Tesi Master 20092010 Turri

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Facoltà di Scienze della Formazione Dipartimento di Scienze dell’educazione e dei processi culturali e formativi Master di primo livello in METODI e TECNOLOGIE per l’e-LEARNING Costruire la propria identità digitale fra competenze e abilità complesse Relatore: Ing. Pettenati Maria Chiara Correlatore: Dott. ssa Cigognini Maria Elisabetta TESI di master di: Dott.ssa Turri Serena Anno Accademico 2008/2009 12 febbraio 2010

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Facoltà di Scienze della Formazione

Dipartimento di Scienze dell’educazione

e dei processi culturali e formativi

Master di primo livello

in

METODI e TECNOLOGIE per l’e-LEARNING

Costruire la propria identità digitale

fra competenze e abilità complesse

Relatore: Ing. Pettenati Maria Chiara

Correlatore: Dott. ssa Cigognini Maria Elisabetta

TESI di master di:

Dott.ssa Turri Serena

Anno Accademico 2008/2009

12 febbraio 2010

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Ringraziamenti

Ringrazio di cuore la mia relatrice di tesi Maria Chiara Pettenati per le doti scientifiche ed umane dimostrate. Ringrazio Maria Elisabetta Cigognini per avermi donato la sua esperienza e la sua guida attraverso la condivisione, lo scambio e il confronto costruttivo.

Ringrazio tutti i docenti del master che mi hanno «iniziato» al mondo dell’e-learning: Giovanni Bonaiuti, Antonio Calvani, Antonio Fini, Maria Ranieri e tutti gli altri docenti, in ordine alfabetico F. Ballor, G. Bandini, N. Benvenuti, M. Guastavigna, F. Landriscina, S. Rigutti, F. Sorrentino, R. Trinchero, A. Trojani. Ringrazio Chiara Mellini per aver saputo sostenermi e incoraggiarmi anche nei momenti delicati. Ringrazio tutti i compagni del master che mai hanno fatto pesare la differenza generazionale pur esistente fra noi.

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A Delia e Mila,

mie maestre di vita.

A mio figlio Giacomo

occasione di infiniti apprendimenti

affettivi oltre che intellettuali.

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«Pace nel tuo cuore

Fortuna sui tuoi passi»

Saluto Maya

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Indice

Introduzione ............................................................................................................ 7 Capitolo 1: Scenario ................................................................................................ 9

1.1 Società della Conoscenza .............................................................................. 9 1.2 I quattro pilastri dell’educazione ................................................................. 11 1.3 Lifelong learning ......................................................................................... 11 1.4 Internet e il World Wide Web ..................................................................... 12 Conclusione di capitolo ..................................................................................... 13

Capitolo 2: Il costruttivismo sociale: .................................................................... 14 costruzione della conoscenza e dell’identità digitale ............................................ 14

2.1 Il costruttivismo sociale .............................................................................. 15 2.2 Web 2.0 ....................................................................................................... 17

2.2.1. I Personal Learning Environment (PLE) ............................................ 19 2.2.2 Personal Research Portal (PRP) ........................................................... 21 2.2.3 Social Networking ................................................................................ 22 2.3 Personal Knowledge Management (PKM) ............................................. 22

Conclusione di capitolo ..................................................................................... 24 Capitolo 3: Identità digitale ................................................................................... 25

3.1 L’identità digitale allo stato dell’arte .......................................................... 25 3.2 Implicazioni................................................................................................. 29 2.3 Espressioni dell’identità .............................................................................. 33 2.4 Caratteristiche ............................................................................................. 36 Conclusione di capitolo ..................................................................................... 36

Capitolo 4: Alfabetizzazione digitale .................................................................... 38 4.1 Termini ed approcci .................................................................................... 41 4.3 Dimensioni della digital literacy ................................................................. 43 4.4 Definizioni, modelli, contributi ................................................................... 43 Conclusione di capitolo ..................................................................................... 53

Conclusioni ........................................................................................................... 55 Bibliografia ........................................................................................................... 59

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Introduzione Questa tesi si occupa dell’identità digitale dei soggetti che operano, lavorano, imparano con e attraverso la rete: i lifelong learners. Nasce con l’intento di operare investigazioni su una serie di domande relative a un tema emergente nella Società dell’Informazione: l’identità digitale. Sono domande che riguardano le modalità con cui si costruisce l’identità digitale, sono problemi che richiedono l’individuazione delle competenze necessarie, se non indispensabili, per il conseguimento dell’obiettivo. Tali quesiti riguardano anche le modalità attraverso cui si acquisiscono le competenze messe a fuoco, il loro apprendimento, le strategie e le attività di apprendimento, gli strumenti e gli ambienti che sostengono le competenze in esame. Nel 21° secolo Internet e la Rete sono la realtà in cui un individuo interagisce, si forma e cresce, specie in un'ottica lifelong. In tale cornice l'identità digitale, che ha valore come quella reale, implica però scenari di complessità ben più specifici per caratteristiche, dinamiche, linguaggi e prassi peculiari dell'essere in rete. Essere un lifelong learner 21° consapevole comporta l'avere una piena padronanza della propria identità digitale; uno degli elementi che caratterizza un soggetto in rete consapevole (lifelong learner 21°) è il poter contare su un'identità digitale matura e valorizzata in tutto il suo potenziale, una condizione essenziale all’e-democracy e e-cityzenship. L’identità digitale è mezzo di emancipazione, è una componente critica per consentire la partecipazione nella società globalizzata della conoscenza; è l'ingrediente da utilizzare per stabilire una rete di contatti (networking) o per interagire con altre persone in modo digitale. Poiché identità personale e digitale dipendono dalle azioni e dalle scelte personali, è auspicabile che il miglioramento di sé, attraverso l’approccio lifelong learning, sia la risposta al bisogno di autorealizzazione e non una motivazione esterna; che il senso di responsabilità ispiri le azioni sia nella vita reale che in quella digitale, nella consapevolezza che le scelte operate esercitano un impatto sulla vita personale e sull’intersocialità. Identità e competenze di Personal Knowledge Management, o più brevemente PKM, concorrono insieme alla costituzione di un soggetto consapevole: sono processi che si muovono all'unisono in rete. In questa doppia accezione, si studiano, si approfondiscono e si specificano, attraverso la comparazione della letteratura e dei modelli di riferimento. La tesi si articola come segue: il primo capitolo disegna la cornice metodologica alla ricerca di coerenza, toccando i temi della Società della Conoscenza, i quattro

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pilastri dell’educazione, forme/approcci all’apprendimento: formale, informale, non formale; lifelong learning, Internet e il web. Nel capitolo 2 si presenta la cornice teorica attraverso una rassegna di teorie ed autori, per illustrare i processi e le dinamiche attraverso cui si costruiscono la conoscenza e l’identità. Si affronta altresì l’asse delle tecnologie di rete emergenti per questo studio. Nel capitolo 3 si operano delle riflessioni sull’identità digitale, descrivendone prima l'oggetto, attraverso lo studio della letteratura sull’identità personale prima, e di quella relativa all’identità digitale dopo, discutendo per entrambe caratteristiche e implicazioni. Il capitolo 4 fornisce una panoramica del tema sulle competenze digitali che, dal suo nascere ad oggi, ha visto progressivamente l'arricchimento di importanti e significativi elementi; propone un tentativo di armonizzazione delle diverse espressioni e orientamenti, con particolare attenzione alla posizione assunta dalle Istituzioni (OECD, UE, UNESCO) sul tema; descrive alcuni modelli verso i quali si guarda con particolare interesse per le implicazioni sulla costruzione dell’identità digitale; infine passa in rassegna i vari contributi provenienti da alcuni ricercatori, raccolti nel corso del convegno sulle competenze digitali tenutosi a Barcellona nel luglio 2009.

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Capitolo 1: Scenario

Figura 1: Il capitolo approfondirà le tematiche in figura.

1.1 Società della Conoscenza L’espressione «Società della Conoscenza», frequentemente utilizzata, viene presa in considerazione per darne dapprima una definizione, fornendone successivamente un breve richiamo storico, per osservarne quindi gli elementi caratterizzanti: si esplicano primariamente i legami tra conoscenza e sviluppo. È in corso una trasformazione radicale della società che deve riorganizzare se stessa, le sue concezioni del mondo, la sua struttura politica e sociale, le sue arti, le sue istituzioni fondamentali. A innescare la rivoluzione della conoscenza (Beccali, 2008) sono stati i progressi tecnologici e la globalizzazione. Elemento trainante nell’era della globalizzazione è la Rete e i processi di condivisione e collaborazione che gli ambienti sociali in Rete comportano. L’espressione Società della Conoscenza è usata per indicare un tipo di società in cui sono fortemente diffuse informazioni e conoscenza, dove capillari sono la diffusione e l'uso delle informazioni basati sulla tecnologia dell'informazione e della comunicazione (TIC, o meglio ICT per seguire l’acronimo inglese di Information Communication Technology) a basso costo. In questa forma di società il sapere, l’expertise, la creatività, l’innovazione, la conoscenza acquistano particolare rilievo senz’altro non inferiore a quello attribuito al flusso delle informazioni, ponendo implicitamente enfasi alla dimensione umana, pur essendo

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stata introdotta da uno sviluppo tecnologico. In essa, col fine di assicurare uno sviluppo economico, sempre più cruciali sono considerate la creazione e la diffusione delle conoscenze . Fu Peter Drucker (1993; 2001) a coniare l’espressione la «società della conoscenza» nella quale «la risorsa reale e dominante, il fattore di produzione assolutamente decisivo non sono né il capitale, né la terra, né il lavoro. È la conoscenza» che «… è sempre incorporata in una persona; trasportata da una persona; insegnata e trasmessa da una persona; usata bene, o male, da una persona.» Nel Documento di lavoro della Commissione consultazione sulla futura strategia “UE 2020” del novembre 2009 si legge «[…] La Commissione ritiene che l’UE 2020 debba essere guidata da fattori di stimolo tematici imperniati sulle seguenti priorità: (1) una crescita basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza: in un mondo in cui i prodotti e i processi si differenziano in funzione dell’ innovazione, le opportunità e la coesione sociale vanno potenziate valorizzando l’istruzione, la ricerca e l’economia digitale; (2) coinvolgimento dei cittadini in

una società partecipativa: l’acquisizione di nuove competenze, l’accento sulla creatività e l’innovazione, lo sviluppo dell’imprenditorialità e la possibilità di cambiare facilmente lavoro saranno fattori essenziali in un mondo che offrirà più occupazione in cambio di maggiore adattabilità;[…]; (3) un’economia

competitiva, interconnessa e più verde: l’UE dovrà essere più efficace in termini di competitività e produttività riducendo e razionalizzando il consumo delle energie non rinnovabili e delle risorse, in un contesto in cui l’energia e le risorse implicano costi elevati e maggiore pressione concorrenziale. Un tale approccio permetterà di stimolare la crescita e di conseguire gli obiettivi ambientali. Tutti i settori economici, dalle manifatture tradizionali alle start up ad alto contenuto tecnologico ne trarranno beneficio. A tal fine, potranno contribuire anche il potenziamento e l’interconnessione infrastrutturale, la riduzione degli oneri amministrativi e una maggiore rapidità dei mercati a sfruttare le innovazioni» Anche l’UNESCO (2005) ha sviluppato una riflessione sul tema nell’ambito delle politiche istituzionali mirando a integrare la concezione non circoscrivendolo alla dimensione economica. Riconoscendo che la conoscenza gioca un ruolo determinante nella crescita economica, l’apprendimento/formazione diviene il prerequisito per la creazione della Società della Conoscenza che non può esistere senza dei cittadini altamente istruiti e formati professionalmente. Una società più istruita, infatti, comporta un maggiore livello di innovazione, un aumento della produttività e una più rapida introduzione della tecnologia; è necessario però che la capacità intellettiva basata sull’interazione uomo-macchina sia distribuita globalmente, che l’educazione sia basata sul come pensare e sul come imparare, che l’apprendimento sia lungo tutto l’arco della vita.

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Nell’emergente economia globale dell’informazione si profila un nuovo motivo di esclusione: i Paesi con minore capacità di connessione saranno ulteriormente svantaggiati; il fenomeno, conosciuto con l’espressione digital divide, il divario infrastrutturale, è il divario esistente tra chi può accedere alle nuove tecnologie (internet, personal computer) e chi no, imputabile a inadeguatezza di educazione e a insufficiente formazione tecnologica.

1.2 I quattro pilastri dell’educazione La Commissione Internazionale sull'Educazione per il XXI secolo identifica i “quattro pilastri dell’educazione” (Rapporto Delors, 1996): imparare a conoscere, cioè acquisire gli strumenti della comprensione; imparare a imparare, in modo da trarre beneficio da tutte le opportunità di formazione che si affacciano nel corso della vita. Imparare a fare, cioè agire creativamente nel proprio ambiente; imparare a vivere insieme cioè partecipare e collaborare con gli altri; imparare ad essere. Non possono essere ancorati esclusivamente in una sola fase della vita di una persona o in un unico luogo. C’è bisogno di ripensare a quando sia opportuno garantire l’educazione durante la vita delle persone e quali campi del sapere sia opportuno coprire. Dovrebbero completarsi vicendevolmente ed essere correlati l’un l’altro in modo tale da far sì che ogni individuo sia messo in grado di ottenere il massimo dal proprio specifico contesto educativo durante tutta la propria vita.

1.3 Lifelong learning Nel 2000, la Commissione europea pubblica «Memorandum sull’istruzione e formazione permanente» nel quale l’apprendimento permanente viene così definito: «qualsiasi attività di apprendimento avviata in qualsiasi momento della vita e su base continuativa al fine di migliorare le conoscenze, abilità e competenze». Mentre lifelong learning, apprendimento permanente o lungo l’intero arco della vita, sottolinea la durata della formazione, lifewide learning, istruzione e formazione che abbraccia tutti gli aspetti della vita, evidenzia che può aver luogo in tutti gli aspetti e della vita. Nel Memorandum compaiono anche le tre categorie fondamentali dell’apprendimento: formale, non formale, informale.

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1.4 Internet e il World Wide Web

La rivoluzione digitale è arrivata ed è qui per restare; sta cambiando e cambierà la mappa del XXI secolo. Uno dei maggiori cambiamenti investe le istituzioni: governi, partiti politici, scuole università; tutte le relazioni sono digitalizzate, sia quelle che attengono la sfera lavorativa, sia quella personale e quella della formazione. Come ogni settore del sapere, istruzione e formazione vivono l’innovazione che ne ha modificato elementi e processi, favorendo e ridefinendo le modalità stesse del fare formazione. Il termine "ombrello" e-learning ha attraversato diverse stagioni nell’ultimo ventennio, transitando da accezioni più tecniche ad impostazioni maggiormente orientate agli approcci progettuali e metodologici. Oggi si può trovare una certa convergenza di approccio sulla seguente definizione

«Neologismo coniato agli inizi del 2000, sta a indicare un complesso di metodologie volte ad impiegare le TIC in maniera da offrire ad allievi liberi da vincoli di tempo e di spazio i dispositivi di cui un ambiente di apprendimento normalmente si avvale (risorse informative, stimoli all’apprendimento, interazioni con docenti e/o compagni.» (Calvani, 2005 p. 206)

Anche l’Ue dice che l’apprendimento basato sulle tecnologie "e-learning" aiuta a migliorare la qualità dell'apprendimento agevolando l'accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la collaborazione a distanza, favorendo l'integrazione delle ICT nell'istruzione, come fattore di cambiamento, e offrendo un'occasione per migliorare la qualità, l'accessibilità, la varietà e l'efficacia dell'offerta di istruzione. Nella sostanza, si tratta di usare le tecnologie didattiche e più in generale le ICT per arricchire, migliorare, ottimizzare il processo di apprendimento, favorendo i differenti stili e ritmi di apprendimento e offrendo agli studenti flessibilità in termini di studio.

La rete presenta ovviamente anche elementi di criticità: information overload, copyright, globalizzazione vista come omologazione, complessità dei saperi, sfide continue. Fra questi anche la dipendenza da internet, un’espressione con la quale si designa una molteplicità di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi (Kimberly Young, 2001). Sorgono quindi domande sui possibili rimedi, sulle misure da adottare e da promuovere al fine di porre argine per esempio al «diluvio informazionale» (Lévy, 1996) e pervenire ad approcci che permettano l’orientamento e filtro dell'informazione e la prevenzione all’utilizzo dipendente di internet.

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Conclusione di capitolo

Intendere i processi di apprendimento favoriti dalla rete come estesi per tutto il corso della vita, è una necessità nella Società della Conoscenza; è un nuovo paradigma dell’apprendimento. Imparare sempre per sviluppare le competenze necessarie nei diversi contesti e nelle diverse situazioni. In questa visione il ricorso all’e-learning diventa pratica per la formazione non solo scolastica ma anche lavorativa. E-learning è ineludibile se si tratta di fare formazione di tipo LLL per garantire l’alternanza lavoro formazione. Nella società digitale non si può prescindere dalle tecnologie di rete per i processi di acquisizione del sapere: l’e-learning diviene un valore aggiunto e non una scelta di ripiego. Attraverso l’e-learning si devono necessariamente sviluppare doti trasversali che sostengono il cittadino nella società digitale, che anzi, non potrebbero non essere sviluppate facendo tutto senza il supporto delle tecnologie, “come il linguaggio da forma al pensiero”. (Chomsky, 1975).

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Capitolo 2: Il costruttivismo sociale:

costruzione della conoscenza e dell’identità digitale

Figura 2: Il costruttivismo sociale: costruzione della conoscenza, costruzione dell’identità

digitale.

«La natura non è che un’ipotesi» (Manet)1

È qui proposta una riflessione sul costruttivismo sociale, la cornice teorica viene analizzata attraverso un breve inquadramento storico, l’evidenziazione degli elementi di rilevanza e applicabilità, l’osservazione degli aspetti di possibile debolezza e l’esplicitazione dei contesti in cui questa teoria dell’apprendimento appare meglio applicabile. Si considera il web 2.0 del quale vengono presentate le strumentazioni e si esamina il fenomeno dei social networking. Si prendono in esame ambienti di apprendimento personali e portali personali di ricerca, espressioni di tendenze in atto relative alla gestione personale della conoscenza. A tale scopo si considerano i contributi, presentati in e-learning papers n. 92, di quegli autori che meglio concorrono a descrivere a spiegare questo concetto.

1 Fonte Sis online pedagogia generale Ipotesi esplicativa di Bruner http://www.univirtual.it/corsi/fino2001_I/margsis/m02/02_08.htm 2 http://www.elearningpapers.eu/index.php?page=issues

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2.1 Il costruttivismo sociale In riferimento alla dimensione temporale il costruttivismo sociale si colloca negli anni novanta, essendo preceduto dal cognitivismo negli anni ottanta e dal comportamentismo negli anni cinquanta. Insieme i tre sistemi concettuali sintetizzano cinquant’anni di storia della tecnologia dell’educazione, nel corso della quale si sono registrati cambiamenti che hanno riguardato la progettazione tecnologico-didattica e il concetto d’ambiente didattico (Calvani, 1998). «I concetti principali che caratterizzano l'attuale costruttivismo possono essere ricondotti a tre: la conoscenza è prodotto di una costruzione attiva del soggetto, ha carattere “situato”, ancorato nel contesto concreto, si svolge attraverso particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale (Jonassen, 1994). In primo piano viene posta la “costruzione del significato” sottolineando il carattere attivo, polisemico, non predeterminabile di tale attività (Calvani, 2007). La conoscenza è un prodotto di negoziazione sociale, il risultato dell’interazione con gli altri, con la cultura che ci circonda. La conoscenza è dunque distribuita: non si crea soltanto all’interno della mente individuale, ma è debitrice dell’esterno, di risorse che possono essere nell’ambiente prossimo come di quello remoto. Il costruttivismo sociale afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo d’apprendimento. Questa prospettiva accoglie elementi della riflessione di J. Piaget che aveva incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali e trascurando l’aspetto sociale ed interpersonale. Il costruttivismo sociale, invece, considera l’apprendimento come un processo di costruzione di significati negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono esternamente allo studente. Tra i teorici che hanno contribuito significativamente al costruttivismo sociale, evidenziando gli aspetti cooperativi e collaborativi nel processo d’insegnamento/ apprendimento, va indubbiamente annoverato, come descritto in Ranieri (2005), Vygotskij, le cui osservazioni hanno avuto il merito di sottolineare la natura intrinsecamente sociale, interpersonale dell’apprendimento, mentre i suoi studi si sono concentrati sulla relazione tra pensiero e linguaggio. In relazione alle tecnologie per l’istruzione sono i personal media e le tecnologie di rete che si coniugano meglio al costruttivismo. Mentre i primi favoriscono modelli centrati sull’elaborazione attiva del soggetto e il concetto di medium diventa un utensile, uno strumento, un amplificatore cognitivo, l’avvento delle tecnologie di rete favorisce modelli didattici centrati sulla costruzione collaborativa della conoscenza e la tecnologia è vista come amplificatore della capacità comunicativa, diviene utensile collaborativo (Calvani 2007). Dal punto di vista delle tecnologie dell’istruzione il costruttivismo ha introdotto nuovi concetti quali:

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ambiente d’apprendimento, learning circe, e- learning, CSCW3 (Computer Supported Cooperative Work). Nella predisposizione di modelli di progettazione si dà spazio alla dimensione ricorsiva, al coinvolgimento dell’utente, all’allestimento di un primo prototipo che poi è implementato e discusso, seguito da una nuova formulazione. Si parla d’ambiente d’apprendimento sottolineando in tal modo il ruolo attivo dell’allievo; si dà importanza alla collaborazione tra allievi, alla possibilità di creare sinergie; l’insegnante diventato facilitatore, colui che aiuta a definire gli obiettivi a mettere in sinergia risorse; il rapporto più importante nell’ambiente d’apprendimento è quello tra allievo e scaffolding, risorse esterne che possono essere depositate sia in ambiente remoto sia nell’ambiente circostante (Calvani1998). La disamina del costruttivismo richiede, infine, la messa in luce degli aspetti di maggiore rilevanza ed applicabilità; vanno inoltre individuati gli elementi di criticità oltre che l’esplicitazione dei contesti in cui appare meglio applicabile questa cornice teorica. In relazione ai primi si sottolinea che il punto di vista costruttivista, in ambito tecnologico, si rivela di particolare efficacia per la sua molteplicità interpretativa che consente un ripensamento del soggetto che apprende quale progettista, pensatore meta-riflessivo e membro di una comunità, concorrendo allo sviluppo d’itinerari formativi orientati alla concretezza degli apprendimenti e supportati da una visione integrata della costruzione degli ambienti d’apprendimento. Nell’ottica costruttivista si assiste al «recupero» del ruolo docente: la sua funzione viene ad essere sollecitata dalle necessità strutturali dell'e-learning al disegno di itinerari cognitivi «pensati» come ambienti di formazione che consentano l'espressione critica, autonoma e responsabile dei soggetti che apprendono e, al contempo, valorizzino le potenzialità culturali e progettuali dei formatori (Santoianni, 2005). Tra gli aspetti non marginali di possibile debolezza sono da annoverare la dispersività e la possibile diversificazione eccessiva nei risultati tra i fruitori del processo (Calvani, 2004). Oltre a questo altre problematiche sono legate alla natura del materiale disponibile in rete, spesso irrilevante o inaffidabile, che espone gli utenti della a sovraccarico cognitivo (Mayer, 2001; Calvani, 2007), disorientamento, accumulo d’informazioni. Va inoltre tenuto conto del fatto che il costruttivismo presuppone una natura umana benevola, che sarebbe naturalmente ben disposta a costruire significati, negoziare, condividere, collaborare ecc; in realtà spesso la mente umana è indolente, radicata sui propri schemi, ostile al mutamento, più egocentrica che collaborativa ecc. In relazione ai contesti in cui l’approccio costruttivista appare meglio applicabile ci si riferisce ai contesti scolastici e agli ambienti di formazione professionale, universitaria e adulta (Calvani, 2007). Uno dei modelli più stimolanti dal punto di vista dell’Instructional Design è il costruttivismo. Al di là della sua effettiva portata rivoluzionaria all’interno del contesto della tecnologia dell’educazione, la sua capacità d’innovare ed alterare i

3 G. Bonaiuti così si esprime «si parla di CSCW per indicare un insieme di sviluppi tecnologici ed organizzativi volti a trasformare le relazioni e le modalità lavorative» Ambienti tecnologici per la collaborazione online http://62.149.230.165/moodle/mod/scorm/view.php?id=4272

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rapporti tra i modelli didattici e cognitivi preesistenti e le nuove tecnologie lo rende un elemento di massimo interesse. Vincolo considerato irrinunciabile al costruttivismo e al costruttivismo sociale è la persistenza di un contesto collaborativo aperto in cui possano avvenire i processi di negoziazione e di costruzioni di significati e conoscenza. Gli ambienti tecnologici hanno visto una curva evolutiva nell’ultimo decennio rispetto alle reali possibilità di sostenere scambi collaborativi fra i soggetti in rete, e fra coloro che partecipavano ad un processo formativo: se nei primi anni del 2000 (si pensi al triennio 2000 – 2003 in cui spopolavano ambienti online per la formazione di tipo commerciale come Learning Space) erano caratterizzati dalla presenza di ambienti web statici, chiusi, e fortemente incentrati sul concetto di “corso” con una valenza piuttosto tecnocentrica dei processi formativi in e-learning, il biennio 2004-2006 ha mostrato una maggiore attenzione agli aspetti progettuali e di learning design dell’intero processo formativo sostenuto dalle tecnologie. Ad una rinnovata attenzione progettuale (anche a scotto degli insuccessi della prevalenza tecnologica precedente) e ad una crescente cultura della qualità dei processi formativi e dello sviluppo dell’approccio open source, l’asse della tecnologia ha sempre maggiormente sostenuto gli aspetti collaborativi, aperti e dinamici dell’interazione in rete.

2.2 Web 2.0 L’espressione, iniziata a circolare dal 2005 dopo la conferenza di O’Reilly, indica un cambiamento nel modo di usare e di concepire il web: la componente sociale e partecipativa della costruzione di contenuti inizia a prevalere sugli aspetti tecnici che la rendono possibile. La trasformazione si sostanzia nell’uso del web “come un’unica piattaforma” (O’Reilly, 2005), nell’espressione di nuove culture: cultura della partecipazione, della condivisione e della connessione. Web 2.0 è una tag da intendersi più come un concetto, come un’astrazione, piuttosto che come una reale seconda release delle tecnologie di rete che, a ben guardare erano già tutte esistenti prima del 2005 (Bonaiuti, 2006; Fini & Cigognini, 2009). La tabella che segue sintetizza il ventaglio di tecnologie che possono annoverarsi sotto il termine 2.0 o, che organizzate nel loro insieme, lo hanno reso possibile:

Ajax

Un insieme di tecniche rivolte allo sviluppo di applicazioni Web dinamiche e interattive. Attualmente la maggior parte dei siti web 2.0 fa uso di questa tecnologia per offrire all’utente quelle che sono anche denominate Rich Internet

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Applications

RSS

Tecnologia che ha come scopo fondamentale la diffusione sul web di titoli d’articoli, news, link e le novità di qualunque sito.

Esempio d’aggregatore: Google reader

Blog

Traccia sul Web, applicazione concepita per facilitare la scrittura in tramite la creazione di un diario online. Rappresentano un importante spazio di diffusione di idee e ricerche in ambiti specifici.

Esempi: Blogger e Wordpress

Instant Messaging

Messaggistica istantanea permette il collegamento in tempo reale tra persone che utilizzano il personal computer.

Esempi: MSN e Skype

Podcasting

Tecniche preposte alla produzione, condivisione in e fruizione di materiali audio e/o video.

Software open source per podcasting: Audacity

Social bookmarking

Corrisponde alla messa in , alla condivisione dei bookmark tra diverse persone attraverso i siti Web dedicati. Gli utenti condividono i loro segnalibri con altre persone aggiungendo a ogni link una o più parole chiave (tag sotto forma di nuvolette).

Esempi: Delicious, Flickr e Youtube

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Social networking

Ci si riferisce ad una serie di tecnologie e servizi disponibili in che consentono ai singoli di partecipare a vere e proprie comunità virtuali basate sugli strumenti d’interazione disponibili in . L’elemento rilevante di questi servizi è la connessione tra persone. I servizi di social networking rendono possibili certe attività: sapere da chi si può ottenere una certa informazione, possibilità di essere presentati ad altre persone tramite i propri contatti, far parte di un determinato network.

Esempio: LinkedIn

Wiki

È un tipo di sito Web che consente a più utenti di crearne e modificarne le pagine contemporaneamente.

Tabella 1 I dati della tabella sono tratti da Fini (2006)

Il mondo del 2.0 implica trasformazioni nel campo dell’e-learning offrendo opportunità di apprendimento personali attraverso cui può concretizzare l’individualizzazione dell’educazione, una pratica didattica già usata nell’area dell’istruzione con il portfolio. E che i Personal Environment Management (PLE). rendono possibile. I learner difatti possono raggiungere contenuti, adottare gli strumenti più utili per il loro apprendimento, creare siti personali di apprendimento, taggare il contenuto, iscriversi a feed RSS per essere informati sugli argomenti che li interessano.

2.2.1. I Personal Learning Environment (PLE) Secondo Graham Attwell (2007) il Personal Learning Environment (PLE) riconosce il ruolo del learner nella gestione del proprio apprendimento mira a fornire strumenti per sostenere l'apprendimento; potrebbe essere utile o addirittura essenziale per l'apprendimento nel futuro. Diversi sono gli elementi che concorrono a sollecitare il ricorso al PLE quale ambiente di apprendimento privilegiato: la diversità di contesti e di situazioni di apprendimento, il riconoscimento dell’importanza dell’apprendimento informale, la coscienza che i fornitori di apprendimento sono molteplici, l’evoluzione della

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tecnologia in particolare l’emergere dell’ubiquitous computing4 e lo sviluppo del software sociale, infine il riconoscimento che l'apprendimento è continuo. L’autore esplicita i cambiamenti conseguenti all’utilizzo/ricorso al PLE, sono cambiamenti che riguardano il modo d’uso della tecnologia educativa, l'organizzazione dell’istruzione, le maggiori responsabilità e indipendenza date ai learners. Il cambiamento dell’offerta formativa per il ricercatore gallese è ineluttabile, innescata com’è dal rapido sviluppo e dall’attuazione di nuove tecnologie oltre che dal cambiamento sociale. Non manca l’autore di considerare i problemi irrisolti riconducibili ai fornitori di tecnologia, alla sicurezza dei dati unitamente a quella degli studenti. Sandra Schaffert e Wolf Hilzensauer (2008 ), ricercatori presso la società Salzburg Research, lo sviluppo e il successo crescente delle applicazioni di social networking, come i blog, i wiki e i cosiddetti "ambienti di apprendimento personali" (PLE - Personal Learning Environments appunto), modificano, facilitano e rimettono in questione l'apprendimento su internet. I PLE hanno riscontrato un discreto successo e stanno modificando il paradigma dell'apprendimento e dell'insegnamento specie in area anglosassone dove tale approccio formativo aveva già delle diverse applicazioni nei curricola anche non specificatamente con strumentazioni tecnologiche. Questa modalità comporta modifiche che riguardano diversi aspetti e attori del processo formativo:

- il ruolo del discente come creatore attivo ed auto-diretto del contenuto; - la personalizzazione con il supporto e i dati dei membri della comunità; - il contenuto dell'apprendimento come "bazar" illimitato; - il ruolo fondamentale della partecipazione sociale; - la proprietà dei dati del discente; - il significato dell'apprendimento auto-organizzato per la cultura degli

istituti e organismi educativi - gli aspetti tecnologici dell'uso di strumenti di social networking e

dell'aggregazione di molteplici fonti. L'elevato numero di strumenti di aiuto alla collaborazione sul web mostra chiaramente che i PLE e gli strumenti di social networking portano a una nuova idea di apprendimento e uno sviluppo delle competenze.

La disponibilità di significative strumentazioni tecnologiche facilita il sorgere di comunità professionali in rete avendo in mente un ambiente collaborativo che si avvalga degli strumenti del web 2.0. Generalmente si tratta di persone auto-motivate, capaci di sentirsi a proprio agio negli ambienti virtuali e abili nell’autogestione del tempo e delle priorità. Il loro

4 Il termine si riferisce a due sviluppi tecnologici. Il primo è il crescente carattere ubiquitario della connettività Internet con lo sviluppo del wireless e GSM reti, così come la diffusione della banda larga, risultanti in termini di connettività diventa disponibile quasi everywhere in the future

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accesso alle tecnologie è alto sia per quanto attiene le abilità informatiche, sia di strumentazione, sono disponibili alla condivisione e alle interazioni orizzontali. Consapevoli del fatto che optando per un ambiente collaborativo (Pettenati e Ranieri, 2006) sanno di dover operare in modo congiunto verso un obiettivo comune attraverso interventi reciproci e condivisi. Questo tipo di comunità in genere opta per un e-learning informale in cui coesistano l’esplorazione individuale ed il networking learning caratterizzati dall’assenza di tutor e dall’interazione tra pari, dall’assenza di materiale strutturato e dal libero accesso a risorse internet (Ranieri, 2005). I progetti che stanno alla base del sorgere della comunità si basano su internet intesa come piattaforma e su d’un approccio PLE (Fini, 2006) Personal Learning Environment, che contempli la costruzione attiva ad opera del soggetto che desidera formarsi, questo grazie alle possibilità offerte dalla varietà di risorse e funzioni del web. Possono avvalersi di un’applicazione Open Source come Elgg per creare un personal learning landscape (Bonaiuti, 2006) e consentire ad ogni studente d’effettuare interconnessioni tra funzioni disponibili all’interno dell’applicazione con altre individuate nel web. Le trasformazioni riguardano anche la gestione della conoscenza oltre che la costruzione della medesima. Vediamo come.

2.2.2 Personal Research Portal (PRP)

Le tecnologie digitali cambiano anche il modo in cui la conoscenza è diffusa e accessibile grazie a procedure di divulgazione più facili e meno costose unitamente al crescente ricorso di licenze libere che i detentori dei diritti di copyright possono utilizzare quando rilasciano le proprie opere sulla rete.

Gli strumenti del web 2.0 offrono ai lavoratori della conoscenza quali sono i ricercatori opportunità per contribuire a costruire una presenza personale su internet più ampia e una migliore diffusione del loro lavoro, dei loro interessi o dello loro pubblicazioni. Ci riferiamo al concetto di Personal Research Portal (PRP) - una rete di applicazioni di social software per gestire l'acquisizione e diffusione delle conoscenze - come un mezzo per creare una identità digitale per il ricercatore e una rete virtuale di colleghi che lavorano nello stesso campo (Peña-López, 2009).

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2.2.3 Social Networking

Gli ambienti di social network, fenomeni emergenti, sono degli spazi sociali in costante sviluppo, le cui regole di funzionamento dipendono in parte dalla componente tecnologica e dalla dimensione sociale, espandono processi sociali pre-esistenti, fino a crearne di nuovi.

Sono stati definiti come «infrastrutture delle relazioni » (Bennato, 2009) inserendosi «nei rapporti sociali e nelle relazioni individuali per dare una stabilità diversa alla società contemporanea, consentendo i rapporti attraverso la comunicazione sincrona e asincrona, rendendo possibile la connettività sociale e la condivisione della propria visione del mondo con il proprio stile di vita» (Bennato, 2009).

Catturano sempre più l'attenzione di accademici e ricercatori del settore incuriositi dalla loro affordances (Boyd e Ellison, 2007). La tabella1 sopra riportata, riferendosi alle strumentazioni del web 2.0, fornisce una sintesi dei concetti che si riferiscono al social networking, altre proprietà sono disseminate all’interno della tesi.

2.3 Personal Knowledge Management (PKM) Se per comprendere il concetto di Personal Knowledge Management (PKM) è opportuno indicarne dapprima le origini e il significato rendendone noti, successivamente, i massimi autori che di PKM si sono occupati, indispensabile diventa parlare dei pionieri italiani del PKM esponendo i loro contributi al dibattito. Nell’attuazione del piano/proposito ci si avvale della tesi di dottorato di ricerca Personal Knowledge Management per imparare ad apprendere: un modello di competenze e strategie formative per vivere la conoscenza in di E. Cigognini (2008) che mappa in modo esaustivo il know-how nel settore. L’origine del Personal Knowledge Management è attribuibile a Frand e Hixon, l’acronimo PKM significa gestione della conoscenza personale. Per il resoconto sugli autori si ricorre alla seguente linea del tempo che evidenzia come la prospettiva del PKM dalla sua origine abbia progressivamente attirato l’attenzione dei ricercatori, raggiungendo l’apice negli anni 2007 - 2008.

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Letteratura su PKM

J.Frand; C. Hixon

S. Avery; M . O'Conner -

P .A. Dorsey

L. Efimova - D. Apshvalka;

P . Wendorff - K. Wright

K. Wright - M . Wölken - J.

Grundspenkis

M . Wölken; A. Abecker - D.

Snowden; D J. Pauleen -W.

Sheridan - D. PollardJ. Zuopeng Zhang - J.

Smedley - D. Pauleen

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 35: Letteratura sul PKM (source: wikipedia, 2010). Inizialmente è stato progettato per gli studenti dell’UCLA MBA, successivamente è stato introdotto per i manager aziendali, è generalizzabile a chiunque in qualsiasi campo (Frand e Hixon, 1999). Si fa uso delle espressioni della Cigognini (2009) per far luce su « il concetto di Personal Knowledge Management (PKM) si radica in un quadro compresso in cui istanze individuali (sviluppo delle competenze personali) convergono con aspetti tecnologici e dimensioni sociali dei processi in .» […] È «un asset strategico (Frand, 2000) per i professionisti, learner e knower della società della conoscenza (Sorrentino & Paganelli, 2006) in cui le interazioni digitali e in presenza sono inevitabilmente sempre più intrecciate.» (p.116). «Il concetto di PKM, Personal Knowledge Management, è una cornice teorica per circoscrivere l’area della conoscenza personale, quel set di conoscenze proprie di un soggetto» (Cigognini, 2008). Per gestire la personale conoscenza ci si avvale di particolari competenze e di strumenti e ambienti tecnologici; al fine di facilitare la condivisione delle conoscenze personali e di gestione dei contenuti sono utilizzati le mappe concettuali oltre che le tecnologie del web 2.0. Lo studio sul PKM è stato introdotto in Italia nel 2007 con un articolo di Pettenati, Cigognini e Sorrentino rispetto allo sviluppo delle competenze per sostenere la conoscenza personale. Il processo di acquisizione e di sviluppo delle competenze è un’attività complessa e impegnativa che può essere sostenuta con azioni formative sia in area accademica che in altri contesti aziendali. Affinché il processo di sviluppo delle proprie competenze di PKM si realizzi, sono necessarie diverse condizioni abilitanti: è necessario che il soggetto interessato si assuma le responsabilità personali; solo se il soggetto si rivela fortemente motivato interiormente è possibile intraprendere con successo il

5 Per la realizzazione del grafico si è fatto ricorso a Wittwer, J.W., "Come creare una linea temporale in Excel"Da Vertex42.com, 2 settembre 2005, http://www.vertex42.com/ExcelArticles/create-a-timeline.html

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processo di acquisizione delle competenze, e quindi essere in grado di gestire proficuamente la propria conoscenza personale. L’acquisizione e la gestione della conoscenza personale difatti sono processi che richiedono da parte del soggetto coinvolto dispendio di tempo ed energia. Per sostenere il processo di acquisizione di tali competenze, le ricercatrici italiane, Pettenati e Cigognini, hanno elaborato un modello teorico per i learners della Società della Conoscenza, suddiviso in abilità di base e di ordine superiore (che sarà presentato nel capitolo 4); il modello è corredato da una parte formativa, un set di moduli didattici prototipo per sviluppare le competenze di base e di ordine superiore, e delle linee guida, strategie formative ed e-tivity per lo sviluppo delle competenze di PKM.

Conclusione di capitolo

All’inquadramento generale portato a compimento nel primo capitolo si sono aggiunti due importanti tasselli, costruttivismo sociale e PKM, visioni del mondo, schemi astratti che interpretano la struttura e le implicazioni della conoscenza (e dell’identità). Ci si avvia ora all’individuazione dell’identità, da quella personale a quella digitale, attraverso l’analisi di esempi presi dalla rete.

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Capitolo 3: Identità digitale

«È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità». (Antonio Bello)

Figura 4: Visualizzazione dei risultati della ricerca condotta su wikipedia «online digital» ottenuta

con MikiMindMap.

3.1 L’identità digitale allo stato dell’arte

M. Ranieri, che nei suoi studi si è occupata dell’argomento, afferma che fra gli aspetti osservati quando si analizza l’impatto che l’uso del medium telematico ha sulla conversazione figurano «identità, relazioni e socialità».

La psicologia sociale e la sociologia della comunicazioni, continua la ricercatrice, danno avvio agli studi su identità e sui processi relazionali e sociali nella CMC negli anni ’80. Ci informa che i media comunicativi vengono valutati in base alla quantità di presenza sociale che sarebbero in grado di trasmettere.

Il concetto introdotto deriva dalla teoria della presenza sociale che riguarda l’efficacia con cui i mezzi di comunicazione danno l’impressione della presenza fisica dei partecipanti, utilizzando come standard di valutazione la comunicazione interpersonale diretta (Short, 1976). Alla teorie sopra indicata si affianca quella denominata Media richness theory (Daft & Lengel, 1986), che dice che il mezzo utilizzato nelle comunicazioni determina la potenziale ricchezza delle informazioni trattate. Ne consegue che la CMC sarebbe una comunicazione socialmente e relazionalmente povera, essendo basata su testo, strutturalmente

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caratterizzata dall’assenza di audio e video (Ranieri, 2005). Ciò favorirebbe l’insorgenza di comportamenti non responsabili da parte degli attori della comunicazione e alla contraffazione dell’identità personale (Sproull e Kiesler, 1986).

Nel corso degli anni 90 altre riflessioni sono compiute portando al superamento dell’approccio RSC, Spears e Lea (1992; 1994) sviluppano il modello SIDE, Social Identity De-individuation, con cui respingono sia la prospettiva dell’indebolimento o assenza di vincoli normativi sociali e di gruppo indotti dalla CMC, sia l’idea che la persona che comunica via CMC sia anonima e isolata.

Gli stessi autori partendo dal concetto di SIT, Social Identity Theory, secondo cui le persone portano dentro di sé il sociale e le sue regole, sostengono che tutto dipende dal contesto in cui si sviluppa la comunicazione.

Se la visone del SIP, Social Information Processing (Walther e Burgoon, 1992)

aggiunge altre critiche sostenendo che la CMC si sovraccarica di contenuti sociali tanto da poter essere descritta come iperpersonale, la prospettiva della SAT, Situate Action Theory, afferma che l’azione consiste nell’adattamento del soggetto al contesto, conseguentemente gli attori della comunicazione virtuale sono attori sociali (Mantovani, 1995).

Alla base del pensiero della sociologa americana Turkle Sherry (1996), definita l'antropologa del cyberspazio (Levy, 1996), compare l’idea di un “io frammentato, costituito dalla suddivisione di se stessi all’interno di esperienze virtuali o di contatti online dando luogo ai molteplici aspetti che costituiscono ogni singola personalità, aspetti psicologici paragonabili a livello simbolico alle tante finestre che costituiscono l’interfaccia grafica di ogni computer. La studiosa ritiene che il concetto di identità stia davvero cambiando, che si debba concepire l’identità umana in maniera più fluida e completa. Ciò accade perché la persona, attraverso la rete informatica con la comunicazione di rete , può comunicare in maniera trasversale con una quantità infinita di persone, può giungere alla conoscenza di una realtà molto più ampia e variegata di quanto non avrebbe mai potuto pensare. La sociologa vede la realtà digitale come propagatrice di mondi virtuali; attraverso le sinergie comunicative di rete sono messe in gioco tendenze psicologiche reali a prescindere dal fatto che il nome o la personalità mediante cui ci presentiamo sia corrispondente al vero o al falso. Valentina Grion (2009) in una ricerca sulla formazione degli insegnanti, occupandosi della costruzione dell’identità online, afferma che le ricerche relative al processo di costruzione dell’identità mediante l’interazione attraverso il computer hanno riguardato soprattutto la presentazione di sé agli altri, cioè la percezione che gli altri hanno di noi corrispondente all’autopresentazione. Opportunità di sperimentare

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autopresentazioni sono offerte dagli ambienti di comunicazione online come MUDs6, IRC7, BBS8. Considerando il contributo di altri autori, Galimberti e Cilento Ibarra (2007) la ricercatrice ci informa sul fatto che i medesimi sono dell’avviso che non è vero che la CMC produca solo presentazioni frammentate dei vari aspetti dell’identità o di lati nascosti, sono dell’opinione che si debba credere che il processo di costruzione del sé online abbia natura dialogica e che fattori legati al contesto esercitino un peso sulle dinamiche. Nella comunicazione online viene messa in campo una «sorta di emergenza dinamica» la parte del Sé che viene trattata negli scambi. La ricercatrice patavina esamina l’apporto al tema di Hermans e Ligorio riferendo che essi assumono la teoria del Sé dialogico che prevede la provvisorietà temporale dell’identità e ritengono che il contesto online possa essere assimilato a una situazione di dialogo mediato. Come fruitori di molteplici scambi comunicativi si hanno opportunità di sperimentare più multi voci quelle di altre persone, di comunità ampliando conseguentemente le relazioni dialogiche. La costruzione dell’identità sarebbe determinata da più elementi: gli elementi virtuali collaborativi, rappresentando spazi democratici senza indicatori sociali, facilitano la sperimentazione identitaria e nuovi posizionamenti; gli ambienti virtuali offrono possibilità di operare sperimentazioni che nella vita reale non sono accessibili, così parti profonde di sé verrebbero portate in superficie. L’esperienza di nuove coalizioni fra diverse posizioni di sé (per esempio: io che si gode la vita e io scherzoso) rese possibili da internet, e l’intrecciarsi di dialoghi interni alla persona ed esterni producono conferme o disconferme delle preesistenti coalizioni tra le varie parti del Sé. Internet e gli ambienti virtuali secondo gli autori, non assicurano automaticamente l’ampliamento della complessità e dell’eterogeneità del Sé, ma li possono facilitare, dipendendo essi dai bisogni e dagli scopi di chi li usano. E-mail, pagine web, blog, ambienti virtuali, sms, televisione sarebbero in quest’ottica laboratori di sperimentazione di nuove strutturazioni dei vari Sé. Gli effetti dei media sulla mente non riguarderebbe gli individui ma un aspetto dell’evoluzione della specie. Nella sua rassegna la Grion non trascura di riferire l’intervento di Talamo e Ligorio che suggeriscono che per esplorare le identità dei fruitori di ambienti di collaborazione online possa essere utile prestare attenzione alle «modalità attraverso le quali gli interlocutori costruiscono le interazioni discorsive. Questi ultimi infatti sceglierebbero accuratamente i termini dell’interloquire, in accordo con i propri specifici obiettivi in specifici momenti; inoltre sceglierebbero categorie verbali dettagliate e non ambigue per negoziare risorse». La ricercatrice ci informa che Perrotta (2007) « riconosce l’analisi del discorso come strumento efficace per cogliere l’emergere e il formarsi dell’identità in e […] 6 L’acronimo individua una categoria di giochi di ruolo su Internet attraverso il computer da più utenti. (wikipedia) 7 Consente la comunicazione diretta fra due utenti e il dialogo contemporaneo di interi gruppi di persone in stanze di discussione (wikipedia) 8 Termine correntemente usato per indicare ambienti di forum, guestbooks e newsgroups su Internet (Grion, 2009)

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sottolinea il ruolo delle interazioni discorsive online nella creazione di scenari riflessivi dove le persone possono esplorare diverse traiettorie identitarie». La diffusione dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha comportato l’emergere del fenomeno legato ai dati personali e a quello delle identità. La discussione su ciò che costituisce l’identità digitale è solo alle prime fasi e la ricerca sul tema si è evoluta in maniera frammentaria e casuale (Halperin eBackhouse, 2007). La rivista Identity in the Information Society, promossa dal progetto FIDIS finanziato dall’UE, propone una tabella di marcia con lo scopo di offrire una base per un bilancio intellettuale e riflettere sulle direzioni verso cui nel futuro la ricerca dovrebbe impegnarsi. La tabella di marcia si sviluppa in alcuni punti corrispondenti a diverse angolazioni:

- temi emergenti nel campo dell’identità (ad esempio la gestione delle identità, sistemi di identità ecc.);

- i grandi dilemmi e i dibattiti connessi all’identità; - aree di applicazione: governo, economia e finanze, commercio,

assistenza sanitaria; - focolai di ricerca sull’identità attuali e futuri.

Nella consapevolezza dell’ampiezza e della complessità del tema, col proposito di contribuire al dibattito, anche se in modo parziale nella trattazione di alcuni aspetti, ci si appresta a operare delle riflessioni partendo dalla descrizione dell’oggetto, avendo fornito preventivamente definizioni sull’identità personale seguita da altre relative all’identità digitale. Definire cosa sia l’identità è un’impresa complessa, la nozione d’identità è, infatti, una delle più controverse sia nell’ambito filosofico sia in quello degli studi psicologici (Recchia, 2002). Il sociologo Bauman (2003) ne parla come un grappolo di problemi piuttosto che una questione unica. La complessità è legata alla molteplicità di aspetti implicati: riguarda la specifica biografia del persona, il suo tratto più distintivo, unico e profondo, ma è anche il suo essere dentro il gruppo, il suo modo di sentire il legame che la unisce ad altri, le sue abitudini e le sue tradizioni: vincoli e solidarietà, memoria e storia (Colombo, 2006). L’enciclopedia Treccani online (2010) la definisce in questi termini: «In psicologia» è «senso di sé che garantisce un’unità della personalità nel tempo» Secondo la sociologia, l'antropologia e la psicologia sociale ha carattere relazionale e intersoggettivo, componenti sociali e dinamiche interattive la generano e la sostengono. Nonostante le innumerevoli teorie che si sono poste come approcci definitivi all’identità continua ad essere uno spazio di ricco dibattito. Ampio è lo spettro terminologico a cui ha dato origine:

- insieme di elementi di dati personali che autorizzano la partecipazione in operazioni di identità digitale;

- informazioni elettroniche derivate da quello che dicono gli altri su di noi sotto forma di commenti, attraverso scambi comunicativi;

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- identità sociale che un fruitore di Internet stabilisce in comunità online e siti web, rivelando una quantità variabile di informazioni personali (wikipedia);

- mezzo di emancipazione, componente critica per consentire la partecipazione nella società globalizzata della conoscenza (Peña Lopez, 2009);

- ingrediente da utilizzare per stabilire una di contatti (networking) o per interagire con altre persone in modo digitale (Peña Lopez, 2009).

Il confronto fra le definizioni di identità personale e identità digitale permette di rilevare come il concetto sia portatore di una complessità data dai molteplici aspetti che esso racchiude; l’identità sia personale che digitale ha carattere relazionale.

3.2 Implicazioni

Nel suo articolo «Dall’identità personale all’identità digitale. Una necessità per il cittadino del terzo millennio» Brugi (2009) afferma che l’identità digitale non è, per sua intrinseca natura, la versione digitale di quella fisica, è difatti mediata. La precisazione è tutt’altro che irrilevante e costituisce oggetto di ricerca e studi. Danah Boyd (2008) per esempio nel suo articolo dedicato all’analisi dei siti di social network (MySpace e Facebook) rileva che essi sono usati dai giovani per socializzare con i coetanei alla stregua dei luoghi pubblici, quasi fossero parchi o centri commerciali. Ma i siti di social network sono una forma diversa di spazio pubblico e, nonostante il ruolo socializzante del tutto analogo agli spazi tradizionali, hanno quattro caratteristiche, persistenza, ricercabilità, replicabilità, pubblico invisibile che li rendono unici. Questi elementi cambiano radicalmente le regole del gioco: si sta forse creando una società fortemente controllata e monitorabile? Anche se auspicabile non è detto che la società troverà facilmente un codice di autoregolamentazione. Gli spazi pubblici mediati sono una realtà destinata a restare, nonostante complichino molti aspetti della vita quotidiana. Un ulteriore esempio di come la tecnologica digitale abbia una significativa rilevanza nell’espressione dell’identità è fornita da uno studio «Le design de la visibilité: un essai de typologie du web 2.0» di Dominique Cardon (2008); il sociologo francese ci informa che la presenza delle persone sui siti web 2.0 è resa visibile in modo diverso a seconda delle piattaforme e dalle attività relazionali in corso. Il sociologo del laboratorio di Orange Labs (2008), offre una mappatura delle diverse forme di presenza e visibilità su internet, la classificazione ruota attorno ai

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diversi aspetti di identità digitale e al tipo di visibilità che ogni piattaforma fornisce. Che cosa si esprime di sé agli altri? Come vengono resi visibili i collegamenti ottenuti di interazione sulle piattaforme? Questi siti consentono ai visitatori di trovare persone che conoscono e trovarne altre? La proposta di una tipologia di piattaforme relazionali web 2.0 è organizzata intorno a diverse dimensioni di identità digitale (esteriorizzazione di sé e simulazione in sé) e al tipo di visibilità che ogni piattaforma conferisce al profilo dei suoi membri.

Figura 5: Scomposizione delle identità digitali (fonte: internet actu.net9).

La scomposizione delle identità digitali comporta il processo di esteriorizzazione di sé che descrive la tensione tra i segni che si riferiscono a ciò che la persona è nel suo essere (sesso, età, stato civile, ecc.), in modo duraturo e incorporeo, e quelli che si riferiscono a ciò che fa la persona (le sue opere, i suoi piani, le sue produzioni): Questo processo di esteriorizzazione di sé nelle attività e nelle opere rimanda a quello che la sociologia chiama di soggettivazione. La simulazione in sè invece descrive la tensione tra i tratti che fanno riferimento alla persona nella sua vita reale (quotidiana, professionale, amicale) e quelle che si riferiscono ad una proiezione o una simulazione di se stesso virtuale, che permette alle persone di esprimere una parte o una potenzialità di se stessi.

9 Uno dei principali siti di informazioni francesi per l’innovazione nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

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Figura 6: Mappatura delle Identità digitale elaborata dal sociologo Dominique Cardon (2008).

Vi sono cinque distinte dimensioni di visibilità: sia sull’asse delle ordinate che su quello delle ascisse è possibile progettare tre modelli di visibilità, ai quali si aggiungono due modelli emergenti. Questi modelli corrispondono a diverse forme di illuminazione che le piattaforme riservano all'identità dei partecipanti e dei loro collegamenti. Il sociologo, nel fornire un’interpretazione delle diverse forme di visibilità, sottolinea come la capacità di esporsi e di controllo dell’esposizione richieda competenze sociali e interpersonali specifiche. Il rischio di comportamenti approssimativi è segnalato anche da John Palfrey & Urs Gasser (2008) che fanno notare che la prima generazione di «Digital Natives» i bambini che sono nati e cresciuti nel mondo digitale, hanno raggiunto la maggiore età e presto il nostro mondo sarà rimodellato a loro immagine. La nostra economia, la nostra politica, la nostra cultura e anche la forma della nostra vita familiare sarà trasformato per sempre. Preoccupati gli autori si chiedono che cosa significhi identità per i giovani che hanno decine di profili online e avatar. Sollevano altri interrogativi legati alle questioni di privacy e di sicurezza; si chiedono quale possa essere l'impatto di internet sulla creatività e l'apprendimento, non trascurano inquietudini per la vita sociale, professionale, psicologica di questa generazione.

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Mark Bauerlein, (2008) nel suo libro «The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupefies Young Americans and Jeopardizes our Future» sostiene che un uso pesante di tecnologie collega i più giovani americani al mondo in modo più ampio ma non genera rapporti migliori. Al contrario, sta diminuendo la loro conoscenza delle cose che contano di più: la storia, i valori civici e le questioni filosofiche. Invece di crescere nella conoscenza questi nativi "digitali" sono abili a utilizzare le tecnologie per interagire con ogni altro genere di cultura popolare e altre ossessioni dell'adolescenza. La loro abilità però non è rivolta a scoprire fatti vitali su questioni cruciali, ma al monitoraggio delle cose di scarsa rilevanza. Bauerlein non sostiene che tali tecnologie rendano i giovani meno intelligenti ma meno informati, meno curiosi, e meno interessati ad applicare la loro intelligenza su questioni intellettuali che necessitano di un costante studio dei testi antichi e l'impegno in pratiche quali le lezioni in aula e le discussioni. Una delle sue intuizioni particolarmente salienti è che queste tecnologie sono sempre più radicalmente di interazione peer-to-peer riducendo così i rapporti tra giovani e anziani. Questa modalità li isola dalla saggezza dei loro genitori, dei nonni, degli insegnanti e di altri, in particolare della saggezza della storia. Il peer-to-peer tende a perpetuare una cultura dell'adolescenza, infatti, mentre l'adolescenza storicamente significava un tempo utilizzato per preparare seriamente per la responsabilità dell'età adulta, ora le è stato attribuito un valore autonomo staccato dalla crescita, dalla maturazione. La valorizzazione dell'adolescenza e conseguentemente delle tecnologie, ormai inscindibili fra loro, è vista come un’altra espressione della distanza postmoderna fra le generazioni che equivale ad un misconoscimento di chi non è «techno-savvy» con conseguente perdita della coesione sociale. La mancanza di uno spessore culturale impedisce di operare scelte accurate e indirizza verso una sottovalutazione del materiale, in questo modo il rischio che si corre è quello di avere una generazione di «well-informed and media hyperactve ignoramuses». Questa idea di essere allo stesso tempo ben informata e ignorante non è in contraddizione poiché la conoscenza richiede un particolare orientamento alle informazioni, riflessione sulla scelta del materiale, capacità di porre le domande giuste, consapevolezza dei problemi perenni, consultazione corretta delle fonti. Questo orientamento verso l'acquisizione della conoscenza non è coltivata attraverso text-messaging, video di YouTube. Anche l’essere Multitasking, salutata da molti come una competenza preziosa e necessaria, comporta un atteggiamento conoscitivo speciale verso il mondo, di certo non l'orientamento che consente la concentrazione lenta su una cosa sola, necessario per esempio per un sonetto o un teorema. La preoccupazione principale di Bauerlein è dunque la perdita della memoria culturale e la conseguente svalutazione delle virtù civiche e l'impegno consapevole. Sul tema Torkel Klingberg (2008) in The Overflowing Brain: Information Overload and the Limits of Working Memory (Hardcover) avverte che l'enorme peso da sovraccarico d'informazioni e multi-tasking può superare i limiti del nostro cervello dell'età della pietra dalla lenta evoluzione, mentre l'ambiente tecnologico avanza a velocità folle. Utilizzando dati che mostrano il sottile

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aumento nei punti QI nel secolo scorso ed il suo collegamento coi miglioramenti educativi, Klingberg rileva un divario tra la rapidità dei dispositivi elettronici high-tech e la capacità relativamente più lenta del cervello nel processare le informazioni con conseguente malfunzionamento mnemonico. Sintetizzando alcuni ricercatori credono che il multitasking possa comportare perdite di tempo per il cambio di contesto provocando apparentemente più errori a causa di insufficiente attenzione. Altre ricerche riferiscono che il nostro cervello sia in grado di svolgere alcuni 'dual multiple tasks' allo stesso tempo.

2.3 Espressioni dell’identità

Come si esprime l’Identità digitale? L’identità digitale è l’espressione delle molteplici attività di cui è costituita la vita digitale che si origina utilizzando i numerosi servizi disponibili in internet. Si esprime soprattutto attraverso il social networking in cui la metafora della dà forma all’incontro tra le menti, all’intelligenza connettiva (De Kerckhon, 1992). Nella relazione A Review Of The Literature On Portfolios And Electronic Portfolios per la quale sono stati raccolti 145 articoli, P.Butler (2006) riporta la definizione data da Abrami e Barrett (2005, on line) del portafoglio elettronico «un contenitore digitale, in grado di archiviare i contenuti visivi e uditivi compresi testi, immagini, video e suoni ... progettato per supportare una varietà di processi pedagogici e ai fini della valutazione»; indica gli utilizzi ed esamina anche i benefici i benefici. È nelle considerazioni educative e pedagogiche che l’autrice afferma

«Electronic portfolios can help students to make connections between different aspects of their lives and help them to form their social identities, and their identity within their discipline of study».

Portafogli elettronici possono aiutare gli studenti a effettuare le connessioni tra i diversi aspetti della loro vita e aiutarli a formare la loro identità sociale e la loro identità all'interno della disciplina di studio. Oltre il portfolio elettronico c’è il Personal Learning Environment (PLE) di cui si è parlato nel capitolo 2. Gli strumenti 2.0 hanno modificato radicalmente il modo di comunicare sul web. L’identità digitale ha travalicato il sito personale diventando qualcosa di più complesso. La disponibilità di piattaforme che rendono semplice la pubblicazione di testi immagini e video stimolano all’uso dei vari servizi con l’inevitabile

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conseguenza per il fruitore di lasciare ampie tracce sparse della propria identità online: la presenza online risulta frammentata. La lettura dell’articolo Identités pérennes ou identités jetables?di Guillaud (2007) è esemplificativa di come il problema della frammentazione dell’identità digitale possa trovare soluzioni diverse. Per farlo il redattore confronta il comportamento degli adolescenti con quello degli adulti. Nel farlo si affida a Danah Boyd (2007), secondo la ricercatrice gli adolescenti si adattano del tutto all’identità usa e getta, spiega che molti adolescenti sono contenti (se non felici) di compiere una nuova registrazione. Se hanno dimenticato la password di instant messaging, si registrano per una nuova identità. Se hanno dimenticato l’ indirizzo e-mail ne creano un nuovo. Se hanno dimenticato la password, la cambiano. Gli adulti invece pensano a costruire la propria identità in modo durevole. Per il ricercatore il problema non è quello di aiutare i ragazzi a ricordare le loro password, pensa invece che la tendenza di archiviare la vecchia identità sia vantaggioso. La tecnologia è un pò troppo ossessionata dal ricordo laddove l’oblio ha un valore in sé. Se la soluzione adottata dagli adolescenti è rappresentata dalla frammentazione, quella rappresentata dagli adulti è dall’aggregatore, continua l’articolista. La regola che imporrebbe di controllare l’identità sviluppando strategie, a volte complesse, potrebbe andare bene per gli utenti di livello più avanzato ma forse non è una soluzione per tutti. Invita a considerare che l’ indirizzo IP è in grado di indicare in qualsiasi momento la provenienza di un’azione online; una semplice indagine di polizia permette di sapere da quali computer, telefono o cellulare è partito un certo messaggio. Stando così le cose si deve credere forse che una strategia di gestione delle proprie identità online si appoggia sulla mancanza di strategia? Le pratiche di social network rappresentano le forme attraverso cui il sé può manifestarsi. Vediamo come. Prima del blog, fa notare Ranieri (2006), i soggetti pur partecipando a forum o a gruppi di discussione non «costituivano elementi di identificazione, era piuttosto la comunità a costituire il dispositivo attraverso cui identificarli» (p. 108). È solo grazie ai blog che il sé trova un canale di espressione (Granieri, 2005). Attraverso questa via l’identità di cui è manifestazione può entrare «in una rete di relazioni tra persone che si connettono e commentano reciprocamente». Rileva la ricercatrice Ranieri (ibidem, p. 108) che la modalità di entrare in relazione centrata sul soggetto mette in risalto due aspetti: la multi-appartenenza e la fiducia (Ranieri, ibidem, p. 109). Su quest’ultima si fonda il concetto di reputazione grazie al quale l’identità funge da filtro in quanto espressione di responsabilità.

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Figura 7: Mappa dell’identità digitale10 (fonte Flickr). Il ricercatore F. Giglietto nel suo weblog (2007) segnala un elenco di termini11 che non possono mancare nel vocabolario del post-umano per il ventunesimo secolo, nella lista compare l’espressione «Extended identity», identità estesa. Il redattore12 dell’elencazione motiva la sua affermazione evidenziando che l'attività umana è sempre più spostata verso il mondo digitale. L'aumento della popolarità di MMORPG come Second Life e World of Warcraft dimostrano che l’identità può, ad un livello non banale, essere trasferita ad un mezzo alternativo.

10 Fonte.Flickr:http://www.flickr.com/photos/fredcavazza/276533601/

11 (2007) Must-know terms for the 21st Century intellectual: Redux in Sentient Developments

Speculations on the future of intelligent life. 12 Stilato dal Canadese futurista, George Dvorsky, consulente e blogger award inning, ha scritto e parlato ampiamente circa l'impatto del taglio-bordo della scienza e della tecnologia - in particolare per quanto essi riguardano il miglioramento delle prestazioni e dell'esperienza umana. Egli ricopre attualmente nel Consiglio di Amministrazione per l’Institute for Ethics and Emerging Technologies e L'umanità +.

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Con la maturazione di queste tecnologie verranno distribuiti personalità e nuove tutele legali per garantire la sicurezza e onnipresente attività online.

2.4 Caratteristiche

Da quanto esposto è possibile comprendere l’importanza dell’identità digitale nel 21° secolo in cui Internet e la rete sono la realtà in cui un individuo interagisce, si forma e cresce, specie in un'ottica lifelong.

In tale cornice l'identità digitale ha pari valore a quella reale, oltre ad implicare scenari di complessità ben più specifici. Si pensi alla molteplicità di aspetti che ad essa sono collegati: sicurezza, privacy, ai quali vanno aggiunte le questioni legate alla persistenza, alla ricercabilità, alla replicabilità propri di ciascuna traccia lasciata in rete; sono questioni altamente strategiche, che attengono ai diritti e doveri, alla proprietà intellettuale, al diritto d’autore, alla reputazione. Per riuscire a gestire e monitorare con consapevolezza e senso di responsabilità tutti questi aspetti si comprende perché sia necessaria una costruzione attenta ed accorta dell’identità digitale; altrettanto facilmente è immaginabile come tale costruzione richieda un processo complesso, che nel 21° secolo diviene prioritario per il soggetto in rete.

Questo processo comporta l’acquisizione di un «bagaglio di competenze per la gestione della conoscenza in (Personal Knowledge Management, PKM skills) nella prospettiva lifelong che caratterizza la Società della Conoscenza» (Cigognini, Pettenati e Paoletti, 2008). Poter contare su un'identità digitale matura e consapevole, uno degli elementi che caratterizza un soggetto in rete consapevole (lifelong learner 21°), è una condizione necessaria all’e-democreacy, e-cityzenship.

Conclusione di capitolo

L’analisi presentata nel corso del capitolo e condotta scomponendo l’identità digitale nelle sue componenti, descrivendo le sue parti costituenti e le loro relazioni con l’insieme, ne mette in luce la natura problematica e conferma l’imprescindibilità di un bagaglio di competenze che permetta al learner di far fronte alla complessità che l’essere in rete comporta. L’identità digitale non è strutturata una volta per tutte, si costruisce e si trasforma per tutta la vita in virtù dello sviluppo delle competenze e della vita digitale. Si procede ora con l’individuazione delle competenze necessarie per il conseguimento dell’obiettivo.

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Capitolo 4: Alfabetizzazione digitale

Figura 8: Cristóbal Cobo Romaní La imagen resume las 20,00 palabras del estudio Report Final E-Competencias (U. Oxford)

È un tema particolarmente avvertito negli ultimi mesi del 2009 a giudicare dalla cadenza stringente con la quale si sono susseguite le pubblicazioni: si apprende che Cedefop in una conferenza che si terrà a Bruxelles il 4 febbraio 2010 presenterà i risultati delle più recenti previsioni per la domanda prevista e l'offerta di competenze fino al 2020; Peña Lopez, uno studioso preso a riferimento, ci informa attraverso il suo portale di ricerca sull’avvenuta pubblicazione della bibliografia online relativa a Digital Literacy (dicembre 2009), nel tempo costruita; è datata novembre 2009 la pubblicazione dell’indagine europea sulle e-skills da parte dello studioso cileno C. Cobo; risale all’agosto dello stesso anno la relazione di sintesi che INSEAD eLab ha preparato per la Commissione Europea e per la Comunità europea e-Skills Forum.

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Può essere interessante osservare, attraverso la linea del tempo sotto riportata, come il tema dell’alfabetizzazione digitale dal Trattato di Lisbona (2000) abbia progressivamente catturato l’attenzione di vari autori, evidenziando il 2007 e il 2008 gli anni in cui la produzione ha raggiunto l’apice.

bibliografia digitale: alfabetizzazione digitale

25

25

19

5

2

5

2

3

3

1

16

1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009

Figura 913: Linea del tempo della riflessione operata sulla competenza digitale.

articoli

blogs

cap.libri

libri

comunic

conferenze

ma/primer/guide

riviste

mater.appr

art online

onlin reports

online file video

procedings

reports

seminari

write papers

working papes

Figura 10: Materiali digitali suddivisi per tipo di lavori /o

13 I dati utilizzati per la realizzazione della linea del tempo sono stati reperiti nel portale di ricerca personale di Ismael Peña-López.

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Come è stato espresso nel primo capitolo di questa tesi, una delle principali sfide del vivere in una società che sta cambiando in maniera continua e accelerata è la necessità di un aggiornamento in tutti i settori, anche quello dell’istruzione e della formazione avvertono la stessa urgenza. Per evitare l’insorgere o il perdurare di pianificazioni poco accorte, quali possono essere quelle che identificano la competenza digitale riducendola all’acquisizione d’uso di un certo numero di dispositivi tecnologici, il dibattito sulla sua definizione è andato nel tempo progressivamente vivacizzandosi. È proposito di chi scrive fornire una panoramica di questa discussione che dal suo nascere ad oggi ha visto progressivamente l'arricchimento di importanti e significativi elementi; si intende cercare di armonizzare le diverse espressioni e orientamenti, con particolare attenzione alla posizione assunta dalle Istituzioni (OECD, UE, UNESCO) sul tema; si vuole descrivere alcuni modelli verso i quali si guarda con particolare interesse per le implicazioni sulla costruzione dell’identità digitale; infine si passerà in rassegna i vari contributi provenienti da alcuni ricercatori, raccolti nel corso del convegno sulle competenze digitali tenutosi a Barcellona nel luglio 2009. Sul tema la letteratura è copiosa e diversificata, vi compiano differenti termini: abilità digitale, e-skills, e-competenze, abilità per la società dell'informazione. Sono usati vocaboli per descrivere concetti simili gli uni agli altri, ma con sfumature e sottigliezze che attribuiscono loro significati diversi (Peña Lopez, 2009).

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4.1 Termini ed approcci

Nell’operare una rassegna della letteratura può essere utile visualizzare attraverso una tabella i diversi termini e approcci riconducibili a differenti ambiti applicativi.

ACCEZIONI BASATE SUI PROCESSI COGNITIVI

ACCEZIONE

BASATA SULLE PECULIARITÀ

DELLA .

ACCEZIONI BASATE

SULL’INTERAZIONE IN (IN UN’OTTICA DI

COLLABORAZIONE DIGITALE, DIGITAL COLLABORATION O

TELECOLLABORATION)

ACCEZIONE

BASATA SULLE

TIPOLOGIE DEI MEDIA.

ASPETTI

TECNOLOGICI LEGATI ALL’USO

DELLE TECNOLOGIE E

DEGLI AMBIENTI DI .

Information literacy

(Shapiro & Hughes, 1996)

Problem Solving

Literacy (Irving &

Crawford 2007; Katz & Macklin

2007)

Digital Literacy

o Digital Competence

(Gilster 1997; Lanham 1995;

Mayes & Flowes, 2006;

Varis, 2005; Tornero, 2004; Midoro, 2007;

Buckingham, 2007)

Partecipation Literacy

(Giger, 2006)

Multi-literacies (Cope & Kalantzis, 2003)

New literacies

(Lankshear & Knobel, 2006)

Media Literacy

Multimedia literacy o

eLiteracy

(Martin , 2006a), (Aviram & Talmi, 2004; Martin, 2004)

Electonic Literacy

(Warschauer, 1999)

e-skills (European eSkills

Forum 2004; Commission of the

European Communities, 2007; CEDEFOP, 2008a,

2008b, 2008f)

Silicon Literacy (Snyder, 2002)

Tabella 2; Approcci e termini per le competenze digitali. Elaborato da (Cigognini, 2008). Information literacy - la competenza informativa è sapere quando e perché si ha bisogno di informazioni, dove trovarlo e come valutare, utilizzare e comunicare in modo etico (CILIP 2004)14. Questa definizione implica competenze diverse, comprensione di: bisogno di informazioni; risorse disponibili; come trovare le informazioni; necessità di valutare i risultati; come lavorare con o sfruttare i risultati; etica e responsabilità d'uso; come comunicare o condividere i risultati come gestire le conclusioni.

Jeremy Shapiro & Shelley Hughes (1996) definiscono la cultura dell'informazione come "una nuova arte liberale, che si estende da saper usare il computer ed accedere alle informazioni a una riflessione critica sulla natura dell'informazione

14 CILIP è il principale organismo professionale per i bibliotecari, specialisti dell'informazione e dirigenti della conoscenza http://www.cilip.org.uk/about-us/pages/default.aspx

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stessa, la sua infrastruttura tecnica e il suo contesto sociale, culturale e filosofica e l'impatto.

Digital Literacy - alfabetizzazione digitale è la capacità di individuare, organizzare, capire, valutare e creare informazioni utilizzando tecnologia digitale. L'alfabetizzazione digitale comprende computer hardware, software l’Internet, telefoni cellulari, PDA, e altri dispositivi digitali.Wikipedia) L’espressione Digital Literacy è stata usata per la prima volta da Gilster (1997), nella sua definizione evidenzia le capacità di pensiero critico e di valutazione dell’informazione più che le abilità tecniche. Nel concetto di digital literacy confluiscono altre literacies (Calvani et alii). Partecipazion Literacy15 Il web 2.0 è una nuova mente-set su internet. Le caratteristiche principali includono "Web come una piattaforma", Collective Intelligence, Folksonomy. Web 2.0 è un’ideologia di partecipazione. Tutti i servizi Web 2.0 sono le comunità web. Una comunità web è un gruppo di individui, legati insieme da una rete di relazioni sociali con un certo grado di continuità. I membri della comunità imparano gli uni dagli altri e la base di conoscenza della comunità cresce per ogni interazione. I valori fondamentali del Web 2.0 sono la democrazia e la partecipazione. Media literacy è il processo di analizzare, valutare e creare messaggi in una vasta gamma di supporti modi, generi e forme. Si utilizza un modello basato su un'indagine didattica che incoraggia le persone a fare domande su cosa guardare, ascoltare e leggere. L'educazione ai media è stato originariamente concepito come uno strumento educativo per proteggere le persone da quello che molti percepita come effetti nocivi dei mass media. Electronic literacy - il ruolo di internet e di nuove tecnologie digitali cambia l'alfabetizzazione e l'istruzione concreta. Warschauer16 rivolge particolare attenzione alle esperienze culturalmente e linguisticamente diverse di studenti che sono particolarmente a rischio di essere emarginati dalla società dell'informazione.

15 Abstract tesi di laurea parte I: La costruzione del Web 2.0 Concept Giger http://www.dissertations.se/dissertation/9ff70fd7a9/

16 Mark Warschauer Electronic Literacies: Language, Culture, and Power in Online Education http://search.barnesandnoble.com/Electronic-Literacies/Mark-Warschauer/e/9780805831191

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4.3 Dimensioni della digital literacy

Figura 11: Le multidimensioni della Digital Literacy. Immagine elaborata da (Cigognini, 2008).

4.4 Definizioni, modelli, contributi

Si considerano ora il punto di vista delle Istituzioni: OECD, UE, UNESCO. OECD (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea, 2001). Quali scuole per il futuro? I modi in cui le scuole possono rendere più efficace il loro contributo per l'apprendimento permanente per tutti gli obiettivi non sono ancora ben compresi; inoltre le metodologie di ricerca, in materia di istruzione rispetto a molti altri settori, sono state sviluppate in modo rudimentale. Questo lavoro (di analisi) prende le mosse ponendo le domande fondamentali. Quale sarà in futuro la scuola? Quali sono le tendenze più influenti nel plasmare l'istruzione? Come potrebbero svolgersi nei prossimi anni? Quali questioni di politica devono essere affrontate oggi? L’UE e gli Stati membri nel 2006 hanno cominciato ad attuare un insieme organico di politiche volte a migliorare i livelli di alfabetizzazione digitale tra i popoli europei. Analisi specifiche dicono che i gruppi particolarmente colpiti da analfabetismo digitale sono i disoccupati, le donne disabili e anziani. Le misure si concentrano sul fornire competenze di base delle ICT e garantire che tutti gli allievi al momento di lasciare la scuola abbiano una cultura digitale. Per l’Unione Europea

La Competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le Tecnologie della Società dell’Informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la

DIGITAL LITERACY

IT LITERACY

VISUAL LITERACY Inquiry skills

Critical Thinkinh skills

MEDIA LITERACY Problem solving skills

Collaborative skills

INFORMATION LITERACY

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comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet.

A tale competenza sono associate conoscenze, abilità e attitudini essenziali; essa prevede la consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità delle TSI nella vita personale e sociale e al lavoro. UNESCO (2008) «Strategy framework for promoting ICT literacy in the Asia-Pacific region». Il documento, commissionato dall'Ufficio dell'UNESCO a Bangkok, prevede un’analisi della situazione di utilizzo delle ICT nella regione Asia-Pacifico; esamina le attuali spinte dominanti in materia di istruzione ICT. Sintesi: quasi universalmente è accettata l’idea che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) influiscono positivamente sullo sviluppo. Ad esempio, in materia di istruzione gli educatori e i responsabili politici concordano sul fatto che le ICT sono di fondamentale importanza per il futuro della formazione. Queste tecnologie, soprattutto quelle che richiedono la connessione a internet, sono in grado di fornire informazione online in tempo reale, favorire l'apprendimento a distanza, attivare una di conoscenze per gli studenti e gli insegnanti, ampliare la disponibilità di materiali didattici di qualità, possono migliorare anche l'efficienza e l'efficacia della politica di amministrazione dell'istruzione. Questa posizione è condivisa da genitori e insegnanti. La mera disponibilità delle ICT nelle scuole è quasi sempre identificata con il progresso. L’introduzione delle ICT nelle scuole suscita grandi speranze e grandi aspettative per ampliare gli orizzonti personali e nazionali. Uno specialista ha sottolineato che il ruolo delle ICT nel settore agricolo, pur non essendo una panacea per i problemi dello sviluppo rurale e la sicurezza alimentare, attraverso internet può aprire nuovi canali di comunicazione che portano nuove conoscenze e fonti di informazione per le comunità rurali. Lo stesso può essere detto a proposito del ruolo delle ICT nel settore dell'istruzione. Oltre a modificare radicalmente le modalità di distribuzione delle informazioni di istruzione, le ICT possono svolgere un ruolo critico nella costruzione della conoscenza, rendendone possibile la creazione, la gestione e la condivisione. UNESCO (2009) L’UNESCO ha elaborato alcuni standard relativi alle competenze ICT, quindi tecnologia ed informatica che gli insegnanti dovrebbero possedere, ha prediposto inoltre linee guida che dovrebbero contribuire al miglioramento della qualità dell’istruzione a livello mondiale. Gli standard servono ad identificare le competenze di cui gli insegnanti necessitano per utilizzare le nuove tecnologie nel settore dell’educazione. Gli standard UNESCO prevedono tre diversi livelli di obiettivi: il primo di “semplice” alfabetizzazione digitale, il secondo e più complesso, vede l’uso delle ICT per un approfondimento culturale: saper risolvere problemi reali e anche

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complessi, il terzo obiettivo, quello più alto, cioè l’uso creativo e innovativo delle ICT: saper produrre nuova conoscenza, di cui beneficiare direttamente. Si esaminano di seguito alcuni modelli elaborati da studiosi nazionali e internazionali così, attraverso una costruzione schematica, si avrà la rappresentazione dell’oggetto della ricerca.

Nel modello concettuale messo a punto Calvani e colleghi “La competenza digitale consiste nel saper esplorare ed affrontare in modo flessibile situazioni tecnologiche nuove, nel saper analizzare selezionare e valutare criticamente dati e informazioni, nel sapersi avvalere del potenziale delle tecnologie per la rappresentazione e soluzione di problemi e per la costruzione condivisa e collaborativa della conoscenza, mantenendo la consapevolezza della responsabilità personale, del confine tra sé e gli altri e del rispetto dei diritti/doveri reciproci.”

(A. Calvani, A. Cartelli, A. Fini, M. Ranieri, 2008) In questa visione il concetto di competenza digitale è multidimensionale, comprendendo diverse dimensioni: tecnologica, cognitiva ed etica; è un concetto complesso non pienamente valutabile con singole prove; interconnesso con altre capacità di base con cui si unisce (lettura, abilità di calcolo, attitudine alla soluzione di problemi, capacità di operare inferenze e deduzioni, meta cognizione); sensibile al contesto socio-culturale in cui è applicato per cui si parla di competenza digitale che può essere di volta in volta per una formazione di base, professionale, specialistica, lifelong learning (Calvani et al., 2008) Modello PKM – Personal Knowledge Management Skills: Abilità e competenze per la gestione dei propri processi di conoscenza in (2007). Pettenati e Cigognini hanno elaborato una teoria relativa alle competenze di gestione delle conoscenze personali secondo la quale le competenze sono suddivise in due gruppi principali: le competenze primarie, basilari e quelle più complesse, che si sviluppano nel tempo in un proprio percorso di tipo lifelong, dette competenze di PKM di "ordine superiore". L’articolazione dell'impianto teorico prevede, accanto al modello originale delle competenze di base e di ordine superiore, un set di corsi prototipo per sviluppare le competenze di base e di ordine superiore, e un set di linee guida, strategie formative ed e-tivity per il PKM (Cigognini, 2008). Le e-tivity (Salmon, 2002) sono attività interattive che si svolgono in , finalizzate all'apprendimento. Le pratiche di PKM e le relative competenze richieste sono strettamente legate alle competenze d'imparare ad imparare, «learning to learn» (European Union, 2006; Eurydice 2008; Hoskins & Frediriksson, 2008), che sono state identificate come competenze chiave per sviluppare un atteggiamento adeguato nei confronti dell'educazione e della formazione lungo tutto l'arco della vita.

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Le tecnologie di rete sono ormai mature per poter supportare percorsi d'apprendimento in finalizzati allo sviluppo delle competenze di PKM, che nel loro insieme corrispondono al Learning to learn. Solo un approccio informale però non può supportare i leaners allo sviluppo delle competenze di PKM di ordine superiore, servono situazioni formative più strutturate, specialmente dove non c'è l'abitudine all'uso delle ICT. La competenza "imparare ad imparare" fa prendere coscienza del come e perché si acquisiscono, si elaborano e si memorizzano diversi tipi di conoscenze» (Pettenati & Cigognini, 2009). I risultati qui presentati prendono spunto dall'elaborazione della teoria relativa alle competenze di gestione delle conoscenze personali, introdotta in lavori precedenti. Le e-tivity presentate possono costituire un quadro di riferimento iniziale, sia per la definizione degli oggetti di apprendimento sia per la macro-concezione dei moduli di sviluppo delle competenze nella quale le competenze di PKM devono essere insegnate. In tabella la loro sintesi:

PKM Skills di base nella

CREARE

CERCARE E

ORGANIZZARE

CONDIVIDERE

Editare

Cercare

Pubblicare

Integrare, correlare

Recuperare

Collaborare

Sintetizzare

Archiviare

Padroneggiare lo scambio di conoscenza

Essere creativo

Classificare

Gestire i contatti

Gestire l’overload

Relazionarsi

Definire i bisogni

Tabella 3: Nell’elaborazione delle tabelle si è utilizzata quale fonte Tecnologie Didattiche (Cigognini, Mangione e Pettenati, 2007).

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Le competenze di PKM di Ordine Superiore SENSO DI RETE

ABILITÀ

NEL MEDIARE

FRA I CONTESTI

FORMALI E INFORMALI

SENSO

CRITICO NELL'USO

DELLA RETE

USI CREATIVI DELLA RETE

Abilità comunicative, relazionali, sociali e di condivisione "Essere a rete " come modalità di approccio per la condivisione, lo scambio e la costruzione di conoscenza per comprendere e gestire le dinamiche e i flussi di comunicazione e di relazione della rete .

Capacità di gestione delle fasi e dei processi in per la creazione e condivisione di conoscenza

Sviluppo delle capacità, competenze e abilità per ricercare e selezionare le informazioni e le risorse.

Uso creativo nell'uso della rete , dei suoi strumenti e dei suoi ambienti, dalla scrittura alla realizzazione/ condivisione/organizzazione delle risorse multimediali, per poter elaborare concetti e informazioni in modo efficace.

Tabella 4: Nell’elaborazione delle tabelle si è utilizzata quale fonte articolo siel 2009 (Cigognini, Pettenati & Paoletti, 2008).

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Modello di Ismael Peña Lopez (2009) Il ricercatore catalano Peña Lopez affida a un’efficace immagine la rappresentazione del modello da lui elaborato:

Figura 12 fonte Peña Lopez 2009

Spiega che si sta andando «verso una definizione esauriente di abilità digitale»; definendo al contempo i concetti nel modo che segue:

Technological

Literacy

Alfabetizzazione

tecnologica

Come

Le abilità d’interagire con hardware e software.

Informational Literacy

Alfabetizzazione

informativa:

Cosa

Le competenze per gestire le informazioni, in genere per mezzo delle ICT (applicando l'alfabetizzazione tecnologica). Si possono qui individuare due fasi: una più strumentale, relativa a come ottenere informazioni (pertinenti); una più strategica legata al modo di gestire quell’informazione (o conoscenza, se si parla di gestione delle conoscenze personali).

Capacità e competenze per trattare con i media diversi, farli interagire e integrarli in un unico output.

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Media Literacy

Alfabetizzazione

mediatica

Dove

È possibile individuare anche un livello inferiore, multimedia, nel quale l’interazione sarebbe più meccanica; ed uno più alto, crossmedia, dove l’interazione e l’integrazione non rispondono alle possibilità tecniche, ma ad un disegno strategico: la costruzione d’un ecosistema di diversi media (e non un semplice output multimediale).

Digital Presence

Presenza

digitale

Chi

È centrata sulla persona. Queste sono le competenze digitali per monitorare e stabilire un’identità digitale e le competenze per definirla attivamente ed utilizzarla per lo stabilimento d’una di contatti (networking) o per interagire con altre persone in modo digitale.

e-Awareness

E-

Consapevolezza

Perché

La fase più strategica è quella relativa all’essere a conoscenza di come il mondo e la nostra posizione come una persona, gruppo, impresa, ente, varî a causa delle tecnologie digitali.

Tabella 5: i dati della tabella sono tratti da Peña Lopez, (2009)

L’autore fornisce esempi tratti dalla quotidianità in cui sono richieste le competenze digitali: la scuola, il lavoro, la gestione del potere/governo, l’espressione dell’essere cittadino.

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Figura 13 fonte (Peña Lopez, 2009)

Si tratta d’un approccio non ancora completo, spiega l’autore, essendo ancora essenzialmente un’esplorazione: manca dunque in completezza. È, pur tuttavia, un riflesso di cosa egli ritiene stia avvenendo a livello applicato quando talvolta troppe cifre concettuali devono essere fatte funzionare a casa, a scuola, a lavoro o nell’impegno sociale e politico. Altrimenti detto, come vanno messi gli strumenti (ed i problemi e le questioni) della società dell’informazione nelle mani delle guide e di quanti prendono decisioni ed attuano politiche? L’autore ritiene che occorrano non tanto cornici statiche quanto dei percorsi dinamici: We need not static frames, but dynamic paths. From 0 to 100. From the simplest needs to the deepest understanding. And build bridges amongst them stages. (Peña-López, I. 2009).

Si esamina ora lo scritto dello studioso cileno C. Cobo Romani (2009) in cui analizza l'efficacia delle politiche, delle strategie e dei programmi che favoriscono l'acquisizione di e- competenze, concentrandosi in particolare sulle giovani generazioni che faranno parte della forza lavoro nei prossimi cinque- dieci anni. Il saggio di Cobo Romani si basa su un'analisi comparativa di diversi studi a proposito dell'impatto delle ICT per l'apprendimento degli studenti. È qui proposta una nuova definizione del termine "e-competences". Contiene inoltre un insieme di buone pratiche per lo sviluppo del futuro e-competenti forze di lavoro sono identificati. Il saggio si articola in sette idee chiave: 1. Dopo dieci anni di sforzi coerenti per migliorare il livello d'istruzione infondendo notevoli quantità di capitale in ICT, la ricerca attuale dimostra costantemente che l'accesso e l'uso delle ICT sono garanzie di successo maggiore di studenti. 2. Ci sono precedenti di diversi paesi che dimostrano che non vi è alcuna correlazione tra il livello di accesso alle ICT e la percentuale di utilizzo delle ICT. 3. C’è invero poca ricerca con base scientifica che permetta di misurare l’efficacia della tecnologia nell’ottenimento dell’apprendimento. 4. Questi risultati indicano la necessità di adottare una vasta gamma di miglioramenti nel sistema di istruzione, anche in termini di politiche pubbliche, che dovrebbe andare ben oltre l'acquisizione delle ICT. 5. Questo lavoro presenta prove del fatto che le politiche pubbliche, che avrebbero dovuto portare notevoli miglioramenti nel raggiungimento di istruzione attraverso l'adozione delle ICT, sono state errate o parzialmente errate. 6. E-competence vanno oltre l'uso di ICT specifici, compreso l'uso competente delle informazioni e l'applicazione delle conoscenze per lavorare individualmente e in collaborazione all'interno di contesti mutevoli. 7. Per evitare qualsiasi prospettiva riduzionista, in relazione all’integrazione delle ICT nel settore dell'istruzione, sarà necessario avere un approccio flessibile e dinamico, al fine di equilibrare l'adozione delle tecnologie digitali con le altre competenze critiche.

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Figure 14 E-competencies and the five underlying concepts. Immagine tratta da Cobo Romani (2009).

Le risorse17 che seguono, reperibili nel PRP (Personal Reseach Portal) di Peña - Lopez riguardano il convegno di Barcellona del 2009 su «Competenze digitali: conoscenza, competenze ed attitudini per la società in rete ». I relatori affrontando il tema da angolazioni diverse, concordano nel ritenere indispensabile l’acquisizione di competenze capaci di rispondere alle istanze poste dalla Società della Conoscenza, considerano altresì necessari l’addestramento e la diffusione di competenze che richiedono un cambiamento nel modo di relazionarsi, di comunicare, d’educare, d’istruire, di partecipare, di governare. In estrema sintesi si tratta di addivenire a un cambiamento culturale, di mind-set. Una panoramica dei diversi contributi potrà essere utile alla comprensione dei termini del dibattito. Boris Mir (2009), attraverso un intervento dal titolo The digital competence as a methodological competence descrive il sistema educativo catalano, e identifica alcune caratteristiche connotate negativamente, in quanto latrici di problemi o di aspetti negativi; l'autore evidenzia la mancanza di un syllabus per competenze ma l’esistenza di un programma di studio per discipline al cui interno si devono sviluppare le competenze comunicazionali; metodologiche; personali e

17 Dal titolo Course on Digital Competences dal corso tenutosi a Barcellona nel luglio del 2009. Nella rassegna non vengono riportati i contributi di Cobo e Peña-López ai quali è dedicato altro spazio per la descrizione della loro visione.

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d’interrelazione. Si interroga su chi sia responsabile per lo sviluppo di queste competenze e su quali siano le competenze generiche. Definisce la competenza digitale come «la combinazione di conoscenza e capacità, assieme a valori ed attitudini, miranti all’ottenimento di risultati con efficacia ed efficienza in contesti digitali e con strumenti digitali». È dell’opinione che la competenza digitale si ottenga con l’uso strategico di differenti capacità in svariati campi d’azione che portano alle rispettive dimensioni della competenza digitale: il campo dell’apprendimento: apprendere e generare conoscenza; il campo dell’informazione: recuperare, valutare e gestire l’informazione; il campo della comunicazione: come ci si mette in relazione con gli altri, si comunica ecc in contesti digitali; il campo della cultura e della cittadinanza digitale: comportamento civico, partecipazione politica, sicurezza ecc. José Manuel Pérez Tornero, già autore del famoso saggio sull'alfabetizzazione digitale Comprender la alfabetización digital (2003) nel suo intervento dal titolo Criteri per i livelli di alfabetizzazione mediatica, rileva l’esistenza di un bisogno urgente di trovare indicatori d’alfabetizzazione mediatica che dovrebbero essere utilizzati per misurare progetti nell’ambito d’alfabetizzazione mediatica. Componenti dell’alfabetizzazione mediatica per l’autore sono l’educazione mediatica, la partecipazione e cittadinanza attiva, le abilità e competenze critiche e creative. Suggerisce quali obiettivi strategici lo sviluppo delle politiche d’alfabetizzazione mediatica, la connessione tra l’alfabetizzazione mediatica con l’innovazione tecnologica ed economica, lo stimolo la creatività come parte essenziale dell’alfabetizzazione mediatica; la promozione dell’alfabetizzazione mediatica come strumento di cittadinanza attiva; il rinforzo della ricerca e dell’educazione nell’alfabetizzazione mediatica. L’alfabetizzazione mediatica consentirebbe di sentirsi a proprio agio coi media esistenti, utilizzarli attivamente e creativamente; avere un approccio critico ai media; comprendere l’economia dei media; essere coscienti del diritto d’autore. Rileva l’esistenza due dimensioni nell’alfabetizzazione mediatica, una legata all’abilità: uso, comprensione e comunicazione; l’altra legata all’ambiente: disponibilità, educazione mediatica. (Peña-López, 2009). Jesús Martínez e Dolors Reig propongo un intervento dal titolo Communities of Practice in Public Administrations. Compartim programme and digital competence e illustrano la Comunità di pratica esplicitando il progamma Comparti per la pubblica amministrazione che ha l’obiettivo di migliorare la condivisione delle diverse capacità e competenze dei membri dei diversi servizi. Al CdP Comparti si sono gestiti tutti i tipi d’alfabetizzazione e di competenze digitali, specialmente le alfabetizzazioni tecnologiche ed informative mentre sono indicate come obiettivi futuri le alfabetizzazioni di e- consapevolezza. Joan Torrent partecipa al convegno con un intervento su Electronic skill-biased technological change (e-SBTC), enterprise and work e pone l’accento su impresa

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e lavoro riconoscendo che il cambiamento tecnologico è influenzato dalle abilità elettroniche (e-SBTC). Per il relatore i flussi d’informazioni e di conoscenza saranno la base per lo sviluppo nelle prossime decadi, sottolinea che per la prima volta nella storia, una tecnologia aiuta gli esseri umani nelle loro attività mentali. Rileva che le implicazioni di questa nuova economia nella società della conoscenza generano diversi effetti: complementarità, sinergie, cambi di chip mentale, sviluppo e espansione di nuove reti.

Conclusione di capitolo

Figura 15 sintesi del capitolo Ciò che appare evidente è rappresentato dalle suggestioni e contaminazioni che si intravedono fra le composizioni, esempi talora di una co-costruzione della conoscenza, secondo il paradigma della rete . Si ravvisano affinità e/o peculiarità legate ai settori degli specifici interessi di studio e di competenza: UE, UNESCO, organismi internazionali, rivolgono la loro attenzione alla competenza digitale avendo fra le preoccupazioni quella del digital divide, il divario infrastrutturale, cioè il divario esistente tra chi può accedere alle nuove tecnologie (internet, personal computer) e chi no, imputabile anche a inadeguatezza di educazione oltre che a insufficiente formazione tecnologica. Gli studiosi toscani, accumunati dall’interesse per l’e-learning, pur formulando riflessioni di ampio respiro le teorizzano in modo mirato. Infine gli interventi dei ricercatori di lingua ispanica declinano il tema secondo il loro interesse precipuo che attiene le dimensioni sociale e quella etica.

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In generale si constata che molti sono gli autori e le istituzioni che hanno contribuito al dibattito sul tema delle competenze (digitale), focalizzando l’attenzione sui processi cognitivi, sulle peculiarità della rete, sulle interazioni della rete , sulle tipologie dei media, sugli aspetti tecnologici legati all’uso strumentale delle tecnologie e degli ambienti di rete. Tutti concordano sul fatto che nel concetto di digital literacy (alfabetizzazione digitale), confluiscono altri tipi di literacy legate alle ICT, ai media e ad altre abilità. Questo dimostra la complessità della materia. L’attenzione di chi scrive si focalizza in particolare sulle implicazioni di tre apporti, quello delle ricercatrici, studiose di PKM, Pettenati & Cigognini, e quelli dei ricercatori di lingua spagnola, Peña-López e C. Cobo Romani. Il modello delle prime individua delle competenze che se possedute, possono plasmare profondamente l’identità digitale, ci si riferisce alle competenze di ordine superiore al senso di rete, all’abilità nel mediare i contesti formali e informali e al senso critico nell’uso della rete. Irrinunciabile è anche la parte formativa del modello, un set di moduli didattici prototipo per sviluppare le competenze di base e di ordine superiore, e delle linee guida, strategie formative ed e-tivity per lo sviluppo delle competenze di PKM. Il modello del ricercatore catalano identifica un’apposita competenza per l’identità digitale che, come si è visto, viene definita come Presenza digitale, costituita dalle competenze digitali per monitorare e stabilire un’identità digitale e le competenze per definirla attivamente ed utilizzarla per lo stabilimento d’una di contatti (networking) o per interagire con altre persone in modo digitale.

Del contributo dello studioso cileno si sottolinea la rilevanza della definizione della competenza, già presente nel modello di Peña-López, e-Awareness, ma definita con circospezione encomiabile. Il concetto di e-Awareness è caratterizzato dalla consapevolezza di un utente delle ICT e dall’apprezzamento della rilevanza delle ICT nella società basata sull'informazione. Esso abbraccia la familiarità con le tecnologie e la comprensione di come queste realtà sono, o possono essere potenzialmente, beneficio o pregiudizievoli per la società. Fondamentalmente si tratta di un atto di cognizione influenzata dall'uso delle informazioni e delle conoscenze e delle tecnologie connesse come strumenti per aggiungere più valore e l'innovazione a contesti specifici. Si basa sulla comprensione (di comprensione e di critica), delle informazioni nell'ambito della società e delle sue implicazioni. Da questo punto di vista e-Awareness utente ha la capacità di comprendere e adottare il paradigma lifelong learning e l'uso delle ICT come mezzo per facilitare lo sviluppo delle conoscenze individuali o collettive, competenze e nuove funzionalità nella vita sociale e professionale. D'altra parte, questa comprensione degli aspetti umani, culturali e sociali legate alla tecnologia e alla loro pratica include anche il comportamento legale ed etico (anche chiamato "cittadinanza digitale").Insieme i contributi danno corpo a un settore emergente nella ricerca accademica attraverso precisazioni essenziali e attraverso il tracciato di percorsi e strumenti per una costruzione consapevole dell’identità digitale.

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Conclusioni Obiettivo della ricerca era investigare intorno a questioni relative a un tema emergente nella società dell’informazione: l’identità digitale. Le domande formulate all'inizio del lavoro di tesi focalizzavano le modalità con cui si costruisce l’identità digitale e miravano ad approfondire i problemi che richiedono l’individuazione delle competenze necessarie, se non indispensabili, per la risoluzione del compito. L'obiettivo che ha mosso il lavoro di questi mesi guardava anche alle modalità attraverso cui si acquisiscono le competenze messe a fuoco, il loro apprendimento, le strategie e le attività di apprendimento, gli strumenti e gli ambienti che sostengono le competenze. Allo scopo si sono indagate le proprietà dell’identità digitale, individuandone le principali aree di attenzione mentre si evidenziavano gli aspetti ad essa collegati: i temi della sicurezza e della privacy, alle quali vanno aggiunti i problemi legati alla persistenza, alla ricercabilità, alla replicabilità propri di ciascuna traccia lasciata in rete. Si è rilevato che si tratta di questioni cruciali che attengono ai diritti e doveri, alla proprietà intellettuale, al diritto d’autore, alla reputazione. Si è riconosciuto nel medium/ambiente tecnologico l’elemento che distingue l'identità digitale dall’identità personale; si è dunque considerato l’impatto che le tecnologie pongono sul comportamento sociale e individuale, determinando l’insorgere del bisogno di irrinunciabili competenze. Se ne sono, infine, osservate le manifestazioni e le caratteristiche. Si è ricorso ad un approccio olistico per gestire e comprendere la complessità del tema, considerando così gli apporti di numerosi campi di ricerca che vanno dalla sociologia, alla psicologia, alla pedagogia. La metodologia di ricerca ha comportato la rassegna molteplici autori, teorie, e modelli concettuali, fra questi si sono abbracciati / condivisi il modello di PKM skills evoluto, articolato in PKM skills di base e PKM skills di ordine superiore, il modello di Learning Design per l’acquisizione delle competenze di PKM oltre un set di attività in rete, e-tivities per l’apprendimento delle PKM skills, frutto dell’elaborazione di Cigognini e Pettenati (2008). Si è altresì riconosciuto l’importante apporto di due ricercatori Peña Lopez (2009) e Cobo Romani (2009), il primo per l’individuazione di una competenza specifica per l’identità digitale, denominata Digital Presence, il secondo per l’articolazione e la completezza nel descrivere la caratteristica di e-Awareness. Si ritiene che il risultato del lavoro si sostanzi nella posa di qualche tassello nella rappresentazione del mosaico che costituisce l’identità digitale, dal quale potranno trarre vantaggio operatori del settore e-learning, professionisti della formazione, docenti, studenti universitari, ricercatori e studiosi del settore, fruitori e studiosi della rete e della comunicazione mediata, studiosi dell’identità.

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Perché il tema dell'identità digitale? Perché oltre ad essere una questione di ricerca attuale e stringente (basti pensare alla linea del tempo della letteratura della mia analisi) che ne fanno il punto strategico attuale, posso introiettare la riflessione e l'expertise accumulata sulla mia personale esperienza e posizione: chi scrive ha mutato negli anni la propria identità digitale, scolpendola esperienza dopo esperienza a tutto tondo, forgiando con potenzialità e criticità tutti i colori dell'arcobaleno sfaccettato del proprio prisma dell'identità digitale. A condurre l’indagine è un’immigrata e vissuta digitale che, dopo trentasette anni di insegnamento nella scuola secondaria di primo grado, ha deciso di rassegnare le dimissioni volontarie per dedicarsi a qualcosa che fosse in grado di restituirle la soddisfazione e l’appagamento conosciuti in molti anni del suo lavoro e che col tempo si erano dissolti. Mi sono posta domande su come gestire positivamente la seconda metà della mia vita a conclusione di un percorso che mi aveva visto dapprima studentessa e successivamente insegnante, su come sviluppare le mie competenze nei processi formativi, garantendomi allo stesso tempo la soddisfazione del bisogno di autorealizzazione. Ho deciso di rimettermi in gioco, di riprendere lo studio formale iscrivendomi ad un master da lungo tempo esplorato a distanza. Al termine del percorso di studio ritrovo la mia vita cambiata perché io stessa sono cambiata, avendo davanti a me prospettive inaspettate in relazione a forme di partecipazione che in altri momenti avrei considerato impensabili. Ho sperimentato tutte le fasi che la letteratura della formazione a distanza descrive: la prima è riconducibile all’anno in cui sono stata titolare di funzione obiettivo. Per lo svolgimento del compito erano obbligatorie ore di formazione di cui parte di autoformazione su materiale prodotto dalla Biblioteca Pedagogica di Firenze e parte in aula organizzate dall’Ufficio Scolastico Provinciale. Di quell’esperienza ricordo il grande entusiasmo riconducibile al senso di esplorazione del mezzo telematico, la riflessione su possibili usi didattici delle risorse con cui ero venuta a contatto, il confronto con i colleghi proprio utilizzando gli stessi strumenti. Ricordo un unico difetto: le carenze tecniche hanno scoraggiato la buona volontà degli insegnanti (nella fase della registrazione). La seconda esperienza è legata a un progetto RAI Educational e Ministero della Pubblica Istruzione (Multimedi@Scuola) realizzato attraverso un sito Internet e un CD-ROM. Con quel corso ho acquisito in parte le capacità operative da utilizzare nella didattica quotidiana, ho acquisito una maggiore consapevolezza sulla valenza didattica specifica di alcune tecnologie, ho avuto la possibilità di confrontarmi con colleghi più esperti. La terza esperienza mi ha visto alle prese con il corso di formazione a distanza RAI-MPI sull'educazione interculturale mediante il sito internet dedicato allo stesso tema. Fra gli aspetti positivi segnalo la ricca documentazione, la continua ed aggiornata riflessione su una delle sfide più significative delle contemporanee società multiculturali e postmoderne e una ricca serie di proposte e di progetti.

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La quarta esperienza risale al 2002, periodo in cui ho iniziato un corso per l’apprendimento dello spagnolo in un itinerario lungo i paesi dell’America ispana, basato prevalentemente su testi presi dal web. L’adesione al corso è stata puramente casuale e dettata dalla mia inguaribile curiosità: un’insegnante di nazionalità argentina, residente in Slovenia, avviava un’attività didattica online facente parte di un progetto di tesi per il conseguimento del Master in didattica dello spagnolo lingua straniera dell’Universidad de Nebrija (Madrid). La formazione seguiva il modello della Correspondance Education: proponeva la metodologia didattica che usa la lingua straniera per l'apprendimento di altre discipline (CLIL - Content Language Integrated Learning). L’arricchimento personale e professionale che ne è derivato è stato rilevante, avendo io avuto modo di entrare in contatto con approcci educativi, campi di ricerca e di attività vari e disparati. Dal punto di vista dell’apprendimento della lingua posso dire di aver acquisito abilità di comprensione ed espressione scritte, lessico e conoscenze grammaticali; di aver lavorato su svariati generi testuali. Tra gli svantaggi annovero la mancanza di un luogo di interazione, di dibattito e di collaborazione in rete. Nel biennio 2006- 2008 ho partecipato al corso di perfezionamento in didattica assistita dalle nuove tecnologie proposto dal Politecnico di Milano, interamente a distanza. Al momento dell’iscrizione non avrei mai immaginato che un giorno avrei scritto un diario sul web perché mi sembrava di non avere niente da dire a nessuno. Ho messo da parte però le resistenze interiori ritenendo irragionevole da parte mia non sperimentare anche questo strumento di relazione sociale. Essendo molto affezionata all’origami, che esprime la considerevole pazienza di cui sono dotata, ho pensato di farne il punto di partenza per il mio blog. Non volendo però circoscrivere il mio raggio di riflessione, ho pensato di creare una sorta di zibaldone in cui annotare riflessioni, pensieri e altre cose. Prendendo a modello le scelte di stimati docenti mi sono affidata a una delle maggiori piattaforme di blogging e mi sono lanciata. Anche se non lo aggiorno con regolarità sono soddisfatta dell’esperienza, principalmente per due motivi: per essere riuscita a vincere le resistenze che mi avevano impedito fino allora di imbarcarmi nell’avventura e per essere il blog uno stimolo a pensare, ad agire e a esprimere.

È attraverso queste esperienze formative che ho acquisito ed evoluto le mie PKM: al termine dell’attuale percorso di studio durante il quale ho sperimentato altre modalità di formazione a distanza con il sistema blended e mosso i primi passi verso la costruzione del mio PLE, ritrovo la mia vita cambiata perché io stessa sono cambiata, intravedendo davanti a me prospettive inaspettate in relazione a forme di partecipazione e di espressione. Ora, essendo maggiormente consapevole della complessità che la vita digitale comporta, sento l’urgenza da un lato di procedere lungo il percorso di potenziamento/sviluppo delle mie PKM, dall’altro si sta facendo strada l’istanza di allargare, di coinvolgere altri nel processo di espressione/scoperta di sé che la vita digitale favorisce. Penso alle persone della terza età, a uomini e donne che per formazione e professioni pregresse potrebbero essere abilitati alla salvaguardia di una memoria storica che corre il rischio di essere cancellata.

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Riflettendo su quanto ho fino ad ora esposto ritengo di poter indicare gli elementi su cui ho costruito la mia identità digitale:

- Curiosità insaziabile, apertura al nuovo, ricerca di diversi punti di vista. - percezione del bisogno di autorealizzazione - approccio lifelong learning - E-learning - apprendimento formale, non formale, informale - PKM, che ho esperito in tutti i gradini del possibile - valori etici

Aderisco conseguentemente alle considerazioni di molti autori di cui ho riferito: Hermans Ligorio, Pena Lopez, Pettenati e Cigognini, Turkle, e provo gratitudine per quegli autori che con le loro osservazioni mi hanno aiutato a definire la complessità che l’essere in rete comporta per caratteristiche, dinamiche, linguaggi e prassi: Bauerlein, Boyd, Giglietto, Palfrey e Urs Gasser. Considerando che identità personale e digitale dipendono dalle nostre azioni e dalle nostre scelte personali, ritengo sia un dovere tendere al miglioramento di sé e operare con senso di responsabilità per chi siamo e per ciò che facciamo, avendo in mente che le nostre scelte esercitano un impatto sulla nostra vita e sull’intersocialità.

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