diaconieda reinventareSiamo eredi e custodi di mille formedi risposte ai mali del passato: diaco-nie benemerite, gloriose storie di ini-ziative e di istituzioni benefiche, abi-tudini alla solidarietà e all’aiuto reci-proco, spirito di iniziativa che ali-menta spontaneamente la generositàdelle parrocchie, dei gruppi vari, eperfino premi alla creatività origina-le dei samaritani di oggi.La vita religiosa in questo ambito hasenza dubbio dei grandi meriti: nonsolo per la profezia ormai ricono-sciuta e “canonizzata” delle fondatri-ci e dei fondatori. Ma anche per lafedeltà creativa e l’inventiva sempreaccesa dai loro eredi. E sono giuntefino a noi mille forme di questa dia-conia che ha fatto feconda la paroladel Vangelo e hanno riscattato dalletenebre della sofferenza e dell’emar-ginazione milioni di “ultimi”.Ma proprio questa preziosa identitàe questa memoria deve alimentareoggi una nuova progettualità, nuovapassione per Dio e per l’umanità,nuova profezia di solidarietà e di li-berazione. La schiavitù che ha imperato fino adue secoli fa in tutto il mondo, e che

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    riguardava soprattutto certe etnie,considerate inferiori, oggi è una con-dizione trasversale, non più limitataa certi strati etnici, ma coinvolge tut-ti. La banana che mangiamo, il tap-peto che calpestiamo, il pallone pergiocare, il telefonino per comunica-re, le scarpe che usiamo, e via dicen-do spesso portano traccia di debolisfruttati, di salari negati, di dignitàcalpestata: insomma di sfruttamentie sfruttatori senza scrupoli. Arrivarefino a queste radici – per quanto lon-tane e occultate – fa parte della sfi-da a cui i consacrati devono sentirsichiamati, per una diaconia senzaequivoci. Coscientizzatori che in-quietano e “profanano” la facciatadel perbenismo, buoni samaritaniche si caricano di tutti i mali, ma an-che “voce che grida” contro tutti gli“Erode” senza coscienza e violenti.

    —Raccontare Diocon l’amoreSi leggeva su un parapetto di unponte di Roma, lungo il Tevere, que-sto graffito: «Il futuro non è piùquello di una volta». Frase perfettanella sua semplicità. Ecco allora ladomanda opportuna: “Quale è il fu-turo del nostro passato, perché lamemoria non basta più a nessuno?”.Tocchiamo alcune diaconie (o campidella missione) che sono state diaco-nie gloriose e storicamente consoli-date. Ma quali devono essere le nuo-ve diaconie, adeguate alle sfide e ur-genze attuali, nei metodi, nel lin-guaggio, nelle forme?1. La gioventù: se nel XIX secolomolte famiglie religiose sono nateper venire in aiuto ai giovani e allegiovani “a rischio” (pericolanti si di-ceva) in un mondo contadino e pre-industriale, mondo di fame e di igno-ranza, oggi le giovani “a rischio” so-no quelle schiavizzate con brutalitàdai mercanti del sesso. Ma sono an-che quelle dominate dal fascino del-l’effimero, dalla libertà precoce nonsolo sessuale ma anche educativa,dalle droghe e dall’alcol, dai miti del-la bellezza e del successo facile. E simoltiplicano ragazzi e ragazze svuo-tati di senso morale e di valori damille occasioni di spettacoli e incon-tri, dalla mancanza di modelli positi-vi nella vita sociale. Lo constatiamo

    VITA CONSACRATA

    tutti i giorni, spesso con orrore.Bisogna trovare nuove forme di dia-conia prima che la generazione ven-tura prenda in mano la nostra storiae la loro con un vuoto abissale di va-lori e di progetti seri. Bisogna con-centrare le nostre risorse nel capirequesta gioventù che si sta di nuovobruciando, e dare loro la possibilitàdi non sprofondare in abissi di de-grado e di vuoto. Non bastano le tra-dizionali forme di educazione e di vi-cinanza: bisogna entrare per esem-pio nel mondo digitale, non solo per“esserci” e usarlo con competenza,ma soprattutto per viverlo “bene” eaiutare a vivere bene le relazioniorizzontali al tempo della rete. Nonbasta una volontà di presenza, ma civuole una connaturalità con il suolinguaggio, il suo nuovo senso di “re-lazione”, come ambiente di vita enon solo come aggeggi sofisticati.2. La scuola: nei secoli passati lascuola era privilegio di pochi e sonoquindi nate istituzioni scolastiche ingran quantità per porvi rimedio edare a tutti una chance educativa,mentre lo Stato non sapeva che fare.Con la conseguenza oggi che abbia-mo ereditato un gran numero discuole cattoliche, gloriose istituzioni,ma anche mastodontiche realtà diffi-cili da gestire. E così spesso tali isti-tuzioni non riescono a sopravvivere,eppure resistiamo cocciutamente,pochi hanno il coraggio di chiuderleo di gestirle assieme ad altri. Sono lagloria dell’istituto, ma anche unapalla pesante che si trascina fino chesi può, senza futuro certo. Bisognapensare in modo grezzo e creativoquesta diaconia. Non bastano adat-tamenti generosi, ci vuole fantasia ecreatività fuori schema.

    3. Le varie diaconie: la stessa cosavale per l’assistenza agli anziani conle case a loro dedicate e per la sanitànei luoghi meno favoriti. E vale an-che lo stesso discorso per le scuolematerne e per gli orfanotrofi, per gliinternati (o collegi) e per le mensesociali, e via dicendo per mille altrecose. Ma i settori in cui tali attività ediaconie si sono svolte e si svolgononon sono meno cariche di urgenzeed esigenze: o sono esplose con nuo-ve emergenze impreviste, quindichiamano a nuove uscite coraggiosee nuova esplorazione di mediazionie competenze, stili e modelli. Ci so-no tanti nuovi germogli, bisogna ir-robustirli, metterli in rete, fare siste-ma soprattutto, uscire dalla nicchia.4. Nuove emergenze: oggi altre sonole carenze di cui soffre la società eper le quali lo stato non riesce a por-re rimedio: sono gli immigrati senzapermessi e quindi che vivono in se-mi-clandestinità, loro e anche i lorofigli; i bambini che fanno i mendican-ti, forzati dai genitori o dai loroaguzzini.Sono i lavoratori che, lungo la stra-da, ogni mattina aspettano “il capo-rale” che passi col furgoncino e poilavorano il giorno intero in condizio-ni da schiavi e con una paga da fame.Sono i disoccupati che, per colpa deiloro datori di lavoro che non hannosaputo gestire l’azienda con onestà eintraprendenza, ora si trovano sul la-strico, con una famiglia da mantene-re o un mutuo da pagare.Sono gli impoveriti della societàopulenta che sono soli e tristi e di-ventano barboni, vere vite di scarto.Sono i giovani che si danno allo sbal-lo della notte, specie il sabato, e spes-so si schiantano contro qualche mu-

  • 7Testimoni 4/2018

    ro rientrando a casa dopo le sborniedi alcol, exstasis e balli rumorosi, elasciano le famiglie nel pianto persempre.Come raccontare l’amore di Dio inqueste situazioni difficili? Il volonta-riato ha già trovato forme di presen-za e di servizio, di tipo provvisorio,volante, dinamico, senza gerarchie.Un diffuso donarsi in gratuità e soli-darietà che inventa mille iniziativeper attivare i canali della fraternitàservizievole. Sono avanguardie chehanno preso il nostro posto, ma noncontro di noi, anzi, a nostro vantag-gio, se sappiamo metterci alla loroscuola, se usciamo da vecchi stili or-mai sterili (cf. VC 54-56).E ancora grida al cospetto di Dio lasituazione di degrado in cui si trova-no i clandestini immigrati: sradicatidalle loro radici, scorticati da viaggiavventurosi, ammucchiati in alloggiindecenti, violentati in mille modi dachi li ha trasportati, e ora in balìadelle più strane forme di controllo edi pregiudizio. La loro sorte (se vabene, quando va bene) è il permessodi soggiorno senza alcuna garanziadi un lavoro, di una casa, di un’inte-grazione facile. E, quando va male, ilrimpatrio forzato come delinquenti,il ritorno alla miseria, per ripartire dinuovo e attraversare deserti aridi emari che inghiottono come pesceca-ni, oppure lunghi viaggi nascosti neidoppi fondi dei camions, nelle stivedelle navi mercantili. Migliaia, centi-naia di migliaia di questi fantasmi, diquesti senza identità né dignità, siaggirano non solo per l’Europa, maormai anche in America, pensiamoai latinos che tentano di arrivare ne-gli USA, pensiamo ai Rohingya nelsud-est d’Asia, ai profughi nel Me-dio Oriente, ai milioni di rifugiati perle guerre endemiche in Africa.La nostra coscienza di religiosi nonpuò dormire tranquilla.

    —Nuova diaconiaplanetariaNon basta più dare un pane, un ve-stito, una mensa: ci vuole un’azionepolitica di grande efficacia, una sol-levazione delle coscienze, una sfidaalla paura e al pregiudizio: per cam-biare radicalmente la società e la suamentalità.

    Oggi ci vogliono nuove forme di par-tecipazione, movimenti di opinione,gesti significativi che profanano lemalvagie convinzioni, i perbenismi ele difese razziste. Clamorose prote-ste che “bucano” la cortina diomertà che tutto rende opaco: nonmancano in realtà, ma sono ancorapoco note, e soprattutto subito oscu-rate da mille “distinguo”, da sospet-ti di collusione politica o accuse dimancanza di stile “religioso”. Dubbie sospetti che si riversano con vee-menza su chi tenta profezia, mentresi lascia pacificamente dormicchiarechi vive rasoterra, di pura manuten-zione dell’esistente, senza alcunascossa, consumando un’esistenzasenza novità. Salvano la faccia certa-mente, ma perché non la espongonomai fuori dal guscio. Che vita è que-sta?Ammiro, invece, e vorrei che moltine seguissero l’esempio, certe con-gregazioni religiose che alzano lavoce, utilizzano i nuovi mezzi di co-municazione per denunciare, orga-nizzano manifestazioni clamorose disolidarietà, di disobbedienza civile,di solidarietà intelligente e a vastedimensioni. Si pensi per esempio alcommercio equo e solidale, alle or-ganizzazioni no-profit, alle bancheetiche, alle campagne televisive, evia dicendo. Hanno risonanza vastae a volte provocano sconcerto (scan-dalo perfino?) nei benpensanti e neiperbenisti, che mai si sporcano lemani…Sono queste realtà le inventrici del-le nuove diaconie di cui desideriamovedere la nascita. Non opere mura-rie soltanto, non solo le mille e milleiniziative concrete di carità e presen-za – cose sempre preziose! –, ma an-che la mobilitazione dell’opinionepubblica, la sfida contro le lobbiesassassine che sfruttano tutti, controogni razzismo protezionista e ogniipocrisia legalista che consente (dinascosto) violenze e massacri psichi-ci e culturali, invadenze politiche epressioni tiranniche sui più deboli.Se i religiosi non si affacciano – al-meno qualche volta – su questo nuo-vo orizzonte, se non si preparano adabitarlo con profezia, per una nuovaforma di diaconia evangelica a largoraggio e non a cespuglio, se nonprendono a cuore anche queste for-

    me di servizio e di solidarietà, fini-ranno per illanguidire nelle loro mu-ra sempre più fredde, vuote e pesan-ti. Saranno le case dei religiosi sem-pre meno luogo di verità e di cari-sma profetico, e più che altro idolosacro che ingoia i suoi stessi custodi,costretti a mille sotterfugi per tirareavanti, ma senza dignità. E quandova meglio, trasformandole in “casaper ferie”!Le nuove diaconie presto risulteran-no la cartina di tornasole di una fe-deltà insieme creativa e piena di fan-tasia, di chi davvero si guarda dal vi-vere a cespuglio, con una visualestretta e meschina, e sa spaziare in-vece su orizzonti nuovi, vasti, carichidi sfide e di attese.

    —Autenticitàda rimettere in giocoLe cose autentiche lasciano il segnoe sono tante di fatto, anche se vivo-no rasoterra e sottotraccia. Bisognache vengano allo scoperto, bisognaaccettare di fare notizia e opinione,di diventare testimoni in pubblicaagorà, oltre che nel privato genero-so. Anche così si realizza quel servi-tium caritatis che è la preziosa iden-tità della storia della vita religiosa, enon può essere lasciata solo negli an-nali dei tempi passati. Deve diventa-re esercizio nuovo di profezia e gra-tuità, di diaconia e compagnia. Solocosì la vita religiosa, specialmentequella apostolica, avrà la possibilitàdi meritarsi un futuro dentro questastoria.

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  • Testimoni 4/20188

    VITA CONSACRATA

    L’ostracismo e l’emarginazione deireligiosi dai servizi sociali e l’accani-mento di controlli e imposizioni an-che capricciose sulle opere dei reli-giosi forse oggi sono meno attivi. Siaperché molte istituzioni sono ormaiin via di declino e chiusura, sia per-ché in tanti si rendono conto chedentro un apparente “mondo dellaChiesa” – intesa come interessi e ge-losie di autonomia – c’erano dedizio-ne e amore, tenerezza e gratuità, ca-lore e rispetto. Cose che oggi manca-no quasi del tutto nelle istituzionistatali, con conseguente degrado diqualità e perdita secca di umanità inmolti servizi, dove alla professiona-lità tecnica non si aggiunge più la te-nerezza dolce del rispetto e della de-dizione gratuita.Un supplemento di umanità è quel-lo che manca in molti servizi che loStato ormai garantisce di suo, ma sti-racchiando fra professionalità e ri-sparmio, efficienza, pretese e malaf-fare. Ai religiosi spetta non tanto farconcorrenza allo Stato, magari ge-stendo meglio le risorse o dedican-dosi senza risparmio, nonostante lepoche forze disponibili. Quanto,piuttosto, esporsi sulla soglia, le peri-ferie, la marea degli scarti: dove solola generosità gratuita può arrivare,dove la mano amica vale più dellegerarchie e degli obblighi, dove la fe-de genera speranza senza pretesa diritorno e di ricompensa. E di questosono stati i religiosi grandi artefici dasempre, secondo la loro stessa storia.Grazie alle risorse mai esaurite del-la forza ispirativa dei carismi, posso-no ritornare a vivere da protagonistiin nuove modalità ricche di prossi-mità e audacia e insieme di creati-vità.L’invito di papa Francesco ad uscireverso le periferie – se preso sul serio– potrebbe aprire una nuova stagio-ne di rifondazione, per tentare nuo-ve iniziative coraggiose e audaci diservizio apostolico, di presenza inmezzo ai poveri, di compagnia nelnome del Signore e del Vangelo. Nonfacciamoci del male da soli con cer-te idolatrie, ma riconosciamo che èall’opera lo Spirito nel bloccarci lestrade abituali, per aprirci stradenuove verso sconosciute “Filippi”(cf. At 16,11-15).Ci sono ancora tanti settori, urgenze,

    sofferenze dove lo Stato non sa arri-vare, o non ha voglia di farlo. Recu-perando il fuoco carismatico delleloro origini, tanti istituti potrebberoreinventare qualcosa, «uscendo fuo-ri porta», cioè passando dalla tristez-za del fatalismo alla gioia per la«fantasia della carità». Dio ci aspet-ta “altrove”, chiede una spiritualitàdistopica, che sa cioè vedere oltre, at-traverso, per una testimonianza nonsolo efficientistica, ma generativa edesplorativa. La crisi va trasformatain opportunità, per una umanità mi-gliore, per colmare il vuoto d’animadell’Europa sazia ed egoista.

    —ConclusioneSiamo chiamati ad abitare gli oriz-zonti, ad esplorare cammini, nonsemplicemente a riciclarci, tanto persopravvivere. Chi non anticipa il fu-turo, non troverà posto nel futuro. Ireligiosi sono da sempre testimonidel futuro atteso e anticipatori sim-bolici di quello che tutti attendiamonella fede: un «regno di verità e di vi-ta, regno di santità e di grazia, regnodi giustizia, di amore e di pace» (pre-fazio per la festa di Cristo Re).Certi esercizi di sopravvivenza nonsono che un gioco di specchi: riman-dano sempre la stessa figura, rimpic-ciolita all’infinito. Appunto comecerte comunità e Istituti, che credo-no di fare cose nuove riciclando vec-chie abitudini, solo superficialmenteriverniciate. Tanto le cose buone val-gono sempre…! Come dicevanoquelli della parabola: «Il vino vec-chio è gradevole!» (Lc 5,39).«Ecco io faccio una cosa nuova: pro-prio ora germoglia, non ve ne accor-gete?» (Is 43,19). Lo Spirito sta fa-cendo appelli a cose nuove, anzi giàle suscita, con la sua creatività e chia-mando a nuove stagioni i nostri cari-smi, dentro il travaglio di un’Europache si contorce per le doglie di unparto doloroso e imprevisto. Chenon capiti anche a noi di constatarecon il profeta Isaia: «Abbiamo con-cepito, abbiamo sentito i dolori qua-si dovessimo partorire: era solo ven-to; non abbiamo portato salvezza al-la terra e non sono nati abitanti nelmondo» (Is 26,18).

    Bruno Secondin

    E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

    PER RELIGIOSE E CONSACRATE

    � 17-23 giu: don Mauro Caurla“Il volto della comunità secondoMarco. 10 punti per vivere lafede nelle nostre comunità” SEDE: Centro di spiritualità“Mericianum”, Località Brodazzo, 1– 25015 Desenzano del Garda

    (BS); tel. 030.9120356 – fax030.9912435; e-mail:[email protected]

    � 17-23 giu: mons. Gero Marino“I consigli evangelici, un canto atre voci” SEDE: Opera Madonnina delGrappa – Centro di spiritualità,Piazza Padre Enrico Mauri, 1 –16039 Sestri Levante (GE); tel.0185.457131; e-mail:[email protected]

    � 18-27 giu: p. ArmandoCeccarelli, sj “Ora faccio nuovetutte le cose” (Ap 21,5).L’incontro che cambia la vita SEDE: “Casa di Esercizi SacroCostato”, Via Alberto Vaccari, 9 –00135 Roma (RM); tel. 06.30815004– 06.30813624 – fax 06.30815004;e-mail:[email protected]

    � 19-26 giu: p. Stefano Zanolini,o. cist. “Lettera di san Giacomoapostolo”SEDE: Romitaggio Maria BambinaVia G. Andreani, 31- 21030 Ghirla(VA) tel. 033.2716112 fax0332.716112; e-mail: [email protected]

    � 24-29 giu: mons. Carlo Mazza“Volti e figure discepolari nelvangelo di Giovanni”SEDE: Eremo SS. Pietro e Paolo –25040 Bienno (BS); tel. 036.440081fax 036.4406616; e-mail:[email protected]

    � 30 giu-6 lug: p. NazarioVasciarelli, ofm capp “Chiamatidal Maestro per evangelizzarecon coraggio”SEDE: Casa di Esercizi S. Giuseppe,Via Santa Barbara,6 – 71013 S.Giovanni Rotondo (FG); tel.0882.454177 – fax 0882.454390;e-mail: [email protected]

    � 1-7 lug: p. Mario Testa “AllaSapienza è stata resa giustiziadalle sue opere” (Mt 11, 19)SEDE: Centro di spiritualità deiPadri Somaschi, Viale PapaGiovanni XXIII,4 – 23808 Somascadi Vercurago (LC); tel. 0341.421154;e-mail: [email protected]

  • Testimoni 4/2018 9

    «Ho sempre pensato econtinuo a credereche il documento inti-tolato “La missione della Chiesa or-todossa nel mondo contemporaneo”costituisca una delle più importantidecisioni prese nel corso del Santo eGrande Concilio della Chiesa orto-dossa, riunito a Creta nel giugno2016». Lo scrive nella rivista Spiritus(n.227) Nicolas Kasarian, sacerdotee teologo ortodosso, docente a Pari-gi presso l’Istituto San Sergio e l’Isti-tuto cattolico.Il documento del concilio di Cretasottolinea p. Nicolas, «è appassio-nante e traduce in larga misura lascelta missionaria dell’ortodossia.Infatti, per l’ortodossia la missione siidentifica con la Chiesa stessa. Lamissiologia costituisce una dimen-sione inseparabile dell’ecclesiologia;è un prolungamento del mistero di

    Cristo nel tempo e nello spazio, unsegno che anticipa il Regno di Diosulla terra».Il luogo dove nella teologia ortodos-sa si manifesta con forza questa “epi-fania ecclesiale” è soprattutto la di-vina liturgia, come primizia del seco-lo a venire. Scrive infatti nell’Intro-duzione il documento approvato:«Questa attesa è già vissuta e pregu-stata in maniera eccellente nellaChiesa ogni volta che celebra la divi-na Eucaristia e si riuniscono “in as-semblea” (1 Cor 11,17) i dispersi fi-gli di Dio, in un corpo senza distin-zioni di razza, sesso, età, origine so-ciale o qualsiasi altra forma di distin-zione, dove non c’é giudeo né greco,non c’è più schiavo né libero, non c’èpiù maschio e femmina”, in un mon-do di riconciliazione, di pace e diamore» (Missione, Introduzione).La ripresa storica della missione nel

    ECUMENISMO

    Le scelte nel “santo e grande Concilio di Creta”

    LA CHIESA ORTODOSSAE LA “MISSIONE”

    Che cos’è la “missione” per la Chiesa ortodossa? Il temaè stato al centro del “santo e grande Concilio” di Cretadel giugno 2016, in cui è stato approvato un importante

    documento. La “missione”, è detto, dovrà esprimersi in treambiti: la cultura, il dialogo e la trasfigurazione del mondo.

    processo conciliare ortodosso è rela-tivamente recente. Bisogna infatti ri-salire agli inizi del sec. XX quandol’allora patriarca Jaochim III (1834-1912) considerava la missione comeun aspretto fondamentale delle suepreoccupazioni ecumeniche. Nel1903 parlava infatti del problemadell’unità dei cristiani come di unadimensione inalienabile della mis-sione della Chiesa. Per questo l’enci-clica di Costantinopoli a tutte leChiese del mondo, emanata nel 1920insisteva particolarmente sulla di-mensione ecumenica della missionedella Chiesa. Vi si leggeva: «Una vol-ta così ristabilita la fiducia vicende-vole, bisogna che una generosa ini-ziativa combatta il sentimento che siè progressivamente impossessato deigruppi religiosi, li induce a guardar-si come stranieri e li condanna all’i-solamento. Si tratterà di risvegliare edi rafforzare questo amore oggispento e di rendere alle Chiese la co-scienza dello stretto legame che leunisce e le ha chiamate, in Gesù Cri-sto a condividere la stessa eredità, aformare lo stesso corpo e a esserepartecipi della stessa promessa permezzo del Vangelo» (Ef 3,6).Dopo la parentesi della secondaguerra mondiale, il discorso di unprogetto conciliare panortodosso furipreso in parallelo con i fermentiche animavano il Vaticano II (1962-65). Quando negli anni ’60 fu defini-ta la lista dei temi da trattare nelConcilio, figurava già quello dei rap-porti dell’ortodossia con il mondocontemporaneo.Questo punto ritornò di nuovo nelcorso della prima conferenza pre-conciliare pan ortodossa di Chambé-sy nel 1976, quando il tema diventòun soggetto a se stante, separato dal-la questione ecumenica. Una primarielaborazione del documento fu ef-fettuata nel 1986, durante la terzaconferenza preconciliare panorto-dossa di Chambésy, in cui il testo fuintitolato: “Il contributo della Chie-sa ortodossa alla promozione dellapace, della giustizia, della libertà,della fraternità e dell’amore tra i po-poli, e l’eliminazione della discrimi-nazione razziale e di ogni altra for-ma di discriminazione” Il testo fu nuovamente rielaboratonel 2015 nel corso della quinta con-

  • 10 Testimoni 4/201810

    umana in Cristo, come è stata defini-ta dai concili ecumenici di Efeso(431) e Calcedonia (451) agisce ini-zialmente come un potente vettoredi irradiazione nel crogiolo semitico,poi si espande nel mondo greco-ro-mano e cresce fino a trascendere lefrontiere politiche dell’impero bi-zantino per diffondersi quindi piùampiamente nel mondo slavo alla fi-ne del primo millennio.Questo movimento di acculturazio-ne spirituale intende opporsi allestrategie più aggressive di tipo pro-selitista. Il testo conciliare del restone ha fatto esplicito riferimentoquando dichiara: «Questo apostola-to deve compiersi non in modo ag-gressivo o sotto diverse forme diproselitismo, ma nell’amore, nell’u-miltà e nel rispetto dell’identità diciascun essere umano e la specificitàcultuale di ciascun popolo. Tutte lechiese ortodosse devono contribuirea questo sforzo missionario» (Mis-sione, Introduzione).L’impegno missionario è spesso con-frontato con l’espansione del cristia-nesimo attraverso l’impero romanod’Oriente in direzione dei popoli sla-vi nel IX secolo. La traduzione dei li-bri liturgici e la codificazione lingui-stica che ne sono seguite rimangonoun marchio essenziale di una diffu-sione del cristianesimo attraverso icanali culturali. Questo passo è statocompiuto con coraggio dai missiona-ri russi che si recarono in Alaska nelXIX secolo. Tradurre i testi liturgici.Tradurre le opere teologiche. Tra-durre nella fedeltà alla tradizionedel cristianesimo orientale, nella

    realtà dei popoli, l’universalità delNuovo Testamento e la cattolicitàdella Chiesa.Per l’arcivescovo Anastasios dell’Al-bania non si tratta tanto di una stra-tegia di espansione quanto di un’e-sperienza inclusiva della Pentecoste.«Ogni nazione è chiamata a usare untono particolare che le è proprio e diesprimerlo in un impegno di appren-dimento del Vangelo. È dovere delleChiese locali contribuire ai valoripositivi propri di ciascuna nazione edi approfondirli nel rispetto dellespecificità nazionali e tribali».Questo principio di acculturazione èdel tutto operante anche nel conte-sto di ciò che, un po’ sommariamen-te, si chiama la diaspora (dispersioneortodossa al di fuori del suo contestogeografico tradizionale). In questocaso preciso non si tratta tanto di undesiderio di conversione, contrarioallo spirito ecumenico che anima daoltre un secolo il riavvicinamentodelle Chiese, ma di uno spazio di dia-logo che traduce instancabilmente lerealtà ortodosse in un contesto occi-dentale.

    —La missione come dialogoLa missione non può pertanto ac-contentarsi di essere uno strumentoa servizio della conversione. Per laChiesa ortodossa, la missione, nelsenso della sua presenza, è un mez-zo a servizio del dialogo, fino a per-mettere di superare i tropismi etniciche la distinguono dalla cultura nonortodossa in cui le comunità delladiaspora si sviluppano. C’è qui una

    ferenza preconciliare,perché bisognoso di es-sere attualizzato. Il do-cumento assunse allorail nuovo titolo: “La mis-sione della Chiesa orto-dossa nel mondo con-temporaneo”. E fu uffi-cialmente inserito nellalista dei documenti stu-diati dal Santo e Gran-de Concilio nel corsodella Sinassi dei prima-ti del gennaio 2016. Iltesto, infine, fu adottatodai Padri conciliari du-rante la prima sessionedei lavori del Concilio,nel giugno dello stesso anno.

    —Il documento sulla missione è un te-sto denso, ma non si propone di ri-spondere direttamente al comandodi Gesù contenuto nel vangelo diMatteo 28,19-20: «Andate dunque efate discepoli tutti i popoli, battez-zandoli nel nome del Padre e del Fi-glio e dello Spirito Santo, insegnan-do loro a osservare tutto ciò che viho comandato. Ed ecco, io sono convoi tutti i giorni fino alla fine delmondo». Ripensa piuttosto in sensopiù ampio il posto della Chiesa nellanostra società contemporanea.Per l’ortodossia, la missione, secon-do Nicolas, è un’emanazione del sa-cro che si irradia nell’esteriorità, èsoprattutto una presenza animatada un ethos liturgico tra l’integrazio-ne dei battezzati e la diffusione del-la Buona Novella. «Io penso, scrive,a tre canali attraverso i quali essapuò svilupparsi: la cultura, il dialogoe la trasfigurazione».

    —La missione come culturaLa prospettiva ortodossa della mis-sione affronta la diversità sotto ilpunto di vista della “cristianizzazio-ne” delle culture nel senso inteso dalteologo ortodosso Georges Floren-ski, in contrasto con le tesi di AdolfVon Harnack che insisteva sulla “el-lenizzazione del cristianesimo”. L’u-nione tra il cristianesimo e le culturestoriche si radica nel dogma stessodell’incarnazione. L’unione divino-

    ECUMENISMO

    Che cos’è la missione?

  • Testimoni 4/2018 11

    delle tesi particolarmente forti di p.Alexandre Schmemann, teologo or-todosso quando parla della “missio-ne dell’ortodossia”. Egli costata:«Tutto nella Chiesa ortodossa indicaun modo di vita. La Chiesa è legataa tutti gli aspetti della vita. Ma nonabbiamo questo legame quandouscendo dalle nostre chiese la dome-nica mattina, ritorniamo in una cul-tura che non è stata prodotta, né pla-smata e ispirata dalla Chiesa orto-dossa e che, di conseguenza, è in cer-to senso estranea all’ortodossia».Ma al di là di questi aspetti propria-mente culturali, la missione dellaChiesa consiste nell’entrare in dialo-go con il mondo rivestita della suaidentità ortodossa pur rimanendopienamente inserita nella società enella cultura che la circonda e dovei riferimenti simbolici non derivanodirettamente dai fermenti culturaliortodossi tradizionali.Ora, senza un dialogo che permettadi assumere l’alterità confessionale,la missione della Chiesa ortodossanon avrebbe alcun senso. Senza dia-logo, il significato della missione vaperduto e la Chiesa ortodossa con iltempo si fossilizzerebbe, prima discomparire. Al contrario, è il con-fronto con l’alterità culturale che hapermesso all’ortodossia del XX se-colo di reinventarsi, di ravvivare lasua identità patristica, di approfondi-re la sua ecclesiologia eucaristica edi ridefinire il suo impegno sociale.

    —La missione cometrasfigurazione del mondoLa missione della Chiesa è una diaco-nia, un servizio all’umanità. «La san-ta Chiesa di Cristo, nel suo corpo cat-tolico, comprendente al suo internonumerosi popoli della terra, proponeil principio della solidarietà umana eincoraggia una collaborazione piùdecisa dei popoli e degli Stati per lasoluzione pacifica dei conflitti» (Mis-sione, par F.6). Le posizioni dell’orto-dossia nel documento conciliare, mal-grado certi limiti relativi alla presen-tazione all’articolazione, riprendonol’intuizione del p. Alexandre Schme-mann che si può così riassumere:“pregare e riconciliare”.Pregare per il mondo vuol dire ser-vire il mondo nel senso della missio-

    ne essenziale della Chiesa. Il signifi-cato che assume quindi la preghieraconsiste nel mantenere il contattotra Dio e la Chiesa stabilita local-mente. È la ragione per cui la Chie-sa ortodossa, nel quadro della suamissione, costruisce in un primotempo delle chiese, dei luoghi di pre-ghiera in cui il mistero dell’incarna-zione prosegue nello spazio e neltempo con la celebrazione della divi-na eucaristia.«La Chiesa di Cristo è chiamata aelaborare e a esprimere la sua testi-monianza profetica fondandosi sul-l’esperienza della fede, richiamandoin questo modo la sua vera missionenel mondo, “proclamando” il Regnodi Dio e coltivando la coscienza del-l’unità dei suoi fedeli. Un vasto cam-po di azione le si apre davanti, datoche essa presenta così al mondoframmentato la comunione e l’unitàeucaristica, in quanto elemento es-senziale della sua dottrina ecclesio-logica» (Missione, par. F).Riconciliare: «La pace di Cristo è laforza mistica che ha la sua sorgentenella riconciliazione dell’uomo con ilPadre suo celeste, «grazie alla prov-videnza di Gesù che opera tutto intutti, crea una pace ineffabile presta-bilita fin dall’inizio dei secoli, ci ri-concilia con se stesso, e per mezzosuo con il Padre» (Missione, par. 2).La riconciliazione come orizzontedella missione della Chiesa nel mon-do rappresenta un aspetto centraledel testo conciliare sia sul piano an-tropologico – riconciliare l’umanitàcon la sua libertà – sia su quello piùsocio-politico della guerra all’am-biente, passando attraverso il rap-porto con la scienza. Riconciliare ilmondo e la Chiesa vuol dire ancheripensare il posto della Chiesa nellasocietà coma spazio in cui la fedepossa essere vissuta, sia nella suaesperienza liturgica, sia in quantorealtà culturale e intellettuale, nellaprospettiva che sono i più lontani, inprimo luogo i giovani.«La sollecitudine pastorale specificadella Chiesa per l’educazione in Cri-sto della gioventù è permanente eininterrotta. È evidente che la re-sponsabilità pastorale della Chiesa siestende anche all’istituzione dell’or-dine divino della famiglia; la famigliaè sempre e necessariamente fondata

    sul santo sacramento del matrimoniocristiano, in quanto unione di un uo-mo e una donna, nel senso che rap-presenta l’unione di Cristo e della suaChiesa (Ef 5,32)». (Missione F. 14).

    —Missione: lo spiritoprofetico della ChiesaMa la dimensione missionaria dellaChiesa non si limita al documentosulla missione. L’enciclica e il Mes-saggio del Concilio ricordano in par-ticolare: «L’apostolato e l’annunciodel Vangelo – o l’azione missionaria– stanno al cuore dell’identità dellaChiesa: salvaguardare il comando delSignore e conformarsi ad esso: “An-date dunque e fate discepoli tutti ipopoli” (Mt 28,19). […] la partecipa-zione alla divina eucaristia è una fon-te di ardore apostolico per evangeliz-zare il mondo” (Enciclica, par. 6).Il Messaggio del Concilio deve tantopiù attirare la nostra attenzione inquanto è stato redatto in una pro-spettiva tesa ad accrescere l’impattomissionario non solo sulle comunitàortodosse, ma anche al di là di esse,sul mondo in senso più generale.Non c’è del resto da meravigliarsi sela preparazione del Messaggio è sta-ta affidata in larga misura all’arcive-scovo Anastasios, primate della chie-sa ortodossa dell’Albania, noto peraver percorso in lungo e in largo l’A-frica prima di essere inviato, neglianni ’90, in questo piccolo Paese deiBalcani che usciva appena dai torpo-ri del comunismo. Mi ricordo diaverlo sentito incoraggiare i Padriconciliari a dar prova di profetismo,a liberarsi dalle loro catene e infinea parlare al mondo. La missione, asuo parere, una voce profetica, ispi-rata, dinamica, chiara… Così si leggenel Messaggio: «In quanto Penteco-ste, la Chiesa è una voce profeticache non può essere ridotta al silen-zio, una presenza e una testimonian-za del Regno del Dio di amore […].La parola della Chiesa rimane di-screta e profetica e favorisce un in-tervento umano appropriato» (Mes-saggio, par. 1).La voce profetica della Chiesa, eccociò che noi chiamiamo la sua mis-sione.

    Antonio Dall’Osto

    ECUMENISMO

  • Testimoni 4/201812

    —Una densa sintesisoteriologicaMa di cosa parla Placuit Deo, allora?Il documento, piuttosto breve, è, difatto, una densa sintesi di soteriolo-gia cattolica, quasi a riprendere il fi-lo di un altro documento elaboratodiciotto anni fa, la dichiarazione Do-minus Iesus (6/8/2000), che nonmancò di suscitare un certo scalpore.Vi si sviluppa il legame inscindibile,già evidenziato all’epoca (il prefettoera il cardinale Joseph Ratzinger),tra Gesù Cristo quale unico media-tore della salvezza che ha comunica-to agli uomini in quanto verbo incar-nato (cap. IV), la Chiesa da intender-si come corpo di Cristo, sacramentouniversale di salvezza del genereumano (cap. V) e l’esigenza di comu-nicare la fede, in attesa del Salvatore(cap. VI). Lo si fa, dopo e alla luce diuna succinta introduzione che si ri-collega al Vaticano II, tenendo con-to dell’incidenza delle odierne tra-sformazioni culturali sul significatodella salvezza cristiana (cap. II) edella legittima aspirazione umana al-la salvezza (cap. III). Ecco lo scena-rio descritto: “Ogni persona, a suomodo, cerca la felicità, e tenta di con-seguirla facendo ricorso alle risorseche ha a disposizione. Tuttavia, que-sta aspirazione universale non è ne-cessariamente espressa o dichiarata;anzi, essa è più segreta e nascosta diquanto possa apparire, ed è pronta arivelarsi dinanzi a particolari emer-genze. Molto spesso essa coincidecon la speranza della salute fisica,talvolta assume la forma dell’ansiaper un maggior benessere economi-co, diffusamente si esprime median-te il bisogno di pace interiore e diuna serena convivenza col prossi-mo” (n.5). Per coglierne la novità converrà sof-fermarsi sul capitolo centrale, il III,ponendolo a confronto, in particola-re, con la conciliare Gaudium et spes,e verificando quanto sia radicalmen-te mutato l’orizzonte culturale. In ef-fetti, le grandi domande di senso ri-portate in quella costituzione, dalmistero della morte al problema del-l’ateismo nelle sue forme sistemati-che, dall’attesa di un uomo nuovo daparte del messianismo marxista allaliberazione predicata dai cosiddetti

    C’èuna corrente, som-messa ma in crescita,interna alla cattoli-cità, che sostiene la tesi di un ecces-so di documentazione prodotta dal-la Chiesa stessa. Nel quadro dell’i-pertrofia della comunicazione checaratterizza l’odierna società, in ef-fetti anche diversi addetti ai lavoriritengono che simili materiali scivo-lino via, nella grande maggioranzadei casi, senza lasciare traccia, percui si interrogano (retoricamente):vale la pena proseguire su questa li-nea tradizionale, o non sarebbe op-portuno tirare il freno e produrre te-sti ufficiali solo se significativi e dav-vero necessari? In questo contesto,la recente uscita di Placuit Deo, a cu-ra della Congregazione per la Dot-trina della Fede, a firma del prefettoLuis F. Ladaria il 22 febbraio 2018 estilato sulla base del magistero re-

    cente di papa Francesco, ha notevo-li probabilità di passare inosservato,o quasi, presso il popolo di Dio del-le parrocchie. Peraltro, sarebbe unpeccato se ciò avvenisse, anche per-ché il tema ivi affrontato – alcuniaspetti della salvezza cristiana chepossono essere oggi difficili da com-prendere a causa delle recenti tra-sformazioni culturali – non solo è as-sai attuale, ma ancor più tocca que-stioni delicate e non di poco contonel panorama planetario e multicul-turale. Se ne sono accorti, ad esem-pio, diversi siti di chiara impostazio-ne tradizionalista e anticonciliare,che non ci hanno messo molto ad at-taccare frontalmente il testo, accu-sandolo – fra l’altro – di non affron-tare argomenti fondamentali quali ilpeccato mortale, il rischio reale del-l’Inferno, e l’escatologia nel suocomplesso.

    VITA DELLA CHIESA

    Lettera Placuit Deo

    LA SALVEZZA DELL’UOMOVIENE DA DIO

    La lettera pubblicata il 22 febbraio 2018 a cura dellaCongregazione per la Dottrina della Fede, è stilata sulla

    base del magistero recente di papa Francesco. Denuncia letendenze neo-pelagiane e gnostiche del nostro tempo,

    indicando in Cristo, fatto uomo, l’unico vero Salvatore delmondo.

  • Testimoni 4/2018 13

    maestri del sospetto, com-paiono appena marginal-mente in Placuit Deo, chesi rivolge ormai all’uomopostmoderno, chiuso tan-to ai grandi racconti disenso proposti dalle ideo-logie quanto a un sistemadi riferimento cristiano,di fatto irrecuperabile.

    —Due tendenzeculturaliDue le tendenze cultura-li che campeggiano, in ne-gativo, nel nuovo documento: da unaparte, “l’individualismo centrato sulsoggetto autonomo” e autosufficien-te, che “tende a vedere l’uomo comeessere la cui realizzazione dipendedalle sole sue forze”. Visione, questa,in cui “la figura di Cristo corrispon-de più a un modello che ispira azio-ni generose, con le sue parole e i suoigesti, che non a Colui che trasformala condizione umana, incorporando-ci in una nuova esistenza riconcilia-ta con il Padre e tra noi mediante loSpirito”. Dall’altra parte, “la visionedi una salvezza meramente interiore,la quale suscita magari una forteconvinzione personale, oppure unintenso sentimento, di essere uniti aDio, ma senza assumere, guarire erinnovare le nostre relazioni con glialtri e con il mondo creato”. “Conquesta prospettiva – ecco il monitorelativo – diviene difficile cogliere ilsenso dell’Incarnazione del Verbo,per cui Egli si è fatto membro dellafamiglia umana, assumendo la no-stra carne e la nostra storia, per noiuomini e per la nostra salvezza”. Pla-cuit Deo considera tali tendenze –qui definite neo-pelagianesimo eneo-gnosticismo – come autentichedeviazioni, in cui non pochi creden-ti, forse senza accorgersene, rischia-no di cadere. Ma già Bergoglio leaveva apostrofate come pericolosetentazioni per la Chiesa tutta, sia nel-l’enciclica Lumen fidei (n. 47) sianell’esortazione post sinodale Evan-gelii gaudium (nn. 93-94). In partico-lare, per quanto riguarda la Chiesaitaliana, lo disse con tono severo il 10novembre 2015, intervenendo a Fi-renze in Santa Maria del Fiore nelquadro del V Convegno ecclesiale

    nazionale (In Gesù Cristo il nuovoumanesimo), con un’intenzione piùpastorale che teologico-dogmatica:pelagianesimo e gnosticismo, secon-do lui, equivalgono in effetti a pato-logici disagi pastorali, da cui occorreguarire quanto prima perché minanogravemente la salute del corpo ec-clesiale. Ma è possibile tradurre que-sta terminologia, indubbiamentespecialistica? Proviamoci: individua-lismo e intimismo, ma anche autore-ferenzialità e spiritualismo eccessi-vo. La dottrina di Pelagio sulla sal-vezza finale – contro cui, all’iniziodel V secolo, si batterono teologi co-me Girolamo e Agostino – e le teo-rie che i pensatori gnostici elabora-rono sulla stessa questione soteriolo-gica (nel greco biblico e patristicosalvezza si traduce sotería) riguarda-no i primi secoli della storia dellaChiesa, e all’apparenza – ma solo al-l’apparenza – sembrano molto di-stanti dalla consapevolezza credentecontemporanea. In realtà non è così.

    —Pelagianesimoe gnosticismoPer capirlo meglio, sarà utile ripren-dere in mano il discorso papale di treanni fa, nel suo primo vero faccia afaccia con la Chiesa italiana, quandoFrancesco scelse di guardarla reali-sticamente, nelle sue virtù e nelle suedebolezze, auspicando si renda pove-ra, umile, inquieta, esortandola a ri-farsi non a un umanesimo da essa ri-creato o progettato più o menoastrattamente, ma all’unico umanesi-mo cristiano, quello narrato da GesùCristo. “Il pelagianesimo spiegò ciporta ad avere fiducia nelle struttu-

    re, nelle organizzazioni,nelle pianificazioni per-fette. Spesso ci porta pu-re ad assumere uno stiledi controllo, di durezza,di normatività. La normadà al pelagiano la sicu-rezza di sentirsi superio-re, di avere un orienta-mento preciso. In questotrova la sua forza, nonnella leggerezza del sof-fio dello Spirito”. E daquesto irrigidimento de-rivano sterili “conserva-torismi e fondamentali-

    smi”, oltre che un anacronistico tra-dizionalismo che, in un contesto cul-turale sempre cangiante, potremmodire decisamente postmoderno, nonè più capace di veicolare significati-vamente il messaggio cristiano, ten-dendo semmai a musealizzarlo.Dall’altra parte, lo gnosticismo “por-ta a confidare nel ragionamento lo-gico e chiaro, il quale però perde latenerezza della carne del fratello” e,in definitiva, della carne di CristoGesù, per risolversi “in un astrattointellettualismo, al quale le pieghedella storia sembrano troppo strettee che prova tedio per le piaghe delmondo”. Se, dunque, il pelagianesi-mo spinge la Chiesa a trincerarsi nel-la regola, lo gnosticismo l’induce adalienarsi nel concetto, immaginandocosì di valorizzarne l’attitudine atrascendersi in direzione di Dio. Ma,al contempo, facendole dimenticareche la cifra più autentica della stessatrascendenza divina è il mistero del-

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  • 14 Testimoni 4/2018

    l’incarnazione, vale a dire la disponi-bilità di Dio a trascendere la propriatrascendenza, abbassandosi nella ke-nosis del Figlio umanato: “per veni-re a farci compagnia, immergendosinella nostra condizione, e per riscat-tarci dalla nostra debolezza, non di-sintegrandola d’incanto bensì assu-mendosela Egli stesso”.

    —La memoriadei grandi santiIl Papa suggerì che potrebbe aiutar-ci a uscire dalle secche citate la me-moria dei grandi santi – da Francescod’Assisi a Filippo Neri – che hannosaputo vivere la fede cristiana conumiltà, disinteresse e letizia; ma an-che il ricorso a personaggi inventaticome il guareschiano don Camillo,che, in coppia con il sindaco Peppo-ne, trova il coraggio di ammettere:“Sono un povero prete di campagnache conosce i suoi parrocchiani unoper uno, li ama, che ne sa i dolori e legioie, che soffre e sa ridere con loro”. Ecco, direi, una chiave di lettura ingrado di farci percepire le tesi di Pla-cuit Deo più vicine alla nostra quoti-dianità e al sentire comune di unaChiesa oggi piuttosto affaticata, inun tempo difficile e quanto mai ag-grovigliato. Capire la nostra epocacomporta uno sforzo necessario an-che se non semplice, questo il mes-saggio, non banale, che possiamo re-perire in un documento che varreb-be la pena di leggere e studiare. “Inquesto sforzo – conclude PlacuitDeo - saremo anche pronti a stabili-re un dialogo sincero e costruttivocon i credenti di altre religioni, nellafiducia che Dio può condurre versola salvezza in Cristo «tutti gli uomi-ni di buona volontà, nel cui cuore la-vora invisibilmente la grazia» (Gau-dium et spes n.22)”. Perché forse nonsiamo gli ultimi cristiani – come sidomandava retoricamente il teologocanadese Jean M.R. Tillard nel vol-gere del nuovo millennio (1999) –ma siamo i primi a vivere consape-volmente il vangelo in un palcosceni-co pluralistico e interreligioso. Chia-mati, ancora una volta e nonostantetutto, a rendere ragione della spe-ranza che è in noi (1 Pt 3,15).

    Brunetto Salvarani

    VITA DELLA CHIESA

    Giustamente le elezioni del 4marzo 2018 sono state cata-logate come un terremotopolitico. Per estensione e intensitàhanno superato tutti i precedentitellurici che pure hanno segnato lastoria della Repubblica. Non reggo-no al paragone il voto del 1953,quando la Democrazia Cristianaperse la maggioranza assoluta, eneppure quello del 1994 quandoBerlusconi trapiantò nelle istituzio-ni la sua spregiudicatezza di vendi-tore di promesse. Dopo il terremoto, però, bisognasgombrare le macerie e cominciare aricostruire. Il “come” investe dueambiti: quello immediato e praticodella costituzione di un nuovo go-verno e quello, di più lunga lena, del-la lettura dell’accaduto e della deci-frazione delle coordinate etico-cul-turali su cui le maggiori scosse si so-no registrate.

    —Il nododel governoPer quanto le cronache ci faccianocredere il contrario, il compito relati-vamente più facile è il primo, quelloche concerne il governo. C’è unachiara situazione di stallo che presen-ta due vincitori: il Movimento 5Stel-le di Grillo-Di Maio, l’“homo novus”del momento, che è il maggior parti-to; e il rassemblement Lega, ForzaItalia, Fratelli d’Italia (con una nettatrazione del gruppo di Matteo Salvi-ni) che primeggia come coalizione. Ec’è un terzo soggetto, il Pd di MatteoRenzi, che appare non solo netta-mente sconfitto ma anche attraversa-to da una crisi drammatica.

    —Analogiee diversitàMolti richiamano il precedente del

    QUESTIONI SOCIALI

    Dopo le elezioni politiche

    RIFLESSIONIE SFIDE

    Dopo il terremoto, bisogna sgombrare le macerie ecominciare a ricostruire. Il punto cruciale resta quello

    della coniugazione delle aspirazioni e delle pulsioni dellasocietà civile con l’istanza di impostare soluzioni politiche,

    valide per l’insieme, secondo la tensione all’uguaglianzaesplicitata dalla nostra Costituzione.

  • 15Testimoni 4/2018

    1976, quando la Dc di Moro e il Pcidi Berlinguer raggiunsero un sostan-ziale pareggio e tentarono di divi-dersi il potere in nome della solida-rietà nazionale; operazione che futroncata violentemente nel 1978 conl’eliminazione fisica del principaleprotagonista ad opera delle “brigaterosse”.Allora però c’erano i presuppostiperché i due vincitori si cercasseroreciprocamente: la Dc per prevenireil proprio declino, di cui Moro perce-piva i sintomi, ed il Pc per acquisire,con il compromesso governativo,una crescente autonomia dal bloccoideologico comunista, del quale ilsuo leader aveva riconosciuto esser-si “esaurita la spinta propulsiva”. Vi-ceversa oggi i due principali sogget-ti sono e si dichiarano duramenteantagonisti e non disposti per il mo-mento ad una qualsiasi intesa.

    —Il “poteredi coalizione”Tuttavia almeno sul piano teorico lesoluzioni non mancano: o i due vin-citori si accordano (difficile, ma lesorprese sono un ingrediente dellapolitica) oppure... Oppure ciascunosi rivolge al terzo escluso e ne chie-de l’appoggio. Che può essere pieno(programma concordato e parteci-pazione all’esecutivo) oppure “ester-no” con diverse varianti, tutte riassu-mibili nel fatto che il “terzo” non en-tra in una pattuizione ma si limita aconcedere un “voto di investitura”all’esecutivo che nasce mantenendoper il resto la propria autonomia inopposizione. Le tecnicalità di simili ed altre ope-razioni sono molte, tutte giocate sulricorso alle astensioni, ma anche quicon una nota significativa: chi conce-de l’appoggio esterno diventa, in so-stanza, arbitro della sorte del gover-no. Si chiama potere di coalizione,talvolta di interdizione, e si traduce,in volgare, nel gesto di...staccare laspina.

    —Tra il diree il fareIl presidente Mattarella è chiamatoa lavorare sulle modalità per risolve-re il rompicapo che le urne gli han-

    QUESTIONI SOCIALI

    che una miglior sorte sarebbe arrisaal Pci se dopo quell’insuccesso si fos-sero coinvolte tutte le anime di par-tito in un approfondimento autocri-tico unitario. Ciò che invece non sivolle fare dando fiato, in concreto, aduna scissione comunque sbagliatache era già nell’aria e che una leader-ship più avveduta avrebbe dovutoevitare. Ora c’è il rischio che l’affan-no pregiudichi la qualità delle rifles-sioni e delle scelte. Ma anche quinon c’è, per chi scrive, né abilitazio-ne né volontà di interloquire.

    —Lo statodell’arteDove invece si può e si deve prende-re la parola è nell’esame dello statodell’arte della politica e del rappor-to tra politica (istituzioni) e societàcivile, così come è venuto modifican-dosi per effetto di due fattori: le mo-dificazioni strutturali del sistemaeconomico e i riflessi di essi sulla vi-ta delle comunità.Tra le tante opinioni espresse a ri-dosso del voto mi ha colpito quelladi un esponente meridionale del Pd,Francesco Boccia. “Il M5S – hadetto – esiste perché noi non abbia-mo fatto il Pd. Se ci fossimo occupa-ti di poveri, disuguaglianze, periferie,non sarebbe accaduto che un meri-dionale su due li votasse”. Il primo aspetto da mettere a fuocoriguarda l’atteggiamento delle forzepolitiche rispetto alle esigenze e alleaspirazioni delle persone e dei grup-pi sociali. Qui si può giungere a con-

    no regalato; e conviene lasciarlo la-vorare il più possibile in pace. Diverso è invece il caso per il terzogiocatore, lo sconfitto Pd, il quale asua volta ha da prendere due deci-sioni capitali: da un lato regolare iconti al proprio interno, che vuol di-re stabilire la sorte del SegretarioMatteo Renzi e, dall’altro, valutarese concedere, e a chi, la propria “be-nevola attesa” come gli chiedono, al-ternativamente, i due contendenti ecome in fondo gradirebbe lo stessoPresidente della Repubblica. Con ciò si può considerare esauritoil capitolo sui lavori in corso per co-stituire il nuovo governo. Essendochiaro che a guidarlo non sarà il Pdma non è detto che sia uno dei duecontendenti che si sono affrontatinelle piazze, uno di loro persino conl’esibizione di una “squadra” di mi-nistri assolutamente virtuale. L’e-sperienza consiglia anche di nonsbilanciarsi troppo neppure sui pro-grammi perché, come ha saggiamen-te osservato il presidente emeritodella Corte Costituzionale CesareMirabelli, “un partito deve dire pri-ma quel che vuol fare; poi, una vol-ta nelle istituzioni, deve dire quelloche può fare”.

    —SpiegazioniutilitarieMolto più intricata e impegnativa –e tuttavia indispensabile – è la ricer-ca sulle correnti profonde, sui movi-menti delle faglie che hanno deter-minato gli smottamenti degli eletto-ri. Materia delicatissima perché, co-me nel campo sanitario, se si sbagliadiagnosi il paziente soccombe. Perquesto è bene limitarsi a mettere inluce qualche spunto di riflessione, dautilizzare per la composizione delquadro.Prima però va sgombrato il campodalle semplificazioni utilitaristiche,come ad esempio quella per cui lasconfitta del Pd sarebbe da attribui-re al rifiuto del Presidente della Re-pubblica di sciogliere le Camere su-bito dopo la sconfitta renziana nelreferendum costituzionale del 4 di-cembre 2016. Nessuno del resto puòsapere quale in tal caso sarebbe sta-to l’esito. Minor incertezza c’è invece sul fatto

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  • Testimoni 4/201816

    statare che il credito che hanno otte-nuto le proposte più plateali e dema-gogiche in mezzo alla gente comuneè inversamente proporzionale allacapacità di contrastarle con argo-menti e atteggiamenti altrettanto epiù credibili ed efficaci da parte del-le forze vicine al governo.

    —Colpadegli elettori?Alla vigilia del voto alcuni opinionleaders hanno attribuito agli elettori,(definiti come svagati, impreparatio...”vagotonici”) la diffusa propen-sione ad affidarsi ai...venditori ditappeti che frequentano i nostrigiorni. Erano stati però molti deglistessi intellettuali a magnificare levirtù genuine di una società civiledetentrice di valori autentici a fron-te di un ceto politico bollato, in bloc-co, come irrimediabilmente perversoe corrotto. La guerra contro la “casta”, condot-ta poi con baldanza dai 5Stelle, è sta-ta infatti iniziata sulla stampa bor-ghese senza che fosse consentito didiscernere tra il marcio da eliminaree il valido da salvare.Allo stesso modo e per lungo tempola giusta battaglia contro la partito-crazia è stata pilotata in modo dadiffondere la credenza per cui, cam-biando la legge elettorale, si sarebbefavorito l’avvento di un sistema digiustizia e di trasparenza.

    —Il partitodei semplificatoriIn proposito la mia opinione, non daoggi, è che tali approcci, unitamente

    all’idea che potesse passare dai tri-bunali la moralizzazione del sistema,erano altrettante scorciatoie che nonavrebbero prodotto risultati ma solofavorito lo scatenamento di un “par-tito unico dei...semplificatori”, comequelli che hanno una risposta pron-ta per ogni problema. Sovranisti verso l’Europa, mercatistiin economia, sciovinisti verso i mi-granti ed anche...rottamatori verso ilpassato. Voglio dire che non si puòostentare meraviglia per l’epifania diquel che non piace nelle indicazionidel voto: tutte le “novità” che essocontiene erano già presenti e spessoanche percettibili in quel che acca-deva nel periodo precedente, chedunque va indagato come l’incuba-trice di un presente che assilla epreoccupa ma col quale occorre mi-surarsi.

    —Un deficitdi iniziativaSe penso ai temi che si sarebbero do-vuti affrontare e non s’è fatto abba-stanza, non posso omettere di nota-re che molti dei soggetti che anima-no il dibattito politico – partiti, sin-dacati, associazioni, intellettuali –non hanno affrontato se non episo-dicamente la questione del cambiod’epoca che deriva dal combinato di-sposto tra globalizzazione e informa-tizzazione dei processi produttivi esociali. Le conseguenze sul lavoro umano,pure consacrate nei lavori di alcunistudiosi, sono state trascurate daglioperatori dell’economia e della poli-tica, se non per gli aspetti di imme-diata convenienza.

    QUESTIONI SOCIALI

    Si è continuato tra l’altro a ritenereche il mercato con i suoi meccanismisarebbe stato in grado non solo diprodurre ma anche di tutelare il la-voro umano, mentre al contrario si èscatenata la guerra di tutti controtutti; e la politica si è limitata a regi-strare i processi; al limite ad inse-guirli senza coltivare un’idea, non di-co alternativa, ma almeno correttivadi quel che si andava delineando.Nessuno, ad esempio, ha preso inconsiderazione l’idea di integrare l’i-niziativa privata con quella pubblicanella promozione di blocchi di do-manda fuori mercato al fine di nonperdere di vista l’obbiettivo dellapiena occupazione. Un deficit di ini-ziativa che investe l’Europa non me-no che i singoli paesi e in essi, in par-ticolare, le forze più socialmentesensibili.

    —Il contrastoalla povertàPerché meravigliarsi allora se le areepiù produttive del paese si affidanoal miracolo della flattax come fontedi sviluppo senza oneri per i contri-buenti, mentre in quelle più arretra-te si formano le file per prenotare il“reddito di cittadinanza” come sefosse già in vigore. Le due offerteelettorali risultate più attraenti per ivincitori non hanno avuto daglisconfitti nessuna obiezione di meri-to, se non quella della insostenibilitàdegli oneri. Sul reddito di cittadinanza, poi, vadetto che in tutto lo scontro nessuno

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    A

  • Testimoni 4/2018 17

    ha fatto lo sforzo di ricordare che es-so era stato istituito come “redditominimo di inserimento” nella legge(centrosinistra, 2000) che riformaval’assistenza ed era stato successiva-mente declassato a “reddito di ulti-ma istanza” dal centro destra per es-sere infine relegato tra le foglie mor-te del welfare state. Così è mancatoun corpo a corpo positivo dal qualeavrebbero potuto trovare confortole ragioni che avevano condotto atentare un nuovo approccio al temadella povertà. Sul quale si sarebbepotuto anche rammentare che, nelremoto “programma economico na-zionale” (anni ’60 CentrosinistraMoro), veniva stabilito, per legge, il“superamento del criterio della po-vertà” come titolo per ottenere pre-stazioni assistenziali di carattere mo-netario. Se lo si fosse fatto si sarebbe colto loscarto tra la fiducia di allora nellepotenzialità di uno sviluppo pro-grammato e lo stretto orizzonte del-la condizione attuale; e magari permettere a fuoco le cause nascoste e ipossibili rimedi.

    —Pedagogiadel bene comuneMa il punto cruciale resta quello del-la coniugazione delle aspirazioni edelle pulsioni della società civile, chesono pur sempre particolaristichequando non egoistiche, con l’istanzadi impostare soluzioni politiche, cioèvalide per l’insieme, secondo la ten-sione all’uguaglianza che è esplicita-ta dalla nostra Costituzione.Qui c’è da compiere un’autocriticasull’eccesso di fiducia concesso negliultimi decenni, anche dalle sinistre,agli automatismi di mercato come ri-solutori di ogni questione sociale. Esarebbe cresciuta la persuasione chenon avviene spontaneamente un au-mento della consapevolezza politicaall’interno della società civile. È uncampo da coltivare, una pedagogiada applicare, un’esperienza da com-piere. Anche se va controcorrente.Nessuno oggi avrebbe l’ardire diproporre la via d’uscita dell’auste-rità, come il Berlinguer o le Acli diuna volta, ma che almeno si richia-masse con assiduità ed anche con se-verità il dovere, costituzionale e civi-

    co, di pagare le tasse come premessadi ogni ampliamento delle tutele:questo è il minimo che si può richie-dere non tanto e non solo per chi siproclama “di sinistra” ma anche pertutti quelli che hanno in tasca – e traessi i credenti – una bussola orienta-ta sulla solidarietà come valore e co-me dovere.

    —Un sfidaper tuttiSecondo il mio parere il tema da ri-mettere al centro dell’attenzionenon è solo quello dell’appianamentodei contrasti tra le forze in contesa oquello delle operazioni tattiche persuperare la congiuntura. Senza arro-ganze e senza false certezze credoche sia necessario rivisitare l’idea diuna crescita della società civile chesia anche crescita politica e non soloeconomica e di influenza sociale. Che la politica abbia da essere rifor-mata non v’è dubbio e che i soggettisociali abbiano una parola decisivada dire è altrettanto certo. Ma se po-litica vuol dire “uscirne insieme”, co-me ripeteva don Milani, occorre chela crescita avvenga senza l’ipotecadei particolarismi individuali e cor-porativi che allignano a tutti i livellidel corpo sociale. Potrebbe essere, quello indicato, ilcuore di un confronto serio anchetra i cattolici che permetta di supera-re le lamentazioni per la mancata in-fluenza sui luoghi della decisione oper la banalizzazione delle presenzeal livello del bacio delle reliquie disan Gennaro (Di Maio), del giura-mento sui “segnacoli cristiani” (Sal-vini) e della riduzione dell’ispirazio-ne cristiana alla esibizione dei valorinon negoziabili. Da quando è implosa la stella dellaDc l’area cattolica o vive di nostalgiao si agita in una confusione a sommazero, non riuscendo a scuotersi nep-pure in presenza della profezia delConcilio e dell’impulso di PapaFrancesco. Non per una...rivincitaelettorale ma per dare un contributoalla vita della città dell’uomo sareb-be bello che anche dal mondo dellavita consacrata questa sfida venisseraccolta.

    Domenico Rosati

    E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

    PER SACERDOTI, RELIGIOSIE DIACONI

    � 24-29 giu: mons. Carlo Mazza“Volti e figure discepolari nelvangelo di Giovanni” SEDE: Eremo SS. Pietro e Paolo –25040 Bienno (BS); tel. 036.440081fax 036.4406616; e-mail:[email protected]

    � 24-29 giu: p. AdalbertoPiovano, osb “La forza delladebolezza: Dio salva il suopopolo. Lectio divina con i libridi Giuditta e di Ester” SEDE: Eremo di Montecastello,Località Montecastello – 25080Tignale (BS); tel. 0365.760255 fax0365.760055;www.montecastello.org

    � 25-29 giu: mons. AntonioDonghi “Esercizi spirituali” SEDE: Centro di spiritualità deiPadri Somaschi, Viale PapaGiovanni XXIII,4 – 23808 Somascadi Vercurago (LC) tel. 0341. 421154;e-mail: [email protected]

    � 1-6 lug: mons. Danilo Zanella“Alle sette Chiese. Apocalisse,epifania della speranza” SEDE: Casa Sacro Cuore PadriCavanis, Via Col Draga, 1 – 31054Possagno (TV); tel. 0423.544022 –fax 0423.922441; e-mail:[email protected]

    � 1-6 lug: don Massimo Grilli“Dio ha voluto abitare nellanube” (1 Re 8,12) La crisi:rantolo di un morente o dogliedi una partoriente? SEDE: Oasi Divin Maestro, ViaMontanino, 11 – 52010 Camaldoli(AR); tel. 0575.556016 – fax0575.556156; e-mail:[email protected]

    � 2-6 lug: don Giacomo Ruggeri“L’esercizio del discernimentonelle relazioni digitali. Effetti econseguenze della tecnologianella vita spirituale, vitainteriore, apostolato e ministero” SEDE: Centro di spiritualità SS.Vittore e Corona, Viale SantiVittore e Corona, 19 – 32032 Feltre(BL); tel. 0439.2115; e-mail:[email protected]

    � 2-6 lug: mons. FrancescoCacucci “Piste di santificazionepersonale nel ministeropastorale” SEDE: Oasi Santa Maria, ViaRiconciliazione dei cristiani, Km 2– 70020 Cassano delle Murge (BA);tel. 080.764446 – fax 080.3073630;e-mail: [email protected]

    QUESTIONI SOCIALI

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    la in collegio dalle Suore del Prezio-so Sangue per completare gli studi.3

    In questo ambiente Rosetta riscoprìGesù e il Vangelo e decise di impe-gnarsi a vivere secondo questa Paro-la. Fu nella cappellina del Collegioche Rosetta visse un’esperienza cheaffidò al suo Diario e che la segnò pertutta la vita: «[…] mi sono sentita abi-tata in quel lontano giorno – aprile1952 – e tu mi hai tenuta in te, mio Si-gnore. Mai più sola … abitata … ». Disse il suo sì al Signore e il 5 mag-gio 1963 fece il suo ingresso nell’Isti-tuto delle Suore Missionarie dellaConsolata. Il 22 novembre 1965 emi-se la prima professione religiosa. Fu,in seguito, destinata in Inghilterraper intraprendere gli studi infermie-ristici. Nel 1969 conseguì il diplomadi State Enrolled Nurse e nel 1970terminata la prima parte del corso diMidwifery partì per il Kenya suanuova destinazione missionaria. Il 19novembre del 1972 si consacrò inperpetuo a Dio. Il suo sì irrevocabi-le lo condensò in una frase che scris-se alla maestra di formazione suorPaolina Emiliani: «Vorrei che attor-no al Signore potessimo affermarequello che a volte cantiamo in Chie-sa e che io non trovo il coraggio didire: “Signore, con cuore semplice egioioso ho dato tutto. Ma io speroche un giorno il Signore, nella suabontà, mi aiuterà a dargli tutto o selo prenderà … perché Lui sa chequesto io realmente voglio, Lui sa».In Kenya, tra le attività delle missio-narie, a Nyeri prima e a Nkubu poi,si dedicò al lavoro nell’ospedale, conscuola per infermiere. A questo ser-vizio dedicò il meglio di se stessa fi-no alla morte. Nel 1993 venne scelta dalle sorelleper rappresentarle al VII Capitologenerale e, in seguito, per guidare ilprocesso proposto dallo stesso, comeSuperiora regionale, per due periodiconsecutivi.

    —In SomaliaLa presenza delle Missionarie dellaConsolata in Somalia risaliva ai tem-pi del Fondatore, il Beato GiuseppeAllamano (1925). Nel 1970 la guerracivile costrinse le sorelle a un esodoforzato (1991). Rimase un piccologruppo nell’ospedale S.O.S. Kinder-

    Domenica, 17 settembre 2006:al termine delle lezioni, suorLeonella era appena uscitadall’edificio. Dopo pochi passi, forsecinque metri, si udì uno sparo: unproiettile l’aveva colpita. Tentò di ri-tornare verso l’ospedale, ma fu col-pita di nuovo, si accasciò sulla strada.La gente la prese e la portò dentrol’ospedale. Le sorelle avvisate del-l’accaduto si precipitarono dove erastata trasportata. Suor Leonella pal-lidissima era madida di sudore, macosciente. Afferma suor Marzia Fer-rua: «Era in un bagno di sangue, lafaccia bianca e gelida, gli occhi chiu-si, ma distesa […] mi è venuto inmente ciò che lei mi aveva confidatoqualche giorno prima: ‘La mia vital’ho donata al Signore e Lui può fa-re di me ciò che vuole, per questonon ho paura mi affido a Lui». Mos-se le labbra livide e sussurrò: «Faticoa respirare». Suor Gianna Irene rac-conta: «Non c’era segno di paura o ditensione, nemmeno ansia, ma una

    grande pace sul suo volto, si vedevache voleva dire una cosa importante,che le stava a cuore, e con un fil divoce disse: “Perdono, perdono, per-dono”». In quel momento arrivò ilchirurgo, dr. Mohamed Yusuf che in-sieme al dott. Tekle G.E. ginecologodell’ospedale S.O.S, non poteronoche costatare e confermare il deces-so. Aveva 66 anni.

    —Originariadi Rezzanello (Piacenza)Suor Leonella Rosa Sgorbati, era na-ta il 9 dicembre 1940 a Rezzanello diGazzola (Piacenza),1 ultima di tre fi-gli. Il papà, Carlo Sgorbati era agri-coltore, e la mamma, Giovannina(Teresa) Vigilini, massaia. F