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Percorso specialistico 331

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TERZA PARTE

I CONTROLLI DEL REVISORE SUGLI ENTI PARTECIPATI, GLI EQUILIBRI DI BILANCIO E IL PATTO DI STABILITÀ

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Percorso specialistico 333

L’organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati

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L’ORGANO DI REVISIONE: CONTROLLI SUGLI ORGANISMI PARTECIPATI

di Andrea Ziruolo

INDICE

L’ORGANO DI REVISIONE: CONTROLLI SUGLI ORGANISMI PARTECIPATI ....................... 333

INDICE ........................................................................................................................................................ 333

1 INTRODUZIONE ALL’ATTIVITÀ DI REVISIONE VERSO GLI ORGANISMI PARTECIPATI ..................................................................................................................................... 334

2 PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI .................................................................................... 334

3 DOCUMENTO N. 14 DEI PRINCIPI DI VIGILANZA E CONTROLLO DELL’ORGANO DI REVISIONE DEGLI ENTI LOCALI DEL CNDCEC ................................................................. 336

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Percorso specialistico 334

I controlli del revisore sugli enti partecipati, gli equilibri di bilancio e il patto di stabilità

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1 INTRODUZIONE ALL’ATTIVITÀ DI REVISIONE VERSO GLI ORGANISMI PARTE-CIPATI

Il continuo assestamento del modello di governance territoriale dei servizi pubblici è stato prevalentemente dettato dalla continua evoluzione della normativa di settore che ha reso, e rende tuttora, instabili i profili di operatività e la natura dei servizi riservati diret-tamente agli enti locali. Ciò ha fatto sì che questi ultimi si trovino oggi ad affrontare l’assolvimento delle proprie funzioni attraverso modelli gestionali che in molti casi non sono stati quelli scelti inizialmente, ma che per legge sono stati resi obbligatori in itinere, su tutti il divieto a svolgere in economia i servizi a rilevanza economica. Nella maggior parte dei casi in cui il ricorso all’esternalizzazione non era obbligatorio, invece, è risultata essere una soluzione per eludere i vincoli di spesa man mano introdotti dalla normativa (come evidenziato anche dalle Sezioni Riunite per le Autonomie della Corte dei Conti nella delibera 13/2008). Tale situazione ha spinto il legislatore a intervenire direttamente anche sugli organismi partecipati, estendendo loro le regole per la spesa della P.A. e alcuni dei vincoli di spesa in relazione alla fattispecie giuridica e alla percentuale di partecipazione. Laddove ci si è imbattuti in enti meno reattivi al dettato normativo, invece, si è continua-

to a gestire i servizi pubblici aventi rilevanza economica attraverso aziende speciali o consorzi di enti (sia consorzi di funzione, sia aziende speciali consortili). Nei casi in cui, al contrario, gli enti hanno cercato di rispettare i percorsi tracciati dal legislatore in tempo pressoché reale rispetto all’emanazione della norma, sono state registrate delle fughe in avanti nella scelta della veste giuridica del soggetto tramite cui svolgere le proprie funzioni, così come è avvenuto nel caso dell’art. 113-bis del DLgs. 267/2000, poi dichiarato in-costituzionale. Ne è conseguito che il modello giuridico del soggetto partecipato non sempre coincide con quanto previsto nella norma e, rispetto a questo scenario, i revisori degli enti locali non sono quasi mai riusciti a svolgere fino in fondo il proprio ruolo di vigilanza, controllo e consulenza.

2 PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI

Il principio di vigilanza e controllo n. 14, denominato “l’Organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati” ed emesso nel novembre del 2011 dal gruppo di lavoro “principi di revisione e comportamento dell’organo di revisione degli enti locali” del CNDCEC, individua i principali riferimenti normativi nella parte prima del Titolo V del DLgs. 267/2000, la L. 244/2007, l’art. 13 del DL 223/2006, l’art. 4 del DL 138/2011 e l’art. 14 co. 32 del DL 78/2010. Di ognuna delle norme riportate occorre prendere visione delle successive modifiche e integrazioni per evitare, considerato l’elevato numero di interventi legislativi in materia, di applicare disposizioni superate. A titolo esemplificativo si conside-ri che il solo art. 4, su richiamato, è stato modificato ben sette volte negli otto mesi suc-cessivi alla sua prima stesura. Stante i riferimenti su indicati, il recente percorso normativo relativo agli organismi

partecipati (definizione coniata dalla Corte dei Conti) dalle Amministrazioni pubbliche territoriali deve essere collegato al più ampio processo di ristrutturazione della finanza pubblica avviato con la manovra di cui alla L. 112/2008 (prima legge di stabilità). Inoltre, la natura pubblica di questi organismi deve essere rinvenuta nella proprietà da parte di un soggetto pubblico.

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Percorso specialistico 335

L’organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati

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La L. 112/2008, relativamente al triennio 2008-2011, individuò il primo elemento di criticità su cui occorreva intervenire nella spesa del personale degli enti locali e degli organismi da questi partecipati. Per questi ultimi, infatti, all’art. 18 stabilì le modalità per il reclutamento del personale dipendente, mentre per le autonomie locali stabilì la riduzione sistematica della spesa rispetto all’esercizio precedente ed il tetto percentuale rispetto alla spesa corrente. Questa norma però non ha prodotto effetti significativi sulla gestione degli organismi partecipati, nonostante sia dello stesso anno la sentenza n. 13 delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti che denunciava gli sprechi ed i malcostumi riscontrati presso le società a partecipazione pubblica. Il 2009 è stato anno di profonda ristrutturazione della visione dell’organizzazione e, con-

seguentemente, della governance della macchina pubblica. La L. 42/2009, in tema di federa-lismo fiscale, ha introdotto il bilancio consolidato quale documento obbligatorio per gli ee.ll. a partire dal 2014, mentre le anticipazioni sulla riforma del codice delle autonomie (non an-cora tradotta in un documento legislativo) hanno aperto alla definizione di controllo sugli or-ganismi partecipati così come previsto dal codice civile sulle società controllate e collegate. Sempre del 2009 è l’art. 23-bis del DL 112 conv. L. 133/2009, che ha affermato una

nuova definizione di servizio pubblico, dato che le attività rivolte alla P.A. a supporto di funzioni pubblicistiche di cui resta titolare l’ente di riferimento sono da intendersi come servizi strumentali (art. 13 del DL 223/2006 conv. L. 248/2006), mentre i servizi pubblici propriamente detti consistono in quelle attività che sono dirette a gestire servizi che mirano a soddisfare direttamente l’interesse generale della collettività. Successivamente, il DLgs. 150/2009 (c.d. “Legge Brunetta”) fissa il tetto del 50% della spesa corrente per il personale che, come si vedrà, accoglierà nel 2011 anche la spesa a carico delle società totalmente partecipate dagli ee.ll. Con il DL 78/2010 conv. L. 122/2010 (manovra finanziaria 2011-2012), il legislatore torna

ad agire con decisione sulla finanza degli enti locali introducendo tagli lineari sulla spesa territoriale complessivamente pari a 1.500 milioni di euro nel 2011 e 2.500 nel 2012. In tale circostanza riduce anche le entrate e per tipologia di spesa stabilisce dei limiti verso l’alto invalicabili rispetto a quella impegnata nel 2009, con il venir meno di fronte alla ragion di Stato dei vizi di incostituzionalità sollevati da alcune Regioni di fronte alla Corte Costitu-zionale in materia di “tagli lineari”. Con questa manovra finanziaria, pur fissando dei tetti di spesa invalicabili, è stato favorito il reclutamento del personale a tempo indeterminato e la flessibilità, mentre per le società pubbliche l’art. 14 co. 32, introduceva il divieto per i Comu-ni con meno di 30.000 abitanti di costituire nuove società e l’obbligo (poi attenuato nei modi che verranno esposti) di mettere in liquidazione le società già costituite precedentemente, cedendole entro e non oltre il 31.12.2011, termine poi rinviato al 31.12.2012. Il DL 98/2011 conv. L. 111/2011, all’art. 20 inasprisce gli effetti del patto di stabilità in-

terno ed introduce il concetto di ente virtuoso. L’effetto congiunto dei due punti richiamati fa sì che gli enti locali debbano intraprendere un’azione di spending review, al fine di com-pensare i minori trasferimenti con aumenti nel prelievo tributario locale, e tendere alle pre-mialità possibili per gli enti virtuosi. Tra gli elementi di virtuosità richiamati dal legislatore vi è la dismissione del patrimonio, dunque, anche delle immobilizzazioni in partecipazioni. Da ultimo, il DLgs. 138/2011 conv. L. 148/2011, agli artt. 4 e 5 ridefinisce la disciplina

dei servizi pubblici locali a seguito del referendum abrogativo dell’art. 23-bis del DL 112/2009 conv. L. 133/2009. La nuova norma conserva di fatto, salvo rare eccezioni, quanto già presente nell’art. 23-bis cancellando ogni riferimento applicativo ai servizi idrici sui quali era incentrato il referendum.

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Percorso specialistico 336

I controlli del revisore sugli enti partecipati, gli equilibri di bilancio e il patto di stabilità

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3 DOCUMENTO N. 14 DEI PRINCIPI DI VIGILANZA E CONTROLLO DELL’ORGANO DI REVISIONE DEGLI ENTI LOCALI DEL CNDCEC

Il principio di vigilanza e controllo n. 14, composto da 54 punti, si colloca all’interno di un quadro normativo e di contesto fortemente turbolento. Il principio in analisi ha tentato di dare una risposta anche e soprattutto a tale instabilità normativa, richiamando nel dettaglio i riferimenti di legge da osservare. Proprio tale circostanza, pur conservando la validità di fondo del documento, rischia di far superare gran parte del contenuto del principio n. 14 che, pertanto, dovrà essere sistematicamente aggiornato. L’art. 239 del DLgs. 267/2000 assegna all’Organo di revisione la funzione di collabo-

razione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento e la vigilanza/controllo sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione Con riferimento all’oggetto del principio n. 14, la funzione di collaborazione è resa attra-

verso pareri sulle proposte di costituzione di società, di modifiche statutarie e di altre operazioni straordinarie. Mentre la funzione di vigilanza, da esercitare sulla regolarità con-tabile e finanziaria, è svolta sull’intera gestione diretta e indiretta dell’ente locale (delibera Corte dei Conti, Sez. Autonomie 2/92). Sempre con riferimento alla specificità del principio in analisi, poiché l’organo di con-

trollo contabile deve esprimere un parere di coerenza, attendibilità e congruità sul bilancio di previsione e relativi allegati (tra i quali le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle aziende speciali, consorzi, istituzioni società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferi-sce), non essendo possibile all’organo di revisione dei conti effettuare verifiche sulla ge-stione diretta degli organismi partecipati, laddove non dovesse disporre di informazioni sufficienti per assolvere alla propria funzione, deve chiedere formalmente a chiunque sia nella condizione di disporre dei dati necessari (amministratori della partecipata, componen-ti del Collegio sindacale e di revisione, revisori dei conti, ecc.) di offrire chiarimenti (prin-cipio di revisione sulle conoscenze esterne n. 505). Inoltre, poiché la gestione delle partecipazioni di pertinenza dell’amministrazione deve

essere affidata a responsabili formalmente individuati, il revisore dei conti o il Collegio devono rilevare l’adeguatezza (compliance) del sistema organizzativo. Infatti, poiché ai conti giudiziali di dette gestioni (vedi modello contabile n. 22 allegato al DPR 194/96) devono essere allegate le direttive dettate nei confronti delle società e dei soggetti delegati a rappresentare l’ente in assemblea, occorre che l’autonomia locale si doti di un apposito ufficio di coordinamento e controllo dell’operato degli organismi partecipati e che raccolga i richiamati documenti di indirizzo. Il principio n. 14 evidenzia come le molteplici disposizioni dirette a disciplinare le attivi-

tà e le organizzazioni delle società a partecipazione pubblica locale sono tali da configurarli pressoché come organismi di diritto speciale. Tale circostanza, insieme ai vincoli posti dal legislatore, ha comportato un’accentuazione dell’attività di vigilanza da parte dell’organo di revisione degli enti locali, nonché l’esigenza di un supporto collaborativo sempre più qualificato alle decisioni dell’ente. Le gestioni di servizi pubblici locali affidate a organismi esterni (istituzioni, fondazioni,

aziende speciali, consorzi, società di capitale, ecc.), hanno sempre un impatto, positivo o nega-tivo, sugli equilibri sostanziali dell’ente. Ne consegue che se sono anche partecipati, richie-dono un’attività di vigilanza maggiore in quanto le non adeguate gestioni di questi organismi sono le principali cause degli ultimi dissesti finanziari (artt. 242 ss. del DLgs. 267/2000).

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Percorso specialistico 337

L’organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati

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In particolare, l’attività di revisione deve vigilare: • sul rispetto dei vincoli normativi sulla costituzione, organizzazione e gestione degli

organismi partecipati e del loro mantenimento; • sul rispetto del contratto di servizio e degli obiettivi fissati a motivazione dell’esterna-

lizzazione; • sul rispetto delle regole contabili nei rapporti fra ente ed organismi partecipati; • sul riflesso delle gestioni indirette sugli equilibri finanziari anche prospettici dell’ente,

anche alla luce dell’obbligatorietà del bilancio consolidato per gli enti con più di 5.000 abitanti a far data dal 2014;

• sul rispetto delle regole fiscali; • sulla circostanza che le operazioni con gli organismi partecipati non siano elusive del

patto di stabilità; • sul rispetto dei limiti di spesa per il personale; • sul rispetto delle procedure di evidenza pubblica per la fornitura dei beni e dei servizi,

sugli investimenti di cui al codice degli appalti (DLgs. 163/2006).

La recente legislazione dei servizi pubblici fa sì che sugli aspetti operativi si rinvii alla norma:

Art. 4 L. 135/2012

Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche

1. Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche am-ministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che ab-biano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, si procede, alternativamente: a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013. ((Gli atti e le operazioni posti in essere in favore delle pubbliche amministrazioni di cui

al presente comma in seguito allo scioglimento della società sono esenti da imposizione fiscale, fatta salva l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, e assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali;)) b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla

data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, ((non rinnovabili)), a decorrere dal 1° gennaio 2014. ((Il bando di gara considera, tra gli elementi rilevanti di valutazione dell'offerta, l'adozione di strumenti di tutela dei livelli di occupazione. L'alienazione deve riguardare l'intera partecipazione della pubblica amministrazione controllante)). 2. Ove l'amministrazione non proceda secondo quanto stabilito ai sensi del comma 1, a

decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette società non possono comunque ricevere affi-damenti diretti di servizi, né possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari. I servizi già prestati dalle società, ove non vengano prodotti nell'ambito dell'amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale. 3. ((Le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano alle società

che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica, alle società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché alle società di cui all'articolo 23-quinquies,

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Percorso specialistico 338

I controlli del revisore sugli enti partecipati, gli equilibri di bilancio e il patto di stabilità

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commi 7 e 8, del presente decreto, e alle società finanziarie partecipate dalle regioni, ovvero a quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, individuate, in relazione alle esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, nonché all'esigenza di assicurare l'efficacia dei controlli sulla erogazione degli aiuti comunitari del settore agricolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro o dei Ministri aventi poteri di indirizzo e vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Le medesime disposizioni non si applicano qualora, per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato. In tal caso, l'amministrazione, in tempo utile per rispettare i termini di cui al comma 1, predispone un'analisi del mercato e trasmette una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'acquisizione del parere vincolante, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della relazione. Il parere dell'Autorità è comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le disposizioni del presente articolo non si applicano altresì alle società costituite al fine della realizzazione dell'evento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007, richiamato dall'articolo 3, comma 1, lettera ,a) del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100)). ((3-bis. Le attività informatiche riservate allo Stato ai sensi del decreto legislativo 19

novembre 1997, n. 414, e successivi provvedimenti di attuazione, nonché le attività di svilu-ppo e gestione dei sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche, svolte attualmente dalla Consip S.p.A. ai sensi di legge e di statuto, sono trasferite, mediante operazione di scissione, alla Sogei S.p.A., che svolgerà tali attività attraverso una specifica divisione interna garantendo per due esercizi la prosecuzione delle attività secondo il precedente modello di relazione con il Ministero. All'acquisto dell'efficacia della suddetta operazione di scissione, le disposizioni normative che affidano a Consip S.p.A. le attività oggetto di trasferimento si intendono riferite a Sogei S.p.A.)) ((3-ter. Fermo restando lo svolgimento da parte di Consip S.p.A. delle attività ad essa

affidate con provvedimenti normativi, le attività di realizzazione del Programma di razio-nalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement continuano ad essere svolte dalla Consip S.p.A. La medesima società svolge, inoltre, le attività ad essa affidate con provvedimenti amministrativi del Ministero dell'economia e delle finanze. Sogei S.p.A., sulla base di apposita convenzione disciplinante i relativi rapporti nonché i tempi e le modalità di realizzazione delle attività, si avvale di Consip S.p.A. nella sua qualità di centrale di committenza, per le acquisizioni di beni e servizi.)) ((3-quater. Per la realizzazione di quanto previsto dall'articolo 20 del decreto-legge 22

giugno 2012, n. 83, Consip S.p.A. svolge altresì le attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività ai sensi dell'articolo 83 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni ai sensi all'articolo 86 del decreto medesi-mo nonché ai contratti-quadro ai sensi dell'articolo 1, comma 192, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. A tal fine Consip S.p.A. applica il contributo di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177.)) ((3-quinquies. Consip S.p.A. svolge, inoltre, l'istruttoria ai fini del rilascio dei pareri di

congruità tecnico-economica da parte dell'Agenzia per l'Italia Digitale che a tal fine stipu-la con Consip apposita convenzione per la disciplina dei relativi rapporti.))

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Percorso specialistico 339

L’organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati

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((3-sexies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversio-ne del presente decreto le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 possono predispor-re appositi piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate. Detti piani sono approvati previo parere favorevole del Commissario straordinario per

la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, e prevedono l'individuazione delle attività connesse esclusivamente all'eser-cizio di funzioni amministrative di cui all'articolo 118 della Costituzione, che possono essere riorganizzate e accorpate attraverso società che rispondono ai requisiti della legi-slazione comunitaria in materia di in house providing. I termini di cui al comma 1 sono prorogati per il tempo strettamente necessario per l'attuazione del piano di ristrutturazione e razionalizzazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato su proposta del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi.)) 4. I consigli di amministrazione delle società di cui al comma 1 devono essere composti

da non più di tre membri, di cui due dipendenti dell'amministrazione titolare della parteci-pazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d'intesa tra le amministrazioni medesime, per le società a partecipazione diretta, ovvero due scelti tra dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione della società controllante o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d'intesa tra le amministrazioni medesime, e dipendenti della stessa società controllante per le società a partecipazione indiretta. Il terzo membro svolge le funzioni di amministra-tore delegato. I dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione ((o di poteri di indirizzo e vigilanza, ferme le disposizioni vigenti in materia di onnicomprensività del trattamento economico,)) ovvero i dipendenti della società controllante hanno obbligo di riversare i relativi compensi assembleari all'amministrazione((, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accesso-rio,)) e alla società di appartenenza. È comunque consentita la nomina di un amministratore unico. La disposizione del presente comma si applica con decorrenza dal primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. 5. Fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge, i

consigli di amministrazione delle altre società a totale partecipazione pubblica, diretta ed indiretta, devono essere composti da tre o cinque membri, tenendo conto della rilevanza e della complessità delle attività svolte. Nel caso di consigli di amministrazione composti da tre membri, la composizione è determinata sulla base dei criteri del precedente comma. Nel caso di consigli di amministrazione composti da cinque membri, la composizione dovrà assicurare la presenza di almeno tre dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d'intesa tra le amministrazioni medesime, per le società a partecipazione diretta, ovvero almeno tre membri scelti tra dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione della società controllante o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d'intesa tra le amministrazioni medesime, e dipendenti della stessa società controllante per le società a partecipazione indiretta. In tale ultimo caso le cariche di Presidente e di Amministratore delegato sono disgiunte e al Presidente potranno essere affidate dal Consiglio di amministrazione deleghe esclusivamente nelle aree relazioni esterne e istituzionali e supervisione delle attività di controllo interno. Resta fermo l'obbligo di riversamento dei compensi assembleari di cui al comma precedente. La disposizione del presente comma si applica con decorrenza dal primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.

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Percorso specialistico 340

I controlli del revisore sugli enti partecipati, gli equilibri di bilancio e il patto di stabilità

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6. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli ((articoli da 13 a 42 )) del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell'amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l'alta formazione tecnologica ((e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell'istruzione e della forma-zione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non gover-native di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali.)) ((6-bis. Le disposizioni del comma 6 e del comma 8 non si applicano all'associazione di

cui al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il relativo consiglio di amministrazione è composto, oltre che dal Presidente, dal Capo del dipartimento della funzione pubblica, da tre membri di cui uno designato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e due designati dall'assemblea tra esperti di qualificata professionalità nel settore della formazione e dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Ai membri del consiglio di amministrazione non spetta alcun compenso quali componenti del consi-glio stesso, fatto salvo il rimborso delle spese documentate. L'associazione di cui al presente comma non può detenere il controllo in società o in altri enti privati e le parteci-pazioni possedute alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono cedute entro il 31 dicembre 2012.)) 7. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità

degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. ((È ammessa l'acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell'articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell'articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell'arti-colo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono altresì ammesse le convenzioni siglate con le organizzazioni non governative per le acquisizioni di beni e servizi realizzate negli ambiti di attività previsti dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e relativi regolamenti di attuazione)). 8. A decorrere dal 1° gennaio 2014 l'affidamento diretto può avvenire solo a favore di

società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al ((31 dicembre 2014. Sono altresì fatte salve le acquisizioni in

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Percorso specialistico 341

L’organo di revisione: controlli sugli organismi partecipati

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via diretta di beni e servizi il cui valore complessivo sia pari o inferiore a 200.000 euro in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, degli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, delle associazioni spor-tive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, delle orga-nizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381)). ((8-bis. I commi 7 e 8 non si applicano alle procedure previste dall'articolo 5 della legge

8 novembre 1991, n. 381.)) 9. A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, alle

società di cui al comma 1 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni previste per l'amministrazione controllante. Resta fermo, sino alla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto previsto dall'articolo 9, comma 29, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Salva comunque l'applicazione della disposizione più restrittiva prevista dal primo periodo del presente comma, continua ad applicarsi l'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 10. A decorrere dall'anno 2013 le società di cui al comma 1 possono avvalersi di perso-

nale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. 11. A decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico

complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011. 12. Le amministrazioni vigilanti verificano sul rispetto dei vincoli di cui ai commi pre-

cedenti; in caso di violazione dei suddetti vincoli gli amministratori esecutivi e i dirigenti responsabili della società rispondono, a titolo di danno erariale, per le retribuzioni ed i compensi erogati in virtù dei contratti stipulati. 13. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società quotate ed alle loro

controllate. ((Le medesime disposizioni non si applicano alle società per azioni a totale partecipazione pubblica autorizzate a prestare il servizio di gestione collettiva del rispar-mio. L'amministrazione interessata di cui al comma 1 continua ad avvalersi degli organi-smi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114. Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali.)) 14. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto, a pena di nullità,

di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio ovvero di atti convenzionali comunque denominati, intercorrenti tra società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, e amministrazioni statali (( e regionali )); dalla predetta data perdono comunque efficacia, salvo che non si siano già costituti i relativi collegi arbitrali, le clausole arbitrali contenute nei contratti e negli atti anzidetti, ancorché scaduti, intercor-renti tra le medesime parti.

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LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Dott. Ermando Bozza

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

I vincoli di finanza pubblica concordati in sede di sottoscrizione del Trattato di Maastricht sono sostanzialmente incentrati su due assi:

Contenimento del disavanzo pubblico (entrate – spese) in rapporto al PIL

Contenimento dello stock di debito pubblico in rapporto al PIL

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

2

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ENTI SOGGETTI AL PATTO 2012

La popolazione da prendere in considerazione è quella residente alla fine del

penultimo anno precedente a quello considerato dall’Istat (31.12.2010) per

comuni e province e dall’Uncem per le comunità montane

Il DL 138/2011 (art. 16, c. 31) ha esteso a decorrere dal 2013 l’obbligo del

rispetto del patto di stabilità interno ai comuni con popolazione > 1.000 abitanti

e dal 2014 alle Unioni di Comuni costituite da comuni con popolazione < a

1.000 abitanti, secondo le regole previste per i comuni con corrispondente

popolazione

Enti soggetti Enti non soggetti

Regioni

Province

Comuni > 5.000 ab.

Comunità montane > 50.000 ab.

Unioni di comuni

Consorzi tra ee.ll.

Comuni < 5.000 ab.

Istituzioni

Comunità montane < 50.000 ab.

Comunità isolane

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

3

GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI

Gli EE.LL. devono conseguire, per ciascun anno 2012-2013 esuccessivi, un saldo finanziario in termini di competenza mista noninferiore al valore dell’obiettivo “specifico” che varia a seconda sel’ente è qualificato come “virtuoso” o “ non virtuoso”.

CALCOLO DELL’OBIETTIVO “NON VIRTUOSI”1. Calcolo media degli impegni delle spese correnti per il triennio

2006-20082. Decurtazione dei tagli dei trasferimenti erariali di cui all’art. 14

co. 2 DL 78/20103. Applicazione dell’aliquota del 16% per il 2012; 15,80% per il 2013

e 2014

CALCOLO DELL’OBIETTIVO “VIRTUOSI”1. Dovranno conseguire un obiettivo strutturale pari a ZERO

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

4

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GLI ENTI VIRTUOSI

Decreto MEF di concerto con Min. internodel 26.06.2012

4 PROVINCE

143 COMUNI

Indicatori di virtuosità

1• RISPETTO DEL PATTO DI STABILITÀ NEGLI ANNI 2010-2011

2

• AUTONOMIA FINANZIARIA (dati competenza 2009)• Entrate tributarie (Tit. I) + Entrate extra-tributarie (Tit. III) / Entrate

correnti (Tit. I-II-III)

3

• EQUILIBRIO DI PARTE CORRENTE (dati competenza 2009) • Entrate correnti – [Spese correnti (tit. I) + (Tit. III – Rimb. Antic. Cassa – Rimb. Antic. Mutui)]

4

• CAPACITÀ DI RISCOSSIONE (dati di competenza e cassa 2009)• Entrate correnti (Tit. I + III)riscosse (c/competenza e c/residui)/Entrate

correnti (Tit. I + III) accertate + residui all’1.1.2009 riferiti ad anni precedenti

0,25

0,50

0,25

PONDERAZIONE

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

5

2006 2007 2008

Spese correnti (impegni) 20.884 21.964 22.436

Media delle spese correnti 2006-2008 21.761

3.482 3.438 3.438

SALDO OBIETTIVO COMUNI NON

VIRTUOSI 1.807 1.763 1.763

Percentuali da applicare alla media delle

spese correnti Comuni non virtsuosi 16% 15,80% 15,80%

Riduzione dei trasferimenti erariali di cui

al c. 2 art. 14 DL 78/2010 - 1.675 - 1.675 - 1.675

Riduzione dei trasferimenti erariali di cui

al c. 2 art. 14 DL 78/2010 - 1.675 - 1.675 - 1.675

SALDO OBIETTIVO AL NETTO DEI

TRASFERIMENTI 1.720 1.676 1.676

Saldo Obiettivo come % sulla spesa

media 3.395 3.351 3.351

MODALITA' DI CALCOLO OBIETTIVO 2012-2014

Percentuali da applicare alla media delle

spese correnti 2006-2008 15,60% 15,40% 15,40%

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

6

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LA COMPETENZA “MISTA”

Tit. ENTRATA Cassa/competenza

Si/no

Tit. SPESA Cassa/competenza

Si/no

I Tributarie Comp. Si I Spese correnti Comp. Si

II Trasferimenti Comp. Si II Investimenti (*) Cassa Si

III Extra-tributarie Comp. Si III Rimborsi debiti No

IV Alienazioni; Trasf. c/capitale (*)

Cassa Si (*) Al netto delle riscossioni/concessioni di crediti

V Accensione di prestiti

No

ESCLUSIONI

1. Risorse statali e spese correnti e in c/capitale per calamità naturali (dichiarazione di stato d’emergenza);

2. Risorse statali e spese correnti e in c/capitale per i “grandi eventi” (art. 5-bis co. 5 L. 401/2001);

3. Entrate provenienti direttamente o indirettamente dalla UE e relative spese di parte corrente e in c/capitale

4. Entrate trasferite dall’ISTAT per il censimento e relative spese;

5. Comuni dissestati della provincia dell’Aquila;

6. Comune di Parma per le risorse statali e spese connesse alla sede dell’Agenzia europea per la sicurezza

alimentare;

7. Spese sui beni ricevuti con federalismo demaniale nei limiti sostenuti dallo Stato per gestione e manutenzione;

8. Anni 2013 e 2014 spese per investimenti infrastrutturali finanziati con il “bonus” dismissioni partecipate (art. 5 co.

1 DL 138/2011)

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

8

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COME CONTROLLARE I DATI DI CASSA PER GLI INVESTIMENTI

L’organo di revisione può far riferimento alla sez. 4.1 della RPP dovevengono riportate le OO.PP. finanziate negli anni precedenti e non realizzatein tutto o in parte con l’indicazione dell’importo impegnato e di quanto giàliquidato, l’entità degli importi ancora da liquidare deve trovare unaragionevole copertura nell’entità delle previsioni dei pagamenti in contocapitale così come indicati nel prospetto dimostrativo del patto di stabilità.

L’emersione di una massa critica di pagamenti ancora da operare inrelazione ad opere già avviate ed in parte già liquidate rispetto alle previsionicalate nel prospetto del patto di stabilità deve essere oggetto di motivata edargomentata relazione scritta dal parte del dirigente/responsabiledell’ufficio tecnico che en dimostri la ragionevole sostenibilità.

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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Totale Già liquidato

Adeguamento edifici pubblici alle norme di sicurezza 401 2011 200.000,00 - MUTUO 40953

Efficientamento energetico scuole 401 2011 200.000,00 60.500,00 MUTUO 42123

Messa in sicurezza edifici scolastici 401 2011 300.000,00 - MUTUO 42309

Manutenzione straordinaria strade 801 2011 700.000,00 - MUTUO 45871

Consolidamento Colle Erminio 801 2011 125.000,00 - Contributo Regione 47681

Manutenzione marciapiedi 801 2011 275.000,00 - MUTUO 45883

Alloggi Edilizia residenziale 902 2008 879.948,74 - Contributo Regione 43356

Calamità naturali 903 2006 200.000,00 119.853,99 Contributo regionale 43324

Completamento rete metanifera 114 2005 625.000,00 566.569,97 MUTUO 48260

Edificio bioarchitettura Centro Anziani 1003 2008 697.000,00 59.648,58 Contributo Stato 43390

Manutenzioni straordinarie e messa in sic. Edifici scolastici 404 2010 300.000,00 16.150,00 MUTUO 42309

Realizzazione parcheggio in via S. Chiara 801 2010 80.000,00 - MUTUO 47661

Realizzazione rotatoria Villa Andreoli 801 2010 350.000,00 827,56 MUTUO 45874

Rifacimento marciapiedi Corso Trento e Trieste 801 2010 950.000,00 11.965,81 MUTUO 47633

Ristrutturazione nuovo comando P.M. 301 2010 178.000,00 88.902,17 MUTUO 42303

6.059.948,74 924.418,08

5.135.530,66

3.819.055,52

1.316.475,14

Differenza impegni e liquidaz.

Importo pagamenti previsti 2012

Differenza

4.1 ELENCO DELLE OPERE PUBBLICHE FINANZIATE NEGLI ANNI PRECEDENTI E NON

REALIZZATE (IN TUTTO O IN PARTE) Importo

Descrizione (oggetto dell'opera)

Codice funzione e

servizio

Anno di impegno

fondi

Fonte di finanziamento

(descrizione estremi)

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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IL PATTO DI STABILITÀ NEL BILANCIO DI PREVISIONE

Il Bilancio di previsione deve essere già in linea con gli obiettivi del Patto di stabilità

Impresa ardua visto che il Patto richiede anche dati di cassa

La Legge di Stabilità (L. 183/2011) ha richiesto di allegare al Bilancio annuale e

pluriennale un prospetto di competenza mista con il quale l’Ente dà conto del rispetto degli

obiettivi

Vincolo all’attività programmatoria

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

11

L’Organo di revisione, sebbene il prospetto dimostrativo delle previsioni di competenza e di

cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità 2012, allegato al bilancio, dimostri

che sia conseguibile l’obiettivo programmato, ritiene che esso sia stato “artificiosamente”

raggiunto in quanto si basa su:

� previsioni di entrata “dubbie” che non sembrano essere fondate su elementi certi ed

attendibili (es. lotta evasione, proventi per concessioni di servizi a terzi, plusvalenze da

alienazioni di beni patrimoniali, cessioni di partecipazioni, di aziende o rami d’azienda,);

� previsioni di riscossioni “dubbie” che non sembrano essere fondate su elementi certi

ed attendibili (es. concessioni edilizie, proventi immobiliari, ecc.);

� previsioni di “pagamento” non aderenti alla realtà dell’ente (es. decreti ingiuntivi);

� particolari modalità di cessione dei beni immobili (es. operazioni di cartolarizzazioni,

permute in conto lavori pubblici, ecc.)

� non corretta imputazione delle entrate o delle uscite (es. utilizzo partite di giro per

poste ordinarie di bilancio);

� assenza di previsioni di spesa (es. trasferimenti per “contratti di servizio”);

� utilizzo di forme elusive (es.operazioni con organismi partecipati poste in essere al solo

fine di eludere quali contratti di servizio, accollo debito, concessione di crediti, ripiani di

perdite ed aumenti di capitale per effetto di mancati trasferimenti, ecc);

invita l’Ente a riformulare le previsioni di competenza per la parte corrente o quelle di

incasso e pagamento per la parte in conto capitale.

ESEMPIO DI PARERE AL BILANCIO DI PREVISIONE A FRONTE DI OBIETTIVI CON “ARTIFICI CONTABILI”

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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IL PATTO DI STABILITÀ NELLA GESTIONE

VARIAZIONI DI BILANCIOVERIFICA RISPETTO PATTO DI STABILITÀ

Art. 9 co.1 lett. a) n. 2 DL 78/2009

Obbligo per il funzionario che

adotta impegni di spesa di accertare

preventivamente che il programma

dei conseguenti pagamenti sia

compatibile con i relativi

stanziamenti di bilancio e con le

regole di finanza pubblica

Responsabilità disciplinare e amministrativa

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

13

IL SISTEMA DEI MONITORAGGI E CONTROLLI

• Comunicazione degli obiettivi programmatici sulla base dei prospetti dimostrativi definiti da apposito decreto MEF

• Entro 45 gg. dalla pubblicazione del decreto in GU• Sanzioni

Obiettivi programmatici

• Vanno comunicate le informazioni sulle risultanze in termini di competenza mista secondo il prospetto e le modalità definite con decreto MEF, tramite sito web RGS

• Entro 30 gg. dalla fine del periodo di riferimento

Monitoraggio semestrale

• La comunicazione del risultato finale annuale del rispetto degli obiettivi va inviata entro il 31 marzo dell’anno successivo

• Firma del legale rappresentante e del responsabile del servizio finanziario nonché dell’organo di revisione

• Sanzioni• 15 maggio (15 gg. successivi all’approvazione del

rendiconto): termine ultimo per la rettifica dei dati

Certificazione finale

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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LE SANZIONI SULLE COMUNICAZIONI

La mancata trasmissione della certificazione entro il 31 marzo comporta:

L’AZZERAMENTO DEI TRASFERIMENTI STATALI (eccetto quelli per l’onere di ammortamento dei mutui) – in realtà oggi la decurtazione avviene sul fondo sperimentale di riequilibrio

Il tardivo invio della certificazione, oltre l’anno successivo, non si opera la riassegnazione dei trasferimenti.

L’Ente adempiente al Patto che invia la certificazione in ritardo è punito con il BLOCCO ASSUNZIONI per tutto l’anno.

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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LE SANZIONI SUGLI ENTI INADEMPIENTI

Legge di stabilità richiama art. 7 co. 2 DLgs. 149/2011 (Decreto premi e sanzioni) e prevede le seguenti sanzioni che scattano dall’anno successivo allo sforamento

TAGLIO DELLE RISORSE STATALI in misura pari allo scostamento dall’obiettivo, nel limite max del 3% delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo

DIVIETO DI IMPEGNARE SPESE CORRENTI in misura superiore la minimo dell’ultimo triennio

DIVIETO DI RICORRERE ALL’INDEBITAMENTO

BLOCCO DELLE ASSUNZIONI

RIDUZIONE DEL 30% DELL’INDENNITÀ DI FUNZIONE e dei gettoni di presenza rispetto all’importo risultante al 30.06.2010

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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LE NOVITÀ SULLE SANZIONI

LEGGE DI STABILITÀ 2012

Violazioni accertate successivamente all’anno seguente a quello in cui la violazione si riferisce (es. violazione accertate nel 2012 per l’anno 2010)

L’Ente deve comunicare l’inadempienza entro 30 gg. dall’accertamento della violazione

Si applicano tutte le sanzioni ma la decurtazione dell’indennità avviene nei confronti degli amministratori in carica all’epoca della violazione

ULTERIORI SANZIONI

� NULLITÀ DEI CONTRATTI ELUSIVI DEL PATTO (dal 6.7. 2011)� RESPONSABILITÀ DI TIPO AMMINISTRATIVO PERSONALE a carico degli

amministratori e del responsabile del servizio economico-finanziario di ammontare pari, rispettivamente, a fino 10 volte l’indennità di carica percepita e a fino 3 mensilità nette

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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LA CORTE DEI CONTI E IL PATTO

È uno dei capisaldi dei controlli delle Sezioni Regionali della Corte dei Conti

Questionari sui bilanci preventivi e consuntivi

Accertamento mancato rispetto

Adozione misure correttive

Vigilanza sull’applicazione delle sanzioni

Il DIPARTIMENTO DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO

provvede ad effettuare tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche

sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile che si estendono anche

al Patto di Stabilità

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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IL PATTO “VERTICALE” E “ORIZZONTALE”

IL PATTO ORIZZONTALE

Con il patto orizzontale le Regioni possono integrare le regole e modificare gli obiettivi posti dal legislatore nazionale in relazione alla situazione finanziaria del proprio territorio. Per l’anno 2012 il termine previsto dalla Legge di stabilità per comunicare agli EE.LL. il nuovo obiettivo è il 30.06.

IL PATTO VERTICALE

Con il patto verticale le Regioni possono autorizzare gli EE.LL. compresi nel proprio territorio a peggiorare il loro saldo, consentendo un aumento dei pagamenti in c/capitale, di cui debbono farsi carico interamente peggiorando i propri obiettivi. Lo sforzo è premiato con lo svincolo di destinazione delle somme che la regione riceve dallo Stato per un importo pari al doppio del bonus. Entro il 15.09 gli EE.LL. devono dichiarare all’ANCI/UPI l’entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell’anno. Le Regioni entro il 31.10 devono comunicare al MEF gli elementi informativi dettagliati per ciascun ente

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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L’ESTENSIONE DEI VINCOLI A SOCIETÀ PARTECIPATE, AZIENDE SPECIALI E ISTITUZIONI

ART. 25 DL 1/2012 integrazione art. 114 TUELDal 2013 le aziende speciali e le istituzioni saranno assoggettate al patto di stabilità secondo modalità definite con decreto del MEF da emanare entro il 30.10.2012.

Le aziende speciali e le istituzioni devono iscriversi e depositare i propri bilanci al registro imprese o al REA della CCIAA entro il 31.05 di ciascun anno.

Unioncamere trasmette al MEF, entro il 30.06, l’elenco e i relativi dati di bilancio.

Gli EELL hanno un dovere di vigilanza sul rispetto dei vincoli

Si ricorda che anche le società “in house” sono assoggettate al Patto di Stabilità secondo

modalità stabilite con DM (art. 3-bis co. 4 DL 138/2011 e art. 25 co. 1 DL 1/2012)

LE VERIFICHE IN MATERIA DI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO E I DEBITI FUORI BILANCIO

Dott. Ermando Bozza

SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO E I DEBITI FUORI BILANCIO

2

<<Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni dibilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio perla copertura delle spese correnti e per il finanziamento degliinvestimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testounico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale,e comunque, almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno,l’organo consiliare provvede, con delibera ad effettuare la ricognizionesullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliaredà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso diaccertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimentinecessari per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art. 194, per il ripianodell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendicontoapprovato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedereun disavanzo della gestione dei residui, adotta le misure necessarie aripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendicontodell’esercizio relativo ($omissis)>>

Art. 193 Tuel:

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Dall’analisi dei primi due commi dell’art. 193 emerge che l’organo consiliare, nei tempi previsti dal regolamento di contabilità e almeno una volta l’anno entro il 30.09, deve effettuare due importanti adempimenti:■ ricognizione sullo stato di attuazione dei

programmi;

■ verifica degli equilibri di bilancio.

LA VERIFICA DELLO STATO DI ATTUAZIONE DEI PROGRAMMI

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Il sistema della Pianificazione/programmazione:

LINEE PROGRAMMATICHE DI MANDATO

PIANO GENERALE DI SVILUPPO

BILANCIO ANNUALE E PLUR.LE + RPP

PEG

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Le linee programmatiche di mandato (art. 46 co. 3 TUEL) e il Piano generale di sviluppo (art. 165 co. 7 TUEL) costituiscono il Piano strategico di mandato dell’ente, in quanto traducono in programmi, progetti e azioni il programma elettorale del sindaco.

I due anzidetti documenti costituiscono il presupposto per la predisposizione degli strumenti di pianificazione, programmazione e budgeting (in tal senso hanno funzione autorizzatoria di tipo programmatica).

Il bilancio di previsione e la r.p.p. devono essere coerenti con i due documenti anzidetti.

LA VERIFICA DELLO STATO DI ATTUAZIONE DEI PROGRAMMI

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COS’È UN PROGRAMMA E COME SI STRUTTURA?

L’art. 165 co. 5 del TUEL stabilisce che la parte spesa delbilancio è leggibile - oltre che per titoli, funzioni, servizi einterventi - anche per programmi, dei quali è fatta analiticaillustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio enella RPP.

Nella prassi ci si è trovati di fronte a quattro impostazionidi strutturazione dei programmi:

■ CONTABILE

■ ORGANIZZATIVA

■ POLITICA

■ POLITICA-bis

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LA RAPPRESENTAZIONE PROGRAMMATICA

Tipologia Strumento Descrizione

Previsionale PROGRAMMA Unità programmatica di massimo livello costituita da un insieme di progetti:

� posta a presidio di 1 o + funzioni “organizzative;

� anche trasversale alle funzioni di bilancio;

� cui sono associate 1 o + finalità di valenza triennale;

� riferibile ad 1 o + unità organizzative di massimo livello.

Un programma si può articolare in 1 + progetti

Previsionale FINALITÀ Impatto atteso di medio periodo sui bisogni che un programma intende presidiare, conseguente all’azione dell’ente.

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LA RAPPRESENTAZIONE PROGRAMMATICA

Tipologia Strumento Descrizione

Previsionale PROGETTO Unità programmatica di secondo livello:

� posta a presidio di 1 funzione organizzativa;

� anche trasversale alle funzioni di bilancio;

� che deve far riferimento ad un unico programma,

� cui sono associati 1 o + obiettivi ;

� riferibile a 1 unità organizzativa di massimo livello.

Previsionale OBIETTIVO Risultato atteso verso il quale indirizzare le attività e coordinare le risorse nella gestione dei processi di erogazione di un determinato servizio, relativamente all’anno di riferimento della programmazione.

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CONTABILE

Si fanno coincidere i programmi con le funzioni ex DPR 194/96.

PRO� È una soluzione di semplice applicazione.� Minimizza le variazioni di bilancio e rpp.

CONTRO� Azzera la possibilità per la giunta e il consiglio di

definire una struttura programmatica ad hoc che faciliti la lettura del bilancio.

� Non coinvolge i principali “utenti” di tale documento (giunta e consiglio) nella definizione della sua struttura di “comunicazione politica”.

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PROGRAMMA FUNZIONE=

Denominazione del programma

Responsabile

Funzione 10

SERVIZI SOCIALI

Descrizione del programmaMotivazione delle scelteFinalità:� di investimento� di servizi di consumoRisorse umane da impiegareRisorse strum.li da utilizzareCoerenza piani reg.li di sett.

S.01 Asili nido, serv. inf.S.02 Servizi di prev. riab.S.03 Strutture residenzialiS.04 Assistenza, benefic.S.05 Servizio cimiteriale

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ORGANIZZATIVA

I programmi vengono fatti coincidere con i centri di responsabilità, identificabili dall’organigramma dell’ente.

PRO� Semplicità di applicazione dal punto di vista

programmatico.� Maggiore significatività e leggibilità dei dati.� Favorisce il raccordo tra RPP e peg, facilitando la

coerenza di quest’ultimo con gli indirizzi triennali dell’amministrazione.

CONTRO� Difficoltà di correlare i programmi alle deleghe

assessorili.

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POLITICA

I programmi coincidono con gli assessorati o con articolazioni degli stessi.

PRO� Enfasi posta sul ruolo di indirizzo del singolo

assessore.� Facilità di lettura del budget di ciascun assessorato.� Facilitazione di una corretta dialettica tra esecutivo e

consiglio.CONTRO

� Rischio di eccessiva frammentazione dei programmi per parcellizzazione delle deleghe.

� Necessità di ricodificare la spesa e l’entrata all’interno della procedura di bilancio in casi di modifica delle deleghe.

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POLITICA-BIS

I programmi vengono fatti coincidere tutti in capo al sindaco/presidente, che ne ha tracciato i contenuti di mandato all’interno delle linee programmatiche per azioni e progetti. Con questa logica il sindaco/presidente delega poi la definizione degli indirizzi specifici relativamente ai singoli programmi agli assessori di riferimento, utilizzando i progetti RPP come “contenitori” di finalità e motivazioni delle scelte politiche:� al sindaco/presidente sono associati i programmi;� agli assessori e alle relative deleghe sono associati i progetti

RPP.PRO

� Diretta responsabilizzazione del Sindaco/presidente.CONTRO

� Necessità di articolare i programmi RPP in progetti (di portata triennale) che siano assegnabili in modo univoco a ciascun assessore.

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L’art. 193 del TUEL assegna all’organo consiliare il compito di verificare lo stato di attuazione dei programmi, secondo una periodicità stabilita dal regolamento di contabilità e, comunque, entro il 30.09.

Tale verifica risulta spesso difficoltosa poiché le relazioni degli assessori e dei funzionari difficilmente trovano un collegamento diretto con la struttura e il contenuto dei programmi espressi nella RPP, che a sua volta non sempre appare collegata con i documenti di programmazione sovraordinati (Linee programmatiche e Pgs).

ART. 193 TUEL

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Per ovviare a tale problema è utile rispettare il principio della confrontabilità tra le finalità espresse nella sezione 3 della RPP - “Programmi e progetti” – e le relazioni sullo stato di attuazionedegli stessi.

È consigliabile strutturare una scheda di report per lo stato di attuazione dei programmi dove l’elemento che si sottopone a verifica e valutazione è costituito dalle finalità definite per ciascun programma RPP.

PRINCIPIO DELLA CONFRONTABILITÀ

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La scheda di report potrà essere strutturata in 2 sezioni:

� una di previsione, che riprende la struttura della sezione 3 della RPP, di cui riporta, per ogni programma, le finalità da conseguire relativamente ad investimenti e servizi di consumo;

� una di reporting, che contiene una valutazione sul grado di raggiungimento dei risultati relativi a tali finalità, al momento della verifica dello stato di attuazione dei programmi.

LA SCHEDA DI REPORT

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ESEMPIO SCHEDA DI REPORT

PREVISIONE3.4.4 Finalità da conseguire

Investimento

1. _____________________

Erogazione servizi di consumo

1. _______________________

2. _______________________

REPORTStato di attuazione dei programmi al 30.09

Commento sugli investimenti

Commento sui servizi di consumo

Parte delle scheda pre-compilata dal Parte della scheda presentata dall’assessore

Controllo di Gestione e direttamente o dal sindaco su proposta del responsabile del

desunta dalla RPP servizio

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La definizione del report finanziario è effettuata direttamente e in modo accentrato dal controller e/o dai servizi finanziari, sulla base delle risultanze delle fasi di gestione dell’entrata e della spesa, riferite ad ogni programma ed eventuale progetto RPP.

Nella slide che segue si riporta un esempio di struttura di scheda di report per la parte entrata (competenza e residui).

IL REPORT FINANZIARIO

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IL REPORT FINANZIARIO

Tit.

Cap.

Ris.

Descrizio-ne risorsa

Stanz.ti iniziali

Var

+

Var

-

Stanz.ti definitivi

Accert.

Riscossioni

in

c/comp.

Tit.

Cap.

Ris.

Descrizione

risorsa

Residui

Attivi

iniziali

Riscossioni

in

c/residui

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LE FASI DELL’ENTRATA

ACCERTAMENTO È la prima e più importante delle tre fasi gestionali. Presuppone idonea documentazioneattraverso la quale sono verificati ed evidenziatidal competente responsabile del servizio:

� la ragione del credito

� il titolo giuridico che supporta il credito

� Il soggetto debitore

� L’ammontare del credito

� la scadenza del credito

RISCOSSIONE E

VERSAMENTO

L’entrata è riscossa a seguito del materiale introito delle somme corrisposte dai debitori.

Per le entrate riscosse il servizio finanziario emette la reversale di incasso che registra a libro cassa e mastro.

Il versamento consiste nell’accredito dei fondi nel conto tenuto dall’Istituto tesoriere.

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LE FASI DELLA SPESAIMPEGNO È il momento finale della prima fase del procedimento a

conclusione della quale, sussistendo una obbligazione giuridicamente perfezionata, sono determinati ed individuati (con la determina):

� la somma da pagare

� il soggetto creditore

� la ragione del debito

� il vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio

LIQUIDAZIONE Consiste nella verifica della completezza della documentazione e dell’idoneità della stessa a comprovare il diritto del creditore.

Occorre verificare dal punto di vista qualitativo e quantitativo la fornitura o la prestazione eseguita anche per quanto riguarda la conformità delle clausole contrattuali.

Occorre verificare il rispetto delle scadenze o di eventuali clausole sospensive e condizionali.

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LE FASI DELLA SPESA

ORDINAZIONE Consiste nell’ordine (mandato di pagamento) impartito al tesoriere di provvedere al pagamento a un soggetto specificato.

PAGAMENTO È la fase finale con la quale il tesoriere dà esecuzione all’ordine contenuto nel mandato, effettuando i controlli di capienza dei rispettivi interventi/capitoli.

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La scadenza del 30.09 per la verifica dello stato di attuazione dei programmi può risultare funzionale:

� ad un corretto avvio del processo di programmazione per l’esercizio successivo;

� alla formulazione della delibera di assestamento generale di bilancio (entro 30.11 ex art. 175 co. 8 TUEL);

� alle azioni da intraprendere per velocizzare i procedimenti tesi al conseguimento degli obiettivi per l’ultimo trimestre dell’esercizio (v. ad es. i tetti di spesa del patto di stabilità).

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I principi contabili impongono che il bilancio di previsione sia approvato in equilibrio, con particolare riguardo al pareggio finanziario complessivo e all’equilibrio di parte corrente:

∑ Et =∑ St

Ec (Tit. I+II+III) ≥ Tit. I S + K (q. cap.le amm.to prestiti Tit. III int. 3, 4 e 5)

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LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

Ciò nonostante, durante la gestione, possono accadere fatti o situazioni tali da condurre allo squilibrio finanziario:� disavanzo di amministrazione accertato nel rendiconto

dell’esercizio precedente;� mancata realizzazione di specifiche entrate correnti

previste in bilancio, gestione competenza;� presenza di residui attivi per i quali, già nel corso

dell’esercizio, si prevede l’insussistenza o l’inesigibilità;� inadeguato stanziamento del fondo di riserva;� sentenze che obbligano l’ente al pagamento di somme

non previste in bilancio;� disavanzi di aziende speciali, istituzioni, consorzi;� perdite di Spa o srl controllate o collegate;� esistenza di debiti fuori bilancio non ancora riconosciuti ai

sensi dell’art. 194 TUEL.

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LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

Per creare squilibrio i fattori prima elencati devono comportare volumi di minori entrate o maggiori spese rilevanti in termini di sostenibilità del bilancio.Nel caso del disavanzo risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente e nel caso di debiti fuori bilancio vale una norma molto restrittiva:Art. 191 co. 5 TUEL: “è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti in esercizi precedenti”.La norma ha come fine la tutela degli equilibri di bilancio e rafforza il concetto di copertura finanziaria. Prevede, infatti, le conseguenze tipiche della mancanza di copertura finanziaria a livello di intero bilancio (a prescindere dagli importi).

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LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

� Accanto al monitoraggio continuo del permanere degliequilibri finanziari a carico del responsabile del serviziofinanziario che, nel caso di squilibri, deve segnalare allegale rappresentante dell’ente, al consiglio e airevisori, secondo le previsione regolamentari, lo stato disquilibrio (il consiglio entro 30 gg. deve provvedere alriequilibrio), il legislatore ha previsto una verificaordinaria (art. 193), in assenza delle suddettesegnalazioni, da tenersi con la periodicità prevista dalregolamento e, comunque, entro il 30.09 di ciascunanno.

� Con tale atto il consiglio comunale dà atto delpermanere degli equilibri generali di bilancio.

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LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

■ In caso di accertamento negativo derivante dalla verifica degli equilibri, il consiglio adotta i provvedimenti necessari:

- per il ripiano di eventuali debiti fuori bilancio;- per il ripiano dell’eventuale disavanzo di

amministrazione (da rendiconto approvato).E, qualora i dati della gestione finanziariafacciano prevedere un disavanzo (di gestione o diamministrazione):

Adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

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Fattoridi

squilibrioCONSEGUENZE

PROVVEDIMENTIDI

RIEQUILIBRIO

Disavanzorendiconto

Mancanza di copertura finanziaria(art. 153)

Divieto di assumereImpegni – deroghe (art.191)

Delibera consiliare diRipiano del disavanzo

(art. 193)

DEBITIFUORI

BILANCIO

Mancanza di copertura finanz.(art. 153)

Divieto di assumereImpegni – deroghe (191)-segnalazione

Delibera consiliare dRiconcoscimento del debito

(art. 194)

Accert. < Impegni

di compet.

InsussistenzaResidui

attivi

Delibera consiliare diRiequilibrio della

Gestione (art. 193)

Altri fattoridi

squilibrio

Mancanza di equilibrio diBilancio e di copertura

Finanziaria complessiva(art. 153).Obbligo di

segnalazione

Mancata adozione della delibera di riequil. =Comm. ad acta e

scioglimento consiglio

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RISORSE UTILIZZABILI PER IL RIEQUILIBRIO

L’organo consiliare, ai fini del riequilibrio del bilancio, perl’anno in corso e per i due successivi può utilizzare:� tutte le entrate e disponibilità;

AD ECCEZIONE

� Di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti;

� Di quelle aventi specifica destinazione per legge.

NONCHÈ

� I proventi derivanti da alienazioni di beni patrimonialidisponibili

Osegue

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RISORSE UTILIZZABILI PER IL RIEQUILIBRIO

Ove non sia possibile provvedere con i mezzi ordinari:

� si può applicare l’avanzo di amministrazione accertato con l’approvazione del rendiconto.

In tal caso occorrerà motivare dettagliatamente in delibera l’impossibilità di attingere dalle altre risorse.

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TERMINE E CONSEGUENZE

■ Il termine del 30.09 previsto dall’art. 193 TUEL non è perentorio, nel senso che il consiglio può deliberare riequilibri di bilancio o riconoscimento di debiti fuori bilancio anche oltre tale data.

■ La mancata adozione, da parte dell’ente, dei provvedimenti di riequilibrio è equiparata, a ogni effetto, alla mancata approvazione del bilancio di previsione (art. 141 TUEL ) con conseguente scioglimento del consiglio dell’ente.

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SCHEDA – VIGILANZA SUGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

� Vanno verificate le relazioni dei responsabili dei servizi sullo stato direalizzazione dei programmi e progetti loro affidati, nonché la relazionedel responsabile del servizio finanziario sullo stato degli equilibrifinanziari;

� meglio se esiste una relazione in materia del responsabile del controllodi gestione sui risultati conseguiti con indicatori di economicità edefficacia;

� ci dovrà essere una relazione della Giunta sullo stato di attuazione degliindirizzi dati ed approvati;

� si dovrà valutare l’adeguatezza e la sufficienza di dette relazioni aconsentire una valutazione del Consiglio e gli eventuali provvedimenti enuovi orientamenti del processo decisionale;

� vanno segnalate le aree di disservizio e di scostamento rispetto allaprogrammazione e gli indirizzi dati;

� va acquisita l’attestazione da parte dei responsabili dei servizisull’inesistenza di debiti fuori bilancio;

� se vi sono debiti fuori bilancio riconoscibili vanno adottati iprovvedimenti di copertura del debito;

� per quanto riguarda la verifica degli equilibri è possibile utilizzare ilseguente prospetto sintetico:

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SCHEDA – VIGILANZA SUGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

Equilibrio della gestione dei residui+ maggiori residui attivi- minori residui attivi+ minori residui passivi

Equilibrio della gestione di competenza+ maggiori entrate accertate o accertabili- minori entrate accertate o accertabili+ minori spese impegnate o da impegnare- maggiori spese da impegnare

Equilibri = Saldo algebrico della gestione residui e di competenza In caso di squilibrio vanno verificati i provvedimenti di riequilibrio utilizzando le entrate disponibili, compreso l’avanzo, e ridimensionando le spese.

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COMUNE DI ::::: - COLLEGIO DEI REVISORI - Verbale del :::

Il giorno OOOOOOO si è riunito il collegio dei revisori del Comune di OOO, nominato dal Consiglio Comunale con propria deliberazione nO del OO.. esecutiva, e composto da:- OOOOOOOOO.. Presidente- OOOOOOOOO. Componente- OOOOOOOOOO ComponenteParere su ricognizione stato di attuazione programmi ed equilibri finanziari Verifica situazione rispetto “Patto di Stabilità” – anno::::.

Il Collegio - VISTO� che l'art. 193 del Tuel, richiede di effettuare almeno entro il 30 settembre di ogni anno la

ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e la verifica della salvaguardia degli equilibri finanziari;

� l’art.194 del Tuel il quale prevede che in suddetta occasione si provveda anche all’eventuale riconoscimento di debiti fuori bilancio se esistenti ed al loro finanziamento;

� l’artOOdel Regolamento di Contabilità che conferma le disposizioni degli articoli del Tuelsuddetto senza stabilire ulteriori scadenze per l’attività di ricognizione; VISTO ANCHE

� la proposta di deliberazione per la seduta del Consiglio Comunale del OO., avente per oggetto la ricognizione dei programmi e la verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio esaminata dal Collegio in data odierna e la documentazione a corredo della stessa;

� la relazione del responsabile del servizio finanziario delOO. attinente il controllo sul mantenimento degli equilibri di bilancio, la verifica dello stato di attuazione dei programmi dell’anno in corso, le attestazioni circa l’inesistenza di debiti fuori bilancio e le proiezioni di spesa per il rispetto del “Patto di Stabilità”;

� il rendiconto per l'esercizio precedente ed il relativo risultato di amministrazione applicabile all’ esercizio in corso;

� il bilancio di previsione per l'esercizio in corso e variazioni finora effettuate;

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rilevato che� l’analisi delle voci di bilancio ha evidenziato l’attendibilità e la realizzabilità delle poste contabili

tale da ritenere che non siano in pericolo gli equilibri complessivi:� in quanto la gestione residui presenta un andamento regolare sia sotto il profilo dello stato di

riscossione dei residui attivi e della loro sussistenza, sia per quanto riguarda il grado di smaltimento dei residui passivi;

� la gestione di competenza prosegue regolarmente sia dal lato dell’attendibilità delle entrate che da quello della congruità delle spese per la parte corrente, mentre per la parte in conto capitale le spese vengono impegnate nella misura in cui si realizzano le entrate;

� la documentazione a corredo della deliberazione consente al Consiglio Comunale di valutare lo stato di realizzazione dei programmi, l'andamento complessivo della gestione e, se lo ritiene, di dare nuovi orientamenti all’attività decisionale e gestionale;

� le principali aree di scostamento rispetto a quanto programmato, sulla base di quanto contenuto nelle relazioni stesse, sono dovute aOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO;

� sulla base delle dichiarazioni dei responsabili dei servizi non risultano esserci debiti fuori bilancio;

verificato anche� che per quanto riguarda i “Patto di Stabilità Interno” il risultato del monitoraggio delle spese

effettuato finora consente di ritenere non vi siano motivi di preoccupazione sulla capacità del Comune di rispettare gli obiettivi stabiliti dalla “Finanziaria OOO” e quelli datesi dal comune stesso;

Tutto ciò premesso, Il Collegio� invita comunque l’amministrazione a monitorare mensilmente lo stato delle riscossioni e

accertamenti nonché dei pagamenti e degli impegni in questo scorcio di anno, tenendo conto dei pagamenti indilazionabili (stipendi, oneri, utenze, tributi) eventualmente assegnando ai funzionari un “tetto” sui pagamenti teso a responsabilizzare tutta la struttura sui limiti normativi ed i rischi del mancato rispetto degli stessi;

� esprime parere favorevole sugli aspetti finanziari delle ricognizioni dello stato di attuazione dei programmi nonché della verifica della permanenza degli equilibri di bilancio dell’esercizio in corso.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Cos’è un debito “fuori bilancio”?È una obbligazione pecuniaria, relativa al conseguimento di un fine pubblico, valida giuridicamente ma non perfezionata contabilmente.

Il BILANCIO DI PREVISIONE ha FUNZIONE AUTORIZZATORIA DELLA SPESA:

costituisce limite agli impegni di spesa

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

L’IMPEGNO DI SPESAÈ il momento finale della prima fase del procedimento di spesa,a conclusione del quale, sussistendo un’obbligazionegiuridicamente perfezionata, sono determinati e individuati:� la somma da pagare;� il soggetto creditore;� la ragione del debito;� il vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio.

L’ATTESTAZIONE DI COPERTURA FINANZIARIAVa apposta dal responsabile del servizio finanziario e determinal’esecutività dei provvedimenti di impegno. Solo dopo tale visto ilresponsabile del servizio è abilitato a comunicare al terzointeressato l’ordinazione della fornitura o della prestazione, conavvertenza che la relativa fattura deve contenere gli estremidella comunicazione.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

� Il riconoscimento della legittimità del debitofuori bilancio da parte del Consiglio facoincidere l’aspetto giuridico e contabiledell’obbligazione pecuniaria in capo alsoggetto che l’ha riconosciuto.

� Con il riconoscimento si effettua una “sanatoria”contabile del debito contratto senza le procedurepreviste dall’ordinamento contabile.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Quando può essere riconosciuto un debito fuori bilancio?� Sentenze esecutive;� copertura di disavanzi di consorzi, aziende speciali e

istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto,convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettatol’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’art. 114 ed ildisavanzo derivi da fatti di gestione;

� ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal c.c. oda norme speciali, di società di capitali costituite perl’esercizio di s.p.l.;

� procedure espropriative o di occupazione d’urgenza peropere di pubblica utilità;

� acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi dicui a commi 1, 2 e 3 dell’art. 191, nei limiti degli accertati edimostrati utilità e arricchimento per l’ente, nell’ambitodell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi dicompetenza.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

� L’elenco prima riportato è TASSATIVO

� Caratteristica comune alle casistiche previstedalla lett. a) alla lett. e) è che le relative spesecostituiscono un pericoloso fenomeno diINDEBITAMENTO SOMMERSO

Obbligazione valida giuridicamente ma nonregolarizzata contabilmente

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Effetti della deliberazione di riconoscimento dei debiti fuori bilancio

Con la deliberazione di riconoscimento di un debito fuoribilancio l’ente locale assume un’obbligazione diretta neiconfronti del creditore la cui pretesa è assistita dallacopertura dell’impegno di spesa. Con tale riconoscimentoavente carattere specifico e vincolante, l’ente effettuaformale ricognizione del debito ed esenta il creditoredall’onere della prova del fondamento della sua pretesa,manifestando l’intenzione di rinunciare allaprescrizione ove sussista (Cons. di Stato Sez. V sent. n.82 16.02.2001).

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

a) Sentenze esecutive.b) Copertura di disavanzi di consorzi, aziende speciali e istituzioni, neilimiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi,purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’art.114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione.c) Ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal c.c. o danorme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di s.p.l.d) Procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere dipubblica utilità.

� Sono fattispecie che traggono, normalmente, la loroorigine, non da comportamenti colpevoli, attivi odomissivi, di amministratori o funzionari, ma da fattiesterni difficilmente prevedibili e regolamentabiliall’interno delle procedure di legge.

� Sono assimilabili alle SOPRAVVENIENZE PASSIVE.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Una prima analisi delle TIPOLOGIE DI DEBITI FUORI BILANCIO, presenti nelle gestioni degli enti locali effettuata dalla Corte dei Conti è la seguente:

� il legale rappresentante dell’ente (ovvero un suo delegato), ha agito senza esserne legittimato dal competente organo collegiale e/o oltre le autorizzazioni, anche di bilancio, preventivamente ricevute;

� fornitura avvenuta di fatto per prosecuzione di un contratto scaduto ovvero non risoluto, per l’iniziativa o con l’acquiescenza del funzionario;

� debiti fuori bilancio sorti indipendentemente da una vicenda contrattuale (e quindi dall’iniziativa o comunque acquiescenza di uno o più funzionari), per effetto di puri fatti (ad es. produttori di danno e quindi del debito di risarcimento) o di pronunce giudiziarie, anche sommarie (decreto ingiuntivo) o non definitive (sentenza non passata in giudicato);

� spese del tutto ordinarie non recepite con deliberazione soltanto per carenza o insufficienza di fondi nel bilancio di previsione.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)Comma 1 lett. a): SENTENZE ESECUTIVE

Il caso specifico è semplice.

Trattasi di debiti scaturenti da sentenze esecutive che fanno sorgere una obbligazione pecuniaria non recepita a livello contabile.

Vediamo alcuni casi peculiari:

1. Le sentenze munite di provvisoria esecutività vanno

ricomprese nella fattispecie?

Sì (attenzione non utilizzare i servizi c/terzi!)2. I decreti ingiuntivi sono ricompresi nella fattispecie?

Sì, ad eccezione di quelli per i quali l’ente non proposto opposizione, in quanto, in questi casi non c’è un giudizio di cognizione pieno

3. La transazione ex art. 1965 c.c. rientra nella fattispecie?

Sì, la transazione di una lite pendente integra un atto processuale poiché fa cessare la materia del contendere e conseguentemente definisce la controversia.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

4. La conciliazione in sede non contenziosa (artt. 321 e

410 cpc) rientra nella fattispecie?

5. La conciliazione in sede processuale (art. 185 cpc)

rientra nella fattispecie?

Sì, la conciliazione sindacale in sede di commissione di conciliazione per le controversie per il lavoro presso le DPL (art. 410 cpc) e la conciliazione in sede contenziosa (artt. 185 e 321 cpc) sono equiparabili a “sentenza” stante la natura di titolo esecutivo e in considerazione che l’ente è obbligato ad applicare quanto stabilito in quella sede tra le parti.

6. L’arbitrato ex art. 806 cpc rientra nella fattispecie?

Sì, l’arbitrato rituale acquista efficacia di sentenza ai sensi dell’art. 825 del cpc assumendo altresì valore di titolo esecutivo.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Comma 1 lett. b) - Copertura di disavanzi di:� Consorzi;� Aziende speciali;� Istituzioni

Nei limiti degli obblighi derivanti da:� Statuto� Convenzione o atti costitutivi

Purché sia stato rispettato l’OBBLIGO DI PAREGGIO DEL BILANCIO di cui all’art. 114 Tuel

e il disavanzo derivi da FATTI DI GESTIONE.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

� I consorzi-azienda, le aziende speciali e le istituzioni devono,fra l’altro, informare la propria gestione al principio del“PAREGGIO DI BILANCIO”, da perseguire attraversol’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.

� Nel caso il bilancio di esercizio si chiuda con una perdita, ilC.d.A. è tenuto ad analizzare in apposito documento le causeche hanno determinato la perdita stessa e a indicarepuntualmente i provvedimenti adottati per il relativocontenimento e quelli intrapresi o proposti per ricondurre inequilibrio la gestione.

� Per quanto attiene alle MODALITÀ DI COPERTURA DELLEPERDITE, l’art. 114 TUEL stabilisce che gli enti devonoprovvedere alla copertura dei costi sociali ma non delleperdite e che i consorzi, aziende speciali e istituzioni , hannol’obbligo del pareggio di bilancio.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

� L’art. 194 co.1 lett. b) riserva, invece ai comuni la possibilità diriconoscere i disavanzi come debiti fuori bilancio a condizione checiò rientri in obblighi statutari o convenzionali e che il disavanzoderivi da fatti di gestione, ossia da attività in linea con gli scopistatutari e non prevedibili o tamponabili con l’ordinaria diligenzadegli amministratori.

� Con il RD n. 2578/1925 il ripiano delle perdite in questione avvenivaprioritariamente tramite utilizzo delle riserve e poi tramitestanziamenti nella parte straordinaria della spesa dei bilancicomunali.

� La L. n. 142/1990 ha escluso l’obbligo per i comuni di ripiano delleperdite prevedendo, invece, se prevista la copertura degli eventualicosti sociali.

� La differenza consiste nel fatto che prima del ’90 l’ente localeerogava ex post quanto l’azienda aveva speso in deficit; dal ’90,invece, l’ente locale predetermina ex ante il fabbisogno finanziarionecessario perché l’azienda realizzi specifiche finalità sociali,facendo propri i costi relativi.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Comma 1, lett. c) – ricapitalizzazione, nei limiti e nelleforme previste dal c.c. o da norme speciali, di società dicapitali costituite per l’esercizio di s.p.l.

Artt. 2446 e segg. c.c. e per analogia art. 2498-bis c.c. perle srl.

Comma 1, lett. d) – procedure espropriative o di occupazione d’urgenza di pubblica utilità

Trattasi di residui passivi “di fatto” che vengono a crearsiper effetto di procedure espropriative o occupazionid’urgenza effettuate dall’ente per regioni di pubblica utilità.

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I DEBITI FUORI BILANCIO (ART. 194 TUEL)

Comma 1, lett. e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 191, nei limiti degli ACCERTATI e DIMOSTRATI

UTILITÀ ARRICCHIMENTO

Nell’AMBITO dell’espletamento di PUBBLICHE FUNZIONI e SERVIZI DI COMPETENZA

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COSA PREVEDE L’ART. 191 TUEL?

Le regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione delle spese

DEVONO SUSSISTERE:1. l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo

del bilancio di previsione;2. l’attestazione della copertura finanziaria da parte del responsabile

del servizio finanziario.

Solo compiuti questi due adempimenti il responsabile del servizio dispesa, conseguita l’esecutività, comunica al fornitore l’impegno e lacopertura finanziaria insieme all’ordinazione della prestazione, conl’avvertenza che la successiva fattura deve riportare gli estremi dellacomunicazione. In mancanza di comunicazione il fornitore ha facoltà dinon eseguire la prestazione.

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COSA PREVEDE L’ART. 191 TUEL?

Nel caso di spese attivate senza le proceduredapprima illustrate occorre indagare:

a) Il debito scaturente è riconoscibile ex art. 194 co. 1, lett. e)?

SI Il debito viene assunto direttamente dall’ente.

NO Il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini dellacontroprestazione tra il privato fornitore el’amministratore, funzionario o dipendente chehanno consentito la fornitura.

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COSA PREVEDE L’ART. 191 TUEL?

È questa la fattispecie a cui il revisore deve porre piùattenzione!L’attuale versione della lett. e) è stata introdotta con l’art. 5 del DLgs. 342/97. Prima la previsione aveva riguardo a “fatti e provvedimenti ai quali non hanno concorso, in alcuna fase, interventi o decisioni di amministratori, funzionari o dipendenti dell’ente”.La nuova versione, seguendo gli indirizzi giurisprudenziali in materia di responsabilità per danno patrimoniale, consente di riconoscere i debiti fuori bilancio nei limiti dell’“indebito arricchimento”.La norma è di grande rilievo in quanto consente di sanare,permanentemente, i debiti fuori bilancio seppure nei limitidegli accertati arricchimento e utilità per l’ente.

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COSA PREVEDE L’ART. 191 TUEL?

Diventa importante verificare i presupposti per il riconoscimento.

LIMITI CHE DEVONO COESISTERE:

a) esistenza di una utilità per l’ente o i cittadini;

b) arricchimento dell’ente.

Tali limiti come vedremo sono di tipo quali-quantitativo.

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UTILITÀ (concetto di carattere funzionale)

Occorre accertare la possibilità di soddisfacimento di bisogni collettivi, in relazione a fini specifici dell’ente, al pari di quelli per i quali sono resi i servizi pubblici.L’utilità di una sola parte consente a quella sola parte ed al suo valore di essere riconosciuta come debito fuori bilancio.

La DIMOSTRAZIONE deve avvenire mediante idonea documentazione ed è finalizzata a servire da prova dell’avvenuto accertamento e dei suoi limiti.

Il PROVVEDIMENTO di RICONOSCIMENTO deve tener conto della documentazione reperita.

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L’ARRICCHIMENTO (concetto di carattere derivato e quantitativo)

Deve misurare l’incremento patrimoniale vero e proprio:� maggior valore patrimoniale di beni e servizi acquisiti;� risparmio di spese che diversamente sarebbero state

dovute;� mancata perdita patrimoniale.

COSTITUISCE IL LIMITE MASSIMOal quale può arrivare il riconoscimento del debito fuori

bilancio.

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L’ARRICCHIMENTO (concetto di carattere derivato e quantitativo)

Come per l’utilità anche per l’arricchimento occorre reperire idonea documentazione probatoria.Non costituisce, in alcun caso, arricchimento l’onere per interessi passivi, spese, rivalutazione monetaria e i maggiori esborsi in generale causati da ritardato pagamento.Utili indicatori per la quantificazione dell’arricchimento possono ricavarsi dalle disposizioni contenute nell’art. 2041 c.c. e dall’elaborazione giurisprudenziale in tema di indebito arricchimento.L’arricchimento viene stabilito con riferimento alla congruità dei prezzi, sulla base di prezziari, tariffe, ecc.

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L’ARRICCHIMENTO (concetto di carattere derivato e quantitativo)

La deliberazione consiliare di riconoscimento dei debitifuori bilancio deve fornire la concreta prova dell’utilità,congiunta all’arricchimento per l’ente.

I due requisiti devono coesistere, cioè il debito fuoribilancio deve essere conseguente a spese effettuate per lefunzioni di competenza dell’ente, fatto che ne individual’utilità, e deve esserne derivato un arricchimento all’ente.

La proposta di deliberazione spetta al responsabile delservizio competente per materia.

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L’ARRICCHIMENTO (concetto di carattere derivato e quantitativo)

La competenza consiliare al riconoscimento efinanziamento dei debiti fuori bilancio permane anche nelcaso in cui in bilancio siano stati previsti stanziamentigenerici o specifici accantonati per sopperire a talifattispecie debitorie.

Il riconoscimento e finanziamento dei debiti fuori bilancio vaeffettuata con la delibera di salvaguardia degli equilibri dibilancio (art. 193 TUEL - almeno entro il 30/09) o neldiverso termine stabilito nel regolamento di contabilità.

Deve provvedersi con procedura d’urgenza in tutti i casi incui al decorrere dei tempi è collegato il rischio di maggiorigravami o il maturare di interessi e altri oneri.

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MODALITÀ DI FINANZIAMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO

L’ente può utilizzare, per l’anno in corso e per i due successivi:1. TUTTE LE ENTRATE E DISPONIBILITÀ

AD ECCEZIONE:� delle entrate provenienti dall’assunzione di prestiti;� delle entrate a specifica destinazione.

2. I PROVENTI DERIVANTI DA ALIENAZIONE DI BENI PATRIMONIALI DISPONIBILI.

OVE NON POSSA PROVVEDERE NEL MODO PRECEDENTE:3. AVANZO DI AMMINISTRAZIONE4. ACCENSIONE DI MUTUI AI SENSI DELL’ART. 202 E

SEGG.Nella delibera consiliare occorre dare dettagliata motivazione

dell’impossibilità di accedere ad altre fonti.

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MODALITÀ DI FINANZIAMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO

L’art. 41 della L 448/2001 ha precisato che, per ilfinanziamento di debiti fuori bilancio relativi aspese correnti, il terzo comma dell’art. 194 TUEL èapplicabile unicamente relativamente allacopertura dei debiti maturati anteriormente alladata di entrata in vigore della Legge Costituzionale3/2001 (8/11/2001). L’art. 119 Cost. ha, infatti,stabilito che gli enti locali possono far ricorsoall’indebitamento esclusivamente per finanziarespese di investimento.

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MODALITÀ DI FINANZIAMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO

Poiché il finanziamento di debiti fuori bilanciocomporta una diversa modulazione in bilanciodelle risorse programmate o l’utilizzo di nuoverisorse e consegue al riconoscimento di interventidi spesa non autorizzati nei documenti diprogrammazione, la competenza del consiglio inmateria è esclusiva, non surrogabile o assumibileda altri soggetti.

Occorre fare attenzione alla rimodulazione dellarpp e degli altri documenti programmatici.

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MODALITÀ DI FINANZIAMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO

Per il pagamento di debiti fuori bilancio l’ente puòprovvedere, in accordo con i creditori, anchemediante un piano di rateizzazione, della duratadi tre anni finanziari compreso quello in corso.

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ADEMPIMENTI DELL’ORGANO DI REVISIONE

Se la delibera di riconoscimento e finanziamento del debitofuori bilancio comporta una variazione dello stesso ilrevisore dovrà apporre il proprio parere provvedendo averificare:� origini e natura del debito fuori bilancio;� ammissibilità del loro riconoscimento secondo le

tipologie ex art. 194 TUEL;� I mezzi finanziari individuati per la loro copertura;� il permanere della congruità, coerenza e attendibilità

degli strumenti di programmazione;� l’eventuale esistenza di omissioni e responsabilità,

segnalandole al consiglio..

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ADEMPIMENTI DELL’ORGANO DI REVISIONE

� L’art. 23 comma 5 della L. 289/2002 dispone che iprovvedimenti di riconoscimento di debito posti in esseredalle amministrazioni pubbliche sono trasmessi agliorgani di controllo ed alla competente procura dellaCorte dei Conti.

� L’organo di revisione deve verificare che i provvedimentidi riconoscimento di debiti gli siano trasmessi, nonchéinviati alla competente procura della Corte dei Conti.

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Percorso specialistico 387

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QUARTA PARTE

I CONTROLLI SUL PERSONALE E LA RESPONSABILITÀ DEL REVISORE

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Percorso specialistico 389

I controlli dell’organo di revisione sulla spesa per il personale

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I CONTROLLI DELL’ORGANO DI REVISIONE SULLA SPESA PER IL PERSONALE

di Arturo Iadecola

INDICE

1 PREMESSA ........................................................................................................................................... 390 2 RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE ...................................................... 390 3 FUNZIONI DELL’ORGANO DI REVISIONE ................................................................................. 390

3.1 Programmazione del fabbisogno .................................................................................................. 391 3.2 Contenimento e la riduzione della spesa per il personale ............................................................ 392

3.2.1 Riduzione della spesa (enti soggetti al patto di stabilità) ......................................................... 392 3.2.2 Limite alla spesa (enti non soggetti al patto di stabilità) ......................................................... 395 3.2.3 Divieto di assunzione in relazione al rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente ............... 395 3.2.4 Divieto di assunzione in relazione al mancato rispetto del patto di stabilità interno ................ 396 3.2.5 Limite generale alle assunzioni per gli enti soggetti al patto di stabilità interno ...................... 396 3.2.6 Limite generale alle assunzioni per gli enti non soggetti patto di stabilità interno ................... 397 3.2.7 Limite alla spesa per il personale a tempo determinato e per le forme di lavoro flessibile ....... 397 3.2.8 Decreto legge sulla spending review ....................................................................................... 398 3.2.9 Spese per missioni ................................................................................................................. 398 3.2.10 Spese di formazione .............................................................................................................. 398 3.2.11 Soppressione dell’indennità e dei rimborsi per trasferimento................................................. 398 3.2.12 Spese per studi e incarichi di consulenza ............................................................................... 399 3.2.13 Contenimento dei trattamenti economici ............................................................................... 399 3.2.14 Riduzione dei trattamenti economici ..................................................................................... 399 3.2.15 Limite alle risorse destinate al trattamento accessorio del personale ...................................... 399 3.2.16 Limite agli aumenti retributivi conseguenti ai rinnovi contrattuali......................................... 399 3.2.17 Sterilizzazione degli effetti economici delle progressioni di carriera ....................................... 400 3.2.18 Obbligo di autorizzazione per il conferimento di incarichi a dipendenti pubblici .................... 400 3.2.19 Acquisizione di servizi sul mercato ........................................................................................ 400 3.2.20 Trasferimento di risorse a società o enti ................................................................................ 401

3.3 Controlli sulla contrattazione decentrata ..................................................................................... 401 3.4 Conto annuale del personale ........................................................................................................ 403

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1 PREMESSA

Uno dei settori di maggiore importanza nella prospettiva del contenimento della spesa pubblica è quello del costo del personale, come dimostra, da ultimo, l’attenzione riservata al tema dal decreto legge in materia di spending review (DL 95/2012, conv. L. 135/2012).

Tra gli obiettivi tendenziali assegnati alle amministrazioni locali dalla più recente normativa, spicca, quindi, la riduzione di tale voce di spesa, sia rispetto agli esercizi precedenti che in relazione alla spesa corrente. Tra i principali strumenti a ciò finalizzati vi sono la razionalizzazione delle strutture (anche tramite soppressione o accorpamento degli uffici), il contenimento della dinamica di crescita della contrattazione integrativa e la progressiva riduzione delle nuove assunzioni rispetto alle unità di personale cessate dal servizio.

Sotto un profilo più generale, il legislatore ha stabilito, sin dagli anni ‘90, che le decisioni di spesa in materia di personale devono trovare collocazione in un quadro di programmazione di medio periodo, secondo la medesima logica sottesa all’istituto del bilancio pluriennale.

2 RIFERIMENTI NORMATIVI DI CARATTERE GENERALE

Nella disciplina del lavoro alle dipendenze degli enti locali vengono in considerazione le seguenti fonti normative fondamentali:

• l’art. 97 Cost., secondo il quale “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”;

• il DLgs. 165/2001, che regola l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;

• il DLgs. 267/2000, testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (da qui in avanti TUEL).

La materia è stata, peraltro, oggetto di numerosi interventi da parte di norme speciali, in particolar modo di carattere finanziario, alle quali si farà riferimento nei prossimi paragrafi.

3 FUNZIONI DELL’ORGANO DI REVISIONE

Le funzioni attribuite all’organo di revisione in relazione alla spesa per il personale rientrano nella categoria delle attività di vigilanza. Esse hanno ad oggetto: 1. la programmazione del fabbisogno; 2. il contenimento e la riduzione delle spese; 3. i controlli sulla contrattazione decentrata integrativa; 4. il conto annuale del personale.

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3.1 PROGRAMMAZIONE DEL FABBISOGNO

La regola della programmazione del fabbisogno del personale, su base triennale, è dettata per tutte le pubbliche amministrazioni dall’art. 39 L. 27.12.97 n. 449, che ricollega tale adempimento all’obiettivo della riduzione del costo delle risorse umane:

“Al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale” (co. 1);

“Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le università e gli enti di ricerca adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui al comma 1 finalizzandoli alla riduzione programmata delle spese di personale” (co. 19).

Il principio è specificamente ribadito per gli enti locali dall’art. 91 co. 1 TUEL: “Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimiz-

zazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 [categorie protette, n.d.r.], finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale”.

A sua volta, l’art. 35 DLgs. 165/2001 prevede che “Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da

ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni”.

La legge precisa ulteriormente che: • il documento di programmazione e i relativi aggiornamenti sono elaborati dai diri-

genti, i quali individuano i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti (art. 6 co. 4-bis del DLgs. 165/2001);

• nell’ambito della programmazione devono essere predisposti piani per la stabilizza-zione del personale precario (art. 3 co. 94 L. 244/2007);

• in mancanza di programmazione è vietata l’assunzione di nuovo personale (art. 6 co. 6 DLgs. 165/2001).

Dello strumento in parola si occupano anche i principi contabili elaborati dall’Osser-vatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali istituito presso il Ministero dell’Interno (da qui in avanti PCEL). Secondo il PCEL n. 1, punto 43 (edizione 2008):

• l’atto di programmazione deve assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizza-zione delle risorse per il miglior funzionamento dei servizi, compatibilmente con le disponibilità finanziarie;

• nella quantificazione della spesa si deve tenere conto degli adeguamenti retributivi previsti e prevedibili sulla base delle norme di legge, del contratto collettivo nazionale e dei contratti locali;

• la previsione annuale e pluriennale deve essere coerente con le esigenze finanziarie espresse nell’atto di programmazione del fabbisogno;

• quest’ultimo costituisce un allegato alla relazione previsionale e programmatica.

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Orbene, così descritte la funzione e le caratteristiche del documento in parola, è possibile esaminare il ruolo che la legge attribuisce al riguardo all’organo di revisione. L’art. 19 co. 8 L. 28.12.2001 n. 448 prevede che:

“A decorrere dall'anno 2002 gli organi di revisione contabile degli enti locali (…), accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale siano improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate”.

Questo tipo di controllo si articola, secondo i “Principi di revisione e comportamento dell’organo di revisione enti locali” elaborati dall’apposita Commissione istituita dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (da qui in avanti principi), nei seguenti passaggi.

L’organo deve, innanzitutto, esprimere un parere al momento dell’approvazione dell’atto di programmazione, verificando:

• che tale approvazione preceda quella del bilancio di previsione; • che la programmazione sia compatibile con i vincoli di bilancio annuali e pluriennali

(equilibri finanziari ed obiettivi di finanza pubblica), anche in considerazione del carat-tere autorizzatorio degli stanziamenti del bilancio pluriennale (art. 171 co. 4 TUEL);

• che la stessa tenda, effettivamente, alla riduzione complessiva della spesa per il personale, la quale costituisce un obiettivo di finanza pubblica “all’interno del più ampio rispetto del patto di stabilità”.

L’organo deve, successivamente, procedere a una verifica a consuntivo, accertando, in sede di rendiconto, se l’obiettivo programmatico appena visto sia stato conseguito o meno (cfr. doc. 9 principi - punti 12 e 13).

3.2 CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Come già si è accennato, sono diverse le disposizioni che, in epoca recente, hanno intro-dotto vincoli di vario genere alla spesa per il personale degli enti locali, nella prospettiva del raggiungimento e della conservazione degli equilibri di finanza pubblica.

In talune ipotesi le norme in parola gravano l’organo di revisione di specifici adempi-menti (si vedano, ad esempio, i § 5.19 e 5.20).

Anche in assenza di siffatte previsioni, tuttavia, l’organo, nell’ambito della sua ordinaria attività di vigilanza (art. 239 co. 1 lett. c) TUEL), è tenuto ad assicurare che le norme vincolistiche siano correttamente applicate e osservate.

Più in particolare, esso deve: • verificare, in sede di previsione e durante la gestione, il rispetto dei vincoli di spesa; • indicare nella relazione al rendiconto l’eventuale discostamento dagli stessi; • vigilare sull’osservanza di quelle norme che, con funzione sanzionatoria, limitano le

attribuzioni dell’ente in materia di personale per effetto della trasgressione di determinati obblighi (ad esempio, il divieto di assunzione per gli enti che non abbiano provveduto alla riduzione della spesa di personale: cfr. doc. 7 principi - punto 27).

3.2.1 Riduzione della spesa (enti soggetti al patto di stabilità)

Art. 1 co. 557 L. 296/2006:

“Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di

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finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il conte-nimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso

delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche

attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici; c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto

anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali”.

La Corte dei Conti ha precisato, in argomento, che la riduzione della spesa deve essere progressiva e costante, e riferita alla spesa di personale dell’anno immediatamente precedente (Corte dei Conti, Sez. autonomie, dell. 2/2010 e 3/2010).

Art. 1 co. 557-bis L. 296/2006:

“Ai fini dell'applicazione del comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministra-zione di lavoro, per il personale di cui all' articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 , nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente”.

L’ultimo inciso è in linea con la costante giurisprudenza della Corte dei Conti, secondo la quale la spesa di personale sostenuta dalle società partecipate, al pari di quella dei soggetti cui l’ente partecipa in forma associata con altri enti – quali le Unioni di Comuni, le Comunità montane e i Consorzi – deve essere calcolata unitamente a quella del personale direttamente dipendente dall’ente (ad es., Corte dei Conti, Sez. contr. Lombardia, del. 41/2009; Sez. riun., dell. 3/2011 e 27/2011; Sez. contr. Campania, del. 98/2011).

Più in generale, alla luce della lettera della legge e dell’interpretazione che della stessa ha offerto la magistratura contabile (cfr., in particolare, Corte dei Conti, Sez. autonomie, del. 2/2011), nella determinazione della spesa vanno considerate le seguenti voci:

• retribuzioni lorde al personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato;

• spese per collaborazione coordinata e continuativa o altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni;

• eventuali emolumenti a carico dell’Amministrazione corrisposti ai lavoratori socialmente utili;

• spese sostenute dall’Ente per il personale in convenzione (ai sensi degli artt. 13 e 14 del CCNL 22 gennaio 2004) per la quota parte di costo effettivamente sostenuto;

• spese sostenute per il personale previsto dall’art. 90 del TUEL; • compensi per gli incarichi conferiti ai sensi dell’art. 110 co. 1 e 2 del TUEL; • spese per il personale con contratti di formazione e lavoro;

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• spese per personale utilizzato, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente (compresi i consorzi, le comunità montane e le unioni di comuni);

• oneri riflessi a carico del datore di lavoro per contributi obbligatori; • spese destinate alla previdenza ed assistenza delle forze di polizia municipale

finanziate con proventi da sanzioni del codice della strada; • IRAP; • oneri per il nucleo familiare, buoni pasto e spese per equo indennizzo; • somme rimborsate ad altre amministrazioni per il personale in posizione di comando.

Non vanno incluse, invece, le seguenti voci: • spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati; • spese per il lavoro straordinario e altri oneri di personale direttamente connessi

all’attività elettorale con rimborso dal Ministero dell’Interno, dalla Regione e dalla Provincia;

• spese per la formazione e rimborsi per le missioni; • spese per il personale trasferito dallo Stato e dalla Regione per l’esercizio di funzioni

delegate, nei limiti delle risorse corrispondentemente assegnate; • oneri derivanti dai rinnovi contrattuali; • spese per il personale appartenente alle categorie protette; • spese sostenute per il personale comandato presso altre amministrazioni per le quali è

previsto il rimborso dalle amministrazioni utilizzatrici; • spese per il personale stagionale a progetto nelle forme di contratto a tempo

determinato di lavoro flessibile finanziato con quote di proventi per violazione al codice della strada;

• incentivi per la progettazione; • incentivi per il recupero dell’imposta sugli immobili; • diritti di rogito; • spese di personale per l’esecuzione delle operazione censuarie degli enti individuati

nel Piano generale di censimento nei limiti delle risorse trasferite dall’ISTAT (art. 50 co. 2 e 7);

• spese per l’assunzione di personale ex dipendente dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (art. 9 co. 25 DL 78/2010 conv. L. 122/2010).

Art. 1 co. 557-ter L. 296/2006:

in caso di mancato rispetto dell’obbligo di riduzione della spesa, si applica l’art. 76 co. 4 DL 112/2008 conv. L. 133/2008: “è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione”.

Fanno eccezione le c.d. “categorie protette”, le quali, ai sensi della circ. Ministero della Funzione pubblica 6/2009 (emessa in ordine al blocco delle assunzioni di cui al DL 78/2009 conv. L. 102/2009), sono sottratte, nei limiti del completamento della quota d’obbligo, al divieto di assunzioni.

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3.2.2 Limite alla spesa (enti non soggetti al patto di stabilità)

Art. 1 co. 562 primo periodo L. 296/2006:

“Per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di perso-nale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008”.

3.2.3 Divieto di assunzione in relazione al rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente

Art. 76 co. 7 DL 112/2008 conv. L. 133/2008:

“È fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”.

Va evidenziata l’inclusione, ai fini del computo della spesa per il personale, degli esborsi sostenuti da determinate tipologie di società, non quotate, in coerenza con l’orientamento della giurisprudenza contabile di cui si è detto al § 5.1:

“Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. (…) La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari”.

Ad avviso della Corte dei Conti (Sez. autonomie, del. 14/2011), la norma impone di considerare: a. le società partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più enti pubblici

congiuntamente, “tenuto conto del concetto univocamente accolto di società in house, come società che vive «prevalentemente» di risorse provenienti dall’ente locale (o da più enti locali), caratterizzata da un valore della produzione costituito per non meno dell’80% da corrispettivi dell’ente proprietario”;

b. le società che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359 co. 1 n. 1 e 2 c.c., purché affidatarie dirette di servizi pubblici locali.

La Corte ha ulteriormente precisato che ai fini della determinazione della spese per il personale si assumono i dati che derivano dai documenti contabili delle società (bilancio di esercizio) e dai questionari allegati alle relazioni dei revisori degli enti locali al rendiconto degli enti, ai sensi dell’art. 1 co. 166 ss. L. 266/2005, senza alcuna detrazione o rettifica (ciò, nelle more dell’entrata a regime dell’armonizzazione dei bilanci degli enti locali, ai sensi del d.lgs. 118/2011).

Inoltre, ai fini del calcolo del rapporto di incidenza previsto dall’art. 76 co. 7 DL 112/2008, “si agisce soltanto sul numeratore, ma le spese di personale della società partecipata da sommare a quelle dell’ente sono da proporzionare in base ai corrispettivi a carico dell’ente medesimo (o ai ricavi derivanti da tariffa, se presenti in luogo del corrispettivo stesso). Il calcolo va effettuato per ciascun organismo partecipato, che si tratti di società posseduta da uno o più enti, ovvero di società miste pubblico privato, controllate dall’ente a norma dell’art. 2359, co. 1, nn. 1 e 2, c.c.”.

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In ordine al divieto di assunzione si veda, peraltro, quanto già si è detto in ordine alle categorie protette.

3.2.4 Divieto di assunzione in relazione al mancato rispetto del patto di stabilità interno

Art. 7 co. 2 DLgs. 149/2011:

“In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: (…) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione”.

Ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, il divieto si applica in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

La norma ribadisce in modo quasi letterale quanto già prevedeva l’art. 76 co. 4 DL 112/2008 conv. L. 133/2008.

La Sezione autonomie della Corte dei Conti si è pronunciata in ordine all’applicabilità del divieto ai comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, che dall’anno 2013 saranno chiamati ad osservare le regole del patto di stabilità interno. Ad avviso della Sezione, tali enti sono suscettibili di incorrere nel divieto “soltanto a decorrere dall’anno 2014, in quanto la valenza chiaramente sanzionatoria del divieto, ricollegabile alla inosservanza dei vincoli stabiliti col patto di stabilità, restringe l’ambito soggettivo di operatività della disposizione ai soli enti connotati dalla esistenza di un pregresso vincolo obbligatorio, in forza del quale, gli stessi, possono essere chiamati a rispondere dell’inadempimento ad essi imputabile” (Corte dei Conti, Sez. autonomie, del. 6/2012).

Si veda, comunque, quanto già si è detto in ordine alle categorie protette.

3.2.5 Limite generale alle assunzioni per gli enti soggetti al patto di stabilità interno

Art. 76 co. 7 DL 112/2008 conv. L. 133/2008:

«i restanti enti [rispetto a quelli di cui al § 5.3, n.d.r.] possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente» (la norma consente, inoltre, una limitata deroga al limite del 40 per cento per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti).

Secondo le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, la disposizione si applica unicamente agli enti soggetti al patto di stabilità interno (Corte dei Conti, Sez. Riun., dell. 3/2011 e 46/2011), mentre quelli di minori dimensioni restano sottoposti al vincolo di cui al punto seguente.

La Corte ha altresì chiarito che il limite in esame “deve essere riferito alle assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Ciò ferme restando le eccezioni espressamente stabilite per legge, gli interventi caratterizzati da ipotesi di somma urgenza e lo svolgimento di servizi infungibili ed essenziali” (Corte dei Conti, Sez. Riun., del. 46/2011). Peraltro, come si può vedere, nell’attuale formulazione – conseguente alle modifiche apportate dalla L. 183/2011 – il limite è espressamente riferito alle sole assunzioni a tempo indeterminato.

Va, inoltre, evidenziato che anche ai fini dell’applicazione della norma in esame soccorre il criterio, esaminato al § 5.3, per il quale nel computo della spesa dev’essere incluso il personale delle società ivi indicate.

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Infine, occorre segnalare che, ai sensi della circ. Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) 15.4.2011 n. 12, le economie da cessazione di personale e gli oneri connessi alle nuove assunzioni devono essere determinati tenendo conto del trattamento economico complessivo, ivi compreso quello accessorio.

3.2.6 Limite generale alle assunzioni per gli enti non soggetti patto di stabilità interno

Art. 1 co. 562 secondo periodo L. 296/2006:

“Gli enti (…) possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558 [personale a tempo determinato che sia stato successivamente stabilizzato, n.d.r.]”.

Secondo l’interpretazione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (del. 20/2011), il vincolo in questione non opera per l’instaurazione in via temporanea e occasionale di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o per programma, la quale, dunque, può avvenire anche se non vi siano state corrispondenti cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato nell’anno precedente. Ciò, tuttavia, a condizione che:

• i rapporti in questione abbiano carattere temporaneo “nelle more di un’adeguata programmazione del personale e di una riorganizzazione degli uffici anche in forma associata”;

• l’esercizio di funzioni pubbliche indefettibili venga assicurato, “prioritariamente e a regime”, attraverso la previsione in organico di adeguato e qualificato personale;

• il ricorso a tali forme negoziali non costituisca “occasione di elusione dei limiti di spesa previsti in tema di contenimento di spesa pubblica e, in particolare, di incarichi di consulenza”.

Merita, inoltre, ricordare che, sempre secondo la lettura delle Sezioni Riunite (del. 59/2010), le cessazioni per mobilità volontaria possono essere equiparate a quelle per collocamento a riposo soltanto se l’ente ricevente non è soggetto, a sua volta, a limiti assunzionali.

3.2.7 Limite alla spesa per il personale a tempo determinato e per le forme di lavoro flessi-

bile

Art. 9 co. 28 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“le amministrazioni dello Stato (…) possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di for-

mazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009”.

Le presenti disposizioni non hanno riguardo agli enti locali. Tuttavia, il periodo seguente prevede che le stesse “costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali”.

La Corte dei Conti (Sez. Riun., del. 11/2012) ne ha desunto che gli enti locali sono tenuti a conformarsi ai principi suddetti e applicano direttamente la norma generale così come

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formulata. La stessa, secondo la Corte, è suscettibile di adattamento solo da parte degli enti di minori dimensioni per salvaguardare particolari esigenze operative.

L’adattamento della disciplina sostanziale avviene mediante lo strumento del regola-mento; esso, comunque, deve rispettare l’obiettivo di “assicurare la riduzione di spesa nell’esercizio finanziario per le forme di assunzione temporanea elencate”.

La Sezione Autonomie ha, inoltre, precisato che la normativa vincolistica in parola non si applica agli incarichi dirigenziali conferiti con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 110 co. 1 TUEL (Corte dei Conti, Sez. Autonomie, del. 12/2012).

Da ultimo il DL 16/2012 conv. L. 44/2012, ha aggiunto la seguente previsione: “A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni

strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale; resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009”.

3.2.8 Decreto legge sulla spending review

Art. 16 co. 8 DL 95/2012 conv. L. 135/2012:

“Fermi restando i vincoli assunzionali di cui all’articolo 76, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 31 dicembre 2012 d’intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui all’articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo; gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all’articolo 2, comma 11, e seguenti”.

3.2.9 Spese per missioni

Art. 6 co. 12 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“le amministrazioni pubbliche (…) non possono effettuare spese per missioni (…) per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009”.

3.2.10 Spese di formazione

Art. 6 co. 13 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche (…) per attività esclusiva-mente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'aiuto 2009”.

3.2.11 Soppressione dell’indennità e dei rimborsi per trasferimento

Art. 4 co. 44 L. 183/2011:

“Le indennità e i rimborsi di cui agli articoli 18, 19, 20 e 24 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (…) sono soppressi (…). Sono, inoltre, soppresse le analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”.

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3.2.12 Spese per studi e incarichi di consulenza

Art. 6 co. 7 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni (…), non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009”.

3.2.13 Contenimento dei trattamenti economici

Art. 9 co. 1 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche (…), non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010”.

3.2.14 Riduzione dei trattamenti economici

Art. 9 co. 2 DL 78/2010 conv.L. 122/2010:

“a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche (…) superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento economico complessivo non può essere comunque inferiore 90.000 euro lordi annui”.

3.2.15 Limite alle risorse destinate al trattamento accessorio del personale

Art. 9 co. 2-bis DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni (…), non può superare il corri-spondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

3.2.16 Limite agli aumenti retributivi conseguenti ai rinnovi contrattuali

Art. 9 co. 4 DL 78/2010 conv. L. 122/2010:

“I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento”.

La norma si applica anche ai contratti e agli accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del decreto legge. È stabilita la perdita di efficacia delle clausole difformi in essi contenute, a decorrere dalla mensilità successiva alla data di entrata in vigore del decreto (giugno 2010), con il conseguente adeguamento dei trattamenti retributivi.

La Ragioneria Generale dello Stato (RGS), con il parere 16.11.2010 prot. 0096618, ha chiarito che resta comunque escluso, in quanto non previsto dalla norma, il recupero degli emolumenti allo stesso titolo eventualmente già corrisposti.

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3.2.17 Sterilizzazione degli effetti economici delle progressioni di carriera

Art. 9 co. 21 DL 78/2010 conv. L. 122/2010

“Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

3.2.18 Obbligo di autorizzazione per il conferimento di incarichi a dipendenti pubblici

Art. 53 DLgs. 165/2001:

“Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi”.

Sono espressamente esclusi da tale previsione i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno.

La violazione della norma comporta: • la responsabilità disciplinare del responsabile del procedimento; • la nullità del provvedimento di conferimento dell’incarico; • il trasferimento dell'importo previsto come corrispettivo dell'incarico all'amministra-

zione di appartenenza del dipendente, ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

L’obbligo dell’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza è previsto anche per gli incarichi conferiti da enti pubblici economici o soggetti privati. In tal caso, il conferimento in assenza di autorizzazione comporta l’applicazione di una sanzione pe-cuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti, sotto qualsiasi forma, al pubblico dipendente (art. 6 co. 1 DL 79/97 conv. L. 140/97).

L’articolo in esame contempla, inoltre, alcuni obblighi di pubblicità: • entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a

dipendenti pubblici per gli incarichi in questione sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dell’incaricato dei compensi erogati nell'anno precedente;

• entro il 30 giugno di ciascun anno, inoltre, le amministrazioni pubbliche che confe-riscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a dare comu-nicazione dei medesimi al Dipartimento della Funzione pubblica, con l'indicazione dell'oggetto della prestazione e del compenso lordo previsto o presunto.

Le amministrazioni che omettono tali adempimenti non possono, finché perdura l’omissione, conferire nuovi incarichi.

3.2.19 Acquisizione di servizi sul mercato

Art. 6-bis DLgs. 165/2001:

“Le pubbliche amministrazioni (…) sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui

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al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell'articolo 6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale”.

La norma attribuisce un preciso obbligo di vigilanza agli organi di revisione: “I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che

attivano i processi di cui al comma 1 vigilano sull'applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale”.

3.2.20 Trasferimento di risorse a società o enti

Art. 3 co. 30 L. 244/2007:

“Le amministrazioni che (…) costituiscono società o enti, comunque denominati, o assu-mono partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decentramento, adottano, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i soggetti di cui al presente comma e provvedono alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica”.

Anche questa disposizione può essere inclusa tra quelle volte al contenimento della spesa per il personale, dal momento che la previsione della rimodulazione della pianta organica dell’ente che ha trasferito all’esterno le risorse (anche) umane appare finalizzata ad evitare che, attraverso la costituzione di nuovi soggetti o l’acquisto di partecipazioni, l’ente stesso proceda ad assunzioni incontrollate, eludendo la normativa vincolistica.

Ai sensi del co. 32 del medesimo articolo, gli organi di revisione delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di esternalizzazione devono:

• asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie; • trasmettere una relazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - DFP e al MEF -

Dipartimento della RGS; • segnalare eventuali inadempimenti alle Sezioni competenti della Corte dei Conti.

3.3 CONTROLLI SULLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA

L’art. 5 co. 3 CCNL 1.4.99 per i dipendenti delle Regioni e delle autonomie locali, come sostituito dall’art. 4 del CCNL 22.1.2004, affidava all’organo di revisione dell’ente “Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri”.

La norma prevedeva, a tal fine, che: • l’ipotesi di contratto collettivo decentrato integrativo definita dalla delegazione

trattante fosse inviata a detto organo entro 5 giorni, corredata da apposita relazione illustrativa tecnico-finanziaria;

• una volta trascorsi 15 giorni senza rilievi, l’organo di governo dell’ente potesse autorizzare il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscri-zione del contratto (una disciplina analoga era posta, per il personale dirigente, dall’art. 4 CCNL 22.2.2006).

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Come è stato osservato dall’ARAN (in Raccolta sistematica CCNL Regioni - autonomie locali, ed. 2004, pag. 26), oggetto del controllo era, in questo caso, unicamente la compatibilità dei costi della contrattazione con i vincoli di bilancio, ossia la copertura finanziaria del contratto: “si tratta, in sostanza, di un controllo di carattere finanziario, rapportabile alla certificazione sui costi dei contratti collettivi nazionali che, in base al d.lgs. 165/2001, spetta alla Corte dei Conti, e che, conseguentemente, non può investire il merito delle scelte contrattuali”. Esulavano, inoltre, dalla valutazione i profili di legittimità dell’atto negoziale collettivo.

Attualmente il controllo in questione è disciplinato dagli artt. 40 ss. DLgs. 165/2001, come modificato dal DLgs. 150/2009 (c.d. “decreto Brunetta”).

L’art. 40 co. 3-sexies DLgs. 165/2001 stabilisce che “A corredo di ogni contratto inte-grativo le pubbliche amministrazioni, redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell'economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis, comma 1”.

L’art. 40-bis, per l’appunto, affida all’organo di revisione “Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori», con la precisazione che «Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo”.

Da queste disposizioni si evince che l’organo di revisione, avvalendosi delle menzionate relazioni tecnico-finanziaria e illustrativa, non effettua più un controllo soltanto finanziario, ma anche giuridico, essendo chiamato a verificare la compatibilità dei costi della contrattazione non soltanto con i vincoli di bilancio, ma anche con “quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge”.

Vengono in rilievo, a tal proposito, tutti gli elementi che condizionano la possibilità per l’ente locale di destinare risorse aggiuntive alla contrattazione collettiva, e cioè:

• le previsioni della contrattazione nazionale; • i parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale; • il rispetto dei vincoli di bilancio; • il rispetto del patto di stabilità e delle altre norme di contenimento della spesa; • il rispetto dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance e di merito e premi (art. 40 co. 3-quinquies DLgs. 165/2001).

In caso di violazione “dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile” (art. 40 co. 3-quinquies sesto periodo DLgs. 165/2001). La stessa conseguenza è prevista, come si è accennato, nel caso in cui i costi derivanti dai contratti collettivi non siano compatibili con i vincoli di bilancio dell’ente.

A tal proposito, inoltre, è stabilito che “In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del

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Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva” (art. 40 co. 3-quinquies settimo periodo DLgs. 165/2001).

Tra gli altri adempimenti a carico dell’organo di revisione, si segnalano: • la certificazione dell’informazione sui costi della contrattazione integrativa, che l’ente

deve inviare al MEF entro il 31 maggio di ogni anno utilizzando uno specifico modello di rilevazione; tali dati sono trasmessi altresì alla Corte dei Conti, che, ferme restando le ipotesi di responsabilità eventualmente ravvisabili, le utilizza anche ai fini del referto sul costo del lavoro;

• la vigilanza sull’adempimento, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di pubbli-care i contratti integrativi sul proprio sito istituzionale e di trasmetterne copia all’ARAN e al CNEL.

L’importanza di questi compiti non va sottovalutata, dal momento che il mancato rispetto di tali oneri informativi comporta, per l’ente, il divieto di procedere a qualsiasi adeguamento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa (art. 40 u.c. DLgs. 165/2001).

3.4 CONTO ANNUALE DEL PERSONALE

L’art. 60 co. 2 DLgs. 165/2001 prevede che le amministrazioni pubbliche presentino, entro il 31 maggio di ogni anno, alla Corte dei Conti – per il tramite del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (DFP) – il conto annuale delle spese sostenute per il personale.

Quest’ultimo, redatto secondo un modello predisposto dal MEF d’intesa con il DFP, dev’essere “accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espon-gono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione”.

La mancata presentazione del conto o della relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce, la sospensione dei trasferimenti erariali all’ente inadempiente.

L’organo di revisione è tenuto, dunque: • ad assicurarsi che entrambi i documenti siano redatti e tempestivamente inoltrati; • a verificarne la completezza e l’attendibilità, accertando la congruità dei dati ivi

riportati e la corrispondenza degli stessi con le registrazioni contabili; • a segnalare all’organo di vertice dell’ente eventuali ritardi o irregolarità, onde preve-

nire qualunque pregiudizio per l’amministrazione.

Ai sensi della circ. Ministero dell’Economia e delle Finanze 9.3.2012 n. 8/RGS, inoltre, il testo della relazione dev’essere sottoscritto dal “Presidente dell’organo di controllo interno”, ossia dal Presidente del collegio dei revisori o dal revisore unico, unitamente al responsabile del procedimento amministrativo.

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La responsabilità dell’organo di revisione e i suoi rapporti con la Corte dei Conti

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LA RESPONSABILITÀ DELL’ORGANO DI REVISIONE E I SUOI RAPPORTI CON LA CORTE DEI CONTI

di Arturo Iadecola

INDICE

1 PREMESSA ........................................................................................................................................... 406 2 QUATTRO TIPI DI RESPONSABILITÀ .......................................................................................... 406 3 RESPONSABILITÀ PENALE ............................................................................................................ 407

3.1 Revisore come pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio........................................ 408 3.2 Principali fattispecie ...................................................................................................................... 409

4 RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE ................................................................................................ 412 5 RESPONSABILITÀ CIVILE .............................................................................................................. 412 6 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA ........................................................................................ 413

6.1 Responsabilità amministrativa in generale .................................................................................. 413 6.2 Responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio ................................................................... 416 6.3 Responsabilità contabile ............................................................................................................... 417 6.4 Responsabilità amministrativa dell’organo di revisione .............................................................. 418

6.4.1 In particolare, la responsabilità per omessa denuncia ............................................................ 422 6.5 Responsabilità dell’organo di revisione in caso di dissesto dell’ente .......................................... 424

7 RELAZIONI ALLE SEZIONI DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI ........................ 424

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Percorso specialistico 406

I controlli sul personale e la responsabilità del revisore

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1 PREMESSA

Al tema della responsabilità dell’organo di revisione è dedicato l’art. 240 del TUEL (DLgs. 267/2000), così formulato: “I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la

riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”. Questa disposizione, che riprende in modo quasi testuale la formulazione originaria

dell’art. 2407 c.c. sulla responsabilità dei sindaci nelle società per azioni, non offre, tutta-via, una definizione chiara ed esaustiva dei diversi profili di responsabilità cui è soggetto l’organo di revisione degli enti locali. A tal fine essa deve essere integrata dalla lettura di altre norme, e in primo luogo di quelle che descrivono le attribuzioni dell’organo stesso. Ai sensi dell’art. 239 del TUEL, le funzioni del revisore possono essere ricondotte alle

seguenti categorie generali: • collaborazione con l’organo consiliare; • espressione di pareri obbligatori; • attività di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione; • relazione sul rendiconto, con formulazione di «rilievi, considerazioni e proposte ten-

denti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione»; • referto al Consiglio su gravi irregolarità di gestione e denuncia alle autorità giurisdi-zionali competenti;

• verifiche di cassa e sulle gestioni contabili; • attività di certificazione e attestazione.

La magistratura amministrativa ha sottolineato, in proposito, la “peculiarità dei compiti

attribuiti dalla legge ai revisori dei conti, compiti che vanno ben oltre quello, tradizionale,

di attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze di gestione, comprenden-

do anche la collaborazione con l’attività del Consiglio comunale, rispetto al quale la funzio-

ne del revisore dei conti si atteggia di volta in volta ad organo di consulenza, sotto il profilo

tecnico contabile; di controllo, rispetto all’attività degli organi esecutivi; di indirizzo, in

relazione all’adozione dei piani e dei programmi che richiedono un impegno finanziario; di

vigilanza sulla regolarità della gestione e di impulso, in relazione alla facoltà di formulare

rilievi e proposte tendenti ad una migliore efficienza, produttività ed economicità” (Consi-glio di Stato 5099/2004). Tutte queste attività si caratterizzano per essere strumentali o complementari all’am-

ministrazione dell’ente, ovvero preordinate alla verifica della regolarità della gestione e all’eventuale attivazione di controlli ulteriori da parte di soggetti esterni. L’organo di revi-sione, in tal modo, contribuisce a garantire il corretto esercizio dell’attività amministrativa. Una simile circostanza assume rilievo fondamentale nell’individuazione delle forme di

responsabilità dei componenti dell’organo, giacché determina la loro soggezione al regime proprio di coloro che esercitano funzioni pubbliche. Il che, peraltro, come si vedrà, non esclude la contestuale responsabilità civile per i danni cagionati a terzi, né quella disciplinare in base all’ordinamento della categoria professionale di appartenenza.

2 QUATTRO TIPI DI RESPONSABILITÀ

L’organo di revisione, dunque, è esposto ai seguenti tipi di responsabilità:

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Percorso specialistico 407

La responsabilità dell’organo di revisione e i suoi rapporti con la Corte dei Conti

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• penale; • disciplinare; • amministrativa; • civile.

Le prime due ipotesi sono accomunate dal carattere sanzionatorio: esse perseguono la finalità di punire l’autore di un comportamento contrario alla legge penale o in contrasto con l’ordinamento di una determinata categoria professionale. Le ultime due tipologie, invece, hanno, di norma, funzione risarcitoria, nel senso che

presuppongono la lesione della sfera giuridica di uno o più soggetti ed assicurano la relativa reintegrazione mediante il pagamento di una somma di denaro (si vedrà, ad ogni modo, che sono sempre più frequenti le ipotesi in cui la responsabilità amministrativa assume carattere sanzionatorio, non dissimilmente dalle prime due figure). Le presenti forme di responsabilità non sono alternative l’una all’altra, bensì concorrono

tra loro. Può accadere, così, che la medesima condotta comporti l’applicazione sia di una sanzione penale che di una sanzione disciplinare, e determini, nel contempo, la causazione di un danno e il conseguente obbligo risarcitorio.

3 RESPONSABILITÀ PENALE

Il diritto penale è quella branca dell’ordinamento che ricollega a determinati fatti l’irro-gazione di una pena detentiva o pecuniaria a carico dell’autore. I fatti in questione assumono il nome di reati. A seconda della gravità, i reati si distinguo-

no in: • delitti, più gravi, puniti con la pena detentiva della reclusione o con la pena pecuniaria della multa;

• contravvenzioni, meno gravi, punite con la pena detentiva dell’arresto o con la pena pecuniaria dell’ammenda (art. 17 c.p.).

Il diritto penale è retto dai seguenti principi, consacrati dalla Costituzione: • principio di legalità, secondo il quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto dalla legge come reato (artt. 25 co. 2 Cost. e 1 c.p.);

• principio di tassatività, secondo il quale la previsione di un fatto come reato deve es-sere espressa, e non è ammessa l’applicazione analogica delle norme penali (artt. 25 co. 2 Cost. e 1 c.p.);

• principio di irretroattività, secondo il quale non è ammessa l’applicazione della norma penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore, a meno che non sia più favorevole di quella all’epoca vigente (artt. 25 co. 2 Cost. e 2 c.p.);

• principio di offensività, secondo il quale la sanzione penale presuppone l’effettiva lesione o messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (artt. 13, 25 e 27 Cost.);

• principio di colpevolezza, secondo il quale nessuno può essere punito se non in forza di un fatto proprio colpevole, ossia imputabile a titolo di dolo ovvero, nei casi previsti dalla legge, di colpa (artt. 27 co. 1 Cost. e 41 co. 1 c.p.).

A tale ultimo proposito, va precisato che:

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• il dolo consiste nella previsione e nella volontà della commissione del fatto-reato, an-che nella forma dell’accettazione del rischio della sua realizzazione (dolo eventuale);

• la colpa ricorre quando il fatto non è voluto dall’autore, ma «si verifica a causa di ne-gligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, or-

dini o discipline» (art. 43 c.p.).

3.1 REVISORE COME PUBBLICO UFFICIALE O INCARICATO DI UN PUBBLICO SERVIZIO

Alcuni reati, detti propri, possono essere commessi soltanto da determinate categorie di soggetti. In questa sede vengono in considerazione quei reati che presuppongono in capo all’auto-

re la qualità di pubblico ufficiale. Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pub-

blica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa (art. 357 co. 1 c.p.). È considerata pubblica funzione amministrativa quella che presenta entrambi i seguenti

requisiti: • essere disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi; • essere caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certi-ficativi (art. 357 co. 2 c.p.).

Le funzioni dell’organo di revisione sono disciplinate da norme di diritto pubblico. In taluni casi, inoltre, esse presentano anche il secondo dei requisiti appena visti. Infatti:

• l’espressione di pareri obbligatori, rispetto ai quali “l’organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozio-

ne delle misure proposte dall’organo di revisione” (art. 239 co. 1 lett. b) del TUEL), implica la partecipazione alla formazione della volontà dell’ente;

• lo stesso può dirsi con riguardo alla partecipazione alle assemblee dell’organo consi-liare e alle riunioni dell’organo esecutivo (art. 239 co. 2 del TUEL; in tal senso Corte dei Conti 26/92 Sez. II);

• l’esecuzione di ispezioni e controlli (art. 239 co. 4 del TUEL) può assumere le forme dell’esercizio di un potere autoritativo;

• costituisce manifestazione di potere certificativo, infine, il rilascio di attestazioni e certificazioni, come l’attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione (art. 239 co. 1 lett. d) del TUEL) e la certificazione delle relazioni a corredo dei contratti collettivi integrativi (art. 30 co. 3-sexies DLgs. 165/2001).

In tutte queste ipotesi il revisore riveste la qualità di pubblico ufficiale, sicché le sue condotte possono integrare gli estremi di uno dei reati propri in questione. Va, peraltro, considerato che tali reati sono quasi sempre riferiti anche a un’altra catego-

ria di soggetti, denominati persone incaricate di un pubblico servizio. Vi appartengono tutti coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, dovendosi intendere per tale un’attività:

• disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione; • caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima (con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale) (art. 358 c.p.).

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La responsabilità dell’organo di revisione e i suoi rapporti con la Corte dei Conti

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Orbene, come può vedersi, in tutti i casi in cui il revisore non riveste la qualità di pubbli-co ufficiale, poiché l’attività in concreto svolta non comporta l’esercizio dei poteri tipici della pubblica funzione, egli va, nondimeno, qualificato come incaricato di un pubblico servizio. Di conseguenza egli può rendersi responsabile dei medesimi reati, sebbene sia esposto a una pena inferiore.

3.2 PRINCIPALI FATTISPECIE

Si è già ricordato che, ai sensi dell’art. 240 del TUEL, «i revisori rispondono della veri-dicità delle loro attestazioni». La violazione di questo obbligo dà luogo al rilascio di dichiarazioni non vere, ossia non

corrispondenti alla realtà fattuale che il dichiarante ha verificato e constatato. Ove tenga una condotta siffatta, il revisore risponde del delitto di falsità ideologica in

atti pubblici (art. 479 c.p.), che punisce il pubblico ufficiale il quale, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni:

• attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza; • attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese; • omette o altera dichiarazioni da lui ricevute; • attesta, comunque, falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

Si noti che, ai sensi della legge penale, il concetto di atto pubblico è inteso in senso mol-to ampio, il quanto include ogni atto redatto dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (ad es. Cass. 9702/2008). Ne discende che il delitto in parola può essere compiuto dal revisore anche nella redazio-

ne di atti diversi dalle certificazioni e dalle attestazioni in senso proprio, purché gli stessi presentino, pur se solo in parte, un contenuto dichiarativo e non meramente valutativo. Risponde, ad esempio, di falso in atto pubblico il revisore che, nel rilasciare un parere, di-chiari di aver esaminato documenti dei quali, in realtà, non ha mai preso visione. Tratto caratteristico del falso ideologico è l’attinenza al contenuto dell’atto e non alla sua

genuinità. L’atto è stato realmente formato e proviene, effettivamente, da colui che appare esserne l’autore, tuttavia il suo contenuto è falso.

Se, invece, la condotta consiste nella formazione di un atto falso (si redige un documento che in realtà non è stato mai formato, ovvero lo si fa apparire proveniente da un autore diverso da quello reale) o nell’alterazione di un atto vero, si configura il diverso delitto di falsità materiale in atti pubblici (art. 476 c.p.). Nella sua qualità di pubblico ufficiale (o di incaricato di un pubblico servizio), inoltre, il

revisore può rendersi responsabile di tutti i delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, di cui al titolo II, capo I del libro II del codice penale. Tra questi meritano particolare attenzione le figure della rivelazione e dell’utilizzazione

di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.). Vi è rivelazione quando l’autore, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o

comunque abusando della sua qualità: • rivela notizie d’ufficio che debbano rimanere segrete; oppure • ne agevola in qualsiasi modo, anche a titolo di colpa, la conoscenza.

Vi è utilizzazione quando l’autore “si avvale illegittimamente” di notizie d’ufficio destinate

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a rimanere segrete, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto o per cagionare ad altri un danno ingiusto. La categoria di notizie cui fa riferimento la norma penale è definita dall’art. 15 DPR 3/57

(Testo unico degli impiegati civili dello Stato): “L’impiegato deve mantenere il segreto d’uf-

ficio. Non può trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti

od operazioni amministrative, in corso o conclusione, ovvero notizie di cui sia venuto a

conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle

norme sul diritto di accesso. Nell’ambito delle proprie attribuzioni, l’impiegato preposto ad

un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati

dall’ordinamento”. La norma appena vista fa riferimento agli impiegati, e dunque non riguarda i revisori.

Questi ultimi, tuttavia, sono destinatari di un precetto analogo, essendo tenuti a “conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio” (art. 240 del TUEL). Può, dunque, affermarsi che, limitatamente a tali fatti e al contenuto di tali documenti, i componenti dell’organo di revisione siano anch’essi esposti a responsabili-tà penale per la rivelazione o utilizzazione indebita. La giurisprudenza ha ulteriormente delimitato l’ambito di applicazione della fattispecie

di rivelazione, precisando: • che il reato ha ad oggetto le sole notizie d’ufficio coperte da segreto, e cioè sottratte alla divulgazione in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque per legge, per regolamento o per la natura stessa della notizia che può recare danno all’amministra-zione (ad es. Cass. 8201/2010);

• che il reato, dunque, non sussiste là dove la notizia sia già divenuta di dominio pubbli-co, né quando, trattandosi di notizie d’ufficio ancora segrete, le stesse siano rivelate a persone che devono necessariamente esserne informate per ragioni istituzionali o che le abbiano già conosciute (Cass. 30070/2009);

• che la rivelazione del segreto è punibile non già in sé e per sé, ma in quanto suscetti-bile di produrre nocumento (Cass. 4694/2011).

Tra i delitti contro la Pubblica Amministrazione vanno segnalati, inoltre: • il peculato, che consiste nell’appropriazione di denaro o di altre cose mobili delle quali l’autore abbia il possesso per ragione del suo ufficio o servizio (art. 314 c.p.);

• la concussione, che si manifesta nel costringere o indurre taluno, mediante l’abuso delle proprie qualità o dei propri poteri, a dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità (art. 317 c.p.);

• la corruzione, che consiste nel ricevere o nell’accettare una retribuzione a fronte del compimento di un atto del proprio ufficio (corruzione impropria: art. 318 c.p.) o contrario ai doveri d’ufficio (corruzione impropria: art. 319 c.p.);

• l’abuso d’ufficio, che si verifica quando l’autore «intenzionalmente» procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto attraverso la violazione di una norma di legge o di regolamento, oppure disattendendo un obbligo di astensione (art. 323 c.p.);

• l’omissione di atti d’ufficio, che consiste nel mancato compimento di un atto del proprio ufficio entro trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta scritta e senza che siano esposte le ragioni del ritardo (art. 328 co. 2 c.p.).

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Un’ultima fattispecie meritevole di attenzione è quella dell’omessa denuncia di reato, inclusa tra i delitti contro l’attività giudiziaria (libro II, tit. III, capo I del codice penale). Tale figura si concretizza allorché un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico

servizio omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria, ovvero a un’altra autorità che abbia obbligo di riferirne alla prima, un reato del quale abbia avuto notizia nell’eserci-zio o a causa delle funzioni o del servizio (artt. 361 e 362 c.p.). In tal modo è sanzionata la violazione dell’obbligo di denuncia che il codice di procedura

penale pone a carico delle predette categorie di soggetti. Il presente obbligo, in particolare, presuppone:

• che la notizia sia stata appresa nell’esercizio delle funzioni o del servizio o a causa di questi, nel senso che l’espletamento delle funzioni o del servizio e la conoscenza della notizia sono legati da un nesso di consequenzialità;

• che si tratti di un reato perseguibile d’ufficio, per la cui punibilità, cioè, non è ri-chiesta la querela di parte.

Non è, invece, necessario che sia individuata la persona cui il reato è attribuito (art. 331 co. 1 c.p.p.). La denuncia, redatta per iscritto, deve essere presentata o trasmessa senza ritardo al

Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria (art. 331 co. 2 c.p.p.). La qualità di pubblico ufficiale, o comunque di incaricato di un pubblico servizio, dei

membri dell’organo di revisione comporta la loro soggezione all’obbligo di denuncia in parola. Un siffatto adempimento è, peraltro, specificamente previsto dall’art. 239 co. 1 lett. e),

TUEL, che include tra le funzioni dell’organo il «referto all’organo consiliare su gravi ir-regolarità di gestione con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si

configurino ipotesi di responsabilità». Tuttavia, mentre quest’ultima disposizione sembra delineare la denuncia come accessoria

al referto al Consiglio «su gravi irregolarità di gestione», e dunque strettamente correlata a illeciti perpetrati nell’ambito dell’amministrazione dell’ente, l’obbligo stabilito dal codice di procedura penale ha carattere generale e non è soggetto a limitazioni. Ne consegue che i revisori sono tenuti a sporgere immediata denuncia all’autorità re-

quirente ogni volta in cui ravvisino un qualunque reato perseguibile d’ufficio, da chiunque commesso, a condizione che ne abbiano acquisito la notizia nell’esercizio delle attività istituzionali ovvero in conseguenza di esse. Sebbene l’ipotesi più probabile a verificarsi sia, effettivamente, quella di reati commessi nel corso dell’attività gestionale, da parte degli organi politici o della struttura amministrativa, non può escludersi che vengano in rilievo illeciti di altro genere, eventualmente perpetrati da terzi in danno dell’ente (si pensi, ad esempio, al comportamento fraudolento del concessionario di un servizio). Ovviamente, se l’organo è a composizione collegiale, la denuncia sarà sottoscritta dal

presidente. Essa va inoltrata direttamente al Pubblico Ministero o alla polizia giudiziaria, non essendo sufficiente la presentazione al sindaco (Cass. 902/93) o ad altri pubblici ufficiali. Nel caso in cui l’obbligo in parola non sia tempestivamente assolto può configurarsi,

come si è detto, la responsabilità per il delitto di omessa denuncia di reato. Questa fattispecie va, peraltro, distinta dall’ipotesi del concorso nel reato mediante omis-

sione (Cass. 6177/1984), che si configura quando l’organo trascura di attivarsi per impedire

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la commissione del fatto da parte di altri soggetti (art. 40 cpv. c.p.). A tal fine occorre considerare se il reato altrui si sia già consumato ovvero sia ancora allo stadio di tentativo, giacché soltanto nel secondo caso il tempestivo esercizio del potere di denuncia può avere un concreto effetto impeditivo (Cass. 20515/2009).

4 RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE

Se la condotta del revisore, indipendentemente dalla rilevanza penale, integra la violazio-ne dei doveri deontologici stabiliti dalla normativa dell’ordine professionale di appartenen-za, possono configurarsi i presupposti per l’applicazione delle sanzioni disciplinari da essa previste. Una recente disposizione, inoltre, ha individuato un’ipotesi tipica in cui la Corte dei conti

è tenuta a segnalare all’ordine professionale di appartenenza dei revisori l’esito del proprio accertamento in ordine alla loro condotta (si veda il § 6.5). In merito alle categorie professionali di provenienza dei revisori si rinvia al capitolo sulla

composizione dell’organo.

5 RESPONSABILITÀ CIVILE

Come si è visto, ai sensi dell’art. 240 del TUEL i revisori “adempiono ai loro doveri con

la diligenza del mandatario”. La stessa previsione, riferita ai sindaci delle società per azio-ni, era contenuta nel testo originario dell’art. 2407 c.c., successivamente modificato dal DLgs. 6/2003 (oggi il codice prevede che “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la

professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico”). L’art. 1710 c.c. stabilisce che il mandatario è tenuto ad eseguire il proprio incarico “con

la diligenza del buon padre di famiglia”, così richiamando il principio generale di cui all’art. 1176 co. 1 c.c., che prescrive tale forma di diligenza nell’adempimento delle obbli-gazioni. Essa si identifica con quella diligenza che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, consapevole dei propri impegni e delle relative responsabilità (ad es. Cass. 11419/2009). Là dove l’incarico abbia ad oggetto, come per i revisori, lo svolgimento di un’attività

professionale, il criterio in parola deve essere valutato in relazione alla natura dell’attività stessa, ai sensi dell’art. 1176 co. 2 c.c. Ciò non toglie che si tratti comunque di diligenza media, ossia di quella diligenza posta nell’esercizio della propria attività dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie (Cass. 10431/2000). Ne consegue che, di norma, il professionista risponde anche a titolo di colpa lieve, e cioè per non aver rispetta-to questo standard di diligenza. Fa eccezione l’ipotesi in cui la prestazione richiesta implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, caso in cui, ai sensi dell’art. 2236 c.c., la responsabilità sussiste solo in ipotesi di dolo o di colpa grave (Cass. 22398/2011). Questi criteri, elaborati con riferimento ai rapporti tra privati, non possono essere estesi

tout court all’attività dei revisori degli enti locali. Come meglio si dirà nel prossimo paragra-fo, infatti, la loro responsabilità per i danni cagionati all’ente non segue le regole del diritto civile, bensì quelle della responsabilità amministrativa, che presuppone sempre l’esistenza della colpa grave. Non deve, tuttavia, ritenersi che il parametro di diligenza codificato dall’art. 240 del

TUEL sia del tutto insignificante. Esso, pur non potendo esser preso a riferimento per determinare la sussistenza dell’obbligo risarcitorio, conserva intatta la propria valenza ai fini del corretto adempimento, da parte del revisore, delle funzioni istituzionali.

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Percorso specialistico 413

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Sicché: • per stabilire se il revisore ha correttamente adempiuto le proprie funzioni, occorre ap-plicare il parametro della diligenza del mandatario, inteso come sopra; a tal fine assu-me rilievo anche la colpa lieve, salvo che non si tratti di problemi tecnici di speciale difficoltà;

• per stabilire, invece, se, in presenza di un danno riconducibile all’operato del revisore, questi sia tenuto a risarcire l’ente, occorre applicare le norme sulla responsabilità amministrativa, che prendono in considerazione soltanto (il dolo e) la colpa grave.

Il primo dei due parametri dev’essere, segnatamente, adottato per valutare l’«adempien-za» del revisore alla stregua dell’art. 235 co. 2 del TUEL, che ammette la revoca dell’inca-rico da parte dell’ente «solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presenta-

zione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il

termine previsto dall’art. 239, comma 1, lettera d)». A titolo di esempio, la Corte dei Conti ha ritenuto inadempiente un organo di revisione che aveva trasmesso i questionari alla Sezione regionale di controllo con ritardo grave e persistente (Corte dei Conti 235/2011 Sez. contr. Sicilia; si veda il § 7). Resta da domandarsi quale sia il regime applicabile per i danni cagionati ai terzi, ossia ai

soggetti estranei al rapporto istituzionale che lega l’ente locale all’organo di revisione. Prima facie sembrerebbe doversi affermare l’applicabilità delle norme in materia di

responsabilità civile. Occorre, però, considerare che, ai sensi dell’art. 1 co. 4 L. 20/94, la responsabilità amministrativa si configura non soltanto nei confronti dell’ente presso il quale l’organo è incardinato, bensì anche nei confronti di tutte le altre amministrazioni pubbliche. Ne consegue che le norme sulla responsabilità civile trovano applicazione nel solo caso in cui i terzi danneggiati siano soggetti privati (si pensi, ad esempio, a coloro che lamentano un danno in conseguenza dell’inadeguato esercizio dell’attività di vigilanza). Proprio in ragione del fatto che i revisori non intrattengono alcun rapporto istituzionale o

negoziale con costoro, trova applicazione il regime della responsabilità extracontrattuale di cui agli artt. 2043 ss. c.c.:

• il termine di prescrizione del diritto al risarcimento è di cinque anni; • il danneggiato deve provare l’esistenza del danno e del nesso di causalità tra il mede-simo e la condotta (attiva od omissiva) del revisore, nonché l’elemento soggettivo.

A tale ultimo proposito la posizione del revisore può essere assimilata a quella degli amministratori e del personale dell’ente locale, i quali rispondono nei confronti dei terzi unicamente per dolo o colpa grave (artt. 93 del TUEL e 22 ss. del DPR 3/57). La responsabilità, inoltre, si estende all’ente, che dunque può essere direttamente conve-

nuto in giudizio dal danneggiato (artt. 28 Cost.). Se condannata, l’amministrazione avrà diritto di rivalsa nei confronti del revisore che abbia concretamente cagionato il danno (art. 22 co. 2 del DPR 3/57).

6 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

6.1 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA IN GENERALE

Con l’espressione responsabilità amministrativa (da non confondersi con la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, di cui al DLgs. 231/2001) si intende, comunemente, la responsabilità del soggetto legato alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di

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impiego o di servizio il quale, con una condotta attiva od omissiva tenuta in violazione dei propri doveri, cagioni un danno all’erario (artt. 82 del RD 2440/23 e 52 del RD 1214/34). L’accertamento di questa forma di responsabilità è attribuito alla giurisdizione della Cor-

te dei Conti, la quale si articola in Sezioni giurisdizionali regionali, competenti per il giudi-zio di primo grado, e in Sezioni centrali, competenti in grado di appello (art. 1 del DL 453/93, conv. L. 19/94). Le sentenze della Corte possono essere impugnate con ricorso per cassazione unicamente per motivi di giurisdizione (art. 111, ultimo comma, Cost.). L’azione risarcitoria è esercitata dalla Procura regionale (art. 2 del DL 453/93), ossia dal

Pubblico Ministero. Sottraendo l’azione alle amministrazioni danneggiate, il legislatore ha inteso evitare che, per connivenza con i danneggianti o per mera inerzia, le stesse potessero trascurare di tutelare i propri diritti. Il Pubblico Ministero promuove il giudizio di responsabilità all’esito di un procedimento

istruttorio, per la cui apertura è necessaria la sussistenza di una notizia di danno specifica e concreta (art. 17 co. 30-ter del DL 78/2009, conv. L. 102/2009). Prima della citazione in giudizio dei danneggianti, inoltre, costoro devono essere invitati a rendere le proprie dedu-zioni in merito ai fatti loro addebitati (art. 5 co. 1 del DL 453/93). Sotto il profilo sostanziale, la responsabilità amministrativa ricorre in presenza dei se-

guenti elementi: • rapporto di impiego o di servizio tra l’amministrazione pubblica e il danneggiante, il quale deve aver tenuto la condotta illecita nell’esercizio delle funzioni (artt. 82 del RD 2440/23 e 52 del RD 1214/34); a tal fine occorre che il fatto, pur quando non costituisce diretto svolgimento delle funzioni, trovi comunque in esse la propria occa-sione necessaria (si pensi al funzionario che agevola indebitamente il candidato ad un concorso avvalendosi della frequentazione dei membri della commissione d’esame, dei quali è collega);

• danno erariale, che può consistere in un depauperamento delle pubbliche risorse (danno emergente) o in un mancato incremento delle stesse (lucro cessante); nella pri-ma tipologia rientrano sia i decrementi diretti (si pensi al danneggiamento di un edificio o alla sottrazione di denaro) che le spese inutili, ossia prive di relazione con gli interessi e le finalità dell’ente (si pensi al compenso erogato per una consulenza fittizia o al risarcimento di terzi danneggiati); come già si è detto, la responsabilità amministrativa sussiste anche per i danni cagionati ad enti diversi da quello con il quale intercorre il rapporto di impiego o di servizio (art. 1 u.c. della L. 20/94);

• condotta attiva od omissiva del danneggiante, tenuta in violazione degli obblighi di servizio (art. 18 co. 1 del DPR 3/57);

• nesso di causalità tra la condotta e il danno, che sussiste là dove il secondo sia conse-guenza ordinaria e normale della prima (criterio della causalità adeguata);

• elemento soggettivo, che può alternativamente consistere nel dolo o nella colpa grave (art. 20 co. 1 della L. 20/94).

La colpa grave, in particolare, risiede «nella macroscopica e inescusabile negligenza ed

imprudenza nell’espletamento delle mansioni e/o nell’adempimento dei propri doveri

istituzionali, cioè in un atteggiamento di estrema superficialità, trascuratezza o scriteriato

nella cura dei beni e interessi pubblici, ovvero in un comportamento caratterizzato da un

grado di diligenza, prudenza, perizia, razionalità e correttezza decisamente inferiore allo

standard minimo professionale e tale da rendere prevedibile o probabile il concreto verificar-

si di un evento dannoso» (così, tra le tante, Corte dei Conti 523/2010 Sez. III centr.).

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Ai fini della responsabilità amministrativa, dunque, il parametro di riferimento non è più quello della diligenza media, come nella responsabilità contrattuale, bensì quello della dili-genza minima: è sufficiente l’osservanza di quest’ultimo per escludere l’obbligo risarcitorio. La ratio di questo regime di maggior favore va rinvenuta nell’esigenza di evitare che il

timore dell’esposizione al risarcimento finisca per paralizzare l’attività della Pubblica Amministrazione. Analogamente, allo scopo di evitare un’indebita ingerenza del giudice nelle decisioni amministrative, è prevista l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezio-nali (art. 1 co. 1 della L. 20/94). Ad ogni modo, nell’indagine circa l’esistenza della colpa grave è necessario tener conto: • da un lato, delle circostanze oggettive nelle quali si è verificato il fatto dannoso; ad esempio, difficilmente si potrà imputare il ritardo nella trattazione di un procedimento all’impiegato di un ufficio che versa in condizioni di cronica carenza di personale;

• dall’altro, delle condizioni soggettive del danneggiante; a tal fine vengono in conside-razione fattori come l’esperienza professionale, la specifica conoscenza della materia, il livello culturale, l’affidamento originato da indirizzi o prassi erronee e così via.

Accade di frequente che il danno erariale consegua all’errata applicazione di norme di

diritto. In tal caso, nell’accertamento della colpa grave occorrerà considerare il grado di chiarezza e di intelligibilità della norma violata: secondo una massima consolidata «la non univocità o complessità concettuale di norme giuridiche e le conseguenti obiettive difficoltà

interpretative possono costituire elemento valutabile per escludere la sussistenza della

gravità della colpa nel soggetto agente» (così, ad es. Corte dei Conti 4205/2011 Sez. giur. Sicilia). Altro elemento da considerare è l’esistenza o meno di contrasti giurisprudenziali in ordine all’effettivo significato della norma. Anche a tal proposito, comunque, non si potrà non tener conto delle conoscenze e delle competenze specifiche del danneggiante. La colpa grave è in ogni caso esclusa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emana-

zione di un atto vistato e registrato dalla Corte dei Conti in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo (art. 1 co. 1 della L. 20/94). Inoltre, nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o am-

ministrativi, la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione (art. 1 co. 1-ter della L. 20/94). Con riferimento al danno risarcibile, va precisato che lo stesso può anche incidere non

sul patrimonio dell’amministrazione, bensì sull’immagine della stessa, là dove una condot-ta illecita ne abbia determinato il discredito agli occhi dell’opinione pubblica. Il danno all’immagine, tuttavia, può essere contestato unicamente nei confronti di coloro che abbiano subito una condanna penale irrevocabile per uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione (art. 17 co. 30-ter del DL 78/2009, conv. L. 102/2009, che rinvia all’art. 7 della L. 97/2001). La responsabilità amministrativa è caratterizzata da ulteriori peculiarità, che ne accentua-

no le differenze rispetto al modello di diritto civile e ne mettono in evidenza il carattere personale:

• il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta (art. 1 co. 2 della L. 20/94); nelle ipotesi di danno indiretto,

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ossia conseguente al risarcimento, da parte dell’amministrazione, del pregiudizio ca-gionato a terzi, la prescrizione decorre dalla data di emissione del titolo di pagamento al terzo danneggiato (Corte dei Conti Sez. Riun. 14/2011); nei casi di danno all’imma-gine, inoltre, il decorso della prescrizione è sospeso fino alla conclusione del processo penale (art. 17 co. 30-ter del DL 78/2009);

• in presenza di deliberazioni di organi collegiali, la responsabilità si imputa esclusiva-mente a coloro che hanno espresso voto favorevole (art. 1 co. 1-ter della L. 20/94);

• nella quantificazione del danno, il giudice deve tener conto dei vantaggi che la Pub-blica Amministrazione o la comunità di riferimento abbiano comunque tratto dal fatto illecito (se, ad esempio, un dipendente è stato assunto illegittimamente, dovrà nondi-meno tenersi conto del beneficio che le sue prestazioni hanno arrecato all’amministra-zione) (art. 1 co. 1-bis della L. 20/94);

• l’obbligazione risarcitoria ha carattere parziario, nel senso che ciascuno dei danneg-gianti è tenuto al risarcimento nei limiti della quota che il giudice, valutate le singole responsabilità, pone a suo carico; fa eccezione la posizione di coloro che hanno agito con dolo ovvero hanno conseguito un indebito arricchimento, i quali possono essere chiamati a rispondere dell’intero (obbligazione solidale), salvo il diritto di rivalsa verso i concorrenti (art. 1 co. 1-quater ss. della L. 20/94); nella giurisprudenza questa norma è applicata qualificando la responsabilità dei soggetti che non hanno agito con dolo né si sono arricchiti come sussidiaria, nel senso che essi sono tenuti a risarcire la propria quota di danno soltanto in caso di infruttuosa escussione del patrimonio del responsabile solidale;

• il giudice ha la facoltà di condannare il responsabile (o i responsabili) a risarcire una parte soltanto del danno, lasciando il resto a carico dell’ente danneggiato (artt. 83 del RD 2440/23 e 52 del RD 1214/34); questo istituto, detto riduzione dell’addebito, ha la funzione di adeguare la statuizione risarcitoria alle circostanze del caso concreto, là dove queste ultime inducano a valutare la responsabilità con minor rigore;

• infine, l’obbligazione risarcitoria non si trasmette agli eredi del responsabile se non nei casi di illecito arricchimento di quest’ultimo e di conseguente indebito arricchi-mento degli eredi stessi (art. 1 co. 1 della L. 20/94).

6.2 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DI TIPO SANZIONATORIO

Esaminati i tratti fondamentali della responsabilità amministrativa, occorre segnalare l’esistenza, specialmente nella legislazione degli ultimi anni, di alcune previsioni che investo-no la Corte dei conti di un vero e proprio potere sanzionatorio, che si discosta dal modello tradizionale di tipo risarcitorio. In sostanza, a fronte di determinate condotte, descritte in modo dettagliato, la Corte è

chiamata a irrogare agli autori delle stesse una sanzione pecuniaria. Ciò è previsto, ad esempio, nei confronti: • degli amministratori locali che fanno ricorso all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art. 119 della Costituzione (art. 30 co. 15 della L. 289/2002);

• del dirigente che autorizza la liquidazione del corrispettivo per incarichi esterni senza la previa pubblicazione sul sito web dell’amministrazione del provvedimento di conferimento (art. 1 co. 127 della L. 662/96);

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• dell’amministratore che pone in essere o proroga un contratto di assicurazione per te-nere indenni gli organi di vertice dell’ente dalla responsabilità per danno erariale (in tal caso la sanzione colpisce anche il beneficiario della copertura) (art. 3 co. 59 della L. 244/2007);

• degli amministratori locali che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, qualora le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto stesso è stato conseguito artificiosamente mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o mediante altre forme elusive (art. 20 co. 12 del DL 138/2011, conv. L. 148/2011, riprodotto dall’art. 31 co. 31 dellaL. 183/2011);

• dell’agente contabile che ometta di depositare il conto nel termine stabilito dalla Corte (art. 46 del RD 1214/34; si veda il paragrafo che segue).

La giurisprudenza (Corte dei Conti Sez. Riun. 12/2007) ha chiarito che in questi casi: • si prescinde dall’esistenza di un danno erariale (nel senso sopra specificato), fermo restando che, ove tale danno sussista, la responsabilità sanzionatoria può concorrere con quella risarcitoria;

• non si può prescindere, invece, dalla ricorrenza dell’elemento soggettivo, che deve presentare le stesse caratteristiche della responsabilità per danno erariale e consistere, quindi, nel dolo o nella colpa grave;

• si segue lo stesso procedimento della responsabilità per danno erariale, sicché il Pubblico Ministero è obbligato, prima di emettere l’atto di citazione, a invitare il presunto responsabile a rendere le proprie deduzioni.

Va aggiunto che esulano dal tema in esame quelle norme che si limitano a precisare – con chiari fini di deterrenza – che la loro violazione determina la responsabilità am-ministrativa, ovvero la «responsabilità erariale», del trasgressore, senza ulteriori specifica-zioni (ad es., l’art. 6 co. 7 del DL 78/2010, conv. L. 122/2010, in materia di incarichi di stu-dio e consulenza). La mancata previsione di una sanzione induce a ritenere che la responsa-bilità possa essere, qui, unicamente di tipo risarcitorio, e comunque debba essere accertata in concreto in tutti i suoi elementi, in primis il danno.

6.3 RESPONSABILITÀ CONTABILE

Dalla responsabilità amministrativa va tenuta distinta la responsabilità contabile, sebbene si tenda, spesso, a confondere le due espressioni. Mentre la prima, come si è visto, riguarda tutti coloro che operano al servizio della Pubbli-

ca Amministrazione, la seconda riguarda più specificamente gli agenti contabili, ossia quei soggetti, pubblici o privati, che esercitano il maneggio di denaro o di altri valori per conto di un ente pubblico, ovvero hanno la materiale disponibilità dei beni di quest’ultimo (art. 74 del RD 2440/23). Negli enti locali tale qualità è attribuita: • al tesoriere; • all’economo; • al consegnatario; • a ogni altro agente “che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della

gestione dei beni”;

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• a “coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti” (art. 93 co. 2 del TUEL), anche in via di fatto (c.d. “agenti contabili di fatto”).

Tutti questi soggetti devono rendere all’ente il conto della propria gestione entro 30 giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario. Il contenuto indefettibile del documento comprende i seguenti elementi:

• consistenza iniziale; • carico e discarico in corso d’anno; • rimanenza finale.

L’ente provvede alla trasmissione del conto e dei documenti allegati alla competente Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti entro 60 giorni dall’approvazione del rendi-conto (art. 233 del TUEL). Ove l’agente non provveda spontaneamente alla resa del conto, è previsto uno speciale

procedimento a iniziativa del Pubblico Ministero, che in caso di reiterata inerzia può concludersi con la formazione del conto d’ufficio e con la condanna dell’agente a una sanzione pecuniaria (art. 46 del RD 1214/34; si veda il paragrafo precedente). Con la presentazione del conto alla Sezione l’agente contabile è automaticamente costi-

tuito in giudizio (art. 45 del RD 1214/34). Il procedimento, che vede la partecipazione del Pubblico Ministero, ha ad oggetto sia la

veridicità del conto che la regolarità della gestione. Esso può concludersi con il discarico dell’agente o, in alternativa, con la condanna del

medesimo al pagamento di una somma pari all’ammontare dell’eventuale ammanco. Occorre sottolineare, a questo proposito, che l’agente risponde in ragione della mera

discrasia esistente tra la quantità di beni o di denaro a proprio carico «di diritto» e la quantità realmente esistente «di fatto». In sostanza, il semplice ammanco di beni o valori è sufficien-te per affermare la sua responsabilità, a meno che non riesca a dimostrare che la deficienza non è a lui imputabile per dolo o colpa grave, ovvero che si è verificata per caso fortuito o per forza maggiore. Sotto questo aspetto, può dunque affermarsi che, rispetto alla responsabilità amministra-

tiva, in cui è il Pubblico Ministero a dover dimostrare la colpevolezza del presunto respon-sabile, qui si verifica un’inversione dell’onere della prova. Secondo una parte della giurisprudenza, infine, ove il conto non sia regolare, ma non si

evidenzino ammanchi, la Sezione deve limitarsi a emettere una pronuncia di irregolarità, senza statuizione di condanna (ad es. Corte dei Conti Sez. giur. Trentino Alto Adige sede di Trento 7/2012).

6.4 RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELL’ORGANO DI REVISIONE

La giurisprudenza contabile non ha mai dubitato della sussistenza di un rapporto di servizio tra l’ente locale e l’organo di revisione, e della conseguente esposizione dei componenti di quest’ultimo alla responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti. In tal senso si è pronunciata, con riguardo alle previsioni della L. 142/90, la Sezione enti

locali (oggi Sezione autonomie) della Corte dei conti con la deliberazione n. 2 del 1992: • “i revisori, una volta accettato l’atto di nomina, si incardinano, con un rapporto ugua-

le a quello tipico di servizio, nella struttura dell’ente, di cui diventano un organo, il

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quale è dotato di specifiche funzioni indicate dalla legge e svolte in aderenza a precise

regole giuridiche”; • “in tale loro complessiva posizione, essi sono anche soggetti alla giurisdizione della

Corte dei conti secondo la disciplina prevista per l’accertamento della responsabilità

per danno arrecato all’amministrazione”.

Il medesimo avviso è stato espresso dalle successive pronunce giurisdizionali che hanno affrontato esplicitamente la questione (Corte dei Conti Sez. giur. Campania 85/98), e costi-tuisce oggi orientamento univoco, come dimostrano le numerose sentenze di merito emesse nei confronti dei revisori. In ordine al concreto atteggiarsi della responsabilità, deve rilevarsi che l’organo di revi-

sione non emette provvedimenti in grado di incidere direttamente sul patrimonio dell’ente, limitandosi, come si è ricordato, a funzioni di collaborazione, consulenza, vigilanza e referto. La responsabilità dei suoi componenti, dunque, in tanto può manifestarsi in quanto tali at-

tività siano correlate con uno o più atti di gestione che abbiano cagionato un danno erariale. I revisori, in sostanza, rispondono per aver agevolato o per non aver impedito una con-

dotta amministrativa o gestionale causativa di danno, in concorso con gli autori della stessa. Possono, almeno astrattamente, configurarsi due categorie di ipotesi. Da un lato vi sono quelle fattispecie nelle quali la responsabilità discende da una condot-

ta attiva dell’organo di revisione, e segnatamente: • dal rilascio di certificazioni e di attestazioni false o inesatte, anche alla luce dell’ob-bligo di veridicità ribadito dall’art. 240 del TUEL;

• dal rilascio di pareri illegittimi o errati.

In entrambi i casi, simili condotte rilevano là dove abbiano indotto gli organi di am-ministrazione attiva ad adottare provvedimenti o atti di gestione causativi di danno. Quanto ai pareri, in particolare, vengono in considerazione non soltanto quelli obbligatori per legge (art. 239 co. 1 lett. b) del TUEL), ma anche quelli il cui rilascio è previsto dagli statuti degli enti locali, nonché quelli resi in via informale nell’ambito dell’attività di collaborazione. La colpa grave, fermo quanto si è detto in precedenza, potrà essere ravvisata in presenza

di elementi che denotino lo scarso impegno dell’organo nell’esame della questione di volta in volta affrontata, come ad esempio l’assenza di un’adeguata argomentazione a sostegno del parere reso. Nella casistica si segnalano i seguenti arresti: • Corte dei Conti Sez. giur. Trentino Alto Adige sede di Trento 44/2008, che ha affer-mato la responsabilità del revisore di un Comune, in concorso con il sindaco e i membri del Consiglio che avevano riconosciuto un debito fuori bilancio in difetto dei presupposti di legge, per aver espresso parere favorevole al riconoscimento pur se “il debito in questione era palesemente ingiustificato e, come tale, insuscettibile, comun-

que, del parere favorevole nella evenienza espresso”; • Corte dei Conti Sez. giur. Toscana 113/2010, nello stesso senso, relativa a fattispecie nella quale il Collegio dei revisori aveva espresso parere favorevole al pagamento di un debito in favore di un soggetto non avente diritto;

• Corte dei Conti Sez. giur. Sicilia 2171/2009, con la quale la Sezione ha ravvisato la responsabilità dell’organo di revisione per aver espresso parere favorevole alla

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sottoscrizione di un contratto collettivo decentrato integrativo contenente previsioni «palesemente contra legem»; in appello, tuttavia, la sentenza è stata riformata sul presupposto dell’assenza della colpa grave, dal momento che i revisori avevano reso il parere favorevole richiesto sulla base delle attestazioni del tutto positive contenute nella relazione illustrativa del dirigente (Corte dei Conti Sez. giur. app. Sicilia 375/2011).

La seconda categoria include, invece, quelle ipotesi di responsabilità che traggono origi-ne da una condotta omissiva dell’organo di revisione. Si tratta:

• del mancato o inadeguato esercizio del potere-dovere di vigilanza (art. 239 co. 1 lett. c) del TUEL), inteso in senso ampio, comprensivo delle verifiche di cassa e delle gestioni contabili (artt. 233 e 239 co. 1 lett. f) del TUEL);

• della mancata osservanza dell’obbligo di denunciare alla magistratura contabile i

fatti di responsabilità amministrativa (art. 239 co. 1 lett. e) del TUEL).

Più in particolare, l’attività di vigilanza – che la Corte dei conti ha definito «generale, sistematica, duratura e tipicamente ausiliaria» (Corte dei conti Sez. enti locali 2/92) – consiste nella verifica della regolarità della gestione, con specifico riguardo agli oggetti indicati dal TUEL (procedure di entrata e di spesa, tenuta della contabilità, attività contrat-tuale, amministrazione dei beni, completezza della documentazione, adempimenti fiscali) e al rispetto degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica. Dato l’elevato numero delle materie da monitorare, la legge consente all’organo di revi-

sione di avvalersi di tecniche motivate di campionamento. Essa, inoltre, attribuisce ai reviso-ri il diritto:

• di accesso agli atti e ai documenti dell’ente; • di prendere parte alle assemblee del Consiglio e alle riunioni della Giunta; • di effettuare ispezioni e controlli individuali.

Se l’organo di revisione, nel corso dell’attività in questione, rileva la presenza di «gravi irregolarità di gestione», è tenuto a riferirne immediatamente al Consiglio (art. 239 co. 1 lett. e)) affinché adotti i provvedimenti del caso (e a sporgere contestuale denuncia alle autorità giudiziarie competenti, ove sussistano gli estremi della responsabilità). Lo stesso può dirsi nell’ipotesi in cui siffatte irregolarità siano state riscontrate in sede di verifica di cassa o delle gestioni contabili. Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, il revisore che omette di rilevare le

irregolarità produttive di danno erariale risponde del danno medesimo in concorso con l’autore dell’illecito. Si tratta, dunque, di una responsabilità per omesso impedimento del fatto causativo di danno. Dovranno ritenersi, a tal fine, sintomatici di colpa grave quei comportamenti che eviden-

zino disattenzione e trascuratezza verso l’esercizio dell’attività di vigilanza, in primis il mancato espletamento delle verifiche di cassa e delle gestioni contabili, ma anche l’omesso ricorso a quelle facoltà, poc’anzi indicate, che la legge attribuisce al revisore proprio in vista del miglior svolgimento di tale attività (diritto di accesso, ispezioni etc.). Un utile elemento di prova sarà costituito dal registro dei verbali dell’organo di revisione. Si segnalano, in proposito, le seguenti pronunce: • Corte dei Conti Sez. giur. Calabria 554/2010, secondo la quale il revisore dei conti che ometta di vigilare sull’operato del ragioniere comunale risponde, in via sussidia-ria, delle indebite appropriazioni di denaro da egli poste in essere; la Sezione ha

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precisato che la figura del revisore è deputata a «una puntuale e ben descritta attività di controllo e vigilanza che richiede un assolvimento altrettanto preciso ed assiduo,

non meri accertamenti saltuari», e che «la stessa tecnica del “campionamento”, pur

utilizzabile dal revisore, deve essere, oltreché motivata, efficace, avuto riguardo alla

natura dei documenti da esaminare ed alla capacità degli stessi di registrare, con

ragionevole attendibilità, i fenomeni più rilevanti della gestione»; nella fattispecie il revisore non risultava aver svolto alcuna verifica a campionamento e nessun controllo per l’intero esercizio di riferimento, «così incoraggiando l’attività fraudolenta del responsabile dell’ufficio di ragioneria»;

• nello stesso senso, sempre in fattispecie di sottrazione di denaro da parte del personale dell’ente, le due sentenze della Sezione giurisdizionale per la Lombardia 50/2010, che ha limitato al 10% del danno la quota di responsabilità del revisore, e 73/2009, che ha determinato tale quota nel 5% del danno; la seconda sentenza pone in evidenza come il revisore avesse «innanzi tutto omesso, per lunghissimo tempo, di porre in essere un

adempimento minimale quale l’ordinaria, periodica verifica di cassa (…). Oltre a ciò,

il revisore si è mai neppure preoccupato di attendere alla verifica della gestione del

servizio di tesoreria, come invece espressamente previsto (…). Insomma, ciò che si

rimprovera al rag. A., e che costituisce l’indubbio fondamento della sua inescusabile

negligenza (e correlativa colpa grave) non è tanto di non avere scoperto gli illeciti, ma

di non avere posto in essere neppure le minime cautele, espressamente imposte dalle

norme vigenti, che detti illeciti avrebbero quasi certamente potuto far emergere»; • Corte dei Conti Sez. giur. Marche 163/2010, secondo la quale sussiste la colpa grave dei revisori per omesso controllo della regolare tenuta della contabilità in relazione al mancato versamento delle entrate riscosse da parte dell’economo e responsabile del servizio di ragioneria, il quale abbia dolosamente disatteso la regolare gestione e rendicontazione alle quali era tenuto in ragione del suo ufficio; in motivazione si legge che «per l’intero periodo preso a riferimento va censurato l’inconsistente

controllo svolto dai suddetti organi, non risultando essere intervenute significative

pronunce o segnalazioni nelle forme dovute e non essendo sufficienti le relazioni sul

conto consuntivo ovvero meri richiami orali non verbalizzati, pure invocati dai

convenuti (come noto, la regola nell’attività della P.A. è data dalla forma scritta), né

sulle modalità di svolgimento della gestione comunale, né sulle relative rappresenta-

zioni contabili, pur in presenza di vistose discrasie e, talvolta, irregolarità. Risulta,

dunque, evidente che se l’attività di verifica fosse stata effettuata con scrupolo e dili-

genza secondo le norme contenute nel T.U.E.L (artt. 223 e 239 e segg.), nel Regola-

mento di contabilità comunale, nonché secondo le regole di revisione comunque

esistenti ed applicabili agli enti locali, si sarebbe potuta evitare la verificazione del

danno o quanto meno ridurre il suo ammontare» (in senso conforme le sentenze nn. 64/2010 e 206/2008 della stessa Sezione);

• Corte dei Conti Sez. giur. Lazio 161/2010, secondo la quale il revisore risponde, insie-me agli amministratori comunali, del disavanzo causato da questi ultimi attraverso una gestione caratterizzata da gravi e reiterate violazioni delle norme di contabilità pubblica; nella sentenza l’obbligo di vigilanza è definito come «una puntuale e ben descritta responsabilità che richiede un assolvimento altrettanto preciso ed assiduo,

non mere verifiche saltuarie e a campione»; • Corte dei Conti Sez. giur. Toscana 63/2006, la quale, in fattispecie di riconoscimento da parte di un ente locale ad un istituto bancario di somme a titolo di commissioni e

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rimborso spese per la compravendita di titoli, pacificamente non dovute ai sensi del contratto per il servizio di tesoreria, ha escluso la responsabilità del direttore generale dell’ente, nel contempo affermando quella dei componenti dell’organo di revisione economico-finanziaria;

• Corte dei Conti Sez. giur. Veneto 1375/2005, secondo la quale, in ipotesi di cessione da parte dell’ente di una quota di partecipazione societaria per un corrispettivo infe-riore al suo valore di mercato, è gravemente colpevole la condotta dei revisori i quali, consapevolmente e deliberatamente, abbiano omesso di esaminare una questione che rientrava nelle proprie competenze e di approfondire, con la diligenza professionale propria del mandatario, gli aspetti procedurali e contenutistici di una dismissione avente importanti riflessi sulla finanza del Comune.

In controtendenza, infine, una decisione – Corte dei Conti Sez. giur. Veneto 126/2011 – con la quale è stata esclusa la responsabilità dell’organo di revisione in relazione all’il-legittimo incremento dell’indennità di funzione degli amministratori comunali. Ciò, sulla premessa che le competenze dell’organo «di norma rilevano in ipotesi di attestazione di

regolarità dei consuntivi e di mancata tempestiva denuncia di fatti dannosi di cui, il predetto

organo di revisione, sia venuto a conoscenza», sicché, ai fini del suo concorso nell’illecito, occorre «allegare e provare che il medesimo organo, richiesto in merito, abbia avallato la

(…) illegittima interpretazione»; cosa che, nella fattispecie, non risultava dagli atti di causa. Prima di passare a esaminare la speciale ipotesi dell’omessa denuncia, è bene ricordare, a

conclusione del presente paragrafo, che quando l’organo di revisione ha carattere collegia-le, la responsabilità per gli atti da esso adottati ricorre unicamente in capo a quei compo-nenti che hanno espresso voto favorevole (si veda il § 6.1).

6.4.1 IN PARTICOLARE, LA RESPONSABILITÀ PER OMESSA DENUNCIA

Si è già visto come l’art. 239 co. 1 lett. e) del TUEL ponga a carico dell’organo di revi-sione l’obbligo, in presenza di «gravi irregolarità di gestione», di sporgere «denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità». L’adempimento investe, naturalmente, anche le fattispecie di responsabilità amministrati-

va, che dunque devono essere denunciate al Procuratore regionale competente dall’organo di revisione che ne sia venuto a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni. A tal fine deve farsi riferimento alla Nota interpretativa in materia di denunce di danno

erariale ai Procuratori regionali presso le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei

conti, emessa dal Procuratore Generale della Corte dei Conti il 2.8.2007 (nota prot. n. P.G. 9434/2007P). La Nota premette: • che il presupposto perché sorga l’obbligo di denuncia è il verificarsi di un “fatto dan-

noso per la finanza pubblica”; • che “l’obbligo in questione è legato alla conoscenza o alla possibilità di conoscenza

dei presunti fatti dannosi, attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza professionale, che

può essere pretesa dal soggetto obbligato, in considerazione della qualifica e delle

funzioni concretamente espletate”; • che il danno, perché sorga il dovere di denuncia, deve essere concreto ed attuale, il che “esclude dall’obbligo fatti aventi solo una potenzialità lesiva”.

Si precisa, poi, che la denuncia deve contenere:

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• l’indicazione del fatto dannoso; • l’importo del presunto danno subito dall’erario, ove desumibile da elementi noti, “ov-

vero, se tale elemento non sia determinabile esattamente nel suo ammontare, i dati in

base ai quali emerga l’esistenza dello stesso, benché ne sia incerta la quantificazione”.

È bene ricordare, a tal riguardo, che, in base all’art. 17 co. 30-ter del DL 78/2009, conv. L. 102/2009, il Pubblico Ministero può intraprendere l’attività istruttoria soltanto a fronte di una notizia di danno «specifica e concreta». Sono, invece, elementi facoltativi l’indicazione nominativa dei presunti responsabili e la

rappresentazione di «motivate valutazioni» circa la loro colpevolezza. Quanto al tempo della denuncia, essa, secondo la Nota, “deve essere immediata e da effet-

tuare sulla base degli atti in possesso dell’amministrazione», mentre «rimane assegnata al successivo momento dell’attività giudiziaria istruttoria l’acquisizione di ulteriori elementi”. Un’ultima puntualizzazione è che “l’obbligo di denuncia non si esaurisce con la segnala-

zione dell’evento, ma importa il dovere di riferire costantemente alla Procura regionale

competente – anche in assenza di specifiche sollecitazioni – in merito ai successivi

sviluppi della questione”. Ciò detto, va aggiunto che la denuncia non deve investire soltanto i fatti produttivi di

danno erariale, bensì anche le ipotesi di responsabilità amministrativa sanzionatoria, delle quali si è detto al § 6.2. Orbene, nel caso in cui non ottemperi esattamente al proprio obbligo di denuncia, l’orga-

no di revisione può esso stesso incorrere nell’obbligo risarcitorio. Prevede, infatti, l’art. 1 co. 3 della L. 20/94: • che “qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di

omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti

che hanno omesso o ritardato la denuncia”; • che “in tali casi, l’azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescri-

zione è maturata”.

Il legislatore, dunque, al fine di indurre i soggetti obbligati alla denuncia a provvedervi tempestivamente, ha previsto una sorta di traslazione dell’obbligo risarcitorio in capo ad essi. Si tratta di una “forma autonoma e specifica” di responsabilità amministrativa (così la

Nota del Procuratore Generale), che prende in considerazione due distinte figure: • l’omessa denuncia del fatto entro il termine di prescrizione del diritto al risarcimento; • la denuncia presentata con un ritardo tale da determinare il decorso infruttuoso del termine di prescrizione; ciò accade quando la segnalazione avvenga in un momento tale da non consentire al Pubblico Ministero di completare le indagini, e di individua-re i tratti fondamentali della fattispecie di responsabilità (tra cui, in ipotesi, gli autori dell’illecito), prima del decorso del termine.

Anche in tal caso, peraltro, non potrà prescindersi dall’accertamento del dolo o della colpa grave. Inoltre, là dove l’organo di revisione abbia carattere collegiale, vale quanto si è detto nel

paragrafo precedente in ordine all’imputazione della responsabilità ai diversi componenti del collegio.

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Percorso specialistico 424

I controlli sul personale e la responsabilità del revisore

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6.5 RESPONSABILITÀ DELL’ORGANO DI REVISIONE IN CASO DI DISSESTO DELL’ENTE

L’art. 248 co. 5 del TUEL, come sostituito dall’art. 6 del DLgs. 149/2011, prevede una particolare tipologia di sanzione per i revisori degli enti dei quali sia stato dichiarato il dissesto. Stabilisce, infatti, la norma che “Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la

Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio dei

revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informa-

zioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta

Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed

organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata”. Si tratta, dunque, di una sanzione interdittiva, che presuppone, da un lato, la dichiarazio-

ne di dissesto dell’ente, e dall’altro l’accertamento, da parte della Corte dei Conti, di gravi responsabilità dei revisori nello svolgimento delle loro funzioni o della ritardata o mancata comunicazione, da parte loro, delle «informazioni» previste dalle “normative vigenti”. L’ampiezza di quest’ultima locuzione induce a ritenere che tra le informazioni in parola

possa ricomprendersi la denuncia dei fatti di responsabilità amministrativa, la cui mancata o ritardata presentazione comporta le conseguenze esaminate nel paragrafo precedente. In ogni caso, l’accertamento della responsabilità del revisore da parte del giudice conta-

bile ha un risvolto sotto il profilo disciplinare. La norma prevede, infatti, che “la Corte dei

conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza

dei revisori per valutazioni inerenti all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari”.

7 RELAZIONI ALLE SEZIONI DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI

I co. 166 - 168 dell’articolo unico della L. 266/2005 prevedono che, “ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica”, gli organi di revisione degli enti locali trasmettano alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio stesso. A tal fine, la Corte – e, in particolare, la Sezione autonomie – definisce “unitaria-

mente” i criteri e le linee guida cui gli organi devono attenersi (si veda, da ultimo, la deliberazione 10/2012 della Sezione autonomie, con cui sono state approvate le linee guida e i questionari per la relazione sul bilancio di previsione 2012 e sul rendiconto 2011). In ogni caso, la relazione deve dare conto: • del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno; • dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’art. 119 u.c. della Cost. (ai sensi del quale gli enti locali “possono ricorrere all’indebitamento solo

per finanziare spese di investimento”); • di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alle quali l’amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate dall’organo di revisione.

Le Sezioni regionali di controllo, qualora accertino, anche sulla base delle relazioni, l’esistenza di comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità, adottano “specifica pronuncia” e vigilano sull’ado-zione, da parte dell’ente locale, delle necessarie misure correttive, nonché sul rispetto dei vin-coli e limitazioni posti in caso di mancata osservanza delle regole del patto di stabilità interno.

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I CONTROLLI DELL’ORGANO

DI REVISIONE SULLA SPESA

PER IL PERSONALE

Dott. Arturo Iadecola

art. 97 Cost.

� DLgs. 165/2001

� DLgs. 267/2000

2

RIFERIMENTI NORMATIVI

DI CARATTERE GENERALE

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

425

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LE FUNZIONI DELL’ORGANO DI REVISIONE

OGGETTO

1. la programmazione del fabbisogno;

2. il contenimento e la riduzione delle spese;

3. i controlli sulla contrattazione decentrata integrativa;

4. il conto annuale del personale

3

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

LA PROGRAMMAZIONE DEL FABBISOGNO

art. 19, comma 8, l. 448/2001«A decorrere dall'anno 2002 gli organi di revisione contabile degli enti locali (6), accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale siano improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all'articolo 39 della legge

27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate»

4

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

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1. parere al momento dell’approvazione

dell’atto di programmazione;

2. verifica a consuntivo

5

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

LA PROGRAMMAZIONE DEL FABBISOGNO

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

1. verificare, in sede di previsione e durante la gestione, il rispetto dei

vincoli;

2. indicare nella relazione al rendiconto l’eventuale discostamento dagli

stessi;

3. vigilare sull’osservanza delle norme con funzione sanzionatoria

(ad esempio, il divieto di assunzione)

6

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

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IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

RIDUZIONE DELLA SPESA (ENTI SOGGETTI AL PATTO DI STABILITÀ)

Art. 1, comma 557, l. 296/2006

«Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispettodegli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità

interno assicurano la riduzione delle spese di personale"»

7

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Art. 1 co. 557-bis L. 296/2006

«Ai fini dell'applicazione del comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e

continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 , nonché per

tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati

partecipati o comunque facenti capo all'ente».

8

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

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IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Art. 1 co. 557-ter L. 296/2006

in caso di mancato rispetto dell’obbligo di riduzione della spesa, si applica

l’art. 76, comma 4, d.l. 112/2008, conv. con l. 133/2008: «è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con

qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai

processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi

della presente disposizione».

N.B.: Fanno eccezione le c.d. categorie protette

9

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

LIMITE ALLA SPESA(ENTI NON SOGGETTI AL PATTO DI STABILITÀ)

Art. 1 co. 562 primo periodo, L. 296/2006

«Per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e

dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008».

10

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

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DIVIETO DI ASSUNZIONE IN RELAZIONE AL RAPPORTOTRA SPESA PER IL PERSONALE E SPESA CORRENTE

Art. 76 co. 7 DL112/2008, conv. con L.133/2008

«È fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia

contrattuale».

N.B.: Fanno eccezione le c.d. categorie protette

11

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

(segue) Art. 76 co. 7 DL 112/2008, conv. con L. 133/2008

«Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale

o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza

gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale,

ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni

amministrative di natura pubblicistica. (6)

La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari».

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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Corte dei conti (Sez. autonomie, del. 14/2011)

La norma impone di considerare:

1. le società partecipate in modo totalitario da un ente pubblico o da più

enti pubblici congiuntamente, «tenuto conto del concetto univocamente accolto di società in house»;

2. le società che presentano le caratteristiche di cui all’art. 2359 co. 1

nn. 1 e 2 c.c., purché affidatarie dirette di servizi pubblici locali.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

DIVIETO DI ASSUNZIONE IN RELAZIONE AL MANCATO RISPETTO DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Art. 7 co. 2 DLgs. 149/2011

«In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: (6)

non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di

collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresì

divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione».

N.B.: - patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti;

- fanno eccezione le c.d. categorie protette

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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Corte conti, Sez. autonomie, del. 6/2012

I comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti,

che dall’anno 2013 saranno chiamati ad osservare le regole

del patto di stabilità interno, sono

suscettibili di incorrere nel divieto soltanto a decorrere

dall’anno 2014.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

LIMITE GENERALE ALLE ASSUNZIONI PER GLI ENTI SOGGETTI AL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Art. 76 co. 7 DL 112/2008, conv. con L. 133/2008:«i restanti enti (6) possono procedere ad assunzioni di personale a

tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente».

N.B.: la norma consente una limitata deroga al limite del 40 per cento

per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o

inferiore al 35 per cento delle spese correnti.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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Corte conti, Sez. Riun., dell. 3/2011 e 46/2011

� solo per gli enti soggetti al patto di stabilità interno;

� assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia

contrattuale salvo eccezioni di legge, interventi di somma urgenza e

servizi infungibili ed essenziali

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

LIMITE GENERALE ALLE ASSUNZIONI PER GLI ENTI NON SOGGETTI PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Art. 1 co. 562 secondo periodo L. 296/2006:«Gli enti (6) possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle

cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558 [personale a

tempo determinato che sia stato successivamente stabilizzato]».

Corte conti, Sez. Riun., del. 20/2011Non per l’instaurazione in via temporanea e occasionale

di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o per programma.

Corte conti, Sez. Riun., del. 59/2010Le cessazioni per mobilità volontaria possono essere equiparate a quelle per

collocamento a riposo soltanto se l’ente ricevente non è soggetto

a sua volta a limiti assunzionali.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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LIMITE ALLA SPESA PER IL PERSONALE A TEMPO DETERMINATO E PER LE FORME DI LAVORO FLESSIBILE

Art. 9 co. 28 DL 78/2010, conv. Con L. 122/2010

«Le amministrazioni dello Stato (6) possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata

e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per

personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e

successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009» Queste

norme «costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali».

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

(segue) LIMITE ALLA SPESA PER IL PERSONALE A TEMPO DETERMINATO E PER LE FORME DI LAVORO FLESSIBILE

Corte conti, Sez. Riun., del. 11/2012La norma si applica agli enti locali, salvo adattamenti

Corte conti, Sez. autonomie, del. 12/2012La norma non si applica agli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 110

co. 1 TUEL

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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Corte conti, Sez. Riun., del. 11/2012La norma si applica agli enti locali, salvo adattamenti.

Corte conti, Sez. autonomie, del. 12/2012La norma non si applica agli incarichi dirigenziali conferiti

ai sensi dell’art. 110 co. 1 TUEL.

d.l. 16/2012, conv. con l. 44/2012:

«A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di

polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale; resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa

sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009».

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

IL DECRETO-LEGGE SULLA SPENDING REVIEW

Art. 16 co. 8 DL 95/2012, conv. con L. 135/2012

«Fermi restando i vincoli assunzionali di cui all’articolo 76, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni,

con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro Il 31 dicembre 2012 d’intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i

parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A

tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui

all’articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo; gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento

rispetto alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all’articolo 2, comma 11, e seguenti».

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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ACQUISIZIONE DI SERVIZI SUL MERCATO

Art. 6-bis DLgs. 165/2001

«Le pubbliche amministrazioni (6) sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente

prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione

organica. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui al presente articolo provvedono al

congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione(6). I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle

amministrazioni che attivano i processi di cui al comma 1 vigilano sull'applicazionedel presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche

ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale».

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

TRASFERIMENTO DI RISORSE A SOCIETÀ O ENTI

Art. 3 co. 30 L. 244/2007

«Le amministrazioni che (6) costituiscono società o enti, comunque denominati, o assumono partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decentramento, adottano, sentite le

organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i soggetti di cui al presente comma e provvedono alla

corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica».

Gli organi di revisione degli enti interessati devono:

� asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie;

� trasmettere una relazione a PCM-DFP e MEF-RGS;

� segnalare eventuali inadempimenti alla Corte dei conti (comma 32).

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

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ALTRI VINCOLI RIGUARDANO:

• spese per missioni

• spese di formazione

• indennità e rimborsi per trasferimento

• studi e incarichi di consulenza

• trattamento economico complessivo

• trattamento accessorio

• aumenti retributivi conseguenti ai rinnovi contrattuali

• effetti economici delle progressioni di carriere

• conferimento di incarichi a personale dipendente.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTENIMENTO E LA RIDUZIONE

DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Art. 40 co. 3-sexies DLgs. 165/2001

«A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni, redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli

schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell'economia e delle finanze di intesa con il

Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis, comma 1».

↓L’art. 40-bis, comma 1, cit. affida all’organo di revisione «il controllo sulla

compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con particolare

riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori».

↓controllo non soltanto finanziario, ma anche giuridico.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

I CONTROLLI SULLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA

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Art. 40-bis co. 1 DLgs. 165/2001

«Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui

all'articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo».

↓in caso di violazione «dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle,

non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile».

27

I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

I CONTROLLI SULLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA

Art. 60 co. 2 DLgs. 165/2001

Le PA presentano alla Corte dei conti, entro il 31 maggio, il

conto annuale delle spese sostenute per il personale

↓«accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche

espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle

leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione».

La relazione è sottoscritta dal responsabile del procedimento

e dal Presidente del collegio dei revisori (o dal revisore unico).

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTO ANNUALE DEL PERSONALE

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La mancata presentazione del conto o della relazione determina

la sospensione dei trasferimenti erariali a favore dell’ente

L’organo di revisione deve:

� assicurarsi dell’invio dei due documenti;

� verificarne la completezza e l’attendibilità (corrispondenza con le

registrazioni contabili);

� segnalare ritardi o irregolarità.

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I CONTROLLI SULLA SPESA DEL PERSONALE

IL CONTO ANNUALE DEL PERSONALE

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LA RESPONSABILITÀ DELL’ORGANO DI REVISIONE E I SUOI RAPPORTI

CON LA CORTE DEI CONTI

Dott. Arturo Iadecola

Art. 240 TUEL – Responsabilità dell’organo di revisione«I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e

adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario.

Devono inoltre conservare la riservatezza

sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione

del loro ufficio»

norma da integrare con quelle che descrivono le funzionidell’organo, in particolare l’art. 239 TUEL

↓attività strumentali alla corretta amministrazione dell’ente

↓regime pubblicistico della responsabilità.

2

L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

PREMESSA

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I QUATTRO TIPI DI RESPONSABILITÀ

penale

disciplinare

civile

amministrativa↓

concorrenti tra loro

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

Delitti/contravvenzioni

Principii di:- legalità

- tassatività

- irretroattività

- offensività

- colpevolezza → dolo / colpa

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LA RESPONSABILITÀ PENALE

L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

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Pubblici ufficiali

coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa (art. 357 co. 1 c.p.).

Pubblica funzione amministrativa

▪ disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi;

▪ caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione dellavolontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi permezzo di poteri autoritativi o certificativi (art. 357 co. 2 c.p.).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ PENALE

� Disciplina di diritto pubblico� pareri; partecipazione alle sedute degli

organi amministrativi� ispezioni e controlli� certificazioni o attestazioni

↓i componenti dell’organo di revisione sono

pubblici ufficiali(comunque, incaricati di un pubblico servizio

art. 358 c.p.).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ PENALE

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I DELITTI DEI REVISORI IN QUANTO PUBBLICI UFFICIALI / I.P.S.

▪ falsità ideologica in atti pubblici (art. 479 c.p.) («i revisori

rispondono della veridicità delle loro attestazioni@»);▪ rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.)

(«�devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti

e documenti dei quali hanno conoscenza per ragione del loro

ufficio»);▪ peculato (art. 314 c.p.);▪ concussione (art. 317 c.p.);▪ corruzione (artt. 318 – 319 c.p.);▪ abuso d’ufficio (art. 323 c.p.);▪ omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.);▪ omessa denuncia di reato (art. 361 c.p.) («referto all’organo

consiliare su gravi irregolarità con contestuale denuncia ai

competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di

responsabilità»)

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LA RESPONSABILITÀ PENALE

L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

OBBLIGO DI DENUNCIA DI REATO

art. 239 co. 1 lett. e) TUEL

art. 331 c.p.p.

Presupposti▪ reato perseguibile d’ufficio;▪ notizia appresa nell’esercizio o a causa delle funzioni o del

servizio;▪ non necessario che sia individuato il presunto responsabile.

Modalità▪ forma scritta;▪ presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a

un ufficiale di polizia giudiziaria.

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LA RESPONSABILITÀ PENALE

L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

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In caso di violazione dei doveri deontologici

sanzioni previste dalla normativa specificadell’ordine professionale di appartenenza.

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LA RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE

Art. 240 TUEL:«i revisori adempiono ai loro doveri

con la diligenza del mandatario»

Art. 1710 c.c.:«il mandatario è tenuto a eseguire il mandato

con la diligenza del buon padre di famiglia»

Art. 1176 co. 2 c.c.:«nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività

professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura

dell’attività esercitata»

↓diligenza del professionista medio, salvo che la prestazione implichi la

soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà(art. 2236 c.c.).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ CIVILE

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I revisori rispondono:

� dei danni cagionati alle pubbliche amministrazioni�a titolo di responsabilità amministrativa, dunque solo per dolo o colpa

grave;

� dei danni cagionati a terzi privati�a titolo di responsabilità civile, ma solo per dolo o colpa grave

�(e la responsabilità si estende all’ente di riferimento);

↓la diligenza del mandatario assume rilievo soltanto ai fini della revoca dell’incarico per inadempienza

(art. 235 co. 2 TUEL).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ CIVILE

La responsabilità del soggetto legato alla pubblica amministrazione da un rapporto di impiego o di servizio

il quale, con una condotta attiva od omissiva tenuta in violazione dei propri doveri, cagioni un danno

all’erario.

(art. 82 r.d. 2440/23; art. 52 r.d. 1214/34)

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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Giurisdizione della Corte dei conti

Sezioni giurisdizionali regionali in primo grado;Sezioni giurisdizionali centrali in appello

azione del Procuratore Regionale

↓indagini soltanto in presenza di una notizia di danno specifica e

concreta(art. 17 co. 30-ter DL 78/2009, conv. con L. 102/2009)

ricorso per cassazione unicamente per motivi di giurisdizione

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

ELEMENTI COSTITUTIVI

� rapporto di impiego o di servizio;

� danno erariale (anche a ente diverso da quello di appartenenza);

� condotta attiva od omissiva in violazione dei doveri di servizio;

� nesso di causalità;

� elemento soggettivo: dolo o colpa grave

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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Danno all’immagine dell’amministrazione↓

solo in caso di condanna irrevocabile per uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

(art. 17 co. 30-ter DL 78/2009, conv. con L. 102/2009)

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

PECULIARITÀ (L. 20/1994)

▪ prescrizione in cinque anni;

▪ negli organi collegiali rispondono solo coloro che hanno espresso voto favorevole;

▪ valutazione dei vantaggi per la P.A. e per la comunità;

▪ parziarietà della obbligazione risarcitoria (salvo dolo o arricchimento);

▪ riduzione dell’addebito (art. 83 r.d. 2440/23; art. 52 r.d.1214/34);

▪ intrasmissibilità agli eredi (salvo arricchimento).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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In alcuni casi, la legge prevede che la Corte dei conti irroghi agli autori di determinate condotte una sanzione pecuniaria,

indipendentemente dal danno (ad es., a carico degli amministratori locali che fanno ricorso all’indebitamento per

finanziarie spese correnti – art. 30 co. 15 L. 289/2002)↓

occorre comunque accertare il dolo o la colpa gravee seguire il procedimento ordinario

(Corte conti, Sez. Riun., n. 12/2007).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

RESPONSABILITÀ CONTABILE

Interessa i soli agenti contabili, ossia quei soggetti, pubblici o privati, che esercitano il maneggio di denaro o di altri valori per conto di un

ente pubblico, ovvero hanno la materiale disponibilità dei beni di quest’ultimo, e devono rendere il conto della loro gestione (negli enti

locali: tesoriere, economo etc.)

↓il semplice ammanco di beni o valori è sufficiente per affermare la

responsabilità dell’agente, a meno che egli non riesca a dimostrare che la deficienza non è a lui imputabile per dolo o colpa grave, ovvero che si

è verificata per caso fortuito o perforza maggiore

↓inversione dell’onere della prova rispetto

alla responsabilità amministrativa.

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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È pacifica l’esistenza di un rapporto di servizio tra i componenti dell’organo di revisione e l’ente di riferimento

(Corte conti, Sez. enti locali, del. 2/1992)↓

i detti componenti sono esposti a responsabilità amministrativa

dinanzi alla Corte dei conti.

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

RESPONSABILITÀ DEI REVISORI↓

di norma, rispondono per aver agevolato o per non aver impedito una condotta amministrativa

o gestionale causativa di danno, in concorso con gli autori della stessa.

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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RESPONSABILITÀ DEI REVISORI

1. Condotte attive:

� rilascio di certificazioni o di attestazioni false o inesatte;

� rilascio di pareri illegittimi o errati (art. 239 co. 1 lett. b) TUEL).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

▪ Corte conti, Sez. giur. Trentino-Alto Adige, sede di Trento, n. 44/2008parere favorevole al riconoscimento di un debito fuori bilancio pur se «il debito

in questione era palesemente ingiustificato e, come tale, insuscettibile,

comunque, del parere favorevole nella evenienza espresso»;

▪ Corte conti, Sez. giur. Toscana, n. 113/2010parere favorevole al pagamento di un debito in favore di un soggetto nonavente diritto;

▪ Corte conti, Sez. giur. Sicilia, n. 2171/2009 parere favorevole alla sottoscrizione di un contratto collettivo decentrato integrativo contenente previsioni «palesemente contra legem»; in appello, tuttavia, la sentenza è stata riformata sul presupposto dell’assenza della colpa grave, dal momento che i revisori avevano reso il parere favorevole richiesto sulla base delle attestazioni del tutto positive contenute nella relazione illustrativa del dirigente (Corte conti, Sez. giur. app. Sicilia, n. 375/2011).

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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RESPONSABILITÀ DEI REVISORI

2. Condotte omissive

� mancato o inadeguato esercizio del potere-dovere di vigilanza, incluse le verifiche di cassa e sulle gestioni contabili (art. 239 co. 1 lett. c) e f) TUEL);

� omessa o ritardata denuncia di fatti di responsabilità amministrativa alla Corte dei conti (art. 239 co. 1 lett. e)

TUEL).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

VIGILANZAverifica della regolarità della gestione, con specifico riguardo a:- procedure di entrata e di spesa

▪ tenuta della contabilità;▪ attività contrattuale;▪ amministrazione dei beni;▪ completezza della documentazione;▪ adempimenti fiscali;▪ rispetto degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica

- tecniche motivate di campionamento- strumenti:

▪ diritto di accesso agli atti;▪ diritto di partecipare alle assemblee del Consiglio;▪ diritto di effettuare ispezioni e controlli individuali.

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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Ove si riscontrino «gravi irregolarità di gestione»(anche in sede di verifica di cassa o delle gestioni contabili)

↓referto immediato al Consiglio (art. 239 co. 1 lett. e))

↓il revisore che omette di rilevare le irregolarità produttive di

danno erariale risponde del danno medesimo in concorso con l’autore dell’illecito

(responsabilità per omesso impedimentodel fatto causativo di danno).

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

• Corte conti, Sez. giur. Calabria, n. 554/2010il revisore dei conti che ometta di vigilare sull’operato del ragioniere comunale risponde, in via sussidiaria, delle indebite appropriazioni di denaro da egli poste in essere; nello stesso senso, sempre in fattispecie di sottrazione di denaro da parte del personale dell’ente, le due sentenze della Sezione giurisdizionale per la Lombardia n. 50/2010, che ha limitato al 10% del danno la quota di responsabilità del revisore, e n. 73/2009, che ha determinato tale quota nel 5% del danno;

• Corte conti, Sez. giur. Marche, n. 163/2010sussiste la colpa grave dei revisori per omesso controllo della regolare tenuta della contabilità in relazione al mancato versamento delle entrate riscosse da parte dell'economo e responsabile del servizio di ragioneria, il quale abbia dolosamente disatteso la regolare gestione e rendicontazione alle quali era tenuto in ragione del suo ufficio (in senso conforme le sentenze nn. 64/2010 e 206/2008 della stessa Sezione);

• Corte conti, Sez. giur. Lazio, n. 161/2010il revisore risponde, insieme agli amministratori comunali, del disavanzo causato da questi ultimi attraverso una gestione caratterizzata da gravi e reiterate violazioni delle norme di contabilità pubblica;

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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▪ Corte conti, Sez. giur. Toscana, n. 63/2006in fattispecie di riconoscimento da parte di un ente locale ad un istituto bancario di somme a titolo di commissioni e rimborso spese per la compravendita di titoli, pacificamente non dovute ai sensi del contratto per il servizio di tesoreria, è stata esclusa la responsabilità del direttore generale dell’ente, nel contempo affermandosi quella dei componenti dell'organo di revisione economico-finanziaria;

▪ Corte conti, Sez. giur. Veneto, n. 1375/2005responsabilità dei revisori in ipotesi di cessione da parte dell’ente di una quota di partecipazione societaria per un corrispettivo inferiore al suo valore di mercato;

▪ Corte conti, Sez. giur. Veneto, n. 126/2011esclusa la responsabilità dell’organo di revisione in relazione all’illegittimo incremento dell’indennità di funzione degli amministratori comunali; ciò, sulla premessa che le competenze dell’organo «di norma rilevano in ipotesi di

attestazione di regolarità dei consuntivi e di mancata tempestiva denuncia di fatti

dannosi di cui, il predetto organo di revisione, sia venuto a conoscenza», sicché, ai fini del suo concorso nell’illecito, occorre «allegare e provare che il medesimo

organo, richiesto in merito, abbia avallato la (�) illegittima interpretazione»; cosa che, nella fattispecie, non risultava dagli atti di causa.

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

RESPONSABILITÀ PER OMESSAO RITARDATA DENUNCIA

Obbligo dell’organo di revisione di denunciare al competente Procuratore della Corte dei contii fatti di responsabilità amministrativa appresi

nell’esercizio delle funzioni(art. 239 co. 1 lett. e) TUEL).

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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Presupposti della denuncia

▪ fatto dannoso per la finanza pubblica;▪ danno concreto e attuale;▪ anche le fattispecie di responsabilità c.d. sanzionatoria

Modalità della denuncia

▪ da effettuare immediatamente e allo stato degli atti;▪ indicazione del fatto dannoso;▪ indicazione dell’importo del presunto danno, ove desumibile;▪ (facoltativa) indicazione dei presunti responsabili

N.B. notizia di danno «specifica e concreta».

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

Art. 1 co. 3 L. 20/1994«qualora la prescrizione del diritto al

risarcimento sia maturata a causa di

omissione o ritardo della denuncia del fatto,

rispondono del danno erariale i soggetti

che hanno omesso o ritardato la denuncia»«in tali casi, l’azione è proponibile

entro cinque anni dalla data in cui

la prescrizione è maturata».

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

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RESPONSABILITÀ IN CASO DI DISSESTO DELL’ENTE

Art. 248 co. 5 TUEL(sostituito dall’art. 6 DLgs. 149/2011)

«Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti

accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio

dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le

normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio

riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non

possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e

degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in

funzione della gravità accertata».

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

LE RELAZIONI ALLE SEZIONI DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI

Art. unico co. 166-168 L. 266/2005

Gli organi di revisione trasmettono alle Sezioni regionali di controllo dellaCorte dei conti una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio dicompetenza e sul rendiconto dell’esercizio stesso

↓criteri e linee guida predisposti dalla Corte dei conti, Sezione autonomie

↓in ogni caso, la relazione deve dare conto:

� del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno;

� dell'osservanza del vincolo all’indebitamento ex art. 119 ultimo comma Cost.;

� di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria già segnalata e non corretta.

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

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Le Sezioni regionali di controllo, qualora accertino, anche sulla basedelle relazioni, l’esistenza di comportamenti difformi dalla sana gestionefinanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto distabilità:

� adottano «specifica pronuncia»;

� vigilano sull'adozione delle necessarie misure correttive;

� vigilano sul rispetto dei vincoli e delle limitazioni posti in- caso di mancata osservanza delle regole del patto di- stabilità interno

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L’ORGANO DI REVISIONE E LA CORTE DEI CONTI

LE RELAZIONI ALLE SEZIONI DI CONTROLLO DELLA CORTE DEI CONTI

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