Tesi Master 2013 2014

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1 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Dipartimento di Economia “Marco Biagi” Master Universitario di I° Livello PREVENZIONE DEI RISCHI E GESTIONE DELLA SICUREZZA DEL LAVORO Safety Management I Anno Accademico 2013/2014 La predisposizione di Modelli Organizzativi e di Gestione preventivi per reati in materia di salute e sicurezza in una Società Cooperativa Relatore : Prof. Luigi Enrico Golzio Candidato: Dott. Antonio Zannini

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ANALISI MODELLI ORGANIZZATIVI 231 DR ANTONIO ZANNINI

Transcript of Tesi Master 2013 2014

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    Universit degli Studi di Modena e Reggio Emilia

    Dipartimento di Economia Marco Biagi

    Master Universitario di I Livello

    PREVENZIONE DEI RISCHI E GESTIONE

    DELLA SICUREZZA

    DEL LAVORO

    Safety Management I

    Anno Accademico 2013/2014

    La predisposizione di Modelli Organizzativi e di Gestione

    preventivi per reati in materia di salute e sicurezza in una

    Societ Cooperativa

    Relatore : Prof. Luigi Enrico Golzio

    Candidato: Dott. Antonio Zannini

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    SOMMARIO

    INTRODUZIONE ........................................................................................................................ 4

    1. CAPITOLO PRIMO - COOPERATIVE E CONSORZI DI COOPERATIVE ...................... 6

    1.1 Il sistema cooperativa nel paese Italia: capisaldi e distinzioni di genere ............................... 6

    1.2 La strutturazione del sistema cooperativa nel paese Italia: gli organi sovrani e la struttura

    giuridica .................................................................................................................................... 8

    1.3 Il sistema consorzio nel paese Italia: cenni di carattere generale ......................................... 10

    1.4 I consorzi di cooperative ....................................................................................................... 11

    1.5 Il sistema cooperativo e consorziale italiano: cenni storici di una storia senza fine .......... 13

    2. CAPITOLO SECONDO I PRESUPPOSTI DI COLPEVOLEZZA DELLENTE ............... 17

    2.1 Lapproccio normativo e la responsabilit degli enti collettivi ............................................ 17

    2.2 Computare i costi della non sicurezza e il Modello di organizzazione e gestione, MOG .... 20

    2.3 La responsabilit degli enti in materia di salute e sicurezza: il Modello di Organizzazione e

    Gestione in materia di salute e sicurezza ............................................................................... 27

    3. CAPITOLO TERZO REALIZZARE UN MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E

    GESTIONE ............................................................................................................................ 34

    3.1 Il caso di studio: Rafar Multiservice Societ Cooperativa .................................................. 34

    3.2 Il template organizzativo ...................................................................................................... 35

    3.3 Lapproccio metodologico per una struttura Cooperativa .................................................... 37

    3.4 Valutare i Rischi: organizzazione, vigilanza, protocolli operativi ....................................... 39

    3.5 Lapproccio pragmatico-metodologico: analisi e presentazione del metodo ....................... 41

    3.6 Protocollo A: rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge ed acquisizione di

    documentazioni-certificazioni obbligatorie di legge ................................................................... 41

    3.6.1 Protocollo B: Valutazione dei Rischi e definizione delle misure prevenzionistiche e

    protezionistiche ...................................................................................................................... 44

    3.6.2 Protocollo C,D,E: emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche

    di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza ........................ 47

    3.6.3 Protocollo F : attivit di sorveglianza ................................................................................ 51

    3.6.4 Protocollo G : attivit di formazione e informazione del personale .................................. 52

    3.6.5 Protocollo H: Attivit di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle

    istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori ........................................................ 54

    3.6.6 Protocollo I: verifiche periodiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure

    adottate ................................................................................................................................... 57

    4. CAPITOLO QUARTO LARTICOLAZIONE DELLE FUNZIONI DI COMPETENZE E

    POTERI PER LANALSI DEI RISCHI ................................................................................ 59

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    4.1 Soggetti e compiti delineati dal TUSL ................................................................................. 59

    4.2 Presenza di un sistema di controllo sull'attuazione del medesimo Modello di

    Organizzazione e sul mantenimento nel tempo delle condizioni delle misure adottate ......... 60

    4.3 LOrganismo di Vigilanza e documento di sintesi ............................................................... 62

    4.4 Esempi di applicazione: infortunio con sentenza desonero da responsabilit amministrativa

    ................................................................................................................................................ 66

    4.5 Esempi di applicazione: infortunio con responsabilit amministrativa ................................ 67

    CONCLUSIONI ......................................................................................................................... 70

    BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................ 73

    LEGISLAZIONE ITALIANA.................................................................................................... 74

    SITOGRAFIA............................................................................................................................. 75

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    INTRODUZIONE

    Lentrata in vigore del cosiddetto testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,

    TUSL1, ovvero la norma attuativa dell'articolo 1 della Legge 3 agosto 2007 n. 123, il Decreto

    Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, ha riformato ed armonizzato, con processo abrogativo, tutte quelle

    disposizioni normative emanate da precedenti emendamenti in materia di salute e sicurezza sul

    luogo lavorativo nell'arco di circa sessant'anni, implementando al contempo, un corpus normativo

    dinamico, che evolve con l'evolversi della tecnica e dellorganizzazione del lavoro. Parliamo di un

    dettato legislativo innovativo che tende alla valorizzazione e regolamentazione di elementi basali della

    materia, rispetto ai soli elementi formali. Una tendenza gi estesa ma particolareggiata ove si tiene conto

    del campo di applicazione soggettivo della normativa e dellidentificazione e individuazione dei compiti

    dei soggetti del sistema prevenzionistico. Quando ad esempio viene definita la figura del lavoratore, il

    legislatore (articolo 2, comma 1, lett. A Dlgs 81/08) espleta una completa dissociazione dalla disciplina

    degl anni 90 (Dlgs 626/94). Difatti il lavoratore non pi inteso un solo "soggetto che presta il proprio

    lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro", bens un soggetto che a prescindere dal tipo di relazione

    che intercorre tra prestatore e datore di lavoro e dalla tipologia contrattuale utilizzata, svolge un'attivit

    lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza

    retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai

    servizi domestici e familiari: insomma implementa un approccio basato sul principio di effettivit delle

    tutele, che mira all' organizzazione del lavoro cui fa capo l'imprenditore. Quindi il Dlgs 81/08 pone grande

    rilevanza all organizzazione del lavoro, sia come elemento base cui identificare i beneficiari della

    normativa che come contesto utile per definire quei soggetti obbligati al rispetto degl adempimenti

    professati dalla norma. Tale concetto pone lobbligo allimprenditore di progettare un adeguata

    organizzazione del lavoro in modo tale che la salute e la sicurezza del lavoratore non siano valori a

    rischio: ci la base dei modelli di organizzazione e gestione, basati sul Plan, Do, Check, Act,

    finalizzati ad un risultato dinamico che migliora con l'esperienza e l applicazione delle misure progettate.

    Da ci ne deriva che il modello facoltativo di organizzazione e gestione della salute e sicurezza, regolato dal

    Dlsg 81/08 allart 30, non lunico strumento per l'esimere lente da eventuali responsabilit

    amministrative dettate dal Dlgs 231/2001 e art. 300 del Dlgs 81/2008 ma costituisce un valido modello al

    quale indirizzarsi. Organizzare per migliorare lo status di sicurezza aziendale comporta quindi, un

    miglioramento dell'organizzazione stessa e incentiva nello medesimo tempo una maggior

    competitivit imprenditoriale: ci costituisce, una valida strategia al fine di esimere le stesse dalla

    responsabilit amministrativa di cui al Dlgs 231/2001. Ma, sebbene ci non sia un obbligo

    prescritto per legge, l'adozione di un SGSL permette sia di tenere sotto controllo i molteplici

    adempimenti legislativi, che rispondere a quanto richiesto dall'art. 2087 del Codice Civile rispetto

    all'adozione, da parte dell'imprenditore, di misure che, secondo le particolarit del lavoro,

    l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrit fisica e la personalit morale dei

    lavoratori. Dall'altro canto, crea un insieme di strumenti di organizzazione, gestione e controllo

    che sono in linea non solo con le esigenze del legislatore ma anche con quelle del mercato che

    impone una semplificazione ed integrazione degli strumenti esistenti per una innovazione 1 In ambito legislativo, la denominazione Testo unico tra l'altro erronea, in quanto la sicurezza di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ai

    sensi dell'art. 117 comma 3 della Costituzione Italiana; difatti all'art.1 comma 2 si sottolinea la clausola di cedevolezza di questo decreto legislativo,

    ovvero nel caso in cui un soggetto con competenza in materia di sicurezza (regioni) legiferi in opposizione al d.lgs. 81/2008, esso viene a decadere sul

    territorio di competenza dell'organo legiferante.

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    organizzativo-gestionale. Codesto elaborato tende a fornire quelle informazioni utili al fine di

    sviluppare un adeguato approccio per ladozione di un Modello Organizzativo di Gestione, vitale

    per la non punibilit dellimpresa secondo i dettami previsti dal Dlgs.231/01. Un approccio basato

    su un case-study che tende a presentare un reale coinvolgimento trattando un caso atipico, una

    Societ Cooperativa facente parte del contesto delle piccolo-medie cooperative che si sta

    indirizzando verso l'adozione di un MOG prevenzionistico. Ci perch, aldil delle dimensioni, il

    problema della pericolosit del contesto lavorativo fattore trasversale: il caso specifico di una

    cooperativa di movimentazione e logistica, di ridotte dimensioni che opera in un mercato colmo di

    situazioni pericolose, date da lavori in condizioni di appalto, con uso di attrezzature e macchine in

    movimento, dimostra quanto importante ladozione di un consimile modello . Lo scritto pertanto

    si pone lobiettivo finale di presentare ci che la strutturazione di uno strumento di controllo

    nonch di autoanalisi, rappresentato appunto, dal Modello Organizzativo aziendale, ai fini esimenti

    da reati sulla salute e sicurezza. Nel particolare, lo stesso, si pone come focus l approfondire di

    aspetti che attengono ai reati presupposti collegati agli obblighi prevenzionistici posti in capo

    all'Ente in quanto Datore di Lavoro e garante della situazioni di sicurezza. Il trattato di

    conseguenza, si esula dall espletazione del tema inerente all'adozione del Sistema di gestione quale

    strumento conforme alle indicazioni dell'art. 30. Codesto argomento difatti stato ampiamente dibattuto

    nonch ampiamente chiosato dalle indicazioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, degli

    organismi internazionali e nazionali (British Standard, UNI-INAIL) e delle associazioni di settore.

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    1. CAPITOLO PRIMO - COOPERATIVE E CONSORZI DI COOPERATIVE

    1.1 Il sistema cooperativa nel paese Italia: capisaldi e distinzioni di genere

    Una cooperativa unassociazione autonoma dindividui che dallunione volontaria intende

    soddisfare i propri bisogni economici, sociali, culturali nonch le proprie aspirazioni, attraverso la

    creazione di una societ di propriet comune e democraticamente controllata. Difatti i capisaldi del

    sistema cooperativo si annoverano nei principi:

    democratici;

    sociali e solidali: ovvero il riconoscimento della funzione sociale nonch solidale della

    cooperazione a carattere di mutualit e senza fini di speculazione privata;

    mutualistici: in quanto impresa societaria, nella quale il fine e il fondamento dell'agire

    economico il soddisfacimento dei bisogni della persona, in questo caso il socio e la

    comune volont dei suoi membri di tutelare in primis i propri interessi di consumatori e

    lavoratori.

    Codesta figura imprenditoriale nonch la sua relativa funzione sociale nellordinamento italiano,

    viene riconosciuta dalla Costituzione allart. 45 che recita: La Repubblica riconosce la funzione

    sociale della cooperazione a carattere di mutualit e senza fini di speculazione privata. La legge ne

    promuove e favorisce lincremento con i mezzi pi idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli,

    il carattere e le finalit". A questo bisogna aggiungere la "Dichiarazione di Identit della

    Cooperativa", approvata dal XXXI congresso dellAlleanza delle Cooperative Internazionali tenuta

    a Manchester nel settembre 1995, dove vennero enunciati i principi imprescindibili della

    cooperazione. La cooperativa unimpresa formata da pi persone, con un minimo di 9 soci. Dal

    2001 poi, venne approvato lenunciato tale per cui con un numero di soci da 3 a 8 unit si poteva

    costituire anche una piccola societ cooperativa con la stessa operativit2. Con tale forma

    insomma, viene a mancare quella strutturazione gerarchica della imprenditorialit tradizionale che

    si dissocia dalla distinzione tra titolare e dipendente poich, allinterno di una cooperativa, tutti i

    soci incidono ugualmente sulle scelte e lelemento umano prevale sul quello economico. Il sistema

    cooperativa caratterizzato da molteplici elementi tra cui :

    variabilit del capitale sociale, che aumenta riduce in relazione allingresso o alluscita dei

    soci;

    2 con la riforma del diritto societario l'istituto giuridico della piccola cooperativa stato abrogato e si prevista la possibilit di costituire societ

    cooperative anche con un numero minimo di 3 soci.

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    qualit dei soci, i quali devono essere in possesso di specifici requisiti soggettivi in

    relazione alle varie tipologie di cooperative;

    democraticit della partecipazione dei soci alle assemblee, nelle quali ogni socio persona

    fisica ha un solo voto, a prescindere dall'eventuale possesso di somme diverse di quote o

    azioni nel capitale sociale;

    insediamento sul territorio, che consente di creare occupazione a livello locale. Le

    cooperative possono altres unirsi e dar vita ad un "consorzio", al fine di realizzare una

    struttura organizzativa comune in grado di garantire meglio i loro scopi mutualistici.

    Il concetto di mutualit rappresenta la caratteristica principale di una cooperativa, valore che la

    contraddistingue dalle societ di capitali. Difatti a differenza di queste, il cui fine ultimo la

    realizzazione del lucro e si concretizza nel riparto degli utili patrimoniali, le societ cooperative

    assicurano ai propri soci beni, servizi o occasioni di lavoro a condizioni pi vantaggiose di quelle

    che otterrebbero dal mercato. Sono definite cooperative a mutualit prevalente quelle che:

    svolgono la loro attivit prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni e

    servizi;

    si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento delle loro attivit, delle prestazioni

    lavorative dei soci;

    si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attivit, degli apporti di beni o

    servizi da parte dei soci.

    La mutualit prevalente viene quindi commisurata in relazione al tipo di scambio mutualistico che

    deve intercorrere tra socio e cooperativa, e viceversa. La condizione di mutualit prevalente come

    recitato dal Codice Civile3, deve essere documentata dagli amministratori e dai sindaci nella nota

    integrativa al bilancio, da cui si devono evincere i criteri seguiti per il conseguimento dello scopo

    mutualistico ed essere evidenziati contabilmente i parametri, in base a quanto disposto dal Codice

    Civile4. Inoltre, le cooperative a mutualit prevalente devono, ai sensi dellart. 2514 del Codice

    Civile, recepire nello statuto i requisiti formali di non lucro5.

    3 artt. 2512, 2513, 2514 C.c

    4 art 2513 C.c: I ricavi derivanti dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci siano superiori al cinquanta per cento del totale dei

    ricavi delle vendite e delle prestazioni (art. 2425, comma 1, punto A1, del codice civile).Il costo del lavoro dei soci sia superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui allart. 2425, comma 1, punto B9, del codice civile).Il costo della produzione, per servizi ricevuti dai soci o per beni conferiti da soci deve essere superiore al 50 per cento del totale dei costi per servizi o delle merci e materie prime acquistate o conferite,

    di cui allart. 2425, comma 1, punti B7 B6.

    5 Art 2514 C.c: divieto di distribuire i dividendi in misura superiore allinteresse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;obbligo di devoluzione,

    in caso di scioglimento della societ, dellintero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

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    1.2 La strutturazione del sistema cooperativa nel paese Italia: gli organi sovrani e la struttura

    giuridica

    Il sistema cooperativa opera attraverso organi basali tra cui si annoverano:

    lassemblea dei soci: momento di massima espressione democratica della cooperativa,

    nonch organismo decisionale sovrano. Ogni socio esprime un voto indipendentemente dalla

    quota sociale posseduta e ogni socio delegato (non Amministratore) pu rappresentare non

    pi di tre soci con deleghe separate. L'assemblea ordinaria convocata annualmente e ogni

    socio riceve un invito personale inviato nei termini e con le modalit previste dallo statuto

    sociale. Durante l'Assemblea vengono esposte le attivit svolte e illustrati i programmi

    futuri; inoltre si presenta il bilancio d'esercizio per l'approvazione. L'assemblea procede alla

    nomina del Consiglio d'Amministrazione e del Collegio Sindacale ove previsto e/o del

    Revisore Legale dei Conti; approva norme e regolamenti e pu deliberare quanto previsto

    dallo Statuto e proposto dal Consiglio d'Amministrazione. L'assemblea Straordinaria pu

    ratificare modifiche allo Statuto e decidere la proroga o lo scioglimento anticipato della

    societ.

    il consiglio di amministrazione (CdA): l'organo di governo al quale affidata la gestione

    della cooperativa. Il CdA composto da un numero di consiglieri variabile da 3 a 9, eletti

    dallassemblea ordinaria dei soci, che ne determina di volta in volta il numero, in sede di

    nomina. Il Consiglio di Amministrazione investito dei pi ampi poteri per

    lamministrazione della Cooperativa, esclusi solo quelli riservati allassemblea dei soci dalla

    legge. Il CdA convocato dal Presidente tutte le volte che lo ritenga necessario, ovvero

    quando lo richiedano un terzo degli amministratori. Delle deliberazioni della seduta si redige

    un verbale, firmato dal presidente e dal segretario, il quale deve essere trascritto nel libro

    delle decisioni degli amministratori. Le copie e gli estratti dei verbali fanno piena prova, se

    firmati dal Presidente e dal segretario6.

    il presidente del consiglio di amministrazione: ha la rappresentanza della Cooperativa di

    fronte a terzi e in giudizio. Il presidente, perci, autorizzato a riscuotere, da pubbliche

    amministrazioni o da privati, pagamenti di ogni natura e a qualsiasi titolo, rilasciandone

    liberatorie quietanze. Egli ha anche la facolt di nominare avvocati e procuratori nelle liti

    attive e passive riguardanti la societ davanti a qualsiasi autorit giudiziaria e

    amministrativa, ed in qualunque grado di giurisdizione. Il presidente del consiglio di

    amministrazione ha la rappresentanza e la firma sociale.

    La sua struttura giuridica altres regolata dalle norme specifiche presenti nel Codice civile7. Per

    cooperative costituite da meno di 9 soci obbligatoria l'applicazione delle norme sulle s.r.l.8 e

    possono essere costituite esclusivamente da persone fisiche, non da persone giuridiche. Le societ

    cooperative godono di autonomia patrimoniale perfetta: l'art. 2518 dispone infatti che nelle societ

    6 il consiglio di amministrazione pu delegare proprie attribuzioni ad uno o pi amministratori (delegati) o ad un comitato esecutivo.

    7 dall'articolo 2511 all'art. 2548, e, in quanto compatibili, dalle disposizioni sulla societ per azioni (art. 2519 primo comma)

    8 art. 2522, secondo comma; Le norme sulla societ a responsabilit limitata possono essere applicate anche nel caso in cui si verifichi una delle

    seguenti condizioni (e l'atto costitutivo preveda espressamente l'applicazione di tali norme): numero dei soci inferiore a venti, attivo patrimoniale

    inferiore a un milione di euro.

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    cooperative per le obbligazioni risponde soltanto la societ con il suo patrimonio. Le leggi speciali

    possono imporre un numero minimo di soci maggiore dell'ordinario per determinate categorie di

    cooperative (es. 200 soci per le banche di credito cooperativo)9. A seconda della natura dei soci e

    delle finalit che gli stessi intendono perseguire possiamo avere cooperative:

    di utenza dove tipicamente i soci sono consumatori di beni acquistati dalla cooperativa

    o utenti di servizi erogati dalla stessa;

    di lavoro dove i soci si aggregano per creare condizioni di lavoro migliori (figura del

    socio lavoratore);

    di supporto dove tipicamente hanno lo scopo di collocare sul mercato beni e servizi

    conferiti dai soci.

    A sua volta le cooperative possono essere classificate anche a seconda dellattivit svolta:

    Cooperativa di consumo: l'obiettivo di acquistare e rivendere beni di qualit a prezzi

    vantaggiosi ai propri soci-consumatori; sono tipicamente cooperative di utenza (un esempio

    di tale cooperativa pu essere la Coop).

    Cooperativa di produzione e lavoro: lo scopo consiste nel procurare lavoro alle migliori

    condizioni possibili per i propri soci-lavoratori; il rapporto fra socio e cooperativa regolato

    dal Regolamento interno10.

    Cooperativa agricola o della pesca: si tratta di cooperative per coltivazione,

    trasformazione, conservazione, distribuzione di prodotti agricoli o zootecnici oppure

    finalizzate all'esercizio in comune della pesca o di attivit ad essa inerenti.

    Cooperativa di abitanti o Cooperativa edilizia: finalizzata alla costruzione di alloggi per i

    propri soci in un rapporto corretto tra qualit e prezzo.

    Cooperative di trasporto, associano singoli trasportatori garantendogli servizi logistici,

    amministrativi, di acquisizione delle commesse, o gestiscono in proprio i servizi di trasporto

    a mezzo di soci-lavoratori; se associano trasportatori imprenditori rientrano nella tipologia

    di supporto; se associano trasportatori lavoratori si rifanno alla tipologia di lavoro.

    Cooperativa sociale: si tratta di cooperative di lavoro per la gestione di servizi socio

    sanitari ed educativi (dette di tipo A) o finalizzate all'inserimento lavorativo di persone

    svantaggiate come disabili, ex detenuti, ecc.(dette di tipo B).

    Cooperativa di credito: in particolare queste sono rappresentate dalle Banche di Credito

    Cooperativo (BCC): lo scopo consiste nel fare una politica del credito equa verso i loro soci

    e clienti, discostandosi da logiche di mero guadagno.

    Cooperative di Comunit: si tratta di uno specifico progetto promosso da Legacoop11, il

    fenomeno delle cosiddette "Cooperative di Comunit". Si tratta di cooperative legate ad uno

    9 anche le Banche Popolari sono costituite in forma cooperativa e rappresentano un ibrido fra gli istituti bancari tradizionali (es. Casse di Risparmio) e

    le B.C.C. in quanto hanno alcune caratteristiche dell'una (possono essere quotate in Borsa come le banche tradizionali) e alcune caratteristiche

    dell'altra (voto capitario come per le B.C.C.). 10obbligatorio per questo tipo di cooperative ai sensi della Legge 142/2001

    11 La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, abbreviata in Lega delle Cooperative o Legacoop lassociazione di tutela e rappresentanza delle

    cooperative ad essa aderenti, riconosciuta come persona giuridica ai sensi e per gli effetti di cui al Decreto Legislativo del capo Provvisorio dello

    Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e dal decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220: a termini statutari possono aderirvi le cooperative, le mutue, i loro

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    specifico contesto territoriale e finalizzate al soddisfacimento dei bisogni di una comunit.

    Elementi distintivi sono il forte legame con i bisogni e le peculiarit del territorio e la

    possibilit di generare ricadute positive per la collettivit di riferimento. Le cooperative di

    comunit gi attive sono nate da esigenze differenti e operano in ambiti diversi (turismo,

    valorizzazione dei prodotti tipici) legati alle specificit delle comunit di riferimento.

    Consorzi cooperativi, formati da cooperative per aumentare, aggregandosi, la capacit

    contrattuale e le economie di scala.

    1.3 Il sistema consorzio nel paese Italia: cenni di carattere generale

    Il vocabolo consorziocostituisce un termine spesse volte utilizzato nella legislazione per

    indicare forme di aggregazione tra soggetti costituite per provvedere, mediante strutture gestionali

    unitarie, a fini ed interessi in qualche misura comuni ai consorziati. Lordinamento giuridico,

    infatti, conosce numerosissime fattispecie le quali, pur presentando il medesimo nome iuris,

    risultano tra loro accomunate solo dal fatto che i rispettivi consorziati perseguono un interesse

    comune. E, invero, accanto alla disciplina del consorzio tra imprenditori (con il quale pi

    imprenditori istituiscono unorganizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di

    determinate fasi delle rispettive imprese), si trovano numerosi altri richiami ad omologhe figure

    consortili, disciplinate in tutto o in parte nello stesso codice12.

    In diritto viene definito come un istituto giuridico che disciplina un'aggregazione volontaria

    legalmente riconosciuta che coordina e regola le iniziative comuni per lo svolgimento di

    determinate attivit di impresa, sia da parte di enti privati che di enti pubblici. L'istituto

    disciplinato dal codice civile italiano, in particolare per quanto riguarda13:

    il coordinamento della produzione e degli scambi

    per attivit esterne

    per lammasso di materia prime , per il miglioramento fondiario, per le bonifiche nonch

    laggregazione tra societ e cooperative

    Pur essendo stagliato sul criterio di associazione egli si avvicina sempre pi alla funzione

    della comunione , ovvero una situazione per la quale la propriet o un altro diritto reale spetta in

    comune a pi persone: difatti il consorzio consegue ad un accordo contrattuale, ma non in alcun

    modo assimilabile ad altre forme contrattuali di aggregazione, come affari in partecipazione o le

    associazioni temporanee d'impresa. E uno schema aggregativo tra imprenditori, comprendente

    distinti fenomeni a seconda dell'oggetto:

    consorzi e le societ costituite per il conseguimento dei loro scopi. Esercita sugli enti cooperativi ad essa aderenti le funzioni di vigilanza e di

    revisione conferitele dalle leggi vigenti. organizzata in Associazioni di settore e in Leghe Regionali, a loro volta articolate in Comitati Provinciali.

    12 M.Baldacci , Collaborazioni tra imprese ed imposizione sui redditi : le prospettive dei contratti di rete, Roma 2013

    13 art 2602: I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi art 2612: I consorzi con attivit esterna, art 2616 I consorzi obbligatori - compresi quelli per l'ammasso dei prodotti agricoli, art 862: I consorzi di bonifica, art 863: I consorzi di miglioramento fondiario.Pu anche essere

    costituito tra societ cooperative.

  • 11

    Consorzi anticoncorrenziali: costituiti con lo scopo prevalente o esclusivo di disciplinare la

    reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori (per impedire che si instaurino tra loro

    rapporti di elevata concorrenza e monopoli).

    Consorzi di coordinamento: per conseguire un fine parzialmente o totalmente diverso, ovvero

    per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese consortili (finalizzato per la

    riduzione dei costi di gestione e produzione).

    Consorzi di servizio: per svolgere attivit di servizio nell'interesse comune delle imprese

    consorziate, come ad esempio acquisti collettivi oppure l'organizzazione di servizi nell'interesse

    dei consorziati: si pensi ad esempio ai consorzi agrari per l'approvvigionamento di concimi e

    sementi ovvero ai consorzi per l'esportazione di merci.

    Consorzi stabili : strutture che hanno stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei

    contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque

    anni

    Consorzi ordinari costituiti per la partecipazione ad una specifica gara o procedura..

    Lo scopo mutualistico consortile perseguito in comune dalle parti si distingue, nonostante taluni

    tratti comuni, tanto da quello societario quanto da quello cooperativo.

    1.4 I consorzi di cooperative

    Le societ cooperative possono stipulare tra loro forme di aggregazione temporanee o finalizzate a

    determinati e specifici affari come ad esempio la partecipazione ad un bando o ad una gara di

    appalto. I Consorzi tra societ cooperative, o cooperative di secondo grado, sono stati introdotti

    nellordinamento giuridico dalla legge 127/1971, poi modificata dalla legge 59/92, quale modalit

    aggregativa tra le imprese cooperative, finalizzata a realizzare economie di scala, poter accedere ad

    appalti ed occasioni di lavoro, erogare agli enti associati servizi di diversa tipologia. In particolare

    un Consorzio potr realizzare economie di scala sia a monte dei processi produttivi (attraverso

    lacquisizione collettiva e la rivendita agli enti soci di quantitativi di materie prime o sussidiarie o la

    fornitura di particolari servizi) sia a valle degli stessi, attraverso lacquisizione, grazie alle

    maggiori dimensioni ed al cumulo dei requisiti degli enti soci, di appalti e commesse di lavoro, da

    ripartire poi tra i soci sulla base di regolamenti interni o di patti para sociali. I consorzi di

    cooperative sono anche essi consorzi cui si applica laddove compatibile la normale disciplina

    generale e settoriale vigente per le cooperative. La legislazione prevede lesistenza di tre tipi di

    consorzi di cooperative:

    consorzi di societ cooperative: i consorzi di cooperative prevedono la costituzione di una

    struttura organizzativa comune con lo scopo di facilitare la finalit mutualistica delle

    cooperative attraverso lesercizio in comune di attivit economiche. I consorzi di cui allart.

    27 della Legge Basevi sono vere e proprie cooperative di secondo grado, la cui caratteristica

    peculiare di essere composti esclusivamente da societ cooperative, in numero minimo di

    tre. Come nelle cooperative le quote di partecipazioni possono essere rappresentate da azioni

    e il fine di questi consorzi consiste nel facilitare lo scopo mutualistico delle cooperative

    associate: si tratta infatti di uno scopo di integrazione e di ausilio delle economie individuali

    dei soci delle cooperative di base. Inoltre essendo cooperative di secondo grado, sono

    sottoposte allapplicazione integrale della disciplina pubblicistica delle cooperative. Il

  • 12

    consorzio di cooperative assume i caratteri di una struttura permanente (infatti presenta un

    oggetto consortile generale, dunque, non limitato ad un determinato appalto), con una

    propria fisionomia giuridica ed una propria autonomia anche patrimoniale. In tal modo le

    cooperative associate, mediante il contratto di consorzio, possono realizzare opere che,

    diversamente, potrebbero non essere assumibili per mancanza dei requisiti richiesti dalla

    stazione appaltante; infatti il vincolo associativo rende la figura del consorzio strumentale

    allacquisizione di incarichi da parte delle imprese aderenti. Se pertanto il consorzio assume

    appalti in nome proprio e per conto delle imprese ad esso aderenti, ne deriva che, nel

    rapporto con la stazione appaltante ed in genere nei rapporti esterni, la qualit di appaltatore

    del consorzio, mentre per gli aspetti esecutivi e, pi in generale, di realizzazione della

    prestazione oggetto del contratto di appalto, rilevano le capacit operative proprie delle

    consorziate. Difatti i consorzi di cooperative sono tenuti a indicare, in sede di presentazione

    delle offerte, per conto di quali soggetti il consorzio partecipa allappalto, con conseguente

    divieto per questi ultimi di partecipare in qualsiasi altra forma alla medesima gara.

    consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti: corrispondano, ad un tipo

    particolare di cooperativa di secondo grado, con lo scopo di rendere possibile agli enti

    mutualistici di eseguire lavori su incarico dello Stato e degli enti pubblici, partecipando

    appunto ad appalti pubblici.

    consorzi di cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi:

    rappresenta una variet dei consorzi con attivit interna e di quelli con attivit esterna di cui

    rispettivamente agli artt. 2602 e 2612 C.c14

    .

    consorzi di cooperative sociali quelli costituiti come societ cooperative aventi la base

    sociale formata in misura non inferiore al 70% da cooperative sociali.

    In base allorigine e alle attivit svolte dai consorzi si pu parlare di:

    consorzio territoriale rappresenta laggregazione di unit cooperative presenti sullo stesso

    territorio e svolge funzioni per lo sviluppo del movimento cooperativo che le singole unit

    non riescono a gestire.

    consorzio di scopo rappresenta una struttura di supporto dedicata ad una specifica attivit,

    esempi di tale attivit sono: la finanza, le attivit immobiliari, ecc.

    consorzi di progetto sono strutture costituite per gestire attivit e servizi complessi che

    14 2602 C.c: Con il contratto di consorzio pi imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate

    fasi delle rispettive imprese. Il contratto di cui al precedente comma regolato dalle norme seguenti, salve le diverse disposizioni delle leggi speciali

    2612 C.c: Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a svolgere un'attivit con i terzi, un estratto del contratto deve, a cura degli amministratori, entro trenta giorni dalla stipulazione, essere depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo dove

    l'ufficio ha sede.

    L'estratto deve indicare:

    1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio;

    2) il cognome e il nome dei consorziati;

    3) la durata del consorzio;

    4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio ed i rispettivi poteri;

    5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.

    Del pari devono essere iscritte nel registro delle imprese le modificazioni del contratto concernenti gli elementi sopra indicati.

  • 13

    richiedono la collaborazioni di pi soggetti e non sono gestiti direttamente dal consorzio

    territoriale.

    consorzio da ristrutturazione di cooperativa consiste nellindividuare, allinterno di una

    cooperativa, nuclei di attivit omogenei che vengono scorporati per costituire nuove unit

    cooperative giuridicamente autonome, attraverso scissioni e conferimenti; queste nuove

    cooperative costituiscono poi un consorzio che mantiene i compiti di direzione.

    consorzi nazionali sono espressione della rete esistente tra cooperative nelle diverse regioni e

    promuovono ricerca, formazione e informazione; si configurano come soggetti autonomi

    promotori di politiche sociali.

    Indi per cui il consorzio15 unaggregazione di aziende che vuole svolgere anche una funzione

    imprenditoriale per cui promuove ladesione di cooperative operanti in settori diversi in modo da

    rendere completa lattivit sul territorio. Da questo ne deriva che il consorzio ha anche una funzione

    promozionale dellazione cooperativa soprattutto riguardo settori di attivit non sviluppati.

    Menzionando quanto enunciato dal trattato dell Avv. Marco Baldacci, cultore della materia:

    Rispetto alle societ cooperative, il consorzio si distingue per la particolare natura dello scopo

    mutualistico. La mutualit consortile una mutualit tra imprenditori: mentre lo scopo dei soci

    cooperatori consiste in un aumento del salario o in un risparmio nelle proprie economie individuali

    e familiari, i consorziati mirano a conseguire un aumento del profitto delle rispettive imprese.

    limpresa consortile rimane pur sempre unimpresa mutualistica in quanto opera per conto dei

    consorziati e, diversamente dalle imprese societarie, il suo scopo non quello di realizzare un utile

    da dividere tra i consorziati, ma soltanto quello di consentire a questi ultimi il conseguimento di un

    vantaggio consistente in un risparmio nei costi di produzione o in un aumento delle vendite dei

    prodotti delle rispettive imprese16.

    1.5 Il sistema cooperativo e consorziale italiano: cenni storici di una storia senza fine

    La penisola italiana non aveva ancora trovato una sua unit politica quando, nel 1844 in piena

    Rivoluzione Industriale, un gruppo di tessitori spinti dalla pesante crisi economica decise di

    costituire nella cittadina inglese di Rochdale il primo spaccio cooperativo con lo scopo di migliorare

    la situazione economica di ci che vennero definiti i primi soci di cooperativa. Nasceva di fatto la

    cooperazione che ben presto divenne un modello da imitare in ogni parte d'Europa. Nonostante

    tutto, la penisola italiana rimase molto latente a questo susseguirsi di rapide evoluzione socio-

    economiche. In suolo italiano fu solo il Piemonte, dove era stata recepita l'innovazione delle

    associations fraternelles di Louis Blanc e lo Statuto Albertino ad alimentare speranze di apertura

    alla forma cooperazionale : difatti furono le societ di mutuo soccorso, a tenere a battesimo le

    prime forme di cooperative. Convenzionalmente, si fa risalire la nascita della cooperazione in

    15 I consorzi fra imprese cooperative nascono con obiettivi molto definiti, ed un ruolo strettamente strumentale alle esigenze dei soci fondatori. Gli obiettivi sono normalmente di tipo commerciale(vendere i prodotti dei soci, acquisire lavori per loro conto, acquistare prodotti e servizi) o

    produttivo (trasformare i prodotti dei soci). Man mano che il tempo passa, lazione dei consorzi tende a relegare le cooperative al mero ruolo di erogatori di servizi, produttori o fornitori di materie prime. Di fronte a esigenze nuove, molti consorzi allargano il proprio campo dazione, aumentando la gamma dei servizi offerti agli associati (es. servizi finanziari, consulenze, certificazioni, o ulteriori servizi commerciali). Il fenomeno

    pi singolare quello dei consorzi che iniziano a svolgere attivit anche per conto di imprese non associate, cooperative e non. In questo caso

    assistiamo alla trasformazione del consorzio da soggetto strumentale alle esigenze dei soci fondatori a vero e proprio attore imprenditoriale, che non

    prevede alcuna differenza di trattamento fra soci e non soci, e agisce solo in base ai volumi acquistati o conferiti. Fino ad arrivare a casi di consorzi

    che operano direttamente sul mercato e acquistano o vendono indipendentemente dalle capacit produttive dei soci.

    16 M.Baldacci , Collaborazioni tra imprese ed imposizione sui redditi : le prospettive dei contratti di rete, Roma 2013

  • 14

    Italia al 1854, quando a Torino lAssociazione generale degli operai della citt apr la prima

    cooperativa di consumo. Nel 1856 alcuni vetrai di Altare (Savona) fondarono la prima cooperativa

    di produzione e lavoro, mentre la prima Banca Popolare quella di Lodi del 1864. Occorre

    attendere una ventina danni per vedere la nascita nel 1883 della prima Cassa rurale a Loreggia,

    nel padovano, ad opera di Leone Wollemborg. Lanno dopo a Ravenna Nullo Baldini fonda la

    prima cooperativa agricola. Molti e variegati furono gli ideali ispiratori della cooperazione

    italiana. In ordine cronologico, viene prima lispirazione liberal-mazziniana, gi presente in

    numerose Societ di Mutuo Soccorso, che fecero spesso da levatrici del cooperativismo. Il

    socialismo fin dal suo sorgere stabil un rapporto privilegiato, anche se a volte alquanto

    conflittuale, con la cooperazione, fino ad egemonizzare alla fine del XIX secolo la Federazione fra

    le cooperative italiane sorta nel 1886, che aveva cambiato nome nel 1893 in Lega nazionale delle

    societ cooperative17. Va sottolineato che la crescita, delle cooperative seguiva le vicende

    politico-economiche, mostrando, anche a livello geografico, quella gravissima dicotomia socio-

    economica che si era verificata e mai ricucita tra il Nord ed il Mezzogiorno: nel 1890 l'Italia

    settentrionale contava l'87% delle sedi cooperative dell'intero paese, l'Italia centrale il 14% e

    appena il 5,3% il Sud e le isole. Al Sud il movimento pot fregiarsi delle lotte e degli scioperi dei

    Fasci siciliani, ma in buona sostanza doveroso asserire che le iniziative associazionistiche dei

    lavoratori rimasero sporadiche e scarsamente incoraggiate18. Alla fine del secolo XIX sorgeva la

    cooperazione di ispirazione cattolica, dopo luscita nel 1891 dellenciclica di Leone XIII Rerum

    Novarum, che apriva la cattolicit allintervento nelle nuove realt economico-sociali. Il suo primo

    campo di applicazione fu quello del credito, con il grande successo delle casse rurali di ispirazione

    cattolica, ma si adoper anche per le latterie e le cantine sociali, le affittanze collettive e il

    consumo. Nel primo quindicennio del XX secolo la cooperazione fior insieme alleconomia

    italiana: dalle quasi 2000 cooperative nel 1902 si pass a 7500 nel 1914, oltre ad alcune migliaia

    di banche popolari e casse rurali, con circa 2 milioni di soci. Tra 1904 e 1911 vennero approvate

    leggi che permisero la formazione di consorzi fra cooperative allo scopo di concorrere ad appalti

    di opere pubbliche. La conquista di amministrazioni comunali da parte del movimento socialista e

    di quello cattolico segn un appoggio importante per il movimento, che vide meglio accolte le

    proprie iniziative, mentre a livello nazionale si registr nel 1913 la costituzione dellIstituto

    nazionale di credito per la cooperazione per opera di Luigi Luzzatti, che era stato il sostenitore del

    credito cooperativo fin dalla fondazione della prima banca popolare.19Il primo conflitto mondiale

    ebbe riflessi negativi nel settore cooperativo osteggiato dall'aumento dei costi e dalla stasi dei beni

    di consumo. Allo scoppio della Grande Guerra in Italia si contavano 7429 cooperative con un

    milione e 800 mila soci. Ma grazie alla vittoria del fronte alpino, tra il 1919 ed il 1920, si assistette

    ad un incremento di questo sistema imprenditoriale, stimolato dalla disoccupazione e dall'aumento

    dei prezzi. Nel 1921 le cooperative erano 25.000 e contavano oltre 2 milioni di soci. Tra il 1919 e il

    1924, in un periodo di grande lacerazione interna e ritorsioni, il Fascismo, allo scopo di arrestare

    l'avanzata delle forze socialiste e cattoliche, colp duramente la cooperazione. Solo nel 1923 il

    primo governo Mussolini diede il via ad un processo che avvi l'opera di revisione dei problemi

    cooperativi. Dal 1925 al 1927 il Regime sciolse la Confederazione ed intraprese una

    17 R. Zangheri G. Galasso V. Castronovo, Storia del movimento cooperativo in Italia, La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, Torino, 1987.

    18 F. FABBRI, Il movimento cooperativo nella storia d'Italia 1854-1975, Milano 1979

    19 R. Zangheri G. Galasso V. Castronovo, Storia del movimento cooperativo in Italia, La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, Torino, 1987.

  • 15

    riorganizzazione dei settori cooperativi: fu creato l'Ente Nazionale Fascista per la cooperazione con

    sede a Roma e le cooperative furono inquadrate nell'ordinamento corporativo. Tuttavia le sorti

    dell'Italia stavano per cambiare, e le forze antifasciste, posero dopo la vittoria, le basi per la

    ricostruzione di cooperative libere e democratiche. Dopo il secondo dopo guerra, nel maggio del

    1945, un gruppo di cooperatori cattolici ricostituisce la Confederazione Cooperativa Italiana e

    alcuni mesi pi tardi venne ricostituita la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue. Si arriv alla

    legge Basevi, approvata nel settembre 1947, contenente "Provvedimenti per la cooperazione", che

    sanciva sia i principi solidaristici che democratici, sia le clausole che certificavano il principio di

    mutualit sancito dalla Costituzione. Ma la guerra fredda e la successiva divisione del mondo in

    due blocchi contrapposti smorzarono le illusioni di un rinnovamento sociale: non furono anni facili

    per le cooperative, vittima di un vero e proprio ostracismo. Il tentativo di di riscossa pass

    attraverso la Carta rivendicativa della cooperazioni nel dicembre 1953 che rivendicava (a titolo non

    esaustivo):

    restituzione del maltolto ;

    cessazione delle gestioni commissariali;

    statuto definitivo della cooperazione;

    perequazione finanziaria e tributaria;

    Le crisi degli anni Cinquanta conclusero la fase storica del cooperativismo, favorendo

    l'affermazione dei grandi consorzi nazionali: nacque nel 1962 a Bologna il Consorzio Nazionale

    Dettaglianti, Conad, al fine di organizzare in comune i rifornimenti e gli acquisti di generi

    alimentari, bevande e beni di consumo e sempre a Bologna, l'anno successivo si attiv l'UNIPOL. A

    partire dai primi anni settanta si avvert una necessit di riformare la Legge Basevi, e cos con la

    Legge 127/1971, furono stabiliti alcuni provvedimenti per un moderno funzionamento delle

    cooperazioni. Sempre nello stesso anno si costitu l'Unione Nazionale Cooperative Italiane

    (U.N.C.I.), grazie all'impegno di un gruppo di ispirazione cattolica. Ma se i segnali di una ripresa

    del movimento cooperativo si erano sentiti a partire dai primi anni settanta, fu con le elezioni del

    1975, in cui si registr una forte svolta a sinistra del paese, che il ruolo del movimento cooperativo,

    quale originale protagonista imprenditoriale, "terza via" nello sviluppo economico del paese,

    alternativa sia al capitalismo privato che al sistema delle pubbliche imprese, venne riproposto.

    L'interesse che il movimento cooperativo suscit con quella politica di rilancio favor quello

    straordinario sviluppo del movimento stesso tra gli anni 1977 e 1979. Nuove sfide si

    prospettarono a partire dagli anni ottanta, nel momento in cui il sistema produttivo, modificato

    profondamente da importanti trasformazioni, pose al movimento cooperativo il problema di come

    agire sul mercato senza smarrire i propri valori della solidariet e della mutualit.Con la crisi, che

    aveva scosso il mondo cooperativo con le dimissioni del presidente della Confederazione, il

    movimento usc lentamente a partire dal 1984: in quell'anno il terzo Congresso Nazionale, tenutosi

    a Roma, rilanciava la sfida ai grandi problemi produttivi del paese: l'occupazione nel Sud,

    l'agricoltura e la piccola imprenditoria. Per affrontare simili sfide si avvert la necessit di ingenti

    capitali, e la cooperazione da un lato opt per l'accesso al mercato dei capitali, pur rimanendo

    un'impresa di persone con scopi mutualistici, dall'altro scelse l'aumento dell'autofinanziamento.

    Nacque la Banec, una banca nazionale con sede a Bologna, si potenzi Fincooper e Unipol entr in

    Borsa. Sempre negli stessi anni la Legge 49/1985, Legge Marcora, prevedeva l'istituzione di un

    fondo a favore delle cooperative costituite tra lavoratori in cassa integrazione guadagni utilizzabile

  • 16

    sia per l'acquisto dell'azienda in difficolt presso la quale avevano lavorato, sia per la costituzione

    di una nuova societ, al di fuori del settore agricolo. Sulla scia di questi incentivi il movimento

    acceler lo sviluppo economico, grazie anche ad alcune importanti iniziative come la costituzione

    di FINEC (Finanziaria Nazionale dell'Economia Cooperativa) controllata dal Fincooper e della

    Societ Finanziaria Meridionale (SoFiMer) in collaborazione con Isveimer e Banco di Napoli.

    Mentre il movimento cooperativo si espandeva anche nel settore delle costruzioni, determinando

    una crescita quantitativa tanto imponente da costringere le societ a riflettere sulle caratteristiche

    del proprio essere cooperative, la Legge 59/1992 introduceva importanti novit riguardo le

    modalit di finanziamento delle cooperative. Si istitu una nuova categoria di soci sovventori le cui

    risorse finanziarie potevano essere utilizzate nell'ambito di fondi per lo sviluppo tecnologico e per

    la ristrutturazione e il potenziamento aziendale20. La Cooperazione oggi si propone come attivit

    produttiva gestita direttamente da chi lavora e rivendica, come ha fatto sin dalla sua nascita, il

    diritto per tutti i ceti sociali di accedere all'esperienza dell'impresa, di produrre reddito, occupazione

    e solidariet: difatti non va vista come "terza via" tra capitalismo e statalismo, ma come risposta

    avanzata di democrazia economica, di sviluppo sostenibile, legato al territorio, basato sui valori e

    sulla dignit dell'uomo, pure all'interno di un'economia di mercato. Un'economia che non si

    accontenta del guadagno immediato, della massimizzazione dei profitti dei pochi a scapito dei

    molti, ma guarda alle generazioni future, accantonando gli utili nei fondi di riserva indivisibili che

    si trasmettono di generazione in generazione. Proprio perch le cooperative sono imprese con un

    bilancio che deve chiudere, quanto meno, in pareggio, esse stanno a tutti gli effetti nel mercato, ma

    con competenze distintive e con logiche diverse. Il fatto poi che stiano crescendo le attenzioni

    verso uno sviluppo economico pi umano e stiano aumentando i richiami all'etica anche negli

    affari, un esempio la SA 8000 ai fini della certificazione etica delle aziende, dimostra che principi

    e le metodologie cooperative, lungi dall'essere desuete, sono acquisite allinterno dei proprio

    modelli organizzativi persino dalle imprese di capitale21.

    20 AA:VV., Limpresa cooperativa negli anni 80. Lautogestione e i problemi della crisi economica, Bari, 1982

    21 V. GALETTI, La cooperazione in Italia. 90 anni di storia, Roma 1976.

  • 17

    2. CAPITOLO SECONDO I PRESUPPOSTI DI COLPEVOLEZZA DELLENTE

    2.1 Lapproccio normativo e la responsabilit degli enti collettivi

    Quando viene menzionato il lemma ente (dal latino ens, essere) nel linguaggio giuridico viene

    intesa prevalentemente una persona giuridica, unorganizzazione di persone o di beni che assume

    una rilevanza allinterno dellordinamento: l'organizzazione di persone o di beni quindi, il

    cosiddetto elemento materiale della persona giuridica, necessario per la sua esistenza, ma non

    vincolante, dovendo sussistere al cosiddetto elemento formale, ovvero il riconoscimento. Ma anche

    un'organizzazione priva di tale elemento formale gli si pu attribuire una autonomia patrimoniale,

    ossia una separazione, tra il patrimonio a essa riferibile e quello di altri soggetti del diritto. Qui

    possono rientrare nel concetto di ente:

    persone giuridiche;

    organizzazioni private, non di persone giuridiche (enti di fatto);

    le organizzazioni pubbliche, prive di personalit giuridica e parti di un ente pubblico pi

    ampio di carattere autonomo. Quando l'ordinamento attribuisce a enti, pur privi di personalit

    giuridica, un certo grado di autonomia patrimoniale essi, possono comunque essere considerati

    soggetti di diritto.22

    Il Dlgs 231del 200123 entrato in vigore il 4 luglio 2001 il quadro normativo che costituisce

    l'attuazione degli impegni assunti dall'Italia, anche a livello comunitario ed internazionale,

    nell'ambito della lotta alla corruzione e che disciplina la responsabilit diretta delle aziende e

    degli enti che si aggiunge, senza sostituirsi, a quella delle persone fisiche che hanno

    materialmente commesso il reato. Tale dispositivo ha introdotto nell' ordinamento italiano un

    modello di illecito a titolo di responsabilit amministrativa: codesto emendamento quindi, pu essere

    contestato alle persone giuridiche, alle societ ed associazioni prive di personalit giuridica, con lo scopo

    di coinvolgere il patrimonio stesso, nella punizione di reati presupposti, come conseguenza di reati

    commessi nel proprio interesse o a vantaggio dai propri amministratori o dipendenti, nonch,

    dalla mancanza di modelli organizzativi ,MOG e relativi controlli . Ma quando si parla di responsabilit

    amministrativa, ci si ridirige perentoriamente a condizioni in cui si verificano determinate tipologie di

    reati espressamente indicati dalla normativa. Lelenco dei reati che possono originare la responsabilit

    delle aziende e degli enti in genere, in continuo aggiornamento e ampliamento. Attualmente, oltre ai

    reati di natura colposa (omicidio e lesioni gravi o gravissime), connessi alla tutela della salute e sicurezza

    sui luoghi di lavoro, interesse di codesto elaborato, la generalit dei reati di tipo doloso e include tra gli a

    titolo esemplificativo e non esaustivo:

    indebita percezione di erogazioni,

    truffa ai danni dello Stato o di un ente pubblico per il conseguimento di erogazioni pubbliche,

    22 Guido Landi, Ente (premessa), voce dell'Enciclipedia del diritto, Vol. XIV, Milano, Giuffr, 1965

    23 a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300. (GU n.140 del 19-6-2001 )

  • 18

    concussione,

    corruzione,

    frode informatica ai danni dello Stato,

    reati societari,

    delitti con finalit di eversione dell'ordine democratico,

    abusi di mercato,

    reati ambientali

    reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. 24

    La responsabilit dell'ente, inoltre, ai sensi dell'art. 5 del Dlgs 231, sussiste per i reati commessi nel suo

    interesse o vantaggio da persone che:

    rivestono funzioni di rappresentanza o direttive di tipo apicale;

    sono sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti apicali.

    A tal proposito si parla di :

    criteri di imputazione oggettiva dove l'Ente tenuto a rispondere allorquando il reato sia

    stato commesso da parte di un soggetto legato all'Ente e nell'interesse o a vantaggio dell'Ente

    medesimo; quest'ultima condizione ricorre allorquando lattore del reato abbia agito con l'intento di

    favorire l'Ente e abbia ottenuto un vantaggio: un risultato positivo. Per converso, l'Ente non risponde

    se il reato stato commesso nell'interesse esclusivo dell'autore del reato o di terzi. Gli autori del reato

    dal quale pu derivare la responsabilit dell'Ente possono essere:

    A. soggetti apicali: con potere di amministrazione e direzione dell'Ente; rientrano le figure di :

    amministratore, direttore generale o di stabilimento, rappresentante legale, nonch, tutti

    coloro che esercitano, anche solo di fatto, funzioni di rappresentanza, amministrazione o

    direzione o di una loro unit organizzativa dotata di autonomia finanziaria-funzionale;

    B. soggetti subordinati: sottoposti alla direzione e controllo da parte dei soggetti apicali;

    appartengono a questa categoria tutti i dipendenti nonch tutti coloro che agiscono in nome,

    per conto o nell'interesse dell'Ente, quali collaboratori e/o consulenti.

    I criteri d imputazione oggettiva dell'Ente si articolano disparatamente, a seconda di chi ha

    commesso il reato :

    se il reato commesso da un soggetto apicale (A), si presume che l'illecito sia

    imputabile ad una politica dell'Ente o, ad un deficit organizzativo, ragion per cui l'Ente si

    riterr responsabile ove non dimostri la sua estraneit;

    se il reato commesso da un soggetto in posizione subordinata (B), la

    responsabilit dell'Ente viene ricondotta all'inadempimento doloso o colposo degli

    obblighi di direzione e di vigilanza da parte dei soggetti in posizione apicale.

    Criteri di imputazione soggettiva: ovvero dove i criteri dell'Ente attengono all'elemento della colpa:

    24 Artt. 21 - 25-duodecies

  • 19

    perch l'Ente sia ritenuto responsabile, l'illecito deve essere rimproverabile, ovvero un espressione della

    politica aziendale o un deficit organizzativo. La responsabilit dell'Ente sussiste se non sono stati adottati

    o adeguatamente attuati modelli organizzativi di gestione e controllo conformi al settore operativo. Si

    rammenta che la responsabilit dell'Ente, esclusa qualora le figure apicali e/o subordinate abbiano agito

    nell'interesse proprio o di terzi, interrompendo quel meccanismo fondamentale tra la condotta del singolo e

    l'ambito delle funzioni esercitate per conto del collettivo. Sempre ai fini esimenti della responsabilit

    amministrativa, assume rilievo l'adozione di strumenti organizzativi e di controllo interno, adottati al fine

    della sorveglianza del modello stesso. Detto ci altro elemento fondamentale da tenere in

    considerazione, ci che viene definito lapparato sanzionatorio afflitto a tutte quelle condotte

    che tendono a concretizzare una responsabilit penale e amministrativa delle persone giuridiche. Il

    corpus sanzionatorio che il legislatore ha voluto collegare alla responsabilit penale e

    amministrativa delle persone giuridiche definito a seconda della commisurazione e

    dell'incidenza che le stesse hanno sullo svolgimento dell'attivit. Esse possono essere25

    sanzioni pecuniarie

    sanzioni interdittive;

    confisca del profitto del reato;

    pubblicazione della sentenza.

    La sanzione pecuniaria incentrata sul concetto di "quota" e viene applicata in un numero non

    inferiore a cento n superiore a mille26. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il

    Giudice determina il numero delle quote tenendo conto dei principi fondanti della teoria e cio:

    della gravit del fatto, della responsabilit dell'Ente, dell'attivit svolta per eliminare o attenuare

    le conseguenze del fatto e prevenire la commissioni dilleciti. Nella determinazione dell'importo

    della quota, si tiene conto delle condizioni economico-patrimoniali dell'Ente, allo scopo di

    assicurare l'efficacia della sanzione. Indi per cui il Giudice, pragmaticamente, espleter un

    calcolo moltiplicativo cui moltiplicatore sar il numero quote determinato e moltiplicher a sua

    volta il valore monetario della singola quota stabilita, in relazione alle condizioni economiche-

    patrimoniali del soggetto coinvolto. Tal concetto quindi, permette di predisporre uno strumento

    che al contempo pu implementare quello dell'efficacia della sanzione unitamente a quello di

    perseguire obiettivi di prevenzione generale o specifica.

    Le sanzioni interdittive invece, sono quelle che possono comportare conseguenze dirette

    sull'attivit dimpresa, in quanto possono consistere nella sospensione o revoca di

    autorizzazioni, licenze o concessioni, funzionali alla commissione dell'illecito ovvero del

    divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione. Va precisato che tali sanzioni possono

    essere applicate per i reati a cui sono espressamente previste e quando ricorre una di tali

    condizioni, ovvero:

    - l'Ente abbia ottenuto dal reato un profitto di rilevante ed il reato sia stato posto in essere

    da un soggetto apicale o sottoposti all'altrui direzione;

    - in caso di reiterazione degli illeciti.

    25 Agli imprenditori individuali, allo stato, alle regioni, alle province, ai comuni, agli altri enti pubblici non economici, ai partiti politici e ai sindacati.

    26 ogni quota varia da un valore minimo di 258 euro a un massimo di 1.549 euro

  • 20

    Le sanzioni interdittive hanno un limite temporale minimo di tre mesi ed un massimo di due

    anni. Tra le sanzioni interdittive vi anche l'interdizione dall'esercizio dell'attivit che deve

    essere applicata solo se le altre sanzioni interdittive sono ritenute dallinquisitore inadeguate. A

    seguito dell'applicazione di una sanzione interdittiva, il Giudice pu disporre la pubblicazione

    della sentenza di condanna ovvero mediante affissione nel luogo ove la societ ha la sede

    principale. Con la sentenza di condanna, il Giudice dispone sempre la confisca del profitto del

    reato, salvo la parte che deve essere restituita al danneggiato. Le sanzioni amministrative si

    prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato, mentre

    l'inosservanza delle medesime pu comportare la reclusione da sei mesi a tre anni per l'autore

    materiale nonch l'applicazione della sanzione pecuniaria e di misure interdittive nei confronti

    dell'Ente. La confisca del reato e la pubblicazione della sentenza trovano, quindi, nella loro

    attuazione la duplice ratio, rivolta a privare l'Ente dal beneficio economico avuto con la

    commissione del reato e, nello stesso tempo, ad incidere direttamente sulla concezione e

    percezione che i Partner hanno dell'Ente che ha commesso il reato.

    Per quanto si concerne i delitti, il Dlgs 231/2001 prevede e regola i casi in cui si realizza solo

    nelle forme del tentativo. L'art. 26 del Decreto stabilisce che le sanzioni pecuniarie-interdittive

    sono ridotte da un terzo alla met in relazione alla commissione, nelle forme del tentativo, dei

    delitti indicati nel presente capo del decreto ". L'Ente non risponde dei delitti tentati quando

    volontariamente impedisce il compimento dell'azione o la realizzazione dell'evento.

    Il Decreto inoltre disciplina il regime della responsabilit qualora l'Ente modifichi la propria

    struttura successivamente alla commissione del reato. In caso di trasformazione o fusione, la

    societ risultante dalla modifica responsabile dei reati commessi dall'Ente originario, con

    applicazione delle sanzioni irrogate. In caso di scissione parziale, rimane impregiudicata la

    responsabilit dell'Ente scisso per i reati commessi anteriormente alla scissione. Tuttavia, gli

    enti beneficiari della scissione sono solidamente obbligati, limitatamente al valore del

    patrimonio trasferito, al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute per i reati anteriori alla

    scissione compiuti dallEnte. Le sanzioni interdittive eventualmente comminate si applicano a

    coloro cui rimasto o stato trasferito, il ramo di attivit nell'ambito del quale il reato stato

    commesso. In caso di cessione o di conferimento dell'azienda nell'ambito della quale stato

    commesso il reato, il cessionario solidamente obbligato con il cedente al pagamento della

    sanzione pecuniaria, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'Ente cedente e

    comunque nei limiti del valore dell'azienda ceduta e delle sanzioni pecuniarie risultanti dai libri

    contabili obbligatori e di cui il cessionario era a conoscenza.

    2.2 Computare i costi della non sicurezza e il Modello di organizzazione e gestione, MOG

    La politica aziendale di prevenzione dei rischi una decisione complessa per il management poich

    si realizza in condizioni di incertezza e riguarda quei rischi che non si generano nel mercato, ma

    sono congiunti a quelli di produzione economica e determinano una categoria speciale di costi,

    sanzionati dallo Stato per la non osservanza delle misure di sicurezza. Quello che si annovera

    ancora oggi nel mondo imprenditoriale di piccole-medie dimensioni e non solo, la consuetudinaria

    vision della sicurezza come elemento optional che impone oneri a chi gestisce lorganizzazione

    stessa. E innegabile che il mantenimento di un azienda ad un elevato standard di safety richiede

  • 21

    ingenti investimenti di tempo, energie e risorse, ma anche vero che la mancanza di sicurezza e la

    sua non gestione adeguata, genera comunque un surplus di costi a carico della stessa. Nella gestione

    di unattivit imprenditoriale entrano necessariamente in gioco aspetti economici derivanti della

    produzione, nella fattispecie quelli definiti come :

    Costi produttivi

    Costi non produttivi

    Esistono anche obblighi morali e legislativi ben precisi e vigenti a partire da quanto indicato in

    primis dalla Costituzione Italiana che recita all art 41

    L'iniziativa economica privata libera. Non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale o in

    modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana. La legge determina i

    programmi e i controlli opportuni perch l'attivit economica pubblica e privata possa essere

    indirizzata e coordinata a fini sociali.

    E via via sempre pi, entrando in dettagli sempre maggiori elargiti nei disposti normativi specifici

    in vigore e richiamati allinterno di codesto elaborato. La sicurezza oltre ad essere vista come un

    obbligo deve essere intesa anche come valore responsabile in cui gli obblighi principale per il

    Datore di Lavoro sono passati da un rispetto passivo della norma cogente ad un impostazione

    dinamica della sicurezza, richiedendo quindi un atteggiamento proattivo e partecipativo che si pu

    realizzare allinterno della realt imprenditoriale nei cosiddetti costi della sicurezza nella fattispecie:

    Acquisto impianti di processo conformi

    Manutenzione della attrezzature

    Adeguamento allevoluzione tecnica

    Istruzioni di lavoro

    Valutazione dei Rischi e relativo documento

    Ma molto spesso tutti gli investimenti volti al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute

    dei lavoratori sono catalogati come costi addizionali: un punto di vista negativamente diffuso

    ascrive al tema della sicurezza tutti i costi legati all adempimento dei compiti obbligatoriamente

    previsti dalla legislazione e normazione tecnica, a tal punto da porsi il quesito se la sicurezza sia

    uno spreco allinterno dellorganizzazione e se ci viene fatto perch imposto. Se codesto pensiero

    concezione intrinseca diffusa nei Datori di Lavoro e/o professionisti, allora la sicurezza

    obbligatoria pu essere visto come un costo improduttivo e sovente inoltre la sicurezza vista come

    costo accessorio, di secondo ordine rispetto ai costi di produzione seppur la stima dei costi della

    sicurezza sono elementi cogenti. Quando si parla di costi della sicurezza molto spesso si

    assoggettato un goffo e fuorviante significato da parte del Legislatore. Gi con il Dpr 222/03

    Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in

    attuazione dell'articolo 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 abrogato dal Dlgs

    106/2009 27

    , definiva i costi della sicurezza o oneri per la sicurezza come valori individuati e

    compresi nellimporto totale dei lavori non soggetti a ribasso.

    27 Il DECRETO LEGISLATIVO 3 agosto 2009, n. 106 (in SO n.142, relativo alla G.U. 05/08/2009, n.180) nell'introdurre la lettera d-quater) al

    comma 1 dell'art. 304 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (in S.O. 108 relativo alla G.U. 30/04/2008 n. 101) ha conseguentemente disposto (con l'art. 146,

    comma 1, lettera a)) l'abrogazione dell'intero provvedimento.

  • 22

    Ma i medesimi non sono da paragonare ad uno spreco o ad una spesa obbligatoria. Sono

    investimenti per ridurre i costi della mancata sicurezza come:

    Incidenti di processo, malattie professionali e infortuni

    Costi sociali ovvero quegli oneri che hanno origine dai quei danni che lo svolgimento di

    un'attivit economica (come la produzione o la vendita di un bene o la prestazione di un

    servizio) sono in grado di arrecare a singoli individui o alla collettivit nel suo complesso,

    qualora questi non ricevano un risarcimento o un indennizzo per il danno subto

    Un evidente distinzione tra i costi della sicurezza e quelli della mancata sicurezza sono

    caratterizzati dal loro ammontare nonch quando questi si verificano, soprattutto per quanto si

    concerne ai costi della mancata sicurezza. Entrambi questi elementi influenzano il comportamento

    di chi deve prendere decisioni in un azienda e spesso, a fronte di incertezza che vengono dettate

    dalle condizioni organizzative dellimpresa si paga una certezza: le coperture assicurative. Una

    valutazione esaustiva dei costi della non sicurezza deve affrontare, per essere affidabile e non

    sterile, i costi derivanti da tutte le disfunzioni del sistema aziendale connesse a:

    mancati infortuni (con danni a cose e non a persone)

    infortuni in medicazione

    infortuni in franchigia

    infortuni indennizzati

    infortuni con postumi di invalidit permanente

    infortuni con esito mortale

    Per quanto si concerne la catalogazione dei costi 28

    alcuni studi in materia hanno identificato pi di

    un centinaio di potenziali conseguenze per un infortunio, di cui il 70-55% riguardano solamente la

    realt imprenditoriale. Per ogni evento infortunistico si possono identificare una ventina di

    conseguenze e analizzandole brevemente, si possono adottare diverse ripartizioni, connesse agli

    obiettivi dellindagine economica che si vuole realizzare, quali:

    1) Costi diretti:

    - diretti

    - assicurati

    - visibili

    - misurabili

    - obbligatori

    2) Costi indiretti:

    - non assicurati

    - occulti

    - stimabili

    - improduttivi

    28 Riferimento a trattati di Aaltonen ed altri, 1996

  • 23

    La maggior parte dei ricercatori29

    separa i costi degli incidenti nelle categorie dei costi diretti e

    indiretti. I costi diretti, individuabili spesso anche alle categorie dei costi visibili e misurabili, sono

    quei costi di cui i Datori di Lavoro sono a conoscenza e che sono facilmente identificabili in quanto

    strettamente correlati allevento occorso quali:

    - ore perse dal lavoratore

    - ore perse dai colleghi per assistenza allinfortunato per prima assistenza

    - i costi di pronto soccorso, ospedalizzazione e cure mediche (comprese le riabilitazioni)

    - retribuzioni dovute al lavoratore (giorno dellinfortunio e tre giorni di carenza)

    - integrazioni del trattamento retributivo INAIL

    - danni materiali ad attrezzature, impianti e conseguenti al ripristino del luogo di lavoro

    - mancata produzione

    - costi amministrativi per denunce infortuni

    - sanzioni pecuniarie

    - adempimenti prescrizionali per ladeguamento di protezioni individuali e collettive

    I componenti principali dei costi indiretti si possono per semplicit metodologica raggruppare

    in quattro macro-categorie

    1)Costi legali ed assicurativi:

    - assistenza legale/ professionale

    - oneri di causa, perizie, consulenze tecniche

    - gestione azioni di surroga

    - incremento oneri assicurativi obbligatori ed integrativi

    -

    2)Costi di indagine ed amministrativi

    - reports sullevento occorso

    - analisi dei casi

    - adeguamento del sistema di sicurezza (ripristino formale e sostanziale

    - aggiornamento DVR, DUVRI

    - procedure di sicurezza, obblighi formativi,sviluppo di nuove procedure

    3)Costi legati alla produttivit:

    - lucro cessante

    - costi per il recupero della produzione a seguito dellevento e dellassenza

    dellinfortunato (es. straordinari, ricorso a somministrazione, ecc.)

    - riduzione dellimpegno e delle motivazioni della forza lavoro (per timore del

    reiterarsi di eventi ricorrenti, per disaffezione, per eccessivo turnover)

    - trasferimento e formazione di personale

    - penali per ritardata consegna di produzione

    - minore capacit dellinfortunato al rientro

    -

    29 Heinrich 1931; Gosselin, 2004; LaBelle, 2000; Oxenburgh, 1997

  • 24

    4)Danni per conflittualit e perdita dimmagine

    - danni allimmagine del prodotto o del marchio aziendale

    - sequestro macchine o impianti

    - sanzioni pecuniarie, sospensive e interdittive (D. Lgs. 231/2001)

    - ore perse per conflittualit sindacale (scioperi)

    La maggior parte dei costi sintetizzati possono appartenere, in una logica meramente classificativa,

    anche alle categorie dei costi occulti non assicurati e di conseguenza improduttivi . Per quanto si

    concerne alla quantificazione dei costi indiretti sostenuti in passato da unazienda ci concezione

    ardua ed il fattore danalisi su cui soffermarsi. Essa richiede tempo e risorse da dedicarvi e pu

    basarsi spesso se non esclusivamente sul recupero di dati storici, per identificare i fattori da

    considerare ed i relativi oneri. Il fatto che le valutazioni si esprimono a posteriori e su un

    fenomeno infortunistico consolidato mina sovente di estrapolazione dei risultati per il futuro.

    Da qui la necessit di adottare sistemi di calcolo che consentano di stimarne anche gli effetti a

    venire. Fra le metodologie analitiche pi diffuse si menzionano:

    - Lanalisi top-down che utilizza i dati nazionali, le statistiche, o i risultati di altri studi per

    calcolare un costo indiretto medio dei danni da non sicurezza.

    - Lanalisi bottom-up, basata su dati in genere raccolti attraverso indagini, questionari o

    interviste su un campione di eventi sul lavoro nello stesso settore. Ci indicato quando ci si pone

    dinanzi a settori caratterizzati da imprese le cui ridotte dimensioni di organici e/o di eventi non

    consentono lidentificazione di campioni statistici numericamente e qualitativamente affidabili

    - Lanalisi specifica, che si basa sullo studio dei dati raccolti nella singola azienda laddove sono

    catalogati tutti gli eventi e viene redatta una valutazione analitica su dati statisticamente

    significativi, che male si concilia con le dimensioni medie delle aziende italiane.

    In sintesi, una stima dei costi indiretti rapportata al valore dei costi diretti stata valutata in misura

    diversa (per gli eventi considerati) ma attendibile:

    - da Heinrich (1931, 1941, 1959) il quale ha riscontrato che i costi indiretti sono quattro volte

    superiori rispetto ai costi diretti

    - dal National Safety Council che sostiene che i costi diretti vanno da tre a dieci volte i costi diretti

    degli infortuni (1985)

    - da Head and Harcourt (1997) per i quali i costi indiretti sono in rapporto di 1:2,9 rispetto ai costi

    diretti

    Nonostante queste approssimazioni, tutti questi studi dimostrano l'importanza dellincidenza dei

    costi indiretti e sottolineano quanto sia utile approfondire questo aspetto. Si pu esemplificare tale

    andamento immaginando un iceberg del quale la parte emersa (i costi diretti) considerevolmente

    inferiore alla parte sommersa (i costi indiretti). L Iceberg sar sempre pi pronunciato se si valuter

    la dinamica dei costi della non sicurezza per:

    1)eventi senza danni alle persone, con infortuni in medicazione o in franchigia

  • 25

    2)eventi indennizzati normali

    3)eventi di particolare gravit

    e si trover che lincidenza dei costi indiretti e non direttamente proporzionale alla gravit, anzi in

    casi di minor spessore maggiormente influente. Fra le procedure di immediata efficacia per

    lanalisi dei costi aziendali palesi e gi sostenuti si menzionano

    - Il metodo S.H.I.E.L.D30

    (Safety and Health Indicators for Economic. Labour Decisions): tale

    metodo un efficace strumento di gestione del bilancio che consiste nellestrarre dalla contabilit

    generale i costi di prevenzione ed i costi sociali, classificati per natura e riaggregarli / riclassificarli

    secondo il criterio di destinazione, ad es per la prevenzione dei rischi.. S.H.I.E.L.D. progettato

    anche per la definizione del budget di sicurezza e tale metodo consente inoltre, a consuntivo, di

    calcolare agevolmente i costi aziendali effettivamente sostenuti (composti dai costi di prevenzione

    discrezionali ed obbligatori a consuntivo e dai costi sociali effettivi sostenuti) Il costo della non

    sicurezza si quantifica con la differenza fra quanto effettivamente speso e quanto rispondente ai soli

    oneri obbligatori dovuti per la realizzazione e gestione del sistema sicurezza. Un altro valido

    supporto stato realizzato dallUniversit degli studi dellAquila31. Infine un ulteriore supporto

    particolarmente utile ed applicabile per le familiarit fra i sistemi normativi italiano e spagnolo

    costituito dalla Metodologa para la evaluacin econmica de los accidentes de trabajo32

    A tal punto si elargiscono alcune valutazioni sui costi improduttivi della non sicurezza e sulla

    possibilit di utilizzarli come base per il finanziamento del miglioramento continuo aziendale in

    materia. Tali costi rappresentano un capitolo di spesa variabile, che comporta spesso il buttare

    dalla finestra risorse economiche importanti ma riducibili. Il pi significativo costo improduttivo

    legato alla non sicurezza rappresentato dai premi assicurativi INAIL eccedenti il dovuto e

    gravanti sulle aziende. La misura del tasso medio di tariffa risulta, per ogni attivit imprenditoriale,

    connessa al rischio nazionale complessivo dei soggetti datoriali che svolgono ogni singola

    lavorazione (rischio misurato in base alle conseguenze economiche degli eventi e non al loro

    numero o natura) e varia al variare di esso. Nella materiale applicazione aziendale, il meccanismo di

    determinazione dei premi INAIL, ha attuato un valido sistema che premia le aziende il cui

    andamento infortunistico economico (rapporto costo degli eventi risarciti rispetto ai monti

    retributivi aziendali) risulta migliore o peggiore rispetto a quello nazionale di riferimento delle

    lavorazioni. Ne conseguono sconti od aumenti, variabili in relazione anche alle dimensioni

    aziendali, dal 17% al 35% del tasso medio infortuni, ed fino al 35% per il tasso medio di

    sovrappremio silicosi. Negli ultimi anni, inoltre, lINAIL ha cercato di valorizzare il proprio ruolo

    in materia prevenzionale, attraverso due meccanismi ulteriormente incentivanti:

    - gli sconti per adozione di misure di sicurezza aziendali, sia allinizio dellattivit (Mod. OT20),

    sia a regime (Mod. OT24)

    - i bandi di finanziamento degli interventi di sicurezza ed igiene sul lavoro (ISI).

    30 La metodologia S.H.I.E.D del Prof. Luigi Golzio, Centro interdipartimentale di Prevenzione sui rischi negli ambienti di lavoro dellUniversit di Modena e Reggio Emilia - anno 2011 31 http://www.valocchi.eu/sicurezza_macchine/budget_costi. 32 http://www.insht.es/InshtWeb/Contenidos/Documentacion/TextosOnline/Rev_INSHT/2000/7/artFo ndoTextCompl.pdf

  • 26

    Se si considerano le migliori condizioni cui un Datore di Lavoro pu ambire, ogni maggior costo

    assicurativo configurabile come spesa improduttiva, che grava anche in termini massivi

    sulleconomia aziendale, senza risolvere alla base il problema della sicurezza e dei costi umani ed

    economici indotti.. Da qui lesigenza di tenere sotto controllo landamento dei tassi INAIL,

    adoperandosi per conseguire le migliori condizioni assicurative che le norme di legge vigenti

    consentono sia riducendo il fenomeno infortunistico, sia correggendo le disfunzioni e gli errori

    nellapplicazione dei premi INAIL che possono comportare un aumento indebito, ingiustificato od

    economicamente sperequato. Un insufficiente sistema gestionale aziendale del rapporto assicurativo

    diventa, in questa ottica, un fattore di non sicurezza, assorbendo risorse economiche meglio

    impiegabili. Non qui il caso di dilungarsi troppo sulla ricca casistica di fattori che, alla prova dei

    fatti, si sono qualificati come indebiti aggravi di premi non dovuti. In conclusione a ci quello che

    si pu deliberare che il rischio zero un utopia. Linfortunio zero meno. Ma labbattimento

    degli oneri improduttivi della non sicurezza alla portata di ogni realt imprenditoriale pu dare

    risultati utili ed immediati .

    A tal proposito quindi, la realizzazione di un sistema organizzativo aziendale finalizzato a garantire

    il raggiungimento degli obiettivi di salute e sicurezza cercando, attraverso la strutturazione e la

    gestione, di massimizzare i benefici minimizzando al contempo i costi, pu essere un espediente

    utile alle necessit poste. Il Modello di organizzazione e gestione, MOG, quell insieme organico

    di principi, regole, protocolli/procedure d adottare formalmente e da applicare nella gestione

    dellEnte e sulla modalit di rapportarsi con terzi: quel sistema interno-aziendale, che mira a

    contrastare la commissione di reati sanzionati da parte di amministratori o dipendenti. Esso si

    articola in diverse componenti, tra cui: forme di organizzazione, linee guida, istruzioni. Alcune

    componenti sono caratteristiche come l Organismo di Vigilanza, l identificazione e valutazione di

    attivit sensibili in quanto a rischio-reato ed altre non caratteristiche ed esistenti in azienda

    indipendentemente come le procedure e/o il sistema disciplinare. preferibile che il Modello33

    sia

    documentato e formalmente applicato nonch concretamente in esercizio, assicurando leffettiva

    operativit di una procedura. In particolare, deve prevedere, in relazione alla natura, alla dimensione

    e al tipo di organizzazione, tutte quelle misure idonee all'organizzazione al fine di garantire lo

    svolgimento delle attivit nel pieno rispetto della legge, attraverso l'impiego dell utile essenziale

    per scoprire ed eliminare le situazioni di rischio potenziale riguardante i reati presupposti, ovvero

    reati, per la cui perfezione necessaria la commissione di un altro reato. In tal caso si parla di

    condicio sine qua non ovvero condizione senza la quale non si pu verificare un evento, ai fini

    della configurabilit del reato principale. Tali quindi, sono tutti reati c.d presupposti, la cui

    commissione elemento strutturale del reato principale, ossia un vero e proprio requisito

    (oggettivo) necessario per integrare la fattispecie. Detto ci, la nuova forma di responsabilit

    introdotta a carico degli Enti, rende necessario procedere ad una valutazione del sistema

    organizzativo in ragione dell'esposizione a possibili reati, nonch delle conseguenze a carico della

    stessa in presenza di illeciti presupposti, commessi da soggetti apicali o subordinati. Il profitto

    derivante dal corretto e coerente comportamento la possibilit di dar prova della mancanza di

    responsabilit amministrativa da parte dell'ente collettivo: l'art. 634

    del Dlgs. 231 dispone, infatti,

    33 Proprio nella prospettiva di dover fornire la prova difensiva, fondamentale che il Modello Organizzativo venga adottato con la forma scritta e la costituzione di un apposito fascicolo nel quale conservare traccia dei lavori preparatori alla stesura del documento; deve, in sostanza, essere possibile

    limmediata dimostrazione al giudice penale che quellinsieme di regole che costituisce il Modello Organizzativo esista davvero e che sia stato adottato dalla societ/ente in una certa data. 34 Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente

  • 27

    che l'ente non risponde per la citata responsabilit qualora dimostri che l'organo di vertice ha

    adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, Modelli di Organizzazione e

    di Gestione idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.

    2.3 La re