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FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA CIVILE
ORIENTAMENTO STRUTTURE
ANNO ACCADEMICO 2008/2009
SINTESI DELLA TESI DI LAUREA
“PROGETTO DELLA COPERTURA CON STRUTTURA A VOLTA IN LEGNO
LAMELLARE ED ACCIAIO DEL PALAZZETTO DI FUCECCHIO (FI)”
Relatori:
Prof. Ing. Paolo Spinelli
Prof. Ing. Maurizio Orlando
Prof. Ing. Marco Pio Lauriola
Candidato:
Claudia Nati
‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐
Sommario
INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 2
1. STATO ATTUALE DELL’OPERA .............................................................................................. 3
2. PROPOSTA DI PROGETTO .................................................................................................... 5
3. MODELLAZIONE GLOBALE DELLA STRUTTURA ...................................................................... 8
4. ANALISI LINEARE DI STABILITÀ........................................................................................... 15
5. CONNESSIONI ................................................................................................................... 24
6. CONCLUSIONI ................................................................................................................... 32
2
Introduzione
L’oggetto della tesi è la riprogettazione della copertura del palazzetto dell’ impianto
sportivo polifunzionale del comune di Fucecchio. Il palazzetto è inserito in un complesso
sportivo più ampio e ne rappresenta la palestra principale. La copertura esistente, che ha per
struttura portante pilastri e travi reticolari in acciaio, è deteriorata dal tempo e la scelta
effettuata per la realizzazione della presente tesi è la sua totale rimozione e sostituzione.
L’obiettivo per la nuova progettazione è stato quello di effettuare una sostituzione
della copertura che garantisse la riqualificazione dell’edificio e che non interferisse con il resto
della struttura. In seguito a varie considerazioni ho scelto una soluzione della copertura in
legno lamellare, realizzata attraverso archi di forma parabolica con schema statico a tre
cerniere. Il risultato ottenuto è quello di una struttura a volte che ricorda nella forma una volta
a crociera realizzata però con costolature di legno.
Per l’analisi della struttura ho seguito il seguente schema logico:
• Dimensionamento degli arcarecci;
• Dimensionamento degli archi principali;
• Modellazione globale della struttura;
• Analisi sismica della struttura;
• Analisi lineare di stabilità;
• Progettazione delle connessioni.
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1. Stato attuale dell’opera La struttura oggetto della seguente tesi è un impianto sportivo polifunzionale
progettato nel 1991 ed attualmente esistente nel comune di Fucecchio. Il palazzetto è situato
in via Fucecchiello nel capoluogo di Fucecchio, comune in provincia di Firenze.
L’impianto sportivo è composto da due palestre, una più grande dotata di tribune e
servizi per il pubblico e una più piccola adiacente. Sono presenti inoltre un deposito per gli
attrezzi, gli spogliatoi, un pronto soccorso e dei locali adibiti , la centrale idrica, termica ed
elettrica.
Figura 1‐1 ‐ Pianta stato attuale
La struttura portante delle palestre è in acciaio con pilastri e travi reticolari, il
rivestimento è realizzato fino ad un’altezza di circa tre metri da terra con muratura in
Lecablock e nella parte superiore con pannelli sandwich in cattivo stato di conservazione.
Nella palestra grande è presente una tribuna rialzata il cui accesso è possibile da
scalinate esterne.
4
Figura 1‐2 ‐ Travi reticolari della copertura della palestra grande
Figura 1‐3‐ Sezione A‐A’ della palestra grande
5
2. Proposta di progetto Da un colloquio con i tecnici del comune di Fucecchio è emerso che l’attuale palazzetto dello sport
necessita di interventi straordinari soprattutto per quanto riguarda la copertura delle due palestre. Il
complesso edilizio ha infatti circa venti anni e i pannelli di tamponamento e di copertura si trovano in un
cattivo stato di conservazione. Da queste considerazioni è nato l’interesse per un’eventuale riprogettazione
dell’impianto sportivo polifunzionale concentrandosi in particolare sulla palestra “grande”, avendo questa
dimensioni più significative ed essendo quindi più rilevante dal punto di vista strutturale.
L’oggetto della tesi è quindi lo studio e la progettazione della copertura della palestra “grande”.
La linea guida seguita per la nuova progettazione è quella di effettuare una sostituzione della
copertura che garantisca una riqualificazione dell’edificio e che non interferisca con il resto della struttura.
La struttura attualmente in uso è stata progettata nel 1991 utilizzando normative non più vigenti,
risulta quindi plausibile che sostituendo la copertura esistente con una con lo stesso sistema costruttivo
(travi reticolari in acciaio), il sistema di pilastri e fondazioni non sia sufficiente. Non esiste quindi una
convenienza vincolante al mantenimento della soluzione costruttiva in acciaio, che inoltre risulta non
ottimale nei confronti della resistenza al fuoco che deve essere garantita nella palestra anche in virtù della
possibile realizzazione di eventi scolastici. Date inoltre le rilevanti dimensioni delle luci da coprire non
risulta conveniente l’utilizzo di un sistema costruttivo in cemento armato che risulterebbe molto pesante.
In seguito a queste considerazioni ho scelto una soluzione della copertura in legno lamellare. In questo caso
i vantaggi sono molteplici: il legno lamellare è un materiale leggero e quindi richiede strutture portanti
meno invasive, pur avendo ha una resistenza paragonabile a quella del cemento armato; inoltre questa
tecnologia ha un risultato estetico tanto pregevole quanto maggiore è la luce della struttura.
La scelta della tipologia strutturale e dello schema statico della copertura è stato condizionato dalle
luci in gioco e dalla necessità di non interferire con la distribuzione degli spazi del palazzetto esistente. Se la
struttura fosse realizzata con un sistema di travi avrebbe il vantaggio di non essere un sistema spingente,
ma necessiterebbe di appoggi distribuiti lungo i due lati maggiori del rettangolo della pianta e questo
comporterebbe l’ingombro in pianta dei pilastri e l’intervento sull’intero sistema di fondazioni esistente,
inoltre le travi comporterebbero una copertura più elevata agli appoggi per poter rispettare l’altezza libera.
La scelta ricade quindi su uno schema statico ad arco a tre cerniere, questo sistema permette il
raggiungimento di luci elevate e, inserendo due archi diagonali, la possibilità di localizzare i punti di
appoggio nei quattro angoli della struttura. Inoltre la soluzione statica è stata scelta anche in funzione del
risultato estetico, infatti la soluzione ad arco permette di coprire grandi luci con sezioni contenute che
danno slancio alla struttura e che in aggiunta sono convenienti dal punto di vista economico.
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7
Il massimo rapporto tra la freccia e l’estensione dell’arco è meno di un quinto, minimo
raccomandato da varie case costruttrici di archi in legno lamellare per non avere eccessive spinte
orizzontali. Gli archi esterni hanno infatti una freccia di 10 m a fronte di un estensione per l’arco “C” di 34 m
e per l’arco “A”di 48.2 m; gli archi più interni invece hanno le loro cerniere di base su gli archi principali ed
hanno una freccia tale da mantenere una quota da terra uguale a gli archi principali. Si viene quindi a creare
una volta a crociera parabolica.
Per quanto riguarda i due archi diagonali la scelta è quella di non introdurre catene per annullare la
spinta orizzontale ma di provvedere con altri sistemi di contenimento, per non andare a interferire con
l’altezza libera necessaria.
L’altezza minima della copertura è stata determinata nel rispetto delle Norme CONI per
l’impiantistica sportiva ed è 7 m.
Dato che nella copertura il punto più basso è rappresentato dall’arco principale, arco “B”, per
calcolare l’altezza minima del punto di appoggio degli archi sulla struttura sottostante ho determinato la
sagoma del massimo numero di campi da gioco realizzabile nella palestra. Ho individuato il punto dove la
struttura di copertura è più bassa rispetto all’area di gioco ed in funzione dell’altezza dell’ arco in quel
punto e dell’altezza libera minima determinata dalle norme CONI ho determinato l’altezza della struttura
sottostante: 6m.
Figura 2‐3 ‐ Rappresentazione tridimensionale della copertura
Per la progettazione si fa riferimento alla Normativa italiana vigente, DM del 14 gennaio 2008, e agli
Eurocodici.
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3. Modellazione globale della struttura E’ necessario, dopo aver dimensionato gli arcarecci, gli archi principali di categoria “A” e di
categoria “C”, realizzare un modello globale che riesca a rappresentare il comportamento della struttura
tridimensionale, dato che la copertura ha una struttura portante complessa e trascurare l’interazione dei
suoi vari componenti può provocare gravi errori di dimensionamento.
La modellazione della copertura nel suo complesso è stata eseguita attraverso l’utilizzo del
software agli elementi finiti SAP 2000.
Figura 3‐1 Modello SAP con archi
3.1. Analisi dei carichi Riporto di seguito l’analisi dei carichi dell’arco “A”, analogamente è stata eseguita l’analisi per
l’arco “B”.
Effettuo un’analisi dei carichi che agiscono sulla copertura nel suo complesso.
I carichi vengono determinati per ogni ordine di archi e per ogni categoria di arco, “A” e ”B”, in
funzione dell’area di influenza di ognuno. I valori dei carichi dovranno essere calcolati per ogni arco e
moltiplicati per la larghezza della fascia di influenza competente.
9
Figura 3‐2 Rappresentazione delle larghezze delle fasce di influenza degli archi secondari
3.1.1. Carichi permanenti
L’arco “A” è realizzato in legno lamellare GL32c quindi il carico proprio permanente è:
4.709
Le restanti tipologie di carichi devono essere differenziate per ogni arco perchè dipendono dalla larghezza
della fascia di influenza.
Il peso proprio portato degli arcarecci che grava sull’arco è dato dal peso del legno GL 24h con cui sono stati
progettati gli arcarecci, per la sezione degli arcarecci, per la lunghezza degli arcarecci che grava sull’arco,
per il numero di arcarecci che gravano sull’arco, diviso la lunghezza dell’arco per avere un carico per unità
di lunghezza.
3.1.2. Carichi variabili
Il valore del carico variabile deve essere moltiplicato per la lunghezza della fascia d’influenza 0.5 kN/m2 .
3.1.3. Carichi da neve
Nel DM del 2008 sono indicati i coefficienti di forma per le coperture a una e due falde, per la
tipologia di copertura cilindrica si deve ricorrere alla Circolare del 2 febbraio 2009, n. 617 ‐ Istruzioni per
l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008. Nella
circolare sono indicati i coefficienti di forma sia per il carico da neve depositata in assenza di vento che in
presenza di vento, con l’ipotesi che la neve non sia impedita di scivolare.
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Vengono distinti due diversi casi:
• Per il caso di carico da neve depositata in assenza di vento si deve considerare la condizione
denominata caso (i);
• Per il caso di carico da neve depositata in presenza di vento si deve considerare la condizione
denominata caso (ii);
Il carico della neve depositata in presenza di vento, caso (ii), non è un carico uniforme ma ha un andamento
lineare. Per schematizzare tale carico nel modello tridimensionale ho sostituito il carico triangolare con un
carico uniforme di area equivalente sul dominio del carico stesso. Poiché la struttura è tridimensionale si
vengono a creare due casi: il caso di vento perpendicolare al lato più breve del rettangolo (Caso 1), e il caso
di vento perpendicolare al lato più lungo del rettangolo (Caso 2) che coinvolgono sia l’arco “A” che l’arco
“C”.
Figura 3‐3 Schematizzazione del carico della neve depositata in presenza di vento, Caso 1
Caso 1
11
Figura 3‐4 Schematizzazione del carico della neve depositata in presenza di vento, Caso 2
3.1.4. Carichi da vento
Per la determinazione delle azioni del vento ho scelto di seguire la CNR‐DT 207/2008 del 17 gennaio
2008, “Istruzioni per la valutazione delle azioni e degli effetti del vento sulle costruzioni”.
Distinguo gli effetti del vento in tre categorie diverse a seconda della superficie che analizzo data
una certa direzione d’azione :
• vento nelle coperture a volta cilindrica;
• vento parallelo alle generatrici della copertura;
Caso 2
AB
C
d
cpeA
cpeB
cpeC
hf
ze
==
==
12
• vento sulle superfici laterali.
Per analizzare tali pressioni è stato fatto riferimento alle istruzioni CNR‐DT 207/2008.
3.2. Verifiche modello Il primo modello tridimensionale di tentativo è stato realizzato inserendo nel modello base, che ho
descritto nelle prime pagine di questo capitolo, le sezioni determinate nel dimensionamento iniziale. tali
sezioni sono:
Tabella 3‐1 Sezioni predimensionate di tutti gli ordini dell’arco “A”
b [m] h [m] A [m2]SEZ 1A 0.24 0.32 0.08 SEZ 2A 0.24 0.48 0.11 SEZ 3A 0.24 0.44 0.10 SEZ 4A 24 0.24 0.06
13
Tabella 3‐1 Sezioni predimensionate di tutti gli ordini dell’arco “C”
b [m] h [m] A [m2]SEZ 1A 0.24 0.36 0.09 SEZ 2A 0.24 0.56 0.13 SEZ 3A 0.24 0.40 0.10 SEZ 4A 0.24 0.24 0.06
In aggiunta viene inserita una prima dimensione di prova dell’arco principale diagonale “B”, 2 m x
0.24 m., e una sezione circolare per i controventi φ20.
Ho analizzato il modello attraverso il software di calcolo SAP 2000 ed ho ottenuto le sollecitazioni in
tutta la struttura, da tale modello risulta che le sezioni sono tutte verificate con un margine di sicurezza
abbondante. Da questa constatazione ho deciso di provare a ottimizzare la dimensione di tutte le sezioni,
non solo dal punto di vista tensionale, ma anche da un punto di vista pratico. Ho quindi eseguito una serie
di tentativi cercando di ridurre le sezioni degli archi e allo stesso tempo omogeneizzarle tra loro per
agevolarne la produzione e la messa in opera. Ho scelto di uniformare le sezioni dell’arco “A” con quelle
dell’arco “C” , con questa scelta ottengo in aggiunta un miglior risultato estetico poiché osservando la
struttura dal basso c’è più armonia nell’andamento geometrico della copertura. Inoltre per i primi due
ordini di archi ho scelto una sezione equivalente per le stesse motivazioni sopra citate. Questo processo di
ottimizzazione ha dato come risultato le seguenti dimensioni:
Tabella 3‐3 Dimensioni delle sezioni del modello di verifica
b [m] h [m] A [m2]SEZ 1A 24 0.48 0.11 SEZ 2A 24 0.48 0.11 SEZ 3A 0.24 0.36 0.09 SEZ 4A 24 0.24 0.06 SEZ 1A 24 0.48 0.11 SEZ 2A 24 0.48 0.11 SEZ 3A 0.24 0.36 0.09 SEZ 4A 0.24 0.24 0.06 SEZ B 0.24 1.88 0.45
La sezione del controvento rimane invariata ed è φ20, con aria resistente 245 mm2.
Ho scelto posizionare gli arcarecci sopra l’estradosso degli archi e di fissarli con chiodi, quindi la
quota dell’estradosso di tutti gli archi, principali e secondari deve coincidere.
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Figura 3‐5 Rappresentazione tridimensionale estrusa del modello
L’analisi è stata effettuata per tutte le combinazioni di carico elencate nel paragrafo relativo. Le
verifiche che sono state effettuate agli stati limite ultimi sono:
• verifica a pressoflessione
• Verifica a taglio
• Verifica di stabilità
• Verifiche aggiuntive per travi di forma curva
Le verifiche agli stati limite di esercizio eseguite sono:
• Verifiche a deformazione
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4. Analisi lineare di stabilità L’analisi lineare di stabilità ricerca i modi di instabilizzarsi di una struttura causati dall’effetto “P‐Δ”
sotto una precisa combinazione di carico.
Data la complessità strutturale della struttura della copertura esaminata nella tesi è risultato
indispensabile effettuare un’analisi di stabilità attraverso il software SAP. Sono stati esaminati primi sei
carichi critici e le corrispondenti deformate critiche, per instabilità dell’equilibrio elastico, associate a tutte
le combinazioni di carico stabilite dalle norme tecniche italiane vigenti: sono state analizzate le
combinazioni di carico con classe di durata del carico istantanea, a breve durata e a lungo termine.
L’obiettivo posto per questa analisi di stabilità è il raggiungimento del valore minimo “tre” del fattore
moltiplicativo dei carichi, per avere un ampio margine di sicurezza nella progettazione.
4‐1 Modello tridimensionale realizzato con il software SAP
La prima Buckling analisys che ho effettuato l’ho fatta analizzando il comportamento della struttura
così come modellata nei precedenti capitoli che indicherò con il nome “a”.
• Modello iniziale “a”.
Si procede al calcolo dei carichi critici per instabilità dell’equilibrio elastico e le corrispondenti
deformate critiche. Nel caso corrispondente alla prima condizione di carico nella prima deformata critica
avviene un’instabilità di tipo locale in corrispondenza del quarto ordine di archi di categoria “A”, quelli più
piccoli e più ribassati, come si può notare dall’immagine seguente:
16
Figura 4‐2 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 5, modello “a”
La seconda deformata critica analogamente è provocata dall’instabilità del quarto ordine di archi di
categoria “C”.
Questi due modi di in stabilizzarsi caratterizzano anche tutte le restanti combinazioni di carico, con l’unica
differenza che in alcune combinazioni sono invertite come ordine. Il fatto che i primi due modi di in
stabilizzarsi coinvolgano per tutte le combinazioni di carico gli archi del quarto ordine, prima in una
direzione e poi in quella perpendicolare, è indice che l’arco essendo molto ribassato esercita una spinta
orizzontale eccessiva sulla struttura che provoca instabilità.
Il moltiplicatore di carico più basso vale 0.427 ed è quindi inferiore all’unità e corrisponde alla
condizione di carico di durata istantanea n°5, quella con carico accidentale principale neve in assenza di
vento. Per ottenere il valore del carico critico basta moltiplicare i valori del carico applicato per il fattore
moltiplicativo, ciò implica che il valore del carico per cui si instabilizza è inferiore a quello a cui può resistere
la struttura e per il quale è stata eseguita la verifica di stabilità.
Risulta necessario apportare delle modifiche alla struttura per innalzare il coefficiente moltiplicativo
almeno al valore unitario.
• Modello con inserimento di “catene” in corrispondenza degli archi del quarto ordine “c”.
L’instabilità degli archi del quarto ordine, che sono molto ribassati rispetto agli archi degli altri
ordini, è con buona probabilità causata da un eccessiva spinta orizzontale di questi che la struttura
principale non riesce ad assorbire correttamente, è quindi plausibile pensare che l’inserimento di “catene”
che richiudano la spinta di questi archi impedisca il tipo di deformata critica in esame. Ho inserito quindi nel
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modello SAP quattro catene, di sezione equivalente a quella dei controventi, nei quattro archi del quarto
ordine in corrispondenza delle cerniere di base, ho inoltre assegnato a questi elementi una rigidezza
rotazionale nulla per entrambi i momenti che si possono venire a creare. La prima deformata critica che si
viene a creare per la condizione di carico di durata istantanea n°5 viene riportata di seguito:
Figura 4‐3 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 5, modello “c”
La prima deformata critica è rappresentata da un modo di instabilizzarsi globale della struttura di tipo
torsionale. Tale modo di instabilizzarsi deve essere ricercato nel comportamento degli archi principali che
sorreggono la copertura nella direzione delle diagonali del rettangolo di base. Questi archi hanno una
sezione alta 1.88 m e larga 0.24 m, quindi una sezione molto snella. Nella la teoria della stabilità delle travi
curve viene trattata l’instabilità trasversale degli archi, cioè l’instabilità con flessione fuori del piano e
torsione; tale deformata critica descritta nel quarto volume del libro “Scienza delle Costruzioni” di Odone
Belluzzi è compatibile con l’instabilizzazione della copertura. Inoltre la teoria dice che quando è
maggiore la stabilità nel piano dell’arco e avviene prima (cioè per qcr minore) l’instabilità trasversale; tale
affermazione avvalora il fatto che l’instabilità della struttuta si ottiene prima per l’instabilizzazione
torsionale degli archi principali che per la loro instabilizzazione nel piano.
Di seguito riporto la rappresentazione della flessione e torsione fuori dal piano per instabilità trasversale di
una trave ad anello compressa radialmente che si deforma in quattro semionde e quattro flessi.
18
Figura 4‐4 Flessione e torsione fuori dal piano per instabilità trasversale di una trave ad anello compressa radialmente che si deforma in quattro semionde e quattro flessi
Il testo di Belluzzi indica che la stabilità trasversale degli archi parabolici incastrati, soggetti a carico
verticale uniforme, si può studiare come se fosse un arco circolare incastrato, per il quale con buona
approssimazione:
4 · 1
4 ··
· Equ.4‐1
dove:
α è l’angolo di apertura dell’arco;
r è il raggio dell’arco;
· ;
· ;
Per avere un riscontro teorico del modello tridimensionale con cui ho eseguito l’analisi di stabilità, ho
calcolato il carico critico degli archi principali con questa relazione, considerandola una buona
approssimazione per l’arco in esame che ha tre cerniere.
4.026 /
Il carico uniforme massimo a cui è sottoposta la struttura è pari a 6.01 kN quindi, pur tenendo
conto che la formula è appropriata per archi incastrati agli estremi, risulta plausibile che l’arco principale si
instabilizzi trasversalmente.
19
I valori dei coefficienti λ sono incrementati significativamente e il valore del coefficiente
moltiplicativo più basso è di 1.030. E’ stato raggiunto quindi il valore limite 1: il valore dei carichi che in
stabilizzano la struttura è 1.030 volte quello dei carichi della combinazione di carico di durata istantanea.
L’obiettivo adesso è quello di raggiungere un livello di sicurezza maggiore nei riguardi dei fenomeni
di instabilizzazione.Per aumentare il margine di sicurezza è stato posto l’obiettivo del raggiungimento per
ogni combinazione di carico di un fattore pari a “tre”.
Il nuovo modo di instabilizzarsi che si è venuto a determinare in seguito all’inserimento delle catene
interessa gli archi principali. Poiché aumentare l’altezza di questi archi andrebbe a sfavore della stabilità
trasversale e aumentare lo spessore della sezione è impedito da limiti dimensionali per le sezioni in legno
lamellare in commercio, l’unica via percorribile per irrigidire la struttura è impedire lo sbandamento degli
archi fuori dal piano. Per scongiurare l’instabilità trasversale inserisco delle controventature disposte a
croce che impediscono alla struttura di ruotare torsionalmente.
• Modello con inserimento di controventi disposti a “croce” “d”.
Figura 4‐5 Visualizzazione in rosso dei controventi aggiunti nel del modello "d"
Inserendo controventi nelle direzioni perpendicolari alle direzioni di sviluppo degli archi ho
ottenuto che la struttura non si in stabilizzi più con deformata critica torsionale. I controventi solidarizzano
gli anelli formati dagli archi di ordini diversi.
L’instabilità si sposta sul primo ordine di archi sia per la prima deformata critica che per la seconda:
20
Figura 4‐6 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 17, modello “d”
Per avere una conferma del modello tridimensionale ho effettuato anche in questo caso un calcolo
semplificato del carico critico degli archi del primo ordine di tipo C. Come supporto teorico ho utilizzato due
testi autorevoli nel campo della scienza delle costruzioni:il testo “Theory of elastic stability” di Stephen P.
Timoshenko e il sopracitato “scienza delle costruzioni” di Belluzzi.
Per la teoria di Timoshenko, per archi parabolici simmetrici con sezione costante possiamo
esprimere il carico critico con il valore dell’intensità del carico con la formula:
·· Equ.4‐2
dove è un coefficiente numerico che dipende dal rapporto f/l ed è tabulato con valori diversi a seconda
che l’arco sia senza cerniere, con una due o tre cerniere.
Figura 4‐2 Rappresentazione dell'arco a tre cerniere con carico uniforme verticale
8.63kN/m
Belluzzi fornisce invece direttamente una soluzione per archi a tre cerniere caricati con carico
uniforme verticale che può essere applicata ad archi parabolici, purchè siano abbastanza ribassati:
21
6 ··
/2 Equ.4‐3
dove a è l’estensione dell’arco e Ncr è il valore critico del carico unitario e · · .
7.11kN/m
Confrontando i due valori ottenuti dal calcolo teorico semplificato con il carico effettivo della combinazione
di carico che fornisce il moltiplicatore di carico più basso, cioè “ISTANTANEA‐17”ottengo:
1.668
1.374
Il minimo coefficiente moltiplicativo dei carichi derivante dall’analisi di stabilità eseguita con il software SAP
è 1.394. I risultati del modello tridimensionale sono supportati dai risultati teorici poiché il valore teorico
del coefficiente è molto prossimo a quello calcolato dal software, in particolare per la teoria di Belluzzi il
coefficiente teorico vale 1.374 e differisce di pochi centesimi dal valore del modello.
Scelgo quindi di aumentare la sezione del primo ordine di archi che risultano essere la causa delle
prime forme di instabilizzazione, ma anche degli altri ordini di archi per evitare che si instabilizzino a sua
volta.
• Modello con incremento delle dimensioni delle sezione degli archi “e”
Introduco un aumento delle dimensioni degli archi del primo ordine che passano da una sezione di
24x48 cm ad una sezione di 24x72 cm. Incremento il secondo ordine di archi da una sezione di 24x48 cm a
una di 24x68 cm, mentre il terzo e il quarto ordine di archi da 24x36 cm a 24x48 cm e a 24x 44 cm
rispettivamente. Inoltre incremento la sezione dei controventi ad un diametro di 3 cm.
Tabella 4‐1 Dimensioni delle sezioni degli elementi principali nel modello “e”.
Elemento Dimensioni della sezione [m]ARCO 1 ‐ A e C 0.72x0.24ARCO 2 ‐ A e C 0.68x0.24ARCO 3 ‐ A e C 0.48x0.24ARCO 4 ‐ A e C 0.44x0.24ARCO B 1.88x0.24CONTROVENTI (diametro) 0.03
Eseguo una nuova analisi di stabilità lineare con le nuove e i fattori moltiplicativi del carico sono
variati: il valore minimo è passato da 1.394 a 1.743.
22
I risultati dell’analisi di stabilità lineare sono che il moltiplicatore dei carichi si è innalzato e la
deformata i primi due modi di instabilizzarsi adesso coinvolgono gli archi principali “B” che si instabilizzano
nella zona degli appoggi alla base come è visibile dalla deformate critiche riportate.
Figura 4‐8 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 6, modello “e”
L’instabilità si viene a creare sull’arco principale a causa del carico di punta. I tratti terminali degli
archi principali, che poggiano nell’unione di base, sono sottoposti al massimo sforzo normale agente sullo
stesso arco. Nel’ estremità superiore dei tratti di arco che si instabilizzano si scarica il secondo ordine di
archi, mentre gli archi di ordini terzo e quarto si scaricano sulla restante parte dell’arco a quote superiori. Si
accumulano quindi in questi tratti finali i carichi agenti sull’intera copertura, ad eccezione dell’ultima
semifascia di copertura che grava sul primo ordine di archi che a sua volta confluisce nel nodo di base.
Schematizzando per semplicità il tratto di arco che s instabilizza come una trave con schema statico
di doppio appoggio ho verificato qual è il suo carico euleriano di punta:
· · Equ.4‐4
dove l0 è la lunghezza libera di inflessione e per lo schema statico di doppio appogggio · poiché
1.
3227.24
23
Il valore del carico agente sul tratto d’asta fornito dal software vale 2249 kN. Il rapporto tra il carico critico
e quello del modello 1.43, mentre il coefficiente moltiplicativo calcolato dal software vale 1.74; un
leggero scostamento tra i due valori è giustificabile al fatto che il tratto d’asta è stato considerato una
singola trave rettilinea vinclata con doppio appoggio, mentre in realtà fa parte di una trave curva più estesa
e uno dei vincoli non è esattamente un appoggio.
Poiché, come è stato dimostrato, le deformate critiche sono causate da un’instabilizzazione degli
archi “B” nei due tratti di base, scelgo di inserire in corrispondenza di questi un’ulteriore controventatura
che riduca la lunghezza libera di inflessione.
• Modello con inserimento di controventi in prossimità della zona di base degli archi
principali “f”
Figura 4‐3 Visualizzazione in rosso dei controventi aggiunti nel del modello "f"e delle zone da stabilizzare in azzurro
Ho inserito in questo modello dei controventi aggiuntivi, nei due tratti in prossimità delle quattro
cerniere di base degli archi principali “B”, per ridurre la lunghezza libera d’inflessione dei tratti ed evitare
che si instabilizzino. Gli elementi aggiunti hanno la stessa sezione dei controventi e sono svincolati a
momento flettente agli estremi.
Tutti i valori dei coefficienti moltiplicativi del carico, per tutte le combinazioni di carico agli stati
limite ultimo hanno superato il valore tre, ciò significa che la struttura si può instabilizzare solamente se si
raggiunge un carico pari a tre volte quello per cui la struttura ha superato la verifica statica. Il margine di
sicurezza è sufficientemente abbondante.
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5. Connessioni Nella struttura in esame il numero di connessioni è elevato data la quantità di elementi da
connettere; è da considerare inoltre che essendo i vari archi della copertura differenziati a seconda
dell’ordine e della direzione in cui sono disposti, varia il loro angolo di incidenza nelle connessioni, quindi
anche avendo la stessa tipologia di connessione con elementi dello stesso tipo cambia la loro l’inclinazione
reciproca. In questa tesi ho analizzato le tipologie di connessione principali:
• Connessione tra archi principali
• Connessione di base
La connessione tra archi principali è la connessione di sommità che interessa gli archi principali “B”, la
connessione di base è la connessione tra gli archi di prima categoria “A” e “C” con l’arco principale “B.
Figura 5‐1 Individuazione delle connessioni oggetto di studio
5.1. Connessione tra archi principali La connessione tra gli archi principali avviene nel punto centrale della struttura a quota 16 m dal
piano del campo da gioco. Tale connessione unisce due elementi uguali che hanno la stessa sezione, cioè gli
archi “B”, che ricordo sono archi a tre cerniere. Nello schema statico della struttura questo punto di unione
rappresenta la cerniera centrale, quindi il sistema di connessione di tale vincolo deve avere una rigidezza
flessionale trascurabile rispetto agli elementi che confluiscono. La soluzione che ho utilizzato per questa
connessione è un giunto con spinotti, quindi un’unione meccanica con mezzi di unione metallici. Ho
realizzato un’unione con lamiere interne, alloggiate in appositi intagli nel legno connesse con spinotti, ho
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scelto questa soluzione progettuale perché garantisce una buona protezione dell’acciaio dal fuoco e per
motivi estetici. Il collegamento, una volta schermato dall’azione del fuoco attraverso un ricoprimento delle
parti in acciaio con degli strati di legno, scompare alla vista ed è esteticamente più bello.
Il collegamento deve avvenire tra le quattro travi che formano i due archi principali, quindi è un
arco a quattro vie. I quattro elementi non si incrociano perpendicolarmente ma con la seguente
angolazione:
Figura 5‐2 Rappresentazione degli angoli di incidenza degli archi principali
Le sezioni dell’arco “B” hanno le seguenti dimensioni:
B=0.24 m
H=1.88 m
Nella connessione lo sforzo di taglio viene assorbito dagli spinotti che attraversano la trave in
corrispondenza dalle lastra di acciaio, scelgo che nella connessione lo sforzo normale venga esercitato su
una piastra perpendicolare all’asse della trave saldata longitudinale, in modo da non sottoporre gli spinotti
ad uno sforzo aggiuntivo a quello del taglio. Lo sforzo normale che agisce in ogni trave si distribuisce metà
su un’ala trasversale e metà sulla restante parte.
Figura 5‐3 Schematizzazione della distribuzione dello sforzo normale sulle ali trasversali della connessione
110°
70°
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Figura 5‐4 Rappresentazione del taglio che viene assorbito dall'unione attraverso gli spinotti
La connessione così realizzata necessita di irrigidimenti orizzontali che aumentino la rigidezza delle
sezioni delle piastre longitudinali soggette a compressione e molto snelle.
Figura 5‐5 Nodo di collegamento in acciaio tra archi principali
T
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Inserisco quattro ordini di irrigidimenti di 3 cm di spessore tra tutte le lastre contigue, nella parte
che non viene inserita nelle fresature della sezione in legno, in modo da scongiurare l’imbozzamento.
Figura 5‐6 Rappresentazione del nodo in acciaio completo delle piastre di irrigidimento
Riporto di seguito la schematizzazione tridimensionale del nodo completo delle piastre di irrigidimento.
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Figura 5‐7 Rappresentazione tridimensionale della connessione tra archi principali
Figura 5‐8 Sezione orizzontale del giunto
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5.1. Connessione di base La connessione di base collega le tre diverse tipologie di arco e si ripete nei quattro angoli della
base della copertura. Questo collegamento nello schema statico generale è la cerniera di base dell’arco,
quindi il sistema di connessione che la rappresenta tale vincolo deve avere una rigidezza flessionale
trascurabile rispetto agli elementi che confluiscono. Anche per questa connessione la soluzione che ho
utilizzato è un giunto con spinotti , con lamiere interne alloggiate in appositi intagli nel legno e connesse
con spinotti.
Il collegamento deve avvenire tra tre travi che si incontrano con la seguente angolazione in pianta:
Figura 5‐9 Rappresentazione della reciproca angolazione degli archi in pianta
Gli archi hanno angolazioni di incidenza diverse anche nel piano verticale, come si può vedere
dall’immagine seguente dove riporto i prospetti degli archi in prossimità del nodo ribaltandoli sullo stesso
piano:
Figura 5‐10 Inclinazioni degli archi del nodo di base ribaltate su uno stesso piano a confronto
A35°
55°
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Come si può notare dall’immagine l’asse dell’arco principale “B” raggiunge il nodo con una quota diversa da
quella degli archi secondari “A” e “C”, tale distanza vale 0.70 m.
Riassumo di seguito le sezioni degli archi confluenti nel nodo:
Tabella 5‐1 Dimensioni archi collegati nel nodo
Altezza BaseARCO A 0.48 m 0.24 mARCO B 1.88 m 0.24 mARCO C 0.48 m 0.24 m
Ogni arco è sottoposto ad una coppia di sollecitazioni di taglio e sforzo normale in corrispondenza
dell’unione di base, e i valori delle forze agenti è diversa per le tre tipologie di arco. Ho dimensionato per
prime le connessioni con spinotti tra gli archi e le piastre alloggiate, dopo di che ho analizzato il
collegamento tra queste tre piastre e quello con la struttura sottostante la copertura. Tale
dimensionamento ha richiesto un approfondito studio del modello tridimensionale dell’unione, per
coniugare le diverse inclinazioni e le posizioni reciproche dei componenti. L’unione è stata inoltre analizzata
nell’ottica di ottimizzare il montaggio in opera degli elementi lignei con il nodo realizzato in acciaio.
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Figura 5‐2 Modello tridimensionale del nodo di base
La connessione svolge inoltre una funzione importante ai fini del contenimento delle spinte
orizzontali degli archi strutturali: i quattro angoli di base sono infatti connessi tra loro tramite profilati di
acciaio in modo tale da annullare le forze agenti nel piano di base. Questa funzione verrà esplicitata nel
paragrafo apposito sull’annullamento delle spinte.
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6. Conclusioni Lo schema progettuale definitivo della copertura in legno lamellare è quello di due archi principali,
diagonali a tre cerniere che si congiungono in sommità in corrispondenza delle cerniere stesse, insieme ad
un sistema di quattro archi secondari, paralleli ai lati del rettangolo di base che costituisce la pianta, che
poggiano su gli archi diagonali.
Le connessione sono state realizzate con spinotti, quindi unioni meccaniche con mezzi di unione
metallici, connessi con lamiere interne alloggiate in appositi intagli nel legno. Le soluzioni finali e i nodi di
carpenteria metallica sono state riportati nel capitolo relativo alle connessioni, mentre le tavole progettuali
sono riportate in allegato.
La struttura della copertura poggia su pilastri in cemento armato alti 6 m, ed è alta 16 m nel punto
di sommità. Lo strato di copertura esterna finale è realizzata con nastri di laminato di rame lucido
preossidato posato in strisce di larghezza 1250 mm.
Figura 6‐1 Rappresentazione schematica prospettica della struttura portante e della copertura
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Figura 6‐2 Prospetto frontale della copertura
Figura 6‐3 Prospetto laterale della copertura
Le sezioni degli archi della struttura della copertura definitiva, indicate come nello schema
convenzionale sottostante, sono:
Tabella 6‐1 Dimensioni definitive delle sezioni degli elementi principali
Elemento Dimensioni della sezione [m]ARCO 1 ‐ A e C 0.72x0.24ARCO 2 ‐ A e C 0.68x0.24ARCO 3 ‐ A e C 0.48x0.24ARCO 4 ‐ A e C 0.44x0.24ARCO B 1.88x0.24
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Figura 6‐4 ‐ Classificazione convenzionale degli archi
Di seguito è riportata la pianta dove sono visibili le posizioni dei controventi, dimensionati tenendo
conto dell’analisi di stabilità di tipo locale e globale.
Figura 6‐5 Pianta della struttura definitiva