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S.F.I.D.Y Scuola di Formazione all’Insegnamento dello Yoga IL LOTO a cura di Boris Tatzky pubblicazione ad uso interno riservata agli allievi SHAKTI Centro Studi Yoga via Villoresi 11 20143 MILANO Tel. 02.83.61.042 www.shaktiyoga.net - e-mail: [email protected]

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S.F.I.D.YScuola di Formazione all’Insegnamento dello Yoga

IL LOTO

a cura di Boris Tatzky

pubblicazione ad uso interno riservata agli allievi

SHAKTICentro Studi Yoga

via Villoresi 1120143 MILANOTel. 02.83.61.042

www.shaktiyoga.net - e-mail: [email protected]

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IL LOTO

“Seduti pacificamente, senza fare nulla,Arriva la primavera, e l’erba cresce da sola.”

ZENRIN

“Né pensiero, né riflessione, né analisi,Né esercizio, né intenzione,Lasciate che s’installi da sé.”

TILOPA

Tutti i praticanti di Yoga sentono rispetto per la posizione seduta e in particolare per il loto (padmâsana ).Nella nostra vita “moderna”, sedersi pacificamente in un luogo calmo e rimanere così ri-lassati, sereni, è diventato un lusso che sfugge a molti di noi.Ogni volta che guardiamo una bella rappresentazione della posizione del loto, la nobiltà dell’attitudine ci trasmette il simbolo concreto dello stato di Yoga.Nello Hatha-Yoga, Padmâsana (fig. 1), costituisce un coronamento a tutta la pratica postu-rale, aprendo le porte al controllo sottile del respiro e alla meditazione.In effetti, questa posizione seduta, come quelle che le si avvicinano e le sue varianti, è evi-dentemente l’attitudine corporea essenziale per l’esperienza degli stati di coscienza propo-sti dai differenti Yoga.A tal punto che tutte le grandi tradizioni indiane, per dif-ferenti che siano i loro presupposti filosofici, Vedismo, Shivaismo tantrico, Buddhismo, Giainismo etc., fino allo Zen (in Giappone), hanno tutte rappresentato il loro ar-chetipo del risveglio della coscienza nella posizione del Loto.Lo Hatha-Yoga posturale è inoltre una scienza che apre l’accesso alla padronanza della posizione seduta, in par-ticolare del Loto.L’autore della Hatha-Yoga Pradîpikâ parla nella sua ope-ra di tre versioni differenti di questa posizione, cosa che non fa per nessun’altra.

Ascoltiamo quindi la Hatha-Yoga Pradîpikâ al capitolo I, versetti 44-49. Ne faremo in se-guito una breve analisi sul piano simbolico e tecnico.

Versetto 44: Mettere il piede destro sulla coscia sinistra e nello stesso modo il piede sinistro sulla coscia destra. Afferrando saldamente i due alluci con le mani che passano dietro la schiena, ap-poggiare il mento contro il petto e dirigere lo sguardo verso la punta del naso. Questo dallo yogi è chiamato padmâsana, distruttore di tutte le malattie.Versetto 45: Disporre sulle cosce i due piedi, con le piante girate verso l’alto. In mezzo alle cosce mettere le due mani con le palme egualmente verso l’alto.Versetto 46: Dirigere lo sguardo verso la punta del naso, appoggiare la lingua contro la radice degli incisivi e il mento contro il petto, e lentamente far salire il respiro.Versetto 47: Questo è proclamato padmâsana , distruttore di tutte le malattie, difficile da raggiun-gere per l’essere umano comune, accessibile solamente ai saggi in questo mondo.

fig. 1

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Versetto 48: Assumendo con fermezza padmâsana, giungere le mani in forma di coppa, e infossare con forza il mento sul petto; contemplando Ciò nel cuore, dobbiamo più e più volte spingere in alto l’apana vâyu e spingere verso il basso il prâna inspirato. Colui che compie ciò’attinge con la potenza della Shakti un risveglio incomparabile.Versetto 49: Lo yogin stabilizzato in padmâsana, che ha la capacità di trattenere il respiro inspirato attraverso la porta della nadî, è senza dubbio un essere liberato , non si potrebbe dubitarne.

SimboliIn India il Loto è un simbolo largamente diffuso. Generalmente è associato all’iniziazione, l’espansione spirituale, la matrice, la nascita divina, la bellezza, la purezza, l’immortalità, l’unità.E’ una pianta della famiglia dei nenufari, che ci sono familiari. Ha come particolarità d’es-sere solitaria, di produrre un solo fiore ed è ermafrodita, disponendo nel suo seno della giustapposizione delle energie femminili e maschili. Il loto, si dice, avvicina le tenebre alla luce perché le sue radici sono affondate nella melma, nel-l’oscurità. Spinto dalle radici, lo stelo attraversa l’elemento liquido per portare il fiore che si espande al fuoco del sole, alla luce dello spazio.

Un’immagine di unità comincia a imporsi.Il loto riunisce così tutti gli elementi, solido, liquido, gas-soso, igneo e lo spazio. Riunisce il maschile e il femminile, e unifica il tempo. In effetti il bocciolo del loto, nato da un seme, promessa del fiore, rappresenta i nostri tre modi di percepire il tempo, passato, presente e futuro, unificati nel-la coscienza dell’istante presente (fig. 2).Troviamo la corrispondenza con il corpo dello yogi seduto in questa posizione.Le radici sono situate nel basso del corpo, cioè nella zona viscerale, genitale, anale, e rappresentano il nostro aspetto non cosciente, nascosto, pulsionale, ma anche il nostro principio d’origine, la nostra base. Rifuggono la luce e sono orientate verso il basso, similitudine dell’energia apâna, situata nella parte bassa del corpo.Sorto da questo spazio radice, lo stelo rappresenta la colonna vertebrale e la risalita della coscienza-energia dopo il suo affossamento, verso la luce, verso il risveglio. E’ l’asse che porta, che conduce la linfa in una prospettiva di rettitudine. Il fiore rappresenta la testa e il risveglio alla dimensione spirituale, alla pura coscienza, (orientata verso l’alto, somiglian-za con l’energia prâna situata nell’alto del corpo). L’insieme stabilisce l’integrazione delle energie dell’essere, dalle più dense alle più sottili.Non ci si può separare dalle proprie radici senza ricadere nella frammentazione, nella scis-sione interiore.Il Loto stabilisce la legatura della parte bassa del corpo. Con questa specifica posizione delle gambe si esercita una magnifica spinta dell’energia radice (apâna) verso l’alto del corpo. La colonna ben diritta, ecco che la sommità del cranio diviene un’antenna che riceve l’energia dall’alto (prâna) .Così, economizzando l’energia con l’immobilità, con il rallentamento della circolazione negli arti inferiori, stabile, lo yogi assicura una congiunzione tra la terra e il cielo. Il movi-mento delle energie è facilitato dal controllo del respiro, dai bandha e dalle appropriate concentrazioni.

fig. 2

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Non dimentichiamo che il loto nel mondo dello Yoga tantrico designa anche i luoghi (chakra) della coscienza-energia. Sono situati lungo l’asse verticale dell’essere umano a partire da Mûlâdhâra-chakra, supporto della base, della radice, fino a Sahasrâra, il “loto dai mille petali”, situato alla sommità e simbolo di ciò che non conosce limiti. In India la cifra mille designa spesso l’incommensurabile. Questi loto (chakra), in numero di sette, rappresentano i sette gradi della manifestazione della coscienza-energia.

Tecnica

E’ una posizione difficile da assumere per la maggior parte delle persone occidentali. E non, come curiosamente si sente spesso dai neofiti, perché gli indiani avrebbero una mor-fologia diversa da noi, ma semplicemente perché non abbiamo le medesime usanze, spe-cialmente quella di sedersi a terra per mangiare, leggere, discutere etc...Per noi la cosa più importante è la qualità della posizione seduta del praticante. Per realizzarla non esiteremo a impiegare delle va-rianti più semplici e un approccio molto progressivo.Torniamo alla descrizione data dalla Hatha-Yoga Pradipîkâ, al ver-setto 44. Si tratta della posizione del loto legato, baddha-padmâsana (fig.3). Questa posizione è fisicamente la più difficile da realizzare tra le tre descritte da Svâtmârâma, autore della Hatha-Yoga Pradîpikâ. Essa procura effetti sulla circolazione dell’energia e sul respiro. Proietta al massimo lo sterno in avanti grazie alle braccia incrocia-te sul dorso.Costituisce in effetti una preparazione per le due altre varianti che seguiranno e che stabiliscono dei controlli sempre più sottili.Nei seguenti versetti (45-47) vediamo cambiare tre cose importan-ti:a) la posizione delle mani portate al centro delle cosce e le spalle mantenute arretrate (vedi fig. 4)b) la lingua sistemata in Jihvâ-bandha, contro il palato superiore, assicurando un legame tra due correnti essenziali di energia (Nâdî).c) il controllo del respiro.d) vengono conservati gli altri aspetti, Jâlandhara e Nasâgradri-sti.In questa versione controllare lentamente il respiro sembra il pun-to centrale. E’ il passaggio obbligatorio per realizzare l’ultima tappa della posizione. Per realizzare questa seconda versione si considera siano necessarie qualità non semplicemente fisiche, ma qualità di saggezza. Ciò rivela che lo stato mentale del praticante è in fin dei conti il dato fondamentale.

Questa posizione si avvicina a quella impiegata dagli yogi tibeta-ni, come vediamo in questo testo di Naropa:

“Metti il corpo nella posizione del Buddha. Fai che le vertebre, nella colonna vertebrale, siano dritte l’una sull’altra come una pila di monete. Sviluppa il diaframma alla sua massima capacità. Comprimi l’esofago (lasciando che il mento vi appoggi sopra). Metti la lingua contro il palato, le mani al di sopra dell’ombelico con la piega dei polsi che preme sui fianchi in posizione d’equilibrio.

fig. 3

fig. 4

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Senza cambiare l’angolo della visuale (che si adotta naturalmente assumendo queste posizioni), né il flusso di corrente del pensiero, unisci il processo del pensiero con quello della respirazione e controlla effettivamente lo spirito”.Estratto da “La dottrina di Naropa.Yoga tibetano” di Evans-Wentz. Edizioni Adrien Mai-son-neuve.

Ma torniamo alla Hatha-Yoga Pradîpikâ. Nei versetti 48 e 49 si legge un’ultima descrizio-ne, che in qualche parola riassume l’insieme del processo e dello scopo dello Hatha-Yoga. Le mani sono giunte a forma di coppa (vedi fig. 5), stabilendo una relazione tra le polarità THA, lunare e sinistra e HA, solare e destra.I tre bandha sono utilizzati per muovere l’energia e l’al-tro asse della polarità, Prâna, l’energia della parte alta del corpo, (assorbimento) e Apâna, l’energia della parte bassa del corpo (espulsione). L’unificazione di Prâna e Apâna è fonte di risveglio della coscienza, questo risveglio si fa nel-la contemplazione di “Ciò” (tad).C’è qui una sfida straordinaria, perché si tratta nello stesso tempo di praticare il prânâyâma con i bandha, cosa molto complessa per essere correttamente eseguita, e nello stes-so tempo di essere contemplativi, non agendo volontaria-mente.Così la padronanza raggiunge il “lasciarsi andare”. Lo Hatha-Yoga è ricco di questi paradossi che continuamente annunciano che la realtà è contemporaneamente dentro e fuori, in azione e in contemplazione, in alto e in basso etc.Il loto riassume l’integrazione di tutti gli elementi, tecnici e spirituali, e la forza, la straordinaria meraviglia di tut-to ciò risiede nell’appello all’esperienza personale, solo la pratica sincera e sostenuta permette di conoscere il senso dell’enunciato di Svâtmârâma.Segnaliamo una quarta versione della posizione, assai diffusa, utilizzata specialmente da Iyengar. Consiste nel mettere le palme delle mani giunte nel saluto (namasté) davanti al petto (vedi fig. 6). Ritroviamo il legame destra/sinistra, ma la posizione delle mani davanti al loto del cuo-re risveglia la consapevolezza di questo spazio interiore e facilita la meditazione in questo luogo privilegiato del cuo-re interiore.Per ogni variante della posizione del loto vi è una quan-tità di posizioni possibili per le dita delle mani (Mudrâ) , ciascuna delle quali modifica sensibilmente la circolazione vitale dell’energia, e dunque modifica gli effetti della po-sizione.Questa scienza delle Mudrâ deve essere sperimentata tramite un insegnante qualificato.In tutti i casi la posizione del loto realizza un’integrazione del corpo nelle sei direzioni del-lo spazio, alto e basso, davanti e dietro, sinistra e destra, e il luogo di unione è naturalmen-te il loto del cuore, (Anâhata-Chakra) , il cui simbolo è giustamente la stella a sei punte.

fig. 5

fig. 6

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Punti di riferimento tecnici

Tecnicamente tutte queste varianti vanno realizzate molto progressivamente, contentando-si come approccio di abbozzarle.

a) Alternare.Sarà importante allenarsi ad assumere la posizione invertendo il lato che si piega per pri-mo. Avremo la tendenza spontanea a effettuarla sempre dallo stesso lato, cosa che aggrava la nostra tendenza asimmetrica. Che si tratti di approcci o di varianti, come il mezzo loto, alternare la gamba che si piega per prima è imperativo.Per la medesima ragione è bene evitare le differenze di altezza dal suolo tra le due ginoc-chia.

Torniamo al concetto. Padmâsana rappresenta la posizione seduta ideale, in cui la postura ben eretta della colonna vertebrale è essenziale.

b) Riprendiamo i riferimenti tecnici.1) Il bacino deve essere perfettamente stabile.2) Lo stesso peso ripartito su ogni ischio.3) Mettere i piedi nelle pieghe degli inguini. Quando i due talloni sono vicini a toccarsi, il loto è considerato sukha, “facile”. Quando i talloni si allontanano uno dall’altro, met-tendosi sui bordi esterni dei grandi retti, il loto è detto sthira, “fermo”. Generalmente si raccomanda di allenarsi alla presa ferma del loto.4) I lati esterni delle ginocchia sono in contatto con il suolo.5) Le gambe sono senza tensioni eccessive.6) Le curve naturali della colonna sono rispettate, senza forzare in un senso o nell’altro.7) Il petto è ben aperto, le spalle rilassate.8) La testa in equilibrio, senza tensioni, il mento leggermente rilasciato verso la gola.9) Lo sguardo è allungato sul prolungamento della punta del naso, verso il suolo.10) La colonna è perfettamente immobile, stabile, nel mezzo delle sei direzioni dello spa-zio.Né rilasciamento verso il basso (cedimento).Né estensione verso l’alto (tensione).Né dondolamento in avanti o all’indietro.Né rilasciamento laterale a sinistra o a destra.11) Tutto il corpo è perfettamente immobile, senza tensioni.12) La respirazione è lenta, dolce, sottile.13) Lo spirito è sveglio, tranquillo.14) Il tutto è mantenuto così, senza dolori, per diversi minuti.

Se non si può ancora praticare ciò, non è il caso di deprimersi, perché è possibile realizzare lo stesso concetto di qualità della posizione seduta e di disponibilità con approcci differenti.

Ad esempio assumendo la posizione facile detta “del sarto” (sukhâsana) (vedi fig. 7), in cui si possono riprendere tutti i punti di riferimento tecnici enumerati in precedenza.

fig. 7

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Oppure in Siddhâsana (posizione perfetta) che la H. Y. P. definisce “più confortevole” e che raccomanda per una seduta di lunga durata (vedi fig. 8).Il mezzo loto ((ardha padmâsana) è un altro buon approccio.L’impiego di un cuscino da meditazione è spesso utile all’inizio per trovare una posizione più stabile, in particolare per portare le ginocchia verso il suolo. Molti maestri utilizzano un cuscino fatto tradizional-mente di erbe specifiche. Altri maestri tuttavia sono di parere contrario e auspicano che a partire da ciò il praticante possa sedersi direttamente al suolo. A cia-scuno la sua scelta.Conviene lasciare la posizione molto lentamente e poi frizionare le gambe per attivare la circolazione perife-rica (vedi fig. 9). Ripetere poi la posizione invertendo la posizione delle gambe.Pima di installare la posizione è evidentemente ne-cessaria una preparazione giudiziosa del corpo e del-le articolazioni, e questa condizionerà la qualità della seduta.Una pratica che fa male, è una pratica mal fatta. Que-sto principio vale in modo particolare per il loto.

Effetti

Lo H.Y.P. asserisce che padmâsana “distrugge tutte le malattie”. Oltre agli effetti fisiologici della posizione possiamo individuare anche effetti psichici.Tra le gravi malattie dell’essere umano lo Yoga consi-dera avidyâ, l’ignoranza, come preminente. Questa ignoranza ingenera l’egocentrismo, la coppia di opposti, attrazione/repulsione, e la paura (i klesha).Il prolungamento naturale di padmâsana si trova nel controllo del respiro, poi nella medi-tazione, stato di unità, il vissuto concreto del simbolo della posizione.In questo stato di meditazione c’è la libertà, il risveglio della guarigione spirituale.L’apprendimento della posizione sviluppa necessariamente qualità di pazienza, rispetto del corpo, mediazione con le difficoltà incontrate.

Per il piano fisiologico presentiamo l’estratto di un’analisi effettuata dall’osteopata Michel Coassais, della Scuola Francese di Yoga della Sainte-Baume:“Padmâsana è una posizione seduta. Le costrizioni che qui la verticalità impone all’organismo sono molto diverse da quelle che “infligge” alla persona in piedi. La seduta al suolo si fa tramite il bacino, che riposa sui due ischi, raramente la sommità del coccige, e con gli arti inferiori ripiegati in un triangolo.La base di sostegno della posizione è triangolare e la colonna vertebrale può erigersi verticalmente, dalla Vlombare alle vertebre cervicali alte, formando così una piramide, permettendo una grande libertà toracica e diaframmatica, necessaria alla pratica della respirazione controllata (Prânâyama) e alla scioltezza viscerale, facilitando la pratica dei Bandha”.La colonna vertebrale così eretta può allora tracciare una via regale grazie al legame diretto “CRA-NIO-SACRO”.

fig. 8

fig. 9

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La posizione impone certe costrizioni alle articolazioni sacro-iliache, alla sinfisi pubica, alle anche, alle ginocchia, alle caviglie, e ad alcune articolazioni del piede. Libera totalmente la colonna vertebrale “fiorita” attraverso il cranio e dà all’organismo il gusto di espandere nell’intero corpo gli effetti dei sistemi energetici principali: il meccanismo respiratorio pri-mario (M.R.P.), il meccanismo respiratorio secondario (M.R.S.) e la circolazione energetica del Prâna.Presa liberamente la postura, vale a dire senza costrizioni articolari, attorno a un’asse del rachide solido e vitale, le funzioni organiche si trovano a riposo. L’ “officina” fisiologica è al rallentatore.Il testo dell’ Hatha-yoga Pradîpikâ dice:

“Dirigere lo sguardo verso la punta del naso, appoggiarela lingua sulla radice delle gengive e il mento contro ilpetto, e lentamente far salire il respiro” (46).

Proseguiamo la nostra analisi anatomo-fisiologica.

a) “Dirigere lo sguardo verso la punta del naso” : cioè far convergere lo sguardo, fare uno sforzo muscolare. L’effetto di questa convergenza è di distendere le membrane del cranio, favorendo il Meccanismo Respiratorio Primario, propagatore dell’onda di benessere che espande le qualità del liquido cefalo-rachidiano nell’intero corpo.

b) “Appoggiare la lingua contro la radice degli incisivi” : è dinamizzare la flessione-estensione del cranio, è agire con la lingua sulla qualità del movimento delle ossa centrali del cranio, qui il mascellare superiore, vale a dire che bisogna dare al meccanismo craniale un appog-gio, poiché la lingua, composta di 17 muscoli è l’esito anteriore della catena miofasciale del corpo...transitante per l’ileo-psoas.

c) “Appoggiare il mento sul petto” : è mettere le vertebre cervicali in allineamento, favorendo così la circolazione energetica nella colonna vertebrale, aprendo il forame dell’occipite, mettendo relativamente in tensione la dura-madre, catalizzatore del movimento craniale verso il sacro.d) “e lentamente, far salire il respiro” : qui è il segreto.Padmâsana è così costruita come una piramide, il Respiro vi è nascosto, conservato in se-greto.

Conclusione

La posizione seduta immobile e calma dovrebbe essere un momento felice della nostra giornata, un momento chiave della nostra rigenerazione interiore. La posizione del loto è l’esito della seduta yogica, di cui l’essenziale resta la qualità della quiete ottenuta.Così nella progressione ogni posizione seduta semplice, con la colonna ben sistemata, ad esempio su di una sedia, sarà la benvenuta, e sarà talvolta persino più intelligente praticar-la, piuttosto che un loto contratto e doloroso.Tuttavia, è bene non rinunciare mai a progredire.La progressione implica una costante ricerca dello stato interiore più che di una “posizio-ne”.

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Uno stato insieme fermo, sveglio e disponibile, senza tensioni.Questo stato interiore sistema il corpo nell’attitudine giusta.Così l’apprendimento della posizione diviene una vera scuola di saggezza, dove il corpo è un luogo di verità, dove la pazienza sviluppa l’intelligenza e l’umiltà.Come nel fiore, vi è nella posizione del loto un profumo di bellezza, di mutazione interio-re.Sorta dalle profondità della terra indiana, questa nobile attitudine fa presentire che non abbiamo ancora finito di scoprire la profondità delle tecniche dello Yoga e sento ancora questa frase di “Terra dell’uomo”:

“Se i secoli della nostra storia non sono stati sufficienti a farci partecipare all’Amore di cui deborda l’India, il suo passato può ancora ispirare il nostro avvenire”.

Tratto da: Revue Française de Yoga ( prima serie), n° 28/29, primavera/estate 1987, © I987 - F.N.E.Y., - 3, Rue Aubriot, 75004 ParisTutti i diritti di riproduzione e traduzione, anche parziale, sono riservati per ogni paese.

Traduzione dal francese di Luisa Calvino

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