TESTI - Aracne · 39 Nota al testo Poesie 1919-1923 ... 64 Ad una gardenia 65 Desiderio 67 Per una...
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Direttore
Bartolo AUniversità degli Studi di Bari
Comitato scientifico
Ferdinando PUniversità degli Studi di Bari
Mario SUniversità degli Studi di Bari
Bruno BUniversità degli Studi di Bari
Maddalena Alessandra SUniversità degli Studi di Bari
Ida PUniversità degli Studi di Bari
Rudolf BRuhr Universität–Bochum
Stefania BUniversity of Wisconsin–Madison
OGGETTI E SOGGETTI
TESTI
La collana accoglie testi artistici e critico–letterari inediti,o non più pubblicati da molto tempo, di personalità chiavedella cultura italiana ed europea. Ogni opera è curata esottoposta al vaglio critico di studiosi che intendono pre-sentare aspetti nuovi, ignorati o dimenticati degli autoripresi in considerazione.
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via Quarto Negroni, Ariccia (RM)
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I edizione: ottobre
A Gabriele Zanetto,
illuminata figura di docente
e ricercatore di Ca’ Foscari,
profondo conoscitore
del mondo e della sua storia
9
Indice
13 Premessa
29 Introduzione
39 Nota al testo
Poesie 1919-1923
43 A che vale non credere?
45 Le formichine
47 Mastro Gianni
53 Lo spettacolo
56 Cose vane
58 La buona sorella
60 Luminosità
62 Aspirazione
64 Ad una gardenia
65 Desiderio
67 Per una dattilografa
70 A Daisy
71 La canzone della notte
72 Partenza triste
74 Notturno
76 Purezza
77 In ferrovia
78 Ad un’incognita vicina di cinematografo
Indice 10
80 Ad un nastro rosa
81 Madri di morti
82 Voluttà
84 Natale
87 La donna mia
90 Pantomima
94 Smarrimento
96 Melanconia
98 L’inutile corda
100 Preghiera
102 Ribellione
105 Tramonto
106 Ad alcuni fratelli
109 Ne la bufera
111 La sorella d’amore
113 Notte di primavera
115 Canto di vita
117 Notte d’Aprile
118 Il roseto
119 Profumo
121 Un pescatore
122 Portofino
123 Dolcezza
124 Intermezzo
125 La vita
126 Sera
127 I Migranti
129 Pace
131 Per la fine di un amore
132 A Dante
133 Ritornerà
134 Dubbio
135 Ai lontani
137 Offerta
138 Per una Maria
139 Solitudine
141 Stelle cadenti
Indice 11
143 Autunno
146 Sera
148 Gioia
149 Apoteosi
151 La triste sacca
153 Il grande amore
155 L’umile verità
157 Sconforto
159 La notte di Natale
162 Olocausto
164 Infanzia solitaria
165 Il mio conforto
167 La meta
169 Notte di pioggia
172 La voce
175 Il canto nuovo
177 La vana ricerca
181 La vita
183 Amore
184 Romantica
188 La via
190 Sera di pioggia
191 Stanchezza
192 Luna sul mare
193 La voce lontana
196 Al Sogno
197 Scta
Irene Perin
198 Il silenzio
199 L’anima
200 La giacente
201 La fiamma stanca
203 Il Viandante
204 Piove
205 Da Pierrot…
206 Italia
207 Appendice
Premessa
La scoperta di un poeta
Quando, alcuni anni fa, nell’aprire un armadio ove, nella
parte alta, tenevo documenti vari, mi cadde letteralmente in te-
sta un antico quaderno nero di quelli dell’Ottocento con la fine
ricopertura in oro nella parte interna, non avrei mai pensato di
scoprire una storia importante non solo (emotivamente) per me
ma anche per la letteratura italiana.
Il quaderno era il tipico documento di lavoro dell’Ottocento
con le pagine in carta un po’ ingiallita, il bordo interno delica-
tamente pitturato con una vernice d’oro, e le copertine in evi-
dente stato di alterazione che mi lasciavano sulle mani una pati-
na brunastra residuo dei colori scuri utilizzati originariamente.
Aperto il quaderno sono comparse molte poesie trascritte,
puntualmente, a mano, con una calligrafia tenue, precisa e deli-
cata che mi ha fatto ricordare subito una mia carissima zia,
scomparsa molti anni fa. Non ci volle molto a ricordare come
quel quaderno facesse parte di una serie di documenti personali
della mia zia che io, in modo affrettato per il bailamme del
momento, avevo collocato in un contenitore di plastica dopo la
sua scomparsa.
Irene, ma sempre chiamata Nennelle1, sorella di mio padre, è
stata una zia eccezionale per l’affetto, la comprensione, la di-
1 Il vezzeggiativo di mia zia deriva da un nome della commedia di
Giacosa Come le foglie. In realtà il nome vero della protagonista è
Nènnele, mutato, per sonorità, dai miei nonni, in Nenelle. Egidio
Bianchi, nelle sue lettere, la chiama sempre Nennelle.
Premessa 14
sponibilità e il senso di servizio che si era imposta nella sua vi-
ta. Non avendo avuto figli aveva riversato tutto il suo affetto per
i due nipoti, affetto che io avevo imparato ad apprezzare parti-
colarmente quando, studente all’università di Padova, sono stato
ospite suo per molti anni. Le uniche cose che capivo, allora,
erano proprio la sua bontà e la sua generosità. Per il resto, ossia
per la sua storia, non avevo elementi né, ad onor del vero, la co-
sa, a quell’epoca, nella spensieratezza della vita universitaria,
mi interessava.
Frugando fra le carte che erano nel contenitore dove si tro-
vava il quaderno, scopersi, poi, una serie di fotografie, di ritagli
di giornale, testi originali delle stesse poesie e di altre non ripor-
tate nel quaderno e, soprattutto, un ricco e corposo epistolario
rappresentato dalla serie di lettere che l’autore delle poesie, il
tenente Egidio Bianchi, “ragazzo del ’98”, scrisse a mia zia dal
1919 (quando lei aveva solo 17 anni) al 1923, anno della sua
morte avvenuta per i postumi dell’asfissia a Caporetto e della
prigionia in Austria. Lettere drammatiche da cui emerge la po-
tenza dell’amore ricambiato di Egidio per Nennelle, amore
espresso anche nell’ultima lettera scritta una settimana prima
della sua morte e nella quale, abbandonato il tono sicuro ancor-
ché pessimista di tutte le precedenti epistole, la implorava di
venire da lui, all’ospedale di Torino, conscio della sua fine vici-
na.
E le sue ultime tre poesie, scritte proprio in questo dramma-
tico periodo, sono in realtà un testamento ed una visione quasi
profetica dell’avvicinarsi sempre più del destino crudele.
Egidio Bianchi, infatti, tenente dell’Esercito Italiano, asfis-
siato da fosgene e da Blaukreuz nel 1917 nella conca di Plezzo,
nella Prima Guerra Mondiale, dopo l’XII Battaglia dell’Isonzo,
quando gli austriaci, assieme ai tedeschi, sfondarono il fronte in
quella che è stata definita, erroneamente e falsamente dal Co-
mando Supremo italiano, la “vergognosa” disfatta di Caporetto.
E così Egidio Bianchi, poeta torinese, eroe di Caporetto, era
stato colpito da tubercolosi a seguito della riduzione del suo si-
stema di difesa immunitario da parte del fosgene e, mancando
Premessa 15
all’epoca farmaci idonei al “mal sottile”, perse la “sua” più im-
portante battaglia.
Figura 1. Egidio Bianchi a Nervi fotografato dalla sua musa ispiratrice.
Leggendo le lettere con la dovuta compunzione perché mi
sembrava quasi di violare un segreto accuratamente celato e,
ovviamente, con il disagio che si prova quando si sente di entra-
re nelle cose intime di un’altra persona invadendone la privacy,
ho scoperto un grande poeta ed un grande amore, limpido, puro
ed impossibile.
Era un segreto così celato che forse nessuno in famiglia ne
era a conoscenza. Mio padre, probabilmente, lo sospettava e ri-
cordo dei commenti “misteriosi” di mia madre (già in età avan-
zata) sul “grande amore” di Nennelle.
Amore senza speranza, come ho già detto, perché il poeta
morì nel luglio del 1923. Mia zia, figlia di un grande industriale
tessile di Rovereto, lo conobbe a Nervi dove era in cura con i
Premessa 16
reduci della Grande Guerra intossicati dai gas quando aveva ap-
pena 17 anni visitando suo fratello (nonché mio padre), Tullio
Perin, anch’egli intossicato dai gas a Caporetto.
Fare un profilo biografico di Egidio Bianchi è difficile per-
ché di lui non si trova traccia se non in alcuni trafiletti giornali-
stici, conservati da mia zia, in cui si lodava la sua capacità poe-
tica in occasione di alcune presentazioni delle sue prime opere
fatte in Liguria. Un altro accenno si ritrova sempre in un necro-
logio sul giornale “Il Messaggero” in cui alcuni amici ed esti-
matori ricordano la sua brillante opera e commemorano, con do-
lore, la sua scomparsa. L’unica traccia visibile è rappresentata
da un ritaglio, probabilmente di una cartolina, conservato dalla
sua fidanzata, la giovane Nennelle Perin, che rappresenta un
cippo funereo con i dati di nascita e di morte del poeta.
Da esso si evince che Egidio Bianchi era nato il 14 luglio del
1898 e morì l’11 luglio del 1923.
Anche dalle lettere di Bianchi a Nennelle (dal gennaio 1920
fino ad una settimana dalla morte) si può ricostruire poco della
sua vita essendo l’Epistolario che ho ereditato, assieme a vari
documenti, principalmente basato sul rapporto poetico ed idil-
liaco tra il poeta e Nennelle. Si sa solo come avesse soggiornato
a Nervi dal 1919 al 1923, per curarsi da una tubercolosi contrat-
ta durante la Prima Guerra Mondiale. Tenente al fronte italiano-
austriaco, infatti, venne intossicato dal fosgene e dai derivati
organici dell’arsenico (Blaukreuz) quando, il 24 ottobre del
1917, i germanici decisero di concentrare gli sforzi contro
l’Italia a Caporetto e la XIV armata, guidata dal generale tedesco
von Below, preceduta dal lancio di gas asfissianti, ruppe il fron-
te e dilagò nella valle. Le posizioni elevate degli italiani resta-
rono isolate mentre prima l’ala sinistra della II armata italiana e
poi l’intera armata furono costrette a ritirarsi.
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Figura 2. Il tenente Egidio Bianchi in uniforme.
Asfissiato dal gas, Egidio Bianchi sopravvisse ma venne cat-
turato dagli austriaci ed imprigionato nel campo di Marchtrenk2
in OberOesterrereich dove rimase fino alla primavera del 1918.
Rientrato in Italia, venne ricoverato in una delle strutture seque-
strate dal Governo Italiano a Nervi per curare i reduci di guerra
(ed in particolare gli intossicati dai gas, che facilmente, a causa
della immunodepressione conseguente, si ammalavano di tuber-
colosi) e trasformate in Sanatorio della Croce Rossa Italiana
(Sanatorio Groppallo).
2 Dove venivano riuniti molti dei militari italiani prigionieri e malati.
Si veda A. NATALONI, La battaglia di Caporetto e la testimonianza
del fante bolognese Luigi Melloni, www.arsmilitaris.org/pubblicazio-
ni/Caporetto%20Melloni.
Premessa 18
Un suo compagno di ospedale, anch’esso asfissiato dai gas,
Tullio Perin, figlio di un industriale della seta di Rovereto, gli
teneva compagnia a Nervi e condivideva la stessa stanza. Tullio
studiava musica e divenne, poi, importante musicista, composi-
tore e direttore di orchestra a Rovereto (TN). Attraverso di lui,
Egidio conobbe le sorelle di cui la più giovane, Nennelle, fu il
suo grande, romantico e puro amore fino alla morte.
Il 17 giugno del 1923, peggiorando le sue condizioni, venne
trasportato a Torino e ricoverato dalla famiglia all’Ospedale Bi-
rago di Vische dove morì l’11 luglio dello stesso anno.
Fu amico della poetessa Anna Emilia (Annie) Vivanti,
(Norwood, 7 aprile 1866-Torino, 20 febbraio 1942). Vivanti lo
seguì nella poesia e probabilmente lo considerava un suo fi-
glioccio, preoccupandosi anche molto della sua salute. Bianchi
scrive, in una lettera a Nennelle, già dichiaratamente sua fidan-
zata, come Annie lo avesse invitato, negli ultimi periodi della
malattia, a respirare un’aria migliore nella sua casa di montagna
(sopra Nervi). Egidio fu collaboratore del “Secolo XIX” e de
“La Chiosa”.
Egidio Bianchi è stato, infatti, corrispondente del “Secolo
XIX” nel settembre del 1922 come inviato a Vienna per descri-
vere lo stato di comportamento della popolazione viennese dopo
la sconfitta della Grande Guerra (Danubio, La città che non sa
ricordare). Vicino artisticamente a Guido Gozzano, fu poeta
“esacerbato” con grandi guizzi verso l’infinito e cadute nella
tristezza più profonda.
Fu autore di una cospicua opera poetica. Le poesie donate o
dedicate a Nennelle, oltre novanta, sono state composte tra il
1919 ed il 1921. Citate dalle cronache, ossia dai trafiletti di
giornale accuratamente conservati da mia zia, anche opere come
Oltre Isonzo, i poemetti Il Fante ed Il Piave, una commedia so-
ciale in tre atti ed un’altra, di un atto, con cui vinse un concorso
nazionale per una commedia patriottica, opere di cui non rimane
traccia. La sua ultima poesia è del 29 marzo 1923. Tutto ciò in
meno di cinque anni.
Questo è quanto è possibile ricavare dalla poca documenta-
zione ufficiale.
Premessa 19
Vi è, però, un’altra fonte di documentazione, non ufficiale,
rappresentata dalle quarantacinque lettere scritte dal gennaio
1920 fino al 7 luglio 1923 (una settimana prima della) che tro-
vai tra i documenti della zia. Lettere segrete che Nennelle aveva
gelosamente conservato. Solo un anno, il 1922, non è documen-
tato: questo potrebbe essere dovuto a un’interruzione del rap-
porto del poeta con la sua musa, alla distruzione delle stesse let-
tere da parte di Nennelle o, più probabilmente, all’aggravarsi in
modo improvviso della malattia del poeta che, da una semplice
affezione respiratoria dovuta all’intossicazione da fosgene, sa-
rebbe esplosa in modo evidente e drammatico in un’imprevista
e grave forma di tubercolosi.
Questo spiega il cambiamento deciso nel modo di porsi che
il poeta ha nei confronti di Nennelle ed anche la modifica della
grafia con cui verga le sue lettere. L’umore è decisamente cam-
biato ed orientato verso un pesante pessimismo ancora più pro-
fondo di quello in lui connaturato; anche la grafia diviene tipica
di una persona in uno stato di prostrazione con continue turbe
emotive e si intuisce, soprattutto, anche se accuratamente celata,
la preoccupazione di Egidio di non coinvolgere la sua musa pro-
tettrice in qualcosa che egli si rende conto non avrebbe avuto un
futuro.
Figura 3.
Premessa 20
Che continuasse il rapporto tra il poeta e la sua musa nel
1922 lo proverebbero, comunque, i disegni a china di un Pierrot
che egli fece nel diario personale di Nennelle, nel primo dei
quali la maschera, con viso triste e duro, dichiara enigmatica-
mente: «Mi chiamo Pierrot e desidero tacere…». Il secondo di-
segno riprende ancora il Pierrot che si abbandona melanconi-
camente ai piedi di un albero fiorito.
Qui compare il “pittore” Egidio Bianchi. Non ho notizie dei
suoi lavori, che egli non cita mai nelle sue lettere a Nennelle,
ma ho trovato, tra le carte della zia, un blocco di disegni di Egi-
dio con splendidi paesaggi disegnati in carboncino ed alcuni a
colori pastello. Barche, mare, scogli e, spesso, la Torre di Grop-
pallo che era divenuta la meta delle sue pensierose passeggiate.
In una delle ultime lettere, poco prima di morire, cita proprio la
sua situazione difficile in ospedale, commentando: «Non è il
Groppallo…».
Figura 4. La Torre del Groppallo di Nervi nell’unico disegno firmato
di Egidio Bianchi nel 1922 (sotto come è la torre oggi).