Testata: Sport Week Data: 29 marzo 2014 Pagina PONTI... · 2014. 4. 8. · Testata: Sport Week...
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Testata: Sport Week Data: 29 marzo 2014 Pagina: 66
(fonte Sport Week)
MALATO DI CALCIO Da giocatore la nazionale giovanile e la A con il Genoa. Da “Grande” i sintomi e poi la sentenza: sclerosi multipla”. Ora è un tecnico e fa pure il DS. “Potevo chiudermi in casa, invece ho scelto di dare battaglia” Il calcio come terapia: “Ho la sclerosi multipla lento-‐degenerativa, ma alla mattia non la do vinta e continuo ad allenare. Il pallone è la mia miglior medicina”: Mario Ponti – cinquant’anni, ex calciatore, oggi tecnico e direttore sportivo della Pegliese, squadra
genovese nel campionato dilettanti di prima categoria – va in campo su uno “scooterino” elettrico. “Non è una carrozzina”, precisa. Si aggira tra i suoi giocatori, dà indicazioni e suggerimenti. Non si piega alla disabilità, che pure c’è, visibile a occhio nudo, e sarebbe retorico e ipocrita affermare il contrario. Tutto è relativo: “Se penso a uno come Borgonovo, mi ritengo fortunato. Cammino con l’aiuto di una stampella parlo, lavoro come impiegato al porto di Arezzano (paese in provincia di Genova; ndr). Nella sfortuna mi è andata bene”. Mario non crede che il calcio giocato sia stata la causa del suo male: “Ma no, è stata la sfiga e basta. Mai preso niente di strano. Sono drogato soltanto di pallone”. Eccesso di colpi di testa? “No, non erano la mia specialità, anche se il gol più bello della mia carriera lo segnai in tuffo di testa, durante uno Juventus-‐Genoa del campionato primavera nei primi anni 80”. Rewind, riavvolgimento del nastro. Anni settanta ad Arenzano, riviera di Ponente. Mario Ponti è l’incontrastabile stella nascente dello spiazzo in salita attiguo alla parrocchia, chiazza d’asfalto su cui consumano partitelle infinite, fin quando fa buio. E’ biondo e ricorda un po’ Netzer il tedesco e un po’ Johan Neeskens l’olandese, per citare due superlativi centrocampisti dell’epoca. Chi ha in squadra Marietto vince di sicuro. Un osservatore lo nota e se lo porta via. La trafila nelle giovanili del Genoa, la chiamata in un’Under azzurra per il torneo di Nizza del 1979. Mario con la maglia della nazionale al raduno di Coverciano, come da foto incorniciata sul muro si casa. “Ero in buona compagnia, tra i convocati c’erano Bergomi, Donadoni, il portiere Lorieri, Comi (il papà dell’attuale attaccante del Lanciano; ndr). Ricordo che Lorieri mi disse: “Tra due anni Bergomi diventerà titolare dell’Inter”. Profetico”. Mario sembra avviato a una bella carriera tra i professionisti. Si impone come numero 8, centrocampista di lotta e di governo. “Tecnicamente e tatticamente ero bravo. Fisicamente avevo dei limiti, ma ci mettevo grinta, non mi tiravo mai indietro”. Gigi Simoni, ai tempi allenatore del Genoa, lo addocchia e il 24 aprile del 1983 lo fa esordire in Serie A. Un quarto d’ora contro il Napoli di Rudi Krol, 0-‐0 il risultato. In quel Genoa 1982-‐1983 ci sono Onofri, oggi commentatore Sky, l’olandese Peters, Dustin Antonelli, padre dell’attuale esterno rossoblù. “La stagione successiva mi fregò il servizio militare. In prima squadra Simoni non voleva giovani impegnati con la leva. Io stavo a Roma fino al venerdì e venivo a Genova nel fine settimana per la Primavera”. Un anno perso. “Nell’estate del 1984 mi mandarono al Carbonia in Serie C. No , non la vissi come una punizione o una delusione.
Anzi. Era un campionato professionistico, contavo di giocarmi le mie chance e di ritornare alla basa, ma in Sardegna ebbi la mia prima grande botta di sfortuna”. Rottura di tutti i legamenti del ginocchio destro e, rogna su rogna, intervento chirurgico complicato dal meteo. “Erano i primi giorni di gennaio del 1985 e su Genova si abbatté una tormenta di neve. Mi portarono in sala operatoria, ma i medici a un certo punto si fermarono perché i macchinari si erano bloccati causa black out e congelamenti vari. Restai un’ora sul tavolo col ginocchio aperto. Col senno di poi posso dire che non fu un intervento riuscito”. Mario ritorna all’attività, però il ginocchio gli dà continui fastidi. Non è più il giocatore che era. Lenta discesa. Ancora un po’ di C con Omegna, l’Interregionale a Casale e Mondovì, i campionati minori in Liguria. Nel 1996, a 32 anni, fine delle trasmissioni da calciatore e inizio della seconda vita da allenatore. Avvio promettente nelle giovanili del Genoa. “Per fare calcio tra i ragazzini bisogna avere la vocazione dei misisonari. Non ce l’ho coi bambini ma coi genitori. Sarebbe meglio se mamme e papà non ci fossero”. Lasciato il vivaio rossoblù, diventa tecnico di punta del mondo dilettantistico ligure. Le sue squadre si distinguono per il bel gioco. “Divertimento è la parola chiave. Guardo una partita per divertirmi e voglio che le mie squadre divertano chi le segue. Sono “gasperiniano” convinto, il Genoa di Gasperini non mi annoia mai”. Finché un giorno succede qualcosa di strano:”Uscito dallo stadio di Marassi, dove avevo visto un incontro del Genoa, caddi a terra senza inciampare in niente. Lì per lì non diedi peso alla cosa”. La storia si ripete: “Stavo giocando sul campetto dei Bagni Italia a Genova, e tra gli altri in squadra c’era Onofri. A un certo punto, dopo un contrasto, non riuscii a rialzarmi da terra. Pensavano che scherzassi, dovettero tirarmi su”. A seguire visite, accertamenti e diagnosi di sclerosi multipla, difficile da accettare per uno già bersagliato dal destino. Giorni duri, di rabbia e incredulità: perché proprio a me? Perché sempre a me? “Potevo rinchiudermi in casa e consumarmi davanti alla tivù, ma ho scelto di comportarmi da numero 8 vecchia maniera e dare battaglia. Alle spalle ho una splendida famiglia che mi sostiene e alla Pagliese ho trovato l’ambiente ideale: società esemplare, e sul campo mi aiuta Luca Cavanna. Non potrei chiedere di più e di meglio”. Discriminazioni? Insulti da tifosi avversari? “Zero, finora ho trovato soltanto incoraggiamenti e comprensione. Anzi, semmai sono io che ogni tanto perdo la brocca.” Tipo? “Ho appena finito di scontare due mesi di squalifica: ho invitato l’arbitro ad andare a gentildonne e gli ho sventolato 20 euro sotto il naso dicendogli che volevo contribuire alla cosa”. Mario è stato giocatore e sa come prendere i giocatori. “Dicono che il nostro allenatore sia un piccolo Guardiola”, se la ride il talentuoso trequartista Luca Varone.
“Ma è vero il contrario, Guardiola è un piccolo Mario Ponti”, Sul campo di Multedo, dove la Pegliese ha casa, Mario si muove lesto in “scooterino”: “E’ la mia salvezza, mi permette di essere autonomo, di andare ovunque: lo smonto, lo metto nel bagagliaio della macchina e via, ma…”. Ma? “L’ho pagato 2.500 euro e Stato e Regione non mi hanno rimborsato nulla. Io potevo permettermi una cifra del genere, però chi non ha i soldi che cosa fa? Rimane sul divano? A me questa cosa non va giù”. Numeri 8 si resta, anche in scooterino elettrico.