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Tavola Rotonda Miglioramento genetico delle specie ortofrutticole, produzione sementiera e norme fitosanitarie COORDINATORE: C. FIDEGHELLI Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, MiPAF Roma

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Tavola Rotonda

Miglioramento genetico delle specie ortofrutticole, produzione sementiera e norme fitosanitarie

COORDINATORE:

C. FIDEGHELLI

Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, MiPAF Roma

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La trasmissione per seme dei fitovirus, in particolare nelle specie ortofrutticole

Maurizio Conti

Istituto di Fitovirologia Applicata, CNR, Torino, Italia

INTRODUZIONE

La trasmissione per seme è oggi nota per circa un quinto dei fitovirus descritti (Barba, 1991;

Mink, 1993; Johansen et al., 1994). Per la precisione, facendo riferimento al più recente

aggiornamento del ‘International Committee on Taxonomy of Viruses’ (ICTV : van Regenmortel et

al., 2000) essa risulta segnalata per membri di 26 dei 66 generi virali appartenenti a 8 delle 16

famiglie che includono virus dei vegetali, per un totale di 130 patogeni (Tab. 1). Si ritiene tuttavia

che il fenomeno sia alquanto più comune di quanto oggi non risulti, interessando forse un terzo o

più dei fitovirus, stima che appare fondata se si considera che l’incremento delle ricerche portò il

numero di virus trasmessi per seme dagli 8 conosciuti all’inizio degli anni Cinquanta (Smith, 1951)

a ben 156 verso la fine degli anni Ottanta (Agarwal e Sinclair, 1987). Successive verifiche hanno

ridimensionato questo dato mettendo in evidenza sia segnalazioni improprie per svariati motivi

(identificazione dei patogeni approssimativa e procedure sperimentali poco attendibili, ad esempio),

sia l’esistenza di sinonimie tra alcuni dei virus menzionati (Mink, 1993).

Poiché il seme risulta dalla fusione di due gameti, uno della pianta madre (ovulo), ed uno

della pianta fecondatrice (polline) – che è la stessa pianta nelle specie autogame - la trasmissione

per seme può avvenire attraverso l’uno, l’altro o entrambi i gameti, o le piante progenitrici. Pertanto

la trasmissione per seme e quella per polline sono così strettamente correlate che l’argomento può

essere trattato in modo esauriente solo riferendosi ad entrambe. Vi sono, tuttavia, problematiche

specificamente pertinenti ciascuna delle due: la trasmissione per seme sensu stricto considera in

dettaglio, ad esempio, i fattori che influenzano i movimenti dei virus sia dai tessuti della pianta

madre a quelli del seme che da quelli dell’embrione alla plantula che ne deriva, mentre la

trasmissione per polline esamina argomenti come gli effetti dei virus sulla germinazione del granulo

pollinico, la possibilità di replicazione virale all’interno di questo, l’eventualità che il polline infetti

– oltre al seme – la pianta stessa che viene fecondata.

La trasmissione per seme di un virus può interessare una o più delle sue piante ospiti e

presenta elevata specificità, tanto da riguardare talora soltanto qualche cultivar della stessa specie

(non tutte), oppure da realizzarsi tramite meccanismi differenti in specie e cultivar diverse. La

percentuale di trasmissione, intesa come proporzione di semenzali infetti rispetto al totale ottenuto

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dal seme in esame, può variare da 0 (assenza di trasmissione) a 100% - valore massimo riscontrato

occasionalmente per ‘bean common mosaic virus’ (BCMV) in fagiolo, ‘squash mosaic virus

(SqMV) in melone e ‘alfalfa mosaic virus’ (AMV) in erba medica (Mink, 1993) - ma di norma si

attesta su valori medio- bassi (1 – 20%, indicativamente). Essa è condizionata dalle interazioni

virus/pianta ospite, dallo stadio fenologico della pianta al momento dell’infezione - punti che sono

discussi più avanti - da alcuni parametri ambientali (soprattutto la temperatura) e dalla presenza

dell’infezione in una o entrambe le piante parentali. Circa quest’ultimo punto, Bennet (1969) riporta

i casi seguenti: (i) ‘elm mosaic virus’ (EMV) che si trasmette per seme in Ulmus americana sia

attraverso il polline che l’ovulo: la percentuale di trasmissione è del 30,5% quando solo il polline

proviene da pianta infetta, del 48% quando entrambi i parentali sono infetti; (ii) ‘lychnis ringspot

virus’ (LRSV) che nella specie dioica Lychnis divaricata è trasmesso per seme in misura del 18,6%

quando solo la pianta impollinatrice è infetta, del 30,6% quando solo la pianta madre è infetta e del

33,6% quando lo sono entrambe.

L’entità della trasmissione per seme, tuttavia, non sempre è correlata all’ impatto economico

in pieno campo, nel senso che elevate incidenze di infezione sulle colture possono corrispondere

anche a bassa trasmissione per seme, e viceversa. Infezioni da seme di livello anche trascurabile ma

riguardanti virus soggetti a diffusione secondaria per mezzo di vettori (potyvirus, cucumovirus ed

altri virus non-persistenti trasmessi da afidi; nepo- e tobravirus trasmessi da nematodi) sono

sufficienti per introdurre i patogeni in aree coltivate infestate dai vettori ed originare improvvise,

gravi epidemie. La produzione di lattuga, ad esempio, può essere gravemente compromessa da

trasmissione per seme di ‘lettuce mosaic virus’ (LMV) in percentuale appena percettibile (0,001),

seguita da una massiccia diffusione del virus da parte degli afidi vettori (Ryder, 1973).

Analogamente, è stato stimato che la contaminazione dello 0,1% del seme di arachide da ‘peanut

mottle virus’ (PnMV), altro potyvirus trasmesso da afidi, può tradursi nella presenza finale di circa

50.000 piante infette/ha nelle coltivazioni (Adams e Kuhn, 1977).

La trasmissione per seme costituisce una strategia di sopravvivenza estremamente valida per

i virus poiché garantisce loro un legame “protetto” e duraturo tra cicli colturali successivi. Questa

funzione assume particolare importanza per virus che hanno gamma di ospiti ristretta, che infettano

soltanto specie annuali, che sono trasmessi da vettori in modo non persistente, che possiedono

vettori di limitata mobilità (virus trasmessi attraverso il terreno, ad esempio). I virus che ne

traggono maggior beneficio, tuttavia, sono senza dubbio ‘barley stripe mosaic virus’ (BSMV) e gli

alfa- e betacriptovirus poiché, per quanto oggi noto, la trasmissione per seme rappresenta per essi

l’unica via di sopravvivenza in natura.

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PROCESSI DI TRASMISSIONE

La trasmissione per seme dei virus può avvenire secondo diversi meccanismi:

1. Per contaminazione della superficie esterna del seme o di parti del seme di origine materna,

come il tegumento esterno e interno (trasmissione non embrionale).

2. Per infezione dell’embrione (trasmissione embrionale) che può aver luogo mediante:

(a) infezione indiretta, per invasione di tessuti e organi di riproduzione (ovario, cellule madri

delle megaspore, cellule madri del polline) prima dell’embriogenesi;

(b) infezione diretta, per contaminazione dell’embrione nel corso dell’embriogenesi.

1. Trasmissione non embrionale

Se ne conoscono pochi casi, tutti riguardanti virus con particelle molto stabili, resistenti alla

degradazione e trasmissibili per inoculazione meccanica. Si tratta dei tobamovirus ‘tobacco mosaic

virus’ (TMV) , ‘tomato mosaic virus’ (ToMV), che possono ritrovarsi sia sulla superficie che nel

tegumento e nell’endosperma dei semi di pomodoro e peperone, e ‘cucumber green mottle mosaic

virus’ (CGMMV), che può contaminare il tegumento dei semi di cetriolo. La trasmissione ai

giovani semenzali si verifica per inoculazione meccanica, attraverso microlesioni provocate

principalmente dalla rottura di peli fogliari durante la manipolazione delle piante (soprattutto con le

operazioni di trapianto o ripiccaggio). Altro caso, unico nel suo genere, è rappresentato dal

necrovirus ‘melon necrotic spot’ (MNSV) che sopravvive nel tegumento interno dei semi di cetriolo

e di qui può essere trasmesso ai giovani semenzali dal fungo chitridiaceo Olpidium bornavanus.

2.a. Trasmissione embrionale indiretta

Studi ultrastrutturali hanno dimostrato che alcuni virus sono capaci di contaminare

l’embrione indirettamente (ossia prima della sua formazione) mettendo in evidenza la presenza di

particelle virali nelle cellule madri delle megaspore, in quelle del polline e nel polline stesso

(Carroll e Mayhew, 1976; Gaspar et al., 1984). Particelle di ‘tobacco rattle virus’ (TRV), ad

esempio, sono state osservate in cellule madri premeiotiche del polline di pomodoro e, in stadio più

avanzato, nel polline stesso, mentre la presenza di AMV è stata accertata nel citoplasma del polline

di erba medica. Entrambi i virus sono trasmessi per seme contaminato da polline infetto. ‘Tobacco

ringspot virus’ (TRSV) è stato osservato sia nel megagametofito che nel polline di soia, specie nella

quale il virus si trasmette in elevata percentuale verosimilmente perché – in base a quanto accertato

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– è capace di invadere il tessuto meristematico e quindi di infettare la cellula madre della

megaspora.

Il gruppo di T. W. Carroll ha condotto studi molto approfonditi sulla trasmissione per seme

di BSMV nell’orzo rilevando le modificazioni citologiche che si verificano nei meristemi fiorali

durante la meiosi e la formazione dell’embrione in relazione alla distribuzione di un ceppo del virus

trasmissibile (MI-1) e di uno non trasmissibile (NSP) per seme nei tessuti di riproduzione. Essi

osservarono che: (i) la formazione dello strato di callosio intorno alle megaspore ed alle cellule

madri del polline ha luogo negli stadi premeiotici; (ii) non si rileva la presenza di plasmodesmi che

mettano in comunicazione la cellula madre della megaspora con le circostanti cellule nucellari; (iii)

dopo la fecondazione non si osservano plasmodesmi che connettano gli embrioni in via di sviluppo

con i tessuti circostanti (Carroll, 1972 e 1981; Carroll e Mayhew, 1976a). Dei due ceppi virali

studiati, quello trasmesso per seme risultò presente nei tessuti delle cellule madri delle megaspore e

del polline, oltrechè nell’ovario e nel polline, mentre quello non trasmissibile non fu mai osservato

in questi tessuti. Carroll e collaboratori ne conclusero che la trasmissibilità per seme di BSMV è

determinata dalla capacità del virus di invadere i meristemi riproduttivi maschili e femminili in stadi

molto precoci del loro sviluppo, contaminando successivamente l’embrione per via indiretta.

La marcata influenza dello stadio di sviluppo della pianta al momento dell’inoculazione sull’

entità della trasmissione per seme è stata più volte citata come elemento a sostegno della

contaminazione indiretta dell’embrione (ossia presenza del virus nei tessuti riproduttivi prima

dell’embriogenesi). In effetti, l’inoculazione della pianta in stadi fenologici avanzati o molto

avanzati induce generalmente livelli di trasmissione per seme assai modesti, annullandosi anche del

tutto se la pianta viene infettata durante o dopo la fioritura (Davis e Hampton, 1986; Goodman et

al., 1979).

Al contrario, l’infezione del seme per introduzione del virus nel sacco embrionale ad opera

del polline si verifica, ovviamente, nel corso della fioritura. Nel caso specifico, semi infetti possono

essere prodotti anche da piante madri esenti dal virus in questione. I casi di trasmissione per polline

più noti in letteratura sono quelli di ‘prune dwarf virus’ (PDV) e di ‘prunus necrotic ringspot virus’

(PNRSV) in diverse prunoidee (Prunus spp), e di BCMV in fagiolo, oltre a quello già citato di

BSMV in orzo.

L’eventualità che il virus possa diffondersi dagli embrioni contaminati via polline ai tessuti

adiacenti della pianta madre e infettarla, è stata presa in considerazione e studiata (cf., ad es.,

Johansen et al., 1994). Ricerche recenti hanno chiarito che la trasmissione da polline a pianta è

effettivamente possibile, ad esempio per ilarvirus di specie ortensi e da frutto, ma sembra aver

luogo soltanto con la mediazione di tripidi (e forse anche di altri insetti, soprattutto pronubi), i quali

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trasportano sul loro corpo granuli pollinici ricoperti in superficie di particelle virali, che vengono

poi inoculate meccanicamente nelle piante visitate (Mink, 1993). Questo tipo di trasmissione è stato

riscontrato anche nella diffusione di ‘pelargonium zonate spot virus ‘ (PZSV) da piante spontanee a

coltivazioni di pomodoro (Vovlas et al., 1989), sempre ad opera di tripidi.

2.b. Trasmissione embrionale diretta. L’infezione diretta del seme si verifica in seguito al

trasferimento del virus direttamente dalla pianta madre all’embrione, ma i meccanismi di questo

processo sono ancora poco conosciuti. Prime informazioni sono state ottenute con ricerche sulla

combinazione pisello cv. Vedette/ ‘pea seedborne mosaic virus’ (PSbMV), nella quale non si

riscontra trasmissione per polline (Wang e Maule, 1993). I movimenti di PSbMV nei baccelli e nei

semi in via di sviluppo sono stati rilevati mediante ELISA, saggi di immuno-citochimica e di

ibridazione in situ. Il virus è stato rinvenuto nel funicolo prima della fecondazione ma è risultato

presente soltanto sporadicamente negli ovuli non fecondati. Dopo la fecondazione, esso è stato

facilmente individuato nei tessuti sia della testa e dell’endosperma che del sospensore embrionale.

Tuttavia una vasta diffusione del virus nella testa e nell’endosperma è stata osservata soltanto in una

cv di pisello nella quale PSbMV è trasmesso per seme ma non in un’altra, non soggetta a

trasmissione per seme, nella quale la diffusione del virus nei tessuti citati è risultata molto limitata.

In qual modo il virus penetri nell’embrione non è ancora chiarito ma è stata formulata l’ipotesi che

ciò si realizzi al punto di contatto tra la testa e il sospensore dell’embrione (Wang e Maule, 1993).

La parete cellulare al punto di contatto è alquanto convoluta ma priva di plasmodesmi: Wang e

Maule (1993) hanno suggerito che PSbMV potrebbe attraversarla con un meccanismo non meglio

specificato che non richiede la presenza di plasmodesmi o, in alternativa, che il virus stesso possa

indurre la formazione di plasmodesmi e in tal modo invadere l’embrione direttamente.

PSbMV, contrariamente a quanto riscontrato nella cv Vedette, è trasmissibile per polline

nella cv di pisello Dual in percentuale del 4% circa (Kohnen, 1992). Le indagini condotte sulla

combinazione PSbMV/pisello ‘Dual’ hanno evidenziato che 4 di 96 semi ottenuti da fiori di piante

sane sottoposti a castrazione e fecondati con polline di piante affette dal virus hanno dato origine a

semenzali infetti. La fecondazione di fiori di piante infette da PSbMV con polline proveniente da

piante sane ha indotto la trasmissione per seme del virus in misura del 38%. Questi risultati

indicano che nella combinazione virus/pianta ospite presa in esame l’infezione dell’embrione può

verificarsi sia direttamente che indirettamente.

L’ostacolo principale all’invasione diretta dell’embrione da parte dei virus sembra essere

l’apparente separazione tra polline, ovario e sacco embrionale da un lato e tessuti parentali

dall’altro. Tale separazione deriva dalla scomparsa dei plasmodesmi tra la cellule madri delle

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megaspore e il tessuto nucellare, e tra le cellule madri del polline e le cellule del cosiddetto

‘tappeto’ nel corso della meiosi. Inoltre, durante la meiosi, si forma intorno alle megaspore ed alle

cellule madri del polline uno strato di callosio, tipicamente interrotto intorno al sacco embrionale

neoformato. Successivamente, lo strato di callosio attorno al polline ed al sacco embrionale viene

riassorbito e rimpiazzato da altri tessuti, mentre una spessa parete di pectocellulosa, priva di

plasmodesmi, si sviluppa attorno al sacco embrionale. Durante l’impollinazione i gametofiti

maschile e femminile restano separati poiché la parete del budello pollinico in via di sviluppo

produce uno strato di callosio - assente soltanto alla sua estremità terminale - via via che attraversa i

tessuti dello stilo. In considerazione di quanto sopra, sembrerebbe ovvio concludere che la

contaminazione del seme dalla pianta madre possa aver luogo più facilmente mediante penetrazione

del virus nei tessuti riproduttivi prima della scomparsa dei plasmodesmi e della formazione delle

barriere protettive nominate, e quindi per infezione indiretta dell’embrione, come descritto al

paragrafo precedente.

CONCLUSIONI

Fino a qualche decina di anni fa, la trasmissione per seme dei fitovirus è stata considerata un

evento relativamente poco comune e la sua importanza sottovalutata. Prima che se ne comprendesse

l’effettiva portata, essa ha causato difficoltà non indifferenti anche alla ricerca virologica, oltre che

alla lotta contro le virosi in pieno campo. Le piante nate infette da seme, infatti, spesso non

presentano sintomi evidenti (infezione latente), hanno aspetto normale e sono pertanto scambiate

per sane. Questo fenomeno, verificandosi in alcune combinazioni virus/piante indicatrici - 'sowbane

mosaic virus' (SwMV)/ Chenopodium spp., ad esempio - ha indotto talora a ritenere di aver isolato

questi virus da piante (fonte dell' inoculo) che ne erano esenti mentre, in realtà, erano contaminate

da seme le piante utilizzate nel saggio di inoculazione. Per quanto concerne la diffusione delle

virosi in pieno campo, la trasmissione per seme - anche in bassa percentuale, come si è già detto -

può svolgere diverse funzioni cruciali per il ciclo epidemiologico di virus fitopatogeni, quali:

garantire la sopravvivenza dei patogeni in assenza di coltivazioni e da un ciclo colturale

all’altro attraverso il seme di specie sia coltivate (es.: BCMV in fagiolo) che spontanee (CMV in

Stellaria media);

costituire sorgenti di infezione “primarie” dalle quali prende avvio annualmente la diffusione

“secondaria” dei virus trasmessi da vettori quali afidi (AMV, CMV, LMV,ecc.) e nematodi

(TRV);

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consentire la disseminazione dei patogeni a “lunga distanza”, in seguito all’introduzione di semi

infetti in aree agricole anche molto lontane dal luogo di produzione. L’importanza di questa via

di diffusione è provata dal fatto che tutti i virus trasmessi per seme in specie coltivate, soggette a

commercializzazione, sono ubiquitari;

causare la contaminazione di specie da frutto moltiplicate agamicamente, innescando l'infezione

attraverso portinnesti riprodotti per seme. È il caso di PNRSV e PDV che si trasmettono per

seme in varie specie di Prunus sp. utilizzate come portinnesti di fruttiferi;

costituire nel terreno una duratura riserva di inoculo, consistente di semi infetti che conservano

la germinabilità per lunghi periodi di tempo.

La trasmissione per seme non embrionale è propria di virus resistenti alla degradazione,

molto infettivi e facilmente trasmissibili per contatto. Per questo motivo, pur essendo limitata a

pochi casi, riveste rilevante importanza economica, in particolar modo per specie come pomodoro e

peperone in coltura protetta (TMV, ToMV). La trasmissione per seme embrionale, diretta e

indiretta, interessa virus che invadono estesamente i tessuti parenchimatici e sono trasmissibili per

inoculazione meccanica. Non sono conosciuti invece casi di trasmissione per seme di virus

localizzati esclusivamente nel tessuto floematico (luteovirus, fitoreovirus, fijivirus, ecc.), i quali

sono trasmessi da insetti in modo persistente - circolativo o propagativo - ma non mediante

inoculazione meccanica. Lo stesso vale per i fitoplasmi, agenti "virus-simili", floematici, di malattie

delle piante, che sono trasmessi in modo propagativo da cicaline e psille.

La presenza di un virus nel seme, anche nell’embrione, non sempre risulta nell’infezione del

semenzale che ne deriva: in molti casi, infatti, nel corso dei processi metabolici connessi con la

germinazione, il virus viene degradato e perde l'infettività. Ciò non pregiudica tuttavia l’utilità del

controllo sanitario delle sementi attraverso le quali determinati virus possono trasmettersi, per

accertare che ne siano esenti. Le metodologie diagnostiche consistono in saggi di germinazione e

infettività, sierologici, di immuno-microscopia elettronica e nell'utilizzazione di mezzi molecolari

sempre più sensibili e affidabili (Russo, 1982; Barba, 1991a).

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Tabella 1. Virus trasmessi per seme

Famiglia

Genere Numero(*)

Partitiviridae Alphacryptovirus

Betacryptovirus

30

Comoviridae Comovirus

Fabavirus

Nepovirus

6

1

25

Potyviridae Potyvirus

Rymovirus

Bymovirus

20

1

1

Tetraviridae Sobemovirus 4

Tombusviridae Carmovirus

Machlomovirus

Necrovirus

Tombusvirus

4

1

1

1

Togaviridae Tobamovirus

Tobravirus

Hordeivirus

Furovirus

Pecluvirus

5

2

2

2

2

Bromoviridae Alfamovirus

Bromovirus

Cucumovirus

Ilarvirus

Idaeovirus

1

2

3

8

1

Closteroviridae Trichovirus

Tymovirus

Carlavirus

1

3

3

(*) Dati desunti da Mink (1993) e aggiornati

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Funghi trasmessi per seme nelle principali specie orticole

Giovanni Vannacci Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose “G. Scaramuzzi”

Università di Pisa

INTRODUZIONE Il seme rappresenta, per gran parte delle colture orticole, l’organo di riproduzione più

importante. Un seme di buona qualità è uno dei requisiti essenziali per garantire il successo della

coltura e da sempre grande attenzione è stata devoluta a quelle caratteristiche cosiddette

agronomiche, quali la germinabilità e la purezza, che più immediatamente erano correlabili con i

risultati di campo. E’, peraltro, ampiamente dimostrato che il seme può nascondere organismi

patogeni in grado di annullare completamente qualunque altra positiva caratteristica qualitativa. La

normativa italiana relativa specificatamente ai patogeni trasmessi per seme è decisamente limitata

ed una sintetica analisi è già stata pubblicata recentemente (Vannacci, 1998). In questa sede

discuteremo, nell’ottica di chi vuole valutare il ruolo del seme sul rispetto delle norme tecniche per

la commercializzazione delle piantine di ortaggi, il DM del 14 aprile 1997, con l’obiettivo di

richiamare l’attenzione su quei patogeni che, inclusi nell’allegato II, risultano essere anche

trasmessi per seme. Purtroppo, se si esamina la letteratura specifica ci si renderà conto che molti

altri patogeni, non ricompresi nella normativa in discussione, sono trasmessi per seme. Il problema

è, quindi, decisamente più complesso di quanto possa risultare dalla consultazione della tabella

riportata in questo lavoro; in fin dei conti questa norma regola la commercializzazione delle

piantine per il trapianto, settore di grande importanza, ma molto spesso, in orticoltura, si ricorre alla

semina diretta ed in tal caso le condizioni fitosanitarie del seme non risultano regolamentate da

norme specifiche. E’ lecito pensare che sia il mercato a premiare chi produce seme migliore (“più

sano”); purtroppo questo non sempre è vero in quanto non è agevole far risalire la colpa di eventi

epidemici all’uso di seme infetto quando ad esserne causa è un patogeno, ad esempio, ad habitat

tellurico e, quindi, il nesso causa – effetto si perde. D’altra parte non si deve cadere nell’eccesso

opposto, vale a dire quello di considerare seme di bassa qualità quello che alberga organismi

patogeni indipendentemente dal livello di infezione. Trattandosi di qualità si deve fare astrazione da

quei patogeni che rientrano nelle norme relative all’introduzione di patogeni non presenti nel

territorio italiano, patogeni da quarantena, e, quindi, si parla di organismi per i quali è necessario

fornire indicazioni quantitative ai fini di una corretta valutazione del loro ruolo nel determinare la

qualità del seme. Sarebbe necessario a tale proposito individuare due livelli di soglia: il primo che

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separi il seme che non richiede interventi di concia da quello che, a seguito di trattamenti mirati,

può manifestare appieno la propria potenzialità produttiva, ed il secondo che separi quest’ultimo da

quei semi che non debbono essere messi in commercio (a titolo di esempio si possono vedere le

esperienze maturate per il sistema Orzo / Pyrenophora graminea, Vannacci et al., 1996). Non si

deve pensare che tutto questo debba obbligatoriamente essere demandato al legislatore, l’agricoltura

italiana è fortemente indirizzata verso produzioni di alta qualità ed anche la produzione sementiera,

se il mercato la premia, può offrire prodotti di “alta qualità” basati su programmi di certificazione

volontaria.

DM DEL 14 APRILE 1997 RELATIVO ALLE NORME TECNICHE PER LA COMMERCIALIZZAZIONE

DELLE PIANTINE DI ORTAGGI

Nel decreto sono ricordate 24 colture orticole e 95 funghi fitopatogeni, sia le prime che i

secondi indicati di solito a livello di specie. Il decreto esclude esplicitamente dal suo campo di

applicazione le sementi, tuttavia quasi la metà dei funghi indicati sono trasmessi per seme; è, perciò,

evidente lo stretto nesso che esiste tra stato sanitario di quest’ultimo e l’assenza sulle piantine di

patogeni o malattie espressamente ricordati dalla normativa. Può risultare interessante ricordare che

alcuni degli organismi patogeni indicati nell’allegato, basti ricordare Sclerotinia, Sclerotium e

Fusarium, sono organismi ad habitat tellurico ed il seme rappresenta la via attraverso la quale essi

possono insediarsi in terreni dove non sono presenti. Il pericolo è tanto più grave se si considera che

non sempre i sintomi dovuti ad alcuni di essi si manifestano allo stadio di plantule e, quindi, la loro

presenza può sfuggire all’esame del materiale in uscita dai vivai.

In Tab. 1 sono state rielaborate le informazioni presenti nell’allegato II del DM lasciando indicati,

per ogni coltura, solo i funghi patogeni trasmessi per seme (Richardson, 1990). Di seguito si

discuteranno alcuni esempi. Informazioni più dettagliate potranno essere trovate in Neergaard, 1979

e Champion, 1997; per quanto riguarda i metodi di analisi fitosanitaria si può anche fare riferimento

a Vannacci, 1988.

Botrytis spp.

È ricordata Botrytis cinerea su Brassica e Lactuca e Botrytis spp. su Allium. B. cinerea può

essere presente sia sui tegumenti seminali sotto forma di spore o, più raramente, come sclerozi, sia

all’interno del seme sotto forma di micelio. Causa il marciume delle giovani piantine su cui si forma

l’inoculo secondario che diffonde l’infezione. L’analisi fitosanitaria del seme può essere condotta

su mezzo agarizzato o su carta bibula. Su Allium, oltre a B. cinerea sono presenti altre specie di

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Botrytis (B. allii, B. byssoidea) ma la più importante è B. allii su Allium cepa (Fig. 1). Al pari di B.

cinerea, anche B. allii può essere presente sia sui tegumenti seminali sotto forma di spore, sia

all’interno del seme, sotto forma di micelio. L’analisi fitosanitaria prevede l’incubazione su agar

malto, ma non sempre la distinzione da altre specie di Botrytis è agevole.

Sclerotium cepivorum

È un importante patogeno su Allium, ma la sua trasmissione per seme non sembra

particolarmente frequente. Può ritrovarsi come sclerozi in lotti di seme di bassa qualità. E’ un

patogeno ad habitat tellurico.

Alternaria spp. Sono ricordate A. porri (su Allium), A. brassicae (su Brassica) e A. solani (su Lycopersicon)

(Fig. 2 e Fig. 3). Possono essere presenti sia all’interno che all’esterno del seme; alla germinazione

riprendono l’attività e possono causare marcescenza dei semi e dei germinelli in pre-emergenza o

necrosi sulle plantule che costituiranno la fonte principale d’inoculo. Sono disponibili diversi

metodi di analisi ed il loro riconoscimento è facilitato dal fatto che hanno conidi grandi, usualmente

singoli e, A. porri e A. solani, con lunghi becchi.

Phoma spp.

Sono ricordate P. apiicola (su Apium), P. betae (su Beta) e P. lingam (su Brassica). Le tre

specie sono presenti sotto forma di micelio nei tegumenti seminali o del glomerulo, talvolta possono

essere presenti picnidi immersi nei tegumenti. Sono in grado di impedire la germinazione dei semi e

di attaccare i germinelli sia in pre- che in post-emergenza. I metodi di reperimento prevedono

l’incubazione su agar o in camera umida (Fig. 4 e Fig. 5). Per favorire lo sviluppo dei patogeni e

rendere i metodi più sensibili si può aggiungere 2,4 D al mezzo di incubazione (carta bibula

inumidita per P. lingam, agar acqua per P. betae). Poiché la virulenza in isolati diversi di P. lingam

può differire notevolmente, è disponibile un test che ne consente la valutazione.

Pythium spp.

Sono ricordati, senza indicazione della specie, su Apium, Cucumis e Lycopersicon. Sono

presenti come micelio, e talvolta come oospore, nei tegumenti. Causano la moria dei semenzali. Per

individuare la loro presenza è necessario ricorrere all’incubazione su agar nutritivo. È un patogeno

ad habitat tellurico.

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Septoria apiicola È presente, nei semi di Apium, come picnidi immersi nei tegumenti seminali o come

micelio, anche se in questo secondo caso l’inoculo sembra meno efficiente nel trasmettere la

malattia. Causa sintomi molto lievi sui germinelli, essenzialmente piccole lesioni contenenti picnidi

immaturi. E’ dopo il trapianto che i picnidi maturano e liberano grandi quantità di conidi che danno

inizio, se le condizioni ambientali lo permettono, a violenti epidemie. La determinazione della

presenza del patogeno sui semi può essere effettuata osservandoli allo stereomicroscopio per

individuare i picnidi, in alternativa si può procedere a inoculazioni artificiali su piantine sane

utilizzando l’acqua in cui sono stati immersi per 6 ore i semi del lotto da analizzare.

Fusarium spp.

Il D.M. indica Fusarium spp. per Asparagus, Cucumis, Cucurbita e Solanum melongena

mentre ricorda F. oxysporum per Lycopersicon e F. oxysporum f.sp. cepae su Allium cepa. Su

Asparagus sono segnalati diversi Fusarium, tra cui F. oxysporum, F. culmorum e F. moniliforme, su

Cucumis sono segnalati F. oxysporum (f. sp. niveum e f. sp. cucumerinum) e F. solani f. sp.

cucurbitae, su Cucurbita F. solani f. sp. cucurbitae e Fusarium spp. (questi ultimi agenti di

marciume dei semenzali), su Solanum melongena F. oxysporum e F. solani. Questi Fusarium

possono essere divisi in patogeni vascolari (F. oxysporum) e patogeni parenchimatici (tutti gli altri).

F. oxysporum vascolari sembrano essere trasmessi raramente per seme e si ritrovano all’esterno del

seme o negli strati più superficiali dei tegumenti; gli altri possono insediarsi più profondamente nei

tessuti seminali ed in alcuni casi (F. solani f. sp. cucurbitae, Fig. 6) la trasmissione per seme riveste

particolare importanza. Sono, di solito, patogeni ad habitat tellurico. In ogni caso causano lievi

sintomi sulle plantule. L’analisi fitosanitaria prevede l’incubazione su mezzo agarizzato ed il

successivo riconoscimento della colonia. Un metodo più sensibile prevede l’impiego di un mezzo

selettivo per Fusarium (es. agar di Nash and Snyder, Tuite, 1969), il successivo trapianto delle

colonie su PDA e quindi il loro riconoscimento.

Rhizoctonia solani

Ricordata su Brassica, Lycopersicon e S. melongena può essere presente all’interno dei

tegumenti seminali; causa gravi sintomi sui germinelli e sulle giovani plantule che vengono

attaccate al colletto con conseguente morte. L’analisi fitosanitaria può essere condotta su agar

nutritivo o su carta bibula inumidita. In quest’ultimo caso è necessario riconoscere i sintomi sulle

plantule, cosa non sempre agevole in quanto confondibili con quelli causati da Botrytis, Pythium,

Fusarium.

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Sclerotinia

Sono ricordate Sclerotinia spp. su Brassica pekinensis e S. sclerotiorum (Fig. 7) su Cynara e

S. melongena. Il patogeno produce sclerozi che si ritrovano frammisti ai semi e che gli consentono

di sopravvivere a lungo nel terreno ma lo si può ritrovare anche come micelio nei tegumenti. Le

piantine che hanno origine da semi infetti vanno incontro a morte in pre-emergenza; gli sclerozi

distribuiti nel terreno assieme ai semi possono germinare per micelio, ed in tal caso possono colpire

le piantine giovani, o producendo le fruttificazioni gamiche, gli apoteci. Questi differenziano gli

aschi che liberano nell’aria le ascospore che sono così in grado di causare infezioni sulle parti alte

delle piante. La presenza del patogeno può essere determinata mediante l’esame della materia inerte

frammista al seme o mediante incubazione su mezzo agarizzato.

Colletotrichum lagenarium

Noto anche come C. orbiculare, viene ricordato su Cucumis e Citrullus. Si può ritrovare sia

sulla superficie dei semi che all’interno dei tessuti. Semi infetti possono non germinare o dar luogo

a germinelli con sintomi di gravità variabile in dipendenza della quantità di inoculo. Non sono

descritti metodi specifici ma per altre specie di Colletotrichum si ricorre a metodi che prevedono

l’incubazione su carta bibula o su mezzo agarizzato.

Dydimella lycopersici

Ricordata su Lycopersicon, è un patogeno principalmente ad habitat tellurico, ma per colture

effettuate in terreno sterilizzato, il seme rappresenta un importante fonte d’inoculo. È normalmente

presente come picnidi immersi nei tegumenti seminali che, talvolta risultano visibili. Poiché l’esame

del seme secco non è sufficiente per determinare la presenza/assenza del patogeno è necessario

ricorrere all’incubazione in camera umida ed al successivo esame dei sintomi sulle plantule alla

ricerca dei picnidi.

CONCLUSIONI

La discussione dei pochi esempi sopra riportati deve servire a richiamare l’attenzione del

legislatore, ma anche dei vivaisti e degli agricoltori in generale, sull’importanza che riveste lo stato

sanitario del seme non solo sulla rispondenza del materiale di moltiplicazione alle norme vigenti ma

anche, e direi principalmente, sullo stato sanitario della coltura che da tale seme avrà origine. Se si

considera che nel DM sono elencati altri organismi (batteri, virus) la cui trasmissione per seme è

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certa, la necessità di utilizzare seme esente da patogeni diventa pressante. Particolare attenzione

dovrà essere prestata a quei patogeni che non manifestano sintomi ben evidenti sulle plantule (es.

Septoria) senza trascurare, tuttavia, che anche patogeni in grado di attaccarle, se presenti in

“quantità” (percentuale di semi o quantità di inoculo per seme) basse, potranno sfuggire ai controlli

in vivaio con conseguenti danni alla coltura e contenziosi tra vivaisti e acquirenti delle piantine. Tra

i patogeni elencati nel DM, infine, alcuni sono ad habitat tellurico, quali, ad esempio, S. cepivorum,

S. sclerotiorum, Fusarium spp. Il danno che essi potranno causare non sarà, perciò, limitato alla

coltura che da tali semi avrà origine, ma il patogeno si insedierà nel terreno costringendo

l’agricoltore a costosi, quando e se possibili, interventi di sterilizzazione del terreno. Già oggi alcuni

produttori di seme immettono sul mercato seme esente da particolari patogeni (es. basilico esente da

Fusarium oxysporum f. sp. basilici) in quanto l’esperienza ha dimostrato come questa sia la

strategia più efficace per tenere sotto controllo importanti fitopatie. L’impiego di seme esente da

specifici patogeni, se da un lato costituisce un prerequisito per una coltura sana, dall’altro comporta

dei disagi dovuti, principalmente, ai maggiori costi che gli agricoltori dovrebbero sostenere per

l’acquisto del seme ed alle difficoltà pratiche che potrebbero sorgere per i produttori di seme in

particolare per la lunghezza dei tempi necessari a condurre le analisi fitosanitarie. Purtroppo, per i

patogeni di nostro interesse, sono praticamente assenti metodi diagnostici innovativi (Vannacci,

1998) e si deve fare riferimento ai metodi classici con tempi, per singola analisi, che di norma si

aggirano almeno sui 7 – 10 giorni. La ricerca, anche in questo settore, potrà dare le risposte giuste

se risorse, umane e finanziarie, saranno indirizzate verso questi obiettivi.

BIBLIOGRAFIA Champion, R. 1997. Identifier les champignons transmis par les semences. I.N.R.A. Paris, France,.

398 p. Neergaard, P. 1979. Seed pathology. The Macmillan press LTD, London and Basingstoke, 1191 p. Richardson, M.J. 1990. An annotated list of seed-borne diseases. International Seed Testing

Association, Zurich, Switzerland. Tuite, J. 1969. Plant Pathology Methods. Burgess Publishing Company, 239 p. Vannacci, G. 1988. Analisi sanitaria delle sementi: aspetti metodologici. Quaderno dell’E.N.S.E.

Milano 41, 32p. Vannacci G., Aragona M., Fanti S. e Porta-Puglia A. 1996. Principali aspetti fitopatologici legati al

seme. L’Informatore Agrario, 52 (32), 57-63. Vannacci, G. 1998. Diagnosi di patogeni fungini trasmessi per seme oggetto di legislazione

fitosanitaria. Notiziario sulla Protezione delle Piante 9:85-95.

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Fig. 1. Conidiofori e conidi di Botrytis allii (a sinistra) e B. cinerea (a destra). La lunghezza di queste strutture è carattere distintivo tra le due specie

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Fig. 2. Dopo incubazione in camera umida sono evidenti, su seme di cavolo, i grossi conidi di Alternaria brassicae

Fig. 3. Conidi e micelio di Alternaria solani su seme di pomodoro

ig. 4. Phoma lingam è riconoscibile per la produzione di picnidi essudanti gocce di conidi immersi in una mucillaggine color ametista

F

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Fig. 5. Particolare del picnidio di Phoma lingam

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Fig. 6. Fruttificazioni agamiche di Fusarium solani su seme di zucchino

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Fig. 7. Sclerozi di Sclerotinia sclerotiorum da seme di lattuga

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Tabella 1. Elenco dei patogeni trasmessi per seme presenti nell’allegato II del DM 14 aprile 1997 relativo alle norme tecniche per la commercializzazione delle piantine di ortaggi

Genere o specie Organismi nocivi e malattie

Genere o specie Organismi nocivi e malattie

Cichorium intybus - Allium ascalonicum Botrytis spp.

Sclerotium cepivorum Cucumis melo Fusarium spp. Allium cepa Botrytis spp.

Sclerotium cepivorum F. oxysporum f.sp. cepae

Cucumis sativus Fusarium spp. Pythium spp.

Allium fistulosum Sclerotium cepivorum Cucurbita maxima - Allium porrum Alternaria porri

Sclerotium cepivorum Cucurbita pepo Fusarium spp.

Allium sativum Sclerotium cepivorum Cynara cardunculus Sclerotinia sclerotiorum

Apium graveolens Phoma apiicola Pythium spp. Septoria apiicola

Cynara scolymus Sclerotinia sclerotiorum

Asparagus officinalis Fusarium spp. Foeniculum vulgare Cercospora foeniculi

Beta vulgaris Phoma betae Lactuca sativa Botrytis cinerea Bremia lactucae

Brassica oleracea Alternaria brassicae Mycosphaerella spp. Phoma lingam Plasmodiophora brassicae Rhizoctonia solani

Lycopersicon lycopersicum

Alternaria solani Cladosporium fulvum Didymella lycopersici Fusarium oxysporum Phytophthora nicotianae Pythium spp. Rhizoctonia solani Verticillium spp.

Brassica pekinensis Alternaria brassicae Botrytis cinerea Mycosphaerella spp. Phoma lingam Plasmodiophora brassicae Sclerotinia spp.

Rheum spp. -

Capsicum annuum Phytophthora capsici Solanum melongena Fusarium spp. Rhizoctonia solani Sclerotinia sclerotiorum Verticillium spp.

Cichorium endivia -

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Correlazione tra tecniche di miglioramento genetico e trasmissione dei virus per via gamica

D. Bassi1, G.P.Martelli2

1Istituto di Coltivazioni Arboree, Università degli Studi di Milano 2Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari

Introduzione Il seme e, in misura minore, il polline costituiscono vie naturali attraverso le quali patogeni intracellulari delle piante quali virus e viroidi si trasmettono alla progenie degli ospiti (trasmissione verticale) e si diffondono nell'ambiente. I meccanismi che sottendono alla trasmissione ed i problemi che ne derivano sono stati illustrati, oltre che da M. Conti nel presente Convegno, in numerose messe a punto bibliografiche, alle più recenti delle quali (Mink, 1993; Johansen et al., 1994; Maury et al., 1998), si rimanda per gli approfondimenti e la bibliografia. La trasmissione attraverso il seme è proprietà intriseca dei membri di non meno di 25 dei generi virali attualmente noti, mentre nei viroidi essa è stata riscontrata in una diecina di casi. Qualche anno addietro Stace-Smith e Hamilton (1988) riportavano che circa il 18% dei virus noti all'epoca erano passibili di tramissione per seme in uno o più ospiti e stimavano che un terzo della popolazione dei fitovirus fosse in grado di seguire la stessa via in almeno un ospite. La situazione, pertanto, è tutt'altro che incoraggiante, soprattutto se si considera che, normalmente, la trasmissione per seme si accompagna ad altri metodi di diffusione (per vettori, per esempio) che aumentano fortemente l’efficienza della disseminazione dei virus in natura. Benché, in linea di massima, la trasmissione per seme sia più frequente nelle piante erbacee che in quelle legnose, cui si fa specifico riferimento nella presente nota, nelle prime essa non costituisce un intoppo al miglioramento genetico perché trovare parentali sani non è difficile e, comunque la selezione avviene su di un numero elevato di individui la maggioranza dei quali non è infetta. Invece, nel caso dei fruttiferi (intesi in senso lato, sì da includere vite e olivo), la presenza di virus e viroidi in molte collezioni varietali utilizzate come fonte di materiale per il miglioramento genetico (polline o semi), rende estremamente attuale la messa a punto di appositi protocolli che consentano di escludere, o comunque controllare, la presenza di agenti che possano compromettere lo stato sanitario e, quindi, la diffusione del materiale di propagazione. E’ noto infatti che le piante "sane" (esenti da virus patogeni) offrono migliori prestazioni in termini di sviluppo vegetativo, minore sensibilità ad altre malattie, maggiore produttività e qualità dei frutti (si veda tra gli altri Jakubczyk et al., 1997). Sebbene sembri definitivamente accertato che il virus della vaiolatura del susino (PPV), agente della Sharka, di gran lunga la più dannosa virosi delle drupacee, non si trasmetta per seme (Myrta et al., 1998; Pasquini et al., 2000), è noto che altri virus sono molto diffusi in queste specie.

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Tra questi, sono da ricordare gli agenti del mosaico del melo (ApMV) nel mandorlo, del nanismo del susino (PDV) nel ciliegio, della maculatura anulare necrotica dei Prunus (PNRSV) nel pesco, ciliegio e susino e della maculatura clorotica fogliare (ACSLV) nell’albicocco (Desvignes, 1999), presenti negli impianti commerciali con percentuali di infezione che giungono anche all’80%. Di essi, alcuni si diffondono col polline e/o col seme. In particolare, i virus da tenere d'occhio sono: (a) nelle drupacee, gli ilarvirus PDV e PNRSV, entrambi trasmessi per seme con percentuali variabili dal 2 al 90% e, soprattutto il secondo, anche per polline; i nepovirus dell'accartoccimento fogliare del ciliegio (CLRV) trasmesso nel noce per seme e polline anche alle piante madri e della maculatura anulare latente della fragola (SLRSV); (b) nella vite, i nepovirus latente bulgaro (GBLV), del mosaico con rosettamento del pesco (PRMV), mentre preoccupa assai meno il virus dell'arricciamento (GFLV) che è presente sia nell'endosperma che nel polline ma che si trasmette con estrema rarità ai semenzali. Un potenziale pericolo potrebbe essere rappresentato dal foveavirus associato alla butteratura della Vitis rupestris (RSPaV) che è presente nel polline; (c) nell'olivo, il CLRV e il necrovirus latente 1 (OLV-1) di cui è stata di recente accertata la trasmissione per seme (M. Saponari, T. El Beaino e V. Savino, comunicazione personale). Gli agrumi, invece, apparentemente godono di una condizione privilegiata perché nessuno dei virus importanti segnalati nell’area Mediterranea sembra passare alla progenie per via gamica (si veda tra gli altri D’Onghia et al., 2000).

Come si è accennato, alcuni viroidi sono stati rinvenuti nel polline e nel seme degli ospiti ed utilizzano anche queste vie per la loro sopravvivenza a disseminazione. Mentre non si hanno notizie sulla trasmissione per seme dell’agente del mosaico latente del pesco (PLMVd), uno dei più temibili viroidi dei fruttiferi, e dell’exocortite degli agrumi (CEVd) negli agrumi stessi, questo meccanismo di trasmissione è stato riscontrato per tutti e cinque i viroidi della vite: picchiettatura gialla 1 e 2 (GYSVd-1 e GYSVd-2), nanismo del luppolo (HSVd), viroide australiano della vite (GAVd) e CEVd (Wan Chow Wa e Symons ,1999). Il problema pertanto esiste e non è recente, ma due fatti lo rendono particolarmente urgente. Da una parte, la scarsa attenzione posta in passato (anche dalle Istituzioni scientifiche) allo stato sanitario del materiale vegetale di scambio, che ha contribuito alla diffusione di piante infette, ovvero ne ha dilazionato l'entrata nel mercato in attesa della disponibilità di materiale sano e, dall’altra, la promulgazione di provvedimenti legislativi nazionali ed internazionali che hanno reso obbligatoria la diffusione di materiale sano, lasciandone la responsabilità ai costitutori. Del resto, evidenti motivi legati alla scarse prestazioni quali-quantitative di cultivar virosate, rendono sempre più pressante, anche per i costitutori, la messa in opera di procedure che consentano l’uso di materiale sano in tutte le fasi del lungo cammino che porta dall’effettuazione dell’incrocio alla diffusione della nuova varietà.

Di seguito si illustrano alcune precauzioni da osservare per ottenere materiale propagativo di fruttiferi esente da malattie infettive in tutte le fasi del processo di miglioramento genetico, tenendo anche presente quanto già pubblicato in materia (Barba et. al., 1999; Lankes, 2000; Vicchi et al., 1997).

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Disponibilità di piante madri sane

La presenza di agenti infettivi trasmissibili attraverso la via zigotica (polline e seme) rende necessaria la disponibilità di piante madri (sia portaseme che per la raccolta del polline) che ne siano prive. Ciò renderebbe possibile la teorica produzione di semi completamente esenti da agenti infettivi e, quindi, la loro disponibilità per l’incrocio. Nella pratica, però, tale ideale condizione è difficilmente conseguibile perché: (a) le piante madri sono normalmente mantenute in pieno campo, ove sono esposte alle visite dei vettori. Anche se è possibile ipotizzarne il mantenimento in strutture a prova di insetti, l’allevamento avverrebbe in vaso, con conseguente riduzione delle dimensioni e scarsa resa in frutti e semi. Dal punto di vista pratico, l’allevamento delle piante madri in condizioni controllate è possibile solo per la raccolta di polline, per la quale sono sufficienti soggetti di taglia ridotta; (b) non è sempre facile prevedere con largo anticipo la necessità di impiego di un certo genitore, per cui attendere la disponibilità di materiale sano potrebbe dilazionare troppo l’uso di prezioso materiale genetico per gli incroci.

Occorre comunque tener presente che la non utilizzazione di piante madri infette, o comunque la loro eliminazione può in alcuni casi essere sconsigliabile, anche se prescritta da specifica legislazione, specie se la distruzione comporta la perdita irrimediabile di materiale genetico particolarmente interessante e non più reperibile, come possono esserlo semenzali o selezioni ottenute nello svolgimento di programmi di incrocio, ovvero esemplari di vecchio germoplasma non più recuperabile da altre fonti. In questi casi, l’unicità genetica del materiale infetto renderebbe indispensabile il suo risanamento per non compromettere irreparabilmente il proseguimento del programma di miglioramento. Tuttavia, nelle more degli interventi risanatorii, la conservazione del germoplasma va effettuata in condizioni di isolamento (serre a vetro o a rete a prova di insetti), obbligatoriamente nel caso di infezioni da agenti particolarmente temibili (da quarantena, ad esempio). Controllo dello stato sanitario delle progenie (semi)

La trasmissione per seme dipende dalla capacità di un virus di invadere e replicarsi nei tessuti riproduttivi dell’ospite e, susseguentemente, di passare indenne attraverso le modificazioni fisiologiche associate alla maturazione dei semi. Se ciò avviene, il virus si installa nel seme nel quale, tuttavia, può avere localizzazioni diverse (tegumenti, endosperma, embrione). Ciò non è di poco conto perché solo l’invasione embrionale determina il passaggio del virus al semenzale e, quindi, l’effettivo trasferimento alla progenie. Ne risulta che non tutti i semi che contengono virus generino delle plantule infette per cui, nel valutare la potenziale trasmissibilità per seme di un qualsivoglia agente infettivo è indispensabile saggiare semi sezionati nelle varie componenti.

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Controllo dello stato sanitario delle progenie (semenzali) L’osservanza delle precauzioni di cui al punto precedente (utilizzo di genitori sani) può non

essere sempre possibile, in particolare quando ricorrano: (a) inderogabili esigenze del programma di miglioramento che possono richiedere l’utilizzo di genotipi (sia come portaseme che come produttori di polline) per i quali non esistono fonti sane; (b) impossibilità di collocare i campi di selezione a distanza di sicurezza da eventuali fonti d’infezione rappresentate da coltivazioni commerciali, situazione questa che facilmente si incontra nel nostro Paese per le specie di maggiore importanza. Occorre inoltre tener presente la diffusa presenza di fruttiferi ornamentali in parchi e giardini e di specie selvatiche affini in luoghi incolti.

Nel caso si debba necessariamente ricorrere per gli incroci a uno od entrambi i genitori affetti da patogeni trasmissibili per polline o per seme, si può procedere alla determinazione dello stato sanitario dei semenzali nei primi stadi vegetativi (dopo l’emissione della terza-quinta foglia) con metodi sierologici (ELISA) o molecolari (PCR a singolo o doppio stadio) (Martelli, 1999) sì da scartare immediatamente i soggetti infetti. È comunque norma prudenziale ripetere il saggio a distanza di alcuni mesi per dare il tempo ai virus che eventualmente siano sfuggiti alla prima analisi, di moltiplicarsi e raggiungere una concentrazione rilevabile ai saggi. Peraltro, anche se i semenzali derivano da parentali allevati con ogni possibile precauzione e ritenuti sani, occorre comunque controllarne lo stato sanitario nel campo di allevamento.

Motivi pratici legati al numero, spesso cospicuo, dei semenzali allevati, rendono problematica l'adeguata osservazione e la valutazione sanitaria della totalità di essi, anche tenendo presente che la maggior parte è destinata ad una vita piuttosto breve (da 3-5 anni nel pesco a 7-8 anni per susino europeo e melo). Elementari motivi di prudenza richiederebbero la sollecita eliminazione dei soggetti non meritevoli di moltiplicazione, senza attendere la valutazione dell’intero campo di selezione (cioè che tutti i semenzali entrino in produzione), in considerazione del fatto che la loro messa a frutto non è contemporanea, a causa della eterogeneità che li rende individui unici. Controllo dello stato sanitario delle selezioni

Al momento della scelta del semenzale per la successiva fase di moltiplicazione (una volta che questo sia stato giudicato interessante per un qualche aspetto), occorre mettere in pratica alcune precauzioni. In primo luogo, osservazioni visive che escludano la presenza conclamata di malattie virali e, parallelamente, l’esecuzione di saggi di laboratorio e biologici (indexaggio) che consentano maggiore sicurezza nell’accertamento dello stato sanitario. Per la moltiplicazione del semenzale selezionato si possono seguire strade diverse, a seconda della risposta ottenuta dalle analisi diagnostiche: (a) se i saggi di laboratorio sono negativi, si può procedere alla moltiplicazione del semenzale in vivaio, in attesa dell’esito dell’indexaggio. Se questo è disponibile prima del risveglio vegetativo che segue all’innesto, si potrà eliminare dal vivaio il materiale infetto. Nel caso però che i risultati dell’indexaggio non siano noti prima del risveglio vegetativo della pianta innestata ed esistano

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fondati sospetti sulla presenza di agenti infettivi trasmessi da afidi, è consigliabile la temporanea collocazione in vaso delle piante moltiplicate, conservandole in strutture di quarantena a prova di insetto; (b) se i saggi di laboratorio sono positivi, la destinazione della selezione può dipendere dalla pericolosità dell’agente infettivo. Se trattasi di virus oggetto di lotta obbligatoria (PPV delle drupacee, CTV degli agrumi, ad esempio), il costitutore dovrà valutare l’opportunità di procedere alla eliminazione della selezione, ovvero al suo risanamento prima dell’introduzione in pieno campo; tale decisione dipenderà evidentemente dal rapporto tra costo previsto e valore pomologico della selezione; (c) nel caso in cui i saggi biologici e di laboratorio rivelino la presenza di agenti trasmissibili per seme o per polline, ma non particolarmente gravi, occorrerà in primo luogo valutare l’opportunità di procedere al risanamento prima di andare avanti con la selezione, nella consapevolezza che sarà comunque necessario intervenire prima dell’eventuale licenziamento o cessione del materiale a terzi. (d) se anche l’indexaggio è negativo, i soggetti potranno essere collocati in pieno campo. Avvertenze per la propagazione del materiale selezionato

Indipendentemente da quanto specificato al punto precedente, la propagazione del materiale selezionato deve avvenire tenendo presente la necessità di: (a) usare portinnesti certificati (quando la propagazione avviene per innesto), (b) collocare e mantenere in strutture protette da insetti e nematodi almeno due piante sane per ogni genotipo, per tutta la durata della fase di selezione. Occorre infatti tener presente che al termine delle fase selettiva (che spesso richiede l’esecuzione di almeno due momenti successivi di selezione, e quindi di propagazione e di permanenza in campo), trascorrono 8-10 anni, con conseguenti possibilità di reinfezione in campo. Tale situazione porterebbe alla pratica impossibilità, al momento della diffusione commerciale, di poter distribuire il materiale di moltiplicazione delle selezioni valide, a meno che non si sia provveduto al mantenimento di alcuni soggetti in condizioni di garanzia di sanità fin dall’inizio del processo selettivo. Considerazioni conclusive

Il pericolo che nel corso delle attività di miglioramento genetico si possa incorrere in problemi sanitari è pertanto attuale e da non prendere alla leggera. Nel passato, a causa delle meno avanzate conoscenze sull'ecologia dei virus dei fruttiferi e dello scarso interesse mostrato dai costitutori per gli aspetti sanitari, non vi è stato tra genetisti e virologi quel rapporto di collaborazione che sembra oggi consolidarsi. Da una parte, la consapevolezza che le infezioni virali sono diffuse e dannose (il caso della Sharka è emblematico) e che possono mettere a repentaglio anni di attività di studio e, dall'altra, l'esistenza di provvedimenti legislativi (CAC, certificazione) che impongono determinati standard sanitari, costituiscono spinte sufficientemente forti per la ricerca di quelle sinergie atte a diminuire i pericoli, se non ad annularli del tutto. Si dispone oggi di

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metodiche diagnostiche sufficientemente sensibili ed affidabili (la cui continua evoluzione fa prevedere ulteriori affinamenti e semplificazioni applicative) che hanno già grandemente giovato al vivaismo frutticolo (Martelli, 1999) e permettono il monitoraggio puntuale e continuo del materiale vegetale nelle varie fasi del processo migliorativo. Poiché anche nel nostro Paese esistono le condizioni a che si instaurino più stretti legami tra settori disciplinari la cui complementarietà è indubbia perché non farne tesoro? Se gli esempi già in atto faranno scuola, ci si avvia verso un futuro scientificamente più roseo.

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standard richiesti dalle normative per la commercializzazione e certificazione del materiale vivaistico. Atti del Convegno Nazionale Certificazione delle produzioni vivaistiche, Locorotondo e Bari, 1999: 68-85.

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Interventi di:

P. Caggiano, vivaista orticolo, Cooperativa Vivaistica Meridionale, Battipaglia (Sa)

M. Leis, vivaista frutticolo, Consigliere del C. d. A. Consorzio Italiano Vivaisti, Ferrara

G. Merisio, Ente Nazionale Sementi Elette, Milano

I. Ponti, Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna, Bologna

S. Sansavini, Dipartimento di Colture Arboree, Università degli Studi di Bologna

F. De Corato, rappresentante Associazione Italiana Sementi, Andria (Ba)