tecnica mosca 3/2004 e adesso, come la mettiamo? · di pesca. un vecchio pescatore Mi telefona...

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tecnica mosca 44 e adesso, come la mettiamo? 3/2004

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    e adesso, comela mettiamo?

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    RobeRto PRagliola

    In un precedente arti-colo analizzavo le dif-ferenti emozioni frauna cattura fatta in uncorso d’acqua libero ein un no-kill. Afferma-vo che quando peschi

    in questi luoghi non esistono piùsorprese, stati d’animo, in due pa-role emozioni, e prevale il tedio.Riassumo per sommi capi i puntifondamentali di quello scritto, basi-lari per meglio comprendere que-sto. Che cosa può darti, sostenevo,la pesca in luoghi dove perdere unbel pesce ti lascia indifferente, tan-to di lì a poco ne puoi prenderetanti altri e anche più grandi? Dovesi pesca fra il vociare del pirla diturno, dell’altro che si sente in do-vere di fare la radiocronaca in di-retta della sua cattura all’amico e atutti gli altri attorno. Luoghi doveuna bollata è al massimo un puntodi riferimento, come una qualsiasipietra, e non un’emozione. Mentrela tensione del pesce in canna èsolo un momento di esibizione, ela slamatura quasi una seccaturaperché ti fa perdere tempo: togliesolo spazio a una cattura in più.Laddove la stessa trota è solo unoggetto. Un numero, uno in più dasfoggiare la sera con gli amici. Lapresunta dimostrazione della pro-pria abilità. È un mondo privo diemozioni. Dove tutto si appiattiscee ogni cattura contribuisce ad ap-piattire la cattura che segue e l’altrache seguirà. È una goccia che, as-sieme a tante altre, uno dopo l’al-tra, inaridisce le emozioni finché iltuo cuore di pescatore è peggio diuna spugna secca. Senza emozionic’è solo tedio: uno stato d’animoche ti spinge ad andare in un altroposto dove le trote sono semprepiù numerose, di taglia sempremaggiore, in una girandola inferna-le destinata non a placarlo ma, alcontrario, ad alimentare il tedio.Continuavo con un interrogativo.Questo: se è indubbio che una tro-ta “naturale” (o quantomeno chegli assomigli il più possibile) è unacattura difficile, è altrettanto veroche anche l’altra di no-kill immessada molto tempo lo è altrettanto.Dov’è, dunque, la differenza? Uninterrogativo cui davo questa rispo-sta: se è vero che una trota di un“no-kill vecchio” è difficile, è altret-tanto vero che è “solo” difficile.Quella naturale è difficile con inpiù “l’emozione”. La prima sottrae,l’altra aggiunge. La prima spegne leemozioni, l’altra le alimenta. Con-

    cludevo in questo modo: può es-serci passione senza emozione? Inrealtà la conclusione poteva ancheessere un’altra: no-kill sì o no, op-pure no-kill differenti?

    no-kill

    Non era mia intenzione, e non loè neanche ora, muovere qualsi-voglia critica a coloro che si sonodannati l’anima per ottenere i no-kill. Ci mancherebbe! Rammentofin troppo bene la fatica che mi co-stò (che ci costò, a me e ad altri)fare la stessa cosa sul fiume Magranel 1978. Non se ne fece di nulla eprovate ad indovinare per colpa dichi. Dopo ventidue anni ci sonoriuscite altre persone. Complimenti.Ma quello non fu il primo tentati-vo. Noi dell’allora C.I.P.M. di Firen-ze ci provammo (e ci riuscimmo)anni prima. Se ben rammento funel 1975 o addirittura l’anno prece-dente. Ottenemmo un tratto di cir-ca un paio di chilometri nel fiumeSieve. E chissà che non fosse il pri-mo no-kill di questo paese. Pocoimporta se era a cavedani. L’impor-tante pareva creare un precedente.In seguito ci ho provato altre volte.Per esempio quello sul Tirino, manon il no-kill attuale, l’altro deglianni Ottanta. In seguito altri anco-ra. Un giorno, pensavamo, quandoquesti tratti saranno numerosi, lapesca sarà diversa. E anche coloroche usano le esche naturali finiran-no per pensarla diversamente.Questo a quei tempi.Oggi di tratti no-kill ce ne sonomolti e un po’ ovunque grazie, ap-punto, a tante persone che con te-nacia, pazienza e sacrificio sonoriuscite a convincere chi di dovere.Bravi! Il punto non è questo, dun-que, quanto piuttosto il risultato diquest’operazione. Mi spiego conqualche esempio: confidenze diamici, di qualche occasionale com-pagno di pesca oppure pareri rac-colti qua e là sui fiumi o nei negozidi pesca.

    un vecchio pescatore

    Mi telefona Bruno, un amico. Iltono è sconsolato. Lo statod’animo sotto le suole delle scarpe.È appena rientrato dalla sua primauscita di pesca di stagione fatta inun no-kill. È un pescatore di vec-chia data, Bruno. Abbiamo pescatotante volte assieme. Qualche voltaprendendo pochi pesci. A voltepiccoli, in altri casi di buona taglia.

    Chi per un verso,chi per l’altro, a ragione

    o a torto, un numerosempre maggioredi pescatori mette

    un punto interrogativosui no-kill. Possibileche quella che anni

    addietro parevala soluzione si stia

    trasformandoin un boomerang?

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    In ogni caso, comunque andasse lapesca, anche quando andava buca,lo stato d’animo era diverso. È unpo’ come quando pratichi dellosport. A volte si vince, altre si per-de. Ma la voglia di riprovarci, indue parole lo stato d’animo diquando affronti l’uscita susseguen-te, è sempre di speranza. Ora, miconfessa, è il contrario. E neancheper il numero delle catture fatte inquesta sua prima uscita stagionale,non molte ma sufficienti. Del restopesca da troppi anni per non sape-re che ai primi di aprile non si puòpretendere la luna. Troppe le varia-bili. Il punto è un altro: non si è di-vertito. Purtroppo la cosa non ènuova. Gli era successa anche loscorso anno. E allora ne trae alcu-ne conclusioni, compreso che lapesca non gli dà più stimoli. Capi-ta, quando la si pratica da una tren-tina d’anni.«No», gli rispondo, «è il no-kill, lasua micidiale capacità di ucciderele emozioni».«Mi auguro di no», sospira, «altri-menti cosa faccio? Dove vado a pe-scare, all’estero?»

    un giovane

    Carlo, giusto per dargli un nome,ha incominciato con la moscada poco. È studente, giovane e ingamba. In più la mosca lo ha tra-volto a tal punto da far concorren-za alla sua ragazza. Per giunta èuno che il pesce lo rimette dentroe con cura. È perfino felice di ri-spettare qualsiasi norma, anche lapiù restrittiva. Infine è fra i pochi

    che rispetta i fiumi. Non è di quelliche gettano per terra un po’ di tut-to: dalle bobine di nylon vuote, al-le bustine dei finali al pacchetto disigarette. Ce ne fosse, di gente così.Pescare non è facile. Come nonsuggerirgli di andare in un no-killaperto da poco? Ci va e torna con-tento come una Pasqua. Ci torna eritorna sempre più felice. Poi, ungiorno, prende poco. Pazienza,succede. In seguito è anche peg-gio. Finché non prende più nulla oquasi. Entra in crisi. Perché se nonsi cattura con poco pesce si capi-sce. Ma quando le trote ti bollanoda tutte le parti e non ne prendinemmeno una o poco ci manca,cosa pensare? Cos’è che non ho ca-pito? Dove sbaglio? Sbagli molto eal tempo stesso nulla, caro Carlo.Appena immesse le trote sono faci-li. Perfino troppo. Poi imparano. Ealla svelta. Così ti trovi di fronte atutto quanto avevi sognato, ma ilsogno si trasforma in un incubo.Possibile che invece di rappresen-tare un incentivo per le ultime leve,questi tratti rischino di divenire laloro tomba?

    un tipo spiccio

    Questo caso riguarda Gianni.Non è proprio un amico, ma ciconosciamo da tanti anni anche seci frequentiamo poco. Costui piùche sconsolato è sconcertato. È untipo spiccio. Vede la pesca senzatroppi ghirigori. Certi discorsi tipopescare solamente con la moscasecca, per esempio, lo innervosi-scono. E non parlategli d’etica. Tut-

    te baggianate. La pesca è pesca, so-stiene, il che vuol dire prendere deipesci, punto e basta. Di conse-guenza lo fa con la secca, la ninfae lo streamer. In più, siccome pe-sca da molti anni e ha la memorialunga, usa anche la sommersa.Avete letto bene, proprio quel mo-do di pescare a discendere con tremosche (o più) oggi dimenticato oquasi. Attorno agli anni Sessanta-Settanta in questo paese la ninfa laconoscevano in pochi. O se neparlava poco. In ogni caso era po-co usata. Pari pari come lo strea-mer. Di solito in quegli anni si pe-scava o con la secca o con la som-mersa. Questi ultimi artificiali eranoo alati o tipo spider. In ogni casocatturavano. E non solamente all’i-nizio di stagione, ma anche in pie-na estate. E catturano tutt’oggi, ec-come. Chiedetelo a Gianni.Dunque Gianni di solito cattura.Vuole catturare. E siccome i fiumisono ridotti come tutti sappiamo,va nei no-kill. Uno per uno se li èfatti tutti. Con ciò, dicevo, anch’egliconfessa d’essere insoddisfatto.Troppa gente sui fiumi. Anche neigiorni lavorativi. Di solito i no-killsono tratti di fiume molto brevi. Cisi disturba a vicenda. Tutto quel viavai alla fine è esasperante. Poi c’èchi ci mette del suo. Tipo le radio-line e ora anche i telefonini . Paresia diventata una moda chiamarsi avicenda. Cosa prendi? Bollano dalletue parti? Ho preso una trota bellis-sima! Io tre e ne ho rotta una moltogrossa. Con che mosca? Una volta,racconta Gianni, stranamente erasolo. Pescava con la ninfa e perun’ora non era riuscito a catturareneanche una trota. Poi azzeccaquella giusta e da quel momentocomincia a prenderne una dietrol’altra. In quel mentre passa uno,vede tutto, tira fuori quella male-detta radiolina e di lì a poco si tro-va circondato da tre pescatori. OggiGianni è talmente esasperato chevede i pescatori come un ladro icarabinieri o poco ci manca.

    il solito furbo

    Gino, chiamiamolo così, è giova-ne e sveglio e per giunta an-che furbo. Ha capito subito comevanno le cose. Un giorno, in unnegozio di pesca, spiegò a noi po-veri fessi come gira il mondo.«Tutti si lamentano che i no-kill so-no zeppi di gente», sorride scaltro,perfino con sufficienza. «E chi sene frega. Prendi il no-kill del fiume

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    Nera, per esempio. Quasi tutti la-sciano l’auto in un posto e poi di lìscendono diritti filati verso il fiu-me. Si può essere più fessi di così!Se lasci un punto di riferimentocosì preciso, sei fregato. Il Nera ètutto una curva, basta che uno ti simetta davanti anche di un centi-naio di metri che corri il rischio dipescarci dietro per chissà quantotempo. Peggio ancora coloro chelasciano l’auto sulle piazzole lungola strada e di lì scendono al fiumelungo il sentiero. Io invece lasciol’auto in un posto e scendo più amonte di almeno trecento metri etalora anche di più. Così li frego.In altri fiumi, invece, siccome qua-si tutti pescano a risalire, io lo fac-cio a discendere. E così frego an-che questi».Ben detto, ben fatto, bella trovata!Purtroppo questo è un paese difurbi e Gino è in buona e numero-sa compagnia. E così un giornofreghi qualcuno, ma la volta doporimani fregato tu. E siccome siamoin tanti, prima o poi rimaniamofregati tutti. E dopo, cosa fai, ra-gazzino furbo?

    uno molto bravo

    Luciano è anche lui un pescatoredi vecchia data, fa parte dellacombriccola e, al contrario di Bru-no, pesca solo con la mosca secca.Per giunta è anche molto bravo. Èun tipo sornione. Di quelli che sipiantano in un posto buono e di lìnon gli schiodi. Non per pigrizia,figuriamoci! Ma perché, come so-stiene lui con l’aria di chi la sa lun-ga, se cominciano a bollare sa luicosa fare. I capelli bianchi non glisono venuti a caso. Anzi, più il pe-sce è difficile, meglio è. Tanto peg-gio per chi non sa pescare. A luinon frega nulla neanche se ci sonotanti pescatori e nemmeno se qual-cuno gli si mette accanto. Che cosacambia: arrivano, fanno qualchelancio, non prendono nulla e se nevanno scornati e altrove. E lui restasolo con le sue bollate. A lungo an-dare, sostiene Luciano, in questiposti ci vengono davvero in pochi.E così resto solo soletto o quasi,proprio come molti anni addietro,quando a pescare con la mosca

    eravamo quattro gatti. Con la diffe-renza che ora hai a che fare contanti pesci e grandi. Luciano è unaccanito sostenitore dei no-kill.Purtroppo, con il tempo, Lucianos’è accorto di una cosa di fronte al-la quale anche i suoi capelli bian-chi non bastano. E non per le cat-ture, intendiamoci, perché è bravoper davvero, e i pesci continua aprenderli. Solo che una volta queipesci li prendeva con delle “mo-sche”. Oggi è costretto a montaredelle “cosette” che manca poconon si vedono neanche con la len-te d’ingrandimento. Che roba sono!Senza contare che se solo tira unpo’ di vento, o la luce batte sull’ac-qua in un certo modo, chi le vedequelle cosette. E non allude allabollata. Quella la vede, eccome. Seil pesce prende la sua mosca nongliene scappa uno. Ma c’è di peg-gio. Perché se non vedi dove posila mosca, come si muove in acquae come passa sopra pesce, se que-sti te la rifiuta come diavolo fai asaperne il motivo? Mica un pesca-tore bravo come lui può montareuna mosca a caso. Tanti di quegli

  • anni per capire il perché delle co-se, e poi di colpo ti ritrovi a mon-tare una mosca a caso. Proprio co-me un principiante. Come se la pe-sca fosse una lotteria. È umiliante.

    un negoziante

    Luca ha un negozio di pesca adue passi da casa mia. È un bra-vo lanciatore, e questo l’ho verifi-cato con i miei occhi. Ha anche lafama di essere un bravo pescatoree ci credo, anche se non l’ho potu-to appurare personalmente. Ma ba-sta sentire come uno parla di pesci,di mosche o altro per accorgerse-ne. Per giunta è anche un nego-ziante onesto e non ce ne sonomolti. I negozi di pesca, si sa, sonoun po’ il termometro della situazio-ne. Come certi bar per il gioco delcalcio. Se vai nel suo negozio dalgiovedì in avanti non c’è un pesca-tore che non gli chieda informazio-ni su dove andare nel fine settima-na e lui allarga le braccia sconsola-to. Dal lunedì al giovedì è un pia-gnisteo per com’è andata la pescadel sabato o della domenica prece-dente. E il prossimo giovedì, pove-ro Luca, cosa ci racconti?

    e adesso?

    Enelle acque libere cosa accade?Fra inquinamenti, sponde pienedi rifiuti, dighe, pochi pesci e pergiunta piccoli, comportamenti di-scutibili, licenze di pesca nazionali,tesserini regionali e fra poco anche

    parrocchiali, e mi fermo qui percarità di patria, dimmi povero pe-scatore, dove vai a battere la testala prossima uscita? Esagero? Puòdarsi che qualche regione se lapassi un po’ meglio. Che in qual-che fiume i pesci siano di tagliapiù decorosa. Forse perfino chequalche amministrazione gestiscale acque in maniera migliore e, ad-dirittura, che in certi posti l’af-fluenza dei pescatori sia meno in-vadente. Può darsi, dicevo, ma so-no mosche bianche. Di là di casisporadici, per il resto mi pare chesiamo tutti messi piuttosto maleper non dire di peggio.

    no-kill sì o no,oppure differenti?

    Chi per un verso chi per l’altro, aragione o a torto, un numerosempre maggiore di pescatori met-te un punto interrogativo sui no-kill. Possibile che quella che anniaddietro pareva “la soluzione” sistia trasformando in un boome-rang? Ignoro quanti siano i pesca-tori che s’identificano nei compor-tamenti e negli stati d’animo de-scritti in questi esempi. Ciò che ècerto è che conosco molte personeche li condividono. Per quanto miriguarda, ho già detto come la pen-so in un precedente articolo e rias-sunto per sommi capi anche inquesto.Ciò che mi pare certo, invece, eche qualcosa dovrebbe essere fat-to. Per esempio rivedere certe re-

    gole. Non credo sia il caso di illu-dersi se nei primi tempi un no-killattira moltissime persone. Starei an-che attento a considerare quest’af-fluenza come una conferma delleregole vigenti. Prima o poi anchequesto farà la fine degli altri. Senzacontare che pescare sempre nellostesso posto a lungo andare an-noia. E allora i pescatori vanno al-trove. E quando un povero Cristo liha girati tutti, rimanendone in buo-na parte deluso, può anche pren-dere in considerazione di ridurredrasticamente le sue uscite di pe-sca e farle tutte all’estero. Pochema buone. Conosco un bel po’ dipersone che hanno fatto questascelta. E se mancano le affluenze,chi ha concesso la gestione potreb-be anche ritirarla. Questo mi pareun rischio reale. Non dimentichia-mo che questi tratti sono stati im-posti. Troppe persone non li vo-gliono. Ho il sospetto che siano inattesa di scatenarsi se i fatti dimo-strassero che non servono a nulla:neanche a coloro che li hanno vo-luti e ne usufruiscono, i pescatoricon la mosca. Meglio pensarci pri-ma e provvedere.Ignoro anche se coloro che sonoriusciti ad ottenere la gestione diquesti tratti (o ne hanno suggeritole norme), abbiano il potere dicambiarle. In ogni caso, forse po-trebbero provarci. La prima cosache mi pare necessaria è “il ricam-bio del pesce”. Quando un esem-plare è stato preso e ripreso innu-merevoli volte, sappiamo come

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  • vanno a finire le cose. Dunque cre-do sia ragionevole consentire alme-no una cattura giornaliera. Forseanche due. Magari non considerar-la un obbligo, però potrebbe esse-re concessa. Naturalmente alludoagli esemplari di taglia maggiore, ipiù smaliziati e difficili.Farei attenzione anche ad immette-re solo pesci grandi. Peggio ancoratanti e grandi. Anche il pesce gran-de, una volta divenuto pane quoti-diano, contribuisce per la sua partea togliere emozioni alla pesca.Dunque queste immissioni dovreb-bero essere differenziate come ta-glia: pochi pesci grandi, molti medie molti di più piccoli. Infine tanti,tantissimi avannotti.Anche nei confronti del costo delpermesso giornaliero ci farei unpensierino. Non so quanto costi lagestione di questi tratti. Ciò che ècerto è che non considero valido ilraffronto con le cifre che si sborsa-no in Slovenia, per esempio. Ci so-no molti motivi per non ritenerlovalido. Primo fra tutti il fatto che laSlovenia non offre pesci e basta.Offre anche la bellezza del paesag-gio e il relativo stato d’animo, unacomponente fondamentale dellapesca.

    Anche l’affluenza dovrebbe essereregolata. In certi fiumi è libera. Maanche laddove è regolamentata,spesso è di manica larga. Non èpossibile che pescare equivalga adandare allo stadio. Poi le esche. Miauguro che nessuno la consideriuna pugnalata se sostengo che an-che nei loro confronti qualcosa do-vrebbe essere fatto. Non è possibileconsentire lo streamer in un fiu-metto di una dozzina di metri. Sen-za contare altri “accorgimenti tecni-ci”, giusto per dargli un nome. Peresempio il piombo o lo strike indi-cator o avvistatore di abboccata,anche se ai miei tempi si chiamavagalleggiante. So che divieti del ge-nere sono impopolari. Non mi me-raviglierei per niente di sollevarecritiche fino all’insulto. Ma sia l’unoche l’altro non sono indispensabili,se si sa pescare. E se non si sa,s’impari! Infine ci dovrebbe essereanche una specie di regolamenta-zione comportamentale. Quandonon c’è senso civico, bisogna pur-troppo imporlo.Non ho affatto la pretesa che quan-to elencato sia la soluzione deiproblemi. E nemmeno che siano gliunici validi. E neanche che sianotutti da prendere in considerazione.

    Il mio intento, casomai, era eviden-ziare una situazione. Perché nonsono il solo a pensarla così. Ad altriil compito di risolverla nella manie-ra migliore possibile a seconda icasi specifici.Non sono come Gianni che vede ipescatori come fumo negli occhi.Quantomeno chi si comporta comesi deve. Anche se rammento connostalgia le uscite di pesca di tantianni addietro, quando trovare unpescatore con la mosca era un ter-no al lotto e proprio per questouna gioia. Come lo vedevi da lon-tano lo avvicinavi con un sorriso.Com’è andata? Con che mosche haicatturato? Me le fai vedere? E primadi lasciarsi di nuovo un bel sorriso.È vero che a quei tempi lo spazio adisposizione era molto e non ci di-sturbavamo a vicenda. Però è al-trettanto vero che i rapporti inter-personali erano diversi. Anche ilmodo di affrontare il fiume e la pe-sca era differente. Le cose stannocambiando rapidamente e non mipare per il verso giusto. Altrimentichi per un verso e chi per l’altronon saremmo a lamentarci conti-nuamente. Ma se questa è la realtà,e questa non ci aggrada, adesso,come la mettiamo?

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