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FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA CIVILE ORIENTAMENTO STRUTTURE ANNO ACCADEMICO 2008/2009 SINTESI DELLA TESI DI LAUREA “PROGETTO DELLA COPERTURA CON STRUTTURA A VOLTA IN LEGNO LAMELLARE ED ACCIAIO DEL PALAZZETTO DI FUCECCHIO (FI)” Relatori: Prof. Ing. Paolo Spinelli Prof. Ing. Maurizio Orlando Prof. Ing. Marco Pio Lauriola Candidato: Claudia Nati ‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ Sommario INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 2 1. STATO ATTUALE DELL’OPERA .............................................................................................. 3 2. PROPOSTA DI PROGETTO .................................................................................................... 5 3. MODELLAZIONE GLOBALE DELLA STRUTTURA...................................................................... 8 4. ANALISI LINEARE DI STABILITÀ........................................................................................... 15 5. CONNESSIONI................................................................................................................... 24 6. CONCLUSIONI................................................................................................................... 32

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FACOLTÀ DI INGEGNERIA 

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA CIVILE 

ORIENTAMENTO STRUTTURE  

ANNO ACCADEMICO 2008/2009 

SINTESI DELLA TESI DI LAUREA 

“PROGETTO DELLA COPERTURA CON STRUTTURA  A VOLTA IN LEGNO  

LAMELLARE ED ACCIAIO DEL PALAZZETTO DI FUCECCHIO (FI)” 

Relatori: 

Prof. Ing. Paolo Spinelli 

Prof. Ing. Maurizio Orlando 

Prof. Ing. Marco Pio Lauriola 

Candidato: 

Claudia Nati 

‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐‐ 

Sommario 

INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 2 

1. STATO ATTUALE DELL’OPERA .............................................................................................. 3 

2. PROPOSTA DI PROGETTO .................................................................................................... 5 

3. MODELLAZIONE GLOBALE DELLA STRUTTURA ...................................................................... 8 

4. ANALISI LINEARE DI STABILITÀ........................................................................................... 15 

5. CONNESSIONI ................................................................................................................... 24 

6. CONCLUSIONI ................................................................................................................... 32 

 

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Introduzione 

L’oggetto della  tesi è  la  riprogettazione della  copertura del palazzetto dell’  impianto 

sportivo  polifunzionale  del  comune  di  Fucecchio.  Il  palazzetto  è  inserito  in  un  complesso 

sportivo più ampio e ne rappresenta la palestra principale. La copertura esistente, che ha per 

struttura  portante  pilastri  e  travi  reticolari  in  acciaio,  è  deteriorata  dal  tempo  e  la  scelta 

effettuata per la realizzazione della presente tesi è la sua totale rimozione e sostituzione. 

L’obiettivo  per  la  nuova  progettazione  è  stato  quello  di  effettuare  una  sostituzione 

della copertura che garantisse la riqualificazione dell’edificio e che non interferisse con il resto 

della  struttura.  In  seguito  a  varie  considerazioni  ho  scelto  una  soluzione  della  copertura  in 

legno  lamellare,  realizzata  attraverso  archi  di  forma  parabolica  con  schema  statico  a  tre 

cerniere. Il risultato ottenuto è quello di una struttura a volte che ricorda nella forma una volta 

a crociera realizzata però con costolature di legno.  

Per l’analisi della struttura ho seguito il seguente schema logico: 

• Dimensionamento degli arcarecci; 

• Dimensionamento degli archi principali; 

• Modellazione globale della struttura; 

• Analisi sismica della struttura; 

• Analisi lineare di stabilità; 

• Progettazione delle connessioni. 

 

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1. Stato attuale dell’opera La  struttura  oggetto  della  seguente  tesi  è  un  impianto  sportivo  polifunzionale 

progettato nel 1991 ed attualmente esistente nel comune di Fucecchio. Il palazzetto è situato 

in via Fucecchiello nel capoluogo di Fucecchio, comune in provincia di Firenze. 

L’impianto  sportivo è composto da due palestre, una più grande dotata di  tribune e 

servizi per  il pubblico e una più piccola adiacente.  Sono presenti  inoltre un deposito per gli 

attrezzi,  gli  spogliatoi, un pronto  soccorso e dei  locali  adibiti  ,  la  centrale  idrica,  termica  ed 

elettrica. 

 

Figura 1‐1 ‐ Pianta stato attuale 

La  struttura  portante  delle  palestre  è  in  acciaio  con  pilastri  e  travi  reticolari,  il 

rivestimento  è  realizzato  fino  ad  un’altezza  di  circa  tre  metri  da  terra  con  muratura  in 

Lecablock e nella parte superiore con pannelli sandwich in cattivo stato di conservazione. 

Nella  palestra  grande  è  presente  una  tribuna  rialzata  il  cui  accesso  è  possibile  da 

scalinate esterne. 

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Figura 1‐2 ‐ Travi reticolari della copertura della palestra grande 

 

Figura 1‐3‐ Sezione A‐A’ della palestra grande 

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2. Proposta di progetto Da un colloquio con i tecnici del comune di Fucecchio è emerso che l’attuale palazzetto dello sport 

necessita  di  interventi  straordinari  soprattutto  per  quanto  riguarda  la  copertura  delle  due  palestre.  Il 

complesso edilizio ha  infatti circa venti anni e  i pannelli di tamponamento e di copertura si trovano  in un 

cattivo stato di conservazione. Da queste considerazioni è nato l’interesse per un’eventuale riprogettazione 

dell’impianto sportivo polifunzionale concentrandosi  in particolare sulla palestra “grande”, avendo questa 

dimensioni più significative ed  essendo quindi più rilevante dal punto di vista strutturale. 

L’oggetto della tesi è quindi lo studio e la progettazione della copertura della palestra “grande”. 

La  linea  guida  seguita  per  la  nuova  progettazione  è  quella  di  effettuare  una  sostituzione  della 

copertura che garantisca una riqualificazione dell’edificio e che non interferisca con il resto della struttura. 

La struttura attualmente  in uso è stata progettata nel 1991 utilizzando normative non più vigenti, 

risulta quindi plausibile che  sostituendo  la copertura esistente con una con  lo  stesso  sistema costruttivo 

(travi  reticolari  in  acciaio),  il  sistema  di  pilastri  e  fondazioni  non  sia  sufficiente.  Non  esiste  quindi  una 

convenienza  vincolante  al mantenimento  della  soluzione  costruttiva  in  acciaio,  che  inoltre  risulta  non 

ottimale nei confronti della resistenza al fuoco che deve essere garantita nella palestra anche in virtù della 

possibile  realizzazione  di  eventi  scolastici.  Date  inoltre  le  rilevanti  dimensioni  delle  luci  da  coprire  non 

risulta conveniente  l’utilizzo di un sistema costruttivo  in cemento armato che risulterebbe molto pesante. 

In seguito a queste considerazioni ho scelto una soluzione della copertura in legno lamellare. In questo caso 

i  vantaggi  sono molteplici:  il  legno  lamellare  è un materiale  leggero  e quindi  richiede  strutture portanti 

meno  invasive, pur avendo ha una  resistenza paragonabile a quella del  cemento armato;  inoltre questa 

tecnologia ha un risultato estetico tanto pregevole quanto maggiore è la luce della struttura. 

La scelta della tipologia strutturale e dello schema statico della copertura è stato condizionato dalle 

luci in gioco e dalla necessità di non interferire con la distribuzione degli spazi del palazzetto esistente. Se la 

struttura fosse realizzata con un sistema di travi avrebbe  il vantaggio di non essere un sistema spingente, 

ma  necessiterebbe  di  appoggi  distribuiti  lungo  i  due  lati maggiori  del  rettangolo  della  pianta  e  questo 

comporterebbe  l’ingombro  in pianta dei pilastri e  l’intervento  sull’intero  sistema di  fondazioni esistente, 

inoltre le travi comporterebbero una copertura più elevata agli appoggi per poter rispettare l’altezza libera. 

La  scelta  ricade  quindi  su  uno  schema  statico  ad  arco  a  tre  cerniere,  questo  sistema  permette  il 

raggiungimento  di  luci  elevate  e,  inserendo  due  archi  diagonali,  la  possibilità  di  localizzare  i  punti  di 

appoggio nei quattro angoli della struttura. Inoltre la soluzione statica è stata scelta anche in funzione del 

risultato  estetico,  infatti  la  soluzione  ad  arco permette di  coprire  grandi  luci  con  sezioni  contenute  che 

danno slancio alla struttura e che in aggiunta sono convenienti dal punto di vista economico. 

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Lo 

congiungon

paralleli ai 

ordini di arc

Gli archi sce

Archi di clas

Archi di clas

Archi di clas

Inoltre 

visibile 

schema  pro

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lati del retta

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agli  archi  è 

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archi 

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è 

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Il  massimo  rapporto  tra  la  freccia  e  l’estensione  dell’arco  è  meno  di  un  quinto,  minimo 

raccomandato  da  varie  case  costruttrici  di  archi  in  legno  lamellare  per  non  avere  eccessive  spinte 

orizzontali. Gli archi esterni hanno infatti una freccia di 10 m a fronte di un estensione per l’arco “C” di 34 m 

e per l’arco “A”di 48.2 m; gli archi più interni invece hanno le loro cerniere di base su gli archi principali ed 

hanno una freccia tale da mantenere una quota da terra uguale a gli archi principali. Si viene quindi a creare 

una volta a crociera parabolica. 

Per quanto riguarda i due archi diagonali la scelta è quella di non introdurre catene per annullare la 

spinta orizzontale ma di provvedere  con altri  sistemi di  contenimento, per non andare a  interferire  con 

l’altezza libera necessaria. 

L’altezza  minima  della  copertura  è  stata  determinata  nel  rispetto  delle  Norme  CONI  per 

l’impiantistica sportiva ed è 7 m. 

Dato  che  nella  copertura  il  punto  più  basso  è  rappresentato    dall’arco  principale,  arco  “B”,  per 

calcolare  l’altezza minima del punto di appoggio degli archi sulla struttura sottostante ho determinato  la 

sagoma del massimo numero di campi da gioco realizzabile nella palestra. Ho  individuato  il punto dove  la 

struttura di  copertura  è più bassa  rispetto  all’area di  gioco  ed  in  funzione dell’altezza dell’  arco  in quel 

punto e dell’altezza  libera minima determinata dalle norme CONI ho determinato  l’altezza della struttura 

sottostante: 6m. 

 

Figura 2‐3 ‐ Rappresentazione tridimensionale della copertura 

Per la progettazione si fa riferimento alla Normativa italiana vigente, DM del 14 gennaio 2008, e agli 

Eurocodici. 

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3. Modellazione globale della struttura E’  necessario,  dopo  aver  dimensionato  gli  arcarecci,  gli  archi  principali  di  categoria  “A”  e  di 

categoria “C”,  realizzare un modello globale che  riesca a  rappresentare  il comportamento della struttura 

tridimensionale, dato che  la copertura ha una struttura portante complessa e trascurare  l’interazione dei 

suoi vari componenti può provocare gravi errori di dimensionamento. 

La  modellazione  della  copertura  nel  suo  complesso  è  stata  eseguita  attraverso  l’utilizzo  del 

software agli elementi finiti SAP 2000.  

 

Figura 3‐1 Modello SAP con archi 

3.1. Analisi dei carichi Riporto  di  seguito  l’analisi  dei  carichi  dell’arco    “A”,  analogamente  è  stata  eseguita  l’analisi  per 

l’arco “B”. 

Effettuo un’analisi dei carichi che agiscono sulla copertura nel suo complesso. 

I carichi vengono determinati per ogni ordine di archi e per ogni categoria di arco, “A” e ”B”,  in 

funzione  dell’area  di  influenza  di  ognuno.  I  valori  dei  carichi  dovranno  essere  calcolati  per  ogni  arco  e 

moltiplicati per la larghezza della fascia di influenza competente. 

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Figura 3‐2 Rappresentazione delle larghezze delle fasce di influenza degli archi secondari 

 

3.1.1. Carichi permanenti 

L’arco “A” è realizzato in legno lamellare GL32c quindi il carico proprio permanente è: 

4.709  

Le restanti tipologie di carichi devono essere differenziate per ogni arco perchè dipendono dalla larghezza 

della fascia di influenza. 

Il peso proprio portato degli arcarecci che grava sull’arco è dato dal peso del legno GL 24h con cui sono stati 

progettati gli arcarecci, per  la sezione degli arcarecci, per  la  lunghezza degli arcarecci che grava sull’arco, 

per il numero di arcarecci che gravano sull’arco, diviso la lunghezza dell’arco per avere un carico per unità 

di lunghezza. 

3.1.2. Carichi variabili 

Il valore del carico variabile deve essere moltiplicato per la lunghezza della fascia d’influenza 0.5 kN/m2 . 

3.1.3. Carichi da neve 

Nel DM del 2008  sono  indicati  i  coefficienti di  forma per  le  coperture  a una e due  falde, per  la 

tipologia di copertura cilindrica si deve ricorrere alla Circolare del 2  febbraio 2009, n. 617  ‐  Istruzioni per 

l’applicazione  delle  “Nuove  norme  tecniche per  le  costruzioni”  di  cui  al  D.M.  14  gennaio  2008.  Nella 

circolare sono indicati i coefficienti di forma sia per  il carico da neve depositata in assenza di vento che  in 

presenza di vento, con l’ipotesi che la neve non sia impedita di scivolare. 

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Vengono distinti due diversi casi:  

• Per  il  caso  di  carico  da  neve  depositata  in  assenza  di  vento  si  deve  considerare  la  condizione 

denominata caso (i); 

• Per  il  caso  di  carico  da  neve  depositata  in  presenza  di  vento  si  deve  considerare  la  condizione 

denominata caso (ii); 

Il carico della neve depositata in presenza di vento, caso (ii), non è un carico uniforme ma ha un andamento 

lineare. Per schematizzare tale carico nel modello tridimensionale ho sostituito il carico triangolare con un 

carico uniforme di area equivalente sul dominio del carico stesso. Poiché  la struttura è tridimensionale si 

vengono a creare due casi: il caso di vento perpendicolare al lato più breve del rettangolo (Caso 1), e il caso 

di vento perpendicolare al  lato più  lungo del rettangolo (Caso 2) che coinvolgono sia  l’arco “A” che  l’arco 

“C”. 

 

Figura 3‐3 Schematizzazione del carico della neve depositata in presenza di vento, Caso 1 

 

Caso 1

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Figura 3‐4 Schematizzazione del carico della neve depositata in presenza di vento, Caso 2 

3.1.4. Carichi da vento 

Per la determinazione delle azioni del vento ho scelto di seguire la CNR‐DT 207/2008 del 17 gennaio 

2008, “Istruzioni per la valutazione delle azioni e degli effetti del vento sulle costruzioni”. 

Distinguo gli effetti del vento  in tre categorie diverse a seconda della superficie che analizzo data 

una certa direzione d’azione : 

• vento nelle coperture a volta cilindrica; 

 

• vento parallelo alle generatrici della copertura; 

Caso 2

AB

C

d

cpeA

cpeB

cpeC

hf

ze

==

==

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• vento sulle superfici laterali. 

 

 

 Per analizzare tali pressioni è stato fatto riferimento alle istruzioni CNR‐DT 207/2008. 

3.2. Verifiche modello Il primo modello tridimensionale di tentativo è stato realizzato inserendo nel modello base, che ho 

descritto nelle prime pagine di questo capitolo,  le  sezioni determinate nel dimensionamento  iniziale.  tali 

sezioni sono: 

Tabella 3‐1 Sezioni predimensionate di tutti gli ordini dell’arco “A” 

b [m]  h [m]  A [m2]SEZ 1A  0.24  0.32  0.08 SEZ 2A  0.24  0.48  0.11 SEZ 3A  0.24  0.44  0.10 SEZ 4A  24  0.24  0.06 

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Tabella 3‐1 Sezioni predimensionate di tutti gli ordini dell’arco “C” 

b [m]  h [m]  A [m2]SEZ 1A  0.24  0.36  0.09 SEZ 2A  0.24  0.56  0.13 SEZ 3A  0.24  0.40  0.10 SEZ 4A  0.24  0.24  0.06 

 

In aggiunta viene  inserita una prima dimensione di prova dell’arco principale diagonale “B”, 2 m x 

0.24 m., e una sezione circolare per i controventi φ20. 

Ho analizzato il modello attraverso il software di calcolo SAP 2000 ed ho ottenuto le sollecitazioni in 

tutta  la struttura, da  tale modello  risulta che  le sezioni sono  tutte verificate con un margine di sicurezza 

abbondante. Da questa constatazione ho deciso di provare a ottimizzare  la dimensione di tutte  le sezioni, 

non solo dal punto di vista tensionale, ma anche da un punto di vista pratico. Ho quindi eseguito una serie 

di  tentativi  cercando  di  ridurre  le  sezioni  degli  archi  e  allo  stesso  tempo  omogeneizzarle  tra  loro  per 

agevolarne  la produzione e  la messa  in opera. Ho scelto di uniformare  le sezioni dell’arco “A” con quelle 

dell’arco  “C”  ,  con  questa  scelta  ottengo  in  aggiunta  un miglior  risultato  estetico  poiché  osservando  la 

struttura  dal  basso  c’è  più  armonia  nell’andamento  geometrico  della  copertura.  Inoltre  per  i  primi  due 

ordini di archi ho scelto una sezione equivalente per le stesse motivazioni sopra citate. Questo processo di 

ottimizzazione ha dato come risultato le seguenti dimensioni: 

Tabella 3‐3 Dimensioni delle sezioni del modello di verifica 

b [m]  h [m]  A [m2]SEZ 1A  24  0.48  0.11 SEZ 2A  24  0.48  0.11 SEZ 3A  0.24  0.36  0.09 SEZ 4A  24  0.24  0.06 SEZ 1A  24  0.48  0.11 SEZ 2A  24  0.48  0.11 SEZ 3A  0.24  0.36  0.09 SEZ 4A  0.24  0.24  0.06 SEZ B  0.24  1.88  0.45 

 

La sezione del controvento rimane invariata ed è φ20, con aria resistente 245 mm2. 

Ho  scelto posizionare gli arcarecci  sopra  l’estradosso degli archi e di  fissarli  con  chiodi, quindi  la 

quota dell’estradosso di tutti gli archi, principali e secondari deve coincidere.  

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14  

 

Figura 3‐5 Rappresentazione tridimensionale estrusa del modello 

L’analisi è  stata effettuata per  tutte  le  combinazioni di  carico elencate nel paragrafo  relativo.  Le 

verifiche che sono state effettuate agli stati limite ultimi sono: 

• verifica a pressoflessione 

• Verifica a taglio 

• Verifica di stabilità 

• Verifiche aggiuntive per travi di forma curva 

Le verifiche agli stati limite di esercizio eseguite sono: 

• Verifiche a deformazione 

 

 

 

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15  

4. Analisi lineare di stabilità L’analisi lineare di stabilità ricerca i modi di instabilizzarsi di una struttura causati dall’effetto “P‐Δ” 

sotto una precisa combinazione di carico.  

Data  la  complessità  strutturale  della  struttura  della  copertura  esaminata  nella  tesi  è  risultato 

indispensabile  effettuare  un’analisi di  stabilità  attraverso  il  software  SAP.  Sono  stati  esaminati primi  sei 

carichi critici e le corrispondenti deformate critiche, per instabilità dell’equilibrio elastico, associate a tutte 

le  combinazioni  di  carico  stabilite  dalle  norme  tecniche  italiane  vigenti:  sono  state  analizzate  le 

combinazioni  di  carico  con  classe  di  durata  del  carico  istantanea,  a  breve  durata  e  a  lungo  termine. 

L’obiettivo  posto  per  questa  analisi  di  stabilità  è  il  raggiungimento  del  valore minimo  “tre”  del  fattore 

moltiplicativo dei carichi, per avere un ampio margine di sicurezza nella progettazione. 

 

4‐1 Modello tridimensionale realizzato con il software SAP 

 

La prima Buckling analisys che ho effettuato l’ho fatta analizzando il comportamento della struttura 

così come modellata nei precedenti capitoli che indicherò con il nome “a”.  

• Modello iniziale “a”. 

Si  procede  al  calcolo  dei  carichi  critici  per  instabilità  dell’equilibrio  elastico  e  le  corrispondenti 

deformate critiche. Nel caso corrispondente alla prima condizione di carico nella prima deformata critica 

avviene un’instabilità di tipo locale in corrispondenza del quarto ordine di archi di categoria “A”, quelli più 

piccoli e più ribassati, come si può notare dall’immagine seguente: 

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16  

 

Figura 4‐2 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 5, modello “a” 

La seconda deformata critica analogamente è provocata dall’instabilità del quarto ordine di archi di 

categoria “C”.  

Questi due modi di in stabilizzarsi caratterizzano anche tutte le restanti combinazioni di carico, con l’unica 

differenza  che  in  alcune  combinazioni  sono  invertite  come  ordine.  Il  fatto  che  i  primi  due modi  di  in 

stabilizzarsi  coinvolgano  per  tutte  le  combinazioni  di  carico  gli  archi  del  quarto  ordine,  prima  in  una 

direzione e poi  in quella perpendicolare, è  indice  che  l’arco essendo molto  ribassato esercita una  spinta 

orizzontale eccessiva sulla struttura che provoca instabilità.  

Il moltiplicatore  di  carico  più  basso  vale  0.427  ed  è  quindi  inferiore  all’unità  e  corrisponde  alla 

condizione di carico di durata  istantanea n°5, quella con carico accidentale principale neve  in assenza di 

vento. Per ottenere  il valore del carico critico basta moltiplicare  i valori del carico applicato per  il  fattore 

moltiplicativo, ciò implica che il valore del carico per cui si instabilizza è inferiore a quello a cui può resistere 

la struttura e per il quale è stata eseguita la verifica di stabilità. 

Risulta necessario apportare delle modifiche alla struttura per innalzare il coefficiente moltiplicativo 

almeno al valore unitario.  

• Modello con inserimento di “catene” in corrispondenza degli archi del quarto ordine “c”. 

L’instabilità  degli  archi  del  quarto  ordine,  che  sono molto  ribassati  rispetto  agli  archi  degli  altri 

ordini,  è  con  buona  probabilità  causata  da  un  eccessiva  spinta  orizzontale  di  questi  che  la  struttura 

principale non riesce ad assorbire correttamente, è quindi plausibile pensare che l’inserimento di “catene” 

che richiudano la spinta di questi archi impedisca il tipo di deformata critica in esame. Ho inserito quindi nel 

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17  

modello SAP quattro catene, di sezione equivalente a quella dei controventi, nei quattro archi del quarto 

ordine  in  corrispondenza  delle  cerniere  di  base,  ho  inoltre  assegnato  a  questi  elementi  una  rigidezza 

rotazionale nulla per entrambi i momenti che si possono venire a creare. La prima deformata critica che si 

viene a creare per la condizione di carico di durata istantanea n°5 viene riportata di seguito: 

 

Figura 4‐3 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 5, modello “c” 

La  prima  deformata  critica  è  rappresentata  da  un modo  di  instabilizzarsi  globale  della  struttura  di  tipo 

torsionale. Tale modo di  instabilizzarsi deve essere ricercato nel comportamento degli archi principali che 

sorreggono  la  copertura  nella  direzione  delle  diagonali  del  rettangolo  di  base. Questi  archi  hanno  una 

sezione alta 1.88 m e larga 0.24 m, quindi una sezione molto snella. Nella la teoria della stabilità delle travi 

curve  viene  trattata  l’instabilità  trasversale  degli  archi,  cioè  l’instabilità  con  flessione  fuori  del  piano  e 

torsione; tale deformata critica descritta nel quarto volume del  libro “Scienza delle Costruzioni” di Odone 

Belluzzi è compatibile con  l’instabilizzazione della copertura.  Inoltre  la  teoria dice che quando   è 

maggiore  la stabilità nel piano dell’arco e avviene prima (cioè per qcr minore)  l’instabilità trasversale; tale 

affermazione  avvalora  il  fatto  che  l’instabilità  della  struttuta  si  ottiene  prima  per  l’instabilizzazione 

torsionale degli archi principali che per la loro instabilizzazione nel piano. 

Di seguito riporto la rappresentazione della flessione e torsione fuori dal piano per instabilità trasversale di 

una trave ad anello compressa radialmente che si deforma in quattro semionde e quattro flessi. 

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18  

 

Figura 4‐4 Flessione e torsione fuori dal piano per instabilità trasversale di una trave ad anello compressa radialmente che si deforma in quattro semionde e quattro flessi 

Il testo di Belluzzi indica che la stabilità trasversale degli archi parabolici incastrati, soggetti a carico 

verticale  uniforme,  si  può  studiare  come  se  fosse  un  arco  circolare  incastrato,  per  il  quale  con  buona 

approssimazione: 

4 · 1

4 ··

·  Equ.4‐1 

dove: 

α è l’angolo di apertura dell’arco; 

r è il raggio dell’arco; 

· ; 

· ; 

Per  avere  un  riscontro  teorico  del modello  tridimensionale  con  cui  ho  eseguito  l’analisi  di  stabilità,  ho 

calcolato  il  carico  critico  degli  archi  principali  con  questa  relazione,  considerandola  una  buona 

approssimazione per l’arco in esame che ha tre cerniere.  

4.026 /  

Il  carico uniforme massimo  a  cui  è  sottoposta  la  struttura  è pari  a 6.01  kN quindi, pur  tenendo 

conto che la formula è appropriata per archi incastrati agli estremi, risulta plausibile che l’arco principale si 

instabilizzi trasversalmente. 

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19  

I  valori  dei  coefficienti  λ  sono  incrementati  significativamente  e  il  valore  del  coefficiente 

moltiplicativo più basso è di 1.030. E’ stato  raggiunto quindi  il valore  limite 1:  il valore dei carichi che  in 

stabilizzano la struttura è 1.030 volte quello dei carichi della combinazione di carico di durata istantanea. 

L’obiettivo adesso è quello di raggiungere un livello di sicurezza maggiore nei riguardi dei fenomeni 

di  instabilizzazione.Per aumentare  il margine di sicurezza è stato posto  l’obiettivo del raggiungimento per 

ogni combinazione di carico di un fattore pari a “tre”.  

Il nuovo modo di instabilizzarsi che si è venuto a determinare in seguito all’inserimento delle catene 

interessa gli archi principali. Poiché aumentare  l’altezza di questi archi andrebbe a  sfavore della  stabilità 

trasversale e aumentare  lo spessore della sezione è  impedito da  limiti dimensionali per  le sezioni  in  legno 

lamellare  in commercio,  l’unica via percorribile per  irrigidire  la struttura è  impedire  lo sbandamento degli 

archi  fuori  dal  piano.  Per  scongiurare  l’instabilità  trasversale  inserisco  delle  controventature  disposte  a 

croce che impediscono alla struttura di ruotare torsionalmente. 

• Modello con inserimento di controventi disposti a “croce” “d”. 

 

Figura 4‐5 Visualizzazione in rosso dei controventi aggiunti nel del modello "d"  

Inserendo  controventi  nelle  direzioni  perpendicolari  alle  direzioni  di  sviluppo  degli  archi  ho 

ottenuto che la struttura non si in stabilizzi più con deformata critica torsionale. I controventi solidarizzano 

gli anelli formati dagli archi di ordini diversi. 

L’instabilità si sposta sul primo ordine di archi sia per la prima deformata critica che per la seconda: 

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20  

 

Figura 4‐6 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 17, modello “d” 

Per avere una conferma del modello tridimensionale ho effettuato anche in questo caso un calcolo 

semplificato del carico critico degli archi del primo ordine di tipo C. Come supporto teorico ho utilizzato due 

testi autorevoli nel campo della scienza delle costruzioni:il testo “Theory of elastic stability” di Stephen P. 

Timoshenko e il sopracitato “scienza delle costruzioni” di Belluzzi.  

Per  la  teoria  di  Timoshenko,  per  archi  parabolici  simmetrici  con  sezione  costante  possiamo 

esprimere il carico critico con il valore dell’intensità del carico con la formula: 

··  Equ.4‐2 

dove   è un coefficiente numerico che dipende dal rapporto f/l ed è tabulato con valori diversi a seconda 

che l’arco sia senza cerniere, con una due o tre cerniere. 

 

Figura 4‐2 Rappresentazione dell'arco a tre cerniere con carico uniforme verticale 

 

8.63kN/m 

Belluzzi  fornisce  invece  direttamente  una  soluzione  per  archi  a  tre  cerniere  caricati  con  carico 

uniforme verticale che può essere applicata ad archi parabolici, purchè siano abbastanza ribassati: 

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21  

6 ··

/2  Equ.4‐3 

dove a è l’estensione dell’arco e Ncr è il valore critico del carico  unitario e · · . 

7.11kN/m 

Confrontando i due valori ottenuti dal calcolo teorico semplificato con il carico effettivo della combinazione 

di carico che fornisce il moltiplicatore di carico più basso, cioè “ISTANTANEA‐17”ottengo: 

1.668

1.374 

Il minimo coefficiente moltiplicativo dei carichi derivante dall’analisi di stabilità eseguita con il software SAP 

è 1.394.  I risultati del modello tridimensionale sono supportati dai risultati teorici poiché  il valore teorico 

del coefficiente è molto prossimo a quello calcolato dal software,  in particolare per  la teoria di Belluzzi  il 

coefficiente teorico vale 1.374 e differisce di pochi centesimi dal valore del modello.  

Scelgo quindi di aumentare la sezione del primo ordine di archi che risultano essere la causa delle 

prime  forme di  instabilizzazione, ma anche degli altri ordini di archi per evitare che si  instabilizzino a sua 

volta. 

• Modello con incremento delle dimensioni delle sezione degli archi “e” 

Introduco un aumento delle dimensioni degli archi del primo ordine che passano da una sezione di 

24x48 cm ad una sezione di 24x72 cm. Incremento il secondo ordine di archi da una sezione di 24x48 cm a 

una  di  24x68  cm, mentre  il  terzo  e  il  quarto  ordine  di  archi  da  24x36  cm  a  24x48  cm  e  a  24x  44  cm 

rispettivamente. Inoltre incremento la sezione dei controventi ad un diametro di 3 cm. 

Tabella 4‐1 Dimensioni delle sezioni degli elementi principali nel modello “e”. 

Elemento  Dimensioni della sezione [m]ARCO 1 ‐ A e C  0.72x0.24ARCO 2 ‐ A e C  0.68x0.24ARCO 3 ‐ A e C  0.48x0.24ARCO 4 ‐ A e C  0.44x0.24ARCO B  1.88x0.24CONTROVENTI (diametro) 0.03

 

 Eseguo una nuova analisi di stabilità  lineare con  le nuove e  i  fattori moltiplicativi del carico sono 

variati: il valore minimo è passato da 1.394 a 1.743.  

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22  

I  risultati  dell’analisi  di  stabilità  lineare  sono  che  il moltiplicatore  dei  carichi  si  è  innalzato  e  la 

deformata i primi due modi di instabilizzarsi adesso coinvolgono gli archi principali “B” che si instabilizzano 

nella zona degli appoggi alla base come è visibile dalla deformate critiche riportate. 

 

Figura 4‐8 Prima deformata critica, condizione di carico durata istantanea 6, modello “e” 

L’instabilità si viene a creare sull’arco principale a causa del carico di punta. I tratti terminali degli 

archi principali, che poggiano nell’unione di base, sono sottoposti al massimo sforzo normale agente sullo 

stesso arco. Nel’ estremità superiore dei  tratti di arco che si  instabilizzano si scarica  il secondo ordine di 

archi, mentre gli archi di ordini terzo e quarto si scaricano sulla restante parte dell’arco a quote superiori. Si 

accumulano  quindi  in  questi  tratti  finali  i  carichi  agenti  sull’intera  copertura,  ad  eccezione  dell’ultima 

semifascia di copertura che grava sul primo ordine di archi che a sua volta confluisce nel nodo di base. 

Schematizzando per semplicità il tratto di arco che s instabilizza come una trave con schema statico 

di doppio appoggio ho verificato qual è il suo carico euleriano di punta: 

· ·  Equ.4‐4 

dove l0 è la lunghezza libera di inflessione e per lo schema statico di doppio appogggio  ·  poiché 

1. 

3227.24  

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23  

Il valore del carico agente sul tratto d’asta fornito dal software vale 2249 kN. Il rapporto tra il carico critico 

e quello del modello  1.43, mentre  il coefficiente moltiplicativo calcolato dal software vale 1.74; un 

leggero  scostamento  tra  i due  valori  è  giustificabile  al  fatto  che  il  tratto d’asta  è  stato  considerato una 

singola trave rettilinea vinclata con doppio appoggio, mentre in realtà fa parte di una trave curva più estesa 

e uno dei vincoli non è esattamente un appoggio. 

Poiché, come è stato dimostrato,  le deformate critiche sono causate da un’instabilizzazione degli 

archi “B” nei due tratti di base, scelgo di  inserire  in corrispondenza di questi un’ulteriore controventatura 

che riduca la lunghezza libera di inflessione. 

• Modello  con  inserimento  di  controventi  in  prossimità  della  zona  di  base  degli  archi 

principali “f” 

 

Figura 4‐3 Visualizzazione in rosso dei controventi aggiunti nel del modello "f"e delle zone da stabilizzare in azzurro 

Ho  inserito  in questo modello dei controventi aggiuntivi, nei due tratti  in prossimità delle quattro 

cerniere di base degli archi principali “B”, per ridurre  la  lunghezza  libera d’inflessione dei tratti ed evitare 

che  si  instabilizzino.  Gli  elementi  aggiunti  hanno  la  stessa  sezione  dei  controventi  e  sono  svincolati  a 

momento flettente agli estremi. 

Tutti  i valori dei  coefficienti moltiplicativi del  carico, per  tutte  le  combinazioni di  carico agli  stati 

limite ultimo hanno superato il valore tre, ciò significa che la struttura si può instabilizzare solamente se si 

raggiunge un carico pari a tre volte quello per cui  la struttura ha superato  la verifica statica.  Il margine di 

sicurezza è sufficientemente abbondante. 

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5. Connessioni Nella  struttura  in  esame  il  numero  di  connessioni  è  elevato  data  la  quantità  di  elementi  da 

connettere;  è  da  considerare  inoltre  che  essendo  i  vari  archi  della  copertura  differenziati  a  seconda 

dell’ordine e della direzione  in cui sono disposti, varia  il  loro angolo di  incidenza nelle connessioni, quindi 

anche avendo la stessa tipologia di connessione con elementi dello stesso tipo cambia la loro l’inclinazione 

reciproca. In questa tesi ho analizzato le tipologie di connessione principali: 

• Connessione tra archi principali 

• Connessione di base 

La  connessione  tra  archi  principali  è  la  connessione  di  sommità  che  interessa  gli  archi  principali  “B”,  la 

connessione di base è la connessione tra gli archi di prima categoria “A” e “C” con l’arco principale “B. 

 

Figura 5‐1 Individuazione delle connessioni oggetto di studio 

5.1. Connessione tra archi principali La connessione tra gli archi principali avviene nel punto centrale della struttura a quota 16 m dal 

piano del campo da gioco. Tale connessione unisce due elementi uguali che hanno la stessa sezione, cioè gli 

archi “B”, che ricordo sono archi a tre cerniere. Nello schema statico della struttura questo punto di unione 

rappresenta  la cerniera centrale, quindi  il sistema di connessione di tale vincolo deve avere una rigidezza 

flessionale  trascurabile  rispetto agli elementi  che  confluiscono.  La  soluzione  che ho utilizzato per questa 

connessione  è  un  giunto  con  spinotti,  quindi  un’unione  meccanica  con  mezzi  di  unione  metallici.  Ho 

realizzato un’unione con  lamiere  interne, alloggiate  in appositi  intagli nel  legno connesse con spinotti, ho 

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25  

scelto questa  soluzione progettuale perché garantisce una buona protezione dell’acciaio dal  fuoco e per 

motivi estetici. Il collegamento, una volta schermato dall’azione del fuoco attraverso un ricoprimento delle 

parti in acciaio con degli strati di legno, scompare alla vista ed è esteticamente più bello.  

Il collegamento deve avvenire  tra  le quattro  travi che  formano  i due archi principali, quindi è un 

arco  a  quattro  vie.  I  quattro  elementi  non  si  incrociano  perpendicolarmente  ma  con  la  seguente 

angolazione: 

 

Figura 5‐2 Rappresentazione degli angoli di incidenza degli archi principali 

Le sezioni dell’arco “B” hanno le seguenti dimensioni: 

B=0.24 m 

H=1.88 m 

Nella  connessione  lo  sforzo  di  taglio  viene  assorbito  dagli  spinotti  che  attraversano  la  trave  in 

corrispondenza dalle  lastra di acciaio, scelgo che nella connessione  lo sforzo normale venga esercitato su 

una piastra perpendicolare all’asse della trave saldata longitudinale, in modo da non sottoporre gli spinotti 

ad uno sforzo aggiuntivo a quello del taglio. Lo sforzo normale che agisce in ogni trave si distribuisce metà 

su un’ala trasversale e metà sulla restante parte. 

 

Figura 5‐3 Schematizzazione della distribuzione dello sforzo normale sulle ali trasversali della connessione 

110°

70°

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Figura 5‐4 Rappresentazione del taglio che viene assorbito dall'unione attraverso gli spinotti 

La connessione così realizzata necessita di irrigidimenti orizzontali che aumentino la rigidezza delle 

sezioni delle piastre longitudinali soggette a compressione e molto snelle. 

 

Figura 5‐5 Nodo di collegamento in acciaio tra archi principali  

T

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Inserisco quattro ordini di  irrigidimenti di 3 cm di spessore tra tutte  le  lastre contigue, nella parte 

che non viene inserita nelle fresature della sezione in legno, in modo da scongiurare l’imbozzamento. 

 

Figura 5‐6 Rappresentazione del nodo in acciaio completo delle piastre di irrigidimento 

Riporto di seguito la schematizzazione tridimensionale del nodo completo delle piastre di irrigidimento. 

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Figura 5‐7 Rappresentazione tridimensionale della connessione tra archi principali 

 

Figura 5‐8 Sezione orizzontale del giunto 

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5.1. Connessione di base La connessione di base collega  le  tre diverse  tipologie di arco e  si  ripete nei quattro angoli della 

base della copertura. Questo collegamento nello  schema  statico generale è  la cerniera di base dell’arco, 

quindi  il  sistema  di  connessione  che  la  rappresenta  tale  vincolo  deve  avere  una  rigidezza  flessionale 

trascurabile  rispetto  agli  elementi  che  confluiscono. Anche  per  questa  connessione  la  soluzione  che  ho 

utilizzato è un giunto con spinotti  , con  lamiere  interne alloggiate  in appositi  intagli nel  legno e connesse 

con spinotti. 

Il collegamento deve avvenire tra tre travi che si incontrano con la seguente angolazione in pianta: 

 

Figura 5‐9 Rappresentazione della reciproca angolazione degli archi in pianta 

Gli  archi  hanno  angolazioni  di  incidenza  diverse  anche  nel  piano  verticale,  come  si  può  vedere 

dall’immagine seguente dove riporto  i prospetti degli archi  in prossimità del nodo ribaltandoli sullo stesso 

piano: 

 

Figura 5‐10 Inclinazioni degli archi del nodo di base ribaltate su uno stesso piano a confronto 

A35°

55°

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Come si può notare dall’immagine l’asse dell’arco principale “B” raggiunge il nodo con una quota diversa da 

quella degli archi secondari “A” e “C”, tale distanza vale 0.70 m. 

Riassumo di seguito le sezioni degli archi confluenti nel nodo: 

Tabella 5‐1 Dimensioni archi collegati nel nodo 

  Altezza BaseARCO A 0.48 m 0.24 mARCO B 1.88 m 0.24 mARCO C 0.48 m 0.24 m

 

Ogni arco è sottoposto ad una coppia di sollecitazioni di taglio e sforzo normale in corrispondenza 

dell’unione di base, e  i valori delle forze agenti è diversa per  le tre tipologie di arco. Ho dimensionato per 

prime  le  connessioni  con  spinotti  tra  gli  archi  e  le  piastre  alloggiate,  dopo  di  che  ho  analizzato  il 

collegamento  tra  queste  tre  piastre  e  quello  con  la  struttura  sottostante  la  copertura.  Tale 

dimensionamento  ha  richiesto  un  approfondito  studio  del  modello  tridimensionale  dell’unione,  per 

coniugare le diverse inclinazioni e le posizioni reciproche dei componenti. L’unione è stata inoltre analizzata 

nell’ottica di ottimizzare il montaggio in opera degli elementi lignei con il nodo realizzato in acciaio. 

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Figura 5‐2 Modello tridimensionale del nodo di base 

La  connessione  svolge  inoltre  una  funzione  importante  ai  fini  del  contenimento  delle  spinte 

orizzontali degli archi strutturali:  i quattro angoli di base sono  infatti connessi  tra  loro tramite profilati di 

acciaio  in modo  tale da annullare  le  forze agenti nel piano di base. Questa  funzione verrà esplicitata nel 

paragrafo apposito sull’annullamento delle spinte. 

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6. Conclusioni Lo schema progettuale definitivo della copertura in legno lamellare è quello di due archi principali, 

diagonali a tre cerniere che si congiungono in sommità in corrispondenza delle cerniere stesse, insieme ad 

un sistema di quattro archi secondari, paralleli ai  lati del rettangolo di base che costituisce  la pianta, che 

poggiano su gli archi diagonali. 

Le connessione  sono  state  realizzate  con  spinotti, quindi unioni meccaniche  con mezzi di unione 

metallici, connessi con  lamiere  interne alloggiate  in appositi  intagli nel  legno. Le soluzioni finali e  i nodi di 

carpenteria metallica sono state riportati nel capitolo relativo alle connessioni, mentre le tavole progettuali 

sono riportate in allegato. 

La struttura della copertura poggia su pilastri in cemento armato alti 6 m, ed è alta 16 m nel punto 

di  sommità.  Lo  strato  di  copertura  esterna  finale  è  realizzata  con  nastri  di  laminato  di  rame  lucido 

preossidato posato in strisce di larghezza 1250 mm. 

 

Figura 6‐1 Rappresentazione schematica prospettica della struttura portante e della copertura 

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Figura 6‐2 Prospetto frontale della copertura 

 

Figura 6‐3 Prospetto laterale della copertura 

 

Le  sezioni  degli  archi  della  struttura  della  copertura  definitiva,  indicate  come  nello  schema 

convenzionale sottostante, sono: 

Tabella 6‐1 Dimensioni definitive delle sezioni degli elementi principali  

Elemento  Dimensioni della sezione [m]ARCO 1 ‐ A e C 0.72x0.24ARCO 2 ‐ A e C 0.68x0.24ARCO 3 ‐ A e C 0.48x0.24ARCO 4 ‐ A e C 0.44x0.24ARCO B  1.88x0.24

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Figura 6‐4 ‐ Classificazione convenzionale degli archi 

Di seguito è riportata la pianta dove sono visibili le posizioni dei controventi, dimensionati tenendo 

conto dell’analisi di stabilità di tipo locale e globale. 

 

Figura 6‐5 Pianta della struttura definitiva