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musica & terapia numero 13 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Alfredo Raglio Andrea Ricciotti Ferdinando Suvini segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Michele Biosutti Università di Padova Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Umberta Cammeo Direttore Medico Anffas, Genova Giovanni Del Puente Sez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

13direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriAlfredo Raglio

Andrea RicciottiFerdinando Suvini

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiosuttiUniversità di Padova

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Umberta CammeoDirettore Medico

Anffas, Genova

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria,

Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

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pag 1Editoriale

pag 2La Psicologia della musica: il punto, le prospettiveGianni Nuti

pag 17John Cage: caso vs. improvvisazioneClaudio Lugo

pag 25La composizione in musicoterapiaAnna Maria Gheltrito

pag 34 Musicoterapia preventiva in ambito scolastico: un programma sperimentale per lo sviluppo dell’empatiaElisa D’Agostino, Ivan Ordiner, Giada Matricardi

pag 46Musicoterapia e Riabilitazione: una esperienza gruppale integrataFlora Inzerillo

pag 52 Dal Caos all’armoniaRoberto Messaglia

pag 56Recensioni

pag 58Notiziario

pag 60Articoli pubblicatisui numeri precedenti

sommario

13numero

Cosmopolis s.n.c.Corso Peschiera 320

10139 Torino011 710209

L’abbonamento a Musica & Terapia è di Euro 18,00 (2 numeri).L’importo può essere

versato sul c.c.p. 47371257intestato a

Cosmopolis s.n.c.,specificando la causale

di versamento el’anno di riferimento

progetto grafico

Harta Design, Genova

Paola Grassi

Roberto Rossini

editoriale

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La nostra rivista prosegue il suo cammino diver-sificando e ampliando temi e contributi. In parti-colare il primo numero del 2006 si apre con duesignificativi articoli. Gianni Nuti ci offre una pre-ziosa sintesi sullo stato dell’arte in tema diPsicologia della Musica, un ambito di studi cen-trale per la musicoterapia ma che in Italia nongode di frequenti occasioni di approfondimento edi confronto (basti ricordare l’esiguità di testitradotti e altresì la rarità di eventi congressuali).Claudio Lugo, a seguire, delinea il suo pensierosull’improvvisazione in musica contestualizzandoil suo intervento in relazione alla formazionemusicoterapica (continua così la riflessione diDemaestri, apparsa sul precedente numero diMusica et Terapia, su formazione musicale e for-mazione musicoterapica). Il successivo contribu-to, di Anna Maria Gheltrito, si colloca in ambitoclinico. L’autrice presenta il suo lavoro, svoltoall’interno di una comunità terapeutica perpazienti psicotici gravi, dove appare di estremointeresse il ruolo svolto dagli aspetti improvvisa-tivi, compositivi e dall’impiego, nel tentativo didefinire formalmente la libera espressività deipazienti, della notazione musicale; altrettantopeculiare è l’analisi musicale e musicoterapicasvolta sulle partiture ‘composte’ dai pazienti. La liceità e la pertinenza dell’intervento musicote-rapico in ambito scolastico animano da diversi annidiscussioni e dibattiti; l’articolo di Elisa D’Agostino,Ivan Ordiner e Giada Matricardi, che colloca all’in-terno dei programmi di educazione alle emozioni laspecificità musicoterapica in ambito scolastico,inquadra in maniera convincente, sia sotto il profi-lo teorico che applicativo, la questione.Gli ultimi due articoli si situano come quello diAnna Maria Gheltrito, in un contesto psichiatrico.Flora Inzerillo descrive un’esperienza riabilitativacaratterizzata dall’integrazione di metodichemusicoterapiche, gruppali e cognitive. RobertoMessaglia propone una riflessione teorica che trat-ta i modelli musicoterapici di Rolando Benenzon edi Mary Priestley e ne approfondisce i rapporti colpensiero psicoanalitico di matrice Junghiana.Nel concludere è doveroso ricordare il prossimoconvegno Confiam, organizzato dall’A.R.Te.M.,“Musica e Musicoterapia a confronto nei paesidell’est europa” che si terrà a Trieste il 23 e il 24Settembre 2006 presso il Centro Congressi dellaStazione Marittima; il giorno prima, 22 settembre,come manifestazione di apertura dei lavori con-gressuali si terrà a Udine una tavola rotonda ine-rente il rapporto fra formazione in Musicoterapiae offerta formativa dei Conservatori di musica.Per informazioni dettagliate relative al program-ma, all’invio di contributi, ai costi e all’ospitalità èpossibile consultare www.musicoterapiafvg.it G

erardo

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The psychology represent a more and moresophisticated instrument in order to read theprocesses of the man who picks and appreciatesmusic, of who it generates , it interprets and whouses it in order to interlace interpersonal relations.Lately however also music is offering new meansto psychological sciences in order to understandthe man and to contribute to alleviate itssuffering. This contribution represents a synthesisof the psychological theories applied to music asinstrument of relation and expression matured inthe past until the perspectives opened towards thefuture studies.

La musica esiste nel tempo, ed è il tempo che va tagliato,modellato e rimodellato fino a che, come una statua, diventi una forma vivente…(Leonard Bernstein)

PremessaLa psicologia rappresenta uno strumento semprepiù puntuale per leggere i processi dell’uomo checoglie e apprezza la musica, di chi la genera, lainterpreta e la utilizza per intrecciare relazioniinterpersonali. Ultimamente tuttavia anche lamusica sta offrendo nuovi mezzi alle scienze psi-cologiche per capire a fondo le persone e contri-buire ad alleviare le loro sofferenze.A differenza delle ricerche musicologiche, con-centrate sull’opera e di quelle storiche, impegna-te a reperire le fonti e rivelare i milieux culturalie sociali di appartenenza, la psicologia dellamusica si interroga oggi, con metodi di tipo com-parativo, clinico e sperimentale secondo i qualiogni risultato conclamato è verificabile, ogni pro-cedura ripetibile, sulle sensazioni e le emozionisuscitate, le percezioni decodificate da stimolisonoro-musicali, sul ruolo delle memorie, sullemodalità di apprendimento, sulle rappresentazio-ni mentali e le condotte motorie che l’ascolto e la

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La psicologia

rappresenta

uno strumento

sempre

più puntuale

per leggere

i processi

dell’uomo

che coglie

e apprezza

la musica

La Psicologia della musica: il punto, le prospettive

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intermediari, privandola coscienza del purminimo arbitrio rispet-to all’interpretazionedello stimolo e dunqueanche la musica puòcondizionare i compor-

tamenti attraverso la somministrazione di stimoliopportunamente selezionati all’uopo. La praticadella “muzac”, la musica d’ambiente funzionaleall’incremento dei ritmi di lavoro o degli acquistinei grandi magazzini, rappresenta la ricadutaoperativa di questo convincimento.Tocca a Edward Tolman negli anni ’40 ammorbi-dire la posizione radicale dei predecessori osser-vando le variabili di comportamento nei ratti, ingrado di costruirsi una mappa cognitiva del labi-rinto nel quale erano costretti a districarsi, indi-pendentemente dagli indizi propriocettivi imma-gazzinati: si riconosce così un’area di intermedia-zione tra stimolo e risposta nella quale si consu-ma un processo adattivo e si produce un conse-guente schema mentale. Da questa nuova letturapartiranno i cognitivisti per ipotizzare la costrui-bilità di una topografia dell’ascolto musicale chepermetta di stabilire, nel fluire del tempo, traccee indicatori indispensabili alla comprensione eall’apprezzamento del testo.Scienziati della scuola di Stumpf minano i credostatunitensi quando si trasferiscono oltre oceanoa causa delle persecuzioni razziali e promuovonoi principi della Gestalt Theorie, partendo dall’as-sunto che indica nella globalità del costruttomusicale e non nei singoli componenti il fulcrodella sua identità. Particolare e generale si ordinano secondo unastruttura gerarchica di unità governata da leggimesse a punto su sperimentazioni in campo visivo etrasferite in seguito sull’ascolto. Per la legge dellaprossimità si riordinano suoni in sequenza, secondola loro disposizione in altezza: Bach sfrutta questanaturale tendenza alternando note gravi con acute,

produzione di eventimusicali più o menocomplessi determina.La psicologia per cantosuo si interroga sul ruo-lo pre-verbale della co-municazione sonoro-musicale e sull’importanza che riveste nell’appro-priazione da parte dell’uomo del tempo e dellesue polifonie generate dalle relazioni intersog-gettive, dalla vita interiore.

Dai comportamenti alla formaIl percorso, sebbene preceduto da antichi e fecon-di studi sugli effetti della musica sull’uomo, pren-de avvio nella seconda metà del secolo XIX dall’in-contro tra una costola staccata dalla filosofia e inascenti studi di acustica, in particolare a cura diHermann von Helmoltz, intorno alla necessità diprendere in esame il controllo delle facoltà umanerispetto ai fenomeni sonori, segnatamente rispet-to a consonanza e dissonanza. Contro corrente, loscienziato sostiene che sia un atto creativo quelloche trasforma lo stimolo sensoriale in percezione,una deduzione o inferenza inconscia ispirata dalbagaglio sensibile ed esperienziale di ciascuno. InTonpsychology il berlinese Carl Stumpf (1883-90)relativizza alla valutazione individuale il concettodi dissonanza e consonanza e coglie l’importanzadell’olistica in ambito percettivo musicale: ogniparte distinguibile concorre alla configurazione diun organismo, colto come unitario. Gli Stati Uniti, da sempre vocati alla tecnologia einclini a coltivare studi in grado di dare risposteoggettive attraverso metodi certi, sono la culladella corrente comportamentista, fondata daJohn Watson nel 1913. La scuola parte dal con-vincimento di stampo positivista secondo cuinella relazione stimolo-risposta sono rappresen-tati perfettamente gli stati mentali. Così le attivi-tà motorie e fisiologiche misurabili ritraggonofedelmente le condizioni dell’intelletto senza

La psicologia si interroga

sul ruolo pre-verbaledella comunicazionesonoro-musicale

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leggermente dalle strutture ai processi dellaconoscenza, ai loro mutamenti nell’età evolutiva,al loro consolidamento o alla loro consunzioneadottando un approccio multidisciplinare e il piùpossibile integrato. Tre sono i fondamentali indi-rizzi della ricerca: il primo si prefigge di riempiredi significato psicologico le categorie della teoriamusicale di impronta tonale occidentale (scale,accordi, fraseologia ecc...), con l’intento di testareil livello e la qualità dell’acculturazione dell’indi-viduo nel contesto sociale di appartenenza; ilsecondo si occupa dei raggruppamenti dei feno-meni sonori organizzati e dellee rappresentazionimentali del materiale percepito.Ulteriore e recente ambito è quello dell’individua-zione delle componenti emozionali nell’ascolto.

Passiamo rapidamente in esame alcuni tra glistudi che provano come le teorie (in questo casodella musica) siano cristallizzazioni di consuetu-dini scaturite da esigenze radicate dell’uomo nelsuo interagire col mondo.Robert Francès nel suo fondamentale volume LaPercepiton de la Musique già nel 1958 dimostrache il senso tonale è patrimonio delle persone,anche se nessuna regola teorica è stata loro espli-cata e Michel Imberty nella sua tesi di dottoratodel 1969 precisa essere frutto non già di unascienza infusa, bensì di un processo di accultura-zione che nasce con la vita (anche se lo studioparte dai sei anni) e si completa fino all’incirca idodici. L’impregnazione è testata verificando lariconoscibilità della cadenza, della dissonanza edella modulazione nonché attraverso l’individua-zione di errori melodici. Naturalmente le variabilisono molteplici e hanno tutte a che fare con lapresenza o meno di interventi educativo-musicalisistematici e adeguati alla crescita del bambino. Anche nel pubblico adulto gli studi effettuati daKrumhansl (1990) confermano la presenza di cono-scenze implicite delle regole armoniche (riconoscen-za delle note estranee a un contesto tonale di rife-

così da alludere a due voci comprese in una sola, ilchitarrista compositore Francisco Tàrrega inRecuerdos de la Alhambra usa lo stesso espediente. Secondo la legge della continuità in una sequen-za di note rapide, l’ascolto può organizzare i datisecondo una gerarchia orizzontale anche se iregistri si accavallano gli uni sugli altri: una lineamelodica costituita da note di altezza variabilealternata a note identiche distanzia le prime dalleseconde, assegnando ad una compiti primari eall’altra di mero sfondo.Per la legge della similarità, si tende a raggrupparesuoni emessi da strumenti affini, ad esempio peromogeneità di impasto timbrico, anche se le altezzedei suoni di ciascuna voce si intrecciano con quelledegli altri. Noorden (1975) quantifica tra i cinque e idieci suoni al secondo la zona di ambiguità al disopra della quale tre suoni acuti e tre gravi alternatinon saranno percepiti secondo una successionelineare, ma per fissione, lungo due correnti indipen-denti e non seguibili in contemporanea.La legge della buona forma interviene nel caso incui, per esempio, due suoni di ampiezza differen-te siano proposti in alternanza: il suono piùtenue è percepito come se continuasse attraver-so quello più forte. Anche la legge del destinocomune determina le modalità di raggruppa-mento musicale: Chowing (1980) dimostra che,nella sintetizzazione di un canto vocale l’aggiun-ta di un leggero vibrato in tutte le componentiarmoniche in modo che esse fluttuino sincroni-camente le une con le altre, permette a questecomponenti di fondersi in modo da produrre unpercetto unitario.Più genericamente, si tratta di constatare comel’uomo naturalmente tenda ad economizzare laricezione e l’elaborazione degli stimoli secondoprincipi di sintesi per micro e macrostrutture.

Dei processi e delle rappresentazioniPartendo dai sentieri della Gestalt, nella stagionecognitivista tuttora in corso, il fuoco si sposta

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Anche bambini di pochi mesi, sebbene tendano atrascurare minime differenze sonore e diminuzio-ni di volume, sono sensibili a stacchi parametriciintensi e ad aumenti di volume; anche il senso dibuona forma è patrimonio di soggetti al di sottodei due anni: essi avvertono disagio quando vieneloro somministrato un minuetto di Mozart mina-to al suo interno da evidenti turbolenze rispettoal ductus melodico (Krumhansl, Jusczyk, 1990). La percezione del metro, ossia di un pulsare sot-terraneo che governa il flusso temporale secondodelle costanti minime, pare essere il risultato diun’idealizzazione (Bigand, 1994): non esiste lapossibilità di mantenere una perfetta isocronia,né rispetto a molteplici esecuzioni da parte dellostesso interprete, né da più interpreti per lo stes-so pezzo (Gabrielsson, 1987). Le variazioni mini-mali di ciascuno rispetto al tactus del metronomorappresentano uno dei fondamentali veicoli diespressività e indicatore di vivezza della interpre-tazione: nelle musiche popolari non scritte que-sto è ancora più evidente.

Gli studi sulla determinazione di schemi mentalinella musica tonale trovano nell’opera di Lerdhale Jackendorff (1983) ancora una volta un impor-tante compendio. Gli studiosi individuano cinquediversi gradi di rappresentazione musicale, deri-vati uno dall’altro mediante regole generative.Ecco quindi il livello della:- superficie musicale, dove dal segnale acustico

sono codificati i suoni come eventi sonori dis-creti.

- struttura di raggruppamento, dove la superfi-cie musicale è segmentata in una gerarchia difrasi e sezioni.

- struttura metrica, dove si stabilisce una grigliadi accenti metrici.

- riduzione degli intervalli di tempo, dove l’arti-colazione ritmica (struttura di raggruppamen-to più struttura metrica) si raccorda a unagerarchia degli eventi melodico-armonici.

rimento, della gerarchia tra accordi costruiti suidiversi gradi della scala, delle modulazioni e dellaloro 'distanza' rispetto alla tonalità di partenza).Analogamente una sequenza melodica traspostasu tonalità differenti è riconosciuta come similealla matrice originaria e le modifiche intervallaritotalmente non pertinenti sono identificate comeanomale e non gradite (Cuddy 1993, 1995).Ancora Francès mette in guardia sul fatto che,dove si crede talvolta di vedere consacrate leleggi della forma, in realtà si riscontrano glieffetti di un’esposizione prolungata a un certotipo di opere musicali, di una frequentazione cul-turale contenente codici forti.La percezione del ritmo è particolarmente sog-gettiva e si basa sul riconoscimento di differen-ziali di durata, di scarti che anche retroattiva-mente ordinano il gruppo degli stimoli.Lerdhal e Jackendorff (1983) li chiamano accentie li classificano secondo tre tipi di accento:- fenomenale (punti d'intensificazione locale

come cambi d'intensità, di registro, densità dinote, cambi di timbro, di durata);

- strutturale (punto d’arrivo o di partenza for-mali, come una cadenza);

- metrico (punti percepiti in accento a causadella loro posizione entro uno schema metrico).

Quindi stabiliscono le principali regole dei rag-gruppamenti ritmici per cui preferenzialmentequesti:- tenderanno ad iniziare su eventi accentati e

finire su eventi immediatamente precedentiquelli accentati;

- non si formeranno eventi unigeniti, costituitida un solo avvenimento;

- eventi brevi tendono a raggrupparsi con iseguenti di maggiore durata;

- gruppi dello stesso livello gerarchico dovrannorisultare della lunghezza più eguale possibile;

- un raggruppamento di confini separerà eventidi lunga durata da eventi susseguenti di dura-ta relativamente breve.

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La segmentazione del flusso temporale per suc-cessioni tensivo-distensive nelle osservazionidello psicologo francese porta a evidenziarestrutture gerarchiche forti, se le unità si incastra-no le una alle altre con fratture via via meno pre-gnanti, deboli quando le unità si susseguono conrapidi cambiamenti tutti egualmente densi.Già Francès sottolineava come le forme tripartitecostituiscano conoscenze implicite, diffusesoprattutto tra amatori non musicisti, capaci dicondizionare le abitudini uditive in occidente. Perciò la memorizzazione e la costruzione mentaledella macro-struttura di un pezzo si realizzano inaccordo o in conflitto rispetto al modello narrati-vo tensione-problema, crisi e epilogo ossia espo-sizione, sviluppo e ripresa opp. ABA o ancora arsis,tesis, kataleksis (ATK).Il principio dell’estrazione di indizi teorizzato daIrène Deliège (1991) allarga l’applicabilità oltre ilsistema tonale e prevede che l’ascoltatore ricavidei punti di riferimento sbalzati rispetto allasuperficie musicale così da produrre una sorta dialtorilievo progressivamente colmato di entità,classificate secondo equivalenze e differenzialirispetto alle prime tracce inividuate. L’improntadei brani, colta in modo assai analogo da musici-sti e non, si deposita invece più profondamentenella memoria a lungo termine quanto maggioreè la cultura musicale del soggetto e la sua capa-cità di familiarizzare col brano.

L’approccio cognitivista sottintende un funziona-mento del cervello umano organizzato per modu-li, concrezioni neuronali autonome e indipenden-ti, associate a comportamenti e facoltà specifi-che. Tutto l’agire e il pensare dell’uomo sarebbericonducibile a una infinita serie di combinazionitra unità elementari per la costruzione di sistemipiù complessi.È accertato oggi come questa modularità spieghisolo il funzionamento periferico del cervello ecome le analogie tra intelligenza artificiale e

- riduzione dei prolungamenti di tempo, dove lagerarchia tonale è precisata in termini di ten-sione e di distensione, segnatamente di tempoarmonico.

Ascoltare un brano di musica tonale significa rica-vare i cinque livelli di rappresentazione, i qualicorrispondono nell’ordine a un progressivo appro-fondimento della comprensione musicale.

Occorre dire che la teoria generativa della musicatonale insegna la comprensione della strutturamusicale, ma non una dottrina della sua elabora-zione. Essa infatti descrive la forma assunta dal-l’informazione musicale come stato finale dellacomputazione, piuttosto che il modo in cui essa èvia via elaborata in una strutturalistica evoluzio-ne da elementi semplici verso oggetti di comples-sità variabile: spiega com’è, ma non come si crea.Un contributo sostanziale per colmare questo gapè rappresentato dalla proposta di Imberty (1979)rispetto al concetto di riduzione dei prolunga-menti di tempo allorquando definisce come vet-tori dinamici quegli elementi musicali che veico-lano significati temporali di orientamento: pro-gressione, diminuzione, crescita, ripetizione, ri-torno. Essi mettono in rapporto l’istante con l’im-mediato futuro e il passato prossimo (coordina-zione) o remoto e avveniristico (successione), as-similano l’eterogeneità dei cambiamenti secondoi filtri culturali dei codici in uso. Tali vettori con-corrono a definire quella che in psicolinguistica sichiama macrostruttura (Kintsch, Van Dijck,1978),uno schema di costruzione temporale in funzionedella quale un brano musicale può essere imma-gazzinato nella memoria, una pianificazione apriori degli avvenimenti sonori attraverso il rile-vamento dei cambiamenti nel continuum sonoroimputabili a stereotipi culturali o modelli stilisticigià posseduti dal soggetto alla ricerca di confer-me e smentite durante l’esperienza musicale inatto.

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do un rapporto con associazioni ad eventi sonoribiologicamente rilevanti come una sirena o ilcrash di una collisione sta di fatto che lo scartoemotivo corrisponde a un evento inatteso, sor-prendente. A rinforzare il concetto concorre l’os-servazione del comportamento neonatale, piùattivo in corrispondenza di manifestazioni sonoreestreme rispetto alla media della percezione udi-tiva. Già Meyer (1992) sostiene che l’emozione siscateni quando le attese prodotte da un’assimila-zione 'stilistica' del brano musicale sono deluseingenerando risposte di tipo emotivo e, soprat-tutto tra ascoltatori alfabetizzati, riflessivo. Inol-tre sotto il profilo neurologico l’attivazione corti-cale si eleva in modo più generico e diffuso alpresentarsi di un nuovo messaggio e diminuisceprogressivamente se questo è ripetuto.Gabrielssonn (1987, 1995) dimostra che sequenzestockhastiche (casuali) sono gradite quando com-patibili con le unità realmente percettibili e sgra-dite se troppo o poco complesse: il grado di com-plessità tollerato è proporzionato con il livello dieducazione musicale raggiunto dai soggettiprima della ricerca.Si tratta di capire cosa sia ciò che destabilizza l’e-quilibrio percettivo-emozionale e rappresentauna novità in termini di attivazione psicofisica.Imberty (1986), nel suo studio comparativo traestratti di opere di Debussy e Brahms ridefinisce ilconcetto di complessità, dai suoi predecessorilasciato alla sola quantità di informazione melodi-ca e ritmica in un’unità di tempo, e introduce ilfattore dinamico generale che non dipende dallacomplessità delle sezioni, ma costituisce il motoredella percezione. Quindi si misura la velocità, ovve-ro la quantità di note in un lasso di tempo dato, leintensità secondo i fenomeni di registro, accentua-zione o funzione armonica che, a parità di volume,aumentano e diminuiscono dall’analisi della parti-tura e la complessità formale, legata ad un indicedi eterogeneità dell’architettura. I feedback emoti-vi raccolti di tipo melanconico e depressivo si con-

sistema neurologico centrale non siano così stret-te. L’illusione di reperire statuti universali geneti-camente incarnati ha condotto verso una conce-zione discontinua dei modelli di lettura delledinamiche uomo-musica. L’analisi che parte daelementi minimi, da gruppi di quantità discrete(chunks) che poi si organizzano in unità sintatti-che più ampie crea un’idea artificale e frantuma-ta della percezione, assecondano criteri di deco-difica d’impronta musicologica tradizionale. Inrealtà la musica è animata da un élan intrinseco,un movimento che trascende ogni riduzione perschemi.Si trascura il fatto che l’ascolto o l’esecuzione,l’invenzione, l’improvvisazione musicali nasconoo si coagulano attorno a un’emozione o meglio aun complesso di emozioni che coincide con un’e-sperienza interiore di senso unificatrice.

Sull’emozionePer molto tempo emarginato verso ambiti esteti-co-filosofici il rapporto tra musica ed emozione,troppo avulso dai contesti sperimentali che testa-vano le reazioni a stimoli sonori freddi e isolati,oggi è un teatro di ricerca vivace. Il punto sullasituazione è stato fatto recentemente nella SestaConferenza Internazionale sulla percezione ecognizione della musica (Keele, Gran Bretagna,agosto 2000).I prodromi si trovano negli anni ’70, dove alcuniricercatori riprendendo esperienze di Wundt difine ottocento sull’effetto edonistico della sensa-zione sonora, stabiliscono che suoni isolati sonopiacevoli in modo crescente fino a 50db, poi lasoddisfazione diminuisce; sotto il profilo fre-quenziale l’ottimale sta tra i 400 e gli 800Hz, ingenerale si registra una relazione a U capovoltatra intensità percettiva e piacere prodotto.Berlyne (1960) registra con l’elettroencefalo-gramma delle desincronizzazioni in concomitanzacon stimoli molto più acuti o più gravi rispetto alcampione medio e più prolungato: pur ipotizzan-

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za: occorre obiettare che i limiti metacognitivi neibambini al di sotto dei 5 anni possono impedireloro di concettualizzare emozioni probabilmentegià avvertite; per esempio Dolgin e Adelson(1990) avevano precedentemente mostrato chebimbi di quattro anni erano in grado di assegna-re etichette di allegro, triste, impaurito, arrabbia-to con coerenza rispetto a quanto segnalato daun campione adulto. Juslin (1997) sperimenta su adulti la possibilità dicomunicare emozioni (le cinque fondamentali)attraverso varianti interpretative di un unicopezzo. Egli scopre pattern di variabili legati all’e-spressione di ciascuna emozione: per esempio larabbia è associata a un tempo più veloce, unaintensità maggiore e una pronuncia più legatamentre un tempo più lento, un basso livello sono-ro e una scarsa variazione articolatoria muove atristezza, in sostanza il ricercatore afferma comeun codice emozionale sia correlato strettamenteal codice prosodico del veicolo di comunicazione.

Gabrielsson (1995) distingue opportunamente trapercezione emotiva, quando si coglie il valoreespressivo di un momento musicale senza tutta-via lasciarsi coinvolgere in prima persona, e indu-zione di un’emozione, quando è suscitata unareale risposta emotiva alla musica da parte degliascoltatori. La relazione tra queste due può esse-re positiva, dunque coerente sia per qualità cheper intensità di sentire, negativa se in contrasto,non sistematica se sono avvertite sintonie adintermittenza e assente; la dialettica tra i dueaspetti dipende dall’interazione tra fattori musi-cali, personali e contestuali.

Sloboda (1991) parte da manifestazioni fisiologi-che (per esempio lacrime e fremiti) indotte daalcuni modelli di scrittura per catalogare questiultimi secondo il tipo di reazioni psicologiche chesuscitano: le appoggiature melodiche, le progres-sioni inducono a lacrimare, gli scarti dinamici o

densano, sempre con una relazione a U, attorno aun coefficiente di dinamismo e di complessità for-male basso, quelli di tipo angoscioso e aggressivocorrispondono a indici elevati sia per dinamismoche per complessità. Gli aggettivi indicatori dipositività sono invece legati a dinamismi medio-alti e indici di complessità deboli.I risultati non dipendono solo dagli stimoli, madall’organizzazione temporale del brano sommi-nistrato, che facilita o scoraggia l’integrazionepercettiva della forma: una sequela di note rapi-de senza periodici indicatori metrici è seguibile aprezzi tensivi elevati, per sovraccarico di informa-zioni difficilmente riordinabili. Le risposte dei soggetti rispetto al dinamismomusicale riguardano schemi di tensione e mecca-nismi cinetico-posturali mentre la complessità èassimilata a schemi di risonanza emozionalericonducibili all’esperienza affettiva del singolo.Le forme musicali nel lavoro dello psicologo fran-cese si rivelano come stilizzazioni del rapporto disé col mondo in termini di integrazione, quandosi identifica con un punto di equilibrio tra duesentimenti interiori contrari, l’entropia rappre-senta la minaccia o la paura di disintegrazionedell’io, una scrittura musicale avvertita comelenta e rarefatta imprime un’immagine di immo-bilismo temporale vicino al morire, una accelera-zione soggettiva della durata può vitalizzare oilludere che il tempo si sovraccarichi di accadi-menti incontrollabili e dunque minacciosi.

L’indagine sulle emozioni primarie (gioia, tristez-za, rabbia, disgusto, paura) è svolta attraverso teste interviste dietro somministrazione di ascolticontenenti differenze di modo maggiore o mino-re e a contorni melodici ascendenti o discenden-ti. Secondo Gerardi e Gerken (1995) nei bambinitra i 5 e gli 8 anni matura una relazione tra modomaggiore e gioia e modo minore con tristezza,mentre solo gli adulti associano curve melodicheascendenti con felicità e discendenti con tristez-

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nali all’esecuzione e riconosciuti come marcata-mente espressivi dai presenti all’esecuzione.Anche in esecuzioni simulate su un tavolo conuna tastiera immaginaria l’interprete si muoveespressivamente a dimostrare che la mappa musi-cale interiore include, come in un tutt’uno, il lin-guaggio del corpo.

Fondamentale la ricerca di una corrispondenzatra stati affettivi evocati dalla musica e la rela-zione, soprattutto attraverso la voce, tra madre ebambino. Senza indugiare sugli aspetti psicodi-namici e sugli studi sulla vita sonora prenatale, cilimitiamo a sottolineare le costanti intercultura-li rilevate da Papousek (1981, 91) nella comuni-cazione preverbale tra adulto e bambino, ilcosiddetto baby talk, quali la segmentazione inbrevi pattern, la ripetizione del modello piùvolte, la semplicità sintattica e la lentezza tem-porale dell’emissione sonora. La scelta del regi-stro acuto da parte della madre è utile per favo-rire l’emergenza del segnale rispetto allo sfondosonoro di ambiente e tanto nel linguaggio verba-le che in quello non verbale si assiste, rispettoalla comunicazione ordinaria, ad un processo disemplificazione e amplificazione dei moduliespressivi e a un’enfatizzazione dei contornimelodici attraverso contrasti di dinamica, alter-nanze di accelerazioni e decelerazioni, un abbas-samento dell’altezza e allungamento di finefrase. Recentemente Stephen N. Malloch (2000)utilizza analisi acustiche computerizzate chescandagliano pulsazione, qualità e narratività neldialogo interpersonale madre-bambino. La pul-sazione è oggetto di indagini spettrografiche, laqualità è definita sia nei termini di altezza dellevocalizzazioni, che di timbro: i diagrammi dell'al-tezza dei suoni vengono ottenuti con un softwa-re che utilizza una costante trasformazione spet-trale (Q-spectral trasform). Il timbro è descrittocon una varietà di misure acustiche - valori ditristimulus, intensità, durezza e altezza. I risulta-

armonici improvvisi scatenano fremiti. Questamoderna teoria degli affetti prescinde da troppifattori che esercitano influenze su emozioni esignificati come i pregressi culturali, formativi esociali dei soggetti in causa.Indicatori di stati emotivi psicofisiologici come laconduttanza cutanea (o risposta elettrodermaleRED), la mobilità oculare, la motricità facciale, ilritmo cardiaco e respiratorio, la sudorazione sonomisurati, con sempre maggiore frequenza, permezzo di strumenti elettropoligrafici di rileva-mento che, se da una parte possono compromet-tere la naturalezza del setting sperimentale dal-l’altra costituiscono preziosi portatori di datidimostrabili a complemento (e non a sostituzio-ne) delle osservazioni di carattere qualitativo(Delalande 1996, Nuti 2005).

La musica può cambiare gli umori e rivelare del-l’uomo indici profondi: Daniel Västfjäll (1998)attraverso la 'procedura di induzione emotivadella musica' ('musical mood induction procedu-re’ o MMIP) misura i cambiamenti che il suonoorganizzato esercita nei processi affettivi esperiti.Il fatto che la musica possa avere tale influenzasull’esperienza soggettiva è stato utilizzato perstudiare l’effetto dello stato d’animo sui processicognitivi e sul comportamento da molti ricerca-tori di psicologia sociale, clinica e della persona-lità: dunque la musica inizia ad essere riconosciu-ta come uno strumento diagnostico utile a inda-gare sulla vita affettiva.L’incremento degli studi sulla performance musi-cale ha focalizzato l’attenzione sul ruolo delcorpo dell’esecutore come coadiuvante nellacomunicazione espressiva e dunque veicolo dirisonanze emozionali nell’ascoltatore. A questoproposito è degno di nota uno studio dellaDavidson (1994) che, attraverso video ridotti apunti luce luminosi indirizzati alle articolazioni ealla testa, isola modelli dinamici ricorrenti, scoprecome la maggioranza dei gesti siano extrafunzio-

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titudine a produrre una diversità di idee in unasituazione relativamente poco strutturata”(Carlier, 1973), che in musica corrisponde alladeviazione rispetto a una situazione data(Vaughan, 1972), la quantità di frasi diverse percontenuti (Gorder, 1980), le variabile rispetto aiparametri del suono: altezza, intensità, agogica(Webster, 1983). Si aggiungono genericamentel’originalità nel dare risposte inusuali, ma perti-nenti, valutata, in termini musicali, secondo lavarietà di contenuti musicali di certe risposte inrapporto a quelle del campione testato. La sensi-bilità ai problemi dimostrando capacità di ricono-scimento, la ridefinizione, o “attitudine a cambia-re la funzione di un oggetto o di una parte di essoe di utilizzarla” (Leboutet, 1970). Piaget (1970),sebbene non utilizzi il termine, colma il vuotolasciato da Guilford (1973) rispetto alla genesi ealla dinamica della dimensione creativa, descri-vendo modi dell’esplorazione attiva e il suo ruolonello sviluppo dell’intelligenza, di regolazionecognitiva. Un passo ulteriore muove Schmid-Kitsikis (1982) attribuendo all’affettività la giusti-ficativa di ogni emergenza creativa: “è l’affettoche fornisce l’energia, sottolinea i significati, creai legami necessari alle istanze di ricerca del sog-getto, lega tra di loro le rappresentazioni appar-tenenti alle diverse forme dei soggetti. L’affetto èanche responsabile dell’apparizione del desiderioe dei modi di svolgimento adottati dal soggettonella sua ricerca di creazione del nuovo”.Nell’esaminare le condotte esplorative della pri-missima infanzia i lavori recenti (Davidson, 1985,Mialaret, 1990) costeggiano l’analisi della dimen-sione creativa allorquando:- puntualizzano il carattere personale, irripetibi-

le nella manipolazione degli strumenti daparte di ciascun bimbo e individuano, in pro-spettiva, la definizione di uno stile personale;

- registrano l’evoluzione delle intensità, delleripetizioni e delle variazioni dei contorni melo-dici durante le produzioni vocali;

ti confermano che la voce della madre modificala propria qualità in funzione di quella del bam-bino e che l'elemento narrativo come insieme dipulsazione e qualità permette alle due personeimplicate di intrattenere una relazione affettivacondividendo la sensazione del trascorrere deltempo. È ormai provata anche la capacità, giàtra i due e i sei mesi, di raggruppare gli stimolisecondo i principi gestaltici della vicinanza edella similarità, di riconoscere le articolazionifraseologiche della musica secondo codici didecodificazione sintattica comuni al linguaggioverbale (Trehub, Tarinor, 1994). Tutto questodimostra come la prima relazione intersoggettivadell’essere umano sia altamente musicale equanto la conoscenza e l’esperienza di statiaffettivi ed emotivi abbiano radici coincidenti.

Sulla creatività e l’improvvisazione Per il contesto nel quale è inserito questo lavoro,ci pare invece di fondamentale importanza occu-pare un po’ di spazio per rendere conto degli studisulla creatività e sulla produzione spontanea delbambino, impegnato, se messo nelle condizioni diagire, in una significativa forma di improvvisazio-ne e composizione musicale estemporanea.Lo studio sulla creatività come dimensione psico-logica specifica si è sviluppata in seguito ai lavo-ri di Guilford (1973), che elabora uno schema tri-dimensionale della struttura dell’intelligenza(operazione, prodotto e contenuto) nel corsodella quale distingue due tipi di attività cogniti-ve: il pensiero convergente, capace di individuareuna sola soluzione per un problema e il pensierodivergente, che prende in considerazione tutti itipi di soluzione per un unico quesito.La creatività appartiene al secondo modello ed ècomposta da alcuni elementi fondamentali: lafluidità, ossia la facoltà di concepire molto – construmenti psicometrici si misurano tempi delleimprovvisazioni e numero di avvenimenti prodot-ti e si comparano le risposte -, la flessibilità, “l’at-

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to permanente e stabile, definito e discontinuo,più un 'colmatage', ovvero un elemento instabile,sfumato, che può caratterizzarsi solo come un'riempimento' dell’intervallo stabile, elementodinamico e dunque continuo. A livello psicologi-co il gesto musicale è prima un appoggio, peresempio vocale, che avvia una tensione neuro-muscolare dell’apparato fonatorio, produce una'sequenza' indeterminata di suoni di altezze e didurate variabili, seguita da una distensione, da unriposo su un finale stabilizzato.Fra l’appoggio iniziale e l’appoggio finale, c’è solouna tensione, una energia che deve risolversi.Tra 3 e 6 anni, attorno a un intervallo dai limitifissi, muovono la voce ad altezze indeterminate etalora sul pivot creano delle 'broderies' (ornamen-ti). Tra 7 e 8 anni i pivot non sono sempre melo-dici, nel qual caso sono per lo più costituiti dasalti di quarta o di quinta, ma piuttosto ritmici eaccentuativi e acquisiscono il senso di orienta-mento a destra, come a marcare fondamental-mente l’irreversibilità del tempo musicale. Versogli otto anni il bimbo può pensare la durata indi-pendentemente dal suo contenuto concreto.Il pivot ritmico può implicare anche un’accentua-zione facoltativa d’esordio a sinistra, creando unasimmetria di forma e quindi determinando unasequenza di tempo a x a dove x è un colmatage(riempimento) a valenza dinamica e a sua volta, apartire dal 7° anno di età, prevedere un’accentua-zione centrale. Il riempimento prima indetermi-nato, tra gli otto e i dieci anni è costituito daintervalli ad altezza distinte e nasce la coscienzadelle dinamiche tensivo-distensive definite dallarelazione dominante-tonica.Riferendosi a questo modello, J.P. Mialaret (1997)analizza le produzioni strumentali dei bambini, inparticolare i gesti sonori, e lo fa ideando un inge-gnoso sistema di trascrizione delle musiche regi-strate che interessa, oltre ai parametri ritmico-melodici, quelli dell’intensità e dell’agogica. Latassonomia gestuale è ripartita in tre forme prin-

- sono valorizzati i modi originali di articolazio-ne entro condotte di assimilazione e accomo-damento in senso piagetiano nell’elaborare unpercorso improvvisativo.

Sarebbe interessante testare la dimensione crea-tiva delle produzioni musicali nelle relazioni tracoetanei durante l’età dello sviluppo e valutare leinfluenze delle dinamiche sociali nella definizionedi uno stile personale.I processi cognitivi implicati nell’improvvisazionesono analizzati con puntualità da Pressing(1984,1988) e comportano tre momenti:- codifica percettiva dei dati sensoriali;- valutazione delle potenzialità e scelta delle

risposte;- esecuzione e regolazione delle azioni scelte.Questi sono embricati gli uni agli altri per la na-tura stessa della pratica estemporanea, per cui ilterzo movimento sarà coincidente con la codificapercettiva di ulteriori dati utili alla prosecuzionedell’attività. Se per l’improvvisazione di soggettiadulti e alfabetizzati saranno due le direzioni disviluppo (l’una atta a realizzare delle configura-zioni musicali stabili per costruire una memoria alungo termine di oggetti, l’altra a intraprenderetecniche di variazione, combinazione, manipola-zione del materiale per immagazzinare processi)nelle produzioni infantili sono presenti gli em-brioni di questa bipolarità.Imberty (1983) ha svolto una ricerca sulle im-provvisazioni dei bambini che ha individuato co-me i processi da loro utilizzati per costruire le se-quenze musicali conducano a strutture dinami-che, globali, orientate nel tempo e anteriori allenozioni d’intervalli di altezza e di durata. L’attivi-tà prevede operazioni mentali fisse, derivate daprocessi stabili e altre variabili rispetto all’evolu-zione strutturale del bimbo.Tutte le produzioni spontanee o di imitazione diun modello presentano questo schema:Sm = P+CSequenza musicale uguale a un pivot, un elemen-

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delle intelligenze, che Howard Gardner (1997)esprime nel suo saggio ormai divenuto un classico,è suffragata dai recenti studi neuroscientifici: lamente musicale è oggetto di particolare attenzio-ne per la sua natura esclusiva e insieme olistica.Già lo studioso di Harvard riconosce che l’areamusicale, sebbene non assimilabile del tuttoentro un sistema costruttore di abilità altre, sem-bra dilatarsi oltre i suoi confini modulari e nelcontempo funge da tessitrice di intelligenze dif-ferenti. Tra la sintassi verbale e la segmentazioneprosodica delle melodie corrono analogie eviden-ti, la costruzione della forma legata a regolematematico-proporzionali costituisce oggetto distudi millenari, un interprete non può tradurre ilpensiero in linguaggio musicale senza elaborarepuntuali schemi corporei che creano un valoreespressivo in sé rispetto alla capacità di orientar-si e manifestarsi nello spazio; sia l’ascolto consa-pevole che la composizione includono processimentali di riflessione sulle proprie modalità diconoscenza del mondo, al punto da distillarle inimmagini simboliche compiute; nel contempo lamusica permette di attivare l’intelligenza inter-personale allorquando è offerta come occasionedi condivisione empatica tra persone che suona-no insieme (anche come modelli di drammatizza-zione), tra interpreti e pubblico, tra compositore einterprete scambiando, in forme simboliche, partidi memoria autobiografica. Il musicista coltod’Occidente che decodifica una partitura saorientarsi in uno spazio visuale, seguendo un per-corso di lettura e di interpretazione di una mappagrafico-rappresentativa; i bambini, col seguirelezioni di avvicinamento alla musica e al suono,sensibilizzano la loro intelligenza naturalista,imparando a riconoscere e collocare suoni del-l’ambiente prima, a riprodurli, anche con atten-zione alla composizione formale, poi.Gli studi di clinica neurologica sulle patologie delcervello - in particolare sui casi di amusia e afa-sia – così come i rilevamenti per mezzo di PET (la

cipali: gli strofinamenti, le percussioni con strofi-namento e glissati, le percussioni semplici.L’analisi dei contorni melodici mostra il legamestretto tra gesto e forma, ma anche come, pro-gressivamente, il bimbo controlla il gesto permetterlo a servizio di un’intenzione produttiva, alfine di realizzare una forma esclusiva: da formerettilinee si orienta verso modelli melismaticibasati sullo schema ripetizione-variazione. Lamusica risultante è specificata dalla padronanza,o dalla coscienza di una possibile padronanza, delsuono prodotto dal gesto compiuto. La condottaavviene prima come atto senso-motorio e poicostituisce il nucleo attorno al quale si sviluppa ilmanufatto sonoro e il tipo di dinamismo cheoccorre in termini di orientamento, volumetria,durata nonché, a poco a poco, acquisizione disenso espressivo. Ma l’autore nota che la dinami-ca tensiva attivata dall’alternanza tra elementistabili e instabili e dagli scarti incontrati nell’e-volversi di specifiche situazioni non si prolungasempre verso stati distensivi, ma può sboccareverso una condizione di instabilità ulteriore primadi terminare in pausa, ovvero con la sanzione diuna rottura e l’arresto del processo. Anche in que-sto caso è certificato il legame tra dinamichesenso motorie e di produzione: il bambino rompel’equilibrio tra ripetizione e variazione a vantag-gio di quest’ultima, sinonimo di precarietà e, senon compensata dalla saldezza di condotte reite-rate, genera un senso di perdita e di entropia; nonpadroneggia più le variabili di movimento che ilsuo corpo gli impone.Il gesto è dunque in senso psicologico elementogeneratore e strutturante della forma musicale:una gittata di energia orientata verso una traiet-toria temporale fatta della stessa sostanza dell’e-sperienza interiore vissuta ed è il fondamento delpensiero musicale.

Il contributo delle neuroscienzeLe convinzioni sull’esistenza di una modularità

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vocate da droga, cibo o dall’attività sessuale.Questo è stato scoperto da Anne Blood eRobert J. Zatorre (2001), che, oltre a utilizzarela PET, hanno analizzato i chill, ossia i brividiprovocati dall’ascolto di un brano musicale,misurato la frequenza cardiaca, la respirazionee l’attività muscolare;

- il sistema di controllo motorio e dell’immagi-nazione motoria, aree premotorie frontali dx edell’emisfero del cervelletto sx vs maggioreattivazione della corteccia frontale mediale,che si attivano non solo eseguendo una per-formance musicale, ma anche ascoltandola,rievocandola senza strumento con un’attivitàdi mental training;

- l’area parietale posteriore, motore dell’inten-zione e della motivazione del soggetto.

Dunque la musica è un’intelligenza distinta dallealtre ed insieme un insostituibile dinamizzantementale, un 'auditory cheesecake', piacevole, stuz-zicante come afferma Steven Pinker della HarvardUniversity (1997). Quindi il fatto che l’esercizio musicale sia utiliz-zato per migliorare anche le capacità cognitivegenerali è suffragato dalle nuove ricerche.Secondo uno studio dell'Università Cinese diHong Kong guidato da Agnes S. Chan (2003), ibambini che hanno ricevuto un'istruzione musi-cale presentano una memoria verbale significati-vamente migliore di quelli che non l'hanno rice-vuta. Inoltre, più a lungo hanno studiato musica,meglio funziona la loro memoria. Queste scoper-te sottolineano un fatto già noto: quando un'e-sperienza modifica una particolare regione cere-brale, in questo caso nella corteccia temporalesinistra, anche le altre funzioni di quella regionene possono ricevere un beneficio.Nel corso della recente conferenza del maggio2005 The Neuroscience and Music II, Lipsia, lopsicologo Glenn Schellenberg ha presentato i ri-sultati di una ricerca che ha previsto la sommini-

tomografia ad emissione di positroni, che grazie aun liquido di contrasto radioattivo permette dimisurare un incremento dell’afflusso sanguignoal cervello in risposta a un maggiore fabbisognodi ossigeno in quell’area), risonanza magnetica emagnetoencefalografia più recentemente, con-fermano l’esistenza di circuiti neuronali riservatialla musica e collocati nella parte superiore deilobi temporali. Nello stesso tempo è accertato chelo stimolo sonoro musicale è capace di attivarepiù aree cerebrali distanti tra di loro. Segnatamente: - la corteccia uditiva primaria (prima circonvo-

luzione del lobo temporale) e secondaria (areecircostanti responsabili dei processi più artico-lati e dell’associazione uditiva),

- quella deputata alle abilità linguistiche (inparticolare l’Area di Broca per la sintassi musi-cale, quella di Wernicke per la comprensione)che estende i suoi compiti anche all’interpre-tazione cognitiva dei suoni;

- l’emisfero destro per il riconoscimento dellecaratteristiche più complessive della percezio-ne (tempo, profilo melodico), quello sinistroper una lettura analitica relativa a intervalli,ritmo, costruzione armonica;

- i quattro modelli linguistici (armonia, melodia,ritmo e metro) attivano poi il giro fusiforme didestra, dove alberga l’area della ricognizionevisiva;

- trattandosi di un fenomeno in evoluzione neltempo, saranno implicate la corteccia parieta-le destra e i gangli basali responsabili dellapercezione dello scorrimento del tempo secon-do un gruppo congiunto di ricercatori delWisconsin Medical College e del VeteransAffairs Medical Center del New Mexico (2000);

- il talamo, la corteccia frontale (acumen) e l’a-migdala che rispondono alle sollecitazioniemotive nella voce umana piangente o quan-do parla in tono amorevole, ma con reazionigratificanti ed emozionate simili a quelle pro-

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strazioine di identici test di intelligenza a tregruppi (per un totale di 144 campioni di 6 anni):il primo composto da bambini che hanno fre-quentato corsi di strumento, un altro compostoda alunni che hanno frequentato un corso didrammaturgia, mentre l’ultimo gruppo non hafrequentato nessuna attività extrascolastica nel-l’ultimo anno. La crescita del QI tra i bambini'musicisti' è parsa significativamente maggiore.Anche gli studi sugli apprendimenti complessi daparte di musicisti esperti lasciano evincere comelo studio di uno strumento porti a un riarrangia-mento delle mappe di rappresentazione motoria esensitiva e delle loro connessioni, così come, pro-babilmente, a molti cambiamenti microstruttura-li e ottimizzino le funzionalità cerebrali (Pascual,Leone 2001).

Nelle prospettive future degli studi tra neuro-scienze e musica potrà suscitare spiccato interes-se la scoperta dei neuroni mirror da parte dell’é-quipe di Giacomo Rizzolati (2002) dell’Universitàdi Parma. Si tratta di neuroni siti nell’area F5 deiprimati (corrispondente nell’uomo all'area 44 diBroodman, la cosiddetta area di Broca) che presie-de alle funzioni del linguaggio, operosi sia quandoil soggetto compie una certa azione (comporta-mento caratteristico in generale dei normali neu-roni motori), sia quando il soggetto vede qualcu-n'altro fare la stessa azione, sia nel caso in cui ilsoggetto percepisca un rumore associabile diret-tamente all'azione stessa. Due le ragioni dell’inte-resse: l’importanza nella relazione dei rispecchia-menti e la constatazione di come il linguaggio (ela musica è una forma di comunicazione) abbia lesue radici nel fare, nel manipolare, nel possedereattraverso la prensilità manuale.

DomaniLe prospettive della ricerca futura dovrebbero basar-si su quella che Jean Molino (1998) definirebbe unaontologia degli eventi, che non marca le distanze tra

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oggetti o le loro differenze, non li fissa assegnandoloro un nome rendendoli immutabili, ma che analiz-za i processi generatori degli accadimenti e delleloro evoluzioni, sottolinea le durate e le continuitàche li legano. Già Leibniz (1997) parlava dell’esserecome un coagulo tra combinazioni possibili; l’esseresi ghermisce solo per metaforiche istantanee chealludono al processo senza impossessarsene, è ribel-le a ogni tentativo di analisi oggettuale.La realtà temporale della musica è quindi unasuccessione di fatti dinamizzati da un flusso checonferisce significato anche affettivo-emoziona-le ai mutamenti (Imberty, Capogreco, 2004) edinsieme rappresentazione dell’essere vivente il cuiunico scopo è quello di cambiare nel tempo.La mappa di sensazioni raccolte nell’esistenzacostituisce nell’uomo una rappresentazione inter-na del proprio corpo e della sua collocazione nellecoordinate spazio-temporali, ma soprattutto deisuoi movimenti entro l’ascissa e l’ordinata, dell’e-nergie accumulate e fatte defluire. Per questonon solo chi esegue, ma anche chi ascolta si sin-tonizza su cause corporee messe in scena per sim-boli e non necessariamente legate a filo strettocon le formule compositive impiegate. Il ruolo deineuroni mirror sembra rinforzare sotto il profiloneurologico questa tesi.Un codice di gestualità affettivamente pregno eordinato per schemi riconoscibili che la cultura, ilconsesso sociale, la civiltà metabolizza e offresotto infinite sembianze.Lo psicologo francese Henry Wallon (1959), giàmezzo secolo fa poneva l’accento sulla presenzanel bambino tra i dodici e i trentasei mesi di unaevoluta competenza nell’esprimersi per gesti eatti motori ben antecedente rispetto alle compe-tenze linguistiche e simboliche: una sorta dimimica del pensiero e degli affetti. La musica saevocare questo nelle sue forme in trasformazione,e in quelle imitative, improvvisative e di compo-sizione estemporanea, prive di apparente finitez-za e cifra stilistica perché più debole è la media-

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zione culturale dell’espressione; in tali casi l’affla-to comunicativo è captato per intuito e permetteun riconoscimento empatico delle concomitanzetra strutture motorie e strutture musicali.Il futuro della ricerca nella psicologia della musi-ca e dello sviluppo dovrà necessariamente inte-ressare quella che Colwyn Trevarthen (1999) defi-nisce 'la musicalità dei comportamenti', quell’im-pronta psicobiologica che descrive gli uominimuoversi, e dunque impossessarsi del loro mondo.Questa ha origine nell’immagine cerebrale delcomportamento motorio puntualizzata dall’uomolungo la sua evoluzione attraverso i dati sensoria-li che genera e nelle ulteriori funzioni che pro-muove creativamente per 'comportarsi nel tempo'.Anche le forme narrative come le composizionimusicali hanno origine da questa facoltà e, nelloro graduale cristallizzarsi, si imbevono di signi-ficati simbolici, sociali e storici, rispecchiano imutamenti nelle relazioni intersoggettive, e neglieffluvi immaginali della coscienza, come nellepoliritimie dei processi vitali di un’epoca, di unpopolo di un contesto geografico. Le due strade, quella della produzione spontaneadi condotte musicali tese a esplorare lo spazio edominare il tempo e quella che indaga sulleragioni psicologiche del fare e ascoltare musicacodificata, dovranno inanellarsi attorno a ununico tema: il pensiero del corpo.

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Continua a pag. 62

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An improvising collective experience from Cage’s/Concert for piano and orchestra.Using an essential score reduction - useful alsofor non-musicians – the workshop purpose tobuild-up proper musical part using simplesobject/voice sounds. Starting from conduction-coordinated performance the students try toexperiment the piano-solo part, the only onethat had freedom to improvising some musicalparameters. Any steps are collective discussed inthe way to comparate structures generated bychance, and others moved by human willing.

Un’esperienza di laboratorio d’improvvisazionemusicale per ‘non-musicisti’. (1)

« Se tu vuoi un amico addomesticami! »« Che bisogna fare? » domandò il piccolo principe.« Bisogna essere molto pazienti », rispose la volpe.« In principio tu ti siederai un po' lontano da me,così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'oc-chio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fontedi malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti unpo' più vicino... » (2)

John Cage è stato un grande musicoterapeuta.Tutte le espressioni del suo pensiero musicale -siano esse strutture di suoni, progetti metateatra-li, scritti metapoetici, dialoghi o interviste – testi-moniano, con paziente fedeltà e rigore, unavolontà consapevole del ruolo insostituibile chela musica ricoprirebbe nelle società contempora-nee se non fossero programmaticamente eluse lesue potenziali doti maieutiche.Pochi prodotti della creatività umana hanno,incontrando le rivoluzioni epocali del secolo pas-sato, manifestato mutazioni così sconvolgentiquanto poco percepite dalla collettività.“Una signora mi disse: vivo nel Texas. Non abbiamo musica nel Texas. La ragione per cui non hanno musica nel Texas è

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John Cage è stato

un grande

musicoterapeuta.

Tutte le

espressioni

del suo pensiero

musicale

testimoniano

il ruolo

insostituibile

che la musica

ricoprirebbe

nelle società

contemporanee

se non fossero

programmatica-

mente eluse

le sue potenziali

doti maieutiche.

John Cage: caso vs. improvvisazione

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– e spesso soprattutto –esprimere proprio quelleforme sonore situazio-nisticamente atte a co-stringere l’uditorio a ri-flettere proprio sul dive-nire patologico dell’e-

sperienza dell’ascolto: Il Re è nudo.Ma Cage resta unico nel rigore ‘ecologico’ concui, da anarco-umanista seguace delle dottrine diThoreau (3), ha interpretato il suo ruolo di musi-cista come taumaturgo dei suoni, sino alla fineperseguendo l’utopia che il curare l’ascolto fossesinonimo, per via ultra-politica, del curare la socie-tà. È leggendo tutta l’opera di Cage in questa acce-zione che ne viene evidenziata e chiarita la suaunicità.4’33” (4) di silenzio per pianoforte, probabilmentela sua opera più celebre, fu a lungo letto come attoiper-provocatorio, qualcosa che declinava congesto metateatrale e quasi-clownesco, il detto tut-tosommato ancora diffuso: “la musica è morta”.4’33” è senz’altro un gesto ‘provocante’, ma la suavera funzione è sì di attivare nel pubblico degliastanti, attraverso la tensione dell’aspettativa – dis-attesa – di un suono da udire, l’ascolto attivo, masoprattutto di rivolgere questo stato dell’esperienza- sempre più raro – eccentricamente rispetto all’at-trazione del palcoscenico, (ri)portarlo quindi all’abi-tat, all’essere sé-presenti nel rito collettivo attraver-so una nuova profondità di campo nel percepireinconsuetamente i suoni a noi consueti di un pub-blico che si muove, bisbiglia, tossisce, mugugna,protesta immerso nell’habitat sonoro della sala daconcerto, l’impianto di condizionamento, il traffi-co della città attutita, la pioggia forse…E questo solo il silenzio lo consente. Ma non unsilenzio nichilista, decadente, dettato da un’estre-ma e sottile forma di narcisismo d’artista – comespesso è stato considerato - ma al contrarioun’assenza di atti sonori da parte del pianista diservizio al vero progetto performatico, che ribal-

perché hanno registra-zioni nel Texas. Eliminate le registrazio-ni dal Texas e qualcunoimparerà a cantare. Chiunque ha una can-zone che non è perniente una canzone: è un processo per cantare”(Cage, 1980)L’avvento dei mezzi di riproduzione fonica - el’applicazione di questi ai prodotti dedicati allavisione: cinema, televisione e derivati - ha segna-to ineludibilmente il destino dei linguaggi musi-cali, consegnandoli coattivamente, e totalizzan-done il ruolo di ostaggio, all’universo degli“oggetti-merce”.Il cosmo-mercato ne ha colto i poteri endemici –seduzione, persistenza nella memoria di oggetti esituazioni correlate, orientamento psico-emotivo,amplificazione del messaggio promozionale – e li hasfruttati sia nell’uso della musica applicata ad ognitipo di oggetto-merce, sia proiettando essa stessanella dimensione esclusiva dell’oggetto di consumo.La difficoltà, da parte di un’utenza sempre piùmassificata, nel seguire gli sviluppi rivoluzionaridelle avanguardie musicali del ‘900, spesso asso-ciata ad un loro artificioso allontanarsi da aspet-ti considerati ‘naturali’ – l’armonia tonale, la re-golarità ritmica, la cantabilità melodica ecc. – èaltresì in gran parte da addebitarsi al processo diomologazione globale che - forzosamente - hasubito il senso dell’ascolto musicale.Se John Cage ha posto, al centro delle sue ricerche,l’ascolto, lo ha fatto considerando lo stato patolo-gico verso cui questa essenziale funzione umana èstata tradotta in seno alle civiltà di mercato. Occu-parsi dello stato di salute dell’ascolto, del suo an-nichilirsi nello stereotipo dell’udire inconsapevol-mente passivo ha significato per Cage, e per moltialtri musicisti dei movimenti che si sono posti indialettica col sistema, contrapporre non solo un al-tro, nuovo modo d’intendere la musica, ma anche

John Cage ha posto, al centro delle sue ricerche, l’ascolto.

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tuarsi di tale processo interpretativo, e il fil rougedel suo operare taumaturgico s’identifica con uncontinuo scoprire il nervo dei condizionamenti chetendenzialmente atrofizzano la curiosità verso ilnuovo, cristallizzando l’ascolto nella dimensioneninnolante della (auto)gratificazione narcisistica aperdersi nel già udito. Nell’alterno e dubbioso interesse di John Cagenei confronti dell’improvvisazione si esplicita conevidenza palese questa insofferenza a tali condi-zionamenti (Lugo, 2004) (6). Al centro di movi-menti artistici che molto avevano puntato suiprocessi creativi irriflessi nella credenza che ilsorgivo emergere dell’improvvisa-azione potesseemancipare – nell’utopia di un possibile ritornoalla prieva libertà – la ricerca del nuovo, egli haripetuto sino alla noia che improvvisare senza unprogetto, una linea direttiva, una struttura dicontenimento - meglio se configurata da leggicasualistiche - fatalmente espone al pericolodella pratica di strade abusate, alla reiterazione –peggio se inconsapevole – dei percorsi abitudi-nari.

È proprio a partire da questi assunti che sembrairrinunciabile un excursus all’interno del Cage-pensiero nel lavoro di formazione musicoterapeu-tica, ove l’approccio alle pratiche musicali legateall’improvvisazione va indirizzato nel senso dellosviluppo di un particolare strumento relazionale -ove il linguaggio verbale sia precluso o fortemen-te condizionato - e non già a sviluppare formemusicali tese a perseguire scopi estetico-virtuosi-stici, come avviene nelle musiche come il jazz e lemusiche di tradizione europea ed extraeuropeache fanno uso strutturale dell’improvvisazione.Chi si pone davanti ad un altro individuo – o a uncollettivo di individui – nel tentativo di accederead una via comunicativa fortemente compromes-sa, e lo fa usando come strumento l’articolazionedei suoni in strutture musicali (in senso lato),dovrebbe, in linea di principio deontologico, saper

tando con un gesto di semplice astensione i ruolidi attore-attivo e spettatore-passivo canonici allanostra cultura, consente un’esperienza estraneaai rituali delle società occidentali, più vicina - sesi vuole - al teatro rituale proprio ad altre cultu-re (in special modo quello legato ai riti animisticiafricani) (5), ove proprio il confondersi delle fun-zioni di attore e di spettatore veicola il potenzia-le catartico, quindi terapeutico, del rito conchiu-so nel cosmodromo del villaggio, della piazza, delluogo deputato all’azione collettiva.Se il silenzio consente la possibilità di (ri)appro-priazione della funzione dell’ascolto attivo, fun-zione perduta nel mare magnum delle fono-sti-molazioni ripetitive e alienanti generate dalcorollario di apparecchiature fono-riproducentiche riempiono sino alla saturazione la nostra vita,è vero che Cage non suggerì mai l’estraniazionedall’universo dei suoni mondani, anzi proposenumerosissime pratiche di osservazione critica delpaesaggio sonoro, sostenendo che nessun suono(ad eccezione di quelli associati agli strumenti diguerra e di morte) fosse da discriminare, ma,bensì, da contemplare nel suo porsi in contrap-punto dialettico con gli altri e, se mai, stimolò aprocedere – attraverso la presa d’atto di coscien-za – verso paesaggi sonori più congeniali, seletti-vi alle proprie esigenze psico-auditive.In questo senso si colloca il grande interesse cheCage rivolse ai procedimenti casuali utilizzabiliper produrre strutture sonore.Contrapponendo il caso alla volontà creativa Cageaccredita alla dimensione dell’ascolto il ruolo cen-trale nella produzione di senso che si sviluppa nel-l’esperienza della percezione dei suoni, e in talmodo garantisce, a tale esperienza, la purezza spe-rimentale di una fruizione strutturalmente lontanada pigrizie determinate dall’abitudine a porreattenzione ad un campo limitato di elementi alcospetto dei quali ci sentiamo di spendere la paro-la musica. In realtà Cage riflette assai sul ruolo cru-ciale che gli ascendenti culturali giocano nell’at-

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Le note scritte fanno riferimento alla chiave tra-dizionalmente usata dallo strumento in questionee il ‘pallino’ che indica la nota si articola in tre‘taglie’: piccola, media e grande.Le taglie possono indicare sia valori di durata chevalori di intensità, a piacere dell’esecutore, e nellalegenda che correda ogni parte è specificatamen-te chiarito che l’esecutore può scegliere di ese-guire i suoni che vuole all’interno di ogni pagina,sottintendendo gli altri; può scegliere le pagineche vuole, nel numero e nell’ordine che vuole,anche (clamorosamente!) nessuna.Prima di comprendere come questo impiantovenga poi messo in moto dall’esecuzione colletti-va dell’opera, può essere utile soffermarsi unmomento su questi primi aspetti. Se facciamomente locale alla modalità di produzione musica-le propria alle compagini orchestrali della musicacolta occidentale, balza subito agli occhi quantoquesto approccio sia sottilmente provocante.Lo strumentista d’orchestra è abituato all’irregi-mentazione dell’azione musicale imposta dallecaratteristiche proprie alla nostra notazionemusicale: unità di tempo e di battuta, fedeltà allaparte scritta, poche o nulle agibilità alla sceltainterpretativa personale, se non, raramente, inqualche “a solo” per il quale il compositore abbiapresupposto un fraseggio liberamente solistico.Il Concert everte tutto ciò chiamando il singoloorchestrale, invece, ad uno smembramento ericomponimento della parte a proprio piacimento,sin all’estrema conseguenza dell’astensione totale;anche l’effettiva esecuzione dei suoni notati puòsubire clamorose mutazioni determinate da diffe-renti interpretazioni delle dimensioni delle notescritte e, al limite, prevedere per ogni esecuzione,data dallo stesso organico, possibilità di sceltemolteplici con di fatto molteplici esiti possibili.Ancora, come si vede, l’improvvisazione non entrain campo: lo strumentista pre-dispone le sue scel-te e, all’atto esecutivo, non dovrebbe venir menoalla fedeltà al testo da lui ricomposto.

partire da una sorta di grado zero del linguaggiomusicale, deprivandosi delle proprie predilezioni ecompetenze musicali per disporsi all’ascolto silen-zioso e attivo, e, d’altra parte, approntarsi allaimprovvisa (re)azione al minimo segno di artico-lazione sonora proposta; sapersi, quindi, aprireall’altro da sé, alle forme comunicative che glisono più congeniali, e soprattutto al nuovo chesorge dall’incontro di differenti sensibilità, senzapregiudiziali estetiche.Ecco un campo in cui l’improvvisazione si attuacome atto esclusivamente sperimentale, al qualeè quindi richiesto un procedere programmatica-mente esplorativo, anche se criticamente attentoad incoraggiare gli aspetti realmente progressivinello sviluppo della relazione sonora: una speri-mentazione libera, da un lato, quanto, d’altraparte, eticamente super-controllata. Sembra importante, quindi, attivare durante la for-mazione musicoterapeutica un processo di criticaall’improvvisazione come strumento di lavoro checonsenta via via di affrancarla quanto possibile dagliabiti mentali che fisiologicamente la condizionano, ein questo senso l’opera di Cage ci fornisce davvero unvasto territorio di riflessione e di pratica.

Un’opera in particolare, il “Concert for Piano andOrchestra”(7), può essere utile strumento di labo-ratorio per esemplificare, e concentrare in sé,tutti i punti sin qui argomentati. Vale la pena didescriverne i tratti salienti.Una vera e propria partitura orchestrale non esiste.Cage ha predisposto una collezione di spartiti cheha intitolato “Solo for…” seguito dal nome dellostrumento a cui è dedicata la parte individuale.Le pagine degli spartiti contengono tutte unsistema di cinque pentagrammi e, senza indica-zioni di tempo o segni di battuta, si risolvono inuna sequenza di suoni – nella rappresentazionegrafica di semplici ‘pallini’– disposti in modo taleda lasciare tra loro spazi bianchi – s’intuisce silen-ziosi – di varia misura.

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può scegliere quali pagine o porzioni di esse -anche nessuna – utilizzare; solo che la sua azionetemporale, e la libertà concessagli nell’uso deisuoni all’interno delle pagine stesse, differente-mente da tutti gli altri performer, è libera di reagi-re a ciò che ascolta, cercando, pur nel percorsoparzialmente preordinato, di intavolare un dialogosonoro con l’espressione delle molteplicità indivi-duali cristallizzate nell’ordinamento precostituito.Se ci pensiamo il pianista del “Concert” recupera,con un singolare salto mortale, il ruolo eroico chegli compete nella letteratura romantica dei con-certi per pianoforte e orchestra così interessati -e idonei - a rappresentare il mito dello scontroprometeico del solo (individuo) contro il tutti(massa-natura). Lo fa, nel nostro caso, nel mani-festarsi come incarnazione dell’ascolto attivoideale, esempio offerto a pubblico e performer dicome tale dimensione sia un attentissimo e con-tinuo interagire interiore con il percepito, ben aldi là di una didascalica manifestazione di parteci-pazione sonora, o fisica. Diremmo invece che èun’attitudine, un orientamento psicodinamicoche rappresenta la fatica – e la fragilità – dellarelazione colta nel suo atto di nascita, quindiintesa come atto puramente sperimentale.È, il “Concert for Piano and Orchestra”, un ordi-gno poliedrico che sembra progettato per mette-re in crisi, e quindi accendere in riflessione dialet-tica, numerose categorie della nostra tradizionemusicale colta; e lo fa, come si dice, dall’internodel sistema: l’orchestrale chiamato ad un lavororicompositivo ma squisitamente dedicato al suostrumento, il direttore chiamato ad un lavoro dipuro piacere del servizio ma che comunque siesprime in un rapporto gestuale – anche se percerti aspetti impotente - con la compagineorchestrale, il pianista solo in proscenio a tentareun dialogo con una struttura inamovibile quantosconosciuta, ma nondimeno in possesso di uncanovaccio dal quale attingere argomenti. Èmessa in discussione anche la categoria del

Il problema del coordinamento temporale di tuttele parti d’orchestra è risolto sì dalla presenza diun direttore, ma che invero non ha possibilità dicontrollo diretto sui singoli atti musicali, comedoverosamente avviene nello svolgersi di una ese-cuzione orchestrale tradizionalmente intesa.I singoli strumentisti sono chiamati, una voltascelti i suoni da agire, ad indicare sulla loro parteun tempo preciso di attacco di ogni singolo even-to sonoro basandosi sulle proporzioni degli spazitra i segni grafici, e inquadrando tale scelta all’in-terno di una durata totale dell’esecuzione dichia-rata in anticipo dal direttore (che Cage consigliaessere tra i 20 e i 30 minuti).A questo punto basterebbe usare un cronometrovisibile da tutti e, di fatto, il direttore mima ilmovimento di un contasecondi ruotando le brac-cia - uno alla volta – in senso orario (8).Ma il tempo di scorrimento del braccio-lancettadei secondi non segue regolarmente l’effettivotempo cronometrico. La ‘partitura’ del direttore è,in effetti, una tabella che a varie porzioni deltempo assoluto associa misure di tempo relativoassai cangianti: a volte più veloci, a volte piùlente, a volte corrispondenti. Il direttore stesso può scegliere preventivamenteun percorso ‘personalizzato’ all’interno dellatabella che, quindi, può effettivamente cambiaread ogni esecuzione all’insaputa degli strumentistimutando, a sua volta, le sorti del prodotto sonoro.Tutto l’insieme delle scelte prefissate da strumen-tisti e direttore concorrono a generare, quindi,una struttura di suoni che nel suo insieme resta,però, criptata a tutti sino al momento dell’esecu-zione; essa quindi ha valore di unicum, e per ciòdi primo ascolto anche per gli stessi interpreti,oltre che ovviamente per il pubblico.L’unico personaggio che possiede l’abilitazione allibero arbitrio estemporaneo – quindi ad un’azio-ne per certi aspetti improvvisata – è il pianista. Anch’egli attinge da una collezione di pagine a luidedicate intitolate “Solo for Piano”, e anche lui

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sante in campo musicoterapico essendo propriol’efficacia nell’articolazione degli elementi sonoriad accendere un circuito relazionale e quindi a farnascere, e a tenere vivo, il dialogo. [Vedi Cage e lasedia nel video scuole di Torino]) (10).Una volta organizzata la stesura orchestrale dellavoro è interessante far ricoprire a turno il ruolodel solista a tutti i partecipanti all’esperienza, conla consegna di ‘dimenticare’ la parte, e l’abilita-zione a utilizzare in campo liberamente improvvi-sativo lo ‘strumento’ del quale ci si è minima-mente impratichiti nella fase precedente. I parte-cipanti all’esperienza hanno così l’opportunità,uno dopo l’altro, di sperimentare la transizionetra modalità esecutiva di un progetto preordina-to, modalità propria della musica che utilizza lanotazione come medium per la sua memorizza-zione e realizzazione, e ciò che chiameremmo, piùopportunamente, composizione estemporanea.La ‘conquista’ del libero arbitrio, collocata nelquadro di un progetto collettivo che per altrofissa incorruttibilmente le regole di salvaguardiadell’individualità in seno alla collettività - vale adire approdare all’improvvisazione dopo un per-corso iniziatico, se pur limitato nel tempo, chechiede cura del dettaglio, attenzione esecutiva e,soprattutto, rispetto del gioco collettivo - produ-ce nel solista una sorta di crisi della libertà che dinorma si manifesta con una forte attivazionedelle facoltà d’ascolto e, d’altra parte, con unmettere in fase d’attesa il dinamismo produttivodi suono generalmente sovradimensionato nelleprime esperienze di pratica dell’improvvisazione.È poi assai singolare, in questo specifico caso, l’e-sercizio a cui è chiamato il solista-improvvisatorein relazione con il prodotto sonoro del collettivo-orchestra. D’abitudine chi improvvisa, sia suforme libere che su strutture preordinate, è istin-tivamente portato ad aspettarsi dagli altri parte-cipanti al set reazioni più o meno accentuateconseguenti alle proprie azioni sonore (soprattut-to se egli ricopre visibilmente un ruolo di prima-

tempo come inteso nella musica occidentale; lamisura ritmica regolare disattesa, sia dalla stesu-ra delle parti musicali, sia dal gesto teatrale deldirettore, che contrae e dilata relativisticamenteil tessuto temporale. Così come il senso collettivodell’orchestra, scompaginato nella frammentazio-ne in individualità solistiche. Tutto sembra simbolicamente mettere in scena uncopione iper-beckettiano, dove solo la totale dis-soluzione del linguaggio celata dal silenzio dellepause anche sterminate, quando il tempo del cro-nometro umano rallenta a dismisura, può sugge-rire, ma non pronunziare, una nuova parola.

Ma al di là dell’indubbio interesse artistico eintellettuale dell’operazione cageana, una formasemplificata di tale progetto performativo puòessere utile esperienza di lavoro per avviare unaseria critica alle forme improvvisate anche daparte di ‘non-musicisti’.In luogo degli strumenti musicali si possono usareoggetti sonori comuni che si hanno appresso, o lavoce e i suoni del corpo, si può lavorare su pagi-ne con sequenze di segni-suono di varie dimen-sioni collocate in campo libero (9), assente il pen-tagramma, un po’ come in molti progetti di nota-zione per l’infanzia, nei quali spesso una rappre-sentazione grafica dei suoni più intuitiva, analo-gica, serve propedeuticamente al futuro approc-cio alla notazione tradizionale.Tutta la struttura operativa della partitura cageanapuò essere mantenuta fedelmente passando, quin-di, attraverso la fase ricompositiva e personalizzatadella parte di ciascun partecipante all’’orchestra’,con successiva sperimentazione sonora della stessa.(Questo, tra l’altro, rende possibile un breve mainteressante percorso di apprendimento della pras-si su uno strumento atipico - fogli di carta, chiavi,cerniere, penne ecc., oltre a un utilizzo non verbaledella voce - e suggerisce l’importanza di possedereuna buona manualità articolativa nel far scaturiresuono dagli oggetti; cosa particolarmente interes-

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struttura di contenimento e di protezione che negarantisce la sopravvivenza e la fioritura al riparosia dalle tentazioni di eccessi egoici (tipici dell’etàevolutiva), sia dalla pratica di protocolli appresi percondizionamento, e più o meno consapevolmenteapplicati (caratteristica saliente delle età mature).Questo ci pare lo spirito ideale – se vogliamo uto-pico – nell’affrontare la pratica del dialogo sono-ro improvvisato; un esercizio di tenuta su duelivelli: quello in virtù del quale si deve poter agireliberi da strutture pregiudiziali per disporsi allatotale apertura nell’accogliere le istanze dell’altroe ad esse reagire, e l’altro, co-esistente e interat-tivo, in grado di osservare e osservarsi nel proces-so comunicativo, sviluppare progettualità e pro-porre sperimentalmente strutture da praticare. Se poi tali sperimentazioni diano esiti progressivio meno, è interrogativo che va sottoposto conpaziente costanza al vaglio di un giudizio criticoche nessuna scuola, se non l’esperienza pratica,potrà mai orientare.John Cage era solito ripetere con curioso ma effi-cace ossimoro: “Mi considero un esperto di ciòche non si conosce”.

NOTE(1) Ove il 'non' designa una opportunità di partecipa-zione all'esperienza anche da parte di chi non possiedeuna formazione musicale specifica, ma anche un sugge-rimento ad accantonarla - per quanto possibile - rivol-to a chi eventualmente l'avesse (al musicista viene infat-ti suggerito di lasciare 'a casa' il proprio strumento).(2) Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, (cap.XXI).(3) Henry David Thoreau nacque a Concord, nel Massa-chusetts, nel 1817. Laureatosi ad Harvard, seguace di R.W. Emerson, fu una delle figure di spicco del movimen-to trascendentalista. Nel 1845, determinato a metterein pratica i propri ideali, andò a vivere in una capannasul lago Walden e vi soggiornò per ben due anni deci-so a dimostrare come l'uomo moderno potesse viverecon i propri mezzi a contatto con la natura. Una simileesperienza gli ispirò la scrittura del “Walden”, ovvero“La vita nei boschi” (1854), un'opera a metà strada trail saggio filosofico e il diario che oggi viene unanime-

to solistico), cosa che ovviamente parte dal pre-supposto che si stia agendo all’interno di schemiconvenzionali condivisi dai componenti del grup-po, come avviene in una conversazione estempo-ranea tra persone che si suppongono appartenen-ti allo stesso ceppo linguistico. Nel caso del“Concert”, sia nella sua forma originaria che nellanostra versione per ‘non-musicisti’, il solista sitrova invece ad operare, e lo sa, al cospetto di unastruttura sonora che procede seguendo le proprieregole autonome, assolutamente non reagente aisuoi impulsi (un po’ come ‘improvvisare’ suonireali o immaginari ‘dialogando’ con i fenomeninaturali: rumore di onde, vento tra le fronde,pioggia ecc.; esercizio per altro suggerito dallostesso Cage); quindi è, per certi aspetti, costrettoa imparare durante la performance mentre essa siattua; ed essendo chiamato ad un processo diadeguamento e di adattamento a norme conti-nuamente variabili, nessun evento è in sostanzaper lui prevedibile, né estrapolando per deduzio-ne dal precedentemente accaduto, né tanto menoprocedendo induttivamente alla ricerca di strut-ture regolari, o ricorrenti.Questo forzare il musicista in progetti che, nel men-tre lo abilitano alla pratica dell’improvvisazione, difatto lo costringono al totale abbandono delle pro-prie abitudini e predilezioni, rendendo inutili – piùche iconoclasticamente distruggendo - gli abiti pre-cedentemente contratti, significa, per Cage, ricon-durlo per mano alla forma infantile; non certo nelsenso regressivo del termine, ma come condizioneassolutamente da trattenere in vita nelle forme adul-te proprio per il suo connaturato impulso verso lasperimentazione del nuovo, e per la sua inesauribilee vorace curiosità verso il dissimile.Per certi aspetti il percorso dell’esercitazione sul“Concert” cageano si configura, infatti, come unprogressivo tracciare una strada che consentaall’ascolto – e quindi all’improvvisazione – di ritro-vare la condizione virginale, sorgivamente fanciul-la, ma, nondimeno, offre a tale condizione una

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mente considerata tra i classici della letteratura ameri-cana. Malgrado una vita trascorsa per larga parte insolitudine, Thoreau fu un attento osservatore e criticoacuto della società americana a lui contemporanea,dedicando scritti e perorazioni soprattutto al problemadella schiavitù. Insieme al “Walden”, il suo scritto piùfamoso e influente è sicuramente “Disobbedienza civi-le”, un opuscolo pubblicato nel 1849 nel quale Thoreauteorizzava l'idea dell'opposizione non violenta chetanto seguito avrebbe avuto nel secolo successivo.(4) 4’33” tacet (1952), in realtà dedicato a qualsiasi stru-mento o combinazione di strumenti, è famoso nella ver-sione pianistica di David Tudor.(5) Una straordinaria trattazione delle fondamentalidifferenze tra il cosiddetto teatro rituale africano e ilteatro come lo intendiamo noi ‘occidentali’ si trova inWole Soynka, “Mito e Letteratura nell’orizzonte cultu-rale africano”, Jaca Book, 1995.(6) Cfr. Claudio Lugo, Le spine del cactus, in Musica eTerapia, Cosmopolis, 2004.(7) “Concert for Piano and Orchestra” (1957-58) per 1-15 esecutori in qualsiasi combinazione; il pianistasuona il “Solo for Piano” (stessi anni) costituito da 63fogli mobili eseguibili, tutti o in parte, in qualsiasisequenza.(8) In virtù del carattere puramente gestuale dell’azio-ne del direttore del “Concert”, per la prima assolutadell’opera quel ruolo fu assegnato a MerceCunningaham, il coreografo con il quale Cage realizzònumerosi progetti. (9) Si potrebbe sostituire il pentagramma con un mono-gramma normalmente in uso per strumenti a percussio-ne, che rappresenta l’altezza dei suoni in tre unici campi;acuto (nota appoggiata sopra la linea), medio (nota cen-trata sulla linea), grave (nota posta sotto la linea):

(10) In un video che testimonia la realizzazione di unprogetto di John Cage con le scuole elementari diTorino nel 1984 lo si vede mentre in una palestra, difronte a bambini e insegnanti incantati, fa scaturiresequenze di suoni davvero inaspettati e interessantissi-mi dal semplice gesto di trascinare – ad arte - una sediaappoggiata su di una gamba sola sul linoleum del pavi-mento.

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Cage J.

Conferenza su niente,

in Silenzio, Feltrinelli,

Milano, 1980.

Soynka W.

Mito e Letteratura

nell'orizzonte culturale

africano, Jaca Book, 1995.

De Saint-Exupéry A.

Le petit prince, Gallimard,

Paris, 1943.

Lugo C.

Le spine del cactus,

in Musica&Terapia,

Cosmopolis, Torino, 2004.

bibliografia

The composition, even of a simple melody, allowsthe expression of the musical within all of us andpromotes the awareness of ones ability toelaborate a musical discussion. All of this, givesthe musictherapist an ulterior tool of ivaluationand the possibility of intervening in thedevelopment of the patient's musical syntax.

PremessaLa composizione, anche solo di una semplicemelodia, oltre a permettere di esprimere il musi-cale insito in noi, consente anche una presa dicoscienza dell’elaborato così da dare uno stimoloverso un’ulteriore ricerca e sviluppo del discorsomusicale.Considerato che gran parte del mio lavoro comemusicoterapista si svolge a contatto con pazientipsicotici mi è sembrato interessante cercare diapplicare le tecniche della composizione durantele sedute di musicoterapia, proponendo di creareun brano con una sua logica a pazienti che hannouna percezione dissociata della realtà.Ho iniziato a lavorare su questo progetto nel 2000con pazienti psicotici gravi, ospiti della comunitàterapeutica “La Conchiglia” di Monastero Bormida(At), dove tuttora lavoro come musicoterapista.Per prima cosa ho offerto ad ogni paziente lapossibilità di comporre una melodia e le reazionisono state molteplici: alcuni hanno risposto subi-to negativamente, altri hanno reagito maniacal-mente, per esempio proponendo subito l’inten-zione di comporre brani complessi, altri ancora,invece, hanno replicato più adeguatamente.In ogni caso non è stata fatta una selezione, ognipaziente poteva, se lo desiderava, comporre unamelodia, era poi mio compito contenere, solleci-tare, sviluppare, potenziare le loro capacità aseconda del caso. Tutto ciò perché il mio intentonon era e non è quello di scoprire talenti maquello di dare ad ogni paziente la possibilità diesprimere se stesso utilizzando le tecniche ele-

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Ho offerto

ad ogni paziente

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La composizione in musicoterapia

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pito è quello di ricono-scere ad orecchio i suonie scriverli sul penta-gramma; altri, invece,preferiscono utilizzare ilpianoforte ed io scrivosul pentagramma le

note suonate.Durante questa fase può succedere che il pazien-te cominci ad eseguire delle note senza una con-secuzione né logica né estetica (saltare ad ogninota da un registro acuto ad uno grave). (Es. 1)

ecc.

Si restringerà allora il campo d’azione fino aquando il soggetto non sarà in grado di produr-re qualcosa di gradevole. In questo caso (Es. 2) ilpaziente aveva la consegna di utilizzare solo lenote do re mi. Come si può notare c’è il tentati-vo di rispettare la consegna ma il discorso pianpiano perde il senso iniziale, la melodia si allon-tana dalle tre note. Questo aspetto lo ritroviamoanche nel suo modo di elaborare il pensiero edesprimerlo verbalmente.

In questo esempio, composto da un altro pazien-te, si può notare che il limite di tre note favorisce

una variazione a livello ritmico che rende interes-sante la melodia. (Es. 3)

mentari della composi-zione.L’obiettivo finale è statoquello di creare, in ognipaziente, l’interesse aprogettare qualcosa chepotesse avere un senso eduna struttura ripetibile nel tempo. La possibilitàdi ripetere l’operato è data dal fatto che la musi-ca composta viene scritta, ogni elaborato puòdiventare l’inizio di un percorso dove l’idea melo-dica, di volta in volta, prende forma, si sviluppafino a raggiungere il risultato finale.Chi lavora a stretto contatto con il disagio men-tale si confronta ogni giorno con un mondo dis-sociato dove la realtà, i valori della vita, le affet-tività vengono alterate.Ed è proprio in questo contesto che il lavoro com-positivo s’inserisce, nel tentativo di dare un sensoa ciò che si elabora, avendo un minimo progettoda sviluppare attraverso una struttura melodica,armonica, formale per raggiungere un risultatocompiuto.Il paziente è quindi “costretto” a dire qualcosa disé cercando anche di esprimerlo con una certaforma e coerenza.Nella prima fase si stabilisce attraverso qualemodalità il paziente vuole esprimersi; alcuni posso-no utilizzare la voce ed in questo caso il mio com-

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Nella prima fase si stabilisce

attraverso quale modalità il pazientevuole esprimersi

Es.1

Es. 2

Considerando il buon esito di que-sto esercizio, ho aumentato ilnumero di note da utilizzare, da trea cinque, ed il linguaggio si è impo-verito notevolmente, vedi il branoche segue. (Es. 4)

Analisi musicale e musicoterapeu-tica: la musica di RaffaelloOgni elaborato viene analizzatoseguendo i parametri di un’analisimusicale standard e successiva-mente si cerca un significato piùprofondo che ci aiuti a capiremeglio il paziente e che ci indichi levariabili d’intervento adeguate.Questo brano appartiene ad unpaziente con una buona musicalità,che esprime le sue idee attraverso ilcanto. (Es. 5)

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Es. 3

Es. 5

Es. 4

Primo inciso melodia discendente sullatonica per grado congiunto nell’arcodi una terza maggiore. Ritmo anacru-sico, armonicamente I° grado.

Ripetizione dell’inciso.

Piccolo sviluppo del discorso inizialeparte sempre dalla stessa nota per motocontrario e discendente di una 4^ giustaconcludendo con una 2^ maggioreascendente. C’è lo sviluppo dell’incisosia a livello ritmico che melodico.

Ripresa del ritmo iniziale e delle primetre note del segmento precedente macambia la conclusione, arriva allatonica attraverso un salto di 5^ giustadiscendente, per la prima volta trovia-mo un salto che corrisponde allacadenza perfetta (V°-I°).

Questo inciso rappresenta una sintesidell’inciso precedente, abbiamo lostesso ritmo, lo stesso attacco ma unaconclusione sulla sopratonica attra-verso un salto di 4^ giusta discendentecon cadenza sospesa (I°- V°) che dà unsenso di dinamicità.

Ritroviamo il terzo inciso con aggiun-ta di due note di tonica attraverso unsalto di terza maggiore discendente.

Stesso ritmo iniziale, uguali anche leprime tre note ma la conclusione è sulIII° grado attraverso un salto di 3^maggiore ascendente (moto contrario)

Stesso disegno della figura precedentema partendo dalla sottodominanteconcludendo con una 3^ minoreascendente.

Viene ripreso il 5° inciso

Qui ritroviamo una parte del 3° seg-mento con una conclusione più lungama sempre sulla tonica.Frase di chiusa con cadenza perfettaV° - I°.

Inizia un altro discorso già presente, ilsalto di 4^ giusta discendente ma conuna linea ritmica diversa (partenzatetica).

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Stesso disegno di prima con una chiu-sa sulla mediante invece che sullasopratonica e quindi salto di 3^ mino-re discendente

Uguale disegno di prima ma con unsalto di 2^ maggiore ascendente finale.

Medesimo ritmo ma la melodia è unasuccessione discendente che dalladominante va alla sopratonica. È pre-sente un frammento dell’inciso n°3per aumentazione.

Anche qui lo stesso ritmo di prima mail disegno melodico ha una funzionedi piccola chiusa I° - V° - I° per poiiniziare nel segmento n°16 una sortadi ripresa-sviluppo.

Ripresa del 7° segmento.

Ripresa dell’8° segmento.

Stesso ritmo (che corrisponde a quelloiniziale), la melodia parte dalla median-te e sale per grado congiunto di una 3^minore (frammento che troviamo spes-so) con la conclusione sulla dominante.

Melodia ascendente di una 2^ mag-giore e discendente di una 6^ maggio-re, tutto per grado congiunto. Altromomento di chiusa.

Si riprende il discorso con la ripresadell’11° e del 12° segmento invertiti,abbiamo prima il salto discendente di3^ minore.

Mentre qui il salto discendente è di 4^giusta.

In questa frase troviamo l’unione dipezzi o di frasi già utilizzate, primapartenza dalla dominante e ritomo alladominante con un salto di 3^ minore.

È molto simile al 19° segmento con unampliamento sia a livello melodico siaa livello ritmico, troviamo per la primavolta il punto di valore.

Ripresa della prima parte del segmenton° 23 con una sensazione di sospensio-ne non solo melodica ma anche ritmica.

Frase formata per la prima parte dalsegmento n° 11 poi viene ribattuta la sopratonica che collega l’ultimaparte che corrisponde al 3° segmento.

Si è proceduto ad un’analisi dettagliata di ogniinciso:

alla sequenza iniziale ripetuta una volta in più,quasi il paziente si rassicurasse e prendesse corag-gio per proseguire il discorso, che continua conuna sequenza di sette movimenti dove troviamo tre rapporti di durata 1/8, 1/4, 2/4.Dopo la prima parte tutta in tempo anacrusico,inizia una seconda parte con ritmo tetico come seil paziente avesse preso sicurezza e si concedessela partenza in battere. Nella terza parte, si ritor-na alla sequenza iniziale, ripetuta per tre volte,che poi viene abbandonata (da questo momentoin avanti non la troveremo più) e il discorso rit-mico comincia a cambiare con frasi da otto quar-ti alternate con altre da quattro, cinque, tre ecc.

; ; ;.

L’esplorazione è più ardita ma non si allontanamolto dall’input iniziale. Verso la fine riesce adalternare i due ritmi con una maggioranza dell’a-nacrusico.Finisce con la stessa frase ritmica che concludevala prima parte

- Aspetto melodicoA livello melodico ritroviamo spesso la stessa linea,ripresa o spostata su altri gradi della scala. Utilizzasempre le stesse note, ma si evidenzia una maggiorepresenza nella prima parte di mediante, sopratonica,tonica e mediante, sottodominante, dominante.Progressivamente allunga le frasi, ma è un’esplo-razione per gradi congiunti e solo alla fine dellafrase si concede qualche salto. Come avviene neldiscorso ritmico la linea melodica di ogni inciso èmolto simile, in ogni nuova proposta troviamoquasi sempre un frammento di una linea melodi-ca già esistente.Si muove preferibilmente nell’arco di una quinta,troviamo alcune esplorazioni che toccano una sesta,ma sempre per grado congiunto e mai per salto.I salti da lui utilizzati in ordine di esecuzionesono: 5^ discendente, 4^ discendente, 3^ discen-dente, 3^ ascendente, 5^ ascendente (questi sono

Successivamente si è steso un quadro ritmico,melodico ed armonico che ha aiutato a trovare lachiave di lettura in ambito musicoterapeutico e ciha fornito gli strumenti per calibrare l’interventosuccessivo.

- Aspetto RitmicoGlobalmente si può notare un inizio piuttostoossessivo che progressivamente lascia spazio aduna maggiore esplorazione del linguaggio ritmi-co. Il carattere anacrusico inizialmente predomi-na , poi il discorso continua mante-nendo sempre una sequenza da quattro movi-menti ma dividendo il 2° ed il 3° movimento

, e termina con il ritorno allasequenza di partenza accompagnata ad unampliamento dei movimenti, mentre i rapporti trai valori rimangono sempre metà e doppio

.Da quattro movimenti si passa a sei, ritornando

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Variazione del segmento n°22 con unaconclusione V° - I° anziché V° - V°.

Ripresa del segmento n°19 e variazio-ne.

Ritmicamente è una ripresa parzialedel 1° segmento, melodicamente èuna variazione del 12° segmento.

Variazione del 28° segmento.

Piccole variazioni del solito disegnomelodico.

Ripresa del segmento n°28.

Ripresa del segmento n°29.

Ritmicamente è stato ripreso il seg-mento n°10 che concludeva la primaparte, melodicamente parte dalladominante per finire alla tonica attra-verso un salto di 4^ giusta ascendentee 5^ giusta discendente.

i salti presenti nelle finali delle frasi), il passaggiotra una frase e l’altra avviene, inizialmente, per 3^ascendente e 2^ ascendente poi per 4^ ascenden-te e 5^ ascendente.Vediamo ora quante volte utilizza i vari salti: la 3^maggiore ascendente la troviamo 6 volte e semprecon le note do-mi; la 3^ maggiore discendente èpresente 8 volte di cui 6 con mi-do e 2 con la-fa; la3^ minore ascendente la troviamo 2 volte con lenote re-fa; la 3^ minore discendente 6 volte di cui 5con sol-mi ed una con fa-re; la 4^ giusta ascenden-te è presente 4 volte sempre con re-sol; la 4^ giustadiscendente la troviamo 5 volte sempre con sol-re;la 5^ giusta ascendente 7 volte sempre con do-sol;la 5^ giusta discendente 4 volte sempre con sol-do.

- Aspetto armonicoA livello armonico tutto gravita sui gradi fonda-mentali I° - V°, la ripetitività melodica e la pre-senza di un frammento melodico anche nellesituazioni nuove avvicina il brano alle caratteri-stiche del canto popolare per l’infanzia.Forse per il carattere ripetitivo del brano (melodi-co-ritmico-armonico) o per gli aspetti ossessividel paziente, per porre la parola fine è statonecessario l’intervento esterno del musicoterapi-sta altrimenti non sarebbe arrivato ad una risolu-zione, perché ad ogni seduta venivano aggiuntealtre battute.

Alcune riflessioniVediamo di ricapitolare e trarre da tutti gli ele-menti emersi una considerazione conclusiva.Prima di tutto la musica di Raffaello rispecchia il

suo modo di essere?In molti aspetti sì: la continua ripetitività ritmico-melodica, il perlustrare con molta cautela nuovemelodie, la presenza di una cellula melodica giàascoltata in quasi tutti i segmenti nuovi e il ritmoche non si distoglie molto da un’unica cellula rit-mica. Tutte queste caratteristiche le troviamo neisuoi atteggiamenti ossessivi, nel suo modo diaffrontare le situazioni nuove molto destabiliz-zanti, la stessa postura ed il modo di camminaresi avvicinano all’andamento ritmico (il busto lie-vemente proteso in avanti).

Il prosieguo del trattamentoConsiderati questi risultati la domanda successivaè stata: ora che siamo arrivati fin qui cosa dob-biamo fare? Quale dev’essere l’intervento delmusicoterapista?Dopo una prima fase in cui il paziente è statolibero di comporre ciò che vuole, si è passati aduna seconda fase in cui il musicoterapista è inter-venuto secondo la situazione patologica e la pre-disposizione del paziente.Non sempre si ha la fortuna d’incontrare un sog-getto come Raffaello che, per quanto ossessivo,ripetitivo ecc., è in grado di proporre una lineamelodica piacevole con una certa struttura.In ogni caso, anche nel momento in cui ci trovia-mo davanti a pazienti con più difficoltà, bisogne-rà trovare gli strumenti adatti che gli permettanodi potersi esprimere con una certa disinvoltura.Questo esempio riguarda sempre lo stesso pazien-te a distanza di due anni si può notare il notevolemiglioramento in tutti gli ambiti musicali. (Es. 6)

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Es. 6

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Osservazioni MusicoterapicheIl brano rispecchia ancora chiaramente le qualitàossessive del paziente che si denota attraversol’utilizzo prevalente di un determinato ritmo, lamaggioranza di gradi congiunti, due soli salti euna nota con funzioni di perno. In questo brano,però, il soggetto è riuscito ad esprimersi con unlinguaggio musicale “perfetto” nella forma, nellaritmica, nella melodia e nell’armonia.Nonostante tutte le sue paure, fobie, manie per-secutorie il paziente è riuscito a strutturare unaforma musicale, pur rimanendo sempre ancoratoad aspetti ritmici, melodici ed armonici arcaici(ritmo dattilico, grado congiunto, doppio pedaledi tonica e dominante, da lui scelto come accom-pagnamento) ma ha anche dimostrato di sapersimuovere con gusto e, per alcuni aspetti, distac-carsi dal suo stereotipo (l’utilizzo della tonalità mibemolle maggiore). Come potete ben notare questo è un pazientemolto dotato e nell’ultimo suo elaborato si evi-denzia un grande miglioramento sia per quantoriguarda la forma, lo stile e la qualità del prodot-to musicale che per quanto concerne le sue capa-cità relazionali, cognitive ed espressive.Successivamente il paziente ha trascorso unperiodo molto difficile a causa di fattori esterniall’ambito comunitario, che lo hanno destabiliz-zato causando una regressione nella sfera emoti-va relazionale ed in quella cognitiva. (Es. 7)

In questo brano c’è un chiaro ritorno alle origini

- Aspetto ritmicoPrevalenza di ritmo dattilico ( ), varianteritmica sul levare della 2^ semifrase ( al postodi ) per compensare l’assenza di crome nelledue battute successive. Le frasi usano lo stessomodulo ritmico.

- Aspetto melodicoPrevalenza del grado congiunto, l’unico salto uti-lizzato è l’intervallo di 3^ maggiore discendente e3^ minore ascendente, la mediante funziona daperno melodico, la melodia si estende da essa diuna 3^ ascendente e di una 3^ discendente,abbracciando complessivamente l’intervallo diuna 5^ giusta.Da notare l’utilizzo del moto contrario all’iniziodel terzo inciso nei confronti dei primi due, delsettimo nei confronti dei due precedenti e del-l’ottavo rispetto al quarto.Si può individuare una forma “perfetta“ di lineamelodica con climax raggiunto alla metà precisadel brano (battuta quattro) definendo la seguen-te linea:

- Aspetto armonicoQuesta melodia può essere interpretata in duemodi: utilizzando un pedale, che può essere solodi tonica o doppio con la dominante, oppure concadenza sospesa (I° V°) sul climax melodico.

a a b c a a b c’a b a b’

A A’

- Analisi formale

Forma semplice di canzone.

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in quanto ritroviamo le caratteristiche tipiche deisuoi brani iniziali: tonalità di do maggiore, assen-za di una divisione metrico temporale, e nuova-mente l’impiego di metri liberi. La melodia, anchese un po’ confusa, rimane comunque gradevole.Per la prima volta delira anche musicalmente nonriconoscendo la propria composizione nelmomento in cui gli viene riproposta al pianofor-te. Questo particolare è molto importante soprat-tutto considerando che il paziente, nei periodimigliori, non solo riconosceva la sua melodia masi accorgeva se veniva suonata in un’altra tonali-tà e chiedeva di suonarla come l’aveva scritta.Il percorso doveva avere una svolta, trovarenuove vie, per cui proposi un periodo di pausacompositiva, durante il quale si fece molto ascol-to ed analisi formale dei brani ascoltati.Dopo circa tre mesi ho riproposto un nuovo ciclodi composizioni e lui ha accettato di buon grado.Le nuove produzioni hanno riacquistato una sud-divisione metrica regolare ed una linea melodicache rispetta il periodo di otto battute.Ho così proposto di proseguire con uno sviluppodel tema: il primo risultato è stato quello di unnuovo periodo formato da un tema ed una rispo-sta. Ho spiegato al paziente le tecniche che carat-terizzano lo sviluppo, ad esempio le progressionie, a distanza di una settimana, è riuscito ad ela-borare il concetto mettendolo in pratica, comepossiamo vedere nel successivo esempio. (Es. 8)

Es. 7

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Quest’ultimo esempio dimostra l’evoluzione dellinguaggio musicale del paziente che, pur affettoda un quadro di schizofrenia paranoide, è riusci-to ad instaurare con me una relazione ed un rap-porto di fiducia tale da permettergli non solo dievolvere il suo linguaggio ma di risollevarsi dopoogni momento regressivo dimostrando il deside-rio di voler continuare l’esperienza compositiva.I risultati raccolti nel corso di questi anni rappre-sentano il prologo di un percorso che richiedeulteriori tappe e sviluppi tesi a raggiungere obiet-tivi ancora lontani.

Es. 8Fonagy I.

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In this article we present a scientific researchregarding the empathy developement. This hasinvolved a specimen of 100 children between 8and 10 years old. the research shows the effecti-veness of “the training for the empathy develo-pement”, herewith presented, in increasing theempathic ability in children. This training hasbeen studied integrating music therapy, kno-wledge techniques peculiar to trainig of emo-tions and psychobodyly techniques.

La musica: il linguaggio dell’anima. Nulla che siavvicini così fin quasi a sovrapporsi all’essenzadell’essere umano, niente che gli sia così affine,tanto da potergli dar voce anche nei momenti piùincomprensibili ed incomunicabili, quando ogniparola viene meno.

Fin dalle nostre prime esperienze con la musico-terapia in ambito scolastico abbiamo cercato dielaborare una metodologia che sfruttasse lacapacità più caratteristica ed esclusiva dellamusica, quella di agire come elemento di svilup-po affettivo-emotivo e di arricchimento delladimensione interiore e simbolica dell’uomo.Crediamo infatti che la vera forza della musica,nonché della musicoterapia, stia di fatto nel suolegame inscindibile e privilegiato con l’emozione,che la rende per certi versi unica come disciplinae particolarmente indicata in tutti quei casi prin-cipalmente legati a carenze dello sviluppo emoti-vo-affettivo e difficoltà di gestione e modulazio-ne del proprio mondo interno.È interessante notare come recentemente la lette-ratura scientifica in psicologia e pedagogia con-cordi nel ritenere che alla base dell’aumento deldisagio giovanile e delle condotte psicopatologi-che in età evolutiva vi sia una difficoltà diffusa disentire e provare emozioni e desideri. “La noia, larabbia, le frustrazioni, persino la gioia rappresen-tano istanze interne che spesso i ragazzi, per

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Crediamo

che la vera forza

della musica,

nonché della

musicoterapia,

stia di fatto nel

suo legame

inscindibile e

privilegiato con

l’Emozione

Musicoterapia preventiva in ambito scolastico: un programma sperimentale per lo sviluppo dell’empatia

Elisa D’Ago

stino, Ivan Ordiner, M

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Matricardi,

Psic

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Il corpo è il primo luogodell’esperienza emotiva.Il lavoro corporeo per-mette un contatto mol-to profondo e direttocon le proprie emozio-ni, con il proprio senti-

re, e consente di focalizzare l’attenzione di cia-scuno al proprio interno.L’utilizzo di tecniche attive che coinvolgono ilcorpo attraverso l’ascolto, il movimento, la pro-duzione di suoni con la voce, il canto e gli stru-menti musicali, favoriscono una reale messa ingioco delle emozioni, permettendo di farne espe-rienza in prima persona durante i laboratori.Attraverso la musica è possibile entrare in direttocontatto con l’emotività, i sentimenti, la memo-ria, l’immaginazione, andando a toccare le partipiù intime di ognuno e favorendone l’espressioneattraverso la libera produzione sonoro-musicale.

Partendo da questi presupposti abbiamo tentatoun’integrazione tra musicoterapia ed educazionealle emozioni, proprio in quanto la musica, l’arte e ilinguaggi non verbali rappresentano a nostro pare-re il tassello mancante di un’educazione alle emo-zioni che riesca a far vivere ai bambini esperienzeemotivo-affettive reali, profondamente vissute esignificative, e per questo veramente trasformative.Abbiamo cercato di sfruttare al meglio le poten-zialità della musicoterapia, nei termini di una pre-venzione del disagio e di una promozione delbenessere dei bambini: in questo, secondo noi, lamusicoterapia trova un suo ruolo preciso e speci-fico in ambito scolastico come intervento che sirivolge a tutti i bambini senza distinzioni, che nonpretende di occuparsi delle singole problematicheche spesso richiederebbero un intervento tera-peutico mirato al di fuori dell’ambito scolastico.Un intervento che lavori sulla prevenzione deldisagio piuttosto che sulle problematiche già inatto. Un intervento che coinvolga non solo i bam-

motivi educativi, nonsanno né riconoscere,né gestire, né esprime-re” (Mariani, 2002).Persino l’OMS (Organiz-zazione Mondiale dellaSanità) si è espressa afavore di questa tesi stilando nel 2004 un docu-mento in cui viene definito un nucleo fondamen-tale di abilità necessarie per la gestione delle rela-zioni sociali e dell’emotività (life skills), abilità chedovrebbero essere sviluppate all’interno dei pro-getti di prevenzione del disagio, per la promozio-ne della salute e del benessere psico-fisico deibambini e degli adolescenti.Esse sono: la gestione delle emozioni, l’autocon-sapevolezza, la gestione delle relazioni interper-sonali, la comunicazione efficace, l’empatia, ilsenso critico, la capacità di problem solving, lacreatività.Sotto questa ottica osserviamo quindi come, algiorno d’oggi, un fattore fondamentale della qua-lità del servizio scolastico sia poter “offrire albambino spazi, tempi e modi per esprimersi e rac-contarsi anche nella dimensione dell’immaginario,dell’affettività e delle emozioni, in cui egli possatrovare ascolto e possibilità di comunicare, utiliz-zando anche e soprattutto i linguaggi non verba-li” (cit. in Oberegelsbacher, Rezzadore, 2003).

I linguaggi non verbali, il corpo e la musica rap-presentano secondo noi canali imprescindibili perpromuovere queste abilità emotive che tantaimportanza hanno nella prevenzione del disagio enella promozione del benessere dei bambini.La comunicazione non verbale, in genere quasiignorata nella scuola e relegata ad un ruolo mar-ginale persino in tanti programmi di educazioneemotiva, riveste in realtà un ruolo fondamentale,permettendoci di toccare i livelli più profondidella comunicazione, il livello dell’emotività, dellarelazione, dell’identità.

Abbiamo tentato un’integrazione

tra musicoterapia ed educazione alle emozioni

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Il programma sperimentale per lo sviluppo del-l’empatiaDa questi presupposti e dal tentativo di cercarequale potesse essere il reale ruolo della musicote-rapia all’interno della scuola abbiamo elaborato il“Programma sperimentale per lo sviluppo del-l’empatia”, un training che abbiamo realizzato esperimentato per tutto l’anno scolastico nelleclassi quarta e quinta elementare, appositamentestrutturato integrando tra loro tecniche propriedella musicoterapia, tecniche psicocorporee ealcune tecniche cognitive prese a prestito dall’e-ducazione alle emozioni.La nostra attenzione si è focalizzata sulla capaci-tà empatica in quanto componente di fondamen-tale importanza e momento centrale della cosid-detta Intelligenza Emotiva (Salovey, Mayer, 1990).“L’Empatia è la capacità di immedesimarsi con glistati d’animo e con i pensieri delle altre personesulla base della comprensione dei loro segnaliemozionali, dell’assunzione della loro prospettivasoggettiva e della condivisione dei loro sentimen-ti” (Bonino, 1994). Essa inoltre rappresenta “uno dei meccanismi piùimportanti che contribuiscono a regolare le rela-zioni sociali, la comunicazione umana, lo scambiotra simili” (Bonino, Lo Coco, Tani, 1998). Nell’entrare in sintonia emozionale con l’altro,l’empatia ci fa comprendere il suo mondo, ce nefa capire il senso, e abbatte automaticamentegiudizi, squalifiche e separazioni, che nascono ingenere verso ciò che percepiamo come lontano ediverso da noi.L’empatia crea un ponte tra il nostro mondo equello altrui e permette di abbattere le difese,consentendoci di esplorare con più coraggioanche il nostro mondo interiore. Educare all’empatia significa allora educare alrispetto, alla cooperazione, all’apertura, alla sen-sibilità verso gli altri.Abbiamo infine riscontrato come le tecnichemusicoterapiche si rivelino particolarmente effi-

bini ma l’intera equipe di docenti, ripercuotendo-si positivamente su tutto il sistema scolastico. La prevenzione cui facciamo riferimento vuoleagire su ogni forma di disadattamento ed emar-ginazione, di condizionamento, di stereotipizza-zione, di limitazione (cognitiva, emotiva, espressi-va), per uno sviluppo armonico, dinamico, socia-lizzato di personalità libere, creative, disposte alcambiamento. Si tratta di una prevenzione cheanticipi l’insorgere dei problemi, stimolando, atti-vando e incrementando particolari funzioni psi-cologiche e meccanismi intrapsichici utili per ilmigliore adattamento all’ambiente.La nostra esperienza conferma come attraverso lamusicoterapia sia possibile lavorare su questofronte, sostenendo, recuperando, arricchendo lasfera motivazionale, emozionale e relazionale deigiovani, aiutandoli a crescere imparando a senti-re e a sentirsi, a diventare degli adulti in grado diascoltare e conoscere, senza temerlo, il propriouniverso interiore.La musicoterapia offre delle esperienze fonda-mentali per imparare a riconoscere, modulare ecomprendere le emozioni, in sé e negli altri, eproprio per tale motivo può rappresentare unreale e valido strumento di prevenzione e di pro-mozione dei fattori di protezione.Essa permette l’espressione di contenuti emozio-nali attraverso l’utilizzo di mezzi non verbali, e lapossibilità di condividerli e successivamente riela-borarli all’interno di una dimensione comunicati-vo-relazionale, attraverso il lavoro di gruppo.Il gruppo di musicoterapia diventa una vera epropria “palestra”, che offre al bambino numero-se possibilità di osservare e interagire con gli altri,di lavorare sulle proprie modalità di interazione,di esperire e di esprimere una gamma sempre piùampia di emozioni, grazie soprattutto all’utilizzodei linguaggi non verbali. Nell’esperienza di grup-po, il bambino può inoltre vedere soddisfatti ipropri bisogni emotivi ed iniziare ad occuparsidelle emozioni e dei bisogni degli altri.

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guaggi non verbali, l’empatia, l’ascoltare e il sen-tirsi ascoltati, ecc… Alcuni esercizi sono statimirati al riconoscimento delle emozioni in sé enegli altri; altre attività hanno portato i bambinia recuperare un’emozione realmente vissuta e adesprimerla attraverso il canale sonoro-musicale ecorporeo; abbiamo utilizzato infine alcuni stru-menti cognitivi, tratti dall’educazione razionale-emotiva (Di Pietro, 1992, 1999), utili per lavoraresulla comprensione della diversità dei punti divista e sull’importanza del non giudizio, basi dellacapacità empatica. La gran parte degli incontri è stata però occupa-ta dalle tecniche musicoterapiche dell’ascoltomusicale, dell’improvvisazione libera e del dialogosonoro da noi appositamente adattate per i nostriobiettivi specifici.

Ascolto musicale in gruppoIn questa attività proponiamo ai bambini unasequenza di brani musicali, chiedendo loro diascoltarli con concentrazione, distesi e a occhichiusi, prestando attenzione alla propria perce-zione corporea, al proprio vissuto emotivo e alleimmagini evocate dalla musica.Dopo ogni brano della durata di due minuti circalasciamo qualche minuto per rispondere periscritto a queste domande: - Quali emozioni comunica il brano?- Qual è stato il mio vissuto emotivo durante l’a-

scolto?- Che sensazioni ho provato? Come sta il mio

corpo adesso?- Quali immagini la musica ha evocato in me?- Che colore daresti a questa musica?

Durante le lezioni successive gli scritti vengonoletti, analizzati e commentati in gruppo cercan-do di portare l’attenzione sul rapporto tra musi-ca ed emozione, alla ricerca di quelli che sono iparametri di base che accomunano questi duefenomeni.

caci nella promozione di quelle abilità che con-corrono allo sviluppo della capacità empatica.In un programma che intenda sviluppare l’empa-tia, è assolutamente necessario sperimentare sullapropria pelle queste capacità, e più ancora diven-ta necessario poter vivere tali esperienze in uncontesto di ascolto, di valorizzazione, di rispettodelle diversità, che crei le basi necessarie per met-tersi realmente alla prova in una situazione diascolto empatico dell’altro. La musicoterapiaoffre tutte queste possibilità: attraverso di essa cisi allena all’incontro, al confronto, all’aperturaall’ascolto, alla sospensione del giudizio, ci siesercita a convibrare con l’altro per mezzo dellacomunicazione sonoro-musicale.Attraverso l’improvvisazione e il dialogo sonoro sicerca di sviluppare la capacità di sintonizzarsi sulleproduzioni sonore e mimico-gestuali dei compagni,le capacità di ascolto e calibrazione e di condivisio-ne di un progetto espressivo; si cerca di accrescerela propria acuità sensoriale, nonché la propria fles-sibilità. Attraverso la pratica dell’osservazione diret-ta e partecipe si lavora inoltre sul contatto con leproprie emozioni e sulla congruenza, nonché sulprocesso di pulizia dei propri filtri percettivi,anch’esso essenziale per lo sviluppo della capacitàempatica. (Scardovelli, 1992, 1999)Da questo punto di vista non abbiamo fatto altroche far vivere ai bambini una tipica esperienzaformativa in musicoterapia, cercando di sviluppa-re in loro tutte quelle capacità proprie di un“buon musicoterapista”.Abbiamo creato una cornice protetta in cui potervivere in prima persona un’esperienza di comuni-cazione privilegiata con l’altro, qualitativamentediversa, che apra allo sviluppo di capacità empa-tiche e di ascolto profondo.Il corso, oltre alle tecniche specificatamentemusicoterapiche di seguito presentate, ha previ-sto momenti di discussione di gruppo sugli argo-menti trattati durante il laboratorio, come ilsignificato e la terminologia delle emozioni, i lin-

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Così, “mentre ascoltiamo la musica impariamo adascoltare noi stessi” (Scardovelli, 1992, 1999).Spesso accade che le risposte emotive dei parte-cipanti non concordino totalmente. Questo fattodimostra come ognuno di noi guardi il mondo, edi conseguenza ascolti anche la musica, attraver-so particolari filtri percettivi, che a volte portanoa interpretazioni diverse della realtà. In un lavoro che ha per fine lo sviluppo dellacapacità empatica, le diverse interpretazionidiventano un arricchimento per il gruppo, che hala possibilità di confrontarsi con un punto di vistadiverso dal proprio, arrivando a comprenderecome le personali percezioni e convinzioni nonsiano l’unica realtà possibile. Il lavoro di ascolto dibrani musicali in gruppo può quindi favorire laflessibilità mentale, base essenziale della capacitàempatica. A livello operativo, quando tutto questo accade,cerchiamo di mettere a fuoco quella che possia-mo definire l’interpretazione emotiva minoritaria(Scardovelli 1992, 1999) di un brano cercandoinsieme di comprenderla, di chiarirla, di ritrovar-la, se è possibile, nei parametri e nella strutturadella musica, e di riascoltare quindi il brano sottoquesta nuova ottica, iniziando così ad esercitarela propria flessibilità e cercando di empatizzarecon la persona che l’ha proposta. È questo un modo per iniziare ad ascoltare con“altre orecchie”, o almeno per iniziare a capire cheesistono orecchie diverse dalle nostre, diventandocosì consapevoli della relatività e soggettivitàdelle proprie percezioni ed emozioni, e della pos-sibilità di modificarle.

Giochi di espressività corporeaDopo la fase di discussione e analisi, ogni branoascoltato viene tradotto e interpretato attraversoil corpo, mediante diverse attività e giochi diespressività corporea svolti singolarmente, a cop-pie oppure in gruppo.Nel riflettere la musica in forma motoria, il bam-

In genere dalla lettura si evince un accordo abba-stanza generale sul significato emotivo dei brani,anche perché questi ultimi vengono selezionatida noi proprio per il loro accentuato carattereaffettivo-emotivo: triste, allegro, pauroso, rab-bioso, rilassante-sereno. Questo esercizio avvia alla riflessione su come lamusica riesca a comunicare a tutto il gruppo lastessa sensazione, e spesso persino le stesseimmagini, senza però potercelo dire chiaramentecon le parole. Ogni brano successivamente viene riascoltato piùvolte fino ad individuare chiaramente i suoi ele-menti strutturali: l’intensità o livello energetico, iltimbro, il tempo-ritmo, gli aspetti spaziali (dire-zione della melodia, organizzazione), nonché levariazioni di tali parametri.Si inizia così a capire il collegamento esistente trasignificati musicali ed emotivi, ovvero tra le strut-ture sonore del brano e la risposta emozionale. Per fare questo in maniera ancora più approfon-dita si fa continuo riferimento al vissuto corpo-reo, e proprio attraverso il corpo ogni brano vienevia via tradotto, interpretato, agito in prima per-sona, grazie a svariati giochi e attività, permet-tendo di fare diretta esperienza di come le emo-zioni si manifestano, si sviluppano, si modulano,anche attraverso le modificazioni fisiologiche. Tutto questo per far comprendere ai ragazzi comealla base delle emozioni e della musica, come delresto di ogni atto espressivo e comunicativo, cisiano dei parametri globali, primitivi, arcaici, chein qualche modo accomunano il vissuto di ognipersona.È proprio nel calibrarci su tali parametri (tempo -spazio - energia) che possiamo cogliere, calarci,empatizzare con l’emozione dell’altro, condivi-derla e magari trasformarla insieme; diventachiaro così come attraverso il linguaggio delsuono e della musica sia veramente possibilecomunicare le nostre emozioni e conoscere quel-le dell’altro entrando in relazione con esse.

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capacità legate all’empatia e alla consapevolezzaemotiva, riuscendo a coinvolgere sempre tutti ibambini, in ruoli diversi.L’improvvisazione libera non necessita di alcunatecnica specifica, non vi sono regole sulle tona-lità o sulle forme musicali da seguire, ma ci sipuò abbandonare al piacere senso-motorio, sim-bolico-affettivo di suonare liberamente, espri-mendo se stessi in modo immediato. Essa nonrichiede per definizione la ripetizione di unmodello, ma un contatto con la propria creativi-tà e autenticità.È un modo per esprimere le proprie emozioni equindi se stessi nel qui ed ora.Tramite l’improvvisazione è possibile entrare incontatto diretto con le dinamiche della nostravita emotiva e intellettiva più profonda, e condi-viderla con gli altri.Grazie all’improvvisazione musicale è possibileprendere contatto con il proprio mondo interno,avendo così la possibilità di osservarlo, di cono-scerlo, di annetterlo, di non viverlo come estra-neo o incomprensibile, e soprattutto di comuni-carlo agli altri, arricchendosi in questo scambioreciproco.

Le improvvisazioni vengono svolte in gruppetti di4 o 5 bambini più uno dei due conduttori. Il restodella classe ha il compito di scrivere sul proprio“Quaderno di viaggio” l’osservazione che inseguito nella fase di verbalizzazione verrà letta aicompagni.La consegna con la quale invitiamo i bambiniall’esperienza sottolinea sempre alcuni punti fon-damentali:- Il non verbale: per comunicare non si usano le

parole ma i suoni, la musica, la voce e il corpo.- L’espressione di sé: invitiamo ad esprimere

qualcosa di se stessi, invitiamo all’ascolto di sè,all’autenticità e al contatto con le proprieemozioni.

- L’ascolto dell’altro: invitiamo ad ascoltare gli

bino può sentire in modo sottile l’espressività af-fettiva dell’andamento musicale, è stimolato auna maggiore consapevolezza di sé, delle propriesensazioni fisiche ed emotive e del rapporto stret-to che esiste fra di esse.Il corpo è la via più facile per fare esperienzeemotivamente coinvolgenti e la musica è unpotente veicolo di queste esperienze. Alcune attività hanno come scopo quello di facili-tare la capacità di entrare in sintonia con il gesto eil movimento dell’altro: in questi giochi di rispec-chiamento attraverso il corpo i bambini trovanoun’occasione per uscire dai propri schemi e viveregesti nuovi, un’occasione per sperimentare concre-tamente una comunicazione empatica, in cui ladisponibilità a entrare nei movimenti dell’altrofacendoli rivivere dentro di sé, porta a momenti diascolto, accettazione e condivisione profonda.Altre attività permettono invece di affrontare leemozioni forti come la rabbia, l’odio, la paura,emozioni che spesso vengono evitate, soprattuttoin ambiente scolastico, perché difficilmentegestibili. Attraverso il lavoro corporeo è possibile contatta-re anche le emozioni che più temiamo e nascon-diamo; nel momento in cui le esprimiamo e lelasciamo andare in un contesto di gruppo, conte-nitivo e non giudicante, esse perdono il lorocarattere distruttivo.È possibile imparare ad accogliere ciò che emergedai bambini senza paura, né censura, né giudizio,per poi canalizzare il tutto verso una direzionerassicurante. Come? Trasformandolo e dandogliforma attraverso suoni, colori, movimenti. In que-sto modo renderemo i bambini più liberi e piùforti, più consapevoli di ciò che vive e si muovedentro di loro, più disposti ad aprire il loro cuoreagli altri e al mondo.

Improvvisazione sonoro musicale libera di gruppo Questa tecnica permette di lavorare su diverse

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melodie, ecc.) e all’evoluzione della musicadurante l’improvvisazione; parametri questiche sappiamo essere portatori di senso, spec-chio delle emozioni e delle relazioni in gioco.

- La relazione fra i partecipanti e il loro compor-tamento non verbale (postura, posizione spa-ziale, tono muscolare, espressione del viso,sguardo, …).

Sottolineiamo sempre come sia estremamenteimportante non dare giudizi sull’accaduto madarne una descrizione oggettiva, per poi offriredurante la verbalizzazione dei rimandi chiari cheaiutino i compagni a riflettere sull’esperienza vis-suta e a prendere coscienza delle proprie modali-tà di ascolto, comunicazione e relazione.I bambini nello scrivere le osservazioni si allenanocosì ad esprimere emozioni e pensieri in modonon giudicante e rispettoso dei diversi punti divista, esercitano l’osservazione fine e attenta delcomportamento non verbale e della comunica-zione sonoro-musicale, iniziano ad assumere laprospettiva di ciascun agente l’interazione, ten-tando di comprendere e sentire su di sé l’emozio-ne che ciascuno di essi ha sperimentato.

Ad ogni improvvisazione segue un momento diverbalizzazione che consente di prendere distan-za e consapevolezza delle esperienze emotive vis-sute in gruppo.Le possibili domande di facilitazione rivolte aipartecipanti per guidarli nel racconto del loro vis-suto, sono le seguenti:- Cosa è successo?- Ti è piaciuta questa esperienza? Com’è stata:

liberatoria, frustrante, gratificante,…? Perché?- Che sensazioni, impressioni hai avuto?- Com’era la musica che abbiamo creato? - C’era sintonia? Il gruppo si è trovato? Quando,

dove, come?- C’è stata comunicazione? In momenti partico-

lari?

altri, ad affidarsi alle loro proposte, a valoriz-zare i loro contributi, a riprendere le loromodalità espressive, invitiamo a cercare unarelazione con gli altri. Invitiamo all’empatia.

Attraverso l’improvvisazione si può fare esperien-za di come grazie all’ascolto e alla valorizzazionedei contributi dell’altro, si possano raggiungeremomenti positivi di armonia e di condivisioneprofonda: dal disordine che in genere caratteriz-za le prime improvvisazioni o i primi momenti diun improvvisazione, si può assistere al sorgere diun ordine spontaneo proveniente dall’interno delgruppo: un ordine musicale che è indice di unconquistata armonia relazionale tra i bambini.

Dei due conduttori musicoterapisti, uno partecipaall’improvvisazione in una situazione alla pari con iragazzi, l’altro non partecipa e osserva dal di fuori.Questo ci permette di avere un doppio punto divista: - poter star dentro alla situazione relazionale e

sentire a livello empatico cosa passa all’inter-no del gruppo che improvvisa, quali sono leemozioni in gioco e quale la nostra risonanzaemotiva;

- avere contemporaneamente un’ottica esterna,poter osservare in modo più distaccato i con-tenuti e le dinamiche che emergono durantel’improvvisazione.

Questa modalità di lavoro consente di dare deirimandi importanti ai ragazzi mantenendoentrambi i punti di vista.

Durante l’improvvisazione, il gruppo degli osser-vatori ha il compito di scrivere sul proprio“Quaderno di viaggio” l’osservazione accuratadell’improvvisazione.Chiediamo ai bambini di descrivere:- la musica prodotta dai compagni prestando

attenzione ai parametri sonoro-musicali(intensità, timbri, scelta degli strumenti, ritmi,

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risonanza emotiva nei suoi confronti. Questo cidà comunque la possibilità di iniziare a prendereconsapevolezza del nostro “non ascolto”, inco-minciando a riflettere sulle nostre eventuali diffi-coltà nell’entrare in relazione con l’altro.In entrambi i casi il dialogo sonoro si dimostraun’esperienza privilegiata che consente la speri-mentazione, l’osservazione e la presa di coscienzadelle personali modalità interattive, diventandooccasione per l’ampliamento delle stesse.

Il ruolo del conduttoreParlando di educazione alle emozioni una parti-colare attenzione va data al ruolo del conduttorein quanto facilitatore delle relazioni del gruppo-classe e dell’espressione dei bisogni, delle idee,delle emozioni dei bambini.Nel nostro ruolo di conduttori del training abbia-mo posto particolare attenzione nel cercare diveicolare anche attraverso il nostro stile di con-duzione quelle capacità che volevamo trasmette-re: accettazione, autenticità, ascolto ed empatia. Non è sufficiente infatti utilizzare tecniche emetodologie particolari se queste non sono vei-colate e mediate da atteggiamenti empatici e dasufficienti capacità di sintonizzazione affettivacon i bambini, tali da creare un contesto di fidu-cia e accettazione reciproca, in cui sia possibilel’espressione libera e autentica delle emozioni sucui si andrà a lavorare.È essenziale che il conduttore che vuole educareall’empatia si dimostri egli stesso empatico nelsuo modo di condurre, di ascoltare e di parlare algruppo.Le eventuali incongruenze tra quello che proponee il suo comportamento durante il lavoro, vengonocolte dal gruppo, anche se spesso a livello incon-scio, e rischiano di compromettere il lavoro svolto.

La ricercaAbbiamo voluto sottoporre il nostro lavoro a unaricerca scientifica che ne verificasse i reali risulta-

- Si sentivano tutti i suoni? - C’è stato ascolto? Di sé, dell’altro? - Sei entrato in sintonia con qualche persona in

particolare?

Segue il confronto con il punto di vista esterno:vengono lette le osservazioni scritte dai compa-gni e c’è il rimando da parte dei conduttori.Questo aiuta i bambini a prendere coscienza delleproprie sensazioni ed emozioni anche quandoqueste non sono del tutto riconosciute.

Dialogo sonoro La tecnica del dialogo sonoro è forse la più adat-ta ed efficace nel far esercitare i bambini acogliere e a rispondere empaticamente alle emo-zioni provate ed espresse dall’altro; essa permetteinoltre di sviluppare le capacità di ricalco e sinto-nizzazione, essenziali per lo sviluppo dell’empatia.Attraverso il dialogo sonoro invitiamo due bam-bini ad entrare in relazione nel qui ed ora attra-verso il suono, il gesto e la musica, anziché con leparole, comunicando tra loro, ascoltandosi e sti-molando la propria capacità di entrare in empatiacon l’altro, cercando di comprendersi il più possi-bile ad un livello profondo.Come per le improvvisazioni, al dialogo sonorosegue una fase di verbalizzazione centrata sui vis-suti di ognuno, sulle eventuali difficoltà ad ascol-tare e a sintonizzarsi con l’altro e sul confrontocon il punto di vista degli osservatori.

Quando un dialogo sonoro funziona, l’esperienzadi poter esprimere un’emozione attraverso il lin-guaggio non verbale, dandogli forma attraverso ilsuono, e di poterla così condividere con l’altrosentendosi accolto, ascoltato, rispecchiato, sidimostra un’esperienza profonda e gratificante,che può veramente farci sperimentare il concettodi empatia.È possibile però non riuscire ad accogliere vera-mente i messaggi dell’altro, non provando alcuna

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Secondo questa prospettiva, la risposta empatica,a partire da una tendenza di origine filogenetica,si evolve nel corso di tutta la vita sia attraverso lacomparsa di forme di mediazione cognitiva pro-gressivamente più sofisticate, sia grazie all’au-mento di quella disponibilità, primariamenteaffettiva, a fare propri gli stati emotivi di un altro.È importante comprendere come, sullo sviluppodi tale disponibilità, svolgano un ruolo fonda-mentale le esperienze socio-affettive e relaziona-li che l’individuo compie nel corso della sua vita.Le interazioni interpersonali emergono quindicome fondamentale terreno di scambio in cui gliindividui ampliano le loro esperienze relazionali,confrontandosi con gli altri e imparando a distin-guere e sperimentare un orizzonte sempre piùampio di reazioni emotive, sia in se stessi chenegli altri (Bonino, Lo Coco, Tani, 1998). Proprio sulla convinzione che l’empatia possaessere educata punta la nostra ricerca, che vuoleverificare l’effettivo sviluppo della capacitàempatica in seguito alle esperienze vissute inprima persona dai bambini durante il corso.

La ricerca ha coinvolto 104 bambini frequentantila quarta e quinta elementare, suddivisi in ungruppo sperimentale (56 bambini) che ha parte-cipato al corso, della durata di 20 incontri setti-manali di un ora ciascuno, e un gruppo di con-trollo (48 bambini) che non vi ha partecipato.Durante la prima fase della ricerca, comune algruppo sperimentale e a quello di controllo, sonostati somministrati il Questionario di Sicurezza eProtezione (QSP), il Test di valutazione multidi-mensionale dell’autostima (TMA) e il SocialEmotional Dimension Scale (SEDS), utili per testa-re l’omogeneità dei gruppi rispetto alle variabilida essi considerate. Per valutare l’efficacia del training è stata succes-sivamente somministrata ai bambini di entrambi igruppi una Prova sull’empatia, all’inizio dell’annoscolastico (test) e verso la sua fine (retest).

ti, non solamente attraverso una verifica qualita-tiva, come in genere avviene, ma attraverso deitest che valutassero la reale efficacia del trainingnell’accrescere l’empatia nei bambini, la lorocapacità di riconoscere le emozioni in sé e neglialtri e la loro vicinanza affettiva rispetto alleemozioni altrui.

In questi ultimi anni, grazie all’autonomia nellascelta del Piano di Offerta Formativa, la scuola hapotuto organizzare un’enorme quantità di propo-ste e nuove iniziative. Questo ha determinato lacoesistenza di esperienze educative e formative dialto livello accanto a iniziative mal organizzate esenza chiare finalità, confondendo spesso le ideesul vero significato di un’educazione alla salute inottica preventiva.“Spesso la prevenzione, in ambito musicoterapicoe arteterapico, viene confusa con il superfluo, conil di più di quanto sia previsto, richiesto, disposto.Si oscilla tra la sopravvalutazione (il lusso) e laminimizzazione, quindi rinunciabile, rimandabile[…] Dare alla prevenzione il giusto significatovuole dire portarla dalla penombra alla consape-volezza, e quindi, alla operatività di ciascuno”(Oberegelsbacher, Rezzadore, 2003).Per evitare interpretazioni riduttive e talvoltaerronee, crediamo si debba iniziare a lavoraresulla credibilità, sulla serietà dei progetti, e con-seguentemente anche sulla verifica della validitàdel modello operativo proposto, per fornire spun-ti di riflessione su quali siano gli interventi piùnecessari da introdurre nella scuola, e per incen-tivare un continuo miglioramento delle tecnichee delle metodologie messe in atto.

Il modello a cui abbiamo fatto riferimento per lastrutturazione del training e della successivaricerca è quello multidimensionale di Bonino, LoCoco e Tani (1998), che analizza lo sviluppo evo-lutivo delle diverse forme di empatia in stadi dicomplessità crescente.

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tristezza [f(1,100)=22.1, p<.01], rabbia [f(1,99)=22.1, p<.01], paura [f(1,99)=22.1, p<.01].

Effetto interazione nella gioia

Effetto interazione nella tristezza

Effetto interazione nella rabbia

La Prova sull’empatia ricalca una tipologia distrumenti, spesso utilizzata in letteratura, checonsiste nel mostrare ai bambini degli stimoliemotigeni che incentivino l’esplicitarsi di risposteempatiche. Il nostro tentativo è stato quello direndere questi stimoli il più possibile coinvolgen-ti per i bambini e vicini all’esperienza quotidiana.Per questo abbiamo realizzato 4 storie videoregi-strate in ciascuna delle quali il protagonista provauna diversa emozione (gioia, tristezza, rabbia,paura). I filmati sono contenutisticamentesovrapponibili alle vignette proposte da Albiero eLo Coco, testate sulla popolazione italiana (2001).Alla visione di ciascun filmato segue una breveintervista in cui si chiede ai bambini di esplicitare:D1- Che cosa prova il protagonista della storia e

in che misura.D2- Che cosa hanno provato loro vedendolo e in

che misura.D3- Perché hanno provato quell’emozione ve-

dendo il protagonista.Le risposte dei bambini vengono codificate utiliz-zando l’ECSS (Empathy Continuum ScoringSystem; Strayer, 1987) che permette di ottenereun Punteggio di empatia (che oscilla tra 0 e 19)dato dall’integrazione tra il punteggio di corri-spondenza affettiva (che sarà tanto più altoquanto più l’emozione che il bambino dice di pro-vare sarà simile in tipo e intensità a quella cheattribuisce al protagonista della storia, D1, D2) equello di attribuzioni cognitive (che sarà tantopiù alto quanto più saranno maturi i processicognitivi che mediano la risposta empatica, D3).L’efficacia del training è stata valutata confron-tando i punteggi conseguiti, nella fase di test e diretest, dai bambini del gruppo sperimentale e daibambini assegnati al gruppo di controllo. I risultati hanno fornito un riscontro molto posi-tivo rispetto all’efficacia a breve termine del trai-ning, nell’accrescere la capacità empatica in rife-rimento a ciascuna delle emozioni considerate: gioia [f(1,100)=10.41, p<.01],

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Effetto interazione nella paura

In dettaglio il training sembra aumentare le capa-cità dei bambini di condividere affettivamente leemozioni provate dagli altri e di utilizzare deiprocessi cognitivi più maturi per interpretarle:focalizzandosi sul vissuto emotivo degli altri,mettendosi nei loro panni (role taking) e conside-rando la loro prospettiva (perspective taking). Talemiglioramento non avviene invece nel gruppo dicontrollo, che, non avendo partecipato al corso,mantiene i punteggi ottenuti al tempo t1 e altempo t2 grosso modo intorno alla stessa media.Non si rintraccia alcun effetto dovuto all’appren-dimento del compito o alla crescita dei bambiniche potrebbe comportare un complessivo aumen-to dei punteggi in entrambi i gruppi.In particolare, l’efficacia del corso nell’accrescerela responsività empatica e la vicinanza affettivadei bambini rispetto alla rabbia, sembra essere unrisultato interessante. Solitamente infatti la rab-bia è un emozione con cui difficilmente i bambi-ni empatizzano, perché considerata “a rischio” inquanto provoca importanti cambiamenti nelsistema di self-control (Stayer, 1980). Possiamoipotizzare quindi che il fatto di familiarizzare conla rabbia durante il corso, e quindi in un ambien-te protetto, sicuro e contenitivo, abbia reso que-sta emozione più controllabile agli occhi dei

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The experience of music-theraphy here I report inabsolut the first journey of group realized withpsichiatric pazients in istitutional field inside thedepartment of psichiatric riabilitation of anhospital-university firm “P. Giaccone” of Palermodirected by professor Daniele La Barbera.Of the point epistemic- methodoligic with theword “integrated music-teraphy” we refer to anintegration of techincs used (music-terapic,cognitival and expressival), but to theoricaldifferent models: the first music-therapic-Benenzoniano, the other psichodinamic - analiticgroup. The integration of both guided theexpierence, consenting to catch that importantvariables caractirized the processing of music-terapical treatment in thegroup and throuth thegroup.

Le origini del gruppoNel settembre del 2003 si è attivato presso laUnità organizzativa (U.O.) 4002 di Riabilitazionepsichiatrica e Psicologia Clinica dall’AziendaOspedaliero Universitaria “P. Giaccone” di Paler-mo, diretta dal Prof. Daniele La Barbera, un“Laboratorio di Musicoterapia”. Tale iniziativa èstata rapidamente accolta e condivisa dai medicistrutturati, dagli operatori e soprattutto dagliutenti fruitori del servizio.Seguendo le indicazioni teorico/applicative in cuila musicoterapia stessa trova fondamento ed inlinea con le esigenze di cura dei pazienti e di eco-nomia dell’azienda ospedaliera, prende l’avvio, nelDicembre dello stesso anno, un percorso musico-terapico integrato, la cui peculiarità constaappunto nella adozione di tecniche pertinenti allariabilitazione psichiatrica come quelle musicote-rapiche e cognitive.Si costituisce in tal modo un gruppo di musicote-rapia integrata, formato da utenti psichiatrici in

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Nel settembre del

2003 si è attivato

presso la Unità

organizzativa

4002 di

Riabilitazione

psichiatrica e

Psicologia Clinica

dall’Azienda

Ospedaliero

Universitaria

“P. Giaccone”

di Palermo,

diretta

dal Prof. Daniele

La Barbera,

un “Laboratorio

di Musicoterapia”

Musicoterapia e Riabilitazione: una esperienza gruppale integrata

Flora Inzerillo

, Psi

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ta, P

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- diagnosi (psicosi nonaltrimenti specificata;disturbo dell’adattamen-to; schizofrenia paranoi-dea; disturbo bipolare inpersonalità borderline;disturbo delirante);

- livello culturale;- condizione socio- economica;- capacità espressiva;- livello di funzionamento psichico (in termini di

frammentarietà e disgregazione del Sé).

MetodologiaAvendo come costanti le indicazioni primadescritte circa le caratteristiche del gruppo, tuttele sedute si attengono a degli standard strutturalie procedurali che rendono possibile il processoterapeutico/riabilitativo e che insieme costituisco-no il “SET-SETTING” degli incontri, intendendo ilSET come lo scenario della psicoterapia: luogo,orario, cadenza degli incontri, durata dell’incontro;il SETTING come formazione del conduttore, lateoria di riferimento, la teoria della prassi, iltaglio osservativo.

Il set/tingIl percorso musicoterapico ha avuto una durata di12 mesi; gli incontri hanno avuto cadenza setti-manale; la durata del singolo incontro è di 90minuti.Le sedute si tengono presso i locali della nostraU.O. di Riabilitazione Psichiatrica e Psicologia Cli-nica con la seguente disposizione: assetto circola-re e presenza di uno strumentario “ORFF”, apposi-tamente allestito su un tavolo quadrato. Tra i sup-porti tecnici ci si è avvalsi dell’ausilio di un regi-stratore e di una videocamera; quest’ultima è stataintrodotta successivamente a causa della resisten-za da parte di qualche membro del gruppo.Gli operatori presenti nel gruppo sono tre, ognu-no con un ruolo ben preciso:

fase di remissione sin-tomatologica, ricovera-ti in regime di D.H. (DayHospital) presso lanostra U.O. ed inseriti inpercorsi riabilitativi. I Criteri adottati per laselezione del gruppo sono stati:- la capacità di verbalizzazione;- una capacità introspettiva anche minima;- la gravità dei disturbi (non devono essere

riscontrabili né acuzie, né sintomatologie flo-ride);

- l’assenza di aggressività agita.Non hanno costituito un vincolo all’inserimentonel gruppo:- il possesso di abilità musicali;- il possesso di capacità simboliche, ovvero la

capacità di fare collegamenti tra la musica e lapropria vita emotiva. Tali attitudini possonoinfatti svilupparsi nel corso del trattamento,anzi, possono diventare elementi di valutazio-ne positiva di un trattamento musicoterapico.

Caratteristiche del gruppoIl Gruppo viene istituito puntualizzando aspettistrutturali e dinamici precisi, nell’ottica di unmodello più funzionale possibile alle finalità chela riabilitazione psichiatrica si propone.In questa prospettiva si è preferito configuraretale esperienza gruppale come: “Gruppo Chiuso”con un numero di utenti iniziale limitato ad 8 enon riformato anche nel caso di abbandoni. Talescelta è stata attuata per evitare interferenzedannose ai fini della coesione e dello sviluppo delgruppo stesso.

Criteri per la composizione del gruppoSi predilige il criterio della Eterogeneità. I pazien-ti differiscono infatti per:- età (la media è di 34 anni);- sesso (3 uomini e 5 donne);

Il Gruppo viene istituito puntualizzando

aspetti strutturali e dinamici precisi

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- aiutare il paziente a far fronte a problemi dellavita quotidiana, a questioni familiari, a cam-biamenti di vita;

- facilitare il riconoscimento dei propri vissutiemotivi potenziandone l’autoespressione;

- migliorare l’accettazione dei vissuti corporei;- migliorare l’allenza terapeutica;- facilitare la visualizzazione dei propri nodi

conflittuali attraverso il sonoro;

Obiettivi a lungo termine:- rafforzare l’io attraverso l’utilizzo di meccani-

smi di difesa più adattivi;- incrementare la capacità di introspezione;- sviluppare l’attività simbolica attraverso i col-

legamenti tra musica, attività espressive e ipropri vissuti emotivi;

- acquisire modelli di comportamento più adat-tivi e soddisfacenti;

- curare la creatività nella propria vita;- scoprire la propria capacità di autoguarigione;- promuovere il benessere psico-fisico.

Accertamento e ValutazioneSin dal momento della selezione degli utenti sonostati presi in considerazione criteri per l’accerta-mento e la valutazione; vi è stata infatti la rac-colta di informazioni relative ai precedenti tratta-menti terapeutici del paziente, alla sua storiafamiliare, alle sue aspettative riguardo al gruppoe all’attività riabilitativa.Nella valutazione si possono distinguere tre fasi:- fase iniziale:

si caratterizza per due filoni valutativi specifici,corrispondenti il primo all’ambito cognitivo(somministrazione dello S.T.A.I. e del VADO) e cli-nico (studio dell’andamento clinico, farmacologi-co e della frequenza dei ricoveri), il secondoall’ambito “espressivo-sonoro” (compilazionedella scheda anamnestico sonora e di una valu-tazione iniziale sonora di ogni soggetto, finaliz-zata alla determinazione dei criteri di inclusione

- Conduttore: musicoterapeuta/psicologo. Ruolo: gestire l’ascolto e i codici di comunicazio-ne non verbale, il riconoscimento del proprio ISOe quello del gruppo, facilitare la comunicazionetra i pazienti e l’emersione dei nodi conflittuali edisturbanti, individuare la dinamiche transferali econtrotransferali riutilizzabili nella restituzionesonora, gestire il flusso emotivo e aiutare il grup-po nella riformulazione costruttiva dei nodi con-flittuali evidenziati.- Co-conduttore: tecnico della riabilitazione psi-chiatrica.Ruolo: sostenere le scelte del conduttore, facilita-re l’apertura e rafforzare i canali di comunicazio-ne nei pazienti in difficoltà, contenere l’actingout di qualche membro per consentire il mante-nimento delle regole del setting.- Osservatore: psicologo, in formazione psicotera-pica.Ruolo: supportare la coppia terapeutica nellacompilazione del protocollo relativo alla singolaseduta, svolgere la funzione di “ memoria storica”ed in “itinere” del gruppo, contribuendo al pro-cesso di valutazione del trattamento attraversoosservazioni ed insight e ponendosi come lentedistaccata del processo terapeutico.

OBIETTIVIPartendo dall’analisi dei bisogni di ogni singolopaziente, sempre nel rispetto di un’ottica tera-peutico/riabilitativa, sono stati individuati diversiobiettivi da raggiungere in differenti momenti delprocesso musicoterapico integrato.Obiettivi a breve termine:- migliorare la capacità di socializzazione;- sviluppare il senso di fiducia nei confronti del

setting e del gruppo;- migliorare le abilità di coping (saper affronta-

re le situazioni). Obiettivi a medio termine:- aumentare la consapevolezza di sé e degli altri;- migliorare le abilità di comunicazione;

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Le tecniche cognitive e musicoterapiche impiega-te sono: l’IPT, l’Improvvisazione sonora e/o vocalee l’ascolto di brani sonori attivanti.

- II Fase: Nella fase di sviluppo vengono suggerite aipazienti attività espressive attraverso le seguentitecniche: improvvisazione strumentali, dramma-tizzazioni sonore e non, role playng sonori e non,rappresentazione sonora dei ruoli familiari, narra-zioni di fiabe inventate dal gruppo, sottopro-grammi dell’IPT.

- III Fase:Nella fase di chiusura si effettuano restituzionisonore attraverso la tecnica del riascolto e dellaimprovvisazione strumentale da parte di:Musicoterapeuta da solo, Musicoterapeuta egruppo, solo gruppo.La fine della seduta è caratterizzata da un ritualedi saluto accompagnato da vocalizzazioni, ciò alfine di favorire il flusso energetico ed il senso diappartenenza.

Processualità del trattamentoCoerentemente con i bisogni del gruppo e con gliobiettivi prefissati, si è configurato, nel corso deltrattamento, un processo di cambiamento che hacoinvolto il gruppo attraverso l’attivazione diimportanti “fattori terapeutici”. Tali fattori, che sono stati ben visualizzati dallateoria gruppoanalitica, vengono qui riproposti invirtù delle forti corrispondenze che questi trova-no all’interno di un setting analogico come quel-lo musicoterapico.I principali fattori terapeutici evidenziati nelgruppo attraverso le produzioni sonore e le ver-balizzazioni sono: risonanza, rispecchiamento,identificazione, autorivelazione di sé.Con tali termini ci si riferisce prevalentementealle esperienze (per lo più inconsce) che accada-no fra tutti i membri del gruppo. Qualcosa degli

ed esclusione). Fanno parte di tale fase l’osserva-zione musicoterapica mirata ed il bilancio psico-musicale;

- fase in itinere:prevede i protocolli di osservazione redatti allafine di ogni incontro, i colloqui con i familiari,eventuali videoregistrazioni, registrazioni, icolloqui individuali, le riunioni di equipe tratutti gli operatori coinvolti nel progetto globa-le terapeutico/riabilitativo.

- fase finale:comprende i colloqui con i familiari, i retest, ilmonitoraggio degli interventi clinici e farma-cologici e la frequenza dei ricoveri di ogni sin-golo soggetto.

Procedura di trattamentoLo stile di conduzione è stato semidirettivo maflessibile nello stesso tempo, per adattarsi via viaai bisogni emergenti dal gruppo stesso.

Struttura della seduta:Lo svolgimento della seduta segue tre fasi e preci-samente: riscaldamento, sviluppo, chiusura.Per ciascuna fase sono state impiegate tecnichemusicoterapiche e cognitive specifiche.Tra quest’ultime è stato impiegato l’IPT: un pro-gramma strutturato per la riabilitazione delpaziente psicotico, i cui sottoprogrammi sonostati utilizzati in maniera differenziata adeguata-mente alle fasi del trattamento.Il materiale tematico che il gruppo porta vienesviluppato secondo una sequenza che va dalmusicale al verbale e/o dal verbale al musicale.

- I Fase:La fase di riscaldamento si apre quasi sempre conuna discussione verbale attivata sia dai pazienti,che riportano esperienze o vissuti personali, siadai conduttori, che possono rivolgere ai membridel gruppo domande o richieste specifiche perintrodurre le attività pianificate.

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altri - un racconto, un suono, la scelta di unostrumento - evoca elementi propri interni checonsentono a ciascuno di guardarli, osservarli econoscerli meglio. Tutto ciò è collegato al reci-proco e continuo comunicare qualcosa di sé aglialtri e al guardarsi tramite gli altri; ne conseguo-no alcuni fenomeni tipicamente gruppali quali adesempio il ricordare all’improvviso un sogno, unepisodio, un proprio vissuto mentre l’altro parla. Dunque è possibile che il processo trasformativointervenga anche su quei soggetti particolar-mente isolati ed introflessi. Ciò è reso possibileda tutti quegli elementi attinenti alla comunica-zione non verbale che supportano il contenutoverbale. Nel momento in cui il gruppo appare più conso-lidato e coeso, interviene quale fattore di tra-sformazione, l’autorilevazione di sé: è come seogni soggetto riuscisse a comunicare qualcosa disé agli altri attraverso l’agire e la drammatizza-zione, si riesce cioè ad immettere nel settinggruppale (inteso come area protetta intermediatra mondo interno e realtà esterna) i propri nodipatologici.In questo modo si agiscono e si mobilitano le pro-prie emozioni intollerabili, non dicibili, si allentanotevolmente la tensione psichica (catarsi) eattraverso la dimensione simbolica e immaginariaprodotta dall’elemento sonoro-musicale e narra-tivo, il disagio, i sintomi e la sofferenza dei sog-getti possono cominciare a narrarsi e a trovareforma e significato. All’interno del percorso pro-cessuale il gruppo assolve due differenti funzioni:ora quella contenitiva, ora quella nutritiva.Attraverso tale alternanza nel gruppo inizia aconfigurarsi un vero e proprio “campo relaziona-le” o per meglio dire un “campo co/transferalesonoro –musicale”, visualizzabile a livello sonoroattraverso la dissolvenza delle dissonanze inizialie del caos sonoro che regna nelle sedute iniziali,e la creazione di un unico ritmo, un ritmo collet-tivo, in cui ognuno tuttavia riconosce la propria

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The article, through a parallelism betweenBenenzon’s music therapy model and Jung’spsychoanalytic theory, suggests the utilization ofsound not only to make the comunication easy,but also as a real language. Music and sound canvoiced all that is unutterable through a symboliclanguage.The universality of music, the existenceof “sound archetypes” inside collective uncon-scious and the simbolic meaning of music arepowerfull therapeutic means. So the music the-rapy session can became a psychotherapeutic ses-sion in which, through complex uconscious dyna-mics it’s possible to reach self changes.

Il concetto di strutturazione del sé riporta per ana-logia alla strutturazione del caos, al passaggio daldisordine all’ordine. Ed è per questo che ho cercatodi interpretare il percorso di strutturazione del sécome metafora del passaggio dal caos all’ordine, oviceversa quest’ultimo come metafora della strut-turazione del sé. Questi due percorsi paiono lonta-nissimi, ma in realtà l’idea del mondo che si strut-tura è dentro di noi, e si può dire che sia una nostraproduzione o forse una nostra proiezione. Ed ancora, ho cercato di porre in relazione questipercorsi con quello che si attua in musicoterapia,in cui si ripercorrono attraverso produzioni,destrutturazioni e ristrutturazioni sonore, letappe del passaggio dal caos all’armonia. GiàSchön nel 1993 parlava della musica come di unmodo attraverso cui è possibile organizzare il disordine “in quanto linguaggio che - comevedremo - è specializzato nella mediazione delleemozioni e svolge un ruolo di ordinatore”.Ho cercato di osservare tutto ciò applicando, eponendo a confronto, due modelli di musicotera-pia, tra i 5 accreditati a livello mondiale: il model-lo Benenzon, che pone l’accento sugli aspettirelazionali, avendo una solida base psicodinami-ca, ed il modello di Mary Priestley, di matrice ana-litica Junghiana.

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Il concetto

di strutturazione

del sé riporta

per analogia alla

strutturazione

del caos,

al passaggio

dal disordine

all’ordine

Dal Caos all’armonia

Roberto Messaglia, P

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iatr

a, P

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o

conscio”: gli archetipi.Questi sono delle“forme, dei modi diessere ereditati dellafunzione psichica”. Essicorrispondono in qual-che modo ai “Modelli di

comportamento” (come il modo innato degliuccelli di fare il nido). Ma nello spazio della psichesoggettiva il corrispettivo del sopra descritto“Archetipo biologico” diventa più complesso:come in una soluzione satura le molecole si dis-pongono grazie a leggi molecolari, in cristalli, cosìgli archetipi organizzano a livello inconscio glielementi in modo da farli apparire come configu-razioni tipiche. Uno degli archetipi più comuni è quellodell’Anima (o Animus nella donna), sorta di “per-sonificazione dell’inconscio”. I miti sono delle tra-sposizioni drammatiche di questi archetipi.L’archetipo viene spesso rivestito da Simboli. IlSimbolo è per Jung “la migliore formulazionepossibile di qualcosa che è relativamente scono-sciuto, che non possiamo descrivere altrimenti”. Ad esempio, il simbolo della Croce esprime un fattoancora ignoto, mistico e trascendente, incompren-sibile. Il simbolo ci permette di creare dei ponti trail noto e l’ignoto, permettendo così alla psiche direalizzare tutte le proprie potenzialità. Il simbolo è vivo solo finchè porta di sé un signifi-cato profondo, finchè mantiene la tensione dentrodi sé; quando il significato viene alla luce mantienesolo un valore storico. Nel simbolo ognuno vede ciòche la sua potenza gli permette di vedere.

I simboli sono pluridimensionali, ed esprimono re-lazioni quali terra – cielo, spazio – tempo, imma-nente – trascendente: come la cupola che è ad untempo simbolo con una faccia diurna ed una not-turna, una rivolta al cielo ed una riflessa sulla ter-ra. Così i mandala. Il simbolo contiene perciò in séuna tensione tra gli opposti.

All’interno di ciascunodi noi sono presenti,affondati nel maredella nostra psiche, deirelitti sommersi; moltidi loro nascondono deitesori. Freud ci ha inse-gnato che i “rimossi”, cioè quanto vi è di inaccet-tabile per la nostra coscienza (i conflitti irrisolti)vengono “affondati” nell’inconscio. Tuttavia l’inconscio non si limita a contenere sola-mente i rimossi, ma è qualcosa di estremamente piùcomplesso. Comprende infatti tutta la sfera dell’at-tività psichica che non raggiunge la coscienza.Il contenuto dell’inconscio però non è immobile estatico, ma dinamico, in continuo movimento einfluenza, modificandosi continuamente, la nostravita psichica condizionando così il nostro agire.Tra le energie dinamiche presenti nell’inconscio viè quello che R. Benenzon (1997) definisce ISO(identità sonora), ed in particolare i nostri arche-tipi sonori, tutto ciò che abbiamo ereditato gene-ticamente (ISO Universale); le esperienze sono-ro–musicali durante la gestazione ed il parto (ISOGestaltico). Tali energie sono in continuo movi-mento (l’ISO è un concetto dinamico) e si arric-chiscono, durante la nostra vita esperienziale, ilnostro vissuto sociale e culturale, di altre energie(ISO culturale) che si trovano ad un livello supe-riore, pre–conscio. Le energie presenti nell’incon-scio si reggono secondo i principi di quello cheFreud definisce “Processo primario”: caratteristi-che di tale processo sono l’atemporalità (non esi-stono né passato, né futuro, tutto è presente) etutto è governato da processi pre–logici (non sibasa sui principi di contraddizione, non esiste néaffermazione, né negazione: tutto è, tutto simuove solo in base a maggiori o minori possibili-tà di scarica).

C.G. Jung (1993) introduce nuovi elementi, cheritiene “appartengano alla struttura stessa dell’in-

Tra le energie dinamichepresenti nell’inconscio

vi è quello che Benenzon

definisce ISO

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La simbologia che porta in sé esprime l’inesprimi-bile, la sua tensione la proietta tra il noto e l’i-gnoto, il conosciuto e la scoperta. Pur essendointelligibile (la capiamo) è intraducibile (Strauss1964); si lascia alle spalle i concetti: è un mondonon raccontato con le parole. È Universale, inquanto esperienza comune a tutti. Il suo signifi-cato non è univoco come la parola, dove le asso-ciazioni sono stabili, non c’è biunivocità tra signi-ficante e significato (La parola suona, cioè signi-fica; la nota risuona, cioè “È“. Il significato dellanota è la nota stessa. Tanto è che per descrivereuna musica si utilizzano parallelismi tattili, visivi,chinestesici). (Eggebrecht, 1987)Questo suo valore simbolico permette alla musicadi dare un nome alle emozioni (i simboli sonori, lesopra descritte immagini archetipiche sonore).Il soggetto che entra in comunicazioni con l’altroutilizzando la musica utilizza quindi un linguag-gio simbolico.

La psiche attraverso il simbolo (che, come abbia-mo detto precedentemente, contiene dentro di segli opposti) porta il soggetto a quella che Jungchiama “Individuazione di sé”: questa è un pro-cesso di integrazione interiore (soggettiva), cioèun’identificazione con il Sé, la parte più autenti-ca di ciascuno di noi. Creando “ponti con l’igno-to”, come abbiamo detto, i simboli permettonoalla psiche di realizzare le proprie potenzialità, ditrovare nuove possibilità di convivenza degliopposti. Ma l’individuazione di sé è anche un processorelazionale che permette un migliore adattamen-to alla realtà. L’emozione espressa attraverso ilsimbolo musicale, armonizzandosi ed integrando-si con la realtà, permette di adattarci ad essa.Rendendo dicibili le emozioni, permette che que-ste possano essere vissute in modo non distrutti-vo. Ad esempio, la “rabbia” espressa attraversouna produzione sonora ad alta intensità, è piùaccettabile ed è veicolata alla costruzione di una

Tra gli archetipi vi sono anche le immagini arche-tipiche sonore, che hanno il carattere di atempora-lità (vedi processo primario) e sono “equivalentisonori di storie e figure mitiche che rientrano nel-l’inconscio collettivo”. Per Benenzon sono differen-ti dal concetto di ISO Universale, essendo descritteda Jung come “Immagini”. Senza dubbio vi è peròuna stretta correlazione tra le due.

Tra le storie mitiche vi sono i miti cosmogonici. Lamusica è spesso descritta come forza creatrice. Ilsuono “creatore“ nasce dalla lotta tra opposti:Luce – buio; Vita - morte.

Il mito della creazione: gli aborigeni australianifanno risalire la creazione del mondo al “tempodel sogno”, un’epoca in cui gli “antenati”, esseriancestrali, iniziarono a percorrere la terra cam-minando lungo le “vie dei Canti”: essi cantavanoil nome di tutte le cose, ed il loro canto le facevanascere. Ecco attribuito al suono il potere di“forza creatrice”; ed ecco che il suono e la danzarievocano ogni giorno gli antenati con la loroenergia vitale, facendo si che la vita continui aprosperare.

L’influenza della cultura nella civiltà occidentalecristiana crea un’incontro – scontro tra l’emozionee la “mathesis”, la razionalizzazione. (Eggebrecht,1987). Ed ecco “La creation du Monde”, ballettodi D. Milhaud del 1923; “Così parlò Zarathustra”,poema sinfonico di R. Strauss del 1895; “La crea-zione”, oratorio di F.J. Haydn del 1798.La creazione rappresenta la fine del Caos, con l’in-gresso nell’universo di una forma, di un ordine. Èla creazione stessa che in una certa ottica crea ilCaos perché poi questo possa essere ordinato, econ l’evoluzione del Caos inizia il tempo.

La musica porta in sé quindi un linguaggio sim-bolico, di un qualcosa di non diversamente espri-mibile, che contiene una tensione tra gli opposti.

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produzione sonora. Premessa fondamentale del-l’individuazione, secondo Jung, è proprio la possi-bilità di relazione costante e di confronto.

Nella seduta di gruppo (o individuale) si crea l’ISOgruppale (o di interazione) (Benenzon, 1997). Laproduzione sonora, inizialmente aleatoria, èsegno di una produzione che provoca il cambia-mento, in quanto la produzione casuale è ricca dicreatività. La successiva organizzazione della pro-duzione sonora crea l’armonia. Viene così favori-to il processo di individuazione attraverso la rela-zione, ed un miglior adattamento alla realtà, conconseguente effetto preventivo primario. Laseduta di MT diventa così metafora cosmica dellastrutturazione del caos.

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percorso metodologico, congruente con le teoriedi riferimento, che in fase applicativa può per-mettere di evidenziare tipologie di fruizionesonoro/musicale e tipologie di trattamento musi-coterapico; tali tipologie possono per l’appuntocostituire occasioni di integrazione fra le diversecomponenti della musicoterapia e altresì favorirelo sviluppo di una disciplina maggiormente auto-noma e solida sul piano della teoria e dei metodi.

Musicoterapia e professione tra teoria epratica. Dal primo contatto alla supervisioneRolando Omar Benenzon, Luigi Casiglio, MariaEmerenziana D’Ulisse, Il Minotauro, Roma, 2005.

Com’è noto, la musicoterapia non ha ancora inItalia un riconoscimento giuridico. Questo significache non esistendo un albo professionale italiano,pur esistendo, invece, diversi modelli teorici di rife-rimento, non sono ancora stati identificati deiparametri, sia scientifici che professionali, che pos-sano considerarsi validi per tutti i professionisti dimusicoterapia. Ciò rischia di lasciare ampio spazio,all’interno della professionalità del musicoterapista,a interventi e modalità operative basate su costrut-ti teorici molto più soggettivi che oggettivi. Questovolume («opera molto ricca e complessa», come lodefinisce Pier Luigi Postacchini in apertura della suaPrefazione) è concepito innanzi tutto come presen-tazione, guida, messa a punto e approfondita rifles-sione per orientare i professionisti della musicote-rapia, e coloro che intendono diventarlo, nel lorolavoro e nella loro relazione d’aiuto. Il testo è divi-so in due parti. La prima è una presentazione di tipoteorico dedicata alla definizione e chiarificazionedei termini “musica” e “terapia” all’interno del con-testo musicoterapico, alla specificazione delladistinzione tra musicoterapia attiva e musicotera-pia recettiva e alla descrizione dei modelli ricono-sciuti nel panorama scientifico internazionale. A ciòsi affianca una presentazione dei principali riferi-

a cura di Luca Zoccolan

Manuale di MusicoterapiaTeoria, metodo e applicazioni della musicoterapiaGerardo Manarolo, Cosmopolis, Torino, 2006.

La musicoterapia trova ormai applicazione innumerosi contesti clinici ed è altresì oggetto diun crescente interesse anche da parte degli ambi-ti scientifici maggiormente attenti alla verificadei processi e degli esiti. Tuttavia proprio taleattenzione evidenzia i limiti attuali della discipli-na. Infatti a fronte di innumerevoli testimonanzecliniche la riflessione inerente i presupposti teori-ci, il metodo, la verifica appare ancora fragile.Esiste una frattura, una soluzione di continuoall’interno dell’ambito teorico e fra questi e l’am-bito applicativo, tale frattura non consente, atutt’oggi, l’elaborazione di un quadro concettua-le sufficientemente formalizzato. Quali sono leragioni di questa fragilità concettuale?La multidisciplinarietà della musicoterapia presen-ta, per forza di cose, un contesto teorico poco inte-grato, più frutto di accostamenti, inoltre non sem-pre si osserva una congruenza tra le premesse teo-riche enunciate e la prassi che ne consegue; taleultimo aspetto appare connesso alla difficile, senon a volte impossibile, traduzione dell’elementosonoro/musicale all’interno delle categorie psicolo-giche utilizzate dai differenti ‘modelli’ musicotera-pici, categorie peraltro imprescindibili.Il Manuale di Musicoterapia di Gerardo Manarolo,frutto di una pluridecennale esperienza in ambi-to clinico e formativo, propone il superamento ditali criticità attraverso la proposta di una chiaroiter metodologico ed il recupero di uno strettorapporto con la dimensione clinica ed esperien-ziale. Infatti solo in questo modo può essereavviata l’integrazione fra le diverse teorie checompongono la musicoterapia e fra queste e gliaspetti applicativi e di metodo.Il Manuale consente di accedere ad un chiaro

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recensioni

“passaggi” descritti nel libro: il superamento delrischio della medicalizzazione della musicoterapia,l’integrazione fra modelli teorici psicodinamici epratica musicoterapeutica, la proposta dei concet-ti di armonizzazione e sintonizzazione...; non menoapprezzabile la preoccupazione formativa docu-mentata in diversi contributi del volume.Nel contesto della musicoterapia italiana, ricco evariegato, si sente la necessità di riflessioni critichesul rapporto sempre complesso fra teorie, metodi etecniche. Il lettore non può non restare impressio-nato dall’efficacia con cui il volume mette a con-fronto concetti teorici e pratica clinica, favorendola comprensione dei presupposti teorico-metodolo-gici che stanno alla base delle applicazioni dellamusicoterapia; le riflessioni di Postacchini, espressein stile fermo e chiaro, riescono bene a farci capirecome spesso si operi senza tenere nel dovuto contoi processi fondamentali che sottostanno all’inter-vento pratico. Analizzando attentamente alcuneparti del testo, si coglie lo sforzo con cui l’autore haaffrontato negli anni, in piena autonomia, alcuninodi critici che fondano la tenuta e la solidità dellostatuto della musicoterapia:il moltiplicarsi delle “pratiche” e delle applicazio-ni (adatte alle più diverse circostanze e situazio-ni) non può rinunciare ad un ancoraggio rigorosoalla teoria, pena l’illusione che la “sistematizza-zione” possa spontaneamente scaturire da strate-gie operative eterogenee.Per tutti questi motivi mi sembra che il contribu-to, puntuale e intelligente, di Postacchini vadaben oltre la semplice presentazione e discussionedi un percorso personale. Esso costituisce unostrumento particolarmente utile per quanti sioccupano di musicoterapia: la semplicità dellostile e il rigore espositivo ne fanno tanto un“documento” sulla musicoterapia italiana quantouno efficace strumento di formazione.

dalla presentazione del Prof. Pio E. Ricci BittiDipartimento di Psicologia - Università di Bologna

menti teorici, tratti dal mondo della psicologia, cuisi riferiscono i vari modelli. La seconda parte si sof-ferma ampiamente sugli elementi pratici della pro-fessione: il contratto terapeutico, la valutazione, ladistanza terapeutica, la costanza terapeutica e lasupervisione. Il libro ha tra i suoi obiettivi principa-li quello di permettere al lettore un approccio ope-rativo alle molteplici difficoltà che la musicoterapiarichiede di affrontare e superare per poter essereattuata in modo proficuo ed efficace, senza peròevitare di stimolare in lui la formazione di radicatiatteggiamenti di responsabilità, rispetto e sensibili-tà nell’avvicinarsi alla persona del paziente. Il volu-me offre a coloro che intendono operare nel campodella musicoterapia, o a coloro che già lo fanno,un’occasione e uno stimolo per una riflessione sulleloro conoscenze teoriche e le abilità comportamen-tali e professionali.

In viaggio attraverso la Musicoterapia(Scritti di musicoterapia)Pier Luigi Postacchini, Cosmopolis, Torino, 2006.

Presento con piacere questa nuova fatica edito-riale di Pier Luigi Postacchini nella quale egli havoluto ripercorrere in modo critico la propriatrentennale esperienza in musicoterapia; implici-tamente, così facendo, egli ha anche affrontato ilgraduale processo che ha portato all’affermazio-ne della musicoterapia in Italia. Il contributo diPostacchini risulta particolarmente interessanteproprio nel momento in cui la musicoterapia ita-liana incontra un fortunato sviluppo; egli ha par-tecipato ed originalmente contribuito al dibattitoche in questi anni ha accompagnato il percorsoevolutivo del movimento musicoterapeutico edora analizza in modo attento gli aspetti più signi-ficativi della propria traiettoria personale.Non ho la competenza necessaria per entrare nelmerito di svariati problemi affrontati nel volume;reputo tuttavia particolarmente significativi alcuni

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notiziarioA.I.M.

Associazione Italiana dei Professionisti della MTLettera aperta a Soci e simpatizzanti

Vi inviamo alcune informazioni relative all'attivi-tà svolta dal Consiglio Direttivo dell'A.I.M. e viinvitiamo a contattarci inviandoci proposte esuggerimenti.

1 Vogliamo innanzitutto annunciare che, comedeliberato nella recente Assemblea di set-tembre, sarà presto attivata la Segreteriaorganizzativa. La segretaria sarà a disposizione dei Soci alnumero di telefono e alla email che entro ilmese di Gennaio '06 saranno inserite nel Sitowww.aiemme.it con indicati gli orari di repe-ribilità. È una modalità che consentirà di avereinformazioni in tempi rapidi ed efficienti epermetterà di poter mantenere un contattodiretto con l'Associazione. Dalla segreteria potrete ricevere richieste diintegrazione o di chiarimento di quantoinviato, non inviato e/o non pervenuto. Inmerito vi chiediamo di collaborare al fine dipoter raccogliere tutti i dati necessari perpoter svolgere un ottimale lavoro di informa-zione interna.

2 È stato definito un protocollo in accordo conil Colap relativo alle modalità con le quali sti-pulare una Assicurazione di R.C. e controinfortuni da parte dei musicoterapisti iscrittiall'A.I.M. Le quote sono indicate in un mini-mo di € 65 ed un massimo di € 90 annualiche si aggiungeranno alla Quota AssociativaA.I.M. I Soci saranno liberi di scegliere se sottoscri-vere tale proposta o assicurarsi con altremodalità.

3 Stiamo definendo l'indice e i contenuti dellaGuida del Professionista A.I.M. nella quale

descriveremo in maniera accurata che cosa èper noi la musicoterapia, chi è il musicotera-pista, dove e come può lavorare, quali sono iCriteri Formativi, i Criteri di Accessoall'Associazione, i Criteri di Aggiornamento, ilCodice Deontologico e Regolamenti internied un elenco dei musicoterapisti deiFormatori e dei Supervisori divisi perRegione. Riteniamo che la Guida possa divenire unostrumento estremamente efficace per poter-si presentare presso Enti ed Istituzioni, Centrie Associazioni, sia in ambito pubblico cheprivato, per promuovere la attività di musico-terapia con serietà e rigore.Faremo tutto il possibile perché la Guida delProfessionista possa essere ultimata entro lametà del prossimo anno e presentata allaprossima Assemblea.

4 Stiamo inoltre lavorando ad una pubblicazionecon un autorevole Editore che possa esserecentrata sui contenuti del recente CongressoInternazionale da noi promosso e organizzato,in collaborazione con la E.M.T.C., presso ilDipartimento di Psicologia di Bologna.Intento di tale pubblicazione è quello di pro-porre e approfondire temi e contenuti chepossano essere utili e apprezzati daiProfessionisti della musicoterapia e più ingenerale proposti all'area socio sanitaria a cuiprevalentemente ci rivolgiamo.Riteniamo siano maturi i tempi per compiereun salto di qualità nelle proposteProfessionali, Formative, di Ricerca e nellePubblicazioni. Il testo in preparazione sarà un segnale ulte-riore in questa direzione.

5 Proseguono i contatti e le relazioni con laE.M.T.C. Come sapete abbiamo recentemente ospitatoa Bologna l'Assemblea annuale dei Rappre-sentanti delle Associazioni Professionali diMusicoterapia di 25 Paesi europei che hanno

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in tale occasione approvato i criteri generaliche informeranno la definizione dei criterirelativi ai Registri Europei di Musictherapist eSupervisor.Il processo che porterà alla definizione ditale percorso è lungo e complesso e si svol-gerà parallelamente al percorso diRiconoscimento della Musicoterapia nei varipaesi europei. La maggior parte dei paesieuropei è infatti come nel nostro paese,ancora in attesa di un Riconoscimento pro-fessionale.

6 In merito al percorso per il Riconoscimento,questo è un periodo molto intenso di rifles-sioni e scambi anche con altre associazionidi musicoterapia (è stato deciso di prosegui-re il lavoro iniziato nel precongresso diBologna) e di altre discipline che hanno unasituazione simile alla nostra. La legge pro-mulgata dalla Regione Campania in meritoall'attività e alla formazione inMusicoterapia (troverete a giorni il testodelle legge e un commento in merito sulsito) sta favorendo un dibattito anche isti-tuzionale sulla situazione italiana.

7 Vi informiamo che congiuntamente allaConfiam abbiamo organizzando l'Esame diIdoneità che consente l'accesso al RegistroA.I.M. dei musicoterapisti. L'Esame è svolto indata 10 Febbraio 2006 presso Dipartimentodi Psicologia della Università di Bologna. LaCommissione esaminatrice è stata compostadal Prof. Pio Enrico Ricci Bitti, da 2 membriA.I.M. (Presidente e Vicepresidente) e da 2Membri indicati dalla Confiam.

8 Vi invitiamo infine a visitare il nostro Sitowww.aiemme.it Stiamo cercando di aggiornare con tempesti-vità e continuità questo spazio in modo taleche possiate essere informati in tempo realedi quanto viene definito e stabilito interna-mente all'Associazione.

9 Vi invieremo come di consueto copia dellaRivista Musica et Terapia, valido strumentodi aggiornamento per i Professionisti dellamusicoterapia.

10 Invieremo anche il bollettino per il versa-mento di CC postale della quota associativadel prossimo anno. La Quota da versare entroil 31 marzo 2006 è pari a 75.00. Chi effet-tuerà il versamento dopo tale data pagheràuna Q.A. pari a € 90.00. Ricordiamo che l'in-serimento nei Registri interni dipende anchedal regolare versamento della Q.A.

Ricordiamo ancora una volta a tutti l'importanzafondamentale che riveste, per una Professionecomplessa e affascinante come la nostra, la col-laborazione costruttiva e critica, di tutti i soci.Questa strada soltanto può portare ad un realeevolversi delle nostre specifiche conoscenze ecompetenze, e alla crescita professionale a cuistiamo lavorando in questi anni.

Vi salutiamo cordialmente, Il Consiglio DirettivoA.I.M.

Ferdinando SuviniBarbara Zanchi

Emerenziana D'UlisseAlfredo Raglio

Claudio BonanomiCarmen Ferrara

musicoterapia (M. Mancini) • Musicoterapia e stati di coma:riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il caso di Luca (L. Gamba)• Disturbi del linguaggio e Musicoterapia (P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo) •La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M. Gilardone,I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazione sonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli, P. Salza, C.De Bacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli) • Musicotera-pia e processi di personalizzazione nella Psicoterapia di un casodi autismo (L. Degasperi) • La recettività musicale nei pazientipsichiatrici: un’ipotesi di studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S.Remotti) • Musica e Psicosi: un percorso Musicoterapico con ungruppo di pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo della Musi-coterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro che producesenso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • La Musicote-rapia non esiste (D. Gaita) • L’Anziano e la Musica. L’inizio di unapproccio musicale (B. Capitanio) • Riflessioni su una esperien-za di ascolto con un soggetto insufficiente mentale psicotico (P.Ciampi) • Un percorso musicoterapico: dal suono silente alsuono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • La comprensione dell’into-nazione del linguaggio in bambini Down (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e il trava-glio di parto: descrizione di un’esperienza (P.L. Righetti) • Aspet-tar cantando: la voce nella scena degli affetti prenatali (E.Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico dell’ascolto creati-vo (M. Borghesi) • Musicoterapia e Danzaterapia: le controindi-cazioni al trattamento riabilitativo di alcune patie neurologiche(C. Laurentaci, G. Megna) • L’ambiente sonoro della famiglia edell’asilo nido: una possibile utilizzazione di suoni e musichedurante l’inserimento (M. G. Farnedi) • La Musicoterapia Prena-tale e Perinatale: un’esperienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nella musica, inpsicoterapia, in musicoterapia (P.L. Postacchini) • L’improvvisa-zione in psicoterapia (A. Ricciotti) • L’improvvisazione nella pra-tica musicoterapica (M. Borghesi) • La tastiera elettrica fra edu-cazione e riabilitazione: analisi di un caso (Pier Giorgio Oriani) •Ritmo come forma autogenerata e fantasia di fusione (G. DelPuente, S. Remotti) • Aspetti teorici e applicativi della musico-terapia in psichiatria (F. Moser, G. M. Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzionato) • Lamente musicale/educare l’intelligenza musicale (J. Tafuri) • Rever-sibilità del pensiero e pensiero musicale del bambino (F. Rota) •Musica, Elaboratore e Creatività (M. Benedetti) • Inchiostro, sili-cio e sonorità neuronali (A. Colla) • Le valenze del pensiero musi-cale nel trattamento dei deficit psico-intellettivi (F. De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce poco fa (D.Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) • La musicaallunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) • Musicoterapia esimbolismo: un’esperienza in ambito istituzionale (A.M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale(M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musicoterapia (G.Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Pro-spettive formative e professionali in Musicoterapia (P.E. RicciBitti) • Un coordinamento nazionale per la formazione in Musi-coterapia (G. Manarolo)

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazione alparto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambito psichia-trico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M. Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) • Metodologiemusicoterapiche in ambito psichiatrico (M. Vaggi) • Aspetti diun modello operativo musicoterapico (F. Moser, I. Toso) • La vocetra mente e corpo (M. Mancini) • Alcune indicazioni bibliografi-che in ambito musicoterapico (G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R. Benen -zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair) • LaMusicoterapia: proposta per una sistemazione categoriale eapplicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi delle percezio-ni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L. Postacchini,C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche in ambito neuro-logico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti in terapia: lo spaziodella danza (R. De Leonibus) • La musicoterapia nella letteratu-ra scientifica internazionale, 1ª parte (A. Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interiore(W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e la Musicotera-pia (R. Benenzon) • Ascolto musicale e Musicoterapia (G. DelPuente, G. Manarolo, P. Pistarino, C. Vecchiato) • La voce comemezzo di comunicazione non verbale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M. Jacoviello) •Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità (D. Morando) •Gruppi di ascolto e formazione personale (M. Scardovelli) • Espe-rienza estetica e controtransfert (M.E. Garcia) • Funzione poliva-lente dell’elemento sonoro-musicale nella riabilitazione dell’insuf-ficiente mentale grave (G. Manarolo, M. Gilardone, F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali e teleo-logici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler, Vernero, Gilar-done) • Il ritmo musicale nella rieducazione logopedica (L. Paglie-ro) • Differenze e similitudini nell’applicazione della musicoterapiacon pazienti autistici e in coma (R. Benenzon) • La musica comestrumento riabilitativo (A. Campioto, R. Peconio) • Linee generalidel trattamento musicoterapico di un caso di “Sindrome del Bam-bino Ipercinetico” (M. Borghesi) • Strumenti di informazione e dianalisi della prassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento striden-te o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L’inventiva delterapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La formazio-ne in ambito musicoterapico: lineamenti per un progetto dimodello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G. Manarolo, C.Bonanomi) • Il suono e l’anima: la divina analogia (M. Jacoviel-lo) • Considerazioni su: dialogo sonoro, espressione corporea edesecuzione musicale (R. Barbarino, A. Artuso, E. Pegoraro) •Aspetti metodologici, empatia e sintonizzazione nell’esperienzamusicoterapeutica (A. Raglio) • Esperienze di musicoterapia:nascita e sviluppo di una comunicazione sonora con soggettiportatori di handicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla percezioneuditiva al concetto musicale (O. Schindler, M. Gilardone, I. Verne-ro, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione musicale (C. Maltoni,P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: riflessioni su due esperienze di

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articoli pubblicati

musicale a significato universale. Considerazioni cliniche (G.Scarso, A. Ezzu) • Validità del training musicoterapico in pazien-ti in stato vegetativo persistente: studio su tre casi clinici (C.Laurentaci, G. Megna) • L’approccio musicoterapico con unbambino affetto da grave epilessia. Il caso di Leonardo (L. Torre)• Co-creare dinamiche e spazi di relazione e comunicazioneattraverso la musicoterapia (M.M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo)• L’evoluzione musicale in Musicoterapia (B. Foti, I. Ordiner, E.D'Agostini, D. Bertoni) • L’intervento musicoterapico nelle fasi direcupero dopo il coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003Gli Istituti Superiori di Studi Musicali e la formazione inMusicoterapia… paradigma e curriculum musicale… (MaurizioSpaccazocchi) • Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia e l’etàevolutiva (P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • Musicoterapia e riabi-litazione in età evolutiva (R. Burchi, M.E. D’Ulisse) •Musicoterapia e psicomotricità: un’integrazione possibile (R.Meschini, P. Tombari) • L’intervento di musicoterapia nella psi-cosi (R. Messaglia) • Terapia sonoro-musicale nei pazienti incoma: esemplificazione tramite un caso clinico (G. Scarso, A.Ezzu) • Musicoterapia preventiva e profilassi della gravidanza edel puerperio (F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapia e disturbicomunicativo-relazionali in età evolutiva (F. Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) • Forme musi-cali e vita mentale in adolescenza (A. Ricciotti) • Musica eAdolescenza (G. Manarolo, M. Peddis) • Un intervento diMusicoterapia con un gruppo di adolescenti (L. Metelli, A.Raglio) • L’approccio musicoterapico in ambito istituzionale: iltrattamento dei disturbi neuropsichici dell’adolescenza (F.Demaestri) • Dal rumore al suono, dalla confusione all’integra-zione (R.Busolini, A.Grusovin, M.Paci, F.Amione, G.Marin)

Numero 10, Luglio 2004Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia: sinto-nizzazioni ed empatia (P. L. Postacchini) • Intrattenimento,educazione, preghiera, cura… Quante funzioni può svolgere illinguaggio musicale? (L. Quattrini) • Musicoterapia in fasepreoperatoria (G. Canepa) • L’improvvisazione sonoro-musica-le come esperienza formativa di gruppo (A. Raglio, M.Santonocito) • Musicoterapia e anziani (A. Varagnolo, R. Melis,S. Di Pierro)

Numero 11, Gennaio 2005Aspetti timbrici in musica e in Musicoterapia (P. Ciampi) • Ilproblema del “significato” in musicoterapia. Alcune riflessio-ni critiche sullo statuto epistemologico della disciplina, sulleopzioni presenti nel panorama attuale e sui modelli di for-mazione proposti (G. Gaggero) • Il significato dell’espressivi-tà vocale nel trattamento musicoterapico di bambini conDisturbo Generalizzato dello Sviluppo (DGS) (A. Guzzoni) •L'esportabilità spazio-temporale del cambiamento nella pra-tica musicoterapica: una pre-ricerca (M. Placidi) • L’ascoltocome luogo d’incontro: un trattamento di musicoterapiarecettiva (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Venuti) • Armonie edisarmonie nel disagio motorio: una rassegna di esperienze(B. Foti)

Numero 12, Luglio 2005La supervisione in Musicoterapia (P. L. Postacchini) • Le com-petenze musicali in ambito musicoterapico: una proposta (F.Demaestri) • L’armonia del sé: aspetti musicali dello sviluppodel sé (C. Tamagnone) • Interventi musicoterapici con bambi-ni gravemente ipotonici (W. Fasser, G. V. Ruoso) • Emozioni emusica: percorsi di musicoterapia contro la dispersione sco-lastica (M. Santonocito, P. Parentela) • “Il SerpenteArcobaleno” esperienze di musico-arte-terapia e tossicodi-pendenza (F. Prestia)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porzionato) • L’u-tilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) • L’interventomusicoterapico nella riabilitazione dei pazienti post-comatosi(R. Meschini) • Musicoterapia e demenza senile (F. Delicato) •Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) • Musicoterapia in un Servi-zio Residenziale per soggetti Alzheimer (M. Picozzi, D. Gaita, L.Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C.A. Zambrino) • Il trattamento musicotera-pico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) • La musi-calità autistica: aspetti clinici e prospettive di ricerca in musi-coterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzon nell’approccio alsoggetto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musicoterapia (S.Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suono di una rela-zione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postacchini) •La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Manifestazioniossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in un trattamento dimusicoterapia (G. Del Puente) • Musica e adolescenza Dinami-che evolutive e regressive (I. Sirtori) • Il perimetro sonoro (A.M.Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni, S. Mutalipassi,L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di interazione e comunica-zione con bambini pluriminorati: un approccio possibile (M.M.Coppa, E. Orena, F. Santoni, M.C. Dolciotti, I. Giampieri, A. Schia-voni) • Musicoterapia post partum (A. Auditore, F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicoterapia etossicodipendenza (P.L. Postacchini) • Il paziente in coma: sti-molazione sonoro-musicale o musicoterapia? (G. Scarso, A.Visintin) • Osservazione del malato di Alzheimer e terapia musi-cale (C. Bonanomi, M.C. Gerosa) • Due storie musicoterapiche (L.Corno) • Il suono del silenzio (A. Gibelli) • Il setting in Musico-terapia (M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti introduttivi(L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilitazione in Musicote-rapia (P.L. Postacchini) • Prospettive terapeutiche nell’infanzia:“Dalla disarmonia evolutiva alla neuropsicopatologia (G. Boccar-di) • Musicoterapia e ritardo mentale (F. Demaestri, G. Manaro-lo, M. Picozzi, F. Puerari, A. Raglio) • Indicazioni al trattamento ecriteri di inclusione (M. Picozzi) • L’assesment in Musicoterapia,il bilancio psicomusicale e il possibile intervento (G. Manarolo, F.Demaestri) • L’assessment in musicoterapia, osservazione, rela-zione e il possibile intervento (F. Puerari, A. Raglio) • Tipologie dicomportamento sonoro/musicale in soggetti affetti da ritardomentale (A.M. Barbagallo, C. Bonanomi) • La musicoterapia perbambini con difficoltà emotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapia ascuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e integrazionescolastica (E. Albanesi) • Un intervento Musicoterapico in ambi-to scolastico (S. Melchiorri) • L’animazione musicale (M.Sarcinella) • L'educazione musicale come momento di integra-zione (S. Minella) • L’improvvisazione vocale in musicoterapia(A. Grusovin) • L'approccio musicoterapico nel trattamento delritardo mentale grave: aspetti teorici e presentazione di un’e-sperienza (Karin Selva) • Musicoterapista e/o Musicoterapeuta?(M. Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella, S.Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La composizione

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.edizionicosmopolis.com

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1) I colleghi interessati a pubblicare articoli originali sulla presente pubblicazione sono pregati di inviare il filerelativo, redatto con Word per Windows, in formato RTF, al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]

2) L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisione critica del comitato di redazione.

norme redazionali

Segue da pag. 16

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«Repères pour une problématiquedu temps en musique au cours duXXème siècle» Musicae Scientiae,Journal of the Society for theCognitive Sciences of Music, 3, 2004.Juslin P. N.

Can the results from studies ofperceived expression in musicalperformances be generalized acrossresponse formats?,Psychomusicology, 16, pp. 77-101, 1997.Juslin P. N.

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