Tesina relatività ristretta

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Tesina di maturità Liceo Scientifico PNIArgomenti: relatività ristretta, spazio-tempo di Minkowski, relativismo di Pirandello, quarta dimensione del cubismo

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Sommario MAPPA CONCETTUALE ................................................................................................................... 1

INTRODUZIONE ALLA TEORIA DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA.......................................................... 2

L’ETERE ........................................................................................................................................... 2

RELATIVITÀ RISTRETTA (O SPECIALE) .............................................................................................. 4

SIMULTANEITÀ ...................................................................................................................................... 4 DILATAZIONE DEL TEMPO ........................................................................................................................ 5 CONTRAZIONE DELLE LUNGHEZZE .............................................................................................................. 6 COMPOSIZIONE DELLE VELOCITÀ ............................................................................................................... 6 DINAMICA RELATIVISTICA ........................................................................................................................ 7 CONFERME SPERIMENTALI ....................................................................................................................... 8

NUOVI PROBLEMI ........................................................................................................................... 8

LO SPAZIO-TEMPO DI MINKOWSKI ................................................................................................. 9

RELATIVITÀ E RELATIVISMO ..........................................................................................................10

PIRANDELLO E IL RELATIVISMO CONOSCITIVO ............................................................................................. 11

IL CUBISMO E LA QUARTA DIMENSIONE .......................................................................................12

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .........................................................................................................13

Mappa concettuale

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Introduzione alla Teoria della relatività ristretta All’avvento del XX secolo la Fisica sembrava aver analizzato e compreso la totalità

dei fenomeni naturali. In campo astronomico le leggi di Keplero spiegavano il moto dei pianeti con le orbite ellittiche. Nella seconda metà del XVII secolo Newton aveva elaborato la legge di gravitazione universale. Nel XIX secolo infine Maxwell aveva fatto chiarezza anche sui fenomeni elettromagnetici, che avevano fatto scervellare un gran numero di fisici. L’uomo sentiva di avere piena conoscenza del mondo che lo circondava e gli esperimenti a livello macroscopico confermavano completamente le teorie fisiche del periodo.

Tuttavia esisteva una inconciliabilità di fondo fra la fisica di Newton e quella di Maxwell. Per la prima, infatti, ogni mutua azione si manifesta istantaneamente. Ad esempio negli urti fra corpi, l’energia si trasferisce istantaneamente, non c’è un tempo di reazione, sia nel caso in cui consideriamo forze che agiscono con il contatto, sia nel caso di forze a distanza. Pertanto anche la forza gravitazionale viene considerata “immediata”.

Invece secondo le recenti teorie di Maxwell le onde elettromagnetiche si propagano con una velocità finita, corrispondente a quella della luce. Le leggi di questa teoria elettromagnetica entrano in crisi combinate con le leggi della relatività classica se consideriamo il seguente esempio. Una sorgente di onde elettromagnetiche viene esaminata da due osservatori 푂 ed 푂′ tali che, rispetto ad essa, 푂′ è in quiete mentre 푂 è in moto relativo. Maxwell afferma che le onde elettromagnetiche si propagano a velocità finita 푐, quindi entrambi gli osservatori dovrebbero aver ragione. Ma come è possibile che la velocità della luce sia uguale alla somma di se stessa con un’altra velocità non nulla? Il conflitto fra le due teorie sembrava che dovesse portare ad una revisione o della relatività classica galileiana o delle leggi dell’elettromagnetismo; ciononostante la revisione di una qualsiasi delle due fu respinta dall’impianto tradizionalista del mondo della fisica, impedendo la critica di visioni condivise dalla maggior parte degli uomini di scienza. Alla fine la soluzione a questo dilemma fu più rivoluzionaria del previsto, perché portò alla distruzione dell’assolutezza di concetti universalmente accettati dal senso comune.

In questa tesina verranno trattate le principali innovazioni introdotte da un nuovo modo di interpretare i fenomeni naturali e saranno esposte alcune conseguenze in campo umanistico.

L’etere Riprendendo il problema della velocità della luce, è fondamentale esporre un

modello che era già nato nel XVIII secolo ed offriva una soluzione semplice a questo dilemma: è la teoria dell’etere luminifero.

Etimologicamente riprende il termine aristotelico usato per denominare la quinta essenza; tale teoria, infatti, prevede l’esistenza di una materia interstellare dotata di caratteristiche tali da permettere il trasporto di luce. Nel XIX secolo, con l'affermarsi della teoria ondulatoria della luce di Young e Fresnel, l'esigenza di postulare un mezzo materiale per la propagazione si fa più stringente e così nasce questa sostanza, la cui esistenza non era provata da nessun esperimento. Il problema della luce si risolse con l’affermare che le onde elettromagnetiche si propagano a velocità c nell’etere, che era il sistema di riferimento assoluto. Tale affermazione aveva una conseguenza

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importantissima: si sarebbe potuto determinare il proprio moto assoluto semplicemente facendo una misurazione della velocità della luce; la verifica o meno di questa ipotesi avrebbe confermato o smentito l’intera teoria.

Nel 1887 ci fu un celebre tentativo di dimostrare l’esistenza del cosiddetto “moto assoluto”. Secondo le proprie convinzioni, Albert Abraham Michelson ed Edward Morley pensavano di poter misurare il “vento d’etere”, causato dal moto terrestre rispetto al mezzo immaginario. Lo strumento che utilizzarono era stato studiato per produrre una figura di interferenza che sarebbe stata influenzata dal vento.

Tale congegno è composto da una sorgente luminosa, da una lastra parzialmente riflettente, da due specchi e uno schermo. La luce si divide in due raggi luminosi che percorrono due cammini distinti perpendicolari fra loro e si ricompongono generando una figura di diffrazione.

Se il dispositivo è in moto lungo la direzione sorgente-lastra-specchio1, la luce che percorre la lunghezza d si propaga a velocità 푐 − 푣 da C a M1 e 푐 + 푣 da M1 a C. Il tempo che impiega ad andare

da C a M1 e tornare è 푡 = + = =

Invece per quanto riguarda la luce che percorre la distanza d2, si ha che 퐶푀 =

퐶퐻 + 퐻푀 = (푣∆푡) + 푑

Dato che 퐶푀 = 푐∆푡, allora 푐 ∆푡 = 푣 ∆푡 + 푑 cioè ∆푡 =

Pertanto il tempo di andata e ritorno è 푡 =√

=

I due tempi sono diversi di un fattore 1 − quindi sullo

schermo sarà presente una figura di diffrazione. Se ruotiamo lo strumento fino a 90o, dovrebbe osservarsi un cambiamento della

figura di diffrazione, ma i due scienziati non osservarono nulla. Questo risultato è la chiara prova che l’Etere non esiste, e che non si può determinare la velocità assoluta di un sistema di riferimento facendo solamente misure interne ad esso.

A questo punto, quando i sostenitori dell’Etere sembravano aver perso ogni certezza, Lorentz avanzò l’idea che un corpo in moto rispetto all’etere subisse una contrazione longitudinale causata dalla velocità. Quindi l’esperimento di Michelson e Morley era fallito non per l’inesistenza dell’etere, ma perché lo strumento usato era deformato dalla velocità terrestre. Costruì delle leggi ad hoc per far quadrare tutto. Nel caso in cui due sistemi di riferimento 푂푥푦푧 e 푂′푥′푦′푧′sono in moto relativo l’uno lungo l’asse 푥 dell’altro con velocità 푣, le trasformazioni di Lorentz dicono che:

푥 =푥 − 푣푡

1 − 푣 푐⁄푦 = 푦푧 = 푧푡 =

푡 − 푣푥 푐⁄

1 − 푣 푐⁄

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Lorentz era interessato alla contrazione delle lunghezze, che gli serviva per giustificare il fallimento di Michelson e Morley. Non aveva dato peso alla quarta trasformazione che, affermando che il tempo si dilata a velocità relativistiche, distrugge un concetto assoluto. Queste trasformazioni verranno riprese nella relatività ristretta e sono denominate con il nome di Lorentz per attribuirne l'invenzione. Questo non toglie il fatto che saranno viste sotto una luce completamente differente senza proporre mutazioni strutturali della materia.

Relatività ristretta (o speciale) Nel 1905 Albert Einstein pubblicò sul giornale scientifico Annalen der Physik un

articolo intitolato Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento1. Nell’introduzione si parte dalla constatazione che esistono delle asimmetrie

nell’elettrodinamica di Maxwell applicata a corpi in movimento. Ad esempio se si considera l’interazione elettromagnetica tra un magnete ed un conduttore, la situazione è diversa se ad essere in moto è il magnete o il conduttore: nel primo caso si genera un campo elettrico (causato dalla variazione di flusso magnetico2), mentre nel secondo caso no. Inoltre Einstein prende come esempio di asimmetria i tentativi andati a vuoto di constatare il moto della Terra rispetto all’etere. Pertanto vengono postulati due principi:

Il primo è il cosiddetto principio di relatività, secondo il quale le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Il secondo principio afferma che la velocità della luce nel vuoto è uguale in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dal moto della sorgente rispetto all’osservatore.

Questi due postulati sono solo apparentemente in contrasto: possono coesistere solamente modificando le trasformazioni galileiane in quelle di Lorentz.

Simultaneità Dopo l’introduzione si passa all’analisi del concetto di simultaneità. In sistemi di

riferimento inerziali fermi l’uno rispetto all’altro a distanze notevoli, non possiamo fidarci della vista per stabilire l’ordine degli avvenimenti perché le radiazioni luminose si propagano a velocità finita. Ad esempio il Sole che vediamo è quello di otto minuti fa, proprio perché la sua luce impiega otto minuti per giungere sulla terra. Quindi per “sincronizzare gli orologi” dobbiamo essere a conoscenza della distanza e della velocità della radiazione: gli orologi sono sincronizzati se il nostro segna un tempo di 푡 + 푑/푣. La situazione si complica se i due sistemi di riferimento sono in moto relativo. Einstein spesso utilizza degli esperimenti mentali3nei quali ipotizza situazioni irrealizzabili, che però sono concettualmente possibili; in questo caso l’esperimento consiste nel far

1 (in tedesco Zur Elektrodynamik bewegter Körper) è un articolo scientifico scritto da Albert Einstein nel giugno

1905, nel quale viene esposta per la prima volta la teoria della Relatività ristretta. È composto di dieci paragrafi (cinque di carattere cinematico, cinque di carattere elettromagnetico) nei quali la teoria della relatività è esposta nei suoi aspetti fondamentali; tutta la fisica relativistica sviluppata negli anni successivi discende, dal punto di vista teorico, dall'applicazione dei principi enunciati in questo articolo. L'articolo fa parte dei cosiddetti Annus Mirabilis Papers, una serie di sei articoli pubblicati da Einstein nel 1905 riguardanti alcune questioni fondamentali che interessavano la fisica della seconda metà dell'Ottocento.

2 La quarta legge di Maxwell:퐶(퐸⃗) = − ∆ ( ⃗)∆

3 In tedesco Gedankenexperimente

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viaggiare un vagone ferroviario a velocità relativistiche, al centro del quale è posta una sorgente luminosa. Un osservatore all’interno, accendendo la sorgente, vede la luce propagarsi ad una velocità uguale, sia in avanti che in dietro, e quindi le pareti del vagone vengono illuminate contemporaneamente. Invece per un osservatore esterno, mentre la luce si propaga, il vagone si sposta in avanti; quindi vede la parete di fondo illuminata prima dell’altra. L’assunzione del secondo postulato come vero fa in modo che la simultaneità, e quindi la percezione del tempo, non sia più assoluta ma sia relativa.

Dilatazione del tempo

In seguito Einstein ricava le equazioni di trasformazione per le quattro coordinate dello spazio-tempo. Tali trasformazioni erano state ipotizzate da Lorentz, il quale fece propria un’idea di George F. Fitzgerald secondo il quale un corpo a velocità elevata subiva una deformazione longitudinale4. Einstein invece di cercare spiegazioni fisiche complesse ed artificiose, ricava queste equazioni semplicemente elaborando i suoi postulati attraverso un altro esperimento mentale.

Questa volta si prende in considerazione un’astronave che viaggia a velocità

relativistiche. In essa, assieme ad un osservatore O’, c’è una sorgente luminosa posta come in figura in modo tale che i raggi vengano riflessi su un rivelatore. Per l’osservatore O’ il tempo che la luce impiega a compiere il tragitto fino allo specchio e tornare indietro risulta ∆푡′ = . Invece per l’osservatore O la luce percorre i due lati del triangolo isoscele di base 2푙 e altezza 푑 a velocità 푐, quindi in un tempo ∆푡 =√ . Poiché 2푙 è la distanza che l’astronave copre nell’intervallo di tempo ∆푡 e

poiché ∆푡 = , si possono sostituire nella precedente ∆ al posto di 푙 e ∆ al posto

di 푑 ottenendo ∆푡 =( ∆ ) ( ∆ )

. Quindi 푐∆푡 = 2 ((푐∆푡 2⁄ ) + (푣∆푡 2⁄ ) ;

elevando al quadrato 푐 (∆푡) = 푐 (∆푡 ) + 푣 (∆푡) da cui si ricava ∆푡 = ∆⁄

.

4 Idea esposta in "The Ether and the Earth's Atmosphere" (1889), George Francis FitzGerald

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Questa trasformazione definisce il fenomeno della dilatazione del tempo: per i due osservatori esso scorre con una velocità diversa di un fattore 훾 =

⁄. Tale fattore

per velocità molto ridotte rispetto a quelle della luce è con buona approssimazione sostituibile con 1. Ciononostante sono nati dei paradossi interessanti, come quello dei due gemelli, di cui uno fa un viaggio nello spazio e al suo ritorno trova l’altro più vecchio di lui. Sono paradossi irrealizzabili e non potranno essere osservati perché è quasi impossibile lanciare persone a velocità così alte.

Contrazione delle lunghezze Esiste un altro effetto direttamente legato alla dilatazione del tempo.

Consideriamo un’astronave in viaggio fra due pianeti (fermi l’uno rispetto all’altro). Per l’osservatore O su uno dei pianeti,

O’ viaggia a velocità 푣 e impiega un intervallo di tempo ∆푡; pertanto percorre una distanza 푙 = 푣∆푡. Per O’ invece sono i pianeti a spostarsi a velocità 푣; il tempo che impiega per il viaggio è ∆푡 =∆푡 1 − 푣 푐⁄ e percorre una distanza 푙 = 푣∆푡 = 푣∆푡 1 − 푣 푐⁄ . Dato che 푣∆푡 = 푙 , allora 푙 = 푙 1 − 푣 푐⁄ . Questa legge esprime la contrazione delle lunghezze. Il confronto con Lorentz è inevitabile: per spiegare la contrazione delle lunghezze non serve ipotizzate mutazioni strutturali della materia; la dilatazione del tempo e la contrazione delle lunghezze sono due effetti cinematici che discendono dalla costanza della velocità della luce.

Anche per questo effetto bisogna considerare il fatto che le velocità con cui abbiamo a che fare nella vita di tutti i giorni non sono confrontabili con quelle della luce, quindi è logico che non ne osserviamo le conseguenze.

Composizione delle velocità Dopo aver analizzato gli effetti sul tempo e sulle lunghezze, rimane ancora lo studio

sulle velocità. Secondo le trasformazioni galileiane basta sommare vettorialmente le due velocità; se ad esempio dobbiamo sommare due velocità aventi lo stesso verso e moduli 0,8푐 e 0,3푐, otteniamo 1,1푐. Nella teoria della relatività ristretta, dato che la velocità della luce è la massima esistente in natura, la formula della somma di velocità va corretta.

Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali 푂푥푦푧 e 푂′푥′푦′푧′ in moto relativo: il secondo si muove rispetto al primo con velocità 푣 lungo la direzione comune degli assi 푥 e 푥′, e coincidono nell’istante 푡 = 푡′ = 0. Inoltre è presente un corpo che rispetto a 푂′푥′푦′푧′ si muove con velocità 푢′ lungo l’asse 푥′ e nell’istante 푡 = 0 si trova in 푥 = 0.

Fra i due sistemi di riferimento valgono le trasformazioni di Lorentz:

푥 =푥 + 푣푡′

1 − 푣 푐⁄푦 = 푦′푧 = 푧′푡 =

푡 + 푣푥′ 푐⁄

1 − 푣 푐⁄

Dato che il corpo si muove seguendo la legge oraria 푥 = 푢′ 푡′ le precedenti diventano

푥 =(푢 + 푣)푡′

1 − 푣 푐⁄푦 = 푦′푧 = 푧′푡 =

(1 + 푣 푢′ 푐 )푡′⁄

1 − 푣 푐⁄

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Per ottenere la velocità basta fare calcolare il rapporto fra 푥 e 푡

푢 =푥푡

=(푢 + 푣)푡′

1 − 푣 푐⁄1 − 푣 푐⁄

(1 + 푣 푢′ 푐 )푡′⁄ =푢′ + 푣

1 + 푣 푢′ 푐⁄

Se il corpo possiede rispetto ad 푂′푥′푦′푧′ anche componenti della velocità 푢′ e 푢′ , rispetto ad 푂푥푦푧 avrà anche componenti 푢 e 푢 :

푢 =푢′

1 − 푣 푐⁄ (1 + 푣 푢′ 푐 )⁄푢 =

푢′

1 − 푣 푐⁄ (1 + 푣 푢′ 푐 )⁄

Provando ora a calcolare la somma di 0,8푐 e 0,3푐 si ottiene 푢 = , , , ⋅ , ⁄

≅0,89푐.

La legge di composizione delle velocità è strutturata in modo che comunque si scelgano due velocità (inferiori di 푐) la loro somma sarà sempre minore di 푐. La velocità della luce nel vuoto è quindi il valore limite verso cui i corpi possono tendere, ma non possono raggiungere. Anche perché, come si vede nella dinamica relativistica, per arrivarci sarebbe necessaria una quantità di energia illimitata.

Dinamica relativistica

La dinamica, cioè la branca della meccanica che studia il moto dei corpi, è soggetta a delle revisioni con l’introduzione della relatività ristretta. Il secondo principio della dinamica newtoniana, stabilendo una proporzionalità diretta fra forza ed accelerazione, non tiene conto che la velocità della luce non può essere superata. Scrivendo tale legge ( 퐹⃗ = 푚푎⃗ ) come 퐹⃗ 푑푡 = 푑(푚푣⃗), si risolve l’incoerenza affermando che la massa è una grandezza variabile con la velocità: è il fenomeno dell’aumento di massa. Se un corpo di massa propria5 푚 si muove con velocità 푣 rispetto ad 푂, tale osservatore misura una massa 푚 =

⁄.

Il Secondo Principio della Dinamica asserisce che applicando una forza 퐹 ad un corpo, essa gli imprime una accelerazione 푎. Secondo Newton al crescere di 퐹, anche 푎 doveva crescere indefinitamente. Invece, ad un certo punto, l'energia fornita dalla forza applicata, invece di produrre ulteriore accelerazione, si riversa nella massa.

Per dimostrare la trasformazione di energia in massa si considera il prodotto (1 − 푥)(1 + ) e si procede in questo modo:

(1 − 푥) 1 +푥4

+ 푥 = 1 +푥4

+ 푥 − 푥 −푥4− 푥 = 1 −

34푥 −

푥4

Per 푥 ≪ 1 , 푥 e 푥 sono trascurabili, quindi (1 − 푥)(1 + ) ≈ 1 , da cui

√≈ 1 + .

Pertanto 푚 =⁄

≈ 푚 (1 + ) e moltiplicando i membri per 푐 si ottiene

푚푐 = 푚 푐 + 푚 푣 in cui 푚푐 è l’energia totale del corpo, 푚 푐 è l’energia a

riposo e 푚 푣 è l’energia cinetica. Da qui nacque la celebre formula 퐸 = 푚푐 .

5 E’ definita massa propria di un corpo la quantità 푚 misurata nel sistema di riferimento nel quale

esso è in quiete

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L’esattezza di tale formula è deducibile dall’analisi dimensionale: [푚푐 ] =[푚푙 푡 ] = [퐸]

Il principio della conservazione dell’energia venne ampliato a un principio di conservazione della massa-energia, perché l’energia si può trasformare in massa e la massa in energia, secondo processi che vengono definiti materializzazione dell’energia e annichilazione fra fotoni e elettroni e positroni.

Conferme sperimentali La teoria della relatività ha delle conferme sperimentali. La dilatazione del tempo,

ad esempio, è dimostrata dall’arrivo dei muoni 휇 sulla superficie terrestre. L’origine di tali particelle sono i raggi cosmici entranti nell’atmosfera, che generano pioni che decadono in muoni e neutrini; viaggiano ad una velocità molto prossima a quella della luce (4 5⁄ 푐 ) e a riposo hanno una vita media6 di 1,5휇푠 ; essendo lo spessore dell’atmosfera di 15 Km, il tempo che impiegano ad attraversarla è di circa 50휇푠, quindi quasi nessun muone dovrebbe giungere sulla superficie; tuttavia si è notato che circa la metà di loro riesce a compiere tale tragitto: ciò avviene grazie al fenomeno della dilatazione dei tempi. La loro vita media in moto diventa dunque ,

( , ⁄ )=

37,5휇푠 e ne permette l’arrivo. Il principio di equivalenza massa-energia 퐸 = 푚푐 è confermato dalle reazioni

nucleari di fissione e fusione; mediante tali procedimenti piccole quantità di massa possono produrre grandi quantità di energia perché 푐 è molto grande. È ciò che accade nei reattori nucleari o nelle Stelle, cioè che si ha una perdita di massa del 7‰, chiamato anche difetto di massa, che si trasforma in energia.

Sempre in campo atomico, le misure svolte sugli elettroni confermarono l’aumento di massa dovuto alla velocità, e quindi la trasformazione di energia in massa.

Nuovi problemi La relatività ristretta ha risolto l’inconciliabilità fra elettromagnetismo e relatività

classica, ma ha fatto emergere due nuovi problemi che si vanno a scontrare con la fisica Newtoniana:

- Per Einstein nulla può viaggiare più veloce della luce, mentre per Newton il campo gravitazionale è istantaneo;

- Il campo gravitazionale nella formulazione di Newton non è invariante nelle trasformazioni di Lorentz.

Einstein quindi risolverà questi problemi nella Relatività generale del 1916, che differisce da quella ristretta perché considera sistemi di riferimento non inerziali; saranno introdotti concetti come la curvatura dello spazio-tempo e l’equivalenza fra massa inerziale e massa gravitazionale.

6 Si definisce vita media 휏 l’intervallo di tempo necessario per il dimezzamento di una sostanza

destinata a decadere

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Lo spazio-tempo di Minkowski Il matematico lituano Hermann Minkowski (1864-

1909) capì che la teoria della relatività ristretta sarebbe stata più comprensibile in una rappresentazione quadridimensionale, nella quale il tempo e lo spazio non devono essere considerati come due concetti distinti, ma si devono fondere insieme. Le quattro dimensioni sono le tre coordinate spaziali 푥, 푦 e 푧 e la coordinata temporale 푡. Quest’ultima, per poter essere inserita in un grafico avente una sola unità di misura, deve essere moltiplicata per una velocità, dato che [푡][푣] = [푡][푙][푡 ] = [푙], e si è scelta la velocità della luce perché è una costante fondamentale della teoria Einsteiniana.

Al concetto di distanza spaziale si sostituisce quello di distanza spazio-temporale. Dati due eventi di coordinate (푐푡 , 푥 ,푦 , 푧 ) e (푐푡 , 푥 ,푦 , 푧 ) si definisce distanza la quantità 푑 tale che 푑 = −푐 (푡 − 푡 ) + (푥 − 푥 ) +(푦 − 푦 ) + (푧 − 푧 ) . Il segno negativo davanti al quadrato delle differenze dei tempi è necessario perché la distanza assuma lo stesso risultato in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Infatti, sostituendo al posto delle coordinate dei due eventi le rispettive trasformazioni di Lorentz nella precedente, si ottiene la stessa quantità. Per questo nelle prime formulazioni del modello di Minkowski la coordinata temporale era moltiplicata per il numero immaginario 푖, il cui quadrato è uguale a −1.

Successivamente si è preferito non utilizzare l’unità immaginaria, definendo la distanza come un prodotto vettoriale con segnatura (3, 1), cioè (−, +, +, +); dato che tale distanza non è per forza positiva, la geometria di Minkowski è definita pseudo euclidea.

La rappresentazione a quattro dimensioni viene semplificata in versioni a tre o a due per essere comprensibile alla lettura. Nel primo caso lo spazio è appiattito ad un piano; nel secondo viene ridotto ad una retta. In quest’ultima possiamo andare ad individuare le cosiddette “linee di universo”, cioè l’insieme delle posizioni occupate da un corpo nel grafico; tale linea deve essere al di sopra della bisettrice del quadrante per il secondo postulato della relatività.

I diversi effetti della teoria della relatività possono essere interpretati sovrapponendo i grafici spazio-temporali di due sistemi di riferimento: 푥 e 푥 sono coordinate di 푂; 푥′ e 푥′ di 푂′.

Simultaneità Contrazione delle lunghezze Dilatazione dei tempi

La simultaneità rispetto ad un evento è la retta parallela all’asse dello spazio

Per la lunghezza di un corpo, le posizioni dei suoi estremi vanno misurate nello stesso istante (B e C sono contemporanei)

Per calcolare un tempo, bisogna leggerlo sull’asse del tempo tracciando le parallele ai relativi assi dello spazio

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Relatività e relativismo I due concetti sono legati dall’etimologia e sono inerenti a due ambiti

completamente differenti: il primo riguarda la fisica, mentre il secondo è una posizione filosofica.

Per relativismo si intende una corrente filosofica che afferma l’inconoscibilità della realtà e nega pertanto l’esistenza di verità assolute. Le radici di questa posizione risalgono al V secolo a.C. con la sofistica greca, anche se si può parlare di relativismo vero e proprio solamente dal XIX secolo d.C.7

Protagora, il primo sofista, afferma che la conoscenza è sempre condizionata dal singolo soggetto, quindi ognuno percepisce la realtà in modo differente e non esistono bene e giustizia assoluti. Le norme dell’etica devono essere stabilite dalla maggioranza e non dal singolo; la sua posizione è ancora moderata perché c’è un modo per distinguere il vero dal falso. Per Gorgia invece tutte le possibilità si equivalgono e non conta da quanta gente sono condivise; l’oratore può dimostrare che un concetto è sia vero sia falso, che “tutto è il contrario di tutto”.

Nella filosofia moderna il relativismo fa la sua ricomparsa nel XIX secolo, caricandosi di anti-illuminismo, e si afferma nel XX secolo come anti-positivismo.

I punti di contatto con la relatività sono: - Il soggettivismo: per Einstein ogni osservatore fa delle misurazioni diverse,

ciascun sistema di riferimento in moto valuta simultanei eventi diversi e per ciascuno il tempo scorre in modo diverso; per i relativisti ciascuno ha le proprie verità.

- La mancanza di concetti assoluti: Einstein elimina l’assolutezza della simultaneità, dello spazio e del tempo; i relativisti negano l’esistenza di realtà oggettive.

- Non esistono punti di vista privilegiati: la velocità della luce è uguale per tutti e non esiste il “moto assoluto”; per Gorgia non esiste la verità assoluta, quindi non si può distinguere il vero dal falso.

Ci sono tuttavia delle grandi differenze: - La relatività è una teoria scientifica nata per cercare di superare le

contraddizioni tra l’elettromagnetismo e il meccanicismo, non è una teoria della conoscenza.

- Einstein afferma che non esistono tempo, spazio e moto assoluti, ma ritiene che le leggi della fisica siano sempre valide ed uguali per tutti (vedere i postulati); quindi non è tutto relativo, ci sono dei principi sempre veri .

- Le trasformazioni di Lorentz tra sistemi di riferimento differenti permettono il confronto e la comunicabilità; invece per i relativisti «Se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri»8, cioè non è possibile il dialogo.

È necessario specificare che si commette un errore se si vede un nesso di causalità fra la teoria fisica e la filosofia. La relatività ha solamente contribuito al clima d’incertezza che era già presente all’inizio del XX secolo.

7 Nicola Abbagnano, Relativismo in Dizionario di Filosofia, Utet, Torino, 1971 8 Gorgia da Leontini, Sul non essere o sulla natura

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Pirandello e il relativismo conoscitivo

Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti da una famiglia agiata. Studiò al liceo classico di Palermo, poi s’iscrisse alla facoltà di Lettere. Di qui passò nel 1887 all'università di Roma, poi a quella di Bonn, dove conseguì la laurea. Al suo ritorno, volendo dedicarsi alla letteratura, si stabilì a Roma dove cominciò a collaborare con poesie e scritti critici a riviste come la "Nuova Antologia" e il "Marzocco". Nel 1894 sposò Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli. Nel '97 gli fu conferita, presso l'Istituto Superiore di Magistero, la cattedra di stilistica e poi di letteratura italiana, che tenne fino al 1925. Seguì, a partire dal 1903, un periodo difficile per lo scrittore, a causa della rovina dell'azienda paterna e con essa del patrimonio suo e della moglie.

La base della visione del mondo pirandelliana è il vitalismo, evidentemente ripreso dalla filosofia di Bergson: l’intera realtà è un continuo movimento vitale, un flusso ininterrotto. Tutto ciò che viene fissato in una forma statica, comincia a morire perché perde il suo “slancio vitale”. È ciò che accade all’uomo quando si blocca in una forma individuale, in una personalità che gli sembra coerente ed unitaria; l’unità individuale però è solo un'illusione che deriva dalla soggettività delle nostre impressioni.

Contemporaneamente le altre persone con cui viviamo ci vedono ciascuno secondo la loro prospettiva particolare. Perciò, mentre l'uomo crede di essere uno, per sé e per gli altri, in realtà è tanti individui diversi allo stesso tempo. Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto di essa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indistinto ed incoerente di stati in perenne trasformazione.

Ciò porta alla frantumazione dell'io in un insieme di stati incoerenti, in continua trasformazione. Dalla frantumazione dell’io si passa facilmente alla sua inconsistenza, che suscita nei personaggi pirandelliani sentimenti di smarrimento e dolore. Prima di tutto, accorgendosi di non essere nessuno, provano angoscia ed orrore e si isolano nella solitudine; in seguito soffrono per essere fissati dagli altri in forme in cui non si riconoscono.

Vi è quindi un rifiuto delle forme della vita sociale, che impongono all'uomo le cosiddette "maschere". La prima trappola che costringe l’uomo ad indossare maschere è la famiglia, seguita dalla condizione economica. Pirandello critica apertamente sia la società borghese sia la famiglia, perché entrambe negano il movimento vitale. Ai suoi personaggi si prospettano due possibilità di fuga: l’immaginazione e il rifugio nel fantastico oppure la pazzia. Il rifiuto della vita sociale dà luogo alla figura del "forestiere della vita", “colui che ha capito il giuoco" e che perciò si isola, rifiutando di assumere la sua parte, ed osservando gli uomini imprigionati dalla "trappola" con un atteggiamento umoristico di distacco.

Dal vitalismo pirandelliano prendono origine importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà è in continua trasformazione, non si può fissarla in schemi rigidi. Non solo, ma non esiste neanche una prospettiva privilegiata da cui osservare la realtà, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti.

Da questa concezione del mondo prende origine un radicale relativismo conoscitivo, dato che ciascuno ha la sua verità, che nasce dalla visione soggettiva delle cose. Si genera così un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, poiché nessuno può sapere cosa pensa un altro, e l’uomo si emargina nella solitudine.

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Il cubismo e la quarta dimensione All’inizio del XX secolo in campo artistico si ha la nascita di una nuova corrente: si

tratta del cubismo. Nella rappresentazione tradizionale il pittore può rappresentare un oggetto

solamente da un punto di vista in un determinato istante, in modo fotografico. Per rappresentare un oggetto si sceglie l’inquadratura migliore e si dipinge da essa. Il cubismo invece rompe la convenzione sull’unicità del punto di vista e introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo. Infatti per poter vedere un oggetto da più punti di vista è necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato, che non si limiti a un solo istante.

È necessario che l’artista abbia il tempo di vedere l’oggetto, e quando passa alla rappresentazione porta nel quadro tutta la conoscenza che egli ha acquisito dell’oggetto. La percezione, pertanto, non si limita al solo sguardo, ma implica l’indagine sulla struttura delle cose e sul loro funzionamento. I quadri cubisti sconvolgono la visione perché introducono quella che è definita la «quarta dimensione»: il tempo. L’introduzione di questa nuova variabile, il tempo, è un dato che non riguarda solo la costruzione del quadro, ma anche la sua lettura. Un quadro cubista, così come tantissime opere di altri movimenti del Novecento, non può essere letto e compreso con uno sguardo istantaneo. Deve, invece, essere percepito con un tempo preciso di lettura, necessario ad analizzarne le singole parti e ricostruirle mentalmente, per giungere con gradualità dall’immagine al suo significato.

È da notare che tale innovazione è quasi contemporanea alla Teoria della relatività ristretta, dato che il cubismo nasce nel 1907 con Les demoiselles d'Avignon). La contemporaneità dei due fenomeni rimane tuttavia casuale, senza un reale nesso di dipendenza reciproca. Appare tuttavia singolare come, in due campi diversissimi tra loro, si avverta la medesima necessità di andare oltre la conoscenza empirica della realtà per giungere a nuovi modelli di descrizione e rappresentazione del reale. Molti storici dell’arte hanno ipotizzato che in qualche modo la relatività abbia influenzato il cubismo, ma nessuno di essi ha mai ritenuto che tra di essi esistesse un legame diretto.

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Mensio Martino 13

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