Teatro Intervista Fotografia Il Grande Teatro Gilberto...

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Quinta Parete V erona cultura e società mensile on-line www.quintaparete.it Anno II - n. 11 - Novembre 2011 Diretto da Federico Martinelli Intervista Gilberto Antonioli Teatro Il Grande Teatro Fotografia Beth Moon in mostra A colloquio con un poeta e studioso veronese che ha da poco conseguito la sua sesta laurea Il Teatro Nuovo propone in questi prossimi mesi la nuova stagione della sua rassegna di successo Andiamo a vedere dal vivo le opere di grande fascino di quest’artista. Alla galleria PH neutro a pagina 24 a pagina 2 a pagina 16 Esclusivo! “Verona è” compie un anno La storia continua... 2010-2011: un anno di cultura e società www.quintaparete.it Festeggia con noi il nostro primo anniversario. Leggete e diffondete Associazione Culturale www.quintaparete.it

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Q u i n t a P a r e t eVeronacultura e società

mensile on-linewww.quintaparete.itAnno II - n. 11 - Novembre 2011 Diretto da Federico Martinelli

Intervista

Gilberto AntonioliTeatro

Il Grande TeatroFotografia

Beth Moon in mostraA colloquio con un poeta e studioso veronese che ha da poco conseguito la sua sesta laurea

Il Teatro Nuovo proponein questi prossimi mesi la nuova stagione della sua rassegna di successo

Andiamo a vedere dal vivo le opere di grande fascino di quest’artista. Alla galleria PH neutro

a pagina 24a pagina 2 a pagina 16

Esclusivo! “Verona è” compie un anno

La storia continua...

2010-2011: un anno di cultura e societàwww.quintaparete.it

Festeggia con noi il nostro primo anniversario. Leggete e diffondete

Associazione Culturale

www.quintaparete.it

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Non vado mai al cinema, la vita è troppo breve

Teatro2

Penultimo appuntamento il 13-14-15 marzo con “Il Mare” di Anna Maria Ortese, regia di Paolo Poli anche interprete. Una serie di storie di un’Italia media ma sempre sognante, tra insuccessi e desideri, in costumi e scene abbaglianti e soprattut-to musiche ammalianti.Il 28-29-30 marzo a terminare la rassegna sarà “Lo scarfaliet-to” di Eduardo Scarpetta, ma-estro della commedia napole-tana. Tra gli attori infatti Lello Arena, con Marianella Bargilli e Geppy Gleijeses, regista del-lo spettacolo. Lo “scaldaletto” sarà la goccia che farà traboc-care il vaso in una giovane cop-pia litigiosa e altri personaggi buffi. Insomma, una serie di appuntamenti da non perdere.

il loro desiderio di gravidanza, con una colonna sonora di suc-cessi italiani.Continuerà il programma dal 15 al 19 febbraio con Marco Paolini nel suo show “Itis Ga-lileo”. Il noto comico veneto e la sua tipica verve si incentrano questa volta in ragionamen-ti tra scienza e fede, ragione e superstizione. Idee, domande e risposte dal nostro passato per il nostro presente.Massimo Venturiello e Tosca saranno i protagonisti, il 6-7-8 marzo, de “Il borghese genti-luomo” di Moliere. La storia di un ricco aspirante nobile e il suo continuo desiderio di gua-dagno, contrapposto ai più po-veri e alla moglie, più pratica e a suo modo più saggia.

coi tempi, in una società sempre più comicamente stimolante.Il 5-6-7 dicembre sarà la volta di “Stanno suonando la nostra canzone” di Neil Simon, regia di Gianluca Guidi. Giampiero Ingrassia interpreta un musici-sta di successo che incontra una donna (Simona Samarelli) con cui inizierà una tormentata e affascinante storia d’amore.Dopo il fortunato debutto quest’estate, grande attesa per “Sogno di una notte di mezza estate” fuori abbonamento il 18-19 gennaio prossimi. Gioele Dix reinterpreta Shakespeare e lo porta sul palco con un nutrito e collaudato gruppo di comici a cui si aggiunge l’importan-te presenza del duo musicale “Musica Nuda”.1-2-3 febbraio saranno serate al femminile con Tosca d’Aquino, Roberta Lanfranchi e Samuela Sardo interpreti in “Smetti di piangere Penelope”, storia in-centrata tra queste tre amiche e

La 14ma edizione della rasse-gna “Divertiamoci a Teatro” del Teatro Nuovo di Verona è come sempre ricca, variegata e di qualità. Da ottobre a marzo un sicuro intrattenimento, gli spettacoli propongono temi sva-riati e sicuramente interessanti per tutti. Tema conduttore è ovviamente il divertimento nel-le sue più varie forme da poter mettere in scena.Si comincia l’8-9-10 novem-bre con “La Verità” di Floran Zeller, con Massimo Dapporto e Antonella Elia, per la regia di Maurizio Nichetti. Il tradi-mento visto dall’interno della coppia e rispettivi amanti, con malumori, incomprensioni e complicità più o meno attendi-bili alla ricerca della verità, in un contesto sempre spensierato.Appuntamento poi il 23-24-25 novembre con Cochi e Renato, pionieri milanesi nel cabaret, ri-trovatisi a proporre le loro clas-siche gag ma sempre al passo

di Michele Fontana

Al via “Il Grande Teatro”Prestigiosa rassegna al Teatro Nuovo con protagonisti grandi attori

Novembre 2011

Sotto, il colonnato del Teatro Nuovo di Verona, sede di entrambe le

rassegne presentate in questa pagina

volta di “Il fu Mattia Pascal” per la regia di Tato Russo. La rassegna chiuderà i battenti con Alessandro Preziosi, protago-nista dal 20 al 25 Marzo del “Cyrano de Bergerac” di Ed-mond Rostand.

dal 10 al 15 gen-naio, in “Quello che prende gli schiaffi” di Le-onid Nikolaevic Andreev.Dal 24 al 29 gennaio andrà in scena la com-media di Eduar-do de Filippo “Le bugie con le gambe corte, interpretata da Luca de Filippo.Paolo Valerio ed Elena Giusti proporranno dal 7 al 12 feb-braio “Piccoli crimini coniuga-li” di Eric-Emmanuel Schmitt, regia affidata ad Alessandro Maggi.Dal 21 al 26 febbraio sarà la

e il suo cucciolo”, opera di Rei-naldo Povod, che tratta temi problematici come immigra-zione, droga e prostituzione, vissuti nella periferia romana.Franco Branciaroli sarà prota-gonista dal 13 al 18 dicembre di “Servo di scena” di Ronald Harwood. Sentimenti e passio-ne saranno gli argomenti svi-luppati nel raccontare la storia di un vecchio attore shakespe-ariano alla fine della sua car-riera. Figura rilevante, nell’e-conomia della storia, sarà il suo fedele servo di scena, che lo aiu-terà e lo incoraggerà a non ab-bandonare il mondo del teatro.Dopo le festività natalizie la rassegna ripartirà con un cele-bre duo teatrale. Glauco Mauri e Roberto Sturno si esibiranno,

Al Teatro Nuovo si rinnova l’appuntamento con “Il gran-de teatro”. La rassegna, ideata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona e da Te-atro Stabile-Fondazione Atlan-tide, metterà in scena prestigio-se opere interpretate da attori di ottimo livello.Si comincia con Leo Gullot-ta, volto noto della televisione italiana, che sarà protagonista con “Il piacere dell’onestà”, commedia di Luigi Pirandel-lo, per la regia di Fabio Gros-si. Sarà possibile assistere alla rappresentazione dal 15 al 20 novembre.Spettacolo di argomento più attuale dal 29 novembre al 4 di-cembre. Sarà infatti Alessandro Gassman interprete di “Roman

di Stefano Campostrini

Non vado mai al cinema, la vita è troppo breve

All’insegna del “divertimento”Al Teatro Nuovo torna il gradito appuntamento stagionale

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3TeatroNovembre 2011

visita il sito internet di “Verona è”www.quintaparete.it

Si alza il sipario al Teatro CamployÈ tempo di indossare nuovamente le maschere, lisciare gli abiti e spegnere le luci

Si apre, come tutti gli anni all’i-nizio dell’autunno, la Stagione Amatoriale al Teatro Camploy.Dopo i due appuntamenti del 29 e 30 ottobre, presentati con gran successo di pubblico dalla compagnia di Giorgio Totola, sarà la Music Theatre Com-pany (CMT) ad allietare le se-rate teatrali veronesi, con “Aida e Radames”, spettacolo in pro-gramma per il 5 e 6 novembre. Il musical narra la storia della principessa nubiana Aida, cat-turata da Radames e condotta come prigioniera in Egitto per essere poi data in dono alla principessa Amneris. Cupi-do però ci mette lo zampino e Radames e Aida finiscono per innamorarsi l’uno dell’altra. La regista Pia Sheridan riprende il capolavoro verdiano e lo fa dialogare con la contempora-neità, ritrovando, ora come un tempo, le stesse problematiche amorose e i medesimi conflitti interiori.L’avvenimento che interessa le serate del 12 e 13 Novembre è animato dalla commedia: “Buon Compleanno”, proposta dalla Compagnia Teatro Ar-mathan e diretta da Massimo Meneghini. La vicenda narra della relazione, divenuta ormai monotona, tra Carlo e Adele, rivitalizzata da una indimenti-cabile avventura che darà nuo-va linfa e forza di coesione alla coppia, salvando un rapporto ormai grigio e privo di passio-ne.Al giro di boa del mese, il 19 e

20, a fare la sua com-parsa è invece la com-pagnia Quartaparete, che tradurrà in termi-ni teatrali, in modo fe-dele ma al tempo stes-so originale e signifi-cativo, l’opera lettera-ria di Ray Bradbury “Fahrenheit 451”. Il capolavoro dello scrit-tore e sceneggiatore statunitense narra di un ipotetico futuro nel quale i libri sono illegali e chi li possie-de è perseguito dalla legge. Lo Stato paga un apposito corpo di vigili del fuoco che fa incetta di ogni tipo di volume e lo elimina gettandolo in enormi falò che sorgono al centro di ogni piazza. Il fuoco, elemento vi-tale per molti aspetti, è qui adottato come simbolo di distruzio-ne non solo di oggetti tangibili ma della sto-ria di un intero paese delegata alle pagi-ne scritte e in questo modo tramandata nei secoli. Uno spettacolo suggestivo, tutt’oggi molto attuale, che ci fa riflettere sul futuro della cultura.Toccherà poi alla rinomata Compagnia Einaudi-Galilei che, nelle serate del 27 e 28 no-vembre, sarà in scena ripren-

Non vado mai al cinema, la vita è troppo brevedi Caterina Caffi

dendo Collodi nello spettacolo dal titolo: “Non a caso a Pinoc-chio cresce il naso” .La favola di Pinocchio è insce-

nata con scopo educa-tivo e pedagogico: rap-presenta infatti ciò che in noi mai dovrebbe morire; il desiderio di viaggiare con la mente e scoprire mondi sem-pre nuovi che si apro-no davanti ai nostri oc-chi come tante piccole, e via via sempre più grandi, scatole cinesi. L’evento, che è già sta-to etichettato sotto la dicitura Musical, è in realtà un emozionante viaggio letterario, di cui la parte musicale rappresenta solo una piacevole integrazio-ne.Anticipando parte del programma di dicem-bre possiamo segnala-re, per il 3 e 4 del mese, un racconto teatrale dal titolo “Harvey”, proposto dalla compa-gnia Micromega . La vicenda narra di un coniglio bianco gigan-te, che il protagonista Elwood è certo di ve-dere, mentre si trat-terebbe in realtà solo della sua immagina-zione. La regista Mary Chase ci introduce in un mondo presentato con sottile e intelligen-

te ironia e che ci invita ad apri-re la mente e a non cementarci nelle nostre convinzioni, spesso foriere di incomprensioni.

Assessorato alla Cultura

Prezzo e vendita

Il prezzo è definito dalle compagnie stesse. I biglietti possono essere acquistati direttamente

alla biglietteria del Teatro Camploy al momento dello spettacolo.

informazioni

Teatro Camploy - Via Cantarane 32 - Veronatel. 045/8009549 – 045/8008184

www.comune.verona.it/teatrocamploy

In caso di necessità il presente programma potrà subire delle variazioni

cv

Sabato 31 marzo ore 21.00Domenica 1 aprile ore 16.30

Modus Vivendi

me prestito to moier?di Adriano MazzuccoRegia di Adriano Mazzucco

Sabato 14 aprile ore 21.00Domenica 15 aprile ore 16.30

Trixtragos

Un nemico del popolodi Henrik Ibsen Regia di Nunzia MessinaA

prile

201

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Sabato 3 marzo ore 21.00Domenica 4 marzo ore 16.30

Lavanteatro

Cognate disperate (L’amaro sapore delle verità)di Eric Assous Regia di Renato Baldi

Sabato 10 marzo ore 21.00Domenica 11 marzo ore 16.30

Tabula Rasa

e se tornassimo all’isolachenonc’e’?di Sara CallistoRegia di Sara Callisto

Sabato 24 marzo ore 21.00Domenica 25 marzo ore 16.30

G.T.V. Niù

amilcaredi Mary ChaseRegia di Roberto Adriani

Mar

zo 2

012

TeatroCamploy

Programmazione

Stagione 2011-2012Compagnie amatoriali

Dipinti di Sergio Piccoli

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di Isabella Zacco

Non vado mai al cinema, la vita è troppo breve

vanni Allevi, che aveva già re-gistrato un tutto esaurito alcuni anni fa, e Danilo Rea, grande poeta tra i musicisti, pianista che ha segnato la scena jazz de-gli ultimi decenni, collaboran-do con personaggi come Enzo Pietropaoli, Roberto Gatto e il grande Paolo Fresu. Le rassegne, per una precisa volontà di favorire la parteci-pazione popolare, avvicinando soprattutto i giovani al teatro, alla musica e alla danza, offro-no gli spettacoli a prezzi mai superiori ai 23 euro. Già da al-cune stagioni l’affluenza segna una percentuale del 95% dei posti in sala, di media, per una fascia di popolazione che va ben oltre la comunità cittadina, e si può dire che ormai coinvol-ga l’intera pianura veronese, a testimonianza della soddisfa-zione espressa dal pubblico, all’unisono con i consensi della critica.L’attività del Salieri, si ricorda, è promossa dal Comune di Le-gnago, sostenuta dalla Regione Veneto e gestita dalla Fonda-zione Culturale A. Salieri sin dal 1999, anno di riapertura al pubblico dopo i lunghi restauri di questo bell’edificio Liberty nel cuore della città.

classici, come Il lago dei Cigni o il Passo a due, alternandoli con im-portanti coreografie contempo-ranee, fino al gran finale con la danza ungherese da Raymonda di Petipa; il Ballet de l’Opera de Bordeaux per una serata dedicata al genio della danza del ‘900, George Balanchine,

con musiche, tra l’al-tro, di Gershwin e di Ravel. Poi ancora il Balletto di Torino, con lo spettacolo “La Ver-gine” sulla musica di Cajkowskij (“La bella addormentata”), per la coreografia del gio-vane Matteo Levaggi, artista reduce da un debutto in prima mon-diale a Miami lo scor-so settembre.Il settore musicale offre un ciclo di con-certi, dedicati al Piano Italiano, con tre gran-di interpreti: Sergio Cammariere, che sarà accompagnato dall’or-chestra Filarmonica Veneta di Legnago e dalla tromba di Fabri-zio Bosso, il “Miglior Nuovo Talento” eletto da Musica Jazz; Gio-

ancora pezzi classici, come “Il ventaglio” di Carlo Goldoni e il “Sogno di una notte di mezza estate” di W. Shakespeare, per la regia di Giole Dix, inter-pretato da una compagnia di giovani attori e comici, prove-nienti dal variopinto mondo di Zelig, lavoro che ha già riscos-

so un gran successo quest’anno presso la platea estiva del Te-atro Romano. E infine “The History Boys”, commedia di Alan Bennett vincitrice di 6 premi Tony Award, in versio-ne cinematografica nel 2006, definita da vari critici “uno de-gli spettacoli più importanti ed emozionanti” firmati da Bruni e De Capitani: uno sguardo sul mondo dei giovani e della scuo-la interpretato da attori giovani e di talento. Per la danza, l’appuntamento è con due grandi compagnie: il Ballet de l’Opera de Paris, in uno splendido gala per le core-ografie di Nurejev e di Petipa, si esibirà in estratti di brani

Novembre 2011Teatro

Teatro Salieri, impareggiabile rassegna: musical, teatro classico e moderno

Musica, danza e teatro per una rassegna dall’alto valore artistico

Interessante anche quest’anno il programma della nuova stagio-ne al Teatro Salieri di Legnago che, per volontà dell’Ammini-strazione Comunale e sotto la direzione artistica del regista Antonio Giarola, si sta sempre più sviluppando nel senso di una vera manifestazione an-nuale, ricca di eventi culturali di vario gene-re, rivolti ad un pubbli-co eterogeneo.Il cartellone della sta-gione 2011-2012 si ar-ticola in cicli di spet-tacoli di danza, musi-ca e prosa, lasciando sempre uno spazio alla valorizzazione della figura di Antonio Sa-lieri, con approcci a vari livelli dell’opera del compositore le-gnaghese: “Danziamo Salieri” è la rassegna che mostrerà al pub-blico coreografie alle-stite dalle varie scuole di danza del territorio, su musiche di Salieri; “Salieri Opera Video” prevede la proiezione dell’opera “Tarare” di Salieri, indirizzandosi particolarmente agli studenti delle scuole superiori, mentre “Leggiamo Salieri” coinvolge l’Associazio-ne Lettori ABC di Legnago; infine, “Salieri Sacro” è l’ese-cuzione del Requiem per soli, coro e orchestra, con l’Orche-stra e il Coro della Filarmonica Veneta di Legnago.Ma per tornare al cartellone della stagione, la prosa si pre-senta frizzante come una coppa di champagne e, sul filo condut-tore del divertimento, propone il musical “Happy Days”, pro-duzione della Compagnia della Rancia tratto dal famosissimo telefilm americano, poi “Varie-età” di Massimo Lopez, che nel panorama comico italiano non ha bisogno di presentazioni; poi

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Sabato 12 ore 21.00Piano Italiano SERGIO CAMMARIERE

venerdì 18 ore 21.00BALLETTO TEATRO DI TORINO Le Vergini

venerdì 25 ore 21.00 Piano Italiano GIOVANNI ALLEVI lunedì 5 ore 21.00 in abbonamentomartedì 6 ore 21.00 fuori abbonamentoHAPPY DAYS - Musical

Salieri Opera Festivaltutti gli eventi sono ad ingresso gratuito

martedì 6 ore 21.00Museo Fioroni - Sala OrientaleSalieri Opera Video - con Elena Biggi Parodi e Andrea FerraresePresentazione dell’opera Tarare di Antonio Salieri

mercoledì 7 ore 21.00Ridotto del Teatro SalieriSalieri Opera VideoPresentazione dell’opera Tarare di Antonio Salieri

sabato 10 ore 21.00Teatro SalieriDanziamo Salieri!Con le scuole di danza: Art Dance School, DanzArmonia, Non solo Danza, Progetto DanzaSpecial Guest: RBR Dance Company con un estratto dello spettacolo Varietas Delectat

domenica 11 ore 10.00Chiesa S. Antonio di CasetteMissa Stylo di Antonio Salieri con l’Ensemble Polipulchravox di Legnago e l’organista Thomas Gelain. Celebrazione della S. Messa in latino

domenica 11 ore 16.00Ridotto del Teatro SalieriLeggiamo Salieri!Reading dell’Associazione Lettori ABC di LegnagoSestetto di fiati e pianoforte dell’Orchestra da Camera “Città di Verona” diretti da Enrico de Mori

domenica 11 ore 18.00Duomo di LegnagoSalieri Sacro - Requiem in DO minore per soli, coro e orchestraOrchestra Filarmonica Veneta di Legnago diretta da Fabrizio Da RosCoro Iris Ensemble di Padova diretto da Marina MalavasiCon: Francesca Salvatorelli, soprano Elisa Fortunati, mezzosoprano,Matteo Mezzaro, tenore, Daniele Macciantelli, basso

Calendarionovembre 2011

dicembre 2011

danza     musica     prosa

i concerti

& musical

delle feste

info

Stagione 2011 2012

danza musica prosa

venerdì 18 novembre 2011 ore 21.00

Le VerginiMatteo Levaggi - Corpicrudi

BALLETTO TEATRO DI TORINO

sabato 21 gennaio 2012 ore 21.00

Le Stelle di Domanicon giovani solisti

del BALLET DE L’OPERA NATIONAL DE PARIS

sabato 14 aprile 2012 ore 21.00

Serata BalanchineBALLET DE L’OPERA

NATIONAL DE BORDEAUX

Acquisto nuovi abbonamenti: Danza, musica, Prosa dal 25 ottobre; Formula LIBERO (Il Cartellone Su Misura) dal 28 ottobre; Biglietti singoli per tutti gli spettacoli dal 4 novembre. Prezzi: Abbonamenti da € 23 a € 230 - Biglietti da € 10 a € 23 - Biglietti Happy Days da € 14 a € 30. Biglietteria: dal 18 ottobre al 12 novembre: dal lunedì al venerdì, al telefono con carta di credito dalle 10.00 alle 13.00 e di persona dalle 15.30 alle 19.00. Il sabato, di persona, dalle 10.30 alle 12.30. Dal 15 novembre: dal martedì al venerdì, al telefono con carta di credito dalle 10.30 alle 12.30 e di persona dalle 15.30 alle 18.00. Il sabato, di persona, dalle 10.30 alle 12.30. Nei giorni di spettacolo dalle 17.00 fi no all’inizio della rappresen-tazione, esclusivamente per la vendita e il ritiro dei biglietti della serata. Tel 0442 25 477 fax 0442 625 584 - www.teatrosalieri.it - [email protected] cause di forza maggiore, indipendenti dalla volontà della direzione, il programma potrebbe subire variazioni.

lunedì 5 dicembre 2011 ore 21.00in abbonamento

martedì 6 dicembre 2011 ore 21.00fuori abbonamento

Happy Days - Musicalsabato 28 gennaio 2012 ore 21.00

Il Ventagliodi CARLO GOLDONI

sabato 4 febbraio 2012 ore 21.00in abbonamento

domenica 5 febbraio 2012 ore 21.00fuori abbonamento

Varie - età con MASSIMO LOPEZ

giovedì 16 febbraio 2012 ore 21.00in abbonamento

venerdì 17 febbraio 2012 ore 21.00fuori abbonamento

Sogno di Una Notte di Mezza Estate

di WILLIAM SHAKESPEAREcon gli attori-comici di Zelig

giovedì 1 marzo 2012 ore 21.00

� e History Boysdi ALAN BENNETT

sabato 12 novembre 2011 ore 21.00

Piano ItalianoSERGIO CAMMARIERE

venerdì 25 novembre 2011 ore 21.00

Piano ItalianoGIOVANNI ALLEVI

giovedì 15 marzo 2012 ore 21.00

Piano ItalianoDANILO REA

lunedì 26 dicembre 2011 ore 21.00fuori abbonamento

Concerto di Santo StefanoFuture Orchestra Jazz Big Band

Luca Donini direttore

sabato 31 dicembre 2011 ore 21.45fuori abbonamento

Concerto di San SilvestroAccademia Secolo XXI

Virginio Zoccatelli direttore

martedì 6 dicembre 2011 ore 21.00Museo Fioroni - Sala Orientale

Salieri Opera VideoPresentazione dell’opera Tarare

di Antonio Salieri

mercoledì 7 dicembre 2011 ore 21.00Ridotto del Teatro Salieri

Salieri Opera VideoPresentazione dell’opera Tarare

di Antonio Salieri

sabato 10 dicembre 2011 ore 21.00Teatro Salieri

Danziamo Salieri!Con le scuole di danza:

Art Dance School, DanzArmonia, Non solo Danza, Progetto Danza

Special Guest: RBR Dance Company

domenica 11 dicembre 2011 ore 10.00Chiesa S. Antonio di Casette

Missa Stylo di Antonio Salieri

con l’Ensemble Polipulchravox di Legnago e l’organista � omas Gelain

domenica 11 dicembre 2011 ore 16.00Ridotto del Teatro Salieri

Leggiamo Salieri!Reading dell’Associazione Lettori ABC di Legnago

Sestetto di � ati e pianoforte dell’Orchestra da Camera “Città di Verona”

diretti da Enrico de Mori

domenica 11 dicembre 2011 ore 18.00Duomo di Legnago

Salieri Sacro - Requiem in DO minore per soli, coro e orchestra

Orchestra Filarmonica Veneta di Legnago diretta da Fabrizio Da Ros

Coro Iris Ensemble di Padova diretto da Marina Malavasi

lunedì 12 dicembre 2011 ore 9.30Teatro Salieri

Salieri Opera VideoPresentazione e proiezione dell’opera Tarare

di Antonio Salieri per gli studenti

per tutta la durata del festivalMuseo Fioroni

Una lunga frequentazionemostra documentaria

Le Collezioni Salieriane della Fondazione Fioroni di Legnago

Salieri Opera Festival 2011direzione artistica Antonio Giarola

Gli spettacoli di danza e prosa sono realizzati in collaborazione con:

Comuni di Angiari, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi S. AnnaTerrazzo, Castagnaro, Cerea, Villa Bartolomea, MinerbeMontagnana, Roverchiara.

Soci Costituenti e Fondatori Soci PartecipantiSoci PartecipantiSoci Partecipanti

Locandina_Programma_2012.indd 1 29/09/11 19.12

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ed anche una sorta di recupero della funzione sociale del tea-tro. Nell’Ottocento era infatti luogo e pretesto per incontri e socializzazioni nei palchi, dove si pasteggiava e chiacchierava, con un occhio ed un orecchio al palcoscenico, per più sere di seguito e persino per lo stesso spettacolo. Se allora il fenome-no poteva dirsi naturale, vista la scarsità di alternative, ai

nostri giorni sradicare qualcu-no dalla poltrona davanti alla TV per portarlo a teatro non è altrettanto facile. Tuttavia non impossibile, se la proposta è ben formulata e di qualità. E questo concorso teatrale lo sta dimostrando anno dopo anno. Lo scorso 15 ottobre la IV edizione è partita con il botto, facendo registrare il tutto esau-rito allo spettacolo della prima compagnia in concorso, il Pic-colo Teatro Città di Chiog-gia (VE), con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni. Nelle successive serate saranno impe-gnate la Compagnia Stabile del Leonardo di Treviso, con “Enrico IV” di Pirandello (29 ottobre), il Circolo La Zonta di Thiene (VI), con “Arsenico e vecchi merletti” di Kesselring (12 novembre), la Compagnia Giorgio Totola di Verona, con “I pettegolezzi delle don-ne” di Goldoni (26 novembre), Il Satiro Teatro di Pader-nello di Paese (TV), con “La ballata del barcaro” di R. Cup-pone (3 dicembre). La serata di premiazione sarà sabato 10 dicembre 2011. Tutte le serate avranno luogo al Cinema Tea-tro Astra di Bovolone (VR) ad ore 21.00.

di Paolo Corsi

Non vado mai al cinema, la vita è troppo breve

zie al suo successo, il concorso si imponesse anche all’atten-zione delle amministrazioni. Fin dall’inizio non è però mai mancato il sostegno dei fami-liari del dott. Albino Ronco-lato, il cittadino illustre a cui il concorso è dedicato. Ricordato per il suo impegno professiona-le e civico, al dott. Roncolato va soprattutto la riconoscenza per il suo impegno attivo a fa-vore del teatro, di cui era un gran-de appassionato e sostenitore. Il concorso prevede una selezione di cinque lavori di altrettante com-pagnie, valutati poi sulla scena da un’apposita giu-ria nel corso delle cinque serate in programma. I premi in palio sono riservati al miglior spettacolo, la miglior regia, il miglior interprete ma-schile e la miglior interprete femminile. Le richieste giunte quest’anno sono state ben 78, da tutta Italia, segno evidente del crescente livello della ma-nifestazione. La scelta della formula del concorso, in luo-go della più usuale rassegna teatrale, ha contribuito a cre-are interesse tra un pubblico che, pur non intervenendo nel giudizio, è stato sicuramente solleticato dall’idea del con-fronto. Si spiega anche così la presenza di pubblico numero-so a tutte le serate di tutte le edizioni precedenti, e tutto fa pensare che anche quest’anno non mancherà il consenso at-torno ad una manifestazione ben lungi dall’aver esaurito la sua carica di novità. Si ripe-terà inoltre anche il simpatico rituale dell’invito agli spetta-tori a concludere la serata con un momento conviviale, per scambiarsi pareri e osservazio-ni tra una forchettata e l’altra di risotto (che è una specialità della zona). Un modo per pro-lungare l’effetto positivo dello spettacolo appena conclusosi

ne ha aumentato il prestigio e la notorietà. Un bel motivo di orgoglio per gli organizzatori, trascinati da un appassionato Enzo Bazzani, che è un po’ l’anima della compagnia (di cui è anche regista). Si deve al loro impegno ed alla loro costanza la nascita di questa bella ini-ziativa, alla quale hanno dato vita contando unicamente sulle proprie forze, prima che, gra-

Partito un po’ in sordina nel 2008, con l’entusiasmo degli organizzatori della Compa-gnia del Fil de Fer (www.fildefer.it), ansiosi di misurare il gradimento che un’iniziativa di questo genere avrebbe potuto riscuotere, il Concorso Te-atrale Regionale Città di Bovolone è ormai giunto alla quarta edizione, sull’onda di un successo che anno dopo anno

Novembre 2011 Teatro

Confrontarsi a teatro fa bene al teatroAl via la IV edizione del Concorso Teatrale Regionale Città di Bovolone

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Ne hanno viste di cose, questi occhi

tino dopo aver passato la notte con un bel giovanotto e di una coppia che si rincorre lungo i rettilinei di un’autostrada. Infi-ne la più struggente delle storie: due sposi, entrambi operai, la-vorano in fabbrica con diversi turni, lui quello della notte, lei di giorno. S’incontrano breve-

mente e la voglia di tenerezza si esaurisce cercando il sonno dallo stesso lato del letto. Al termine dello spettacolo una sala gremita applaude a Fede-rico che, giunto a Roma chia-ma Cinzia, rimanendo però senza più nulla da dirle, in un finale che è anche un elogio di quella incomunicabilità tanto cara allo scrittore.Da notare la bravura degli attori in scena, contenuti ma disinibiti come forse Calvi-no li avrebbe voluti se avesse scritto questi racconti per il teatro: sul palco della Frinzi si sono alternati Roberta Zocca, Barbara Fittà, Tiziana Leso, Tiziana Totolo, Carolina Pa-iola, Alice Parisi, Giuseppe

Pasinato, Alberto Bronzato, Marco Perini, Andrea Di Cle-mente, Ermanno Regattieri, e Isacco Venturini. L’assistenza tecnica è stata curata da Gian-luca Scarmagnan. Un interes-sante video delle prove dello spettacolo, per la regia di Gian-ni e Sofia Martini, è visibile su http://vimeo.com/23155724.

di Michela Saggioro

Grande successo di pubblico per la rappresentazione teatrale dei racconti di Calvino, in collaborazione con l’Università di Verona

“Difficile l’amore”: il difficile è riconoscerlo e comunicarlo

tale Federico verso Roma Ter-mini, per incontrare Cinzia, la donna che ama. Durante il tragitto Federico si addormen-ta e sogna. Sogna di un soldato in licenza che tenta di sedurre con silenziose mosse una ve-dova – episodio già “prestato” al grande schermo nel 1963

per il film “L’amore difficile”, regia di Nino Manfredi -, di una casalinga in villeggiatura che perde lo slip nuotando al largo di una spiaggia affollata. A seguire di un impiegato che dopo un’imprevista notte amo-rosa ritorna al grigiore della vita quotidiana, di una giovane moglie rincasa alle sei del mat-

della drammaturgia del testo, Zorzi e Masotti; “Ciò che sta alla base di molte delle storie rappresentate è la difficoltà della comunicazione: quel per-dersi “umano, troppo umano” in una zona di silenzio al fon-do dei rapporti”, commentano. Calvino stesso, in uno dei pezzi

audio che compongono lo spet-tacolo, descrive il suo interesse a 360 gradi per la vita, perché “parlare di qualcosa significa sempre parlare dell’umanità e del suo muoversi nel mondo come tra gli arabeschi di un arazzo”.La trama dello spettacolo ini-zia con il viaggio in treno di

Un Calvino inedito, riletto in una chiave teatrale insolita, quello messo in scena dell’E-stravagario Teatro Tenda in “Difficile l’amore”: lo spettaco-lo, allestito lo scorso 13 ottobre alla biblioteca Frinzi, è infatti ispirato all’opera letteraria “Gli amori difficili”, edita nel 1970. “Le registe Silvia Masotti e Camilla Zorzi propongono in uno spazio non teatrale i risul-tati del laboratorio di ricerca dentro la scrittura del gran-de Italo Calvino”, ha sottoli-neato nell’introduzione alla serata il prof. Mario Allegri, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea; “Il progetto è sfociato così in un testo istrionico ma coeren-te, che mette in risalto la vo-lontà dell’autore di spiegare il mondo guardando soprattut-to all’umanità”.La compagnia veronese ha in effetti saputo dare vita a Cal-vino definendo i contorni di una grande varietà di atteg-giamenti umani: nel sottotetto della biblioteca dialoghi seri si sono alternati al gusto dell’iro-nico. “I fili conduttori di “Dif-ficile è l’amore” sono i rapporti, i sentimenti e la difficoltà di raggiungere l’obiettivo del pro-prio desiderio o anche solo di riconoscerlo come tale”, hanno spiegato assieme le registe, non-ché curatrici dell’adattamento e

Teatro Novembre 2011

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con movimenti lenti, appende la divisa e spegne la luce su que-sta serata durata cinquant’anni. E’ una delizia per gli orecchi, tutta quella musica, canzoni a cui siamo tutti legati a vario titolo, mentre facciamo un bel ripasso di storia, sorridendo e riflettendo su quello che siamo stati. Anche se non c’è né no-stalgia né pretesa di ricostruzio-ne storica, ma solo la cronaca di tante vite osservate da un punto di vista comune e singolare. La musica è suonata in gran parte dal vivo, almeno fino a quando il giradischi viene a soppiantare la band, e su di essa si muovono passi di valzer, tango, canzoni degli anni sessanta e il rock ‘n roll. Non solo ballo, ma anche scene affidate al corpo e al ge-sto, alla mimica di attori mol-to bravi a raccontare in modo vero e naturale, senza fare uso delle parole, perché, come os-serva Alberto Bronzato, re-gista e autore assieme Riccar-do Pippa, non c’è bisogno di parole per raccontare la vita. Uno spettacolo equilibrato e mai ripetitivo, nel quale è esal-tata la versatilità degli attori della compagnia, che si muovo-no sulle linee di una regia atten-ta ai particolari di scene e con-troscene. Bella la scenografia e sempre azzeccati i costumi, che assieme alle musiche ed ai bal-li, danno inequivocabilmente il segno del tempo che passa. In definitiva, due ore di diverti-mento ed un bel servito a tutti gli scettici idolatri della parola.

rica. I protagonisti cambiano, ma non cambiano i “tipi” so-ciali, comuni a tutte le epoche: il bullo, la timida, l’imbranato, la trasgressiva di fatto e la tra-sgressiva in potenza, la vedova in cerca di consolazione e il marito tentato dall’avventura di un amore fugace e clandesti-no. Passa la storia, dalla balera, anzi, passano le storie. Le storie della gente, che si intrecciano con la grande storia, rimanen-done segnate e sconvolte, e che spingono gli uni nelle braccia

degli altri, per un ballare che spesso è più un tenersi per navigare più sicuri nel mare della vita. Tutto cambia, ma la balera è sempre lì, come il suo gestore, che incanutisce ed ingobbisce sotto il peso degli anni, ma che ormai ne fa par-te, o come la guar-darobiera, che da dietro al suo banco osserva sfilare le vite degli altri. Si ferma la musica, alla fine, a chiudere una se-rata che riconsegna ciascuno alle proprie solitudini, le proprie vite parallele, fino al prossimo incontro. La guardarobiera raccoglie l’imperme-abile, il suo, questa volta, mentre il vec-chio barista riassetta

revoli vicende e del fluire della storia. Mentre cambiano i suoi frequentatori, le mode, le musi-che, i vestiti, cambia anche la balera, soprattutto quando gli eventi della storia si impongo-no: da luogo di incontri a sede di partito, a rifugio antibom-bardamento, e poi di nuovo luogo di incontri, di gente che balla in modo diverso, su musi-che diverse uscite da un aggeg-gio che ha preso il posto dell’or-chestrina, gente che ora beve strane bibite arrivate dall’Ame-

Successo per l’ultimo originale spettacolo di Estravagario Teatro

Quando la parola non serve

Ne hanno viste di cose, questi occhidi Paolo Corsi

Come sosteneva Etienne De-croux a proposito del rappor-to tra mimo e parola, è molto difficile che questi due elementi coesistano all’interno di una rappresentazione, a meno che ciascuno dei due sia “povero” e non prevalga sull’altro. Ma se non è difficile immaginare una rappresentazione fatta esclusi-vamente di parola, lo è invece nel caso in cui di parole non ce ne siano affatto, perlomeno non senza una punta di scetticismo. C’era pertanto molta curiosità per Balera Paradi-so, l’ultimo spettaco-lo di Estravagario Teatro, che affida unicamente alla mu-sica, alla mimica ed al linguaggio del cor-po il compito di rac-contare cinquant’an-ni di storia italiana. Balera Paradiso è una finestra aperta sul periodo che va dagli anni Trenta agli anni Settanta, colto dal particolare punto di osservazio-ne di una balera di provincia. Frequen-tata da personaggi di tutti i tipi, con le loro storie personali, so-vrapposte agli even-ti sociali, storici, di costume che hanno caratterizzato l’Italia in tutto quel periodo, la balera diviene te-stimone di innume-

TeatroNovembre 2011

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Ne hanno viste di cose, questi occhi

li. L’ambientazione anni ’60 è ben curata nei costumi e nelle acconciature, cosicché la sensa-zione di essere immersi nell’at-mosfera del tempo è immedia-ta. Notevole inoltre il fatto che gli attori interpretano anche le canzoni nel corso dello spetta-colo, mentre la conduzione del pot-pourricantanti. Il tutto, ovviamente, con musiche dal vivo suonate dalla piccola band della com-pagnia. Un lavoro originale e di buona qualità, dunque, per ri-cordare un periodo della nostra storia effervescente, spensierato e talvolta rimpianto.

di Federico Martinelli

Il Gruppo Popolare Contrade diverte raccontando gli anni ‘60

in tanto però non disdegna le novità che arrivano da fuori, come la musica americana di cui va pazzo il nipote Guido. Altro grattacapo per Giacomo

-ta con Angelo, uno che viene nientemeno che da Napoli. C’è poi Dorina, la moglie, che cer-ca di salvare gli equilibri, ma vorrebbe anche vederci chiaro, mentre a complicare le cose ci pensano Clara, la cognata zitel-la e Marisa, la vicina pettegola. Senza contare Betty, amica di Guido, e la sua emancipata

Diamante, la sanguigna emi-liana che ha avuto l’ardire di aprire una balera proprio lì al paese e che sa bene, lei, “come ci si ha da divertire”. Personag-gi e storie che si intrecciano, tra sospetti e speranze, equivoci e voglia di cambiamento, e sullo sfondo gli echi di ciò che suc-cede nel mondo al di fuori del paesello, destinato ormai ad adeguarsi ai ritmi del progres-so. Come nello stile di questa

compagnia, le azioni sono spes-so corali, sostenute da un ritmo alto, con battute che incalzano, in un andirivieni di personaggi che esalta la capacità di sincro-nismo e le scelte registiche. La

-mettendo con pochi tocchi di spaziare dall’interno domestico alla strada ed all’esterno della balera, grazie all’uso di pan-nelli pregevolmente dipinti dal maestro Valentino Cordio-

care distanze ed alzare barrie-re. Dunque si può ben capire quel continuo confrontarsi tra timore e curiosità verso ciò che è nuovo e diverso, che in questo spettacolo è così ben rappre-sentato. Tutti spunti raccolti e confezionati in una divertente commedia da David Conati e Paolo Corsi, che, di concerto con il regista Delio Righetti, hanno scritto un testo su misu-ra per questa numerosa compa-

gnia. Dei due autori sono anche i testi delle canzoni musicate da Giannantonio Mutto, che del resto non potevano man-care in uno spettacolo che rac-conta i ruggenti anni ‘60. La vicenda gira attorno a Giaco-mo, panettiere da una vita, che non accetta di buon grado la concorrenza del nuovo super-mercato, costruito proprio da-vanti a casa. Gli dà man forte il suocero Arturo, che di tanto

Rivolgere di tanto in tanto lo sguardo indietro per vede-re come eravamo è spesso un esercizio piacevole, che ci aiuta a capire un po’ di più il nostro mondo di adesso e che ci fa sorridere, come si sorride con nostalgia guardando le foto di gioventù. E’ questa la sensazio-ne che si prova assistendo allo spettacolo del Gruppo Popo-lare Contrade, che ha scelto di raccontare gli anni ’60 della

provincia veneta con il suo spet-tacolo il frigorifero!”. Si tratta in-fatti di uno spaccato di vita di quegli anni a cui molti guarda-no con nostalgia e i cui echi non si sono ancora smorzati. Anzi, a ben guardare, cominciano pro-prio in quel periodo tante tra-sformazioni sociali, ora parte integrante della nostra vita, che per allora erano assolute novità, alle quali non era facile abituar-si. Nel passaggio dall’Italia del dopoguerra a quella del mira-colo economico la gente scopri-va l’inizio di un progresso tec-nologico che non si sarebbe più arrestato, e invenzioni banali per l’uomo d’oggi, come il frigo-rifero, introducevano in realtà mutazioni epocali. L’evolversi di una struttura sociale sempre più allargata e complessa, poi,

ancora culturalmente attrezza-ti a gestire. Non che oggi vada poi tanto meglio, tuttavia quelli erano anni in cui bastava una differenza di accento per mar-

Teatro Novembre 2011

Edito daQuinta Parete

Via Vasco de Gama 1337024 Arbizzano di Negrar, Verona

Direttore responsabileFederico Martinelli

Coordinatore editorialeSilvano Tommasoli

Assistente di redazioneStefano Campostrini

Hanno collaboratoDaniele AdamiPaolo Antonelli

Valentina BazzaniPaola Bellinato

Anna Chiara Bozza

Stefano CampostriniPaolo Corsi

Francesco FontanaMichele FontanaValeria GiarolaAgnese Ligossi

Lorenzo MagnaboscoFederico Martinelli

Ernesto PavanAlice Perini

Michela SaggioroGiulia Siviero

Silvano TommasoliIsabella Zacco

Stefano Campostrini

Autorizzazione del Tribunale di Veronadel 26 novembre 2008

Registro stampa n° 1821

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na prende vita.Linguaggi che si incro-ciano, in cui l’apparizio-ne del video completa e rappresenta immagini che Delbono ha realiz-zato con il suo cellula-re, che esplicita gesti di grande forza realistica, all’insegna del non detto che nell’immediatezza dell’immagine arriva a

segno; talvolta un po’ troppo descrittiva ma comunque effi-cace.Nel momento di apoteosi in cui Delbono danza assieme a Marigia sulle note di un tango, la poesia trova espressione e si espande comprendendo nella sua suggestione tutto lo spazio.Uno spettacolo che trova la sua forza assoluta nell’amore, amo-re per la vita.

Dall’ 1 al 13 novembre lo spet-tacolo sarà in cartellone al Tea-tro Argentina di Roma

Pippo Delbono (foto).Una partitura di parole e ver-si che si fanno carne sulle note di Giuseppe Verdi, Niccolò Paganini, Petr Ilic Cajkovskij che si intrecciano alla musica originale di Alexander Balau-nescu, violinista, compositore contemporaneo, che è in scena. Sono anche in scena la danza-trice Marigia Maggipinto, già storica componente della com-pagnia di Pina Bausch che dia-loga con Maria-Agnes Gillot, etoile dell’Opera di Parigi in un gioco di incontri che sulla sce-

compiuta una trasforma-zione, una metamorfosi, attraverso il ritmo della danza e della musica, cercando nelle parole e nei versi l’accordo di emozioni e linguaggi e trasfigurando il presente fatto di buio esistenziale nella fede nel futuro, at-traverso squarci di bel-lezza e di gratitudine.Viaggio che diventa corpo drammaturgico in una sequen-za di quadri in cui la danza e la musica si compongono assieme agli attori in una sinfonia che ci mostra il naufragio e la salvezza.Come in uno spazio-mente neu-tro, grigio, si snodino tutte le immagini del nostro mondo fat-to di prigionie, di automatismi, vizi, miserie; vi fanno eco bra-ni tratti da autori come Franz Kafka, Alda Merini, Pier Paolo Pasolini, Antonin Artaud, Walt Whitman, Rainer Maria Rilke, Alejandra Pizarnik riscritti da

Recensione dello spettacolo in programma a Roma

“Dopo la battaglia”, di Pippo Delbono

Ne hanno viste di cose, questi occhidi Paola Bellinato

Ecco la frase di Ingmar Berg-man in cui Pippo Delbono ama identificarsi e fare sua nel suo fare teatro: “ il teatro è un in-contro tra esseri umani diversi, e tutto il resto non conta”.Frase che rappresenta la sua cifra stilistica in un percorso artistico che si fa esperienza, esperienza di vita a partire dall’incontro, tra gli altri, di Bobò, “quel piccolo grande uomo”, conosciuto nell’ospeda-le di Aversa, rinchiuso da 40 anni di degenza, e divenuto at-tore, come anche nell’incontro con Nelson, un ex senzatetto, da anni anch’esso attore della compagnia.La vita irrompe nel teatro, il te-atro si fa vita.“Dopo la battaglia”, ultimo lavoro di Pippo Delbono, spa-lanca gli orizzonti della nostra consapevolezza accompagnan-doci in un viaggio senza ritorno: dopo aver visto, udito, sentito, non saremo più gli stessi; si sarà

TeatroNovembre 2011

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di un’opera per il sottoscritto quasi sconosciuta ma indub-biamente apprezzata, visto il debutto come comparsa solo in quest’ultima stagione estiva, al-trettanto intensa.Indossare un prezioso e bel-lissimo costume, affrontare il palco di fronte ad un pubblico importante in una avvenimen-to così carico di significato e di aspettativa, circondato da una scenografia imponente e abbagliante, trova sicuramente

splendide parole nel descrivere le sensazioni provate in scena e fuori. Il solo respirare con la maschera orientale indossata appena prima di accompagna-re la protagonista in scena o il sentire seppure in lontananza, in qualche corridoio o tramite qualche schermo, il “Nessun Dorma” provoca ancora brivi-di e pensieri di grande gioia al solo pensiero. La magia del mo-mento è stata contagiosa e per-dura senza sedimentare, anzi accrescendo di giorno in gior-no. Rivivere attraverso qualche fotografia o qualche aria della celebre opera i momenti vissuti è qualcosa di insostituibile per chi è stato presente. Un modo per far capire al lettore quanto questo viaggio fisico ed emozio-nale è stato meraviglioso. Tra un mese il viaggio, per il lettore continua...

Novembre 2011Teatro

prima riservata al Sultano, le più alte cariche del Paese e di alcune importanti istituzioni internazionali, per inaugurare non solo il teatro ma una sta-gione ricca di appuntamenti seguenti, dedicati alla musica e al ballo nelle loro forme più varie. Un’occasione unica per avvicinarsi all’affascinante mondo lirico e non solo, sia per la popolazione omanita che per coloro che da lontano pos-sono venire ad apprezzare uno spettacolo teatrale in un contesto differente e proprio per questo da scoprire.La location migliore in un edificio simbo-lo, magnifico nella sua estetica, ricco nel suo significato; una struttura monumen-tale, grandiosa quan-to moderna, rivolta al passato quanto all’in-novazione. Un luogo magico per questa storia di amore, desi-derio, fantasia e rea-lizzazione, nella “Tu-randot”. Un’opera che è riuscita al meglio, con grande impegno, professionalità e competenza da parte di tutti. Altrettanto sentito il divertimento e ovvia-mente la soddisfazione per la riuscita del lavoro.Maestosa, rinnovata nelle sce-nografie e nei costumi, di su-berba qualità i cantanti e la loro performance. L’effetto sul pubblico, in buona parte pre-sumbilmente profano al questo tipo di celebrazioni, dev’essere

Royal Opera House Muscat, cioè?Arena di Verona protagonista in un grande avvenimento in terra straniera

di Stefano Campostrini

Ne hanno viste di cose, questi occhi

Avete mai sentito parlare dell’Oman? Chi di voi sa che è uno stato del Golfo Arabo e saprebbe anche collocarlo sulla cartina geografica? Coloro che alzerebbero la mano sarebbero meritevoli di lode, data pur-troppo la poco nota conoscen-za a livello occidentale del Pa-ese in questione. Sicuramente nei prossimi anni il suo nome e la sua fama avranno però più risonanza e riscuoteranno una più meritata attenzione. Non solo per la crescita economica che si sta realizzando negli ulti-mi anni e per l’influenza stessa che l’occidente sta avendo sui paesi di quella zona, ma anche perché poche settimane fa ha avuto luogo vicino al centro della capitale Muscat un evento che si può definire certamente storico, non solo localmente ma con positive conseguenze nel resto del mondo. Si è trat-tato dell’inaugurazione della Royal Opera House Muscat, il primo teatro d’opera nella penisola arabica e il secondo solo dopo quello del Cairo. Un evento quindi eccezionale e di fondamentale importanza, che ha visto protagonista l’Arena di Verona e la sua eccellenza. Con oltre 300 elementi tra orche-stra, coro, ballo, tecnici, com-parse e mimi direttamente dal-la nostra città, la meravigliosa “Turandot” messa in scena da Franco Zeffirelli e condotta musicalmente da Placido Do-mingo, è stata un grande suc-cesso e un sogno realizzato.Tutto questo è stato merito del Sultano Qaboos Bin Said, che ha fortemente voluto questo evento, segno dell’espansione culturale del Paese raggiunta in 41 anni di regno e destinata a crescere ancora. Una volontà aperta al suo popolo e al mon-do, con l’intenzione di mettere in relazione l’Oman alla cul-tura italiana e internazionale, come segno di interazione tra le nazioni e manifesto di pace e convivenza reci-proca.Tre serate, di cui la

Un’immagine della scena finale dello spettacolo

stato eccezionale. Il movimen-to delle masse sul palco si è rivelato d’impatto ed efficace, soprattutto considerando lo spazio relativamente ridotto rispetto alla rappresentazio-ne (unica) che si può avere nel nostro anfiteatro. Il numero consistente di partecipanti ha contribuito a rendere attivo ogni momento dell’opera. Di-visa comunque tra momenti di grande concitazione e altri dai toni intimistici assolutamen-

te emozionanti, “Turandot” è stata interpretata con notevole sentimento, da parte di tutti e nella personale esperienza in-dimenticabile.Queste ultime sono in parti-colare le parole di chi scrive, perché è stato partecipe a que-sta trasferta come comparsa e davvero si è trovato in un’at-mosfera da sogno. A migliaia di chilometri da casa, immerso in un clima regale, tra persone e personaggi unici e compagni di avventura esaltanti, luoghi incantevoli, musiche, suoni e colori, le più svariate sensa-zioni e le emozioni non si sono contate. Legate certamente all’evento in sè, alla fortuna e la responsabilità di essere sta-ti scelti per partecipare, alla

grande voglia di es-sere presenti come piccoli protagonisti

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Per la prima volta in Italia oltre 100 opere dal Brücke Museum

di Giulia Siviero

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

Le origini dell’Espressionismo

deformazioni e ritmi dramma-tici, con tratti caricaturali della figura umana e ampie pennel-late. Di questo breve ma ori-ginario movimento, la mostra ne documenta le tappe anche attraverso documenti apposi-tamente tradotti in lingua ita-liana per il catalogo che ospita ̀ saggi critici e schede di ogni opera esposta.

forme, dai contorni marcati e dai colori accesi, accostati in modo dissonante. Accanto a paesaggi e ritratti compaiono scene cittadine (celebri quel-le di Kirchner) il tutto sempre riletto attraverso una polemica sociale. Ogni artista, come è messo in evidenza dal percorso di Villa Manin, approda poi a esiti artistici molto personali. Alla pittura luminosa di He-ckel, risponde Pechstein, con colori ricchi e morbidi, con il carattere decorativo della li-nea e un’interpretazione meno violenta rispetto alla poetica dell’Espressionismo. Muller rappresenta la voce più malin-conica e meno incline alle dis-sonanze: i suoi nudi femminili e i paesaggi ricchi di vegetazione esprimono un›armonia e una dolcezza di fondo. Schmidt-Rottluff e il suo interesse per la litografia lo conducono a una composizione sintetica e spigolose, mentre Kirchner e Nolde conducono direttamente alla poetica espressionista, con

Nolde a Schmidt-Rottluff, da Pechstein a Mueller. Per que-sti artisti, la questione centrale diviene non tanto raffigura-re i diversi aspetti della realtà visibile quanto esprimere le individualità, con i loro senti-menti e le esperienze soggetti-ve. La finalità del movimento “Die Brücke” è infatti trasferi-è infatti trasferi- trasferi-re nell’opera d›arte gli oggetti percepiti «in modo diretto e senza falsificazioni», svincolati dall›ortodossia e da ogni con-venzione, quella dell’accade-mia del 1700 e 1800. Da questi artisti non veniva seguito alcun programma specifico, ma l’im-pulso e l’intuito erano il loro principale e riconoscibile lega-me. Fritz Bleyl, Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff, studenti di architettura a Dresda, furono i fondatori; Schmidt-Rottluff fu il suggeritore del nome del movimento, mentre Bleyl, spe-cializzato in disegno, ne rea-lizzò la locandina per la prima esposizione a Dresda nel 1906. Emil Nolde e Max Pechstein vi entrarono in quell’occasione

e Otto Mueller un anno dopo. Affidandoci ad una semplifica-zione potremmo affermare che le loro opere (fino al 1913, anno in cui il gruppo si disperse) sono accomunate so-prattutto dalla chiarezza delle

Dipinti e carte, tutti provenien-ti dal berlinese Brücke Museum, per raccontare, in una mostra curata da Magdalena Moeller e Marco Goldin, la nascita e lo sviluppo del movimento de-

nominato “Die Brücke” nato a Dresda nel 1905 e pietra fon-dante di quello che, nella storia dell’arte, è noto come “Espres-sionismo”. La mostra ha aper-to il 24 settembre e proseguirà fino a 4 marzo 2012 a Villa Ma-nin, a Passariano di Codroipo in provincia di Udine.La scelta delle opere (più di cento) seguono una scansione cronologica ma procedono an-che per aree quasi monografi-che, da Kirchner a Heckel, da

Informazioni

Orari:da lunedì a venerdì: 9 - 18sabato e domenica: 9 - 19Chiuso 24, 25, 31 dicembre1 gennaio 2012: ore 11-19

Info e prenotazioni:Tel. +39 0422 [email protected]

In questa pagina alcune delle opere che si trovano in mostra

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sime opere: la Giuditta - Salomè di Klimt e il Peccato di von Stuck che dialogano con Sarto-rio, De Carolis, Chini, Bistolfi e Previati. Il confronto con il clima mitte-leuropeo continua nella sezione bianco e nero; è qui forse che si può cogliere appieno l’indagine sui sentimenti oscuri e profondi dell’uomo, sui fantasmi interio-ri, sui sogni della ragione che

generano mostri (cit. Goya). Ri-troviamo allora Previati accan-to a Martini, Romani, Costetti, Boccioni e Rosai. L’analisi di questo mondo dell’inconscio termina nella ‘Sala del Sogno’, protagonista alla Biennale di Venezia del 1907 di Galileo Chini.Appuntamento imperdibile dunque quello di Padova, una chance per approfondire al me-glio il Simbolismo nazionale e i dialogo con il panorama Eu-ropeo ad esso contemporaneo.

Novembre 2011Arte

francese, scomponendo il colo-re attraverso la separazione di tinte tra loro complementari.Il simbolismo ha inoltre una forte componente irrazionale, che si ispira alle suggestioni e all’inconscio, deriva appunto da simbolo, cioè da qualcosa “che sta in luogo di”; analogico, risolve i suo significato nella forma e solo nella sua sintesi riesce ad esprimere contenuti molto complessi che general-mente vertono sul tema dell’u-niversale e del mitologico.Le opere di questa corren-te sono con-

temporanee agli ambienti lette-rari che aleggiavano in Europa e nell’Italia di fine Ottocento, questi ultimi dominati dalle figure di D’Annunzio e Conti; si legano alla sperimentazio-ne musicale d’avanguardia, a Wagner, alle Esposizioni e ai movimenti europei del seces-sionismo viennese (Jugendstil) di Klimt.L’esposizione di Palazzo Zaba-rella si sviluppa in otto sezioni. Si parte con il 1891, anno del-la Triennale di Brera, dove vennero esposte opere come

Il Simbolismo in Italia, a PadovaUna raccolta di grandi opere italiane e non, per una mostra di valore

di Valeria Giarola

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

Fino al 12 febbraio sarà possibi-le visitare presso la Palazzo Za-barella di Padova la mostra inti-tolata “Il Simbolismo in Italia”; lo annuncia Federico Bano, che ha realizzato l’impresa con l’o-monima Fondazione, assieme alla Fondazione Antonveneta, Fernando Mazzocca, Carlo Sisi e Maria Vittoria Marini, diret-tore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.La mostra presentata nel capo-luogo padovano offre una sele-zione fondamentale di capola-vori ascrivibili a questa corren-te. Il mito, il sogno, l’enigma e il mistero di artisti nazionali ed

internazionali accompagnano l’utente tra le sale d’esposizione.Verso la fine dell’Ottocento il movimento Simbolista, di ma-trice francese, fondato nel 1886 da Jean Moréas, penetra anche nella Penisola, che abbraccia le poetiche in contrasto con il Na-turalismo, spalancando le porte alle avanguardie europee.Anche l’Italia, dunque ha il suo simbolismo, che convenzional-mente in storia dell’arte si iden-tifica nel Divisionismo, corren-te che assorbe la tecnica pitto-rica del neo-impressionismo

Nelle immagini di questa pagina alcune delle splendide opere

visibili in mostra

“Le due madri” di Segantini e “Maternità” di Previati, capo-lavori assoluti che intrecciano la tecnica divisionista ad una sensibilità che ormai tende al simbolismo e ci emoziona con un luminismo magico e con i temi universali della vita, la maternità appunto, e della morte.Dal clima milanese si arriva alla sezione del paesaggio, dove tra nebbie e bagliori nottur-ni spicca l’inedita versione di Otto Vermehren de L’isola dei

morti, opera dell’artista svizzero Böcklin, che suggerisce scorci visio-nari, tenebrosi e lugu-bri, assieme a dipinti di Grubicy, Pellizza da Volpedo e Plinio No-mellini.Si procede poi ver-so la vita, altro tema fondamentale per il Movimento: le azioni quotidiane colpiscono “l’artista veggente”, che deve cogliere e decifrare i fenomeni che stanno tra la dimensione umana e la realtà. E come Baudelaire in Corre-spondance afferma che bisogna lasciarsi suggerire dai simboli perché l’uomo è impossibili-tato a cogliere ciò che sta al di là delle cose, ma può solo abbandonarsi alle sensazioni, ecco che spiccano le opere di Pellizza da Volpedo, Morbelli e Casorati, che rappresentano una natura coinvolgente, spasi-mante e frenetica.Arriva poi il confronto con il panorama europeo: alla mostra sono presenti due importantis-

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“Gli anni folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalí” in mostra a Ferrara

A Palazzo Diamanti le tele dedicate alla mondanità parigina degli anni 1918-1933

di Michela Saggioro

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

ArteNovembre 2011

Rimarrà aperta fino al prossi-mo 8 gennaio 2012 al Palazzo Diamanti di Ferrara la mostra dedicata alla Parigi degli “anni folli”. Dodici sale che trascina-no il visitatore in una melodia di dipinti, tutti realizzati da grandi maestri dell’arte. L’espo-sizione, unica in Italia, va con disinvoltura dagli ultimi quadri di Claude Monet e Pierre-Au-guste Renoir, ovvero i meticci che generarono la Scuola di Pa-rigi, fino all’ebreo russo Marc Chagall, al livornese Amedeo Modigliani, al lituano Chaim Soutine, al romeno Constan-tin Brancusi, al giapponese Tsuguharu Foujita, al polacco Moïse Kisling e al bulgaro Jules Pascin. Si arriva così all’al-lucinante bellezza dei quadri di Henri Matisse e Pierre Bon-nard. Senza dimen-ticare gli imponenti colori di Picasso, Bra-que, Severini, Derain e Delaunay che ador-nano la sala di Palaz-zo Diamanti con uno stile da Belle Époque degli ultimi anni. Nelle utlime sale il visitatore riesce a ip-notizzarsi davanti ad un Mondrian, a di-vertirsi con Duchamp e sobbalzare con Max Ernst, assieme ai ma-gnifici quadri di Dalì, Mirò e Massan, che sembrano nati per farsi ammirare.Lungo la mostra ci si rende conto di due cose: innanzitutto che la Parigi di inizio se-colo è una città com-plessa, da raccontare in visibilio davanti alle opportunità di divertimento e di ri-flessione che offre. Poi che il periodo che se-guì la Grande Guerra va riletto come una

ta e sperimentazione. Magari ritrovandosi in qualche bar, osteria o casa d’appuntamenti.La mostra “Gli anni folli: la Parigi di Modi-gliani, Picasso e Dalì. 1918-1933” è stata or-ganizzata da Ferrara Arte, che ne pubbli-ca anche il catalogo (http://www.palazzo-diamanti.it). Per infor-mazioni e prenotazioni è possibile contattare il Call Center Ferrara Mostre e Musei al nu-mero 0532 244949 o scrivendo a [email protected].

vera rivoluzione artistica: ora i pittori non imprimono più sulla tela le distese di grano o le natu-re fiorite tipiche dell’impressio-nismo, ma spazi chiusi di ugua-le bellezza se non maggiore. Ci si riferisce al mondo modaiolo e lussureggiante dei bistrot, dei bordelli e delle sale da ballo parigine; la città negli anni ‘20 era infatti divenuta una capitale mondiale per eccellenza, mon-dana e cosmopolita. In sostan-za un luogo mitico per gli artisti che vi accorrevano numerosi da ogni dove a dare libera espres-sione alla propria creatività, confrontandosi e collaborando tra loro in un clima di rinasci-

Una scultura di Matisse, in alto Delaunaya fianco Chagall, in basso a sinistra Dalì e a destra il caratteristico Palazzo Diamanti

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14 Novembre 2011Arte

per metterti in contatto con noi: [email protected]

In questa pagina, dall’alto a sinistra in senso orario:“Volatili” di Inganni,

“Formaggi” di Tallone “Bottiglia” di Barbaglia

collezionista”, in cui saranno presenti alcuni quadri di Filip-po Carcano, Adolfo Feragutti Visconti e Giovanni Segantini. Opere fortemente volute e com-missionate dall’editore Treves.

Il salto nel Novecento porta il nome di Gae-tano Previati, accom-pagnato dalla sua pura cromia divisionista.Insomma, una sessan-tina di tele provenienti da collezioni private, da raccolte storiche di mu-sei, da fondazioni e da diversi altri organismi. Una cospicua serie di di-pinti che pone la natura al centro dell’attenzione. Perché la natura è sem-pre viva.

re lo status economico e sociale raggiunto a un’appropriata ele-ganza da mostrare negli arredi e nelle collezioni delle proprie dimore. Pertanto, a Tortona si potrà ammirare la “sala del

decennio del Novecento, con particolare attenzione alle per-sonalità di maggior rilievo del-la corrente divisionista. Lungo i saloni si respirerà la storia di tale corrente pittorica. Si parte dal terzo decennio del XIX secolo, quando nel Lom-

bardo-Veneto inizia a diffondersi un diverso stile artistico, rinnovato dal gusto Biedermeier e dalla scuola pittorica di Lione. Esempi di questo linguaggio sono alcuni dipinti di Francesco Ha-yez, Domenico Induno e Francesco Inganni.Il 1863 è un anno fon-damentale per la “vita” della natura morta. L’Accademia delle Belle Arti di Brera istituisce un corso focalizzato sul-la decorazione dei fiori. Sotto la guida del ma-estro Luigi Scrosati na-sce un forte legame con il ceto alto borghese, il quale desidera concilia-

La natura, una delle meraviglie del mondo. Ogni epoca l’ha celebrata attraverso l’arte. Un soggetto vivo, che si imprime su una tela, attraverso la mano e il pennello del pittore. Un sogget-to che può essere rappresentato in molteplici forme, a seconda dei periodi storici e dei movimenti culturali. Un sog-getto, tuttavia, che porta con sé anche la sua variante “morta”. Ciò no-nostante, non si può negare, in tali dipinti, una forte vitalità. Una forza che nasce dai co-lori, dalle sfuma-ture, dall’uso del chiaroscuro.A Tortona, sino al 19 febbraio del prossimo anno, presso gli Spazi espositivi della Fonda-zione Cassa di Risparmio si svolgerà la rassegna intitolata “La meraviglia della natura morta. 1830-1910. Dall’Accademia ai ma-estri del Divisionismo”. La mostra, inaugurata il 24 settembre scor-so e curata dalla storica dell’arte Giovanna Ginex, si propone di affrontare il rapporto che inter-corre fra il genere della natura morta, le Accademie delle Belle Arti, considerate i veri luoghi di formazione e istruzione degli artisti, e il collezionismo d’epo-ca. L’esposizione vuole essere, per prima cosa, uno studio del-le più affascinanti opere italia-ne dell’Ottocento e del primo

Una mostra dedicata al particolare stile pittorico. A Tortona, sino al 19 febbraio

La natura morta, meravigliosa vita

di Daniele Adami

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

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Cezanne e les ateliers du MidiDal 20 ottobre al 26 febbraio l’esposizione al Palazzo Reale di Milano

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

ArteNovembre 2011

La mostra presenta quaranta opere provenienti da prestigiosi musei di tutto il mondo tra cui il Musée d’Orsay, che ha col-laborato all’esposizione curata da Rudy Chiappini e Denis Coutagne assieme al comitato scientifico di cui fanno parte Philippe Cézanne, pronipote dell’artista e il direttore del Musée d’Orsay Guy Cogeval. Tra gli altri musei partecipanti il Musée de l’Orangerie, il Petit Palais, la Tate , l’Hermitage, National Gallery di Washington, Musée Garnet di Aix-en-Provence, l’Ateneum Art Museum di Helsin-ki, il Chrysler Museum di Norkolk e il Prince-ton University Art Mu-seum, che hanno reso possibile l’eccezionale riunione dei dipinti del grande artista allo sco-po di mettere in risalto il suo lavoro svolto nei due atelièr provenzali di Jas de Bouffan, la casa paterna di campagna e des Lauvres, l’atelier degli ultimi anni. Questi studi, a differenza del movimento Impressionista, che prediligeva esclusivamente il lavoro en plein air, hanno un legame indissolubile con l’ar-tista, che insieme alle compo-sizioni sur motiv, ha integrato e perfezionato le opere in atelier, regalando alla storia dell’arte un patrimonio rivoluzionario e ispiratore per le correnti a se-guire. Indispensabile e illumi-nante per le svolte contempora-nee dell’arte del secolo passato, grazie alle sue opere, l’artista influenzò sicuramente i movi-menti a lui successivi di Cubi-smo e Surrealismo ispirando artisti come Picasso e Matisse.Le sale di Palazzo Reale riper-corrono la carriera di un arti-sta indiscusso, proponendo un viaggio biografico, sviluppato secondo un ordine cronologi-co, che coinvolge l’utente alla fruizione del primo Cézanne, che dà il benvenuto e invita alla scoperta della sua evolu-

zione creativa con Portrait de l’artiste. Si passeggia poi tra gli scorci della Provenza, i luoghi a lui cari dell’Estaque, Gardan-ne, Bellevue, Château Noir, Bibémus; ritratti di amici, parenti, personaggi di strada, come Ritratto di Henry Gasquet (1896), prestato a Palazzo Re-

ale dall’Istituto di S. Antonio (Texas) e le immancabili natu-re morte come Natura morta con cesta (1890), per giungere agli ultimi lavori, o meglio capola-vori dei primi Novecento, tra cui Le grandi bagnanti (1906), che saranno di forte ispirazione per Picasso, con alle spalle la mon-tagna di Saint Victoire, che ri-prodotta in ben 84 opere, sarà lo sfondo di svariati soggetti.L’uomo che sbalordì Parigi con una mela, nelle opere lascia spazio soprattutto alla “buo-na forma”: ogni figura tende a rappresentarsi nella modalità che la rende più leggibile; so-prattutto i frutti.“In natura, tutto è modellato secondo tre modalità fonda-mentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potrà fare tut-to quello che si vuole” diceva all’allievo Emile Bernard. Que-sti solidi geometrici gettano i presupposti per lo sviluppo del Cubismo di Picasso e Braque, che a differenza dell’artista ol-trepasseranno la barriera del

fenomeno per arrivare al nou-meno, cioè la rappresentazione di un’idea, che irraggiungibile con i soli sensi, si può solo evo-care approssimativamente.Schivo, introverso e solitario, un nato sotto saturno, direbbe Wittkower, Cézanne, l’artista nato ad Aix-en Provance nel

1839, contemporaneo alla ri-voluzione Impressionista di Pi-sarro, Monet, Renoir e Manet, incrociò i primi insegnamenti al lirismo di Delacroix e alla concretezza di Courbet, per poi sviluppare una sua personalis-sima linea dove la vibrazione di luce lascia posto alla mate-ria, che si solidifica nella stesura del colore e nell’inserimento di figure geometriche so-lide, che danno forma e pienezza ispessen-dosi con tonalità che si allontanano dalle luminose cromaticità dell’Impressionismo.Cézanne va conside-rato come artista a sé stante, incapace di es-sere incanalato in una corrente, al contrario ispiratore di nuovi mo-vimenti. I suoi quadri non fa-ranno più utilizzo della prospettiva, an-che se a differenza dei movimenti successivi manterranno sempre

Qui sotto una schermata dell’applicazione per iPhone, dedicata

alla mostra di Cézanne

un legame con la realtà. Le forme, ormai sintetizzate si affi-dano completamente al colore: protagonista indiscusso della sua poetica. I paesaggi sono e restano la produzione più emo-zionante, dominati dai colori, dai verdi e dai viola, alle tona-lità aranciate, che cercano nella

natura di ritrovare un equilibrio senza tempo. Inconfondibile e inno-vativa anche la tecnica di esecuzione pittorica dove compare il colore, denso, materico, stratifi-cato. La stesura del co-lore di Cézanne era così immediata eppure così d’effetto che lo stesso Renoir dichiarò: «Ma come fa? Non mette ne-anche due macchie di colore su una tela, senza fare una cosa ecceziona-le!».In occasione della mo-stra, SKIRA pubblica

i quattro volumi: “Mi ricordo Cézanne” dell’allievo Emile Bernard; “L’Architettura di Cézanne”; “Le modelle du Paul” e “Cézanne”.

di Valeria Giarola

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16 Novembre 2011Arte

Da Cartier-Bresson a Beth Moon: svegliati Verona!

In centro città due modi di esprimere e valorizzare l’arte

di Silvano Tommasoli

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

In questo spazio, avreste dovu-to leggere la recensione della retrospettiva dedicata a Hen-ry Cartier-Bresson, agli Scavi Scaligeri fino al 9 ottobre scor-so. Avreste dovuto. Ma invece no, voi non leggerete perché noi non abbiamo visto. Per essere accreditati a visitare e recensi-re una mostra organizzata dal

Comune di Verona nello spazio espositivo degli Scavi Scaligeri, non è sufficiente la richiesta in tal senso firmata dal diretto-re responsabile della testata e inviata per fax, come è uso in tutti i musei del mondo civile; no, il giornalista si deve presen-tare con il tesserino rosso tra i denti – proprio come fosse San-

alcuni “ritratti” di piante a pri-ma vista mostruose, ma che si rivelano veri inni alla natura, nel sapiente gioco di luci e di ombre, di chiari e di scuri che l’Artista disegna con la sua fo-

tocamera rigorosamente analo-gica. La fantasia corre veloce e ci riporta alla mente le grandi querce sotto le quali la leggenda vuole che, in ogni epoca e sotto ogni luna, cento e mille cavalie-ri abbiano trovato rifugio dalle avversità del tempo meteorolo-gico. Oggi, sotto questa luna, la luna di Beth, sotto le sue piante cariche ma leggére di memorie oniriche, troverà rifugio il suo Spitzhauben, un pennuto, un gal-lo forse, dallo sguardo pungen-te e temerario. Bellissimo, nei mille colori immaginabili nel segno di un curatissimo bianco

dokan, la tigre di Monpracen di salgariana memoria, con il suo fedele pugnale serrato tra gli incisivi – se non vuole essere respinto dalle inflessibili guar-diane della cultura scaligera. Poco male, di Cartier-Bresson è stato detto tutto, e noi non potremmo aggiungere nulla. In fondo, del grande Maestro,

fondatore di Magnum Pho-tos assieme a Capa, Rodger, Seymour e Vandivert, a Ve-rona sono state esposte le so-lite 130 fotografie provenienti dalla Fondazione che porta il suo nome; una mostra cono-sciutissima e pre-confezionata – sempre in giro per il mondo a promuovere l’attività della

Fondazione stessa e il business di Magnum Photos – la cui es-senza sottolinea suffi-cientemente l’attuale grande sforzo cultu-rale espresso in riva all’Adige.Poco male, diceva-mo. Meglio impiegare utilmente il tempo, visitando l’interessan-tissima mostra perso-nale di Beth Moon, con la selezione di cir-ca trenta opere realiz-zate dall’artista ame-ricana tra il 1999 e il 2011. Aperta fino al 7 gennaio nella cen-

tralissima galleria privata PH Neutro a Verona, sempre sotto l’attenta e dinamica direzione artistica di Mauro Fiorese, la personale svela ai nostri occhi un’artista delicata e gentile che

racconta, dopo averlo attra-versato con uno sguardo mar-catamente femminile, il suo rapporto con il Mondo e con il Tempo. Così, senza tempo ma intimamente legate al mondo della natura come allegorici sogni di un’infanzia lontana e ugualmente vicina, ci appaiono le fotografie delle due serie The Savage Garden e The Island of the Dragon’s Blood. Qui, Moon im-prigiona sulla celluloide, e poi fa esplodere stampandole su una carta francese per acque-rello secondo l’antica e prezio-sa tecnica del platino-palladio,

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17ArteNovembre 2011

In queste pagine alcune delle opere descritte presenti in mostra, con uno

scorcio della galleria PH Neutro e una sala nel Centro Scavi Scaligeri

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

e nero al platino, questo gallo esibisce la vanità e la fierezza di un cavaliere antico, pronto a scendere nella giostra per di-fendere il proprio invitto onore.Da questi nostri sogni indotti dalle intense opere di Moon, scendiamo per un istante sulla terra osservando la fotogra-fia di una giovane donna, che porta un cucciolo di ghepardo legato sulla schiena, come fan-

no le africane con i loro bimbi. Subito, il pensiero ritorna a vo-lare alto, rapito da questo gesto di affetto materno, che si esalta con l’atteggiamento di devo-zione racchiuso nell’essere, la giovane donna, inginocchiata e quasi raccolta in preghiera a capo chino. Ancora un sogno, certamente, perché ella sembra appartenere a una tribù lonta-na, forse primitiva; ugualmen-

te, in questa im-magine, leggiamo l’indicazione preci-sa che la devozione e l’amore materno con conoscono con-fini, né colore della pelle, né divinità. Per finire – ma non c’è verbo più inappropriato, che non vorremmo mai smettere di sogna-re come abbiamo fatto davanti alle opere di questa Ar-tista – Moon ci tra-sporta ancora nel suo mondo ironico e incantato (High Hopes) invitandoci a

seguire le speranze di alto pro-filo di due giovanotti, grisaglia e valigetta manageriale, che se ne vanno per la loro strada (un po’ impervia e angusta, per la verità) camminando su alti trampoli. Con l’essenziale e scarno scenario attorno a loro, Moon lascia alla nostra fanta-sia il compito di immaginare se questi loro sogni avranno suc-cesso, o non.Bravissima Beth Moon, dun-que, nella sua equilibrata ele-ganza compositiva e narrativa;

e bravo ancora una volta Mau-ro Fiorese, che ci fa respirare una boccata di buona fotogra-fia, portando a Verona fotogra-fi che, negli spazi pubblici, diffi-cilmente riusciremmo a vedere. Imperdibile, fino al 7 gennaio, in Via Mazzini 56 a Verona, www.ph-neutro.com

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18 Novembre 2011Arte

sicale che fosse portatrice di un’anima, come quella che esisteva nei canti di epoche lontane, com’è ancora oggi nel folclore: una monodia assolu-ta, una nuda voce dalla quale tutto ha origine».Il dialogo che viene proposto dalla galleria veronese è uno spunto per approcciarsi ed approfondire il legame che da secoli unisce musica ed arte.

Questo binomio infatti non è solo protagonista del panora-ma contemporaneo: lo ritro-viamo in un tardo Medioevo, quando il compositore fiam-mingo Jasquin des Prés, can-tautore del Duomo di Milano entra in contatto con il pittore di corte degli Sforza Zanetto Bugatto per poi andare a per-fezionare la tecnica presso il prestigioso studio fiammingo di Rogier van der Wayden. Nel secolo scorso già a par-tire dal movimento Dada le performance di Hugo Ball al cabaret Voltaire di Zurigo im-provvisavano musica ed arte sconvolgendo e spiazzando il pubblico, dalla fine degli anni ‘40 Luigi Nono ed Emilio Ve-dova, amici e straordinari col-laboratori, lavoreranno spesso insieme; lo stesso John Cage, protagonista assoluto della musica del silenzio, collaborò con diversi artisti tra cui Mer-ce Cunnigham, rivoluzionario coreografo, mentre Robert Rauschenberg si ispirò ad una sua opera per l’esecuzione di 4’33”. Il binomio viene propo-sto anche da Studio La Città, con delle accoppiate innovati-ve, che meritano sicuramente una visita.

un’equazione secondo cui le monodie stanno a Pärt come la luce sta all’arte contempo-ranea e non solo. La LUCE, forse protagonista indiscussa del 2011, fil rouge della 54. Mo-stra Internazionale d’arte La Biennale di Venezia, ricerca-ta, analizzata, amata dai più grandi maestri dell’arte di tut-ti i secoli, la luce fa da collante alle poetiche artistiche di Lu-cio Fontana, che già nelle sue prime creazioni sperimenta luci industriali e di Wood; ac-compagna i lavori di Pier Pa-olo Calzolari, che sospende le forme a lume di candela, per rievocare tempi passati me-dievali, tanto apprezzati da Pärt stesso. Il SILENZIO, agghiaccian-te e malinconico di Franco Vimercati, che danza con i silenzi, l’assenza di tonalità e modulazioni che conferiscono ai lavori di Pärt una malinco-nia cosmica, così misteriosa e struggente. Una riduzione di tutto, azzeramento del co-lore; Pietro Manzoni e i suoi Achrome vanno a braccetto col

minimalismo di Pärt, si ten-de alla purezza all’essenza, e così fanno anche Paolini e Vimercati. Il silenzio è sta-to il compagno di vita della poetica di Giorgio Morandi, nature morte, di una “calma piatta” così inquietante da mettere a disagio il fruitore:

Musica e arte allo Studio La CittàUn connubio magico per una poetica esperienza sensoriale

di Valeria Giarola

La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione

Studio La città, galleria d’ar-te contemporanea di Verona espone fino al 19 novembre “AD LUCEM Arte Contem-poranea per Arvo Pärt”, un progetto nato dall’incontro del fotografo Roberto Ma-sotti, la gallerista Hélène de Franchis e la curatrice Angela Madesani, che presenta i nove artisti italiani contemporanei Pierpaolo Calzolari, Vincen-zo Castella, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Roberto Mas-sotti, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Giulio Paolini, Et-tore Spalletti e Franco Vimer-cati in dialogo tra loro e con la musica del compositore estone Pärt.L’esposizione fa parte di un ben più ampio progetto arti-stico che si è sviluppato in tre fasi: una conferenza durante la fiera d’arte ArtVerona pre-senziata dall’artista stesso; un concerto omaggio tenutosi sa-bato 8 ottobre alla chiesa di S. Fermo maggiore, che ha registrato un’affluenza strepi-tosa di 1000 persone e la mo-stra, che potrete ancora visita-re fino alla fine del mese.Studio La Città propone un’esposizione dove musica e arte si legano indissolubilmen-te. Anche se i pittori presenta-ti non hanno mai attivato una collaborazione “fisica” con il musicista, arte e musica si intrecciano insieme grazie ad una chimica, a delle affinità elettive, per dirla alla Goethe, che fanno dialogare questi due ambiti in assoluta armonia.Ma che cos’accomuna Pärt al panorama italiano del secolo scorso?Tutto tende al minimalismo, alla semplificazione delle cose; c’è bisogno di ritornare allo stato primordiale. È così che la pensa Pärt, che senza mezzi termini rinuncia alle strutture “barocche” per sintetizzare, minimizzare, monodosare le strutture musicali alla ricer-ca dell’essenza, denudando le composizioni in monodie. Si potrebbe quasi sviluppare

sembrano sull’orlo di esplo-dere, ma in realtà restano lì, fisse e ti guardano con le loro tonalità spente e malinconi-che. È il silenzio calmo e puro di Ettore Spalletti, che ricon-duce i suoi lavori ad una cal-ma spirituale paragonabile ai lavori dorati e intrisi di luce spirituale che Beato Angeli-co eseguì per il Convento di S. Domenico (Fiesole). Una

tensione che tende al primor-dio, che ritroviamo tra le te-matiche protagoniste della corrente dell’Informale, dove torna Lucio Fontana, per cui la poetica dettava un ritorno all’in-forme, ovvero a tutto ciò che stava prima delle forme:

un magma indefinito, ma ca-rico di materia e di energia. E qui possiamo ritrovare un ennesimo parallelismo con il compositore estone:«Non mi importava niente delle frequenze alte o basse, della riduzione del rumore; volevo soltanto una linea mu-

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19MusicaNovembre 2011

Stagione Sinfonica al Teatro FilarmonicoSei mesi di programmazione intensa, in tutti i sensi

a cura di Stefano Campostrini

Verso l’infinito e oltre

Da ottobre ad aprile il Teatro Filarmonico guidato dalla Fon-dazione Arena, offrirà grande musica al pubblico. Concerti, coro, orchestra, ballo, lirica e solisti per 11 appuntamenti di valore, per appassionati e non.Una programmazione che con-duce dalla Vienna di fine Sette-cento, con Mozart e Haydn, al pieno Novecento di Schönberg e Petrassi, fino a compositori dei nostri giorni come Sollima. La lezione del classicismo vien-nese si riflette nelle esperienze musicali novecentesche prove-nienti dai paesi dell’Est, dalla Russia di Šostakovič, misuran-dosi poi per contrasto con la trascrizione orchestrale magi-strale di Ravel sui geniali Table-aux pianistici di Musorgskij.Elemento nuovo per la Sinfo-nica areniana il filone dell’o-ratorio, che conferma ulterior-mente la matrice musicale del classicismo viennese. Il ma-gistrale capolavoro di Haydn Die Schöpfung (La Creazione), che discende dalle grandiose sono-rità del Messiah di Haendel, an-nuncia uno dei più importanti apporti oratoriali dell’Ottocen-to musicale tedesco, l’Elijah di Mendelssohn.Per la Sinfonica 2011-2012 si alterneranno sul podio del Fi-larmonico direttori molto attesi di fama internazionale e nuove giovani promesse già molto ap-prezzate da critica e pubblico.Ha inaugurato la stagione il Maestro tedesco Lothar Za-grosek per il Concerto di Gala del 21, 22, 23 ottobre, con Die Schöpfung di Haydn. Oratorio in tre parti per soli, coro e or-chestra. Ha seguito Srba Dinic per il secondo appuntamento sinfonico nelle date del 29 e 30 ottobre. Con la voce recitante di Gabriele Lavia, ha diretto un programma su musiche di Petrassi, Schoenberg e Mozart.È stata la volta poi di due gio-vani direttori che si sono già imposti all’attenzione interna-zionale: sabato 5 e domenica 6 novembre Andrea Battistoni dirigerà l’Orchestra dell’Are-

del direttore e pianista Alexan-der Frey, che eseguirà un pro-gramma interamente dedicato al Novecento americano: da Le-onard Bernstein a Charles Kal-man e George Gershwin.Concluderà la stagione venerdì 27 e sabato 28 aprile la bac-chetta di Francesco Lanzillotta, che dirigerà per la prima parte Federico Colli al pianoforte e l’Orchestra dell’Arena di Vero-na nel monumentale “Imperato-re” di Ludwig van Beethoven, e chiuderà la seconda parte con la Sinfonia n. 5 di Dmitrij Šostakovič.

na di Verona con il Coro fem-minile nei Nocturnes di Claude Debussy, con il pianoforte di Leonora Armellini nel Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pia-noforte e orchestra di Franz Liszt, e nei Tableaux d’une exposition (Quadri da un’esposizione) di Mo-dest Musorgskij, orchestrazione di Maurice Ravel; Battistoni sarà inoltre impegnato a metà novembre sul podio di Rigoletto, a chiusura della Stagione Liri-ca e di Balletto 2010-2011.Segue venerdì 16 e sabato 17 di-cembre alla guida delle voci so-liste, dell’Orchestra e del Coro

areniani Daniele Rustioni, al quale è affidata anche l’inaugu-razione della prossima stagione operistica il 13 dicembre con la direzione del Falstaff verdiano. In questo quarto concerto ver-rà eseguito il celebre Messiah di Georg Friedrich Haendel.Nel primo weekend dell’anno nuovo, sabato 7 e domenica 8 gennaio 2012 vedremo a capo dell’Orchestra areniana e dei virtuosi Massimo Mercelli al flauto ed Anna Loro all’arpa, un altro giovane brillante di-rettore: il cinese Yang Yang per un programma che va dal Clas-sicismo al Contemporaneo, con musiche di Mozart, Sollima e

Schubert.Venerdì 3 e sabato 4 febbraio torna l’affezionato direttore areniano Julian Kovatchev per portare il pubblico prima nella Russia di metà Ottocento con Tchajkovskij, accompagnato al pianoforte da Alexander Ko-brin, poi nel primo Novecento di Sergej Prokofiev.Segue sabato 25 e domenica 26 febbraio per il settimo concerto Michael Güttler, accompagna-to dai soprano Brenda Rae e Anna Maria Sarra, dal mezzo-soprano Katrin Wundsam, dal tenore Randall Bills e dal basso

Peter Kalman, per l’Elijah di Felix Mendelssohn.Il 2 marzo alle ore 21 è la volta del secondo Concerto di Gala della stagione, in replica sabato 3 alle consuete 20.30 e dome-nica 4 marzo alle 17. Sul podio Giacomo Sagripanti per musi-che di Luigi Cherubini, Paga-nini e Borodin.Venerdì 23 e sabato 24 marzo Byron Fidetzis dirige l’Orche-stra areniana in un impegna-tivo programma che confron-ta Antonín Dvořák ad Alfred Schnittke, da Dimitris Gouzios a Jean Sibelius.Venerdì 30 e sabato 31 marzo è in programma la performance

Info e prenotazioni

Biglietteria del Teatrovia dei Mutilati 4/kCall center 045 8005151Orari di aperturadal lunedì al venerdì 9.00-12.00; 15.15–17.45; sabato 9.00–12.00; domenica chiuso. Nei giorni di spettacolo: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00; dalle 15.15 fino ad inizio spettacolo. La domenica con spettacolo alle 15.30 l’apertura sarà alle 14.30. I lunedì successivi agli spettacoli domenicali la biglietteria rimane chiusa.

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20 Novembre 2011Musica

senza rischiare di venire imbri-gliati. Solo così sono possibili piccoli capolavori come Angelo nero, con tutta la sua rabbia e incongruenza, Guinzaglio, dalla spirale avvolgente e insidiosa, e Giunco, semplicemente indescri-vibile e qui in una versione an-cora più abbagliante di quella contenuta in Controvento.La luna insegue il sole è un album che non lascia riposo, in peren-ne movimento proprio come i due astri del titolo. Non è pos-sibile rimanere fuori dai suoi labirinti né pensare di uscirne indenni, come se nulla fosse successo: non si può non essere vittime della bellezza.

www.maryposh.it

MARYPOSH, “LA LUNA INSEGUE IL SOLE”

Che la bellezza non si lasci tro-vare facilmente, è cosa nota: bisogna guadagnarsela, con grande dedizione e impegno, cercarla fuori dai soliti luoghi e dai soliti schemi. E a volte l’essere umano rinuncia, chiu-de occhi e orecchie e passa ol-tre. Questione di ambizioni. Il problema nasce quando que-sta cecità si riversa sul mondo circostante e impedisce ad un gioiello come La luna insegue il sole di nascere e dispiegarsi: il primo album dei Maryposh, infatti, ha avuto una gestazione difficile, tra ostacoli e vicissitu-dini discografiche, riuscendo a vedere la luce solo qualche mese fa. E pensare che i Maryposh non sono affatto una novità nel panorama musicale, hanno già all’attivo un mini-EP, Controven-to, e collaborazioni con perso-

Jaymay e Maryposh: da scoprireDue artisti poco noti al pubblico generalista, conosciamoli

di Agnese Ligossi

Verso l’infinito e oltre

JAYMAY IN TOUR: SUONI DALLA NUOVA AMERICA

Potreste non notare Jaymay, incontrandola per strada – una ragazza normale tra tante – ma se siete persone con una buona dose di cuore riuscirete a cat-turare un bagliore inusuale nei suoi occhi mentre passate oltre sul marciapiede. Un bagliore che diventa addirittura abba-gliante quando sale sul palco con una chitarra tra le braccia e totalmente irresistibile appe-na inizia a far volteggiare la sua

voce tra arpeggi cantautorali ed echi jazzistici. Riesce a cantare stralci di vita con un’estrema semplicità che lascia completa-mente disarmati e felici.Non è facile riuscire ad assiste-re ad un suo concerto ma, dopo qualche anno di riflessione e di studio nella sua amata New York, Jaymay sarà di nuovo in Italia per due date dal vivo il 6 novembre al Diavolo Rosso di Asti assieme alla cantautrice inglese (ma ormai italiana d’a-dozione) Sylvie Lewis, e il 12 novembre a Venezia, all’Hotel Bologna, con un concerto acu-stico – solo lei, la sua chitarra e la sua voce luminosa. Un even-to più unico che raro, da non lasciarsi sfuggire.

Per tenersi aggiornati con ulte-riori date:www.jaymaymusic.com www.sylvielewis.com

naggi del calibro di John Bon-nar (già al fianco dei Dead Can Dance e di Lisa Gerrard). Ma poco importa il curriculum, alla fine; basterebbe la sola mu-sica a farci capire l’assurdità di un percorso così difficile che, in luoghi e tempi migliori, sa-rebbe stato lastricato invece di sostegno e approvazione imme-diati. Perché i Maryposh sono davvero una delle più interes-santi band italiane in circola-zione: hanno talento, tecnica, autenticità – doti che spesso mancano totalmente agli ar-tisti del nostro Paese, anche ai più elitari. Riescono ad avere un suono potente ed etereo allo stesso momen-to, con una sezione ritmica incalzante e chitarre liberato-rie da una parte e la voce lineare e bianca di Veronica Marchi che dialoga col suo Rhodes o col violino dall’altra. Studiano, sperimentano, ricer-cano il suono perfet-to (perfetto per loro) ma non hanno una facciata da mante-nere, sono liberi da vincoli e da desideri altrui. Hanno mae-stri, quello sì, gran-di maestri che non impongono ma con-sigliano e dai quali attingere forme da dare all’ispirazione

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21Musica

Arrivano Bob Dylan e Mark Knopfler, i Negramaro e molti altri

di Francesco Fontana

Verso l’infinito e oltre

Sui palchi di Zed Live

Novembre 2011

Appuntamenti assolutamente vari e suggestivi per il mese di novembre, sul panorama musi-cale e non solo. Il 9 novembre andrà in scena al PalaFabris di Padova uno spettacolo assolu-tamente unico, che vede sullo stesso palco i leggendari Bob Dylan e Mark Knopfler. I due chitarristi, cantanti e composi-tori, dallo stile completamente diverso l’uno dall’altro, daran-no vita a un incontro musicale di assoluto interesse e di altissi-mo livello qualitativo, per uno show da non perdere.L’11 novembre cambia lo scena-rio: sul palco del Gran Teatro Geox di Padova il meglio della comicità di Zelig per il “Padova Ridens”. Capitanati da Giusep-pe Giacobazzi, saranno prota-gonisti dello spettacolo perso-naggi quali Andrea di Marco, Rocco, I Mancio e Stigma e Baz. Sempre nella stessa corni-ce, la sera del 12 novembre, si torna a parlare di musica con il concerto del cantante Raf.Il 15 novembre toccherà invece ai Manhattan Transfer e New York Voices che, sul palco del Gran Teatro Geox, proporran-no il meglio del repertorio di quarant’anni di carriera e di grandi successi nella categoria dei gruppi vocali.Due serate in programma al Gran Teatro Geox per il Musi-cal di Peter Pan, previste per il 18 e 19 novembre. Sulla scena ci saranno ben 25 artisti, con la direzione di Maurizio Colom-bi, accompagnati dalla colonna

selezione dei migliori brani del repertorio.Attesissimo l’appuntamento del 25 novembre con Marco Tra-vaglio, presente sul palco del Gran Teatro Geox con il suo spettacolo: una sorta di raccon-to attraverso il quale il giorna-lista analizza la situazione nel nostro Paese, con la solita iro-nia e profondità nelle argomen-tazioni.Stessa ambientazione ma show del tutto diverso quello del 26

novembre: l’appuntamento in-fatti è con il gruppo italiano degli Stadio.Al PalaFabris il 29 novembre sarà la volta degli Smashing Pumpkins. La band composta da Billy Corgan (Voce e Chitar-ra), Jeff Schroeder (Chitarra), Mike Byrne (Batteria) e Nicole Fiorentino (Basso), approderà a Padova per la seconda delle due date italiane previste nel tour, dopo quella di Milano del 28 novembre.

sonora delle canzoni, rivisitate per l’occasione, dell’album di Edoardo Bennato “Sono solo canzonette”.Per quanto riguarda il pano-rama jazzistico, arriva il 20 novembre il musicista Christo-pher Cross, sempre sul palco del Gran Teatro Geox. Dopo dodici anni dal precedente disco di inediti, l’artista ame-ricano torna sulla scena con il

nuovo album e il tour che ne accompagna l’uscita.Al Teatro Filarmonico di Ve-rona invece si potrà assistere al concerto di Mango la sera del 21 novembre. Il cantante sarà poi al Gran Teatro Geox di Pa-dova il 24 dello stesso mese.La sera del 23 novembre arri-veranno invece al PalaFabris i Negramaro, per la tappa del loro “Casa 69” tour. Il grup-po proporrà sul palco, oltre ai pezzi dell’ultimo disco, una

per metterti in contatto con noi: [email protected]

Qui sopra Mark Knopfler e Bob DylanSotto Mango e a sinistra gli Smashing Pumpkins in concerto

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22

prestito promesso. Roy rincor-re la giovane vicina di casa e, nel finale, cosa ben peggiore, è terrorizzato dal risveglio dal coma dell’amico, dopo che il manoscritto rubato era stato accolto entusiasticamente dalla casa editrice. Dall’analisi che accomuna gli altri personaggi, uniti da illusioni e aspettative disattese, rimane fuori Helena:

la più folle, la più felice. La don-na ha infatti scelto di abbando-nare la strada della razionalità (psichiatri) affidandosi a quella irrazionale (veggenti). Nel fina-le si ritrova finalmente al fianco di Jonathan (il grande amore predetto da Cristal?), un vedo-vo proprietario di una libreria esoterica con il quale stava ten-tando di instaurare una relazio-ne. Helena è la sola a coronare, anche se le garanzie sul futuro sembrano flebili, il suo sogno. L’unica strada percorribile per trovare una parvenza di felicità

Novembre 2011Cinema

trovare la felicità nelle sedute da Cristal, una sensitiva che, in cambio di soldi, prevede per lei un futuro roseo e un nuovo grande amore.Sally (Naomi Watts) è la bella figlia di Helena e Alfie. Sposata con Roy, lavora per Greg (An-tonio Banderas), affascinante proprietario di un’importante galleria d’arte, del quale fini-sce per innamorarsi. Roy ( Josh Brolin) è il più disprezzabile tra i personaggi che si incontra-no. Laureato in medicina, ha poi deciso di fare lo scrittore. Con un solo libro di successo all’attivo però, spende il tempo cercando invano l’ispirazione nella bella vicina di casa Dia, che spia, poco segretamente, dalla finestra. In preda alla più profonda crisi creativa, dopo la bocciatura del romanzo che aveva in cantiere da anni, de-

cide, nel finale, di compiere il gesto più immorale della vicen-da: “ruba” il manoscritto (da lui giudicato sublime) del romanzo di un amico, in coma dopo un grave incidente stradale, e lo consegna alla casa editrice come proprio.Ci sono molte parole chiave per descrivere la pellicola: frustra-zione, infelicità, debolezza e, soprattutto, illusione. Il film è straordinario nel raccontare la triste intimità dei personaggi, spietato nel mettere lo spetta-tore di fronte a un concentra-

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogniAspettando l’uscita di Midnight in Paris, ecco la recensione del precedente film di Allen

di Francesco Fontana

Visto abbastanza?

“Shakespeare ha detto, la vita è piena di rumore e furore e, alla fine, non significa nulla”. La citazione shakespeariana, pronunciata dalla voce fuori campo in apertura, ci immerge direttamente nei contenuti del-la commedia di Woody Allen, evidenziando, per una volta an-cora, il punto di vista disincan-tato del regista sul senso profon-do dell’esistenza.La pellicola mette in scena la vi-cenda di due coppie, ormai alla deriva: Alfie ed Helena da una parte e Sally e Roy dall’altra. I primi, piuttosto avanti con l’e-

tà, vivono una situazione di crisi: Alfie (Anthony Hopkins), in preda alla terribile paura di invecchiare, lascia la moglie e, tra sedute di fitness, lampade abbronzanti e pillole di Viagra, finisce per invischiarsi in una relazione, che poi sfocerà in matrimonio, con una giovane e volgarissima escort, che gli prosciugherà il conto in banca per poi tradirlo. Helena (Gem-ma Jones), abbandonata dal marito, vive una profonda crisi depressiva e, tra un bicchiere di Sherry e l’altro, cerca di ri-

to delle delusioni quotidiane e continue della vita, mostrate attraverso il punto di vista di un inguaribile pessimista come Woody Allen. La tesi di fondo è piuttosto chiara: per le perso-ne sane di mente è impossibile trovare la felicità nella vita. Le argomentazioni a supporto sono molte e legate soprattut-to all’ambito sentimentale e a

quello professionale. La vita di coppia risulta fallimenta-re, ognuno rincorre invece in modo autonomo, e spesso fre-netico, i propri frammenti di felicità. Alfie si vede spremuto e tradito da una prostituta, poi incinta di un figlio quasi certa-mente non suo. Sally, innamo-rata del suo capo, scopre alla fine che neppure con il pensiero lui ha mai ricambiato le sue at-tenzioni e, ambiziosa di aprirsi una galleria propria, si scontra con la madre che, su sugge-rimento di Cristal, le nega il

Lo psichiatra è un tizio che vi fa un sacco

di domande costoseche vostra moglie

vi fa gratis

Woody Allen

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Visto abbastanza?

CinemaNovembre 2011

di Francesco Fontana

A sinistra, la locandina del film di Roberta Torre, in basso un

particolare di quella di “Carter”con Michael Caine

Nelle immagini dell’articolo alcune sequenze del film,i personaggi alla prese con le loro storie intrecciate e intriganti

sembra quindi essere quella di credere nelle proprie, folli, illu-sioni che, come dice Sally nel

film, qualche volta funzionano meglio delle medicine.

Proseguono i “Martedì del festival”Film italiani, grandi classici e thriller in stile british per la rassegna in corso

La rassegna organizzata dall’Assessorato alla Cul-tura del Comune di Ve-rona – Verona Film Festi-val, prosegue nei mesi di novembre e dicembre con le proiezioni al cinema K2 dei film delle tre sezio-ni organizzate: “Italiani, Insoliti, Indipendenti”, “Capolavori ritrovati” e “Nero Britannico”. “Italiani, Insoliti, Indi-pendenti” è un interes-sante percorso cinemato-grafico tra i film di gio-vani registi italiani che, in molti casi, devono ancora affermarsi presso il grande pubblico e, in altri, hanno già visto le loro pellicole presenta-te presso importanti Festival, come quello di Venezia e Can-nes. Dopo l’appuntamento dell’11 ottobre con L’Erede, film di Michael Zampino, e la doppia proiezione la sera del 2 novem-bre delle pellicole I baci mai dati (2010), di Roberta Torre, e Corpo Celeste (2011), di Alice Rohrwacher, la sera del 29 no-vembre la rassegna prosegui-rà con Il primo incarico (2011), della regista Giorgia Cecere. La vicenda è ambientata nella Puglia degli anni Cinquanta. Una giovane maestra lascia il suo paesino, dove è fidanzata

sarà la volta di Vita privata di Sherlock Holmes, di Billy Wilder, e il 20 dicembre di Kes, film di Ken Loach.“Nero britannico” è la terza sezione, dedicata al Thriller dalle ambientazioni British, che prenderà le forme di un suggestivo confronto tra il film cult inglese di Mike Hodges Carter (1971), che sarà proiet-tato la sera dell’8 novembre, e il recente London Boulevard, pellicola del regista america-no William Monahan, in pro-gramma per il 15 novembre.

con un ragazzo appartenente all’alta borghesia, per andare a insegnare, come primo inca-rico, su un altopiano selvaggio e disperso della sua regione. Nella nuova destinazione la protagonista troverà molte difficoltà di adattamento, in un ambiente inospitale e osti-le, tra gente molto diversa da lei. Il tutto metterà in evidenza l’orgoglio e la forza di volontà della giovane insegnante. Poi, il 13 dicembre, sarà la vol-ta del film di Emidio Greco No-tizie degli scavi (2011), con prota-gonisti della vicenda gli attori Giuseppe Battiston e Ambra Angiolini. Viene qui messo in scena l’incontro casuale, in un ospedale, tra un uomo, abitua-to a vivere tra espedienti e pro-

stitute, detto ironicamente “Il Professore”, e una donna, soprannominata “La Marchesa”, ex pro-stituta lei stessa, rinchiusa in ospedale dopo un tenta-tivo di suicidio in seguito a una delusione amorosa. Ne esce un film profondo e ricco di suggestioni emo-tive. La sezione “Capolavori ritrovati” vuole invece ri-visitare alcuni classici del cinema del periodo che va dalla fine degli anni Cin-quanta agli inizi degli anni

Ottanta. Dopo i precedenti appuntamenti con Cutter’s way, Taxi driver e Il padrino, il 22 no-vembre sarà proiettato Improv-visamente l’estate scorsa, film di Joseph L. Mankiewicz, nella versione originale sottotitolata in italiano. Poi il 6 dicembre

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vere e studiare.Sono diventato giornalista pubblicista e frequentando a Milano il corso di Metodologia e cultura dell’informazione, sostenuto dalla Università di Camerino, ho iniziato un per-corso di partecipazione a vari Concorsi di poesia, dove ho conseguito molti riconoscimen-ti fra cui una ventina di primi premi, e ho continuato, con im-pegno, gli studi universitari, che non avevo mai abbandonato. Il giorno 5 ottobre, ho conseguito a Bologna la laurea in Lettere discutendo una tesi di laurea che mi ha permesso di appro-fondire le capacità di un grande poeta, poco conosciuto: Dino Campana. Il percorso universitario dopo questa

laurea, si ferma?Non credo. E’ troppo bello stu-diare, scoprire conoscenze, e poi andarsi a confrontare con qualcuno che fa di queste il suo impegno quotidiano. Penso che se Dio mi assiste, continuerò a studiare e a scrivere. Ho termi-nato una ricerca su Clemente Rebora che vorrei pubblicare. E’ un saggio per il quale mi sono impegnato molto. Spero di trovare un editore o uno spon-sor che mi diano la possibilità di offrire a qualche lettore il frutto del mio lavoro. Magari la sor-presa potrebbe arrivare dalla vostra casa editrice.

interessano della sua poesia sono quelli dell’immagine e del suo dinamismo. Sono aspetti che l’autore abilmente adopera assieme a una posizione rile-vante della trascendenza e una voglia discreta di preghiera che si trova in certi brani in cui, an-che se in maniera non esplicita, appare una colorazione d’infi-nito”.Una sua definizione di poesia?Ho scritto in una prefazione queste parole: “ritengo che la poesia sia il mezzo più idoneo per esprimere certezze e disagi, incertezze e speranze, contrasti e adesioni. Un volume di versi appartiene a un mondo idea-le, a pensieri filtrati, a riflessi simbolici di vari stati d’animo, a momenti di ansia e tensio-

ne reali, a sussulti di quiete e istanti di ribellione. Cerco di rappresentare i passaggi e le fughe, meditando esistenze, col suono di versi ritmati e distesi, con schizzi e incontri di anime in crisi, perché l’incertezza è cuscino e lenzuolo ma diventa talvolta sospensione nel vuoto, precipizio che attende cadute e sospiri, posizione di chi cer-ca fra gli scogli e gli anfratti, la strada che lo porta quasi certo, alla meta…Mi racconti le emozioni della sua carriera universitaria.Dopo il collocamento in quie-scenza ho fatto una scelta: scri-

No. Sono andato in collegio a Verona, al don Nicola Mazza, dove continuando a esercitarmi nel pianoforte, spesso sentivo la necessità di accompagnare i momenti musicali con quelli poetici. In tutti gli anni di liceo ho continuato a scrivere, poesie, e alcuni quaderni giacciono, forse, oppure sono stati cesti-nati, da mani leggere che avevo sognato. Uno di questi quader-ni mi è stato ritornato alcuni anni or sono e di questo ritorno ringrazio una persona alla qua-le dedicherò il volume che sto curando e che pubblicherò.Quali sono i temi più ricorrenti delle sue poesie?Come ha scritto Stefano Verdino, in un suo intervento le mie poesie: “Ci sono, in tutte le pagine poetiche di Antonioli, i sapori tipici della poesia che molto spesso si riversa in un fiume di colore espresso o ac-cennato o nascosto. Siamo di fronte ad un autore che scrive tra il concreto e l’astratto, che si colloca nel campo della non certezza, che è dotato di una grande capacità di trasmettere desideri e sensazioni, in un cre-scendo poetico che ci fa ricono-scere la qualità e la validità del-le sue composizioni. Antonioli è un poeta che trasmette le vi-brazioni del suo temperamento non usando moderazione ma immediatezza. Altri aspetti, profondi e di spessore, che mi

di Federico Martinelli - fotografie di Stefano Campostrini

Ho cercato di diventare qualcuno

Gilberto Antonioli, poeta e studioso:a Bologna consegue la sua sesta laurea

Colloquiando con un veronese di cultura...

Non è facile trovare un percor-so di vita così intenso ma al-trettanto poco conosciuto come quello di Gilberto Antonioli, poeta-giornalista veronese che dal momento della pensione ha conseguito sei lauree e ha pub-blicato quattordici volumi di poesie.Da che cosa deriva questa duplice passione? E quando è sorta?Ho avuto la fortuna di vivere al-cuni anni presso gli zii Gaetano e Germana Aldegheri prima degli esami di ammissione alla scuola media. In quella casa fornita di libri ho potuto appro-fondire la mia passione per il sapere e scoprireil modo di perfezionare la mia predisposizione alla poesia. Ho scritto poesie infantili alla mia prima fiamma e ho continuato quando gli occhi che mi colpi-vano provenivano da sguardi mutati ma sempre profondi. Al termine delle elementari cre-do di aver scritto diverse po-esie e rime di circostanza per occasioni speciali come quella capitatami quando partì da Sanguinetto don Sennen Corrà, sacerdote che ebbe una carriera importante in quanto nominato vescovo prima di Chioggia e poi di Concordia-Pordenone per il quale scrissi un elogio. Mons. Corrà allora mi onorò con un suo scritto in onore di mio pa-dre.Ma poi ha smesso?

Novembre 2011Intervista

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25SocietàNovembre 2011

di Silvano Tommasoli

Il re è nudo

PremessaSe la rideva di gusto, Angela Merkel qualche settimana fa, assieme al presidente france-se Sarkozy. Ridevano di noi, del Paese delle chiacchere. Dei quaraquaqua, avrebbe detto Leonardo Sciascia. Loro, tede-schi e francesi, sono gente che fa poche chiacchere e tanti fatti, ben organizzati e attivi. Preci-sissimi.O no?

TesiTrascorrere quattro giorni a Berlino, città dove tutto è or-ganizzato ed efficiente, per vi-sitare i più importanti musei, soprattutto quelli della famo-sa “Isola dei Musei” incluse le mostre estemporanee. Avere un soggiorno fantastico.

Prima IpotesiSe non si conosce il tedesco, ma si parla un discreto inglese, a Berlino non ci saranno proble-mi perché: - la città è stata a lungo “occu-pata” da americani e inglesi;- è una capitale di respiro internazionale;- i giovani berlinesi sono “citta-dini del mondo”, l’inglese non può che essere la loro lingua;- in subordine, sicuramente qualcuno che parla italiano lo si trova, visto quanti sono i tede-schi che passano le vacanze in Italia.

Seconda IpotesiAnche se i musei a Berlino sono molto numerosi, e attirano una grande quantità di pubblico, non ci saranno problemi per-ché:- sicuramente gli orari di aper-tura saranno molto estesi, forse anche nel dopo cena;- l’organizzazione di vendita dei biglietti e di accesso alle sale sarà impeccabile;. il servizio di informazione, in Germania, non può che essere precisissimo e puntuale.

Terza IpotesiSe la città è strutturata come

Teorema. Ride bene chi ride ultimoUna città apparentemente “perfetta” può rivelare spiacevoli inconvenienti

una “grande” città, non si per-derà tempo inutile perché:- la rete di trasporti urbano non può che essere fantastica;- la città conta su un nume-ro considerevole di posti dove mangiare, anche velocemente.

DimostrazioneDall’aeroporto, arriviamo con la metro a non più di 100 me-tri dall’hotel internazionale dove abbiamo prenotato; sfor-tunatamente, non ne vediamo l’insegna che è dietro l’angolo e pertanto nascosta alla nostra vista. Chiediamo indicazioni a due poliziotte, che si consul-tano con altri due colleghi e, in un inglese che nemmeno in Francia (dove questa lingua è pressoché sconosciuta), ci fan-no fare il giro di Berlino a pie-di, per arrivare all’hotel. Che raggiungiamo in circa un’ora, dopo aver chiesto informa-zioni a una mezza dozzina di persone.

Primo assioma derivato: non chiedere mai informazioni in inglese ai poliziotti e ai berli-nesi; ignorano questa lingua e non conoscono la città, meglio fare da soli.Nel pomeriggio, cerchiamo di raggiungere il museo dell’e-spressionismo, Der Brücke Mu-ücke Mu-cke Mu-seum. Nessuno, ma proprio nessuno, lo conosce né sa dove sia né è in grado di dare indi-cazioni stradali. Arrangiando-ci, prendiamo cinque metro, e sei autobus e, finalmente, arri-viamo dopo aver verificato sul sito che fosse aperto. Il museo è aperto, ma dopo averci dato i biglietti e riscosso il corrispetti-vo, il cassiere, in inglese questa volta, si ricorda di dirci che la collezione non è visibile, perché è in Italia, a Udine, ospite di un qualche museo. Vediamo una esposizione estemporanea, che sarebbe appena andata bene per la sala di quartiere di una frazione del comune di Curu-cucù, provincia di Vattelape-sca. Ringraziamo e ritorniamo

all’Isola dei Musei. Ci infor-miamo delle modalità per visi-tare la straordinaria mostra de-dicata al Rinascimento al Bode Museum e veniamo avvertiti che, per acquistare il biglietto, si deve fare una coda lunghis-sima dalle 8,00 alle 10,45. Ac-quistato il biglietto, vengono ammesse a entrare venti perso-ne ogni dieci minuti, secondo il numero progressivo indicato sul biglietto e comunicato su un display luminoso. Perfetto! Torneremo domani, grazie per le informazioni. Intanto, cer-chiamo di consolarci per la fre-gatura espressionista cenando in una tipica birreria tedesca in Alexanderplatz, mangiando i classici bratwürst. Li chiediamo

alla griglia, ma qui si possono avere solo in brodo; insistiamo perché li tolgano dal brodo e li mettano sulla griglia, accanto a tutte le altre cose che vengono preparate in questo modo. Con aria astuta, il cameriere – che parla esclusivamente tedesco! – dice di aver capito e torna con i nostri würster impanati e fritti. Mandiamo a farsi friggere lui e ce ne andiamo, non senza aver pagato il conto per evitare spia-cevoli interventi della temibile Polizei.Ve la voglio far breve: al Bode Museum l’indomani non c’è coda, per cui acquistiamo i biglietti alle 8,30 e aspettiamo fuori, alla pioggia, fino alle 11,00 per accedere al salone. Dentro, aspettiamo di vedere i nostri numeri comparire sul magico display. Che si guasta, e il personale dichiara forfait, essendo incapace di gestire “a mano” un tre-quattrocento vi-sitatori. La confusione è allu-

cinante, degna del mercato del pesce di Palermo, la Vucciria (ma non del dipinto di Renato Guttuso, bellissimo!). Però ab-biamo diritto all’audioguida: contrattiamo per tempo la con-segna del piccolo strumento, anche se il curatore della mo-stra (“Facce del Rinascimento, Gesichter der Renaissance”) mette in fila una serie di ritratti – straordinari: da Antonello da Messina al Ghirlandaio, da Pi-sanello a Mantegna – ma sem-bra non aver capito molto del significato anche solo del ter-mine “Rinascimento”: il crite-rio di ordinamento delle opere esposte è solo diacronico, così sfugge l’essenza del passaggio dal Medioevo alla Modernità, che potrebbe essere eviden-ziato benissimo in due opere

affiancate di Iacometto Veneziano, realizzate secondo i diversi con-cetti. A proposto: la

Dama dell’ermellino di Leonardo viene presenta-

ta come “guest star” (sic)!La nostra visita continua con le medesime caratteristiche. Per tutte, anche al Museo della Fotografia ci dicono, solo dopo che siamo entrati e abbiamo pagato il biglietto, che le col-lezione non è visitabile per ri-strutturazione!

Secondo assioma derivato: non met-tete mai i soldi in mano a un te-desco, prima che vi abbia dato tutte le informazioni del caso.

ConclusioniAppare assolutamente impos-sibile trascorrere quattro gior-ni a Berlino, città dove nulla è organizzato ed efficiente, per visitare i più importanti musei, soprattutto quelli della famosa “Isola dei Musei” incluse le mo-stre estemporanee e avere un soggiorno fantastico. Ovviamente, non c’è quasi la possibilità che la signora An-gela Merkel legga queste nostre note. In quel caso, sicuramente le si smorzerebbe sul nascere la sua consueta, grassa risata.

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26 Società Novembre 2011

Storie di ordinaria folliadi Ernesto Pavan

Breve vocabolario lavorativo - Parte 1Uno strumento efficace per redigere annunci corretti

nunci su Internet, spesso ambi-gui o addirittura considerabili veri e propri tentativi di truffa. Una reputazione immeritata, che potrà essere dispersa sem-plicemente chiamando ogni cosa in modo adeguato. Di se-guito elenchiamo alcuni degli errori più comuni e le versioni corrette dei termini errati.Un addetto al backoffice si occu-pa di inserimento dati, verifi-ca delle operazioni, gestione dei documenti e quant’altro di analogo; non contatta telefoni-camente i clienti (quelli sono gli addetti al telemarketing) né si occu-

pa dei loro problemi (quello si chiama cu-stomer care). Allo stes-so modo, un addetto al front-office non va in giro a vendere prodotti o contratti (quelli sono i promo-ter e i venditori), né cerca nuovi clien-ti al telefono (di nuovo, si tratta di telemarketing). Le re-lazioni con il pubblico consistono nella ge-stione del flusso di informazioni dalla realtà aziendale al pubblico e vicever-sa, non nell’analiz-zare le tendenze di mercato o nel pro-

porre offerte ai potenziali clien-ti: questi ultimi sono i compiti dell’account manager. Gli impiegati commerciali non necessitano di partita IVA e il loro inquadramento non è “au-tonomo”: al massimo, in questi casi si può parlare di rappresen-tanti o agenti di commercio, o come spesso si legge sui giornali di false partite IVA. Che è meglio evitare.I giornalisti non raccolgono pub-blicità, non “vendono” intervi-ste o articoli a chicchessia, non cercano sponsor e non hanno manco loro la partita IVA: quelli si chiamano commerciali, promoter o diosolosacosa. Fare con-fusione può portare a situazioni notevolmente imbarazzanti,

L’analfabetismo di ritorno (quello di chi, per mancanza di allenamento, dimentica come si fa a leggere e a scrivere) è una piaga della società italiana che sembra particolarmente diffusa nel mondo degli annunci di la-voro. Per contrastarla, abbiamo pensato di mettere assieme una piccola guida per coloro che de-siderano inserire un annuncio su un giornale o un sito, ma si trovano ostacolati dalla scarsa familiarità con il medium scrittu-ra. Ci preme sottolineare come questo articolo non voglia asso-lutamente essere un’aggressio-

ne, ma un benevolo richiamo, scritto affinché tanto i datori di lavoro quanto chi ne cerca uno possano trarne vantaggio. Cominciamo con alcune no-zioni di carattere generale: i siti e i giornali di annunci di lavoro ser-vono, appunto, per pubblicare annunci riguardanti offerte di impiego e non per pubblicizza-re corsi di formazione o mettere in vendita spazi adibiti a uffici. Allo stesso modo, siccome per “lavoro” si intende una “attivi-tà materiale o intellettuale per mezzo della quale si producono beni o servizi, [...] esplicata in cambio di una retribuzione “, sarebbe opportuno non ricer-care in queste sedi collabora-zioni gratuite o simili: quelle

soprattutto quando entra in gioco l’Ordine dei Giornalisti. Il “pagamento delle ritenute d’acconto” non è un benefit, ma un obbligo di legge, e la “pos-sibilità di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti” non dipende dalla bontà dell’editore, ma è accessibile a chiunque possieda determinati requisiti (collabo-razione continuata e retribuita per due anni consecutivi con una testata registrata). Nell’ambito pubblicitario, i copywriter si occupano dell’a-spetto verbale della pubblicità, i grafici di quello estetico: far fare all’uno quello che dovrebbe fare l’altro provoca disastri e di-sgrazie. In particolare, un grafi-co non scrive testi e un copywriter non si occupa della creazione di banner o manifesti. Nessuno dei due è un webmaster, ossia un creatore di siti web: quest’ulti-ma è un’attività che richiede studi specifici e non si impara semplicemente in virtù del fatto che si è nati negli anni Novan-ta.Uno stagista è una persona in corso di formazione, non un dipendente, che possiede già le competenze necessarie a svol-gere un dato lavoro e lo fa in cambio di un salario. Sempre a proposito, un laureato è una per-sona con una qualifica e non un qualcuno che ha bisogno di imparare tutto da zero e deve essere ripetutamente umiliato e trattato da idiota nel processo. Per concludere questa prima puntata del nostro Breve vocabo-lario lavorativo, vorremmo ricor-dare che l’onestà è fondamen-tale in ogni rapporto, inclusi quelli lavorativi e compresi quelli non ancora in essere. Così, “cerchiamo qualcuno che lavori gratis mentre i commessi sono in ferie” non sarà attra-ente come “offresi opportunità di formazione alla vendita per il periodo estivo”, ma di sicuro evita equivoci e battibecchi. Se poi volete mettervi il cuore e il karma in pace, trovate qual-cuno che sappia fare ciò che vi serve e pagatelo.

non sono “lavoro”, nonostante l’opinione comune indichi il contrario. Lo stesso vale per le opportunità di lavoro: o c’è una lot-teria in ballo, dove il vincitore ottiene il posto, oppure tanto vale indicare la posizione offer-ta e i requisiti richiesti.Sempre a proposito di termi-nologia generale, per benefit si intendono i privilegi legati a un dato ruolo all’interno dell’a-zienda e non, come alcuni sem-brano pensare, gli strumenti che servono al lavoratore per svolgere il suo lavoro. “Posta-zione attrezzata” e “forma-

zione” non sono benefit più di quanto lo siano il tornio per un operaio o l’affettatrice per un salumiere. Altro non è una tipologia di contratto e, a meno che davvero non vi importi se e quando il dipendente viene a lavorare, indifferente non è una tipologia di orario. Sappiamo che è faticoso, ma indicare cosa offrite e che tipo di impegno chiedete può incrementare no-tevolmente la visibilità del vo-stro annuncio.Passiamo, ora, all’errore più comune: quello di chiamare una posizione lavorativa con il nome di un’altra. Questa usan-za è enormemente diffusa e ha contribuito a creare un certo alone negativo attorno agli an-

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È la stampa, bellezza

LibriNovembre 2011

Dopo undici volumi (quindici se consideriamo la divisione dei primi quattro in due parti, effettuata in Italia da Fanucci) e un orrendo spinoff (La legge dei nove), tutti pensavano che la crociata di Terry Goodkind in favore dell’Oggettivismo e con-tro ogni buona norma della let-teratura fantastica fosse giunta a termine. Ma, come la Storia ha dimostrato, i crociati non muoiono mai. Ecco dunque La macchina del presagio, un ro-manzo pessimo anche per gli standard di questo autore: una storia del tutto priva di azione che ripropone temi triti e ritriti, per di più non attraverso le vi-cende narrate, ma direttamen-te per bocca dei protagonisti in dialoghi che non stanno né in Cielo né in Terra.In diciassette anni, Goodkind non solo non ha imparato a scrivere una storia coerente, ma non ha neppure compreso qua-li sono le caratteristiche di un essere umano credibile. I suoi personaggi sono ideali (i suoi) incarnati, colonne di granito

La maggior parte di noi, aven-do studiato la Storia solamente a scuola, ha difficoltà a imma-ginare il XVI e il XVII seco-lo dal punto di vista militare. Sappiamo che nel Medioevo c’erano cavalieri in armatura pesante, che nel Quattrocen-to cominciavano a diffondersi le picche e che nel Settecento si combatteva solo con le armi da fuoco, ma non abbiamo una chiara visione dei due secoli di mezzo. Eppure il Cinquecento e il Seicento sono stati i seco-li della rinascita degli eserciti professionali (che per la prima volta dai tempi di Roma hanno calcato il suolo europeo), della creazione degli Stati naziona-

La macchina del cattivo gusto

I “secoli perduti” della guerra: come si combatteva dal ‘400 a Napoleone

Terry Goodkind ritorna con un romanzo deludente

Un agile saggio di Barbero sull’arte militare europea

senza altro scopo che amplifi-care la voce virtuale dell’auto-re. Non hanno sentimenti o de-bolezze umani. Le loro vicende, poi, sono di una lentezza esa-sperante, al punto che un buon quarto del romanzo sembra scritto esclusivamente per au-mentare la foliazione e i capitoli paiono divisi a casaccio, senza che i “tagli” effettuati dall’au-tore abbiano alcun senso. Nien-te accade e tutti ne parlano: i fatti sono “spiegati” attraverso dialoghi lunghi e pesanti, buo-na parte dei quali pretende di “strizzare l’occhio” al mondo di oggi, fallendo miseramente sia dal punto di vista narrativo che da quello moraleggiante. Richard è, manco a dirlo, un faro nell’oceano dell’ignoranza e della stupidità altrui, capace di avere successo dove chiun-que altro (incluso chi, a rigor di logica, dovrebbe saperne più di lui) fallisce; Kahlan esiste per-ché Goodkind possa dimostra-re che sì, anche le donne con-tano qualcosa nei suoi romanzi; tutti gli altri sono sottili quanto

li e di grandi scoperte tecno-logiche. Alessandro Barbero, storico militare di lungo corso, riassume i cambiamenti avve-nuti in questi periodi in un agi-le volumetto di 112 pagine, La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone: senza divagazioni e usando un linguaggio sem-plice e diretto, l’autore riesce a coprire un arco di tempo lungo più di trecento anni, senza farsi sfuggire un solo dettaglio utile. Dagli svizzeri alla fanteria di linea, passando per i lanziche-necchi, le armi e le tecniche di combattimento sono descritte in modo tale da trasmettere le informazioni essenziali senza appesantire la scrittura. Un

un foglio di carta velina. La trama de La macchina del presagio è di una prevedibilità desolante: non esistono colpi di scena e la suspense pare aver abbandonato questo mondo crudele. A differenza di quan-to accaduto in altri romanzi del ciclo (uno su tutti, La cate-na di fuoco), nemmeno per un momento ci è mai capitato di temere per i protagonisti o di provare una qualche forma di empatia per loro. È un roman-zo noioso, che non fa nulla per attirare l’attenzione del lettore o per tenerla viva. Ad aggra-vare il tutto intervengono nu-merosi momenti di “inforigur-gito”, durante i quali l’autore (fingendo di adottare il punto di vista di uno dei suoi perso-naggi) prende per mano il letto-re e gli trasmette informazioni in modo fastidioso e pesante, ad esempio ricordandogli quanto accaduto nella quindicina di volumi precedenti. In modo esteso.La macchina del presagio, dopo la lettura, lascia l’im-

saggio molto utile per qualun-que appassionato di storia mili-tare che non abbia molto tempo da dedicare alla lettura.

pressione di un romanzo nato stantio, creato per sfruttare il successo di una saga che già al momento della sua conclusione aveva perso ogni pretesa di ori-ginalità. Assolutamente sconsi-gliato.

Terry Goodkind, La macchina del presagio, Fanucci Editore, pp. 477, € 14,90

di Ernesto Pavan

Alessandro Barbero, La guerra in Europa dal Rinascimento a Napole-one, Carocci, pp. 155, € 10,50

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28 Novembre 2011Giochi di ruolo

Nessun uomo è un fallito se ha degli amici

Il gioco di ruolo è una conver-sazione. Questa semplice verità è la base su cui si fondano tutti i prodotti ludici di questo gene-re, ma Il mondo dell’Apocalisse (di Vincent Baker, Narrattiva, € 24,90) la implementa in modo estremo, con un sistema che si propone di mediare fra quei conversatori che sono i gioca-tori e nulla più. È una risco-perta delle radici, una ventata di freschezza in un mondo che ha visto fiorire regolamenti di ogni genere, spesso senza uno scopo chiaro. Per di più, i risul-tati ottenuti sono ottimi. Non stupisce che questo gioco abbia vinto il Best of Show al Lucca Comics&Games 2011 (a cui ab-biamo partecipato nonostante, per motivi sconosciuti, ci sia stato negato l’accredito stampa).L’ambientazione de Il mondo dell’Apocalisse è una Terra a cinquant’anni da oggi, dove un qualche cataclisma ha distrutto la civiltà così come la conoscia-mo. È un mondo selvaggio, dove i riferimenti all’Età dell’Oro sono leggende confuse e manca tutto tranne benzina e proiettili. È un mondo su cui imperversa il maelstrom psichico, una tem-pesta cerebrale che rimbomba nelle teste delle persone. Sul-lo sfondo di questo scenario si muovono i protagonisti delle storie, donne e uomini straor-dinari a modo loro, ciascuno dei quali incarna uno degli ar-chetipi delle storie post-apoca-

Un maelstrom psichico di novitànel mondo dei giochi di ruolo

Arriva in Italia Il mondo dell’Apocalisse di Vincent Baker

littiche: il Fortificatore che ha costruito un’oasi di ordine in mezzo all’oceano della follia, l’Arsenale con le sue numerose armi pesanti, lo Strizzacervelli dagli inquietanti poteri psichi-ci e molti altri. Ciascun perso-naggio ha un suo “libretto” (un foglio A4 piegato) che contiene tutti gli elementi necessari per

crearlo e giocarlo: liste di nomi ed elementi dell’aspetto da cui scegliere, equipaggiamento, “mosse” speciali e altro anco-ra. Ci sono undici libretti nel manuale e altri sette (cinque dei quali scritti da Baker in persona) si possono trovare su Internet, spesso come premi di piccole gare (“Posta una tua foto con un sasso in mano per avere il libretto del Touchstone [“stone” significa “pietra” in

inglese]!”). Uno dei giocatori assumerà il ruolo del Maestro di Cerimonie, il cui compito è mediare la conversazione e gio-care il mondo dell’Apocalisse come se fosse un luogo reale.Durante il gioco, capiterà spes-sissimo che i personaggi faccia-no delle “mosse”, cose partico-lari per le quali entrano in gioco

le regole. Anche il Maestro di Cerimonie ha delle mosse, che tuttavia agiscono su scala più ampia e non richiedono l’uso dei dadi. Per fare un esempio, se Duke l’Arsenale fa la mossa “prendere con la forza” miran-do a impadronirsi del bambino di Ragazza di Joe, ma fallisce il tiro, il Maestro di Cerimo-nie può usare “rigiragli contro la loro mossa” per raccontare come Ragazza di Joe colpisca

Duke alla testa con un manico di scopa e, mentre lui è stordito, si impadronisca della sua pisto-la. Le mosse nascono dalla nar-razione e creano narrazione, in un circolo virtuoso che garan-tisce un coinvolgimento straor-dinario. Con i riflettori puntati sullo sviluppo dei personaggi e un’ambientazione apocalittica da creare assieme, Il mondo dell’Apocalisse è un gioco più adatto a campagne che a ses-sioni singole... e vista la nostra esperienza con queste ultime, le campagne devono essere davve-ro fantastiche.Purtroppo, dell’edizione ita-liana del gioco non si può dire altrettanto bene. L’adattamento è scadente, con traduzioni cam-pate in aria (“Savyhead” reso in “Sapientesta”?), completamente errate (una machinegun è una mitragliatrice, non un mitra) o cangianti (shotgun diventa “doppietta” in alcuni punti e “fucile da caccia” in altri; pe-raltro, l’hunting rifle è un’ar-ma diversa con caratteristiche differenti, col risultato che nel manuale il “fucile da caccia” ha due profili diversi). I refusi sono numerosissimi e talmente ba-nali che stupisce come possano essere sfuggiti alla correzione delle bozze: parliamo di spazi prima e dopo la punteggiatura o doppi, di persona che cambia nel bel mezzo di un periodo e di altri errori che una semplice ri-lettura avrebbe evitato.

di Ernesto Pavan

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29Novembre 2011 Giochi di ruolo

di Ernesto Pavan

Nessun uomo è un fallito se ha degli amici

Che cosa accade quando un’Autorità oppressiva governa il mondo e gli unici a opporle-si sono dei ragazzi? Gioventù bruciata (di Robert Bohl, Janus Design, 20 euro) dà modo ai giocatori di rispondere a questa domanda. Ciascuna sessione è strutturata come un vero e proprio film, con tanto di divi-sione in scene, durante il quale i giocatori interpreteranno cia-scuno un Teppista Sottoposto a Identificazione e Osservazione, mentre l’Autorità farà di tutto per liberarsi di queste spine nel fianco o (peggio ancora) cor-romperle fino a farle diventare come lei. Terminato il primo film se ne può giocare un al-tro con gli stessi protagonisti, e un altro ancora, fino a quando l’Autorità non è debellata o non prende il controllo del mondo. Orrore, disgusto e divertimento sono garantiti.Gioventù Bruciata richiede che i partecipanti si mettano d’ac-cordo per stabilire l’ambienta-zione della “serie” e la natura dell’Autorità. Tutto è possibile, dai classici “venti minuti nel fu-turo” alla fantascienza più sfre-nata, anche se l’autore del gio-co ha dichiarato in conferenza stampa di averlo impostato più verso la seconda perché “la fantascienza dà all’Autorità un sacco di mezzi terribili per fare il suo lavoro” (dopotutto, fa più paura un mondo in cui il potere

Leggere questo articolo è proibito. Allontanatevi immediatamente.

Gioventù bruciata, o una metafora dei tempi moderni

afferma che certi orientamenti sessuali sono malvagi o uno in cui lo Stato può “correggere” con delle macchine la sessua-lità di chiunque?). I protago-nisti della storia sono sempre giovani oppressi che, in qual-che modo, riescono a sfuggire al controllo dell’Autorità e a combatterla. Per farlo, hanno tre possibilità: sfruttare le proprie Condotte, qualità personali che li descrivono e, incidentalmente, posso-no anche essere utilizzate per calciare l’Autorità nei denti; utilizzare le Con-dotte degli altri membri della Cricca (il gruppo a cui appartengono i perso-naggi); oppure Svender-si, ossia trasformare una Condotta in una versione distorta della stessa che li fa assomigliare un po’ di più all’Autorità. Svendersi fa vincere automaticamen-te un conflitto contro l’Au-torità, ma ha conseguenze pesanti per il personaggio e per la Cricca stessa: la “se-rie”, infatti, finisce quando un Teppista ha Svenduto tutte le proprie Condotte e, se a quel punto i prota-gonisti non hanno inflitto colpi abbastanza duri all’Autorità, lei vince. Inoltre, più Condotte un personaggio ha Svenduto, più è facile per lui finire in malo modo: ucciso, distrutto o cor-

rotto al punto tale da farlo pas-sare dalla parte dell’Autorità. Un possibile problema di Gio-ventù bruciata è il forte presup-posto che i personaggi agiscano insieme, di comune accordo, e che la loro modalità di espres-sione principale sia il conflitto contro l’Autorità. Questo ha due implicazioni potenti: da un

lato, che i conflitti fra i perso-naggi potrebbero non trovare il giusto sfogo né ottenere la giusta dose di attenzione (è un problema segnalato dall’autore stesso, a cui egli però non sem-

bra dare una risposta convin-cente); dall’altro, che i conflitti interiori dei personaggi stessi rischiano di passare comple-tamente in secondo piano, dal momento che solo affrontando l’Autorità essi possono venire alla luce (e, quando questo ac-cade, di solito c’è qualcosa di diverso e più importante per

la trama in ballo). Nathan Paoletta, autore di Annali-se, scrive nell’introduzione di quel gioco che proprio l’ultimo punto lo ha spinto a creare un’opera diversa, che fosse un ponte fra i giocatori e l’interiorità dei loro personaggi. Ma anche Gioventù bruciata non è del tutto disinteressato a questo aspetto: il meccani-smo dello Svendersi è una rappresentazione chiara, coincisa e potente di come a voler cambiare il mondo si rischia di non accorgersi che è il mondo a cambiare noi, che ciò che combattia-mo non è che un riflesso di un male più grande e sot-tile che si annida ovunque. Certo, Svendendosi si può sconfiggere l’Autorità... al prezzo di quelle che sono

le stesse qualità che rendono il Teppista un suo avversario in primo luogo.Siete ancora qui a leggere? Non avete letto che è proibito? Veni-te con noi, vermi.

Società13Novembre 2010eronacultura e società

V èQ u i n t a P a r e t e

Omologati in TV. Peggio, omoge-neizzati. No, non mi riferisco aiprogrammi televisivi, che sem-brano tutti “fatti con lo stampino”da almeno dieci anni, peggio an-cora dei vari telegiornali che sonoproprio tutti uguali.Sto parlando dei concorrenti delGrande Fratello, tutti conformi a unmodello standard tristissimo, quellodella volgarità estrema. Sì, la volga-rità dei gesti, delle parole, degli at-teggiamenti è il denominatorecomune che unisce, tra loro, quasitutti i reclusi della “casa”. E li uni-sce anche alla presentatrice, Alessiaa gambe sempre aperte Marcuzzi. Mapossibile che nessuno abbia maifatto notare a questa povera ra-gazza – addirittura capace la scorsaedizione di sedersi sul pavimentodello studio, sempre rigorosamentea gambe aperte, spalancandoun’ampia panoramica sulle propriabiancheria intima – che, in video,assume delle posture che fanno a

pugni con un minimo di eleganzae di buon gusto? Oddio, non è chesiano tanto più signorili gli autoridella trasmissione, che ricordano aogni piè sospinto il premio finale dialcune centinaia di migliaia euro,come fosse l’unica molla a spingerequesta variopinta umanità aesporre le proprie miserie alla vistadi qualche milione di guardoni. Equi cominciano le rogne vere, per-ché sarebbe necessaria una com-missione di psicologi, sociologi eantropologi per cercare di capireche cosa possa indurre alcuni mi-lioni di persone normali ad abbrut-tire il proprio spirito davanti alleincredibili esibizioni dei “ragazzidella casa”. Forse la solita voglia disentirsi migliori?A farci respirare, fortunatamente,c’è la Gialappa, che non ne lasciapassare una sia alla conduttrice siaai concorrenti. Di più, per farci ca-pire il livello di squallore (o di cru-deltà?) dell’ufficio casting del

programma, non ha mancato diproporre una selezione – mamma-mia! Una selezione… Chissà glialtri! – dei provini, dove quasi nes-suno dei candidati, per esempio, hasaputo dare una risposta sensata, oalmeno non insensata, alla richiestadi dichiarare il proprio “tallone diAchille”.A ben pensarci, coloro che neescono meno peggio sono proprioi reclusi del Grande Fratello. Perchéfanno pena, fino alla tenerezza. Ab-bagliati dal miraggio di diventareVip, e di guadagnare un sacco diquattrini, si prostituiscono fino a unpunto di non ritorno, rimanendomarchiati a vita da quel suffisso –“del Grande Fratello” appunto –che li accompagnerà per tutta lavita. Pochi finora hanno avuto lacapacità di affrancarsene, e di fardimenticare questa squallida ori-gine mediatica. Per tutti, Luca Ar-gentero; e pochi altri che si possonocontare sulle dita di una sola mano.Non ritengo sia indenne da questobaratro di volgarità l’editore ditanto spettacolo. Vorrei chiedergli – se mai fosse per-sona abituata a rispondere alle do-mande – se sarebbe contento di farassistere i suoi figli adolescenti, o isuoi nipoti, a una porcheria simile.Ma forse conosco la risposta, diret-tamente ispirata dal dio denaro.Mi sono sempre ribellato a ogniforma di censura, come espressionedella più proterva volontà di an-nientare, nella gente, il senso e lacapacità di critica. Ma devo dire

che, di fronte a questo osanna allavolgarità, comincio a capire quellastriscia di carta bianca, incollata, aitempi della mia adolescenza, suimanifesti e le locandine dei film edegli spettacoli più “sconvenienti”,che prescriveva «V.M. di 16 anni».Forse, adesso, sul cartellone delGrande Fratello si dovrebbe scrivere«V.M. di 99 anni»…Per continuare con il giro di volga-rità e stupidità sui media di oggi, virimando all’ultima pubblicità diMarc Jacobs. Ma tenetevi forte, eh!

Tutti vediamo la volgarità del GrandeFratello, ma nessuno ne parla

Sono in video, ergo sumdi Silvano Tommasoli [email protected]

Vi diremo qualsiasi cazzata vorrete sentire

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30 Novembre 2011Viaggi

non così semplici da reperire), accontentiamoci di visitare la casa, semplice e austera, dove l’autore visse dal 1860 fino alla morte. Proseguendo su questa via, sul-la vostra destra venendo dal porto, troverete un cinema. Non chiedetevi dove potete re-cuperare un programma delle proiezioni: Mamma mia! resiste.Se pensate che Skiathos sia un luogo adatto solo per gli aman-ti del mare, ricredervi: è l’unica isola dell’Egeo settentrionale che può vantare 24 escursioni

a piedi per una lunghezza com-plessiva di 170 Km di sentieri segnalati in un ambiente na-turale intatto. Pensate che per incentivare la scoperta dell’i-sola “a due zampe”, il comune di Skiathos premia coloro che percorrono tutti e 24 gli itine-rari con una medaglia in bron-zo, sempre che portiate le prove delle vostre scarpinate. Prima-vera e autunno sono le stagioni più adatte, meteo permettendo. Nel caso siate sull’isola e la iella sia con voi, ecco come affron-tare la vacanza senza cadere in eccessive crisi di nervi, ovvero, cosa fare se una perturbazione atlantica di tre giorni si installa proprio sulle Sporadi. Dopo un primo momento di enorme sconforto (soprattut-to per chi ama stare in acqua e rosolarsi al sole), lavorate di cervello: «Come occupare 72 ore su un’isola lunga 15 Km e larga 9?». Spiagge escluse, ci-

villaggio greco con le casette bianche, le imposte blu, le Bou-gainville fucsia abbarbicate ai muri, le stradine ripide. Odòs Papadiamantis è la via prin-cipale: un susseguirsi di nego-zi, taverne, ristoranti e locali aperti dal tramonto all’alba. Chissà se Alèxandros Papadia-mantis, uno dei più conosciuti scrittori greci del XIX secolo, avrebbe mai immaginato che la sua isola sarebbe diventata così trendy. Dai marinai e pesca-tori protagonisti delle sue ope-re, ai “traghettatori di anime” del nuovo millennio, che per 20 euro ti portano a spasso in bar-ca lungo il perimetro dell’isola, ai noleggiatori di scooter, quad e auto, compresi quelli che, un po’ alticci, “controllano” se la macchina l’hai riconsegnata davvero con il pieno. Con l’augurio di riuscire a leg-gere qualche libro del buon Papadiamantis (a quanto pare

di queste, conosciuta come la “grotta del Ciclope”, fosse il nascondiglio da cui questo gi-gante si divertiva a scagliare le rocce nel mare per affondare le navi che passavano da quelle parti. Per comprendere Skopelos, la più estesa delle Sporadi, dovete ricordarvi che esistono due ere: ante Mamma mia! e post Mamma mia!. La prima era, quella tran-quilla, si conclude nel 2007: isola adatta alle famiglie, con tante chiese quanti sono i gior-ni dell’anno. La seconda, dal 2008 ad oggi, è l’età di Meryl Streep che canta The winner ta-kes it all, del turismo cinemato-

grafico, della foto-ricordo nella chiesetta di Àgios Ioanis dove, al posto della figlia, si sposa la mamma. E poi, siamo proprio sicu-ri che in questa cappella sulla collina il posto ci sia per tutti gli invitati? Sembra così piccola… Consiglio: nel caso siate presi dall’effetto Mamma mia! e abbiate intenzione di sposarvi a Skopelos, prenotatevi per tempo, perché pare che il telefo-no di Christos Vasiloudi, attuale primo cittadino dell’isola, sia tempestato di chiamate. Mamma mia! Guai a di-

menticare che le scene iniziali del film sono state girate nella vicina Skiathos, nel labirinto di vie strette dell’omonima città capoluogo dell’isola, il tipico

3-2-1…Pistaaaa! 10-100-1000 (e più) gattiAlcuni numeri da Skiathos, 50 km2 di verde sparsi nel blu del Mar Egeo

di Alice Perini

Houston, abbiamo un problema

Uno scoglio; il mare. Una bar-ca. Nel mare. Se il comandante ha detto di prepararsi all’atter-raggio, da qualche parte dovrà pur esserci una pista. Allungo il collo stile Modigliani: sto cercando, fiduciosa, la pista dell’aeroporto. Sono sollevata nel sentire che il mio ragaz-zo, seduto vicino al finestrino, ha avvistato ciò che tutti, su quell’aereo, stavamo cercando. E dove sarebbe ‘sta pista?! Non può essere quella mini-striscia di asfalto grigio che inizia e finisce nel mare. Tocchiamo terra e freniamo, freniamo, fre-niamo. Applauso al pilota, con il pensiero che corre già alla domenica successiva, quando ti toccherà sperare con tut-te le tue forze che quell’aereo acceleri, acceleri e acceleri, staccandosi in fretta da quello scherzo di pista.Benvenuti a Skiathos, l’isola che assieme a Skopelos e Alo-nissos forma l’arcipelago delle Sporadi, le “isole sparse” nel blu dell’Egeo.

Alonissos è il trionfo della na-tura: selvaggia, con spiagge deserte, fondali ricchi di vita e circondata da grotte mari-ne. Leggenda vuole che una

C’è una misura in ogni cosa, tutto sta nel capirlo

Pindaro

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Houston, abbiamo un problema

thos. Ciottoli grigi e scogli vio-lacei disegnano un’insenatura eccezionale: dopo una buona camminata, scendendo una scalinata bianca, vi troverete alla Kantina Kastro, una taverna in pietra a dir poco originale, con le reti da pesca sul tetto e le corna di ariete appese sopra a uno strano marchingegno di legno da cui sgorga un rigagno-lo d’acqua. Una chiacchierata con il gesto-re del bar, un anziano signore che parla bene l’inglese (non benissimo della sua Grecia) e che ci suggerisce di visitare ciò che resta della fortezza che sorge proprio di fronte a noi. Aggrappata alla roccia, l’anti-ca cittadella era un baluardo inespugnabile: irraggiungibile dal mare, incastonata come una pietra preziosa tra i mas-si, accessibile solo passando un ponte levatoio di legno, rinfor-zata, sui tre lati che guardano l’Egeo, da una cinta muraria, provvista di un grande calde-rone riempito, all’occorrenza, di olio bollente. Si calcola che al suo interno potessero abita-re, decisamente al sicuro, 1500 persone, suddivise in oltre 400 casette. Il periodo migliore per provare tutto ciò? Scordatevi, se potete, luglio e agosto. Perdereste gran parte del vostro tempo nella ricerca di un quadratino dove appoggiare il vostro asciuga-mano e di un parcheggio per il

vostro mezzo a noleggio. Settembre è perfetto se non volete rischiare di soccombere sotto il peso dei numeri, giusto quelle migliaia di turisti a spas-so per l’isola. Ed è già domeni-ca. 3,2,1…Pistaaaa!

trasparente non sia anche lo Skiathos Palace, un casermone obbrobrio degli anni ‘70 che in mezzo a quella verde pineta fa davvero la sua figura di…Ecco tre alternative al solito aperitivo sulla spiaggia. Ro-mantico e “fai da te” a Dia-mandi, la più bella insenatura di tutta l’isola a parere di chi scrive. Raccolta tra due costoni digradanti verso il mare, rag-giungibile solo a piedi con una camminata di un quarto d’ora in mezzo a ginepri e corbez-zoli, quindi semi-deserta, dai riflessi rosei per le scaglie di quarzo mescolate nella sabbia. Di baracchini non ce ne sono, ed è proprio per questo che si sta così bene.Emozionante a Xanemos, la vo-stra ultima spiaggia nel caso i freni dell’aereo non dovessero funzionare al 100%. È una

striscia di sabbia a pochi metri dalla pista dell’aeroporto: cori-catevi sulla sdraio e aspettate che la pancia di un boeing pas-si sopra la vostra. Avventuroso a Kastro, l’antica capitale situata a nord di Skia-

re l’aereo per tornare a casa e che il tutto potrebbe rompersi (anche se siete convinti di aver imballato le bottiglie alla per-fezione…). Esperienza vissuta. A proposito di bottiglie, anche l’isola di Skiathos ha ceduto alla tentazione dei chiringuito,

l’odierna trasformazione dei vecchi baracchini disseminati lungo le spiagge più affollate. Banana beach sa di Romagna: confusione tanta, gente fin troppa, prezzi cari. A Koukou-nariés, affacciata sulla costa meridionale dell’isola non va meglio: la colpa, così si dice da quelle parti, sarebbe dei pensionati dello Skiathos Pa-lace, l’albergo, prospiciente la baia, preferito dagli over 65. C’è anche chi è convinto che Kou-kounariés sia una delle spiagge più belle di tutta la Grecia: la sabbia è dorata, la pineta una manna per chi ricerca un po’ di frescura alle due del pome-riggio in piena estate, l’acqua del mare è tra le più ricche di iodio al mondo e davvero tra-sparente. Peccato che a essere

nema pure, visto che è anche all’aperto, rimangono i mona-steri. Panaghia Kounistra, Agios Konstantinos, Taxiarches, Evageli-strias. Sulla mappa dell’isola se ne contano quasi una decina, il che, con 3 giorni di acqua davanti, potrebbe essere un

buon numero. Potrebbe, se non fosse che qui i monasteri sono delle chiesette piccole piccole, lunghe nemmeno dieci metri. Tempo medio di visita: 5 minu-ti. 7 se vi mettete a contare le piastrelle del pavimento. A Pa-naghia Kounistra la permanenza è più lunga del solito, visto che oltre alle piastrelle potete fare la conta dei gatti. Già, i gatti: cuccioli o adulti, che dormono sulla sedia davanti a un pesci-vendolo o che giocano per stra-da, che scappano all’arrivo del turista o che si strusciano sulle sue gambe. I veri padroni di Skiathos sono loro! Evagelistrias, l’unico monastero ancora abitato su tutta l’isola, merita una visita. È uno dei centri religiosi più importanti delle Sporadi, completamente immerso nel verde e circonda-to da una foresta di pini. Fu costruito tra il 1794 e il 1806 e negli anni della Rivoluzione greca diede asilo a numerosi combattenti in fuga dai turchi. All’interno del complesso di Evagelistrias, vale la pena fer-marsi nel negozietto-museo del folklore, dove, assieme ad altri antichi strumenti di lavoro, è conservata un’antica pressa per le olive. Qui potete acquistare il vino e i liquori fatti dai mo-naci, ricordandovi però che le bottiglie andranno messe in valigia, che dovrete prende-

ViaggiNovembre 2011

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Houston, abbiamo un problema

Novembre 2011Viaggi

di Anna Chiara Bozza

sull’altare dello sviluppo e del-la crescita economica. I leader scelgono attività minerarie e deforestazione favorendo i pro-fitti delle multinazionali.

le condizioni delle comunità più isolate e per rilanciare l’e-conomia locale. L’autostrada lunga 300 km taglierebbe in due la foresta amazzonica boli-viana, famosa per i suoi enormi alberi, fauna selvatica e acqua purissima. La natura incon-taminata gli ha valso lo status di area doppiamente protetta, sia come parco nazionale che come riserva degli indigeni. La costruzione di questa nuova in-frastruttura servirebbe in realtà per collegare il Brasile a Man-ta, porto ecuadoriano sul Paci-fico. Ma sarebbe solo un’arteria velenosa che distruggerebbe queste comunità e la foresta. Si aprirebbe questa terra inconta-minata al disboscamento, alle esportazioni di petrolio e mi-nerali e alle attività industriali e agricole in larga scala. Uno studio recente ha dimostrato che se l’autostrada fosse por-tata a compimento il 64% del parco sarebbe disboscato entro il 2030. Le comunità indigene con la loro protesta richiedono alternative sicure per sviluppa-re la crescita economica e l’in-tegrazione della regione. Dal comportamento delle auto-rità sulla questione emerge an-cora una volta che la protezione della terra e i diritti delle popo-lazioni indigene sono sacrificati

zione della coca. L’autostrada avrebbe garantito ai contadini del Chapare la possibilità di espandere le loro coltivazioni per l’immenso territorio del parco Isiboro Sécure (Tipnis), che per il momento è abitato dalle etnie chimàn, moxos e

yuracrè per un totale di circa cinquantamila persone. Diver-samente dai loro connazionali degli altipiani, gli amazzonici di Tipnis vivono di agricoltura e pastorizia in assoluta simbiosi con l’ecosistema naturale. Per questo, fin dal primo giorno, hanno contrastato il piano del governo fino ad ottenerne la sospensione. Per le autorità si trattava di un’infrastruttura fondamentale per migliorare

Da un lato gli indigeni armati di arco e frecce, dall’altro l’e-sercito con manganelli e gas lacrimogeni: sono stati i nativi a spuntarla, nello scontro che in Bolivia lo scorso 25 settem-bre ha seganto l’inizio di una nuova, profonda crisi politica di Evo Morales.La protesta di 1500 nativi, par-titi lo scorso 16 agosto da Tri-nidad e diretti verso La Paz per fermare la costruzione di un’autostrada nel cuore dell’A-mazzonia, è stata repressa con violenza dai soldati inviati dal governo. Ma pare proprio che i cittadini siano riusciti a spun-tarla, il progetto è stato sospeso finchè non verrà raggiunto un accordo con le comunità. Set-tantadue ore più tardi il paese è entrato in crisi: il Ministro della Difesa, Cecilia Chacòn, ha presentato le dimissioni per disgusto e il presidente Morales si è così ritrovato schiacciato

tra l’irrisolto problema delle au-tonomie indigene e il malcon-tento sociale dovuto alle deluse aspettative di crescita.Al di là degli accordi con l’im-presa Brasiliana Oas, dietro al progetto dell’autostrada ci sono anche le pressioni degli indigeni del Chapare che hanno sempre rappresentato la base più forte del consenso. L’attività prin-cipale di questa etnia dell’al-topiano andino è la coltiva-

Bolivia: no alla deforestazione e alla deportazione delle comunità indigene

Proteste e scontri fermano la costruzione dell’autostrada in Amazzonia

Così parlò Eatwood

Sconvolto per il trasferimento dell’amico nella capitale ro-mana, Eatwood ha deciso di ritirarsi a vita privata. Basta feste, ricevimenti, conferenze, dibattiti; la sua vita sarebbe cambiare drasticamente, l’a-veva deciso. Niente più vita mondana, nemmeno la dome-nica. Nemmeno la domeni-ca?!?, chiesero stupiti l’anziano fotografo e il ragazzino dalla pelle invecchiata dai solarium, ma come è possibile? Eppure era così, aveva proprio deciso di recidere il passato con un bisturi d’alta qualità e di con-tinuare a far viaggiare la sua vita tra le quattro mura do-mestiche, perso nella nebbia e nella polvere della bassa vero-nese. Quattro candele e alcuni simboli mistici gli avrebbero permesso di ben celebrare la sua dottrina, seppur in ma-niera perfettibile. Poi, la Festa del lesso con la pearà avrebbe fatto cadere tutte le sue con-vinzioni di una nuova vita. E ora…lo trovo a mangiare il kebab nei più putridi locali del veronese, per preparare lo sto-maco all’evento, dice lui.

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33Novembre 2011 Sport

Tutti eseguiti con maestria e qualità. Termina la coreogra-fia, e le atlete vanno a sedersi di fronte a uno schermo in attesa del punteggio. Il tabellone reci-ta 55.150. Primo posto, meda-glia d’oro.Si tratta del terzo successo di fila ai Campionati del Mondo

di tale disciplina. Nel 2009 c’è stata la vitto-ria in Giappone, a Miè, mentre lo scorso anno il titolo è stato ottenuto in casa delle grandi rivali russe, a Mosca. Il pros-simo terreno di scontro sarà a Londra, alle Olim-piadi. L’obiettivo sarà, senza dubbio, il metallo più prezioso. In più, è forte il desiderio di coin-volgere migliaia di occhi italiani forse troppo abi-tuati ai soliti e mediatici sport. Vedremo…

ricordare la seconda posizio-ne conquistata alle Olimpiadi di Atene del 2004. Inizia l’e-sercizio, che scorre via senza sbavature. Capitanate da Elisa Santoni, le azzurre costruisco-no una complessa trama di salti e balzi, intrecciata a una vasta serie di lanci di nastri e cerchi.

Con i capelli ancora bagnati mi siedo sul letto e inizio a se-guire la gara. Sei atlete che si alternano sul tappeto quadrato (il loro terreno da gioco) met-tendo in scena un’armonia di movimenti che di rado è visi-bile nello sport. O meglio, sono davvero poche le competizioni in cui l’occhio di chi sta osservando rimane af-fascinato da ciò che sta avvenendo sulla pedana. Un occhio, come quello che appartiene all’auto-re di queste righe, spesso estraneo e addormenta-to nei confronti di simili attività, che senza alcun dubbio possono essere definite artistiche.Ma veniamo ai fatti. È ora il turno della na-zionale italiana. Le ra-gazze vengono definite “farfalle d’argento”, per

di Daniele Adami

Quando il gioco si fa duro

Utr: un triplete “ritmico”

Dopo più di 3 anni, altri 12

Le azzurre della ginnastica artistica sul tetto del mondo. Ora, Londra. E noi spettatori?

Sulle spalle di Riccardo Riccò pesa una richiesta di squalifica lunga come un’intera carriera

Un articolo nato da una curiosa e strana coincidenza. Mi trovo al mare, all’estero, e inizia a piovere. Dalla spiaggia rientro in albergo, e con una rapida doccia mi tolgo quel poco di acqua salata che si è asciugata sulla pelle. Accendo il televiso-re della camera e mi imbatto in un canale satellitare sul quale sta andando in onda il Mon-diale di ginnastica ritmica. La competizione si sta svolgendo a Montpellier, in Francia. Cia-scuna nazionale ha pochi mi-nuti per dimostrare, al pubblico e ai giudici, l’esercizio scelto. Ogni errore, lo sappiamo bene, comporta una perdita di punti. Pertanto, nel tempo scarso a disposizione bisogna avere la capacità di mescolare assieme abilità, sforzo fisico, eleganza e sangue freddo. Una capacità che può richiedere anni di espe-rienza.

mano la bicicletta, ma per poco. Nella prima metà dello scorso mese di ottobre arriva un fulmi-ne: la Procura Antidoping del Coni chiede 12 anni di squalifica. Una squalifica lunga come un’in-tera carriera. Ventotto estati di età che si possono trasformare in quaranta. Il proprio sport che po-trebbe terminare all’improvviso.Cosa possiamo dire in merito? Le indagini faranno il loro cor-so, con la speranza che si giunga a scorgere un po’ di luce in tali oscuri meandri fatti di pedali e sacrifici. Un ciclismo costretto a subire nuovamente un duro colpo nelle proprie ossa piuttosto fragi-li. Come al solito, non vogliamo lanciare accuse o scagliare pietre. Non è compito di chi scrive. Di doping, purtroppo, se ne parla oramai da decenni, se non di più. Un qualcosa che fa molto male. Un dolore che stenta ad andare via. Nonostante tutto, bisogna andare avanti.

corridore viene ricoverato d’ur-genza all’ospedale di Pavullo, in provincia di Modena. Il motivo? Una “probabile crisi emolitica”, la quale sarebbe scaturita da un’autotrasfusione di sangue con-servato in frigorifero da circa 25 giorni. Dopo quasi due settima-

ne Riccardo Riccò torna a casa. Iniziano subito due inchieste: una sportiva, l’altra penale. Nel frattempo, il ciclista riprende in

erythropoyietin receptor activator), una forma più sofisticata della “vec-chia” Epo. Una sostanza che “migliora” la produzione di glo-buli rossi destinati al trasporto di ossigeno nel sangue dell’atleta, consentendo, in tal modo, una maggiore resistenza allo sforzo fi-

sico in competizioni stancanti e di lunga durata. Come il ciclismo.Facciamo un passo lungo qua-si tre anni. Il 6 febbraio 2011 il

“Shock Riccò”. Due parole che hanno costituito il titolo di un articolo scritto su Repubblica il 18 luglio 2008. E proprio da quest’articolo proviene la fra-se presente nel nostro box. La notizia apparsa sulla stampa di quattro estati fa era forte: Riccar-do Riccò, ciclista italiano della squadra spagnola Saunier Duval, risultò positivo a un controllo an-tidoping effettuato nel corso del Tour de France. Dopo un ottimo Giro d’Italia (secondo nella clas-sifica generale finale) e due tappe vinte nella prestigiosa corsa fran-cese, fu licenziato dal suo team e, in seguito, venne squalificato per 20 mesi. Insomma, oltre un anno e mezzo di stop.Tutta colpa della Cera (Continuous

A quanto pare, non è l’età che invoglia al doping,

ma la mentalità

Gianni Mura

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Zuppa di fagioli con funghiPrepariamo e gustiamo un piatto povero di nascita ma nobile per il palato

Serviti il pasto, cowboydi Giulia Cerpelloni

Novembre 201134 Cucina

Ingredienti per 4 persone

• 25 gr di funghi secchi• olio extravergine e cipolla

q.b. per il soffritto• 450 gr di fagioli borlotti

surgelati• aglio• 100 gr di porcini surgelati• prezzemolo• grana• sale e pepe• dado • rosmarino

porcini surgelati, aggiustare con sale e pepe e un po' di prez-zemolo tritato e cuocere dolce-mente fino a che i funghi non diventano morbidi.Giunto il momento di servire, frullate una piccola parte della zuppa con i fagioli con il frul-latore ad immersione, in modo da renderla più omogenea e

Mettere a bagno i funghi secchi in acqua tiepida e lasciamrli ammorbidire.In un tegame soffriggere cipol-la e un po' d'olio extravergine d'oliva. Nel frattempo tagliamo i funghi, che abbiamo lasciato in ammollo ed in seguito scolati dall'acqua, in pezzi piccoli ed unirli al soffritto.Aggiungere poi i fagioli sur-gelati ed il dado, lasciare così insaporire per qualche minuto, di tanto in tanto aggiungere un po' di acqua calda, attenzione non troppa perchè la zuppa deve risultare densa e corposa e non liquida.Aggiustare di sale e di pepe, aggiungere qualche ago di ro-smarino tritato e far cuocere il tegame coperto sino a che i fa-gioli non sono morbidissimi e il brodo ristretto.In una padella soffriggere l'a-glio schiacciato e privato della camicia con un po' di olio ex-travergine, aggiungere i funghi

L’autunno è ben inoltrato e la voglia di rientrare a casa dal lavoro e trovare un buon piatto che ti riscalda il cuore è esatta-mente quello che ci vuole.Per chi non è un grande esperto in cucina e per chi ha poco tem-po ed ha voglia di una buona zuppa calda questa ricetta fa al caso vostro.

Vuoi pubblicizzare la tua attivitàsul nostro giornale o sul sito internet?

[email protected]. 349 6171250

cremosa. Trasferire il tutto in una zuppiera aggiungendo la zuppa di fagioli rimasta e i por-cini. Una spolverata di grana e...gnam gnam...cotto e sbafato!

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Quinta Parete ha partecipato aVeronafil e Fiera Cavalli

Due eventi importanti per pubblicizzare la nostra attività, le nostre pubblicazioni

www.quintaparete.it

2010-2011: un anno di cultura e società

NewsNovembre 2011