Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

21

description

A ssummary of musical theories from Kepler Descartes Leibniz

Transcript of Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

Page 1: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero
Page 2: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

LA TEORIA MUSICALE TRA RIFORMA E RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Caratteri generali

Se astraiamo dalla appartenenza a quella rivoluzione scientifica, che modificherà in modo

irreversibile la vita culturale del vecchio continente, è difficile trovare una linea comune fra i tre

autori che affronteremo in questo capitolo, a partire dagli stessi modelli che plasmano la loro

riflessione sul musicale: in Keplero (1571-1630) la musica è, ancora in senso greco, immagine di

un’armonia che vorrebbe riportare il movimento sconvolto delle sfere celesti, ormai trattate come

forme ellittiche, al possibile contenimento offerto da raffigurazione geometrica, in Cartesio (1596-

1650) essa diventa il campo di una mediazione fra proporzione matematica e forma del piacere, in

Leibniz (1646-1716) il tema del temperamento riguarda la forma di un calcolo inconscio, che

traduce gli aspetti filosofici del sistema e riporta i suoni a una relazione logica analoga all’ordine

del mondo.

Tali posizioni, a cui si potrebbero aggiungere le speculazioni di Newton sul rapporto suono–

colore, in generale indicano che la ricerca sulla musica, la filosofia della musica, va attestandosi da

un lato su un terreno metaforico, nel senso di una ridefinizione del rapporto fra corpo e anima,

dall'altro sullo sfondo di una riorganizzazione matematica della partizione dell’ottava, come quella

effettuata da Zarlino, e, in campo propriamente tecnico, dell’introduzione delle nuove consonanze

di terza e di sesta, esperite nella coeva pratica musicale. L’idea del microcosmo e di un ordine della

musica che possa rispecchiare in sé le leggi dell’universo lambisce gli intenti estetico–metafisici di

questi autori, i quali vivono nella risonanza della Riforma e della Controriforma, condividendo con i

teorici e i musicisti l’eccitazione di un nuovo modo di pensare la musica.

Il modo in cui un autore rivoluzionario come Giovanni Keplero legge il mondo dell’armonia

fa pensare a una visione platonico–pitagorica, che egli cerca di riattualizzare; proprio come

accadeva in Zarlino, la grecità sembra splendere sull’orizzonte storico di un mondo ormai

idealizzato e quasi magico. Nel terzo libro dell’Harmonices Mundi (1618-1619), dedicato al tema

dell’organizzazione delle consonanze, incontriamo un lungo passo, che sembra rievocare quelle

tematiche sull’influsso suono–anima, che costellano il mondo antico: in particolare, Keplero insiste

sulla relazione gestuale che lega la posizione della consonanza nello spazio, rispetto al movimento

della voce che cerca di coglierla, riprendendo esplicitamente un trattato musicale attribuito a

Euclide:

Page 3: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

Gli elementi di un canto e quelli dei sentimenti che seguono quella specie di canto sono tra di loro proporzionali

e nella stessa quantità dall’una e dall’altra parte. Alludono infatti a sentimenti ben determinati anche i nomi con cui si

designano le parti del canto: “movimento della scala diatonica”, “prolungamento dei suoni”, “ripetizione dei suoni”,

“variazione dei suoni”. La prima si addice alla semplicità dei suoni, l’ultima alla esuberanza; quella è simile al corpo,

questa ai colori. L’uguaglianza del prolungamento tien desta l’attenzione; la ripetizione del suono ovvero un brano

scherzoso tendono a dilettare e ricreare. Questi sono i principi generali validi per tutti i modi musicali.

Nei riguardi della scala diatonica il Galilei osserva in particolare che essa è di due specie, cioè ascendente e

discendente; di esse, inoltre, la prima favorisce sentimenti di letizia, la seconda di tristezza e di dolore. E la causa è di

ordine naturale. Infatti, verso il basso, si emette una voce con un timbro grave e con movimento lento, verso l’alto si

manda fuori una voce con timbro acuto e con movimento veloce: e dunque la voce, quando discende s’avvicina alla

quiete, quando ascende progredisce nel movimento. Per questo nel canto corale si termina per lo più verso il basso: la

voce si indebolisce verso il basso e rinvigorisce verso l’alto. Ebbene, anche la mente e tutte le operazioni proprie delle

capacità intellettive languiscono nella tristezza, mentre si ravvivano e diventano operose nella letizia (Keplero, p. 14).

In questo passo, per molti aspetti sconcertante, considerazioni di tipo matematico e sintesi

dell’immaginazione giacciono sullo stesso piano, si incrociano fra loro, e l’una tende a proseguire

nell’altra. La forma del canto, la sua fondazione matematica, trova un doppio nel carattere

espressivo della struttura musicale.

Non è possibile scindere l’elemento architettonico dalla sua funzione psicologica e dalla sua

immediata ricaduta espressiva: la struttura scalare della musica, che Keplero vede come una sorta di

corpus, vive nel colore, come il prolungarsi del suono, come il modo attraverso cui il singolo suono

viene riconosciuto in quanto tale; e come funzione all’interno di un intero più ampio, trova il

proprio argine nella variazione e nell’esuberanza della forma. Declinazione grammaticale, peso

espressivo e movimento delle passioni agitate dalla musica si pongono sullo stesso piano, come se

la musica fosse una sorta di microcosmo, che riproduce al suo interno l’architettura di un mondo e

la forma espressiva della vita che la abita.

Allo stesso modo, le teorie aristosseniche si ritraducono in una caratterizzazione espressiva

dei rapporti fra moti dell’animo e forme di organizzazione melodica, in una sintesi che cerca di

Page 4: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

riportare all'unità quegli aspetti che il mondo antico avvicinava in modo molto meno analogico.

Ripensare il mondo come forma dell’armonia significa ritentare la via della psicomusicologia greca,

e all’interno di questa cornice fornire le fondamenta matematiche, che disegnano un universo

cosmologico animato dal movimento elissoidale dei pianeti e dalla velocità irregolare del moto

lungo le loro orbite: in tal senso Keplero si discosta dalla visione, difesa da tutta l’antichità fino a

Tolomeo compreso, dai cerchi e dalle sfere celesti.

La stessa tendenza alla riunione di molti temi che nel mondo antico venivano distinti fra loro,

vengono recuperati da questi autori all’interno dell’attività dell’ascolto, che sembra prendere

improvvisamente uno spessore psicologico e metafisico, atto a riportare il piano della soggettività al

centro della speculazione sulla struttura ordinata del cosmo e sulle forme dell’emozione.

Tali aspetti tornano, per esempio, al centro delle sintesi di tipo associativo che sostengono il

Compendium musicae di Cartesio, e determinano una simile direzione in un filosofo come Leibniz,

così attento alla gradualità fra piani di consapevolezza all’interno dell’attività della coscienza, e così

propenso ad assimilare la dimensione dell’ascolto della musica a quella di un calcolo

inconsapevole.

Si apre così una prospettiva totalmente nuova, che cerca di conservare un filo di continuità

con il mondo antico, e che vede proliferare all'interno della ricerca sull’armonia paradigmi

epistemologici assai diversificati: è il caso del recupero del modello geometrico in Keplero, come

forma di rappresentazione delle proprietà intervallari e delle gerarchie possibili fra suoni, che si

affida alla figura geometrica in quanto rappresentazione spaziale che si appoggia alle proprietà del

continuo; è, ancora, la ricerca cartesiana di un modello matematico, che, pur, operando all’interno

del discreto, ha più di un elemento di compromesso con il piano fisico, con il farsi avanti dell’idea

di un corpo sonoro che riverbera, dentro di sé, la forza del rapporto matematico; e infine la proposta

leibniziana di intendere le proprietà formali del suono come computo inconsapevole, che ritrova

nella regolarità della forma quella che si annuncia ancora confusamente sul piano

dell’immediatezza della percezione. Negli autori che stiamo per affrontare, i rapporti di transizione

fra scienza e magia, che ancora abitano l’immaginazione matematica del Rinascimento, vengono

progressivamente espunti dal piano teorico, mentre comincia a farsi avanti l’esigenza di inquadrare

le forme di ricezione della musica nella totalità del piano della dimensione estetica: questa, per

Keplero trova, platonicamente, risonanza nella struttura cosmologica, in Cartesio nel difficile, quasi

inafferrabile, rapporto che stringe il piacere alla misura; in Leibniz, infine, si ritrova un’eco

dell’immediatezza sensibile e dell’ascolto nel quadro delle forme di misurazione e scansione.

Come abbiamo già osservato, tutto il lavoro teorico di questi autori risulta scarsamente

comprensibile senza un riferimento alle teorie della consonanza rielaborate da Gioseffo Zarlino

Page 5: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

(1517-1590) ne Le Istitutioni harmoniche, pubblicate nel 1558, e alla riorganizzazione di tutte le

consonanze musicali interne all’ottava (con l'introduzione degli intervalli di terza e di sesta). La

concezione simbolica delle specie del numero, la partizione dell’ottava e la discussione sul tema del

temperamento, la rilettura di tutta la teoria antica effettuata in quel testo, fanno da sfondo a questo

delicato passaggio teorico, dove gli aspetti di somiglianza e vicinanza tra gli intervalli vengono

ricondotti al fatto che siano prodotti da numeri, che siano tra loro in relazione di convertibilità

reciproca: unisono e ottava si richiamano strettamente fra loro, perché vi è una radice numerica che

sostiene la possibilità di tale somiglianza. In altri termini, gli intervalli si assomigliano perché

vengono generati attraverso il numero uno (unisono: due voci che cadono sullo stesso punto) e il

due (ottava: la stessa altezza che si ripete a distanza di un’ottava); i due numeri sono simili tra loro

perché il due, il binario, è la somma di uno più uno, somma di unità e perciò prodotto numerico

assai prossimo all’unità stessa.

Queste forme analogiche, il cui studio si rivelerebbe ricco di insegnamenti per una filosofia

dell’immaginazione legata alla musica, toccano temi che ritornano nella speculazione cartesiana e

persino nella nascente teoria della tonalità di origine ramista. In questa concezione della musica,

l’intervallo di riferimento è l’ottava, da cui si ripartiscono, sotto forma di generazione da numeri,

tutti gli altri intervalli: la rottura con i numeri giocati dalla tradizione pitagorica, di cui questa

rivisitazione del mondo antico si fa carico, si ritrova negli scritti dei nostri autori, i quali si sentono

impegnati in una faticoso trapasso dal mondo antico a quello moderno, che troverà il suo culmine in

Rameau.

Keplero e l’armonia come struttura cosmogonica

La stesura dell'Harmonice Mundi impegna Keplero per quasi venti anni (1599–1619); in esso

l'astronomo tedesco enuncia la legge secondo la quale il rapporto fra il cubo del semiasse maggiore

dell’orbita di un pianeta e al sua distanza dal sole è costante. Il progetto si caratterizza per un

singolare recupero di tematiche neoplatoniche. L’opera segna, in qualche modo, il tramonto

dell’astronomia antica, e nel contempo è anche un lavoro in cui si ripropone, in termini

concettualmente greci, una nozione di armonia come relazione cosmogonica e come immagine del

canto dei pianeti.

Harmonice Mundi Libri V è, in effetti, un testo che delinea una vera e propria filosofia della

natura, all’insegna di un’interpretazione analogica del concetto di natura. E' articolato in cinque

sezioni, più un'Appendice. La stessa architettura del testo evidenzia l’interpretazione kepleriana del

concetto di armonia: nel primo libro si tratta di temi geometrici, del criterio di costruzione delle

Page 6: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

figure regolari e dei rapporti armonici che le sostengono, portando all’interno della geometria, la

scienza del continuo spaziale, i criteri discreti del rapporto proporzionale, secondo una direttiva che

trova il proprio fondamento in Platone e nel neoplatonismo; nel secondo libro si tratta dei poligoni,

dei solidi regolari, e la trattazione geometrica viene posta più esplicitamente in relazione con le

proporzioni musicali; nel terzo libro considerazioni politiche, analisi degli intervalli al monocordo e

interpretazione generale del concetto di canto si scambiano continuamente il posto tra di loro,

rendendo più trasparenti i nessi che sostengono il mondo nell'armonia; nel quarto libro temi

metafisici e cosmologici si confondono con tematiche di tipo astrologico, che parlano del modo in

cui i pianeti influiscono sull’anima, sugli influssi che i raggi cosmici producono sul pensiero e sul

sentire umano; nel quinto si analizzano gli intervalli musicali, riportati ai rapporti di velocità

planetarie, con il tentativo di dedurre i rapporti musicali dalla geometria e di identificarli con le

proporzioni numeriche, in modo da sigillare l’irregolarità delle velocità planetarie all’interno di un

rapporto armonico, che determini un canto dell’universo. Nelle Appendici, Keplero si impegna in

una ricca discussione sul Terzo Libro dell’Harmonica di Tolomeo e sulle teorie di Robert Fludd.

Una scelta di temi tanto esuberante trova un freno nel metodo dimostrativo, modellato sulla

scienza geometrica: l’armonia è un concetto matematico e perciò va trattata secondo un metodo

dimostrativo, che snoccioli la materia attraverso definizioni, proposizioni e assiomi; questo mostra

che in Keplero il concetto di armonia non coincide con la musica, ma è molto più ampio; la musica,

come il moto dei pianeti e le leggi della natura, è pervasa dall’armonia e quindi può tradurre

armonicamente i rapporti che legano le velocità dei pianeti; inoltre, in una metafora polifonica

dell’armonica del cosmo, vengono introdotte dall'autore le nuove consonanze poste in atto

dall’evoluzione della musica a lui coeva.

La radice del problema è antica, e trova la propria fondazione nel Timeo di Platone (27c – 34

a), nel delicato passaggio in cui il demiurgo, operando nell'indistinzione fra spazio e materia e in un

magma che contiene dentro di sé tutte le forme possibili, fa emergere un mondo che è una sorta di

Page 7: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

grande struttura sferica, un animale senza occhi o orecchie, ruotante su se stesso: da qui emergono

gli elementi, fuoco, acqua, terra, etere, che Platone vuol ricondurre alle forme geometriche dei

solidi regolari: ogni solido potrà essere ricomposto in un triangolo scaleno che, attraverso diverse

forme combinatorie e a partire dalla forma più elementare di piano, ossia la superficie triangolare,

crea la faccia dei solidi che costituiscono le forme dei vari elementi.

Assimilando gli elementi a un solido, Platone riconduce quindi l’aspetto fisico della

profondità alla purezza della forma geometrica. E’ proprio questa forma di sublimazione che orienta

il pensiero kepleriano sin dal Mysterium Cosmographicum, del 1591, dove le orbite dei sei pianeti

allora conosciuti sono un calco delle figure dei solidi platonici, all’interno di un sistema di sfere

circoscritte. L’idea di un movimento conchiuso fra pianeti, attraverso cui si manifesta

compiutamente un ordine del cosmo, e che trova nella geometria il proprio modello, riceve uno

scossone dall’Astronomia Nova (1609), in cui Keplero elabora un modello che riporta il movimento

dei pianeti all'ellisse. La ricerca di rapporti armonici si muove così alla ricerca di una mediazione

rispetto alla nuova situazione culturale: la perdita delle forme sferiche, del cerchio, l’irregolarità

delle orbite, il movimento del sole che trascina con sé i moti degli altri pianeti, spezzano l’idea di

una regolarità del cosmo, incrinano, per molti versi, la purezza della forma geometrica, che viene

espunta dal cosmo.

In un quadro teorico tormentato, attraversato dalla ricerca di un’unità in grado di collegare

organicamente istanze così contrastanti è fatale che un’opera di filosofia naturale come Harmonice

Mundi, ossessivamente incentrata sull’idea di armonia, debba accettare che l’indagine muova

proprio dal concetto di divenire e di trasformazione, per poter scoprire, platonicamente, le essenze

stabili, le leggi che salvano i fenomeni da una deriva caotica: il passaggio dalla regolarità del moto

dei pianeti alla successione nella trasformazione e modificazione del moto, produce una riflessione

in cui la ricerca dell’armonia musicale non si basa solo sulle tracce di un canto nascosto e regolare,

ma anche sulla dimensione temporale, ossia su una struttura ritmica; in questa dimensione, la

successione nel tempo non sembra più ordinata, poiché la velocità deforma i modi di intendere il

rapporto fra corpi spaziali e modi della deformazione (in una immaginaria trasposizione di valori

che contrappone l’ellisse, come deformazione e avvilimento, alla regolarità del cerchio). Il

movimento deve pur essere regolato da qualcosa, vi dev’essere una possibilità di misurazione, cui

poter ricondurre il senso costruttivo del modello e portarlo dal piano della semplice descrizione a

quello dell’esplicazione razionale. Muoversi nello spazio significa coprire una distanza, ma la

dimostrazione del moto elissoidale impone che si vada alla ricerca di un rapporto dinamico fra

organizzazione dello spazio e struttura della consonanza: questo porta Keplero a tracciare rapporti

armonici non tra le distanze che separano i pianeti dal sole, ma tra le velocità angolari, che variano

Page 8: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

nel corso della rivoluzione planetaria: in questo modo, il pianeta viene indicato da un movimento

intervallare che varia fra due estremi, la velocità minore e la velocità maggiore.

Ogni velocità corrisponde a un intervallo armonico: essa viene tesa fra due estremi, come se

fosse la corda di un monocordo, in attesa di essere accordata; la geometria, che è scienza del

continuo, cattura il movimento del suono e lo imprigiona fra un massimo e un minimo, che

disegnano un frammento melodico–intervallare: se i pianeti si muovono in modo più veloce quando

sono vicini al sole e rallentano all’afelio, la variazione di note può indicare l’eccentricità delle loro

orbite e a ogni pianeta possiamo far corrispondere un segmento melodico, a cui corrisponde un

intervallo; i pianeti, visti sotto il profilo delle velocità angolari e dei rapporti reciproci, suddividono

l’ottava secondo l’articolazione del senario zarliniano, assorbendo anche la sesta minore.

Abbiamo così chiarito il piano ideologico dell’opera, ma per avvicinare in modo meno

generico l’esito del Quinto Libro dell’Harmonice, dobbiamo affrontare il concetto di armonia, che

su questo piano rimane ancora puramente metaforico.

L’articolazione armonica e l’attività dell’anima

Il modello polifonico e armonico cui Keplero mette capo sembra, per molti versi, più che una

elaborazione scientifica, un meraviglioso esercizio di fantasia musicale, una sorta di fantasticheria

metafisica, che poggia sul problema del suono e dell’armonia. L’anima riconosce l’armonia tra le

cose, l’armonia è pre-esistente all’uomo e l’attività della coscienza si muove all’interno di una

continua attività simbolica di tipo comparativo, che sa risalire dal piano delle apparenze sensibili a

quello delle funzioni, in cui esse si determinano come forme armoniche: gli elementi sensibili

attendono così un’anima che sappia metterli in rapporto. Ciò è evidente in molti aspetti del metodo

kepleriano, a cominciare dal tentativo di individuare le consonanze attraverso l’uso di figure

geometriche: partendo dalla suddivisione del cerchio attraverso poligoni regolari, Keplero elabora

una complessa suddivisione che mette in relazione la parte con l’intero (arco e cerchio, posto che la

parte, cioè la somma degli archi, non superi l’ampiezza della semicirconferenza), il residuo (ciò che

rimane da questa sottrazione) con l’intero, e infine il residuo con la parte. In questo modo Keplero

assimila lo spazio musicale dell’ottava al cerchio, e mediante le figure separa dal cerchio le

Page 9: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

consonanze; quindi, per evitare che il numero delle consonanze divenga infinito, impone che i

poligoni inscritti siano solo quelli che possano essere costruiti con riga e compasso, ovvero

triangolo, quadrato e pentagono.

La figura diventa interessante e produttiva solo se può essere vista, o, meglio ancora, se potrà

essere disegnata. Vi è così uno specifico ritorno dal piano geometrico a quello intuitivo, che tende

un poco a forzare il piano euclideo delle dimostrazioni, a favore di un’esigenza costruttivistica che

si rifà alle concezioni della geometria platonica: è solo perché è possibile vedere la figura formarsi

sotto ai propri occhi, è solo perché si può operare direttamente sul disegno, che l’intervallo,

rappresentato attraverso la mediazione della figura geometrica, e le proprietà sonore del continuo

musicale possono trovare una rappresentazione figurale. Allo stesso tempo, guardando alla figura,

possiamo riconoscere indirettamente la dimensione del divino, il modo con cui Dio opera, l’ordine

insito nella musica, attraverso un’intellettualizzazione del piano dell’immediatezza, ossia una

ricerca dei rapporti che va oltre la datità immediata della figura.

Nel discorso kepleriano, quindi, l’immagine, il sensibile, sono un viatico per la messa in gioco

di un’attività concettuale. Le stesse procedure di segmentazione dei piani attraverso superfici

triangolari, che come già accennato si ricollegano al Timeo, permettono di passare dalla semplice

superficie piana a una struttura grammaticale più composita, in cui la procedura analitica della

matematica scopre le forme di un'armonizzazione che sostiene le figure geometriche e che per

Keplero è il lato nascosto di ogni osservazione naturale.

Il concetto kepleriano di armonia oscilla fra piano matematico e dimensione metafisica, e si

collega alla rielaborazione generale del problema metafisico del cerchio: nel primo capitolo del

Quarto Libro, Keplero spiega che il cerchio va sempre pensato come sezione di una sfera, e che

esso rappresenta l’anima umana: in qualche modo, si evoca qui la teoria della reminescenza

platonica, per cui l’anima ha inscritte dentro di sé tutte le consonanze, che essa riconosce nella

figura, nei suoni, o nei rapporti geometrici tra le velocità. Se la sfera è il simbolo della Trinità, in

cui il centro è il Padre, la superficie è il Figlio e il volume compreso fra centro e superficie lo

Spirito Santo, collocare il cerchio come rappresentazione dell’anima umana significa riconoscere la

sua natura bivalente: il cerchio partecipa alla dimensione della sfera, allo statuto del divino, ma

viene vincolato alla dimensione del piano, di quello che Keplero vede come il corporeo.

La rielaborazione di temi platonici e di aspetti teologici, legati al pensiero di Niccolò Cusano

(1401-1464), si prefigura ora nella teoria dell’ascolto: quando ascoltiamo la musica, e riconosciamo

le consonanze, operiamo come nel caso delle figure geometriche, passiamo cioè dal piano passivo

della percezione a un’attività di tipo teorico, che cerca di riconoscere i rapporti e le relazioni: il

riconoscimento delle consonanze, del loro valore armonico, rimanda così alla teoria della

Page 10: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

reminescenza1: ascoltando la musica rintracciamo il cerchio della nostra anima, vi ritroviamo i

poligoni iscritti, entriamo in una dimensione che dal quantitativo si muove risolutamente verso il

piano della qualità della percezione.

Nell’ascolto della consonanza l’anima riscopre il cerchio che giace sepolto in essa, si

riconosce come cerchio, mentre nella dissonanza si contrae nel punto. Il piano dell’armonia che

incontriamo nel mondo sensibile è così un riflesso speculare di qualcosa che è presente, scavato

nell’anima, che l’ascolto musicale porta alla luce. Ma, alla stessa stregua, le relazioni fra velocità,

che non sono visibili se non attraverso i rapporti armonici, trasformano il cielo, cui guarda la

generazione di intellettuali come Keplero, che devono attraversare tanto lo smarrimento della

rifondazione cosmogonica che l’orrore della Guerra dei Trent'anni, in un mondo di figure mute, che

cantano un ordine perduto e ritrovato.

René Descartes e il Compendium Musicae

Scritto nel 1618 e dedicato al fisico e filosofo olandese Isaak Beeckman, il Compendium

Musicae di Cartesio vede convergere al suo interno una notevole ricchezza di temi, che si possono

riportare all’interno delle categorie dell'estetica. Sin dal titolo, infatti, che scavalca di colpo il

riferimento al concetto generale di armonia, attestandosi all’interno di una nozione, la più ampia

possibile, di pratica musicale, il testo sembra rivolgersi direttamente sia ai fruitori di musica, sia

direttamente ai musicisti; ma le ampie sezioni sperimentali e matematiche sembrano voler aprire

anche una discussione con gli studiosi di acustica e, in generale, con gli scienziati. Il libro, nel

rigore della sua costruzione, sembra prendere forma all’interno di una discussione scientifica rivolta

proprio a Beeckman, quasi uno scambio interno di punti di vista teorici fra due grandi eruditi; ma

leggere nel Compendio un interesse esclusivamente scientifico sarebbe riduttivo, anche se l’ipotesi

di una fondazione della dimensione musicale in termini razionalistici occupa una grande parte della

riflessione cartesiana, soprattutto quella relativa alla partizione dell’ottava e all’analisi intervallare. I

frequenti riferimenti alla dimensione della soggettività percepente sembrano avvicinare molte

sezioni del libro a una discussione sulla psicologia della musica, mentre le riflessioni teoriche sul

rapporto fra il suono e i sensi prendono un andamento ora cautamente prescrittivo, ora fortemente

teso a difendere le caratteristiche qualitative delle forme dell’ascolto. Il fatto che il testo ruoti sulla

dimensione estetica non esclude in Cartesio la possibilità di operare un’analisi del suono attraverso

strumenti numerici.

1 Natacha Fabbri indica bene le assonanze che legano Keplero al Commentario di Proclo a Euclide: Fabbri, 2003, pp.

132-133.

Page 11: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

Anche l'architettura del libro, d’altra parte, rimanda a un’impostazione di tipo estetico2: a una

sezione introduttiva dedicata alle capacità del suono di muovere affetti, seguono otto Praenotanda o

Premesse, che trattano in generale del rapporto fra piacere e forme di chiarezza nella percezione, dal

registro inconfondibilmente aristotelico, cui segue una sezione dedicata al ritmo; infine si affronta

l’articolazione dell’ottava, l’analisi delle consonanze e delle dissonanze, le forme

contrappuntistiche, secondo un percorso che parte dagli effetti del suono sull’anima, inquadrato in

una teoria generale della percezione; si entra poi nello specifico del suono, prendendo, in modo

originale, le mosse dal ritmo, per chiudersi infine nell’analisi numerica delle consonanze e delle

strutture musicali in cui esse operano.

Il fine della musica è piacere e muovere emozioni; la musica si rivolge all’anima, e nel farlo si

caratterizza per una duplicità originaria, che ancora riprende, in prospettiva moderna, alcune

considerazioni aristoteliche: essa sa commuoverci e, al tempo stesso, darci piacere:

Si possono comporre melodie che sono tristi e piacevoli al tempo stesso, e contrasti così profondi non suscitano

meraviglia: così elementi elegiaci e tragici riscuotono tanto maggior successo, quante più lacrime ci fanno piangere

(Cartesio, trad. 1990, p. 71).

La musica sa sostenere le passioni, nella loro bivalenza; muove gli spiriti animali (teoria che

Cartesio riprende dallo stoicismo) mettendoci sul crinale di emozioni che si sottraggono a una

misurazione precisa o a una rigorosa spiegazione in termini causalistici: vi è un residuo di

soggettività talmente forte, che proviamo attrazione per alcuni suoni che operano sul piano

dell’immediatezza, o della somiglianza, come accade per la voce umana o per la voce di un amico, e

repulsione immediata per altri.

Collocati su un terreno che muta continuamente, a seconda delle disposizioni individuali o

della forma degli spiriti animali che ci abitano, non potremmo affrontare la struttura che sostiene la

forma musicale: se vogliamo comprendere cosa sia la musica, dobbiamo prendere atto che il

territorio dell’emozione, o della semplice struttura soggettiva dell’affettività umana, non è in grado

di chiarire il senso del problema dell’espressività della musica.

Senso e passioni

Siamo evidentemente di fronte a una prefigurazione dei temi che popolano il trattato sulle

Passioni dell’anima: la musica ci scuote in profondità, evoca sentimenti che non sappiamo

controllare, e il Compendio cerca di illustrare le modalità razionali interne alla dimensione del

2 Cfr. l'introduzione di Frédéric De Buzon a R. Descartes, Abrégé de Musique, PUF, 1987, pp. 8-11

Page 12: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

musicale, andando in direzione degli elementi più elementari e misurabili, che emergono dalla

correlazione fra soggetto e oggetto messa in gioco dalla pratica dell’ascolto: al piano dell’emozione,

alla indeterminazione del piacere che provoca, possiamo contrapporre l’organizzazione delle

strutture formali insite nella dimensione percettiva del suono, con la doppia esigenza di chiarezza

nella forma, nel rapporto intero–parte, e di varietà, tipica della musica. In tal senso, si dovrà

guardare direttamente alla struttura del suono, alla sua capacità di variare in intensità, spessore e

durata; questo comporta che il tema della classificazione delle forme di scansione ritmica e

l’organizzazione temporale dell’articolazione melodica possa avere la stessa pregnanza

dell’organizzazione delle altezze.

Il recupero del piano dell’oggettualità, tuttavia, passa anche per una riorganizzazione generale delle

modalità della percezione. Su questo terreno, Cartesio ci fa passare progressivamente dalla

constatazione che i sensi sollecitano un piacere, alla struttura dell’oggetto che muove la sensazione,

alla modalità con cui si passa dal piano dell’emozione a quello delle regole di riconoscimento della

struttura. All’interno dei Praenotanda, leggiamo che

3 L’oggetto deve essere tale da non cadere sotto il senso con troppa difficoltà e confusione. Ad esempio, certe

figure molto complesse anche se regolari […] non sono tanto gradevoli da vedere quanto certe altre dal disegno più

uniforme […]. Ciò avviene perché il senso si appaga più compiutamente in quest’ultimo caso, mentre nel primo molte

sono le cose che non percepisce distintamente.

4 Percepiamo più facilmente con il senso quell’oggetto in cui più piacevole è la diversità delle parti che lo

compongono.

5 Diciamo che tra le parti di un oggetto nel suo insieme sono meno diverse tra loro quelle tra le quali vi è una

maggior proporzione.

6 Si deve trattare di una proporzione aritmetica e non geometrica. […] (Ib., p. 72).

Nello stile scelto da Cartesio, che, come osserva giustamente De Buzon, riecheggia il De

Anima aristotelico, rovesciandone però il metodo (dal senso all’oggetto, mentre in Aristotele il

procedimento è opposto), il piano visivo e quello acustico si confondono tra loro: gli esempi, le

modalità della percezione, il pensiero stesso della figura leggibile con immediata nitidezza nei suoi

contorni, sembrano rimandare immediatamente al piano della vista. L’idea di una percezione troppo

distinta, tuttavia, entra in conflitto con il desiderio, che si appaga solo quando la cosa viene

percepita e lascia attorno a sé un alone di processualità. La dimensione musicale viene rivendicata

con un riferimento esplicito all'immediatezza della proporzione matematica, secondo una direzione

che Leibniz riprenderà, più o meno esplicitamente. Il suono si rende percepibile nella nettezza della

proporzione aritmetica che lo sottende. L’assunzione che il suono sia, in ultima analisi,

Page 13: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

riconducibile alla purezza di un rapporto matematico avvicina Cartesio a una ripresa del

pitagorismo: nel suono si rende percepibile un rapporto intero-parti (questo è naturalmente il senso

di una proporzione), e tanto più quel rapporto risulta accurato, leggibile senza ambiguità interne,

trasparente, tanto più i suoni prodotti in conformità di quel rapporto saranno piacevoli. Manca però

un criterio reale per definire correttamente, in modo definitivo, perché una consonanza sia più

piacevole di un’altra: su questo terreno, la soggettività non ha criteri o strumenti impugnabili in

senso oggettivo: la dimensione del piacere è flusso, struttura non gerarchizzabile, e perciò

arbitrarietà pura.

L’ambiguità cartesiana

Se assumiamo che l’intervallo sia espressione numerica, la scelta cartesiana di operare

secondo rapporti aritmetici e non geometrici permetterà una trasparenza totale nel calcolo, ma il

calcolo produce numeri, e tra numeri e suoni vi è ancora un passo da superare. La nozione di

scansione ritmica viene introdotta proprio per saturare questo vuoto, per dar ragione e chiarezza al

passaggio da numero a sensazione. Non vi è musica senza segmentazione ritmica del flusso

temporale in parti, il più possibile simili tra di loro:

Il tempo nei suoni deve comporsi di parti uguali, perché sono quelle percepite dal senso con maggior facilità,

sulla base della premessa n. 4. Oppure da parti che stiano in rapporto di 2:1 o di 3:1, ma non oltre, perché sono quelle

che l’udito distingue con maggior facilità, sulla base delle premesse 5 e 6 (Ib., p. 74).

Se volevamo una riprova del rovesciamento di prospettiva rispetto alla dimensione ritmica del

mondo antico, queste poche righe enunciano uno spostamento dell’orizzonte problematico: il ritmo

deve essere composto di parti uguali, perché il senso riesce a coglierlo con facilità; se la scansione

del tempo, in Aristosseno, passava attraverso il riconoscimento della tensione temporale che

sosteneva le transizioni fra singole figure, qui il ritmo viene vissuto come il riconoscimento di una

sommatoria di parti, tutte uguali tra di loro, che i sensi riescono a catturare con maggior facilità, ma

non per proprietà intrinseche all’idea di figurazione ritmica. Il problema del riconoscimento ritmico

si basa quindi sulla convertibilità matematica da una figura all’altra, su rapporti di simmetria che

danno maggior godimento al riconoscimento della figura.

La stessa battuta musicale è anzitutto un ausilio per l’immaginazione, perché permette di

cogliere più agevolmente lo svolgimento di uno schema. Ogni pulsazione ritmica così si appoggia a

una dimensione ricostruttiva della memoria, che ridisegna ogni volta uno schema, e a un’attività

dell’immaginazione che lo prefigura; ed è all’interno delle conferme e delle negazioni di queste

Page 14: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

forme di calcolo - le quali, passo dopo passo, risalgono dall’unità del colpo all’unità della misura -

che si affida la sapidità della forma ritmica.

Unità per unità, disegno per disegno, gli schemi ritmici della musica sono un compito infinito

per un’immaginazione che calcola, ricorda e immagina, laddove per Aristosseno l’immaginazione

saturava proprio i nessi interni e le lacune che il calcolo ritmico nascondeva, pur rimanendo

perfettamente aderente agli aspetti numerici del calcolo. La forma percettiva e l’articolazione

formale poggiano l’una sull’altra, in modo paritetico, ma questo accade perché godimento estetico e

riconoscimento dell'articolazione temporale si incontrano sul piano del calcolo: vi è così un legame

di reciproca necessità, che sigilla l’ascolto dentro la simmetria e la simmetria dentro l’ascolto, e

questo apparente circolo vizioso mostra invece l’esigenza di ordine razionale interno alle modalità

di ricezione: secondo Cartesio l’ascolto musicale si articola in questo modo, perché all’interno

dell’uomo vi è un’oscura esigenza di ordine e semplicità di rapporti, da cui deriva il piacere

dell’ascolto.

La riproposizione degli aspetti ritmici in questa prospettiva è certamente uno degli aspetti

geniali del Compendio, che, partendo dall’idea di effetto, di scuotimento quasi fisico dell’anima dal

suono, riesce a recuperare una teoria del numero, come modo di regolamentazione dei moti

dell’anima. La forza del suono scandito è talmente forte da scuotere il corpo da ogni lato (su questo

piano, Cartesio si rimette prudentemente ai fisici), ma il criterio d’ordine ci salva dall’assimilazione

meccanica del suono, come accade per la naturalezza degli animali che possono danzare. La stessa

dinamica della scansione ritmica viene pensata in termini di gerarchia e di chiarezza concettuale: la

danza mette meglio in rilievo le figurazioni ritmiche della battuta nella pantomima, facendo risaltare

l’articolazione formale della struttura e permettendoci di riconoscerla meglio; il primo tempo di

battuta viene enunciato con più forza, per permetterci di contare meglio, di non smarrirci

naturalmente, ma anche di poter godere di più.

La sezione più sviluppata nel Compendio è certamente quella relativa al tema delle

consonanze, che vengono riportate alla semplicità del calcolo matematico. Il punto di partenza è

sempre lo stesso: le consonanze sono il prodotto di una vibrazione simultanea di corpi diversi. Dice

Cartesio:

Un suono sta ad un altro suono, come una corda sta ad un’altra corda; ciascuna corda contiene in sé tutte le corde

che sono più brevi di essa, e non quelle che sono più lunghe: allo stesso modo, anche in ciascun suono, tutti gli acuti

sono contenuti nel grave, mentre non reciprocamente tutti i gravi in quel che è acuto: da qui è evidente che si deve

cercare il termine più acuto attraverso la suddivisione del più grave: la divisione dev’essere aritmetica, cioè in parti

uguali, come segue da quanto è stato premesso (Ib., pp. 78-79).

Page 15: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

Dobbiamo rilevare una singolare confusione di piani, legata all’idea di condurre un’analisi di

tipo prettamente matematico, legata però alla nozione di corda vibrante. Come ha rilevato Giovanni

Piana nel suo Alle origini della teoria della tonalità, tutto il ragionamento cartesiano è attraversato

da una profonda equivocità: suono e corda sono realtà eterogenee, il suono è un fatto percettivo, la

corda un corpo sonoro. Come stendere un ponte su due livelli tanto lontani? Sostenere che la corda

produce un suono grave quanto più è lunga e un suono acuto quanto più è breve, non implica che i

suoni acuti siano compresi nella suddivisione di un suono grave, perché se posso suddividere una

corda, non comprendo cosa mi venga chiesto quando mi si richieda di suddividere un suono, che è

indecomponibile. Vi è, naturalmente, l’idea che i suoni, venendo prodotti dalla corda del

monocordo secondo rapporti matematici, abbiano al loro interno una relazione di somiglianza, e che

questa relazione permetta l’assimilazione dei rapporti consonanti alla suddivisione aritmetica,

secondo una prospettiva che, come abbiamo già visto, permette un appagamento al senso che la

riconosce; ma il senso di tutta questa costruzione concettuale va già spostandosi verso una lettura

del suono in termini fisici, più che puramente matematici3. In Descartes la suddivisione della corda

mette capo a un’organizzazione delle consonanze, che ripropone l’organizzazione zarliniana; ma gli

aspetti tecnici di quest’articolazione, che ha di mira l’idea di varietà intervallare, esce dalle esigenze

di questa esposizione. Conviene, tuttavia, osservare che la suddivisione progressiva della corda in

parti uguali, secondo un procedimento che evoca i procedimenti basati sulle medie armoniche, porta

a una forte valutazione del potere strutturante dell’ottava e dell’unisono, visti quasi in termini di

equivalenza rispetto alla quinta e alla terza maggiore.

Leibniz e l’apertura del piano dell’affettività

Il senso di un profondo legame con il piano della pratica musicale emerge anche dai

frammenti di teoria della musica che prendono forma nella riflessione di Gottfried W. Leibniz. Il

filosofo tedesco, infatti, mostra un profondo interesse sia per gli aspetti performativi e pratici della

musica, per il suo valore politico e rappresentativo, sia per la capacità della musica di muovere

affetti, suscitare passioni, in continuità con l’atteggiamento cartesiano; ma il piano della riflessione

sulle forme retoriche non esaurisce le grandi curiosità che la musica può suscitare in un autore tanto

propenso alla speculazione matematica.

3 Diverse nell’esito le ricerche di Paolo Gozza, che nel suo «A Renaissance Mathematics: the Music of Descartes»

compreso in Number to Sound (pp. 79 – 98) cerca di riportare il monocordo cartesiano a una struttura meramente

geometrica. L’idea è molto suggestiva, ma lascia ancora qualche perplessità riguardo al prodotto concreto della corda,

che di fatto è un suono, e non solo un rapporto matematico, come mostrano bene le stesse osservazioni cartesiane

sull’essere contenuto del suono, che emergono fin dalla definizione di consonanza.

Page 16: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

La parte più cospicua del suo pensiero musicale si sviluppa in forma discorsiva, all’interno

dell’epistolario con il matematico Conrad Henfling (1648–1716) sul tema degli intervalli e del

temperamento; la discussione si articola su una serie di riflessioni riguardanti la monade, su come

l’immagine della musica possa, in qualche modo, illuminare dall’interno le problematiche interne al

concetto di armonia prestabilita. Si ha spesso l’impressione di un doppio registro, in cui le

osservazioni musicali vengono riformulate in termini metafisici, secondo una tradizione speculativa,

che prende le mosse dalla lettura delle fonti del pitagorismo antico, per giungere a Zarlino,

mescolandosi infine alle riflessioni sull’arte combinatoria della Musurgia Universalis di Athanasius

Kirchner (1601–1680).

La musica trova una fondazione teoretica nel numero, ma si esprime compiutamente solo

nella sollecitazione delle passioni: si ripropone lo stesso dilemma cartesiano, che vede nel numero

una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la costruzione di un’estetica musicale; l’esistenza

di una grammatica consolidata, che si fondi sulla mediazione armonica del numero, deve spiegare il

potere seduttivo della musica, come se il musicista si avvalesse di un piano dell’immaginazione che

va oltre la precettistica intesa in senso stretto, ma che avverte in modo quasi inconsapevole. E’ sulle

gradazioni qualitative di questa incompiutezza, di questa latenza di una definizione rigorosa

dell’arte, che si regge la produzione musicale; e tali aspetti impongono una lettura tutta metaforica

del problema dell’opera d’arte musicale all'interno del concetto di armonia prestabilita.

In un quadro così eterogeneo, la musica diventa una metafora dell’armonia universale, in un

senso profondamente lontano da Keplero; qui infatti l’armonia musicale non è solo un principio

d’ordine, ma un modo d’intendere la dimensione che lega il piacere al senso di felicità, che sollecita

in noi l’appartenenza a un mondo organizzato secondo una logica che va oltre il piano

dell’immediatezza sensibile. Proprio sul piano estetico dei rapporti fra consonanza e dissonanza si

pone la rappresentazione metaforica delle tensioni che sostengono il conflitto fra piacere e dolore,

bene e male, armonia e disarmonia; queste opposizioni bilanciano il processo dell’organizzazione

interna alla monade, in cui si determina il passaggio dal possibile al reale e il costituirsi stesso del

mondo. Consonanza e dissonanza, come il bene e il male, sono infatti un’immagine delle leggi e

della logica interna che governa la stessa possibilità di esistenza del mondo, ma diventano anche gli

estremi di un’interpretazione metaforica del senso di appartenenza affettiva al mondo. Se l’idea di

un’armonia universale riduce la musica a una sua immagine, il trasformarsi delle processualità

sonore in piacere e dispiacere, in consonanza statica e dissonanza di passaggio, danno una potente

centralità estetica alla nozione di ascolto: una nozione necessariamente bivalente, muovendosi su un

piano intuitivo, ma reclamando dentro di sé un’idea di ordine, entro la quale si articola il concetto di

mondo.

Page 17: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

Se guardiamo in questa direzione, tuttavia, il problema collegato alle metafore dell’ascolto e

dell’armonia diventa singolarmente difficoltoso: le dissonanze si presentano come un accidente, che

crea un contrasto necessario allo sviluppo della musica, e tutta la natura si sviluppa attraverso

varianti accidentali, come il male, l’incompiutezza, il peccato; ma questa analogia mette in gioco

delle importanti questioni estetiche: come riconosciamo, per esempio, una dissonanza, in che modo

ritroviamo un punto di equilibrio nell’armonia? Su che terreno ci rendiamo consapevoli di questo

problema, se non sul riconoscimento della forma e dell'affettività legata all’espressività musicale?

E’ solo una questione di regole? Se così fosse, infatti, il piano del riconoscimento starebbe tutto sul

piano matematico, sul calcolo, mentre la musica fa vibrare l’affettività, e del resto riconoscere una

funzione armonica non significa riconoscere un numero, anche se le consonanze possono essere

calcolate matematicamente. Le risposte di Leibniz oscillano fra due estremi, non facilmente

conciliabili, del bello e dell'esatto, del piano matematico e di quello della sensibilità.

La musica come calcolo inconscio

Il problema che stiamo delineando poggia sull’idea che vi sia un legame imprescindibile tra

piano della percezione e piano della conoscenza razionale: in Leibniz, infatti, esiste un’opposizione

di principio, che lo differenzia dalla matrice cartesiana, cui, per molti aspetti, si collega; e

quest’opposizione nasce dalla distinzione gnoseologica fra conoscenze confuse e idee chiare e

distinte. Leibniz propone di non guardare a questo dislivello come se si trattasse semplicemente di

Page 18: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

una distinzione invalicabile fra due dimensioni ontologiche (chiarezza matematica e confusione del

sensibile), ma come una transizione graduale tra un piano conoscitivo e un altro. Vi sono

conoscenze chiare e distinte, vi sono piani dell’esperienza opachi e confusi, cui corrispondono

livelli qualitativi di conoscenza confusa: è un piano della percezione non analizzabile, piccola

perché fuggente e non articolata nei propri contorni; e questi livelli devono diventare un continuum,

una sorta di transizione omogenea, che permette di mettere in relazione il piano estetico con quello

razionale. Le piccole percezioni appena avvertite, la coda di piccole affezioni che determinano il

senso qualitativo dell’esperienza sensibile («chiare nel loro insieme, ma confuse nelle loro parti4»),

sono una sorta di finestra sul mondo che ci circonda; la conoscenza razionale è un compito della

soggettività che, nel tesserle in un ordito che le permetta di riconoscerle come proprie e di

collocarle correttamente all’interno della gradualità conoscitiva percezione-intelletto, trova se

stessa, si riconosce come soggettività aperta a un mondo di relazioni.

E’ all’interno di questo movimentato quadro gnoseologico che la musica si fa avanti come

terreno estetico privilegiato, che prende forma nella coscienza come chiarimento di tale processo

discorsivo; tutta la speculazione fisicalista, che Leibniz conosce a fondo, propone nello stesso

medium fisico del suono il continuum di un corpo che vibra emozionandoci. E’ proprio questo il

crinale problematico: come passare dalla vibrazione fisica del corpo sonoro a quello dell’emozione?

Come può prendere forma tale processo? Nella seguente citazione, Leibniz mostra come nell'ascolto

si passa dalla piccola vibrazione - che non può essere colta perché quasi impercepibile - dalla

risonanza diffusa della corda - visibile, ma non analizzabile momento per momento - al momento

della piacevolezza:

La musica offre un buon esempio di ciò: tutto quello che risuona ha in sé una specie di fremito o di movimento in qua

e in là, come si nota negli strumenti a corda; e così tutto quanto risuona, produce dei battiti impercettibili; quando tutto

questo non procede in modo confuso, bensì in maniera ordinata, e si combina secondo determinate alternanze, risulta

piacevole, come quando si constata una determinata alternanza di sillabe lunghe e brevi, e di rime, che si combinano in

versi, i quali per così dire racchiudono in sé una musica silenziosa, e quando essi sono regolari, arrecano piacere anche

senza venir cantati […] Per questo la musica è tanto piacevole, da commuovere gli animi, sebbene di solito questo suo

scopo fondamentale non venga rilevato a sufficienza, e nemmeno ricercato5. (Leibniz, Die Philosophischen Schriften,

Vol VII, pp. 86 – 87)

Il passo è complesso, poiché mescola osservazioni di tipo fisico e metafore di tipo poetico: il

suono è anzitutto oscillazione del corpo sonoro, fremito che si trasmette nella vibrazione, che si

trasforma in un battito diffuso e cade sotto la presa della piccola percezione. Noi cogliamo la

4 G. W. Leibniz, «Nuovi saggi sull’intelletto umano dall’autore del sistema dell’armonia prestabilita», in Scritti

filosofici, a cura di D. O. Bianca, vol. II, p.174.

Page 19: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

globalità di un fenomeno, in una prospettiva tipicamente chiaroscurale. Questa constatazione,

tuttavia, in Leibniz viene scavalcata con un richiamo alla discretezza matematica, che prende forma

nell’immagine dell’articolazione ritmica della parola e del verso. Con un sottile salto di registro,

dall’armonia del battimento si passa all’azione ordinatrice del numero, che produce una metafora,

quella della musica silenziosa, dell’oggetto ordinato, che esercita immediatamente piacere o

commozione. Il piano analogico prevale e l’idea dell’armonia prestabilita va coprendo alcune

lacune, di cui lo stesso Leibniz è, naturalmente, consapevole. Vi è, per esempio, un netto salto di

registro, quando il battimento fisico del corpo percosso viene riportato alla struttura ritmica del

verso, in una dimensione che è musicale solo come immagine metaforica dell’armonia che tiene

unita la metrica nella lettura. Questo passaggio indica un salto, un dislivello concettuale fra il piano

fisico e quello artistico, che Leibniz risolve rimandando metafisicamente a una nozione di ordine

particolarmente ampia. Siamo allora di fronte a un compito che muove oltre il piano della

razionalità pura e che prende consistenza all’interno del potere emotivo del suono, collegato alla

regolarità del numero.

La sfumatura qualitativa che non troviamo sul piano razionale fa sentire la sua urgenza,

toccando oscuramente il piano delle passioni, che trova risonanza nell’idea metafisica di una

connessione a un ordine generale, di cui il collegamento fra piccole percezioni e fattore calcolistico

dà prova nell’esperienza concreta dell’ascolto: se vi è consapevolezza del sentimento, se

ammettiamo che la musica crea un’emozione, apriamo una via verso una connessione possibile fra i

piani messi in gioco da numero, ritmo e vibrazione. La consapevolezza di un’emergenza del piano

dell’ordine legato che si manifesta anche oscuramente anche sul piano dell’espressione all’interno

dell’anima, annuncia una continuità qualitativa fra ciò che avvertiamo in modo oscuro e un ordine

di conformità, che trova una conferma sul piano metafisico dell’armonia prestabilita.

L’idea di calcolo diventa più esplicita nel celebre passo della lettera a Goldbach del 1712, che

suona così:

Musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi. […] Anima igitur etsi se numerare

non sentiat, sentit tamen huius numerationis insensibilis effectum, seu voluptatem in consonantiis, molestiam in

dissonantiis, inde resultantem.

Spesso il passo viene parafrasato così: l’animo non sa di contare, ma effettua un calcolo, a

partire dal piano delle piccole percezioni, che arrivano inavvertite, ma mettono in moto operazioni

5 Il passo, citato da Andrea Luppi, proviene da «Frammento E (preparatorio per la Scientia Generalis)», tratto da Die

Philosophischen Schriften von G. W. Leibniz, a cura di Carl Immanuel Gehrardt, Vol VII, Wilfrid Lorenz Lipsia, 1932,

Page 20: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

che stanno sul limite del concettuale. La spiegazione, tuttavia, non chiarisce perché un calcolo

debba dare piacere, né come si passi dal piano dei rapporti, che vengono esplicitati in termini

intuitivi, come portatori di piacere e fastidio, della consonanza e della dissonanza.

Sarebbe possibile intendere il passo basandosi su una lettura metafisica, che veda nel suono

non tanto una vibrazione misurata, ma un modo di far vibrare l’animo, all’interno di una visione

progressiva, e rischiarante, della scoperta dell’ordine dell’universo. Se il mondo delle piccole

percezioni va visto come un gradiente qualitativo, che ci conduce in continuità verso la totalità della

vita di coscienza, la consonanza e la dissonanza sono voci di un’affettività diffusa, che rispecchia

nel singolo suono la totalità della composizione e del mondo. Quello che non viene avvertito sul

piano del sensibile, delle piccole operazioni di aggiustamento che accadono nel terreno

dell'immediatezza, trova una risposta nell’articolazione della passione sollecitata dal suono, e quella

passione è la riprova di un ordine, che l’espressione ossimorica calcolo inconsapevole promette. La

concezione di un’aritmetica occulta si trova così nelle immediate vicinanze di un’attività di

rischiaramento progressivo della coscienza che sul piano estetico prefigura un ordine,

corrispondente a quello della razionalità matematica.

Se la ricostruzione del senso del problema che abbiamo proposto ha un senso, potremmo

concluderne che è proprio il terreno mobile e prezioso di queste bivalenze ineludibili, che permeano

tutta la vita di coscienza, quel tesoro nascosto che Leibniz vuol salvare proponendo un calcolo

ideale che protegga la dimensione dell’ascolto; lo scarto fra calcolo e consapevolezza è l’apertura di

un compito indispensabile, per dar ragione della totalità dell’esperienza umana e forse, in

quest’attività incessante, operatività empiristica e razionalismo possono coesistere, temperandosi a

vicenda. Il soggetto riscopre la gradualità conoscitiva, assieme all’ordine del mondo: il calcolo

inconscio è una contraddizione, che trova il proprio chiarimento in un percorso che va

dall’espressivo all’ontologico, tenendo i due livelli in una vicinanza fortissima. Sarà proprio

seguendo questa via, che lo Schopenhauer del Terzo Libro del Mondo come Volontà e

Rappresentazione leggerà nell’ascolto musicale da parte della soggettività un «esercizio di

metafisica inconsapevole», riecheggiando esplicitamente Leibniz: nel suono si rivela il senso

nascosto del mondo, ed esso deve rivelarsi come forma affettiva di un principio metafisico, la

Volontà, che ci stringe continuamente nelle sue spire, ma che nel suono, meglio ancora nel gioco

espressivo del suono e dei suoi armonici, trova un doppio analogico della struttura del mondo. Per i

due filosofi, la musica è il mondo che canta le strutture della propria esistenza, mentre l’affettività

trova un consolidamento in un'oggettualità che in Leibniz collega, senza cesure, la passione al

p. 86 – 87. Cfr. Luppi, 1989, p.127

Page 21: Teoria Musicale e Paradigma scientifico Descartes Leibniz Keplero

fondamento razionale, in Schopenhauer le modalità di presentazione del mondo al piano di

un’espressività musicale libera da ogni vincolo psicologico.

BIBLIOGRAFIA

BAILHACHE P., 2001, Une histoire de l’acoustique musicale, CNRS Éditions Paris

ID., 1992, Leibniz et la théorie de la musique, Klincksieck, Paris

BORIO G., GENTILI C. (a cura di), 2007, Storia dei concetti musicali, Armonia, Tempo,

Carocci, Roma

CARTESIO, Breviario di musica, a cura di Luisa Zanoncelli, Passigli Editori, Firenze 1990

CHRISTENSEN TH., 1993, Rameau and musical Thought in the Enlightment, Cambridge,

Cambridge University Press

COHEN H. F., 1984, Quantifying Music. The Science of Music at the First Stage of the

Scientific Revolution, 1580 – 1650, Dordrecht, Reidel Publishing Company

R. Descartes, Abrégé de Musique, PUF, Paris,1987.

DICKREITER M., 1973, Der Musiktheoretiker Johannes Kepler, Franche Verlag, Bern –

München

FABBRI N., 2003, Cosmologia e armonia in Kepler e Mersenne. Contrappunto a due voci sul

tema dell’Harmonice Mundi, Leo S. Olschki, Firenze

FICHET L., 2000, Le Langage Musical Baroque, Éditions Aug. Zurfluh, Bourg – la – Reine,,,

FIELD J.V., 1988, Kepler’s Geometrical Cosmology, The Athlone Press, London

GOZZA P. (a cura di), 1989, La musica nella Rivoluzione Scientifica del 600, Il Mulino,

Bologna

GOZZA P. (edited by), 2000, Number to sound. The Musical Way to the Scientific Revolution,

Kluwer Academic Publishers, Dordrecht /Amsterdam/London

KEPLERO G., L’armonia del mondo, a cura di C. Scarcella, Edizioni del Cerro, Pisa, 1994

LOMBARDI A. M., 2008, Keplero. Una biografia scientifica, Edizioni Codice, Torino

LUPPI A., 1989, Lo specchio dell’armonia universale. Estetica e musica in Leibniz, Franco

Angeli, Milano

PALISCA C. V., 1968, Baroque Music, Englelwood Cliffs, Prentice Hall

PIANA G., 2005, Alle origini del concetto di tonalità, in Sito Web Spazio Filosofico:

http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/tonalita/tonalita_idx.htm

SPITZER L., 1963, L’armonia del mondo. Storia semantica di un’idea, Bologna, Il Mulino

STEPHENSON B., 1994, The Music Of Heavens. Kepler’s Harmonic Astronomy, Princeton,

Princeton University Press

WALKER D. P., 1978, Studies in Musical Science in Late Renaissance, London, J. Brill