Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi...

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Tasso di mortalità infantile Significato. Il tasso di mortalità infantile viene comunemente utilizzato come un indi- catore dello stato di salute di una comunità. È un indice sensibile alle condizioni igie- nico-sanitarie di una popolazione, al suo livello socio-economico e culturale nonché alla qualità delle cure materno infantili. Si è notevolmente abbassato dall’inizio del secolo in tutti i paesi industrializzati mentre resta a livelli elevati in numerosi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Centrale e Meridionale. Anche all’interno di uno stesso paese si notano differenze considerevoli fra una regione e l’altra, in stretta correlazione con il reddito ed i servizi sociali e sanitari. Numeratore Numero di bambini deceduti a meno di un anno di età x 1.000 Denominatore Numero di bambini nati vivi nello stesso anno Validità e limiti. È un indicatore robusto e valido, largamente utilizzato dalle Agenzie internazionali. Per rafforzare la validità dei dati, aumentando il numero di eventi consi- derati, sono stati calcolati i valori nell’intervallo temporale 1995-1999. I dati relativi all’anno 2000 non si discostano dai risultati da noi analizzati per l’anno 1999. Fonte dei dati e anni di riferimento: ISTAT. Anni dal 1995 al 1999. Tasso di mortalità infantile nelle regioni italiane negli anni dal 1995 al 1999 compresi Regione Tasso I.C. 95% Friuli-Venezia G 2,8 2,4-3,4 Molise 3,4 2,5-4,5 Basilicata 3,7 3,0-4,4 Trentino-A.A. 3,8 3,3-4,4 Valle d'Aosta 3,8 2,3-5,8 Umbria 4,1 3,4-4,9 Lombardia 4,3 4,1-4,5 Veneto 4,3 4,0-4,6 Piemonte 4,7 4,4-5,0 Sardegna 4,8 4,3-5,3 Emilia-Romagna 5,3 4,9-5,7 Toscana 5,4 5,1-5,9 Abruzzo 5,6 5,0-6,3 ITALIA 5,6 5,5-5,7 Lazio 5,9 5,6-6,3 Calabria 6,0 5,6-6,5 Marche 6,0 5,4-6,7 Campania 6,5 6,2-6,8 Puglia 6,7 6,4-7,1 Liguria 7,1 6,4-7,8 Sicilia 7,6 7,3-7,9 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2003 120

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Tasso di mortalità infantile

Significato. Il tasso di mortalità infantile viene comunemente utilizzato come un indi-catore dello stato di salute di una comunità. È un indice sensibile alle condizioni igie-nico-sanitarie di una popolazione, al suo livello socio-economico e culturale nonché allaqualità delle cure materno infantili. Si è notevolmente abbassato dall’inizio del secoloin tutti i paesi industrializzati mentre resta a livelli elevati in numerosi paesi dell’Africa,dell’Asia e dell’America Centrale e Meridionale. Anche all’interno di uno stesso paesesi notano differenze considerevoli fra una regione e l’altra, in stretta correlazione con ilreddito ed i servizi sociali e sanitari.

Numeratore Numero di bambini deceduti a meno di un anno di etàx 1.000

Denominatore Numero di bambini nati vivi nello stesso anno

Validità e limiti. È un indicatore robusto e valido, largamente utilizzato dalle Agenzieinternazionali. Per rafforzare la validità dei dati, aumentando il numero di eventi consi-derati, sono stati calcolati i valori nell’intervallo temporale 1995-1999.I dati relativi all’anno 2000 non si discostano dai risultati da noi analizzati per l’anno1999.

Fonte dei dati e anni di riferimento: ISTAT. Anni dal 1995 al 1999.

Tasso di mortalità infantile nelle regioni italiane negli anni dal 1995 al 1999 compresi

Regione Tasso I.C. 95%

Friuli-Venezia G 2,8 2,4-3,4Molise 3,4 2,5-4,5Basilicata 3,7 3,0-4,4Trentino-A.A. 3,8 3,3-4,4Valle d'Aosta 3,8 2,3-5,8Umbria 4,1 3,4-4,9Lombardia 4,3 4,1-4,5Veneto 4,3 4,0-4,6Piemonte 4,7 4,4-5,0Sardegna 4,8 4,3-5,3Emilia-Romagna 5,3 4,9-5,7Toscana 5,4 5,1-5,9Abruzzo 5,6 5,0-6,3ITALIA 5,6 5,5-5,7Lazio 5,9 5,6-6,3Calabria 6,0 5,6-6,5Marche 6,0 5,4-6,7Campania 6,5 6,2-6,8Puglia 6,7 6,4-7,1Liguria 7,1 6,4-7,8Sicilia 7,6 7,3-7,9

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Descrizione dei Risultati

Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 mortiper 1.000 nati vivi. In Regioni come Friuli Venezia Giulia, Trentino A.A., Veneto, Piemonte, Lombardia,Umbria, Molise, Basilicata e Sardegna il Tasso di Mortalità Infantile si presenta signi-ficativamente più basso del tasso medio nazionale. Si segnalano variazioni statistica-mente significative in termini di riduzione del tasso negli anni considerati per le Regioni:Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Molise.Altre Regioni, come Sicilia, Puglia, Liguria e Campania, hanno un tasso quinquennalepiù alto del tasso medio nazionale. Di queste Sicilia e Campania mostrano, però, untrend di riduzione statisticamente significativo.

Tassi di mortalità infantile (con intervalli di confidenza al 95%), per 1.000 nati vivi, nel-l’anno 1999

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Evoluzione del tasso di mortalità infantile tra l’anno 1995 ed l’anno 1999. Le regionisono elencate per ordine crescente sulla base dei tassi dell’anno 1999.

Anno 1995 Anno 1999Regione

Tasso I. C.(95%) Tasso I. C.(95%) P-trend*

Molise 5,7 3,3 – 19,2 1,8 0,6 - 4,2 .016Friuli-Venezia Giulia 3,3 2,1 – 14,7 2,0 1,2 - 3,1 .031Valle d'Aosta 6,0 2,2 – 13,0 2,7 0,6 - 7,9 .220Toscana 7,2 6,2 – 18,4 3,8 3,1 - 4,6 .0005Lombardia 4,8 4,3 – 15,3 3,9 3,5 - 4,4 .009Veneto 4,9 4,2 – 15,6 4,0 3,4 - 4,7 .016Basilicata 4,3 2,9 – 16,3 4,1 2,6 - 6,1 .848Trentino-Alto Adige 4,0 2,8 – 15,5 4,1 2,9 - 5,5 .961Umbria 4,5 3,0 – 16,5 4,1 2,7 - 5,9 .646Sardegna 4,4 3,4 – 15,7 4,3 3,3 - 5,6 .443Piemonte 4,8 4,1 – 15,6 4,5 3,8 - 5,2 .336Abruzzo 6,0 4,7 – 17,7 4,6 3,4 - 6,0 .052Emilia-Romagna 4,9 4,1 – 15,8 5,1 4,3 - 5,9 .828ITALIA 6,2 6,0 – 16,4 5,1 4,9 - 5,3 .005Liguria 8,4 6,8 – 10,3 5,5 4,2 - 7,0 .182Lazio 6,4 5,7 – 17,2 5,6 5,0 - 6,3 .740Calabria 6,1 5,2 – 17,3 5,7 4,7 - 6,8 .387Campania 7,3 6,7 – 18,0 5,9 5,3 - 6,5 .001Marche 7,2 5,8 – 18,9 6,0 4,7 - 7,5 .097Puglia 7,6 6,8 – 18,4 6,7 5,9 - 7,5 .090Sicilia 8,4 7,6 – 19,1 6,8 6,1 - 7,5 .002

Nota statistica: Le variazioni negli anni dal 1995 al 1999 sono state analizzate mediante il test del trend chesaggia l’ipotesi che al passaggio da un anno al successivo si produca una variazione costante del tasso di mor-talità. L’ipotesi nulla è che non ci sia nessuna variazione del tasso nel periodo considerato.Il test è stato calcolato introducendo la variabile «anno» come un termine lineare in un modello binomialenegativo e calcolando il likelihood ratio test (LRT). Il valore di «p» è stato ottenuto riferendo questo valorealla distribuzione chi quadrato con un grado di libertà.

Considerando i tassi relativi al 1999, confrontati con quelli del 1995, possiamo anzi tuttonotare che in Italia vi è stata una significativa riduzione dal 6,2 al 5,1 per mille (-17%). In nessuna regione italiana vi è stato un peggioramento ed anzi in sette regioni si assi-ste ad un miglioramento, con riduzioni significative (variabili dal –79% al – 2%).Il Friuli-V.G., che partiva da un tasso già nel 1995 inferiore (3,3 per mille), in manierastatisticamente significativa, alla media nazionale ha ottenuto una ulteriore diminuzionedel tasso pari al 39%, raggiungendo e mantenendo in maniera stabile un tasso di mor-talità che è tra i più bassi del mondo.Molise e Toscana hanno ottenuto delle significative riduzioni del loro tasso regionale

di mortalità infantile. Lo stesso dicasi della Sicilia e della Campania che, pur conti-nuando ad avere nel 1999 un tasso di mortalità infantile superiore (statisticamente signi-ficativo) alla media nazionale, hanno in ogni caso registrato una incoraggiante diminu-zione.

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Valutazione dei dati da parte di Carlo Francescutti e Giorgio Simon - AgenziaRegionale di Sanità; Regione Friuli-Venezia Giulia

Il dato della bassa mortalità infantile in regione Friuli-Venezia Giulia è indubbiamenterilevante e si presta a diverse valutazioni.Non è certamente semplice riuscire a definire quali siano i determinanti di un risultatocosì rilevante senza disporre di dati precisi di raffronto sulle caratteristiche socio-demo-grafiche delle madri e delle famiglie e sull’articolazione e la qualità dei servizi. La rifles-sione si deve pertanto limitare alla descrizione dei cambiamenti organizzativi e funzio-nali avvenuti in regione Friuli-Venezia Giulia e agli studi valutativi condotti.Nel 1991 la Giunta Regionale ha disegnato la nuova organizzazione del trasporto neo-natale. Gli elementi essenziali del piano riguardavano l’identificazione di due soli polidi terapia intensiva neonatali (Udine e Trieste) da cui dovevano anche partire le ambu-lanze attrezzate per il trasporto, e la promozione del cosiddetto «trasporto in utero» ossiala concentrazione di parti a rischio presso i due centri di riferimento.La ricaduta operativa è stata lenta, ma progressiva. I neonati con età gestazionale infe-riore alle 32 settimane nati nei centri di riferimento erano solo il 50,5% nel 1989 e sonoaumentati progressivamente fino all’82,7% del 1998. La mortalità neonatale è una com-ponente importante della mortalità infantile ed è quindi possibile che proprio il miglio-ramento organizzativo descritto abbia avuto un ruolo abbia un ruolo positivo sull’out-come considerato.Oltre alla cure neonatali la regione Friuli-Venezia Giulia si caratterizza anche per unaforte concentrazione per le cure pediatriche presso l’IRCCS pediatrico Burlo Garofaloche per molte patologie complesse tratta praticamente il 100% dei casi regionali.

Confronti internazionali

Raccomandazioni di Osservasalute

È altamente auspicabile che in tutte le regioni continui e si consolidi il trend al miglio-ramento, sia in quelle che hanno già raggiunto livelli ottimali (dunque migliorabili conmaggior difficoltà) sia, sopra tutto, in quelle che hanno ancora valori elevati rispetto allamedia nazionale.

LA SALUTE RIPRODUTTIVA 123

01234567

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Rapporto di abortività spontanea

Significato. Si tratta di un indicatore di «rischio» della gravidanza. Sull’abortività spon-tanea possono incidere: età e stili di vita della madre, fattori ambientali, attività lavora-tiva, nonché livello e qualità delle cure ostetriche.Per quanto riguarda l’età della madre, l’abortività spontanea è maggiore nelle gravidan-ze di donne molto giovani e particolarmente in quelle di donne di età avanzata, soprat-tutto per il maggior rischio di difetti congeniti del prodotto del concepimento.

Numeratore Numero di aborti spontanei in donne di età 15-49 annix 1.000

Denominatore Numero di nati vivi da donne di età 15-49 anni

Validità e limiti. I limiti principali riguardano la qualità e completezza dei dati: in par-ticolare il numeratore dell’indicatore è costruito attraverso le informazioni di un’inda-gine ISTAT sulle dimissioni dagli istituti di ricovero e cura per aborto spontaneo. Potrebbero non essere registrati eventi per i quali non c’è ricorso all’ospedale.

Benchmark. Non sono noti valori ottimali di riferimento.

Fonte dei dati e anni di riferimento: ISTAT. Anno 1999.

Rapporto di abortività spontanea per mille nati vivi, per classi di età materna, per regio-ne (anno 1999). Le regioni sono ordinate in ordine crescente dei valori della colonnaetà materna 40-44 anni.

Regione tutte le età materne età materna 40-44 anni

Sardegna 90,1 310,2Molise 103,5 314,9Abruzzo 101,1 396,5Campania 92,9 398,4Trentino Alto Adige 120,4 411,4Umbria 113,8 420,6Piemonte 107,6 425,4Marche 112,5 430,8Calabria 107,8 431,5Liguria 127,8 432,4Toscana 136,4 449,8Sicilia 111,0 450,8ITALIA 117,1 453,2Lazio 159,2 457,8Lombardia 125,7 479,6Veneto 126,3 484,3Puglia 102,5 489,3Friuli Venezia Giulia 145,4 513,7Emilia-Romagna 141,3 545,2Basilicata 133,7 667,3Valle d’Aosta 115,5 686,6

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Descrizione dei Risultati

È difficile fare considerazioni sui dati di abortività spontanea ed, in particolare, effet-tuare analisi comparative fra regioni. Possiamo comunque osservare che i valori relati-vi alla classe di età materna 40-44 anni sono più che doppi rispetto a quelli delle altreetà intese globalmente in tutte le regioni.

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Rapporto di abortività spontanea per mille nati vivi. Età materna 40-44 anni. Anno 2000

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Tasso di abortività volontaria totale

Significato. Nel 1978 è stata approvata in Italia la Legge 194 «Norme per la tutela dellamaternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza», che permette a qualsiasi donnadi richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni digestazione per motivi di salute, economici, sociali e familiari. L’intervento può essere effettuato presso le strutture del SSN e le strutture private accre-ditate.Questo indicatore può rilevare diversi atteggiamenti culturali e scelte riproduttive delledonne così come diverse politiche contraccettive, differenti offerte di servizi nei variambiti territoriali.

Parametro misurato Tasso di abortività volontaria totale (numero medio di interru-zioni volontarie della gravidanza per donna)

Formula

Significato variabili x = indice dell’età della donna, compreso tra 15 e 49 anniav

x= abortività volontaria specifica all’età i: av

x= IGV

x/ D

xIGV

x= interruzioni volontarie della gravidanza nell’anno di rife-

rimento da donne in età xD

x= donne in età x nell’anno di riferimento

Validità e limiti. L’indicatore è oggetto di par-ticolare attenzione e viene elaborato con datiraccolti, analizzati e pubblicati dall’IstitutoSuperiore di Sanità, dall’ISTAT e dal Ministerodella Salute.Ogni anno il Ministro della Salute presenta alParlamento una relazione sull’andamento delfenomeno.I limiti dell’indicatore possono essere rappre-sentati dal fatto che, mentre al denominatorefigurano le donne residenti nei diversi ambititerritoriali, gli eventi al numeratore possonoessere imputabili a donne presenti e non resi-denti, per esempio immigrate (con alta incidenzadi IVG), o a donne che eseguono l’interruzio-ne in una regione diversa da quella di residen-za. Tali limiti rendono cauta l’interpretazionedei dati e i confronti fra regioni.

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2003126

49 49

15 15x

xx

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Tasso di abortività volontaria totale. Anno 2000

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Fonte dei dati e anni di riferimento: ISTAT. Anno 2000.

Tasso di Tasso di fecondità totale Interruzioni

natalità (numero medio volontariedi figli per donna) di gravidanza

2000 2000 1996 Tasso totale

Bolzano-Bozen 11,7 1,47 … 0,17Trentino-Alto Adige 11,2 1,45 1,39 0,21Veneto 9,6 1,21 1,10 0,21Sardegna 8,4 1,06 1,03 0,21Trento 10,8 1,42 … 0,25Marche 8,5 1,18 1,09 0,25Friuli-Venezia Giulia 8,1 1,10 0,98 0,26Sicilia 10,5 1,41 1,47 0,27Calabria 9,5 1,25 1,35 0,28Campania 11,6 1,47 1,57 0,29Basilicata 9,4 1,24 1,27 0,29Lombardia 9,4 1,20 1,10 0,31Abruzzo 8,5 1,15 1,19 0,32ITALIA 9,4 1,24 1,21 0,32Toscana 8,0 1,10 1,00 0,34Molise 8,2 1,14 1,17 0,34Piemonte 8,4 1,15 1,05 0,36Lazio 9,3 1,17 1,12 0,36Emilia-Romagna 8,5 1,16 1,01 0,37Liguria 7,0 1,00 0,94 0,38Valle d'Aosta 9,7 1,26 1,20 0,39Umbria 8,1 1,14 1,07 0,39Puglia 10,4 1,34 1,37 0,46

Variabilità regionale (C.V.) 12,6 10,1 14,7 21,4

Descrizione dei Risultati

L’andamento dell’indicatore è stato in aumento fino agli inizi degli anni ottanta, persubire poi una riduzione negli anni novanta, seguita dall’attuale tendenza alla stabiliz-zazione. Questo andamento riguarda sia il dato complessivo osservato a livello nazio-nale che i dati dei diversi ambiti territoriali.

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Proporzione di parti cesarei

Significato. Si tratta di una misura della qualità dell’assistenza. Esiste unanime consensoche il taglio cesareo sia una procedura soggetta a sovra-utilizzazione: la proporzione diparti cesarei ha subito infatti negli ultimi decenni un costante incremento in tutti i paesiindustrializzati, compresa l’Italia dove sono stati raggiunti valori tra i più elevati almondo.I determinanti di questa crescita sembrano essere principalmente rappresentati dal con-testo sociale, culturale e sanitario, dalle conoscenze e le attitudini dei professionisti sani-tari, dalla differente quota di pagamento dei ricoveri per parto cesareo rispetto a quelloper via naturale, dal tipo di struttura di ricovero in cui avviene il parto.In situazioni di sovra-utilizzazione, come chiaramente avviene nel nostro paese, le pro-porzioni più basse di taglio cesareo rappresentano una migliore qualità dell’assistenza,in termini di appropriato uso delle procedure.

Numeratore Numero di parti cesarei (DRG 370 e 371)x 100

Denominatore Numero totale di parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. Non ci sono studi che valutano esplicitamente la validità di costruttodi questo indicatore. In altre parole non c’è evidenza che regioni con proporzioni dicesareo più basse forniscano, utilizzando altre misure della qualità delle cure, un’assi-stenza migliore. È tuttavia possibile affermare con certezza che l’elevata frequenza d’usodel taglio cesareo può essere espressione di una impropria medicalizzazione della gra-vidanza e del parto. Dal momento che la proporzione di parti cesarei è misurata con buona precisione e datoil numero elevato di procedure eseguite, è verosimile che le differenze osservate rappre-sentino vere differenze nella performance delle strutture piuttosto che variazioni casuali. Resta aperto il problema del «risk adjustment»: infatti è possibile che una parte delledifferenze regionali possano essere spiegate da differenti condizioni cliniche. Le pos-sibili variabili di confondimento sono: età materna, precedente taglio cesareo, caratte-ristiche e condizioni cliniche della madre, caratteristiche e condizioni cliniche del neo-nato.L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la proporzione di parti cesarei un indi-ce di adeguata qualità assistenziale, capace di tutelare la salute di madre e neonato nelrispetto della «naturalezza dell’evento nascita». Non è noto quale sia il tasso di TC corrispondente alla «qualità ottimale delle cure».Alcuni progetti quali «Healthy People 2010» (Office of Diseases Prevention and HealthPromotion U.S. Department of Health and Human Services, USA) fissano genericamentel’obiettivo di una riduzione del tasso di TC.

Benchmark. Il Ministero della Salute ha fissato un valore di riferimento per la propor-zione dei parti cesarei pari al 15-20%. Questo valore, considerata la età più avanzatadel parto nel nostro paese, è sostanzialmente in linea con i valori di riferimentodell’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce «ideale» una proporzione ditaglio cesareo «non superiore al 15%».

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Fonte dei dati: Ministero della Salute–Direzione Generale Programmazione Sanitaria. Anni 2000 e 2001.

Percentuale di parti cesarei sul totale dei parti. Le regioni sono ordinate per valori cre-scenti rispetto all’anno 2000. I dati del cartogramma sono riferiti all’anno 2000. Il datodi P.A. Bolzano dell’anno 2001 è in corso di verifica.

2000 2001

P.A. Bolzano 19 14Friuli-Venezia Giulia 20 20Valle d'Aosta 24 23Toscana 24 23Lombardia 24 25Veneto 25 26P.A. Trento 26 25Umbria 27 27Piemonte 27 29Sardegna 27 33Emilia-Romagna 28 29Liguria 30 30Lazio 32 37Marche 33 34ITALIA 33 34Abruzzo 36 36Molise 36 39Calabria 37 37Basilicata 40 46Puglia 41 40Sicilia 42 42Campania 53 54

Descrizione dei Risultati

Il taglio cesareo è stata in Italia la quinta più frequente causa di ricovero ed il secondointervento chirurgico in ordine di frequenza nell’anno 2001.In Italia il tasso medio di tagli cesarei per l’anno 2000 nelle strutture pubbliche (30.8%)è di molto inferiore a quello delle strutture private accreditate (50.7%). Il commento diquesto dato, che sembra molto significativo, è però inficiato dal fatto che non è possi-bile, con le informazioni di cui disponiamo, operare aggiustamenti per condizioni mater-ne e fetali che si possono variamente selezionare nelle due tipologie di strutture. Se guardiamo il solo dato relativo alle strutture pubbliche, mentre ci sono regioni che,pur lontane dal limite del 15% fissato dall’OMS, presentano valori del tasso di tagliocesareo inferiori al 30% (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, P.A. di Trento e Bolzano,Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, e Toscana) altre, quali Marche,Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia presentano valo-ri superiori (la Regione Campania 47%, la Regione Sicilia 40.6%).

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Variazione (in punti percentuali) della proporzione di parti cesarei tra gli anni 2000 e 2001

P.A. Bolzano -5P.A. Trento -1Puglia -1Toscana -1Valle d'Aosta -1Abruzzo 0Calabria 0Friuli-Venezia Giulia 0Liguria 0Sicilia 0Umbria 0Campania 1Emilia-Romagna 1Lombardia 1Marche 1Veneto 1ITALIA 1Piemonte 2Molise 3Lazio 5Basilicata 6Sardegna 6

Valutazione dei dati da parte di Carlo Francescutti e Giorgio Simon - AgenziaRegionale di Sanità; Regione Friuli-Venezia Giulia

La regione Friuli-Venezia Giulia è da molto tempo collocata su livelli bassi di tagli cesa-rei. Un’indagine eseguita nel 1996 aveva analizzato i determinanti della variabilità trapunti nascita mettendo insieme sia caratteristiche della donna e del bambino (es. etàdella madre, età gestazionale, presentazione al parto), che strutturali (numero di parti/anno,gestione pubblica o privata). Le informazioni più importanti emerse dallo studio sonostate le seguenti: negli ospedali con meno nati e negli ospedali privati il ricorso al cesa-reo a parità di condizioni è più frequente, le donne con pregresso cesareo hanno unaprobabilità elevatissima di subire un nuovo taglio cesareo. Il tasso di cesarei nelle donnegià cesarizzate ha una variabilità in regione ancora maggiore dei cesarei stessi. Il valo-re massimo è del 92% il valore minimo del 45%. È evidente che il primo cesareo haun’influenza molto rilevante nel condizionare il tasso complessivo.L’età della donna al momento del parto è un altro fattore che influisce sul cesareo. Aquesto proposito negli ultimi anni si è assistito ad un doppio fenomeno: l’avanzare del-l’età delle donne che partoriscono e l’avanzare dell’età a cui si ha il primo figlio. Ledonne di oltre 35 anni che partorivano nel 1989 erano il 12% e sono aumentate fino al20% nel 1998. Di queste ben il 35% è al primo figlio. Se questo trend continua è pos-sibile che nei prossimi anni il livello dei cesarei possa aumentare.Per quanto riguarda la programmazione regionale l’intervento sui punti nascita si è con-cretizzato anche nella chiusura di sei centri a minor volume di attività in quanto si èritenuto che questi centri, a causa della loro ridotta attività, non fossero in grado digarantire i livelli organizzativi e qualitativi necessari.

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2003130

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L’esperienza dell’Ospedale di Bolzano. Valutazioni di Sergio Messini, PrimarioDivisione di Ostetricia e Ginecologia

Presso l’Ospedale di Bolzano avvengono circa il 30% di tutte le nascite della ProvinciaAutonoma di Bolzano.Sulla percentuale di taglio cesareo incidono molti fattori, alcuni non governabili in ambi-to sanitario, quale in particolar modo, l’aggressività legale. Nella nostra divisione si è cercato di dare importanza ai fattori organizzativi ed umaniche interagiscono nel processo decisionale relativo alla tipologia di parto. Si è individuato un team dedicato principalmente all’ostetricia, potendo così incrementa-re l’esperienza e, conseguentemente, ridurre i fattori empatici di «paura» del parto vagi-nale, che possono spesso favorire la impropria decisione alla risoluzione cesarea del parto. Si è data autonomia di gestione del travaglio fisiologico alle ostetriche, nell’ambito diprecise direttive, così che esse si dedichino con maggior impegno all’assistenza al partovaginale. Si sono definite linee guida precise sulle indicazioni al parto cesareo, per cui,per esempio, il pregresso parto cesareo non è indicazione in sé alla reiterazione del partooperativo. Si è dotato il punto nascita di alta tecnologia, quale la pulsiossimetria fetale e l’elettro-cardiografia fetale. Si è contemporaneamente curato «l’ambiente parto», strutturandounità singole travaglio-parto per permettere ampia adattabilità delle forme di travaglioe/o parto e con ciò tranquillità alle partorienti ed ai relativi partners, riducendo così fat-tori impropri di distocia dinamica su base psico-endocrina.

Raccomandazioni Osservasalute

È urgente una riduzione della proporzione di tagli cesarei in tutte le Regioni italiane,ma soprattutto nelle Regioni centro meridionali per avvicinarsi ai valori di riferimentoraccomandati. Particolare attenzione dovrà essere posta da quelle regioni in cui esiste un trend in aumen-to negli anni 2000 e 2001.

Note conclusive

Alcune riflessioni generali riguardano il fatto che soprattutto nelle regioni del Nord edel Centro vi è una minore propensione delle donne ad avere figli rispetto alle regionidel Sud e comunque una tendenza a scegliere la maternità in età più elevate. Questo sitraduce in bassi tassi di natalità e fecondità e, probabilmente, in più alti rapporti di abor-tività spontanea. Più difficile la lettura complessiva dei dati riguardanti il tasso di abortività volontariache può riconoscere molteplici e controversi determinanti. L’analisi della mortalità infantile mostra come in alcune regioni, in particolare del Nord(Friuli Venezia Giulia) e Centro, ma anche in alcune regioni del Sud (Molise), si sianoraggiunti valori dell’indicatore in linea con quelli dei paesi del Nord Europa, segnalan-do in particolare trend temporali in ulteriore diminuzione. Per converso la maggior partedelle regioni del Sud mostra proporzioni di tagli cesarei più elevati di quelli delle regio-ni del Centro – Nord. Per questo indicatore pesano verosimilmente più che determinan-ti socio – economici o ambientali o legati agli stili di vita (importanti nel determinareil tasso di mortalità infantile insieme alla tipologia e qualità dei servizi sanitari) moda-lità organizzative loco – regionali e differenti pratiche professionali.

LA SALUTE RIPRODUTTIVA 131

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Tasso di mortalità infantile, neonatale e postneonatale

Significato. Il tasso di mortalità infantile, oltre ad essere un indicatore della salute delneonato e del bambino nel primo anno di vita, è considerato nella letteratura interna-zionale una misura riassuntiva della salute di una popolazione. È infatti uno dei principali indicatori di valutazione delle condizioni socio-economiche,ambientali, culturali e della qualità delle cure materno-infantili. Studi recenti mostranola correlazione tra tasso di mortalità infantile e aspettativa di vita in buona salute. Dall’inizio del secolo scorso si è notevolmente abbassato in tutti i paesi industrializzati,ma rimane ancora elevato, seppure in diminuzione, in numerosi paesi dell’Africa,dell’Asia e dell’America Centrale e Meridionale. Anche all’interno di uno stesso paesesi notano differenze considerevoli fra una regione e l’altra, in stretta correlazione con ilreddito e lo sviluppo dei servizi sanitari e sociali.Tra i maggiori determinanti della mortalità infantile sono riportati: il basso peso allanascita, la prematurità, l’età materna, la multiparità, l’ordine di nascita, il ritardo dellevisite prenatali, l’educazione materna, l’abitudine al fumo, il livello di reddito e la fami-glia costituita dalla sola madre.La mortalità infantile comprende la mortalità neonatale (entro le prime 4 settimane di vita)e la postneonatale (dopo le prime quattro settimane ed entro il primo anno di vita). La mor-talità neonatale è maggiormente legata a fattori biologici quali la salute della madre, la pre-senza di anomalie congenite e l’evoluzione del parto, oltre che a fattori legati all’assisten-za alla nascita; la postneonatale è invece maggiormente legata a fattori ambientali e sociali.

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Numero di deceduti a meno di un anno di etàx 1.000

Denominatore Numero di nati vivi nello stesso anno

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Numero di deceduti nelle prime quattro settimane di vitax 1.000

Denominatore Numero di nati vivi nello stesso anno

Tasso di mortalità postneonatale

Numeratore Numero di deceduti dopo le prime quattrosettimane di vita ed entro il 1° anno di età

x 1.000Denominatore Numero di nati vivi nello stesso anno

Validità e limiti. Il tasso di mortalità infantile è un indicatore robusto, largamente uti-lizzato dalle agenzie internazionali. Per rafforzare la validità dei dati, trattandosi di even-ti relativamente rari, sono stati calcolati:1. i tassi di mortalità infantile e neonatale dal 1990 al 2001 con i relativi intervalli diconfidenza;2. le medie mobili dei tassi dal 1991 al 2000;3. la tendenza dei tassi nel periodo dal 1990 al 2001, attraverso la misura del p trend.

Studi recenti hanno documentato un’ampia variazione nei tassi di mortalità tra i diver-si paesi a seconda dei criteri con cui vengono registrati i nati vivi soprattutto tra i bam-bini con peso alla nascita molto basso (ad es <500g) comportando così un problema dimisclassificazione dei nati.

SALUTE RIPRODUTTIVA 189

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Descrizione dei Risultati

Tabella 1 - Tasso di mortalità infantile nelle regioni italiane nel 1990 e nel 2001 con rela-tivi limiti di confidenza, variazione negli anni dal 1990 al 2001 (p trend), variazione inpercentuale del tasso confrontando l’anno 2001 con l’anno 1990

RegioneAnno 1990 Anno 2001

tasso IC 95% tasso IC 95%p trend var %

Piemonte 6,4 5,6 - 7,3 3,6 3,0 - 4,3 <0,0001 -43,8Valle d’Aosta 6,1 2,2 - 13,2 3,6 1,0 - 9,2 0,3534 -41,0Lombardia 6,9 6,3 - 7,5 3,9 3,5 - 4,3 <0,0001 -43,5Trentino-Alto Adige 6,4 4,9 - 8,2 2,3 1,5 - 3,4 <0,0001 -64,1Prov. Aut. Bolzano 7,2 5,1 - 9,9 2,6 1,4 - 4,3 0,0017 -64,5Prov. Aut. Trento 5,4 3,5 - 8,0 2,0 1,0 - 3,7 0,0016 -62,5Veneto 5,7 5,0 - 6,5 2,4 2,0 - 2,9 <0,0001 -57,9Friuli-Venezia Giulia 3,9 2,6 - 5,4 3,7 2,5 - 5,1 0,0068 -5,1Liguria 7,2 5,7 - 9,0 4,5 3,3 - 5,9 <0,0001 -37,5Emilia-Romagna 7,0 6,0 - 8,0 3,6 3,0 - 4,3 <0,0001 -48,6Toscana 6,2 5,2 - 7,2 3,3 2,6 - 4,0 <0,0001 -46,8Umbria 7,9 5,9 - 10,4 3,0 1,8 - 4,6 <0,0001 -62,0Marche 7,6 6,1 - 9,3 4,3 3,2 - 5,6 0,0008 -43,4Lazio 7,1 6,4 - 7,9 4,4 3,8 - 5,1 <0,0001 -38,0Abruzzo 8,4 6,8 - 10,1 5,0 3,7 - 6,5 <0,0001 -40,5Molise 7,9 5,1 - 11,6 5,8 3,3 - 9,6 0,0002 -26,6Campania 10,2 9,5 - 10,9 5,4 4,9 - 6,0 <0,0001 -47,1Puglia 10,0 9,1 - 10,9 5,6 4,9 - 6,4 <0,0001 -44,0Basilicata 11,2 8,9 - 13,9 5,0 3,3 - 7,2 0,0002 -55,4Calabria 8,9 7,8 - 10,2 5,9 4,9 - 7,1 <0,0001 -33,7Sicilia 10,5 9,7 - 11,3 6,3 5,6 - 7,0 <0,0001 -40,0Sardegna 8,5 7,2 - 10,0 3,9 2,9 - 5,2 <0,0001 -54,1Italia 8,2 7,9 - 8,4 4,4 4,2 - 4,6 -46,3

Fonti dei dati e anni di riferimento: Istat - Anni dal 1990 al 2001.

Nel 2001 il tasso di mortalità infantile nazionale è stato di 4,4 morti per 1.000 nati vivi,variando, a livello regionale, da un minimo di 2,3 morti per mille nati vivi in TrentinoAlto Adige ad un massimo di 6,3 morti per mille nati vivi in Sicilia. La provincia diTrento, il Veneto e la Toscana hanno un tasso di mortalità infantile significativamentepiù basso del valore medio nazionale. Campania, Puglia, Calabria e Sicilia hanno inve-ce un tasso di mortalità significativamente più alto di quello nazionale.I valori di p trend relativi al periodo 1990-2001 testimoniano una significativa riduzionedella mortalità infantile a livello nazionale e regionale ad eccezione della Valle d’Aosta (lanon significatività è verosimilmente in rapporto con l’esiguità della popolazione).Confrontando i tassi del 2001 con quelli del 1990, a livello nazionale, la mortalità infan-tile è passata dall’8,2 al 4,4 per mille nati vivi, con una riduzione del 46%. Confrontando le singole regioni, le riduzioni variano dal 64,1% in Trentino Alto Adige al5,1% in Friuli Venezia Giulia; quest’ultima regione partiva però da livelli di mortalità infan-tile già significativamente molto più bassi rispetto a quelli di molte altre regioni italiane. Tra le regioni che nel 1990 presentavano tassi di mortalità infantile al di sopra del valo-re medio nazionale, pur registrando in tutte una riduzione, in alcune (Abruzzo, Puglia,Calabria e Sicilia) la riduzione è stata inferiore al valore di riferimento nazionale (46,3%). Altre regioni (Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria), che

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004190

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invece già partivano da tassi di mortalità infantile inferiori a quello nazionale, hannopresentato una riduzione in percentuale superiore a quella media nazionale. Per gli anni dal 1991 al 2000 sono state calcolate le medie mobili del tasso di morta-lità infantile (tabella 2). Le medie mobili confermano le tendenze generali già osservate nell’analisi dei tassi annua-li. Utilizzando questo indicatore, meno sensibile alle fluttuazioni annuali, le regioni che nel2000 (dati 1999-2000-2001) presentano la minore mortalità sono Friuli Venezia Giulia, Venetoe Trentino Alto Adige; quelle con mortalità maggiore sono Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata.

Tabella 2 - Tassi di mortalità infantile - Medie mobili - Anni 1991-2000

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999Regione 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001Piemonte 6,7 6,6 6,1 5,7 5,6 5,5 5,2 4,8 4,3 3,9Valle d’Aosta 5,7 4,7 5,0 4,4 4,8 4,9 4,8 4,2 3,9 3,5Lombardia 6,6 6,0 5,4 4,9 4,7 4,4 4,0 3,8 3,6 3,7Trentino-Alto Adige 5,6 5,0 4,9 4,7 4,7 4,6 4,2 4,2 3,8 3,3Prov. Aut. Bolzano 6,0 5,2 4,8 4,8 5,0 5,3 5,1 5,0 4,0 3,4Prov. Aut. Trento 5,4 4,9 5,0 4,6 4,4 3,7 3,1 3,3 3,5 3,2Veneto 5,6 5,6 5,4 4,9 4,6 4,3 4,0 3,7 3,5 3,3Friuli-Venezia Giulia 4,7 4,7 4,1 3,7 3,7 3,7 3,1 2,3 2,1 2,6Liguria 6,9 6,6 6,4 5,8 5,4 5,2 5,1 4,6 4,3 4,2Emilia-Romagna 6,5 6,1 6,0 5,3 5,0 4,8 5,0 4,6 4,2 3,7Toscana 6,5 6,6 6,3 6,2 6,0 5,8 5,1 4,5 4,0 3,6Umbria 7,6 7,0 5,8 5,5 5,1 5,2 4,9 5,0 4,7 4,2Marche 6,6 5,7 5,8 6,0 6,0 5,7 5,1 5,2 4,3 4,3Lazio 7,7 7,6 6,8 5,9 5,4 5,4 5,5 5,3 4,9 4,6Abruzzo 9,1 8,9 8,9 7,7 7,8 6,8 6,9 6,0 5,4 4,7Molise 9,2 8,6 7,4 6,4 6,4 5,8 5,1 4,5 4,8 5,3Campania 10,1 9,8 9,2 8,4 7,8 7,1 6,7 6,2 5,6 5,3Puglia 9,4 8,9 8,4 7,9 7,4 7,0 6,6 6,3 6,2 5,9Basilicata 10,0 9,3 8,2 7,8 6,5 6,8 6,5 7,5 6,2 5,8Calabria 9,1 9,2 8,5 8,4 7,9 7,2 7,1 6,5 6,4 5,8Sicilia 10,3 9,8 9,2 8,6 8,6 8,4 8,1 7,4 6,8 6,4Sardegna 7,6 7,0 6,2 5,6 5,2 5,5 5,5 5,2 4,5 4,2

SALUTE RIPRODUTTIVA 191

Tasso di mortalità infantile. Medie mobili anno 2000

2.6-3.443.45-3.863.87-4.364.37-5.65.61-6.4

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Grafico 1 - Medie mobili della mortalità infantile nelle regioni nel 1991(triennio 1990-1992) e nel 2000 (triennio 1999-2001)

Tabella 3 - Tasso di mortalità neonatale nelle regioni italiane nel 1990 e nel 2001 conrelativi limiti di confidenza, variazione negli anni dal 1990 al 2001 (p trend), variazio-ne in percentuale dei tassi confrontando l’anno 2001 con l’anno 1990

Regione1990 2001

tasso IC 95% tasso IC 95%p trend var %

Piemonte 5,2 4,5 - 6,0 2,6 2,1 - 3,2 <0,0001 -50,0Valle d’Aosta 5,1 1,6 - 11,8 3,6 0,1 - 9,2 0,8266 -29,4Lombardia 4,9 4,4 - 5,5 2,8 2,4 - 3,1 <0,0001 -42,9Trentino-Alto Adige 5,2 3,8 - 6,8 1,6 0,1 - 2,6 <0,0001 -69,2Prov. Aut. Bolzano 5,5 3,6 - 7,9 1,6 0,8 - 3,1 0,0004 -70,9Prov. Aut. Trento 4,9 3,1 - 7,5 1,6 0,7 - 3,2 0,0018 -67,3Veneto 4,1 3,5 - 4,8 1,6 1,2 - 2,0 <0,0001 -61,0Friuli-Venezia Giulia 2,5 1,5 - 3,7 2,5 1,6 - 3,7 0,0290 0,0Liguria 5,2 3,9 - 6,7 3,8 2,7 - 5,1 0,0004 -26,9Emilia-Romagna 5,4 4,6 - 6,3 2,7 2,1 - 3,2 <0,0001 -50,0Toscana 5,2 4,3 - 6,1 2,3 1,7 - 2,9 <0,0001 -55,8Umbria 6,8 5,0 - 9,2 2,1 1,1 - 3,5 <0,0001 -69,1Marche 6,1 4,7 - 7,6 3,1 2,1 - 4,2 0,0002 -49,2Lazio 5,7 5,1 - 6,4 3,5 2,9 - 4,0 <0,0001 -38,6Abruzzo 7,1 5,7 - 8,8 4,2 3,1 - 5,6 0,0001 -40,8Molise 6,9 4,3 - 10,5 4,3 2,1 - 7,7 0,0014 -37,7Campania 8,0 7,4 - 8,6 4,3 3,8 - 4,9 0,0001 -46,3Puglia 7,9 7,1 - 8,7 4,2 3,6 - 4,9 <0,0001 -46,8Basilicata 8,5 6,5 - 10,9 4,0 2,5 - 6,1 <0,0001 -52,9Calabria 7,0 6,0 - 8,1 4,7 3,8 - 5,8 <0,0001 -32,9Sicilia 8,3 7,6 - 9,0 4,6 4,1 - 5,2 <0,0001 -44,6Sardegna 6,3 5,1 - 7,5 2,6 1,8 - 3,6 0,0006 -58,7Italia 6,4 6,1 - 6,6 3,3 3,1-3,4 -48,4

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004192

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

Piem

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1991

2000

Page 17: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

Nel 2001 il tasso di mortalità neonatale è di 3,3 per mille nati vivi, variando da un mini-mo di 1,6 per mille nelle provincie di Trento e Bolzano e nel Veneto a 4,7 per mille inCalabria (tabella 3).Il Trentino Alto Adige, il Veneto e la Toscana presentano tassi significativamente infe-riori al tasso nazionale, mentre Puglia, Sicilia, Calabria, Campania presentano tassi signi-ficativamente superiori al tasso nazionale. I valori di p trend relativi al decennio 1990-2001 testimoniano una significativa riduzione della mortalità neonatale, sia a livello nazio-nale che a livello regionale.Confrontando i tassi del 2001 con quelli del 1990, a livello nazionale, la mortalità neo-natale è passata dal 6,4 al 3,3 per mille riducendosi del 48,4%. La maggiore riduzionesi registra nella provincia di Bolzano (-70,9%). La riduzione non è stata maggiore nelleregioni che partivano nel 1990 da tassi di mortalità neonatale più alti; tra le regioni chenel 1990 presentavano un tasso di mortalità neonatale superiore a quello nazionale, alcu-ne (Molise, Abruzzo, Calabria, Sicilia) hanno presentato una riduzione inferiore a quel-la nazionale. Altre regioni che partivano da tassi di mortalità neonatale inferiori a quel-lo nazionale alcune (Trentino Alto Adige, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana)hanno presentato una riduzione superiore a quella media italiana. Nella tabella 4 sono riportate le medie mobili della mortalità neonatale degli anni dal1991 al 2000. Come per le medie mobili della mortalità infantile anche qui si confer-mano le tendenze generali osservate dall’analisi dei tassi annuali. Utilizzando questoindicatore più stabile e meno sensibile alle fluttuazioni annuali nel 2000 le regioni conminore mortalità neonatale sono: Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige;quelle con maggiore mortalità sono: Sicilia, Calabria e Puglia.

Tabella 4 - Tassi di mortalità neonatale - Medie mobili - Anni 1991-2000

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999Regione 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Piemonte 5,1 5,0 4,6 4,3 4,2 4,1 3,9 3,6 3,3 3,0Valle d’Aosta 4,3 3,0 2,7 2,0 2,2 2,7 3,3 3,3 3,3 3,2Lombardia 4,6 4,2 3,7 3,4 3,2 3,1 2,8 2,6 2,5 2,6Trentino-Alto Adige 4,1 3,5 3,6 3,5 3,4 3,0 2,8 2,8 2,5 2,1Prov. Aut. Bolzano 4,4 3,8 3,5 3,3 3,5 3,4 3,3 3,1 2,6 2,1Prov. Aut. Trento 3,8 3,3 3,8 3,7 3,2 2,6 2,2 2,4 2,3 2,1Veneto 4,0 3,9 3,7 3,3 3,0 2,9 2,6 2,6 2,3 2,1Friuli-Venezia Giulia 3,3 3,2 2,9 2,3 2,6 2,7 2,3 1,8 1,4 1,7Liguria 5,4 5,5 5,2 4,7 4,1 4,1 4,0 3,9 3,5 3,3Emilia-Romagna 5,0 4,7 4,5 3,9 3,6 3,6 3,7 3,5 3,1 2,7Toscana 5,4 5,3 5,1 4,8 4,7 4,5 4,0 3,5 2,9 2,5Umbria 6,1 5,5 4,8 4,7 4,2 4,0 3,6 3,9 3,4 2,9Marche 5,4 4,7 4,7 4,6 4,7 4,4 3,9 4,0 3,2 3,2Lazio 6,0 5,9 5,2 4,5 4,0 4,3 4,3 4,0 3,7 3,5Abruzzo 7,3 6,8 7,0 6,1 6,3 5,2 5,3 4,3 4,0 3,7Molise 7,3 6,6 5,7 4,7 4,8 4,2 3,7 3,1 3,5 3,9Campania 7,9 7,7 7,0 6,5 5,9 5,4 5,1 4,6 4,1 4,0Puglia 7,3 6,8 6,4 5,9 5,6 5,2 4,9 4,6 4,4 4,3Basilicata 7,9 7,4 6,4 6,0 4,9 5,1 4,9 5,5 4,6 4,2Calabria 7,2 7,2 6,7 6,8 6,3 5,6 5,5 5,1 5,0 4,6Sicilia 8,1 7,7 7,3 6,8 6,8 6,7 6,4 5,8 5,3 5,0Sardegna 5,2 4,7 4,3 3,9 3,7 4,2 4,3 4,0 3,6 3,2

Italia 6,2 5,9 5,4 5,0 4,7 4,5 4,2 3,9 3,5 3,3

SALUTE RIPRODUTTIVA 193

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Grafico 2 - Medie mobili della mortalità neonatale nelle regioni nel 1991 (triennio 1990-1992) e nel 2000 (triennio 1999-2001)

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004194

Tassi di mortalità neonatale. Medie mobilianno 2000

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1991

2000

1.7-2.232.27-2.982.99-3.343.35-4.124.13-5

Tass

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Tabella 5 - Rapporto tra mortalità neonatale e mortalità infantile nel 1990 e nel 2001

RegioneRapporto mortalità neonatale/mortalità infantile (%)

1990 2001

Piemonte 81 72Valle d’Aosta 83 100Lombardia 72 71Trentino-Alto Adige 82 71Prov. Aut. Bolzano 76 64Prov. Aut. Trento 92 80Veneto 72 66Friuli-Venezia Giulia 64 69Liguria 72 84Emilia-Romagna 78 73Toscana 84 69Umbria 86 70Marche 80 71Lazio 80 78Abruzzo 85 85Molise 88 73Campania 78 80Puglia 79 75Basilicata 76 81Calabria 78 79Sicilia 79 74Sardegna 74 66

Italia 78 75

La mortalità neonatale rappresenta il 75% della mortalità infantile e varia dal 64% nellaProvincia di Bolzano, all’85% in Abruzzo e al 100% in Valle d’Aosta (tabella 5).Per quanto riguarda la mortalità postneonatale, i dati più recenti registrano una riduzio-ne rispetto ai valori del 1990 del 38,9%. In tutte le regioni si assiste ad una riduzionedel tasso eccetto che nel Molise e nella Toscana (tabella 6).

SALUTE RIPRODUTTIVA 195

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Tabella 6 - Tasso di mortalità postneonatale nelle regioni italiane nel 1990 e nel 2001con relativi limiti di confidenza, variazione in percentuale dei tassi confrontando l’anno2001 con l’anno 1990

Regione1990 2001

tasso IC 95% tasso IC 95%var %

Piemonte 1,2 0,9 - 1,6 1,0 0,7 - 1,4 -14,9Valle d’Aosta 1,0 0,3 - 5,6 0,0 0,0 - 3,3 -100,0Lombardia 2,0 1,6 - 2,3 1,1 0,9 - 1,4 -45,0Trentino-Alto Adige 1,1 5,7 - 2,0 0,7 0,3 - 1,4 -36,4Prov. Aut. Bolzano 1,8 0,8 - 3,3 0,9 0,3 - 2,1 -50,0Prov. Aut. Trento 0,4 0,5 - 1,6 0,4 0,5 - 1,5 -14,3Veneto 1,6 1,2 - 2,0 0,8 0,5 - 1,1 -50,0Friuli-Venezia Giulia 1,4 0,7 - 2,4 1,2 0,6 - 2,1 -14,3Liguria 2,1 1,3 - 3,1 0,7 0,3 - 1,4 -66,7Emilia-Romagna 1,5 1,1 - 2,1 1,0 0,7 - 1,4 -33,3Toscana 1,0 0,6 - 1,4 1,0 0,7 - 1,5 0,0Umbria 1,1 0,4 - 2,2 0,9 0,3 - 1,9 -18,4Marche 1,5 0,9 - 2,4 1,2 0,7 - 2,0 -20,0Lazio 1,4 1,1 - 1,8 1,0 0,7 - 1,3 -28,6Abruzzo 1,2 0,7 - 2,0 0,7 0,3 - 1,4 -41,7Molise 0,9 0,2 - 2,8 1,6 0,4 - 4,0 77,8Campania 2,2 1,9 - 2,5 1,1 0,9 - 1,4 -50,0Puglia 2,1 1,7 - 2,6 1,4 1,0 - 1,8 -33,3Basilicata 2,7 1,6 - 4,1 0,9 0,3 - 2,1 -66,7Calabria 1,9 1,4 - 2,5 1,2 0,8 - 1,8 -36,8Sicilia 2,2 1,8 - 2,5 1,6 1,3 - 2,0 -27,3Sardegna 2,2 1,6 - 3,0 1,3 0,8 - 2,1 -40,9Italia 1,8 1,7 - 1,9 1,1 1,0 - 1,2 -38,9

Cause di mortalità infantile

Nel triennio 1999-2001 le principali cause di mortalità infantile (codificate secondo laIX Revisione della Classificazione internazionale delle malattie ICD-9) sono costituitedalle condizioni morbose di origine perinatale (760.0-779.9) e dalle malformazioni con-genite (740.0-759.9) che rappresentano rispettivamente il 59% ed il 31% di tutte lecause di mortalità infantile. Le malattie infettive (1-139.8) costituiscono lo 0,6%; il 9%è rappresentato da altre cause. Similmente nel triennio 1990-1992 le condizioni morbose di origine perinatale costi-tuivano il 64%, le malformazioni congenite il 27%, le malattie infettive lo 0,57% edaltre cause il 10% del totale delle cause di mortalità infantile.

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004196

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Confronti internazionali

Negli ultimi decenni si è assistito ad una notevole riduzione dei tassi di mortalità infan-tile in tutti i paesi dell’Europa Occidentale con una riduzione delle differenze tra i varistati. Nel 2000 i tassi di mortalità infantile in Europa variavano da 3,4 per 1.000 inSvezia a 6,2 per 1.000 in Irlanda. Il tasso di mortalità infantile italiano si allinea con lamedia europea (grafico 3), nonostante fino a pochi anni orsono, l’Italia facesse parte deipaesi con tassi di mortalità infantile più elevati.

Grafico 3 - Tassi di mortalità infantile nei paesi dell’Unione Europea (EU-15) - Anno2000

Fonte dei dati: WHO Statistical Information System.

In particolare considerando i dati relativi al biennio 1999-2000 di Francia, Inghilterra eGermania, si osserva che l’Italia presenta tassi di mortalità infantile inferiori a quellidella Gran Bretagna e simili a quelli della Francia e della Germania da cui differisceperò per un diverso rapporto delle sue componenti (più alti tassi di mortalità neonatalee più bassi tassi di mortalità post-neonatale). I tassi di mortalità neonatale sono supe-riori sia a quelli della Germania che a quelli della Francia. Si osserva inoltre che i tassidi mortalità infantile di alcune regioni italiane del Nord sono tra i più bassi di quellidei tre paesi considerati. Pur osservando nelle nazioni suddette delle differenze tra i tassi regionali anche signi-ficativamente superiori ed inferiori alle medie nazionali la variabilità tra le regioni èinferiore a quella presente tra le regioni italiane (grafico 4) .

SALUTE RIPRODUTTIVA 197

0,0

1,0

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Grafico 4 - Valori minimi, al 25° percentile, al 75° percentile e valori massimi di mor-talità infantile nelle regioni dei quattro principali paesi europei - Anni 1999-2000

Descrizione dei Risultati

Dai dati esposti emerge l’importante diminuzione dei tassi di mortalità infantile italianinegli ultimi anni in linea con i tassi dell’Europa Occidentale. Questo traguardo derivasia da una riduzione della mortalità neonatale che da una riduzione della mortalità post-neonatale che ha raggiunto livelli inferiori a quelli di altri stati europei. Appare interes-sante notare che anche la mortalità neonatale, considerata difficilmente comprimibile, sisia ulteriormente ridotta. Nonostante questo incoraggiante trend registrato in quasi tutte le regioni italiane non-chè il raggiungimento da parte di alcune regioni di tassi inferiori a quelli di altre regio-ni europee ed un’attenuazione della variabilità tra le regioni, il miglioramento della mor-talità infantile avviene ancora con velocità diverse nel Nord e nel Sud del paese. Atutt’oggi permangono notevoli differenze tra una regione e l’altra, attribuibili soprattut-to alla componente neonatale.I dati di cui disponiamo non ci permettono di indagare quali fattori abbiano maggiormentedeterminato una riduzione della mortalità infantile e nello specifico quali abbiano maggior-mente inciso rispettivamente nella riduzione di quella neonatale e di quella postneonatale.Riduzione del numero delle nascite per donna, innalzamento dell’età materna, maggiore livel-lo di istruzione, migliori condizioni socio-economiche, gravidanze più assistite, progressi con-seguiti nella diagnosi prenatale, nell’assistenza al parto e nelle cure neonatali intensive sonotra i fattori che probabilmente meglio spiegano le riduzioni di questi ultimi anni.

Raccomandazioni di Osservasalute

È altamente auspicabile che in tutte le regioni continui e si consolidi il trend al miglio-ramento, sia in quelle che hanno gia’ raggiunto livelli ottimali (dunque migliorabili conmaggior difficoltà) sia, soprattutto, in quelle che hanno ancora elevati valori rispetto allamedia nazionale della mortalità infantile ed in particolare della mortalità neonatale attra-verso una riduzione dei fattori determinanti modificabili conosciuti.

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004198

1,5

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3,5

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6,5

7,5

Francia Germania Italia Gran Bretagna

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Tasso di mortalità nel primo anno di vita per malformazioni congenite

Significato. Le malformazioni congenite (ICD-9 740-759.9) sono difetti caratterizzati daanomalie della forma e/o della struttura di un organo, per lo più macroscopiche, determi-natesi prima della nascita. Si tratta di condizioni molto eterogenee, per tipo di organo inte-ressato, gravità ed eziopatogenesi. Sul piano eziopatogenetico possono essere «genetiche»o «non genetiche», anche se nella maggior parte dei casi derivano da complesse interazio-ni tra genetica ed ambiente. La raccolta dei dati sulle malformazioni congenite è utile per:– descrivere gli andamenti spazio-temporali;– analizzare i rapporti tra qualità dell’ambiente e salute;– identificare nuovi teratogeni;– analizzare la qualità dell’assistenza prenatale;– analizzare la qualità delle cure/sopravvivenza dei casi.Una stima corretta della frequenza delle malformazioni congenite può essere fornita daiRegistri delle Malformazioni Congenite che a tutt’oggi coprono comunque solo una partedelle regioni italiane. Tali registri si differenziano in ogni caso per tipologia delle malfor-mazioni congenite rilevate, periodo temporale considerato (dalla gravidanza al primoanno di vita) e per l’inclusione o meno dei casi accertati su diagnosi prenatale (IVGterapeutica). In relazione alla riduzione della morbosità e mortalità per altre cause, lemalformazioni congenite hanno via via acquistato un peso relativo crescente in età infan-tile, specie nel primo anno di vita. Ci si deve in ogni caso attendere una progressiva riduzione del tasso di mortalità permalformazioni in relazione sia alla riduzione dell’incidenza per espansione della dia-gnosi prenatale e l’attivazione di campagne specifiche di prevenzione, sia per un aumen-to dell’efficacia dell’assistenza perinatale e della chirurgia correttiva. L’impossibilità di poter disporre di dati di prevalenza alla nascita forniti dai registri pertutte le regioni ed in attesa di un miglioramento omogeneo dei dati di natalità fornitidal nuovo Certificato di assistenza al parto (Cedap) è necessario, per poter fare dei con-fronti regionali, utilizzare indicatori indiretti, come appunto il tasso di mortalità permalformazioni congenite nel primo anno di vita.

Numeratore Numero di deceduti (per residenza) di età < 1 anno per i codici ICD-9 740-759.9

x 10.000Denominatore Numero di nati vivi (per residenza) nello stesso anno

Validità e limiti. L’indicatore di per sé ha un carattere «negativo» in quanto pone un’en-fasi sulle malformazioni congenite più gravi non necessariamente predittive della fre-quenza complessiva dei casi. L’indicatore risente inoltre della qualità dell’approfondimento diagnostico e della certi-ficazione delle cause di morte nel primo anno di vita a livello locale. Questi aspettipotrebbero incidere in maniera differenziata nelle singole regioni.

Benchmark. Non è possibile definire a priori un benchmark per la mortalità per malfor-mazioni congenite nel primo anno vita. In via empirica questo potrebbe corrispondereal valore nazionale medio o preferibilmente al valore regionale più basso, che per ilperiodo 1999-2001 corrisponde a quello registrato dalla regione Veneto (6,40 x 10.000nati vivi).

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004200

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SALUTE RIPRODUTTIVA 201

Tabella 1 - Mortalità per malformazioni congenite nel primo anno di vita - Tassi per10.000 nati vivi - Trienni 1990-1992; 1993-1995; 1996-1998 e 1999-2001

Regione 90-91-92 93-94-95 96-97-98 99-00-01Piemonte 17,18 13,22 13,79 10,93Valle d’Aosta 6,66 13,52 14,91 12,10Lombardia 20,22 15,23 12,67 8,26Trentino-Alto Adige 14,33 14,08 15,62 11,81Veneto 16,95 15,98 13,50 6,40Friuli-Venezia Giulia 13,41 8,46 7,04 9,54Liguria 18,84 10,84 11,73 9,50Emilia-Romagna 15,39 13,23 12,69 10,15Toscana 14,82 15,06 13,33 13,93Umbria 15,34 15,09 13,35 14,98Marche 16,00 17,59 15,44 14,35Lazio 19,59 14,70 15,42 13,28Abruzzo 25,30 16,00 18,58 15,05Molise 28,98 25,37 21,54 14,62Campania 22,58 20,50 17,52 18,53Puglia 21,28 19,95 18,93 14,99Basilicata 25,38 18,60 17,93 18,35Calabria 23,31 25,44 21,04 17,81Sicilia 26,97 24,27 21,23 12,01Sardegna 23,03 18,62 16,64 14,21Italia 20,05 18,19 16,34 14,21

Fonte dei dati ed anni di riferimento: Istat anni 1990-2001.

Descrizione dei Risultati

Sulla base delle schede di morte Istat si evidenzia dal1990 al 2001 un trend decrescente sia a livello naziona-le che nelle singole regioni. L’entità del decremento risul-ta maggiore nelle regioni del Sud e del Nord e minorenelle regioni del Centro. Considerando l’ultimo triennio1999-2001 si conferma comunque un gradiente crescen-te da Nord a Sud. Questo potrebbe, al di là di problemiinerenti alla certificazione delle cause di morte, essere inparte spiegato da reali differenze geografiche nell’inci-denza dei casi e da un differenziato ricorso alla diagnosiprenatale oltre che da differenze nella disponibilità/acces-sibilità a terapie efficaci. L’analisi, per tutto il complessodelle malformazioni congenite, resta comunque «grezza»e dovrebbe probabilmente considerare in futuro malfor-mazioni congenite «traccianti».

Raccomandazioni di Osservasalute

Il flusso Istat sulla mortalità consente una diretta comparabilità tra le regioni. È fonda-mentale comunque arrivare a disporre anche di buoni dati di prevalenza alla nascita. Talidati potranno in un futuro prossimo essere forniti, grazie all’ottimizzazione dei sistemidi gestione regionali, attraverso il Cedap, integrati possibilmente dai dati sulle InterruzioniVolontarie di Gravidanza (IVG) per malformazione (diagnosi prenatale) e dai dati delleSchede di Dimissione Ospedaliera (SDO).

6.4-9.669.67-12.0512.06-14.2914.3-15.0415.05-18.53

Tasso di mortalità nel primo anno divita per malformazioni congenite.Triennio 1999-2001

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RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004202

Tasso di abortività volontaria

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge 194 «Norme per la tutela dellamaternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza» che regola le modalità del ricor-so all’aborto volontario. Grazie ad essa qualsiasi donna per motivi di salute, economi-ci, sociali o familiari, può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entroi primi 90 giorni di gestazione. Oltre questo termine l’IVG è consentita per gravi pro-blemi di salute fisica o psichica.L’intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Sistema SanitarioNazionale e le strutture private accreditate e autorizzate dalle regioni.Il tasso di abortività volontaria è l’indicatore più frequentemente usato a livello inter-nazionale (spesso utilizzando al denominatore la popolazione femminile di età 15-44anni). Permette di valutare l’incidenza del fenomeno che in gran parte dipende dallescelte riproduttive, dall’uso di metodi contraccettivi nella popolazione e dall’offerta deiservizi nei vari ambiti territoriali. Al fine di una valutazione più completa dell’IVG è pos-sibile calcolare questo indicatore specifico per alcune caratteristiche delle donne, ad esem-pio età, stato civile, parità, luogo di nascita, cittadinanza. Si può inoltre utilizzare il tassostandardizzato per età al fine di eliminare l’effetto confondente di questa variabile.

Numeratore Numero di interruzioni volontarie di gravidanzax 1.000

Denominatore Numero di donne di età 15-49 anni

Validità e limiti. I dati sull’interruzione volontaria di gravidanza sono raccolti, analizzati edelaborati dall’Istat, dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Ogni annoil Ministro della Salute presenta al Parlamento una relazione sull’andamento del fenomeno.Attualmente i dati italiani sono tra i più accurati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti dell’indicatore possono essere rappresentati dal fatto che in alcuni casi viene cal-colato utilizzando al numeratore tutte le IVG effettuate in regione (donne residenti enon) e al denominatore le donne residenti, provocando una sovrastima o sottostima delfenomeno. Utilizzando invece le donne residenti sia al numeratore che al denominato-re, vengono esclusi alcuni casi relativi principalmente alle donne straniere.

Grafico 1 - Tasso di abortività volontaria per donne residenti standardizzato per età -Anni dal 1980 al 2002 per aree geografiche

Fonte dei dati: Istat.

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5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

1980

1981

1982

1983

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1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud

Isole

ITALIA

Tass

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1.00

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SALUTE RIPRODUTTIVA 203

Tabella 1 - Numero di interruzioni volontarie di gravidanza per regione di intervento etassi di abortività volontaria (per 1.000 donne 15-49 anni) standardizzati per età, perregione di residenza - Anni 1981, 1991, 2001

Regione1981 1991 2001

N Tasso N Tasso N Tasso

Piemonte 21.890 21,6 10.571 12,0 11.013 10,7Valle d’Aosta 547 25,1 387 12,8 279 10,4Lombardia 35.351 17,0 24.579 10,4 21.865 9,7Trentino-Alto Adige 2.013 10,3 1.670 7,3 1.629 6,2Prov Aut. Bolzano 737 8,7 509 6,0 448 5,0Prov. Aut. Trento 1.276 12,0 1.161 8,6 1.181 7,4Veneto 11.046 11,2 6.489 6,5 6.571 6,4Friuli-Venezia Giulia 5.030 16,7 3.067 9,7 2.139 7,8Liguria 8.330 21,2 4.707 12,3 3.792 11,7Emilia-Romagna 24.174 23,2 13.132 12,6 10.980 10,8Toscana 16.883 20,0 11.041 12,4 8.174 9,6Umbria 3.886 20,3 2.906 14,1 2.407 11,9Marche 5.206 16,8 2.901 8,6 2.602 7,4Lazio 20.368 16,5 17.737 13,0 15.173 11,0Abruzzo 4.466 17,0 3.319 11,9 2.633 8,8Molise 1.031 14,7 1.254 14,8 719 8,5Campania 12.020 10,0 13.722 9,6 12.552 8,5Puglia 24.146 26,2 20.458 19,4 14.061 13,3Basilicata 1.290 14,1 991 13,6 644 9,1Calabria 2.104 10,2 3.991 8,4 3.365 7,0Sicilia 12.068 10,7 10.535 8,5 9.013 7,3Sardegna 4.906 13,0 3.716 8,3 2.462 5,9Nord Ovest 66.118 18,9 40.244 11,1 36.949 10,2Nord Est 42.263 16,2 24.358 9,1 21.319 8,1Centro 46.343 17,9 34.585 12,3 28.356 10,2Sud 45.057 15,4 43.735 12,7 45.449 9,7Isole 16.974 11,6 14.251 8,4 33.974 6,9

Italia 216.755 16,4 157.173 11,0 132.073 9,3

Nota: la standardizzazione per età è effettuata utilizzando come popolazione standard la popolazione mediaresidente in Italia nel 1991.

Fonte dei dati: Istat.

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RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004204

Descrizione dei Risultati

Dopo un incremento iniziale dell’in-cidenza del fenomeno fino al 1982(con un massimo di 234 mila IVG alivello nazionale), il tasso standar-dizzato di abortività volontaria per ledonne residenti è diminuito da 17,3per 1.000 donne in età 15-49 anni nel1982 a 9,4 nel 2002, pari a una varia-zione percentuale di -46% (grafico 1).La diminuzione del fenomeno si èosservata ovunque e vi è una ten-denza all’assottigliarsi delle differen-ze tra regioni e tra aree geografichenel tempo.L’incidenza del fenomeno è simile aquella di altri paesi dell’Europa Nord-Occidentale (i tassi di abortivitàvariano da 6,5 per 1.000 in Olanda a18,7 in Svezia) ma di molto inferio-re ai dati dei paesi dell’EuropaOrientale (che presentano spesso tassiintorno a 50 per 1.000) e degli StatiUniti (22,9 per 1.000).Esistono delle differenze regionali

per quanto riguarda alcune delle caratteristiche delle donne che ricorrono all’IVG. Inparticolare i tassi di abortività tra le donne sotto i 25 anni sono maggiori nelle regio-ni del Centro e del Nord.

Note conclusive

In conclusione la riduzione del fenomeno osservata nel tempo trova giustificazioni nellasostanziale modificazione della tendenza al ricorso all’aborto a favore di un maggiore emigliore uso dei metodi per la procreazione responsabile e si ha evidenza di un ruolodecisivo dei consultori familiari.Negli ultimi anni si è osservata una tendenza alla stabilizzazione del numero di IVGdovuto principalmente all’aumento delle donne straniere in Italia ed al loro alto ricorsoall’IVG. Tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche delle donne che mag-giormente contribuiscono al fenomeno, sono tuttavia ipotizzabili ancora margini di ridu-zione, anche attraverso un potenziamento dei servizi per la prevenzione.

Tasso di abortività volontaria. Anno 2001

5-7.127.13-8.368.37-9.629.63-10.9210.93-13.3

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Rapporto di abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’aborto spontaneo come l’interruzione sponta-nea della gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gestazione, cioè 25 settimane e 5giorni. In altri paesi la definizione è differente e attualmente l’Organizzazione Mondialedella Sanità (WHO) indica con aborto spontaneo «l’espulsione o l’estrazione dal corpomaterno di un embrione o di un feto con peso uguale o inferiore a 500 grammi» il che cor-risponde ad un periodo di gestazione massimo di 20-22 settimane. Sebbene i fattori biolo-gici (quali età della donna e dell’uomo, parità, patologie) siano tuttora considerati i piùimportanti determinanti della frequenza del fenomeno, in alcuni studi si è evidenziato chequesto evento può essere associato a specifiche esposizioni lavorative o ambientali.

Numeratore Numero di aborti spontanei x 1.000

Denominatore Numero di nati vivi

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istat che raccoglie i casi per i quali si sia resonecessario il ricovero in istituti di cura sia pubblici che privati. Gli aborti spontanei nonsoggetti a ricovero, quali ad esempio gli aborti che si risolvono senza intervento delmedico o che necessitano di sole cure ambulatoriali, non vengono pertanto rilevati. Lestatistiche ufficiali dell’Istat sul fenomeno hanno il pregio di ricostruire la serie storicadell’aborto spontaneo in tutto il territorio nazionale, anche se non consentono uno stu-dio su specifici fattori di rischio, ad esclusione delle usuali informazioni di natura socio-demografica. Non è possibile effettuare confronti con altri paesi in quanto non risultache abbiano registri nazionali sull’abortività spontanea.L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e qui utilizzato è il rapporto di aborti-vità spontanea riferito ai soli nati vivi. In realtà l’indicatore più corretto da un punto divista metodologico sarebbe la proporzione di abortività che considera al denominatoretutti i casi a rischio di aborto spontaneo, ovvero il totale delle gravidanze dato dallasomma dei nati vivi, nati morti, aborti spontanei e solo una parte delle interruzioni volon-tarie della gravidanza (in quanto queste ultime potrebbero aver evitato degli aborti spon-tanei, avendo agito prima che questi potessero verificarsi).

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004208

95.56-99.399.31-108.68108.69-118.58118.59-131.76131.77-160.9

Rapporto standardizzato di abortività spontanea. Anno 2001

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SALUTE RIPRODUTTIVA 209

Tabella 1 - Rapporto standardizzato di abortività spontanea - Anni 1982, 1991, 2001 (datoprovvisorio)

Regione 1982 1991 2001

Piemonte 115,9 114,1 120,1Valle d’Aosta 196,4 110,0 99,3Lombardia 129,8 133,2 105,4Trentino-Alto Adige 69,7 116,5 117,6Prov. Aut. Bolzano 39,9 104,4 112,0Prov. Aut. Trento 108,1 133,9 125,7Veneto 115,4 138,1 134,2Friuli-Venezia Giulia 143,7 143,2 138,7Liguria 128,1 130,5 109,5Emilia-Romagna 113,3 127,6 128,1Toscana 121,9 128,0 122,3Umbria 115,5 114,4 103,4Marche 126,8 128,4 113,7Lazio 76,8 104,9 160,9Abruzzo 97,2 101,0 97,7Molise 93,6 119,3 95,6Campania 58,3 72,4 99,3Puglia 86,6 84,4 104,6Basilicata 85,1 109,8 135,1Calabria 81,6 95,0 97,4Sicilia 67,7 90,4 118,2Sardegna 64,5 70,9 113,5Nord Ovest 126,1 127,1 109,5Nord Est 111,9 132,5 130,2Centro 98,1 114,9 137,9Sud 73,9 83,1 101,4Isole 66,6 85,5 116,2

Italia 93,9 105,8 115,3

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione tipo i nati vivi in Italia al 1991.

Grafico 1 - Rapporti di abortività spontanea per classi di età materna in Italia - Anni1982, 1993, 2001

0,0

200,0

400,0

600,0

800,0

1000,0

1200,0

1400,0

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49

Classi di età delle donne

Rap

po

rti p

er 1

.000

nat

i viv

i

1982

1993

2001

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RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004210

Descrizione dei Risultati

In generale si osserva un aumento del fenomeno che passa da 93,9 per 1.000 nativivi registrati nel 1982 a 115,3 nel 2001. Le differenze territoriali sono abbastanzacostanti nel tempo: i valori più elevati si osservano al Nord, eccetto a partire dallaseconda metà degli anni Novanta quando è il Centro a prevalere sul resto d’Italia. Il Sudpresenta sempre i valori più bassi, anche se le differenze tra le varie ripartizioni sisono assottigliate nel corso del tempo. Tali andamenti sono attribuibili prevalente-mente alle differenze territoriali dell’età media al parto. C’è poi da sottolineare chedal 1994 vengono notificati anche i casi in cui l’aborto è stato effettuato in regimedi day hospital. Considerando il dettaglio regionale, si può affermare che l’elevato valore dal 1995 delLazio influenza nettamente il trend crescente di abortività spontanea del Centro, mentreal Sud la Campania e la Calabria hanno un peso rilevante nel determinare valori sem-pre inferiori alla media nazionale.Numerosi studi hanno mostrato come l’età avanzata della donna sia un fattore a cui siassocia un rischio di abortività spontanea più elevato. I rapporti di abortività spontaneaspecifici per età crescono al crescere dell’età della donna, ad esclusione delle giovanis-sime (<20 anni) che hanno valori superiori a quelli delle donne di età 20-29 anni. Inparticolare un rischio significativamente più elevato si nota a partire dalla classe di età35-39 anni, quando il valore dell’indicatore supera del 65% quello riferito alla classed’età precedente, e si quadruplica nelle donne sopra i 39 anni. I rapporti di abortività spontanea specifici per età non mostrano grandi modifiche neltempo (grafico 1).

Note conclusive

L’aumento del rapporto di abortività spontanea può essere attribuibile a vari fattori,quali una diagnosi più precoce della gravidanza, una migliorata notifica dell’evento,l’innalzamento dell’età della madre al momento della gravidanza e in particolare dellaprima gravidanza, il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita o la dif-fusione di fattori ambientali e lavorativi che hanno un’influenza negativa sullo svilup-po dell’embrione. I dati di fonte amministrativa Istat non possono fornire informazio-ni su tutti questi aspetti. Per comprendere meglio l’influenza di questi fattori sull’a-borto spontaneo sono necessari studi condotti ad hoc su popolazioni di specifici setto-ri lavorativi o su particolari fattori di esposizione.

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Proporzione di parti cesarei

Significato. Esiste unanime consenso che il taglio cesareo (TC) sia una procedura sog-getta a sovra-utilizzazione: la proporzione di parti cesarei ha subito infatti negli ultimidecenni un costante incremento in tutti i paesi Occidentali, compresa l’Italia dove sonostati raggiunti valori tra i più elevati al mondo. Sebbene una parte di questo incremento possa essere attribuita a cambiamenti demo-grafici, ad un innalzamento dell’età della madre e ad un miglioramento delle tecnolo-gie, i principali determinanti di questa crescita sembrano essere rappresentati dal conte-sto sociale, culturale e sanitario, dalle conoscenze e dalle attitudini dei professionistisanitari e dalle diverse aspettative e preferenze della madre. Il tipo di struttura di rico-vero, la presenza di una terapia intensiva neonatale, la differente quota di pagamentodei ricoveri per parto cesareo rispetto a quello per via naturale oltre ad aspetti legalicostituiscono altrettanti fattori determinanti di questa crescita. In situazioni di sovra-utilizzazione, le proporzioni più basse di taglio cesareo rappre-sentano una migliore qualità dell’assistenza, in termini di appropriato uso delle proce-dure. Viene per questo considerato un indicatore della qualità dell’assistenza.

Numeratore Numero di parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Numero totale di parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di tagli cesarei è registrata con buona precisione ed èverosimile perciò che le differenze osservate rappresentino vere differenze nella perfor-mance delle strutture piuttosto che errori di codifica. Nell’utilizzo di questo indicatore per confrontare strutture o regioni rimane aperto il pro-blema del risk adjustment: infatti è possibile che una parte delle differenze regionali pos-sano essere spiegate da differenti condizioni cliniche della madre e del feto. Studi osser-vazionali mostrano in Italia l’elevata probabilità che una donna con precedente tagliocesareo abbia un successivo parto chirurgico e pertanto la proporzione di TC nelle donnecon precedente TC è sempre molto elevata in tutte le regioni. Una valutazione delle indi-cazioni al parto cesareo riferita alla struttura o aggregata a livello regionale dovrebbetener conto esclusivamente dei primi tagli cesarei. Per lo stesso motivo, miglioramentinell’appropriatezza del TC possono non essere immediatamente apprezzabili da questoindicatore.La distribuzione della proporzione di tagli cesarei per singole strutture di maternità èfortemente eterogenea tra regioni, quindi il valore regionale osservato può facilmentemisclassificare caratteri di appropriatezza di singole strutture. In generale tuttavia il valore medio regionale rappresenta un indicatore delle capacitàdel servizio sanitario regionale di governare l’appropriatezza dei propri soggetti eroga-tori di servizi di maternità.

Valore di riferimento. Non è noto quale sia la proporzione di taglio cesareo corrispon-dente alla qualità ottimale delle cure. Sono disponibili prove sperimentali ed osservazio-nali sulla efficacia del TC in presenza di specifiche condizioni di rischio della madre edel bambino. Pertanto il valore ottimale della proporzione di TC appropriati dipende dalladistribuzione nella popolazione dei fattori di rischio noti che indicano il ricorso al cesa-reo. Qualunque valore soglia stabilito a priori, indipendentemente dalle conosenze di que-ste distribuzioni nelle popolazioni per area e tempo, è da considerarsi arbitrario.

SALUTE RIPRODUTTIVA 211

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RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004212

Il Ministero della Salute ha fissato al 20% del totale dei parti il valore di riferimentoper la proporzione dei parti cesarei; il raggiungimento di tale valore risulta tra gli obiet-tivi dello schema del Piano Sanitario Nazionale 2003-2005. Questo valore, consideratal’età più avanzata della madre al momento del parto nel nostro paese, è sostanzialmen-te in linea con i valori di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che con-sidera come ideale una proporzione di taglio cesareo non superiore al 15%. Alcuni pro-getti quali Healthy People 2010 (Office of Disease Prevention and Health Promotion USDepartment of Health and Human services, USA) hanno come obiettivo una genericariduzione della proporzione di tagli cesarei.

Descrizione dei Risultati

Nel 2002 la proporzione di tagli cesarei a livello nazionale è del 35,8% sul totale deiparti (tabella 1). Tutte le regioni, eccetto la Provincia Autonoma di Bolzano, presenta-no una proporzione sul totale dei parti superiore al 20% (obiettivo del Piano SanitarioNazionale 2003-2005) (grafico 1).Come si vede nella tabella 1, le regioni con la proporzione più bassa di tagli cesareisono la provincia di Bolzano, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana; quelle con la pro-porzione più elevata sono la Campania, la Basilicata e la Sicilia. Quando si confronta-no le proporzioni per regione si riscontra una differenza statisticamente significativa(Chi2 p-value<0,001 e test per trend p-value<0,001).

Tabella 1 - Proporzione tagli cesarei per regione nel 1998 e nel 2002 con rispettivevariazioni in punti percentuali

Regione% Tagli cesarei Differenza

1998 2002 1998-2002

Piemonte 26,9 28,9 +2,0Valle d’Aosta 21,5 27,5 +6,0Lombardia 23,3 26,5 +3,2Prov. di Bolzano 17,3 19,9 +2,6Prov di Trento 22,4 27,2 +4,8Veneto 24,5 27,4 +2,9Friuli V. G. 19,9 21,1 +2,0Liguria 28,5 31,2 +2,7Emilia Romagna 29,3 30,8 +1,6Toscana 22,5 24,5 +2,0Umbria 25,4 28,2 +2,8Marche 33,2 34,6 +1,4Lazio 35,5 37,6 +2,1Abruzzo 33,5 38,5 +5,2Molise 33,5 40,4 +6,9Campania 48,0 56,1 +8,1Puglia 35,0 42,9 +7,9Basilicata 41,8 50,4 +9,2Calabria 34,2 39,1 +5,9Sicilia 36,6 45,3 +8,7Sardegna 26,0 33,4 +7,4Italia 31,4 35,8 +4,4

Fonti dei dati e anno di riferimento: Ministero della Salute – Direzione Generale Programmazione Sanitaria.Anni 1998 e 2002.

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SALUTE RIPRODUTTIVA 213

Anche il confronto delle frequenze dei tagli cesarei per area geografica mostra diffe-renze statisticamente significative (p-value<0,001). La proporzione di tagli cesarei riscon-trata nel Nord Italia è inferiore a quella del Centro, del Sud e delle Isole (Chi2 p-value<0,001). Così come la proporzione del Centro è inferiore a quella delle Isole e delSud (Chi2 p-value<0,001), ed infine la proporzione di cesarei registrata nelle Isole èinferiore a quella riscontrata nel Sud Italia (chi2 p-value<0,001) (grafico 2). I dati sug-geriscono inoltre un trend geografico dal Nord verso il Sud Italia.

Grafico 1 - Frequenza tagli cesarei per regione nel 2002 - La linea nera continua rap-presenta l’obiettivo (20%) stabilito dal Piano Sanitario Nazionale 2003-2005

Grafico 2 - Frequenza dei tagli cesarei per area geografica nel 2002

0

10

20

30

40

50

60

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Tosca

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32

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48

NORD CENTRO ISOLE SUD

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ES

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ces

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Confrontando le proporzioni per regione del 1998 con quelle del 2002 (tabella 1) siosserva un aumento della proporzione di tagli cesarei in tutte le regioni con una varia-zione in punti percentuali dall’1,4 nelle Marche al 9,2 in Basilicata. Gli aumenti siain termini assoluti che relativi non hanno ridotto le distanze tra le regioni.

Relazione tra volumi regionali e proporzione di TC

Dai dati disponibili (tabella 2) si osserva che esiste un’associazione significativa tra volu-mi e percentuale di tagli cesarei (p-value=0,02); le regioni con bassi volumi (percen-tuale di istituti con meno di 400 parti all’anno superiore o uguale al 40%) hanno unrischio aumentato del 118% di avere una percentuale di cesarei superiore al 30% quan-do confrontate con le regioni a volumi alti (percentuale di istituti con meno di 400 partiall’anno inferiore al 40%) (RR=2,18 95% I.C. 1,12-4,29). Si osserva inoltre che non esistono regioni del Nord e del Centro Italia con bassi volu-mi, mentre nelle regioni del Sud la prevalenza di bassi volumi è del 67%. Entrambe leIsole hanno bassi volumi. La prevalenza di alti volumi tra le regioni del Sud è del 34%mentre nelle regioni del Centro e del Nord è del 100%.

Tabella 2 - Volumi e proporzione di tagli cesarei

Regioni con Regioni con Totbassi volumi alti volumi

Regioni con TC ≥ 30% 9 0 9Regioni con TC < 30% 6 7 13

Totale 15 7 22

Commento

La proporzione di parti cesarei sia a livello nazionale che a livello regionale ha pre-sentato negli ultimi anni una costante crescita. Permane ed anzi non accenna a dimi-nuire la variabilità regionale. Come già accennato, le evidenze di letteratura fanno porreforti cautele nella interpretazione dei dati grezzi di taglio cesareo proprio per l’eteroge-nea distribuzione di fattori determinanti del ricorso a TC appropriato. Quindi un validoconfronto tra regioni e tra strutture può essere attuato solamente rimuovendo gli effettidi confondimento mediante valide procedure di risk adjustment. Alcune regioni come ilLazio hanno reso disponibile anche le proporzioni di TC specifiche per struttura e aggiu-state per fattori di confondimento. Ci sono regioni che sulla base delle evidenze scientifiche disponibili hanno adottato cri-teri di classificazione/accreditamento delle strutture di maternità e Linee Guida per laconcentrazione nelle strutture di III livello delle gravidanze più complesse e quindi amaggior rischio di cesarei. Sulla base di queste indicazioni ci si dovrebbe attendere chele strutture a volumi più elevati abbiano alte proporzioni di TC mentre le strutture diminori volumi di parti abbiano ridotte proporzioni di TC.Non disponendo di informazioni sui volumi dei parti e sulle proporzioni di TC per sin-gole strutture è stato possibile in questa sede valutare esclusivamente le associazioni travolumi medi di parti con proporzioni medie di TC a livello di regione. I nostri datimostrano che nelle regioni con maggiore proporzione di strutture di maternità a bassi

RAPPORTO OSSERVASALUTE 2004214

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SALUTE RIPRODUTTIVA 215

volumi si associa un maggior ricorso al TC. Poiché sia i volumi di parti che le propor-zioni medie di TC a livello regionale misclassificano le caratteristiche relative a cia-scuna struttura, questa associazione risulta essere una sottostima dell’associazione realetra volumi e proporzioni di TC. Quindi contrariamente all’atteso si osserva un maggiorricorso al TC nelle piccole strutture. Dati di letteratura inoltre dimostrano che, indipen-dentemente dai volumi di parti, le strutture di maternità private fanno maggior ricorsoal TC. Pertanto le relazioni tra volumi e proporzioni di taglio cesareo va indagata conparticolare cautela perché altre caratteristiche di popolazione (preferenze), modalità diremunerazione, organizzazione delle attività assistenziali possono essere associate con ivolumi e sono eterogeneamente distribuiti per area geografica. In conclusione, tuttavia,l’associazione tra volumi e proporzione di TC è un ulteriore indizio di inappropriatoricorso a questo tipo di intervento con un forte gradiente geografico Nord-Sud.

Note metodologiche della sezione «Tasso di mortalità infantile, neonatale e postneonatale»

1- Il numero di neonati o di bambini con meno di 1 anno non è soggetto a errori di campiona-mento pur essendo soggetto a errori nel processo di registrazione. Quando però questi dati sonousati per scopi analitici o per confronti il numero di eventi può essere considerato come uno diuna larga serie di possibili risultati che sarebbero potuti accadere nelle stesse circostanze ed inquesto senso il numero di nati e dei deceduti sono soggetti ad una variazione casuale. Per il cal-colo degli intervalli di confidenza si è assunto che gli eventi fossero costanti ed indipendenti fraloro. Sotto questa ipotesi la distribuzione dello stimatore è una distribuzione di Poisson.2- La media mobile è stata calcolata su una finestra di tre anni; per ogni anno viene riportatala media del tasso dell’anno in questione, dell’anno precedente e dell’anno successivo. La stimaè così costruita con una tecnica per eliminare le oscillazioni casuali di ogni singola osservazio-ne recuperando dei dati da ciò che è più vicino (l’anno in corso e i due anni più vicini).In questo modo ci si aspetta che emerga la tendenza vera, ovvero l’andamento stabile delle osser-vazioni nel tempo.3- La misura del p trend saggia l’ipotesi che al passaggio da un anno al successivo si produca unavariazione costante del tasso di mortalità. L’ipotesi nulla è che non ci sia nessuna variazione deltasso nel periodo considerato. Il test è stato calcolato introducendo la variabile «anno» come un ter-mine lineare in un modello binomiale negativo e calcolando il likelihood ratio test (LRT). Il valoredi «p» è stato ottenuto riferendo questo valore alla distribuzione Chi quadrato con un grado di libertà.

Note metodologiche della sezione «Proporzione di parti cesarei»

Oltre a presentare i dati per regione e per area geografica relativi agli anni 1998 e 2002, si èutilizzato il test Chi quadrato al 95% per saggiare l’ipotesi dell’assenza di differenze tra pro-porzioni regionali. Si è inoltre valutato, mediante il test di Fisher a due code una possibile asso-ciazione tra volumi (numero percentuale di istituti con più di 400 parti all’anno) e proporzionedi tagli cesarei. Le regioni sono state suddivise in regioni a volumi bassi o alti in base alla per-centuale superiore o inferiore al 40% di istituti che eseguono meno di 400 parti all’anno e sonostate classificate in due categorie in base alla proporzione di tagli cesarei superiore o inferioreal 30%.

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188 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Validità e limiti. Il tasso di mortalità infantile è gene-ralmente considerato un indicatore robusto.Nelle popolazioni più piccole può però presentareampie fluttuazioni annuali, per questo per rafforzare laconsistenza dell’analisi sono stati calcolate le mediemobili. La tendenza dei tassi è stata valutata con lamisura del p trend. La metodologia usata è descrittanel Rapporto Osservasalute 2004 (pagine 189-198 epagina 215).

Benchmark. Non esiste un valore di riferimento perla mortalità infantile e per le sue componenti. Il valo-re più basso raggiunto in qualche regione può rappre-sentare un “benchmark” per le altre regioni. Per i con-fronti si farà spesso riferimento al valore medio nazio-nale e si considererà la tendenza o meno alla riduzio-ne del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultati

Nel 2002 il tasso di mortalità infantile nazionale è di4,1 per 1000 nati vivi e varia a livello regionale, da unminimo di 2,0 in Toscana ad un massimo di 6,9 inBasilicata. Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria

e Toscana hanno un tasso di mortalità infantile signi-ficativamente più basso del valore medio nazionalementre Puglia, Basilicata e Sicilia hanno un tasso dimortalità significativamente più alto di quello nazio-nale (tabella 1).Analizzando le medie mobili, meno sensibili alle flut-tuazioni annuali le regioni che nel triennio 2000-02presentano la mortalità inferiore sono Friuli-VeneziaGiulia, Toscana, Veneto, Provincia Autonoma diBolzano e Umbria; quelle con la mortalità maggioresono Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania(tabella 2). Confrontando le medie mobili del 1990-92con quelle del 2000-02 si confermano le tendenzegenerali già discusse nelle edizioni precedenti. Si con-ferma infatti il trend in diminuzione, che risulta signi-ficativo sia a livello nazionale (dall’8,0 al 4,2 p<0,0001) che a livello di tutte le regioni eccetto laValle d’Aosta, verosimilmente per il basso numero dieventi. Queste riduzioni sono però avvenute con velo-cità diverse e la variabilità (vedasi coefficiente divariazione) tra regioni non risulta diminuita.

Significato. Il tasso di mortalità infantile è un indica-tore della salute del neonato e del bambino nel primoanno di vita e della qualità delle cure materno-infanti-li. Il tasso di mortalità infantile è anche consideratouna misura proxy della salute di una popolazioneessendo correlato a condizioni socio-economiche,ambientali, culturali oltre che alle condizioni sanitariedel paese.La mortalità infantile comprende la mortalità neonata-le (entro le prime 4 settimane di vita) e la postneona-tale (dopo le prime quattro settimane ed entro il primoanno di vita). La prima è maggiormente legata a fatto-

ri biologici quali la salute della madre, la presenza dianomalie congenite e l’evoluzione del parto, oltre chefattori legati all’assistenza al parto; la postneonatale èinvece maggiormente legata a fattori ambientali esocio-economici.Tra i maggiori determinanti della mortalità infantilesono stati riportati: il basso peso alla nascita, la pre-maturità, l’età materna, la multiparità, l’ordine dinascita, il ritardo delle visite prenatali, l’educazionematerna, l’abitudine al fumo, il livello di reddito e lafamiglia costituita dalla sola madre.

Mortalità infantile, neonatale e postneonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Numero di decessi di età 0 annix 1.000

Denominatore Numero di nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Numero di decessi di età 1-29 giornix 1.000

Denominatore Numero di nati vivi

Tasso di mortalità postneonatale

Numeratore Numero di decessi di età 1 mese e oltrex 1.000

Denominatore Numero di nati vivi

M. P. FANTINI, E. STIVANELLO, L. DALLOLIO, B. FRAMMARTINO, E. CIOTTI, E. SAVOIA

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 189

Tabella 1 - Tasso di mortalità infantile per regione di

residenza (tasso per 1.000 abitanti e IC al 95%) -

Anno 2002

RegioniAnno 2002

tasso IC 95%

Piemonte 3,4 2,8 - 4,1Valle d'Aosta 6,3 2,5 -13,0Lombardia 3,2 2,8 - 3,6Bolzano-Bozen 4,0 2,5 - 6,2

Trento 3,7 2,3 - 5,9

Veneto 3,3 2,8 - 3,9Friuli-Venezia Giulia 2,1 1,3 - 3,2Liguria 3,5 2,5 - 4,7Emilia-Romagna 3,5 2,9 - 4,2Toscana 2,0 1,5 - 2,6Umbria 2,1 1,2 - 3,5Marche 4,0 3,0 - 5,3Lazio 4,0 3,4 - 4,6Abruzzo 4,1 2,9 - 5,5Molise 2,3 0,8 - 5,0Campania 4,6 4,1 - 5,2Puglia 5,6 4,9 - 6,4Basilicata 6,9 4,9 - 9,5Calabria 4,9 4,0 - 6,1Sicilia 6,6 5,9 - 7,4Sardegna 3,6 2,7 - 4,8Italia 4,1 3,9 - 4,2

Fonti dei dati e anni di riferimento: Istat. Health for All. Italia.

Anno 2005.

Tabella 2 - Tassi di mortalità infantile per regione di residenza (medie mobili, p value,variazione percentuale) -

Anni 1990-2002

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 variazione

Regioni 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 p value %media

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 annua

Piemonte 6,7 6,6 6,1 5,7 5,6 5,5 5,2 4,8 4,3 3,9 3,5 <0,0001 -5,8Valle d'Aosta 5,7 4,7 5,0 4,4 4,7 4,9 4,8 4,2 3,9 3,5 4,7 0,3053 2,5Lombardia 6,6 6,0 5,4 4,9 4,7 4,4 4,0 3,8 3,6 3,7 3,5 <0,0001 -6,3Bolzano-Bozen 6,0 5,2 4,8 4,8 5,0 5,3 5,1 5,0 4,0 3,4 3,0 0,0007 -4,6

Trento 5,4 4,9 5,0 4,6 4,4 3,7 3,1 3,3 3,5 3,2 3,1 <0,0001 -5,9

Veneto 5,6 5,6 5,4 4,9 4,6 4,3 4,0 3,7 3,5 3,3 2,9 <0,0001 -6,7Friuli-Venezia-Giulia 4,7 4,7 4,1 3,7 3,7 3,7 3,1 2,3 2,1 2,6 2,7 <0,0001 7,3Liguria 6,9 6,6 6,4 5,8 5,4 5,2 5,1 4,6 4,3 4,2 4,2 <0,0001 -5,4Emilia-Romagna 6,5 6,1 6,0 5,3 5,0 4,8 5,0 4,6 4,2 3,7 3,6 <0,0001 -5,6Toscana 6,5 6,6 6,3 6,2 6,0 5,8 5,1 4,5 4,0 3,6 2,9 <0,0001 -7,5Umbria 7,6 7,0 5,8 5,5 5,1 5,2 4,9 5,0 4,7 4,2 3,1 <0,0001 -6,4Marche 6,6 5,7 5,8 6,0 6,0 5,7 5,1 5,2 4,3 4,2 3,8 <0,0001 -4,5Lazio 7,7 7,6 6,8 5,9 5,4 5,4 5,5 5,3 4,9 4,6 4,3 <0,0001 -5,5Abruzzo 9,1 8,9 8,9 7,7 7,8 6,8 6,9 6,0 5,4 4,7 4,3 <0,0001 -7,1Molise 9,2 8,6 7,4 6,4 6,4 5,8 5,1 4,5 4,8 5,3 4,7 0,0002 7,2Campania 10,1 9,8 9,2 8,4 7,8 7,1 6,7 6,2 5,6 5,3 5,0 <0,0001 -7,2Puglia 9,4 8,9 8,5 7,9 7,4 7,0 6,6 6,3 6,2 5,9 5,7 <0,0001 -5,2Basilicata 10,0 9,3 8,2 7,8 6,5 6,8 6,5 7,5 6,2 5,8 5,3 0,0008 -5,5Calabria 9,1 9,1 8,5 8,4 7,9 7,2 7,1 6,5 6,4 5,8 5,6 <0,0001 -5,0Sicilia 10,3 9,8 9,2 8,6 8,6 8,4 8,1 7,4 6,8 6,5 6,3 <0,0001 -4,8Sardegna 7,6 7,1 6,2 5,6 5,2 5,5 5,5 5,2 4,5 4,2 3,9 <0,0001 -5,9Italia 8,0 7,7 7,2 6,6 6,2 5,9 5,6 5,2 4,8 4,5 4,2 <0,0001 -5,8

Deviazione Standard 1,68 1,68 1,51 1,43 1,31 1,19 1,24 1,26 1,12 1,03 1,02Coeff. di variazione 0,22 0,24 0,23 0,23 0,22 0,21 0,23 0,25 0,24 0,24 0,25

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine Cause di morte. Anno 2005.

Tasso di mortalità infantile per regione di residenza (tasso per

1.000 abitanti). Anno 2002

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190 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Tabella 3 - Tassi di mortalità neonatale per regione di residenza (medie mobili, p value,variazione percentuale)

- Anni 1990-2002

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 variazione

Regioni 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 p value %media

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 annua

Piemonte 5,1 5,0 4,6 4,3 4,2 4,1 3,9 3,6 3,3 3,0 2,6 <0,0001 -5,8Valle d'Aosta 4,3 3,0 2,7 2,0 2,2 2,7 3,3 3,3 3,3 3,2 4,4 0,4740 +2,2Lombardia 4,6 4,2 3,7 3,4 3,2 3,1 2,8 2,6 2,5 2,6 2,5 <0,0001 -6,1Bolzano-Bozen 4,4 3,8 3,5 3,3 3,5 3,4 3,3 3,1 2,6 2,1 2,0 <0,0001 -6,2

Trento 3,8 3,3 3,8 3,7 3,2 2,6 2,2 2,4 2,3 2,1 2,2 0,0001 -6,3

Veneto 4,0 3,9 3,7 3,3 3,0 2,9 2,6 2,6 2,3 2,1 1,9 <0,0001 -7,2Friuli-Venezia Giulia 3,3 3,2 2,9 2,3 2,6 2,7 2,3 1,8 1,4 1,7 1,8 <0,0001 -7,2Liguria 5,4 5,5 5,2 4,7 4,1 4,1 4,0 3,9 3,5 3,3 3,1 <0,0001 -5,7Emilia-Romagna 5,0 4,7 4,5 3,9 3,6 3,6 3,7 3,5 3,1 2,7 2,5 <0,0001 -6,2Toscana 5,4 5,3 5,1 4,8 4,7 4,5 4,0 3,5 2,9 2,5 1,9 <0,0001 -8,9Umbria 6,1 5,5 4,8 4,7 4,2 4,0 3,6 3,9 3,4 2,9 1,9 0,0001 -8,2Marche 5,4 4,7 4,7 4,6 4,7 4,4 3,9 4,0 3,2 3,2 2,8 <0,0001 -5,6Lazio 6,0 5,9 5,2 4,5 4,0 4,3 4,3 4,0 3,7 3,5 3,3 <0,0001 -5,5Abruzzo 7,3 6,8 7,0 6,1 6,3 5,2 5,3 4,3 4,0 3,7 3,6 <0,0001 -7,3Molise 7,3 6,6 5,7 4,7 4,8 4,2 3,7 3,1 3,5 3,9 3,7 <0,0001 -7,7Campania 7,9 7,7 7,0 6,5 5,9 5,4 5,1 4,6 4,1 4,0 3,8 <0,0001 -7,6Puglia 7,3 6,8 6,4 5,9 5,6 5,2 4,9 4,6 4,4 4,3 4,1 <0,0001 -5,9Basilicata 7,9 7,4 6,4 6,0 4,9 5,1 4,9 5,5 4,6 4,2 4,2 0,0001 -6,1Calabria 7,2 7,2 6,7 6,8 6,3 5,6 5,5 5,1 5,0 4,6 4,3 0,0001 -5,1Sicilia 8,1 7,7 7,3 6,8 6,8 6,7 6,4 5,8 5,3 5,0 4,8 <0,0001 -5,0Sardegna 5,2 4,7 4,3 3,9 3,7 4,2 4,3 4,0 3,6 3,2 2,8 0,0001 -4,5Italia 6,2 5,9 5,4 5,0 4,7 4,5 4,2 3,9 3,5 3,3 3,1 <0,0001 -6,1

Deviazione standard 1,48 1,53 1,39 1,37 1,26 1,07 1,06 0,99 0,92 0,85 0,93Coeff. di variazione 0,25 0,28 0,27 0,29 0,28 0,25 0,26 0,26 0,27 0,27 0,31

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine Cause di morte. Anno 2005.

Tabella 4 - Tassi di mortalità postneonatale per regione di residenza (medie mobili, p value,variazione percen-

tuale) - Anni 1990-2002

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 variazione

Regioni 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 p value %media

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 annua

Piemonte 1,5 1,6 1,6 1,4 1,4 1,4 1,3 1,3 1,0 0,9 0,9 <0,0001 -5,5Valle d'Aosta 1,3 1,7 2,3 2,4 2,5 2,1 1,5 0,9 0,6 0,3 0,3 0,0065 -12,5Lombardia 2,0 1,8 1,7 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1,1 1,1 1,0 <0,0001 -7,0Bolzano-Bozen 1,6 1,4 1,3 1,4 1,5 1,9 1,8 1,9 1,4 1,3 1,1 0,5740 -1,1

Trento 1,6 1,6 1,2 0,9 1,2 1,1 0,9 0,9 1,2 1,1 0,9 0,0350 -4,9

Veneto 1,6 1,6 1,7 1,6 1,6 1,4 1,4 1,1 1,1 1,0 1,0 <0,0001 -5,7Friuli-Venezia Giulia 1,4 1,5 1,3 1,4 1,2 1,0 0,7 0,6 0,7 0,9 0,9 0,0005 -7,3Liguria 1,4 1,1 1,2 1,1 1,2 1,1 1,1 0,7 0,8 0,8 1,1 0,0093 -4,1Emilia-Romagna 1,5 1,4 1,5 1,4 1,4 1,2 1,2 1,1 1,1 1,0 1,1 <0,0001 -4,1Toscana 1,2 1,3 1,3 1,4 1,4 1,3 1,0 1,0 1,0 1,1 1,0 0,0043 -3,0Umbria 1,4 1,4 1,0 0,8 1,0 1,2 1,3 1,1 1,3 1,3 1,2 0,9903 0,0Marche 1,1 1,1 1,1 1,3 1,3 1,3 1,2 1,2 1,0 1,1 1,0 0,6020 -0,8Lazio 1,7 1,7 1,7 1,4 1,3 1,2 1,2 1,2 1,2 1,1 1,0 <0,0001 -5,3Abruzzo 1,8 2,0 1,9 1,6 1,5 1,6 1,6 1,6 1,3 1,0 0,7 <0,0001 -6,3Molise 1,9 2,1 1,7 1,7 1,6 1,5 1,4 1,3 1,2 1,4 1,0 0,0350 -5,4Campania 2,2 2,1 2,2 1,9 1,8 1,7 1,6 1,6 1,5 1,3 1,2 <0,0001 -5,7Puglia 2,1 2,1 2,0 1,9 1,8 1,8 1,7 1,7 1,8 1,6 1,5 0,0029 -2,9Basilicata 2,2 1,9 1,8 1,8 1,6 1,7 1,5 2,0 1,6 1,6 1,1 0,0291 -3,7Calabria 1,9 1,9 1,8 1,6 1,6 1,6 1,6 1,4 1,4 1,2 1,3 <0,0001 -4,4Sicilia 2,2 2,1 1,9 1,8 1,7 1,7 1,6 1,6 1,5 1,5 1,5 <0,0001 -4,0Sardegna 2,4 2,3 1,9 1,7 1,4 1,3 1,2 1,2 0,9 1,0 1,1 0,0001 -9,4Italia 1,9 1,8 1,8 1,6 1,5 1,4 1,4 1,3 1,2 1,2 1,1 <0,0001 -4,8

Deviazione standard 0,35 0,34 0,36 0,35 0,31 0,28 0,27 0,36 0,28 0,28 0,25Coeff. di variazione 0,21 0,20 0,22 0,23 0,21 0,19 0,20 0,28 0,24 0,25 0,24

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine Cause di morte. Anno 2005.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 191

Come si vede nella tabella 3, nel periodo 2000-02 iltasso di mortalità neonatale è di 3,1. Le regioni conminore mortalità neonatale sono Friuli-Ve n e z i aGiulia, Veneto, Umbria, Toscana e P.A. Bolzano,quelle con maggiore mortalità sono Sicilia, Valled’Aosta, Calabria, Basilicata e Puglia.Tra il 1990-92 ed il 2000-02 si registra una riduzionesignificativa dei tassi sia a livello nazionale che alivello regionale con l’esclusione della Valle d’Aosta.A livello nazionale, la mortalità neonatale è passatadal 6,2 al 3,1 per mille con una riduzione media annuadel 6,1%. Come per la mortalità infantile la riduzionedei tassi di mortalità neonatale è avvenuta con velo-cità diverse e non proporzionali al valore di partenza;alcune delle maggiori riduzioni si sono infatti registra-te tra le regioni che già presentavano tassi inferiori aquelli nazionali. Per questo motivo la variabilitàinterregionale sembra incrementare (vedasi coeffi-ciente di variazione tra regioni che è passata da unvalore di 0,25 nel triennio 1990-92 a un valore di 0,31nel triennio 2000-03).

La mortalità postneonatale nel triennio 2000-02 è di1,1 per mille nati vivi, con un range da 0,3 della Valled’Aosta a 1,5 per mille di Puglia e Sicilia. Come sivede dalla tabella 4 la variabilità interregionale risul-ta inferiore a quella osservata per la mortalità neona-tale. L’analisi della tendenza dei tassi dal periodo1990-92 al periodo 2000-02 evidenzia la riduzione deltasso a livello nazionale e in tutte le regioni seppurnon ovunque significativa.

Raccomandazioni di Osservasalute

Dai dati esposti emerge l’importante riduzione dei tas-si di mortalità infantile italiani attribuibile ad unadiminuzione delle due componenti, neonatale epostneonatale. Nonostante questo incoraggiante dato,poiché le riduzioni maggiori sono avvenute soprattut-to nelle regioni che già si attestavano come migliori siaccentua il divario già esistente tra Nord-Centro e Sude questo soprattutto per la componente neonatale.I dati di cui disponiamo non ci permettono di indaga-re quali fattori abbiano maggiormente determinatouna riduzione della mortalità infantile e nello specifi-co quali abbiano maggiormente inciso rispettivamen-te nella riduzione di quella neonatale e di quellapostneonatale. Riduzione del numero delle nascite perdonna, maggiore livello di istruzione, migliori condi-zioni socio-economiche, gravidanze più assistite, pro-gressi conseguiti nella diagnosi prenatale, nell’assi-stenza al parto e nelle cure neonatali intensive sono trai fattori che probabilmente meglio spiegano le ridu-zioni di questi ultimi anni. Le regioni più virtuosesegnalano la riorganizzazione della rete assistenziale edei punti nascita secondo modelli tipo hub & spoke, iltrasferimento in utero, l’attivazione del servizio di tra-sporto neonatale, miglioramenti dell’organizzazione

delle cure ospedaliere neonatali ed una continuitàassistenziale specialistica oltre al potenziamento deiflussi informativi.E’ altamente auspicabile che in tutte le regioni conti-nui e si consolidi il trend al miglioramento, soprattut-to in quelle (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria eSicilia) che hanno ancora elevati valori rispetto allamedia nazionale della mortalità infantile ed in partico-lare della mortalità neonatale.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 195

Significato. Il tasso di mortalità materna registra ilnumero di gestanti morte, ogni 100.000 nascite, percomplicazioni legate alla gravidanza o al parto. Nel2000 questo valore è stato stimato a livello mondialein 400 donne per 100.000 nati, con forti disuguaglian-ze tra aree geografiche. Il tasso di mortalità più eleva-to si registra nell’Africa sub Sahariana, con 940decessi per anno, seguita dall’Asia (escluso ilGiappone che rientra tra i paesi industrializzati), con560 decedute per anno; i cosiddetti paesi industrializ-zati, di cui l’Italia fa parte, registrano la media piùbassa al mondo, di 13 decedute per anno ogni 100.000nati.Questa forte eterogeneità del tasso di mortalità mater-na nelle diverse regioni del mondo rende evidentecome questo indicatore, oltre a descrivere una delleprincipali variabili dello stato di salute di una popola-zione, di fatto si configuri come una misura riassunti-va, seppure indiretta, del livello di sviluppo dellesocietà di cui i servizi sanitari, e la loro qualità, sonosolo una componente. In altri termini, il tasso di mor-talità materna, unitamente alla speranza di vita in buo-na salute e al tasso di mortalità infantile, è uno dei piùeloquenti indicatori della associazione tra disegua-glianze sociali e salute, in quanto è fortemente corre-lato all’appartenenza a classi sociali molto differenti e

quindi alla ricchezza media pro capite prodotta dalpaese a cui è riferito. E’ per questa ragione che le dif-ferenze osservate tra i diversi paesi vengono conside-rate dall’OMS come “differenze ingiuste”, e quindi“disuguaglianze”, proprio perché non determinate dafattori biologici o da comportamenti individuali arischio, ma da condizioni sociali modificabili ed evi-tabili come le morti che producono. Dove le popola-zioni hanno poca o nulla libertà di scelta nelle condi-zioni di vita e dove non è loro garantito l’accesso aservizi che assicurano una diagnosi tempestiva dellecomplicazioni della gravidanza e una adeguata assi-stenza al parto, la mortalità è drammaticamente eleva-ta.Anche nei paesi con tradizione di solidi sistemi di pro-tezione sociale e sanitaria come l’Italia, questo tassodi mortalità è comunque presente perché ampie e cre-scenti sono le differenze tra gruppi sociali di uno stes-so paese, tra aree geografiche più o meno industrializ-zate e ricche, che producono forti differenziazioni sianei determinanti “distali” di questa mortalità specifica- riferiti cioè ai fattori socio economici e culturali(povertà, educazione materna, reddito, livello di istru-zione) - sia in quelli “prossimali”, riferiti cioè agliinterventi preventivi e/o curativi che possono essererealizzati in ambito sanitario.

Mortalità materna

Decessi per complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio

Numeratore Numero di decessi per complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio

Validità e limiti. La validità dell’indicatore permaneanche oggi nei paesi sviluppati perché mantiene unruolo di sorveglianza su un evento estremo ed evitabi-le, soprattutto a fronte del crescere della popolazioneimmigrata nel nostro Paese. Le donne immigrate sonogeneralmente esposte ad una serie di fattori di rischioper la salute, anche durante le varie fasi della loro vitariproduttiva, che confermano la carenza di conoscen-ze dei percorsi sanitari e la loro conseguente difficol-tà di accesso alle strutture. I limiti attengono piuttostoai criteri con i quali si è convenuto di costruire l’indi-catore. Si considerano infatti le donne di età compre-sa tra 15 e 49 anni, decedute durante la gravidanza oentro i 42 giorni dal termine della stessa e la mortedeve essere dovuta ad una causa correlata o aggrava-ta dalla gravidanza o dal suo trattamento. Le cause cherientrano nei criteri di inclusione dell’indicatore sonoquelle definite dalla IX Revisione Internazionale del-le malattie, traumatismi e cause di morte con i codicida 630 a 677. Tra queste cause aggregate rileviamo siagravidanze patologiche non trattate adeguatamente,sia gli aborti indotti, sia il genere del parto (semplice

o plurimo) o le modalità del travaglio, con evidentidifferenze nei determinanti che hanno provocato lamorte e quindi nelle azioni di contrasto da individua-re. Esiste inoltre un problema legato alla sottonotifica:di fatto vengono codificate come morti correlate alparto solo quelle avvenute direttamente in corso diparto o durante il ricovero; in realtà alcuni studi han-no dimostrato che alcuni decessi in donne in età ferti-le presentavano un precedente parto (o Ivg o abortospontaneo) nell’anamnesi prossimale delle decedute,lasciando dedurre che un certo numero di morti mater-ne sfuggiva alla codifica.

Benchmark. Trattandosi di un evento sentinella, perdefinizione, il valore del benchmark deve essere zeroo tendere ad esso, indipendentemente da ogni altracondizione associata all’evento (gravità clinica, etàdella madre ecc.).A causa del numero molto basso dieventi si è ritenuto di non calcolare i tassi di mortali-tà materna, ma di descrivere il numero di decessi percomplicazioni della gravidanza, parto e puerpuerio,considerati come eventi sentinella.

P. VITTORI

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196 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Descrizione dei risultati

Nonostante la relativa esiguità del fenomeno a livellonazionale e la sua netta flessione nel tempo, la presen-za di decessi per questa causa è da intendersi comeevento sentinella; un evento cioè eliminabile perchériconducibile a determinanti note che, in virtù dellebuone prassi cliniche, diagnostiche e tecnologicheattualmente disponibili, non avrebbe dovuto verificar-si. Dal 1990 al 2002 in Italia il numero di decessi percomplicazioni della gravidanza, parto e puerperio nel-le donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni è passatoda 50 a 17 per anno, con un trend decrescente che si èportato sui valori attuali già alla fine degli anni 90.Nonostante ciò, sono quasi 300 le donne tra 15 e 49anni che sono decedute nel periodo osservato.

Dai dati del trend si osserva come il vantaggio ottenu-to negli ultimi anni mostra una evidente difficoltà adessere ulteriormente incrementato, verosimilmenteanche a seguito del continuo ingresso nella popola-zione residente in età feconda di donne immigrate dapaesi con storie di assistenza sanitaria, condizioniigieniche e consapevolezza dei rischi diverse da quel-le ormai consolidate nel nostro paese.Oltre alle regioni del Mezzogiorno d’Italia, più inte-ressate da storie di povertà e di minore accesso ai per-corsi di assistenza alla gravidanza e ai servizi sanitariad essa dedicati, le regioni in cui si osservano, seppu-re lievi ed occasionali incrementi negli ultimi annisono quelle del Nord industrializzato e quelle di con-fine.

Tabella 1 - Numero di decessi per complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio per regione. - Anni 1990-

2002

Regioni 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Totale

Piemonte 2 5 5 4 2 1 0 1 1 0 0 0 0 21Valle d'Aosta 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Lombardia 4 1 5 2 1 0 0 2 4 2 3 1 2 27Trentino-Alto Adige 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 3Veneto 2 0 1 1 2 0 0 0 2 0 0 0 2 10Friuli-Venezia Giulia 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 3Liguria 2 1 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 5Emilia-Romagna 4 2 3 1 1 0 2 1 1 2 0 0 2 19Toscana 2 0 2 1 1 1 0 2 0 0 2 0 1 12Umbria 1 0 1 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 4Marche 2 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 5Lazio 8 1 5 2 1 2 4 4 4 0 3 4 3 41Abruzzo 0 0 0 1 1 0 1 0 0 0 0 0 0 3Molise 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0Campania 5 4 4 3 1 1 5 1 1 1 2 1 1 30Puglia 7 3 4 3 1 4 4 1 2 1 0 1 1 32Basilicata 0 0 2 0 1 0 0 2 0 0 0 0 0 5Calabria 3 1 2 3 2 0 1 1 0 2 1 0 1 17Sicilia 8 8 5 3 5 4 3 7 2 1 3 2 2 53Sardegna 0 0 0 0 0 2 0 0 0 2 0 1 1 6Italia 50 27 41 24 19 17 20 23 17 14 16 11 17 296

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Health for All Italia. Anno 2005.

Raccomandazioni di Osservasalute

Il livello di sorveglianza di questo indicatore deverimanere ancora elevato soprattutto nelle regionid’Italia dove le condizioni socio economiche menofavorevoli e le forti differenze sociali possono deter-minare con maggiore frequenza le condizioni dirischio. Tale livello di attenzione deve permanereanche nelle regioni dove, a fronte di una maggiore ric-chezza economica e produttiva, più forte è l’attrazio-ne di popolazioni immigrate con storie di vita e sani-tarie a rischio di mortalità correlata alla gravidanza oal parto. Negli ultimi 10 anni il numero di donne stra-niere residenti o domiciliate in Italia è notevolmenteaumentato. Se nel 1991 le stime parlano di 260.000donne straniere nel nostro paese, questo valore è stato

pari a 635.729 all’inizio del 2001. Si tratta di donnegeneralmente giovani (più del 65% di età compresatra i 19 e i 40 anni) e, quindi, in età riproduttiva. Daiprimi anni di immigrazione la situazione sta miglio-rando ed emerge un miglioramento dell’assistenza ingravidanza, al parto e al puerperio tra le donne stranie-re; tuttavia, ancora un 4% dichiara di non avere avutoalcuna assistenza in gravidanza e il 17% di aver avu-to difficoltà ad essere assistita. Per quanto riguarda ilivelli di conoscenze dei percorsi assistenziali, si evi-denzia un miglioramento rispetto ai dati delle immi-grate rilevati nel 1995-96, ma risulta ancora evidentelo scarto rispetto ai dati osservati tra le italiane.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 197

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Leggen.194 "Norme per la tutela della maternità e sull'inter-ruzione volontaria di gravidanza" che regola le moda-lità del ricorso all'aborto volontario. Grazie ad essaqualsiasi donna per motivi di salute, economici, socia-li o familiari, può richiedere l'interruzione volontariadi gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gesta-zione. Oltre questo termine l’IVG è consentita pergravi problemi di salute fisica o psichica.L'intervento può essere effettuato presso le strutturepubbliche del Sistema Sanitario Nazionale e le strut-ture private accreditate e autorizzate dalle regioni.Il tasso di abortività volontaria è l’indicatore più fre-

quentemente usato a livello internazionale (spesso uti-lizzando al denominatore la popolazione femminile dietà 15-44 anni). Permette di valutare l’incidenza delfenomeno che in gran parte dipende dalle scelte ripro-duttive, dall’uso di metodi contraccettivi nella popola-zione e dall’offerta dei servizi nei vari ambiti territo-riali. Al fine di una valutazione più completa dell’IVGè possibile calcolare questo indicatore specifico peralcune caratteristiche delle donne, ad esempio età, sta-to civile, parità, luogo di nascita, cittadinanza. Si puòinoltre utilizzare il tasso standardizzato per età al finedi eliminare l’effetto confondente di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria

Numeratore Numero di interruzioni volontarie di gravidanza di donne in età 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di età 15-49 anni

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con idati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istat,dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero dellaSalute. Per ogni IVG effettuata è obbligatorio compi-lare il modello D12/Istat e l’invio al sistema informa-tivo nazionale. Ogni anno il Ministro della Salute pre-senta al Parlamento una relazione sull’andamento delfenomeno. Attualmente i dati italiani sono tra i piùaccurati ed aggiornati a livello internazionale.I limiti dell’indicatore possono essere rappresentatidal fatto che in alcuni casi viene calcolato utilizzandoal numeratore tutte le IVG effettuate in regione (don-ne residenti e non) e al denominatore le donne resi-denti, provocando una sovrastima o sottostima del

fenomeno. Utilizzando invece le donne residenti sia alnumeratore che al denominatore, vengono esclusialcuni casi relativi principalmente alle donne stranie-re.

Benchmark. Non essendo disponibile alcun valore diriferimento, può essere assunto come tale il valoremedio relativo alle tre regioni con indicatore più bas-so.

Descrizione dei risultati

I dati del 2003, con 124.118 IVG registrate (numerosottostimato di circa 9.000 casi a causa della regioneCampania che ha inviato un numero molto limitato di

Grafico 1 - Tasso standardizzato di abortività volontaria per regione di residenza - Anni 1980-2003

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2005.

A. SPINELLI, M. LOGHI, G. GUASTICCHI

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198 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Tabella 1 - Interruzioni volontarie della gravidanza per classe di età e regione di residenza (tassi specifici per

età, tasso grezzo e tasso standardizzato per 1.000 donne) - Anno 2003

Classi di età

Regioni Tasso grezzo Tasso std

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49

Piemonte 9,8 18,0 15,9 14,2 10,4 4,6 0,4 10,1 10,9Valle d'Aosta 9,0 15,6 18,1 11,8 13,2 5,5 1,0 10,5 11,0Lombardia 8,0 18,1 16,2 13,4 9,7 4,4 0,3 9,8 10,5Trentino-Alto Adige 5,1 9,8 9,2 8,3 6,9 4,0 0,5 6,2 6,5Bolzano-Bozen 4,6 7,9 8,2 6,2 6,4 3,5 0,5 5,4 5,5

Trento 5,7 11,8 10,1 10,4 7,3 4,4 0,5 7,1 7,4

Veneto 5,1 11,4 10,6 8,4 6,1 2,9 0,2 6,3 6,7Friuli-Venezia Giulia 5,6 13,3 12,1 10,5 8,8 4,2 0,1 7,7 8,1Liguria 10,7 23,0 19,1 15,7 12,0 4,9 0,5 11,4 12,8Emilia-Romagna 8,3 19,0 17,3 14,2 11,1 5,3 0,5 10,6 11,3Toscana 7,1 14,8 14,0 12,5 10,0 4,5 0,4 8,9 9,4Umbria 6,7 19,0 17,1 15,0 12,5 6,0 0,5 10,9 11,4Marche 5,2 12,5 12,5 10,4 8,8 4,1 0,3 7,7 8,0Lazio 9,0 18,4 16,9 14,7 11,3 5,0 0,4 10,7 11,3Abruzzo 5,7 13,0 15,0 11,7 10,2 5,4 0,5 8,9 9,1Molise 5,6 13,1 10,2 11,6 9,9 4,8 0,7 8,0 8,2Campania (a) 6,2 13,6 13,2 12,1 10,7 5,2 0,5 9,1 9,1Puglia 9,3 17,0 16,7 16,8 15,1 6,8 0,7 12,1 12,2Basilicata 4,8 10,1 11,2 10,2 10,0 4,4 0,4 7,4 7,5Calabria 3,9 8,6 9,1 9,4 8,9 4,6 0,4 6,6 6,6Sicilia 6,4 11,0 11,1 9,8 8,6 4,0 0,4 7,4 7,6Sardegna 5,2 7,9 7,5 7,3 7,1 3,9 0,5 5,7 5,8Italia (b) 7,3 15,1 14,3 12,5 9,9 4,6 0,4 9,1 9,5

(a) I tassi relativi alla regione Campania si riferiscono all'anno 2002 e sono stimati. Non è stato infatti possibile calcolare né stimare i tassirelativi al 2003 a causa dell'esiguità dei dati pervenuti. (b) I tassi relativi all'Italia sono riferiti al 2003 e sono stati calcolati senza conside-rare i casi della regione Campania.Nota: La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al1991.

schede), confermano la tendenza alla stabilizzazionedel fenomeno, dopo un costante declino iniziato a par-tire dalla metà degli anni Ottanta (grafico 1). Le regio-ni del Nord-Ovest e del Centro presentano valori

superiori alla media nazionale, anche se si è osservatanel tempo un’assottigliarsi delle differenze tra regionie tra aree geografiche.Per quanto riguarda l’età della donna, per il 2003 iltasso più elevato si osserva tra quelle di 20-24 anni(15,1 casi per 1.000 donne), mentre nel passato i valo-ri maggiori si osservavano tra quelle di 25-29 anni e30-34. Questo andamento può essere in parte determi-nato dall’aumento del contributo all’IVG da parte del-le donne straniere presenti nel nostro paese e che sonoprevalentemente giovani (vedi sezione dedicata allasalute della popolazione straniera).Osservando il fenomeno per stato civile (tabella 2), ilivelli di abortività più elevati si osservano tra le sepa-rate, divorziate e vedove (22,2 per 1.000 nel 1993 e24,3 nel 2003), che però numericamente costituisconoun gruppo molto piccolo. Dal 1997 il tasso di aborti-vità delle donne nubili ha superato quello delle donneconiugate, con un allargamento delle differenze nelcorso del tempo; così il fenomeno è diminuito tra leconiugate in tutte le aree geografiche e regioni delnostro paese, mentre tra le nubili si osserva un legge-ro aumento, tranne che al Centro Italia. Anche in que-sto caso sarà importante valutare in un futuro quantoquesti cambiamenti siano determinati dal ricorso sem-pre più frequente all’IVG da parte di donne stranierepresenti in Italia.

Tasso standardizzato di abortività volontaria per regione di

residenza (per 1.000 donne di età 15-49 anni). Anno 2003

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 199

Raccomandazioni di Osservasalute

La riduzione del fenomeno osservata nel tempo trovagiustificazioni nella sostanziale modificazione dellatendenza al ricorso all’aborto a favore di un maggioree migliore uso dei metodi per la procreazione respon-sabile e si ha evidenza di un ruolo decisivo dei consul-tori familiari (Ministero della Salute, 2005).Negli ultimi anni si è osservata una tendenza alla sta-bilizzazione del numero di IVG dovuto principalmen-te all’aumento delle donne straniere in Italia ed al loroalto ricorso all’IVG. Il contributo crescente delle stra-niere all’IVG può avere anche delle ripercussioni sul-le caratteristiche delle donne che ricorrono all’aborto.Tuttavia, tenendo conto delle caratteristiche del feno-meno in Italia, sono ipotizzabili ancora margini diriduzione, anche attraverso un potenziamento dei ser-vizi per la prevenzione.

Riferimenti bibliografici

Ministero della Salute (2005), Relazione sulla attuazionedella legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’'interruzione volontaria della gravidanza.Dati definitivi anno 2003. Dati provvisori anno 2004.Roma: Ministero della Salute, 2005. www.ministerosalute.it

Tabella 2 - Tassi di abortività volontaria per stato civile e regione di residenza per 1.000 donne in età feconda

(15-49 anni) - Anni 1993, 2003

Nubile Coniugata Altro (a)Regioni

1993 2003 1993 2003 1993 2003

Piemonte (b) 9,2 12,7 6,6 7,6 19,6 21,4Valle D'Aosta 10,3 12,0 10,7 7,7 31,2 30,3Lombardia 10,3 11,7 8,1 7,4 24,0 25,5Trentino-Alto Adige 8,0 7,4 5,1 5,0 15,5 11,8Bolzano-Bozen 7,1 6,2 4,1 4,6 11,9 4,5

Trento 9,1 8,7 6,0 5,4 19,5 18,6

Veneto 6,4 7,3 5,3 5,0 19,5 18,1Friuli-Venezia Giulia 8,7 8,7 7,4 6,0 23,7 21,2Liguria 13,0 14,5 9,0 7,6 25,5 31,6Emilia-Romagna 12,4 11,9 10,0 8,5 28,8 27,3Toscana 12,1 10,2 9,9 7,0 30,6 23,6Umbria 11,4 11,7 12,2 9,3 28,6 31,3Marche 8,1 8,1 8,0 6,5 18,2 28,5Lazio 13,4 12,0 11,4 8,6 28,9 28,6Abruzzo 9,0 9,1 11,7 7,8 18,5 31,6Molise 11,0 8,1 15,9 7,7 15,3 16,1Campania (c) 5,6 8,4 11,2 8,5 14,6 18,5Puglia 10,7 10,8 22,9 12,2 23,2 34,7Basilicata 8,4 7,1 16,5 7,4 22,6 14,4Calabria 3,9 5,6 9,5 6,9 10,8 18,0Sicilia 4,3 7,0 9,0 7,3 11,9 16,8Sardegna 7,0 5,8 8,0 4,8 16,1 21,3Italia (b) (d) 9,1 10,0 10,1 7,6 22,2 24,3

(a) Separata, divorziata e vedova. (b) I tassi relativi alla regione Piemonte per l'anno 1993 sono stimati. (c) I tassi relativi alla regione Campaniadel 2003 si riferiscono all'anno 2002 e sono stimati. Non è stato infatti possibile calcolare né stimare i tassi relativi al 2003 a causa dell'esi-guità dei dati pervenuti. (d) I tassi relativi all'Italia sono riferiti al 2003 e sono stati calcolati senza considerare i casi della regione Campania.

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200 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’abortospontaneo come l’interruzione spontanea della gravi-danza che si verifica entro 180 giorni di gestazione,cioè 25 settimane e 5 giorni. Altri paesi adottano dif-ferenti definizioni; attualmente l’Org a n i z z a z i o n eMondiale della Sanità (WHO) indica con aborto spon-taneo “l’espulsione o l’estrazione dal corpo maternodi un embrione o di un feto con peso uguale o inferio-

re a 500 grammi” il che corrisponde ad un periodo digestazione massimo di 20-22 settimane. Sebbene i fat-tori biologici (quali età della donna e dell’uomo, pari-tà, patologie) sono tuttora considerati i più importantideterminanti della frequenza del fenomeno, in alcunistudi si è evidenziato che questo evento può essereassociato a specifiche esposizioni lavorative oambientali.

Rapporto di abortività spontanea

Numeratore Numero di aborti spontanei di donne in età 15-49 annix 1.000

Denominatore Numero di nati vivi da donne di età 15-49 anni

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istat che rac-coglie i casi per i quali si sia reso necessario il ricove-ro in istituti di cura sia pubblici che privati. Gli abor-ti spontanei non soggetti a ricovero, quali ad esempiogli aborti che si risolvono senza intervento del medi-co o che necessitano di sole cure ambulatoriali, nonvengono pertanto rilevati. Le statistiche uff i c i a l idell’Istat sul fenomeno hanno il pregio di ricostruirela serie storica dell’aborto spontaneo in tutto il territo-rio nazionale, anche se non consentono uno studio suspecifici fattori di rischio, ad esclusione delle usualiinformazioni di natura socio-demografica. Non è pos-sibile effettuare confronti con altri paesi in quanto nonrisulta che abbiano registri nazionali sull’abortivitàspontanea.L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e quiutilizzato è il rapporto di abortività spontanea riferitoai soli nati vivi. In realtà l’indicatore più corretto daun punto di vista metodologico è la proporzione diabortività che considera al denominatore tutti i casi arischio di aborto spontaneo, ovvero il totale delle gra-vidanze dato dalla somma dei nati vivi, nati morti,aborti spontanei e solo una parte delle interruzionivolontarie della gravidanza (in quanto queste ultimepotrebbero aver evitato degli aborti spontanei, avendoagito prima che questi potessero verificarsi).

Benchmark. Non essendo disponibile alcun valore diriferimento, può essere assunto come tale il valoremedio relativo alle tre regioni con valore più basso.

Descrizione dei risultati

Il dato del 2002 conferma l’aumento del fenomeno neltempo: 116,0 per 1000 nati vivi, rispetto a 105,8 del1991 e a 93,9 del 1982. Per ulteriori approfondimentisull’andamento temporale del fenomeno si veda ilRapporto Osservasalute 2004 pagg. 208-211. Le dif-ferenze territoriali sono abbastanza costanti nel tem-po: i valori più elevati si osservano al Nord, eccetto a

partire dalla seconda metà degli anni Novanta quandoè il Centro a prevalere sul resto d’Italia. Il Sud presen-ta sempre i valori più bassi, anche se le differenze trale varie ripartizioni si sono assottigliate nel corso deltempo. Tali andamenti possono in parte essere spiega-ti dalle differenze territoriali dell'età media al parto,come si evidenzia dalle differenza tra rapporti grezzie standardizzati.

Considerando il dettaglio regionale, valori particolar-mente elevati si osservano nel Lazio, in Friuli-VeneziaGiulia e Basilicata. Come evidenziato in numerosistudi, l’età avanzata della donna è un fattore associa-to a un rischio di abortività spontanea più elevato. Irapporti di abortività spontanea specifici per età cre-scono al crescere dell’età della donna, ad esclusionedelle giovanissime (<20 anni) che hanno valori supe-

A. SPINELLI, M. LOGHI, G. GUASTICCHI

Rapporto standardizzato di abortività spontanea per regione

(per 1.000 nati vivi). Anno 2002

Page 46: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 201

riori delle donne di età 20-29 anni. In particolare unrischio significativamente più elevato si nota a partiredalla classe di età 35-39 anni, quando il valore dell’in-dicatore supera del 65% quello riferito alla classed’età precedente, e si quadruplica nelle donne sopra i39 anni. Questi valori non mostrano grandi modifichenel tempo.L’aumento del rapporto di abortività spontanea puòessere attribuibile a vari fattori, quali una diagnosi piùprecoce della gravidanza, una migliorata notifica del-l’evento, l’innalzamento dell’età della madre al partoe in particolare al primo figlio, il ricorso a tecniche diprocreazione medicalmente assistita o la diffusione difattori ambientali e lavorativi che hanno un’influenzanegativa sullo sviluppo del feto. I dati di fonte ammi-nistrativa Istat, come tutti i flussi routinari, non posso-no fornire dati su tutti questi aspetti.

Raccomandazioni di Osservasalute

Per una migliore valutazione del fenomeno sarebbeimportante costruire un indicatore che abbia al deno-minatore tutte le gravidanze conosciute. Inoltre percomprendere meglio l’influenza dei fattori ambientalie lavorativi sull’aborto spontaneo sono necessari stu-di condotti ad hoc su popolazioni di specifici settorilavorativi e/o su particolari fattori di esposizione.Infine è importante che le donne in gravidanza espo-ste ad attività lavorative associate a un maggior

rischio di abortività siano trasferite ad altre mansioninei primi mesi di gravidanza, come indicato dalDecreto Legge n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo unicodelle disposizioni legislative in materia di tutela esostegno della maternità e della paternità, a normadell’articolo 15 della Legge 8 marzo 2000 n.53).

Tabella 1 - Dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo per classi di età e regione di residenza (rappor-

ti specifici per età, rapporto grezzo, rapporto standardizzato per 1.000 nati vivi) - Anno 2002

Classi di età

Regioni Rappoto Rapporto

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzo std

Piemonte 162,1 104,0 92,2 102,3 175,0 414,7 955,6 126,2 114,2Valle d'Aosta 95,2 56,1 77,6 81,8 112,0 327,2 0,0 91,2 82,9Lombardia 142,0 100,1 92,1 97,5 154,1 388,4 1035,3 120,3 109,0Trentino-Alto Adige 125,5 106,1 103,5 125,6 203,8 463,4 734,8 145,8 127,7Veneto 158,6 117,5 105,6 117,4 178,6 471,2 855,9 141,9 127,4Friuli-Venezia Giulia 138,0 134,3 104,9 131,8 224,4 497,8 583,3 160,5 138,6Liguria 174,8 100,6 90,3 94,1 142,8 326,6 1509,8 118,3 106,5Emilia-Romagna 140,0 101,5 101,5 118,7 186,4 455,0 1589,4 141,2 123,3Toscana 150,0 86,2 91,4 100,7 166,0 408,8 633,7 124,4 108,3Umbria 81,2 87,3 99,9 101,4 154,6 290,1 965,9 117,2 106,7Marche 120,8 88,7 70,4 89,7 140,0 332,9 1310,1 103,9 93,4Lazio 329,9 200,2 141,4 140,6 209,1 498,2 1121,3 180,2 172,9Abruzzo 167,5 95,8 83,8 98,4 155,6 324,8 867,1 114,9 104,8Molise 135,6 64,8 54,5 89,0 145,8 438,2 489,1 97,7 84,8Campania 83,1 94,7 84,4 98,4 169,2 417,6 1355,7 112,4 105,7Puglia 112,3 84,0 84,8 106,7 172,7 431,5 1257,4 117,7 107,3Basilicata 110,2 121,6 107,9 124,6 202,5 526,0 1486,5 149,7 133,3Calabria 98,6 90,9 86,0 104,6 158,6 403,8 1152,7 115,2 106,2Sicilia 104,6 88,5 89,7 117,1 196,7 447,7 2061,5 125,5 115,8Sardegna 116,1 95,2 89,6 100,4 185,1 396,6 1174,0 136,8 110,4Italia 125,0 101,9 95,1 109,2 175,5 426,4 1135,0 129,7 116,0

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia al 1991.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Dimissioni dagli Istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2005.

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202 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2005

Significato. La proporzione di parti cesarei ha subitonegli ultimi decenni un costante incremento in moltipaesi occidentali, ed in Italia in particolare sono statiraggiunti valori tra i più elevati al mondo. Sebbeneuna parte dell’incremento possa essere attribuita acambiamenti demografici e a miglioramenti delle tec-nologie sanitarie, importanti determinanti di questa

crescita sembrano essere rappresentati da fattori nonclinici. In situazioni di sovra-utilizzazione, le propor-zioni più basse di taglio cesareo (TC) sembrano rap-presentare una migliore qualità dell’assistenza, in ter-mini di appropriato uso delle procedure. La propor-zione di parti cesarei viene per questo considerata unindicatore della qualità dell’assistenza.

Parti cesarei

Percentuale di parti cesarei

Numeratore Numero di parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Numero totale di parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registratacon buona precisione ed è verosimile perciò che led i fferenze osservate rappresentino vere diff e r e n z enella performance delle strutture piuttosto che erroridi codifica.Uno studio, condotto in Emilia-Romagna e presentatoaltrove (29° Convegno AIE, Pisa 2005) ha mostrato laconcordanza tra metodi diversi di misurazione dellaproporzione di TC utilizzando sia le schede di dimis-sione ospedaliera (SDO – codici di diagnosi, procedu-re versus DRG di TC) che i certificati di assistenza alparto (CEDAP). Lo studio ha mostrato un’elevataconcordanza tra i diversi metodi indicando la validitàdell’indicatore qui utilizzato e più facilmente calcola-bile a livello nazionale.Come già discusso ampiamente nell’edizione prece-dente (Rapporto Osservasalute 2004 pagine 211-215),per poter confrontare strutture o regioni con questoindicatore è necessario considerare una possibilediversa distribuzione dei fattori di rischio del partocesareo tra cui la presenza di un precedente parto

cesareo (vedi box “La percentuale di parti cesarei inItalia: il commento di un’osservatrice statunitense”).Sarebbe infatti necessario utilizzare questo indicatoredopo aver applicato modelli di risk adjustment.

Valore di riferimento. Non è noto quale sia la pro-porzione di taglio cesareo corrispondente alla qualitàottimale delle cure. Sono stati pero fissati dei ben-chmark con l’obiettivo generale di ridurre la propor-zione dei tagli cesarei. Il Ministero della Salute ha fis-sato il valore di riferimento dei parti cesarei al 20%del totale dei parti; il raggiungimento di tale valorerisulta tra gli obiettivi del PSN 2003-2005. Questovalore, considerata l’età più avanzata della madre almomento del parto nel nostro paese, è sostanzialmen-te in linea con i valori di riferimentodell’Organizzazione Mondiale della Sanità che consi-dera come ideale una proporzione di taglio cesareonon superiore al 15%.

Grafico 1 - Percentuale di parti cesarei per regione di residenza - Anni 1998, 2003

M. P. FANTINI, E. STIVANELLO, L. DALLOLIO, B. FRAMMARTINO, E. CIOTTI, E. SAVOIA

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 203

Descrizione dei risultati

Nel 2003 la proporzione di TC a livello nazionale èdel 36,6% sul totale dei parti. Tutte le regioni eccettola Provincia Autonoma di Bolzano presentano unaproporzione sul totale dei parti superiore al 20% (gra-fico 1 e tabella 1). Come già osservato nell’edizioneprecedente, le regioni con la proporzione più bassa diTC sono la Provincia Autonoma di Bolzano, il Friuli-

Venezia Giulia e la Toscana, quelle con la proporzio-ne più elevata: la Campania, la Basilicata e la Sicilia.I dati suggeriscono inoltre un trend geografico Nord-Sud Italia. Confrontando le proporzioni di TC del1998 con quelle del 2003 (tabella 1 e grafico 1) siregistra un aumento di questo intervento di 5,2 puntipercentuali a livello nazionale. L’aumento a livelloregionale presentava valori molto variabili, da +1,1%in Emilia-Romagna a +10,7% in Sardegna. Si registraanche un concomitante aumento della variabilitàinterregionale.

Raccomandazioni di Osservasalute

La proporzione di parti cesarei sia a livello nazionaleche a livello regionale ha presentato negli ultimi anniuna costante crescita con un aumento della variabili-tà regionale. Le evidenze della letteratura fanno porreforti cautele nella interpretazione dei dati grezzi di TCproprio per l’eterogenea distribuzione di variabiliassociate al TC. La presentazione delle proporzioni diparto cesareo in due strati, proporzione di taglio cesa-reo nelle donne che hanno già avuto un precedentetaglio cesareo e proporzione di taglio cesareo nelledonne che non hanno già subito un precedente tagliocesareo, migliorerebbe la possibilità di confrontare leregioni. Dal momento che la proporzione di TC si pre-senta molto alta, sforzi tesi a comprendere e control-lare questo fenomeno intrapresi sia a livello naziona-le sia in varie regioni, devono essere perseguiti ovun-que.

Tabella 1 - Percentuale di parti cesarei per regione di residenza - Anni 1998, 2003

Regioni1998 2003 Variazione

%

Piemonte 26,9 30,2 3,3Valle d’Aosta 21,5 27,2 5,7Lombardia 23,3 26,6 3,3Bolzano-Bozen 17,3 19,5 2,2

Trento 22,4 27,0 4,6

Veneto 24,5 27,9 3,4Friuli V. G. 19,9 22,4 2,5Liguria 28,5 32,3 3,8Emilia Romagna 29,3 30,4 1,1Toscana 22,5 25,3 2,8Umbria 25,4 30,6 5,2Marche 33,2 35,4 2,2Lazio 35,5 37,5 2,0Abruzzo 33,5 39,6 6,1Molise 33,5 42,2 8,7Campania 48,0 57,9 9,9Puglia 35,0 43,5 8,5Basilicata 41,8 51,2 9,4Calabria 34,2 39,7 5,5Sicilia 36,6 47,9 11,3Sardegna 26,0 36,7 10,7Italia 31,4 36,6 5,2

Deviazione standard 7,5 9,6Coeff. di variazione 25,5 27,6

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero della Salute. Schede di Dimissione Ospedaliera. Anno 2005.

Percentuale di parti cesarei per regione di residenza. Anno 2003

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196 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2006

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i dati

raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istat, dall’Istituto

Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Per

ogni IVG effettuata è obbligatorio compilare il model-

lo D12/Istat e l’invio al sistema informativo nazionale.

Ogni anno il Ministro della Salute presenta al

Parlamento una relazione sull’andamento del fenome-

no. Attualmente i dati italiani sono tra i più accurati ed

aggiornati a livello internazionale. I limiti dell’indicato-

re possono essere rappresentati dal fatto che in alcuni

casi viene calcolato utilizzando al numeratore tutte le

IVG effettuate in regione (donne residenti e non) e al

denominatore le donne residenti, provocando una

sovrastima o sottostima del fenomeno. Utilizzando

invece le donne residenti sia al numeratore che al deno-

minatore, vengono esclusi alcuni casi relativi principal-

mente alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle tre regio-

ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiPer un commento sul trend e sulle differenze territoria-

li si faccia riferimento al Rapporto Osservasalute 2005.

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge

194 "Norme per la tutela della maternità e sull'interru-

zione volontaria di gravidanza" che regola le modalità

del ricorso all'aborto volontario. Grazie ad essa qualsia-

si donna per motivi di salute, economici, sociali o fami-

liari, può richiedere l'interruzione volontaria di gravi-

danza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione. Oltre

questo termine l’IVG è consentita per gravi problemi di

salute fisica o psichica. L'intervento può essere effet-

tuato presso le strutture pubbliche del Sistema Sanitario

Nazionale e le strutture private accreditate e autorizza-

te dalle regioni. Il tasso di abortività volontaria è l’indi-

catore più frequentemente usato a livello internaziona-

le (spesso utilizzando al denominatore la popolazione

femminile di età 15-44 anni). Permette di valutare l’in-

cidenza del fenomeno che in gran parte dipende dalle

scelte riproduttive, dall’uso di metodi contraccettivi

nella popolazione e dall’offerta dei servizi nei vari

ambiti territoriali. Al fine di una valutazione più com-

pleta dell’IVG, è possibile calcolare questo indicatore

specifico per alcune caratteristiche delle donne, ad

esempio età, stato civile, parità, luogo di nascita, citta-

dinanza. Si può inoltre utilizzare il tasso standardizzato

per età al fine di eliminare l’effetto confondente di que-

sta variabile.

Abortività volontaria

M. LOGHI, A. SPINELLI

Tasso di abortività volontaria

Numeratore Interruzioni volontarie di gravidanza di donne in età 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di età 15-49 anni

Grafico 1 - Tasso standardizzato di abortività volontaria – Anni 1980-2003

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Interruzioni volontarie della gravidanza. Anno 2006.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 197

I dati presentati dal Ministro della Salute in occasione

della Relazione al Parlamento riferiti all’anno 2004

indicano un numero di IVG pari a 138.123. A seguito

del Censimento della popolazione condotto nel 2001,

l’Istat ha effettuato la ricostruzione della popolazione

residente intercensuaria tra gli anni 1992 e 2001. Questo

ha comportato una modifica dei tassi di abortività volon-

taria essendo cambiata la popolazione al denominatore.

Inoltre per il tasso standardizzato è stata considerata come

popolazione tipo la popolazione del 2001 a sostituzione

di quella del 1991. Si riportano quindi i nuovi tassi stan-

dardizzati per gli anni 1991-2003 (tabella 1) e il grafico in

serie storica contenente sia i nuovi tassi che quelli prece-

dentemente calcolati (grafico 1). Da questo si desume che

le differenze tra i due non risultano essere consistenti,

segnale che la popolazione ricostruita e quella utilizzata

precedentemente (stimata dall’Istat), non differiscono in

maniera significativa.

Raccomandazioni di OsservasaluteL’analisi effettuata e che fa riferimento anche al Rapporto

Osservasalute 2005, ha evidenziato un cambiamento nel

modello di abortività a partire da metà degli anni

Novanta. Mentre prima erano le donne meno giovani,

coniugate e con figli ad avere un ricorso più elevato

all’interruzione volontaria di gravidanza, ora sono le don-

ne più giovani, nubili, senza figli e molto spesso stranie-

re ad avere i tassi di abortività volontaria più elevati.

Questo cambiamento dovrebbe riflettersi anche nelle

politiche a sostegno della famiglia, indirizzando attività di

prevenzione all’aborto verso i soggetti che ne fanno mag-

gior utilizzo.

Riferimenti bibliograficiMinistero della Salute (2006), Relazione sulla attuazione dellalegge contenente norme per la tutela sociale della maternità esull’interruzione della gravidanza. Dati definitivi 2004. Datiprovvisori 2005. Roma: Ministero della Salute, 2006.www.ministerosalute.it.

Tabella 1 - Tasso standardizzato di abortività volontaria per regione di residenza, calcolato con la popolazioneintercesuaria ricostruita – Anni 1991-2003

Regioni 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Piemonte 11,90 11,20 11,07 10,81 9,87 9,22 9,73 9,99 10,34 10,63 10,39 10,75 10,54

Valle d'Aosta 12,91 11,73 11,37 9,10 8,03 11,20 10,85 10,50 10,89 11,22 10,41 10,63 10,78

Lombardia 10,47 9,88 9,28 8,96 8,76 8,78 9,08 9,06 9,45 9,15 9,47 9,41 10,10

Trentino-Alto Adige 7,27 6,78 6,52 6,05 5,99 6,14 6,16 6,41 6,11 6,04 6,06 6,35 6,33

Bolzano-Bozen 5,99 5,59 5,50 4,80 4,47 5,09 4,76 5,58 5,36 4,91 4,93 5,04 5,40Trento 8,56 8,02 7,54 7,34 7,54 7,24 7,60 7,28 6,89 7,20 7,22 7,70 7,26Veneto 6,59 6,35 6,02 5,36 5,55 5,67 5,74 5,67 6,15 6,06 6,20 6,62 6,47

Friuli-Venezia Giulia 9,80 8,92 8,62 7,80 7,44 7,48 7,58 7,63 7,91 7,48 7,65 7,74 7,94

Liguria 12,43 11,97 11,27 11,50 10,48 11,32 11,02 11,45 11,29 11,32 11,48 11,60 12,29

Emilia-Romagna 12,77 11,77 11,62 9,94 10,20 10,54 10,42 10,66 10,72 10,68 10,59 11,01 10,96

Toscana 12,52 12,09 11,44 11,06 10,13 10,15 10,15 10,21 9,69 10,14 9,40 9,33 9,21

Umbria 14,52 14,21 12,53 12,08 11,60 12,00 11,64 11,22 11,20 11,61 11,86 11,89 11,21

Marche 8,80 8,54 8,29 6,77 6,36 7,64 7,73 7,69 7,50 7,36 7,36 7,69 7,86

Lazio 13,04 12,31 12,40 10,92 10,04 9,80 10,86 10,96 11,33 10,72 10,85 11,31 10,94

Abruzzo 12,16 10,88 10,90 10,26 9,90 10,27 10,38 10,00 9,91 9,59 8,85 9,39 9,02

Molise 15,03 15,02 14,09 12,99 12,84 12,25 12,37 10,39 10,85 10,22 8,46 9,30 8,17

Campania 9,86 9,62 8,99 9,05 9,39 9,25 9,03 9,06 9,28 8,82 8,47 9,00 -

Puglia 19,90 18,55 18,21 16,43 16,57 15,98 15,30 14,63 14,15 13,60 13,31 12,56 12,07

Basilicata 14,04 13,69 13,29 11,40 13,20 10,86 10,63 10,13 9,89 8,65 9,17 8,42 7,52

Calabria 8,69 7,51 7,42 7,29 7,88 8,94 9,37 9,04 8,55 8,30 7,16 7,20 6,64

Sicilia 8,72 7,70 7,30 6,92 7,29 7,98 8,18 8,08 8,29 7,86 7,24 7,49 7,44

Sardegna 8,42 8,64 7,55 7,51 7,91 7,03 6,78 6,23 6,19 6,15 5,84 5,73 5,72

Italia 11,20 10,54 10,14 9,48 9,35 9,37 9,49 9,43 9,54 9,30 9,13 9,29 9,29

Nota: la standardizzazione è stata effettuata utilizzando come popolazione tipo la popolazione media residente al Censimento del 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Anno 2006.

Tasso standardizzato di abortività volontaria per regione di

residenza (per 1.000 donne di età 15-49 anni). Anno 2003

Page 51: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

198 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2006

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’aborto

spontaneo come l’interruzione spontanea della gravi-

danza che si verifica entro 180 giorni di gestazione,

cioè 25 settimane e 5 giorni. Altri paesi adottano dif-

ferenti definizioni; attualmente l’Organizzazione

Mondiale della Sanità (WHO) indica con aborto spon-

taneo “l’espulsione o l’estrazione dal corpo materno

di un embrione o di un feto con peso uguale o inferio-

re a 500 grammi” il che corrisponde ad un periodo di

gestazione massimo di 20-22 settimane. Sebbene i fat-

tori biologici (quali età della donna e dell’uomo, pari-

tà, patologie) siano tuttora considerati i più importan-

ti determinanti della frequenza del fenomeno, in alcu-

ni studi si è evidenziato che questo evento può essere

associato a specifiche esposizioni lavorative o

ambientali.

Rapporto di abortività spontanea

Numeratore Aborti spontanei di donne in età 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di età 15-49 anni

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istat che rac-

coglie i casi per i quali si sia reso necessario il ricovero

in istituti di cura sia pubblici che privati. Gli aborti

spontanei non soggetti a ricovero, quali ad esempio gli

aborti che si risolvono senza intervento del medico o

che necessitano di sole cure ambulatoriali, non vengo-

no pertanto rilevati. Le statistiche ufficiali dell’Istat sul

fenomeno hanno il pregio di ricostruire la serie storica

dell’aborto spontaneo in tutto il territorio nazionale,

anche se non consentono uno studio su specifici fattori

di rischio, ad esclusione delle usuali informazioni di

natura socio-demografica. Non è possibile effettuare

confronti con altri paesi in quanto non risulta che abbia-

no registri nazionali sull’abortività spontanea.

L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e qui

utilizzato è il rapporto di abortività spontanea riferito ai

soli nati vivi. In realtà l’indicatore più corretto da un

punto di vista metodologico è la proporzione di aborti-

vità che considera al denominatore tutti i casi a rischio

di aborto spontaneo, ovvero il totale delle gravidanze

dato dalla somma dei nati vivi, nati morti, aborti spon-

tanei e solo una parte delle interruzioni volontarie del-

la gravidanza (in quanto queste ultime potrebbero aver

evitato degli aborti spontanei, avendo agito prima che

questi potessero verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle tre regio-

ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiIl trend del rapporto standardizzato mostra un debole

andamento crescente fino a metà degli anni ’90, segui-

to da una fase di stabilizzazione. Per ulteriori approfon-

dimenti sull’andamento temporale del fenomeno si

veda il Rapporto Osservasalute 2004 pagg. 208-211. Le

differenze territoriali sono abbastanza marcate: il

Centro e il Nord-Est seguono l’andamento nazionale

con valori più elevati della media, mentre il

Mezzogiorno con valori inferiori. Peculiare è il trend del

Nord-Ovest che dal 1996 al 2001 ha visto diminuire

notevolmente l’indicatore: da 149,10 aborti spontanei

per 1000 nati vivi a 109,61. Quindi in genere i valori più

elevati si sono osservati al Nord, eccetto a partire dalla

seconda metà degli anni Novanta quando è il Centro a

prevalere sul resto d’Italia. Il Sud presenta sempre i

valori più bassi, anche se le differenze tra le varie ripar-

tizioni si sono assottigliate nel corso del tempo. Tali

andamenti possono in parte essere spiegati dalle diffe-

renze territoriali dell'età media al parto, come si eviden-

zia dalla differenza tra rapporti grezzi e standardizzati.

Considerando il dettaglio regionale, valori particolar-

mente elevati nel 2003 si osservano nel Lazio, in

Toscana e Basilicata. Come evidenziato in numerosi

studi, l’età avanzata della donna è un fattore associato

a un rischio di abortività spontanea più elevato. I rap-

porti di abortività spontanea specifici per età crescono

al crescere dell’età della donna, ad esclusione delle gio-

vanissime (<20 anni) che hanno valori superiori delle

donne di età 20-29 anni. In particolare un rischio signi-

ficativamente più elevato si nota a partire dalla classe di

età 35-39 anni, quando il valore dell’indicatore supera

del 64% quello riferito alla classe d’età precedente, e si

quadruplica nelle donne sopra i 39 anni. Questi valori

non mostrano grandi modifiche nel tempo.

L’aumento del rapporto di abortività spontanea può

essere attribuibile a vari fattori, quali una diagnosi più

precoce della gravidanza, una migliorata notifica del-

l’evento, l’innalzamento dell’età della madre al parto e

in particolare al primo figlio, il ricorso a tecniche di

procreazione medicalmente assistita o la diffusione di

fattori ambientali e lavorativi che hanno un’influenza

negativa sullo sviluppo del feto. I dati di fonte ammini-

strativa Istat, come tutti i flussi routinari, non possono

fornire dati su tutti questi aspetti.

M. LOGHI, A. SPINELLI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 199

Tabella 1 - Rapporto standardizzato e rapporti di abortività spontanea per classi di età e per regione di residen-za della donna - Anno 2003

RegioniClassi di età Rapporto

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 15-49 std

Piemonte 190,2 94,7 83,3 90,6 140,1 381,0 870,7 113,0 102,5

Valle d'Aosta 290,4 51,5 72,6 111,7 232,3 227,8 4066,0 132,9 106,5

Lombardia 187,0 110,7 98,1 100,4 153,1 405,2 934,1 126,7 115,7

Trentino-Alto Adige 72,7 95,9 83,9 113,2 171,0 420,5 989,4 129,0 109,3

Bolzano-Bozen 71,8 72,1 85,0 97,8 157,0 414,4 736,4 117,3 99,1Trento 74,1 124,3 82,8 130,6 185,4 427,0 1333,1 141,6 121,2Veneto 178,6 131,9 105,2 113,6 174,5 470,8 1272,9 142,5 129,6

Friuli-Venezia Giulia 187,3 115,4 95,6 116,6 184,7 451,7 1207,8 142,9 124,2

Liguria 188,4 110,1 89,7 79,7 143,2 291,2 397,5 112,3 103,5

Emilia-Romagna 159,4 110,2 100,0 108,7 180,9 430,4 1075,0 137,4 121,0

Toscana 149,0 138,3 115,8 108,5 188,6 468,4 1167,9 148,8 133,9

Umbria 64,0 80,6 85,4 90,0 140,8 396,2 781,9 110,8 96,8

Marche 161,7 74,4 83,2 99,5 155,7 407,2 706,2 117,7 101,8

Lazio 227,8 145,5 118,2 134,2 218,8 548,1 1417,7 171,4 150,2

Abruzzo 103,1 91,1 84,3 83,1 133,3 399,9 772,2 106,8 97,1

Molise 286,7 94,1 68,0 77,9 130,9 355,9 368,8 100,0 94,4

Campania 88,8 84,1 79,1 91,0 149,9 367,6 734,0 103,9 96,5

Puglia 123,9 83,1 78,8 92,7 163,1 373,7 899,5 109,4 99,2

Basilicata 158,5 114,1 117,0 116,5 170,1 548,1 1429,8 145,9 131,7

Calabria 106,2 81,5 81,0 102,9 164,1 401,0 696,0 113,8 102,4

Sicilia 108,7 88,1 92,4 105,4 191,8 424,7 1028,9 124,0 112,2

Sardegna 123,2 94,5 91,0 87,8 164,8 343,1 759,6 126,2 104,3

Italia 135,7 100,9 93,3 103,4 169,3 422,0 969,1 127,6 113,1

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione tipo i nati vivi in Italia al Censimento del 1991.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. “Dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo”, per gli aborti spontanei.

“Nuova rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita”, per i nati vivi. Solo per la provincia di Roma i dati sui nati vivi derivano dalla fon-

te Agenzia della Sanità Pubblica della regione Lazio. Anno 2005.

Grafico 1 - Rapporto standardizzato di abortività spontanea per ripartizione di residenza della donna - Anni1982-2003

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione tipo i nati vivi in Italia al 1991.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. “Dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo”, per gli aborti spontanei.

“Nuova rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita”, per i nati vivi. Solo per la provincia di Roma i dati sui nati vivi derivano dalla fon-

te Agenzia della Sanità Pubblica della regione Lazio. Anno 2005.

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200 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2006

R a c -

comandazioni di OsservasalutePer comprendere meglio l’influenza dei fattori

ambientali e lavorativi sull’aborto spontaneo sono

necessari studi condotti ad hoc su popolazioni di spe-

cifici settori lavorativi e/o su particolari fattori di

esposizione. Infine è importante che le donne in gra-

vidanza esposte ad attività lavorative associate a un

maggior rischio di abortività siano trasferite ad altre

mansioni nei primi mesi di gravidanza, come indicato

dal Decreto Legge n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo

unico delle disposizioni legislative in materia di tute-

la e sostegno della maternità e della paternità, a nor-

ma dell’articolo 15 della Legge 8 marzo 2000 n. 53).

Rapporto standardizzato di abortività spontanea per regione.

Anno 2003

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 201

Parti cesarei

Significato. La proporzione di parti cesarei ha subito

negli ultimi decenni un costante incremento in molti

paesi occidentali, ed in Italia in particolare sono stati

raggiunti valori tra i più elevati al mondo. Sebbene una

parte dell’incremento possa essere attribuita a cambia-

menti demografici e a miglioramenti delle tecnologie

sanitarie, importanti determinanti di questa crescita

sembrano essere rappresentati da fattori non clinici.

In situazioni di sovra-utilizzazione, le proporzioni più

basse di parto cesareo sembrano rappresentare una

migliore qualità dell’assistenza, in termini di appropria-

to uso delle procedure. La proporzione di parti cesarei

viene per questo considerata un indicatore della qualità

dell’assistenza.

Percentuale di parti cesarei

Numeratore Numero di parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Numero totale di parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei è registra-

ta con buona precisione ed è verosimile perciò che le dif-

ferenze osservate rappresentino vere differenze nella per-

formance delle strutture piuttosto che errori di codifica.

Come già discusso nelle precedenti edizioni del

Rapporto Osservasalute (Rapporto Osservasalute 2004,

pag. 211-215, Rapporto Osservasalute 2005, pag. 202-

203), e ampiamente documentato in letteratura, per

poter effettuare confronti tra strutture di ricovero o per

valutare comparativamente l’utilizzazione della proce-

dura nella popolazione residente in ciascuna regione,

sarebbe necessario considerare la diversa distribuzione

dei fattori di rischio del parto cesareo ed in particolare la

presenza di un precedente taglio cesareo.

Nel Rapporto Osservasalute 2005 il contributo di Susan

Meikle (vedi pag. 204) riferito all’esperienza statunitense

(“A National Estimate of evidence of Elective Primari

Cesarean Delivey Rate” Obsterics & Gynecology, July

2005;105(4):751-756) sottolineava l’importanza di

distinguere le donne che hanno ricevuto un precedente

taglio cesareo da quelle in cui la procedura viene pratica-

ta per la prima volta, essendo il pregresso cesareo un for-

te determinante di un successivo parto chirurgico.

D’altra parte, anche considerando solo i tagli cesarei “pri-

mari” è di fondamentale importanza, per fare confronti,

considerare la diversa possibile distribuzione di altri

determinanti clinici e socio-demografici del taglio cesa-

reo, applicando corretti modelli di risk adjustment.

Un recente studio mostra ad esempio che in regione

Emilia-Romagna per operare corretti confronti tra struttu-

re è necessario implementare modelli di controllo del con-

fondimento (“Risk adjustment for inter-hospital compari-

son of primary cesarean section rates: need, validity and

parsimony” MP Fantini, E Stivanello, B Frammartino, AP

Barone, D Fusco, L Dallolio, P Cacciari, C A Peducci-

BMC Health Services Research 2006, 6:100).

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto quale

sia la proporzione di taglio cesareo corrispondente alla

qualità ottimale delle cure. Sono stati però fissati dei

benchmark con l’obiettivo generale di ridurre la propor-

zione dei tagli cesarei. L’Organizzazione Mondiale del-

la Sanità considera come ideale una proporzione di

taglio cesareo non superiore al 15%.

Il Parlamento italiano sta esaminando un disegno di leg-

ge (www.ministerosalute.it ) che propone di promuove-

re una maggiore tutela dei diritti della gestante e del

neonato, garantendo un’appropriata assistenza all’intero

percorso-nascita, da parte del SSN, riducendone l’ec-

cessiva medicalizzazione e il sovrautilizzo di prestazio-

ni diagnostiche e procedure terapeutiche.

Descrizione dei risultatiNel 2004, a livello nazionale, la proporzione di tagli

cesarei sul totale dei parti è del 38 % con valori stabili o

in tendenziale aumento in tutte le regioni. Tutte le regio-

ni presentano un valore superiore al 20% (tabella 1 e

grafico 1).

I dati mostrano ancora un forte gradiente Nord-Sud

(vedi anche i dati relativi al periodo 1998-2003 su

Rapporto Osservasalute 2004 e 2005 sopra citati).

Nella Provincia Autonoma di Bolzano e in regione

Friuli Venezia Giulia si registrano i valori più bassi (cir-

ca il 23%), mentre la regione Campania continua ad

avere il valore più alto (59%), seguita da Sicilia e

Basilicata (50%), Molise (49%), Puglia (45,8%) e

Calabria (43,7%).

Confrontando le proporzioni di TC del 1998 (anno di

riferimento del precedente Rapporto Osservasalute) con

quelle del 2004 (tabella 1 e grafico 1) si registra a livel-

lo nazionale un aumento dell’utilizzo di questo interven-

to pari a 6 punti percentuali. L’aumento a livello regio-

nale presenta valori molto variabili, da +15,5 punti

percentuali del Molise all’ 1,9 dell’Emilia- Romagna.

La situazione nazionale dal 2003 al 2004 è aumentata

di 1,4 punti percentuali (tabella 1 e grafico 2), guar-

dando poi i valori delle regioni il Molise (6,8), la

Calabria (4,0) e la Provincia Autonoma di Bolzano

(3,6) hanno i valori più alti, la Basilicata il valore più

basso (-0,7 punti percentuali).

M.P. FANTINI, L. DALLOLIO, B. FRAMMARTINO

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202 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2006

Raccomandazioni di Osservasalute Dal momento che la proporzione di TC si presenta

molto alta, sforzi tesi a comprendere e controllare

questo fenomeno intrapresi sia a livello nazionale sia

in varie regioni, devono essere perseguiti ovunque.

Il disegno di legge sopra citato dimostra una forte

volontà programmatoria in tal senso e fornisce indica-

zioni per l’implementazione di appropriati percorsi-

nascita.

Tabella 1 - Percentuale di tagli cesarei per regione (Variazione percentuale) - Anni 1998-2004, 2003-2004

Regioni 1998 2003 2004Variazione Variazione

1998-2004 2003-2004

Piemonte 26,9 30,2 32,2 5,3 2,0

Valle d’Aosta 21,5 27,2 29,5 8,0 2,3

Lombardia 23,3 26,6 27,5 4,2 0,9

Bolzano-Bozen 17,3 19,5 23,1 5,8 3,6Trento 22,4 27,0 28,0 5,6 1,0Veneto 24,5 27,9 28,8 4,3 0,9

Friuli-Venezia Giulia 19,9 22,4 23,3 3,4 0,9

Liguria 28,5 32,3 32,7 4,2 0,4

Emilia-Romagna 29,3 30,4 31,2 1,9 0,8

Toscana 22,5 25,3 26,8 4,3 1,5

Umbria 25,4 30,6 31,9 6,5 1,3

Marche 33,2 35,4 35,5 2,3 0,1

Lazio 35,5 37,5 39,4 3,9 1,9

Abruzzo 33,5 39,6 40,7 7,2 1,1

Molise 33,5 42,2 49,0 15,5 6,8

Campania 48,0 57,9 59,0 11,0 1,1

Puglia 35,0 43,5 45,8 10,8 2,3

Basilicata 41,8 51,2 50,5 8,7 -0,7

Calabria 34,2 39,7 43,7 9,5 4,0

Sicilia 36,6 47,9 50,4 13,8 2,5

Sardegna 26,0 36,7 39,4 13,4 2,7

Italia 31,4 36,6 38,0 6,6 1,4

Deviazione standard 7,5 9,6 9,8

Coefficiente di variazione 25,5 27,6 26,8

Nota: per il 2004 abbiamo l’informazione relativa ai parti cesarei per cittadine con residenza estera o sconosciuta pari al 22,9 %.

Fonti dei dati e anno di riferimento: Ministero della Salute – Direzione Generale Programmazione Sanitaria. Anni 1998, 2003 e 2004. Anno

2006.

Grafico 1 - Percentuale di tagli cesarei per regione - Anni 1998, 2003 e 2004

Fonti dei dati e anno di riferimento: Ministero della Salute – Direzione Generale Programmazione Sanitaria. Anni 1998, 2003 e 2004. Anno

2006.

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236 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

Parti cesarei ed età materna

Significato. Esiste un unanime consenso che il taglio

cesareo (TC) nei paesi industrializzati sia una proce-

dura soggetta a sovra-utilizzazione: la proporzione di

parti cesarei ha subito infatti negli ultimi anni un

costante incremento in tutti i paesi occidentali, com-

presa l’Italia, con un aumento dal 1999 al 2004 di 5

punti percentuali, raggiungendo uno tra i valori più

elevati al mondo.

Betran e coll. (1) in un recente articolo hanno riporta-

to i risultati di uno studio che ha utilizzato i dati pro-

venienti da 126 paesi (fonti: Demographic and HealthSurveys-DHS per i Paesi in via di sviluppo e Europe-an Health for All Database, WHO per i Paesi cosid-

detti sviluppati), relativi all’89% dei nati vivi nel

2002. Obiettivo dello studio era di stimare la propor-

zione di parti cesarei a livello regionale, nazionale e

globale e descrivere gli andamenti regionali e sub-

regionali, correlando tali proporzioni con alcuni indi-

catori di salute riproduttiva (la mortalità materna, la

mortalità infantile e la mortalità neonatale).

Questo studio rappresenta il primo tentativo di fornire

analisi comparative di dati provenienti da diversi

nazioni e di studiare le possibili associazioni tra diver-

se percentuali di TC e altri indicatori di salute mater-

na-infantile.

La percentuale di TC eseguiti nel mondo è mediamen-

te del 15%. Le proporzioni più elevate si registrano

nei paesi industrializzati, in America Latina e nei

Paesi Caraibici, le percentuali più basse si registrano

invece nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo.

I risultati dello studio mostrano come esista, nei paesi

che presentano elevati tassi di mortalità, una forte

associazione inversa tra mortalità materna, mortalità

infantile, mortalità neonatale e TC (a più alte percen-

tuali di TC corrispondono più bassi tassi di mortalità);

nei paesi invece con bassi livelli di mortalità sembre-

rebbe evidenziarsi una associazione positiva, ovvero

al di sopra di una proporzione di TC del 15%, i rischi

per la salute riproduttiva potrebbero iniziare a supera-

re i benefici.

I dati sono poi stati analizzati tenendo conto del red-

dito pro capite nazionale suggerendo come il TC pos-

sa rispondere in modo primario a determinanti econo-

mici.

Il limite di queste analisi è che provengono da studi

ecologici e quindi non tengono conto del diverso pro-

filo di rischio delle donne (età e altre comorbidità).

Mentre il dibattito scientifico si sta concentrando sul-

la individuazione dei determinanti medici e non medi-

ci del TC e delle possibili complicanze sulla salute

materna ed infantile, alcune evidenze suggeriscono

come l’aumento del TC avvenga proprio sulla base

della maternal choice definita come un TC eseguito in

assenza di indicazioni mediche o ostetriche per una

gravidanza singola a termine (2).

Un altro fenomeno a cui si sta assistendo nei paesi

industrializzati è l’aumento dell’età media della madre

alla prima gravidanza ed il numero di gravidanze che

vengono intraprese oltre i 35 anni; è noto come l’età

materna avanzata possa rappresentare un importante

fattore di rischio per molte patologie ostetrico-gineco-

logiche, ma nonostante ciò, l’età avanzata non rappre-

senta un’indicazione assoluta all’espletamento del TC.

La proporzione di parti cesarei aumenta all’aumenta-

re dell’età della madre ed è stato dimostrato che que-

sta associazione persiste anche dopo l’aggiustamento

per altri fattori.

Proporzione di parti cesarei

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei è regi-

strata con buona precisione ed è verosimile, perciò, che

le differenze osservate rappresentino vere differenze

nella performance delle strutture piuttosto che errori di

codifica. La proporzione dei parti cesarei può essere sti-

mata sia a partire dalle informazioni presenti nelle

Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) sia attraver-

so i Certificati di Assistenza al Parto (CeDAP); come

riportato nell’approfondimento “Il parto cesareo in

Emilia-Romagna: riproducibilità delle informazioni

ottenute attraverso SDO e CeDAP”, entrambe le fonti

informative sono valide nello stimare la proporzione di

TC. L’indicatore stimato a partire dai DRG delle SDO

è quello più facilmente calcolabile a livello nazionale.

Come già discusso ampiamente nelle edizioni prece-

denti, per poter confrontare strutture o regioni con que-

sto indicatore è necessario considerare una possibile

diversa distribuzione dei fattori di rischio del parto

cesareo, tra cui la presenza di un precedente parto cesa-

reo. Sarebbe infatti necessario utilizzare questo indica-

tore dopo aver applicato modelli di risk adjustment.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto quale

sia la proporzione di taglio cesareo corrispondente alla

qualità ottimale delle cure; sono stati fissati dei ben-

chmark con l’obiettivo generale di ridurre la proporzio-

M. P. FANTINI, L. DALLOLIO, B. FRAMMARTINO, G. LONARDI, G. PIERI

Page 57: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 237

ne dei tagli cesarei: l’Organizzazione Mondiale della

Sanità ad esempio considera come ideale una proporzio-

ne di taglio cesareo non superiore al 15% (3). In Italia il

Ministero della Salute dichiara che tra gli obiettivi del

PSN 2006-2008 da raggiungere nel triennio, vi è “la

riduzione del ricorso al taglio cesareo, raggiungendo il

valore del 20%, in linea con i valori medi europei” (4).

Descrizione dei risultatiDifferentemente dalle precedenti edizioni di

Osservasalute, in questa sezione la proporzione di TC

viene descritta in relazione all’età della madre (tabella 1).

L’incremento del TC si registra in tutte le classi di età

(<18, 18-29, 30-44, >45 anni).

In particolare il valore medio italiano ha subito un incre-

mento totale del 4,96% così suddiviso: dal 1999 al 2004,

nelle classi delle donne con meno di 18 anni e in quelle

tra i 18 e i 29 anni, si è registrato un incremento delle

proporzioni di TC di circa 4 punti percentuali; tra le

donne di età compresa tra i 30 e i 44 anni un aumento

maggiore di 5 punti percentuali, mentre per le donne

con più di 45 anni una crescita di 7,8 punti percentuali.

Se si vanno ad osservare le differenze interregionali, per

quanto l’aumento si registri su tutto il territorio naziona-

le, è più spiccato nelle regioni del Sud dove è comples-

sivamente omogeneo e costante per tutte le classi di età,

con un picco per le donne oltre i 45 anni che raggiunge

un incremento di 15 punti percentuali dal 1999 al 2004.

Il Nord è invece l’unica area che registra una differenza

percentuale inferiore nella classe di età sopra i 45 anni

rispetto alle altre classi di età (vedi tabella 1 e grafico 1)

nell’intervallo di tempo considerato.

È stato dimostrato che il pregresso TC agisce da modi-

ficatore d’effetto nei confronti tra popolazioni e tra pun-

ti nascita. Quando si fanno confronti occorre, quindi,

stratificare e considerare solo i TC primari. Questa

distinzione non è stata operata nei dati qui riportati e

quindi si potrebbe verificare un possibile effetto coorte

(le donne che hanno già avuto un TC, più numerose nel-

le regioni del Sud, sono candidate ad un successivo

cesareo). Va, inoltre, segnalato che anche l’età materna

al momento del parto, possibile confondente quando si

operano confronti tra popolazioni e/o punti nascita, sul-

la base dei dati presentati in questa sezione, potrebbe

agire come modificatore d’effetto nei confronti fra

popolazioni regionali (confronto tra diverse proporzioni

di TC nella classe >45 anni nelle regioni del Nord,

Centro e Sud).

Sorge infine il quesito se, nelle regioni del Sud, l’aumen-

to del TC nelle differenti classi di età più che a condizio-

ni cliniche non possa essere legato ad una scelta delle

donne e/o eventualmente degli operatori sanitari.

Per rispondere a queste domande servono confronti

aggiustati per altri fattori di rischio e soprattutto occorre

tener conto della presenza di precedenti TC nell’anam-

nesi delle donne (5).

Tabella 1 - Proporzione (per 100) di TC per regione e classi di età - Anni 1999, 2004

Classi d’età

Regioni <18 18-29 30-44 45+

1999 2004 1999 2004 1999 2004 1999 2004

Piemonte 14,36 17,01 22,42 26,69 29,01 34,90 40,54 55,36

Valle d'Aosta n.d. n.d. 19,37 23,69 20,76 29,74 100,00 50,00

Lombardia 16,54 19,27 21,17 22,64 26,38 29,82 53,04 42,24

Trentino-Alto Adige 11,11 27,50 17,36 21,13 21,90 27,89 30,00 50,00

Bolzano-Bozen 10,81 29,79 15,55 19,87 20,48 24,69 n.d. 44,44Trento 11,76 24,24 19,47 22,53 23,42 31,23 42,86 57,14Veneto 24,16 19,18 23,32 23,95 27,58 31,06 56,90 43,75

Friuli-Venezia Giulia 14,29 14,04 18,01 20,25 21,81 24,47 27,27 45,45

Liguria 15,00 14,14 25,37 25,76 31,24 35,54 47,37 62,50

Emilia-Romagna 19,08 18,12 25,95 25,49 32,27 34,03 50,00 70,49

Toscana 9,27 17,99 20,32 20,68 25,60 28,90 59,09 59,09

Umbria 15,91 17,50 21,97 27,96 29,26 34,09 66,67 62,50

Marche 23,33 22,32 29,73 29,81 37,83 38,50 47,06 71,43

Lazio 22,69 19,44 29,22 33,27 39,27 42,70 53,45 62,65

Abruzzo 18,37 24,00 32,75 34,40 38,01 44,32 43,75 60,00

Molise 21,05 33,33 28,84 46,81 36,71 50,78 75,00 66,67

Campania 44,49 50,54 48,64 56,93 54,08 61,26 48,15 73,68

Puglia 27,88 39,23 34,06 42,45 41,54 48,87 55,29 68,09

Basilicata 43,90 40,54 35,85 46,27 44,86 53,52 42,86 71,43

Calabria 20,59 26,82 33,24 39,28 40,79 47,05 50,00 60,00

Sicilia 27,81 39,80 34,80 46,21 42,58 54,98 53,42 61,90

Sardegna 18,92 26,47 25,33 33,88 32,30 42,11 51,92 63,41

Italia 27,93 32,07 30,63 34,95 34,53 39,69 51,55 59,35

n.d. = non disponibile.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Elaborazioni su dati SDO. Anno 2007.

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238 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

Grafico 1 - Incremento percentuale di TC suddiviso per classi di età e Nord, Centro, Sud e Italia (pubblico e pri-vato accreditato) - Anni 1999-2004

Fonti dei dati e anno di riferimento: Elaborazioni su dati SDO. Anno 2007.

Raccomandazioni di OsservasaluteLa proporzione di parti cesarei sia a livello nazionale

che a livello regionale continua ad essere in costante

crescita, presentando grandi variabilità interregionali.

Il parto cesareo risulta essere un argomento di grande

interesse per la ricerca clinica e per i servizi sanitari,

poiché, nonostante sia indiscutibile che in determina-

te circostanze cliniche rappresenti un intervento

necessario per la madre e/o il neonato, è utile appro-

fondire la grande variabilità osservata nell’utilizzo di

tale procedura e valutare i rischi e le possibili compli-

canze che da esso possono derivare.

La presentazione delle proporzioni di parto cesareo

stratificata per età deve essere interpretata con caute-

la dal momento che i dati non sono stati studiati con-

siderando l’eterogenea distribuzione delle variabili

cliniche e non associate al TC, ma può solo offrire un

suggerimento per la ricerca futura.

Riferimenti bibliografici(1) Betrán A. P, Merialdi M, Lauer J.A, Bing-Shun W,

Thomas J, Van Look P, Wagner M. Rates of caesarean sec-

tion: analysis of global, regional and national estimates

Paediatric and Perinatal Epidemiology 2007, 21, 98–113.

(2) State of the Science Conference Statement on Cesarean

delivery on maternal request 2006, National Institute of

Health-NIH.

(3) The World Health Organization. Appropriate technology

for birth. Lancet. 1985 Aug 24; 2 (8452): 436-7.

(4) Ministero della Salute. Piano Sanitario Nazionale 2006-

2008.

(5) Rapporto Osservasalute 2005, Stato di salute e qualità

dell’assistenza nelle regioni italiane, Prex; 202-204.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 251

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’aborto

spontaneo (AS) come l’interruzione involontaria del-

la gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gesta-

zione, cioè 25 settimane e 5 giorni. Dopo tale limite

gestazionale, l’evento viene classificato come nato

morto. Altri paesi adottano differenti definizioni:

attualmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità

(WHO), nella classificazione internazionale delle

malattie, definisce genericamente la morte fetale sen-

za far riferimento alla durata della gravidanza,

lasciando però intendere, nelle richieste dati presso

organismi internazionali, che debba essere il peso (più

o meno 500 grammi ) il fattore discriminante tra abor-

to spontaneo e nato morto. A tale peso (informazione

non presente nei dati sull’AS) corrisponde in genere

un periodo gestazionale massimo di 22 settimane.

Sebbene i fattori biologici (quali età della donna e del-

l’uomo, la parità, eventuali patologie) siano tuttora

considerati come i più importanti determinanti della

frequenza del fenomeno, in alcuni studi si è eviden-

ziato che questo evento può essere associato a speci-

fiche condizioni lavorative ed esposizioni ambientali.

Rapporto di abortività spontanea

Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istat che

raccoglie i casi per i quali si sia reso necessario il

ricovero in istituti di cura sia pubblici che privati.

Gli AS non soggetti a ricovero, quali ad esempio gli

aborti che si risolvono senza intervento del medico

o che necessitano di sole cure ambulatoriali, non

vengono pertanto rilevati. Le statistiche ufficiali

dell’Istat sul fenomeno hanno il pregio di ricostrui-

re la serie storica dell’AS in tutto il territorio nazio-

nale, anche se non consentono uno studio su speci-

fici fattori di rischio, ad esclusione delle usuali

informazioni di natura socio-demografica. È molto

difficoltoso effettuare confronti con altri paesi sia

perché non risulta che abbiano registri a copertura

nazionale, sia a causa di differenti definizioni adot-

tate (Approfondimento “Natimortalità e abortività

spontanea: definizioni e implicazioni epidemiologi-

che”, pagg. 254-256).

L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e

qui utilizzato è il rapporto di abortività spontanea

riferito ai soli nati vivi. In realtà l’indicatore più

corretto da un punto di vista metodologico è la pro-

porzione di abortività che considera al denominato-

re tutti i casi a rischio di aborto spontaneo, ovvero il

totale delle gravidanze dato dalla somma dei nati

vivi, nati morti, aborti spontanei e una parte delle

interruzioni volontarie della gravidanza (ovvero

quella parte che potrebbe aver evitato il verificarsi

di un AS avendo agito prima che questo potesse

verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle tre

regioni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiIl dato dell’anno 2004 conferma l’aumento del feno-

meno ormai consolidato da tempo: il numero dei casi

di dimissioni per AS registrati sono stati 75.457, cifra

a cui corrisponde un rapporto di abortività pari a 130,2

per 1.000 nati vivi (124,8 per il rapporto standardizza-

to). Rispetto all’anno precedente quindi si verifica un

aumento di circa il 5%. Le differenze territoriali sono

rimaste abbastanza costanti nel tempo: fino a metà

degli anni Novanta i valori più elevati si sono osserva-

ti al Nord, poi è stato il Centro a prevalere sul resto

d’Italia, mentre il Mezzogiorno ha sempre presentato

valori più bassi. Tali andamenti possono essere in par-

te spiegati dalle differenze territoriali dell’età media al

parto, come si evidenzia dalle differenze tra i rapporti

grezzi e quelli standardizzati. Considerando il detta-

glio regionale, valori particolarmente elevati si notano

nel Lazio, in Friuli-Venezia Giulia e Basilicata. Come

evidenziano numerosi studi, l’età avanzata della donna

è un fattore associato ad un rischio di abortività spon-

tanea più elevato. I rapporti specifici per età infatti cre-

scono al crescere dell’età della donna, ad esclusione

delle giovanissime (<20 anni) che hanno valori supe-

riori a quelli delle donne di età 20-29 anni. In partico-

lare un rischio significativamente più elevato si nota a

partire dalla classe di età 35-39 anni, dove il valore

dell’indicatore supera del 66% quello riferito alla clas-

se d’età precedente, e si quadruplica nelle donne oltre

i 39 anni. Questi valori non hanno subito sostanziali

modifiche nel corso del tempo. L’aumento del rappor-

to di abortività spontanea può essere attribuibile a vari

fattori, quali una diagnosi più precoce della gravidan-

za, una migliorata notifica dell’evento, l’innalzamento

dell’età della madre al parto e in particolare al primo

figlio, il ricorso a tecniche di procreazione medical-

mente assistita o la diffusione di fattori ambientali e

M. LOGHI, A. SPINELLI

Page 60: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

252 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

lavorativi che hanno un’influenza negativa sullo svi-

luppo del feto. I dati di fonte amministrativa dell’Istat,

come tutti i flussi routinari, non possono fornire infor-

mazioni su tutti questi aspetti. Nell’anno 2000 l’Istat ha

inserito nel modello di rilevazione dell’AS il quesito

mirato a rilevare se l’evento sia accaduto a seguito del

ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assi-

stita, rilevandone anche il metodo in caso di risposta

affermativa. Purtroppo i dati raccolti risultano essere

sottostimati e inutilizzabili per tentare di valutare quan-

ta parte degli AS sia dovuta all’aumentato ricorso a

queste tecniche.

Tabella 1 - Rapporti (specifici per età, grezzi e standardizzati per 1.000 nati vivi) di dimissioni da istituti di curaper aborto spontaneo per regione e classe di età - Anno 2004

RegioniClassi di età Rapporto Rapporto

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzo std

Piemonte 118,9 100,0 82,9 93,1 147,6 416,3 935,3 117,4 112,5

Valle d’Aosta 182,1 83,2 54,5 102,4 150,7 168,1 546,3 104,5 99,2

Lombardia 165,2 104,4 90,4 99,8 159,6 387,4 1051,1 125,7 120,0

Trentino-Alto Adige 155,6 96,9 83,4 98,3 159,9 401,2 1483,6 123,5 117,4

Bolzano-Bozen 176,9 84,6 76,9 90,6 133,7 401,8 1258,6 111,8 106,7Trento 126,9 110,5 89,9 106,2 184,2 400,6 1713,3 135,2 127,9Veneto 183,3 111,0 107,1 109,8 175,6 439,4 1308,8 141,0 134,5

Friuli-Venezia Giulia 168,8 122,4 110,5 122,0 192,5 510,7 2577,8 156,2 147,8

Liguria 200,2 95,5 72,8 73,4 131,8 373,3 796,6 107,6 99,1

Emilia-Romagna 119,3 95,2 93,7 104,8 173,9 419,6 764,2 132,0 124,1

Toscana 180,8 111,0 99,2 109,8 181,1 426,6 1236,3 141,6 132,6

Umbria 112,0 72,4 80,7 87,4 159,2 299,4 878,5 109,9 105,1

Marche 75,6 87,8 84,1 93,2 175,2 432,4 881,2 122,4 116,3

Lazio 263,9 166,8 135,7 137,7 207,3 527,6 1707,3 179,6 169,7

Abruzzo 131,2 81,6 90,1 102,4 146,3 380,2 747,5 119,5 114,6

Molise(a) 200,3 87,4 67,2 73,4 123,5 316,4 454,8 95,0 92,8

Campania 120,0 83,2 83,8 90,6 169,4 427,4 891,0 112,1 114,4

Puglia 85,9 83,8 81,9 91,2 166,5 407,7 903,6 112,5 112,3

Basilicata 238,7 80,6 106,6 125,7 214,4 430,9 676,4 149,7 143,9

Calabria 134,6 84,2 86,1 102,6 181,7 406,3 1062,2 121,9 121,6

Sicilia 124,3 89,8 91,8 103,8 180,0 473,9 1122,4 124,4 126,0

Sardegna 100,5 101,4 89,0 106,9 186,8 458,3 887,2 147,4 127,5

Nord-Ovest 155,0 102,4 86,7 95,8 154,0 390,9 989,9 121,9 116,0Nord-Est 155,1 104,4 99,9 108,1 175,1 435,2 1159,9 137,4 130,1Centro 192,7 128,3 113,3 120,0 192,7 471,4 1386,1 155,7 146,3Isole 121,6 91,3 91,3 104,4 182,0 468,7 1030,5 129,1 126,3Sud 116,3 85,5 86,6 97,5 172,8 432,8 939,0 119,5 118,7Italia 137,7 98,6 93,4 103,5 172,2 430,8 1077,9 130,2 124,8

(a)I rapporti della regione Molise sono stimati.

Nota: La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento:Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2004.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 253

Raccomandazioni di OsservasalutePer una migliore valutazione del fenomeno sarebbe

importante costruire un indicatore che abbia al deno-

minatore tutte le gravidanze conosciute. Inoltre per

comprendere al meglio l’influenza dei fattori ambien-

tali e lavorativi sull’AS sono necessari studi condotti

ad hoc su popolazioni di specifici settori lavorativi e/o

su particolari fattori di esposizione. Infine è importan-

te che le donne in gravidanza esposte ad attività lavo-

rative associate ad un maggior rischio di abortività

siano trasferite ad altre mansioni nei primi mesi di

gravidanza, come indicato dal Decreto Legge n. 151

del 26 marzo 2001 (Testo unico delle disposizioni

legislative in materia di tutela e sostegno della mater-

nità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della

Legge 8 marzo 2000 n. 53).

Riferimenti bibliografici(1) World Health Organisation (2005), International classi-fication of diseases, injuries and causes of death. X revision,Geneva, WHO. http://www.who.int/classifications/icd/en/.

Rapporto standardizzato di abortività spontanea (per 1.000

nati vivi) per regione. Anno 2004

Page 62: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 257

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i

dati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istat,

dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della

Salute. Per ogni IVG effettuata è obbligatorio compi-

lare il modello Istat D.12 e l’invio al sistema informa-

tivo nazionale. Ogni anno il Ministero della Salute

presenta al Parlamento una relazione sull’andamento

del fenomeno. Attualmente i dati italiani sono tra i più

accurati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti

nell’indicatore possono essere rappresentati dal fatto

che in alcuni casi viene calcolato utilizzando al nume-

ratore tutte le IVG effettuate in regione (donne resi-

denti e non) e al denominatore le donne residenti, pro-

vocando una sovrastima o sottostima del fenomeno.

Utilizzando invece le donne residenti sia al numerato-

re che al denominatore, vengono esclusi alcuni casi

relativi principalmente alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle tre

regioni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiI modelli D12 del 2004 pervenuti all’Istat, con

137.140 IVG registrate (numero sottostimato di circa

1.000 casi a causa della regione Sicilia che ha inviato

un numero incompleto di schede) confermano la ten-

denza alla stabilizzazione del fenomeno, dopo un

costante declino iniziato a partire da metà degli anni

Ottanta (grafico 1). Tuttavia, se si scompone il dato

per cittadinanza, si osserva ancora una diminuzione

tra le cittadine italiane. Le regioni del Nord-Ovest e

del Centro (eccetto le Marche) insieme alla Puglia

presentano valori superiori alla media nazionale,

anche se si è osservata nel tempo una riduzione delle

differenze regionali.

Per quanto riguarda l’età della donna, nel 2004 il tas-

so più elevato è in corrispondenza della classe 20-24

(15,3 IVG per 1.000 donne) mentre in passato valori i

più alti si osservavano tra le donne di età 25-29 e 30-

34. Anche tra le minorenni, il cui ricorso all’IVG

risulta essere in continuo aumento. Nel 2004 il 3%

delle IVG risulta essere effettuato da donne al di sot-

to dei 18 anni di età, con un tasso pari a 4,9 per 1.000

(più elevato di oltre il 50% rispetto al 1994). Questo

andamento può essere in parte determinato dall’au-

mento del contributo di IVG da parte delle donne stra-

niere presenti nel nostro paese e che sono prevalente-

mente giovani (Capitolo “Salute degli immigrati”,

pagg. 283-319).

Osservando il fenomeno per stato civile (tabella 2), i

livelli di abortività più elevati si osservano tra le sepa-

rate, divorziate e vedove (21,8 per 1.000 nel 1994 e

25,7 per 1.000 nel 2004) che però numericamente

costituiscono un gruppo molto piccolo. Dal 1997 il

tasso di abortività delle donne nubili ha superato quel-

lo delle donne coniugate, con un aumento delle diffe-

renze nel corso del tempo. Infatti nel 1997 il tasso per

le nubili era uguale a 9,4, mentre per le donne coniu-

gate a 9,0; nel 2004 i valori sono diventati, rispettiva-

mente, pari a 10,1 e 8,1.

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge

194 “Norme per la tutela della maternità e sull’interru-

zione volontaria della gravidanza” che regola le moda-

lità del ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa

qualsiasi donna per motivi di salute, economici, sociali

o familiari, può richiedere l’interruzione volontaria di

gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione.

Oltre questo termine l’IVG è consentita per gravi pro-

blemi di salute fisica o psichica. L’intervento può

essere effettuato presso le strutture pubbliche del

Sistema Sanitario Nazionale e le strutture private

accreditate e autorizzate dalle regioni. Il tasso di abor-

tività volontarie è l’indicatore più frequentemente

usato a livello internazionale (spesso utilizzando al

denominatore la popolazione femminile di età 15-44

anni). Permette di valutare l’incidenza del fenomeno

che in gran parte dipende dalle scelte riproduttive,

dall’uso di metodi contraccettivi nella popolazione e

dall’offerta dei servizi nei vari ambiti territoriali. Al

fine di una valutazione più completa dell’IVG, è pos-

sibile calcolare questo indicatore specifico per alcune

caratteristiche delle donne, ad esempio età, stato civile,

parità, luogo di nascita, cittadinanza. Si può inoltre uti-

lizzare il tasso standardizzato per età al fine di elimina-

re l’effetto confondente di questa variabile.

Abortività volontaria

M. LOGHI, A. SPINELLI

Tasso di abortività volontaria

Numeratore Interruzioni volontarie di gravidanza di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni

Page 63: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

258 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

Tabella 1 - Tassi (specifici per età, grezzi e standardizzati per 1.000 donne) di interruzioni volontarie della gra-vidanza per regione e classi di età – Anno 2004

RegioniClassi di età Tasso Tasso

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzo std

Piemonte 9,4 19,4 17,5 14,5 11,8 5,5 0,3 10,8 11,3

Valle d'Aosta 10,3 15,3 16,8 12,9 14,0 4,2 0,2 10,3 10,7

Lombardia 9,0 17,9 16,9 13,8 10,3 4,7 0,4 10,1 10,5

Trentino-Alto Adige 5,3 10,7 10,2 8,8 7,4 3,6 0,3 6,5 6,7

Bolzano-Bozen 3,6 6,5 8,4 6,3 5,4 3,1 0,3 4,8 4,9Trento 7,1 15,3 11,9 11,3 9,3 4,0 0,4 8,2 8,5Veneto 5,6 11,6 11,8 9,8 7,1 3,2 0,2 6,9 7,2

Friuli-Venezia Giulia 6,6 12,8 14,1 11,5 9,2 4,7 0,2 8,2 8,6

Liguria 13,3 21,2 21,5 16,0 12,2 5,3 0,6 11,8 12,9

Emilia-Romagna 8,5 19,7 18,0 15,2 11,8 5,2 0,5 10,9 11,4

Toscana 7,9 16,7 15,6 13,2 10,3 4,7 0,5 9,5 10,0

Umbria 7,7 19,7 19,6 16,5 13,3 6,4 0,6 11,9 12,3

Marche 5,5 12,3 12,2 10,7 8,3 3,7 0,3 7,5 7,7

Lazio 10,0 19,7 18,3 15,7 12,2 5,3 0,4 11,4 11,8

Abruzzo 6,7 13,3 14,0 12,4 11,0 5,6 0,5 9,1 9,3

Molise 8,2 12,8 10,6 11,2 11,3 6,2 0,5 8,7 8,8

Campania 5,5 12,3 12,4 12,0 10,0 4,8 0,5 8,4 8,4

Puglia 9,2 17,2 17,3 17,5 14,5 7,6 0,6 12,2 12,3

Basilicata 6,1 12,9 11,8 11,1 10,9 5,6 0,6 8,5 8,6

Calabria 3,9 9,1 10,0 10,3 10,4 4,6 0,5 7,1 7,3

Sicilia(a) 6,5 12,4 11,3 10,9 9,2 4,0 0,3 7,8 7,9

Sardegna 5,8 8,4 8,5 7,8 6,8 3,7 0,5 5,9 6,0

Nord-Ovest 9,5 18,6 17,4 14,2 10,9 4,9 0,4 10,4 10,9Nord-Est 6,6 14,5 14,2 11,9 9,1 4,1 0,3 8,5 8,8Centro 8,6 17,8 16,7 14,4 11,2 5,0 0,4 10,3 10,7Sud(a) 6,5 13,4 13,6 13,3 11,5 5,7 0,5 9,4 9,5Isole(a) 6,3 11,4 10,6 10,1 8,6 3,9 0,4 7,3 7,4Italia(a) 7,5 15,3 14,9 13,1 10,5 4,9 0,4 9,4 9,7

(a)I tassi della regione Sicilia sono stimati.

Nota: La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al

2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2004.

Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne di

età 15-49 anni) per regione. Anno 2004

Page 64: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 259

Tabella 2 - Tassi di abortività volontaria (per 1.000 donne di età 15-49 anni) per regione e stato civile - Anni1994, 2004

Nubile Coniugata Altro(a)

Regioni1994 2004 1994 2004 1994 2004

Piemonte(b) 9,8 12,9 6,9 8,3 20,2 25,2

Valle d'Aosta 10,3 12,1 7,0 7,6 26,4 26,4

Lombardia 10,1 12,1 7,7 7,6 23,6 26,6

Trentino-Alto Adige 7,1 8,0 5,2 4,9 11,3 13,8

Bolzano-Bozen 6,3 5,6 3,8 4,1 8,6 4,7Trento 9,0 10,9 6,1 5,6 18,0 22,1Veneto 5,9 7,5 4,6 5,8 18,7 18,8

Friuli-Venezia Giulia 8,4 9,0 6,4 6,8 23,1 19,3

Liguria 12,3 15,4 9,5 7,7 28,5 29,5

Emilia-Romagna 10,3 12,1 8,5 8,7 25,9 30,7

Toscana 12,1 10,8 9,3 7,4 27,7 26,1

Umbria 11,0 13,0 11,4 10,0 35,3 32,9

Marche 7,6 8,1 5,9 6,4 16,5 24,0

Lazio 11,6 12,8 10,0 9,2 28,4 29,3

Abruzzo 8,9 9,6 10,7 7,9 20,5 28,2

Molise 9,6 9,1 15,0 8,0 19,3 17,2

Campania 5,9 7,4 11,1 8,7 16,4 24,1

Puglia 10,6 11,0 20,0 12,4 22,2 41,0

Basilicata 7,9 8,7 13,6 7,8 24,4 27,6

Calabria 4,3 5,7 9,2 7,7 8,6 19,2

Sicilia(b) 4,5 7,4 8,2 7,8 12,0 18,3

Sardegna 6,7 6,3 8,2 4,8 17,7 20,6

Nord-Ovest 10,2 12,6 7,7 7,8 23,2 26,5Nord-Est 7,9 9,4 6,3 6,9 21,7 23,3Centro 11,2 11,6 9,4 8,3 27,4 27,9Sud 7,4 8,5 13,6 9,5 17,4 28,1Isole(b) 5,1 7,1 8,2 7,1 13,4 18,9Italia(b) 8,7 10,1 9,3 8,1 21,8 25,7

(a)Separata, divorziata e vedova.(b)I tassi delle regioni Piemonte e Sicilia sono stimati.

Grafico 1 - Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne di età 15-49 anni) per regione – Anni1980-2004

Nota: La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italia

al 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2004.

Page 65: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

260 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

Raccomandazioni di OsservasaluteLa riduzione del fenomeno osservata nel tempo trova

giustificazioni nella sostanziale modificazione della

tendenza al ricorso all’IVG a favore di un maggiore e

migliore uso dei metodi per la procreazione responsa-

bile e si ha evidenza di un ruolo decisivo dei consul-

tori familiari (Ministero della Salute, 2006).

Negli ultimi anni si è osservata una tendenza alla sta-

bilizzazione del numero di IVG dovuta principalmen-

te all’aumento delle donne straniere in Italia e al loro

alto ricorso all’IVG. Il contributo crescente di queste

donne può avere anche delle ripercussioni sulle carat-

teristiche delle donne che ricorrono all’aborto.

Tuttavia, tenendo conto delle caratteristiche del feno-

meno in Italia, sono ipotizzabili ancora margini di

riduzione, anche attraverso un potenziamento dei ser-

vizi per la prevenzione specificamente rivolto alle

giovani (soprattutto alle minorenni) e alle straniere.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2006), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2004. Dati provvisori 2005. Ministero della Salute, 2006.www.ministerosalute.it.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 265

Validità e limiti. Il tasso di mortalità infantile è gene-

ralmente considerato un indicatore robusto. Nelle

popolazioni più piccole, trattandosi di eventi rari, può

però presentare ampie fluttuazioni annuali. Per raffor-

zare la validità dei dati sono state calcolate le medie

mobili nei trienni 2001-2003 e 2002-2004. Il calcolo

della media mobile ha l’obiettivo di eliminare le oscil-

lazioni casuali di ogni singola osservazione annuale.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esiste un

valore di riferimento per la mortalità infantile e per le

sue componenti. Il valore più basso raggiunto in qual-

che regione può rappresentare un benchmark per le

altre regioni. Per i confronti si farà spesso riferimento

al valore medio nazionale e si considererà la tendenza

o meno alla riduzione del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultatiMortalità infantileNel 2004 il tasso di mortalità infantile nazionale è sta-

to di 3,7 morti per 1.000 nati vivi, variando a livello

regionale, da un minimo di 1,8 in Friuli-Venezia

Giulia ad un massimo di 5,4 in Calabria.

Analizzando le medie mobili, meno sensibili alle flut-

tuazioni annuali, nel triennio 2002-2004 in Piemonte,

Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-

Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana,

Umbria, Marche, Molise e Sardegna si è registrato un

tasso di mortalità infantile inferiore o pari al valore

medio nazionale. In Valle d’Aosta, Lazio, Abruzzo,

Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia si è

registrato un tasso di mortalità infantile superiore al

valore medio nazionale.

A livello nazionale si continua a registrare il trend in

diminuzione della mortalità infantile, una tendenza

generale già riportata e discussa nelle edizioni prece-

denti di Osservasalute (9).

Confrontando infatti le medie mobili del 2001-2003

con quelle del 2002-2004 il tasso di mortalità infanti-

le italiano si è ulteriormente ridotto, passando da 4,1 a

3,7; analizzando i dati delle singole regioni emerge

come in tutte, rispetto al triennio precedente, si riduca

la mortalità infantile (eccetto per Trentino-Alto Adige,

Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria che

comunque hanno un tasso pari o inferiore al valore

medio nazionale).

Significato. Il tasso di mortalità infantile, definito

come il numero di bambini deceduti nel primo anno di

vita su 1.000 nati vivi nello stesso anno, è considera-

to un’importante e sensibile misura di salute della

popolazione.

Molti fattori biologici, sociali ed economici sono

associati al rischio di mortalità infantile.

Tra i fattori biologici più importanti è compresa l’età

materna, l’ordine di nascita, l’intervallo tra i parti suc-

cessivi, il numero delle nascite, la presentazione feta-

le al momento del parto e la storia ostetrica della

madre.

Tra i fattori sociali ed economici si includono la legit-

timità, le condizioni abitative e il numero degli abitan-

ti della casa, la nutrizione e l’educazione della madre,

l’abitudine al fumo durante la gravidanza, l’occupa-

zione del padre e il reddito (1).

Molteplici fattori, tuttavia, fra cui l’evoluzione tecno-

logica delle modalità di assistenza al parto ma anche

le modalità stesse con cui vengono raccolti i dati, pos-

sono alterare la confrontabilità del tasso di mortalità

infantile come indicatore di salute (2-8).

La tendenza mondiale è quella di una generale ridu-

zione della mortalità infantile anche se alcuni paesi

non industrializzati, soprattutto l’Africa Sub-

Sahariana e l’Asia centrale, mostrano valori ancora

superiori a 100 bambini morti nel primo anno di vita

per 1.000 nati vivi.

In Italia, il tasso di mortalità infantile è sceso al di sot-

to del valore raccomandato dal PSN 1998-2000 dell’8

per 1.000 nati vivi, risultando uno dei più bassi al

mondo.

Il tasso di mortalità neonatale è invece maggiormente

legato a fattori biologici quali la salute della madre, la

presenza di anomalie congenite e l’evoluzione del

parto, oltre che a fattori legati all’assistenza al parto.

Mortalità infantile e neonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età < 1 anno

x 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giorni

x 1.000

Denominatore Nati vivi

M. P. FANTINI, L. DALLOLIO, G. LONARDI, G. PIERI

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266 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2007

Nonostante questo dato incoraggiante, permane, come

già più volte descritto, il divario tra le regioni del

Nord-Centro e quelle del Sud che continuano a regi-

strare tassi di mortalità infantili più elevati.

Mortalità NeonataleNel 2004 il tasso di mortalità neonatale nazionale è sta-

to di 2,7 morti per 1.000 nati vivi, variando da un mini-

mo di 1,4 in Friuli-Venezia Giulia ad un massimo di 4,1

in Calabria. L’andamento della mortalità neonatale è

del tutto sovrapponibile a quello della mortalità infanti-

le: nel triennio 2002-2004 Piemonte, Lombardia,

Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia,

Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche,

Molise e Sardegna hanno registrato un tasso di morta-

lità neonatale inferiore o pari al valore medio naziona-

le; mentre Valle d’Aosta, Lazio, Abruzzo, Campania,

Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia hanno registrato un

tasso di mortalità neonatale superiore al valore medio.

Confrontando le medie mobili del 2001-2003 con quel-

le del 2002-2004 il tasso di mortalità neonatale italiano

si è ulteriormente ridotto, passando da 3 a 2,7; tutte le

regioni (eccetto Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia-

Romagna, Toscana e Umbria, che comunque hanno un

tasso di mortalità neonatale pari o inferiore al valore

medio nazionale) riportano, rispetto al triennio prece-

dente, un dato migliore.

Tabella 1 - Tassi di mortalità infantile (medie mobili)per regione - Anni 2001-2003 e 2002-2004

Regioni 2001-2003 2002-2004

Piemonte 3,5 3,1

Valle d'Aosta 5,3 4,9

Lombardia 3,5 3,1

Trentino-Alto Adige 3,3 3,7

Bolzano-Bozen 3,4 3,7Trento 3,2 3,7Veneto 2,8 2,9

Friuli-Venezia Giulia 2,7 2,1

Liguria 3,8 3,2

Emilia-Romagna 3,4 3,4

Toscana 2,5 2,7

Umbria 3,1 3,6

Marche 3,8 3,2

Lazio 4,1 3,9

Abruzzo 4,1 4,0

Molise 3,6 3,1

Campania 4,7 4,4

Puglia 5,4 5,2

Basilicata 5,3 5,1

Calabria 5,3 5,2

Sicilia 6,0 5,5

Sardegna 3,6 3,4

Italia 4,1 3,7

Fonti dei dati e anni di riferimento: Istat. Health for All-Italia.

Anno 2007.

Grafico 1 - Tassi di mortalità infantile (medie mobili) per regione - Anni 2001-2003, 2002-2004

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Health for All-Italia. Anno 2007.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 267

Grafico 2 - Tassi di mortalità neonatale (medie mobili) per regione - Anni 2001-2003, 2002-2004

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Health for All-Italia. Anno 2007.

Raccomandazioni di OsservasaluteConsiderando i trienni 2001-2003 e 2002-2004, la mor-

talità infantile media nazionale si è ulteriormente ridot-

ta di 9,8 punti percentuali, passando da 4,1 a 3,7 per

1.000 nati vivi. È interessante notare come, nei periodi

considerati, tutte le componenti della mortalità infantile

(neonatale e postneonatale) si siano ridotte, ed in parti-

colar modo la mortalità neonatale. I determinanti della

mortalità infantile e neonatale in Italia sono stati esplo-

rati già dalla fine degli anni’80 (1, 3, 10, 11) con studi

ecologici e analitici. I risultati di questi studi suggerisco-

no come, data la riduzione eclatante dell’indicatore

negli ultimi 15 anni, rimanga da rivalutare negli anni più

recenti quali determinanti siano ancora rilevanti; occor-

re perciò progettare nuovi studi analitici per indagare le

differenze tuttora presenti fra Nord e Sud. Solo così si

potranno fornire agli amministratori, gestori ed operato-

ri sanitari le indicazioni necessarie per orientare al

meglio le politiche sanitarie.

Riferimenti bibliografici(1) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century ofinfant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig 1994;6 (4-6): 487-499.(2) Kochanek KD, Martin JA. Supplemental analyses ofrecent trends in infant mortality. Int J Health Serv 2005; 35:101–15.(3) Fiscella K. Does prenatal care improve birth outcomes?A critical review. Obstet Gynecol 1995; 85: 468–79.(4) Martin JA, Park MM. Trends in twin and triplet births:1980–97. Natl Vital Stat Rep 1999; 47: 1–16.(5) Reynolds MA, Schieve LA, Martin JA, et al. Trends inmultiple births conceived using assisted reproductivetechnology, United States, 1997–2000. Pediatrics 2003; 111:1.159–66.(6) Tucker J, Mcguire W. Epidemiology of preterm birth.Paeditr Perinat Epidemiol 2001; 15 (suppl.2): 3–6.(7) Mcdorman MF, Martin JA, Mathews TJ, et al.Explaining the 2001–2002 infant mortality increase: datafrom the linked birth/infant death data set. Natl Vital Stat2005; 53: 1–22.(8) Gisselmann MD. Education, infant mortality, low birthweight in Sweden 1973–1990: emergence of the low birthweight paradox. Scand J Public Health 2005, 33: 65–71.(9) Rapporto Osservasalute 2005, Stato di salute e qualitàdell’assistenza nelle regioni italiane; MP Fantini et al.,Salute materno infantile, 187-206.(10) Lemma P, Costa G, Demarca M, et al. Social differen-ces in infant mortality in a longitudinal Turin Study. EpidemPrev 1992; 14: 50-5.(11) Parazzini F, Pirotta N, La Vecchia C, et al.Determinants of perinatal and infant mortality in Italy. RevEpidemiol. Sante Public 1992; 40: 15-24.

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250 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la organizza-zione territoriale della rete dei punti nascita, con riferimen-to alle indicazioni dettate dal D.M. 24 aprile 2000,Adozione del progetto obiettivo materno-infantile relativoal “Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000”.In particolare, per quanto riguarda il percorso nascita,l'offerta dei servizi ospedalieri ostetrici e pediatri-ci/neonatologici non può prescindere da un'organizzazionea rete su base regionale o interregionale articolata in tre

livelli, con differenti caratteristiche strutturali e competen-ze professionali, in modo da garantire la massima corri-spondenza tra necessità assistenziali della singola personae appropriatezza ed efficacia delle cure erogate. Fra glistandard di qualità che caratterizzano i tre livelli delle uni-tà operative ostetriche riveste carattere fondamentale lanumerosità di parti annui effettuati: almeno 500 parti per ipunti nascita di I livello, almeno 800 parti per quelli di IIlivello e almeno 1.000 parti annui per quelli di III livello.

Proporzione di parti cesarei

Numeratore PartiClasse ix 100

Denominatore Totale di parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4.Classe 1 = meno di 500 parti, Classe 2 = da 500 a 799 parti, Classe 3 = da 800 a 999 parti, Classe 4 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto diuno solo dei molteplici standard qualitativi individuatidal POMI (Progetto Obiettivo Materno-Infantile) percaratterizzare i tre livelli della rete di offerta dei serviziostetrici ospedalieri, anche se il rispetto di tale standardsi configura come requisito fondamentale. La fonte uti-lizzata per il calcolo dell’indicatore è il Certificato diassistenza al parto i cui dati, per l’anno di elaborazione,non sono stati conferiti dal Molise e dalla Calabria.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-to territoriale occorre considerare la diversa ampiezzaregionale nonché la notevole variabilità di densità abi-tativa e orografica che impone un’organizzazione deiservizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmente

C. TAMBURINI, M. DI CESARE, R. BOLDRINI

Tabella 1 - Parti effettuati (valori assoluti e percentuali) nei punti nascita per regione e classe di ampiezza - Anno 2005

Classi di ampiezza

Regioni <500 500-799 800-999 1.000+ Totale

N % N % N % N % N %

Piemonte 862 2,47 1.176 3,37 3.608 10,33 29.282 83,84 34.928 100,00Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.106 100,00 1.106 100,00Lombardia 5.288 5,78 10.945 11,96 9.879 10,80 65.398 71,47 91.510 100,00Bolzano-Bozen 885 15,94 1.917 34,53 0 0,00 2.749 49,52 5.551 100,00Trento 1.664 33,29 0 0,00 1.769 35,39 1.565 31,31 4.998 100,00Veneto 427 0,94 503 1,11 3.609 7,95 40.881 90,01 45.420 100,00Friuli-Venezia Giulia 383 3,82 4.100 40,89 989 9,86 4.554 45,42 10.026 100,00Liguria 495 4,36 2.497 22,01 1.775 15,64 6.579 57,99 11.346 100,00Emilia-Romagna 773 2,10 2.039 5,54 1.853 5,03 32.148 87,33 36.813 100,00Toscana 2.119 6,91 2.347 7,65 4.547 14,83 21.651 70,61 30.664 100,00Umbria 750 9,41 1.709 21,44 852 10,69 4.659 58,46 7.970 100,00Marche 1.377 10,59 5.357 41,19 2.771 21,31 3.500 26,91 13.005 100,00Lazio 6.162 11,90 4.423 8,54 8.622 16,65 32.574 62,91 51.781 100,00Abruzzo 3.205 31,13 3.052 29,64 828 8,04 3.211 31,19 10.296 100,00Molise n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Campania 11.448 18,47 14.592 23,55 8.133 13,12 27.797 44,86 61.970 100,00Puglia 4.659 12,66 6.656 18,09 2.645 7,19 22.834 62,06 36.794 100,00Basilicata 628 15,11 1.202 28,92 948 22,81 1.378 33,16 4.156 100,00Calabria n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Sicilia 9.977 28,99 7.689 22,34 971 2,82 15.777 45,84 34.414 100,00Sardegna 3.146 26,70 3.774 32,03 826 7,01 4.038 34,27 11.784 100,00Italia 54.248 10,75 73.978 14,66 54.625 10,83 321.681 63,76 504.532 100,00

n.d. = non disponibile.Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). CeDAP. Anno 2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 251

diversificata sul territorio. Si evidenzia innanzitutto cheoltre il 10% dei parti, nel 2005, sono avvenuti in puntinascita con un volume di attività inferiore ai 500 partiannui, volume ritenuto non soddisfacente a garantireuno standard qualitativo accettabile neanche per i puntinascita di I livello. Nell’analisi di tale fenomeno, nonconsiderando realtà regionali particolari come la Valled’Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano, sievidenzia un netto gradiente Nord-Sud, infatti nell’areameridionale si registrano percentuali nettamente supe-riori alla media nazionale con punte del 28,99% inSicilia e del 26,70% in Sardegna. Occorre precisare chenelle regioni meridionali, soprattutto in Campania e inSicilia, i punti nascita sono per lo più dislocati in Casedi cura private accreditate che hanno generalmente unadimensione inferiore rispetto alle strutture gestite diret-tamente dal Servizio Sanitario Nazionale.

Raccomandazioni di OsservasaluteIl progetto Obiettivo Materno-Infantile definisce irequisiti organizzativi, gli standard qualitativi e lecompetenze professionali necessarie a garantire lamassima corrispondenza tra fabbisogni assistenzialidella puerpera, del feto e del neonato e appropriatez-za ed efficacia delle cure erogate. La classificazionedelle cure perinatali ospedaliere, in funzione dei livel-li di rischio perinatale, prevede tra gli standard mini-mi delle unità di primo livello un numero di partiannui non inferiore a 500.Le indicazioni derivanti dalla composizione percen-tuale dei parti secondo la classe di ampiezza dei pun-ti nascita possono essere di ausilio per la programma-zione dei servizi di assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica e di supporto negli interventi di razio-nalizzazione della rete di offerta dei punti nascita(ottimizzazione del numero, riduzione di quelli in cuisi verificano meno di 500 parti annui, incremento del-la qualità complessiva degli altri punti nascita) conconseguenti positive ricadute sul contenimento dellaspesa sanitaria.

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita per regione e classe di ampiezza - Anno 2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). CeDAP. Anno 2008.

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252 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete diassistenza intensiva neonatale in relazione al livellodelle Unità funzionali neonatologiche con riferimentoalle indicazioni dettate dal D.M. 24 aprile 2000,Adozione del Progetto Obiettivo Materno-Infantilerelativo al «Piano Sanitario Nazionale per il triennio1998-2000». In particolare, per quanto riguarda il per-corso nascita, le Unità funzionali neonatologiche diIII livello sono quelle deputate ad assistere neonati

fisiologici e neonati patologici, ivi inclusi quelli biso-gnosi di terapia intensiva.Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di1.000 nati/anno nella struttura (Inborn) e la presenzadi una Unità operativa di neonatologia con Unità diTerapia Intensiva Neonatale autonoma (UOTIN).Inoltre, la UOTIN dovrebbe essere attivata per unbacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Proporzione di UOTIN

Numeratore UOTINClasse ix 100

Denominatore Totale di UOTIN

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3.Classe 1 = meno di 800 parti, Classe 2 = da 800 a 999 parti, Classe 3 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-l’indicatore è il Certificato di assistenza al parto i cuidati, per l’anno di elaborazione non sono stati conferitidal Molise e dalla Calabria.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-

to territoriale occorre considerare la diversa ampiezzaregionale nonché la notevole variabilità di densità abi-tativa e orografica che impone un’organizzazione deiservizi diversificata.

Descrizione dei risultatiL’Unità Operativa di Terapia Intensiva neonatale è pre-

C. TAMBURINI, M. DI CESARE, R. BOLDRINI

Tabella 1 - Punti nascita con UOTIN (valori assoluti e percentuali) per regione e classe di ampiezza - Anno 2005

Classi di ampiezza

Regioni <800 800-999 1.000+ Totale

N % N % N % N %

Piemonte 1 10,0 1 10,0 8 80,0 10 100,0Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0Lombardia 0 0,0 1 5,9 16 94,1 17 100,0Bolzano-Bozen 0 0,0 0 0,0 1 100,0 1 100,0Trento 0 0,0 0 0,0 1 100,0 1 100,0Veneto 0 0,0 1 9,1 10 90,9 11 100,0Friuli-Venezia Giulia - - - - - - - -Liguria 1 20,0 1 20,0 3 60,0 5 100,0Emilia-Romagna 1 10,0 1 10,0 8 80,0 10 100,0Toscana 0 0,0 0 0,0 4 100,0 4 100,0Umbria 0 0,0 0 0,0 2 100,0 2 100,0Marche 0 0,0 0 0,0 1 100,0 1 100,0Lazio 0 0,0 3 23,1 10 76,9 13 100,0Abruzzo 2 66,7 0 0,0 1 33,3 3 100,0Molise n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Campania 2 16,7 1 8,3 9 75,0 12 100,0Puglia 0 0,0 0 0,0 9 100,0 9 100,0Basilicata 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0Calabria n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Sicilia 5 35,7 0 0,0 9 64,3 14 100,0Sardegna 1 100,0 0 0,0 0 0,0 1 100,0Italia 13 11,4 9 7,9 92 80,7 114 100,0

n.d. = non disponibile.- = l’attività di terapia intensiva neonatale afferisce alla struttura operativa complessa di Neonatologia.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). CeDAP. Anno 2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 253

sente in 114 dei 560 punti nascita analizzati; solo 92 del-le UOTIN sono collocate in punti nascita dove hannoluogo almeno 1.000 parti annui. Delle restanti 22UOTIN, ben 13, pari all’11,4%, sono collocate in puntinascita con meno di 800 parti annui. Ciò determina, daun lato, la possibilità che neonati ad alto rischio di vitaricevano un’assistenza qualitativamente non adeguata edall’altro un impiego non appropriato di risorse specia-listiche e tecnologiche.Dall’analisi dei dati CeDAP, infatti, si è rilevato che il15% dei parti fortemente pre-termine (con meno di 32settimane di gestazione) avviene in punti nascita conmeno di 1.000 parti annui e che il 2% addirittura avvie-ne in strutture con meno di 500 parti annui e prive diUOTIN e unità di neonatologia.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe unità funzionali perinatali di III livello assistono gra-vidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologici, iviinclusi quelli che necessitano di terapia intensiva. La

presenza di UOTIN all’interno delle strutture dove han-no luogo almeno 1.000 parti annui, è pertanto uno deglistandard qualitativi individuati dal progetto Materno-Infantile. L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, inrelazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, unita-mente alla distribuzione dei punti nascita per classi diampiezza, consente di evidenziare ambiti di potenzialenon appropriatezza organizzativa o di rischio per la sicu-rezza della madre e del neonato.Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonati for-temente pre-termine è determinante per la sopravviven-za e la futura qualità della vita del bambino, la presenzadi UOTIN deve essere correlata anche all’età gestazio-nale, in modo da evidenziare, in particolare, la percen-tuale dei parti fortemente pre-termine che hanno luogoin strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale. Siricorda che tale indicatore è tra quelli raccomandati dalprogetto PERISTAT, ai fini del monitoraggio della salu-te perinatale a livello europeo.

Grafico 1 - Punti nascita con UOTIN (valori assoluti e percentuali) per regione e classe di ampiezza - Anno 2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). CeDAP. Anno 2008.

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266 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Parti cesarei

Significato. La proporzione di tagli cesarei (TC) sultotale dei parti ha subito negli ultimi decenni uncostante incremento in molti Paesi sia ad alto che amedio reddito. La proporzione italiana (pari al 38% nel 2005) èormai da anni il valore più elevato a livello europeo(media europea: 23,7%) ed uno tra i valori più eleva-ti al mondo.Non è noto quale sia la proporzione di TC corrispon-dente alla qualità ottimale delle cure, ma si ritieneche, in situazioni di sovra-utilizzo, proporzioni piùbasse di TC rappresentino una migliore qualità del-

l’assistenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rac-comanda come valore ideale una proporzione del15%. Ci sono indicazioni assolute all’espletamento diun TC, ma anche indicazioni relative sulle quali non sihanno ancora evidenze scientifiche chiare. Inoltre, la letteratura scientifica segnala sempre di piùla presenza di determinanti “non clinici”, come il con-testo sociale, culturale e sanitario, le conoscenze e leattitudini dei professionisti e le diverse aspettative epreferenze della madre.

Proporzione di parti cesarei

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei è regi-strata con buona precisione. Come già discusso ampiamente nelle edizioni prece-denti, per poter confrontare strutture o regioni attraver-so questo indicatore è necessario considerare una pos-sibile diversa distribuzione dei fattori di rischio, tra cuila presenza di un precedente parto cesareo.Nel presente lavoro viene discussa la proporzione sia alivello nazionale che regionale di parti cesarei primari eparti cesarei in donne in cui è stato eseguito un prece-

dente cesareo. Per l’individuazione del precedente TCviene utilizzato il codice di diagnosi secondaria 654.2riportato nella SDO della madre.Un limite della valutazione del contributo dei cesareiprimari e dei cesarei ripetuti sul totale dei parti cesareie degli eventi nascita può essere rappresentato dallaqualità di codifica delle SDO nelle varie regioni.

Descrizione dei risultatiIl trend della proporzione dei TC mostra come, sia a

M. P. FANTINI, L. DALLOLIO, G. PIERI, E. CARRETTA

Tabella 1 - Proporzioni (per 100) di TC primari, ripetuti e totali - Anni 2001, 2005

2001 2005Regioni

TC primari TC ripetuti Totale TC TC primari TC ripetuti Totale TC

Piemonte 21,56 7,17 28,73 22,85 8,57 31,42Valle d'Aosta-Vallée d’Aoste 17,53 5,45 22,98 24,69 5,72 30,41Lombardia 18,69 6,64 25,33 19,59 8,65 28,24Bolzano-Bozen 9,91 4,21 14,12 17,45 5,92 23,37Trento 18,26 6,60 24,86 18,35 8,82 27,17Veneto 19,55 6,81 26,36 19,81 9,08 28,89Friuli-Venezia Giulia 16,49 3,84 20,33 17,91 6,02 23,93Liguria 23,96 6,53 30,49 25,70 9,12 34,82Emilia-Romagna 21,44 7,88 29,32 20,18 10,21 30,39Toscana 18,38 4,50 22,88 19,17 6,92 26,09Umbria 19,86 7,00 26,86 21,92 8,78 30,70Marche 23,90 10,19 34,09 22,79 12,05 34,84Lazio 25,77 10,75 36,52 27,74 13,34 41,08Abruzzo 26,24 9,28 35,52 31,67 11,44 43,11Molise 26,52 12,73 39,25 33,51 15,40 48,91Campania 39,09 15,19 54,28 38,84 21,11 59,95Puglia 27,85 12,62 40,47 31,67 16,05 47,72Basilicata 30,93 15,56 46,49 28,46 21,91 50,37Calabria 26,59 10,33 36,92 28,96 14,18 43,14Sicilia 27,28 14,73 42,01 32,94 19,41 52,35Sardegna 25,44 7,16 32,60 27,86 11,02 38,88Italia 22,96 8,97 31,92 25,86 12,46 38,32

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). SDO. Anno 2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 267

livello nazionale che regionale, non ci sia una tenden-za alla riduzione. La proporzione nazionale è, infatti, aumentata dal2001 al 2005 di 6 punti percentuali, passando dal 32%del 2001 al 38% del 2005.In questa edizione di Osservasalute descriviamo leproporzioni di TC totale con la suddivisione in TC pri-mari e ripetuti.Il pregresso parto cesareo rappresenta una indicazionerelativa all’esecuzione di un nuovo TC in una gravi-danza successiva. La letteratura scientifica riporta,infatti, come nelle donne precedentemente cesarizzatesia un TC elettivo che un travaglio di prova sono asso-

ciati a rischi e benefici.Il Grafico 1 mostra come in quasi tutte le regioni i TCprimari rappresentino circa i due terzi dei TC totali,anche se nelle regioni con più alta proporzione di TCil contributo, sia percentuale che sul totale dei parti,dei TC ripetuti è maggiore. A fronte di una proporzione media nazionale di TCripetuti del 12,46% (2005) sul totale dei parti osser-viamo in Campania, Basilicata e Sicilia proporzioniche si aggirano intorno al 20%.Se analizziamo il trend temporale negli anni 2001-2005 possiamo osservare che i TC ripetuti sonoaumentati negli anni.

Grafico 1 - Proporzione (per 100) di TC (primari, ripetuti e totali) sul totale dei parti per regione - Anno 2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute). SDO. Anno 2008.

Raccomandazioni di OsservasaluteQuesti dati portano ad alcune considerazioni.Innanzitutto, essendo il precedente cesareo un impor-tante fattore di rischio per un successivo TC, anche inassenza di evidenze scientifiche certe, quando si ope-rano confronti, vista le diversità tra regioni, è impor-tante tenere distinti, come suggerisce la letteratura piùrecente, i TC primari e i TC ripetuti. La maggior parte dei tagli cesarei sono primari (i dueterzi) e se si vogliono ottenere inversioni di tendenzanell’utilizzo di questa procedura è di fondamentaleimportanza concentrarsi su questi casi e studiare qua-li siano i determinanti clinici e non clinici, al fine diindividuare i determinanti del taglio cesareo primario.

Nelle regioni che hanno proporzioni di TC totali mol-to elevate aumenta in termini assoluti e relativi, neltempo, la proporzione di TC ripetuti.

Riferimenti bibliografici(1) Betrán A.P., Merialdi M. et al. “Rates of caesarean sec-tion: analysis of global, regional and national estimates”,Paediatr Perinat Epidemiol, 21, 2007, 98-113.(2) Penn Z., Ghaem-Maghami S.,“Indications for caesareansection”, Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol, 2001 Feb;15 (1): 115.(3) Clinical Management Guidelines forObstetrician–Gynecologists. Number 49, December2003(Replaces Technical Bulletin Number 218, December1995): Dystocia and Augmentation of Labor. Obstetrics &Gynecology 2003; 102: 1.445-1.454.

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268 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con idati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istat,dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero delLavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (exSalute). Per ogni IVG effettuata è obbligatorio compi-lare il modello Istat D12 e l’invio al sistema informa-tivo nazionale. Ogni anno il Ministero del Lavoro,della Salute e delle Politiche Sociali (ex Salute) pre-senta al Parlamento una relazione sull’andamento delfenomeno. Attualmente i dati italiani sono tra i piùaccurati ed aggiornati a livello internazionale. I limitinell’indicatore possono essere rappresentati dal fattoche in alcuni casi viene calcolato utilizzando al nume-ratore tutte le IVG effettuate in regione (donne resi-denti e non) e al denominatore le donne residenti, pro-vocando una sovrastima o sottostima del fenomeno.Utilizzando, invece, le donne residenti sia al numera-tore che al denominatore, vengono esclusi alcuni casirelativi principalmente alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento, può essereassunto come tale il valore medio relativo alle treregioni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiI modelli D12 del 2005 pervenuti all’Istat sono stati129.272. Tramite il confronto con i dati delle SDO èstato possibile valutare una sottonotifica da parte dialcune regioni (Friuli-Venezia Giulia, Molise,Campania e Sicilia). I dati mancanti sono stati stimatiutilizzando le SDO e, quindi, calcolati i tassi sui dati

completi stimati. Rispetto al 2004 il tasso calcolato su1.000 donne di 15-49 anni è diminuito ed è passato da9,4 a 8,9. Analogamente il tasso standardizzato hasubito una variazione da 9,7 a 9,2.Dopo un lungo periodo di stabilizzazione sembraesserci una riduzione del fenomeno, ma è ancora trop-po presto per parlare di una nuova tendenza in atto.Nella Tabella 1 vengono riportati il tasso standardiz-zato, il tasso grezzo e i tassi specifici per età di tutte leregioni.Rispetto al 2004 la diminuzione si è osservata in qua-si tutte le regioni e per tutte le classi di età. Fannoeccezione la Toscana che vede un aumento del tassostandardizzato da 10,0 a 10,2 IVG per 1.000 donne ela PA di Bolzano che passa da 4,9 a 5,2 per 1.000. Alcontrario le diminuzioni più consistenti si hanno incorrispondenza di Umbria, Valle d’Aosta, Basilicata ePA di Trento sulle quali però ‘pesa’ il fatto che sianoregioni piccole che, quindi, possono presentare oscil-lazioni più marcate.Le variazioni del tasso standardizzato, comunque,nascondono comportamenti differenziati delle singoleclassi di età.La classe 15-19 presenta un aumento, rispetto al 2004,nelle regioni Calabria, Friuli-Venezia Giulia,Piemonte e PA di Trento, la classe 20-24 anni nelFriuli-Venezia Giulia, nel Molise e nella PA diBolzano. Il tasso riferito alla classe 25-29 anniaumenta in Molise, Toscana, Calabria, PA di Bolzanoe di Trento, quello della classe 30-34 anni in Abruzzo.Infine, per le restanti due classi di età (35-39 e 40-44anni) i tassi aumentano, rispettivamente, nelle regioni

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge194 “Norme per la tutela della maternità e sull’interru-zione volontaria della gravidanza” che regola le moda-lità del ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essaqualsiasi donna per motivi di salute, economici, socialio familiari, può richiedere l’interruzione volontaria digravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione.Oltre questo termine l’IVG è consentita per gravi pro-blemi di salute fisica o psichica. L’intervento può esse-re effettuato presso le strutture pubbliche del SistemaSanitario Nazionale e le strutture private accreditate eautorizzate dalle Regioni. Il tasso di abortività volonta-rie è l’indicatore più frequentemente usato a livello

internazionale (spesso utilizzando al denominatore lapopolazione femminile di età 15-44 anni). Permette divalutare l’incidenza del fenomeno che in gran partedipende dalle scelte riproduttive, dall’uso di metodicontraccettivi nella popolazione e dall’offerta dei servi-zi nei vari ambiti territoriali. Al fine di una valutazionepiù completa dell’IVG, è possibile calcolare questoindicatore specifico per alcune caratteristiche delledonne, ad esempio età, stato civile, parità, luogo dinascita, cittadinanza. Si può, inoltre, utilizzare il tassostandardizzato per età al fine di eliminare l’effetto con-fondente di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni volontarie di gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonte dei dati”.

M. LOGHI, A. SPINELLI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 269

Abruzzo e Toscana, Marche, Calabria, Valle d’Aosta,Liguria e Veneto.Dopo aver ampiamente descritto e analizzato nei pre-cedenti Rapporti Osservasalute il fenomeno dell’abor-tività volontaria per età e per stato civile, quest’annosi è voluta approfondire l’analisi relativa all’abortivi-tà ripetuta. Nel modello di rilevazione Istat D12 vienechiesto alla donna il numero di IVG precedenti, mapoiché l’indagine rileva gli eventi e non è in grado dirapportarli alla stessa donna, possiamo solo individua-re per ciascun anno la quota di IVG che sono stateprecedute da altri casi e non le donne che hanno effet-tuato più IVG.La percentuale di IVG ripetute ha sperimentato uninevitabile trend crescente nella prima metà degli anni’80, in conformità con l’aumento generale dei casi diIVG che, a seguito della Legge n.194/78 sono uscitidalla clandestinità in tempi diversi a seconda dellecapacità organizzative delle regioni.Quindi, dopo il valore massimo del 1987 in cui il 29%delle IVG era preceduto da almeno un altro caso diIVG, tale percentuale scende al 24,1% del 1998 (valo-re minimo mai riscontrato). In seguito riprende adaumentare fino ad arrivare nel 2005 a 26,2%. Analogoandamento, seppur a livelli più bassi, si riscontra per lapercentuale di IVG con un solo caso precedente, con 2

casi precedenti o con 3 e più casi precedenti.L’aumento negli ultimi anni delle IVG ripetute è daimputare al contributo delle donne straniere, semprepiù considerevole nel corso degli anni. È noto che que-ste hanno una maggior propensione delle italiane adeffettuare IVG (“Abortività volontaria delle donne stra-niere”, pagg. 288-292) e, quindi, anche IVG ripetute.Secondo alcune stime dell’Istituto Superiore diSanità, se il ricorso all’IVG fosse rimasto costante epari a quello della metà degli anni ’90, ora si avrebbecirca il 45% di IVG ripetute a fronte di un 26,2%osservato. Si può, quindi, affermare che il rischio digravidanze indesiderate (e, quindi, di IVG) è andatodiminuendo nel corso del tempo (al netto dell’effettodella presenza straniera) e la spiegazione più plausibi-le sembra essere un più efficace ricorso a metodi diprocreazione consapevole, secondo quanto auspicatodalla legge.La distribuzione territoriale delle IVG ripetute vede ilMezzogiorno con 26,6% di IVG ripetute, seguito dalNord (26,2%) e dal Centro (26,1%).Le tre regioni con un valore più elevato risultano esse-re la Puglia (35,7%), l’Emilia-Romagna (29,3%) e laLiguria (28,7%). Al contrario, quelle con valori piùbassi sono: Sardegna (17,5%), Valle d’Aosta (19,0%)e la PA di Bolzano (20,2%).

Tabella 1 - Tassi (specifici, grezzi e standardizzati per 1.000 donne di 15-49 anni) di interruzioni volontarie del-la gravidanza per regione e classe di età - Anno 2005

RegioniClassi di età Tassi Tassi

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 9,59 18,92 16,18 14,30 11,12 4,71 0,39 10,16 10,82Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 9,27 11,95 14,23 12,38 10,57 4,41 0,47 8,77 9,18Lombardia 7,82 16,33 15,61 12,86 10,00 4,32 0,37 9,27 9,74Trentino-Alto Adige 5,43 10,78 10,92 8,20 7,22 3,24 0,18 6,37 6,66Bolzano-Bozen 3,05 7,53 8,79 6,80 6,29 2,72 0,19 5,05 5,21Trento 8,01 14,31 12,99 9,59 8,16 3,75 0,17 7,69 8,15Veneto 5,05 10,84 10,52 9,14 6,59 3,31 0,23 6,33 6,63Friuli-Venezia Giulia* 6,98 13,04 13,06 10,79 8,24 4,56 0,38 7,78 8,25Liguria 10,08 21,17 18,78 14,34 11,99 5,60 0,56 10,80 11,86Emilia-Romagna 8,34 18,26 17,44 14,81 11,53 4,97 0,45 10,41 11,00Toscana 7,57 16,32 16,85 13,21 10,82 5,14 0,46 9,70 10,23Umbria 7,70 15,72 17,34 13,36 12,67 6,19 0,65 10,37 10,76Marche 4,67 11,74 11,84 10,79 8,29 4,02 0,38 7,32 7,58Lazio 9,53 19,07 17,45 14,20 11,88 5,09 0,52 10,70 11,21Abruzzo 6,47 12,37 13,01 12,78 10,45 5,37 0,44 8,68 8,93Molise* 6,37 13,01 13,36 10,12 9,54 5,50 0,60 8,27 8,50Campania* 5,42 11,64 12,45 11,59 9,47 4,37 0,45 8,04 8,13Puglia 8,77 16,46 16,85 16,34 14,52 6,71 0,64 11,61 11,76Basilicata 4,76 11,11 9,88 10,21 9,14 4,45 0,68 7,19 7,36Calabria 4,27 8,83 10,32 9,07 8,83 4,81 0,42 6,73 6,87Sicilia* 6,48 11,74 11,42 10,67 9,02 3,84 0,40 7,65 7,79Sardegna 5,15 7,90 7,63 7,38 7,26 3,61 0,44 5,59 5,72Italia 7,11 14,44 14,26 12,42 10,15 4,63 0,43 8,91 9,23

*I tassi di Friuli-Venezia Giulia, Molise, Campania e Sicilia sono stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italiaal 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2005.

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270 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Raccomandazioni di OsservasaluteLa riduzione del fenomeno osservata nel tempo trova giu-stificazioni nella sostanziale modificazione della tenden-za al ricorso all’IVG a favore di un maggiore e miglioreuso dei metodi per la procreazione responsabile e si haevidenza di un ruolo decisivo dei consultori familiari(Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali, 2008). La presenza di IVG ripetute, seppur in net-to miglioramento rispetto alle tendenze previste deglianni ’80, dovrebbe essere un obiettivo fondamentale efacilmente perseguibile: i servizi sanitari a cui si rivolgo-no le donne per un primo caso di IVG dovrebbero nelcontempo lavorare sulla prevenzione secondaria.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2008), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2006. Dati provvisori 2007. Roma: Ministero dellaSalute, 2008. www.ministerosalute.it.(2) Istat (2008), L’interruzione volontaria di gravidanza inItalia. Anno 2005. Tavole di dati.(3) http://www.istat.it/dati/dataset/20080331_00/.(4) De Blasio R, Spinelli A, Grandolfo M (1988)Applicazione di un modello matematico alla stima degliaborti ripetuti in Italia. Annali dell’Istituto Superiore diSanità, 24: 331-338.

Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne di

15-49 anni) per regione. Anno 2005

Grafico 1 - Percentuale di IVG ripetute - Anni 1982-2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza - Ministero della Salute. Relazione sulla attua-zione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione della gravidanza. Anni 1982-2005.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 271

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’abortospontaneo (AS) come l’interruzione involontaria del-la gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gesta-zione, cioè 25 settimane e 5 giorni. Dopo tale limitegestazionale, l’evento viene classificato come natomorto. Altri Paesi adottano differenti definizioni:attualmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS), nella classificazione internazionale dellemalattie, definisce genericamente la morte fetale sen-za far riferimento alla durata della gravidanza,lasciando però intendere, nelle richieste dati presso

organismi internazionali, che debba essere il peso (piùo meno 500 grammi) il fattore discriminante tra abor-to spontaneo e nato morto. A tale peso (informazionenon presente nei dati sull’AS) corrisponde in genereun periodo gestazionale massimo di 22 settimane. Sebbene i fattori biologici (quali età della donna e del-l’uomo, la parità, eventuali patologie) siano tuttoraconsiderati come i più importanti determinanti dellafrequenza del fenomeno, in alcuni studi si è eviden-ziato che questo evento può essere associato a speci-fiche condizioni lavorative ed esposizioni ambientali.

Rapporto di abortività spontanea*

Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istat che rac-coglie i casi per i quali si sia reso necessario il ricoveroin istituti di cura sia pubblici che privati. Gli AS nonsoggetti a ricovero, quali ad esempio gli aborti che sirisolvono senza intervento del medico o che necessita-no di sole cure ambulatoriali, non vengono pertantorilevati. Le statistiche ufficiali dell’Istat sul fenomenohanno il pregio di ricostruire la serie storica dell’AS intutto il territorio nazionale, anche se non consentonouno studio su specifici fattori di rischio, ad esclusionedelle usuali informazioni di natura socio-demografica.È molto difficoltoso effettuare confronti con altri Paesisia perché non risulta che abbiano registri a coperturanazionale, sia a causa di differenti definizioni adottate.L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e quiutilizzato è il rapporto di abortività spontanea riferito aisoli nati vivi. In realtà, l’indicatore più corretto da unpunto di vista metodologico è la proporzione di aborti-vità che considera al denominatore tutti i casi a rischiodi aborto spontaneo, ovvero il totale delle gravidanzedato dalla somma dei nati vivi, nati morti, aborti spon-tanei e una parte delle interruzioni volontarie della gra-vidanza (ovvero quella parte che potrebbe aver evitatoil verificarsi di un AS avendo agito prima che questopotesse verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento, può essereassunto come tale il valore medio relativo alle tre regio-ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2005 il trend crescente dell’abortività spontaneasembra essersi interrotto in quanto il numero di casi

passa da 75.457 del 2004 a 73.032 del 2005. Di conse-guenza, il rapporto di abortività decresce da 130,2 casiper 1.000 nati vivi a 128,1. Ovviamente, anche il rap-porto standardizzato subisce una diminuzione di circa il3%. Le regioni che continuano a sperimentare un trendcrescente sono la Sardegna, il Veneto, il Piemonte, ilMolise e la Valle d’Aosta.Al contrario quelle che per il 2005 hanno avuto unadiminuzione del livello di abortività spontanea superio-re al 10% risultano essere Calabria, Basilicata, Sicilia eLiguria. Le differenze territoriali sono rimaste abbastan-za costanti nel tempo: fino a metà degli anni Novanta ivalori più elevati si sono osservati al Nord, poi è stato ilCentro a prevalere sul resto d’Italia, mentre ilMezzogiorno ha sempre presentato valori più bassi. Taliandamenti possono essere in parte spiegati dalle diffe-renze territoriali dell’età media all’aborto spontaneo(Grafico 1), evidenziati anche dalle differenze tra i rap-porti grezzi e quelli standardizzati. Come si può evince-re dal grafico, solo il Mezzogiorno presenta valori del-l’età media all’aborto spontaneo inferiori alla media ita-liana (così come accade per l’età media al parto).Il trend è nettamente crescente con i valori delle ripar-tizioni Nord-Ovest, Nord-Est e Centro che nel corso deltempo hanno assunto valori sempre più simili. A livel-lo regionale la Sardegna e la Liguria nel 2004 presenta-no i valori più elevati pari rispettivamente a 34,4 e 33,9anni, invece, un’età media più bassa si trova in corri-spondenza della Sicilia (31,9) e della Campania (32,0).Va sottolineato che la maggior parte degli aborti spon-tanei (quasi il 90%) avvengono nelle prime 12 setti-mane di gestazione, senza significative differenzetra le regioni.

M. LOGHI, A. SPINELLI

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272 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Tabella 1 - Rapporti (specifici, grezzi, standardizzati per 1.000 nati vivi) di dimissioni da istituti di cura per abor-to spontaneo per regione e classe di età - Anno 2005

RegioniClassi di età Rapporti Rapporti

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 163,99 99,36 91,90 95,19 165,38 364,44 928,22 125,36 118,40Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 103,57 120,22 80,88 93,70 186,21 389,77 0,00 130,83 119,14Lombardia 156,42 96,46 90,36 101,55 165,54 381,21 903,62 128,59 120,28Trentino-Alto Adige 101,38 81,95 87,40 100,20 167,85 394,79 1.100,43 125,86 117,37Bolzano-Bozen 82,41 84,45 79,62 85,87 159,54 346,25 1.223,24 113,65 106,97Trento 126,96 79,12 95,40 115,17 176,49 440,39 999,87 138,62 128,16Veneto 157,35 104,84 108,93 119,65 184,30 455,93 1.594,40 149,04 139,88Friuli-Venezia Giulia 116,56 108,15 97,32 126,46 178,11 505,32 2.377,78 151,24 139,85Liguria 74,36 63,62 79,63 74,93 108,72 267,86 800,38 96,43 88,25Emilia-Romagna 113,74 78,50 90,78 96,78 155,73 387,54 1.100,73 123,16 114,54Toscana 164,55 101,92 108,57 114,98 168,71 402,01 1.194,00 143,66 132,85Umbria 116,30 74,80 85,17 79,51 129,20 356,81 992,56 104,46 100,34Marche 84,32 79,35 77,26 104,10 166,17 408,29 1.059,10 122,98 115,21Lazio 265,72 168,71 122,70 132,20 206,39 498,56 1.218,07 175,16 162,44Abruzzo 168,49 98,36 78,97 85,12 161,49 366,95 1.166,95 117,54 110,61Molise* 157,34 79,06 91,40 82,12 113,75 284,05 246,06 102,94 98,32Campania 90,55 80,70 78,08 92,69 153,06 345,76 948,09 106,29 107,13Puglia 119,24 85,22 77,01 92,26 154,55 385,85 1.122,53 110,97 109,44Basilicata 80,02 95,67 94,02 112,25 155,82 464,97 1.304,75 131,67 124,95Calabria 100,12 72,06 75,60 87,81 145,28 366,89 612,47 105,18 102,66Sicilia 102,50 81,25 81,74 93,25 160,77 381,18 667,25 110,92 110,86Sardegna 136,86 108,21 95,74 112,01 182,24 443,38 1.224,28 153,29 131,95Italia 126,75 93,48 90,44 102,91 166,91 400,15 1.036,08 128,09 120,90

*I rapporti del Molise sono stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2005.

Rapporti standardizzati di abortività spontanea (per 1.000 nati

vivi) per regione. Anno 2005

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 273

Raccomandazioni di OsservasalutePer una migliore valutazione del fenomeno sarebbeimportante costruire un indicatore che abbia al deno-minatore tutte le gravidanze conosciute. Inoltre, percomprendere al meglio l’influenza dei fattori ambien-tali e lavorativi sull’AS sono necessari studi condottiad hoc su popolazioni di specifici settori lavorativi e/osu particolari fattori di esposizione. Infine, è impor-tante che le donne in gravidanza esposte ad attivitàlavorative associate ad un maggior rischio di abortivi-

tà siano trasferite ad altre mansioni nei primi mesi digravidanza, come indicato dal Decreto Legge n. 151del 26 marzo 2001 (Testo unico delle disposizionilegislative in materia di tutela e sostegno della mater-nità e della paternità, a norma dell’articolo 15 dellaLegge 8 marzo 2000 n. 53).

Riferimenti bibliografici(1) Istat (2008), Dimissioni dagli istituti di cura per abortospontaneo. Anno 2005. Tavole di dati.http://www.istat.it/dati/dataset/20080415_01/.

Grafico 1 - Età media all’aborto spontaneo per ripartizione di residenza della donna - Anni 1982-2005

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anni 1982-2005.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 277

Validità e limiti. Il tasso di mortalità infantile è gene-ralmente considerato un indicatore robusto. Nelle popolazioni più piccole, trattandosi di eventi rari,può, però, presentare ampie fluttuazioni annuali. Perrafforzare la validità dei dati sono state calcolate lemedie mobili nei trienni 2002-2004 e 2003-2005. Il cal-colo della media mobile ha l’obiettivo di eliminare leoscillazioni casuali di ogni singola osservazione annua-

le. Il tasso è calcolato utilizzando al numeratore i deces-si per regione di residenza nel primo anno di vita,desunti dall’Indagine sulle cause di morte dell’Istat,unica fonte disponibile per questo tipo di dati. Tale rile-vazione riguarda, senza distinzione, tutti i decessi che siverificano sul territorio italiano, ma non rileva i deces-si di individui residenti in Italia avvenuti all’estero.

Significato. Il tasso di mortalità infantile, definitocome il numero di morti entro il primo anno di vita, trai nati vivi in un determinato periodo, viene espressocome rapporto su 1.000 nati vivi in un anno. La fontedi riferimento è l’Indagine sulle cause di mortedell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), a caratterecensuario e corrente, che utilizza la scheda di mortecome modello per la raccolta delle informazioni. Taleindicatore è considerato il più sensibile al grado di svi-luppo socio-economico e idoneo a misurare lo stato disalute di una popolazione. Il tasso di mortalità infanti-le rappresenta, inoltre, un indicatore importante, oltreche della salute del bambino, anche di quella dellamadre e della qualità delle cure materno-infantili. Molti fattori biologici, sociali, culturali ed economicisono associati al rischio di mortalità infantile, tra que-sti anche l’organizzazione sanitaria intesa soprattuttocome efficacia del sistema sanitario. Tra i fattori bio-logici più importanti è compresa l’età materna,l’ordine di nascita, l’intervallo tra i parti successivi, ilnumero delle nascite, la presentazione fetale almomento del parto e la storia ostetrica della madre. Trai fattori sociali ed economici si includono la legittimi-tà, le condizioni abitative e il numero degli abitantidella casa, la nutrizione e l’educazione della madre,l’abitudine al fumo durante la gravidanza,l’occupazione del padre e il reddito (1). Molteplicifattori, tuttavia, fra cui l’evoluzione tecnologica dellemodalità di assistenza al parto, ma anche le modalitàstesse con cui vengono raccolti i dati, possono altera-re la confrontabilità del tasso di mortalità infantilecome indicatore di salute (2-8). Molto importante peril monitoraggio dello stato di salute di una popolazio-

ne risulta anche l’analisi del tasso di mortalità infanti-le distinta nelle due componenti, mortalità neonatale epost-neonatale; grazie a questa differenziazione, infat-ti, è possibile far emergere problematiche ed eventual-mente orientare politiche sanitarie appropriate. Com’ènoto, il rischio di morte di un bambino decresce rapida-mente durante il primo anno di vita. I nati con malfor-mazioni congenite o colpiti da condizioni morboselegate al parto o al puerperio sono generalmente piùdeboli e, quindi, spesso non riescono a sopravvivere.La concentrazione dei decessi, si registra, in partico-lare per i Paesi economicamente più sviluppati, in cor-rispondenza del primo mese o della prima settimanadi vita; le cause di decesso, per questo profilo, sonoprevalentemente endogene ossia cause di morte strut-turali o legate a fattori biologici o congeniti, quali lasalute della madre, la presenza di anomalie congenitee l’evoluzione del parto, oltre che a fattori legatiall’assistenza al parto. A tali cause si contrappongonoquelle di natura esogena, connesse a malattie infettiveo legate alle condizioni ambientali ed igieniche e conuna quota elevata di decessi anche oltre il primo mesedi vita. Tale situazione risulta ancora peculiare nellamaggior parte dei Paesi a forte pressione migratoria.In Italia, come nella quasi totalità dei Paesi occidenta-li, la mortalità nel primo anno di vita ha subito negliultimi decenni una flessione consistente raggiungendolivelli al di sotto del 4‰. Anche la tendenza mondia-le è quella di una generale riduzione, malgrado alcuniPaesi non industrializzati, soprattutto l’Africa Sub-Sahariana e l’Asia centrale, mostrano valori ancorasuperiori a 100 bambini morti nel primo anno di vitaper 1.000 nati vivi.

Mortalità infantile e neonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

S. BRUZZONE

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278 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

Valore di riferimento/Benchmark. Non esiste unvalore di riferimento per la mortalità infantile e per lesue componenti. Il valore più basso raggiunto in qual-che regione può rappresentare un benchmark per lealtre regioni. Per i confronti si farà spesso riferimentoal valore medio nazionale e si considererà la tendenzao meno alla riduzione del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultatiMortalità infantileNel 2005 il tasso di mortalità infantile nazionale è sta-to di 3,7 morti per 1.000 nati vivi, variando a livelloregionale, da un minimo di 2,6 in Sardegna e Toscanaad un massimo di 5,4 (per 1.000) in Calabria e Sicilia.Analizzando i livelli del tasso di mortalità infantile,nel primo anno di vita, per regione di residenza, neiperiodi 2002-2004 e 2003-2005, più stabile rispetto aivalori annuali e meno sensibile alle oscillazioni dovu-te ai piccoli numeri, si osserva, in ogni caso, come sia-no le regioni del Sud e delle Isole, fatta eccezione perla Sardegna, ad assumere i livelli di mortalità più ele-vati mentre quelle del Centro-Nord si attestino suvalori più contenuti (Tabella 1). Malgrado, infatti, sia rilevabile un miglioramento perla mortalità infantile in Italia nel suo complesso, conla registrazione di valori del tasso inferiori a quellianche di altri Paesi in Europa, permangono ancoraimportanti differenze territoriali.Le regioni che presentano tassi di mortalità infantile al

di sotto del livello nazionale sono, in ordine di classi-fica per valori crescenti del tasso, Friuli-VeneziaGiulia, Veneto, Toscana, Liguria, Marche, Piemonte,Molise, Lombardia, Sardegna, Emilia-Romagna,Umbria, Trentino-Alto Adige. Le regioni per le qualisi registra, invece, un tasso di mortalità infantile supe-riore a 3,7 (per 1.000 nati vivi) sono, sempre in ordi-ne crescente del tasso, Abruzzo, Lazio, Valle d'Aosta,Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Calabria.A livello nazionale si continua a registrare il trend indiminuzione della mortalità infantile, una tendenzagenerale già riportata e discussa nelle edizioni prece-denti di Osservasalute (9).Confrontando, infatti, le medie mobili del 2002-2004con quelle del 2003-2005 il tasso di mortalità infanti-le italiano si è ulteriormente ridotto, passando da 3,8 a3,7 (per 1.000 nati vivi); analizzando i dati delle sin-gole regioni emerge come nella quasi totalità di esse,si riduca la mortalità infantile rispetto al triennio pre-cedente. Tale tendenza non risulta confermata solo peralcune regioni, in particolare, Friuli-Venezia Giulia,Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Calabria. Traqueste, in ogni caso è compresa anche la Toscana, perla quale si è registrato il livello più basso di mortalitàinfantile per il 2005 e il Friuli-Venezia Giulia, regioneper la quale il tasso di mortalità infantile, negli annirecenti, ha sempre raggiunto livelli sensibilmente al disotto della media nazionale; tale tendenza si è legger-mente modificata nel 2005 (Grafico 1).

Tabella 1 - Medie mobili dei tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2002-2004, 2003-2005

Tassi di mortalità infantile Tassi di mortalità neonataleRegioni

2002-2004 2003-2005 2002-2004 2003-2005

Piemonte 3,1 3,0 2,4 2,3Valle d'Aosta-Vallée d’Aoste 4,9 4,2 3,5 3,0Lombardia 3,1 3,1 2,2 2,1Trentino-Alto Adige 3,7 3,6 2,7 2,6Bolzano-Bozen 3,7 3,3 2,6 2,4Trento 3,7 3,4 2,7 2,5Veneto 2,9 2,8 2,0 1,8Friuli-Venezia Giulia 2,1 2,6 1,6 2,0Liguria 3,2 2,9 2,5 2,4Emilia-Romagna 3,4 3,5 2,4 2,5Toscana 2,7 2,9 1,9 2,1Umbria 3,3 3,6 2,2 2,6Marche 3,2 2,9 2,4 2,1Lazio 3,9 3,9 2,9 3,0Abruzzo 4,0 3,8 3,2 3,0Molise 3,1 3,0 2,2 1,8Campania 4,4 4,3 3,3 3,2Puglia 5,2 4,9 3,7 3,4Basilicata 5,1 4,3 3,8 3,0Calabria 5,2 5,3 3,9 4,0Sicilia 5,5 5,0 4,2 3,8Sardegna 3,4 3,1 2,2 2,0Italia 3,8 3,7 2,8 2,7

Fonte dei dati ed anno di riferimento: Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 279

Grafico 1 - Medie mobili dei tassi di mortalità infantile (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2002-2004, 2003-2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

Mortalità NeonataleAnalizzando la componente della mortalità neonatale,è possibile osservare per il 2005 un tasso, per l’Italia,pari a 2,7 per 1.000 nati vivi. Il campo di variazione ècompreso tra i valori minimi di Sardegna, Veneto eToscana (rispettivamente 1,7, 1,8 e 1,9) e quelli piùelevati di Sicilia e Calabria (rispettivamente 3,8 e 3,9).L’andamento della mortalità neonatale è pressochéanalogo a quello della mortalità infantile: nel triennio2003-2005 Veneto, Molise, Friuli-Venezia Giulia,Sardegna, Toscana, Lombardia, Marche, Piemonte,Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Trentino-AltoAdige, sono le regioni, ordinate in ordine crescentedel tasso, che presentano livelli di mortalità neonataleinferiori a quelli della media nazionale (2,7 per 1.000

nati vivi nel triennio considerato). Per le regioniLazio, Abruzzo, Valle d'Aosta, Basilicata, Campania,Puglia, Sicilia, Calabria, invece, sempre con ordina-mento crescente del tasso, si rilevano valori più eleva-ti di quelli registrati per il complesso dell’Italia.Anche in questo caso, come per il tasso di mortalitàinfantile, confrontando le medie mobili del 2002-2004con quelle del 2003-2005, si osserva che il tasso dimortalità neonatale italiano si è ulteriormente ridotto,passando da 2,8 a 2,7; tutte le regioni (eccetto Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria,Calabria) riportano, rispetto al triennio precedente undato migliore; tra quelle che registrano, invece, undato peggiore solo la Calabria presenta un tasso piùelevato rispetto alla media nazionale.

Grafico 2 - Medie mobili dei tassi di mortalità neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2002-2004,2003-2005

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

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280 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2008

L’Italia nel contesto europeo: la mortalità infantile eneonataleCome registrato in Italia, una tendenza alla diminu-zione della mortalità infantile e neonatale si rilevaanche in Europa, seppur in modo meno accentuato econ battute di arresto e oscillazioni dovute all’allarga-mento dell’Unione Europea.Per il 2005, dato più recente disponibile per l’Italia,ma anche per gli anni precedenti (Tabella 2), emergo-no forti divergenze territoriali e una netta separazionetra Europa orientale e occidentale. Nello specifico,Romania e Bulgaria, entrate nell’Unione solo direcente, registrano tassi di mortalità infantile ancoradecisamente troppo elevati e pari nel 2005, al 15,0 eal 10,4 per 1.000 nati vivi. Seguono, in ordine decre-scente, Lettonia, Slovacchia e Lituania, con valoridella mortalità infantile e neonatale che superano lamedia europea. È importante osservare, comunque,che malgrado i tassi di mortalità infantile e neonatalesiano ancora molto superiori alla media europea, siregistra, per quasi tutti i Paesi dell’Europa orientale

entrati a far parte di recente dell’Unione Europea, unapiù rapida diminuzione dei tassi in termini di variazio-ni percentuali, rispetto ai Paesi per i quali il tasso ave-va già raggiunto livelli più contenuti. Registrano, comunque, tassi più elevati, per la morta-lità infantile, del dato medio EU27, Romania,Bulgaria, Lettonia, Slovacchia, Lituania, Polonia,Ungheria, Malta, Estonia. Il Regno Unito e i Paesi Bassi, con un tasso intorno al5 per 1.000, si collocano subito al di sotto del valoremedio europeo, mentre l’Italia si attesta sui livelli diGermania, Grecia, Spagna, Francia.Finlandia, Svezia ed altri Paesi EFTA si collocano trale prime posizioni in graduatoria, con tassi di mortali-tà infantile molto contenuti, inferiori alla media deiPaesi Europei di circa il 40% e più bassi del 3 per1.000 nati vivi. Per quanto concerne la mortalità neo-natale, l’andamento è molto simile a quello descrittoper la mortalità infantile con situazioni di eccellenzanei Paesi dell’Europa settentrionale e meno favorevo-li nell’Europa orientale.

Tabella 2 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) nei Paesi Europei - Anni 2002-2005

Paesi EuropeiTassi di mortalità infantile Tassi di mortalità neonatale

2002 2003 2004 2005 2002 2003 2004 2005

EU27 5,5 5,3 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.EU25 4,8 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Belgio 4,4 4,1 3,8 3,7 n.d. n.d. n.d. n.d.Bulgaria 13,3 12,3 11,6 10,4 7,3 6,8 6,6 6,2Repubblica Ceca 4,1 3,9 3,7 3,4 2,7 2,4 2,3 2,0Danimarca 4,4 4,4 4,4 4,4 3,4 3,2 3,4 3,3Germania 4,2 4,2 4,1 3,9 n.d. 2,7 2,7 2,5Estonia 5,7 7,0 6,4 5,4 3,6 4,0 n.d. n.d.Irlanda 5,1 5,1 4,8 4,0 3,5 3,8 3,5 2,9Grecia 5,1 4,0 4,1 3,8 3,5 2,7 2,6 2,6Spagna 4,1 3,9 4,0 3,8 2,8 2,5 2,6 2,4Francia 4,2 4,2 4,0 3,8 2,7 2,8 2,7 2,5Italia 4,1 3,7 3,7 3,7 3,0 2,6 2,7 2,7Cipro 4,7 4,1 3,5 4,6 n.d. 2,2 1,6 3,3Lettonia 9,8 9,4 9,4 7,8 5,7 5,7 5,7 5,6Lituania 7,9 6,7 7,9 6,8 4,3 3,7 4,8 4,1Lussemburgo 5,1 4,9 3,9 2,6 3,6 2,6 2,2 1,5Ungheria 7,2 7,3 6,6 6,2 5,2 4,7 4,4 4,1Malta 5,9 5,7 5,9 6,0 n.d. n.d. 4,4 4,4Paesi Bassi 5,0 4,8 4,4 4,9 n.d. 3,6 3,4 3,7Austria 4,1 4,5 4,5 4,2 2,8 3,1 3,1 2,9Polonia 7,5 7,0 6,8 6,4 5,3 5,0 4,9 4,5Portogallo 5,0 4,1 3,8 3,5 3,4 2,7 2,6 2,2Romania 17,3 16,7 16,8 15,0 8,4 8,8 9,5 8,5Slovenia 3,8 4,0 3,7 4,1 3,1 3,1 2,5 3,0Slovacchia 7,6 7,9 6,8 7,2 4,7 4,5 3,9 4,1Finlandia 3,0 3,1 3,3 3,0 2,2 2,1 2,4 2,1Svezia 3,3 3,1 3,1 2,4 2,2 2,2 2,2 1,5Regno Unito 5,2 5,3 5,0 5,1 3,5 n.d. 3,4 n.d.EFTA - European Free Trade 4,3 3,9 3,8 3,7 n.d. n.d. n.d. n.d.Association (CH, IS, LI, NO)Islanda 2,2 2,4 2,8 2,3 1,2 1,9 1,4 1,6Liechtenstein 2,5 2,9 2,7 2,6 n.d. n.d. n.d. n.d.Norvegia 3,5 3,4 3,2 3,1 2,5 n.d. 1,9 1,8Svizzera 5,0 4,3 4,2 4,2 3,6 3,3 3,2 3,2

n.d. = non disponibile.Fonte dei dati e anno di riferimento: Eurostat Data Base ultimo aggiornamento 1/1/2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 281

Raccomandazioni di OsservasaluteConsiderando i trienni 2002-2004 e 2003-2005 lamortalità infantile media nazionale si è ulteriormenteridotta di circa 2,6 punti percentuali, passando da 3,8a 3,7 per 1.000 nati vivi. È interessante notare come,nei periodi considerati, tutte le componenti della mor-talità infantile (neonatale e postneonatale) si sianoridotte ed, in particolar modo, la mortalità neonatale.I determinanti della mortalità infantile e neonatale inItalia sono stati esplorati già dalla fine degli anni ’80(1, 3, 10, 11, 12) con studi ecologici e analitici. I risul-tati di questi studi suggeriscono come, data la riduzio-ne eclatante dell’indicatore negli ultimi 15 anni,rimanga da rivalutare negli anni più recenti qualideterminanti siano ancora rilevanti; occorre, perciò,progettare nuovi studi analitici per indagare le diffe-renze tuttora presenti fra Nord e Sud del Paese. Solocosì si potranno fornire agli amministratori, gestori edoperatori sanitari le indicazioni necessarie per orienta-re al meglio le politiche sanitarie.

Riferimenti bibliografici(1) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century ofinfant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig 1994;6 (4-6): 487-499.(2) Kochanek KD, Martin JA. Supplemental analyses ofrecent trends in infant mortality. Int J Health Serv 2005; 35:101-15.

(3) Fiscella K. Does prenatal care improve birth outcomes?A critical review. Obstet Gynecol 1995; 85: 468-79.(4) Martin JA, Park MM. Trends in twin and triplet births:1980–97. Natl Vital Stat Rep 1999; 47: 1-16.(5) Reynolds MA, Schieve LA, Martin JA, et al. Trends inmultiple births conceived using assisted reproductivetechnology, United States, 1997–2000. Pediatrics 2003;111: 1.159-66.(6) Tucker J, Mcguire W. Epidemiology of preterm birth.Paeditr Perinat Epidemiol 2001; 15 (suppl.2) : 3-6. (7) Mcdorman MF, Martin JA, Mathews TJ, et al.Explaining the 2001–2002 infant mortality increase: datafrom the linked birth/infant death data set. Natl Vital Stat2005; 53: 1-22. (8) Gisselmann MD. Education, infant mortality, low birthweight in Sweden 1973-1990: emergence of the low birthweight paradox. Scand J Public Health 2005, 33: 65-71.(9) Rapporto Osservasalute 2005, Stato di salute e qualitàdell’assistenza nelle regioni italiane; MP Fantini et al.,Salute materno infantile, 187-206.(10) Lemma P, Costa G, Demarca M, et al. Social differen-ces in infant mortality in a longitudinal Turin Study. EpidemPrev 1992; 14: 50-5.(11) Parazzini F, Pirotta N, La Vecchia C, et al.Determinants of perinatal and infant mortality in Italy. RevEpidemiol. Sante Public 1992; 40: 15-24.(12) Bruzzone S, Mortalità infantile e neonatale: fonti stati-stiche e indicatori. e Tendenze della mortalità infantile e eneonatale, totale e per alcune cause. Periodo 1969-2002. InComportamenti riproduttivi ed esiti sfavorevoli delle gravi-danze. La Sardegna come caso paradigmatico. Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza” - Dipartimento diScienze Demografiche, 2006 - A cura di Caselli G, Loghi M,Pierannunzio D; 17-24, 119-133.(13) Istat, Indicatori per conoscere e valutare. Anni 2005-2007, Fuori collana, 2008.

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194 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere l’organizza-zione territoriale della rete dei punti nascita, con riferimen-to alle indicazioni dettate dal DM 24 aprile 2000, Adozionedel Progetto Obiettivo Materno-Infantile relativo al “PianoSanitario Nazionale per il triennio 1998-2000”. Il ProgettoObiettivo Materno-Infantile (POMI) definisce i requisitiorganizzativi, gli standard qualitativi e le competenze pro-fessionali, necessarie a garantire la massima corrisponden-za tra fabbisogni assistenziali della puerpera, del feto e delneonato e appropriatezza ed efficacia delle cure erogate. Per quanto riguarda il percorso nascita, l'offerta dei serviziospedalieri ostetrici e pediatrici/neonatologici non può pre-

scindere da un'organizzazione a rete su base regionale ointerregionale articolata in tre livelli, con differenti caratte-ristiche strutturali e competenze professionali, in modo dagarantire la massima corrispondenza tra necessità assisten-ziali della singola persona e appropriatezza ed efficacia del-le cure erogate. Fra gli standard di qualità che caratterizza-no i tre livelli delle unità operative ostetriche riveste carat-tere fondamentale la numerosità di parti annui effettuati:almeno 500 parti per i punti nascita di I livello, almeno 800parti per quelli di II livello e almeno 1.000 parti annui perquelli di III livello.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse ix 100

Denominatore Totale parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4.Classe 1 = meno di 500 parti, Classe 2 = da 500 a 799 parti, Classe 3 = da 800 a 999 parti, Classe 4 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto diuno solo dei molteplici standard qualitativi individuatidal POMI per caratterizzare i tre livelli della rete diofferta dei servizi ostetrici ospedalieri. Il rispetto di talestandard si configura come requisito fondamentale. Lafonte utilizzata per il calcolo dell’indicatore è ilCertificato Di Assistenza al Parto (CeDAP) i cui dati,per l’anno di elaborazione non sono stati conferiti dal-la Calabria.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-to territoriale occorrerebbe considerare la diversaampiezza regionale, nonché la notevole variabilità didensità abitativa e orografica che impone un’organizza-zione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmentediversificata sul territorio. Si evidenzia innanzitutto cheoltre il 10% dei parti, nel 2006, sono avvenuti in puntinascita con un volume di attività inferiore ai 500 partiannui, volume ritenuto non soddisfacente a garantireuno standard qualitativo accettabile neanche per i puntinascita di I livello. Nell’analisi di tale fenomeno, nonconsiderando realtà regionali particolari come la Valled’Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano, sievidenzia un netto gradiente Nord-Sud; infatti, nell’areameridionale del Paese si registrano percentuali netta-mente superiori alla media nazionale per strutture cheeffettuano meno di 500 parti annui, con punte del27,80% in Sicilia e del 28,67% in Basilicata. Occorreprecisare che nelle regioni meridionali, soprattutto inCampania e in Sicilia, i punti nascita sono per lo piùdislocati in Case di cura private accreditate che hannogeneralmente una dimensione inferiore rispetto allestrutture gestite direttamente dal Servizio SanitarioNazionale.

R. UGENTI, C. TAMBURINI, M. DI CESARE, R. BOLDRINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 195

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno 2006

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. CeDAP. Anno 2009.

Raccomandazioni di OsservasaluteLa classificazione delle cure perinatali ospedaliere, infunzione dei livelli di rischio perinatale, prevede tragli standard minimi delle unità di I livello un numerodi parti annui non inferiore a 500. Le indicazioni derivanti dalla composizione percen-tuale dei parti secondo la classe di ampiezza dei pun-ti nascita possono essere di ausilio per la programma-

zione dei servizi di assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica e di supporto negli interventi di razio-nalizzazione della rete di offerta dei punti nascita(ottimizzazione del numero, riduzione di quelli in cuisi verificano meno di 500 parti annui, incremento del-la qualità complessiva degli altri punti nascita) conconseguenti positive ricadute sul contenimento dellaspesa sanitaria.

Tabella 1 - Parti effettuati (valori assoluti e percentuali) nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione -Anno 2006

Classi di ampiezza

Regioni <500 500-799 800-999 1.000+Totale

N % N % N % N % N %

Piemonte 291 0,81 1.663 4,65 2.662 7,44 31.144 87,09 35.760 100,00Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.188 100,00 1.188 100,00Lombardia 5.363 5,73 11.069 11,84 7.893 8,44 69.196 73,99 93.521 100,00Bolzano-Bozen 1.356 24,52 1.394 25,21 0 0,00 2.780 50,27 5.530 100,00Trento 1.530 31,05 0 0,00 1.819 36,92 1.578 32,03 4.927 100,00Veneto 496 1,07 760 1,64 3.574 7,71 41.496 89,57 46.326 100,00Friuli-Venezia-Giulia 407 3,95 3.338 32,40 1.828 17,75 4.728 45,90 10.301 100,00Liguria 813 7,32 2.010 18,11 1.890 17,03 6.387 57,54 11.100 100,00Emilia-Romagna 668 1,72 1.315 3,38 1.909 4,90 35.037 90,00 38.929 100,00Toscana 2.619 8,33 2.609 8,30 1.833 5,83 24.391 77,55 31.452 100,00Umbria 1.161 14,21 656 8,03 2.757 33,75 3.594 44,00 8.168 100,00Marche 933 7,20 6.649 51,32 1.887 14,56 3.488 26,92 12.957 100,00Lazio 5.881 10,84 6.482 11,95 7.352 13,55 34.536 63,66 54.251 100,00Abruzzo 4.049 40,72 3.743 37,64 0 0,00 2.151 21,63 9.943 100,00Molise 0 0,00 0 0,00 947 100,00 0 0,00 947 100,00Campania 9.141 15,20 14.844 24,68 4.482 7,45 31.687 52,68 60.154 100,00Puglia 4.438 12,21 6.634 18,25 5.536 15,23 19.741 54,31 36.349 100,00Basilicata 1.255 28,67 748 17,09 985 22,50 1.390 31,75 4.378 100,00Calabria n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Sicilia 10.899 27,80 7.559 19,28 3.447 8,79 17.297 44,12 39.202 100,00Sardegna 2.842 24,72 5.011 43,58 893 7,77 2.752 23,93 11.498 100,00Italia 54.142 10,47 76.484 14,80 51.694 10,00 334.561 64,73 516.881 100,00

n.d. = non disponibile.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. CeDAP. Anno 2009.

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196 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con idati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istat,dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero delLavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Per ogniIVG effettuata è obbligatorio compilare il modelloIstat D.12 e l’invio al sistema informativo nazionale.Inoltre, sulla base di questi dati, le Regioni elaboranoalcune tabelle che inviano al Sistema di Sorveglianzacoordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Ognianno il Ministero del Lavoro, della Salute e dellePolitiche Sociali presenta al Parlamento una relazionesull’andamento del fenomeno. Attualmente i dati ita-liani sono tra i più accurati ed aggiornati a livellointernazionale. I limiti nell’indicatore possono essererappresentati dal fatto che in alcuni casi viene calco-lato utilizzando al numeratore tutte le IVG effettuatein regione (donne residenti e non) e al denominatorele donne residenti, provocando una sovrastima o sot-tostima del fenomeno. Utilizzando, invece, le donneresidenti sia al numeratore che al denominatore, ven-gono esclusi alcuni casi relativi principalmente alledonne straniere, per cui è nostra abitudine analizzaredati relativi all’abortività tra le straniere, i cui com-portamenti sono notevolmente diversi da quelli delledonne italiane, in un indicatore ad hoc (pag. 243).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento, può essereassunto come tale il valore medio relativo alle treregioni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiI dati pervenuti all’Istat mediante i modelli D.12 del2006 sono stati 125.782. Dal confronto con il numerodi casi di IVG rilevati dalle Schede di DimissioniOspedaliere (SDO), è emersa una sottostima per alcu-ne regioni (Friuli-Venezia Giulia, Campania e Sicilia),i cui dati mancanti sono stati stimati proprio tramite ilricorso alle SDO e, successivamente, i tassi sono staticalcolati sui dati stimati. Tra il 2004 e il 2005 si è assi-stito ad un calo dei tassi, sia grezzi che standardizza-ti. Nel 2006 (Tabella 1) questa tendenza sembra esse-re confermata, poiché il tasso grezzo passa da 8,91 per1.000 del 2005 a 8,76 per 1.000 del 2006, mentre iltasso standardizzato rimane stabile ad un valore pari a9,16 per 1.000.Nel Grafico 1 viene riportato il tasso standardizzatoper le ripartizioni Nord-Ovest, Nord-Est, Centro,Mezzogiorno e Italia. Il Nord-Est ha sempre avutovalori inferiori al resto del Paese, ma il lieve trend cre-scente degli ultimi anni, in controtendenza con quellodel Mezzogiorno, ha portato all’uguaglianza del tassonel 2006 tra le due ripartizioni, pari a 8,4 per 1.000.A livello regionale le differenze tra il 2005 e il 2006più significative si riferiscono alla PA di Bolzano,Umbria e Puglia i cui tassi sono diminuiti rispettiva-mente del 10,2%, 3,9% e 3,3%. Invece, le tre regioniin cui si è verificato l’aumento più consistente, seppurlieve, sono Valle d’Aosta (+8,2%), Molise (+3,4%) eBasilicata (+3,3%).Nel corso del tempo vi è stato un generale decremen-to del ricorso all’IVG e la diminuzione dell’area sottole curve conferma questa tendenza (Grafico 2). La dif-

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge n.194 “Norme per la tutela della maternità e sull’interru-zione volontaria della gravidanza” che regola le moda-lità del ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essaqualsiasi donna per motivi di salute, economici, socialio familiari, può richiedere l’Interruzione Volontaria diGravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione.Oltre questo termine l’IVG è consentita solo per graviproblemi di salute fisica o psichica. L’intervento puòessere effettuato presso le strutture pubbliche delServizio Sanitario Nazionale e le strutture privateaccreditate e autorizzate dalle Regioni. Il tasso di abor-tività volontaria è l’indicatore più frequentemente usa-

to a livello internazionale (spesso utilizzando al deno-minatore la popolazione femminile di 15-44 anni).Permette di valutare l’incidenza del fenomeno che ingran parte dipende dalle scelte riproduttive, dall’uso dimetodi contraccettivi nella popolazione e dall’offertadei servizi nei vari ambiti territoriali. Al fine di unavalutazione più completa dell’IVG, è possibile calcola-re questo indicatore specifico per alcune caratteristichedelle donne, ad esempio età, stato civile, parità, luogodi nascita, cittadinanza. Si può, inoltre, utilizzare il tas-so standardizzato per età al fine di eliminare l’effettoconfondente di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni volontarie di gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

M. LOGHI, A. SPINELLI, A. D’ERRICO

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 197

Tabella 1 - Tassi (specifici, grezzi e standardizzati per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria perregione e classe di età - Anno 2006

RegioniClassi di età Tassi Tassi

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 9,87 18,49 16,92 14,32 11,29 4,66 0,43 10,16 10,94Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste 10,26 18,05 12,47 12,22 9,99 6,36 0,46 9,34 9,93Lombardia 8,07 16,06 15,62 12,75 9,78 4,29 0,35 9,09 9,67Trentino-Alto Adige 5,02 8,87 10,76 7,65 7,81 3,44 0,40 6,11 6,42Bolzano-Bozen 3,05 5,92 6,89 6,16 6,67 2,38 0,54 4,52 4,68Trento 7,16 12,04 14,62 9,10 8,97 4,47 0,27 7,69 8,20Veneto 5,19 11,29 10,83 8,93 6,98 3,02 0,38 6,36 6,75Friuli-Venezia Giulia* 6,78 13,23 12,09 10,98 8,49 4,04 0,38 7,54 8,10Liguria 10,64 21,24 19,26 14,79 11,34 5,04 0,51 10,62 11,87Emilia-Romagna 8,38 18,50 18,09 14,57 11,04 5,16 0,54 10,32 11,05Toscana 7,99 16,70 14,93 13,17 10,74 4,96 0,43 9,36 9,97Umbria 7,46 15,23 16,11 13,77 11,75 5,82 0,66 9,90 10,34Marche 5,53 11,77 11,70 9,82 8,38 3,65 0,32 7,11 7,45Lazio 9,66 18,83 16,44 14,01 11,88 5,10 0,51 10,40 11,00Abruzzo 5,77 12,61 12,80 12,58 10,31 4,95 0,52 8,42 8,74Molise 5,80 13,01 13,31 11,20 11,07 4,89 0,71 8,46 8,79Campania* 5,64 11,82 12,11 11,52 9,38 4,55 0,49 7,99 8,13Puglia 8,80 16,52 15,75 15,71 13,85 6,55 0,69 11,15 11,37Basilicata 5,44 10,85 9,67 10,66 9,45 5,47 0,38 7,39 7,60Calabria 4,51 9,57 10,11 10,09 9,03 4,38 0,46 6,91 7,10Sicilia* 6,35 12,02 11,37 10,54 8,88 3,76 0,33 7,54 7,74Sardegna 5,30 7,60 8,88 6,46 6,22 3,34 0,63 5,37 5,55Italia 7,26 14,48 14,04 12,29 10,03 4,54 0,45 8,76 9,16

*I tassi del Friuli-Venezia Giulia, Campania e Sicilia sono stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italiaal 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2009.

ferenza più evidente si nota tra il 1986 e il 1991, quan-do il tasso riferito alle donne di età 15-49 è diminuitodel 20,1%, con la diminuzione maggiore per la classedi età 25-29 (-25,9%).Nel 2006, rispetto all’anno precedente, l’unica classeper la quale si è avuto un aumento è quella relativaalle donne di età 15-19 (+2,1%), non considerando il+4,7% riferito alla classe 45-49 che presenta tassimolto bassi (0,43 per 1.000 nel 2005 e 0,45 per 1.000nel 2006). Non si sono osservate grandi variazioni neltempo del tasso di abortività tra le minorenni che èrisultato pari a 4,1 per 1.000 nel 2006.È necessario, comunque, affermare che il ricorsoall’aborto tra le giovani in Italia è minore rispetto aglialtri Paesi dell’Europa occidentale: ad esempio nel2006 in Italia il tasso per le donne di età <20 anni èrisultato pari a 7,3 per 1.000 rispetto a 16,4 in Franciae 25,0 in Inghilterra e Galles (Ministero del Lavoro,della Salute e delle Politiche Sociali, 2009).Il numero di donne di 15-17 anni che fa ricorsoall’IVG è di circa 3.500, pari a poco meno del 3% ditutte le IVG.

Nel corso del tempo il tasso mostra una tendenza inaumento, pur presentando, comunque, lievi oscillazio-ni. Dal 1998 ha superato il valore del 4 per 1.000, conle sole eccezioni degli anni 2001 e 2003 (3,9 per 1.000residenti). Il valore più elevato si presenta nel 2004(4,6 per 1.000) e, successivamente, seguendol’andamento del tasso generale, è leggermente dimi-nuito negli ultimi due anni. Nel 2006 è pari a 4,1 per1.000 donne minorenni, con le differenze regionaliillustrate nel Grafico 3.Il Nord-Ovest, con un tasso pari a 5,2 per 1.000, è pre-sente con le sue regioni nei posti più alti della gradua-toria: tre regioni su quattro (Piemonte, Valle d’Aosta eLiguria) hanno, infatti, un valore superiore al 5 per1.000, mentre la Lombardia ha un tasso superiore allamedia nazionale.Invece, la ripartizione dove le minorenni sembrano farmeno ricorso all’aborto volontario è quella costituitadalle Isole: 3,2 IVG ogni 1.000 donne di 15-17 anni(3,0 per 1.000 per la Sicilia e 3,7 per 1.000 per laSardegna).

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198 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Grafico 1 - Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne di 15-49 anni) per macroarea - Anni1980-2006*

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per le seguenti regioni: Piemonte (anni 1986-1995, 1999), Lazio (anni 1995 e1996), Calabria (anni 1981, 1985), Campania (anni 2002, 2005 e 2006), Friuli-Venezia Giulia (anni 2005 e 2006), Molise (anno 2005) eSicilia (anni 2004-2006). Per l’anno 2003 i dati della Campania sono risultati fortemente sottostimati e non si è proceduto ad effettuare alcu-na stima.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italianel 2001.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2009.

Tassi standardizzati di abortività volontaria (per 1.000 donne

di 15-49 anni) per regione. Anno 2006

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 199

Grafico 2 - Tassi specifici di abortività volontaria (per 1.000 donne) - Anni 1981, 1986, 1991, 1996, 2001, 2006*

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati nel 1981 per la Calabria, nel 1986 per il Piemonte, nel 1996 per il Lazio e nel2006 per il Friuli-Venezia Giulia, la Campania e la Sicilia.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2009.

Grafico 3 - Tassi di abortività volontaria (per 1.000 donne di 15-17 anni) per regione - Anno 2006*

*I tassi del Friuli-Venezia Giulia, Campania e Sicilia sono stimati.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2009.

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200 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Raccomandazioni di OsservasaluteLa riduzione del fenomeno nel corso del tempo e le suecaratteristiche fanno intendere che l’aborto, in Italia, nonviene utilizzato come metodo contraccettivo. Inoltre,livelli inferiori di abortività rispetto ad altri Paesi occiden-tali in cui sono maggiormente diffuse le pratiche anticon-cezionali chimiche e nei quali vi è una maggiore attenzio-ne alla procreazione responsabile, inducono a pensare cheil fenomeno dipenda da fattori culturali e sociali, oltre chedalla diffusione di metodi preventivi (Ministero delLavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2009). Èmolto importante tenere sotto osservazione anche il tassoriferito alle sole minorenni in quanto, una prevenzione

attiva a loro mirata, può senza dubbio aiutarle nella pro-grammazione futura del loro progetto di fecondità.Rimane elevato il ricorso all’IVG da parte delle donnestraniere (“Abortività volontaria delle donne straniere”pag. 243).

Riferimenti bibliografici(1) Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali. Relazione del Ministro della Salute sull’attuazionedella legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2007. Dati provvisori 2008. 2009. http://www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1010_allegato.pdf.(2) Istat (2009). L’interruzione volontaria di gravidanza inItalia. Anno 2006. Tavole di dati:http://www.istat.it/dati/dataset/20090112_00/.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 201

Procreazione Medicalmente Assistita

Significato. Il Registro Nazionale Italiano dellaProcreazione Medicalmente Assistita raccoglie i datidi tutti i centri che applicano tecniche di fecondazio-ne assistita, sia di I che di II e III livello. Con tecnichedi I livello ci si riferisce all’Inseminazione Semplice,con II e III livello si fa riferimento, invece, oltre cheall’inseminazione semplice anche alle tecniche difecondazione in vitro più complesse quali, il trasferi-mento intratubarico dei gameti (GIFT), tecnica usatasoltanto in pochissimi casi (la fecondazione dell’ovo-cita avviene in utero e, quindi, non si effettua una verae propria fecondazione in vitro), la fertilizzazione invitro con trasferimento degli embrioni (FIVET), latecnica di fecondazione che prevede l’iniezione nelcitoplasma dell’ovocita di un singolo spermatozoo(ICSI), il trasferimento di embrioni crioconservati(FER), il trasferimento di embrioni ottenuti da ovoci-ti crioconservati (FO), la crioconservazione degliembrioni e degli ovociti e tutte le tecniche chirurgichedi prelievo degli spermatozoi. I centri di II e III livel-lo si distinguono soltanto per il tipo di anestesia som-ministrata e per alcune differenze nelle tecniche diprelievo chirurgico di spermatozoi. Dal punto di vistadella lettura dei risultati presentati vengono conside-rati un unico gruppo.Per descrivere il fenomeno della ProcreazioneMedicalmente Assistita, si è deciso di usare quattroindicatori.Un indicatore che definisce il quadro dell’offerta edella domanda, relativamente all’applicazione delletecniche, uno relativo alla performance raggiunta daicentri, in termini di efficacia, che offrono tecniche difecondazione assistita operanti nel territorio, uno cheda indicazioni sulla sicurezza delle tecniche applicateed un ulteriore indicatore che definisce l’efficienzadel sistema di rilevazione dei dati.Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero dicicli a fresco iniziati (tecniche FIVET e ICSI) permilione di abitanti. Questo indicatore definisce ladomanda relativamente all’applicazione delle tecni-che nel territorio. In un certo senso descrive le dimen-sioni del fenomeno. Inoltre, la distribuzione regionaledell’indicatore fornisce informazioni sulla ricettivitàdelle varie regioni.Il secondo indicatore è il tasso di gravidanze. Questo

indicatore può essere ottenuto relativamente a trediversi momenti del ciclo di fecondazione assistita:all’inizio del ciclo, quindi al momento in cui allapaziente vengono somministrati farmaci per la stimo-lazione ovarica, al momento del prelievo, cioè quandosi procede all’aspirazione degli ovociti e al momentodel trasferimento in utero degli embrioni formati.Chiaramente, le probabilità di ottenere una gravidan-za al momento del trasferimento embrionale, è mag-giore di quella calcolata al principio del ciclo. Si èdeciso di fornire il tasso di gravidanze rispetto alnumero di cicli iniziati, in modo da quantificare leprobabilità di ottenere una gravidanza per una pazien-te all’inizio della terapia di riproduzione assistita. Lascelta di utilizzare il numero di cicli iniziati al deno-minatore, nella costruzione dell’indicatore, è dettatadall’esigenza di fornire la probabilità di ottenere unagravidanza, al momento di ingresso nel centro, ovve-ro al principio della terapia di fecondazione assistitasomministrata. Calcolando il tasso di gravidanzerispetto ai prelievi o ai trasferimenti, vengono valuta-te le possibilità di successo delle terapie in momentidiversi, cioè soltanto quando la paziente si trova infasi avanzate del ciclo di fecondazione assistita.Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Perparto multiplo si intende un parto che dia alla luce dueo più neonati. Questo tasso descrive il livello di sicu-rezza delle tecniche applicate. Un parto gemellare otrigemino, aumenta i rischi per la paziente e per il neo-nato. Minimizzare la percentuale di parti multipli,significa minimizzare i rischi per la salute di entrambi.Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-la percentuale di gravidanze perse al follow-up. Questoindicatore fornisce un’indicazione, relativamente alsistema di monitoraggio e raccolta dati, dei centri dovesi applicano le tecniche di fecondazione assistita. È unindicatore di accuratezza e di qualità della raccolta datioperata dai centri e del monitoraggio del lavoro e deirisultati ottenuti dal centro stesso. Nella composizionedi questo indicatore assume un ruolo importante ladisponibilità di personale all’interno delle strutture. Inmolti centri, infatti, la carenza di personale costituisceun ostacolo all’ottenimento di livelli ottimali del moni-toraggio delle gravidanze ottenute.

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, S. BOLLI, J. M. MAYORGA, R. DE LUCA, S. FIACCAMENTO, R. SPOLETINI, E. MANCINI, P.D’ALOJA

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in un annox 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

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202 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in un anno

Tasso di parti multipli

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche a fresco di II e III livellox 100

Denominatore Parti totali ottenuti dall’applicazione di tecniche a fresco di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esitox 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questiindicatori, vengono raccolti dall’Istituto Superiore diSanità e, nello specifico, dal Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita. Le unità di rile-vazione sono rappresentate dai centri che applicano letecniche di fecondazione assistita, autorizzati dalleRegioni ed iscritti al registro nazionale. A partire dal-la raccolta dati relativa all’attività del 2006, la coper-tura dell’indagine è stata totale e tutti i trattamenti diriproduzione assistita, effettuati in un anno, vengonoregistrati e monitorati nella raccolta dati. Ogni annosui dati raccolti vengono eseguiti una serie di control-li di congruenza e di validazione. Le procedure divalidazione vengono eseguite attraverso controlli ver-ticali, che approfondiscono l’esattezza dei dati quan-do questi appaiono fuori scala rispetto alle medieregionali e nazionali e attraverso controlli orizzontali,che vengono realizzati sulla premessa che i dati comu-nicati da ogni centro debbano essere quantitativamen-te paragonabili da un anno all’altro. Il limite più rilevante di questi indicatori, risiede nel-la circostanza che i dati comunicati al RegistroNazionale sono auto dichiarati e senza alcun tipo dicontrollo all’origine. Inoltre, i dati vengono raccolti informa aggregata. In questo modo non è possibile col-legare gli esiti delle terapie ad alcune caratteristichedelle coppie di pazienti. La probabilità di riuscita diun ciclo di fecondazione assistita è legato al tipo e algrado di infertilità della coppia. Senza un tipo di rac-colta dati basata su singolo ciclo, risulta impossibileeliminare l’effetto delle differenze esistenti tra ledistribuzioni di popolazioni di pazienti secondo la dia-gnosi di infertilità. Per quanto riguarda il terzo indica-tore, il tasso di parti multipli, esiste il problema dellaperdita di informazioni relativamente agli esiti dellegravidanze. Per le sole tecniche a fresco, infatti, lapercentuale di gravidanze perse al follow-up è del

13,5%. Per queste gravidanze, che corrispondono a1.061, non conosciamo l’esito.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di riferi-mento dei quattro indicatori presentati, fanno riferi-mento ad altri Paesi europei, in cui l’attività di fecon-dazione assistita è assimilabile all’attività in Italia.Inoltre potranno essere presi in considerazione anchei valori medi europei, presentati ogni anno dallo EIM,organo del registro europeo, a cui l’Italia partecipa. Idati disponibili sono però riferiti all’anno 2005.Bisogna considerare che per i primi due indicatori, iltrend mostrato è in continuo aumento, mentre per ilterzo indicatore la tendenza è in diminuzione.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati, si riferiscono all’applicazio-ne di tecniche a fresco di II e III livello (FIVET eICSI) e, soltanto quando ci si riferisce alle gravidanzeperse al follow-up, cioè al quarto indicatore, si pren-dono in considerazione anche le gravidanze ottenutecon la tecnica GIFT e con le tecniche di scongelamen-to di embrioni e di ovociti (FER e FO). La scelta diconsiderare il tasso di gravidanze soltanto per le tec-niche a fresco, è determinata dal fatto che è impossi-bile stabilire un riferimento temporale per le tecnichedi scongelamento. Gli embrioni e/o gli ovociti scon-gelati, potrebbero essere stati congelati in anni prece-denti, utilizzando protocolli di fertilizzazione e dicongelamento diversi da quelli usati attualmente.Inoltre, la Legge n. 40 del 2004, che regola l’attivitàdi fecondazione assistita nel nostro Paese, determinal’impossibilità di congelare embrioni. Il congelamen-to di ovociti, alternativo al congelamento di embrioni,è una tecnica che trova scarsa applicazione in altriPaesi, ed anche in Italia trova applicazione massicciasoltanto in alcuni centri. Tutto ciò rende chiaramente

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 203

difficile operare confronti e paragoni.I risultati che di seguito vengono presentati, fannoriferimento all’attività del 2007, ovvero a tutti i cicliiniziati, con una stimolazione o uno scongelamento,nel periodo compreso tra l’1/1/2007 e il 31/12/2007.Alla data del 31 Gennaio 2009 i centri che in Italiaapplicano le tecniche di Procreazione MedicalmenteAssistita, iscritti al Registro Nazionale, sono 341. Diquesti 142 sono di I livello (Inseminazione Semplice)e 199 di II e III livello (GIFT, FIVET, ICSI ed altretecniche). I centri pubblici sono 130. Se a questi siaggiungono i 26 centri privati e convenzionati con ilSistema Sanitario Nazionale si arriva ad una percen-tuale del 45,7%. I centri privati sono 185 e rappresen-tano il 54,3% del totale dei centri attivi.Nel 2007, con l’applicazione di tutte le tecniche, in 342centri, sono state trattate 55.347 coppie di pazienti, sucui sono stati iniziati 75.280 cicli di trattamento. Legravidanze ottenute sono state 11.685. Di queste è sta-to possibile monitorarne l’evolversi di 9.884. In 2.371gravidanze si è registrato un esito negativo, mentre7.513 sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risulta-no 9.137. Questo significa che ogni 1.000 nati vivi,16,2 nascono da gravidanze ottenute con l’applicazionedi procedure di fecondazione assistita.Nel Cartogramma è rappresentato il numero di cicliiniziati con l’applicazione di tecniche a fresco permilione di abitanti. Nel 2007 il valore medio naziona-le è di 674 cicli per milione di residenti, mentre nel2006 era pari a 624 e nel 2005 a 568. Quindi,l’indicatore scelto per misurare la domanda di fecon-dazione assistita, presenta un trend in continua cresci-ta. È anche vero, però, che a livello europeo questoindicatore presenta, nel 2005 un valore medio pari a1.115 cicli a fresco per milione di abitanti. Quindi, ilnostro Paese presenta un’accessibilità alle tecnicheancora molto bassa rispetto a quella di altri Paesi,dove con accessibilità, si intende l’interazione tradomanda e offerta.Dai valori dell’indicatore espressi nel Cartogramma,si può apprezzare la notevole variabilità che esiste trale regioni. In generale, i valori riferiti alle regioni delNord presentano valori più elevati rispetto a quelle delCentro e del Sud. Tra le regioni del Nord si apprezzacome la Lombardia e l’Emilia-Romagna costituiscanodei poli attrattivi per la procreazione assistita, mentretra le regioni del Centro questo ruolo è rivestito dallaToscana e dal Lazio. Questo indicatore è condiziona-to dalla numerosità della popolazione residente nellevarie regioni, per questo, ad esempio la ProvinciaAutonoma di Bolzano, fa registrare un valore partico-larmente elevato dell’indicatore, anche in presenza diun numero di cicli iniziati abbastanza modesto.Nella Tabella 1 è mostrata la distribuzione per regio-ne del tasso di gravidanze rispetto ai cicli iniziati perle tecniche a fresco FIVET e ICSI ed il numero di pro-cedure iniziate, in ogni regione, in modo da definire la

base di calcolo degli indicatori.Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-ziate, le differenze più marcate tra il tasso grezzo ed iltasso standardizzato, si possono osservare nel Lazio, inPuglia, in Sicilia ed in Sardegna. I valori del tasso grez-zo oscillano tra il 13,5% ed il 28,3%, mentre i valori deltasso standardizzato oscillano tra il 13,1% ed il 29,0%.Se si osservano, però, soltanto le regioni con più di1.000 cicli iniziati, si vede che il tasso grezzo oscillatra il 15,8% ed il 23,8%. Standardizzando i tassi, ilrange si riduce oscillando tra il 17,1% ed il 23,5%.Questa grande variabilità si spiega, in parte, conside-rando che la raccolta dati effettuata dal RegistroNazionale è basata su dati aggregati auto dichiarati edil panorama della procreazione assistita in Italia èmolto variegato con un ampio divario nei valori degliindicatori di efficienza tra un centro e l’altro.Il Grafico 1 indica la distribuzione regionale della per-centuale di parti multipli. In generale, la quota di partimultipli sul totale di quelli ottenuti è del 23,0%. Anchein questo caso, si può apprezzare l’alta variabilità tra leregioni. Si va da punte elevate di parti multipli, comenel caso della Basilicata (56,3%) e della Calabria(47,4%) a quote più contenute come nel caso dellaPuglia (17,2%), della Provincia Autonoma di Bolzano(17,4%), del Lazio (18,4%) e della Lombardia (19,5%).Nel Grafico 2 è mostrata la percentuale di gravidanzedi cui non si conosce l’esito, sul totale di quelle otte-nute: è stato inserito anche il numero di gravidanzeottenute in ciascuna regione per quantificare il deno-minatore dell’indicatore mostrato. Abbiamo a che farecon gravidanze ottenute con tecniche di II e III livel-lo, sia da tecniche a fresco che da tecniche di sconge-lamento.Tra le regioni con più alto numero di gravidanze otte-nute, quelle, quindi, in cui la mole di lavoro è maggio-re, spicca il 29,1% di gravidanze di cui non si conoscel’esito dei centri del Lazio. La perdita di informazioneraggiunge valori significativi anche in Campania24,7%, in Puglia 25,3% ed in Sardegna 27,8%. In posi-tivo spicca l’operato dei centri del Piemonte 2,4%, del-la Toscana 6,4% e, soprattutto, dell’Emilia-Romagna0,6% in presenza di un’elevata mole di attività. Il datodella Lombardia, con le 1.600 gravidanze ottenute, cherappresentano quasi il 20% del totale delle gravidanzeottenute nel Paese grazie all’applicazione di tecnichedi fecondazione assistita, condiziona il valore medionazionale dell’indicatore che si attesta al 13,3%.Molte delle differenze regionali, che questo indicato-re riporta, potrebbero essere spiegate dal tipo di uten-za che si rivolge alle strutture che offrono tecniche difecondazione assistita. Gioca un ruolo importante,infatti, il livello socio-economico delle pazienti, non-ché la nazionalità, caratteristiche che fanno sì che lepazienti stesse che ottengono una gravidanza sianopiù disposte o meno a fornire informazioni sull’esito esullo stato di salute di eventuali neonati.

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204 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Cicli iniziati (per 1.000.000 ab) da tecniche a fresco (FIVET e

ICSI) per regione. Anno 2007

Nota: la popolazione utilizzata è quella media residente nell’anno2007 dell’Istat.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita. Anno 2009.

Tabella 1 - Cicli e tassi (specifici, grezzi e standardizzati per 100) di gravidanza rispetto ai cicli iniziati per regio-ne - Anno 2007

RegioniN Classi di età Tassi di Tassi std di

cicli ≤29 30-34 35-39 40-44 ≥45 gravidanza gravidanza

Piemonte 2.447 31,4 30,3 23,7 10,2 0,0 22,8 22,5Valle d'Aosta-Vallée d’Aoste 88 33,3 29,6 30,0 0,0 0,0 26,1 22,6Lombardia 8.826 25,2 23,4 17,3 8,0 0,0 17,1 17,1Liguria 522 40,0 24,8 17,4 7,3 0,0 18,6 18,6Bolzano-Bozen 809 18,4 22,7 16,5 5,9 0,0 15,3 15,5Trento 236 37,5 38,5 19,5 13,2 0,0 25,4 24,3Veneto 3.227 30,5 23,7 18,6 10,3 5,1 18,9 18,7Friuli-Venezia Giulia 904 28,3 27,6 20,4 8,9 0,0 20,9 19,9Emilia-Romagna 4.256 25,9 22,4 18,6 7,8 3,4 16,9 17,4Toscana 3.075 31,6 27,9 21,6 12,0 5,0 21,3 21,6Umbria 346 17,9 0,0 17,3 8,9 0,0 18,5 17,0Marche 200 40,9 15,9 10,7 17,4 0,0 16,5 16,0Lazio 4.492 32,0 29,9 21,6 9,2 0,7 20,0 21,4Abruzzo 686 36,4 33,7 30,9 16,1 0,0 28,3 28,1Molise 229 40,0 39,2 27,0 19,0 0,0 27,5 29,0Campania 2.672 32,2 29,7 24,6 12,9 4,1 23,8 23,5Puglia 2.103 32,1 31,3 17,2 6,2 0,0 21,1 19,3Basilicata 170 8,3 19,5 17,9 0,0 0,0 13,5 13,1Calabria 121 21,2 34,5 29,2 6,3 0,0 21,5 24,1Sicilia 3.250 31,1 27,0 20,9 10,6 1,7 21,9 20,6Sardegna 1.346 32,3 25,0 17,9 5,8 0,0 15,8 17,8Italia 40.005 29,8 26,5 19,8 9,3 1,8 19,6 19,6

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la distribuzione nazionale dei cicli iniziati per clas-se di età.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2009.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 205

Grafico 1 - Percentuale di parti multipli per regione - Anno 2007

Fonte dei dati e anno di riferimento: Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2009.

Grafico 2 - Percentuale di gravidanze perse al follow-up e numero di gravidanze per regione - Anno 2007

Fonte dei dati e anno di riferimento: Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2009.

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206 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Confronto internazionaleIl numero di trattamenti a fresco per milione di abitan-ti è pari 1.170 in Francia, 647 in Germania e 692 inGran Bretagna. Il dato totale fatto registrare dai 30Paesi partecipanti alla raccolta dati è di 1.115 cicli afresco iniziati ogni milione di abitanti.Il tasso di gravidanze su cicli iniziati è pari a 22,1% inFrancia, 27,2% in Germania e 25,9% in GranBretagna.Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-ti multipli è pari al 21,0% in Francia, al 21,8% inGermania e al 26,0% in Gran Bretagna. In generale, inEuropa è del 21,8%.Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up, ilRegistro Europeo, raccomanda un livello non superio-re al 10% di gravidanze perse al follow-up, sul totaledelle gravidanze ottenute.

Raccomandazioni di OsservasaluteL’accessibilità al servizio fa registrare livelli piuttostobassi, se confrontata con quella riferita ad altri Paesieuropei. Si evince l’esistenza di poli attrattivi, checatalizzano l’affluenza delle coppie che ricorrono aterapie di fecondazione assistita.Il tasso di gravidanza è minore rispetto a quanto

avviene in altri Paesi, soprattutto se si considera che idati di confronto del Registro Europeo fanno riferi-mento al 2005.Anche le percentuali di parti multipli risultano piutto-sto elevate. In questo senso è importante ricordare chela Legge n. 40 del 2004 che regola l’attività di fecon-dazione assistita, determina l’obbligo di trasferimentocontemporaneo in utero di tutti gli embrioni prodotti.La percentuale di perdita di informazioni si è notevol-mente ridotta, anche se in alcune regioni il sistema dimonitoraggio delle gravidanze non è ancora a livelliottimali.

Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anni 2004-2007.(2) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - Procreazione medicalmenteassistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(3) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - 1° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2005.(4) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-shed February 18, 2009 - Assisted reproductive Tecnologyand intrauterine insemination in Europe, 2005: results gene-rated from European registers by ESHRE.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 207

Parti cesarei

Significato. L’andamento della proporzione deiTagli Cesarei (TC) sul totale dei parti continua amostrare in Italia, un costante incremento annuale,nonostante già da molti anni il problema dell’appro-priatezza dell’applicazione di questa procedura e lapossibilità di poterla contenere sia stato a lunga pre-so in considerazione. Nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI),pubblicato nel DM 24 Aprile 2000 (1), si individua-no ad esempio tra gli obiettivi di salute, una integra-

zione dei percorsi di cura a livello territoriale edospedaliero per ottenere una maggiore appropriatez-za e qualità dei servizi erogati.Nell’ambito del percorso nascita, la riduzione deiTC, in particolare nelle strutture di I e II livello, èuno degli indicatori individuati per monitorare leazioni e il raggiungimento di tali obiettivi, successi-vamente inseriti nei Piani Sanitari Regionali di mol-te regioni.

Proporzione di parti cesarei

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei èregistrata con buona precisione. Come già discussoampiamente nelle edizioni precedenti del RapportoOsservasalute, per poter confrontare strutture o regio-ni attraverso questo indicatore sarebbe necessariovalutare la presenza di precedenti fattori di rischionella popolazione di riferimento, tra cui di particolareimportanza è la presenza di un precedente TC. Nel presente lavoro viene discussa la proporzione, siaa livello nazionale che regionale, di parti cesarei pri-mari e parti cesarei in donne in cui è stato eseguito unprecedente cesareo. Per l’individuazione del precedente parto cesareo vie-ne utilizzato il codice di diagnosi secondaria 654.2riportato nella Scheda di Dimissione Ospedaliera(SDO) della madre. Un limite della valutazione diqueste proporzioni può essere rappresentato dallaqualità della codifica delle SDO nelle varie regioni.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto qua-le sia la proporzione di TC corrispondente alla qualitàottimale delle cure, ma si ritiene che in situazioni disovra-utilizzazione, proporzioni più basse di partocesareo rappresentino una migliore qualità dell’assi-stenza.Sono stati fissati a livello internazionale dei ben-chmark con l’obiettivo generale di ridurre la propor-zione dei TC: l’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS) considera come ideale una proporzio-ne non superiore al 15%. Tra i Paesi che nel 2006 era-no al di sotto o molto vicini alla percentuale racco-mandata dall’OMS si trovano Danimarca e Olanda(13,5%), Belgio (15,9%), Finlandia (16,0%) e Svezia(16,4%) (2).In Italia, il Ministero del Lavoro, della Salute e dellePolitiche Sociali aveva dichiarato tra gli obiettivi delPiano Sanitario Nazionale 2006-2008, la necessità di

raggiungere “il valore del 20% in linea con i valorimedi europei, attraverso la definizione di Linee Guidanazionali per una corretta indicazione al parto per TCe l’attivazione di idonee politiche tariffarie per sco-raggiarne il ricorso improprio”.

Descrizione dei risultatiNel 2006 la proporzione di parti cesarei sul totale deiparti ha raggiunto il valore del 39,3% variando da unminimo del 23,93% del Friuli-Venezia Giulia ad unmassimo del 61,86% della Campania (Grafico 1). Laproporzione di TC è così ulteriormente aumentatarispetto al 2005 del 2,6%; tale aumento si registra intutte le regioni ad eccezione di Liguria, Emilia-Romagna, Basilicata e Sardegna che presentano unariduzione della proporzione rispetto all’anno prece-dente (Tabella 1). In particolare in dieci regioni(Piemonte, Valle d’Aosta, PA di Bolzano, PA diTrento, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Puglia eCalabria) si registra un aumento parallelo sia delleproporzioni di TC primari che di quelli ripetuti. In Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria,Toscana, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna siregistra una riduzione della proporzione di TC prima-rio, mentre si osserva un aumento del ricorso al TCripetuto. In Veneto, invece, si registra un aumento deiparti cesarei primari con una riduzione dei parti cesa-rei ripetuti. Una riduzione di entrambe le proporzionisi registra solo in Emilia-Romagna e Basilicata.Come si osserva dal Grafico 2, dove sono state ripor-tate le percentuali dei TC primari e dei TC ripetuti sultotale dei parti cesarei effettuati, i due terzi circa di tut-ti i parti cesarei sono rappresentati da quelli primari. La proporzione di TC primari rappresenta molto pro-babilmente, l’indicatore più importante da monitoraredal momento che ad un TC primario con una probabi-lità molto elevata seguirà un TC ripetuto.

L. DALLOLIO, V. DI GREGORI, G. PIERI, E. CARRETTA, A. SFERRAZZA, M. P. FANTINI

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208 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Il continuo aumento delle proporzioni di TC in Italiacosì come le differenze tra Nord, Centro e Sud, comepiù volte sottolineato in questo Rapporto e comeanche riportato in letteratura, rispondono a determi-nanti medici ma anche a determinanti non medici, dipiù difficile investigazione, tra cui il contesto sanita-rio e culturale (tra questi la condizione professionaledella donna, il numero di visite di controllo effettuatein gravidanza, l’essersi sottoposte a Procreazione

Medicalmente Assistita), ma anche le conoscenze e leattitudini dei professionisti e le diverse aspettative epreferenze della madre (3).Il Rapporto preliminare sui “Ricoveri Ospedalieri(SDO)” del Ministero del Lavoro, della Salute e dellePolitiche Sociali stima, invece, per il 2007 e il 2008,una proporzione di TC rispettivamente del 39,3% e del38,35%, dati che sembrerebbero confermare una lievetendenza alla stabilizzazione di questo indicatore (4, 5).

Grafico 1 - Proporzione (per 100) di TC primari e ripetuti sul totale dei parti effettuati per regione - Anno 2006

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. SDO. Anno 2009.

Tabella 1 - Proporzioni (per 100) di TC primari, ripetuti e totali e variazioni percentuali, per regione -Anni 2005-2006

2005 2006 ∆∆ % 2005-2006

Regioni TC TC Totale TC TC Totale TC TC Totale

primari ripetuti TC primari ripetuti TC primari ripetuti TC

Piemonte 22,85 8,57 31,42 23,46 9,06 32,51 2,7 5,7 3,5Valle d'Aosta-Vallé d’Aoste 24,69 5,72 30,41 25,83 7,75 33,58 4,6 35,5 10,4Lombardia 19,59 8,65 28,24 19,30 9,16 28,46 -1,5 5,8 0,8Bolzano-Bozen 17,45 5,92 23,37 17,82 7,19 25,01 2,1 21,5 7,0Trento 18,35 8,82 27,17 18,61 8,98 27,59 1,4 1,8 1,5Veneto 19,81 9,08 28,89 19,97 9,06 29,03 0,8 -0,2 0,5Friuli-Venezia Giulia 17,91 6,02 23,93 16,95 6,98 23,93 -5,4 16,0 0,0Liguria 25,70 9,12 34,82 22,97 9,24 32,22 -10,6 1,3 -7,5Emilia-Romagna 20,18 10,21 30,39 19,82 9,75 29,56 -1,8 -4,5 -2,7Toscana 19,17 6,92 26,09 19,13 7,04 26,17 -0,2 1,7 0,3Umbria 21,92 8,78 30,7 23,15 9,16 32,31 5,6 4,3 5,3Marche 22,79 12,05 34,84 22,89 12,47 35,37 0,5 3,5 1,5Lazio 27,74 13,34 41,08 30,05 14,37 44,42 8,3 7,7 8,1Abruzzo 31,67 11,44 43,11 34,73 12,16 46,88 9,6 6,3 8,8Molise 33,51 15,40 48,91 32,44 17,33 49,77 -3,2 12,5 1,8Campania 38,84 21,11 59,95 38,57 23,29 61,86 -0,7 10,3 3,2Puglia 31,67 16,05 47,72 33,00 17,01 50,00 4,2 6,0 4,8Basilicata 28,46 21,91 50,37 26,97 21,42 48,39 -5,2 -2,2 -3,9Calabria 28,96 14,18 43,14 30,97 15,86 46,83 6,9 11,9 8,6Sicilia 32,94 19,41 52,35 32,91 20,23 53,14 -0,1 4,2 1,5Sardegna 27,86 11,02 38,88 27,15 11,16 38,31 -2,6 1,3 -1,5Italia 25,86 12,46 38,32 26,15 13,15 39,30 1,1 5,5 2,6

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. SDO. Anno 2009.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 209

Raccomandazioni di OsservasaluteLa proporzione italiana di TC pari al 39,3% nel 2006si conferma il valore più elevato a livello europeo(media europea nel 2006: 24,8%) e uno tra i valori piùelevati al mondo con un trend in crescita rispetto al2005 del 2,6%.Questo andamento si evidenzia nella maggior partedelle regioni; le regioni che mostrano le proporzionidi TC totale più elevate hanno anche mediamente unaumento dei TC ripetuti.È necessario, pertanto, continuare a tenere distinti,come suggerisce la letteratura, i TC primari e i TCripetuti nei confronti tra le regioni.La maggior parte dei TC sono primari e se si voglio-no ottenere inversioni di tendenza nell’utilizzo di que-sta procedura è di fondamentale importanza concen-trarsi su questi casi e studiare quali siano i determi-nanti clinici e non.Per questo motivo, come già detto in precedenza,potrebbe essere importante anche fare confronti appli-cando tecniche di risk-adjustment.

Riferimenti bibliografici(1) Progetto Obiettivo Materno Infantile Progetto disponibi-le all’indirizzo:http://www.salute.gov.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=337.(2) http://www.who.int/whosis/en/index.html.(3) La gestione del rischio in medicina. Canestrari FantiniEdizione IPSOA.(4) Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali - Attività di ricovero 2007 - Analisi preliminaredisponibile all’indirizzo:http://www.ministerosalute.it/ricoveriOspedalieri/archivioDocumentiRicoveriOspedalieri.jsp?lingua=italiano&menu=documenti.(5) Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali - Attività di ricovero 2008 - Analisi preliminaredisponibile all’indirizzo:http://www.ministerosalute.it/ricoveriOspedalieri/archivioDocumentiRicoveriOspedalieri.jsp?lingua=italiano&id=1117.

Grafico 2 - Proporzione (per 100) di TC primari e ripetuti sul totale dei PC effettuati per regione - Anno 2006

Fonte dei dati e anno di riferimento: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. SDO. Anno 2009.

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210 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Validità e limiti. Il tasso di mortalità infantile è gene-ralmente considerato un indicatore robusto. Nellepopolazioni più piccole, trattandosi di eventi rari, puòperò presentare ampie fluttuazioni annuali. Per raffor-

zare la validità dei dati sono state calcolate le mediemobili nei trienni 2003-2005 e 2004-2006. Il calcolodella media mobile ha l’obiettivo di eliminare le oscil-lazioni casuali di ogni singola osservazione annuale.

Significato. Il tasso di mortalità infantile, definitocome il numero di morti entro il primo anno di vita,tra i nati vivi in un determinato periodo, viene espres-so come rapporto su 1.000 nati vivi in un anno. Lafonte di riferimento è l’Indagine sulle cause di mortecondotta correntemente dall’Istituto Nazionale diStatistica (Istat). L’Indagine a carattere censuario sibasa sulla raccolta dei dati per mezzo della scheda dimorte (Modello Istat D4, D5 e D4 e D5 bis), la cuicompilazione è a cura del medico certificatore edell’Ufficiale di Stato Civile. Tale indicatore è consi-derato il più idoneo a misurare lo stato di salute di unapopolazione ed è strettamente connesso al grado disviluppo socio-economico del Paese.Il tasso di mortalità infantile rappresenta, inoltre, unindicatore importante, oltre che della salute del bam-bino, anche di quella della madre e della qualità dellecure materno-infantili prestate.Molti fattori biologici, sociali, culturali ed economicisono associati al rischio di mortalità infantile, tra que-sti anche l’organizzazione sanitaria intesa soprattuttocome efficacia dell’intero sistema sanitario.Tra i fattori biologici più importanti sono compresil’età materna, l’ordine di nascita, l’intervallo tra i par-ti successivi, il numero delle nascite, la presentazionefetale al momento del parto e la storia ostetrica dellamadre. Tra i fattori sociali ed economici si includono la legit-timità, le condizioni abitative e il numero di compo-nenti per nucleo familiare, la nutrizione e il livello diistruzione della madre, l’abitudine al fumo durante lagravidanza, l’occupazione del padre e il reddito (1).Molteplici fattori, tuttavia, fra cui l’evoluzione tecno-logica delle modalità di assistenza al parto, ma anchele modalità stesse con cui vengono raccolti i dati, pos-sono alterare la confrontabilità del tasso di mortalitàinfantile come indicatore di salute (2-8).

Molto importante per il monitoraggio dello stato disalute di una popolazione, risulta, anche l’analisi deltasso di mortalità infantile distinta nelle due compo-nenti, mortalità neonatale e post-neonatale; grazie aquesta differenziazione, infatti, è possibile far emer-gere problematiche e, eventualmente, orientare politi-che sanitarie appropriate.Com’è noto, il rischio di morte di un bambino decre-sce rapidamente durante il primo anno di vita. I naticon malformazioni congenite o colpiti da condizionimorbose legate al parto o al puerperio sono general-mente più deboli e, quindi, spesso non riescono asopravvivere.La concentrazione dei decessi si registra, in particola-re, per i Paesi economicamente più sviluppati, in cor-rispondenza del primo mese o della prima settimanadi vita; le cause di decesso, per questo profilo, sonoprevalentemente endogene ossia cause di morte strut-turali o legate a fattori biologici o congeniti, quali lasalute della madre, la presenza di anomalie congenitee l’evoluzione del parto oltre che a fattori legati all’as-sistenza al parto e non esogene, connesse a malattieinfettive o legate alle condizioni ambientali ed igieni-che e con una quota elevata di decessi anche oltre ilprimo mese di vita. Quest’ultima situazione risultaancora peculiare della maggior parte dei Paesi a fortepressione migratoria (Pfpm).In Italia, come nella quasi totalità dei Paesi occidenta-li, la mortalità nel primo anno di vita ha subito negliultimi decenni una flessione consistente raggiungendolivelli al di sotto del 4‰; anche la tendenza mondialeè quella di una generale riduzione, malgrado alcuniPaesi non industrializzati, soprattutto l’Africa Sub-Sahariana e l’Asia centrale, mostrano valori ancorasuperiori a 100 bambini morti nel primo anno di vitaper 1.000 nati vivi.

Mortalità infantile e neonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

S. BRUZZONE, N. MIGNOLLI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 211

Il tasso è calcolato utilizzando al numeratore i deces-si per regione di residenza nel primo anno di vita,desunti dall’Indagine Istat sulle cause di morte, unicafonte disponibile per questo tipo di dati. Tale rileva-zione riguarda, senza distinzione, tutti i decessi che siverificano sul territorio italiano, ma non rileva idecessi di individui residenti in Italia avvenutiall’estero.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esiste unvalore di riferimento per la mortalità infantile e per lesue componenti. Il valore più basso raggiunto in qual-che regione può rappresentare un benchmark per lealtre regioni. Per i confronti si farà spesso riferimentoal valore medio nazionale e si considererà la tendenzao meno alla riduzione del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultatiMortalità infantileNel 2006 il tasso di mortalità infantile nazionale è sta-to di 3,4 morti per 1.000 nati vivi, variando a livelloregionale, da valori minimi inclusi in un intervallocompreso tra 2,3 e 2,8 per 1.000 nati vivi in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Toscana ad unmassimo di 5,5 per 1.000 nati vivi in Calabria.Analizzando i livelli del tasso di mortalità infantileper regione di residenza, negli anni 2003-2006, siosserva, ad ogni modo, come siano le regioni del Sude delle Isole, fatta eccezione per la Sardegna e ilMolise (anche se, per quest’ultimo, con andamentonon costante in tutto il periodo), ad assumere i livellidi mortalità più elevati, mentre quelle del Centro-Nord si attestino su valori più contenuti (Tabella 1). Malgrado, infatti, sia rilevabile un miglioramento perla mortalità infantile in Italia nel suo complesso, conla registrazione di valori del tasso inferiori a quellianche di altri Paesi in Europa (Tabella 2), permango-no ancora importanti differenze territoriali.Le regioni che presentano, per tutto il periodo consi-derato 2003-2006, tassi di mortalità infantile al di sot-to del livello nazionale, compreso tra 3,7 e 3,4 per1.000 nati vivi, assumendo livelli di mortalità in unintervallo compreso tra valori inferiori a 2 e non supe-riori a 3 per 1.000 nati vivi sono: Friuli-VeneziaGiulia (fatta eccezione solo per l’anno 2005),Toscana, Veneto e Marche. Livelli molto contenuti deltasso di mortalità infantile si registrano, con un anda-mento, però, meno costante nel tempo, anche inLiguria, Piemonte e Lombardia. Un trend più oscilla-torio, dovuto all’esigua numerosità dei decessi, si rile-va in Valle d’Aosta, Molise, Umbria e Basilicata. Per

queste regioni, si registrano, in alcuni anni del perio-do considerato, livelli anche notevolmente inferiorialla media nazionale. Le regioni per le quali si regi-stra, invece, un tasso di mortalità infantile costante-mente superiore alla media nazionale sono Calabria,Campania, Sicilia, Puglia, ma anche Abruzzo e Lazio;più vicino quest’ultimo alla media nazionale.A livello nazionale si registra un andamento decre-scente della mortalità infantile, una tendenza generalegià riportata e discussa nelle edizioni precedenti delRapporto Osservasalute (9).Il tasso di mortalità infantile passa, infatti, da 3,7 a 3,4per 1.000 nati vivi tra il 2003 e il 2006 (Grafico 1;Tabelle 1 e 2).

Mortalità NeonataleAnalizzando la mortalità neonatale, nel primo mese divita, si registra per il 2006 un tasso, a livello naziona-le, pari a 2,5 per 1.000 nati vivi. Il campo di variazio-ne è compreso tra i valori minimi del Friuli-VeneziaGiulia, Lombardia e Toscana (rispettivamente 1,8, 1,8e 2,2 per 1.000 nati vivi) e quelli più elevati diCampania e Calabria (rispettivamente 3,1 e 3,7 per1.000 nati vivi).L’andamento della mortalità neonatale assume carat-teristiche analoghe a quelle della mortalità infantile.Nel periodo 2003-2006 le regioni che assumonocostantemente livelli molto inferiori alla media nazio-nale sono: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna eMolise, anche se quest’ultimo a causa dell’esiguonumero di decessi assume livelli più oscillanti neltempo. Anche la Toscana (fatta eccezione per il 2004)e il Friuli-Venezia Giulia (ad esclusione del 2005) pre-sentano livelli di mortalità neonatale inferiori a quellidella media nazionale. Un trend più oscillatorio siregistra in Valle d’Aosta, Umbria e Basilicata.Anche per la mortalità neonatale le regioni per le qua-li si registrano livelli del tasso più elevati di quellorilevato per l’Italia nel suo complesso sono: Calabria,Campania, Sicilia, Puglia, ma anche, Abruzzo eLazio. Anche in questo caso, come per il tasso di mortalitàinfantile, confrontando i tassi di mortalità neonatalenegli anni del periodo 2003-2006, si osserva che iltasso di mortalità neonatale a livello nazionale si èridotto, passando da 2,7 a 2,5 per 1.000 nati vivi;anche per le regioni del Sud, malgrado si registrinonella maggior parte dei casi livelli della mortalità neo-natale più elevati della media nazionale, si riscontra-no guadagni significativi (Grafico 2; Tabelle 1 e 2).

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212 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Tabella 1 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2003-2006

Tassi di mortalità infantile Tassi di mortalità neonataleRegioni

2003 2004 2005 2006 2003 2004 2005 2006

Piemonte 3,4 2,6 2,9 3,5 2,5 2,0 2,2 2,8Valle d'Aosta-Vallée d’Aoste 6,1 2,5 3,9 0,8 3,5 1,7 3,9 0,8Lombardia 3,4 2,8 3,3 2,6 2,2 2,0 2,2 1,8Trentino-Alto Adige 3,7 3,5 3,1 3,6 3,0 2,2 2,4 2,8Bolzano-Bozen 3,6 3,5 3,6 4,4 3,2 2,2 2,6 3,4Trento 3,8 3,5 2,4 2,9 2,8 2,2 2,1 2,1Veneto 2,8 2,7 2,8 2,8 1,9 1,9 1,8 2,3Friuli-Venezia Giulia 2,4 1,8 3,7 2,4 1,8 1,4 3,0 1,8Liguria 3,3 2,7 2,6 3,2 2,7 2,4 2,1 2,6Emilia-Romagna 3,2 3,7 3,5 3,2 2,3 2,6 2,6 2,2Toscana 2,4 3,7 2,6 2,9 1,7 2,7 1,9 2,2Umbria 4,4 3,3 3,1 3,0 3,4 2,1 2,5 1,4Marche 3,0 2,5 3,1 3,4 2,5 1,8 2,2 2,2Lazio 3,9 3,8 4,2 3,9 2,9 2,9 3,2 3,0Abruzzo 3,4 4,7 3,4 3,9 2,6 3,9 2,7 3,0Molise 2,7 4,3 2,0 2,1 2,3 2,0 1,2 1,6Campania 4,0 4,6 4,3 4,2 2,9 3,5 3,2 3,1Puglia 4,9 5,1 4,6 4,1 3,3 3,7 3,3 2,7Basilicata 3,8 4,5 4,7 3,5 3,0 3,0 2,9 2,4Calabria 5,2 5,4 5,4 5,5 4,0 4,1 3,9 3,7Sicilia 5,1 4,9 5,1 4,1 3,8 3,7 3,8 2,8Sardegna 3,1 3,6 2,6 3,2 2,4 1,9 1,7 2,3Italia 3,7 3,7 3,7 3,4 2,7 2,7 2,7 2,5

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle cause di morte. Anno 2009 - Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

Grafico 1 - Tassi di mortalità infantile (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2003-2006

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle cause di morte. Anno 2009 - Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 213

Grafico 2 - Tassi di mortalità neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Anni 2003-2006

Fonte dei dati e anno di riferimento: Istat. Indagine sulle cause di morte. Anno 2009 - Istat. Health For All-Italia. Anno 2008.

Confronto internazionaleCome registrato in Italia, una tendenza alla diminuzio-ne della mortalità infantile e neonatale si rileva anchein Europa, seppur in modo meno accentuato e con bat-tute di arresto e oscillazioni dovute, soprattutto, ai tas-si registrati per i Paesi entrati a far parte dell’UnioneEuropea dopo l’allargamento avvenuto nel 2004 e nel2007 (13).Per il 2006, dato più recente disponibile per l’Italia, maanche per gli anni precedenti (Tabella 2), emergonoforti divergenze tra i diversi Paesi e soprattutto unanetta separazione tra Europa orientale e occidentale.Nello specifico, Romania e Bulgaria, entratenell’Unione solo di recente (2007), registrano tassi dimortalità infantile ancora decisamente troppo elevati epari nel 2006, rispettivamente al 13,9 e al 9,7 per 1.000nati vivi. Seguono, in ordine decrescente, Lettonia,Lituania, Slovacchia e Polonia con valori della morta-lità infantile che superano la media europea (EU27 4,2per 1.000 nati vivi) e compresi tra 13,9 e 6,0 per 1.000nati vivi. È importante osservare, comunque, che mal-grado i tassi di mortalità infantile siano ancora moltoelevati e superiori alla media europea, si registra, perquasi tutti i Paesi dell’Europa orientale entrati a far

parte di recente dell’Unione Europea, una più rapidadiminuzione dei tassi in termini di variazioni percen-tuali, rispetto ai Paesi per i quali il tasso aveva già rag-giunto livelli più contenuti. Si registrano, comunque, tassi più elevati per la morta-lità infantile del dato medio EU27 in Romania,Bulgaria, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Polonia eUngheria. Il Liechtenstein, il Regno Unito, la Svizzera,i Paesi Bassi e l’Estonia con un tasso compreso tra il4,4 e 5,5 per 1.000 nati vivi, si collocano subito al disotto del valore medio europeo, mentre l’Italia, con untasso pari a 3,4 per 1.000 nati vivi, si attesta su unlivello simile a quello di Paesi come Norvegia,Repubblica Ceca, Portogallo, Slovenia, Austria eMalta.Finlandia, Svezia ed altri Paesi EFTA (European FreeTrade Associationsi) collocano tra le prime posizioniin graduatoria, con tassi di mortalità infantile moltocontenuti, inferiori alla media dei Paesi europei di cir-ca il 40% e più bassi del 3 per 1.000 nati vivi. Perquanto concerne la mortalità neonatale, l’andamento èmolto simile a quello descritto per la mortalità infanti-le con situazioni di eccellenza nei Paesi dell’Europasettentrionale e meno favorevoli nell’Europa orientale.

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214 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2009

Raccomandazioni di OsservasaluteConsiderando gli anni 2003-2006, è possibile osserva-re come la mortalità infantile media nazionale si siaulteriormente ridotta passando da 3,7 a 3,4 per 1.000nati vivi. Anche la mortalità neonatale è passata da 2,7a 2,5 per 1.000 nati vivi. I determinanti della mortali-tà infantile e neonatale in Italia sono stati esplorati giàdalla fine degli anni Ottanta (1, 3, 10-12) con studiecologici e analitici. I risultati di questi studi suggeriscono come, data lariduzione eclatante dell’indicatore negli ultimi 15anni, rimanga da rivalutare negli anni più recenti qua-li determinanti siano ancora rilevanti; occorre perciòprogettare nuovi studi analitici per indagare le diffe-renze tuttora presenti fra Nord e Sud del Paese. Solocosì si potranno fornire agli amministratori, gestori edoperatori sanitari le indicazioni necessarie per orienta-re al meglio le politiche sanitarie.

Riferimenti bibliografici(1) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century ofinfant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig 1994;6 (4-6): 487-499.(2) Kochanek KD, Martin JA. Supplemental analyses ofrecent trends in infant mortality. Int J Health Serv 2005; 35:101-15.(3) Fiscella K. Does prenatal care improve birth outcomes?A critical review. Obstet Gynecol 1995; 85: 468-79.(4) Martin JA, Park MM. Trends in twin and triplet births:1980-97. Natl Vital Stat Rep 1999; 47: 1-16.(5) Reynolds MA, Schieve LA, Martin JA, et al. Trends inmultiple births conceived using assisted reproductivetechnology, United States, 1997-2000. Pediatrics 2003; 111:1.159-66.(6) Tucker J, Mcguire W. Epidemiology of preterm birth,Paeditr Perinat Epidemiol 2001; 15 (supp l, 2): 3-6.(7) Mcdorman MF, Martin JA, Mathews TJ, et al.Explaining the 2001-2002 infant mortality increase: datafrom the linked birth/infant death data set. Natl Vital Stat2005; 53: 1-22.(8) Gisselmann MD. Education, infant mortality, low birthweight in Sweden 1973-1990: emergence of the low birthweight paradox. Scand J Public Health 2005, 33: 65-71.(9) Rapporto Osservasalute 2005. Stato di salute e qualitàdell’assistenza nelle regioni italiane; MP Fantini et al.Salute materno infantile, 187-206.(10) Lemma P, Costa G, Demarca M, et al. Social differen-ces in infant mortality in a longitudinal Turin Study. Epidem

Tabella 2 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) nei Paesi europei - Anni 2003-2006

Tassi di mortalità infantile Tassi di mortalità neonatalePaesi Europei

2003 2004 2005 2006 2003 2004 2005 2006

EU27 4,7 4,5 4,3 4,2 n.d. n.d. n.d. n.d.EU25 5,3 5,1 4,9 4,7 n.d. n.d. n.d. n.d.Austria 4,5 4,5 4,2 3,6 3,1 3,1 2,9 2,5Belgio 4,1 3,8 3,7 4,0 n.d. n.d. n.d. n.d.Bulgaria 12,3 11,6 10,4 9,7 6,8 6,6 6,2 5,4Cipro 4,1 3,5 4,6 3,1 2,2 1,6 3,3 2,2Repubblica Ceca 3,9 3,7 3,4 3,3 2,4 2,3 2 2,3Germania 4,2 4,1 3,9 3,8 2,7 2,7 2,5 2,6Danimarca 4,4 4,4 4,4 3,8 3,2 3,4 3,3 3,2Estonia 7,0 6,4 5,4 4,4 4,0 n.d. n.d. 2,7Spagna 3,9 4,0 3,8 3,8 2,5 2,6 2,4 n.d.Finlandia 3,1 3,3 3,0 2,8 2,1 2,4 2,1 0,0Francia 4,2 4,0 3,8 3,8 2,8 2,7 2,5 2,5Grecia 4,0 4,1 3,8 3,7 2,7 2,6 2,6 2,5Ungheria 7,3 6,6 6,2 5,7 4,7 4,4 4,1 3,7Irlanda 5,1 4,8 4,0 3,7 3,8 3,5 2,9 2,6Italia 3,7 3,7 3,6 3,4 2,7 2,7 2,6 2,5Lituania 6,7 7,9 6,8 6,8 3,7 4,8 4,1 3,9Lussemburgo 4,9 3,9 2,6 2,5 2,6 2,2 1,5 1,5Lettonia 9,4 9,4 7,8 7,6 5,7 5,7 5,6 4,7Malta 5,7 5,9 6,0 3,6 n.d. 4,4 4,4 2,3Paesi Bassi 4,8 4,4 4,9 4,4 3,6 3,4 3,7 3,3Polonia 7,0 6,8 6,4 6,0 5,0 4,9 4,5 4,3Portogallo 4,1 3,8 3,5 3,3 2,7 2,6 2,2 2,1Romania 16,7 16,8 15,0 13,9 8,8 9,5 8,5 7,7Svezia 3,1 3,1 2,4 2,8 2,2 2,2 1,5 1,8Slovenia 4,0 3,7 4,1 3,4 3,1 2,5 3,0 2,5Slovacchia 7,9 6,8 7,2 6,6 4,5 3,9 4,1 3,5Regno Unito 5,3 5,0 5,1 4,9 n.d. 3,4 n.d. n.d.EFTA - European Free TradeAssociation (CH, IS, LI, NO) 3,9 3,8 3,7 3,8 n.d. n.d. n.d. n.d.Svizzera 4,3 4,2 4,2 4,4 3,3 3,2 3,2 3,4Islanda 2,4 2,8 2,3 1,4 1,9 1,4 1,6 0,9Liechtenstein 2,9 2,7 2,6 5,5 n.d. n.d. n.d. n.d.Norvegia 3,4 3,2 3,1 3,2 n.d. 1,9 1,8 2,0

n.d. = non disponibile.

Fonte dei dati e anno di riferimento: Eurostat Data Base (ultimo aggiornamento 25/10/2009).

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 215

Prev 1992; 14: 50-5.(11) Parazzini F, Pirotta N, La Vecchia C, et al.Determinants of perinatal and infant mortality in Italy. RevEpidemiol, Sante Public 1992; 40: 15-24.(12) Bruzzone S. Mortalità infantile e neonatale: fonti stati-stiche e indicatori, e Tendenze della mortalità infantile eneonatale, totale e per alcune cause, Periodo 1969-2002, In

Comportamenti riproduttivi ed esiti sfavorevoli delle gravi-danze, La Sardegna come caso paradigmatico. Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza” - Dipartimento diScienze Demografiche, 2006 - A cura di Caselli G, Loghi M,Pierannunzio D; 17-24, 119-133.(13) Istat. Indicatori per conoscere e valutare. Anni 2005-2007. Fuori collana, 2008.

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242 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere

l’organizzazione territoriale della rete dei punti nasci-

ta, secondo quanto previsto dal DM 24 aprile 2000,

“Adozione del Progetto Obiettivo Materno-Infantile

(POMI) relativo al Piano Sanitario Nazionale per il

triennio 1998-2000”. In particolare, per quanto riguar-

da il percorso nascita, l’offerta dei servizi ospedalieri,

ostetrici e pediatrici/neonatologici, non può prescin-

dere da un’organizzazione a rete su base regionale o

interregionale articolata in 3 livelli, con differenti

caratteristiche strutturali e competenze professionali,

in modo da garantire la massima corrispondenza tra

necessità assistenziali della singola persona ed appro-

priatezza ed efficacia delle cure erogate. Fra gli stan-

dard di qualità, che caratterizzano i 3 livelli delle uni-

tà operative ostetriche, riveste carattere fondamentale

la numerosità di parti annui effettuati: almeno 500

parti per i punti nascita di I livello, almeno 800 parti

per quelli di II livello ed almeno 1.000 parti annui per

quelli di III livello.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse i

x 100

Denominatore Totale parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4.

Classe 1 = meno di 500 parti, Classe 2 = da 500 a 799 parti, Classe 3 = da 800 a 999 parti, Classe 4 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto di

uno solo dei molteplici standard qualitativi individuati

dal POMI per caratterizzare i 3 livelli della rete di offer-

ta dei servizi ostetrici ospedalieri, anche se il rispetto di

tale standard si configura come requisito fondamentale.

La fonte utilizzata per il calcolo dell’indicatore è il

Certificato Di Assistenza al Parto (CeDAP). Esso for-

nisce informazioni di carattere sanitario, epidemiologi-

co e socio-demografico attraverso la rilevazione degli

eventi di nascita, di nati-mortalità e di nati affetti da

malformazioni. Tali dati risultano rilevanti ai fini della

sanità pubblica e necessari per la programmazione

sanitaria nazionale e regionale. A livello nazionale, i

criteri generali sono dettati dal Ministero della Salute

con DM 16 luglio 2001 e le modalità di attuazione sono

indicate dalla Circolare ministeriale n. 15 del 19 dicem-

bre 2001 del Ministero della Salute.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-

rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-

to territoriale occorre considerare la diversa ampiezza

regionale, nonché la notevole variabilità di densità abi-

tativa ed orografica che impone un’organizzazione

diversificata dei servizi.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmente

diversificata sul territorio. Nel 2008, oltre il 9% dei par-

ti sono avvenuti in punti nascita con volume di attività

inferiore ai 500 parti annui, volume ritenuto non soddi-

sfacente a garantire uno standard qualitativo accettabile

neanche per i punti nascita di I livello. Nell’analisi di

tale fenomeno, non considerando realtà regionali parti-

colari come la Valle d’Aosta e le Province Autonome di

Trento e Bolzano, si evidenzia un netto gradiente Nord-

Sud. Infatti, nell’area meridionale del Paese, si registra-

no percentuali nettamente superiori alla media naziona-

le con punte del 26,56% in Sardegna e del 26,22% in

Sicilia. Occorre precisare che nelle regioni meridionali,

soprattutto in Campania ed in Sicilia, i punti nascita

sono per lo più dislocati in Case di cura private accredi-

tate che hanno, generalmente, una dimensione inferiore

rispetto alle strutture gestite direttamente dal Servizio

Sanitario Nazionale.

R. UGENTI, C. TAMBURINI, M. DI CESARE, R. BOLDRINI

Page 109: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 243

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno 2008

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di assistenza al parto. Anno 2008.

Raccomandazioni di OsservasaluteIl POMI definisce i requisiti organizzativi, gli standard

qualitativi e le competenze professionali necessari a

garantire la massima corrispondenza tra fabbisogni assi-

stenziali della puerpera, del feto e del neonato e

l’appropriatezza e l’efficacia delle cure erogate. La clas-

sificazione delle cure perinatali ospedaliere, in funzione

dei livelli di rischio perinatale, prevede, tra gli standard

minimi delle unità di I livello, un numero di parti annui

non inferiore a 500.

Le indicazioni derivanti dalla composizione percentuale

dei parti secondo la classe di ampiezza dei punti nasci-

Tabella 1 - Parti effettuati (valori assoluti e percentuali) nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione -Anno 2008

Classi di ampiezzaRegioni <500 500-799 800-999 1.000+ Totale

N % N % N % N % N %

Piemonte 0 0,00 2.456 6,78 2.788 7,70 30.984 85,53 36.228 100,00

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.230 100,00 1.230 100,00

Lombardia 3.122 3,17 13.289 13,51 7.314 7,43 74.667 75,89 98.392 100,00

Bolzano-Bozen 1.353 24,60 1.287 23,40 0 0,00 2.860 52,00 5.500 100,00Trento 1.466 28,82 0 0,00 1.885 37,06 1.736 34,13 5.087 100,00Veneto 0 0,00 536 1,12 4.738 9,92 42.495 88,96 47.769 100,00

Friuli Venezia Giulia 363 3,51 2.510 24,29 1.860 18,00 5.601 54,20 10.334 100,00

Liguria 2.112 17,97 1.768 15,04 818 6,96 7.058 60,04 11.756 100,00

Emilia-Romagna 714 1,73 1.463 3,54 935 2,26 38.188 92,46 41.300 100,00

Toscana 1.582 4,82 2.468 7,52 2.641 8,05 26.112 79,60 32.803 100,00

Umbria 801 9,23 1.902 21,92 0 0,00 5.974 68,85 8.677 100,00

Marche 1.008 7,06 3.999 28,01 4.289 30,04 4.983 34,90 14.279 100,00

Lazio 3.755 6,88 10.679 19,58 3.695 6,77 36.410 66,76 54.539 100,00

Abruzzo 1.680 15,51 2.495 23,03 2.937 27,11 3.722 34,35 10.834 100,00

Molise 809 35,27 510 22,23 975 42,50 0 0,00 2.294 100,00

Campania 9.282 15,54 10.508 17,59 9.225 15,44 30.732 51,44 59.747 100,00

Puglia 4.106 11,73 5.749 16,42 5.210 14,88 19.943 56,97 35.008 100,00

Basilicata 1.098 27,18 687 17,00 806 19,95 1.449 35,87 4.040 100,00

Calabria 2.224 20,46 2.076 19,10 970 8,93 5.598 51,51 10.868 100,00

Sicilia 10.805 26,22 8.544 20,74 3.604 8,75 18.251 44,29 41.204 100,00

Sardegna 3.323 26,56 3.118 24,92 902 7,21 5.170 41,32 12.513 100,00

Italia 49.603 9,11 76.044 13,97 55.592 10,21 363.163 66,71 544.402 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2008.

Page 110: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

244 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

ta, possono essere di ausilio per la programmazione dei

servizi di assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica

e di supporto negli interventi di razionalizzazione della

rete di offerta dei punti nascita (ottimizzazione del

numero, riduzione di quelli in cui si verificano meno di

500 parti annui, incremento della qualità complessiva

degli altri punti nascita) con conseguenti positive rica-

dute sul contenimento della spesa sanitaria.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della salute - Certificato di assistenza al parto(CEDAP) - Analisi dell’evento nascita. Anno 2007.Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/servizio/sezSis.jsp?label=cedap.(2) Decreto Ministero della salute 24.4.2000: Adozione delprogetto obiettivo materno-infantile relativo al "Piano sani-tario nazionale per il triennio 1998-2000". Disponibile sulsito:http://www.salute.gov.it/saluteDonna/paginaInternaMenuSaluteDonna.jsp?id=955&menu=nascita.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 245

Parti con Taglio Cesareo

Significato. Il ricorso alla pratica del Taglio Cesareo

(TC) ha raggiunto livelli allarmanti, sia per il numero di

interventi effettuati e sia per la variabilità rilevata tra le

diverse regioni eD aziende sanitarie. Sulla base di que-

ste considerazioni, il Sistema Nazionale per le Linee

Guida dell’Istituto Superiore di Sanità (SNLG-ISS) ha

sviluppato una Linea Guida sul TC, con l’obiettivo di

migliorare la comunicazione tra le donne e gli operato-

ri sanitari e favorire scelte consapevoli e condivise sul

parto. La Linea Guida è stata pubblicata nel Gennaio

2010 (1). È prevista, per la fine del 2010, la pubblica-

zione di un secondo documento che prenderà in esame

le indicazioni al TC elettivo, l’appropriatezza di proce-

dure diagnostiche e manovre impiegate nella pratica

clinica corrente. La riduzione del numero di TC rimane

tra gli obiettivi individuati dal Documento preliminare

informativo sui contenuti del nuovo Piano Sanitario

Nazionale (PSN) 2010-2012 (2).

Proporzione di parti cesarei totali

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti cesarei primari

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371) esclusi i precedenti cesarei (cod. diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti cesarei ripetuti

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e cod. diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei è

registrata con buona precisione. Come già discusso

ampiamente nelle edizioni precedenti, per poter con-

frontare strutture o regioni attraverso questo indicato-

re è necessario considerare una possibile diversa

distribuzione dei fattori di rischio, tra cui la presenza

di un precedente parto cesareo. Nel presente lavoro

viene discussa la proporzione, sia a livello nazionale

che regionale, di parti cesarei primari e parti cesarei in

donne in cui è stato eseguito un precedente cesareo.

Per l’individuazione del precedente TC viene utilizza-

to il codice ICD-9-CM di diagnosi secondaria 654.2

riportato nella Scheda di Dimissione Ospedaliera

(SDO) della madre al momento del parto.

Un limite della valutazione del contributo dei cesarei

primari e dei cesarei ripetuti sul totale dei parti cesa-

rei e degli eventi nascita, può essere rappresentato

dalla qualità di codifica delle SDO nelle varie regioni.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto qua-

le sia la proporzione di TC corrispondente alla quali-

tà ottimale delle cure, ma si ritiene che, in situazioni

di sovra-utilizzazione, proporzioni più basse di TC

rappresentino una migliore qualità dell’assistenza.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rac-

comanda, come valore ideale, una proporzione del

15% (3). Nel PSN 2006-2008 veniva indicato, come

valore di riferimento, il 20% (4). La proporzione di

TC in Italia supera di molto la soglia raccomandata

dall’OMS e rappresenta la più alta proporzione di par-

ti cesarei tra gli Stati membri dell’Organizzazione per

la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)

(media OCSE: 25,7% nel 2007), superata solo dal

Messico (39,9%) (5).

Descrizione dei risultatiLa proporzione nazionale di TC sul totale dei parti è,

nel 2008, del 39,19%, registrando una lieve riduzione

(-0,25%) rispetto al 2007. Come riportato nella Tabella

1 e nel Grafico 1, si continua a rilevare una spiccata

variabilità su base interregionale, con valori tendenzial-

mente più bassi nell’Italia settentrionale e più alti nel

Meridione: si va dal 23,64% in Friuli Venezia Giulia al

61,96% in Campania. La leggera riduzione della pro-

porzione totale dei TC è legata ad una riduzione della

proporzione di TC primari che si associa, però, ad un

aumento dei TC ripetuti. Solo in 4 regioni (PA di

Trento, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Basilicata) si

registra una riduzione parallela sia delle proporzioni di

TC primari che di TC ripetuti.

I risultati osservati ribadiscono l’importanza della

proporzione di TC primari come indicatore da moni-

G. PIERI, E. CARRETTA, L. DALLOLIO, V. DI GREGORI, A. SFERRAZZA, M. P. FANTINI

Page 112: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

246 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

torare dal momento che, ad un TC primario, con una

probabilità molto elevata seguirà un TC ripetuto (6).

Questo dato sembra confermato dall’andamento del-

la proporzione di TC ripetuti, in costante aumento

dal 2005. La variabilità rilevata tra le diverse regioni,

come più volte riportato in questo Rapporto, potrebbe

dipendere da comportamenti clinici-assistenziali non

appropriati, riconducibili a molteplici fattori indipen-

denti dalle condizioni di necessità clinica: carenze

strutturali ed organizzative, aspetti culturali, scarsa

dimestichezza del personale sanitario nel gestire la

fisiologia del parto e pratica medica difensiva.

Tabella 1 - Proporzione (per 100) di TC primari, ripetuti e totali e variazioni percentuali, per regione - Anni2007-2008

2007 2008 ∆∆ %Regioni TC TC Totale TC TC Totale TC TC Totale

primari ripetuti TC primari ripetuti TC primari ripetuti TC

Piemonte 22,52 10,15 32,67 21,96 10,61 32,57 -2,48 4,49 -0,31

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 25,58 8,42 34,00 24,90 8,49 33,39 -2,68 0,85 -1,80

Lombardia 18,99 9,34 28,33 18,87 9,61 28,48 -0,62 2,90 0,54

Bolzano-Bozen 17,38 6,82 24,20 19,56 7,34 26,90 12,53 7,60 11,14Trento 18,59 9,40 27,99 16,54 8,82 25,36 -11,02 -6,18 -9,40Veneto 19,34 9,55 28,88 18,58 9,83 28,41 -3,93 2,96 -1,65

Friuli Venezia Giulia 17,49 7,02 24,51 16,69 6,95 23,64 -4,58 -0,97 -3,54

Liguria 24,28 9,79 34,06 27,63 9,77 37,41 13,82 -0,15 9,81

Emilia-Romagna 19,69 10,28 29,97 18,52 10,31 28,83 -5,97 0,34 -3,80

Toscana 19,40 7,86 27,26 18,83 7,65 26,48 -2,95 -2,68 -2,87

Umbria 21,30 10,62 31,92 21,50 10,23 31,73 0,96 -3,71 -0,59

Marche 22,31 13,13 35,44 22,17 13,26 35,42 -0,66 0,97 -0,05

Lazio 29,28 14,96 44,24 29,62 15,70 45,32 1,15 4,95 2,44

Abruzzo 33,83 11,59 45,42 31,69 13,14 44,84 -6,33 13,46 -1,28

Molise 32,79 16,97 49,75 28,42 19,34 47,76 -13,31 13,97 -4,01

Campania 37,14 24,79 61,93 34,03 27,94 61,96 -8,39 12,67 0,04

Puglia 32,76 17,64 50,41 31,44 18,74 50,18 -4,03 6,21 -0,45

Basilicata 28,90 21,05 49,95 28,10 20,71 48,80 -2,77 -1,62 -2,29

Calabria 31,79 15,07 46,86 31,91 16,24 48,15 0,38 7,78 2,76

Sicilia 31,75 21,12 52,88 31,44 21,84 53,27 -0,99 3,37 0,75

Sardegna 27,35 11,79 39,14 25,94 12,38 38,32 -5,15 4,96 -2,10

Italia 25,60 13,69 39,29 24,83 14,37 39,19 -3,03 4,95 -0,25

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2010.

Grafico 1 - Proporzione (per 100) di TC primari e ripetuti sul totale dei parti effettuati per regione - Anno 2008

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2010.

Page 113: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 247

Raccomandazioni di OsservasaluteL’indicatore più frequentemente utilizzato, per la

valutazione dei servizi ostetrici, è la proporzione tota-

le di parti cesarei. Nel 2008, la proporzione italiana di

TC totali, è pari al 39,19%, mostrando una certa ten-

denza alla stabilizzazione o alla riduzione nella mag-

gior parte delle regioni. Tale tendenza è legata ad una

riduzione della proporzione di TC primari accompa-

gnata, però, da un aumento della proporzione di TC

ripetuti. Poiché ad un TC primario seguirà, con una

probabilità molto elevata, un TC ripetuto, nonostante

dal 2007 al 2008 si osservi una riduzione nel numero

di TC primari, la proporzione di TC ripetuti è ancora

in aumento, mentre il numero complessivo di TC è in

via di stabilizzazione.

Continua ad essere importante, pertanto, tenere distin-

ti i 2 indicatori (TC primari e TC ripetuti) nei confron-

ti tra regioni e concentrarsi sull’individuazione dei

determinanti, clinici e non clinici, dei TC primari.

Riferimenti bibliografici(1) Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG-ISS).

Linea Guida 19. Taglio cesareo: una scelta appropriata e

consapevole. Disponibile all’indirizzo: http://www.snlg-

iss.it/lgn_taglio_cesareo_assistenza_donne (visitato il 27-

07-2010).

(2) Ministero della Salute. Comunicazione del Ministro del-

la Salute alla Conferenza Stato- Regioni del 29 aprile 2010.

Documento preliminare informativo sui contenuti del nuovo

Piano sanitario nazionale 2010-2012. Disponibile all’indi-

rizzo:http://www.salute.gov.it/pubblicazioni/ppRisult

atiPSN.jsp (visitato il 27-07-2010).

(3) WHO - World Health Organization. Appropriate techno-

logy for birth. Lancet 1985; 2: 436-7.

(4) Ministero della Salute. Piano Sanitario Nazionale 2006-

2008. Disponibile all’indirizzo:

http://www.salute.gov.it/pubblicazioni/ppRisultatiPSN.jsp

(visitato il 27-07-2010).

(5) OECD (2009), "Caesarean sections", in OECD, Health

at a Glance 2009: OECD Indicators, OECD Publishing.

(6) Meikle SF, Steiner CA, Zhang J, Lawrence WL. A

national estimate of the elective primary caesarean delivery

rate. Obstet Gynecol 2005; 105: 751-756.

Page 114: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

248 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete di

assistenza intensiva neonatale a livello delle Unità

funzionali neonatologiche, secondo le indicazioni del

DM 24 aprile 2000, “Adozione del Progetto Obiettivo

Materno-Infantile (POMI) relativo al Piano Sanitario

Nazionale per il triennio 1998-2000”. In particolare,

per quanto riguarda il percorso nascita, le Unità fun-

zionali neonatologiche di III livello sono quelle depu-

tate ad assistere neonati fisiologici e patologici, ivi

inclusi quelli bisognosi di terapia intensiva.

Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di

1.000 nati/anno nella struttura (Inborn) e la presenza

di una Unità operativa di neonatologia con Unità

Operativa di Terapia Intensiva Neonatale autonoma

(UOTIN). Ogni UOTIN dovrebbe essere attivata per

un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Numeratore Unità Operativa di Terapia Intensiva NeonataleClasse i

x 100

Denominatore Totale di Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3.

Classe 1 = meno di 800 parti, Classe 2 = da 800 a 999 parti, Classe 3 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-

l’indicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto

(CeDAP). Esso fornisce informazioni di carattere

sanitario, epidemiologico e socio-demografico attra-

verso la rilevazione degli eventi di nascita, di nati-

mortalità e di nati affetti da malformazioni. Tali dati

risultano rilevanti ai fini della Sanità Pubblica e

necessari per la programmazione sanitaria nazionale e

regionale. A livello nazionale, i criteri generali, sono

dettati dal Ministero della Salute con DM 16 luglio

2001 e le modalità di attuazione sono indicate dalla

Circolare ministeriale n. 15 del 19 dicembre 2001 del

Ministero della Salute.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono

riferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-

fronto territoriale occorre considerare la diversa

ampiezza regionale, nonché la notevole variabilità di

densità abitativa ed orografica che impone

un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiUna UOTIN è presente in 125 dei 551 punti nascita

analizzati; solo 100 delle UOTIN sono collocate in

punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti

annui. Delle restanti 25 UOTIN, 15, pari al 12%, sono

collocate in punti nascita con meno di 800 parti annui.

Ciò determina, da un lato la possibilità che neonati ad

alto rischio di vita ricevano un’assistenza qualitativa-

mente non adeguata e, dall’altro, un impiego non

appropriato di risorse specialistiche e tecnologiche.

Dall’analisi dei dati CeDAP, infatti, si è rilevato che,

l’11,6% dei parti fortemente pre-termine (con meno di

32 settimane di gestazione), avviene in punti nascita

con meno di 1.000 parti annui e che l’1,7% avviene in

strutture con meno di 500 parti annui e prive di

UOTIN e Unità di neonatologia.

R. UGENTI, C. TAMBURINI, M. DI CESARE, R. BOLDRINI

Page 115: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 249

Grafico 1 - Percentuale dei punti nascita con UOTIN per regione e classe di ampiezza - Anno 2008

Fonti dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-

ture sanitarie. Anno 2008.

Tabella 1 - Punti nascita con UOTIN (valori assoluti e percentuali) per regione e classe di ampiezza - Anno 2008

Classi di ampiezzaRegioni <800 800-999 1.000+ Totale

N % N % N % N %

Piemonte 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00

Lombardia 0 0,00 0 0,00 15 100,00 15 100,00

Bolzano-Bozen 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Trento 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Veneto 0 0,00 1 9,09 10 90,91 11 100,00

Friuli Venezia Giulia - - - - - - - -

Liguria 4 57,14 0 0,00 3 42,86 7 100,00

Emilia-Romagna 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Toscana 1 20,00 0 0,00 4 80,00 5 100,00

Umbria 0 0,00 0 0,00 2 100,00 2 100,00

Marche 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Lazio 1 7,69 1 7,69 11 84,62 13 100,00

Abruzzo 1 25,00 1 25,00 2 50,00 4 100,00

Molise 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00

Campania 3 18,75 3 18,75 10 62,50 16 100,00

Puglia 0 0,00 1 11,11 8 88,89 9 100,00

Basilicata 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00

Calabria 0 0,00 1 25,00 3 75,00 4 100,00

Sicilia 5 31,25 1 6,25 10 62,50 16 100,00

Sardegna 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Italia 15 12,00 10 8,00 100 80,00 125 100,00

- = l’attività di terapia intensiva neonatale afferisce alla struttura operativa complessa di Neonatologia.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-

ture sanitarie. Anno 2008.

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250 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Raccomandazioni di OsservasaluteLe Unità funzionali perinatali di III livello assistono gra-

vidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologici, ivi

inclusi quelli che necessitano di terapia intensiva. La

presenza di UOTIN all’interno delle strutture dove han-

no luogo almeno 1.000 parti annui è, pertanto, uno degli

standard qualitativi individuati dal POMI.

L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, in

relazione alle classi di ampiezza dei punti nascita ed uni-

tamente alla distribuzione dei punti nascita per classi di

ampiezza, consente di evidenziare ambiti di potenziale

inappropriatezza organizzativa e/o di rischio per la sicu-

rezza della madre e del neonato.

Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonati for-

temente pre-termine è determinante per la sopravviven-

za e la futura qualità di vita del bambino, la presenza di

UOTIN deve essere correlata anche all’età gestazionale

in modo da evidenziare, in particolare, la percentuale

dei parti fortemente pre-termine che hanno luogo in

strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale. Si ricor-

da, che tale indicatore è tra quelli raccomandati dal pro-

getto Euro-PERISTAT ai fini del monitoraggio della

salute perinatale a livello europeo.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della salute - Certificato di assistenza al parto(CEDAP) - Analisi dell’evento nascita. Anno 2007.Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/servizio/sezSis.jsp?label=cedap.(2) Decreto Ministero della salute 24.4.2000: Adozione delprogetto obiettivo materno-infantile relativo al "Piano sani-tario nazionale per il triennio 1998-2000". Disponibile sulsito:http://www.salute.gov.it/saluteDonna/paginaInternaMenuSaluteDonna.jsp?id=955&menu=nascita.(3) European Commission Health Monitoring Programme:Evaluate PERISTAT project. Disponibile sul sito:http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2000/monitoring/fp_monitoring_2000_exs_07_en.pdf.

Page 117: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 251

Validità e limiti. La fonte di riferimento, per il nume-

ratore, è l’indagine sulle cause di morte condotta cor-

rentemente dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat).

L’indagine, a carattere esaustivo censuario, si basa

sulla raccolta dei dati per mezzo della scheda di mor-

te (modelli Istat D.4, D.5 e D.4 e D.5 bis), la cui com-

pilazione è a cura del medico certificatore e

dell’Ufficiale di Stato Civile. Per quanto concerne il

numero di nati vivi residenti, al denominatore la fon-

te di riferimento è la Rilevazione individuale degli

iscritti in anagrafe per nascita (modello Istat P.4), atti-

vata a partire dal 1 gennaio 1999 e condotta corrente-

mente dall’Istat.

I tassi di mortalità infantile e neonatale sono, general-

mente, considerati indicatori molto robusti anche se,

nelle popolazioni numericamente più esigue, si posso-

no presentare ampie fluttuazioni annuali. Per questa

ragione sono stati calcolati, nella presente edizione

del Rapporto Osservasalute, tassi di mortalità infanti-

le e neonatale su base biennale, 2004-2005 e 2006-

Significato. Il tasso di mortalità infantile e quello

neonatale rappresentano indicatori molto importanti

per il monitoraggio della salute del bambino, della

madre e della qualità delle cure materno-infantili pre-

state. Molti fattori biologici, sociali, culturali ed eco-

nomici sono associati al rischio di mortalità infantile e

neonatale. Tra essi, rientra l’efficacia dell’intero siste-

ma socio-assistenziale. I fattori biologici più impor-

tanti comprendono l’età materna, l’ordine di nascita,

l’intervallo tra i parti successivi, il numero delle

nascite, la presentazione fetale al momento del parto e

la storia ostetrica della madre.

I fattori sociali ed economici includono la legittimità, le

condizioni abitative ed il numero di componenti per

nucleo familiare, la nutrizione ed il livello di istruzione

della madre, l’abitudine al fumo durante la gravidanza,

l’occupazione del padre ed il reddito (1). Molteplici fat-

tori, tuttavia, quali l’evoluzione tecnologica delle

modalità di assistenza al parto e le modalità con cui

vengono raccolti i dati, possono alterare le possibilità di

confronto tra i tassi come indicatori di salute (2-8).

I tassi di mortalità infantile e neonatale sono calcola-

ti in riferimento alla popolazione residente rapportan-

do, rispettivamente, il numero di morti entro il primo

anno ed entro il primo mese di vita tra i nati vivi in

un determinato periodo e vengono espressi come rap-

porto su 1.000 nati vivi in 1 anno. Tali indicatori,

come detto in precedenza, sono considerati i più ido-

nei a misurare lo stato di salute di una popolazione e

sono strettamente connessi al grado di sviluppo

socio-economico del Paese. L’analisi della mortalità

infantile distinta nelle 2 componenti, mortalità neo-

natale e post-neonatale, è in grado di orientare in

modo adeguato le politiche sanitarie. Com’è noto, il

rischio di morte di un bambino decresce rapidamente

durante il primo anno di vita. I nati con malformazio-

ni congenite o colpiti da condizioni morbose legate al

parto o al puerperio sono, generalmente, più deboli e,

quindi, spesso non riescono a sopravvivere. Il mag-

gior numero di decessi, nei Paesi economicamente

più sviluppati, si registra in corrispondenza del primo

mese o della prima settimana di vita. Le cause di

decesso, per questo profilo, sono, prevalentemente,

endogene (cause di morte strutturali o legate a fattori

biologici o congeniti, quali la salute della madre, la

presenza di anomalie congenite, l’evoluzione del par-

to o fattori legati all’assistenza al parto) ed esogene,

ovvero connesse a malattie infettive o legate alle con-

dizioni ambientali ed igieniche che si presentano con

una quota elevata di decessi anche oltre il primo mese

di vita. Quest’ultima situazione, risulta ancora pecu-

liare nella maggior parte dei Paesi a forte pressione

migratoria.

In Italia, come nella quasi totalità dei Paesi occidenta-

li, la mortalità nel primo anno di vita ha subito, negli

ultimi decenni, una flessione consistente raggiungen-

do livelli al di sotto del 4‰; anche la tendenza mon-

diale è quella di una generale riduzione, malgrado

alcuni Paesi non industrializzati, soprattutto l’Africa

sub-sahariana e l’Asia centrale, dove si registrano

valori ancora superiori a 100 bambini morti nel primo

anno di vita per 1.000 nati vivi (17).

Mortalità infantile e neonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 anno

x 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giorni

x 1.000

Denominatore Nati vivi

S. BRUZZONE, N. MIGNOLLI, M. P. FANTINI, L. DALLOLIO

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252 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

2007. La rilevazione Istat sulle cause di morte, fonte

dalla quale vengono desunti gli eventi al numeratore dei

tassi, riguarda, senza distinzione, tutti i decessi che si

verificano sul territorio, ma non rileva i decessi di indi-

vidui residenti in Italia avvenuti all’estero.

Per analizzare le differenze territoriali nella mortalità

infantile e neonatale, infine, sono stati calcolati specifi-

ci indicatori sintetici quali il Rischio Relativo (RR) e la

Frazione Attribuibile (FA). I RR, in corrispondenza dei

quali sono stati calcolati gli Intervalli di Confidenza al

95%, sono costruiti confrontando ciascuno dei tassi per

le ripartizioni territoriali. La frazione attribuibile costi-

tuisce, invece, la misura di rischio dove il Centro ed il

Mezzogiorno rappresentano il gruppo degli “esposti” ed

il Nord il gruppo dei “non esposti”.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esiste un

valore di riferimento per la mortalità infantile e per le

sue componenti. Il valore più basso raggiunto in qual-

che regione può rappresentare un “benchmark” per le

altre. Per i confronti si utilizza spesso il riferimento al

valore medio nazionale e si considera la tendenza o

meno alla riduzione del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultatiMortalità infantileNel 2007, il tasso di mortalità infantile nazionale, è

stato di 3,3 morti per 1.000 nati vivi variando, a livel-

lo regionale, da valori minimi inclusi in un intervallo

compreso tra 1,3 e 2,6 per 1.000 nati vivi nella PA di

Trento, in Friuli Venezia Giulia ed in Toscana ad un

massimo di 4,9 per 1.000 nati vivi in Calabria. Anche

in Basilicata il tasso di mortalità infantile ha subito,

nel 2007, una drastica diminuzione. In questo caso ed

in quello di altre regioni occorre valutare con cautela

tale risultato, viste le forti oscillazioni dei tassi regi-

strate nel periodo 2004-2007 e l’esiguo numero di

decessi verificatisi annualmente. Per tale ragione sono

stati calcolati tassi di mortalità infantile e neonatale su

base biennale, 2004-2005 e 2006-2007.

Analizzando l’andamento del tasso di mortalità infan-

tile per regione di residenza per l’intero periodo 2004-

2007, si osserva come siano le regioni del Sud e le

Isole, fatta eccezione per la Sardegna, il Molise e la

Basilicata (anche se, con andamento non costante, in

tutto il periodo), ad assumere i livelli di mortalità più

elevati, mentre quelle del Centro-Nord si attestano su

valori più contenuti, ad eccezione di Lazio, Liguria e

PA di Bolzano (Tabella 2).

In particolare, analizzando nel dettaglio i tassi regi-

strati dalle singole regioni nei 2 bienni 2004-2005 e

2006-2007, le regioni che presentano tassi di mortali-

tà infantile inferiori a 3,0 per 1.000 nati vivi, ovvero

ampiamente al di sotto del livello nazionale (rispetti-

vamente 3,7 e 3,4 per 1.000 nati vivi nei 2 bienni),

sono: Friuli Venezia Giulia, Toscana, PA di Trento,

Veneto e Piemonte. Livelli molto contenuti si regi-

strano, con andamento, però, meno costante nel tem-

po, anche in Liguria ed in Lombardia, mentre un trend

più oscillatorio, dovuto all’esigua numerosità dei

decessi, si rileva in Valle d’Aosta, Molise, Umbria e

Basilicata. In queste regioni, infatti, per alcuni anni

del periodo considerato, si registrano livelli del tasso

anche notevolmente inferiori alla media nazionale. Un

tasso di mortalità infantile costantemente superiore

alla media nazionale si registra, invece, in Calabria,

Campania, Sicilia, Puglia, Abruzzo, Lazio ed, infine,

nella PA di Bolzano che presenta un andamento in

controtendenza, per tutto il periodo, rispetto alle altre

regioni del Nord. Una possibile spiegazione potrebbe

essere la consistente presenza di cittadini stranieri

residenti nel territorio della provincia.

Alla luce di quanto descritto, quindi, malgrado sia

rilevabile un miglioramento della mortalità infantile

nel suo complesso, con valori del tasso inferiori a

quelli di diversi Paesi europei (Tabelle 2 e 3), perman-

gono ancora importanti differenze territoriali.

A livello nazionale, come precedentemente accennato

e come riportato e discusso anche nelle edizioni pre-

cedenti del Rapporto Osservasalute (9), si registra un

andamento decrescente del tasso di mortalità infantile

che passa da 3,7 per 1.000 nati vivi del 2004 a 3,3 per

1.000 nati vivi del 2007 (Grafico 1; Tabelle 1, 2 e 3).

Mortalità NeonataleAnalizzando la mortalità neonatale a livello nazionale

si registra, per il 2007, un tasso pari a 2,4 per 1.000 nati

vivi. Il campo di variazione è compreso tra i valori

minimi del Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta,

Molise, Marche, Umbria, Lombardia e Veneto (com-

presi tra 1,2 e 2,0 per 1.000 nati vivi) e quelli più ele-

vati della Sicilia, Abruzzo e Calabria (rispettivamente

3,1, 3,3 e 3,3 per 1.000 nati vivi). Nel 2007 devono

essere segnalati, inoltre, valori particolarmente anoma-

li per la Basilicata e per le PA di Trento e Bolzano per

le quali si registrano forti oscillazioni rispetto agli anni

precedenti. Anche per la mortalità neonatale e per le

motivazioni esposte in precedenza, i livelli registrati

per la PA di Bolzano risultano in controtendenza, per

tutto il periodo, rispetto alle altre regioni del Nord.

L’andamento della mortalità neonatale assume caratte-

ristiche analoghe a quelle della mortalità infantile. Nel

periodo 2004-2007 le regioni che assumono costante-

mente livelli molto inferiori alla media nazionale sono:

Veneto, Lombardia, Marche, Sardegna e Molise,

anche se quest’ultima, a causa dell’esiguo numero di

decessi, assume livelli più oscillanti nel tempo. Anche

la Toscana ed il Friuli Venezia Giulia presentano livel-

li di mortalità neonatale inferiori a quelli della media

nazionale. Un trend più irregolare, sempre per motivi

legati all’esigua numerosità degli eventi, si registra in

Valle d’Aosta, Umbria e Basilicata. Le regioni per le

quali si registrano livelli del tasso più elevati di quel-

lo nazionale sono: Calabria, Abruzzo, Campania,

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 253

Sicilia, Puglia e Liguria.

Anche in questo caso, come per il tasso di mortalità

infantile, confrontando i tassi di mortalità neonatale

nel periodo 2004-2007, si osserva che il tasso naziona-

le si è ridotto, passando da 2,7 a 2,4 per 1.000 nati vivi

e che, anche nelle regioni del Sud, malgrado si regi-

strano nella maggior parte dei casi livelli di mortalità

neonatale più elevati della media nazionale, si riscon-

trano guadagni significativi (Grafico 2; Tabelle 1 e 2).

Le disuguaglianze nella mortalità infantile e neonatale Dagli anni Novanta ad oggi sono stati fatti, a livello

europeo, importanti passi avanti sul tema dell’equità

in campo sanitario. L’Italia viene elencata tra i Paesi

in cui il fenomeno delle disuguaglianze è molto poco

monitorato; un maggior controllo è, invece, ricono-

sciuto a Danimarca, Lituania e Polonia ed un ottimo

controllo ad Irlanda ed Inghilterra (15).

Nonostante i miglioramenti nell’andamento del tasso

di mortalità infantile evidenziati nell’ultimo decennio,

permangono differenze tra le diverse regioni, con un

forte svantaggio per quelle meridionali. Le disparità

tra Nord, Centro e Mezzogiorno sono state riportate

nella Tabella 3, espresse in termini di RR e FA negli

esposti. È stata fatta questa scelta in quanto, come

recentemente suggerito da alcuni Autori, tali misure

epidemiologiche sono le migliori per esprimere le

disuguaglianze in salute nei Paesi economicamente

più avanzati (16).

In particolare, l’analisi dei tassi di mortalità infantile

e neonatale per il quinquennio 2003-2007, mostra

come i tassi siano più alti al Mezzogiorno rispetto al

Centro, al Nord ed alla media nazionale.

Per quanto riguarda il calcolo dei RR della mortalità

infantile e neonatale, questi risultano essere significa-

tivamente più elevati al Mezzogiorno rispetto al Nord,

rispettivamente di 1,46 volte (IC 95% 1,40-1,53) e di

1,47 volte (IC 95% 1,40-1,55).

Dal calcolo della FA risulta, infine, che almeno il

31,65% della mortalità infantile ed il 32,06% della neo-

natale è attribuibile al fatto di essere nati nel

Mezzogiorno piuttosto che al Nord.

Tabella 1 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) in Italia - Anni 2004-2007

Tassi 2004 2005 2006 2007

Mortalità infantile 3,7 3,6 3,4 3,3

Mortalità neonatale 2,7 2,6 2,5 2,4

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente - Anni 2004-2007. Elaborazioni Anno

2010.

Tabella 2 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Bienni 2004-2005, 2006-2007

Mortalità infantile Mortalità neonataleRegioni 2004-2005 2006-2007 2004-2005 2006-2007

Piemonte 2,7 3,1 2,1 2,4

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 3,0 2,0 2,6 1,2

Lombardia 3,0 2,8 2,0 1,9

Trentino-Alto Adige 3,3 3,2 2,3 2,6

Bolzano-Bozen 3,6 4,3 2,4 3,6Trento 3,0 2,1 2,2 1,4Veneto 2,8 2,9 1,8 2,1

Friuli Venezia Giulia 2,7 1,9 2,1 1,5

Liguria 2,7 3,4 2,3 2,8

Emilia-Romagna 3,6 2,9 2,6 2,2

Toscana 3,1 2,7 2,3 2,1

Umbria 3,2 2,9 2,3 1,7

Marche 2,8 3,0 2,0 2,0

Lazio 3,9 3,7 3,0 2,6

Abruzzo 4,0 4,2 3,3 3,2

Molise 3,2 2,4 1,6 1,6

Campania 4,4 4,1 3,3 3,0

Puglia 4,8 4,0 3,5 2,7

Basilicata 4,6 1,8 2,9 1,2

Calabria 5,4 5,1 4,0 3,5

Sicilia 4,9 4,2 3,8 3,0

Sardegna 3,1 3,1 1,8 2,3

Italia 3,7 3,4 2,7 2,4

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2004-2007. Elaborazioni Anno 2010.

Page 120: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

254 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Grafico 1 - Tassi di mortalità infantile (per 1.000 nati vivi) per regione - Bienni 2004-2005, 2006-2007

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente - Anni 2004-2007. Elaborazioni Anno 2010.

Grafico 2 - Tassi di mortalità neonatale (per 1.000 nati vivi) per regione - Bienni 2004-2005, 2006-2007

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente - Anni 2004-2007. Elaborazioni Anno 2010.

Tabella 3 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi), RR e FA, per macroarea - Anni 2003-2007

Mortalità infantile Mortalità neonataleMacroaree Tassi RRa IC (95%) FAb Tassi RRa IC (95%) FAb

Nord 2,98 1 2,15 1

Centro 3,37 1,13 1,07-1,20 11,57 2,48 1,15 1,08-1,23 13,31

Mezzogiorno (Sud e Isole) 4,37 1,46 1,40-1,53 31,81 3,16 1,47 1,40-1,55 31,96

Italia 3,56 2,58

aI RR, in corrispondenza dei quali sono stati calcolati gli Intervalli di Confidenza al 95%, sono costruiti confrontando ciascuno dei tassi per le

ripartizioni territoriali Centro e Mezzogiorno con quelli del Nord.bLa FA è la misura di rischio dove il Centro ed il Mezzogiorno rappresentano il gruppo degli “esposti” ed il Nord il gruppo dei “non esposti”.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente - Anni 2004-2007. Elaborazioni Anno

2010.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 255

Confronto internazionaleLa tendenza alla diminuzione della mortalità infantile

e neonatale si rileva, in Europa, con battute di arresto

ed oscillazioni dovute, soprattutto, ai tassi registrati

per i Paesi entrati a far parte dell’Unione Europea

(UE) dopo l’allargamento avvenuto nel 2004 e nel

2007 (13, 14).

Nel 2007, dato più recente disponibile per l’Italia

(Tabella 4), sono confermate le forti divergenze esi-

stenti tra i diversi Paesi e soprattutto la netta separa-

zione tra Europa orientale ed occidentale. Nello speci-

fico, Romania e Bulgaria, entrate nell’UE solo di

recente (2007), registrano tassi di mortalità infantile

ancora troppo elevati e pari, rispettivamente, a 12,0 ed

a 9,2 per 1.000 nati vivi. Malgrado i tassi di mortalità

infantile siano ancora così elevati e superiori alla

media europea, è importante osservare come per qua-

si tutti i Paesi dell’Europa orientale entrati a far parte

di recente dell’UE, si sia avuta una più rapida diminu-

zione dei tassi rispetto ai Paesi per i quali il tasso ave-

va già raggiunto livelli più contenuti.

Sempre nel 2007, Romania, Bulgaria, Lettonia, Malta,

Slovacchia, Polonia, Lituania ed Ungheria, registrano,

per la mortalità infantile, i tassi più elevati in Europa

con valori compresi tra 12,0 e 5,9 per 1.000 nati vivi.

Includendo anche alcuni Paesi appartenenti al gruppo

European Free Trade Association (EFTA), sono

Liechtenstein, Lussemburgo, Islanda, Svezia,

Finlandia, Slovenia, Repubblica Ceca, Irlanda e

Norvegia a collocarsi tra le prime posizioni in gradua-

toria, con tassi di mortalità infantile molto contenuti ed

al di sotto del 3,2 per 1.000 nati vivi. Per quanto con-

cerne la mortalità neonatale l’andamento è molto simi-

le a quello descritto per la mortalità infantile con situa-

zioni di eccellenza nei Paesi dell’Europa settentriona-

le e meno favorevoli in quelli dell’Europa orientale.

Tabella 4 - Tassi di mortalità infantile e neonatale (per 1.000 nati vivi) nei Paesi europei - Anni 2004-2007

Mortalità infantile Mortalità neonatalePaesi europei 2004 2005 2006 2007 2004 2005 2006 2007

UE-27 4,5 4,3 4,2 n.d. n.d. n.d n.d. n.d.UE-25 5,1 4,9 4,7 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.Austria 4,5 4,2 3,6 3,7 3,1 2,9 2,5 2,5

Belgio 3,8 3,7 4,0 4,0 n.d. n.d. n.d. 2,5

Bulgaria 11,6 10,4 9,7 9,2 6,6 6,2 5,4 4,9

Cipro 3,5 4,6 3,1 3,7 1,6 3,3 2,2 2,1

Repubblica Ceca 3,7 3,4 3,3 3,1 2,3 2,0 2,3 2,1

Germania 4,1 3,9 3,8 3,9 2,7 2,5 2,6 2,7

Danimarca 4,4 4,4 3,8 4,0 3,4 3,3 3,2 3,0

Estonia 6,4 5,4 4,4 5,0 n.d. n.d. 2,7 2,9

Spagna 4,0 3,8 3,8 3,7 2,6 2,4 n.d. n.d.

Finlandia 3,3 3,0 2,8 2,7 2,4 2,1 2,0 1,9

Francia 4,0 3,8 3,8 3,8 2,7 2,5 2,5 n.d.

Grecia 4,1 3,8 3,7 3,5 2,6 2,6 2,5 2,3

Ungheria 6,6 6,2 5,7 5,9 4,4 4,1 3,7 3,9

Irlanda 4,8 4,0 3,7 3,1 3,5 2,9 2,6 2,1

Italia 3,7 3,7 3,4 3,3 2,7 2,7 2,5 2,4Lituania 7,9 6,8 6,8 5,9 4,8 4,1 3,9 3,3

Lussemburgo 3,9 2,6 2,5 1,8 2,2 1,5 1,5 1,3

Lettonia 9,4 7,8 7,6 8,7 5,7 5,6 4,7 5,7

Malta 5,9 6,0 3,6 6,5 4,4 4,4 2,3 5,2

Paesi Bassi 4,4 4,9 4,4 4,1 3,4 3,7 3,3 n.d.

Polonia 6,8 6,4 6,0 6,0 4,9 4,5 4,3 4,3

Portogallo 3,8 3,5 3,3 3,4 2,6 2,2 2,1 2,1

Romania 16,8 15,0 13,9 12,0 9,5 8,5 7,7 6,9

Svezia 3,1 2,4 2,8 2,5 2,2 1,5 1,8 1,7

Slovenia 3,7 4,1 3,4 2,8 2,5 3,0 2,5 2,0

Slovacchia 6,8 7,2 6,6 6,1 3,9 4,1 3,5 3,4

Regno Unito 5,0 5,1 4,9 4,8 3,4 n.d. n.d. n.d.

EFTA - European Free Trade 3,8 3,7 3,8 3,5 n.d. n.d. n.d. n.d.Association (CH, IS, LI, NO)Svizzera 4,2 4,2 4,4 3,9 3,2 3,2 3,4 3,1

Islanda 2,8 2,3 1,4 2,0 1,4 1,6 0,9 1,3

Liechtenstein 2,7 2,6 5,5 0,0 n.d. n.d. n.d. n.d.

Norvegia 3,2 3,1 3,2 3,1 1,9 1,8 2,0 1,8

n.d. = non disponibile.

Fonte dei dati: Eurostat Database (ultimo aggiornamento 1 luglio 2010) - Istat. Indagine sulle cause di morte. Anno 2010.

Page 122: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

256 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Raccomandazioni di OsservasaluteConsiderando gli anni 2004-2007 è possibile osserva-

re come la mortalità infantile media nazionale e la

mortalità neonatale si siano ridotte passando, rispetti-

vamente, da 3,7 a 3,3 per 1.000 nati vivi e da 2,7 a 2,4

per 1.000 nati vivi.

I determinanti della mortalità infantile e neonatale

sono stati esplorati già dalla fine degli anni Ottanta (1,

3, 10-12) con studi ecologici e analitici. I risultati di

questi studi suggeriscono come, data la riduzione

eclatante dell’indicatore negli ultimi 17-15 anni,

rimanga da rivalutare, negli anni più recenti, quali

determinanti siano ancora rilevanti; occorre, perciò,

progettare nuovi studi analitici per indagare le diffe-

renze tuttora presenti fra Nord e Sud ed analizzare i

determinati sulla base di tali diseguaglianze. Solo così

si potranno fornire agli amministratori, gestori ed ope-

ratori sanitari le indicazioni necessarie per orientare al

meglio le politiche sanitarie.

Riferimenti bibliografici(1) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century ofinfant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig 1994;6 (4-6): 487-499.(2) Kochanek KD, Martin JA. Supplemental analyses ofrecent trends in infant mortality. Int J Health Serv 2005; 35:101-15.(3) Fiscella K. Does prenatal care improve birth outcomes?A critical review. Obstet Gynecol 1995; 85: 468-79.(4) Martin JA, Park MM. Trends in twin and triplet births:1980-97. Natl Vital Stat Rep 1999; 47: 1-16.(5) Reynolds MA, Schieve LA, Martin JA, et al. Trends inmultiple births conceived using assisted reproductivetechnology, United States, 1997-2000. Pediatrics 2003; 111:1.159-66.

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Page 123: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 257

Procreazione Medicalmente Assistita

Significato. Il Registro Nazionale Italiano della

Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) raccoglie

i dati di tutti i centri che applicano tecniche di fecon-

dazione assistita di I, II e III livello. Con tecniche di I

livello ci si riferisce all’Inseminazione Semplice, con

II e III livello si fa riferimento, invece, oltre che all’in-

seminazione semplice anche alle tecniche di feconda-

zione in vitro più complesse quali: il trasferimento

intratubarico dei gameti (GIFT), usata soltanto in

pochissimi casi, la fertilizzazione in vitro con trasferi-

mento degli embrioni (FIVET), la fecondazione con

iniezione nel citoplasma dell’ovocita di un singolo

spermatozoo (ICSI), il trasferimento di embrioni crio-

conservati (FER), il trasferimento di embrioni ottenuti

da ovociti crioconservati (FO), la crioconservazione

degli embrioni e degli ovociti e tutte le tecniche chirur-

giche di prelievo degli spermatozoi.

I centri di II e III livello si distinguono tra di loro sol-

tanto per il tipo di anestesia somministrata e per alcu-

ne differenze nelle tecniche di prelievo chirurgico

degli spermatozoi, mentre, dal punto di vista della let-

tura dei risultati, vengono considerati un unico gruppo.

Per descrivere il fenomeno della PMA sono stati pro-

posti 4 indicatori.

Un indicatore che, relativamente all’applicazione del-

le tecniche, definisce il quadro dell’offerta e della

domanda nel Paese; uno che definisce la performance,

in termini di efficacia, raggiunta dai centri che offro-

no tecniche di fecondazione assistita operanti nel ter-

ritorio; un altro che fornisce indicazioni sulla sicurez-

za delle tecniche applicate ed, infine, un indicatore

che definisce l’efficienza del sistema di rilevazione

dei dati.

Il primo indicatore, che aiuta a definire le dimensioni

del fenomeno, è dato dal numero di cicli a fresco ini-

ziati (tecniche FIVET e ICSI) per milione di abitanti.

Questo indicatore descrive la relazione tra domanda

ed offerta, relativamente all’applicazione delle tecni-

che nel territorio. Al denominatore viene considerata

la popolazione residente perché questo indicatore,

generalmente usato dal registro europeo, permette di

operare i necessari confronti. Inoltre, la distribuzione

regionale dell’indicatore fornisce informazioni sulla

ricettività delle varie regioni.

Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso di gra-

vidanze ottenute dopo la PMA e può essere espresso

rispetto a 3 diversi momenti del ciclo di fecondazione

assistita: all’inizio del ciclo, quindi al momento in cui

alla paziente vengono somministrati farmaci per la sti-

molazione ovarica, al momento del prelievo, cioè

quando si procede all’aspirazione degli ovociti ed al

momento del trasferimento in utero degli embrioni

formati. Chiaramente, le probabilità di ottenere una

gravidanza al momento del trasferimento embrionale,

è maggiore di quella calcolata all’inizio del ciclo. Si è

deciso di fornire il tasso di gravidanze rispetto al

numero di cicli iniziati limitatamente alle tecniche a

fresco, in modo da quantificare le probabilità di otte-

nere una gravidanza per una paziente all’inizio della

terapia di riproduzione assistita.

Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli,

cioè quelli che danno alla luce 2 o più neonati. Questo

tasso può essere utilizzato per descrivere il livello di

sicurezza delle tecniche applicate. Un parto gemellare

o trigemino aumenta i rischi per la paziente e per il

neonato. Ridurre al minimo la percentuale di parti

multipli incide, pertanto, su un fattore di rischio per la

salute di entrambi.

Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-

la percentuale di gravidanze perse al follow-up.

Questo indicatore fornisce un’informazione relativa al

sistema di monitoraggio e raccolta dati dei centri dove

si applicano le tecniche di fecondazione assistita. È un

indicatore di accuratezza e di qualità della raccolta

dati operata dai centri e del monitoraggio del lavoro e

dei risultati ottenuti dal centro stesso. È importante

sottolineare che, nella composizione di questo indica-

tore, assume un ruolo importante anche la disponibili-

tà di personale all’interno delle strutture. In molti cen-

tri, infatti, la carenza di personale costituisce un osta-

colo all’ottenimento di livelli ottimali del monitorag-

gio delle gravidanze ottenute.

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, P. D’ALOJA, S. BOLLI, J. M. MAYORGA, S. FIACCAVENTO, R. SPOLETINI

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

x 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)

x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

Page 124: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

258 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Tasso di parti multipli

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche a fresco di II e III livello

x 100

Denominatore Parti totali ottenuti dall’applicazione di tecniche a fresco di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esito

x 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi

indicatori vengono raccolti dall’Istituto Superiore di

Sanità e, nello specifico, dal Registro Nazionale

Italiano della PMA. Le unità di rilevazione sono rap-

presentate dai centri che applicano le tecniche di

fecondazione assistita, autorizzati dalle Regioni ed

iscritti al registro nazionale. A partire dalla raccolta

dati relativa all’attività del 2006, la copertura dell’in-

dagine è totale e tutti i trattamenti di riproduzione

assistita, effettuati in 1 anno, vengono registrati e

monitorati nella raccolta dati. Ogni anno, sui dati rac-

colti, vengono eseguiti una serie di controlli di con-

gruenza e di validazione. Le procedure di validazione

vengono eseguite attraverso controlli verticali che

approfondiscono l’esattezza dei dati quando questi

appaiono fuori scala rispetto alle medie regionali e

nazionali ed attraverso controlli orizzontali che ven-

gono realizzati sulla premessa che i dati comunicati da

ogni centro, debbano essere quantitativamente para-

gonabili da un anno all’altro. Uno dei limiti di questi

indicatori è dato dal fatto che, i dati comunicati al

Registro Nazionale Italiano, vengono raccolti in for-

ma aggregata: in questo modo diventa più complicato

collegare gli esiti delle terapie ad alcune caratteristi-

che delle coppie di pazienti. La probabilità di riuscita

di un ciclo di fecondazione assistita è legato al tipo ed

al grado di infertilità della coppia. Utilizzando una

raccolta dati basata su singolo ciclo risulterebbe più

semplice ed immediato giungere a considerazioni

riguardo l’effetto delle differenze, relative alla dia-

gnosi di infertilità, esistenti tra i pazienti. Per quanto

riguarda il terzo indicatore, cioè il tasso di parti mul-

tipli, esiste il problema della perdita di informazioni

relativamente agli esiti delle gravidanze. Per le tecni-

che di II e III livello, ottenute dall’applicazione di

metodiche a fresco e da scongelamento, la percentua-

le di gravidanze perse al follow-up sul totale di quelle

conseguite, è del 12,6%. Di queste gravidanze, che

ammontano a 1.180, non si conosce, però, l’esito.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-

fronto dei 4 indicatori presentati fanno riferimento ad

altri Paesi europei in cui l’attività di fecondazione

assistita è assimilabile a quella italiana. Inoltre,

potranno essere presi in considerazione anche i valori

medi europei presentati, ogni anno, dallo EuropeanIVF Monitoring (EIM) che è il sistema di raccolta ed

analisi dei dati del registro europeo a cui l’Italia par-

tecipa. I dati disponibili sono riferiti all’anno 2006.

Bisogna considerare che, per i primi 2 indicatori, il

trend mostrato è in continua evoluzione, mentre per il

terzo la tendenza è in diminuzione.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazione

di tecniche a fresco di II e III livello (FIVET e ICSI).

Quando ci si riferisce ai parti multipli ed alle gravidan-

ze perse al follow-up, cioè al terzo ed al quarto indica-

tore, si prendono in considerazione anche le gravidan-

ze ottenute con la tecnica GIFT e con le tecniche di

scongelamento di embrioni e di ovociti (FER e FO).

La scelta di considerare il tasso di gravidanze soltanto

per le tecniche a fresco, è determinata dal fatto che è

impossibile stabilire un riferimento temporale per le

tecniche di scongelamento. Gli embrioni e/o gli ovoci-

ti scongelati potrebbero essere stati crioconservati in

anni precedenti, utilizzando protocolli di fertilizzazio-

ne e di crioconservazione diversi da quelli usati attual-

mente. Inoltre, la Legge n. 40/2004, che regola

l’attività di fecondazione assistita nel nostro Paese, ha

introdotto l’impossibilità di crioconservare embrioni

(modifica alla Legge n. 40 dalla sentenza della Corte

Costituzionale del Maggio 2009). Il congelamento di

ovociti è una tecnica che trova scarsa applicazione

negli altri Paesi ed anche da noi dove viene applicata

soltanto in alcuni centri. Tutto ciò, rende chiaramente

difficile operare confronti e paragoni.

I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-

rimento all’attività del 2008, ovvero a tutti i cicli ini-

ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nel

periodo compreso tra il 1 gennaio 2008 ed il 31

dicembre 2008.

I centri che, nell’anno 2008, hanno svolto attività nel

territorio nazionale sono 354. Di questi, 147 sono di I

livello (Inseminazione Semplice) e 207 di II e III

livello (GIFT, FIVET, ICSI ed altre tecniche), ma sol-

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 259

tanto 297 hanno, effettivamente, effettuato tecniche

su pazienti. Nei restanti 57 centri, per motivi di varia

natura, non si è svolta attività.

Mediante l’applicazione di tutte le tecniche sono state

trattate 59.174 coppie di pazienti ed iniziati 79.125

cicli di trattamento. Le gravidanze ottenute sono state

12.767 ed è stato possibile monitorarne l’evoluzione

di 10.825. In 2.506 gravidanze si è registrato un esito

negativo, mentre 8.319 sono arrivate al parto ed i

bambini nati vivi sono stati 10.212.

Nel nostro Paese, ogni 1.000 nati vivi, 17,7 nascono

da gravidanze ottenute con l’applicazione di procedu-

re di fecondazione assistita.

In particolare, per ciò che riguarda la tecnica di

Inseminazione Semplice, le coppie trattate sono state

19.032 ed iniziati 31.268 cicli di trattamento. Le gra-

vidanze ottenute sono state 3.414, di cui 2.652 moni-

torate. Si è avuta, quindi, una perdita di informazione

pari al 22,3%. I nati vivi sono stati 2.357. Il tasso di

gravidanza, rispetto ai cicli iniziati, è pari al 10,9%,

mentre rispetto alle inseminazioni effettuate (esclu-

dendo i cicli sospesi) è pari al 12,0%.

Sono state trattate con tecniche a fresco di II e III

livello 36.782 coppie di pazienti ed iniziati 44.037

trattamenti (Tabella 1). I cicli giunti alla fase del pre-

lievo sono stati 39.462 ed i trasferimenti di embrioni

eseguiti sono stati 34.179. Le gravidanze ottenute, con

l’applicazione delle tecniche a fresco, sono state

8.847. Il tasso di gravidanza, rispetto ai cicli iniziati, è

pari al 20,1%, rispetto ai prelievi effettuati è del

22,4%, mentre rispetto ai trasferimenti eseguiti risulta

pari al 25,9%.

Con tecniche da scongelamento sono state trattate

3.360 coppie di pazienti ed iniziati 3.792 cicli di scon-

gelamento di ovociti o di embrioni. Le gravidanze

ottenute sono state 506. Per quanto riguarda la tecni-

ca di scongelamento di ovociti (FO), il tasso di gravi-

danza rispetto agli scongelamenti effettuati, è pari al

12,2%, mentre rispetto ai trasferimenti eseguiti è del

15,1%. Per la tecnica di scongelamento di embrioni

(FER) il tasso di gravidanze è pari al 20,5% se rappor-

tato agli scongelamenti effettuati mentre, se rapporta-

to ai trasferimenti eseguiti, è pari al 22,1%.

In totale per tutte le tecniche di II e III livello sia a fre-

sco che da scongelamento si sono registrate 1.180 gra-

vidanze perse al follow-up che rappresentano il 12,6%

del totale delle gravidanze ottenute. Il numero di nati

vivi, grazie all’applicazione di queste tecniche, è pari

a 7.855.

Nel Cartogramma è rappresentato il numero di cicli

iniziati con l’applicazione di tecniche a fresco per

milione di abitanti. A livello nazionale sono stati

effettuati, nell’anno 2008, 736 cicli per milione di abi-

tanti. Tale valore appare costantemente in crescita.

Nei 3 anni precedenti, infatti, era pari a 674 nel 2007,

624 nel 2006 e 568 nel 2005.

Anche se, come si è visto, la domanda di fecondazio-

ne assistita presenta un trend in continua crescita,

l’accessibilità alle tecniche risulta ancora decisamen-

te più bassa se commisurata a quella relativa ad altri

Paesi europei.

Come è possibile osservare, la distribuzione dell’indi-

catore a livello regionale, assume carattere particolar-

mente eterogeneo. Alcune regioni assumono un ruolo

accentratore rispetto alle zone territoriali circostanti; è

il caso della Lombardia e dell’Emilia-Romagna nel

Nord, del Lazio e della Toscana nel Centro e della

Sicilia e della Campania nel Meridione.

Questo indicatore è fortemente condizionato dalla

numerosità della popolazione residente nelle varie

regioni. Per questo, ad esempio, la Provincia

Autonoma di Bolzano fa registrare un valore partico-

larmente elevato dell’indicatore anche in presenza di

un numero di cicli iniziati abbastanza modesto.

Nella Tabella 1 è mostrata la distribuzione per regio-

ne del tasso di gravidanze rispetto ai cicli iniziati con

le tecniche a fresco FIVET ed ICSI. La scelta di uti-

lizzare, nella costruzione dell’indicatore il numero di

cicli iniziati al denominatore, è dettata dall’esigenza

di fornire la probabilità di ottenere una gravidanza al

momento di ingresso nel centro, ovvero al principio

della terapia di fecondazione assistita somministrata.

Calcolando il tasso di gravidanze rispetto ai prelievi o

ai trasferimenti, vengono valutate le possibilità di suc-

cesso delle terapie in momenti diversi, ma soltanto

quando la paziente si trova in fasi avanzate del ciclo

di fecondazione assistita.

Nella Tabella 1 è mostrato anche il numero di proce-

dure iniziate, in ogni regione, in modo da definire la

base di calcolo degli indicatori.

Il tasso di gravidanza standardizzato restituisce il

valore del tasso grezzo, correggendo le differenze che

esistono tra una regione ed un’altra, relativamente alla

distribuzione dei cicli iniziati secondo l’età delle

pazienti stratificate in classi.

Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-

ziate, le differenze più marcate, tra il tasso grezzo ed

il tasso standardizzato, si possono osservare nel Lazio

(la differenza è quasi del 10% rispetto al valore del

tasso grezzo), in Calabria, Puglia, Valle d’Aosta ed in

Sardegna. I valori del tasso grezzo oscillano tra il

7,6% ed il 30,9%, mentre i valori del tasso standardiz-

zato oscillano tra il 7,1% ed il 33,6%.

Se si osservano, però, soltanto le regioni con più di

1.000 cicli iniziati, si vede che il tasso grezzo oscilla

tra il 12,8% ed il 23,3%. Standardizzando i tassi, il

range rimane sostanzialmente lo stesso, oscillando tra

il 14,2% ed il 24,5%.

Il fenomeno si può ascrivere, in parte, alla disomoge-

neità tra i centri di procreazione assistita. Inoltre, in

alcuni casi, la scarsità dei cicli effettuati fa sì che le

differenze dei tassi di gravidanza, tra un centro ed un

altro e tra una regione e l’altra, siano statisticamente

non significative.

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260 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Il Grafico 1 mostra l’evoluzione dei tassi di gravidan-

za rispetto ai cicli iniziati, ottenuti nelle differenti

ripartizioni geografiche del territorio nazionale negli

anni di attività che vanno dal 2005, a cui è riferita la

prima raccolta dati, fino al 2008.

È possibile osservare come, la lenta crescita del tasso

di gravidanza complessivo (da 18,8 gravidanze otte-

nute nel 2005, ogni 100 cicli iniziati, sino al 20,1 del

2008), sia il risultato di differenti dinamiche verifica-

tesi nelle distinte ripartizioni geografiche nazionali. È

importante notare, inoltre, come i valori delle regioni

del Sud e quelli delle regioni del Nord-Ovest, parten-

do da livelli molto distanti, mostrino un avvicina-

mento dei tassi. Questo è, in parte, anche frutto del

lavoro del Registro Nazionale Italiano che ha impo-

sto una standardizzazione nella raccolta dei dati,

riducendo, così, le distorsioni dovute al conteggio dei

cicli effettuati e dei successi ottenuti in termini di

gravidanze.

La crescita più rilevante dei valori dei tassi di gravi-

danza è quella mostrata dai centri che operano nelle

regioni del Centro, mentre i centri del Nord-Est

mostrano una sostanziale stabilità dei risultati ottenuti.

Il Grafico 2 indica la distribuzione regionale della per-

centuale di parti multipli. In generale, la quota di par-

ti multipli sul totale di quelli ottenuti, è pari al 23,6%,

sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente

(23,0% nel 2007). Le regioni con valori simili alla

media nazionale sono il Lazio (23,3%) e la Sicilia

(22,8%), quelle con valori inferiori sono la Lombardia

(20,5%), l’Emilia-Romagna (19,8%) e la Campania

(19,9%), mentre quelle con valori superiori sono il

Piemonte (28,0%), il Veneto (24,6%), il Friuli

Venezia Giulia (25,9%), la Toscana (28,6%) e la

Puglia (27,1%).

Questi dati sono condizionati dalla distribuzione delle

gravidanze perse al follow-up, ovvero dalla perdita di

informazioni relativamente all’esito delle gravidanze

stesse. È ipotizzabile pensare, infatti, che il centro

venga più facilmente a conoscenza di informazioni

relativamente ad una gravidanza multipla, cioè ad un

caso più particolare, rispetto ad una gravidanza a

decorso normale per la quale, reperire le informazio-

ni, può risultare più complesso.

Nel Grafico 3 è mostrato, secondo la distribuzione

regionale, il quarto indicatore utilizzato per descrive-

re il fenomeno della PMA. Si tratta della percentuale

di gravidanze di cui non si conosce l’esito sul totale di

quelle ottenute. È un indicatore di accuratezza e di

qualità della raccolta dati operata dai centri e del

monitoraggio del lavoro effettuato. Nella composizio-

ne di questo indicatore assume un ruolo importante la

disponibilità di personale all’interno delle strutture. In

molti centri, infatti, la carenza di personale, costitui-

sce un ostacolo al raggiungimento di livelli ottimali di

monitoraggio delle gravidanze conseguite.

Nello stesso grafico è stato inserito anche il numero di

gravidanze ottenute in ciascuna regione per quantifi-

care il denominatore dell’indicatore mostrato. Si par-

la di gravidanze ottenute con tecniche a fresco o da

scongelamento di II e III livello.

Nell’indagine riferita all’attività del 2008 si è ridotta

la perdita di informazioni rispetto all’anno preceden-

te, passando dal 13,3% al 12,6% di gravidanze di cui

non si conosce l’esito.

Il Lazio, anche se ha fatto registrare una diminuzione

della perdita di informazioni, risulta ancora la regione a

più elevata attività e con la più alta perdita di gravidan-

ze al follow-up. Nel 2007, questa regione faceva regi-

strare una perdita di informazione pari al 29,1% delle

gravidanze ottenute, mentre nel 2008 tale perdita si è

ridotta al 21,2%. È proprio questa regione che costitui-

sce il nodo cruciale relativamente al raggiungimento

della soglia limite del 10%, quota che il Registro

Nazionale Italiano si è imposto in sede di definizione

degli standard di qualità da raggiungere.

La perdita di informazione raggiunge valori significati-

vi anche in Campania (20,2%) ed in Puglia (28,8%). Le

regioni, in questo senso più virtuose, sono il Piemonte

(6,3%), il Veneto (8,3%), la Toscana (8,3%), il Friuli

Venezia Giulia (3,2%) e, soprattutto, l’Emilia-

Romagna con l’1,6%, in presenza di una elevata mole

di attività. Fondamentale risulta il dato della Lombardia

che, con 1.791 gravidanze, che rappresentano quasi il

20% del totale delle gravidanze avute nel Paese con

tecniche di fecondazione assistita, condiziona il valore

medio nazionale dell’indicatore, facendo registrare un

13,8% di perdita dell’informazione.

Molte delle differenze regionali che questo indicato-

re riporta potrebbero essere spiegate dal tipo di uten-

za che si rivolge alle strutture che offrono tecniche di

fecondazione assistita, sia pubbliche che private, ope-

ranti in ogni regione. Gioca un ruolo importante,

infatti, il livello socio-economico delle pazienti e la

nazionalità, caratteristiche queste che condizionano

la disponibilità delle pazienti a fornire informazioni

sull’esito della gravidanza e sullo stato di salute dei

neonati.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 261

Tabella 1 - Numero di cicli e tassi di gravidanza (specifici, grezzi e standardizzati per 100 cicli iniziati con tec-niche a fresco FIVET ed ICSI), per regione - Anno 2008

RegioniN Classi di età Tassi Tassi

cicli ≤29 30-34 35-39 40-44 ≥45 grezzi std

Piemonte 2.694 29,8 27,5 22,0 13,1 3,6 21,6 21,5Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 106 50,0 26,1 20,3 9,1 0,0 19,8 21,1Lombardia 9.673 24,2 23,5 18,0 9,1 0,0 17,5 17,4Liguria 545 35,1 29,5 26,7 9,1 0,0 24,8 23,2Bolzano-Bozen 815 23,9 23,5 15,0 6,9 0,0 14,8 15,6Trento 349 24,5 31,4 20,8 16,0 0,0 22,1 22,3Veneto 3.045 27,4 26,3 19,3 10,1 0,0 19,3 19,1Friuli Venezia Giulia 1.312 28,4 26,4 18,8 9,7 0,0 19,8 18,9Emilia-Romagna 4.607 25,2 22,4 17,6 10,4 8,9 17,2 17,5Toscana 3.832 49,0 32,4 22,7 10,9 0,0 23,3 24,0Umbria 253 26,9 27,5 17,6 5,4 0,0 18,6 17,5Marche 208 25,9 29,2 12,8 3,2 0,0 18,8 15,4Lazio 4.710 34,3 35,1 24,8 11,7 0,7 22,5 24,5Abruzzo 609 43,8 41,0 24,6 14,0 0,0 26,6 27,3Molise 241 46,4 39,4 28,6 8,6 20,0 28,6 27,6Campania 3.936 31,4 31,4 21,8 11,8 1,8 22,8 22,2Puglia 2.070 27,7 23,4 18,0 12,5 4,2 19,9 18,6Basilicata 198 7,7 11,1 6,3 4,8 0,0 7,6 7,1Calabria 265 31,8 36,0 46,2 14,3 0,0 30,9 33,6Sicilia 3.118 30,6 25,8 25,7 10,1 1,5 22,7 21,8Sardegna 1.451 17,9 19,4 15,9 6,2 0,0 12,8 14,2Italia 44.037 30,1 27,1 20,4 10,4 2,0 20,1 20,1

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la distribuzione nazionale dei cicli iniziati per clas-se di età.

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2010.

Cicli iniziati (per milione) da tecniche a fresco (FIVET e ICSI)per regione. Anno 2008

Fonte dei dati: Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita - Istat. www.demo.istat.it. Anno 2010.

Page 128: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

262 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Grafico 1 - Tassi grezzi di gravidanza (per 100 cicli iniziati) per macroarea - Anni 2005-2008

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2010.

Grafico 2 - Percentuale di parti multipli per regione - Anno 2008

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2010.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 263

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili, pubblicati dal Registro

Europeo, sono quelli riferiti all’attività del 2006. Il

numero di trattamenti a fresco su milione di abitanti è

pari a 1.074 in Francia, a 664 in Germania ed a 726 in

Gran Bretagna. In Svezia, Paese all’avanguardia

rispetto alla pratica della fecondazione assistita, il

numero di cicli a fresco iniziati su milione di abitanti

è pari a 1.631.

Il tasso di gravidanze a fresco su cicli iniziati è pari a

30,9% in Spagna, 29,6% in Svezia, 27,3% in

Germania e 27,6% in Gran Bretagna.

Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-

ti multipli, questo è pari al 23,0% in Spagna, al 19,2%

in Francia, al 19,6% in Germania, al 23,1% in Gran

Bretagna ed al 5,8% in Svezia.

Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up, il

Registro Europeo raccomanda un livello non superio-

re al 10% sul totale delle gravidanze ottenute. Dei

Paesi fin qui presi in esame, la Germania presenta una

quota di perdita di informazione paragonabile a quel-

la del Registro Nazionale Italiano. La Spagna ha una

percentuale di gravidanze di cui non si conosce l’esito

pari al 27,4%, mentre questo valore in Gran Bretagna,

Svezia e Francia è praticamente azzerato.

Raccomandazioni di OsservasaluteNel nostro Paese, la relazione tra la domanda e

l’offerta di applicazione delle tecniche di PMA, con-

tinua a crescere adeguandosi ai livelli di altri Paesi

particolarmente rappresentativi del panorama euro-

peo. Alcune regioni fungono da poli catalizzatori ed

assumono un ruolo trainante con una massiccia pre-

senza di centri di fecondazione assistita e con un gran

numero di cicli effettuati.

Il tasso di gravidanza cresce in maniera particolar-

mente lenta, soprattutto se confrontato alle dinamiche

di altri Paesi.

Il tasso di parti multipli è assimilabile a quanto avvie-

ne nei Paesi di confronto. Il dato della Svezia che, pur

in presenza di tassi di gravidanza tra i più alti

d’Europa fa registrare tassi di parti multipli particolar-

mente contenuti, deve essere assunto come valore di

riferimento per il raggiungimento di una pratica tera-

peutica che sia efficace e sicura.

Continua a ridursi la percentuale di perdita di infor-

mazioni, anche se alcune regioni costituiscono un

punto critico per questo aspetto, ma anche un nodo

cruciale di intervento del Registro Nazionale Italiano

nel tentativo di diminuire ulteriormente il numero di

gravidanze di cui non si conosce l’esito.

Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anni 2004-2010.(2) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga J.M,Fiaccavento S, Bucciarelli M. Procreazione medicalmente

Grafico 1 - Percentuale di gravidanze perse al follow-up e numero di gravidanze, per regione - Anno 2008

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno 2010.

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264 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

assistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(3) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga J.M,Fiaccavento S, Bucciarelli M. 1° Report Attività delRegistro Nazionale della Procreazione MedicalmenteAssistita 2005.(4) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga J.M,Fiaccavento S, Bucciarelli M, De Luca R, Spoletini R, E.Mancini E. - 2° Report Attività del Registro Nazionale del-la Procreazione Medicalmente Assistita 2006.(5) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga J.M,, De

Luca R, D’Aloja P, Fiaccavento S, Spoletini R, BucciarelliM, Mancini E. 3° Report Attività del Registro Nazionaledella Procreazione Medicalmente Assistita 2007.(6) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-shed February 18, 2009 - Assisted reproductive Technologyand intrauterine insemination in Europe, 2005: results gene-rated from European registers by ESHRE.(7) ESHRE - Human Reproduction - Assisted reproductiveTechnology in Europe, 2006: results generated fromEuropean registers by ESHRE. In Press.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 265

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’Aborto

Spontaneo (AS) come l’interruzione involontaria del-

la gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gesta-

zione, cioè 25 settimane e 5 giorni. Dopo tale limite

gestazionale, l’evento viene classificato come nato

morto. Altri Paesi adottano differenti definizioni:

attualmente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità

(OMS), nella classificazione internazionale delle

malattie ICD-9, definisce, genericamente, la morte

fetale senza far riferimento alla durata della gravidan-

za, lasciando intendere, nelle richieste dati presso

organismi internazionali, che debba essere il peso (più

o meno 500 grammi) il fattore discriminante tra abor-

to spontaneo e nato morto. A tale peso (informazione

non presente nei dati sull’AS) corrisponde, in genere,

un periodo gestazionale massimo di 22 settimane.

Sebbene i fattori biologici (quali l’età della donna e

dell’uomo e le eventuali patologie) siano, tuttora, con-

siderati come i più importanti determinanti della fre-

quenza del fenomeno, in alcuni studi si è evidenziato

che, questo evento, può essere associato a specifiche

condizioni lavorative ed esposizioni ambientali.

Rapporto di abortività spontanea*

Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati sono rilevati mediante il

Modello dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat)

D.11 che raccoglie i casi per i quali si sia reso neces-

sario il ricovero in istituti di cura sia pubblici che pri-

vati. Le informazioni raccolte vengono trasmesse

dagli istituti di cura alle Regioni che inviano i dati

all’Istat. Gli AS non soggetti a ricovero, quali ad

esempio gli aborti che si risolvono senza intervento

del medico o che necessitano di sole cure ambulato-

riali, non vengono, pertanto, rilevati. Le statistiche

ufficiali dell’Istat su tale fenomeno hanno il pregio di

ricostruire la serie storica dell’AS in tutto il territorio

nazionale, anche se non consentono uno studio su spe-

cifici fattori di rischio, ad esclusione delle usuali

informazioni di natura socio-demografica. È molto

difficoltoso effettuare confronti con altri Paesi sia per-

ché non risulta che abbiano registri a copertura nazio-

nale e sia a causa delle differenti definizioni adottate.

L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e qui

utilizzato è il rapporto di AS, riferito ai soli nati vivi.

In realtà l’indicatore più corretto, da un punto di vista

metodologico, è la proporzione di abortività che consi-

dera al denominatore tutti i casi a rischio di AS, ovve-

ro il totale delle gravidanze dato dalla somma dei nati

vivi, nati morti, aborti spontanei ed una parte delle

interruzioni volontarie della gravidanza (cioè quella

parte che potrebbe aver evitato il verificarsi di un AS

avendo agito prima che questo potesse verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-

ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2007, il numero di AS presenta un incremento

importante rispetto all’anno precedente: il numero di

casi passa da 74.117 del 2006 a 77.129 del 2007

(+4,1%); di conseguenza, il rapporto di abortività,

cresce da 131,4 casi per 1.000 nati vivi a 135,7 per

1.000 nati vivi ed il rapporto standardizzato subisce

un incremento dell’1,8% (Tabella 1).

Le regioni in cui si è avuto un aumento del livello di

AS superiore al 10% sono il Molise, la Valle d’Aosta

e l’Umbria per le quali è minore il numero assoluto di

eventi; al contrario, quelle che hanno mostrato una

diminuzione superiore al 5% risultano essere la

Basilicata, la Puglia e la PA di Bolzano.

Come si può evincere dal Grafico 1, le differenze ter-

ritoriali sono rimaste abbastanza costanti nel tempo:

fino alla metà degli anni Novanta i valori più elevati

si sono osservati al Nord, poi a prevalere è stato il

Centro, mentre il Mezzogiorno ha sempre presentato

valori più bassi. Tale andamento può essere, in parte,

spiegato dalle differenze territoriali nell’età media al

matrimonio ed al parto e di conseguenza all’AS. Il

Mezzogiorno presenta valori dell’età media all’AS

inferiori alle altre ripartizioni geografiche ed alla

media italiana (così come accade per l’età media al

parto).

Come evidenziato in numerosi studi, l’età avanzata

della donna è un fattore associato ad un rischio di AS

più elevato. I rapporti di AS specifici per età (Grafico

2) aumentano al crescere dell’età della donna, ad

esclusione delle giovanissime (<20 anni) che hanno

valori superiori a quelli delle donne della fascia 20-29

anni. In particolare, un rischio significativamente più

elevato si nota a partire dalla classe 35-39 anni, quan-

M. LOGHI, A. SPINELLI, A. D’ERRICO

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266 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Tabella 1 - Rapporti di dimissioni ospedaliere (specifici, grezzi e standardizzati per 1.000 nati vivi) da istituti dicura per aborto spontaneo, per regione e classe di età - Anno 2007

RegioniClassi di età Rapporti Rapporti

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 149,28 77,97 89,35 89,28 152,45 377,23 901,10 120,70 110,88Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 81,99 40,16 82,85 108,56 163,98 285,17 492,21 120,81 109,19Lombardia 148,90 106,38 90,41 102,40 166,49 398,70 917,18 133,80 122,27Trentino-Alto Adige 157,27 81,53 83,85 100,44 177,51 379,97 1.260,93 131,20 118,97Bolzano-Bozen 147,79 87,09 76,67 91,00 146,35 368,45 1.091,01 116,99 107,55Trento 169,01 75,00 91,66 110,24 209,00 391,00 1.416,67 146,17 130,68Veneto 184,50 101,87 103,91 117,32 183,75 430,25 1.157,50 149,33 136,29Friuli Venezia Giulia 275,71 106,67 114,58 133,27 191,52 445,88 830,66 163,87 148,95Liguria 103,61 71,07 71,33 82,08 126,65 305,16 349,05 107,93 93,61Emilia-Romagna 134,69 91,86 94,51 107,71 175,42 412,54 862,04 139,43 125,53Toscana 156,80 108,07 97,46 113,78 176,59 427,57 748,37 147,15 131,31Umbria 293,20 71,30 64,97 84,64 136,84 395,46 1.840,44 110,54 102,93Marche 125,17 88,43 85,54 93,43 155,52 341,02 1.314,37 121,49 111,90Lazio 231,54 158,35 126,24 137,06 224,49 485,36 1.097,68 187,05 166,22Abruzzo 131,66 100,46 88,66 96,92 173,20 413,79 568,92 132,17 120,06Molise 60,34 81,01 111,99 99,42 177,08 408,96 1.286,58 135,69 125,88Campania* 118,18 86,44 87,87 99,11 151,18 404,15 807,50 117,10 114,76Puglia 121,79 77,40 76,18 93,83 154,88 369,94 894,42 113,82 108,22Basilicata 130,51 103,13 96,46 124,42 170,51 546,36 1.150,40 149,21 136,85Calabria 120,96 95,56 78,15 103,73 150,02 397,43 771,57 118,46 114,12Sicilia 120,50 91,70 89,86 100,89 175,90 401,84 780,68 124,91 121,07Sardegna 127,02 92,45 76,69 107,12 185,81 478,10 992,55 154,25 124,07Italia* 140,97 96,62 92,26 105,90 172,67 412,75 915,25 135,70 124,43

*I rapporti della Campania sono stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2007.

Rapporti standardizzati di abortività spontanea (per 1.000 nativivi) per regione. Anno 2007

do il valore dell’indicatore supera del 64% quello rife-rito alla classe d’età precedente e si quadruplica nelledonne sopra i 39 anni. Va sottolineato, infine, che la

maggior parte degli AS (circa il 90%) avvengono nelleprime 12 settimane di gestazione, senza significativedifferenze tra le regioni.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 267

Grafico 1 - Rapporti di abortività spontanea (per 1.000 nati vivi da donne di 15-49 anni) per macroarea di resi-denza - Anni 1988-2007

*I rapporti sono stimati per il Piemonte per gli anni 1988-1993, 1995-1997, per il Lazio nel 1995, per tutte le regioni nel 1998, per il Molise

nel 2004 e per la Campania nel 2006 e 2007.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anni 1982-2007.

Grafico 2 - Rapporti di abortività spontanea (per 1.000 nati vivi da donne di 15-49 anni) per classe di età emacroarea di residenza - Anno 2007

*I rapporti della Campania sono stimati.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2007.

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268 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Raccomandazioni di OsservasalutePer comprendere al meglio le cause dell’aumento del

fenomeno e l’influenza dei fattori ambientali e lavora-

tivi sono necessari studi condotti ad hoc su popolazio-

ni di specifici settori lavorativi e/o su particolari fatto-

ri di esposizione. Inoltre, per una migliore valutazio-

ne del fenomeno, sarebbe utile costruire un indicatore

che abbia al denominatore tutte le gravidanze cono-

sciute. È, comunque, fondamentale che le donne in

gravidanza non siano esposte a fattori di rischio rico-

nosciuti associati ad un maggior rischio di abortività e

le lavoratrici coinvolte in attività rischiose per il pro-

seguimento della gravidanza siano trasferite ad altre

mansioni, come indicato dal DL n. 151/2001 (Testo

Unico delle disposizioni legislative in materia di tute-

la e sostegno della maternità e della paternità, a nor-

ma dell’art. n. 15 della Legge n. 53/2000).

Riferimenti bibliografici(1) http://www.who.int/classifications/en/.(2) Wilcox AJ. Fertility and Pregnancy. An epidemiologicperspective. Oxford University Press, 2010, New York.(3) Osborn JF, Cattaruzza MS, Spinelli A. Risk of spontane-ous abortion in Italy, 1978-1995, and the effect of maternalage, gravidity, marital status, and education. Am JEpidemiol. 2000;151 (1): 98-105. (4) Istat (2010), Dimissioni dagli istituti di cura per abortospontaneo. Anno 2007. Tavole di dati.Disponibile all’indi-rizzo: http://www.istat.it/dati/dataset/ 20100518_00/.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 269

Validità e limiti. L’indicatore viene realizzato con i

dati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto

Nazionale di Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di

Sanità e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG effet-

tuata è obbligatorio compilare il modello Istat D.12 ed

inviarlo al sistema informativo nazionale; sulla base di

questi dati, le regioni elaborano alcune tabelle che

inviano al Sistema di Sorveglianza. Ogni anno il

Ministero della Salute presenta al Parlamento una rela-

zione sull’andamento del fenomeno. Attualmente, i

dati italiani sono tra i più accurati ed aggiornati a livel-

lo internazionale. I limiti dell’indicatore possono esse-

re rappresentati dal fatto che, in alcuni casi, viene cal-

colato considerando al numeratore il totale delle IVG

effettuate in regione, da donne residenti e non, ed al

denominatore solo le donne residenti, provocando una

sovrastima o sottostima del fenomeno. Utilizzando,

invece, le donne residenti, sia al numeratore che al

denominatore, verrebbero esclusi alcuni casi relativi,

principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-

ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiI dati, elaborati dal Sistema di Sorveglianza e presen-

tati dal Ministro della Salute in occasione dell’ultima

Relazione al Parlamento, indicano un numero di IVG

pari a 121.301 nel 2008 e 116.933 nel 2009 (dato

provvisorio). Nel 2007 all’Istat sono state notificate,

mediante il modello D.12, 125.116 IVG. Dopo aver

rilevato la presenza di sottonotifica in alcune regioni

(Campania e Sicilia), i dati mancanti sono stati stima-

ti tramite il ricorso alle Schede di Dimissione

Ospedaliera (SDO) e, successivamente, i tassi sono

stati calcolati sui dati stimati (Tabella 1). Dal 2004 si

è avuto un calo dei tassi, sia grezzi che standardizza-

ti; il 2007 sembra confermare questa tendenza, visto

che il tasso grezzo passa da 8,76 per 1.000 del 2006 a

8,61 per 1.000 del 2007, mentre il tasso standardizza-

to da 9,16 a 9,09 per 1.000. Questi valori si attestano

tra quelli più bassi a livello europeo (ad esempio:

Germania 7,0 per 1.000, Spagna 11,8 per 1.000,

Francia 17,4 per 1.000 ed Inghilterra 17,5 per 1.000).

A livello regionale, le differenze più significative tra

il 2006 ed il 2007 si riferiscono al Molise, Abruzzo e

Puglia i cui tassi sono diminuiti, rispettivamente,

dell’8,3%, del 7,0% e del 6,7%; le 3 regioni in cui si

è verificato l’aumento più consistente sono la Valle

d’Aosta (+30,1%), la Campania (+10,1%) e la PA di

Bolzano (+10,7%).

Nel 2007, rispetto all’anno precedente, in tutte le clas-

si di età si è avuta una diminuzione, ad eccezione del-

la classe 15-19 anni che non ha avuto variazioni e del-

la classe 30-34 anni che ha presentato un aumento

dell’1,3%. Nel Grafico 1 viene riportato il tasso stan-

dardizzato per le ripartizioni Nord-Ovest, Nord-Est,

Centro, Mezzogiorno ed il totale nazionale. Il Nord-

Est ha sempre avuto valori inferiori al resto del Paese,

ma il lieve trend crescente degli ultimi anni, in contro-

tendenza con quello del Mezzogiorno, ha portato

all’uguaglianza del tasso tra le 2 ripartizioni. Anche il

Significato. Nel 1978 fu approvata, nel nostro Paese, la

Legge n. 194 “Norme per la tutela sociale della mater-

nità e sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza”

che regola, tra gli altri provvedimenti, le modalità del

ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa qualsiasi

donna, per motivi di salute, economici, sociali o fami-

liari, può richiedere l’Interruzione Volontaria di

Gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione.

Oltre questo termine l’IVG è consentita per gravi pro-

blemi di salute fisica o psichica. L’intervento può esse-

re effettuato presso le strutture pubbliche del Sistema

Sanitario Nazionale e le strutture private accreditate ed

autorizzate dalle Regioni. Il tasso di abortività volonta-

ria è l’indicatore più frequentemente usato a livello

internazionale (spesso utilizzando al denominatore la

popolazione femminile di età 15-44 anni) e permette di

valutare l’incidenza del fenomeno che in gran parte

dipende dalle scelte riproduttive, dall’uso di metodi

contraccettivi nella popolazione e dall’offerta dei servi-

zi nei vari ambiti territoriali. Per una valutazione più

completa dell’IVG, è possibile calcolare questo indica-

tore in relazione ad alcune caratteristiche delle donne,

ad esempio età, stato civile, parità, luogo di nascita e

cittadinanza. Si può, inoltre, utilizzare il tasso standar-

dizzato per età al fine di eliminare l’effetto confonden-

te di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

M. LOGHI, A. SPINELLI, A. D’ERRICO

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270 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Tabella 1 - Tassi (specifici, grezzi e standardizzati per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria perregione e classe di età - Anno 2007

Regioni Classi di età Tassi Tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 9,39 17,89 16,93 13,84 10,75 4,08 0,48 9,69 10,57

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 14,58 18,43 17,93 18,30 12,81 6,94 1,10 12,06 12,92

Lombardia 8,08 15,55 15,56 12,86 9,47 4,12 0,39 8,86 9,55

Trentino-Alto Adige 5,22 9,42 10,95 7,88 7,09 3,67 0,25 6,09 6,47

Bolzano-Bozen 3,96 7,23 8,63 6,08 5,92 3,39 0,34 4,95 5,18Trento 6,60 11,73 13,33 9,62 8,29 3,94 0,16 7,23 7,78Veneto 5,01 10,80 10,98 9,47 7,19 2,87 0,30 6,33 6,79

Friuli Venezia Giulia 5,33 13,27 10,95 12,02 9,46 4,12 0,30 7,54 8,11

Liguria 10,45 19,90 19,09 14,53 10,59 4,69 0,58 10,08 11,45

Emilia-Romagna 7,90 17,26 17,57 14,45 11,33 4,80 0,43 9,94 10,73

Toscana 7,91 15,88 15,41 13,47 10,99 4,76 0,45 9,29 10,00

Umbria 7,34 16,14 16,14 13,31 11,43 5,20 0,61 9,66 10,22

Marche 4,99 12,19 12,21 10,46 8,35 3,73 0,36 7,23 7,64

Lazio 9,88 18,58 16,58 14,28 11,44 4,78 0,48 10,21 10,94

Abruzzo 5,90 12,40 12,17 10,88 9,22 4,69 0,52 7,77 8,13

Molise 6,06 12,86 9,73 9,35 10,70 6,02 0,78 7,79 8,06

Campania* 6,45 12,54 12,93 12,89 10,97 4,72 0,51 8,72 8,95

Puglia 8,17 15,17 14,92 14,99 12,76 5,92 0,67 10,32 10,61

Basilicata 5,94 10,17 10,39 11,19 9,43 5,43 0,51 7,50 7,78

Calabria 4,59 8,81 9,85 9,55 8,93 4,18 0,28 6,60 6,82

Sicilia* 6,33 11,26 11,32 10,56 8,58 3,52 0,32 7,31 7,55

Sardegna 5,15 8,61 8,07 7,13 6,40 3,39 0,46 5,44 5,66

Italia 7,25 14,10 14,00 12,45 9,98 4,33 0,44 8,61 9,09

*I tassi relativi alla Campania ed alla Sicilia sono stimati.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italia

al 2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2010.

Centro ed il Nord-Ovest sono sempre più simili.

Nel corso del tempo vi è stato un generale decremen-

to al ricorso all’IVG e la diminuzione dell’area sotto

le curve dei tassi per età conferma questa tendenza

(Grafico 2). La differenza più evidente si nota tra il

1987 ed il 1992 quando, il tasso riferito alle donne di

15-49 anni è diminuito del 20,7%, con il decremento

maggiore per la classe di 25-29 anni (-25,5%).

Successivamente, si è osservata una modifica nella

forma della curva, con diminuzioni molto elevate nel-

le donne di 30 anni ed oltre.

È molto importante tenere sotto osservazione il tasso

riferito alle sole minorenni in quanto una prevenzione

attiva a loro mirata può, senza dubbio, aiutarle nella

programmazione futura del loro progetto di fecondità.

Il numero di donne di età compresa tra 15-17 anni che

ha fatto ricorso all’IVG, nel 2007, è stato di 3.752,

pari al 3% di tutte le IVG. Nel corso del tempo il tas-

so ha mostrato una tendenza all’aumento, pur presen-

tando, comunque, lievi oscillazioni. Dal 1998 ha

superato il valore del 4,0 per 1.000, con le sole ecce-

zioni degli anni 2001 e 2003 (3,9 per 1.000). Il valore

più elevato si è registrato nel 2004 (4,6 per 1.000) e,

successivamente, seguendo l’andamento del tasso

generale, è leggermente diminuito fino al 2006. Nel

2007 è stato pari a 4,5 per 1.000 donne minorenni, con

le differenze regionali illustrate nel Grafico 3.

Il Nord-Ovest, con un tasso pari a 5,6 per 1.000, è nei

posti più alti della graduatoria: tutte e 4 le regioni

(Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria) han-

no, infatti, un valore superiore al 5,0 per 1.000.

La ripartizione dove le minorenni sembrano far meno

ricorso all’aborto volontario è quella costituita dalle

Isole: 3,70 IVG ogni 1.000 donne di 15-17 anni (3,74

per 1.000 in Sicilia e 3,62 per 1.000 in Sardegna).

Si sottolinea, infine, l’elevato ricorso all’IVG da par-

te delle donne straniere, pari al 32% del totale delle

IVG effettuate nel 2007, anche se, negli ultimi 2anni,

si è osservata una leggera flessione (Rapporto

Osservasalute 2009, pagg. 243-247).

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 271

Grafico 1 - Tassi standardizzati (per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria per macroarea* - Anni1980-2007

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per le seguenti regioni: Piemonte (anni 1986-1995 e 1999), Lazio (anni 1995 e1996), Calabria (anni 1981 e 1985), Campania (anni 2002 e 2005-2007), Friuli Venezia Giulia (anni 2005 e 2006), Molise (anno 2005),Sicilia (anni 2004-2007). Per l’anno 2003 i dati della Campania sono risultati fortemente sottostimati e non si è proceduto ad effettuare alcu-na stima.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italianel 2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2010.

Tassi standardizzati (per 1.000 donne di 15-49 anni) di aborti-vità volontaria per regione. Anno 2007

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272 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2010

Grafico 2 - Tassi specifici (per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria* - Anni 1982, 1987, 1992,1997, 2002, 2007

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per il Piemonte nel 1987 e nel 1992, per la Campania nel 2002 e nel 2007 e per

la Sicilia nel 2007.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2010.

Grafico 3 - Tassi (per 1.000 donne di 15-17 anni) di abortività volontaria per regione* - Anno 2007

*I tassi della Campania e della Sicilia sono stimati.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2010.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 273

Raccomandazioni di OsservasaluteL’andamento del fenomeno dell’aborto volontario ha

caratteristiche tali da permettere di affermare che il ricor-

so a tale pratica è diminuito e che non si tratta di una scel-

ta di elezione, ma, nella gran parte dei casi, è conseguen-

za estrema del fallimento dei metodi di procreazione

responsabile impiegati per il controllo della fecondità.

Tale fallimento è dovuto all’impiego frequente di metodi

con più alta probabilità di insuccesso e/o all’uso scorretto

dei metodi stessi. Negli anni, grazie anche alla legalizza-

zione dell’aborto ed all’istituzione dei consultori familia-

ri, vi sono stati dei miglioramenti nelle conoscenze e nel-

l’uso dei metodi di procreazione responsabile. Le donne

con più competenze (le più istruite, coniugate, lavoratri-

ci) hanno maggiormente e più rapidamente beneficiato

dell’aumentata circolazione dell’informazione sulla pro-

creazione responsabile e sulle attività dei servizi.

Ciò dimostra che i programmi di prevenzione dell’aborto

devono fondarsi sul modello di empowerment (promozio-

ne della riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevolez-

ze e competenze per scelte autonome) delineato dalla

Carta di Ottawa e dal Progetto Obiettivo Materno

Infantile.

Riferimenti bibliografici(1) Grandolfo M, Spinelli A, Pediconi M, Timperi F,Andreozzi S, Bucciarelli M. Il sistema di sorveglianza epide-miologica dell’interruzione volontaria di gravidanza.Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità 2009; 22 (05): 3-7.(2) Ministero della Salute (2010). Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2008. Dati provvisori 2010. Ministero della Salute, 2010:http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1312_allegato.pdf;http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1312_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf. (3) Istat (2010). L’interruzione volontaria di gravidanza inItalia. Anno 2007. Tavole di dati disponibili all’indirizzo:http://www.istat.it/dati/dataset/20100226_01/.(4) http://www.who.int/healthpromotion/conferences /pre-vious/ottawa/en/index1.html;http://www.dors.it/alleg/0400/1986_Carta%20Ottawa%20OMS.pdf.(5) Ministero della Sanità. Progetto Obiettivo MaternoInfantile .D.M. del 24/4/2000, G.U. n.131 Suppl. Ord. n. 89del 7/6/2000.

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194 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere

l’organizzazione territoriale della rete dei punti nascita.

Nell’ambito del processo di riorganizzazione delle

reti di assistenza ospedaliera, già previsto dal Patto

per la Salute 2010-2012, la Conferenza Stato-Regioni

ha approvato, il 16 dicembre 2010, le “Linee di indi-

rizzo per la promozione ed il miglioramento della

qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli

interventi assistenziali nel percorso nascita e per la

riduzione del taglio cesareo”. Gli obiettivi, da avvia-

re nel triennio 2010-2012, a livello nazionale, regio-

nale e locale, riguardano misure di politica sanitaria,

tra cui la razionalizzazione dei punti nascita ed il

miglioramento degli aspetti strutturali, tecnologici

ed organizzativi delle strutture tramite l’indicazione

di standard di qualità.

Tali linee di indirizzo, inoltre, intendono costituire un

efficace strumento per il miglioramento dell’appro-

priatezza delle prestazioni erogate. La riorganizzazio-

ne della rete assistenziale del percorso nascita preve-

de di adottare stringenti criteri, fissando la quota di

almeno 1.000 nascite/anno quale parametro standard a

cui tendere per il mantenimento e l’attivazione dei

punti nascita. La possibilità di punti nascita con

numerosità inferiore e, comunque, non al di sotto di

500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di

motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni

reali delle varie aree geografiche interessate con rile-

vanti difficoltà di attivazione del Servizio Trasporto

Assistito Materno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse i

x 100

Denominatore Totale parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4.

Classe 1 = meno di 500 parti, Classe 2 = da 500 a 799 parti, Classe 3 = da 800 a 999 parti, Classe 4 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto di

uno solo dei molteplici standard qualitativi, individua-

ti dal Progetto Obiettivo Materno-Infantile (POMI) e

dalle Linee di indirizzo per il percorso nascita e la

riduzione del Taglio Cesareo, per caratterizzare i

livelli della rete di offerta dei servizi ostetrici ospeda-

lieri, anche se il rispetto di tale standard si configura

come requisito fondamentale. La fonte utilizzata per il

calcolo dell’indicatore è il Certificato Di Assistenza al

Parto, relativo all’anno 2009.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono

riferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-

fronto territoriale occorre considerare la diversa

ampiezza regionale, nonché la notevole variabilità di

densità abitativa ed orografica che impone

un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmen-

te diversificata sul territorio. Nel 2009, il 7,93% dei

parti è avvenuto in punti nascita con un volume di atti-

vità <500 parti/anno, volume ritenuto non soddisfa-

cente a garantire uno standard qualitativo accettabile

neanche per i punti nascita di I livello. Nell’analisi di

tale fenomeno, non considerando realtà regionali par-

ticolari come la Valle d’Aosta e le PA di Trento e

Bolzano, si evidenzia un netto gradiente Nord-Sud.

Infatti, nell’area meridionale del Paese si registrano

percentuali nettamente superiori al dato nazionale con

punte del 25,31% in Molise e del 22,32% in Sardegna.

Occorre precisare che nelle regioni meridionali,

soprattutto in Campania ed in Sicilia, i punti nascita

sono per lo più dislocati in Case di cura private accre-

ditate che hanno, generalmente, una dimensione infe-

riore rispetto alle strutture gestite direttamente dal

Servizio Sanitario Nazionale.

R. UGENTI, R. BOLDRINI, M. DI CESARE, C. TAMBURINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 195

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno 2009

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2009.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il migliora-

mento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatez-

za degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per

la riduzione del taglio cesareo” programmano la razio-

nalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con

numero di parti <1.000 anno, prevedendo

l’abbinamento, per pari complessità di attività, delle

Unità Operative ostetrico-ginecologiche con quelle neo-

natologiche-pediatriche, riconducendo a due i preceden-

ti tre livelli del POMI. Inoltre, indicano standard opera-

tivi, di sicurezza e tecnologici, rispetto alle specifiche

Tabella 1 - Parti effettuati (valori assoluti e percentuali) nei punti nascita secondo la classe di ampiezza perregione - Anno 2009

Regioni <500 500-799 800-999 1.000+ TotaleN % N % N % N % N %

Piemonte 90 0,25 1.364 3,85 966 2,73 33.019 93,17 35.439 100,00

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.231 100,00 1.231 100,00

Lombardia 4.103 4,15 11.253 11,39 7.285 7,37 76.180 77,09 98.821 100,00

Bolzano-Bozen 1.283 23,89 1.303 24,26 0 0,00 2.785 51,85 5.371 100,00Trento 1.505 30,25 0 0,00 1.790 35,98 1.680 33,77 4.975 100,00Veneto 0 0,00 1.269 2,72 3.711 7,95 41.710 89,33 46.690 100,00

Friuli Venezia Giulia 328 3,18 2.373 23,00 1.814 17,58 5.801 56,23 10.316 100,00

Liguria 510 4,36 777 6,65 837 7,16 9.567 81,83 11.691 100,00

Emilia-Romagna 676 1,62 715 1,72 2.681 6,44 37.585 90,22 41.657 100,00

Toscana 1.462 4,54 2.591 8,04 2.753 8,54 25.413 78,88 32.219 100,00

Umbria 951 11,31 1.782 21,20 0 0,00 5.674 67,49 8.407 100,00

Marche 520 3,63 4.381 30,61 4.509 31,5 4.903 34,26 14.313 100,00

Lazio 3.373 6,20 8.424 15,48 7.302 13,42 35.305 64,89 54.404 100,00

Abruzzo 570 5,45 4.158 39,74 942 9,00 4.794 45,81 10.464 100,00

Molise 553 25,31 680 31,12 952 43,57 0 0,00 2.185 100,00

Campania 7.984 13,59 12.138 20,66 8.272 14,08 30.364 51,68 58.758 100,00

Puglia 4.256 12,25 7.345 21,14 1.768 5,09 21.375 61,52 34.744 100,00

Basilicata 755 16,92 1.228 27,53 0 0,00 2.478 55,55 4.461 100,00

Calabria 2.831 19,34 5.087 34,75 1.823 12,45 4.898 33,46 14.639 100,00

Sicilia 8.876 20,07 11.571 26,16 8.047 18,19 15.736 35,58 44.230 100,00

Sardegna 2.794 22,32 3.570 28,52 901 7,20 5.252 41,96 12.517 100,00

Italia 43.420 7,93 82.009 14,98 56.353 10,29 365.750 66,80 547.532 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2009.

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196 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

funzioni collegate ai livelli assistenziali.

Le evidenze relative alla composizione percentuale dei

parti secondo la classe di ampiezza dei punti nascita,

definiscono la situazione attuale ed i relativi punti criti-

ci, forniscono un valido strumento per la programma-

zione dei servizi di assistenza ostetrica e pediatrico-neo-

natologica e per gli interventi di razionalizzazione della

rete di offerta dei punti nascita previsti per la sicurezza

delle cure ed il contenimento della spesa sanitaria.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della salute - Certificato di assistenza al parto(CEDAP) - Analisi dell’evento nascita - Anno 2009.Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/servizio/sezSis.jsp?label=cedap.(2) Ministero della Salute. Accordo tra il Governo, le regio-ni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province,i comuni e le comunità montane sul documento concernen-te «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramen-

to della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degliinterventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzio-ne del taglio cesareo». (G.U. Serie Generale n. 13 del 18gennaio 2011). Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp.(3) Ministero della Salute. Intesa tra il Governo, le Regionie le Province autonome di Trento e di Bolzano concernenteil nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012. (G.U.Serie Generale n. 3 del 5 gennaio 2010). Disponibile sulsito:http://www.salute.gov.it/programmazioneSanitariaELea/paginaInternaProgrammazioneSanitariaELea.jsp?menu=patto&id=1299&lingua=italiano.(4) Decreto Ministero della salute 24.4.2000: Adozione delprogetto obiettivo materno-infantile relativo al "Piano sani-tario nazionale per il triennio 1998-2000". Disponibile sulsito: http://www.salute.gov.it/saluteDonna/paginaInternaMenuSaluteDonna.jsp?id=955&menu=nascita.(5) European Commission Health Monitoring Programme:Evaluate PERISTAT project. Disponibile sul sito: http://ec.europa.eu/health/ph_projects/2000/monitoring/fp_monitoring_2000_exs_07_en.pdf.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 197

Parti con Taglio Cesareo

Significato. In Italia, come in molti altri Paesi del mon-

do, il ricorso alla pratica del Taglio Cesareo (TC) è in

continuo aumento. Le motivazioni possono essere

ricondotte non solo a fattori culturali ed attitudinali

legati alla pratica dei professionisti, ma anche ad una

aumentata richiesta di TC da parte delle madri (1).

Sulla base di queste considerazioni, il Sistema

Nazionale per le Linee Guida dell’Istituto Superiore di

Sanità ha sviluppato una Linea Guida sul TC (2).

L’eccessivo ricorso al TC è, inoltre, una delle criticità

indicate nella bozza del Piano Sanitario Nazionale

(PSN) 2011-2013, approvata dalla Conferenza

Unificata Stato-Regioni, che prevede la riorganizzazio-

ne strutturale dei punti nascita anche nell’ottica di faci-

litare la riduzione dei parti mediante TC che non

dovrebbero superare il 20% (3).

Il 16 dicembre 2010 è stato, inoltre, approvato

l’Accordo Stato-Regioni relativo alle “Linee di indiriz-

zo per la promozione ed il miglioramento della qualità,

della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi

assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del

Taglio Cesareo”.

L’accordo definisce un programma articolato in dieci

linee di azione che vanno da misure di politica sanita-

ria all’introduzione di strumenti per il miglioramento

e la valutazione della qualità assistenziale che dovreb-

bero essere recepite a livello regionale ed avviate con-

giuntamente su tutto il territorio nazionale.

Proporzione di parti cesarei totali

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registrata

con buona precisione e può essere stimata sia a parti-

re dalle informazioni presenti nella Scheda di

Dimissione Ospedaliera (SDO) che attraverso il

Certificato Di Assistenza al Parto (CeDAP) utilizzan-

do l’informazione “modalità di parto”. L’indicatore

calcolato a partire dai DRG delle SDO è, comunque,

quello più facilmente definibile a livello nazionale.

Nel presente lavoro viene evidenziata la proporzione

di TC, sia a livello nazionale che regionale, distinta

per classi di età (<18, 18-29, 30-44, ≥45 anni). Come

discusso ampiamente nelle edizioni precedenti del

Rapporto Osservasalute, per poter confrontare struttu-

re o regioni attraverso questo indicatore è necessario

considerare la possibilità di una differente distribuzio-

ne dei fattori di rischio dovuta, ad esempio, alla pre-

senza di un precedente TC.

Valore di riferimento/Benchmark.

Non è noto quale sia la proporzione di TC corrispon-

dente alla qualità ottimale delle cure, ma si ritiene che,

in situazioni di sovra-utilizzazione, proporzioni più

basse di TC rappresentino una migliore qualità del-

l’assistenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità

(OMS) raccomanda, come valore ideale, una propor-

zione del 15% (4).

Descrizione dei risultatiLa proporzione nazionale di TC sul totale dei parti è,

nel 2009, pari a 39,01% e, registrando una lieve ridu-

zione (-0,48%), conferma l’andamento dell’anno pre-

cedente. Come riportato nel Rapporto Osservasalute

2010, la leggera diminuzione della proporzione totale

di TC è, verosimilmente, legata ad un calo della pro-

porzione di TC primari. La Tabella 1 mostra come le

proporzioni di TC presentino una spiccata variabilità

interregionale, con valori tendenzialmente più bassi

nell’Italia settentrionale e più alti nel Meridione: si va

dal 23,61% della PA di Bolzano al 61,96% della

Campania. Solo il Friuli Venezia Giulia e la PA di

Bolzano mostrano percentuali di TC vicine al valore

di riferimento stabilito dalla bozza del PSN 2011-

2013. Nessuna regione riesce, invece, a raggiungere il

valore ideale indicato dall’OMS. Considerando la

variazione percentuale, rispetto al 2008, Piemonte,

PA di Bolzano, Marche, Lazio, Abruzzo, Puglia e

Calabria mostrano un trend in diminuzione (andamen-

to non sempre dimostrato negli anni precedenti).

La Tabella 2 documenta come il ricorso al TC sia mag-

giormente frequente all’aumentare dell’età. Nel con-

fronto 2008-2009, si può notare come è soprattutto la

classe di età ≥45 anni a registrare un netto aumento di

TC (13 regioni su 21). Nella suddivisione per macroa-

rea la proporzione di TC risulta maggiore, per tutte le

classi di età, nelle regioni del Mezzogiorno (Grafico 1).

V. DI GREGORI, G. PIERI, L. DALLOLIO, M. P. FANTINI, M. AVOLIO

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198 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Tabella 1 - Proporzione (per 100) di TC totali e variazione percentuale per regione - Anni 2008, 2009

2008 2009 ∆∆ %Regioni Totale TC Totale TC (2008-2009)

Piemonte 32,57 32,11 -1,39

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 33,39 34,53 3,42

Lombardia 28,48 28,65 0,60

Bolzano-Bozen 26,90 23,61 -12,23Trento 25,36 27,40 8,04Veneto 28,41 28,73 1,14

Friuli Venezia Giulia 23,64 24,55 3,82

Liguria 37,41 37,61 0,54

Emilia-Romagna 28,83 29,19 1,24

Toscana 26,48 27,49 3,83

Umbria 31,73 32,16 1,37

Marche 35,42 35,25 -0,50

Lazio 45,32 44,64 -1,50

Abruzzo 44,84 43,59 -2,78

Molise 47,76 50,30 5,33

Campania 61,96 61,96 0,00

Puglia 50,18 47,85 -4,65

Basilicata 48,80 49,74 1,91

Calabria 48,15 43,72 -9,20

Sicilia 53,27 53,33 0,11

Sardegna 38,32 40,36 5,32

Italia 39,19 39,01 -0,48

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2011.

Tabella 2 - Proporzione (per 100) di TC per classe di età e regione - Anni 2008, 2009

<18 18-29 30-44 45+Regioni 2008 2009 2008 2009 2008 2009 2008 2009

Piemonte 24,79 9,43 25,47 24,40 35,86 35,81 70,37 61,74

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0,00 33,33 27,00 27,55 36,77 37,84 50,00 100,00

Lombardia 20,54 16,01 23,05 22,98 30,97 31,29 56,35 65,58

Bolzano-Bozen 0,00 11,76 23,70 20,80 28,60 25,07 81,82 66,67Trento 18,18 5,88 19,09 21,11 28,43 30,47 55,56 46,15Veneto 10,78 16,81 23,17 23,34 30,88 31,25 48,60 61,54

Friuli Venezia Giulia 10,00 9,38 19,47 20,09 25,51 26,45 52,17 56,67

Liguria 20,75 18,18 29,18 29,98 40,70 40,53 66,67 73,81

Emilia-Romagna 15,57 15,25 22,64 22,62 31,75 32,36 63,64 63,89

Toscana 16,88 11,27 20,89 20,87 28,84 30,28 61,36 68,67

Umbria 25,00 25,93 24,81 25,14 35,35 35,66 70,00 58,33

Marche 23,91 19,51 28,98 28,64 38,66 38,51 65,52 81,82

Lazio 26,42 30,29 36,54 36,17 49,03 48,04 76,12 82,13

Abruzzo 26,32 28,95 37,84 36,00 48,20 47,33 79,17 71,88

Molise 50,00 16,67 40,40 41,49 51,28 54,39 71,43 100,00

Campania 56,88 59,60 59,47 59,48 63,92 63,81 80,99 75,48

Puglia 39,95 33,80 44,98 42,76 53,58 51,00 70,77 80,77

Basilicata 28,57 43,75 41,96 42,02 52,25 53,00 76,92 88,89

Calabria 32,20 38,83 42,96 38,93 52,17 47,01 59,18 53,06

Sicilia 40,24 36,12 48,18 47,58 57,55 58,02 71,17 75,56

Sardegna 17,11 23,19 31,64 32,78 40,96 43,47 66,67 62,96

Italia 35,51 33,63 35,06 34,40 41,33 41,35 66,72 70,22

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2011.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 199

Grafico 1 - Proporzione (per 100) di TC per classe di età e macroarea - Anno 2009

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2011.

Confronto internazionaleNonostante le raccomandazioni dell’OMS, il ricorso al

TC è un fenomeno in continuo aumento. L’andamento,

nei Paesi industrializzati, viene ampiamente indagato

in un recente articolo (1) che mostra come, nei 22

Paesi presi in considerazione, 17 presentano un tasso

di TC >20%, con l’Italia in testa (39%), mentre sola-

mente in Olanda (14%) si riscontra un tasso inferiore

al valore raccomandato.

Le differenze evidenziate tra i Paesi vengono addotte

soprattutto ai diversi sistemi di finanziamento del

Servizio Sanitario Nazionale, al sistema medico-lega-

le ed alle Linee Guida adottate dai professionisti.

Raccomandazioni di OsservasaluteLa proporzione totale di TC è l’indicatore più fre-

quentemente utilizzato per la valutazione della quali-

tà dei servizi ostetrici in quanto facilmente reperibile

e con un alto grado di accuratezza. Recentemente, per

attività di audit e per operare confronti tra strutture

sanitarie, sono stati introdotti alcuni indicatori valida-

ti dalla letteratura internazionale. Tra questi, la pro-

porzione dei TC primari e la proporzione di TC in

donne nullipare, con gravidanza singola, a termine, e

con presentazione cefalica. Quest’ultimo gruppo, in

particolare, è stato proposto da diversi autori perchè

comprende un’ampia fascia di popolazione ed include

le gravidanze potenzialmente a basso rischio. Gli sfor-

zi per ridurre la proporzione di TC in questo gruppo di

donne, potrebbero ridurre in maniera efficace il ricor-

so al TC in successive gravidanze. Un altro fenomeno

a cui si sta assistendo nei Paesi industrializzati è sia

l’aumento dell’età media della madre alla prima gra-

vidanza che del numero di gravidanze che vengono

intraprese oltre i 35 anni. È noto che l’età materna

avanzata può rappresentare un importante fattore di

rischio per molte patologie ostetrico-ginecologiche

anche se non è un’indicazione assoluta all’espletamen-

to del TC; tuttavia, la proporzione di TC aumenta

all’aumentare dell’età materna e tale associazione per-

siste anche dopo l’aggiustamento per altri fattori.

Alcune evidenze mostrano che l’incremento dei TC

avviene sulla base della “maternal choice” definita

come un TC eseguito in assenza di indicazioni medi-

che od ostetriche per una gravidanza singola a termine.

Per questo motivo pensiamo che, per la riduzione del

tasso nazionale di TC, occorra un’adeguata campagna

di sensibilizzazione delle donne in età fertile attraver-

so le attività di consultori e punti nascita ed

un’appropriata formazione dei professionisti sanitari

sulle condizioni di alto rischio per le quali è indicato

e giustificato il ricorso al TC.

Per raggiungere l’obiettivo di ridurre i TC non appro-

priati, le raccomandazioni per le regioni riguardano la

piena attuazione di quanto previsto dalle “Linee di

indirizzo per la promozione ed il miglioramento della

qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli

interventi assistenziali nel percorso nascita e per la

riduzione del Taglio Cesareo” del dicembre 2010.

Di particolare importanza risultano essere le politiche

tariffarie, l’inserimento di obiettivi specifici nella

valutazione dei Direttori Generali, dei Direttori di

Dipartimento e di Unità Operativa Complessa, nonché

la ristrutturazione della rete dell’offerta con riduzione

dei punti nascita a basso volume di attività e successi-

va necessaria attivazione del trasporto assistito mater-

no e neonatale di urgenza/emergenza.

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200 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Riferimenti bibliografici(1) Declercq E, Young R, Cabral H, Ecker J. Is a RisingCesarean Delivery Rate Inevitable? Trends in IndustrializedCountries, 1987 to 2007. Birth 2011; 38 (2): 99-104. (2) Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNLG-ISS).Linea Guida 19. Taglio cesareo: una scelta appropriata econsapevole. Disponibile sul sito:http://www.snlg-iss.it/lgn_taglio_cesareo_assistenza_ donne.(3) Ministero della Salute. Schema di Piano Sanitario

Nazionale 2011-2013. Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/dettaglio/dettaglioNews.jsp?id=1358&tipo=new. (4) WHO - World Health Organization. Appropriate techno-logy for birth. Lancet 1985; 2: 436-7.(5) Giani U, Bruzzese D, Pugliese A, Saporito M, Triassi M.Analisi dei fattori di rischio del parto con taglio cesareoelettivo in Campania. Epidemiol Prev 2011; 35 (2): 101-110.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 201

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. Le “Linee di indirizzo per la promozione

ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e

dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel

percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”,

approvate il 16 dicembre 2010 dalla Conferenza

Unificata tra Stato, Regioni e Province Autonome,

prevedono che le Unità Operative neonatologiche di II

livello assistano neonati fisiologici e neonati patologi-

ci, ivi inclusi quelli bisognosi di terapia intensiva (1).

Le funzioni collegate ai livelli assistenziali compren-

dono l’assistenza a soggetti “inborn” ed “outborn” di

qualsiasi peso o età gestazionale che necessitano di

assistenza intensiva.

Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di

1.000 nati/anno nella struttura (inborn) e la presenza

di una Unità Operativa di neonatologia con Unità

Operativa di Terapia Intensiva Neonatale autonoma

(UOTIN). Ogni UOTIN dovrebbe essere attivata per

un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Numeratore Unità Operativa di Terapia Intensiva NeonataleClasse i

x 100

Denominatore Totale di Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3.

Classe 1 = meno di 800 parti, Classe 2 = da 800 a 999 parti, Classe 3 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-

l’indicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto

(CeDAP), relativo all’anno 2009.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono

riferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-

fronto territoriale occorre considerare la diversa

ampiezza regionale, nonché la notevole variabilità di

densità abitativa ed orografica che impone

un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa UOTIN è presente in 129 dei 548 punti nascita

analizzati, ma solo 102 sono collocate in punti nasci-

ta dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui.

Delle restanti 27 UOTIN 16, pari al 12,4%, sono col-

locate in punti nascita con meno di 800 parti annui.

Ciò determina, da un lato, la possibilità che neonati ad

alto rischio di vita ricevano un’assistenza qualitativa-

mente non adeguata e, dall’altro, un impiego non

appropriato di risorse specialistiche e tecnologiche.

Dall’analisi dei dati CeDAP, infatti, è stato rilevato

che il 12,9% dei parti fortemente pre-termine (setti-

mane di gestazione <32) avviene in punti nascita con

meno di 1.000 parti annui e che l’1,6% avviene, addi-

rittura, in strutture con meno di 500 parti annui e pri-

ve di UOTIN ed Unità di neonatologia.

R. UGENTI, R. BOLDRINI, C. TAMBURINI, M. DI CESARE

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202 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Grafico 1 - Percentuale dei punti nascita con UOTIN per classe di ampiezza e regione - Anno 2009

Fonti dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-

ture sanitarie. Anno 2009.

Tabella 1 - Punti nascita con UOTIN (valori assoluti e percentuali) per classe di ampiezza e regione - Anno 2009

Regioni <800 800-999 1.000+ TotaleN % N % N % N %

Piemonte 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 100,00

Lombardia 0 0,00 0 0,00 16 100,00 16 100,00

Bolzano-Bozen 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Trento 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Veneto 1 9,09 0 0,00 10 90,91 11 100,00

Friuli Venezia Giulia 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Liguria 1 20,00 0 0,00 4 80,00 5 100,00

Emilia-Romagna 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Toscana 1 20,00 0 0,00 4 80,00 5 100,00

Umbria 0 0,00 0 0,00 2 100,00 2 100,00

Marche 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Lazio 1 7,69 2 15,38 10 76,92 13 100,00

Abruzzo 2 50,00 0 0,00 2 50,00 4 100,00

Molise 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00

Campania 3 18,75 3 18,75 10 62,50 16 100,00

Puglia 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Basilicata 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 100,00

Calabria 0 0,00 1 25,00 3 75,00 4 100,00

Sicilia 7 35,00 4 20,00 9 45,00 20 100,00

Sardegna 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Italia 16 12,40 11 8,53 102 79,07 129 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-

ture sanitarie. Anno 2009.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 203

Raccomandazioni di OsservasaluteLe Unità funzionali perinatali di II livello assistono

gravidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologi-

ci, ivi inclusi quelli che necessitano di terapia intensi-

va. La presenza di UOTIN all’interno delle strutture

dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui è, pertan-

to, uno degli standard qualitativi individuati dalle

“Linee di indirizzo per la promozione ed il migliora-

mento della qualità, della sicurezza e dell'appropria-

tezza degli interventi assistenziali nel percorso nasci-

ta e per la riduzione del taglio cesareo”.

L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN in

relazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, insie-

me alla valutazione della distribuzione dei punti nasci-

ta per classe di ampiezza, consente di evidenziare

ambiti di potenziale inappropriatezza organizzativa e/o

di rischio per la sicurezza della madre e del neonato.

Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonati

fortemente pre-termine è determinante per la soprav-

vivenza e per la futura qualità di vita del bambino, la

presenza di UOTIN deve essere correlata anche all’età

gestazionale in modo da evidenziare, in particolare, la

percentuale dei parti fortemente pre-termine che han-

no luogo in strutture prive di Terapia Intensiva

Neonatale. Si ricorda che tale indicatore è tra quelli

raccomandati dal progetto Euro-PERISTAT ai fini del

monitoraggio della salute perinatale a livello europeo.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute. Accordo tra il Governo, le regio-ni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province,i comuni e le comunità montane sul documento concernen-te «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramen-to della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degliinterventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzio-ne del taglio cesareo». (G.U. Serie Generale n. 13 del 18gennaio 2011). Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/saluteDonna/saluteDonna.jsp.

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204 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Validità e limiti. La fonte di riferimento, per il nume-

ratore, è l’Indagine sulle cause di morte condotta cor-

rentemente dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat).

L’indagine, a carattere esaustivo, si basa sulla raccol-

ta dei dati per mezzo della scheda di morte (modelli

Istat D4 e D4 bis), la cui compilazione è a cura del

Significato. I tassi di mortalità infantile e neonatale

sono indicatori molto importanti per il monitoraggio

della salute del bambino, della salute della madre e

della qualità dell’assistenza fornita. Sono molti i fat-

tori biologici, sociali, culturali ed economici associati

al rischio di mortalità infantile e neonatale, su cui pesa

notevolmente la qualità complessiva del welfaresocio-assistenziale.

I fattori biologici più rilevanti comprendono l’età

materna, l’ordine di nascita, l’intervallo tra i parti suc-

cessivi, il numero delle nascite, la presentazione fetale

al momento del parto e la storia ostetrica della madre.

I fattori sociali ed economici includono la legittimità,

le condizioni abitative ed il numero di componenti per

nucleo familiare, la nutrizione ed il livello d’istruzione

della madre, l’abitudine al fumo durante la gravidanza,

l’occupazione del padre ed il reddito (1).

L’indicatore risente anche della qualità nella gestione

della gravidanza e dell’evoluzione tecnologica nel-

l’assistenza al parto. Tuttavia, le stesse modalità con

cui vengono raccolti i dati possono influenzare a loro

volta la comparabilità degli indicatori (2-8).

Passando alla definizione degli indicatori utilizzati,

per mortalità infantile si intende il numero di morti

entro il primo anno di vita tra i nati vivi in un deter-

minato periodo e viene espressa come tasso su 1.000

nati vivi in un anno. La mortalità infantile viene spes-

so scomposta in mortalità neonatale precoce, riferita

ai decessi entro i primi 7 giorni di vita (0-6 giorni di

vita), mortalità neonatale tardiva, che comprende i

morti tra i 7-28 giorni di vita e mortalità post-neona-

tale, relativa ai decessi avvenuti in età compresa tra

29-365 giorni di vita. Il tasso di mortalità neonatale

viene frequentemente calcolato aggregando le due

componenti precoce e tardiva.

Tali indicatori, come già detto in precedenza, sono

considerati i più idonei a misurare lo stato di salute del

neonato, del bambino nel primo anno di vita, della

madre e la qualità delle cure materno-infantili. Queste

misure sono, infatti, strettamente correlate alle condi-

zioni sociali, economiche e culturali di un Paese, ma

anche all’organizzazione ed all’efficacia del sistema

sanitario.

Com’è noto, il rischio di morte di un bambino decre-

sce rapidamente durante il primo anno di vita. Il mag-

gior numero di decessi, nei Paesi economicamente più

sviluppati, si registra, infatti, in corrispondenza del

primo mese o della prima settimana di vita. Le cause

di decesso, per questo profilo sono, prevalentemente,

endogene (cause di morte strutturali o legate a fattori

biologici o congeniti, quali la salute della madre, la

presenza di anomalie congenite, l’evoluzione del par-

to o fattori legati all’assistenza al parto), mentre quel-

le esogene, ovvero connesse a malattie infettive o

legate a condizioni ambientali ed igieniche, si presen-

tano con una quota elevata di decessi anche oltre il

primo mese di vita. Quest’ultima situazione, risulta

ancora prevalente nella maggior parte dei Paesi a for-

te pressione migratoria.

In Italia, come nella quasi totalità dei Paesi occidenta-

li, la mortalità nel primo anno di vita ha subito, negli

ultimi decenni, una flessione consistente raggiungen-

do livelli al di sotto del 4‰. Anche la tendenza mon-

diale è quella di una generale riduzione, malgrado

alcuni Paesi non industrializzati, soprattutto l’Africa

sub-sahariana e l’Asia centrale, mostrino valori anco-

ra >100 bambini morti nel primo anno di vita per

1.000 nati vivi (9).

I tassi di mortalità utilizzati riguardano le due compo-

nenti infantile e neonatale e sono calcolati in riferi-

mento alla popolazione residente rapportando, rispet-

tivamente, il numero di morti entro il primo anno ed

entro il primo mese di vita tra i nati vivi in un deter-

minato periodo e vengono espressi come rapporto su

1.000 nati vivi in un anno.

Mortalità infantile e neonatale

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 anno

x 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-28 giorni

x 1.000

Denominatore Nati vivi

S. BRUZZONE, N. MIGNOLLI, M. P. FANTINI, L. DALLOLIO

Page 151: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 205

medico certificatore e dell’Ufficiale di Stato Civile.

Per quanto concerne il numero di nati vivi residenti, al

denominatore, la fonte di riferimento è la Rilevazione

individuale degli iscritti in anagrafe per nascita

(modello Istat P.4), attivata a partire dal 1 gennaio

1999 e condotta correntemente dall’Istat.

I tassi di mortalità infantile e neonatale sono, general-

mente, considerati indicatori molto robusti anche se,

nelle popolazioni numericamente più esigue, si posso-

no presentare ampie fluttuazioni annuali. Per questa

ragione sono stati calcolati, nella presente edizione

del Rapporto Osservasalute, tassi di mortalità infanti-

le e neonatale su base biennale 2005-2006 e 2007-

2008. La rilevazione Istat sulle cause di morte, fonte

dalla quale vengono desunti gli eventi al numeratore

dei tassi riguarda, senza distinzione, tutti i decessi che

si verificano sul territorio, ma non rileva i decessi di

individui residenti in Italia avvenuti all’estero.

Per analizzare le differenze territoriali nella mortalità

infantile e neonatale, infine, sono stati calcolati speci-

fici indicatori sintetici quali la differenza assoluta tra

i tassi (Tassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimen-

to), o in termini relativi, calcolata come rapporto tra le

differenze dei tassi rispetto al gruppo di riferimento

(Tassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimento)

/(Tassogruppo di riferimento x 100).

Valore di riferimento/Benchmark. Non esiste un

valore di riferimento per la mortalità infantile e per le

sue componenti. Il valore più basso raggiunto in qual-

che regione può rappresentare un benchmark per le

altre. Per i confronti si utilizza spesso il riferimento al

valore nazionale e si considera la tendenza o meno

alla riduzione del tasso nel tempo.

Descrizione dei risultatiMortalità infantileNel 2008, il tasso di mortalità infantile tra i residenti

in Italia, è stato di 3,3 morti per 1.000 nati vivi; il

livello del tasso di mortalità infantile tra i residenti ha

subito una flessione nel periodo 2005-2008 passando

da 3,6 a 3,3 (per 1.000 nati vivi) (Tabella1).

Per quanto concerne l’analisi a livello territoriale

occorre segnalare che, per le regioni di dimensione

più contenuta come Valle d’Aosta, Molise, Basilicata

ed Umbria, si registrano forti oscillazioni dei tassi nel

periodo 2005-2008 a causa dell’esiguo numero di

decessi verificatisi annualmente. Per tale ragione sono

stati calcolati tassi di mortalità infantile e neonatale su

base biennale, 2005-2006 e 2007-2008.

Analizzando l’andamento del tasso di mortalità infan-

tile per regione di residenza per l’intero periodo 2005-

2008, si osserva come siano prevalentemente le regio-

ni del Sud e le Isole, fatta eccezione per la Sardegna e

per il Molise che nel primo biennio riportavano un

valore più basso rispetto al dato nazionale, ad assume-

re i livelli di mortalità più elevati, mentre quelle del

Centro-Nord si attestano su valori più contenuti

(Tabella 2).

In particolare, analizzando nel dettaglio i tassi regi-

strati dalle singole regioni nei bienni 2005-2006 e

2007-2008, le regioni che presentano tassi di mortali-

tà infantile <3,0 (per 1.000 nati vivi), ovvero ampia-

mente al di sotto del livello nazionale (rispettivamen-

te, 3,5 e 3,3 per 1.000 nati vivi nei due bienni), sono:

Friuli Venezia Giulia, PA di Trento, Piemonte,

Veneto, Toscana ed Umbria. Livelli molto contenuti

si registrano, con andamento, però, meno costante nel

tempo, anche in Liguria, Lombardia, Marche e

Sardegna, mentre un trend più oscillatorio si rileva in

Valle d’Aosta (rispettivamente, 2,0 e 4,7 per 1.000

nati vivi), Molise (1,7 e 3,4 per 1.000 nati vivi) ed

Abruzzo (3,3 e 4,9 per 1.000 nati vivi). In queste

regioni, infatti, per alcuni anni del periodo considera-

to, si registrano livelli del tasso anche notevolmente

inferiori al valore nazionale. Un tasso di mortalità

infantile costantemente superiore al dato nazionale si

registra in Calabria, Campania, Sicilia e Puglia.

Anche per il Lazio si registrano valori del tasso di

mortalità infantile e neonatale, nel periodo 2005-

2008, più elevati rispetto al totale Italia, ma sicura-

mente più contenuti se confrontati con le regioni meri-

dionali sopra citate. Occorre sottolineare, infine, che

anche per la PA di Bolzano si registrano, per tutto il

periodo considerato, valori dei tassi più elevati rispet-

to al valore nazionale. Come per le altre regioni di

dimensione più contenuta, ad ogni modo, tale valore

potrebbe essere influenzato dal numero contenuto di

eventi verificatisi sul territorio.

Alla luce di quanto descritto, quindi, malgrado sia

rilevabile un miglioramento della mortalità infantile

nel suo complesso, con valori del tasso inferiori a

quelli di diversi Paesi europei (Tabelle 2 e 5), perman-

gono ancora importanti differenze territoriali.

A livello nazionale, come precedentemente accennato

e come riportato e discusso anche nelle edizioni pre-

cedenti del Rapporto Osservasalute (10), si registra un

andamento decrescente del tasso di mortalità infantile

che passa da 3,6 del 2005 a 3,3 (per 1.000 nati vivi)

del 2008 (Grafico 1 e Tabelle 1 e 2)

Mortalità NeonataleAnalizzando la mortalità neonatale, riferita ai residen-

ti in Italia, a livello nazionale si registra per il 2008 un

tasso pari a 2,4 per 1.000 nati vivi. Il livello del tasso

di mortalità neonatale è diminuito nel periodo 2005-

2008, passando da 2,6 a 2,4 decessi (per 1.000 nati

vivi). L’andamento della mortalità neonatale assume

caratteristiche analoghe a quelle della mortalità infan-

tile. Nel periodo 2005-2008 le regioni che assumono

costantemente valori molto inferiori al dato nazionale

sono: Friuli Venezia Giulia, Marche, Lombardia,

Veneto, PA di Trento, Toscana, Umbria e Molise

anche se quest’ultima, a causa dell’esiguo numero di

Page 152: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

206 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

decessi, assume livelli più oscillanti nel tempo. Anche

l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Basilicata e la

Sardegna presentano livelli di mortalità neonatale

sempre inferiori al valore nazionale. Un trend più irre-

golare, per motivi legati all’esigua numerosità degli

eventi, si registra in Valle d’Aosta e Liguria. Le regio-

ni per le quali si registrano livelli del tasso più eleva-

ti di quello nazionale sono: PA di Bolzano, Calabria,

Abruzzo, Lazio, Campania, Sicilia e Puglia. Caso par-

ticolare è la Liguria per la quale si registra un anda-

mento non costante nei due bienni in esame ed un

comportamento differenziato rispetto alle altre regio-

ni dell’area nord-occidentale. Anche in questo caso,

come per il tasso di mortalità infantile, confrontando i

tassi di mortalità neonatale nel periodo 2005-2008, si

osserva che il tasso nazionale si è ridotto e che, anche

nelle regioni del Sud, malgrado si registrino nella

maggior parte dei casi livelli di mortalità neonatale

più elevati del dato nazionale, si riscontrano guadagni

significativi (Grafico 2 e Tabelle 1 e 2).

Le disuguaglianze nella mortalità infantile e neonatale Nel descrivere l’andamento della mortalità infantile

un aspetto importante, da continuare a monitorare e da

sottoporre alla riflessione della comunità scientifica e

degli addetti ai lavori, sono le differenze geografiche

di questo indicatore e delle sue componenti.

Nonostante i tassi di mortalità infantile e neonatale

siano in continua riduzione, permangono significative

disparità a svantaggio delle regioni meridionali (11).

La letteratura suggerisce come le disparità in salute

possano essere espresse in termini assoluti, ovvero

come (12-14) semplici differenze (Tassogruppo di inte-

resse - Tassogruppo di riferimento), o in termini relativi,

ovvero come rapporto tra le differenze nei tassi rispet-

to al gruppo di riferimento (Tassogruppo di interesse -

Tassogruppo di riferimento)/(Tassogruppo di riferimento x

100). Entrambe le misure necessitano di un gruppo di

riferimento la cui scelta dovrebbe essere sempre espli-

citata e motivata. In epidemiologia sociale viene uti-

lizzato come riferimento il tasso del gruppo meno

svantaggiato; questo è utile quando l’obiettivo è di

portare il livello di salute del gruppo più svantaggiato

a quello del gruppo meno svantaggiato, ma quando lo

scopo è di migliorare lo stato di salute dei più svantag-

giati portandolo al livello della popolazione media,

allora l’intera popolazione dovrebbe essere utilizzata

come riferimento (14).

Sia le misure assolute che quelle relative hanno van-

taggi e svantaggi per cui la miglior pratica è quella di

misurare le disparità in entrambi i modi, in particola-

re quando si eseguono confronti nel tempo e tra aree

geografiche (12).

Per analizzare l’andamento delle disparità geografi-

che della mortalità infantile e neonatale, sono stati

calcolati i tassi nei trienni 2003-2005 e 2006-2008

(Tabelle 3 e 4) e sono stati confrontati in termini asso-

luti e relativi rispetto al tasso nazionale preso come

gruppo di riferimento.

Nonostante i tassi nell’ultimo triennio a nostra dispo-

sizione (2006-2008) si siano ridotti rispetto al triennio

precedente, sia a livello nazionale che in tutte e tre le

aree geografiche (Nord, Centro e Mezzogiorno), le

disparità sono rimaste pressoché costanti.

In particolare, l’eccesso di mortalità infantile nelle

regioni del Mezzogiorno, rispetto al resto del Paese,

era di 0,86 casi ogni 1.000 nati vivi nel 2003-2005 e

si è ridotto a 0,71 (per 1.000 nati vivi) nel triennio

2006-2008. In termini relativi la mortalità infantile

nelle regioni del Mezzogiorno era del 23,0% in più

rispetto al tasso nazionale (2003-2005) e si è ridotta di

soli 2,0 punti percentuali nel triennio successivo.

L’interpretazione di questi dati dovrebbe avvenire alla

luce di una serie di considerazioni:

1. la riduzione (o eliminazione) delle differenze negli

esiti di salute che si possono riscontrare tra diversi

sottogruppi di popolazione (genere, etnia, educazione,

reddito, disabilità, area geografica) sono un impegno

doveroso e di valenza strategica per la maggior parte

dei sistemi sanitari;

2. le disuguaglianze nei tassi di mortalità infantile,

rispetto ad altri esiti di salute, rappresentano una

disparità particolarmente grave;

3. in Italia i determinanti di tali disparità sono partico-

larmente complessi da studiare e gli interventi che

possono modificare tali determinanti e tradursi in una

riduzione effettiva delle disparità possono richiedere

molto tempo. Pertanto, la lieve tendenza alla riduzio-

ne del gap negli anni 2003-2008 dovrebbe essere con-

siderata positivamente e monitorata nel tempo;

4. il governo inglese, per fronteggiare il problema del-

la mortalità infantile elevata, superiore a quella italia-

na, ha previsto con il Rapporto “Health Inequalities

Infant Mortality Public Service Agreement Target” la

riduzione di almeno il 10% del gap tra i tassi di mor-

talità infantile nei lavoratori manuali e l’intera popo-

lazione. Questa strategia potrebbe essere adottata

anche in Italia per raggiungere più velocemente ed

efficacemente l’obiettivo (14).

Page 153: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 207

Tabella 1 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) infantile e neonatale in Italia - Anni 2005-2008

Tassi 2005 2006 2007 2008

Mortalità infantile 3,6 3,4 3,3 3,3

Mortalità neonatale 2,6 2,5 2,4 2,4

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2005-2008.

Tabella 2 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) infantile e neonatale per regione - Anni 2005-2006, 2007-2008

Mortalità infantile Mortalità neonataleRegioni 2005-2006 2007-2008 2005-2006 2007-2008

Piemonte 2,8 2,8 2,2 2,1

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 2,0 4,7 2,0 3,2

Lombardia 3,0 2,8 2,0 2,0

Bolzano-Bozen 3,9 3,6 2,9 3,0Trento 2,7 1,8 2,1 1,0Veneto 2,9 2,8 2,1 1,9

Friuli Venezia Giulia 2,5 1,8 1,9 1,2

Liguria 2,1 3,1 1,7 2,8

Emilia-Romagna 3,0 3,0 2,2 2,3

Toscana 2,4 2,6 1,7 1,9

Umbria 2,6 2,8 1,7 2,1

Marche 3,0 2,6 2,0 1,6

Lazio 4,0 3,6 3,1 2,5

Abruzzo 3,3 4,9 2,6 3,7

Molise 1,7 3,4 1,2 1,6

Campania 4,8 4,0 3,6 2,8

Puglia 4,6 3,8 3,2 2,8

Basilicata 3,8 2,8 2,4 1,7

Calabria 5,4 4,4 3,8 3,3

Sicilia 4,7 4,4 3,5 3,2

Sardegna 2,8 3,0 1,9 2,3

Italia 3,5 3,3 2,5 2,4

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2005-2008.

Grafico 1 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) infantile per regione - Anni 2005-2006, 2007-2008

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2005-2008.

Page 154: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

208 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Grafico 2 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) neonatale per regione - Anni 2005-2006, 2007-2008

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2005-2008.

Tabella 3 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) infantile e differenze assolute e relative tra tassi per macroa-rea - Anni 2003-2005, 2006-2008

Macroaree Mortalità infantile Mortalità infantile2003-2005 2006-2008

Nord 3,08 2,88

Centro 3,46 3,23

Mezzogiorno (Sud ed Isole) 4,56 4,09

Italia 3,70 3,38Gap assoluto (Mezzogiorno-Italia)a 0,86 0,71

Gap relativo (Mezzogiorno Italia/Italia x 100)b 23,0% 21,0%

aTassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimento.bTassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimento/Tassogruppo di riferimento x 100.

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2003-2008.

Tabella 4 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) neonatale e differenze assolute e relative tra tassi per macroa-rea - Anni 2003-2005, 2006-2008

Macroaree Mortalità neonatale Mortalità neonatale2003-2005 2006-2008

Nord 2,18 2,10

Centro 2,59 2,33

Mezzogiorno (Sud ed Isole) 3,35 2,92

Italia 2,69 2,44Gap assoluto (Mezzogiorno-Italia)a 0,51 0,48

Gap relativo (Mezzogiorno Italia/Italia x 100)b 23,0% 20,0%

aTassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimento.bTassogruppo di interesse - Tassogruppo di riferimento/Tassogruppo di riferimento x 100.

Fonte dei dati: Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e calcolo della popolazione residente. Anni 2003-2008.

Page 155: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 209

Confronto internazionaleIn Europa la tendenza alla diminuzione della mortali-

tà infantile e neonatale si rileva con battute di arresto

ed oscillazioni dovute, soprattutto, ai tassi registrati

per i Paesi entrati a far parte dell’Unione Europea

(UE) dopo l’allargamento avvenuto nel 2004 e nel

2007 (15-16).

Nel 2008, dato più recente disponibile per l’Italia

(Tabella 5), sono confermate le forti divergenze esi-

stenti tra i diversi Paesi e soprattutto la netta separa-

zione tra Europa orientale ed occidentale. Nello speci-

fico, Romania e Bulgaria, entrate nell’UE solo di

recente (2007), registrano tassi di mortalità infantile

ancora troppo elevati e pari, rispettivamente, a 11,0 ed

a 8,6 per 1.000 nati vivi. Malgrado i tassi di mortalità

infantile siano ancora così elevati e superiori al dato

europeo, è importante osservare come, per quasi tutti

i Paesi dell’Europa orientale entrati a far parte di

recente nell’UE, si sia avuta una più rapida diminu-

zione dei tassi rispetto ai Paesi per i quali il tasso ave-

va già raggiunto livelli più contenuti.

Sempre nel 2008, Romania, Bulgaria, Malta, Lettonia,

Slovacchia, Polonia, Ungheria, Estonia, Lituania, ma

anche Regno Unito registrano, per la mortalità infan-

tile, tassi più elevati del valore dell’EU-27 (range:

11,0-4,6 per 1.000 nati vivi).

Includendo anche alcuni Paesi appartenenti al gruppo

dell’European Free Trade Association, sono

Liechtenstein, Lussemburgo, Slovenia, Svezia,

Islanda, Finlandia, Grecia, Norvegia e Repubblica

Ceca a collocarsi tra le prime posizioni in graduatoria,

con tassi di mortalità infantile molto contenuti ed al di

sotto del 2,8 (per 1.000 nati vivi). Per quanto concer-

ne la mortalità neonatale l’andamento è molto simile

a quello descritto per la mortalità infantile con situa-

zioni di eccellenza nei Paesi dell’Europa settentriona-

le e meno favorevoli in quelli dell’Europa orientale.

Tabella 4 - Tasso di mortalità (per 1.000 nati vivi) infantile e neonatale nei Paesi europei - Anni 2005-2008

Mortalità infantile Mortalità neonatalePaesi europei 2005 2006 2007 2008 2005 2006 2007 2008

EU-27 4,9 4,7 4,5 4,3 n.d. n.d. n.d. n.d.EU-25 4,3 4,2 4,1 3,9 n.d. n.d. n.d. n.d.Austria 4,2 3,6 3,7 3,7 2,9 2,5 2,5 2,7

Belgio 3,7 4,0 3,9 3,7 2,6 n.d. 2,5 n.d.

Bulgaria 10,4 9,7 9,2 8,6 6,2 5,4 4,9 5,0

Cipro 4,6 3,1 3,7 3,5 3,3 2,2 2,1 2,3

Repubblica Ceca 3,4 3,3 3,1 2,8 2,0 2,3 2,1 1,8

Germania 3,9 3,8 3,9 3,5 2,5 2,6 2,7 2,4

Danimarca 4,4 3,5 4,0 4,0 3,3 3,2 3,0 3,1

Estonia 5,4 4,4 5,0 5,0 n.d. 2,7 2,9 3,2

Spagna 3,8 3,5 3,5 3,3 2,4 2,3 2,3 2,1

Finlandia 3,0 2,8 2,7 2,6 2,1 2,0 1,9 1,9

Francia 3,8 3,8 3,8 3,8 2,5 2,5 2,5 2,6

Grecia 3,8 3,7 3,5 2,7 2,6 2,5 2,3 1,8

Ungheria 6,2 5,7 5,9 5,6 4,1 3,7 3,9 3,8

Irlanda 4,0 3,6 3,1 3,8 2,9 2,6 2,1 2,7

Italiaa 3,6 3,4 3,3 3,3 2,6 2,5 2,4 2,4Lituania 6,8 6,8 5,9 4,9 4,1 3,9 3,3 2,8

Lussemburgo 2,6 2,5 1,8 1,8 1,5 1,5 1,3 0,9

Lettonia 7,8 7,6 8,7 6,7 5,6 4,7 5,7 4,6

Malta 5,4 3,6 6,5 8,2 4,4 2,3 5,2 6,1

Paesi Bassi 4,9 4,4 4,1 3,8 3,7 3,3 n.d. n.d.

Polonia 6,4 6,0 6,0 5,6 4,5 4,3 4,3 3,9

Portogallo 3,5 3,3 3,4 3,3 2,2 2,1 2,1 2,1

Romania 15,0 13,9 12,0 11,0 8,5 7,7 6,9 6,2

Svezia 2,4 2,8 2,5 2,5 1,5 1,8 1,7 1,7

Slovenia 4,1 3,4 2,8 2,4 3,0 2,5 2,0 1,9

Slovacchia 7,2 6,6 6,1 5,9 4,1 3,5 3,4 4,7

Regno Unito 5,1 4,9 4,7 4,6 n.d. n.d. 3,3 3,2

EFTA (CH, IS, LI, NO) 3,7 3,8 3,5 3,4 n.d. n.d. n.d. n.d.Svizzera 4,2 4,4 3,9 4,0 3,2 3,4 3,1 3,2

Islanda 2,3 1,4 2,0 2,5 1,6 0,9 1,3 1,7

Liechtenstein 2,6 5,5 0,0 0,0 n.d. n.d. n.d. n.d.

Norvegia 3,1 3,2 3,1 2,7 1,8 2,0 1,8 1,6

n.d. = non disponibile.aIl dato per l’Italia, per coerenza con quanto descritto nei paragrafi precedenti, è stato ricalcolato rapportando il numero dei decessi di resi-

denti nel primo anno e nel primo mese di vita, rilevati mediante l’Indagine Istat su decessi e cause di morte, ai nati vivi residenti.

Fonte dei dati: Eurostat Database (ultimo aggiornamento 3 settembre 2011) - Istat. Indagine su decessi e cause di morte - Movimento e cal-

colo della popolazione residente. Anno 2011.

Page 156: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

210 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Raccomandazioni di OsservasaluteConsiderando gli anni 2005-2008 è possibile osserva-

re come le mortalità infantile e neonatale a livello

nazionale si siano ridotte passando, rispettivamente,

da 3,7 a 3,3 per 1.000 nati vivi e da 2,7 a 2,4 per 1.000

nati vivi.

I determinanti della mortalità infantile e neonatale

sono stati esplorati già dalla fine degli anni Ottanta

(1, 3, 17-19) mediante studi ecologici ed analitici. I

risultati di questi studi suggeriscono come, data la

notevole riduzione dell’indicatore negli ultimi 20 anni

circa, rimanga da rivalutare, negli anni più recenti,

quali determinanti siano ancora rilevanti; occorre,

perciò, progettare nuovi studi analitici per indagare le

differenze tuttora presenti fra Nord e Sud ed analizza-

re i determinanti alla base di tali diseguaglianze.

L’introduzione dell’indicatore proposto nella sezione

dedicata all’analisi delle differenze territoriali, ovvero

il calcolo delle differenze assolute e relative tra i tassi

per ripartizione rispetto alla situazione registrata in

Italia, è stata effettuata proprio per approfondire la

natura di tali differenze.

Attraverso l’utilizzo di indicatori specifici, amministra-

tori, gestori ed operatori potranno avere gli strumenti

per orientare al meglio le politiche socio-sanitarie.

Riferimenti bibliografici(1) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century ofinfant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig 1994;6 (4-6): 487-499.(2) Kochanek KD, Martin JA. Supplemental analyses ofrecent trends in infant mortality. Int J Health Serv 2005; 35:101-15.(3) Fiscella K. Does prenatal care improve birth outcomes?A critical review. Obstet Gynecol 1995; 85: 468-79.(4) Martin JA, Park MM. Trends in twin and triplet births:1980–97. Natl Vital Stat Rep 1999; 47: 1-16.(5) Reynolds MA, Schieve LA, Martin JA, et al. Trends inmultiple births conceived using assisted reproductivetechnology, United States, 1997-2000. Pediatrics 2003; 111:1.159-66.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 211

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i

dati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto

Nazionale di Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di

Sanità (ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG

effettuata è obbligatorio compilare il modello Istat

D.12 ed inviarlo al sistema informativo nazionale; suc-

cessivamente, sulla base di questi dati, le regioni ela-

borano alcune tabelle che inviano al Sistema di

Sorveglianza ministeriale. Ogni anno il Ministero del-

la Salute presenta al Parlamento una relazione sull’an-

damento del fenomeno. Attualmente, i dati italiani

sono tra i più accurati ed aggiornati a livello interna-

zionale. I limiti dell’indicatore possono essere rappre-

sentati dal fatto che, in alcuni casi, viene calcolato uti-

lizzando al numeratore il totale delle IVG effettuate in

regione da donne residenti e non, ed al denominatore

solamente le donne residenti provocando, in tal modo,

una sovrastima o sottostima del fenomeno.

Impiegando, invece, le sole donne residenti sia al

numeratore che al denominatore (come qui effettuato),

vengono esclusi alcuni casi relativi, principalmente,

alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale quello relativo alle 3 regioni con

valore più basso.

Descrizione dei risultatiI dati, elaborati dal Sistema di Sorveglianza e presen-

tati dal Ministro della Salute in occasione dell’ultima

Relazione al Parlamento (1), indicano un numero di

IVG pari a 118.579 nel 2009 e 115.372 nel 2010 (dato

provvisorio). Nel 2009 sono state notificate all’Istat,

mediante il modello D.12, 114.793 IVG. Dopo aver

rilevato la presenza di sottonotifica in alcune regioni

(Abruzzo, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna), i

dati mancanti sono stati stimati tramite il ricorso alle

Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), (arrivando

ad un totale di 118.427 IVG) e, successivamente, i

tassi sono stati calcolati sui dati stimati (Tabella 1).

Dal 2004 si è avuto un calo uniforme e continuo dei

tassi, sia grezzi che standardizzati; nel 2009 tale ten-

denza sembra essere confermata, poiché il tasso grez-

zo è passato da 8,3 del 2008 a 8,0 (per 1.000), mentre

il tasso standardizzato è passato da 8,8 a 8,6 (per

1.000). Questi valori si attestano tra quelli più bassi a

livello europeo: ad esempio il tasso per la classe di età

15-44 anni pubblicato nella Relazione al Parlamento

(1) è pari a 10,1 (per 1.000) per l’Italia, a 7,1 (per

1.000) per la Germania (anno 2010), 11,4 (per 1.000)

per la Spagna, 17,4 (per 1.000) per la Francia e 17,5

(per 1.000) per l’Inghilterra. Nel Grafico 1 viene ripor-

tato il tasso standardizzato per le ripartizioni Nord-

Ovest, Nord-Est, Centro, Mezzogiorno ed il totale

nazionale. Il Nord-Est ha sempre mostrato valori infe-

riori al resto del Paese, ma il lieve trend crescente degli

ultimi anni, in controtendenza con quello del

Mezzogiorno, ha portato al pareggio dei tassi tra le due

ripartizioni. Anche il Centro ed il Nord-Ovest sono

sempre più simili. A livello regionale, le differenze più

significative, tra il 2008 ed il 2009, si riferiscono

all’Abruzzo, alla Sardegna, all’Emilia-Romagna ed

alla Calabria i cui tassi sono diminuiti, rispettivamen-

Significato. Nel 1978 fu approvata, in Italia, la Legge

n. 194 “Norme per la tutela della maternità e sull’inter-

ruzione volontaria della gravidanza” che regola, tra

l’altro, le modalità del ricorso all’aborto volontario. Da

allora qualsiasi donna, per motivi di salute, economici,

sociali o familiari, può richiedere l’Interruzione

Volontaria di Gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni

di gestazione. Oltre questo termine, l’IVG è consentita

per gravi problemi di salute fisica o psichica.

L’intervento può essere effettuato presso le strutture

pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale e le struttu-

re private accreditate ed autorizzate dalle Regioni. Il

tasso di abortività volontaria è l’indicatore più frequen-

temente utilizzato a livello internazionale con al deno-

minatore la popolazione femminile di età 15-44 anni

poiché permette di valutare l’incidenza di un fenomeno

che in gran parte dipende dalle scelte riproduttive, dal-

l’uso di metodi contraccettivi nella popolazione e dal-

l’offerta di servizi nei vari ambiti territoriali. Per una

valutazione più completa dell’IVG è possibile calcola-

re l’indicatore specifico riferendolo ad alcune caratteri-

stiche della donna, ad esempio età, stato civile, parità,

luogo di nascita e cittadinanza. Si può, inoltre, utilizza-

re il tasso standardizzato per età al fine di eliminare

l’effetto confondente di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel Capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

M. LOGHI, A. SPINELLI, A. D’ERRICO

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212 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Tabella 1 - Tasso (specifico, grezzo e standardizzato per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria perregione - Anno 2009

Regioni Tassi Tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 8,55 16,23 14,94 13,55 10,78 4,33 0,36 9,03 9,94

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 6,16 15,09 14,66 12,91 8,56 2,75 0,20 7,80 8,77

Lombardia 6,97 14,09 13,76 12,35 9,19 4,01 0,38 8,06 8,82

Bolzano-Bozen 3,24 7,52 7,39 6,20 5,99 2,87 0,21 4,58 4,89Trento 7,05 11,20 9,32 10,38 8,15 3,73 0,49 6,74 7,26Veneto 4,82 10,43 10,74 9,70 7,28 2,91 0,30 6,16 6,74

Friuli Venezia Giulia 6,83 12,90 12,61 11,37 9,41 3,16 0,38 7,38 8,23

Liguria 11,19 19,31 17,19 13,39 11,03 4,39 0,38 9,51 10,98

Emilia-Romagna 7,13 15,81 15,32 13,49 10,21 4,31 0,50 8,84 9,71

Toscana 6,99 15,04 14,36 13,13 10,69 4,53 0,44 8,68 9,50

Umbria 6,75 13,78 14,39 12,56 9,83 5,18 0,56 8,58 9,20

Marche 4,68 10,84 10,68 9,99 8,70 3,40 0,34 6,67 7,13

Lazio 8,70 16,12 14,22 12,75 10,41 4,82 0,50 8,97 9,73

Abruzzo* 5,93 13,31 12,74 12,63 9,83 4,18 0,56 8,13 8,66

Molise 4,76 11,85 11,39 12,61 9,90 6,37 0,67 8,07 8,49

Campania* 5,67 11,54 12,56 13,11 10,21 4,73 0,40 8,21 8,58

Puglia 7,54 14,55 14,58 14,39 12,45 5,69 0,51 9,78 10,21

Basilicata* 5,94 10,24 11,14 10,22 9,41 4,30 0,66 7,21 7,60

Calabria 4,78 10,32 9,54 9,34 8,36 4,31 0,57 6,66 6,90

Sicilia* 5,77 10,08 9,59 9,20 7,87 3,27 0,29 6,43 6,69

Sardegna* 4,56 8,22 8,08 7,52 6,68 3,00 0,50 5,29 5,61

Italia* 6,62 13,11 12,81 11,97 9,57 4,17 0,42 7,96 8,55

*Valori stimati.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italia

al 2001.

Fonte dei dati: Istat. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Anno 2011.

te, dell’8,3%, dell’8,0%, del 7,3% e del 7,0%.

Veneto, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Umbria e PA di

Bolzano mostrano un leggero aumento, compreso tra

0,3-2,1%. L’aumento più consistente è stato osserva-

to in Molise (+8,0%).

Nel corso del tempo vi è stato un generale decremen-

to del ricorso all’IVG e la diminuzione dell’area sotto

la curva dei tassi per età conferma questa tendenza

(Grafico 2). La differenza più evidente si nota tra il

1984 ed il 1989 quando, il tasso riferito alle donne di

15-49 anni, è diminuito del 26,3% con il decremento

maggiore per le classi 20-24 e 25-29 anni (-30,0%).

Tra il 1994 ed il 1999, il medesimo tasso è aumentato

per le donne di 15-19 anni (+23,8%), mentre per le

restanti classi si è avuto un calo del 7% circa.

Tra il 1999 ed il 2004 la situazione non è stata molto

diversa, mentre, nell’ultimo quinquennio (2004-2009),

il declino dei tassi coinvolge tutte le classi di età.

È di notevole importanza tenere sotto osservazione il

tasso riferito alle sole minorenni in quanto, una pre-

venzione attiva a loro mirata, può essere di aiuto per

la futura programmazione del loro progetto di fecon-

dità. Il numero di donne di età compresa tra 15-17

anni che, nel 2009, ha fatto ricorso all’IVG, è uguale

a 3.477, pari al 3,0% di tutte le IVG.

Nel corso del tempo il tasso ha mostrato una tendenza

all’aumento, pur presentando, comunque, lievi oscil-

lazioni. Dal 1998 ha superato il valore del 4,0 (per

1.000), con le sole eccezioni degli anni 2001 e 2003

(3,9 per 1.000). Il valore più elevato si è registrato nel

2004 (4,6 per 1.000) e, successivamente, seguendo

l’andamento del tasso generale, è leggermente dimi-

nuito fino al 2006 (Grafico 2). Nel 2009 risulta essere

pari a 4,1 (per 1.000) donne minorenni, con le diffe-

renze regionali illustrate nel Grafico 3.

Il Nord-Ovest, con un tasso pari a 4,9 (per 1.000), si

posiziona nei posti più alti della graduatoria; spicca la

Liguria con un valore pari a 7,5 (per 1.000). Le ripar-

tizioni dove le minorenni sembrano far meno ricorso

all’aborto volontario sono le Isole ed il Nord-Est: 3,6

IVG ogni 1.000 donne di 15-17 anni (1,7 per 1.000

per la PA di Bolzano e 3,4 per 1.000 per la Sardegna).

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 213

Grafico 1 - Tasso standardizzato (per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria per macroarea* - Anni1980-2009

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per le seguenti regioni: Piemonte (anni 1986-1995, 1999), Friuli Venezia Giulia

(anni 2005 e 2006), Lazio (anni 1995 e 1996), Abruzzo (anno 2009), Molise (anno 2005), Campania (anni 2002, 2005-2009), Basilicata

(anno 2009), Calabria (anni 1981, 1985 e 2008), Sicilia (anni 2004-2009), Sardegna (anni 2008-2009). Per l’anno 2003 i dati della Campania

sono risultati fortemente sottostimati e non si è proceduto ad effettuare alcuna stima.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media femminile residente in Italia

nel 2001.

Fonte dei dati: Istat. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Anno 2011.

Tasso standardizzato (per 1.000 donne di 15-49 anni) di aborti-vità volontaria per regione. Anno 2009

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214 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2011

Grafico 2 - Tasso specifico (per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria* - Anni 1984, 1989, 1994,1999, 2004, 2009

*A causa di incompletezza dei dati, i tassi sono stati stimati per il Piemonte negli anni 1989, 1994 e 1999, per la Sicilia nel 2004 e per

l’Abruzzo, la Campania, la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna nel 2009.

Fonte dei dati: Istat. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Anno 2011.

Grafico 3 - Tasso specifico (per 1.000 donne di 15-17 anni) di abortività volontaria per regione* - Anno 2009

*I tassi di Abruzzo, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna sono stimati.

Fonte dei dati: Istat. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Anno 2011.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 215

Raccomandazioni di OsservasaluteL’evoluzione dell’abortività volontaria permette di

affermare che il ricorso all’aborto non è una scelta di

elezione, ma, nella gran parte dei casi, è conseguenza

estrema del fallimento dei metodi contraccettivi con

più alta probabilità di insuccesso e/o all’uso scorretto

degli stessi e, più in generale, delle carenze dell’attua-

le modello di sicurezza sociale rivolto alle donne.

Negli anni, grazie anche alla legalizzazione dell’abor-

to ed all’attività dei consultori familiari, vi sono stati

dei miglioramenti nelle conoscenze e nell’uso dei

metodi di procreazione responsabile che hanno porta-

to i tassi di IVG, in Italia, tra i più bassi in Europa.

Tuttavia, le donne con più conoscenze e competenze

(le più istruite, le coniugate e le lavoratrici) sono

ancora quelle che beneficiano di più delle opportunità

offerte dai servizi per una procreazione responsabile.

Ciò dimostra che i programmi di prevenzione del-

l’aborto devono fondarsi sempre più sul modello del-

l’enpowerment (promozione della riflessione sui vis-

suti e sviluppo di consapevolezze e competenze per

scelte autonome) di tutte le donne, come viene deli-

neato dalla Carta di Ottawa (4) e dal Progetto

Obiettivo Materno Infantile (3).

Si sottolinea, infine, l’elevato ricorso all’IVG da par-

te delle donne straniere anche se, negli ultimi anni, si

è osservata una leggera flessione nell’incremento; per

i dettagli si rimanda all’indicatore “Abortività volon-

taria delle donne straniere” nel Capitolo “Salute degli

immigrati”.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2011). Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2009. Dati provvisori 2010. Ministero della Salute, 2011.Disponibile sui siti:http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1585_allegato.pdf; http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1585_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf.(2) Istat (2011). L’interruzione volontaria di gravidanza inItalia. Anni 2008, 2009. Tavole di dati. Disponibile sul sito:http://www.istat.it/it/archivio/45855.(3) Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI), D.M. del24/4/2000, Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000.(4) Organizzazione Mondiale della Sanità (1986). Carta diOttawa. Disponibile sul sito:http://www.who.int/hpr/NPH/docs/ottawa_charter_hp.pdf.

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186 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere

l’organizzazione territoriale della rete dei punti nascita.

Nell’ambito del processo di riorganizzazione delle reti di

assistenza ospedaliera, già previsto dal Patto della Salute

2010-2012, è stato approvato, il 16 dicembre 2010 dalla

Conferenza Unificata, l’Accordo tra il Governo, le Regioni

e le PA di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le

Comunità Montane che prevede lo sviluppo di un

Programma nazionale, articolato in dieci linee di azione,

atto a promuovere e migliorare la qualità, la sicurezza e

l’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso

nascita ed a ridurre il ricorso al Taglio Cesareo.

Le Linee di indirizzo, da avviare congiuntamente a livello

nazionale, regionale e locale, riguardano misure di politica

sanitaria, tra le quali la razionalizzazione dei punti nascita

ed il miglioramento degli aspetti strutturali, tecnologici ed

organizzativi delle strutture tramite l’indicazione di stan-

dard di riferimento per la riorganizzazione delle Unità

Operative di ostetricia, delle Unità Operative di pedia-

tria/neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale.

Le Linee di indirizzo intendono costituire un efficace stru-

mento per migliorare la qualità e l’appropriatezza delle pre-

stazioni erogate per il percorso nascita e la loro attuazione,

da parte delle singole regioni e PA, è stata progressivamen-

te realizzata nel triennio 2010-2012.

In questo ambito, la riorganizzazione della rete assistenzia-

le prevede di adottare stringenti criteri, fissando il numero

di almeno 1.000 nascite/anno quale parametro standard a

cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nasci-

ta, riconducendo a due i precedenti tre livelli assistenziali

definiti dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI)

del 24 aprile 2000. La possibilità di punti nascita con

numerosità inferiore e, comunque, non al di sotto di 500

parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate

valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle

varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di

attivazione del Servizio Trasporto Assistito Materno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse i

x 100

Denominatore Totale parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4.

Classe 1 = <500 parti, Classe 2 = da 500 a 799 parti, Classe 3 = da 800 a 999 parti, Classe 4 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto di

uno solo dei molteplici standard qualitativi già indivi-

duati dal POMI per caratterizzare i livelli della rete di

offerta dei servizi ostetrici ospedalieri, anche se il

rispetto di tale standard si configura come requisito

fondamentale. La fonte utilizzata per il calcolo dell’in-

dicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto, relativo

all’anno 2010.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-

rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-

to territoriale occorre considerare la diversa ampiezza

regionale, nonché la notevole variabilità di densità abi-

tativa e orografica che impone un’organizzazione dei

servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmen-

te diversificata sul territorio. Nel 2010, il 7,37% dei

parti è avvenuto in punti nascita con un volume di atti-

vità <500 parti annui, volume ritenuto non soddisfa-

cente a garantire uno standard qualitativo accettabile

neanche per i punti nascita di I livello, per i quali è

previsto lo standard operativo di almeno 500 par-

ti/anno.

Nell’analisi di tale fenomeno, non considerando real-

tà regionali particolari, come la Valle d’Aosta e le PA

di Trento e Bolzano, si evidenzia un netto gradiente

Nord-Sud.

Nell’area meridionale del Paese si registrano percen-

tuali nettamente superiori al dato nazionale con punte

del 23,69% in Molise e del 20,53% in Sicilia. Occorre

precisare che nelle regioni meridionali, soprattutto in

Campania ed in Sicilia, i punti nascita sono per lo più

dislocati in Case di cura private accreditate che hanno,

generalmente, una dimensione inferiore rispetto alle

strutture gestite direttamente dal Servizio Sanitario

Nazionale.

Da sottolineare è la situazione dell’Umbria poichè la

distribuzione dei parti nella prima e nella seconda

classe di ampiezza non è aderente alla realtà e risente

della diminuzione della copertura della rilevazione

registrata nel 2010. La non esaustività della copertura

comporta, quindi, una sovrastima dei punti nascita

nelle prime due classi.

R. UGENTI, R. BOLDRINI, M. DI CESARE, C. TAMBURINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 187

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno 2010

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2010.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il migliora-

mento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza

degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la

riduzione del taglio cesareo” programmano la razionaliz-

zazione/riduzione progressiva dei punti nascita con

numero di parti <1.000/anno, prevedendo l’abbinamento

per pari complessità di attività delle Unità Operative oste-

trico-ginecologiche con le Unità Operative neonatologi-

che/pediatriche, riconducendo a due i precedenti tre livel-

li del POMI ed indicando standard operativi, di sicurezza

e tecnologici rispetto alle specifiche funzioni collegate ai

livelli assistenziali. Le evidenze relative alla composizio-

ne percentuale dei parti secondo la classe di ampiezza dei

punti nascita consentono di definire la situazione attuale

ed i punti critici, fornendo un valido strumento a suppor-

to della programmazione dei servizi di assistenza ostetri-

ca e pediatrico-neonatologica e degli interventi di razio-

nalizzazione della rete di offerta dei punti nascita, previ-

sti per la sicurezza delle cure ed il contenimento della

spesa sanitaria.

Tabella 1 - Parti (valori assoluti e percentuale) effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza perregione - Anno 2010

Regioni <500 500-799 800-999 1.000+ TotaleParti % Parti % Parti % Parti % Parti %

Piemonte 0 0,00 1.276 3,57 2.861 8,00 31.618 88,43 35.755 100,00

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.207 100,00 1.207 100,00

Lombardia 3.220 3,36 13.655 14,23 8.226 8,57 70.847 73,84 95.948 100,00

Bolzano-Bozen 853 15,35 1 846 33,22 0 0,00 2.858 51,43 5.557 100,00Trento 963 19,18 1.267 25,24 0 0,00 2.790 55,58 5.020 100,00Veneto 0 0,00 1.280 2,80 4.557 9,96 39.903 87,24 45.740 100,00

Friuli Venezia Giulia 366 3,58 2.326 22,74 1.794 17,54 5.743 56,14 10.229 100,00

Liguria 0 0,00 1.988 17,76 980 8,75 8.227 73,49 11.195 100,00

Emilia-Romagna 684 1,67 1.459 3,55 866 2,11 38.071 92,68 41.080 100,00

Toscana 1.385 4,25 3.350 10,29 969 2,98 26.849 82,48 32.553 100,00

Umbria 1 886 23,53 747 9,32 0 0,00 5.381 67,14 8.014 100,00

Marche 989 7,01 4.730 33,55 2.776 19,69 5.604 39,75 14.099 100,00

Lazio 3.426 6,33 7.208 13,32 6.950 12,85 36.518 67,50 54.102 100,00

Abruzzo 1.774 19,69 1.352 15,00 953 10,58 4.932 54,73 9.011 100,00

Molise 526 23,69 644 29,01 0 0,00 1.050 47,30 2.220 100,00

Campania 7.595 13,10 11.005 18,98 9.111 15,71 30.284 52,22 57.995 100,00

Puglia 2.802 7,67 7.523 20,60 3.448 9,44 22.740 62,28 36.513 100,00

Basilicata 744 16,67 1.193 26,72 0 0,00 2.527 56,61 4.464 100,00

Calabria 1.795 13,51 4.576 34,43 1.938 14,58 4.982 37,48 13.291 100,00

Sicilia 8.401 20,53 10.570 25,83 4.454 10,89 17.490 42,75 40.915 100,00

Sardegna 2.170 17,80 1.645 13,50 1.768 14,50 6.606 54,20 12.189 100,00

Italia 39.579 7,37 79.640 14,83 51.651 9,62 366.227 68,19 537.097 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2010.

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188 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Parti con Taglio Cesareo

Significato. In Italia, il ricorso al Taglio Cesareo (TC)

ha raggiunto livelli estremamente elevati e, sebbene

negli ultimi 2 anni si sia registrata una lieve riduzione,

non si è ancora evidenziata una significativa inversione

di tendenza.

A circa 2 anni dalla pubblicazione della prima parte

della Linea Guida sul TC, focalizzata sugli aspetti del-

la comunicazione alle donne, il Sistema Nazionale

Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità ha presen-

tato, lo scorso 30 gennaio 2011, la seconda parte (1)

dedicata ai temi dell’appropriatezza della pratica chi-

rurgica nell’assistenza alla nascita, che affronta gli

aspetti relativi alle indicazioni al TC urgente e pro-

grammato.

Proporzione di parti cesarei totali

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti cesarei primari

Numeratore Parti cesarei in donne che non hanno subito un precedente cesareo

(DRG 370-371 esclusi codici di diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti cesarei ripetuti

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e cod. diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di parti cesarei è

registrata con buona precisione e può essere stimata

sia a partire dalle informazioni presenti nelle Schede

di Dimissione Ospedaliera (SDO) sia attraverso i

Certificati di Assistenza al Parto utilizzando

l’informazione “modalità di parto”. L’indicatore sti-

mato, a partire dai DRG della banca dati SDO, è quel-

lo più facilmente calcolabile a livello nazionale.

Come già discusso ampiamente nelle edizioni prece-

denti, per poter confrontare strutture o regioni attraver-

so questo indicatore è necessario considerare una pos-

sibile diversa distribuzione dei fattori di rischio, tra cui

la presenza di un precedente parto cesareo (2, 3).

Per questi motivi sono descritti anche i due indicatori

“parti cesarei primari” e “parti cesarei ripetuti” (parti

cesarei in donne in cui è stato eseguito un precedente

cesareo). Per l’individuazione del precedente TC vie-

ne utilizzato il codice ICD9-CM di diagnosi seconda-

ria 654.2 riportato nella SDO della madre al momen-

to del parto.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto qua-

le sia la proporzione di TC corrispondente alla quali-

tà ottimale delle cure, ma si ritiene che, in situazioni

di sovra-utilizzazione, proporzioni più basse di TC

rappresentino una migliore qualità dell’assistenza.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rac-

comanda come valore ideale una proporzione del 15%.

L’eccessivo ricorso al TC è una delle criticità eviden-

ziate nella bozza del Piano Sanitario Nazionale 2011-

2013, che prevede una riorganizzazione strutturale dei

punti nascita per facilitare la riduzione dei parti per

TC, da portare gradualmente intorno al 20%.

Descrizione dei risultatiIn Italia, la proporzione di TC sul totale dei parti è, nel

2010, pari al 38,71%, variando da un minimo del

23,99% registrato in Friuli Venezia Giulia ad un mas-

simo del 61,72% registrato in Campania (Tabella 1).

Nel 2006, con una proporzione del 39,30%, si è regi-

strato in Italia il valore più elevato in assoluto; dal

2007 i dati mettono in evidenza un trend in lieve, ma

in continua, riduzione.

Questo andamento positivo si conferma anche nel

2010 dove, rispetto al 2009, si registra una riduzione

dello 0,75%: in 10 regioni su 21 si registra una dimi-

nuzione in percentuale superiore a quella media

nazionale (Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia,

Toscana, Marche, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria

e Sicilia) (Tabella 1).

Il trend positivo è da imputare, complessivamente,

alla riduzione dei TC primari: nel 2010 sono 14 le

regioni in cui si registra una diminuzione dell’indica-

tore rispetto al 2009, in particolare in Basilicata,

L. DALLOLIO, V. DI GREGORI, G. PIERI, E. STIVANELLO, M. AVOLIO, M. P. FANTINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 189

Molise, Calabria e Piemonte (Tabella 2). Diverso è

l’andamento della proporzione dei TC ripetuti, con un

aumento dell’1,69% nel 2010 rispetto al 2009

(Tabella 3).

Si segnala come siano 6 le regioni in cui i TC ripetuti

sono in riduzione rispetto al 2010 e 4 le regioni in cui

nello stesso periodo entrambi gli indicatori (TC pri-

mari e ripetuti) sono in diminuzione.

Si segnala, infine, positivamente, come tutte le regio-

ni del Sud, che tradizionalmente riportano le propor-

zioni più elevate, nel 2010 abbiano registrato una

riduzione dei TC primari.

Tabella 1 - Proporzione (per 100) di Tagli Cesarei totali e variazione percentuale per regione - Anni 2009-2010

Regioni 2009 2010 ∆∆ %(2009-2010)

Piemonte 32,11 30,22 -5,91

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 34,53 34,55 0,05

Lombardia 28,65 29,16 1,78

Bolzano-Bozen 23,61 25,36 7,41Trento 27,40 27,62 0,78Veneto 28,73 28,37 -1,26

Friuli Venezia Giulia 24,55 23,99 -2,26

Liguria 37,61 38,12 1,38

Emilia-Romagna 29,19 29,92 2,50

Toscana 27,49 26,79 -2,56

Umbria 32,16 32,23 0,21

Marche 35,25 34,41 -2,38

Lazio 44,64 44,41 -0,50

Abruzzo 43,59 44,64 2,41

Molise 50,30 46,27 -8,03

Campania 61,96 61,72 -0,40

Puglia 47,85 47,10 -1,57

Basilicata 49,74 46,64 -6,23

Calabria 43,72 42,75 -2,22

Sicilia 53,33 52,18 -2,16

Sardegna 40,36 41,16 1,98

Italia 39,01 38,71 -0,75

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2012.

Tabella 2 - Proporzione (per 100) di Tagli Cesarei primari e variazione percentuale per regione - Anni 2009-2010

Regioni 2009 2010 ∆∆ %(2009-2010)

Piemonte 21,28 19,61 -7,84

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 25,44 23,81 -6,40

Lombardia 18,97 19,17 1,01

Bolzano-Bozen 16,56 17,85 7,77Trento 17,49 18,53 5,90Veneto 18,77 18,40 -1,96

Friuli Venezia Giulia 17,20 16,20 -5,83

Liguria 27,48 27,70 0,80

Emilia-Romagna 18,66 19,35 3,69

Toscana 18,95 18,24 -3,78

Umbria 21,51 21,43 -0,38

Marche 22,33 21,65 -3,08

Lazio 29,10 28,60 -1,72

Abruzzo 29,76 30,47 2,38

Molise 30,46 27,81 -8,71

Campania 34,17 33,69 -1,42

Puglia 29,46 27,91 -5,28

Basilicata 28,40 25,45 -10,39

Calabria 28,55 26,24 -8,10

Sicilia 31,14 29,35 -5,74

Sardegna 27,23 28,11 3,24

Italia 24,53 24,00 -2,19

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2012.

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190 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Tabella 3 - Proporzione (per 100) di Tagli Cesarei ripetuti e variazione percentuale per regione - Anni 2009-2010

Regioni 2009 2010 ∆∆ % (2009-2010)

Piemonte 10,83 10,61 -2,12

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 9,09 10,74 18,10

Lombardia 9,68 10,00 3,27

Bolzano-Bozen 7,05 7,51 6,55Trento 9,91 9,09 -8,26Veneto 9,96 9,96 0,00

Friuli Venezia Giulia 7,34 7,79 6,12

Liguria 10,13 10,43 2,95

Emilia-Romagna 10,53 10,57 0,38

Toscana 8,54 8,55 0,14

Umbria 10,65 10,80 1,40

Marche 12,91 12,76 -1,16

Lazio 15,53 15,81 1,78

Abruzzo 13,83 14,18 2,47

Molise 19,84 18,46 -6,98

Campania 27,79 28,03 0,86

Puglia 18,38 19,19 4,39

Basilicata 21,34 21,19 -0,69

Calabria 15,17 16,51 8,86

Sicilia 22,20 22,83 2,86

Sardegna 13,13 13,04 -0,63

Italia 14,47 14,72 1,69

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2012.

Confronto internazionaleL’Italia è uno dei Paesi al mondo con la più alta pro-

porzione di parti cesarei. Nel 2010, considerando i 27

Paesi della Unione Europea, la nazione con la propor-

zione maggiore di parti cesarei è proprio l’Italia, con

valori più che doppi rispetto al 16,1% della Finlandia

(valore più basso a livello europeo).

Considerando tutti i 53 Paesi della Regione Europea

dell’OMS, il valore più alto viene registrato in Turchia

con il 47,2%, seguita subito dopo dall’Italia (4).

Raccomandazioni di OsservasaluteIl contenimento dei TC inappropriati rappresenta un

importante strumento per la sicurezza della donna e

del neonato, come dimostrato anche da studi italiani

(5, 6), e potrà essere realizzato solo attraverso azioni

da attuare a livello regionale (pianificazione strategi-

ca, accreditamento istituzionale, remunerazione etc.),

aziendale (pianificazione attuativa, budget e valuta-

zione performance) e dei singoli professionisti (stesu-

ra di protocolli/percorsi assistenziali, formazione,

audit periodici, definizione obiettivi etc.).

Se la proporzione totale di TC è l’indicatore più fre-

quentemente utilizzato per la valutazione della qualità

dei servizi ostetrici, recentemente, per attività di audite per operare confronti tra strutture sanitarie, sono sta-

ti introdotti indicatori quali la proporzione dei TC pri-

mari (descritti nel presente Rapporto) e la proporzione

di TC in donne nullipare, con gravidanza singola, a ter-

mine, e con presentazione cefalica. Quest’ultimo indi-

catore, in particolare, è stato proposto da diversi auto-

ri perché comprende un’ampia fascia di popolazione

ed include le gravidanze potenzialmente a basso

rischio, riducendo la necessità di confronti aggiustati

(6). Gli sforzi per ridurre la proporzione di TC in que-

sto gruppo di donne potrebbero, inoltre, ridurre il

ricorso al TC in successive gravidanze.

Riferimenti bibliografici(1) Sistema nazionale per le linee guida-SNLG. Taglio cesa-reo: una scelta appropriata e consapevole. Seconda parte.Lineaguida 22 (2012). Disponibile sul sito:www.snlg-iss.it/cms/files/LG_Cesareo_finaleL.pdf consultato il 12ottobre 2012.(2) Colais P, Fantini MP, Fusco D, Carretta E, Stivanello E,Lenzi J, Pieri G, Perucci CA. Risk adjustment models forinterhospital comparison of CS rates using Robson's tengroup classification system and other socio-demographicand clinical variables. BMC Pregnancy Childbirth. 2012 Jun21; 12 (1): 54. [Epub ahead of print].(3) Fantini MP, Stivanello E, Frammartino B, Barone AP,Fusco D, Dallolio L, Cacciari P, Perucci CA. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of primary cesareansection rates: need, validity and parsimony. BMC HealthServ Res. 2006 Aug 15; 6: 100.(4) HFA_DB. European health for all database. WorldHealth Organization Regional Office for Europe Updated:July 2012. Disponibile sul sito:http://data.euro.who.int/hfadb.(5) Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C,Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of caesarean deliveryrates in low-risk deliveries. PLoS One. 2011; 6 (11):e28060. Epub 2011 Nov 23.(6) Farchi S., Polo A., Franco F., Di Lallo D.,Guasticchi G.Severe postpartum morbidity and mode of delivery: a retro-spective cohort study Acta Obstetricia et GynecologicaScandinavica, December 2010, Vol. 89, No. 12: Pages1.600-1.603 (doi: 10.3109/00016349.2010.515298).

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 191

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete di

assistenza intensiva neonatale. Le “Linee di indirizzo

per la promozione ed il miglioramento della qualità,

della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi

assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del

taglio cesareo”, approvate il 16 dicembre 2010 dalla

Conferenza Unificata, prevedono che le Unità

Operative neonatologiche di II livello assistano neo-

nati fisiologici e neonati patologici, ivi inclusi quelli

bisognosi di terapia intensiva.

Le funzioni collegate ai livelli assistenziali ricom-

prendono l’assistenza a soggetti “inborn” ed “out-

born”, necessitanti di assistenza intensiva, di qualsia-

si peso o età gestazionale.

Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di

1.000 nati/anno nella struttura (Inborn) e la presenza

di una Unità Operativa di neonatologia con Unità

Operativa di Terapia Intensiva Neonatale (UOTIN)

autonoma. Inoltre, la UOTIN dovrebbe essere attivata

per un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Numeratore Unità Operativa di Terapia Intensiva NeonataleClasse i

x 100

Denominatore Totale di Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3.

Classe 1 = <800 parti, Classe 2 = da 800 a 999 parti, Classe 3 = 1.000 parti e più.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-

l’indicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto

(CeDAP), relativo all’anno 2010.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono

riferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-

fronto territoriale occorre considerare la diversa

ampiezza regionale, nonché la notevole variabilità di

densità abitativa e orografica che impone

un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa UOTIN è presente in 124 dei 528 punti nascita

analizzati; solo 102 delle UOTIN sono collocate in

punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti

annui. Delle restanti 22 UOTIN ben 10, pari

all’8,06%, sono collocate in punti nascita con meno di

800 parti annui. Ciò determina, da un lato, la possibi-

lità che neonati ad alto rischio di vita ricevano

un’assistenza qualitativamente non adeguata e dall’al-

tro un impiego non appropriato di risorse specialisti-

che e tecnologiche (Tabella 1 e Grafico 1).

Dall’analisi dei dati CeDAP, infatti, si è rilevato che

l’11,3% dei parti fortemente pre-termine (<32 setti-

mane di gestazione) avviene in punti nascita con

meno di 1.000 parti annui e che l’1,2% addirittura

avviene in strutture con <500 parti annui e prive di

UOTIN ed Unità di neonatologia.

R. UGENTI, R. BOLDRINI, C. TAMBURINI, M. DI CESARE

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192 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Grafico 1 - Percentuale dei punti nascita con UOTIN per classe di ampiezza e regione - Anno 2010

Fonti dei dati: Ministero della Salute. Certificato di assistenza al parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle struttu-

re sanitarie. Anno 2010.

Tabella 1 - Punti nascita (valori assoluti e percentuale) con UOTIN per classe di ampiezza e regione - Anno 2010

Regioni <800 800-999 1.000+ TotaleN % N % N % N %

Piemonte 0 0,00 1 11,11 8 88,89 9 100,00

Valle d’Aosta-Valle d’Aoste 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 100,00

Lombardia 0 0,00 0 0,00 17 100,00 17 100,00

Bolzano-Bozen 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Trento 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00Veneto 1 9,09 0 0,00 10 90,91 11 100,00

Friuli Venezia Giulia 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Liguria 1 20,00 0 0,00 4 80,00 5 100,00

Emilia-Romagna 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Toscana 1 20,00 0 0,00 4 80,00 5 100,00

Umbria 0 0,00 0 0,00 2 100,00 2 100,00

Marche 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Lazio 2 16,67 1 8,33 9 75,00 12 100,00

Abruzzo 1 25,00 0 0,00 3 75,00 4 100,00

Molise 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Campania 2 13,33 5 33,33 8 53,33 15 100,00

Puglia 0 0,00 0 0,00 9 100,00 9 100,00

Basilicata 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 100,00

Calabria 0 0,00 1 25,00 3 75,00 4 100,00

Sicilia 2 12,50 4 25,00 10 62,50 16 100,00

Sardegna 0 0,00 0 0,00 1 100,00 1 100,00

Italia 10 8,06 12 9,68 102 82,26 124 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di assistenza al parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle struttu-

re sanitarie. Anno 2010.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe Unità funzionali perinatali di II livello assistono gra-

vidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologici, ivi

inclusi quelli che necessitano di terapia intensiva. La

presenza di UOTIN all’interno delle strutture dove han-

no luogo almeno 1.000 parti annui è, pertanto, uno degli

standard qualitativi individuati dalle “Linee di indirizzo

per la promozione ed il miglioramento della qualità, del-

la sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assi-

stenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio

cesareo”.

L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, in

relazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, unita-

mente alla distribuzione dei punti nascita per classi di

Page 169: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 193

ampiezza, consente di evidenziare ambiti di potenziale

non appropriatezza organizzativa o di rischio per la

sicurezza della madre e del neonato.

Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonati for-

temente pre-termine è determinante per la sopravivenza

e la futura qualità della vita del bambino, la presenza di

UOTIN deve essere correlata anche all’età gestazionale,

in modo da evidenziare, in particolare, la percentuale

dei parti fortemente pre-termine che hanno luogo in

strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale. Si ricor-

da che tale indicatore è tra quelli raccomandati dal pro-

getto Euro-PERISTAT, ai fini del monitoraggio della

salute perinatale a livello europeo.

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194 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Significato. Il Registro Nazionale Italiano della

Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) raccoglie

i dati di tutti i centri che applicano tecniche di fecon-

dazione assistita di I, II e III livello. Con tecniche di I

livello ci si riferisce all’Inseminazione Semplice, con

II e III livello si fa riferimento, invece, oltre che all’in-

seminazione semplice anche alle tecniche di feconda-

zione in vitro più complesse quali: il trasferimento

intratubarico dei gameti (Gamete IntrafallopianTransfer-GIFT), tecnica quasi in disuso usata soltanto

in pochissimi casi; la fertilizzazione in vitro con trasfe-

rimento degli embrioni (Fertilization In Vitro EmbryoTransfer-FIVET); la tecnica di fecondazione che pre-

vede l’iniezione nel citoplasma dell’ovocita di un sin-

golo spermatozoo (Intracytoplasmic Sperm Injection-

ICSI); il trasferimento di embrioni crioconservati

(Frozen Embryo Replacement-FER); il trasferimento

di embrioni ottenuti da ovociti crioconservati (FrozenOocyte-FO), la crioconservazione degli embrioni e

degli ovociti e tutte le tecniche chirurgiche di prelievo

degli spermatozoi.

I centri di II e III livello si distinguono soltanto per il

tipo di anestesia somministrata e per alcune differenze

nelle tecniche di prelievo chirurgico degli spermato-

zoi, mentre, dal punto di vista della lettura dei risulta-

ti, vengono considerati un unico gruppo.

Nel Maggio del 2009 è intervenuta una sentenza della

Corte Costituzionale n. 151/2009 che ha sostanzial-

mente modificato le terapie e le pratiche cliniche attua-

te dai centri di PMA.

Di fatto, la previsione della creazione di un numero di

embrioni non maggiore di tre, in assenza di ogni con-

siderazione delle condizioni soggettive della donna

che di volta in volta si sottopone alla procedura di

PMA, si poneva in contrasto con la Costituzione, in

quanto riservava il medesimo trattamento a situazioni

dissimili. La scelta del trattamento da attuare deve

essere lasciato alla discrezionalità del medico che è il

depositario del sapere tecnico del caso.

Questo fa si che si mantenga salvo il principio secon-

do cui le tecniche di produzione di embrioni non devo-

no creare un numero di embrioni superiore a quello

strettamente necessario ed, inoltre, si esclude la previ-

sione dell’obbligo di un unico e contemporaneo

impianto e del numero massimo di embrioni da

impiantare. Ciò comporta la possibilità per gli operato-

ri di non trasferire tutti gli embrioni ottenuti per evita-

re le gravidanze multiple e la possibilità, solo in caso

di deroga, di crioconservare gli eventuali embrioni

prodotti in sovrannumero.

Queste modifiche dei limiti imposti dalla Legge n.

40/2004, potranno avere effetti anche nella determina-

zione dei primi tre indicatori che usiamo per descrive-

re il fenomeno della fecondazione assistita, giacché

vanno a modificare l’applicazione dei protocolli di

trattamento.

In questo senso assume particolare significato il con-

fronto dei dati riferiti all’anno di attività 2008 con

quelli relativi all’attività del 2010. Grazie a questo

confronto sarà possibile verificare se, effettivamente,

ci sono state variazioni significative, in termini di effi-

cacia e di sicurezza, nell’applicazione delle tecniche di

fecondazione assistita nei centri.

Per descrivere il fenomeno della PMA, usiamo gli

stessi indicatori utilizzati nelle precedenti edizioni del

Rapporto Osservasalute: un indicatore che definisce il

quadro dell’offerta e della domanda nel Paese, relati-

vamente all’applicazione delle tecniche, uno che

descrive la performance, in termini di efficacia, rag-

giunta dai centri operanti nel territorio nazionale che

offrono tecniche di fecondazione assistita, un’altro che

fornisce informazioni sulla sicurezza delle tecniche

applicate ed un ulteriore indicatore che determina

l’efficienza del sistema di rilevazione dei dati.

Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero di cicli

a fresco iniziati (tecniche FIVET e ICSI) per milione

di abitanti. Questo indicatore descrive la relazione tra

domanda ed offerta relativamente all’applicazione del-

le tecniche nel territorio. In un certo senso descrive le

dimensioni del fenomeno. Viene usata al denominato-

re la popolazione residente perché questo indicatore è,

generalmente, usato dal registro europeo e permette di

operare i necessari confronti. Per quanto riguarda le

variazioni apportate dalla sentenza della Corte

Costituzionale n. 151/2009, ci si aspetta un aumento

del valore dell’indicatore, in quanto l’adeguamento dei

protocolli terapeutici dei nostri centri a quelli dei cen-

tri di altri Paesi europei, può aver ridotto il fenomeno

della “migrazione” delle coppie italiane all’estero per

sottoporsi a tecniche di fecondazione assistita.

Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso di gra-

vidanze ottenute dopo la PMA. Si è deciso di fornire il

tasso di gravidanze rispetto al numero di cicli iniziati,

limitatamente alle tecniche a fresco, in modo da quan-

tificare le probabilità di ottenere una gravidanza per

una paziente all’inizio della terapia di riproduzione

assistita.

Rispetto al confronto con l’indicatore registrato nel

2008, ci si aspetta un miglioramento dell’efficacia in

quanto le modifiche apportate ai protocolli terapeutici,

dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.

151/2009, consentono di fecondare un numero di ovo-

citi maggiore di tre e di scegliere di trasferire quelli che

hanno una probabilità più alta, da un punto di vista bio-

logico, di generare una gravidanza.

Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Per

parto multiplo si intende un parto che dia alla luce due

o più neonati. Questo tasso può essere utilizzato per

Procreazione Medicalmente Assistita

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, P. D’ALOJA, S. BOLLI, S. FIACCAVENTO, R. SPOLETINI

Page 171: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 195

descrivere il livello di sicurezza delle tecniche applica-

te. Un parto gemellare o trigemino aumenta i rischi per

la paziente e per il neonato. Minimizzare la percentua-

le di parti multipli significa minimizzare un fattore che

può influire negativamente sulla salute di entrambi.

La variazione attesa, rispetto al 2008, è relativa ad una

diminuzione dei parti multipli, in quanto la già citata

sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009 per-

mette nuovamente ai medici di scegliere il numero di

embrioni da trasferire, a seconda delle caratteristiche

della paziente, minimizzando i rischi di gravidanze

multiple.

Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-

la percentuale di gravidanze perse al follow-up.

Questo indicatore fornisce un’informazione relativa al

sistema di monitoraggio e raccolta dati dei centri dove

si applicano le tecniche di fecondazione assistita. È un

indicatore di accuratezza e di qualità della raccolta dati

operata dai centri e del monitoraggio del lavoro e dei

risultati ottenuti dal centro stesso.

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

x 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)

x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

Tasso di parti multipli*

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

x 100

Denominatore Parti totali ottenuti dall’applicazione di tecniche a fresco di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esito

x 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel Capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi

indicatori vengono raccolti dall’Istituto Superiore di

Sanità e, nello specifico, dal Registro Nazionale

Italiano della PMA. Le unità di rilevazione sono rap-

presentate dai centri che applicano le tecniche di

fecondazione assistita, autorizzati dalle regioni ed

iscritti al registro nazionale. A partire dalla raccolta

dati relativa all’attività del 2006, la copertura dell’in-

dagine è stata totale e tutti i trattamenti di riproduzio-

ne assistita, effettuati in un anno, vengono registrati e

monitorati nella raccolta dati. Ogni anno sui dati rac-

colti vengono eseguiti una serie di controlli di con-

gruenza e di validazione. Le procedure di validazione

vengono eseguite attraverso controlli verticali che

approfondiscono l’esattezza dei dati quando questi

appaiono fuori scala rispetto alle medie regionali e

nazionali, ed attraverso controlli orizzontali che ven-

gono realizzati sulla premessa che i dati comunicati da

ogni centro debbano essere quantitativamente parago-

nabili da un anno all’altro. Uno dei limiti di questi

indicatori potrebbe risiedere nella circostanza che i

dati comunicati al Registro Nazionale Italiano vengo-

no raccolti in forma aggregata. In questo modo diven-

ta più complicato collegare gli esiti delle terapie ad

alcune caratteristiche delle coppie di pazienti. La pro-

babilità di riuscita di un ciclo di fecondazione assistita

è legato al tipo ed al grado d’infertilità della coppia.

Utilizzando una raccolta dati basata su singolo ciclo,

risulterebbe più semplice ed immediato giungere a

considerazioni riguardo l’effetto delle differenze esi-

stenti tra i pazienti relative alla diagnosi d’infertilità.

Per quanto riguarda il terzo indicatore, ovvero il tasso di

parti multipli, esiste il problema della perdita

d’informazioni relativamente agli esiti delle gravidanze.

Per le tecniche di II e III livello, sia a fresco che da

scongelamento, per cui è stato calcolato l’indicatore, la

percentuale di gravidanze perse al follow-up, sul totale

di quelle ottenute, è del 10,2%. Di queste gravidanze,

che ammontano a 1.224, non si conosce l’esito.

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196 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-

fronto dei quattro indicatori presentati fanno riferi-

mento ad altri Paesi europei in cui l’attività di fecon-

dazione assistita è assimilabile all’attività in Italia.

Inoltre, potranno essere presi in considerazione anche

i valori medi europei, presentati ogni anno dallo

European IVF Monitoring, sistema di raccolta ed ana-

lisi dei dati del registro europeo, a cui l’Italia parteci-

pa. I dati disponibili sono, però, riferiti all’anno 2007.

Bisogna considerare che, per i primi due indicatori, il

trend mostrato è in continua evoluzione, mentre per il

terzo indicatore la tendenza è in diminuzione.

Inoltre, visto quanto detto precedentemente, sarà utile

porre come riferimento i valori degli indicatori riferi-

ti all’attività del 2008, per avere un termine di parago-

ne temporale che faccia riferimento a pratiche cliniche

e protocolli terapeutici usati antecedentemente alla

sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazione

di tecniche a fresco di II e III livello (FIVET e ICSI).

Quando ci si riferisce ai parti multipli ed alle gravi-

danze perse al follow-up, cioè al terzo ed al quarto

indicatore, si prendono in considerazione anche le

gravidanze ottenute con la tecnica GIFT e con le tec-

niche di scongelamento di embrioni e di ovociti (FER

e FO). La scelta di considerare il tasso di gravidanze

soltanto per le tecniche a fresco è determinata dal fat-

to che è impossibile stabilire un riferimento tempora-

le per le tecniche di scongelamento. Gli embrioni e/o

gli ovociti scongelati potrebbero essere stati criocon-

servati in anni precedenti, utilizzando protocolli di

fertilizzazione e di crioconservazione diversi da quel-

li usati attualmente. Inoltre, la Legge n. 40/2004, che

regola l’attività di fecondazione assistita nel nostro

Paese, determinava l’impossibilità di crioconservare

embrioni (modifica alla Legge n. 40/2004 conseguen-

te alla sentenza della Corte Costituzionale del Maggio

2009). Il congelamento di ovociti è una tecnica che

trova scarsa applicazione in altri Paesi ed anche in

Italia trova applicazione massiccia soltanto in alcuni

centri. Tutto ciò rende chiaramente difficile operare

confronti e paragoni.

I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-

rimento all’attività del 2010, ovvero a tutti i cicli ini-

ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nel

periodo compreso tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre

del 2010.

I centri che, nell’anno 2010, hanno svolto attività nel

territorio nazionale sono 357. Di questi 155 sono di I

livello (Inseminazione Semplice) e 202 di II e III

livello (GIFT, FIVET, ICSI ed altre tecniche).

Soltanto 297 centri hanno effettivamente effettuato

tecniche su pazienti in quanto, nei restanti 57 centri,

per motivi di varia natura, non si è svolta attività.

In generale, con l’applicazione di tutte le tecniche,

sono state trattate 67.797 coppie di pazienti, su cui

sono stati iniziati 90.944 cicli di trattamento. Le gra-

vidanze ottenute sono state 15.274. Di queste è stato

possibile monitorarne l’evolversi di 13.537. In 3.150

gravidanze si è registrato un esito negativo, mentre

10.383 sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risul-

tano 12.506. Questo significa che ogni 1.000 nati vivi

22,3 nascono da gravidanze ottenute con

l’applicazione di procedure di fecondazione assistita.

In particolare, per ciò che riguarda la tecnica di

Inseminazione Semplice, le coppie trattate sono state

19.707 su cui sono stati iniziati 32.069 cicli di tratta-

mento. Le gravidanze ottenute sono state 3.306, di cui

monitorate 2.793, con una perdita d’informazione pari

al 15,5%. I nati vivi sono 2.465. Il tasso di gravidan-

za, rispetto ai cicli iniziati, è pari al 10,3%, mentre

rispetto alle inseminazioni effettuate (escludendo i

cicli sospesi) è pari all’11,4%.

Sono stati trattati, invece, con tecniche a fresco di II e

III livello, 44.365 coppie di pazienti su cui sono stati

iniziati 52.676 trattamenti. I cicli giunti alla fase del

prelievo sono 47.449 ed i trasferimenti di embrioni

eseguiti sono stati 40.468. Le gravidanze ottenute con

l’applicazione delle tecniche a fresco sono 10.988. Il

tasso di gravidanza rispetto ai cicli iniziati è pari al

20,9% e rispetto ai prelievi effettuati è del 23,2%,

mentre rispetto ai trasferimenti eseguiti risulta pari al

27,2%.

Con tecniche da scongelamento sono state trattate

5.725 coppie di pazienti su cui sono stati iniziati 6.199

cicli di scongelamento di ovociti o di embrioni. Le

gravidanze ottenute sono state 980. Per quanto riguar-

da la FO, il tasso di gravidanza rispetto agli scongela-

menti effettuati è pari al 13,7%, mentre rispetto ai tra-

sferimenti eseguiti è del 17,1%. Per la tecnica FER, il

tasso di gravidanze è pari al 17,2% se rapportato agli

scongelamenti effettuati, mentre, se rapportato ai tra-

sferimenti eseguiti, è pari al 18,7%. In totale si è regi-

strato un numero di gravidanze perse al follow-up pari

a 1.224, che rappresenta il 10,2% del totale delle gra-

vidanze ottenute da tecniche di II e III livello. Il

numero di nati vivi, grazie all’applicazione di queste

tecniche, è pari a 10.041.

Nel Cartogramma è rappresentato il numero di cicli

iniziati, con l’applicazione di tecniche a fresco, per

milione di abitanti. A livello nazionale sono stati

effettuati, nel 2010, 869 cicli per milione di abitanti.

Tale valore appare costantemente in crescita. Nei 6

anni di raccolta dati del registro si è registrato un

aumento complessivo pari al 53,0%, a partire dal

valore di 568 cicli a fresco per milione di abitanti regi-

strato nel 2005. In particolare, nel 2008 il valore

assunto da questo indicatore era pari a 736 cicli a fre-

sco per milione di abitanti ed in soli 2 anni

l’incremento è stato pari al 18,0%.

Anche se, come si è visto, la domanda di fecondazio-

ne assistita in Italia presenta un trend in continua cre-

Page 173: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 197

scita, l’accessibilità alle tecniche risulta ancora più

bassa se commisurata a quella relativa ad altri Paesi

europei.

Come è possibile osservare, la distribuzione dell’indi-

catore a livello regionale, assume un carattere partico-

larmente eterogeneo. Alcune regioni assumono un

ruolo accentratore rispetto alle zone territoriali circo-

stanti; è il caso della Lombardia e dell’Emilia-

Romagna nel Nord, del Lazio e della Toscana nel

Centro e della Sicilia e della Campania nel Meridione.

Nella Tabella 1 è mostrata la distribuzione per regio-

ne del tasso di gravidanze rispetto ai cicli iniziati per

le tecniche a fresco FIVET ed ICSI.

I tassi sono stati calcolati per classi di età delle

pazienti ed il tasso di gravidanza totale è stato stan-

dardizzato utilizzando come popolazione di riferi-

mento la distribuzione nazionale dei cicli iniziati per

classe di età.

Nella Tabella 1 è mostrato anche il numero di proce-

dure iniziate, in ogni regione, in modo da definire la

base di calcolo degli indicatori. Inoltre, è riportato

anche il tasso standardizzato riferito all’attività del

2008, proprio per monitorare se le variazioni introdot-

te dalla sentenza della Corte Costituzionale n.

151/2009 hanno avuto effetti in termini di efficacia

delle tecniche somministrate. A tal proposito, utiliz-

zando il test del Chi quadro, è stata calcolata anche la

significatività statistica delle differenze dei tassi stan-

dardizzati degli anni 2008 e 2010.

Il tasso di gravidanza standardizzato restituisce il

valore del tasso grezzo, correggendo le differenze che

esistono tra una regione ed un’altra, relativamente alla

distribuzione dei cicli iniziati secondo l’età delle

pazienti stratificate in classi.

Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-

ziate, le differenze più marcate tra il tasso grezzo ed il

tasso standardizzato, si possono osservare in Liguria,

nel Lazio, in Abruzzo ed in Sicilia. I valori del tasso

grezzo oscillano tra il 6,5-26,3%, mentre i valori del

tasso standardizzato oscillano tra il 5,8-27,9%.

Se si osservano, però, soltanto le regioni con più di

1.000 cicli iniziati, si vede che il tasso grezzo oscilla

tra l’11,1-26,3%. Standardizzando i tassi il rangerimane, sostanzialmente, lo stesso oscillando tra il

5,8-27,9%.

Questa grande variabilità si può spiegare, in parte, con-

siderando che il panorama della procreazione assistita

è molto variegato. Soprattutto in alcuni casi la scarsità

dei cicli effettuati fa sì che le differenze dei tassi di

gravidanza, tra un centro ed un altro e tra una regione

e l’altra, siano statisticamente non significative.

Nel confronto tra i tassi standardizzati del 2008 e

quelli del 2010, si apprezzano alcune variazioni.

Innanzitutto, in generale, il tasso è passato dal 20,1%

del 2008 al 20,9% del 2010 e questa variazione è sta-

tisticamente significativa. In alcune regioni c’è stata

una riduzione dell’efficacia. Tra quelle con un nume-

ro di cicli >1.000, che rende solida la valutazione, si

apprezzano differenze statisticamente significative,

con performance migliore nel 2010, per la PA di

Bolzano, il Piemonte, la Campania e la Lombardia.

L’unica regione con un tasso significativamente peg-

giore rispetto al 2008 è la Toscana.

Il Grafico 1 mostra l’evoluzione dei tassi di gravidan-

za rispetto ai cicli iniziati, ottenuti nelle differenti

ripartizioni geografiche del territorio nazionale, negli

anni di attività che vanno dal 2005, cui è riferita la pri-

ma raccolta dati, fino al 2010.

È possibile osservare come la lenta crescita del tasso

di gravidanza totale (da 18,8 gravidanze ottenute nel

2005, ogni 100 cicli iniziati, sino alle 20,9 del 2010),

sia il risultato di differenti dinamiche verificatesi nel-

le distinte ripartizioni geografiche nazionali. È impor-

tante osservare come i valori delle regioni del Sud ed

Isole e quelli delle regioni del Nord-Ovest, partendo

da livelli molto distanti, mostrino un avvicinamento

dei tassi. Questo è, in parte, anche frutto del lavoro del

Registro Nazionale Italiano che ha imposto una stan-

dardizzazione nella raccolta dei dati riducendo, così,

le distorsioni dovute al conteggio dei cicli effettuati e

dei successi ottenuti in termini di gravidanze.

La crescita più importante dei valori dei tassi di gravi-

danza è quella mostrata dai centri che operano nelle

regioni del Centro, mentre i centri del Nord-Est e del

Meridione mostrano una sostanziale stabilità dei risul-

tati ottenuti.

Il Grafico 2 indica la distribuzione regionale della per-

centuale di parti multipli. Oltre alla percentuale riferi-

ta al 2010 è riportato, nel grafico, anche il valore del-

l’indicatore nel 2008.

In generale, la quota di parti multipli sul totale di quel-

li ottenuti è del 21,7%. Rispetto al 2008, dove il tasso

di parti multipli era pari al 23,6%, si è registrata una

riduzione statisticamente significativa. In particolare,

la riduzione si è verificata sia per i parti gemellari,

passati dal 21,0% del 2008 al 19,9% del 2010, ma

soprattutto per i parti trigemini che, dal 2,6% del

2008, si riducono sino all’1,8% del 2010. Dal punto di

vista della sicurezza delle tecniche, la riduzione dei

parti trigemini è fondamentale per riportare i centri

italiani agli stessi standard di sicurezza che si registra-

no in altri Paesi europei.

Il valore di questo indicatore che, in maniera indiret-

ta, fornisce indicazioni rispetto alla sicurezza delle

tecniche applicate, risulta inferiore rispetto al 2008 in

quasi tutte le regioni. Soltanto in Liguria, Basilicata,

Calabria, Sardegna e Campania il valore di questo

indicatore risulta più elevato.

Questi dati sono condizionati dalla distribuzione delle

gravidanze perse al follow-up, ovvero della perdita

d’informazioni relativamente all’esito delle gravidan-

ze stesse. È ipotizzabile pensare, infatti, che il centro

venga più facilmente a conoscenza di informazioni

relativamente ad una gravidanza multipla, cioè ad un

Page 174: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

198 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

caso più particolare, mentre per una gravidanza a

decorso normale reperire le informazioni può risulta-

re più complesso.

Anche per questo è utile passare all’esame dell’indi-

catore successivo.

Nel Grafico 3 è mostrato, secondo la distribuzione

regionale, la percentuale di gravidanze di cui non si

conosce l’esito sul totale di quelle ottenute. È un indi-

catore di accuratezza e di qualità della raccolta dati

operata dai centri e del monitoraggio del proprio lavo-

ro. Nel Grafico 3 è stato inserito anche il numero di

gravidanze ottenute in ciascuna regione per quantifi-

care il denominatore dell’indicatore mostrato. Si par-

la di gravidanze ottenute con tecniche di II e III livel-

lo, sia da tecniche a fresco che da tecniche di sconge-

lamento. Nell’indagine riferita all’attività del 2010 si

è riuscito a ridurre la perdita d’informazioni rispetto

all’anno precedente, passando dal 14,8% al 10,2% di

gravidanze di cui non si conosce l’esito. Tra le regio-

ni, quella con una perdita più elevata d’informazioni,

risulta la Campania, con il 23,0% di gravidanze otte-

nute di cui non si conosce l’esito. A seguire la Puglia

con il 22,4%.

Il Lazio continua a far registrare una riduzione della

perdita d’informazione, scendendo per la prima volta

sotto il 20,0% di gravidanze perse al follow-up.

Nonostante questo, la perdita d’informazioni è ancora

abbastanza elevata. Nel 2007 questa regione faceva

registrare una perdita d’informazione pari al 29,1%

delle gravidanze ottenute, mentre nel 2008 tale perdi-

ta si riduceva al 21,2%. Fondamentale risulta anche il

dato della Lombardia (7,6% di gravidanze perse al

follow-up) che con le 2.529 gravidanze ottenute, che

rappresentano il 21,1% del totale delle gravidanze

ottenute nel Paese grazie all’applicazione di tecniche

di fecondazione assistita, condiziona il valore nazio-

nale dell’indicatore trattato.

Le regioni in cui i centri sono più efficienti relativa-

mente all’aspetto del recupero delle informazioni

sono, anche in relazione alla mole di attività, la

Toscana (7,0%), il Piemonte (6,1%), il Veneto

(4,7%), il Friuli Venezia Giulia (1,7%) e, soprattutto,

l’Emilia-Romagna (1,0%). Molte delle differenze

regionali che questo indicatore riporta potrebbero

essere spiegate dal tipo di utenza che si rivolge alle

strutture che offrono tecniche di fecondazione assisti-

ta e, quindi, la proporzione dei centri privati rispetto a

quelli pubblici operanti in ogni regione. Gioca un ruo-

lo importante, infatti, il livello socio-economico delle

pazienti e la nazionalità, caratteristiche che fanno sì

che le pazienti stesse che ottengono una gravidanza

siano più o meno disposte a fornire informazioni sul-

l’esito e sullo stato di salute di eventuali neonati.

Cicli iniziati (per milione di abitanti) da tecniche a fresco(FIVET e ICSI) per regione. Anno 2010

Fonti dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2012.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 199

Tabella 1 - Cicli (valori assoluti) e tasso (specifico, grezzo e standardizzato per 100 cicli iniziati con tecniche afresco FIVET ed ICSI) di gravidanza per regione - Anni 2008, 2010

Tassi Tassi Tassi P valueRegioni Cicli ≤34 35-39 40-42 43+ grezzi std std 2008 ∆∆

(2008-2010)

Piemonte 2.923 30,6 27,0 15,8 7,2 24,3 24,1 21,5 0,0192

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 105 11,9 9,1 10,5 0,0 10,5 9,5 21,1 0,0230

Lombardia 12.155 24,8 20,7 11,7 4,7 18,8 18,7 17,4 0,0119

Liguria 552 26,2 26,9 10,3 0,0 24,1 21,0 23,2 0,3615

Bolzano-Bozen 1.026 26,5 31,2 16,5 15,3 25,2 25,4 15,6 0,0000Trento 408 20,9 19,4 8,9 7,1 17,2 16,7 22,3 0,0482Veneto 3.595 26,9 21,3 13,4 4,4 20,1 19,9 19,1 0,6296

Friuli Venezia Giulia 1.771 24,2 21,6 11,4 2,7 19,8 18,5 18,9 0,8813

Emilia-Romagna 5.072 22,5 18,8 11,2 5,4 16,9 17,2 17,5 0,7345

Toscana 5.175 29,4 23,8 12,2 4,3 21,4 21,4 24,0 0,00410

Umbria 417 17,7 0,0 7,9 9,1 18,0 17,0 17,5 0,9033

Marche 210 17,7 15,7 6,9 0,0 14,3 13,2 15,4 0,5498

Lazio 6.889 38,0 24,4 16,0 5,2 23,1 25,1 24,5 0,4922

Abruzzo 771 40,4 30,0 15,3 3,8 25,3 27,9 27,3 0,7955

Molise 0 - - - - - - 27,6 -

Campania 4.577 32,7 28,9 14,7 11,3 26,3 25,6 22,2 0,0002

Puglia 2.085 28,8 19,9 13,5 7,3 20,3 20,2 18,6 0,1942

Basilicata 245 10,2 6,8 0,0 0,0 6,5 5,8 7,1 0,5597

Calabria 362 31,0 17,9 19,6 4,3 21,5 21,0 33,6 0,0004

Sicilia 3.219 32,9 21,3 11,4 3,9 22,8 21,3 21,8 0,5876

Sardegna 1.104 19,0 13,2 4,3 1,6 11,1 12,1 14,2 0,1171

Italia 52.661 28,5 22,4 12,8 5,8 20,9 20,9 20.1 0,0023

- = non disponibile.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la distribuzione nazionale dei cicli iniziati per clas-

se di età.

Fonte dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2010, 2012.

Grafico 1 - Tasso (per 100 cicli iniziati) di gravidanza per macroarea - Anni 2005-2010

Fonti dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2012.

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200 DECIMO RAPPORTO OSSERVASALUTE

Grafico 2 - Percentuale di parti multipli per regione - Anni 2008, 2010

Fonti dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2010, 2012.

Grafico 3 - Percentuale di gravidanze perse al follow-up e numero di gravidanze per regione - Anno 2010

Fonti dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2012.

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili, pubblicati dal Registro

Europeo, sono quelli riferiti all’attività del 2007.

Il numero di trattamenti a fresco su milione di abitanti

è pari a 1.061 in Francia, 756 in Germania e 763 in

Gran Bretagna. In Svezia, Paese all’avanguardia

rispetto alla pratica della fecondazione assistita, il

numero di cicli a fresco iniziati su milione di abitanti è

pari a 1.673. Globalmente, rispetto alla popolazione

dei Paesi che aderiscono alla raccolta dati del Registro

Europeo, il numero di cicli a fresco su milione di abi-

tanti è pari a 879.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 201

Il tasso di gravidanze a fresco su cicli iniziati è pari a

30,2% in Spagna, 28,3% in Svezia, 27,2% in

Germania e 28,6% in Gran Bretagna.

Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-

ti multipli è pari a 26,3% in Spagna, 18,1% in Francia,

20,6% in Germania, 23,4% in Gran Bretagna e 5,3% in

Svezia.

Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up, il

Registro Europeo raccomanda un livello non superio-

re al 10% di gravidanze perse al follow-up, sul totale

delle gravidanze ottenute. Dei Paesi fin qui presi in

esame, la Germania e la Spagna presentano una quota

di perdita d’informazione superiore a quella del

Registro Nazionale Italiano, con una quota di gravi-

danze perse al follow-up pari, rispettivamente, a 21,5%

e 25,5%. In Gran Bretagna, Svezia e Francia la perdi-

ta d’informazioni è, invece, del tutto trascurabile

(rispettivamente, 1,7%, 1,2% e 0,1%).

Raccomandazioni di OsservasaluteLa relazione tra domanda ed offerta di applicazione

delle tecniche di PMA continua a crescere nel nostro

Paese, adeguandosi ai livelli di altri Paesi particolar-

mente rappresentativi del panorama europeo. Alcune

regioni fungono da poli catalizzatori ed assumono un

ruolo trainante con una massiccia presenza di centri di

fecondazione assistita e con un gran numero di cicli

effettuati.

Il tasso di gravidanza cresce, soprattutto, dopo

l’applicazione delle modifiche introdotte dalla senten-

za della Corte Costituzionale n. 151/2009, ma è anco-

ra una crescita contenuta soprattutto se confrontato alle

dinamiche di altri Paesi.

Il tasso di parti multipli è assimilabile a quanto avvie-

ne nei Paesi di confronto. Chiaramente il dato della

Svezia, che pur in presenza di tassi di gravidanza tra i

più alti d’Europa fa registrare tassi di parti multipli

particolarmente contenuti, deve essere assunto come

valore di riferimento nel raggiungimento di una prati-

ca terapeutica che sia efficace e sicura.

Continua a ridursi la percentuale di perdita

d’informazioni, che ora ha raggiunto livelli molto vici-

ni alla soglia di qualità introdotta dal Registro

Europeo, superando Paesi con registri a più consolida-

ta tradizione come, ad esempio, quello della Germania.

Alcune regioni costituiscono insieme un punto critico

di questo aspetto, ma anche un nodo cruciale

d’intervento del Registro Nazionale Italiano, nel tenta-

tivo di diminuire ulteriormente il numero di gravidan-

ze di cui non si conosce l’esito.

La criticità principale nel sistema di raccolta dati del

Registro Nazionale Italiano della PMA, risiede proprio

nella sua tipicità. La differenza nel raccogliere dati in

forma aggregata, da una raccolta disaggregata, consi-

ste nell’individuare per ogni singolo ciclo, e non

paziente, tutto il percorso che viene compiuto in un

trattamento di procreazione assistita.

Con questo tipo di raccolta dati, vengono resi possi-

bili tutti i collegamenti di causa effetto, nel senso che

diventa possibile studiare le cause per cui una terapia

ha successo o meno, su una paziente in relazione alle

patologie ed alle caratteristiche demografiche, come

ad esempio l’età e le tecniche a cui la paziente è sta-

ta sottoposta. Raccogliere dati ciclo per ciclo sarebbe

utile, inoltre, per studiare la mobilità del fenomeno

(pazienti che si spostano da una regione ad un’altra o

da un centro ad un altro), l’iterazione delle procedu-

re, (ovvero, dopo quante procedure fallimentari le

pazienti ottengo una gravidanza o rinunciano all’otte-

nimento della gravidanza stessa) e l’effetto dell’ap-

plicazione di tecniche differenti sulla salute a lungo

termine dei neonati.

Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anni 2004-2012.(2) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - Procreazione medicalmenteassistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(3) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - 1° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2005.(4) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli, R. De Luca, R. Spoletini, E.Mancini - 2° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita 2006.(5) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, R.De Luca, P. D’Aloja, S. Fiaccavento, R. Spoletini, M.Bucciarelli, E. Mancini - 3° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2007.(6) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, R.De Luca, P. D’Aloja, S. Fiaccavento, R. Spoletini, M.Bucciarelli, E. Mancini - 4° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2008.(7) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-shed 2009-2012 - Assisted reproductive Tecnology andintrauterine insemination in Europe, 2005: results generatedfrom European registers by ESHRE.

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170 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Parti con Taglio Cesareo

Significato. La proporzione di parti con Taglio Cesareo

(TC) sul totale dei parti è un importante indicatore di

qualità dell’assistenza.

Negli ultimi 30 anni questo indicatore ha subito un

costante incremento in molti Paesi ad alto e medio red-

dito, tra cui spicca l’Italia, che da anni presenta uno dei

valori più elevati al mondo.

Sebbene una parte di questo incremento possa essere

attribuita a miglioramenti delle tecnologie sanitarie,

importanti determinanti di questa crescita sembrereb-

bero essere attribuibili a fattori non clinici.

Diversi studi hanno dimostrato come l’incremento del-

l’utilizzo del TC oltre una certa soglia non sia accom-

pagnato da un ulteriore effetto benefico sulla salute del-

la madre e/o del bambino.

Alcuni studi sembrerebbero, anzi, suggerire il contra-

rio: l’eccessivo utilizzo di questa procedura, per indica-

zioni non cliniche, sembrerebbe essere associato ad un

aumento della morbilità (1).

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti cesarei in donne che non hanno subito un precedente cesareo

(DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registrata

con buona precisione e può essere stimata sia dalle

informazioni presenti nelle Schede di Dimissione

Ospedaliera (SDO) sia attraverso i Certificati Di

Assistenza al Parto (CeDAP). L’indicatore stimato

considerando i DRG delle SDO è quello più facilmen-

te calcolabile a livello nazionale.Per confrontare strut-

ture o regioni, è necessario considerare la possibile

diversa distribuzione dei fattori di rischio, in partico-

lare la presenza di un precedente parto cesareo (2).

Per questo vengono riportati e descritti altri due indi-

catori: i “parti cesarei primari” ed i “parti cesarei ripe-

tuti” (parti cesarei in donne in cui è stato eseguito un

precedente cesareo).Per l’individuazione del prece-

dente TC viene utilizzato il codice ICD-9-CM di dia-

gnosi secondaria 654.2, riportato nella SDO della

madre al momento del parto. Vengono, inoltre, ripor-

tati e descritti i tassi grezzi e standardizzati per età.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto qua-

le sia la proporzione di TC corrispondente alla quali-

tà ottimale delle cure. Dal 1985, l’Organizzazione

Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda come valo-

re ideale una proporzione del 15% (3).

L’eccessivo ricorso al TC è una delle criticità eviden-

ziate nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013, che

prevede una riorganizzazione strutturale dei punti

nascita per facilitare la riduzione dei TC, in modo da

portarli gradualmente al 20%.

Descrizione dei risultatiLa proporzione di TC sul totale dei parti è stata, nel

2012, pari al 36,62%, variando da un minimo del

22,95% registrato in Friuli Venezia Giulia ad un mas-

simo del 61,15% registrato in Campania.

Tutte le regioni del Nord, la Toscana, l’Umbria, le

Marche e la Calabria presentano una proporzione di

TC inferiore a quella nazionale. Tutte le altre regioni,

pur avendo percentuali più elevate rispetto a quella

nazionale, presentano comunque un trend in diminu-

zione rispetto all’anno precedente, ad eccezione del

Molise (Tabella 1).

Complessivamente, a livello nazionale si è comincia-

to ad osservare un trend in lieve ma continua riduzio-

ne dal 2006 in poi, anno in cui si è registrato in Italia

il valore più elevato in assoluto (39,30%) (dati non

mostrati in tabella).

Questo andamento positivo si conferma anche nel

L. DALLOLIO, E. STIVANELLO, M. AVOLIO, M. P. FANTINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 171

2012, anno in cui si è registrata una riduzione com-

plessiva del 3,00% rispetto al 2011 (Tabella 1).

Questo trend positivo è da imputare, in particolare, alla

riduzione dei TC primari, pari al 4,31% (Tabella 2).

È da notare come, positivamente, per la prima volta si

siano ridotti anche i TC ripetuti (Tabella 3).

Utilizzando i tassi standardizzati, il ranking delle

regioni per ricorso al TC è, per la maggior parte, mol-

to simile a quello ottenuto utilizzando i dati grezzi,

suggerendo una certa omogeneità tra regioni nella

distribuzione dell’età materna; vi sono, tuttavia, 2

regioni che cambiano di cinque posizioni (Tabella 4).

Tabella 1 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione - Anni 2011,2012

Regioni 2011 2012 ∆∆ %(2011-2012)

Piemonte 30,41 30,53 0,41

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 5,50

Lombardia 28,83 28,08 -2,58

Bolzano-Bozen 25,00 24,56 -1,75Trento 26,91 26,36 -2,06Veneto 27,04 26,75 -1,05

Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 -6,88

Liguria 34,66 33,95 -2,04

Emilia-Romagna 29,56 28,49 -3,63

Toscana 26,07 26,24 0,62

Umbria 31,19 32,15 3,09

Marche 34,67 34,18 -1,40

Lazio 44,06 43,35 -1,63

Abruzzo 42,85 39,07 -8,83

Molise 47,02 48,08 2,24

Campania 62,51 61,15 -2,18

Puglia 46,59 42,24 -9,34

Basilicata 44,47 40,21 -9,60

Calabria 37,41 36,11 -3,47

Sicilia 46,60 44,71 -4,06

Sardegna 41,46 41,10 -0,87

Italia 37,76 36,62 -3,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2013.

Tabella 2 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo primario per regione -Anni 2011, 2012

Regioni 2011 2012 ∆∆ %(2011-2012)

Piemonte 19,50 19,64 0,67

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 -5,85

Lombardia 18,41 18,17 -1,35

Bolzano-Bozen 16,90 17,50 3,57Trento 16,94 16,06 -5,22Veneto 17,28 17,02 -1,52

Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 -8,05

Liguria 23,95 24,05 0,43

Emilia-Romagna 18,92 17,89 -5,48

Toscana 17,43 17,55 0,69

Umbria 20,99 20,91 -0,37

Marche 22,02 20,96 -4,81

Lazio 27,98 27,36 -2,21

Abruzzo 28,86 25,09 -13,07

Molise 27,83 29,55 6,18

Campania 34,58 33,52 -3,07

Puglia 27,74 24,54 -11,53

Basilicata 23,58 20,25 -14,11

Calabria 20,33 18,08 -11,07

Sicilia 25,77 23,20 -9,98

Sardegna 28,26 27,55 -2,49

Italia 23,10 22,10 -4,31

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2013.

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172 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Tabella 3 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo ripetuto per regione -Anni 2011, 2012

Regioni 2011 2012 ∆∆ % (2011-2012)

Piemonte 10,90 10,89 -0,05

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 35,44

Lombardia 10,41 9,92 -4,76

Bolzano-Bozen 8,10 7,06 -12,87Trento 9,97 10,30 3,29Veneto 9,76 9,74 -0,21

Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 -4,05

Liguria 10,71 9,90 -7,56

Emilia-Romagna 10,64 10,60 -0,32

Toscana 8,65 8,69 0,46

Umbria 10,20 11,24 10,22

Marche 12,65 13,22 4,54

Lazio 16,08 15,98 -0,60

Abruzzo 13,99 13,98 -0,08

Molise 19,20 18,53 -3,47

Campania 27,93 27,63 -1,08

Puglia 18,85 17,70 -6,11

Basilicata 20,90 19,95 -4,51

Calabria 17,08 18,03 5,57

Sicilia 20,82 21,51 3,28

Sardegna 13,20 13,55 2,60

Italia 14,66 14,52 -0,94

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2013.

Tabella 4 - Proporzione (per 100), tasso standardizzato (per 10.000) e ranking di dimissioni ospedaliere per par-ti con Taglio Cesareo per regione - Anno 2012

Regioni Proporzione Tassi std Ranking Rankingcon tassi grezzi con tassi std

Friuli Venezia Giulia 22,95 43,69 1 1

Bolzano-Bozen 24,56 57,50 2 4Toscana 26,24 52,06 3 2

Trento 26,36 57,85 4 5Veneto 26,75 55,79 5 3

Lombardia 28,08 61,35 6 7

Emilia-Romagna 28,49 60,57 7 6

Piemonte 30,53 61,69 8 8

Umbria 32,15 65,72 9 10

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 32,86 72,51 10 15

Liguria 33,95 64,05 11 9

Marche 34,18 69,34 12 12

Calabria 36,11 70,73 13 14

Abruzzo 39,07 74,79 14 16

Basilicata 40,21 70,50 15 13

Sardegna 41,10 66,71 16 11

Puglia 42,24 81,85 17 17

Lazio 43,35 92,51 18 19

Sicilia 44,71 93,96 19 20

Molise 48,08 85,88 20 18

Campania 61,15 130,01 21 21

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione media residente in Italia nel 2011.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO - Istat. Demografia in cifre. Anno 2013.

Confronto internazionaleTra i Paesi membri dell’Unione Europea l’Italia si con-

ferma, anche nel 2012 come nel 2011, la nazione con la

più alta proporzione di TC, con valori più che doppi

rispetto al 14,7% della Finlandia (valore più basso a

livello europeo). Considerando tutti i Paesi della

Regione europea, il valore più alto si registra in Turchia

(47,6%), seguito subito dopo dall’Italia (4); a livello

internazionale, valori superiori a quelli italiani si riscon-

trano in Brasile, Repubblica Domenicana e Iran (1).

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 173

Raccomandazioni di OsservasaluteNonostante la riduzione della proporzione dei parti

cesarei a livello nazionale e delle singole regioni, il

ricorso al TC rimane molto alto soprattutto nel

Meridione.

Le iniziative intraprese per la sua riduzione devono,

quindi, continuare ed essere rafforzate.

Il contenimento dei TC inappropriati rappresenta un

importante strumento per la sicurezza della donna e del

neonato e può essere realizzato solo attraverso azioni

da attuare a livello regionale, aziendale e dei singoli

professionisti.

La proporzione di TC è l’indicatore più frequentemen-

te utilizzato per la valutazione della qualità dei servizi

ostetrici.

In questa sede, per un confronto più appropriato, è sta-

to utilizzato anche il tasso standardizzato per età.

Per operare confronti tra singole strutture e tener con-

to della eterogeneità nel case-mix, vari studi hanno

evidenziato l’importanza di applicare modelli di risk-adjustment o di utilizzare, come indicatore, la propor-

zione di TC in donne nullipare, con gravidanza singo-

la, a termine e con presentazione cefalica, indicatore

che studia un’ampia fascia di popolazione con gravi-

danze potenzialmente a basso rischio (5).

Riferimenti bibliografici(1) Gibbons L, Belizan JM, Lauer JA, Betran AP, MerialdiM, Althabe F. Inequities in the use of cesarean section deli-veries in the world. Am J Obstet Gynecol. 2012 Apr; 206(4): 331. e1-19. (2) Colais P, Fantini MP, Fusco D, Carretta E, Stivanello E,Lenzi J, Pieri G, Perucci CA. Risk adjustment models forinterhospital comparison of CS rates using Robson's tengroup classification system and other socio-demographicand clinical variables. BMC Pregnancy Childbirth. 2012 Jun21; 12 (1): 54. (3) WHO. Monitoring Emergency Obstetric Care: a han-dbook. World Health Organization 2009, Geneva.(4) HFA_DB. European health for all database. WorldHealth Organization Regional Office for Europe Updated:July 2013. Disponibile sul sito:http://data.euro.who.int/hfadb.(5) Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C,Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of caesarean deliveryrates in low-risk deliveries. PLoSOne. 2011; 6 (11): e28060.

Page 182: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

174 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Significato. Il Registro Nazionale (RN) raccoglie i

dati di tutti i centri che applicano tecniche di feconda-

zione assistita, sia di I che di II e III livello. Con tecni-

che di I livello ci si riferisce all’Inseminazione

Semplice, con II e III livello si fa riferimento, invece,

oltre che all’Inseminazione Semplice, anche alle tecni-

che di fecondazione in vitro più complesse quali: il

Gamete Intrafallopian Transfer o trasferimento intra-

tubarico dei gameti (GIFT), tecnica quasi in disuso

usata soltanto in pochissimi casi; la fertilizzazione in

vitro con trasferimento degli embrioni (Fertilization InVitro Embryo Transfer o FIVET); la tecnica di fecon-

dazione che prevede l’iniezione nel citoplasma del-

l’ovocita di un singolo spermatozoo (IntracytoplasmicSperm Injection o ICSI); il trasferimento di embrioni

crioconservati (Frozen Embryo Replacement - FER); il

trasferimento di embrioni ottenuti da ovociti criocon-

servati (Frozen Oocyte - FO); la crioconservazione

degli embrioni e degli ovociti e tutte le tecniche chirur-

giche di prelievo degli spermatozoi.

I centri di II e III livello si distinguono soltanto per il

tipo di anestesia somministrata e per alcune differenze

nelle tecniche di prelievo chirurgico di spermatozoi,

mentre dal punto di vista della lettura dei risultati ven-

gono considerati un unico gruppo.

Per descrivere il fenomeno della Procreazione

Medicalmente Assistita (PMA), usiamo gli stessi indi-

catori utilizzati nelle precedenti edizioni del rapporto:

un indicatore che definisce il quadro dell’offerta e

domanda nel Paese, relativamente all’applicazione

delle tecniche; uno che descrive la performance rag-

giunta dai centri operanti nel territorio nazionale che

offrono tecniche di fecondazione assistita in termini di

efficacia; un altro che fornisce informazioni sulla sicu-

rezza delle tecniche applicate ed un ulteriore indicato-

re che determina l’efficienza del sistema di rilevazione

dei dati.

Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero di cicli

a fresco iniziati (tecniche FIVET e ICSI) per milione

di abitanti. Questo indicatore descrive la relazione tra

domanda ed offerta relativamente all’applicazione del-

le tecniche nel territorio. In un certo senso descrive le

dimensioni del fenomeno. Viene usata al denominato-

re la popolazione residente perché questo indicatore è

generalmente usato dal Registro Europeo (RE) e per-

mette di operare i necessari confronti. Inoltre, la distri-

buzione regionale dell’indicatore fornisce informazio-

ni sulla ricettività delle varie regioni.

Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso di gra-

vidanze ottenute. Questo indicatore può essere espres-

so rispetto a tre diversi momenti del ciclo di feconda-

zione assistita: all’inizio del ciclo, quindi al momento

in cui alla paziente vengono somministrati farmaci per

la stimolazione ovarica, al momento del prelievo, cioè

quando si procede all’aspirazione degli ovociti, e al

momento del trasferimento in utero degli embrioni for-

mati. Chiaramente, le probabilità di ottenere una gravi-

danza al momento del trasferimento embrionale è

maggiore di quella calcolata all’inizio del ciclo. Si è

deciso di fornire il tasso di gravidanze rispetto al

numero di cicli iniziati, limitatamente alle tecniche a

fresco, in modo da quantificare le probabilità di ottene-

re una gravidanza per una paziente all’inizio della tera-

pia di riproduzione assistita.

Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Per

parto multiplo si intende un parto che dia alla luce due

o più neonati. Questo tasso può essere utilizzato per

descrivere il livello di sicurezza delle tecniche applica-

te. Un parto gemellare o trigemino aumenta i rischi per

la paziente e per il neonato. Minimizzare la percentua-

le di parti multipli significa minimizzare un fattore che

può influire negativamente sulla salute di entrambi.

Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-

la percentuale di gravidanze perse al follow-up. Questo

indicatore fornisce un’informazione relativa al sistema

di monitoraggio e raccolta dati dei centri dove si appli-

cano le tecniche di fecondazione assistita. È un indica-

tore di accuratezza e di qualità della raccolta dati ope-

rata dai centri e del monitoraggio del lavoro e dei risul-

tati ottenuti dal centro stesso. Nella composizione di

questo indicatore, però, assume un ruolo importante

anche la disponibilità di personale all’interno delle

strutture. In molti centri, infatti, la carenza di persona-

le costituisce un ostacolo all’ottenimento di livelli otti-

mali del monitoraggio delle gravidanze ottenute.

Procreazione Medicalmente Assistita

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, P. D’ALOJA, S. BOLLI, S. FIACCAVENTO, R. SPOLETINI. L. SPEZIALE

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

x 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 175

Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)

x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

Tasso di parti multipli*

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

x 100

Denominatore Parti totali ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esito

x 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel Capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi indi-

catori, vengono raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità

e, nello specifico, dal RN della PMA. Le unità di rileva-

zione sono rappresentate dai centri che applicano le tec-

niche di fecondazione assistita, autorizzati dalle regioni

ed iscritti al registro nazionale. A partire dalla raccolta

dati relativa all’attività del 2006, la copertura dell’inda-

gine è stata totale e tutti i trattamenti di riproduzione

assistita, effettuati in 1 anno, vengono registrati e moni-

torati nella raccolta dati. Ogni anno sui dati raccolti ven-

gono eseguiti una serie di controlli di congruenza e di

validazione. Le procedure di validazione vengono ese-

guite attraverso controlli verticali, che approfondiscono

l’esattezza dei dati quando questi appaiono fuori scala

rispetto alle medie regionali e nazionali, e attraverso

controlli orizzontali, che vengono realizzati sulla pre-

messa che i dati comunicati da ogni centro debbano

essere quantitativamente paragonabili da un anno all’al-

tro. Uno dei limiti di questi indicatori potrebbe risiede

nella circostanza che i dati comunicati al RN vengono

raccolti in forma aggregata. In questo modo diventa più

complicato collegare gli esiti delle terapie ad alcune

caratteristiche delle coppie di pazienti. La probabilità di

riuscita di un ciclo di fecondazione assistita è legato al

tipo e al grado di infertilità della coppia. Utilizzando una

raccolta dati basata su singolo ciclo, risulterebbe più

semplice ed immediato giungere a considerazioni

riguardo l’effetto delle differenze esistenti tra i pazienti

relative alla diagnosi di infertilità. Per quanto riguarda il

terzo indicatore, il tasso di parti multipli, esiste il proble-

ma della perdita di informazioni relativamente agli esiti

delle gravidanze. Per le tecniche di II e III livello, sia a

fresco che da scongelamento per cui è stato calcolato

l’indicatore, la percentuale di gravidanze perse al fol-low-up, sul totale di quelle ottenute, è del 12,1%. Di

queste gravidanze, che ammontano a 1.484, non si

conosce l’esito.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-

fronto dei quattro indicatori presentati, fanno riferi-

mento ad altri Paesi europei in cui l’attività di fecon-

dazione assistita è assimilabile all’attività che si svol-

ge in Italia. Inoltre, potranno essere presi in considera-

zione anche i valori medi europei, presentati ogni anno

dallo European IVF Monitoring (EIM), sistema di rac-

colta ed analisi dei dati del RE, a cui l’Italia partecipa.

I dati disponibili sono, però, riferiti all’anno 2009.

Bisogna considerare che per i primi due indicatori il

trend mostrato è in continua evoluzione, mentre per il

terzo indicatore la tendenza è in diminuzione.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazione

di tecniche a fresco di II e III livello (FIVET e ICSI).

Quando ci si riferisce ai parti multipli e alle gravidan-

ze perse al follow-up, cioè al terzo e al quarto indica-

tore, si prendono in considerazione anche le gravidan-

ze ottenute con la tecnica GIFT e con le tecniche di

scongelamento di embrioni e di ovociti (FER e FO).

La scelta di considerare il tasso di gravidanze soltanto

per le tecniche a fresco, è determinata dal fatto che è

impossibile stabilire un riferimento temporale per le

tecniche di scongelamento. Gli embrioni e/o gli ovoci-

ti scongelati potrebbero essere stati crioconservati in

anni precedenti, utilizzando protocolli di fertilizzazio-

ne e di crioconservazione diversi da quelli usati attual-

mente. Inoltre, la Legge n. 40/2004, che regola

l’attività di fecondazione assistita nel nostro Paese,

determinava l’impossibilità di crioconservare embrio-

ni (modifica alla Legge n. 40/2004 conseguente alla

sentenza della Corte Costituzionale, maggio 2009). Il

congelamento di ovociti è una tecnica che trova scarsa

applicazione in altri Paesi ed anche in Italia trova

applicazione massiccia soltanto in alcuni centri. Tutto

ciò rende chiaramente difficile operare confronti e

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176 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

paragoni.

I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-

rimento all’attività del 2011, ovvero a tutti i cicli ini-

ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nel

periodo compreso tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre

del 2011.

I centri che, nell’anno 2011, hanno svolto attività nel

territorio nazionale sono 354. Di questi 153 sono di I

livello (Inseminazione Semplice) e 201 di II e III

livello (GIFT, FIVET, ICSI ed altre tecniche).

Soltanto 298 centri hanno effettivamente effettuato

tecniche su pazienti, in quanto in 56 centri, per moti-

vi di varia natura, non si è svolta attività.

In generale, con l’applicazione di tutte le tecniche

sono state trattate 73.570 coppie di pazienti, su cui

sono stati iniziati 96.427 cicli di trattamento. Le gra-

vidanze ottenute sono state 15.467. Di queste è stato

possibile monitorare l’evolversi di 13.395. In 3.330

gravidanze si è registrato un esito negativo, mentre

10.665 sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risul-

tano 11.933. Questo significa che in Italia ogni 1.000

nati vivi 21,8 nascono da gravidanze ottenute con

l’applicazione di procedure di fecondazione assistita.

In particolare, per ciò che riguarda la tecnica di

Inseminazione Semplice, le coppie trattate sono state

20.012 su cui sono stati iniziati, 32.644 cicli di tratta-

mento. Le gravidanze ottenute sono state 3.246, di cui

monitorate 2.659, con una perdita di informazione

pari al 18,1%. I nati vivi sono 2.275. Il tasso di gravi-

danza, rispetto ai cicli iniziati è pari al 9,9%, mentre,

rispetto alle inseminazioni effettuate (escludendo i

cicli sospesi), è pari al 10,9%.

Sono stati trattati, invece, con tecniche a fresco di II e

III livello, 46.491 coppie di pazienti su cui sono stati

iniziati 56.092 trattamenti. I cicli giunti alla fase del

prelievo sono 50.290 e i trasferimenti di embrioni ese-

guiti sono stati 42.331. Le gravidanze ottenute con

l’applicazione delle tecniche a fresco sono 10.959. Il

tasso di gravidanza, rispetto ai cicli iniziati, è pari al

19,5% e rispetto ai prelievi effettuati è del 21,6%,

mentre rispetto ai trasferimenti eseguiti risulta pari al

25,9%.

Con tecniche da scongelamento sono state trattate

7.067 coppie di pazienti su cui sono stati iniziati 7.691

cicli di scongelamento di ovociti o di embrioni. Le

gravidanze ottenute sono state 1.262. Per quanto

riguarda la tecnica FO, il tasso di gravidanza rispetto

agli scongelamenti effettuati è pari al 14,0%, mentre

rispetto ai trasferimenti eseguiti è del 17,5%. Per la

tecnica FER, il tasso di gravidanze è pari al 17,6% se

rapportato agli scongelamenti effettuati, mentre se

rapportato ai trasferimenti eseguiti è pari al 18,9%. In

totale si è registrato un numero di gravidanze perse al

follow-up pari a 1.484, che rappresenta il 12,1% del

totale delle gravidanze ottenute da tecniche di II e III

livello. Il numero di nati vivi grazie all’applicazione

di queste tecniche è pari a 9.657.

Nel Cartogramma è rappresentato il numero di cicli

iniziati, con l’applicazione di tecniche a fresco, per

milione di abitanti. A livello nazionale sono stati

effettuati, nell’anno 2011, 924 cicli per milione di abi-

tanti. Tale valore appare costantemente in crescita.

Nei 6 anni di raccolta dati del RN si è registrato un

aumento pari al 62,7%, a partire dal valore di 568 cicli

a fresco per milione di abitanti registrato nel 2005.

Come è possibile osservare, la distribuzione dell’indi-

catore a livello regionale assume carattere particolar-

mente eterogeneo. Alcune regioni assumono un ruolo

accentratore rispetto alle zone territoriali circostanti.

È il caso della Lombardia e dell’Emilia-Romagna nel

Nord, del Lazio e della Toscana nel Centro e della

Campania, della Sicilia e della Sardegna nel

Meridione.

Questo indicatore è fortemente condizionato dalla

numerosità della popolazione residente nelle varie

regioni e, per questo, la PA di Bolzano, ad esempio, fa

registrare un valore particolarmente elevato dell’indi-

catore, anche in presenza di un numero di cicli iniziati

abbastanza modesto. Risulta evidente la differenza tra

il dato delle regioni meridionali e il resto del Paese

(594 cicli su milione di abitanti contro 924 cicli su

miline di abitanti). Rispetto al 2010 l’indicatore, a

livello nazionale, fa registrare un aumento del 6,3%,

mentre, prendendo in considerazione le macroaree

geografiche, si evince come il Nord-Ovest allinea la

richiesta/offerta del servizio a quella del Nord-Est e

del Centro, superando la soglia dei 1.000 cicli ogni

milione di abitanti, mentre resta costante sui medesimi

livelli l’indicatore misurato nelle regioni meridionali.

Nella Tabella 1 è mostrata la distribuzione per regio-

ne del tasso di gravidanze rispetto ai cicli iniziati con

le tecniche a fresco FIVET e ICSI. I tassi sono stati

calcolati per classi di età delle pazienti ed il tasso di

gravidanza totale è stato standardizzato utilizzando

come popolazione di riferimento la distribuzione

nazionale dei cicli iniziati per classe di età.

Nella Tabella 1 è mostrato anche il numero di proce-

dure iniziate, in ogni regione, in modo da definire la

base di calcolo degli indicatori. Inoltre, è riportato

anche il tasso standardizzato riferito all’attività del

2010.

Il tasso di gravidanza standardizzato restituisce il

valore del tasso grezzo, correggendo le differenze che

esistono tra una regione ed un'altra, relativamente alla

distribuzione dei cicli iniziati secondo l’età delle

pazienti in classi.

Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-

ziate, le differenze più marcate del tasso standardizza-

to si possono osservare in Friuli Venezia Giulia, con

una flessione pari al 18,4% rispetto al valore del 2010,

e nel Lazio (-17,9%). In Sicilia si registra un aumento

del tasso di gravidanza standardizzato pari al 9,4% ed

in Piemonte pari al 7,1%. I valori del tasso grezzo, a

livello nazionale, fanno registrare un decremento che

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 177

va dal 20,9% del 2010 al 19,5% del 2011.

Il Grafico 1 indica la distribuzione regionale della per-

centuale di parti multipli. Oltre alla percentuale riferi-

ta al 2011, è riportato nel grafico anche il valore del-

l’indicatore nel 2010.

Il valore di questo indicatore fornisce, in maniera

indiretta, indicazioni rispetto alla sicurezza delle tec-

niche applicate.

In generale, la quota di parti multipli sul totale di quel-

li ottenuti è del 19,8%. Rispetto al 2010, anno in cui il

tasso di parti multipli era pari al 21,7%, si è registrata

una riduzione pari all’8,8%. In particolare, la riduzio-

ne si è verificata sia per i parti gemellari, passati dal

19,9% del 2010 al 18,5% del 2011, sia per i parti trige-

mini, che dall’1,8% del 2010 si riducono sino all’1,3%

del 2011. Dal punto di vista della sicurezza delle tec-

niche, la riduzione dei parti trigemini è fondamentale

per riportare i centri italiani agli stessi standard di sicu-

rezza che si registrano in altri Paesi europei.

Questa riduzione sul totale dei centri non si è, però,

verificata in tutte le regioni.

Appare particolarmente interessante una lettura inte-

grata dei risultati fatti registrare dagli ultimi due indi-

catori analizzati. Come mostrato nella Tabella 2, in

quasi tutte le regioni in cui si è registrata una riduzio-

ne del tasso di gravidanze si è verificata anche una

riduzione dei parti multipli e viceversa. Vale a dire

che nelle regioni in cui la maggior parte dei centri, o

comunque i centri con elevata mole di attività, hanno

diminuito l’efficacia, gli stessi hanno anche aumenta-

to la sicurezza cercando di evitare gravidanze gemel-

lari o trigemine. Laddove, invece, si è scelto di perse-

guire un aumento dell’efficacia si è registrato anche

un aumento di parti multipli.

Questi dati sono condizionati dalla distribuzione delle

gravidanze perse al follow-up, ovvero della perdita di

informazioni relativamente all’esito delle gravidanze

stesse. È ipotizzabile pensare, infatti, che il centro

venga più facilmente a conoscenza di informazioni

relativamente ad una gravidanza multipla, cioè ad un

caso più particolare, mentre per una gravidanza a

decorso normale reperire le informazioni può risulta-

re più complesso.

Anche per questo è utile passare all’esame dell’indi-

catore successivo.

Nel Grafico 2 è mostrato, secondo la distribuzione

regionale, il quarto indicatore utilizzato per descrivere

il fenomeno della PMA. Si tratta della percentuale di

gravidanze di cui non si conosce l’esito sul totale di

quelle ottenute. È un indicatore di accuratezza e di

qualità della raccolta dati operata dai centri e del moni-

toraggio del proprio lavoro. Nella composizione di

questo indicatore assume, però, un ruolo importante la

disponibilità di personale all’interno delle strutture. In

molti centri, infatti, la carenza di personale costituisce

un ostacolo all’ottenimento di livelli ottimali del moni-

toraggio delle gravidanze ottenute. Nel Grafico 2, è

stato inserito anche il numero di gravidanze ottenute in

ciascuna regione per quantificare il denominatore del-

l’indicatore mostrato. Si parla di gravidanze ottenute

con tecniche di II e III livello, sia da tecniche a fresco

che da tecniche di scongelamento.

La percentuale delle gravidanze di cui non si conosce

l’esito è pari, nel 2011, al 12,1%. Nell’indagine riferi-

ta all’attività del 2010 la perdita di informazione era

minore, ovvero pari al 10,2%.

Tra le regioni, quelle con una perdita più elevata di

informazioni e, quindi, di gravidanze ottenute di cui

non si conosce l’esito, risultano essere la Puglia,

(26,2%), la Campania (22,9%) ed il Lazio (18,7%).

Il dato fatto registrare dai centri della Lombardia, con

una perdita di informazione che sale dal 7,6% del

2010 al 13,3% del 2011, e dalla Toscana, che passa

dal 7,0% al 14,7%, vista anche la notevole mole di

attività svolta in queste 2 regioni, è probabilmente

responsabile dell’aumento della perdita di informa-

zione generale. Le regioni in cui i centri sono più effi-

centi relativamente all’aspetto del recupero delle

informazioni sono, anche in relazione alla mole di

attività, il Piemonte (5,9%), il Veneto (6,1%), il Friuli

Venezia Giulia (0,8%) e l’Emilia-Romagna (0,7%).

Molte delle differenze regionali, che questo indicato-

re riporta, potrebbero essere spiegate dal tipo di uten-

za che si rivolge alle strutture che offrono tecniche di

fecondazione assistita e, quindi, la proporzione dei

centri privati rispetto a quelli pubblici operanti in ogni

regione. Gioca un ruolo importante infatti, il livello

socio-economico delle pazienti, nonché la nazionalità,

caratteristiche che fanno si che le pazienti stesse che

ottengono una gravidanza siano più o meno disposte a

fornire informazioni sull’esito e sullo stato di salute di

eventuali neonati.

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178 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Cicli iniziati (per 1.000.000) da tecniche a fresco (FIVET eICSI) per regione. Anno 2011

Fonti dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2013.

Tabella 1 - Cicli (valori assoluti), tasso (specifico, grezzo e standardizzato per 100 cicli iniziati con tecniche afresco FIVET ed ICSI) e variazione percentuale di gravidanza per regione - Anni 2010, 2011

Tassi Tassi TassiRegioni Cicli ≤34 35-39 40-42 43+ grezzi std std ∆∆ %%

2010 2011 (2010-2011)

Piemonte 3.038 33,7 28,2 17,6 8,6 26,1 24,1 25,8 6,8

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 148 20,3 11,3 8,3 0,0 14,2 9,5 12,3 29,0

Lombardia 13.131 24,6 20,9 12,2 4,8 18,6 18,7 18,6 -0,4

Bolzano-Bozen 1.240 28,0 25,6 9,2 6,2 20,6 25,4 21,0 -17,3Trento 417 34,1 22,6 11,2 8,0 22,8 16,7 22,1 32,9Veneto 3.850 24,1 20,5 11,9 3,6 18,4 19,9 18,2 -8,8

Friuli Venezia Giulia 1.975 20,4 17,6 9,4 6,3 16,4 18,5 15,1 -18,4

Liguria 549 19,0 22,3 11,7 0,0 19,1 21,0 17,1 -18,6

Emilia-Romagna 5.308 20,6 17,4 10,4 2,9 15,4 17,2 15,5 -9,8

Toscana 6.105 25,2 20,4 12,2 4,0 19,0 21,4 18,6 -13,4

Umbria 434 21,0 0,0 15,3 5,6 18,4 17,0 17,5 2,8

Marche 207 25,5 18,1 3,3 0,0 14,0 13,2 15,4 16,7

Lazio 7.273 30,0 23,3 9,9 3,6 19,1 25,1 20,6 -17,9

Abruzzo 563 30,1 24,8 10,3 8,0 21,0 27,9 21,7 -22,2

Molise 0 - - - - - - - -

Campania 4.618 31,4 26,6 16,4 8,4 24,5 25,6 24,2 -5,5

Puglia 2.047 30,2 21,1 13,8 8,3 21,2 20,2 21,0 4,1

Basilicata 351 20,8 15,4 5,3 14,3 14,8 5,8 14,6 151,0

Calabria 340 28,6 21,9 9,8 3,9 20,0 21,0 19,6 -6,9

Sicilia 3.303 33,2 25,1 13,7 6,1 24,5 21,3 23,3 9,5

Sardegna 1.189 13,5 13,3 6,9 2,6 10,5 12,1 11,0 -8,8

Italia 56.086 26,8 21,6 12,0 5,1 19,5 - - -

- = non disponibile.

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2012, 2013.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 179

Grafico 1 - Percentuale di parti multipli per regione - Anni 2010, 2011

Fonti dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2012, 2013.

Tabella 2 - Tasso standardizzato (per 100 cicli iniziati con tecniche a fresco FIVET ed ICSI), parti multipli (valo-ri assoluti) e variazioni percentuali di gravidanza per regione - Anni 2010, 2011

Tassi Tassi Parti multipli Parti multipli ∆∆ % ∆∆ %Regioni std std 2010 2011 tasso std parti multipli

2010 2011 (2010-2011) (2010-2011)

Piemonte 24,1 25,8 19,9 20,3 7,1 2,0

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 9,5 12,3 10,0 26,7 29,5 167,0

Lombardia 18,7 18,6 19,2 16,2 -0,5 -15,6

Bolzano-Bozen 25,4 21,0 22,5 23,3 -17,3 3,6Trento 16,7 22,1 19,0 20,8 32,3 9,5Veneto 19,9 18,2 21,6 19,3 -8,5 -10,6

Friuli Venezia Giulia 18,5 15,1 22,3 19,2 -18,4 -13,9

Liguria 21,0 17,1 35,8 30,1 -18,6 -15,9

Emilia-Romagna 17,2 15,5 18,3 18,1 -9,9 -1,1

Toscana 21,4 18,6 22,5 21,7 -13,1 -3,6

Umbria 17,0 17,5 18,5 23,9 2,9 29,2

Marche 13,2 15,4 13,0 20,0 16,7 53,8

Lazio 25,1 20,6 20,2 18,8 -17,9 -6,9

Abruzzo 27,9 21,7 31,5 15,4 -22,2 -51,1

Molise - - - - - -

Campania 25,6 24,2 30,1 22,4 -5,5 -25,6

Puglia 20,2 21,0 23,2 22,2 4,0 -4,3

Basilicata 5,8 14,6 18,2 27,3 151,7 50,0

Calabria 21,0 19,6 27,0 9,6 -6,7 -64,4

Sicilia 21,3 23,3 19,4 23,9 9,4 23,2

Sardegna 12,1 11,0 26,2 25,3 -9,1 -3,4

- = non disponibile.

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2012, 2013.

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180 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Grafico 2 - Gravidanze (valori percentuali e valori assoluti) perse al follow-up per regione - Anno 2011

Fonti dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2013.

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili, pubblicati dal Registro

Europeo (RE), sono quelli riferiti all’attività del 2009.

Il numero di trattamenti a fresco su milione di abitanti

è pari a 1.153 in Francia, 823 in Germania e 876 in

Gran Bretagna. In Svezia, Paese all’avanguardia rispet-

to alla pratica della fecondazione assistita, il numero di

cicli a fresco iniziati su milione di abitanti è pari a

1.845. Globalmente, rispetto alla popolazione dei Paesi

che aderiscono alla raccolta dati del RE, il numero di

cicli a fresco su milione di abitanti è pari a 1.067.

Il tasso di gravidanze a fresco su cicli iniziati è pari a

31,1% in Spagna, 28,3% in Svezia e 29,0% in Gran

Bretagna.

Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-

ti multipli è del 22,1% in Spagna, 16,7% in Francia,

19,8% in Germania, 22,0% in Gran Bretagna e 5,8%

in Svezia.

Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up,

il RE raccomanda un livello non superiore al 10% di

gravidanze perse al follow-up sul totale delle gravi-

danze ottenute. Dei Paesi fin qui presi in esame, la

Germania e la Spagna presentano una quota di perdi-

ta di informazione superiore a quella del RN, con

una quota di gravidanze perse al follow-up pari,

rispettivamente, a 27,6% e 23,2%. In Gran Bretagna

la perdita di informazioni è del tutto trascurabile

(2,3%), mentre in Svezia e in Francia è stato possi-

bile ottenere il follow-up di tutte le gravidanze.

Raccomandazioni di OsservasaluteLa relazione tra domanda e offerta di applicazione

delle tecniche di PMA, continua a crescere nel nostro

Paese adeguandosi ai livelli di altri Paesi particolar-

mente rappresentativi del panorama europeo.

Il dato più interessante emerso dall’analisi è relativo

alla contrazione sia dei tassi di gravidanza che delle

percentuali di parti multipli. L’analisi congiunta di

questi due indicatori mostra che nelle regioni in cui i

centri hanno ridotto l’efficacia delle tecniche si è

anche verificata la diminuzione delle percentuali di

parti multipli. In un certo senso, i risultati dei centri

misurati attraverso questi due indicatori sembrano

mostrare una relazione evidente ed inversamente pro-

porzionale tra efficacia e sicurezza.

La percentuale di perdita di informazioni si mantiene

più o meno sugli stessi livelli, peraltro molto vicino

alla soglia di qualità introdotta dal RE, superando

Paesi con registri a più consolidata tradizione come,

ad esempio, la Germania. Alcune regioni costituisco-

no insieme un punto critico di questo aspetto, ma

anche un nodo cruciale di intervento del RN, nel ten-

tativo di diminuire ulteriormente il numero di gravi-

danze di cui non si conosce l’esito.

Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2004.

Page 189: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 181

(2) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2005.(3) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2006.(4) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2007.(5) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2008.(6) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2009.(7) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2010.(8) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2011.(9) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2012.(10) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sul-lo stato di attuazione della legge contenente norme in mate-ria di Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19

Febbraio 2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2013.(11) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - Procreazione medicalmenteassistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(12) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - 1° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. Anno2005.(13) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli, R. De Luca, R. Spoletini, E.Mancini- 2° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita. Anno 2006.(14) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, R. DeLuca, P. D’Aloja, S. Fiaccavento, R. Spoletini, M. Bucciarelli,E. Mancini- 3° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita. Anno 2007.(15) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on June 22, 2010 - Assisted reproductive Tecnologyin Europe, 2006: results generated from European registersby ESHRE.(16) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on February 17, 2012 - Assisted reproductiveTecnology in Europe, 2007: results generated fromEuropean registers by ESHRE.(17) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on July 9, 2013 - Assisted reproductive Tecnology inEurope, 2009: results generated from European registers byESHRE.(18) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on July 9, 2013 - Assisted reproductive Tecnology inEurope, 2009: results generated from European registers byESHRE. Disponibile sul sito:http://humrep.oxfordjournals.org/content/early/2013/07/09/humrep.det278.full.pdf.

Page 190: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

182 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’Aborto

Spontaneo (AS) come l’interruzione involontaria del-

la gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gesta-

zione, cioè 25 settimane e 5 giorni. Dopo tale limite

gestazionale, l’evento viene classificato come nato

morto. Altri Paesi adottano differenti definizioni:

attualmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità

(OMS), nella classificazione internazionale delle

malattie, definisce genericamente la morte fetale sen-

za far riferimento alla durata della gravidanza,

lasciando intendere, però, nelle richieste dati presso

organismi internazionali, che debba essere il peso (più

o meno 500 grammi ) il fattore discriminante tra abor-

to spontaneo e nato morto. A tale peso (informazione

non presente nei dati sull’AS) corrisponde, in genere,

un periodo gestazionale massimo di 22 settimane.

Sebbene i fattori biologici (quali età della donna e del-

l’uomo, la parità e eventuali patologie) siano tuttora

considerati come i più importanti determinanti della

frequenza del fenomeno, in alcuni studi si è eviden-

ziato che questo evento può essere associato a speci-

fiche condizioni lavorative ed esposizioni ambientali.

Rapporto di abortività spontanea*

Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’Istituto

Nazionale di Statistica (Istat) che raccoglie i casi per i

quali si sia reso necessario il ricovero in istituti di cura

sia pubblici che privati. Gli AS non soggetti a ricove-

ro quali, ad esempio, gli aborti che si risolvono senza

intervento del medico o che necessitano di sole cure

ambulatoriali, non vengono pertanto rilevati. Le stati-

stiche ufficiali dell’Istat sul fenomeno hanno il pregio

di ricostruire la serie storica dell’AS in tutto il territo-

rio nazionale, anche se non consentono uno studio su

specifici fattori di rischio, ad esclusione delle usuali

informazioni di natura socio-demografica. È molto dif-

ficoltoso effettuare confronti con altri Paesi, sia perché

non risulta che abbiano registri a copertura nazionale,

sia a causa di differenti definizioni adottate.

L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura e qui

utilizzato è il rapporto di abortività spontanea riferito

ai soli nati vivi. In realtà l’indicatore più corretto da

un punto di vista metodologico è la proporzione di

abortività che considera al denominatore tutti i casi a

rischio di aborto spontaneo, ovvero il totale delle gra-

vidanze dato dalla somma dei nati vivi, nati morti,

aborti spontanei e una parte delle Interruzioni

Volontarie di Gravidanza (IVG) (ovvero quella parte

che potrebbe aver evitato il verificarsi di un AS aven-

do agito prima che questo potesse verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-

ni con il valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2011, il numero di aborti spontanei registrati

dall’Istat è pari a 76.334, che dà luogo a un rapporto

di abortività pari a 137,36 casi per 1.000 nati vivi

(Tabella 1).

Il fenomeno dell’AS risulta essere fortemente connes-

so all’età della donna: i rapporti di AS specifici per età

aumentano al crescere dell’età della donna, ad esclu-

sione delle giovanissime (<20 anni) che hanno valori

superiori a quelli riferiti alle donne della fascia 20-29

anni. Tra le giovanissime, infatti, non è molto alto il

numero delle nascite. Un rischio significativamente

più elevato si nota a partire dalla classe 35-39 anni,

quando il valore dell’indicatore supera del 61% quel-

lo riferito alla classe di età precedente, e quasi si qua-

druplica nelle donne sopra i 39 anni.

Il trend dell’indicatore (Grafico 1) mostra un incre-

mento del valore grezzo, cioè non depurato dall’effet-

to dell’età della donna che, come appena visto, rap-

presenta un determinante significativo per il rischio di

AS. Nonostante varie oscillazioni temporali, il rap-

porto grezzo è passato da un valore pari a 89,21 abor-

ti ogni 1.000 nati vivi nel 1982 a 137,36 aborti ogni

1.000 nati vivi, aumentando quindi del 54% in quasi

30 anni. Questa dinamica è il risultato della combina-

zione degli eventi a numeratore e a denominatore,

cioè gli AS e i nati vivi: mentre per i primi osservia-

mo nello stesso periodo un incremento del 35%, per i

secondi si rileva una diminuzione del 13%.

Ricordiamo che l’indicatore è stato costruito sugli

eventi di donne residenti in Italia, quindi viene esclu-

sa una gran parte di donne straniere che, invece, nel

nostro Paese hanno contribuito a risollevare i tassi di

fecondità.

Se si osserva il trend del rapporto standardizzato, si

evince chiaramente l’effetto dell’età: eliminandolo

M. LOGHI, A. SPINELLI, A. D’ERRICO

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 183

Tabella 1 - Rapporto (specifico, grezzo e standardizzato per 1.000 nati vivi) di dimissioni ospedaliere da istitutidi cura per abortività spontanea per regione - Anno 2011

RegioniRapporti Rapporti

15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49grezzi std

Piemonte 153,18 90,81 83,94 83,03 141,62 327,63 637,31 118,94 104,64

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 219,13 101,74 65,28 101,66 165,91 528,77 1.232,60 139,10 119,71

Lombardia 157,15 88,73 83,40 97,87 151,69 336,85 541,36 127,83 111,67

Bolzano-Bozen 123,64 91,14 92,91 111,97 169,80 373,02 1.000,38 140,54 124,22Trento 225,35 77,89 108,27 114,27 170,84 375,35 652,17 146,12 129,92Veneto 166,52 94,46 83,80 99,40 164,57 383,69 611,49 135,06 117,06

Friuli Venezia Giulia 142,08 108,63 102,30 108,63 177,47 441,19 910,97 152,86 131,47

Liguria* 143,60 97,12 86,02 101,82 159,48 392,37 485,60 142,93 117,60

Emilia-Romagna 132,21 93,98 86,04 106,01 171,59 379,48 467,73 139,22 120,36

Toscana 161,25 86,77 93,16 99,57 166,49 372,53 583,23 139,38 118,93

Umbria 115,70 55,27 58,64 70,17 125,29 258,60 451,26 94,48 82,53

Marche 117,05 93,94 92,18 110,77 166,40 424,53 465,40 141,95 124,01

Lazio 198,18 124,62 117,09 119,53 196,23 436,88 512,19 171,82 145,41

Abruzzo 149,63 110,06 98,97 111,58 192,11 450,28 773,09 154,54 134,66

Molise* 207,01 115,98 94,44 104,60 154,47 449,22 458,38 142,58 125,16

Campania 110,45 87,51 88,49 96,30 152,17 344,40 568,50 118,25 111,94

Puglia 125,12 86,94 81,11 95,54 150,46 357,03 768,50 121,05 110,03

Basilicata 122,11 126,48 91,09 126,59 186,83 405,77 959,40 154,97 136,86

Calabria 203,59 110,48 106,69 125,08 206,64 547,01 929,65 162,17 148,74

Sicilia 114,73 88,20 97,32 112,32 175,24 472,81 865,42 137,90 129,06

Sardegna* 176,67 110,57 102,11 136,42 212,31 449,31 971,66 185,61 149,03

Italia 139,95 94,24 91,07 103,44 166,48 386,96 611,54 137,36 120,58

*A causa di incompletezza dei dati i rapporti delle regioni Liguria, Molise e Sardegna sono stati stimati.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2011.

con la procedura della standardizzazione scompare la

crescita osservata con l’indicatore grezzo e appare una

sostanziale stabilità del fenomeno (+9,4% tra il 1982

e il 2011).

La crescita incontrastata dell’età media al parto e

dell’AS (Grafico 2) completa il quadro d’insieme e

rafforza la conclusione che un posticipo del calenda-

rio riproduttivo aumenta significativamente il rischio

di un esito negativo della gravidanza. Tra i due even-

ti c’è una differenza di poco più di 2 anni e per

entrambi l’età media è aumentata: con riferimento al

parto si è passati da un’età media uguale a 27,6 ad un

valore pari a 31,7. Per l’AS si è raggiunto il valore di

34,1 partendo da 29,4 anni all’inizio del periodo con-

siderato.

Negli ultimi tempi alcune evidenze di cronaca hanno

indotto a supporre che l’utilizzo di metodi “fai da te”

per interrompere una gravidanza (soprattutto tra le

donne straniere) abbia fatto aumentare le notifiche di

AS poiché la donna si presenterebbe all’ospedale non

per fare una IVG, ma per complicazioni varie dovute

all’utilizzo di metodi “alternativi”, facendo registrare,

quindi, un AS piuttosto che una IVG. Un’analisi effet-

tuata dall’Istat, che ha previsto il calcolo di tassi di

abortività (sia volontaria che spontanea) per classi di

età e cittadinanza, non ha confermato questa tenden-

za: a fronte di un calo generale in tutte le classi di età

del ricorso all’IVG, sia da parte di donne italiane che

straniere, non si è assistito ad un incremento diffuso

dei tassi di AS (Tabella 2). Questo è avvenuto solo tra

le donne italiane sopra i 30 anni, quindi tra le donne

che hanno ritardato o posticipato il calendario ripro-

duttivo, come già evidenziato in precedenza.

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184 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Rapporto standardizzato (per 1.000 nati vivi) di dimissioniospedaliere da istituti di cura per abortività spontanea perregione. Anno 2011

Grafico 1 - Rapporto (grezzo e standardizzato per 1.000 nati vivi) di dimissioni ospedaliere da istituti di cura perabortività spontanea - Anni 1982-2011

Nota: a causa di incompletezza dei dati, i rapporti sono stati stimati per le seguenti regioni: Piemonte (anni 1986-1993, 1995-1997), Lombardia

(anno 2010), Liguria (anno 2011), Toscana (anno 1984), Lazio (anno 1995), Molise (anni 2004 e 2011), Campania (anni 2006-2009), Sicilia

(anni 2009-2010), Sardegna (anno 2011) e tutte le regioni (anno 1998).

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anno 2011.

Page 193: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 185

Grafico 2 - Età media (anni) al parto e all’aborto spontaneo - Anni 1982-2011

Fonti dei dati: Istat, Rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita. Anno 2011 - Istat, Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per

aborto spontaneo. Anno 2011.

Tabella 2 - Tasso standardizzato (per 1.000) e variazioni percentuali di abortività volontaria e spontanea per cit-tadinanza e classe di età - Anni 2003, 2009

Classi di età 2003 2009∆∆ %%

2003 2009∆∆ %%

(2003-2009) (2003-2009)

IVG italiane AS italiane

15-19 6,6 5,6 -15,2 0,8 0,6 -25,0

20-24 11,4 9,6 -15,8 2,6 2,2 -15,4

25-29 10,6 9,2 -13,2 6,2 5,6 -9,7

30-34 10,0 9,0 -10,0 8,9 9,3 +4,5

35-39 8,8 7,8 -11,4 7,8 9,7 +24,4

40-44 4,3 3,6 -16,3 3,8 5,0 +31,6

45-49 0,4 0,4 0,0 0,4 0,6 +50,0

Tassi std 7,6 6,7 -11,8 4,8 5,2 +8,3

IVG straniere AS straniere

15-19 32,5 21,5 -33,8 7,4 3,9 -47,3

20-24 97,5 44,7 -54,2 19,8 12,6 -36,4

25-29 73,8 36,5 -50,5 17,0 12,3 -27,6

30-34 58,5 32,2 -45,0 15,3 11,2 -26,8

35-39 43,3 25,9 -40,2 14,0 10,8 -22,9

40-44 20,0 10,6 -47,0 10,2 6,5 -36,3

45-49 1,4 0,9 -35,7 1,2 0,9 -25,0

Tassi std 40,7 23,8 -41,5 12,4 8,6 -30,6

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia nel

2001.

Nota: non è possibile calcolare i tassi per gli anni successivi al 2009 poiché la popolazione al 1 gennaio per genere, età e cittadinanza è dispo-

nibile solo per gli anni 2003-2010. La popolazione straniera è riferita ai soli Paesi a forte pressione migratoria.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo. Anni 2003, 2009 - Istat. Indagine sulle interruzioni

volontarie della gravidanza. Anni 2003, 2009.

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186 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Raccomandazioni di OsservasaluteL’Italia, differentemente da altri Paesi europei, pre-

senta la peculiarità di avere un’indagine specifica

sugli AS, pur limitando la rilevazione ai soli casi

ospedalizzati. Tale indagine consente di evidenziare

eventuali situazioni a rischio sul territorio, che neces-

siterebbero in ogni caso di studi specifici più appro-

fonditi, sia in campo lavorativo che ambientale. Non

meno importanti risultano fattori di tipo biologico e

sociologico: l’età è senza dubbio un fattore di rischio

determinante per il buon esito della gravidanza.

Posticipare il calendario riproduttivo aumenta il

rischio di AS (e non solo), quindi andrebbero racco-

mandati interventi a favore della donna che le consen-

tano di effettuare delle scelte consapevoli sul timingdelle gravidanze desiderate. Infine, si sollecitano le

Istituzioni preposte a valutare un cambio di definizio-

ne di aborto spontaneo e di nato morto che agevoli i

confronti internazionali e che eviti situazioni poco

chiare nella registrazione degli eventi di perdita fetale

alle diverse settimane di gestazione (Rapporto

Osservasalute 2007, pp.254-256).

Riferimenti bibliograficiIstat (2013), Dimissioni dagli istituti di cura per abortospontaneo. Anno 2011. Disponibile all’indirizzo:http://dati.istat.it.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 187

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i

dati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto

Nazionale di Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di

Sanità (ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG

effettuata è obbligatorio compilare il modello Istat

D.12 ed inviarlo al sistema informativo nazionale.

Successivamente, sulla base di questi dati, le regioni

elaborano alcune tabelle che inviano al Sistema di

Sorveglianza ministeriale. Ogni anno, il Ministro del-

la Salute presenta al Parlamento una relazione sull’an-

damento del fenomeno (1). Attualmente i dati italiani

sono tra i più accurati ed aggiornati a livello interna-

zionale. I limiti nell’indicatore possono essere rappre-

sentati dal fatto che, in alcuni casi, viene calcolato uti-

lizzando al numeratore tutte le IVG effettuate in

regione (donne residenti e non) ed al denominatore le

donne residenti, provocando una sovrastima o sotto-

stima del fenomeno. Utilizzando, invece, le donne

residenti sia al numeratore che al denominatore, ven-

gono esclusi alcuni casi relativi, principalmente, alle

donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-

ni con valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiI dati, elaborati dal Sistema di Sorveglianza e presen-

tati dal Ministro della Salute in occasione dell’ultima

Relazione al Parlamento, indicano un numero di IVG

pari a 111.415 nel 2011 e 105.968 nel 2012 (dato

provvisorio) (1). Nel 2011, sono state notificate

all’Istat, mediante i modelli D.12, 110.041 IVG (2).

Avendo verificato la sottonotifica per alcune regioni

(Umbria, Campania e Sicilia), i dati mancanti sono

stati stimati tramite il ricorso alle Schede di

Dimissione Ospedaliera (SDO) e, successivamente, i

tassi sono stati calcolati sui dati stimati (Tabella 1).

Dal 2004 si assiste ad un calo regolare e continuo del

tasso: nel 2011 questa tendenza sembra essere confer-

mata, poiché il tasso grezzo passa da 7,9 per 1.000

donne del 2010 a 7,8 per 1.000 del 2011.

Un confronto per ripartizione (utilizzando il tasso

standardizzato) evidenzia che il Nord-Est ha sempre

avuto valori inferiori al resto del Paese, ma il lieve

trend crescente degli ultimi anni, in controtendenza

con quello decrescente del Mezzogiorno, ha portato

alla sostanziale uguaglianza del tasso tra le due ripar-

tizioni fino all’anno 2010. Nel 2011, è il Mezzogiorno

che presenta i valori più bassi. Nel corso dell’ultimo

periodo il Centro e il Nord-Ovest hanno mostrato

valori molti simili tra loro1.

A livello regionale le differenze più significative, tra

Significato. Nel 1978 fu approvata in Italia la Legge n.

194 “Norme per la tutela della maternità e sull’interru-

zione volontaria della gravidanza”, che regola le moda-

lità del ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa,

qualsiasi donna per motivi di salute, economici, sociali

o familiari, può richiedere l’Interruzione Volontaria di

Gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione.

Oltre questo termine, l’IVG è consentita per gravi pro-

blemi di salute fisica o psichica. L’intervento può esse-

re effettuato presso le strutture pubbliche del Servizio

Sanitario Nazionale e le strutture private accreditate e

autorizzate dalle regioni. Il tasso di abortività volonta-

ria è l’indicatore più frequentemente usato a livello

internazionale (spesso utilizzando al denominatore la

popolazione femminile di età 15-44 anni). Permette di

valutare l’incidenza del fenomeno, che in gran parte

dipende dalle scelte riproduttive, dall’uso di metodi

contraccettivi nella popolazione e dall’offerta dei servi-

zi nei vari ambiti territoriali. Al fine di una valutazione

più completa dell’IVG, è possibile calcolare questo

indicatore specifico per alcune caratteristiche delle

donne, ad esempio età, stato civile, parità, luogo di

nascita e cittadinanza. Si può, inoltre, utilizzare il tasso

standardizzato per età al fine di eliminare l’effetto con-

fondente di questa variabile.

Abortività volontaria

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza in donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente in 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

A. SPINELLI, M. LOGHI, A. D’ERRICO, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

1Nell’ultima Relazione al Parlamento viene riportato quanto segue: “Per quanto riguarda la quantificazione degli aborti clandestini nel Paese, nel 2008 l’ISS ha provveduto a fornire una sti-

ma aggiornata degli aborti clandestini, dopo gli ultimi calcoli effettuati per il 2001. La stima, pari a 15.000 aborti clandestini, la maggior parte dei quali si riferiscono all’Italia meridionale,

è relativa all’anno 2005 (ultimo anno per il quale sono disponibili tutti i dati per calcolare gli indici riproduttivi necessari per l’applicazione del modello stesso). Si ricorda che questo dato

riguarda solo le donne italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili degli indici riproduttivi per le donne straniere. Si conferma, quindi, la contemporanea diminuzione dell’abortivi-

tà legale e clandestina tra le donne italiane (quest’ultima era stata stimata pari a 100.000 casi nel 1983)”.

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188 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

il 2004 ed il 2011, si riferiscono all’Umbria, al Lazio,

alla Basilicata ed alla Puglia, i cui tassi presentano

diminuzioni di entità superiori al 20%. Solo la PA di

Bolzano presenta un incremento del 5,6%.

Ormai un terzo del fenomeno riguarda le cittadine

straniere (34,2% di tutte le IVG effettuate nel 2011),

con valori più elevati al Nord, dove maggiore è la pre-

senza della popolazione straniera (valore massimo in

Veneto 46,3%). Negli ultimi anni si è osservata una

stabilità della percentuale e del numero assoluto di

IVG effettuate dalle cittadine straniere e un decremen-

to del tasso di abortività, che comunque permane

superiore a quello delle italiane (si rimanda, per i det-

tagli, all’Indicatore “Abortività volontaria delle donne

straniere” del Rapporto Osservasalute 2012).

L’Istat e l’ISS, oltre alle informazioni sull’andamento

del fenomeno e le caratteristiche delle donne, raccol-

gono dati sulle modalità di svolgimento dell’interven-

to, in particolare: data del rilascio della documenta-

zione/certificazione, struttura che rilascia il documen-

to/certificazione, eventuale stato di urgenza, figura

che ha dato l’assenso per la donna minorenne, epoca

gestazionale, luogo dell’IVG, data dell’IVG, tipo di

intervento e di terapia antalgica, regime di ricovero

(con numero di accessi o giorni di degenza) e compli-

canze immediate. Oltre a queste informazioni, l’ISS

riceve dalle regioni anche i dati sull’obiezione di

coscienza che, come indicato nell’Art. 9 della Legge,

il personale sanitario può presentare al fine di essere

esonerato dal prendere parte alla procedura.

Nella Tabella 2 sono riportati i dati di alcune di que-

ste variabili, riferite all’anno 2011, provenienti dal

sistema di sorveglianza e presenti nella Relazione del

2013 del Ministro della Salute al Parlamento.

Nel 2011, rimane molto basso il ricorso all’anestesia

locale (7,8%) con una notevole variabilità regionale

(da 0% nella PA di Bolzano ed in Molise, fino a

45,9% nelle Marche). In 9 regioni, comunque, la pre-

valenza d’uso è inferiore all’1%. Ciò è in contrasto

con le indicazioni formulate a livello internazionale e

con quanto osservato in studi nazionali. Nelle Linee

Guida sull’aborto volontario, prodotte dal RoyalCollege of Obstetricians and Gynaecologists inglese,

si afferma che, quando l’intervento viene effettuato

tramite isterosuzione, l’uso dell’anestesia locale è più

sicuro dell’anestesia generale (3). Nel 2003,

l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha

licenziato le Linee Guida “Safe Abortion: Technical

and Policy Guidance for Health Systems” (la seconda

edizione è del 2012), che confermano la raccomanda-

zione sull’impiego dell’anestesia locale, piuttosto che

la generale, per i minori rischi per la salute della don-

na, per la minore richiesta di analisi pre-IVG e per il

minore impegno di personale ed infrastrutture e di

conseguenza minori costi. Anche due studi a cui ha

partecipato l’ISS hanno mostrato che l’anestesia loca-

le, quando ben effettuata e scelta dalla donna, è asso-

ciata ad un minor numero di complicanze ed a minor

dolore a distanza (4) (5).

In Italia, la gran parte degli interventi viene effettuata

in anestesia generale o sedazione profonda, entrambe

procedure che richiedono un maggior numero di ana-

lisi preliminari e la presenza dell’anestesista (con rela-

tivo aumento dei costi). Negli ultimi 2 anni si è osser-

vato un aumento di IVG effettuate senza anestesia

(7,0% nel 2011) in seguito alla diffusione come meto-

dica dell’aborto medico o farmacologico

(Mifepristone e prostaglandine).

Il tempo che intercorre tra il rilascio del documen-

to/certificazione per l’IVG e l’effettuazione dell’inter-

vento (tempo di attesa), può essere un buon indicato-

re delle difficoltà nell’applicazione della Legge. Nella

Tabella 2 è riportata la percentuale di IVG effettuate

con un tempo di attesa >3 settimane tra il rilascio del

documento/certificazione e l’intervento.

A livello nazionale, nel 2011, circa una donna su sei

(15,7%) ha atteso più di 21 giorni, con una variabilità

che va da un minimo del 4,3% in Basilicata fino ad un

massimo del 28,7% in Veneto.

Il 15,1% delle IVG sono state effettuate a 11-12 setti-

mane di gestazione (limite massimo per

l’effettuazione dell’IVG non per motivi di salute);

generalmente, nelle regioni dove ci sono tempi di atte-

sa più lunghi più alta è la percentuale di IVG effettua-

te tardivamente. Anche la percentuale di interventi

effettuati a 11-12 settimane è un indicatore della

disponibilità e qualità dei servizi, oltre che del loro

livello di integrazione. Inoltre, le possibili complican-

ze post-intervento hanno un’incidenza maggiore a set-

timane gestazionali più avanzate.

Infine, in Tabella 2 è riportata la percentuale di gine-

cologi obiettori riferita dalle regioni all’ISS per il

2011. Questo dato è risultato pari al 69,3% a livello

nazionale, con valori più elevati al Sud (massimo di

88,4% in Campania). Si ricorda che, se è vero che

l’Art. 9 della Legge n. 194 sancisce il diritto all’obie-

zione da parte del personale, lo stesso dispone che

“Gli Enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono

tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle

procedure previste dall’Art. 7 e l’effettuazione degli

interventi di interruzione della gravidanza richiesti

secondo le modalità previste dagli Articoli 5, 7 e 8. La

regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche

attraverso la mobilità del personale”.

Per avere un quadro più dettagliato e preciso della

situazione dell’obiezione di coscienza, il Ministero

della Salute ha attivato un “tavolo tecnico” a cui sono

stati invitati gli assessori regionali, allo scopo di

avviare un monitoraggio riguardante le singole strut-

ture ospedaliere ed i consultori, per individuare even-

tuali criticità nell’applicazione della Legge. I risultati

di tale monitoraggio saranno presentati nella prossima

Relazione al Parlamento.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 189

Tabella 1 - Tasso (specifico, grezzo e standardizzato per 1.000) di abortività volontaria per regione - Anno 2011

Tassi TassiRegioni 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49

grezzi std

Piemonte 7,94 17,14 16,51 14,45 11,15 4,86 0,46 9,39 10,54

Valle d’Aosta 7,33 17,76 17,42 10,70 11,03 3,89 1,14 8,86 10,00

Lombardia 6,63 13,73 13,54 12,14 9,38 3,88 0,36 7,80 8,68

Bolzano-Bozen 3,31 6,54 7,35 7,96 6,40 3,13 0,49 4,81 5,20Trento 5,63 11,49 10,76 11,16 7,94 3,16 0,33 6,65 7,36Veneto 4,33 10,00 10,32 9,70 7,37 3,30 0,33 5,99 6,65

Friuli Venezia Giulia 6,09 11,70 12,20 10,06 7,91 3,18 0,34 6,55 7,47

Liguria 10,78 21,23 20,67 17,19 12,64 5,02 0,56 10,82 12,72

Emilia-Romagna 7,04 16,32 16,63 14,95 11,31 5,09 0,50 9,43 10,50

Toscana 6,51 14,22 14,68 13,68 10,38 4,69 0,45 8,49 9,46

Umbria* 7,00 13,92 15,93 14,01 10,14 4,34 0,36 8,77 9,62

Marche 4,84 10,40 10,66 10,20 8,91 3,54 0,28 6,62 7,18

Lazio 8,10 15,06 13,98 12,18 10,05 4,70 0,38 8,43 9,31

Abruzzo 6,93 12,66 12,00 11,61 10,10 3,95 0,31 7,76 8,38

Molise* 4,71 9,84 12,42 12,01 8,52 3,85 0,66 7,15 7,69

Campania 5,32 10,97 11,64 11,79 9,71 4,33 0,39 7,54 7,98

Puglia 7,29 13,83 14,20 13,78 11,95 5,32 0,50 9,25 9,79

Basilicata 4,91 9,15 8,25 9,35 9,38 5,24 0,26 6,47 6,84

Calabria 4,42 9,38 9,88 10,20 8,38 3,92 0,46 6,54 6,87

Sicilia* 5,43 10,04 9,94 8,81 7,65 3,34 0,24 6,28 6,61

Sardegna 4,77 7,90 8,62 7,55 7,17 3,38 0,39 5,40 5,81

Italia 6,30 12,78 12,92 11,96 9,61 4,22 0,40 7,79 8,50

*A causa di incompletezza dei dati i tassi delle regioni Umbria, Campania e Sicilia sono stati stimati.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia nel

2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2011.

Tasso standardizzato (per 1.000) di abortività volontaria per

regione. Anno 2011

Page 198: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

190 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2013

Grafico 1 - Tasso standardizzato (per 1.000 donne di 15-49 anni) di abortività volontaria per regione - Anni2004, 2011

Fonti dei dati: Istat, Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2011.

Tabella 2 - Percentuale di abortività volontaria per tipo di anestesia, tempi di attesa, settimane di gestazione,ginecologi obiettori e regione - Anno 2011

Regioni Generale LocaleAnalgesia

NessunaAttesa Sett. gestazione Ginecologi

e altro >21 giorni 11-12 obiettori

Piemonte 82,1 0,4 3,6 13,9 11,9 14,7 65,7

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 72,7 0,4 1,2 25,8 5,4 12,2 15,4

Lombardia 90,8 3,5 3,5 2,2 19,0 19,7 63,6

Bolzano-Bozen 97,3 0,0 1,0 1,7 4,8 18,8 81,8Trento 94,2 0,3 0,5 4,9 27,7 17,0 58,3Veneto 72,7 4,0 18,4 4,9 28,7 24,1 77,9

Friuli Venezia Giulia 92,6 0,3 4,0 3,1 11,7 11,6 59,1

Liguria 74,1 0,7 3,2 21,9 14,9 17,4 65,4

Emilia-Romagna 72,4 9,3 1,9 16,3 7,8 12,9 51,9

Toscana 74,2 12,1 4,2 9,6 15,5 15,7 65,8

Umbria 97,7 0,7 0,4 1,2 26,6 15,4 69,0

Marche 50,0 45,9 3,0 1,1 8,7 12,8 67,2

Lazio 80,8 14,3 0,2 4,8 23,5 19,9 80,7

Abruzzo 86,8 10,9 0,9 1,4 15,5 15,2 83,8

Molise 84,2 0,0 0,2 15,5 5,5 8,3 87,9

Campania 75,7 18,7 0,1 5,5 7,2 6,8 88,4

Puglia 90,3 1,6 1,3 6,8 11,4 9,6 69,7

Basilicata 79,8 1,9 10,1 8,2 4,3 6,2 85,2

Calabria 83,0 14,0 0,2 2,8 23,1 9,5 68,3

Sicilia 90,0 3,0 3,8 3,3 18,5 12,1 84,6

Sardegna 94,5 0,3 0,8 4,4 6,9 13,6 56,5

Italia 82,1 7,8 3,1 7,0 15,7 15,1 69,3

Fonte dei dati: ISS. Sistema di sorveglianza delle interruzioni volontarie di gravidanza. Anno 2011.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 191

Raccomandazioni di OsservasaluteSi conferma la tendenza storica alla diminuzione

dell’IVG in Italia, andamento che ormai inizia a coin-

volgere anche le cittadine straniere, gruppo a maggior

rischio di ricorrere all’aborto. Nel nostro Paese,

l’interruzione della gravidanza non è una scelta di ele-

zione ma, nella gran parte dei casi, conseguenza estre-

ma del fallimento dei metodi di procreazione respon-

sabile impiegati per il controllo della fecondità, falli-

mento dovuto all’impiego frequente di metodi con più

alta probabilità di insuccesso e/o all’uso scorretto di

tali metodi (6). Negli anni, anche grazie alla legalizza-

zione dell’aborto e all’istituzione dei consultori fami-

liari, vi sono stati dei miglioramenti nelle conoscenze

e uso dei metodi di procreazione responsabile. Le don-

ne con più competenze (più istruite, coniugate e lavo-

ratrici) hanno maggiormente e più rapidamente benefi-

ciato dell’aumentata circolazione dell’informazione

sulla procreazione responsabile e dell’attività dei ser-

vizi.

Un’attenzione particolare va, quindi, rivolta alle don-

ne in condizioni sociali svantaggiate e alle straniere,

attraverso programmi di prevenzione che devono fon-

darsi sul modello dell’empowerment (promozione

della riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevo-

lezze e competenze per scelte autonome), come viene

delineato dalla Carta di Ottawa e dal Progetto

Obiettivo Materno Infantile.

I dati sulle procedure dell’intervento sottolineano la

necessità di un miglioramento delle metodiche, affin-

ché siano usate quelle più appropriate e raccomanda-

te a livello internazionale. Infine, si ricorda alle

Regioni che, come dettato dalla Legge n. 194, sono

loro in primis ad essere tenute a far rispettare

l’applicazione della suddetta Legge.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2013), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2011. Dati provvisori 2012. Roma: Ministero dellaSalute, 2013. Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2023_allegato.pdf. (2) ISTAT, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2011. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it.(3) RCOG (2000), The care of women requesting inducedabortion. Evidence-based Guideline n.7. London: RCOGPress.(4) Osborn JF, Arisi E, Spinelli A, Stazi MA (1990),Anaesthesia, a risk factor for complication following indu-ced abortion? European Journal of Epidemiology; 6 (4):416-422.(5) Donati S, Medda E, Proietti S, Rizzo L, Spinelli A,Subrizi D, Grandolfo ME (1996), Reducing pain of first tri-mester abortion under local anaesthesia. European Journalof Obstetrics and Gynecology and Reproductive Biology;70: 145-149.(6) Loghi M., Spinelli A., D’Errico A. (2013), “Il declinodell’aborto volontario”, in De Rose A., Dalla Zuanna G. (acura di), Rapporto sulla popolazione. Sessualità e riprodu-zione nell’Italia contemporanea, Il Mulino, pp. 97-116.

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232 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere

l’organizzazione territoriale della rete dei punti nascita. In

Italia l’assistenza alla gravidanza e al parto è generalmente

buona. A partire dai primi anni Ottanta il rischio di nati-

mortalità si è quasi dimezzato, la percentuale di donne assi-

stite durante la gravidanza ha superato il 90%, la totalità dei

parti è assistita da operatori sanitari e la percentuale di nati

da parto pretermine e quella di nati di peso inferiore si è

ridotta drasticamente. Tuttavia, l’evento nascita risulta

ancora eccessivamente medicalizzato (il non appropriato

ricorso al Taglio Cesareo-TC rappresenta la manifestazio-

ne più esasperata del fenomeno) e si osserva un’estrema

parcellizzazione dei punti nascita.

Per migliorare questo sistema assistenziale, è stato sancito

in conferenza unificata il 16 dicembre 2010 l’Accordo

Stato-Regioni recante “Linee di indirizzo per la promozio-

ne ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e del-

l’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso

nascita e per la riduzione del taglio cesareo”, in cui si pro-

pone un programma nazionale, articolato in dieci linee di

azione, per la promozione e il miglioramento della qualità,

della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assi-

stenziali nel percorso nascita e per la riduzione del TC. Le

linee di indirizzo contengono specifiche indicazioni di poli-

tica sanitaria per migliorare la qualità e l’appropriatezza

delle prestazioni erogate durante il percorso nascita. Tra

queste sono previste la razionalizzazione dei punti nascita

nonché il miglioramento degli aspetti strutturali, tecnologi-

ci ed organizzativi delle strutture.

La riorganizzazione della rete assistenziale del percorso

nascita prevede l’adozione di criteri stringenti, fissando il

numero di almeno 1.000 nascite/anno quale parametro

standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimen-

to/attivazione dei punti nascita. La presenza di punti nasci-

ta con numerosità inferiore e, comunque, non <500 par-

ti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate

valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle

varie aree geografiche interessate, con rilevanti difficoltà di

attivazione del Servizio Trasporto Assistito Materno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse i

x 100

Denominatore Totale parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.

Classe 1 = <500 parti, Classe 2 = 500-799 parti, Classe 3 = 800-999 parti, Classe 4 = 1.000-2.499 parti, Classe 5 = 2.500 parti ed oltre.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto di

uno solo dei molteplici standard qualitativi individuati

per caratterizzare i livelli della rete di offerta dei servi-

zi ostetrici e neonatologici ospedalieri. La fonte utiliz-

zata per il calcolo dell’indicatore è il Certificato Di

Assistenza al Parto, relativo all’anno 2011. Nel caso di

strutture ospedaliere articolate su più sedi (stabilimenti

ospedalieri), a ciascun punto nascita è attribuita la spe-

cifica classe di ampiezza, in funzione del volume di

parti annui effettuati dallo stabilimento. Si evidenzia

che nel Rapporto Osservasalute 2012 la metodologia di

calcolo dell’indicatore era effettuata con un livello di

dettaglio corrispondente alla struttura ospedaliera nel

suo complesso che risultava, quindi, classificata in fun-

zione del volume complessivo dei parti avvenuti negli

stabilimenti afferenti. Per tale ragione i dati relativi alle

distribuzioni per classi dei parti, presentati in questo

Rapporto, non risultano confrontabili con quelli pubbli-

cati nel Rapporto Osservasalute dell’anno 2012.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-

rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-

to tra le regioni occorre considerare sia la diversa

ampiezza dei territori regionali sia le notevoli variabili-

tà di densità abitativa e caratteristiche orografiche che

impongono un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmen-

te diversificata sul territorio. Nel 2011, il 9,43% dei

parti è avvenuto in punti nascita con un volume di atti-

vità <500 parti annui, volume ritenuto non soddisfa-

cente a garantire uno standard qualitativo accettabile

neanche per i punti nascita di I livello. Nell’area meri-

dionale del Paese si registrano percentuali nettamente

superiori al valore nazionale con punte del 19,68% in

Molise e del 24,22% in Sardegna. Occorre precisare

che nelle regioni meridionali, soprattutto in Campania

e in Sicilia, i punti nascita sono per lo più dislocati in

case di cura private accreditate che hanno, general-

mente, una dimensione inferiore rispetto alle strutture

gestite direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale.

Nell’ambito delle regioni del Centro si evidenzia la

percentuale dei parti nella prima classe di ampiezza

particolarmente elevata in Umbria (36,06%). Circa il

62% dei parti del 2011 è avvenuto in punti nascita con

un volume annuo di almeno 1.000 parti.

R. UGENTI, F. BASILI, V. MONTORIO, C. TAMBURINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 233

Grafico 1 - Percentuale di parti effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno 2011

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2011.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglio-

ramento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-

tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita

e per la riduzione del taglio cesareo” programmano la

razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti

nascita con numero di parti <1.000/anno, prevedendo

l’abbinamento per pari complessità di attività delle

Unità Operative ostetrico-ginecologiche con quelle

neonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i pre-

cedenti tre livelli del Progetto Obiettivo Materno-

Infantile del 24 aprile 2000 ed indicando standard ope-

rativi, di sicurezza e tecnologici rispetto alle specifiche

funzioni collegate ai livelli assistenziali.

Le evidenze relative alla composizione percentuale

dei parti secondo la classe di ampiezza dei punti

Tabella 1 - Parti effettuati (valori assoluti e valori percentuali) nei punti nascita secondo la classe di ampiezzaper regione - Anno 2011

Regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500 TotaleN % N % N % N % N % N %

Piemonte 2.979 8,46 5.839 16,58 903 2,56 17.889 50,79 7.614 21,62 35.224 100,00

Valle d’Aosta 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1.234 100,00 0 0,00 1.234 100,00

Lombardia 5.625 6,02 10.414 11,15 7.920 8,48 43.280 46,32 26.200 28,04 93.439 100,00

Bolzano-Bozen 1.258 23,12 1.304 23,96 0 0,00 2.880 52,92 0 0,00 5.442 100,00Trento 1.450 29,56 698 14,23 945 19,26 1.813 36,95 0 0,00 4.906 100,00Veneto 1.485 3,35 5.447 12,29 7.489 16,90 23.477 52,97 6.423 14,49 44.321 100,00

Friuli Venezia Giulia 1.789 18,26 776 7,92 1.654 16,88 5.581 56,95 0 0,00 9.800 100,00

Liguria 601 5,64 2.007 18,83 3.790 35,56 4.259 39,96 0 0,00 10.657 100,00

Emilia-Romagna 1.842 4,64 4.118 10,37 3.639 9,17 14.262 35,93 15.831 39,88 39.692 100,00

Toscana 1.643 5,15 2.732 8,57 907 2,85 20.606 64,64 5.988 18,79 31.876 100,00

Umbria 2.864 36,06 736 9,27 0 0,00 4.342 54,67 0 0,00 7.942 100,00

Marche 1.368 9,86 1.854 13,36 5.027 36,23 5.627 40,55 0 0,00 13.876 100,00

Lazio 3.887 7,28 7.420 13,89 4.457 8,35 22.460 42,06 15.182 28,43 53.406 100,00

Abruzzo 1.909 19,03 1.497 14,92 1.792 17,86 4.835 48,19 0 0,00 10.033 100,00

Molise 411 19,68 574 27,49 0 0,00 1.103 52,83 0 0,00 2.088 100,00

Campania 6.416 11,33 13.444 23,74 11.846 20,91 24.933 44,02 0 0,00 56.639 100,00

Puglia 3.378 9,55 7.721 21,82 3.566 10,08 18.037 50,98 2.680 7,57 35.382 100,00

Basilicata 713 16,34 1.166 26,72 0 0,00 2.485 56,94 0 0,00 4.364 100,00

Calabria 788 4,97 5.608 35,37 1.747 11,02 7.713 48,64 0 0,00 15.856 100,00

Sicilia 6.687 15,53 11.719 27,21 8.790 20,41 15.868 36,85 0 0,00 43.064 100,00

Sardegna 3.075 24,22 1.213 9,55 1.805 14,21 6.605 52,02 0 0,00 12.698 100,00

Italia 50.168 9,43 86.287 16,22 66.277 12,46 249.289 46,86 79.918 15,02 531.939 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2011.

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234 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

nascita, consentono di definire la situazione attuale ed

i punti critici, fornendo un valido strumento a suppor-

to della programmazione dei servizi di assistenza

ostetrica e pediatrico-neonatologica e degli interventi

di razionalizzazione della rete di offerta dei punti

nascita, previsti per la sicurezza delle cure ed il conte-

nimento della spesa sanitaria.

Page 203: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 235

Parti con Taglio Cesareo

Significato. La proporzione di parti con Taglio Cesareo

(TC) sul totale dei parti è un importante indicatore di

qualità dell’assistenza. Negli ultimi 30 anni questo

indicatore ha subito un costante incremento in molti

Paesi ad alto e medio reddito, tra questi spicca l’Italia,

che da anni presenta uno dei valori più elevati al mon-

do. Sebbene una parte di questo incremento possa esse-

re attribuita a miglioramenti delle tecnologie sanitarie,

importanti determinanti di questa crescita sembrereb-

bero essere attribuibili a fattori non clinici.

Diversi studi hanno dimostrato come l’incremento di

TC oltre una certa soglia non sia accompagnato da un

ulteriore effetto benefico sulla salute della madre e/o

del bambino.

Alcuni studi sembrerebbero suggerire il contrario:

l’eccessivo utilizzo di questa procedura, per indicazio-

ni non cliniche, sembrerebbe essere associato ad un

aumento della morbilità (1).

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti cesarei in donne che non hanno subito un precedente cesareo

(DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2)

x 100

Denominatore Totale parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registrata

con buona precisione e può essere stimata sia a parti-

re dalle informazioni presenti nelle Schede di

Dimissione Ospedaliera (SDO) sia attraverso i

Certificati di Assistenza al Parto. L’indicatore stimato

a partire dai DRG delle SDO è quello più facilmente

calcolabile a livello nazionale. Per poter confrontare

strutture o regioni è necessario considerare la possibi-

le diversa distribuzione dei fattori di rischio, in parti-

colare la presenza di un precedente parto cesareo (2).

Per questo vengono riportati e descritti altri due indi-

catori: i “parti cesarei primari” ed i “parti cesarei ripe-

tuti” (parti cesarei in donne in cui è stato eseguito un

precedente cesareo). Per l’individuazione del prece-

dente TC viene utilizzato il codice ICD-9-CM di dia-

gnosi secondaria 654.2 riportato nella SDO della

madre al momento del parto. Vengono, inoltre, ripor-

tati e descritti i tassi grezzi e standardizzati per età.

Valore di riferimento/Benchmark. Non è noto qua-

le sia la proporzione di TC corrispondente alla quali-

tà ottimale delle cure. Dal 1985, l’Organizzazione

Mondiale della Sanità raccomanda come valore idea-

le una proporzione del 15% (3).

L’eccessivo ricorso al TC è una delle criticità eviden-

ziate nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013, che

prevede una riorganizzazione strutturale dei punti

nascita per facilitare la riduzione dei TC, in modo da

portarli gradualmente al 20%.

Descrizione dei risultatiLa proporzione di TC sul totale dei parti è stata, nel

2013, pari al 36,50%, variando da un minimo del

24,38% registrato in Friuli Venezia Giulia ad un mas-

simo del 61,41% registrato in Campania (Tabella 1,

Grafico 1).

Come nel 2012, anche nel 2013, la Campania, il

Molise, la Sicilia, il Lazio, la Sardegna, la Basilicata,

la Puglia e l’Abruzzo presentano una proporzione di

parti cesarei al di sopra del valore nazionale; si conti-

nua, pertanto, a registrare per questo indicatore un

importante gradiente Nord-Sud ed Isole. Si evidenzia,

però, positivamente come la maggior parte delle

regioni presenti una proporzione di TC più bassa

rispetto all’anno precedente. Anche per quest’anno,

pertanto, si conferma un andamento in riduzione

rispetto agli anni precedenti (3,34 punti percentuali in

meno rispetto al 2011), trend iniziato nel 2006, anno

in cui si è registrato in Italia il valore nazionale più

elevato in assoluto (39,30%). Questa tendenza è da

L. DALLOLIO, E. CARRETTA, M. AVOLIO, M. P. FANTINI

Page 204: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

236 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

imputare in particolare alla riduzione dei TC primari

che si sono ridotti del 5,08% (Tabella 2). È da notare,

però, positivamente che nel 2013, così come per la

prima volta nel 2012, si siano ridotti di 0,59 punti per-

centuali anche i TC ripetuti (Tabella 3). Nonostante

l’età non sia un’indicazione assoluta per effettuare un

TC, è un dato di fatto che all’aumentare dell’età

aumenta la probabilità di partorire con TC (in Italia,

nel 2013, al 73,87% delle donne di 45 anni ed oltre è

stato effettuato un TC). Il Grafico 2 mostra la varia-

zione dei tassi standardizzati per età di TC totali nel

2013 rispetto al 2011.

Tabella 1 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione - Anni 2011-2013

Regioni 2011 2012 2013 ∆∆ %(2011-2013)

Piemonte 30,41 30,53 29,84 -1,84

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 33,56 7,74

Lombardia 28,83 28,08 28,23 -2,07

Bolzano-Bozen 25,00 24,56 24,44 -2,25Trento 26,91 26,36 25,22 -6,29Veneto 27,04 26,75 26,40 -2,35

Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 24,38 -1,06

Liguria 34,66 33,95 35,26 1,74

Emilia-Romagna 29,56 28,49 28,69 -2,93

Toscana 26,07 26,24 25,54 -2,06

Umbria 31,19 32,15 31,30 0,35

Marche 34,67 34,18 34,83 0,47

Lazio 44,06 43,35 42,68 -3,15

Abruzzo 42,85 39,07 39,48 -7,87

Molise 47,02 48,08 48,05 2,18

Campania 62,51 61,15 61,41 -1,75

Puglia 46,59 42,24 41,02 -11,94

Basilicata 44,47 40,21 41,97 -5,64

Calabria 37,41 36,11 35,77 -4,38

Sicilia 46,60 44,71 44,54 -4,41

Sardegna 41,46 41,10 41,97 1,23

Italia 37,76 36,62 36,50 -3,34

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2014.

Tabella 2 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo primario per regione -Anni 2011-2013

Regioni 2011 2012 2013 ∆∆ %(2011-2013)

Piemonte 19,50 19,64 19,41 -0,49

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 22,41 -0,79

Lombardia 18,41 18,17 17,96 -2,46

Bolzano-Bozen 16,90 17,50 17,79 5,28Trento 16,94 16,06 16,49 -2,70Veneto 17,28 17,02 16,79 -2,81

Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 16,97 -2,70

Liguria 23,95 24,05 23,91 -0,16

Emilia-Romagna 18,92 17,89 18,55 -1,98

Toscana 17,43 17,55 17,00 -2,43

Umbria 20,99 20,91 20,24 -3,56

Marche 22,02 20,96 22,07 0,21

Lazio 27,98 27,36 26,69 -4,63

Abruzzo 28,86 25,09 26,05 -9,76

Molise 27,83 29,55 29,16 4,80

Campania 34,58 33,52 33,54 -3,01

Puglia 27,74 24,54 23,46 -15,41

Basilicata 23,58 20,25 22,31 -5,37

Calabria 20,33 18,08 18,10 -10,98

Sicilia 25,77 23,20 22,15 -14,04

Sardegna 28,26 27,55 28,64 1,35

Italia 23,10 22,10 21,93 -5,08

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2014.

Page 205: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 237

Tabella 3 - Proporzione (per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo ripetuto per regione - Anni2011-2013

Regioni 2011 2012 2013 ∆∆ %(2011-2013)

Piemonte 10,90 10,89 10,44 -4,27

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 11,15 30,25

Lombardia 10,41 9,92 10,27 -1,38

Bolzano-Bozen 8,10 7,06 6,64 -17,98Trento 9,97 10,30 8,73 -12,38Veneto 9,76 9,74 9,61 -1,53

Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 7,41 2,91

Liguria 10,71 9,90 11,35 5,98

Emilia-Romagna 10,64 10,60 10,14 -4,62

Toscana 8,65 8,69 8,53 -1,32

Umbria 10,20 11,24 11,06 8,39

Marche 12,65 13,22 12,77 0,93

Lazio 16,08 15,98 15,99 -0,57

Abruzzo 13,99 13,98 13,43 -3,97

Molise 19,20 18,53 18,89 -1,62

Campania 27,93 27,63 27,87 -0,20

Puglia 18,85 17,70 17,56 -6,84

Basilicata 20,90 19,95 19,65 -5,95

Calabria 17,08 18,03 17,67 3,47

Sicilia 20,82 21,51 22,39 7,51

Sardegna 13,20 13,55 13,33 0,97

Italia 14,66 14,52 14,57 -0,59

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2014.

Grafico 1 - Proporzione (per 100) di parti con Taglio Cesareo primario e ripetuto per regione - Anno 2013

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2014.

Page 206: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

238 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Grafico 2 - Variazione percentuale del tasso (standardizzato per 10.000) di parti con Taglio Cesareo per regio-ne - Anni 2011-2013

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2014.

Raccomandazioni di OsservasaluteNonostante la riduzione della proporzione dei parti

con TC a livello nazionale e delle singole regioni, il

ricorso a tale trattamento rimane eccessivo soprattutto

nel Meridione. Le iniziative intraprese per la sua ridu-

zione devono, quindi, continuare ed essere rafforzate.

Il contenimento dei TC inappropriati rappresenta,

infatti, un importante strumento per la sicurezza della

donna e del neonato e può essere realizzato solo attra-

verso azioni da attuare a livello regionale, aziendale e

dei singoli professionisti.

La proporzione di TC continua ad essere uno degli

indicatori più frequentemente utilizzati per la valuta-

zione della qualità dei servizi ostetrici. In questa sede,

per un confronto più appropriato, è stato utilizzato

anche il tasso standardizzato per età.

Per operare confronti tra singole strutture si raccoman-

da, invece, di utilizzare modelli di risk adjustment che

consentono di tener conto del diverso case-mix delle

strutture o in alternativa di utilizzare la proporzione di

TC in donne nullipare, con gravidanza singola, a ter-

mine e con presentazione cefalica. Questo indicatore

consente di studiare un’ampia fascia di popolazione

con gravidanze potenzialmente a basso rischio e, per-

tanto, permette di valutare l’utilizzo inappropriato di

questa procedure (4).

Riferimenti bibliografici(1) Gibbons L, Belizan JM, Lauer JA, Betran AP, MerialdiM, Althabe F. Inequities in the use of cesarean section deli-veries in the world. Am J Obstet Gynecol. 2012 Apr; 206(4): 331. e1-19.(2) Colais P, Fantini MP, Fusco D, Carretta E, Stivanello E,Lenzi J, Pieri G, Perucci CA. Risk adjustment models forinterhospital comparison of CS rates using Robson's tengroup classification system and other socio-demographicand clinical variables. BMC Pregnancy Childbirth. 2012 Jun21; 12 (1): 54.(3) WHO. Monitoring Emergency Obstetric Care: a han-dbook. World Health Organization 2009, Geneva.(4) Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C,Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of caesarean deliveryrates in low-risk deliveries. PLoSOne. 2011; 6 (11): e28060.

Page 207: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 239

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete di

assistenza intensiva neonatale. Le “Linee di indirizzo

per la promozione ed il miglioramento della qualità,

della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi

assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del

taglio cesareo”, approvate il 16 dicembre 2010 dalla

Conferenza Unificata, prevedono che le Unità

Operative neonatologiche di II livello assistano neo-

nati fisiologici e neonati patologici, ivi inclusi quelli

bisognosi di terapia intensiva.

Le funzioni collegate ai livelli assistenziali ricom-

prendono l’assistenza a soggetti inborn ed outborn,

necessitanti di assistenza intensiva, di qualsiasi peso o

età gestazionale.

Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di

1.000 nati/anno nella struttura (inborn) e la presenza

di una Unità operativa di neonatologia con Unità

Operativa di Terapia Intensiva Neonatale autonoma

(UOTIN). Inoltre, la UOTIN dovrebbe essere attivata

per un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Numeratore Unità Operativa di Terapia Intensiva NeonataleClasse i

x 100

Denominatore Totale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.

Classe 1 = <500 parti, Classe 2 = 500-799 parti, Classe 3 = 800-999 parti, Classe 4 = 1.000-2.499 parti, Classe 5 = 2.500 parti ed oltre.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-

l’indicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto,

relativo all’anno 2011. Nel caso di strutture ospedalie-

re articolate su più sedi (stabilimenti ospedalieri), a

ciascun punto nascita è attribuita la specifica classe di

ampiezza, in funzione del volume di parti annui effet-

tuati dallo stabilimento. Si evidenzia che nel Rapporto

Osservasalute 2012 la metodologia di calcolo dell’in-

dicatore era effettuata con un livello di dettaglio cor-

rispondente alla struttura ospedaliera nel suo com-

plesso che risultava, quindi, classificata in funzione

del volume complessivo dei parti avvenuti negli stabi-

limenti afferenti. Per tale ragione i dati relativi alle

distribuzioni per classi dei parti, presentati in questo

Rapporto, non risultano confrontabili con quelli pub-

blicati nel Rapporto Osservasalute dell’anno 2012.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono

riferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-

fronto territoriale occorre considerare la diversa

ampiezza regionale, nonché la notevole variabilità di

densità abitativa e orografica che impone

un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiUna UOTIN è presente in 122 dei 565 punti nascita

analizzati; solo 95 delle UOTIN sono collocate in

punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti

annui. Delle restanti 27 UOTIN, 14, pari all’11,5%,

sono collocate in punti nascita <800 parti annui. Ciò

determina, da un lato la possibilità che neonati ad alto

rischio di vita ricevano un’assistenza qualitativamen-

te non adeguata e, dall’altro, un impiego non appro-

priato di risorse specialistiche e tecnologiche.

R. UGENTI, F. BASILI, V. MONTORIO, C. TAMBURINI

Page 208: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

240 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Grafico 1 - Percentuale dei punti nascita con UOTIN per classe di ampiezza e regione - Anno 2011

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-

ture sanitarie. Anno 2011.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe unità funzionali perinatali di II livello assistono

gravidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologi-

ci, ivi inclusi quelli che necessitano di terapia intensi-

va. La presenza di UOTIN all’interno delle strutture

dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui è, pertan-

to, uno degli standard qualitativi individuati dalle

“Linee di indirizzo per la promozione ed il migliora-

mento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-

tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita

e per la riduzione del taglio cesareo”.

L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, in

relazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, uni-

tamente alla distribuzione dei punti nascita per classi

Tabella 1 - Punti nascita (valori assoluti e valori percentuali) con UOTIN per classe di ampiezza e regione -Anno 2011

Regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500* TotaleN % N % N % N % N % N %

Piemonte 0 0,00 0 0,00 1 12,50 6 75,00 1 12,50 8 100,00

Valle d’Aosta 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00

Lombardia 0 0,00 0 0,00 0 0,00 11 64,71 6 35,29 17 100,00

Bolzano-Bozen 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00Trento 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00Veneto 0 0,00 2 18,18 1 9,09 6 54,55 2 18,18 11 100,00

Friuli Venezia Giulia 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00

Liguria 0 0,00 1 20,00 3 60,00 1 20,00 0 0,00 5 100,00

Emilia-Romagna 0 0,00 0 0,00 0 0,00 4 44,44 5 55,56 9 100,00

Toscana 1 20,00 0 0,00 0 0,00 3 60,00 1 20,00 5 100,00

Umbria 0 0,00 0 0,00 0 0,00 2 100,00 0 0,00 2 100,00

Marche 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00

Lazio 1 9,09 1 9,09 0 0,00 5 45,45 4 36,36 11 100,00

Abruzzo 0 0,00 1 25,00 0 0,00 3 75,00 0 0,00 4 100,00

Molise 0 0,00 0 0,00 0 0,00 1 100,00 0 0,00 1 100,00

Campania 0 0,00 3 20,00 5 33,33 7 46,67 0 0,00 15 100,00

Puglia 0 0,00 0 0,00 0 0,00 8 88,89 1 11,11 9 100,00

Basilicata 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00

Calabria 0 0,00 0 0,00 0 0,00 5 100,00 0 0,00 5 100,00

Sicilia 1 6,67 3 20,00 3 20,00 8 53,33 0 0,00 15 100,00

Sardegna 0 0,00 0 0,00 0 0,00 2 100,00 0 0,00 2 100,00

Italia 3 2,46 11 9,02 13 10,66 75 61,48 20 16,39 122 100,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2011.

Page 209: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 241

di ampiezza, consente di evidenziare ambiti di poten-

ziale non appropriatezza organizzativa o di rischio per

la sicurezza della madre e del neonato.

Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonati

fortemente pre-termine è determinante per la sopravvi-

venza e la futura qualità della vita del bambino, la pre-

senza di UOTIN deve essere correlata anche all’età

gestazionale, in modo da evidenziare in particolare la

percentuale dei parti fortemente pre-termine che hanno

luogo in strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale.

Si ricorda che tale indicatore è tra quelli raccomandati

dal Progetto EURO-PERISTAT, ai fini del monitorag-

gio della salute perinatale a livello europeo.

Page 210: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

242 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Significato. Il Registro Nazionale (RN) raccoglie i

dati di tutti i centri che applicano tecniche di fecon-

dazione assistita, sia di I che di II e III livello. Con

tecniche di I livello ci si riferisce all’Inseminazione

Semplice, con II e III livello si fa riferimento, invece,

oltre che all’Inseminazione Semplice anche alle tec-

niche di fecondazione in vitro più complesse quali: il

Gamete Intrafallopian Transfer o trasferimento intra-

tubarico dei gameti (GIFT), tecnica quasi in disuso

usata soltanto in pochissimi casi; la Fertilization InVitro Embryo Transfer o fertilizzazione in vitro con

trasferimento degli embrioni (FIVET); la

Intracytoplasmic Sperm Injection (ICSI), tecnica di

fecondazione che prevede l’iniezione nel citoplasma

dell’ovocita di un singolo spermatozoo; il FrozenEmbryo Replacement o trasferimento di embrioni

crioconservati (FER); il Frozen Oocyte o trasferi-

mento di embrioni ottenuti da ovociti crioconservati

(FO); la crioconservazione degli embrioni e degli

ovociti e tutte le tecniche chirurgiche di prelievo

degli spermatozoi.

I centri di II e III livello si distinguono soltanto per il

tipo di anestesia somministrata e per alcune differen-

ze nelle tecniche di prelievo chirurgico di spermato-

zoi, mentre dal punto di vista della lettura dei risulta-

ti vengono considerati un unico gruppo. Per descrive-

re il fenomeno della Procreazione Medicalmente

Assistita (PMA), usiamo gli stessi indicatori utilizzati

nelle precedenti Edizioni del Rapporto Osservasalute:

un indicatore che definisce il quadro dell’offerta e

domanda nel Paese, relativamente all’applicazione

delle tecniche; uno che descrive la performance rag-

giunta dai centri operanti nel territorio nazionale che

offrono tecniche di fecondazione assistita in termini di

efficacia; uno che fornisce informazioni sulla sicurez-

za delle tecniche applicate e uno che determina

l’efficienza del sistema di rilevazione dei dati.

Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero di

cicli a fresco iniziati (tecniche FIVET e ICSI) per

milione di abitanti. Questo indicatore descrive la rela-

zione tra domanda ed offerta relativamente all’appli-

cazione delle tecniche nel territorio. In un certo senso

descrive le dimensioni del fenomeno. Viene usata al

denominatore la popolazione residente perché questo

indicatore è, generalmente, usato dal Registro

Europeo (RE) e permette di operare i necessari con-

fronti. Inoltre, la distribuzione regionale dell’indicato-

re fornisce informazioni sulla ricettività delle varie

regioni.

Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso di gra-

vidanze ottenute. Questo indicatore può essere espres-

so rispetto a tre diversi momenti del ciclo di feconda-

zione assistita: all’inizio del ciclo, quindi al momento

in cui alla paziente vengono somministrati farmaci per

la stimolazione ovarica, al momento del prelievo, cioè

quando si procede all’aspirazione degli ovociti, e al

momento del trasferimento in utero degli embrioni

formati. Chiaramente, le probabilità di ottenere una

gravidanza al momento del trasferimento embrionale

è maggiore di quella calcolata all’inizio del ciclo. Si è

deciso di fornire il tasso di gravidanze rispetto al

numero di cicli iniziati, limitatamente alle tecniche a

fresco, in modo da quantificare le probabilità di otte-

nere una gravidanza per una paziente all’inizio della

terapia di riproduzione assistita.

Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Per

parto multiplo si intende un parto che dia alla luce due

o più neonati. Questo tasso può essere utilizzato per

descrivere il livello di sicurezza delle tecniche appli-

cate. Un parto gemellare o trigemino aumenta i rischi

per la paziente e per il neonato. Minimizzare la per-

centuale di parti multipli, significa minimizzare un

fattore che può influire negativamente sulla salute di

entrambi.

Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-

la percentuale di gravidanze perse al follow-up.

Questo indicatore fornisce un’informazione relativa

al sistema di monitoraggio e raccolta dati dei centri

dove si applicano le tecniche di fecondazione assisti-

ta. È un indicatore di accuratezza e di qualità della

raccolta dati operata dai centri e del monitoraggio del

lavoro e dei risultati ottenuti dal centro stesso. Nella

composizione di questo indicatore, però, assume un

ruolo importante anche la disponibilità di personale

all’interno delle strutture. In molti centri, infatti, la

carenza di personale costituisce un ostacolo all’otte-

nimento di livelli ottimali del monitoraggio delle gra-

vidanze ottenute.

Procreazione Medicalmente Assistita

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, P. D’ALOJA, S. BOLLI, S. FIACCAVENTO, R. SPOLETINI. L. SPEZIALE

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

x 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

Page 211: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 243

Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)

x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

Tasso di parti multipli*

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

x 100

Denominatore Parti totali ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esito

x 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel Capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi indi-

catori vengono raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità

e, nello specifico, dal RN della PMA. Le unità di rileva-

zione sono rappresentate dai centri che applicano le tec-

niche di fecondazione assistita, autorizzati dalle regioni

ed iscritti al RN. A partire dalla raccolta dati relativa

all’attività del 2006, la copertura dell’indagine è stata

totale e tutti i trattamenti di riproduzione assistita effet-

tuati in 1 anno vengono registrati e monitorati nella rac-

colta dati. Ogni anno sui dati raccolti vengono eseguiti

una serie di controlli di congruenza e di validazione. Le

procedure di validazione vengono eseguite attraverso

controlli verticali, che approfondiscono l’esattezza dei

dati quando questi appaiono fuori scala rispetto alle

medie regionali e nazionali, e attraverso controlli oriz-

zontali, che vengono realizzati sulla premessa che i dati

comunicati da ogni centro debbano essere quantitativa-

mente paragonabili da un anno all’altro. Uno dei limiti

di questi indicatori potrebbe risiedere nella circostanza

che i dati comunicati al RN vengono raccolti in forma

aggregata. In questo modo diventa più complicato col-

legare gli esiti delle terapie ad alcune caratteristiche del-

le coppie di pazienti. La probabilità di riuscita di un

ciclo di fecondazione assistita è legato al tipo e al grado

di infertilità della coppia. Utilizzando una raccolta dati

basata su singolo ciclo, risulterebbe più semplice ed

immediato giungere a considerazioni riguardo l’effetto

delle differenze esistenti tra i pazienti relative alla dia-

gnosi di infertilità. Per quanto riguarda il terzo indicato-

re, il tasso di parti multipli, esiste il problema della per-

dita di informazioni relativamente agli esiti delle gravi-

danze. Infatti, per 1.667 gravidanze, corrispondenti al

13,2% del totale delle gravidanze ottenute con

l’applicazione di tecniche di II e III livello, sia a fresco

che da scongelamento, non è stato possibile raccogliere

informazioni sugli esiti delle stesse. Inoltre, in molti

casi, le variazioni fatte registrare da alcuni di questi indi-

catori non appaiono rilevanti rispetto al precedente anno

di attività.

Il fenomeno della fecondazione assistita, probabilmen-

te, presenta una variabilità locale, intesa a livello di sin-

golo centro, piuttosto dinamica. Questa dinamicità può

essere dettata da variazioni legate alle strategie adottate,

alle innovazioni tecnologiche e alle scelte terapeutiche.

D’altro canto, osservando complessivamente il fenome-

no si ha una percezione di staticità, dovuta al fatto che

variazioni, anche rilevanti, ma in direzioni opposte, in

qualche modo si annullano.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-

fronto dei quattro indicatori presentati fanno riferi-

mento ad altri Paesi europei, in cui l’attività di fecon-

dazione assistita è assimilabile all’attività in Italia.

Inoltre, potranno essere presi in considerazione anche

i valori medi europei, presentati ogni anno dallo

European IVF Monitoring, sistema di raccolta ed ana-

lisi dei dati del RE, a cui l’Italia partecipa. I dati

disponibili sono, però, riferiti all’anno 2010. Bisogna

considerare che per i primi due indicatori il trend

mostrato è in continua evoluzione, mentre per il terzo

indicatore la tendenza è in diminuzione.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazione

di tecniche a fresco di II e III livello (FIVET e ICSI).

Quando ci si riferisce ai parti multipli ed alle gravidan-

ze perse al follow-up, cioè al terzo e al quarto indica-

tore, si prendono in considerazione anche le gravidan-

ze ottenute con la tecnica GIFT e con le tecniche di

scongelamento di embrioni e di ovociti (FER e FO).

La scelta di considerare il tasso di gravidanze soltanto

per le tecniche a fresco è determinata dal fatto che è

impossibile stabilire un riferimento temporale per le

tecniche di scongelamento. Gli embrioni e/o gli ovoci-

Page 212: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

244 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

ti scongelati potrebbero essere stati crioconservati in

anni precedenti, utilizzando protocolli di fertilizzazio-

ne e di crioconservazione diversi da quelli usati attual-

mente. Inoltre, la Legge n. 40/2004, che regola

l’attività di fecondazione assistita nel nostro Paese,

determinava l’impossibilità di crioconservare embrio-

ni (modifica alla Legge n. 40/2004 conseguente alla

sentenza della Corte Costituzionale del Maggio 2009).

Il congelamento di ovociti è una tecnica che trova scar-

sa applicazione in altri Paesi ed anche in Italia trova

applicazione massiccia soltanto in alcuni centri. Tutto

ciò rende chiaramente difficile operare confronti e

paragoni.

I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-

rimento all’attività del 2012, ovvero a tutti i cicli ini-

ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nel

periodo compreso tra il 1 gennaio-31 dicembre 2012.

I centri che nell’anno 2012 hanno svolto attività nel

territorio nazionale sono 355. Di questi, 154 sono di I

livello (Inseminazione Semplice) e 201 di II e III livel-

lo (GIFT, FIVET, ICSI ed altre tecniche). Soltanto 311

centri hanno, effettivamente, effettuato tecniche su

pazienti poichè in 44 centri, per motivi di varia natura,

non si è svolta attività.

In generale, con l’applicazione di tutte le tecniche,

sono state trattate 72.543 coppie di pazienti, su cui

sono stati iniziati 93.634 cicli di trattamento. Le gravi-

danze ottenute sono state 15.670. Di queste è stato pos-

sibile monitorarne l’evolversi di 13.484. In 3.383 gra-

vidanze si è registrato un esito negativo, mentre 10.101

sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risultano

11.974. Questo significa che, in Italia, ogni 1.000 nati

vivi, 22,4 nascono da gravidanze ottenute con

l’applicazione di procedure di fecondazione assistita.

In particolare, per ciò che riguarda la tecnica di

Inseminazione Semplice, le coppie trattate sono state

18.085 su cui sono stati iniziati 29.427 cicli di tratta-

mento. Le gravidanze ottenute sono state 3.024, di cui

monitorate 2.506, con una perdita di informazione pari

al 17,1%. I nati vivi sono stati 2.156. Il tasso di gravi-

danza, rispetto ai cicli iniziati, è pari al 10,3%, mentre

rispetto alle inseminazioni effettuate (escludendo i

cicli sospesi) è pari all’11,2%. Sono stati trattati, inve-

ce, con tecniche a fresco di II e III livello 46.491 cop-

pie di pazienti su cui sono stati iniziati 55.505 tratta-

menti. I cicli giunti alla fase del prelievo sono stati

50.096 e i trasferimenti di embrioni eseguiti 41.822.

Le gravidanze ottenute con l’applicazione delle tecni-

che a fresco sono state 11.077. Il tasso di gravidanza,

rispetto ai cicli iniziati, è pari al 20,0% e rispetto ai

prelievi effettuati è del 22,1%, mentre rispetto ai tra-

sferimenti eseguiti risulta pari al 26,5%.

Con tecniche da scongelamento sono state trattate

7.967 coppie di pazienti su cui sono stati iniziati 8.702

cicli di scongelamento di ovociti o di embrioni. Le gra-

vidanze ottenute sono state 1.569. Per quanto riguarda

la FO, il tasso di gravidanza rispetto agli scongelamen-

ti effettuati è pari al 15,4%, mentre rispetto ai trasferi-

menti eseguiti è del 19,5%. Per la tecnica FER, il tas-

so di gravidanze è pari al 18,9% se rapportato agli

scongelamenti effettuati mentre, se rapportato ai tra-

sferimenti eseguiti, è pari al 22,4%. In totale si è regi-

strato un numero di gravidanze perse al follow-up pari

a 1.668, che rappresenta il 13,2% del totale delle gra-

vidanze ottenute da tecniche di II e III livello. Il nume-

ro di nati vivi, grazie all’applicazione di queste tecni-

che, è pari a 9.818.

Nel Cartogramma è rappresentato il numero di cicli

iniziati, con l’applicazione di tecniche a fresco, per

milione di abitanti.

La Tabella 1 indica il numero di cicli da tecniche a fre-

sco nel 2012 ed i cicli a fresco iniziati per milione di

abitanti. Inoltre, sono riportati i tassi di gravidanza

standardizzati rispetto ai cicli iniziati, la percentuale di

parti multipli e la percentuale di gravidanze perse al

follow-up, per regione. Tutti i dati sono calcolati a

livello regionale e, per ciascun indicatore, sono state

calcolate le variazioni percentuali per gli anni 2011-

2012.

Il numero di cicli da tecniche a fresco effettuati dai

centri in ogni regione nel 2012 fornisce la dimensione

del fenomeno a livello di singola regione.

Complessivamente, nel 2012, a livello nazionale sono

stati effettuati 932 cicli a fresco per milione di abitan-

ti. Tale valore appare costantemente in crescita. Nei 6

anni di raccolta dati del RN, si è registrato un aumen-

to pari al 64,1%, a partire dal valore di 568 cicli a fre-

sco per milione di abitanti del 2005. La distribuzione

dell’indicatore a livello regionale assume carattere ete-

rogeneo: alcune regioni assumono un ruolo accentrato-

re rispetto alle zone territoriali circostanti, come la

Lombardia e l’Emilia-Romagna, nel Nord del Paese, il

Lazio e la Toscana nel Centro e la Sicilia e la

Campania nel Meridione. I valori di questo indicatore

sono fortemente condizionati dalla numerosità della

popolazione residente nelle regioni. Per questo, ad

esempio per la PA di Bolzano o la Valle d’Aosta, si

registrano valori particolarmente elevati dell’indicato-

re, sebbene il numero di cicli a fresco iniziati sia abba-

stanza modesto. Risulta evidente la differenza tra il

dato delle regioni meridionali e il resto del Paese.

Rispetto al 2011, a livello nazionale si registra un

aumento dello 0,9%.

Il tasso di gravidanze, rispetto ai cicli iniziati per le

tecniche a fresco FIVET e ICSI, fornisce la probabili-

tà di ottenere una gravidanza al momento dell’ingres-

so nel centro, ovvero al principio della terapia di

fecondazione assistita somministrata. Il tasso di gravi-

danze calcolato rispetto ai prelievi o ai trasferimenti

restituirebbe le possibilità di successo delle terapie in

momenti diversi, cioè soltanto quando la paziente si

trova in fasi avanzate del ciclo di fecondazione assisti-

ta. I tassi sono stati calcolati per classi di età delle

pazienti ed il tasso di gravidanza totale è stato standar-

Page 213: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SALUTE MATERNO-INFANTILE 245

dizzato utilizzando come popolazione di riferimento la

distribuzione nazionale dei cicli iniziati per classe di

età. Il tasso di gravidanza standardizzato restituisce il

valore del tasso grezzo, correggendo le differenze che

esistono tra una regione ed un’altra relativamente alla

distribuzione dei cicli iniziati secondo l’età delle

pazienti stratificate in classi.

Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-

ziate, gli incrementi percentuali più marcati rispetto al

2011 si possono osservare in Emilia-Romagna

(+16,6%), Friuli Venezia Giulia (+13,7%), Sardegna

(+9,5%) e Toscana (+8,2%). Una flessione del tasso

standardizzato rispetto ai valori del 2011 si registra per

la PA di Bolzano (-13,7%) e per la Puglia (-7,3%).

Sempre tra le regioni con un numero consistente di

cicli iniziati, si osserva come Campania, Piemonte e

Sicilia presentino valori del tasso standardizzato di

gravidanza superiori al dato nazionale (19,9%), rispet-

tivamente, pari a 25,3%, 25,2% e 24,4%.

Questo indicatore, in maniera indiretta, fornisce indi-

cazioni rispetto alla sicurezza delle tecniche applicate.

A livello nazionale la percentuale di parti multipli è del

20,0%, valore stabile rispetto al 2011. Questa stabilità

si rileva sia per il tasso di parti gemellari, rimasto

costante nei 2 anni di rilevazione (18,6%), che per il

tasso di parti trigemini o quadrupli che si è modificato

dall’1,2% del 2011 all’1,3% del 2012. La stabilità del-

l’indicatore a livello nazionale è, però, il risultato di

notevoli oscillazioni di segno opposto verificatosi nel-

le regioni. Tra le regioni a più intensa attività, rispetto

al 2011, si è registrata una perdita più consistente in

termini di sicurezza in Lombardia (+7,1%), PA di

Bolzano (+14,1%) e Campania (+21,9%). Tra le regio-

ni ad alta mole di attività, si è registrata una riduzione

più marcata in Sardegna (-31,6%), nel Lazio (-12,3%)

e in Friuli Venezia Giulia (-11,0%). È importante sot-

tolineare come questi dati possano essere condizionati

dalla distribuzione delle gravidanze perse al follow-up,

ovvero della perdita di informazioni relativamente

all’esito delle gravidanze stesse. È ipotizzabile pensa-

re, infatti, che il centro venga più facilmente a cono-

scenza di informazioni relativamente ad una gravidan-

za multipla, cioè ad un caso più particolare, mentre

reperire informazioni per una gravidanza a decorso

normale può risultare più complesso.

Anche per questo è utile passare all’esame dell’indica-

tore successivo che misura la percentuale di gravidan-

ze di cui non si conosce l’esito sul totale delle gravi-

danze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e

da scongelamento. È un indicatore di accuratezza e di

qualità della raccolta dati operata dai centri e del moni-

toraggio del proprio lavoro. Nella composizione di

questo indicatore assume un ruolo importante la dispo-

nibilità di personale all’interno delle strutture. In mol-

ti centri, infatti, la carenza di personale costituisce un

ostacolo all’ottenimento di livelli ottimali del monito-

raggio delle gravidanze ottenute. Si parla di gravidan-

ze ottenute con tecniche di II e III livello, sia da tecni-

che a fresco che da tecniche di scongelamento. A livel-

lo nazionale, la percentuale di gravidanze di cui non si

conosce l’esito è pari al 13,2% nel 2012. Nell’indagine

riferita all’attività del 2011, la perdita di informazione

era minore (12,1%). Tra le regioni con un numero di

procedure significativo, nel 2012, quelle con una per-

dita più elevata di informazioni risultano la Campania

(21,7%), la Puglia (20,0%), la Toscana (19,3%), la

Sicilia (18,9%), il Lazio (17,5%) e la Lombardia

(14,4%). Dal confronto 2011-2012, le regioni in cui si

riduce maggiormente la perdita di informazioni, esclu-

se le regioni con una variazione del 100%, sono

Umbria (-88,0%), Abruzzo (-86,5%) e Calabria (-

74,9%). Tra le regioni ad elevata attività, rispetto al

2011, fanno registrare un incremento consistente della

perdita di informazioni l’Emilia-Romagna, che incre-

menta fino a cinque volte il valore dell’indicatore, la

Sardegna (valore triplicato) e la Sicilia (valore raddop-

piato). Molte delle differenze regionali riscontrate per

questo indicatore potrebbero essere spiegate dal tipo di

utenza che si rivolge alle strutture che offrono tecniche

di fecondazione assistita e, quindi, la proporzione dei

centri privati rispetto a quelli pubblici operanti in ogni

regione. Giocano un ruolo importante, infatti, sia il

livello socio-economico delle pazienti sia la nazionali-

tà, caratteristiche che fanno si che le pazienti stesse che

ottengono una gravidanza siano più o meno disposte a

fornire informazioni sull’esito e sullo stato di salute di

eventuali neonati.

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246 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Tabella 1 - Cicli totali (valori assoluti), cicli iniziati (valori assoluti per 1.000.000) con tecniche a fresco (FIVETed ICSI), tasso (standardizzato per 100 cicli iniziati con tecniche a fresco) di gravidanza, percentuale di partimultipli e di gravidanze perse al follow-up e variazioni percentuali per regione - Anni 2011-2012

Cicli Cicli (per 1.000.000) Tasso std % parti multipli % gravidenze perseRegioni totali al follow-up

2012 2011 2012 ∆∆ % 2011 2012 ∆∆ % 2011 2012 ∆∆ % 2011 2012 ∆∆ %

Piemonte 3.059 681 701 2,9 25,8 25,2 -2,3 20,3 19,5 -4,1 5,9 3,8 -36,4

Valle d’Aosta 164 1.152 1.289 11,9 12,3 13,8 12,3 26,7 31,6 18,4 0,0 0,0 -

Lombardia 13.473 1.319 1.382 4,8 18,6 18,3 -1,7 16,2 17,3 7,1 13,3 14,4 8,6

Liguria 456 340 291 -14,3 17,1 19,4 13,1 30,1 19,0 -36,8 1,8 0,0 -100

PA Bolzano 1.152 2.433 2.271 -6,6 21,0 18,2 -13,7 23,3 26,6 14,1 1,8 0,9 -52,1PA Trento 569 785 1.078 37,4 22,1 20,0 -9,5 20,8 21,7 4,6 0,0 0,0 -Veneto 2.853 778 586 -24,7 17,9 17,4 -2,5 19,3 19,4 0,2 6,1 9,2 49,8

Friuli Venezia Giulia 2.328 1.598 1.908 19,4 15,6 17,8 13,7 19,2 17,1 -11,0 0,8 1,0 24,9

Emilia-Romagna 4.904 1.194 1.125 -5,8 15,5 18,1 16,6 18,1 18,8 3,9 0,7 4,7 548,7

Toscana 6.633 1.626 1.802 10,9 18,6 20,1 8,2 21,7 20,3 -6,4 14,7 19,3 30,9

Umbria 360 478 407 -14,9 17,5 19,2 9,6 23,9 29,8 24,9 10,4 1,3 -88,0

Marche 208 132 135 2,1 15,4 14,0 -8,9 20,0 16,7 -16,7 3,4 0,0 -100

Lazio 6.711 1.264 1.214 -4,0 20,6 20,3 -1,2 18,8 16,5 -12,3 18,7 17,5 -6,6

Abruzzo 967 419 738 76,2 21,7 19,1 -12,2 15,4 31,3 103,1 12,3 1,7 -86,5

Molise 0 0 0 - - - - - - - - - -

Campania 4.664 792 809 2,2 24,2 25,3 4,7 22,4 27,3 21,9 22,9 21,7 -5,1

Puglia 2.150 500 531 6,1 21,0 19,5 -7,3 22,2 21,8 -1,9 26,2 20,0 -23,7

Basilicata 217 598 376 -37,1 13,4 26,4 97,0 27,3 37,5 - 0,0 0,0 -

Calabria 283 169 145 -14,5 19,6 15,7 -20,1 9,6 1,7 -82,1 5,6 1,4 -74,9

Sicilia 3.314 654 663 1,3 23,3 24,4 4,9 23,9 22,8 -4,6 9,4 18,9 101,8

Sardegna 1.030 710 628 -11,5 11,0 12,1 9,5 25,3 17,3 -31,6 3,9 10,1 160,2

Totale 55.495 924 932 0,9 19,5 19,9 2,1 19,8 20,0 0,7 12,1 13,2 8,6

- = non disponibile.

Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale Italiano della PMA. Anni 2013, 2014.

Cicli iniziati (valori assoluti per 1.000.000) con tecniche a fresco(FIVET e ICSI) per regione. Anno 2012

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 247

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili, pubblicati dal RE, sono

quelli riferiti all’attività del 2010. Il numero di tratta-

menti a fresco su milione di abitanti è pari a 1.153 in

Francia, a 766 in Germania ed a 928 in Gran

Bretagna. In Svezia, Paese all’avanguardia rispetto

alla pratica della fecondazione assistita, il numero di

cicli a fresco iniziati su milione di abitanti è pari a

1.943. Globalmente, rispetto alla popolazione dei

Paesi che aderiscono alla raccolta dati del RE, il

numero di cicli a fresco su milione di abitanti è pari a

1.221. Il tasso di gravidanze a fresco su cicli iniziati è

pari a 29,2% in Spagna, 29,5% in Svezia e 29,2% in

Gran Bretagna. Il tasso di parti multipli è del 22,5% in

Spagna, 16,6% in Francia, 29,3% in Germania, 19,5%

in Gran Bretagna e 5,6% in Svezia. Per la percentua-

le di gravidanze perse al follow-up il RE raccomanda

un livello non superiore al 10,0% di gravidanze perse

al follow-up sul totale delle gravidanze ottenute. Dei

Paesi presi in esame, la Germania presenta la stessa

quota di gravidanze perse al follow-up dell’Italia

(13,2%); la Spagna fa registrare una perdita di infor-

mazione superiore a quella dell’Italia (21,7%). In

Gran Bretagna la perdita di informazioni è del tutto

trascurabile (1,7%). In Svezia e Francia sono disponi-

bili al follow-up i dati di tutte le gravidanze.

Raccomandazioni di OsservasalutePer la prima volta dal 2005, primo anno di raccolta dati

da parte del RN della PMA, la relazione tra domanda

e offerta di applicazione delle tecniche di PMA ha

mostrato una sostanziale stabilità. Anche gli altri indi-

catori, ad un livello medio generale, hanno evidenzia-

to una certa staticità sebbene, spesso, questa sia il

risultato medio di ampie oscillazioni che esistono tra

una realtà regionale ed un’altra o anche all’interno del-

la stessa regione tra un anno di attività ed un altro.

Rispetto alla percentuale di perdita di informazioni,

questa si mantiene più o meno sugli stessi livelli, peral-

tro molto vicino alla soglia di qualità introdotta dal RE

ed allo stesso livello di Paesi con registri a più conso-

lidata tradizione come, ad esempio, quello tedesco.

Alcune regioni costituiscono sia un punto critico di

questo aspetto, sia un nodo cruciale di intervento del

RN nel tentativo di diminuire ulteriormente il numero

di gravidanze di cui non si conosce l’esito.

Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anni 2004-2014.(2) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga MJ,Fiaccavento S, Bucciarelli M - Procreazione medicalmenteassistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(3) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga MJ,Fiaccavento S, Bucciarelli M - 1° Report Attività delRegistro Nazionale della Procreazione MedicalmenteAssistita 2005.(4) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga MJ,Fiaccavento S, Bucciarelli M, De Luca R, Spoletini R,Mancini E - 2° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita 2006.(5) Scaravelli G, Vigiliano V, Bolli S, Mayorga MJ, DeLuca R, D’Aloja P, Fiaccavento S, Spoletini R, BucciarelliM, Mancini E - 3° Report Attività del Registro Nazionaledella Procreazione Medicalmente Assistita 2007.(6) ESHRE – Human Reproduction Advance Access publi-shed 2009-2012 - Assisted reproductive Technology andintrauterine insemination in Europe, 2005-2007: resultsgenerated from European registers by ESHRE.

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248 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Abortività volontaria

Significato. La Legge n. 194/1978 (“Norme per la

tutela della maternità e sull’Interruzione Volontaria

della Gravidanza”) regola, in Italia, le modalità del

ricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa, qualsiasi

donna per motivi di salute, economici, sociali o fami-

liari, può richiedere l’Interruzione Volontaria di

Gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazio-

ne. Oltre questo termine, l’IVG è consentita per gravi

problemi di salute fisica o psichica. L’intervento può

essere effettuato presso le strutture pubbliche del

Servizio Sanitario Nazionale e le strutture private

accreditate e autorizzate dalle regioni. Il tasso di abor-

tività volontaria è l’indicatore più frequentemente

usato a livello internazionale (spesso utilizzando al

denominatore la popolazione femminile di età 15-44

anni). Permette di valutare l’incidenza del fenomeno,

che in gran parte dipende dalle scelte riproduttive,

dall’uso di metodi contraccettivi nella popolazione e

dall’offerta dei servizi nei vari ambiti territoriali. Al

fine di una valutazione più completa dell’IVG, è pos-

sibile calcolare questo indicatore specifico per alcune

caratteristiche delle donne, ad esempio età, stato civi-

le, luogo di nascita e cittadinanza. Si può, inoltre, uti-

lizzare il tasso standardizzato per età al fine di elimi-

nare l’effetto confondente di questa variabile.

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 anni

x 1.000

Denominatore Popolazione femminile media residente di donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i

dati raccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto

Nazionale di Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di

Sanità (ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG

effettuata è obbligatorio compilare il modello Istat

D.12 ed inviarlo al sistema informativo nazionale.

Successivamente, sulla base di questi dati, le regioni

elaborano alcune tabelle che inviano al Sistema di

Sorveglianza ministeriale coordinato dall’ISS. Ogni

anno, il Ministro della Salute presenta al Parlamento

una relazione sull’andamento del fenomeno (1) e l’Istat

pubblica i dati sul proprio sito (2) e tramite altri canali

di diffusione. Attualmente, i dati italiani sono tra i più

accurati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti

nell’indicatore possono essere rappresentati dal fatto

che, in alcuni casi, viene calcolato utilizzando al nume-

ratore tutte le IVG effettuate in regione (donne residen-

ti e non) ed al denominatore le donne residenti, provo-

cando una sovrastima o sottostima del fenomeno.

Utilizzando, invece, le donne residenti, sia al numera-

tore che al denominatore, vengono esclusi alcuni casi

relativi, principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendo

disponibile alcun valore di riferimento, può essere

assunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-

ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiLe IVG notificate mediante il modello Istat D.12 nel

2012 risultano pari a 103.191, in calo rispetto al 2011

(110.041 casi). Questa differenza risente anche della

presenza di una sottonotifica dei dati in alcune regio-

ni (Umbria, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia). I

dati elaborati dal Sistema di Sorveglianza, integrati

con l’archivio delle Schede di Dimissione

Ospedaliera (SDO) del Ministero della Salute, hanno

rilevato 107.192 casi di IVG per il 2012 e un dato pre-

liminare di 102.644 per il 2013 (1).

Utilizzando le SDO per la stima dei dati mancanti

dell’Istat, è stato calcolato il tasso di abortività volon-

taria che per l’anno 2012 è risultato essere pari a 7,6

casi di IVG ogni 1.000 donne residenti in età feconda

(Tabella 1). Si conferma, quindi, il trend decrescente,

iniziato nel 2004, a seguito di un periodo di sostanzia-

le stabilità: infatti, nel 2011 il tasso era pari a 7,8 casi

ogni 1.000 donne residenti in età feconda e la diminu-

zione tra il 2004 e il 2012 risulta circa del 19% (2).

Nel confronto tra le regioni viene utilizzato il tasso

standardizzato che, analogamente al tasso grezzo, fa

registrare una diminuzione a livello nazionale (-

13,24%) tra il 2004-2012. Le regioni che presentano i

valori più elevati rispetto al dato nazionale sono la

Liguria, la Puglia, l’Emilia-Romagna ed il Piemonte,

mentre valori più bassi si osservano per la PA di

Bolzano, la Sardegna e il Veneto. Tra il 2004 ed il

2012 le riduzioni più consistenti si registrano per

l’Umbria e la Lombardia (rispettivamente, -22,76% e

-20,29%). La Sardegna è la sola regione che presenta

una variazione di segno positivo uguale a 6,84%

(Grafico 1).

Le classi di età più giovani (20-24, 25-29 e 30-34

anni) presentano i livelli più elevati del tasso, rispetti-

vamente, pari a 12,4 (per 1.000), 12,7 (per 1.000) e

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 249

11,9 (per 1.000). Anche per queste fasce di età

l’indicatore risulta in diminuzione rispetto al 2004.

Per la prima volta si assiste anche alla diminuzione

(seppur lieve) della quota di IVG da parte delle donne

straniere: nel 2011 la percentuale è uguale a 34,2,

mentre nel 2012 è pari a 34,1 (Indicatore “Abortività

volontaria delle donne straniere”, Capitolo “Salute

degli immigrati”).

L’indagine Istat ed il Sistema di Sorveglianza rileva-

no, oltre alle informazioni sulle caratteristiche delle

donne, anche informazioni relative alle modalità di

svolgimento dell’intervento. Ulteriori informazioni

sui consultori familiari, le strutture che effettuano

IVG ed il personale sanitario obiettore sono raccolte

solo dall’ISS tramite il Sistema di Sorveglianza. Nella

Tabella 2 e 4 sono riportate alcune di queste informa-

zioni: tipo di anestesia, tipo di intervento, tempi di

attesa, settimane di gestazione e ginecologi obiettori.

Nel 2012 resta molto elevato il ricorso all’anestesia

generale, anche se in diminuzione rispetto al 2011 del

2,4%. Le regioni con la percentuale più alta di utiliz-

zo dell’anestesia generale risultano essere la PA di

Trento, la PA di Bolzano, l’Umbria, la Sicilia, la

Lombardia e la Sardegna. Il ricorso all’anestesia loca-

le per effettuare l’IVG è la pratica più raccomandata a

livello internazionale poiché minimizza i rischi per la

salute della donna e presenta un impegno minore del

personale sanitario e delle infrastrutture (e, quindi,

costi inferiori). In Italia, però, viene utilizzata media-

mente solo nel 6,6% dei casi, risultando anche in

diminuzione rispetto all’anno precedente. Solo 4

regioni superano la soglia del 10%: Marche (46,1%),

Campania (16,4%), Lazio (12,5%) e Toscana

(11,4%). Nel 2012 è stata introdotta, nel modello Istat

D.12, la voce “sedazione profonda” come possibile

risposta per la domanda sul tipo di anestesia impiega-

ta. La sedazione profonda è risultata essere adoperata

nel 2,0% dei casi a livello nazionale, con un’ampia

variabilità regionale, in parte imputabile alla possibi-

lità che alcune strutture e regioni non abbiano ancora

utilizzato questa nuova classificazione per il 2012.

Con la possibilità di effettuare l’IVG anche tramite

procedura farmacologica (RU 486) (consentita, in

Italia, a partire da luglio 2009), la terapia antalgica

può essere evitata. Infatti, le regioni che utilizzano

maggiormente la RU 486 (Liguria, Valle d’Aosta,

Piemonte ed Emilia-Romagna) presentano una quota

più bassa di IVG effettuate con terapia antalgica o con

l’uso del solo analgesico (Tabella 2).

Il numero di IVG effettuate con RU 486 (che prevede,

in Italia, la somministrazione di mifepristone entro i 49

giorni di gestazione) è passato da 3.836 nel 2010 a

7.855 nel 2012, con una distribuzione regionale molto

variabile, dipendente principalmente dalla disponibili-

tà di strutture dove questa metodica viene utilizzata.

Le raccomandazioni del Consiglio Superiore di

Sanità, dell’Agenzia Italiana del Farmaco e del

Ministro alla Salute prevedono il Ricovero Ordinario

(RO) in caso di IVG tramite RU 486; pertanto, consi-

derando tutte le IVG effettuate entro il limite previsto

del suo utilizzo (49 giorni), si osserva che la percen-

tuale di casi trattati in Day Hospital (DH) è nettamen-

te superiore in caso di IVG chirurgica rispetto a quel-

la farmacologica (Tabella 3).

Per il 90% di IVG con gestazione <50 giorni effettua-

te con raschiamento, Karman o altra forma di istero-

suzione è stato previsto un ricovero in regime di DH e

solo per una quota residuale è stato utilizzato il RO.

In caso di IVG farmacologica, invece, risulta un

61,1% dei casi in RO e un 37,8% in DH.

Nella gran parte dei Paesi in cui questo metodo è ado-

perato, il suo uso avviene in regime di DH ed è racco-

mandato entro 63 giorni di gestazione (3), come sug-

gerito anche dall’Organizzazione Mondiale della

Sanità (4). Dai dati raccolti dal Ministero della Salute

emerge, comunque, che la gran parte delle donne (cir-

ca il 76%) ha scelto la dimissione volontaria dopo la

somministrazione di mifepristone o prima dell’espul-

sione completa del prodotto abortivo, con successivi

ritorni in ospedale per il completamento della proce-

dura (5). Sulla base dei dati della letteratura e di quel-

li raccolti nel nostro Paese, anche in un ottica di ridu-

zione dei costi, si potrebbero rivedere le indicazioni

date in Italia, autorizzando l’utilizzo di questo metodo

fino a 63 giorni di amenorrea e in regime di DH, con

ritorni della donna alla struttura sanitaria per il com-

pletamento della procedura.

La Legge n. 194/1978 prevede che per effettuare

l’IVG occorra il rilascio di documentazio-

ne/certificazione da parte del personale preposto. Una

valutazione dei tempi di attesa tra la consegna di que-

sta documentazione e l’effettuazione dell’intervento

può essere un indicatore di efficienza dei servizi: per

esempio, un numero di giorni >21 può indicare diffi-

coltà nell’applicazione della disposizione.

Dalla Tabella 4 si evince che a livello nazionale il

15,5% di IVG viene effettuato dopo un’attesa ≥21

giorni. Anche in questo caso è presente una rilevante

variabilità territoriale: si passa da un gruppo di regio-

ni che presenta una quota <10% (Molise, Basilicata,

Valle d’Aosta, Sardegna, Emilia-Romagna e

Campania) a 3 regioni con una percentuale >20%

(Lazio, Umbria e Veneto).

Anche la percentuale degli interventi effettuati a 11-

12 settimane di gestazione può essere un indicatore

della qualità dei servizi offerti, poiché per legge il

limite massimo per poter richiedere una IVG, in

assenza di gravi motivi di salute, è di 90 giorni. In

riferimento al totale Italia, il 14,8% dei casi di IVG

viene effettuato ad un’epoca gestazionale al limite

della soglia prevista per legge, anche se si registra una

lieve diminuzione rispetto all’anno precedente

(15,1%). Nel dettaglio regionale si evidenzia un gra-

diente Nord-Sud ed Isole, con la quota massima regi-

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250 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Tabella 1 - Tasso (specifico, grezzo e standardizzato per 1.000) di abortività volontaria per regione - Anno 2012

Regioni Tassi Tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 7,5 16,8 16,3 13,7 11,0 4,7 0,4 9,0 10,2

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 3,8 14,8 15,9 12,7 12,6 5,4 0,4 8,7 9,7

Lombardia 6,2 12,7 12,7 12,2 9,3 3,9 0,3 7,5 8,4

Bolzano-Bozen 2,9 6,4 7,3 6,5 6,0 2,5 0,1 4,3 4,7Trento 4,3 11,3 9,5 9,8 7,9 3,8 0,7 6,3 6,9Veneto 4,1 9,5 9,9 9,7 7,2 3,2 0,3 5,7 6,4

Friuli Venezia Giulia 5,7 10,6 10,9 10,3 8,3 3,4 0,4 6,4 7,2

Liguria 9,4 19,9 19,6 16,2 12,3 5,1 0,3 10,2 12,0

Emilia-Romagna 7,3 15,5 16,7 14,2 11,4 4,8 0,5 9,1 10,3

Toscana 6,2 14,1 15,3 13,2 10,7 4,5 0,4 8,4 9,4

Umbria* 6,9 14,0 13,7 14,5 10,3 4,9 0,5 8,6 9,5

Marche 4,7 9,4 10,0 10,0 8,5 3,3 0,2 6,2 6,8

Lazio 8,1 15,6 14,4 12,8 10,4 4,7 0,4 8,6 9,6

Abruzzo* 6,4 12,1 12,4 12,8 10,8 4,7 0,3 8,0 8,7

Molise 4,1 9,5 12,5 12,2 9,5 4,5 0,2 7,2 7,8

Campania* 4,8 10,1 10,6 10,5 8,7 3,9 0,4 6,8 7,2

Puglia* 7,8 13,9 15,0 14,8 12,5 5,5 0,6 9,6 10,3

Basilicata 5,3 10,1 10,0 9,1 9,5 4,1 0,3 6,7 7,1

Calabria 4,1 8,7 9,6 9,3 8,9 3,6 0,3 6,2 6,6

Sicilia* 5,7 10,6 10,3 9,6 8,0 3,4 0,3 6,6 7,0

Sardegna 4,6 8,9 9,6 8,8 7,7 3,7 0,3 5,9 6,4

Italia 6,1 12,4 12,7 11,9 9,6 4,1 0,4 7,6 8,4

*A causa di incompletezza dei dati i tassi dell’Umbria, Campania, Puglia e Sicilia sono stati stimati.

Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al

2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2012.

strata in Veneto (22,9%) e la minima in Molise

(3,5%).

Sempre con riferimento all’efficienza dei servizi, la

presenza di una quota consistente di personale obiet-

tore (la cui possibilità è permessa dall’art. 9, Legge n.

194/1978) può inficiare l’espletamento dell’interven-

to. Nel 2012 la percentuale di ginecologi obiettori

risulta pari a 69,6%, senza sostanziali differenze

rispetto al 2011 (69,3%). Le regioni che superano

ampiamente l’80% sono il Molise, la Basilicata, la PA

di Bolzano, la Sicilia, il Lazio, la Campania e

l’Abruzzo. La Valle d’Aosta presenta il valore più

basso (13,3%). Nel 2012, il Ministero della Salute, in

collaborazione con le Regioni, ha condotto un moni-

toraggio ad hoc. Sulla base dei dati raccolti, il

Ministro della Salute nella sua Relazione al

Parlamento ha concluso: “Si conferma, quindi, quan-

to già osservato nella scorsa relazione al Parlamento,

relativa all’applicazione della Legge n. 194/1978 -

dati anno 2011: il numero di non obiettori è congruo

rispetto alle IVG effettuate, e il numero degli obietto-

ri di coscienza non impedisce ai non obiettori di svol-

gere anche altre attività oltre le IVG. Gli eventuali

problemi nell’accesso al percorso IVG sono dovuti

eventualmente ad una inadeguata organizzazione ter-

ritoriale, che attualmente, dopo questo monitoraggio,

sarà più facile individuare”.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 251

Tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria perregione. Anno 2012

Grafico 1 - Tasso (standardizzato per 1.000 donne di età 15-49 anni) di abortività volontaria per regione - Anni2004, 2012

Nota: A causa di incompletezza dei dati i tassi dell’Umbria, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia sono stati stimati.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2012.

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252 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Tabella 2 - Percentuale di abortività volontaria per tipo di anestesia, terapia farmacologica (RU 486) e regione- Anno 2012

Regioni Generale Locale Analgesia Sedazione Nessuna RU 486*e altro profonda

Piemonte 76,5 0,5 4,6 4,7 13,7 19,0

Valle d’Aosta-Vallèe d’Aoste 73,2 0,4 0,4 0,0 26 24,0

Lombardia 90,4 2,8 4,4 0,0 2,4 1,2

Bolzano-Bozen 96,6 0,0 1,1 0,2 2,1 1,5

Trento 94,5 0,0 0,6 0,0 4,9 4,7

Veneto 60,9 2,8 14,6 14,3 7,3 7,0

Friuli Venezia Giulia 82,4 1,3 5,5 9,7 1,1 3,8

Liguria 70,3 0,7 26,4 2,6 0,0 25,2

Emilia Romagna 71,1 6,9 2,3 2,0 17,6 18,5

Toscana 71,5 11,4 12,3 0,3 4,5 10,5

Umbria 96,4 0,1 1,2 0,1 2,2 1,3

Marche 48,1 46,1 3,8 0,9 1,2 0,0

Lazio 81,1 12,5 0,1 0,0 6,3 5,2

Abruzzo 88,5 8,0 1,2 0,3 1,9 1,2

Molise 87,6 0,0 11,9 0,0 0,4 10,0

Campania 79,6 16,4 3,9 0,0 0,1 3,7

Puglia 84,1 1,2 7,4 0,6 6,8 10,8

Basilicata 75,2 1,5 13,2 4,7 5,4 9,4

Calabria 80,0 8,7 0,7 6,4 4,2 3,3

Sicilia 91,5 1,9 4,9 0,1 1,5 4,6

Sardegna 90,0 0,2 9,6 0,1 0,0 8,0

Italia 80,1 6,6 5,7 2,0 5,7 8,5

*IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2012.

Tabella 3 - Percentuale di abortività volontaria entro 49 giorni di gestazione per regime di ricovero e tipo diintervento - Anno 2012

Tipo di intervento Ricovero Ordinario Day Hospital Non indicato

Raschiamento 4,3 95,2 0,5

Karman 8,2 89,2 2,7

Altra isterosuzione 2,7 97,2 0,1

RU 486 61,1 37,8 1,1

Altro 46,1 53,9 0,0

Non indicato 17,0 75,5 7,5

Totale 13,8 84,3 1,8

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2012.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 253

Raccomandazioni di OsservasaluteI dati 2012-2013 confermano l’andamento in diminu-

zione delle IVG in Italia, tendenza che ormai coinvol-

ge anche le cittadine straniere, gruppo a maggior

rischio di ricorrere all’aborto (Indicatore “Abortività

volontaria delle donne straniere”, Capitolo “Salute

degli immigrati”). Nella gran parte dei casi,

l’interruzione della gravidanza non è una scelta di ele-

zione, ma la conseguenza estrema del fallimento dei

metodi di procreazione responsabile impiegati per il

controllo della fecondità, fallimento dovuto all’impie-

go frequente di metodi con più alta probabilità di

insuccesso e/o all’uso scorretto di tali metodi. Negli

anni, anche grazie alla legalizzazione dell’aborto e

all’istituzione dei consultori familiari, vi sono stati dei

miglioramenti nelle conoscenze e uso dei metodi di

procreazione responsabile. Le donne con più compe-

tenze (le più istruite, coniugate e lavoratrici) hanno

maggiormente e più rapidamente beneficiato dell’au-

mentata circolazione dell’informazione sulla procrea-

zione responsabile e dell’attività dei servizi.

Un’attenzione particolare va, quindi, rivolta alle don-

ne in condizioni sociali svantaggiate ed alle straniere

attraverso programmi di prevenzione che devono fon-

darsi sul modello dell’empowerment (promozione

della riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevo-

lezze e competenze per scelte autonome), come viene

delineato dalla Carta di Ottawa e dal Progetto

Obiettivo Materno Infantile.

I dati sulle procedure dell’intervento e sulla disponibi-

lità di servizi e operatori sottolineano la necessità di

un attento monitoraggio a livello locale che favorisca

la piena applicazione della Legge n. 194/1978.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2014), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2012. Dati provvisori 2013. Roma: Ministero dellaSalute, 2014. Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2226.(2) Istat, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2012. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it. (3) Ngo TD, Park MH, Shakur H, Free C. Comparativeeffectiveness, safety and acceptability of medical abortionat home and in a clinic: a systematic review. Bull WorldHealth Organ. 2011.89 (5): 360-70.(4) WHO. Safe abortion: technical and policy guidance forhealth systems. Geneva, 2012. Disponibile sul sito:http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/70914/1/9789241548434_eng.pdf.(5) Ministero della Salute. Interruzione volontaria di gravi-danza con mifepristone e prostaglandine - anni 2010-2011.28 febbraio 2013. Disponibile sul sito:http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1938_allegato.pdf.

Tabella 4 - Percentuale di abortività volontaria per giorni di attesa, settimane di gestazione, ginecologi obietto-ri e regione - Anno 2012

Regioni Attesa >21 giorni Settimane di gestazione 11-12 Ginecologi obiettori

Piemonte 10,6 14,3 65,0

Valle d’Aosta-Vallèe d’Aoste 6,6 12,1 13,3

Lombardia 19,7 19,4 63,6

Bolzano-Bozen 12,0 21,2 87,3Trento 15,0 14,0 67,2Veneto 27,2 22,9 75,0

Friuli Venezia Giulia 11,0 12,7 58,4

Liguria 14,4 15,3 64,0

Emilia-Romagna 8,1 12,5 53,0

Toscana 14,2 14,7 55,6

Umbria 21,9 14,2 65,6

Marche 13,1 14,7 67,1

Lazio 20,5 19,0 81,9

Abruzzo 16,9 15,5 81,5

Molise 3,3 3,5 90,3

Campania 9,3 6,1 81,8

Puglia 14,1 11,5 78,9

Basilicata 4,1 5,6 89,4

Calabria 19,0 10,1 72,8

Sicilia 17,3 12,7 84,5

Sardegna 7,0 14,0 57,3

Italia 15,5 14,8 69,6

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2012.

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28 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Significato. La mortalità infantile è un’importante

misura del benessere demografico e uno dei più signi-

ficativi indicatori sociali che permette di correlare la

mortalità con i vari momenti dello sviluppo di una

popolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita

(1). Questa misura è, infatti, strettamente correlata

oltre che a fattori biologici anche alle condizioni

sociali, economiche e culturali di un Paese.

I fattori biologici principali sono l’età materna,

l’ordine di nascita, l’intervallo tra i parti successivi, il

numero delle nascite, la presentazione fetale al

momento della nascita e la storia ostetrica della

madre. I fattori sociali ed economici più rilevanti sono

la legittimità, le condizioni abitative, il numero di

componenti del nucleo familiare, il reddito familiare,

alcune caratteristiche della madre (nutrizione, livello

di istruzione, abitudine al fumo durante la gravidanza)

e occupazione del padre (2). L’indicatore risente

anche della qualità nella gestione della gravidanza e

dell’evoluzione tecnologica nell’assistenza al parto.

Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimen-

to alla popolazione residente rapportando il numero di

morti entro il primo anno di vita in un determinato

periodo al numero di nati vivi nello stesso periodo e

viene espresso come rapporto su 1.000 nati vivi in un

anno.

Com’è noto, il rischio di morte di un bambino decre-

sce rapidamente durante il primo anno di vita. Il mag-

gior numero di decessi, nei Paesi economicamente più

sviluppati, si registra, infatti, in corrispondenza del

primo mese, ma anche della prima settimana di vita.

Le cause di decesso per questo profilo sono endogene

(cause di morte strutturali o legate a fattori biologici o

congeniti, quali la salute della madre, la presenza di

anomalie congenite, l’evoluzione del parto o fattori

legati all’assistenza al parto) ed esogene, ovvero con-

nesse a malattie infettive o legate a condizioni

ambientali ed igieniche e si presentano con una quota

elevata di decessi anche oltre il primo mese di vita.

Quest’ultima situazione, risulta ancora peculiare nella

maggior parte dei Paesi a forte pressione migratoria.

Mortalità infantile e neonatale

G. DI FRAIA, S. SIMEONI, C. ORSI, D. SPIZZICHINO, L. FROVA

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 anno

x 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giorni

x 1.000

Denominatore Nati vivi

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-

ratore è l’Indagine sui decessi e cause di morte con-

dotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Per il

numero di nati vivi residenti, al denominatore, la fon-

te di riferimento è la Rilevazione individuale degli

iscritti in Anagrafe per nascita condotta dall’Istat.

È importante sottolineare che la rilevazione Istat sulle

cause di morte riguarda tutti i decessi che si verifica-

no sul territorio nazionale, ma non rileva i decessi di

individui residenti in Italia avvenuti all’estero.

I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-

rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle regioni

italiane in cui risiedono popolazioni numericamente

più esigue, si possono presentare ampie variazioni da

un anno all’altro. Per questa ragione per l’analisi ter-

ritoriale i tassi sono stati calcolati su base triennale,

per i due trienni 2006-2008 e 2009-2011.

Descrizione dei risultatiL’analisi della mortalità infantile è stata effettuata

considerando anche le seguenti componenti per età:

mortalità neonatale, che comprende i morti nei primi

29 giorni di vita e mortalità post-neonatale, relativa ai

decessi avvenuti oltre il 29° giorno di vita. La morta-

lità neonatale può essere ulteriormente scomposta in

mortalità neonatale precoce, riferita ai decessi entro la

prima settimana di vita (0-6 giorni di vita) e mortalità

neonatale tardiva, che comprende i morti tra i 7-29

giorni di vita.

Per questi indicatori è stata presa in considerazione la

serie storica dal 2006 al 2011 e in quest’ultimo anno

il tasso di mortalità infantile tra i residenti in Italia è

stato di 3,1 morti per 1.000 nati vivi, in diminuzione

rispetto al 2006 (3,4 per 1.000) (Tabella 1).

Questo dato conferma il trend decrescente che si

osserva negli ultimi decenni. Volendo fare un con-

fronto temporale più ampio, i primi dati disponibili

per l’Italia, che risalgono al 1863, mostrano che, in

Page 223: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 29

quell’anno, in media, un bambino su quattro non

sopravviveva al primo anno di vita (3). A distanza di

quasi 150 anni il quadro è radicalmente migliorato:

oggi, soltanto meno di quattro bambini su 1.000 muo-

iono nel primo anno di vita.

La diminuzione dei rischi di morte nel primo anno di

vita tra il 2006 e il 2011 è da attribuire, unicamente,

alla riduzione della mortalità nei primi 29 giorni di

vita: a livello nazionale la mortalità neonatale passa

dai 2,5 morti per 1.000 nati vivi del 2006 a 2,2 (per

1.000) del 2011, mentre la mortalità post-neonatale

resta costante con 0,9 decessi (per 1.000 nati vivi).

Per questa analisi, oltre ai tassi per età, sono stati cal-

colati i tassi per cause di morte, regione, area geogra-

fica e cittadinanza.

Mortalità per etàPoiché è noto che il rischio di morte di un bambino

varia a seconda dell’età, sono stati calcolati i tassi

disaggregando l’età alla morte in quattro classi: 0

giorni, 1-6 giorni, 7-29 giorni, 1-11 mesi.

Nel 2011, il tasso di mortalità nel primo giorno di vita

è di 0,8 morti per 1.000 nati vivi, come nella fascia 1-

6 giorni. Nella fascia 7-29 giorni risultano 0,6 (per

1.000), mentre nella fascia 1-11 mesi è di 0,9 (per

1.000) (Tabella 1). Una grossa percentuale dei deces-

si (circa il 25%) avviene nel primo giorno di vita, cir-

ca la metà (circa il 51%) nella prima settimana di vita

e approssimativamente il 72% nel periodo neonatale

(Grafico 1).

Questi dati confermano che, nei Paesi economicamen-

te sviluppati, il rischio di morte di un bambino decre-

sce rapidamente nel primo anno di vita e che i deces-

si si concentrano nel primo mese di vita e in partico-

lar modo nella prima settimana e nel primo giorno.

Mortalità per causaLa ricostruzione del quadro nosologico costituisce un

tassello analitico fondamentale per individuare quali

siano le principali cause di morte e di conseguenza gli

aspetti su cui è necessario intervenire. La mortalità

per causa è presentata per gruppi di patologie. Per rag-

gruppare le patologie è stata utilizzata la “Short-list

Italiana per la Mortalità infantile”, a partire dalla qua-

le sono stati fatti ulteriori raggruppamenti.

La Tabella 2 e il Grafico 2 riportano i tassi di morta-

lità per causa ed età registrati nel 2011: complessiva-

mente, il rischio più elevato si ha per Condizioni mor-

bose che hanno origine nel periodo perinatale (per la

mortalità infantile è di 1,72 per 1.000 nati vivi), segui-

te dalle Malformazioni e deformazioni congenite e

anomalie cromosomiche (0,79 per 1.000), dai

Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di

laboratorio (0,11 per 1.000) e dalle morti per Cause

esterne di traumatismo e avvelenamento (0,04 per

1.000); il tasso di mortalità per tutte le altre malattie è

stato di 0,43 decessi ogni 1.000 nati vivi. Tra le

Condizioni morbose che hanno origine nel periodo

perinatale, il tasso di mortalità infantile più elevato

(0,50 morti per 1.000 nati vivi) si registra per la

Sofferenza respiratoria del neonato, seguita dalle

Altre condizioni perinatali (0,36 per 1.000), dagli

Altri disturbi respiratori che hanno origine nel perio-

do perinatale (0,18 per 1.000) e dai Fattori materni e

complicanze della gravidanza, travaglio e parto,

Ipossia e asfissia intrauterina alla nascita e Disturbi

emorragici ed ematologici (0,16 per 1.000). Tra le

Malformazioni e deformazioni congenite e anomalie

cromosomiche il tasso più elevato si registra per quel-

le del sistema circolatorio (0,39 per 1.000) .

Anche nelle classi di età che compongono la fascia

neonatale, tra le quali si evidenzia una analoga strut-

tura per causa di morte, il tasso più alto è stato per

Condizioni morbose che hanno origine nel periodo

perinatale (1,57 decessi per 1.000 nati vivi), seguite

dalle Malformazioni e deformazioni congenite e ano-

malie cromosomiche (0,51 per 1.000), dai Sintomi,

segni e risultati anomali di esami clinici e di laborato-

rio (0,04 per 1.000) e dalle morti per Cause esterne di

traumatismo e avvelenamento (0,01 per 1.000); il tas-

so di mortalità per tutte le altre malattie è stato di 0,09

morti ogni 1.000 nati vivi.

Nella fascia post-neonatale, invece, il tasso più alto si

è registrato per Altre malattie (0,35 per 1.000). In que-

sto raggruppamento le principali cause sono le malat-

tie del sistema circolatorio (0,08 per 1.000) e del siste-

ma nervoso (0,07 per 1.000), patologie già presenti

alla nascita che non agiscono nel periodo immediata-

mente successivo al parto grazie anche ad una stru-

mentazione sempre più sofisticata che riesce a far

sopravvivere neonati con grandi deficienze strutturali

di sviluppo e a procrastinare il loro decesso inevitabi-

le anche oltre il primo mese di vita. Altre patologie

sono le malattie del sistema respiratorio (0,05 per

1.000) e le malattie infettive e parassitarie (0,05 per

1.000). I tassi più alti dopo il gruppo delle “Altre

malattie” sono quelli delle Malformazioni e deforma-

zioni congenite e anomalie cromosomiche (0,28 mor-

ti per 1.000 nati vivi), delle Condizioni morbose che

hanno origine nel periodo perinatale (0,14 per 1.000),

dei Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici

e di laboratorio (0,07 per 1.000) e delle morti per

Cause esterne di traumatismo e avvelenamento (0,04

per 1.000).

Il Grafico 3 mostra la distribuzione percentuale delle

cause nel 2011. Interessante notare che la maggior

parte dei decessi nel primo anno di vita è da ricondur-

re a Condizioni morbose che hanno origine nel perio-

do perinatale (circa il 55%) e Malformazioni e defor-

mazioni congenite e anomalie cromosomiche (circa il

26%), che coprono complessivamente circa l’81%

della mortalità infantile. I Sintomi, segni e risultati

anormali di esami clinici e di laboratorio, non classi-

ficati altrove sono causa approssimativamente del 4%

Page 224: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

30 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

dei decessi; circa il 40% di questi decessi sono dovu-

ti alla Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia

(SIDS). Le Cause esterne di traumatismo e avvelena-

mento rappresentano circa l’1% dei decessi. Le altre

malattie sono responsabili di circa il 14% delle morti.

Tra le altre malattie, il contributo maggiore è dato dal-

le Malattie del sistema circolatorio e dalle Malattie del

sistema nervoso e degli organi di senso.

La maggior parte dei decessi per Condizioni morbose

che hanno origine nel periodo perinatale e

Malformazioni e deformazioni congenite e anomalie

cromosomiche avviene in età neonatale: per questa

fascia di età, tali patologie coprono la quasi totalità

della mortalità, circa il 94%.

In età post-neonatale la distribuzione per causa non è

altrettanto concentrata: le Condizioni morbose che

hanno origine nel periodo perinatale e le

Malformazioni e deformazioni congenite e anomalie

cromosomiche coprono circa la metà della mortalità

generale, rispettivamente il 16% e il 32%. I decessi

per SIDS e Altri sintomi, segni e cause mal definite,

che non superano circa l’1% nel primo mese, salgono

rispettivamente al 4% e al 5% nei successivi 11 mesi.

Il contributo delle cause esterne di traumatismo e

avvelenamento, quasi nullo per l’età neonatale, passa

approssimativamente al 4% per l’età post-neonatale.

Diventa molto importante anche il peso delle Altre

malattie, che rappresentano circa il 39% dei decessi.

Tra queste cause il contributo maggiore è dato dalle

Malattie del sistema circolatorio, seguite dalle

Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso,

dalle Malattie del sistema respiratorio e Alcune malat-

tie infettive e parassitarie.

La riduzione della mortalità nel periodo osservato è da

attribuire al calo dei rischi per Condizioni morbose

che hanno origine nel periodo perinatale e per

Malformazioni e deformazioni congenite e anomalie

cromosomiche (Tabelle 1 e 2 in Appendice); i tassi di

mortalità per gli altri gruppi di patologie restano

sostanzialmente invariati.

I dati mostrati evidenziano un ruolo fondamentale del-

le Condizioni che hanno origine nel periodo perinata-

le e delle Malformazioni e deformazioni congenite e

anomalie cromosomiche nella mortalità infantile.

Questi gruppi di malattie, infatti, presentano i tassi di

mortalità più elevati, rappresentano la maggior parte

dei decessi, soprattutto in età neonatale, e sono gli

unici gruppi di patologie che hanno mostrato un

decremento. Pertanto, sono le cause su cui si può e si

deve maggiormente intervenire.

Il decremento della mortalità tra il 2006 e il 2011 è

dovuto, sostanzialmente, alla riduzione di eventi attri-

buibili a Condizioni che hanno origine nel periodo

perinatale e ciò testimonia il contributo dei servizi

sanitari nel ridurre la mortalità nei primi giorni e nel-

le prime settimane di vita, quando si verificano la

maggior parte dei decessi dovuti a queste patologie.

Tra le Condizioni morbose che hanno origine nel

periodo perinatale, la Sofferenza respiratoria del neo-

nato ha un peso importante. L’incidenza di tale condi-

zione è inversamente proporzionale all’età gestazio-

nale e al peso alla nascita, condizioni importanti per la

salute del bambino.

Particolare attenzione è stata rivolta alla SIDS, in

quanto in questa patologia il decesso si verifica in

assenza di cause evidenti. Pur rappresentando una

quota bassa di decessi, le morti per SIDS hanno una

frequenza e un tasso di mortalità simili a quelli di

grandi categorie, quali Alcune malattie infettive e

parassitarie, Malattie endocrine, nutrizionali e meta-

boliche, Malattie del sistema respiratorio e Malattie

dell’apparato digerente, e superiori a quelli di altre

grandi categorie, per esempio le Cause esterne di trau-

matismo e avvelenamento e i Tumori.

Mortalità per regionePer evidenziare le differenze territoriali, data

l’esiguità dei casi in alcune regioni, sono stati calcola-

ti i tassi di mortalità neonatale (0-29 giorni) e di mor-

talità infantile per regione e per macroarea e per i

trienni 2006-2008 e 2009-2011 (per i dati annuali

Tabella 3 in Appendice).

L’analisi mostra come, in Italia, il quadro sia decisa-

mente diversificato: nel triennio 2009-2011 la regione

con il tasso di mortalità infantile più basso è la Valle

d’Aosta, con un tasso di 1,85 decessi per 1.000 nati

vivi residenti, mentre il tasso più elevato si registra in

Sicilia ed è pari a 4,59 (per 1.000) (Tabella 3 e

Grafico 4). Dopo la Valle d’Aosta si posizionano

l’Umbria (2,21 per 1.000), il Piemonte (2,50 per

1.000) e le PA (Trento 2,36 per 1.000 e Bolzano 2,58

per 1.000). Per quanto riguarda le regioni con i tassi

più elevati, dopo la Sicilia si posizionano la Calabria

(4,22 per 1.000) e la Campania e la Basilicata (con,

rispettivamente, 3,96 e 3,98 per 1.000). Nel triennio

precedente, il tasso più basso è stato registrato in

Friuli Venezia Giulia (1,94 per 1.000) e quello più

elevato in Calabria (4,76 per 1.000).

Rispetto al triennio precedente, si registra una riduzio-

ne del tasso di mortalità in Valle d’Aosta (da 3,43 a

1,85 decessi per 1.000 nati vivi), Umbria (da 2,86 a

2,21 per 1.000), Abruzzo (da 4,50 a 3,83 per 1.000),

Calabria (da 4,76 a 4,22 per 1.000), PA di Bolzano (da

3,79 a 2,58 per 1.000), Piemonte (da 3,02 a 2,50 per

1.000), Puglia (da 3,86 a 3,46 per 1.000), Lazio (da

3,63 a 3,31 per 1.000) ed Emilia-Romagna (da 3,07 a

2,90 per 1.000). Il tasso è aumentato in Friuli Venezia

Giulia (da 1,94 a 3,09 per 1.000), Basilicata (da 2,98

a 3,98 per 1.000), Molise (da 2,94 a 3,73 per 1.000),

Sicilia (da 4,26 a 4,59 per 1.000) e Sardegna (da 3,04

a 3,27 per 1.000). Nelle altre regioni la mortalità è

rimasta sostanzialmente costante.

L’analisi per area geografica, quindi, mostra che nel

triennio 2009-2011, l’Italia meridionale e insulare

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SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 31

presenta un tasso superiore al dato nazionale. Le

regioni del Centro hanno tassi inferiori al valore

nazionale (2,21 per 1.000 in Umbria, 2,73 per 1.000

nelle Marche e 2,72 per 1.000 in Toscana), tranne il

Lazio (3,31 per 1.000) che ha registrato un valore

superiore al dato Italia. Tutte le regioni del Nord pre-

sentano tassi di mortalità infantile inferiori al valore

nazionale. Nel triennio 2006-2008 la situazione era

analoga, tranne per il fatto che il Molise e la Basilicata

presentavano tassi inferiori al dato italiano, rispettiva-

mente 2,94 e 2,98 decessi per 1.000 nati vivi (Tabella

3 e Grafico 4) e la Valle d’Aosta e la PA di Bolzano

che presentavano tassi superiori al valore nazionale

(rispettivamente, 3,43 e 3,79 per 1.000).

I risultati appena descritti sono, ovviamente, confer-

mati dai tassi per ripartizione geografica (Grafico 5):

una situazione più favorevole al Nord, con un tasso di

mortalità nettamente più basso rispetto al dato nazio-

nale (2,8 decessi per 1.000 nati vivi in entrambi i

trienni), e una situazione critica al Sud, con un tasso

decisamente più alto del valore nazionale (4,1 e 4,0

per 1.000 rispettivamente nei trienni 2006-2008 e

2009-2011). Come già osservato, il tasso di mortalità

nell’area Centro, in linea con il valore Italia (3,2 per

1.000 nel triennio 2006-2008 e 3,0 per 1.000 nel trien-

nio 2009-2011), è aumentato.

Questa analisi evidenzia una preoccupante differenza

fra le varie aree geografiche: un nato residente nel

Meridione ha una probabilità di morire entro il primo

anno di vita 1,3 volte superiore rispetto a un bambino

residente al Centro e 1,4 volte superiore rispetto a uno

residente al Nord. Questo mostra come in alcune

regioni e aree geografiche del Paese ci siano ancora

margini di miglioramento in termini di qualità ed effi-

cienza dei servizi sanitari, determinanti per una ridu-

zione della mortalità infantile. Infatti, i centri di

Terapia Intensiva Neonatale e cure iperspecialistiche

non sono distribuiti uniformemente sul territorio ita-

liano con una prevalenza nel Nord Italia.

È importante sottolineare che le forti variazioni regi-

strate nelle regioni meno popolose (Valle d’Aosta,

Molise, Basilicata e Umbria) possono essere dovute al

numero esiguo di decessi che si è verificato in queste

realtà regionali.

Il quadro regionale appena descritto per la mortalità

infantile non cambia se si analizza la mortalità nel pri-

mo mese di vita (Tabella 4): nell’ultimo triennio tutte

le regioni dell’area meridionale, ad eccezione della

Sardegna, si collocano al di sopra del valore naziona-

le, mentre le regioni del Nord hanno tassi al di sotto

dei 2,31 decessi per 1.000 nati vivi.

Mortalità per cittadinanzaLa presenza degli stranieri in Italia ormai da tempo ha

assunto un peso rilevante sull’andamento delle princi-

pali variabili socio-economiche italiane e approfondi-

re la conoscenza di questo universo equivale, dunque,

a comprendere appieno le tendenze complessive in

atto nel Paese. Si è, quindi, ritenuto opportuno foca-

lizzare l’attenzione sulla mortalità infantile della

popolazione residente in Italia di cittadinanza stranie-

ra e confrontarla con quella dei cittadini italiani:

essendo la mortalità infantile correlata negativamente

con le condizioni sanitarie, ambientali, sociali e con

una diversa accessibilità ai servizi sanitari, può dare

indicazioni del differente livello di benessere tra ita-

liani e immigrati.

Per l’analisi della mortalità per cittadinanza, un bam-

bino è considerato cittadino italiano se almeno uno dei

genitori ha la cittadinanza italiana; è considerato stra-

niero se ha entrambi i genitori di nazionalità non italia-

na; i decessi di bambini di cittadinanza ignota, circa il

10%, sono stati distribuiti in maniera proporzionale tra

i decessi dei cittadini italiani e stranieri.

Dal 2006 al 2011 i tassi di mortalità infantile degli ita-

liani sono stati sempre più bassi di quelli degli stranie-

ri, anche se per entrambi il trend è in discesa: il tasso

degli italiani è sceso da 3,23 (per 1.000) nel 2006 a

2,90 (per 1.000) nel 2011; quello degli stranieri da

4,99 a 4,26 (per 1.000) (Tabella 5).

Il tasso di mortalità infantile per classi di età mostra

che, anche in questo caso, i tassi sono più alti per i resi-

denti stranieri a tutte le età e che tale divergenza è più

evidente per le morti tra 1-11 mesi. Tale gap si riflette

anche nella diversa struttura della mortalità tra i due

gruppi: tra gli stranieri, infatti, risultano più alti i rischi

di morte soprattutto per condizioni morbose del perio-

do perinatale, a cui seguono i rischi per Malformazioni

Congenite e, anche se per una piccola quota, per Altre

malattie (Tabella 6). La maggiore mortalità infantile

tra gli stranieri può essere in parte spiegata dal minor

ricorso all’aborto terapeutico (cioè dopo 90 giorni dal

concepimento) fra le straniere (1,5% sul totale aborti)

rispetto alle italiane (4,0%) (3).

La Tabella 7 riporta i tassi di mortalità infantile regio-

nali per i residenti italiani e stranieri. Per le regioni

con pochi abitanti si registrano forti oscillazioni dei

tassi di mortalità per stranieri tra i due trienni a causa

dell’esiguo numero di decessi verificatisi ed è, pertan-

to, difficile controllare la componente casuale.

Si può con sicurezza affermare che nella maggioranza

delle regioni esiste un divario tra italiani e stranieri:

bambini stranieri sotto l’anno di vita muoiono di più

di quelli italiani e in base al valore nazionale circa 1,5

volte. Esiste, tuttavia, una notevole variabilità sul ter-

ritorio, sia in termini di rapporto tra la mortalità dei

cittadini italiani e stranieri, sia in termini di livelli rag-

giunti: da un lato abbiamo regioni come la Campania

e il Lazio in cui la mortalità infantile dei cittadini stra-

nieri è, rispettivamente, 2,16 e 2,67 volte quella degli

italiani e con un tasso pari a 8,27 decessi per 1.000

nati vivi stranieri in Campania e 7,26 (per 1.000) nel

Lazio, o le PA di Trento e Bolzano dove, pur non

avendo tassi particolarmente alti, il rapporto è, rispet-

Page 226: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

32 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

tivamente, di 3,37 e 2,16 volte a sfavore degli stranie-

ri; dall’altro lato, invece, ci sono situazioni in cui il

rapporto è in linea con quello nazionale, ma i livelli di

mortalità risultano decisamente elevati, come in

Sicilia (4,47 per 1.000 tra gli italiani e 7,33 per 1.000

tra gli stranieri) e in Calabria (4,10 per 1.000 tra gli

italiani e 6,74 per 1.000 tra gli stranieri).

Più in generale, dall’analisi del tasso per macroarea

(Grafico 6), si osserva come il gap sia sempre presen-

te per le tre aree geografiche, ma sia più evidente per

le regioni del Centro e del Meridione.

Sebbene le regioni meridionali abbiano i tassi di mor-

talità per gli stranieri più alti in termini assoluti, lo

sono anche i tassi di mortalità degli italiani per cui il

divario italiani/stranieri non si discosta da quello del

Nord. Nel triennio 2009-2011, un leggero peggiora-

mento del divario stranieri/italiani si è avuto solo per

il Centro: il rapporto tra tasso di mortalità infantile

degli stranieri e tasso di mortalità infantile degli italia-

ni è passato da un valore di 1,7 a 2,1 decessi per 1.000

nati vivi.

Tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000) infantile* - Anni 2006-2011

Classi di età 2006 2007 2008 2009 2010 2011

<1 giorno 513 474 511 486 417 419

1-6 giorni 449 444 447 499 483 445

7-29 giorni 434 405 411 439 384 346

Mortalità neonatale 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210≥30 giorni 516 534 527 523 489 481

Totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691

<1 giorno 0,9 0,8 0,9 0,9 0,7 0,8

1-6 giorni 0,8 0,8 0,8 0,9 0,9 0,8

7-29 giorni 0,8 0,7 0,7 0,8 0,7 0,6

Mortalità neonatale 2,5 2,4 2,4 2,5 2,3 2,2≥30 giorni 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9

Totale 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Grafico 1 - Percentuale di mortalità infantile per classe di età - Anno 2011

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

Page 227: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 33

Tabella 2 - Tasso (specifico per 1.000) di mortalità infantile* per causa di morte - Anno 2011

NeonataleCause di morte <1 g 1-6 gg 7-29 gg Totale ≥30 gg Totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 0,56 0,63 0,39 1,57 0,14 1,72Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza 0,08 0,04 0,02 0,15 0,01 0,16

Disturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,05 0,02 0,01 0,08 0,01 0,09

Traumi da parto 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00 0,01

Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,07 0,05 0,03 0,14 0,02 0,16

Sofferenza (distress) respiratoria (o) del neonato 0,13 0,24 0,11 0,48 0,02 0,50

Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,05 0,05 0,03 0,13 0,05 0,18

Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,01 0,03 0,05 0,09 0,01 0,10

Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,02 0,10 0,03 0,15 0,01 0,16

Altre condizioni perinatali 0,14 0,10 0,10 0,34 0,02 0,36

Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,18 0,15 0,19 0,51 0,28 0,79Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,02 0,01 0,00 0,03 0,01 0,05

Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,03 0,07 0,12 0,22 0,17 0,39

Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,01 0,00 0,04 0,01 0,04

Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,00 0,01 0,01 0,01 0,02 0,03

Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,03 0,01 0,00 0,04 0,00 0,04

Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare 0,02 0,03 0,03 0,08 0,01 0,09

Anomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,02 0,01 0,01 0,04 0,02 0,06

Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,02 0,02 0,02 0,06 0,04 0,09

Sintomi, segni e risultati anormali 0,02 0,01 0,01 0,04 0,07 0,11Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,00 0,00 0,01 0,01 0,03 0,04

Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,01 0,01 0,01 0,03 0,04 0,07

Altre malattie 0,01 0,03 0,04 0,09 0,35 0,43Alcune malattie infettive e parassitarie 0,00 0,00 0,00 0,00 0,05 0,05

Tumori 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 0,03

Malattie del sangue e degli organi ematopoietici 0,00 0,01 0,01 0,02 0,01 0,03

Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,00 0,01 0,01 0,01 0,03 0,04

Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,00 0,00 0,00 0,00 0,07 0,07

Malattie del sistema circolatorio 0,00 0,00 0,01 0,01 0,08 0,09

Malattie del sistema respiratorio 0,00 0,00 0,00 0,00 0,05 0,05

Malattie dell’apparato digerente 0,00 0,01 0,01 0,02 0,03 0,05

Altre malattie 0,00 0,00 0,01 0,01 0,01 0,02

Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,00 0,00 0,01 0,01 0,04 0,04

Totale 0,77 0,81 0,63 2,21 0,88 3,09

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

Grafico 2 - Tasso (specifico per 1.000) di mortalità infantile per causa di morte - Anno 2011

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

Page 228: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

34 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Grafico 3 - Percentuale di mortalità infantile per causa di morte - Anno 2011

Neonatale

Post-neonatale

Infantile

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

Page 229: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 35

Tabella 3 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile* per causa di morte e regione - Anni 2006-2008, 2009-2011

2006-2008 2009-2011Regioni Peri- Conge- Mal Altre Esterne Totale Peri- Conge- Mal Altre Esterne Totale

natali nite definite natali nite definite

Piemonte 1,85 0,67 0,13 0,31 0,05 3,02 1,37 0,55 0,10 0,43 0,05 2,50

Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 1,06 0,00 3,43 1,06 0,26 0,26 0,26 0,00 1,85

Lombardia 1,31 0,93 0,08 0,36 0,04 2,72 1,49 0,77 0,09 0,37 0,03 2,76

Bolzano-Bozen 2,14 1,22 0,18 0,18 0,06 3,79 1,76 0,69 0,00 0,06 0,06 2,58Trento 1,27 0,44 0,25 0,13 0,06 2,15 1,18 0,81 0,06 0,25 0,06 2,36Veneto 1,60 0,74 0,07 0,34 0,06 2,81 1,52 0,72 0,11 0,37 0,06 2,78

Friuli Venezia Giulia 1,11 0,51 0,06 0,22 0,03 1,94 1,98 0,59 0,10 0,36 0,07 3,09

Liguria 1,96 0,79 0,14 0,24 0,00 3,13 2,12 0,67 0,08 0,14 0,08 3,10

Emilia-Romagna 1,79 0,75 0,07 0,43 0,03 3,07 1,66 0,73 0,14 0,34 0,04 2,90

Toscana 1,61 0,55 0,10 0,32 0,05 2,64 1,65 0,56 0,10 0,39 0,02 2,72

Umbria 1,41 0,83 0,17 0,41 0,04 2,86 0,85 0,98 0,00 0,34 0,04 2,21

Marche 1,44 1,04 0,02 0,24 0,12 2,85 1,36 0,80 0,07 0,47 0,02 2,73

Lazio 2,13 0,89 0,06 0,52 0,03 3,63 2,07 0,61 0,02 0,54 0,08 3,31

Abruzzo 2,92 0,93 0,03 0,61 0,00 4,50 2,23 0,87 0,09 0,55 0,09 3,83

Molise 1,20 1,20 0,00 0,40 0,13 2,94 2,21 0,69 0,00 0,69 0,14 3,73

Campania 2,41 0,83 0,24 0,53 0,05 4,07 2,28 0,83 0,25 0,58 0,02 3,96

Puglia 2,22 0,95 0,03 0,60 0,05 3,86 2,22 0,67 0,04 0,49 0,04 3,46

Basilicata 1,83 0,54 0,20 0,41 0,00 2,98 1,95 1,30 0,14 0,58 0,00 3,98

Calabria 2,77 1,29 0,11 0,57 0,02 4,76 2,60 1,06 0,06 0,49 0,02 4,22

Sicilia 2,42 1,17 0,15 0,48 0,05 4,26 2,60 1,23 0,23 0,46 0,08 4,59

Sardegna 1,70 0,90 0,02 0,42 0,00 3,04 1,92 0,70 0,07 0,57 0,00 3,27

Italia 1,90 0,87 0,10 0,42 0,04 3,33 1,86 0,77 0,11 0,44 0,05 3,23

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Grafico 4 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile per regione - Anni 2009-2011

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

Page 230: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

36 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Tabella 4 - Tasso (per 1.000) di mortalità neonatale per causa di morte e regione - Anni 2006-2008, 2009-2011

2006-2008 2009-2011Regioni Peri- Conge- Mal Altre Esterne Totale Peri- Conge- Mal Altre Esterne Totale

natali nite definite natali nite definite

Piemonte 1,75 0,44 0,05 0,07 0,00 2,31 1,30 0,37 0,02 0,10 0,01 1,80

Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 0,00 0,00 2,38 1,06 0,00 0,00 0,00 0,00 1,06

Lombardia 1,19 0,63 0,01 0,06 0,01 1,90 1,35 0,50 0,03 0,06 0,00 1,95

Bolzano-Bozen 1,95 1,04 0,00 0,12 0,00 3,11 1,57 0,50 0,00 0,00 0,00 2,08Trento 1,08 0,32 0,00 0,00 0,00 1,39 0,87 0,50 0,00 0,06 0,00 1,43Veneto 1,46 0,45 0,03 0,07 0,01 2,02 1,36 0,42 0,04 0,09 0,00 1,91

Friuli Venezia Giulia 0,96 0,35 0,03 0,06 0,00 1,40 1,79 0,42 0,03 0,07 0,00 2,31

Liguria 1,85 0,63 0,14 0,08 0,00 2,69 2,10 0,50 0,03 0,03 0,00 2,65

Emilia-Romagna 1,67 0,47 0,02 0,11 0,00 2,26 1,49 0,51 0,03 0,07 0,01 2,11

Toscana 1,52 0,33 0,05 0,07 0,01 1,98 1,54 0,33 0,02 0,08 0,00 1,98

Umbria 1,16 0,62 0,08 0,00 0,00 1,87 0,68 0,59 0,00 0,04 0,00 1,32

Marche 1,27 0,54 0,00 0,00 0,00 1,81 1,20 0,47 0,02 0,05 0,00 1,74

Lazio 1,97 0,56 0,01 0,12 0,00 2,65 1,96 0,43 0,00 0,09 0,02 2,50

Abruzzo 2,69 0,67 0,00 0,06 0,00 3,42 1,97 0,61 0,06 0,12 0,00 2,76

Molise 0,94 0,54 0,00 0,13 0,00 1,61 2,21 0,41 0,00 0,00 0,00 2,62

Campania 2,19 0,52 0,14 0,09 0,00 2,93 2,08 0,50 0,11 0,10 0,00 2,80

Puglia 1,99 0,60 0,01 0,10 0,01 2,70 1,97 0,46 0,02 0,07 0,00 2,52

Basilicata 1,56 0,27 0,07 0,00 0,00 1,90 1,66 0,94 0,07 0,22 0,00 2,89

Calabria 2,46 0,83 0,04 0,04 0,02 3,38 2,56 0,68 0,06 0,06 0,00 3,36

Sicilia 2,18 0,73 0,09 0,04 0,00 3,04 2,40 0,82 0,15 0,04 0,01 3,42

Sardegna 1,52 0,70 0,00 0,05 0,00 2,27 1,75 0,32 0,02 0,10 0,00 2,20

Italia 1,73 0,56 0,04 0,07 0,00 2,40 1,71 0,50 0,05 0,08 0,01 2,34

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Grafico 5 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile per macroarea - Anni 2009-2011

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2011.

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SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 37

Tabella 5 - Tasso (specifico per 1.000) di mortalità neonatale* per cittadinanza - Anni 2006-2011

Classi di età Ita Stra Tot Ita Stra Tot Ita Stra Tot Ita Stra Tot Ita Stra Tot Ita Stra Tot

<1 giorno 0,88 1,26 0,92 0,79 1,24 0,84 0,84 1,20 0,89 0,77 1,39 0,85 0,70 1,03 0,74 0,70 1,15 0,77

1-6 giorni 0,76 1,13 0,80 0,76 1,02 0,79 0,76 0,89 0,78 0,82 1,22 0,88 0,83 1,06 0,86 0,81 0,85 0,81

7-29 giorni 0,73 1,15 0,77 0,68 0,98 0,72 0,69 0,88 0,71 0,73 1,04 0,77 0,68 0,73 0,68 0,60 0,81 0,63

≥30 giorni 0,86 1,46 0,92 0,88 1,46 0,95 0,82 1,55 0,91 0,81 1,61 0,92 0,80 1,33 0,87 0,78 1,45 0,88

Totale 3,23 4,99 3,41 3,11 4,70 3,29 3,11 4,51 3,29 3,14 5,25 3,42 2,99 4,16 3,16 2,90 4,26 3,09

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 6 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile* per cittadinanza e causa di morte - Anni 2006-2008, 2009-2011

2006-2008 2009-2011Cause di morte Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,85 2,27 1,90 1,78 2,39 1,86Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza 0,14 0,21 0,14 0,15 0,24 0,16

Disturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,10 0,13 0,10 0,09 0,15 0,10

Traumi da parto 0,00 0,01 0,00 0,00 0,02 0,00

Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,24 0,23 0,19 0,28 0,20

Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,56 0,53 0,56 0,55 0,48 0,54

Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,21 0,34 0,23 0,20 0,33 0,22

Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,12 0,17 0,12 0,14 0,16 0,14

Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,24 0,17 0,15 0,23 0,16

Altre condizioni perinatali 0,34 0,42 0,35 0,32 0,51 0,35

Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,78 1,53 0,87 0,69 1,25 0,77Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,06 0,19 0,08 0,04 0,14 0,05

Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,38 0,67 0,41 0,34 0,51 0,36

Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,04 0,03 0,03 0,05 0,03

Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,04 0,06 0,04 0,03 0,05 0,03

Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,04 0,06 0,04 0,04 0,08 0,04

Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare 0,09 0,15 0,10 0,08 0,14 0,09

Anomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,08 0,13 0,08 0,07 0,11 0,07

Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,07 0,23 0,09 0,07 0,16 0,09

Sintomi, segni e risultati anormali 0,10 0,15 0,10 0,11 0,12 0,11Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,04 0,09 0,04 0,04 0,04 0,04

Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,06 0,06 0,06 0,07 0,08 0,07

Altre malattie 0,40 0,63 0,42 0,39 0,69 0,44Alcune malattie infettive e parassitarie 0,05 0,09 0,06 0,05 0,08 0,05

Tumori 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03

Malattie del sangue e degli organi ematopoietici 0,02 0,03 0,02 0,02 0,03 0,02

Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,04 0,09 0,05 0,04 0,10 0,04

Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,13 0,08 0,08 0,06 0,08

Malattie del sistema circolatorio 0,06 0,11 0,07 0,08 0,17 0,09

Malattie del sistema respiratorio 0,05 0,08 0,05 0,05 0,10 0,06

Malattie dell'apparato digerente 0,06 0,07 0,06 0,04 0,12 0,05

Altre malattie 0,01 0,01 0,01 0,02 0,01 0,02

Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,03 0,13 0,04 0,03 0,12 0,05

Totale 3,15 4,71 3,33 3,01 4,55 3,23

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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38 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2014

Tabella 7 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile per cittadinanza e regione - Anni 2006-2008, 2009-2011

2006-2008 2009-2011 Rapporto straniera/italianaRegioni Iitaliana Straniera Totale Italiana Straniera Totale 2006-2008 2009-2011

Piemonte 2,78 4,30 3,02 2,24 3,64 2,50 1,55 1,63

Valle d’Aosta 3,50 2,85 3,43 2,15 0,0 1,85 0,81 n.a.

Lombardia 2,34 4,42 2,72 2,36 4,18 2,76 1,89 1,77

Bolzano-Bozen 3,75 4,06 3,79 2,24 4,84 2,58 1,08 2,16Trento 2,37 0,87 2,15 1,69 5,70 2,36 0,37 3,37Veneto 2,43 4,48 2,81 2,47 3,90 2,78 1,85 1,58

Friuli Venezia Giulia 1,97 1,75 1,94 2,88 4,13 3,09 0,89 1,44

Liguria 2,99 4,15 3,13 2,79 4,78 3,10 1,39 1,71

Emilia-Romagna 2,64 4,91 3,07 2,48 4,28 2,90 1,86 1,72

Toscana 2,29 4,61 2,64 2,39 4,22 2,72 2,01 1,76

Umbria 2,69 3,77 2,86 2,01 3,08 2,21 1,40 1,53

Marche 2,65 3,93 2,85 2,39 4,22 2,73 1,48 1,77

Lazio 3,32 6,25 3,63 2,71 7,26 3,31 1,88 2,68

Abruzzo 4,32 6,54 4,50 3,64 5,43 3,83 1,52 1,49

Molise 2,85 6,04 2,94 3,91 0,0 3,73 2,12 n.a.

Campania 3,97 8,48 4,07 3,82 8,27 3,96 2,14 2,16

Puglia 3,80 6,43 3,86 3,43 4,56 3,46 1,69 1,33

Basilicata 2,89 6,96 2,98 3,88 6,47 3,98 2,40 1,67

Calabria 4,62 8,68 4,76 4,10 6,74 4,22 1,88 1,64

Sicilia 4,20 6,26 4,26 4,47 7,33 4,59 1,49 1,64

Sardegna 2,92 8,36 3,04 3,27 3,35 3,27 2,86 1,03

Italia 3,15 4,76 3,33 3,00 4,63 3,23 1,51 1,54

n.a. = non applicabile.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 8 - Mortalità (valori assoluti) infantile per cittadinanza e regione - Anni 2006-2008, 2009-2011

2006-2008 2009-2011Regioni Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Piemonte 271 79 350 209 79 288

Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 12 1 13 7 0 7

Lombardia 555 233 788 537 264 801

Bolzano-Bozen 55 7 62 31 10 41Trento 32 2 34 23 15 38Veneto 282 121 403 272 117 389

Friuli Venezia Giulia 53 8 61 74 21 95

Liguria 96 19 115 84 27 111

Emilia-Romagna 260 114 374 237 124 361

Toscana 190 67 257 190 73 263

Umbria 54 15 69 38 14 52

Marche 95 26 121 83 33 116

Lazio 481 108 589 383 158 541

Abruzzo 136 18 154 113 19 132

Molise 21 1 22 27 0 27

Campania 718 34 752 645 46 691

Puglia 424 17 441 369 16 385

Basilicata 42 2 44 52 3 55

Calabria 243 16 259 207 17 224

Sicilia 606 29 635 619 44 663

Sardegna 115 7 122 127 4 131

Italia 4.741 924 5.665 4.327 1.084 5.411

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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SOPRAVVIVENZA E MORTALITÀ PER CAUSA 39

Grafico 6 - Tasso (per 1.000) di mortalità infantile per cittadinanza e macroarea - Anni 2006-2008, 2009-2011

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Riferimenti bibliografici(1) Gatti, La mortalità infantile tra ‘800 e ‘900. La Sardegnanel panorama italiano, 2000.(2) Piccardi P, Cattaruzza MS, Osborn JF. A century of

infant mortality in Italy: the years 1870-1990. Ann Ig. 1994;6 (4-6): 487-99.(3) Fonte: Indagine sulle interruzioni volontarie di gravidan-za, Istat, Anno 2011.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 237

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere l’organiz-zazione territoriale della rete dei punti nascita. In Italial’assistenza alla gravidanza e al parto è, generalmente,buona (il rischio di natimortalità si è quasi dimezzato apartire dai primi anni Ottanta, la percentuale di donneassistite durante la gravidanza ha superato il 90%, latotalità dei parti è assistita da operatori sanitari e la per-centuale di nati da parto pretermine e quella di nati dipeso inferiore si è ridotta drasticamente) anche se larealtà del nostro Paese è ancora caratterizzata da un’ec-cessiva medicalizzazione dell’evento nascita, di cui ilnon appropriato ricorso al Taglio Cesareo (TC), e dauna estrema parcellizzazione dei punti nascita. Per migliorare questo sistema assistenziale è stato san-cito, in Conferenza Unificata il 16 dicembre 2010,l’Accordo Stato-Regioni recante “Linee di indirizzo perla promozione ed il miglioramento della qualità, dellasicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assi-stenziali nel percorso nascita e per la riduzione deltaglio cesareo” in cui si propone un programma nazio-

nale, articolato in dieci linee di azione, per la promozio-ne e il miglioramento della qualità, della sicurezza edell’appropriatezza degli interventi assistenziali nelpercorso nascita e per la riduzione del TC.Le linee di indirizzo contengono specifiche indicazionidi politica sanitaria per migliorare la qualità e l’appro-priatezza delle prestazioni erogate durante il percorsonascita. Tra queste sono previste la razionalizzazionedei punti nascita nonché il miglioramento degli aspettistrutturali, tecnologici ed organizzativi delle strutture.La riorganizzazione della rete assistenziale del percor-so nascita prevede il numero di almeno 1.000 nasci-te/anno quale parametro standard a cui tendere, neltriennio, per il mantenimento/attivazione dei puntinascita. La possibilità di punti nascita con numerositàinferiore e, comunque, non <500 parti/anno, potràessere prevista solo sulla base di motivate valutazionilegate alla specificità dei bisogni reali delle varie areegeografiche interessate, con rilevanti difficoltà di atti-vazione del Servizio Trasporto Assistito Materno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse ix 100

Denominatore Parti

Classe i=Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.Classe 1=<500 parti, Classe 2=500-799 parti, Classe 3=800-999 parti, Classe 4=1.000-2.499 parti, Classe 5=2.500 parti ed oltre.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto diuno solo dei molteplici standard qualitativi per caratte-rizzare i livelli della rete di offerta dei servizi ostetrici eneonatologici ospedalieri. La fonte utilizzata per il calcolo dell’indicatore è ilCertificato Di Assistenza al Parto, relativo all’anno2013. Nel caso di strutture ospedaliere articolate su piùsedi (stabilimenti ospedalieri), a ciascun punto nascitaè attribuita la specifica classe di ampiezza in funzionedel volume di parti annui effettuati dallo stabilimento.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il confron-to tra le regioni occorre considerare sia la diversaampiezza dei territori regionali che le notevoli variabi-lità di densità abitativa e caratteristiche orografiche cheimpongono un’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmentediversificata sul territorio. Tra le regioni del Nord, qualiValle d’Aosta, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia,oltre il 70% dei parti si svolge in punti nascita di grandidimensioni (almeno 1.000 parti/anno) (Tabella 1 e

Grafico 1). Tali strutture rappresentano, in ciascuna regio-ne settentrionale, oltre il 40% dei punti nascita.Un’organizzazione opposta della rete di offerta si presen-ta nell’area meridionale del Paese, dove oltre il 40% deiparti, nell’anno 2013, è avvenuto in punti nascita che han-no effettuato meno di 1.000 parti/anno. In particolare, inBasilicata tale percentuale ha raggiunto circa il 67%, conquasi il 44% dei parti effettuati in punti nascita con menodi 800 parti/anno. Occorre precisare che, nelle regionimeridionali e soprattutto in Campania e in Sicilia, i puntinascita sono per lo più dislocati in case di cura privateaccreditate, che hanno generalmente una dimensioneinferiore rispetto alle strutture gestite direttamente dalServizio Sanitario Nazionale. A livello nazionale, oltre il62% dei parti dell’anno 2013 è avvenuto in punti nascitacon un volume annuo di almeno 1.000 parti. Tra l’anno2011 (oggetto di analisi nell’Edizione 2014 del RapportoOsservasalute) e il 2013, molte regioni hanno effettuatointerventi per la razionalizzazione della rete di offerta deipunti nascita, ma il processo di riordino previstodall’Accordo Stato-Regioni del 2010 appare ancora len-to. C’è da segnalare, comunque, che diversi piccoli puntinascita (con volumi <800 parti annui), in particolare inCampania, Puglia, Calabria e Sicilia, sono stati chiusi.

M. CASCIELLO, C. TAMBURINI, F. BASILI, V. MONTORIO

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:29 Pagina 237

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238 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Grafico 1 - Parti (valori percentuali) effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno2013

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2013.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglio-ramento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascitae per la riduzione del taglio cesareo” programmano la

razionalizzazione/riduzione progressiva dei puntinascita con numero di parti <1.000/anno, prevedendol’abbinamento per pari complessità di attività delleUnità Operative ostetrico-ginecologiche con quelleneonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i pre-

Tabella 1 - Parti (valori assoluti e valori percentuali) effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezzaper regione - Anno 2013

Regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500+ TotaleN % N % N % N % N % N %

Piemonte 2.215 6,69 4.315 13,04 2.695 8,15 16.523 49,94 7.337 22,18 33.085 100,00Valle d’Aosta 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1.127 100,00 0 n.a. 1.127 100,00Lombardia 3.401 3,88 12.916 14,72 9.071 10,34 34.384 39,19 27.964 31,87 87.736 100,00Bolzano-Bozen 1.119 20,52 1.363 25,00 0 n.a. 2.970 54,48 0 n.a. 5.452 100,00Trento 1.400 30,45 0 n.a. 0 n.a. 3.197 69,55 0 n.a. 4.597 100,00Veneto 2.357 5,77 4.688 11,48 8.409 20,60 19.333 47,35 6.043 14,80 40.830 100,00Friuli Venezia Giulia 1.187 12,77 2.055 22,11 1.805 19,42 4.248 45,70 0 n.a. 9.295 100,00Liguria 26 0,25 2.598 24,64 2.623 24,88 5.295 50,23 0 n.a. 10.542 100,00Emilia-Romagna 1.999 5,37 3.151 8,47 3.346 8,99 15.992 42,97 12.728 34,20 37.216 100,00Toscana 1.380 4,71 2.414 8,24 1.685 5,75 17.670 60,29 6.160 21,02 29.309 100,00Umbria 2.049 27,38 1.239 16,56 0 n.a. 4.196 56,07 0 n.a. 7.484 100,00Marche 419 3,42 4.903 40,07 2.669 21,81 4.245 34,69 0 n.a. 12.236 100,00Lazio 2.908 5,80 7.742 15,44 5.392 10,76 19.360 38,62 14.730 29,38 50.132 100,00Abruzzo 1.545 15,37 2.279 22,67 1.777 17,67 4.454 44,30 0 n.a. 10.055 100,00Molise 218 12,17 555 30,99 0 n.a. 1.018 56,84 0 n.a. 1.791 100,00Campania 6.810 12,77 8.901 16,69 12.605 23,63 25.024 46,91 0 n.a. 53.340 100,00Puglia 1.993 5,90 6.595 19,54 4.159 12,32 15.757 46,68 5.254 15,56 33.758 100,00Basilicata 735 18,04 1.046 25,68 937 23,00 1.356 33,28 0 n.a. 4.074 100,00Calabria 436 2,73 2.699 16,90 3.612 22,62 9.219 57,74 0 n.a. 15.966 100,00Sicilia 5.368 12,33 11.466 26,34 5.566 12,79 21.126 48,54 0 n.a. 43.526 100,00Sardegna 2.698 23,76 1.066 9,39 1.743 15,35 5.847 51,50 0 n.a. 11.354 100,00Italia 40.263 8,01 81.991 16,30 68.094 13,54 232.341 46,20 80.216 15,95 502.905 100,00

n.a. = non applicabile.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2013.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 239

cedenti tre livelli del Progetto Obiettivo Materno-Infantile del 24 aprile 2000 ed indicando standard ope-rativi, di sicurezza e tecnologici rispetto alle specifichefunzioni collegate ai livelli assistenziali.Le evidenze relative alla composizione percentuale deiparti secondo la classe di ampiezza dei punti nascitaconsentono di definire la situazione attuale ed i punti

critici, fornendo un valido strumento a supporto dellaprogrammazione dei servizi di assistenza ostetrica epediatrico-neonatologica e degli interventi di raziona-lizzazione della rete di offerta dei punti nascita, previ-sti per la sicurezza delle cure ed il contenimento dellaspesa sanitaria.

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240 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Parti con Taglio Cesareo

Significato. Il numero di parti con Taglio Cesareo (TC)sul totale dei parti è considerato un importante indica-tore di qualità dell’assistenza perinatale. Se per deter-minate condizioni cliniche di rischio (come, ad esem-pio, sofferenza fetale o placenta previa) il TC è consi-derato una procedura di provata efficacia salva vita perla madre e per il bambino, per altre condizioni (adesempio precedente TC o gravidanza gemellare) il suoutilizzo sistematico risulta essere più dibattuto. Dal 1985 l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) considera, come ideale, una proporzione di TCdel 10-15% ma, nonostante questa raccomandazione, lepercentuali di TC presentano una grande variabilità, perlo più in continuo aumento nei Paesi ad alto e medioreddito e con valori al di sotto del 10% nei Paesi a bas-so reddito (1). Sebbene una parte dell’aumento dei TC che si registradagli anni Ottanta in poi possa essere attribuita a

miglioramenti delle tecnologie sanitarie, importantideterminanti di questa crescita sembrerebbero essereattribuibili a fattori non clinici, come la percezione cheil TC sia una procedura più sicura o ad incentivi econo-mici (2).La letteratura scientifica ha, inoltre, messo in evidenziacome il continuo aumento dei TC sia associato ad unaumentato rischio di placentazione anomala nelle suc-cessive gravidanze e ad altri esiti negativi per la salutedella mamma e del bambino (2, 3). L’Italia è, ormai, da tempo tra i Paesi che presentano lepercentuali più elevate in Europa (2) e nel mondo, conun’enorme variabilità da regione a regione.Per queste motivazioni la proporzione di TC sul totaledei parti continua ad essere uno degli indicatori di salu-te riproduttiva e di qualità dell’assistenza più utilizzatia livello internazionale e continuamente monitorati alivello nazionale.

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti cesarei in donne che non hanno subito un precedente cesareo(DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2)

x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registratacon buona precisione e può essere stimata sia a parti-re dalle informazioni presenti nelle Schede diDimissione Ospedaliera (SDO) che attraverso iCertificati Di Assistenza al Parto. L’indicatore stimato a partire dai DRG delle SDO èquello più facilmente calcolabile a livello nazionale.Per poter confrontare in modo più corretto strutture oregioni è necessario considerare la presenza di un pre-cedente parto cesareo. Per questo vengono riportati edescritti altri due indicatori: “parti cesarei primari” e“parti cesarei ripetuti” (parti cesarei in donne in cui èstato eseguito un precedente cesareo). Per l’individua-zione del precedente TC viene utilizzato il codiceICD-9-CM di diagnosi secondaria 654.2 riportato nel-la SDO della madre al momento del parto. Vengono,

inoltre, riportati e descritti i tassi grezzi e standardiz-zati per età.

Valore di riferimento/Benchmark. Dal 1985 l’OMSraccomanda, come valore ideale, una proporzione diTC del 10-15% (1). L’eccessivo ricorso al TC è una delle criticità eviden-ziate nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 cheprevede una riorganizzazione strutturale dei puntinascita per facilitare la riduzione dei TC, in modo daportarli gradualmente al 20%.

Descrizione dei risultatiNel 2014, in Italia, la proporzione di TC sul totale deiparti è variata da un minimo di 23,92%, registrato inFriuli Venezia Giulia, ad un massimo di 62,20%,

L. DALLOLIO, L. GIRALDI, M. P. FANTINI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 241

osservato in Campania, con un valore nazionale del36,05% (Tabella 1). Come negli anni precedenti, anche per il 2014 laCampania, il Molise, la Sicilia, il Lazio, la Puglia, laSardegna, la Basilicata, l’Abruzzo e la Calabria pre-sentano una percentuale di TC al di sopra del valorenazionale. Si continua, pertanto, a registrare per que-sto indicatore un importante gradiente Nord-Sud edIsole (Grafico 1). Si evidenzia, però, positivamente, come già osservatonelle precedenti Edizioni, come la maggior parte del-le regioni presenti un trend in riduzione rispetto aglianni precedenti (Tabella 1). Questa tendenza è daimputare, per lo più e come negli anni passati, allariduzione dei TC primari (Tabella 2). Si registra,

comunque, un trend in lieve riduzione anche per i TCripetuti (Tabella 3).Nonostante l’età non sia un’indicazione assoluta pereffettuare un TC, è un dato di fatto che all’aumentaredell’età aumenta la probabilità di partorire con TC. InItalia, nel 2014, il 57,31% delle donne di 45 anni hapartorito con TC, con percentuali che variano a livel-lo regionale dal 44,83% registrato in Puglia al 78,72%osservato in Abruzzo (dati non presenti in tabella). La Tabella 4, infine, riporta la variazione dei tassistandardizzati per età dei TC totali nel 2014 rispetto al2011 e mostra come, al netto dell’età materna, le pro-porzioni di TC presentino in tutte le regioni valori indiminuzione.

Tabella 1 - Proporzione (valori percentuali) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione -Anni 2011-2014

Regioni 2011 2012 2013 2014 ∆∆ %(2011-2014)

Piemonte 30,41 30,53 29,84 28,67 -5,71Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 33,56 32,96 5,80Lombardia 28,83 28,08 28,23 27,96 -3,00Bolzano-Bozen 25,00 24,56 24,44 24,68 -1,29Trento 26,91 26,36 25,22 25,74 -4,36Veneto 27,04 26,75 26,40 25,11 -7,12Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 24,38 23,92 -2,96Liguria 34,66 33,95 35,26 34,02 -1,84Emilia-Romagna 29,56 28,49 28,69 27,49 -7,01Toscana 26,07 26,24 25,54 26,22 0,55Umbria 31,19 32,15 31,30 30,79 -1,27Marche 34,67 34,18 34,83 35,70 2,99Lazio 44,06 43,35 42,68 41,62 -5,54Abruzzo 42,85 39,07 39,48 38,16 -10,95Molise 47,02 48,08 48,05 45,43 -3,40Campania 62,51 61,15 61,41 62,20 -0,50Puglia 46,59 42,24 41,02 41,08 -11,82Basilicata 44,47 40,21 41,97 40,08 -9,88Calabria 37,41 36,11 35,77 36,42 -2,65Sicilia 46,60 44,71 44,54 43,92 -5,76Sardegna 41,46 41,10 41,97 40,12 -3,24Italia 37,76 36,62 36,50 36,05 -4,53

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2015.

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242 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 2 - Proporzione (valori percentuali) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo primario perregione - Anni 2011-2014

Regioni 2011 2012 2013 2014 ∆∆ %(2011-2014)

Piemonte 19,50 19,64 19,41 18,54 -4,92Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 22,41 21,37 -5,36Lombardia 18,41 18,17 17,96 17,92 -2,70Bolzano-Bozen 16,90 17,50 17,79 17,79 5,24Trento 16,94 16,06 16,49 17,14 1,14Veneto 17,28 17,02 16,79 15,90 -7,99Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 16,97 16,64 -4,58Liguria 23,95 24,05 23,91 22,92 -4,29Emilia-Romagna 18,92 17,89 18,55 17,23 -8,96Toscana 17,43 17,55 17,00 17,24 -1,10Umbria 20,99 20,91 20,24 19,95 -4,95Marche 22,02 20,96 22,07 22,16 0,65Lazio 27,98 27,36 26,69 25,68 -8,23Abruzzo 28,86 25,09 26,05 24,49 -15,14Molise 27,83 29,55 29,16 26,94 -3,17Campania 34,58 33,52 33,54 34,34 -0,68Puglia 27,74 24,54 23,46 23,13 -16,62Basilicata 23,58 20,25 22,31 22,16 -6,01Calabria 20,33 18,08 18,10 19,81 -2,58Sicilia 25,77 23,20 22,15 22,05 -14,44Sardegna 28,26 27,55 28,64 26,69 -5,54Italia 23,10 22,10 21,93 21,59 -6,55

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2015.

Grafico 1 - Proporzione (valori percentuali) di parti con Taglio Cesareo primario e ripetuto per regione - Anno2014

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2015.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 243

Tabella 4 - Tasso (standardizzato per 10.000) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione -Anni 2011-2014

Regioni 2011 2012 2013 2014 ∆∆ %(2011-2014)

Piemonte 62,25 62,07 58,30 54,46 -12,52Valle d'Aosta-Vallée d’Aoste 71,94 72,83 67,59 68,69 -4,52Lombardia 63,98 61,68 59,16 57,26 -10,50Bolzano 56,83 57,65 56,14 59,94 5,47Trento 59,59 57,96 56,16 55,13 -7,47Veneto 57,16 56,17 52,15 49,00 -14,28Friuli Venezia Giulia 47,62 44,05 44,90 42,39 -10,98Liguria 64,25 64,75 64,95 60,74 -5,46Emilia-Romagna 64,03 60,81 58,71 54,09 -15,52Toscana 52,01 52,33 48,12 48,82 -6,14Umbria 64,34 65,90 60,70 57,49 -10,64Marche 73,21 69,78 65,72 65,89 -10,00Lazio 93,22 92,96 87,26 77,48 -16,89Abruzzo 82,96 75,16 73,73 70,40 -15,14Molise 83,25 86,62 83,69 77,88 -6,45Campania 136,55 130,77 125,94 122,98 -9,94Puglia 94,41 82,47 75,74 73,70 -21,93Basilicata 79,00 71,21 69,06 66,22 -16,17Calabria 73,65 71,18 67,62 68,95 -6,38Sicilia 100,04 94,58 89,91 89,04 -11,00Sardegna 72,28 67,30 63,49 61,72 -14,62Italia 79,19 76,57 72,70 69,92 -11,70

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2015.

Raccomandazioni di OsservasaluteNonostante si continui a registrare un trend in riduzio-ne, il ricorso al parto cesareo rimane alto in Italia e, inparticolar modo, nelle regioni del Mezzogiorno. A distanza di 30 anni, l’OMS continua a raccomanda-re come ideale una proporzione di TC pari al 10-15%per cui le iniziative intraprese nel nostro Paese per la

sua riduzione devono continuare ed essere rafforzate.Come conclude l’OMS nel suo recente Rapporto WHOStatement on Caesarean Section Rates (1), più che sul-la riduzione del tasso al di sotto di uno specifico valo-re, tutti gli sforzi devono essere tesi affinché ogni don-na riceva un TC solo se clinicamente necessario.Il contenimento dei TC inappropriati rappresenta, dun-

Tabella 3 - Proporzione (valori percentuali) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo ripetuto perregione - Anni 2011-2014

Regioni 2011 2012 2013 2014 ∆∆ %(2011-2014)

Piemonte 10,90 10,89 10,44 10,13 -7,11Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 11,15 11,58 35,24Lombardia 10,41 9,92 10,27 10,04 -3,54Bolzano-Bozen 8,10 7,06 6,64 6,91 -14,68Trento 9,97 10,30 8,73 8,58 -13,94Veneto 9,76 9,74 9,61 9,21 -5,58Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 7,41 7,27 0,97Liguria 10,71 9,90 11,35 11,10 3,63Emilia-Romagna 10,64 10,60 10,14 10,26 -3,56Toscana 8,65 8,69 8,53 8,98 3,87Umbria 10,20 11,24 11,06 10,84 6,31Marche 12,65 13,22 12,77 13,54 7,05Lazio 16,08 15,98 15,99 15,94 -0,87Abruzzo 13,99 13,98 13,43 13,67 -2,29Molise 19,20 18,53 18,89 18,48 -3,73Campania 27,93 27,63 27,87 27,85 -0,28Puglia 18,85 17,70 17,56 17,95 -4,74Basilicata 20,90 19,95 19,65 17,92 -14,25Calabria 17,08 18,03 17,67 16,61 -2,74Sicilia 20,82 21,51 22,39 21,86 4,99Sardegna 13,20 13,55 13,33 13,42 1,67Italia 14,66 14,52 14,57 14,46 -1,34

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2015.

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244 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

que, un importante strumento per la sicurezza dellamamma e del neonato e può essere realizzato soloattraverso azioni da attuare a livello regionale, azien-dale e dei singoli professionisti. La proporzione di TC continua ad essere uno degliindicatori più frequentemente utilizzati per la valuta-zione della qualità dei servizi ostetrici. In questa sede,per un confronto più appropriato, è stato utilizzatoanche il tasso standardizzato per età. Per operare con-fronti tra singole strutture si raccomanda, invece, diutilizzare modelli di risk adjustment che consentono ditener conto del diverso case-mix delle strutture o, inalternativa, di utilizzare la proporzione di TC in donnenullipare, con gravidanza singola, a termine e con pre-sentazione cefalica, indicatore che studia un’ampiafascia di popolazione con gravidanze potenzialmente abasso rischio e che consente, pertanto, di valutare l’uti-lizzo inappropriato di questa procedure (4).

Riferimenti bibliografici(1) WHO Statement on Cesarean Section Rates. HumanReproduction Programme April 2015, Geneva. Disponibilesul sito:www.who.int/reproductivehealth/publications/maternal_perinatal_health/cs-statement/en/.(2) Macfarlane AJ, Blondel B, Mohangoo AD, Cuttini M,Nijhuis J, Novak Z, Olafsdottir HS, Zeitlin J, the Euro-Peristat Scientific Committee. Wide differences in mode ofdelivery within Europe: risk-stratified analyses of aggrega-ted routine data from the Euro-Peristat study. BJOG 2015;DOI: 10.1111/1471-0528.13284.(3) Stivanello E, Knight M, Dallolio L, Frammartino B,Rizzo N, Fantini M.P (2010). Peripartum hysterectomy andcesarean delivery: a population-based study. Acta ObstetGynecol Scand. Mar; 89 (3): 321-7.(4) Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C,Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of caesarean deliveryrates in low-risk deliveries. PLoSOne. 2011; 6 (11): e28060.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 245

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale presenti nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete diassistenza intensiva neonatale. Le “Linee di indirizzoper la promozione ed il miglioramento della qualità,della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventiassistenziali nel percorso nascita e per la riduzione deltaglio cesareo”, approvate il 16 dicembre 2010 dallaConferenza Unificata, prevedono che le UnitàOperative neonatologiche di II livello assistano neo-nati fisiologici e neonati patologici, ivi inclusi quellibisognosi di terapia intensiva.

Le funzioni collegate ai livelli assistenziali ricom-prendono l’assistenza a soggetti “inborn” ed “out-born”, necessitanti di assistenza intensiva, di qualsia-si peso o età gestazionale.Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di1.000 nati/anno nella struttura (Inborn) e la presenzadi una Unità Operativa di neonatologia con UnitàOperativa di Terapia Intensiva Neonatale (UOTIN)autonoma. Inoltre, la UOTIN dovrebbe essere attivataper un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Numeratore Unità Operativa di Terapia Intensiva NeonataleClasse ix 100

Denominatore Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Classe i=Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.Classe 1=<500 parti, Classe 2=500-799 parti, Classe 3=800-999 parti, Classe 4=1.000-2.499 parti, Classe 5=2.500 parti ed oltre.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-l’indicatore è il Certificato Di Assistenza al Parto,relativo all’anno 2013. Nel caso di strutture ospedalie-re articolate su più sedi (stabilimenti ospedalieri), aciascun punto nascita è attribuita la specifica classe diampiezza in funzione del volume di parti annui effet-tuati dallo stabilimento.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistonoriferimenti normativi per questo indicatore. Per il confronto territoriale occorre considerare ladiversa ampiezza regionale, nonché la notevole varia-bilità di densità abitativa e orografica che imponeun’organizzazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiLa UOTIN è presente in 128 dei 526 punti nascitaanalizzati nel 2013; 107 delle UOTIN sono collocatein punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 partiannui. Delle restanti 21 UOTIN, 8 sono collocate inpunti nascita con meno di 800 parti annui. La corretta collocazione delle UOTIN, in relazioneall’organizzazione della rete dei punti nascita perintensità di livello assistenziale, è determinante sia perlimitare quanto più possibile il rischio che neonatipatologici ricevano un’assistenza qualitativamentenon adeguata e sia per un impiego appropriato dellerisorse specialistiche e tecnologiche.

M. CASCIELLO, C. TAMBURINI, F. BASILI, V. MONTORIO

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246 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Grafico 1 - Punti nascita (valori percentuali) con UOTIN per classe di ampiezza e regione - Anno 2013

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-ture sanitarie. Anno 2013.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe Unità funzionali perinatali di II livello assistonogravidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologi-ci, ivi inclusi quelli che necessitano di terapia intensi-va. La presenza di UOTIN all’interno delle strutturedove hanno luogo almeno 1.000 parti annui è, pertan-

to, uno degli standard qualitativi individuati dalle“Linee di indirizzo per la promozione ed il migliora-mento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascitae per la riduzione del taglio cesareo”. L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, in

Tabella 1 - Punti nascita (valori assoluti e valori percentuali) con UOTIN per classe di ampiezza e per regione -Anno 2013

Regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500+ TotaleN % N % N % N % N % N %

Piemonte 0 n.a. 0 n.a. 1 12,50 6 75,00 1 12,50 8 100,00Valle d’Aosta - - - - - - - - - - - -Lombardia 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 12 63,16 7 36,84 19 100,00Bolzano-Bozen 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,00 0 n.a. 1 100,00Trento 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,00 0 n.a. 1 100,00Veneto 0 n.a. 2 16,67 1 8,33 7 58,33 2 16,67 12 100,00Friuli Venezia Giulia - - - - - - - - - - - -Liguria 0 n.a. 1 20,00 2 40,00 2 40,00 0 n.a. 5 100,00Emilia-Romagna 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 5 55,56 4 44,44 9 100,00Toscana 1 16,67 0 n.a. 0 n.a. 4 66,67 1 16,67 6 100,00Umbria 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 2 100,00 0 n.a. 2 100,00Marche 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,00 0 n.a. 1 100,00Lazio 0 n.a. 0 n.a. 2 20,00 4 40,00 4 40,00 10 100,00Abruzzo 0 n.a. 0 n.a. 1 25,00 3 75,00 0 n.a. 4 100,00Molise 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,00 0 n.a. 1 100,00Campania 0 n.a. 0 n.a. 3 21,43 11 78,57 0 n.a. 14 100,00Puglia 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 8 88,89 1 11,11 9 100,00Basilicata 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,00 0 n.a. 1 100,00Calabria 0 n.a. 0 n.a. 1 20,00 4 80,00 0 n.a. 5 100,00Sicilia 0 n.a. 3 17,65 2 11,76 12 70,59 0 n.a. 17 100,00Sardegna 1 33,33 0 n.a. 0 n.a. 2 66,67 0 n.a. 3 100,00Italia 2 1,56 6 4,69 13 10,16 87 67,97 20 15,63 128 100,00

n.a. = non applicabile.- = non disponibile.Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto e modelli di rilevazione dei dati delle attività gestionali delle strut-ture sanitarie. Anno 2013.

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relazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, uni-tamente alla distribuzione dei punti nascita per classidi ampiezza, consente di evidenziare ambiti di poten-ziale “non appropriatezza organizzativa” o di rischioper la sicurezza della madre e del neonato.Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonatifortemente pre-termine è determinante per la sopravvi-venza e la futura qualità della vita del bambino, la pre-

senza di UOTIN deve essere correlata anche all’etàgestazionale in modo da evidenziare, in particolare, lapercentuale dei parti fortemente pre-termine che hannoluogo in strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale.Si ricorda, infine, che tale indicatore è tra quelli racco-mandati dal Progetto Euro-PERISTAT ai fini del moni-toraggio della salute perinatale a livello europeo.

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Significato. Il Registro Nazionale (RN) raccoglie idati di tutti i centri che applicano tecniche di fecon-dazione assistita, sia di I che di II e III livello. Contecniche di I livello ci si riferisce all’InseminazioneSemplice, con II e III livello si fa riferimento, invece,oltre che all’Inseminazione Semplice anche alle tec-niche di fecondazione in vitro più complesse quali: ilGamete Intrafallopian Transfer o trasferimento intra-tubarico dei gameti (GIFT), tecnica quasi in disusousata soltanto in pochissimi casi; la Fertilization InVitro Embryo Transfer o fertilizzazione in vitro contrasferimento degli embrioni (FIVET); laIntracytoplasmic Sperm Injection (ICSI), tecnica difecondazione che prevede l’iniezione nel citoplasmadell’ovocita di un singolo spermatozoo; il FrozenEmbryo Replacement o trasferimento di embrionicrioconservati (FER); il Frozen Oocyte o trasferi-mento di embrioni ottenuti da ovociti crioconservati(FO); la crioconservazione degli embrioni e degliovociti e tutte le tecniche chirurgiche di prelievodegli spermatozoi.I centri di II e III livello si distinguono soltanto per iltipo di anestesia somministrata e per alcune differen-ze nelle tecniche di prelievo chirurgico di spermato-zoi, ma dal punto di vista della lettura dei risultati ven-gono considerati un unico gruppo.Per descrivere il fenomeno della ProcreazioneMedicalmente Assistita (PMA), sono stati utilizzatigli stessi indicatori presentati nelle precedentiEdizioni del Rapporto Osservasalute: un indicatoreche definisce il quadro dell’offerta e domanda nelPaese, relativamente all’applicazione delle tecniche;uno che descrive la performance raggiunta dai centrioperanti nel territorio nazionale che offrono tecnichedi fecondazione assistita in termini di efficacia; unoche fornisce informazioni sulla sicurezza delle tecni-che applicate; uno che determina l’efficienza del siste-ma di rilevazione dei dati.Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero dicicli a fresco iniziati (tecniche FIVET e ICSI) permilione di abitanti. Questo indicatore descrive la rela-zione tra domanda ed offerta relativamente all’appli-cazione delle tecniche nel territorio. In un certo senso

descrive le dimensioni del fenomeno. Al denominato-re viene usata la popolazione residente perché questoindicatore viene, generalmente, usato dal RegistroEuropeo (RE) e permette di operare i necessari con-fronti. Inoltre, la distribuzione regionale dell’indicato-re fornisce informazioni sulla ricettività delle varieregioni.Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso di gra-vidanze ottenute. Questo indicatore può essere espres-so rispetto a tre diversi momenti del ciclo di feconda-zione assistita: all’inizio del ciclo, quindi al momentoin cui alla paziente vengono somministrati farmaci perla stimolazione ovarica; al momento del prelievo, cioèquando si procede all’aspirazione degli ovociti; almomento del trasferimento in utero degli embrioniformati. Ovviamente, le probabilità di ottenere unagravidanza al momento del trasferimento embrionaleè maggiore di quella calcolata all’inizio del ciclo. Si èdeciso, comunque, di fornire il tasso di gravidanzerispetto al numero di cicli iniziati, limitatamente alletecniche a fresco, in modo da quantificare le probabi-lità di ottenere una gravidanza per una pazienteall’inizio della terapia di riproduzione assistita.Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Perparto multiplo si intende un parto che dia alla luce dueo più neonati. Questo tasso può essere utilizzato perdescrivere il livello di sicurezza delle tecniche appli-cate poichè un parto gemellare o trigemino aumenta irischi per la paziente e per il neonato.Il quarto indicatore preso in considerazione è datodalla percentuale di gravidanze perse al follow-up.Questo indicatore fornisce un’informazione relativaal sistema di monitoraggio e raccolta dati dei centridove si applicano le tecniche di fecondazione assisti-ta. È, quindi, un indicatore di accuratezza e di quali-tà della raccolta dati operata dai centri e del monito-raggio del lavoro e dei risultati ottenuti dal centrostesso. Nella composizione di questo indicatore, per-tanto, assume un ruolo importante anche la disponibi-lità di personale all’interno delle strutture. In molticentri, infatti, la carenza di personale costituisce unostacolo all’ottenimento di livelli ottimali del moni-toraggio delle gravidanze ottenute.

Procreazione Medicalmente Assistita

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, P. D’ALOJA, S. BOLLI, S. FIACCAVENTO, R. SPOLETINI. L. SPEZIALE

Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 annox 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

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Tasso di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco (FIVET e ICSI)x 100

Denominatore Cicli a fresco (tecniche FIVET e ICSI) iniziati in 1 anno

Tasso di parti multipli*

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livellox 100

Denominatore Parti ottenuti dall’applicazione di tecniche di II e III livello

Percentuale di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esitox 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel Capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi indi-catori vengono raccolti dall’Istituto Superiore di Sanitàe, nello specifico, dal RN della PMA. Le unità di rilevazione sono rappresentate dai centri cheapplicano le tecniche di fecondazione assistita, autoriz-zati dalle regioni ed iscritti al RN. A partire dalla raccol-ta dati relativa all’attività del 2006, la copertura dell’in-dagine è stata totale e tutti i trattamenti di riproduzioneassistita effettuati in 1 anno vengono registrati e monito-rati nella raccolta dati. Ogni anno, sui dati raccolti, ven-gono eseguiti una serie di controlli di congruenza e divalidazione. Le procedure di validazione vengono ese-guite attraverso controlli verticali, che approfondisconol’esattezza dei dati quando questi appaiono fuori scalarispetto alle medie regionali e nazionali, e attraverso con-trolli orizzontali, che vengono realizzati sulla premessache i dati comunicati da ogni centro debbano esserequantitativamente paragonabili da un anno all’altro. Uno dei limiti di questi indicatori potrebbe risiederenella circostanza che i dati comunicati al RN vengonoraccolti in forma aggregata. In questo modo diventa piùcomplicato collegare gli esiti delle terapie ad alcunecaratteristiche delle coppie di pazienti. La probabilità diriuscita di un ciclo di fecondazione assistita è legato altipo e al grado di infertilità della coppia. Utilizzandouna raccolta dati basata su singolo ciclo, risulterebbepiù semplice ed immediato giungere a considerazioniriguardo l’effetto delle differenze esistenti tra i pazien-ti relative alla diagnosi di infertilità. Per quanto riguarda il terzo indicatore, il tasso di partimultipli, esiste il problema della perdita di informazio-ni relativamente agli esiti delle gravidanze. Infatti, per1.314 gravidanze, ottenute nel 2013, corrispondenti al10,3% del totale delle gravidanze ottenute con l’appli-cazione di tecniche di II e III livello, sia a fresco che dascongelamento, non è stato possibile raccogliere infor-mazioni sugli esiti delle stesse.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-fronto dei quattro indicatori presentati fanno riferi-mento ad altri Paesi europei, in cui l’attività di fecon-dazione assistita è assimilabile all’attività in Italia.Inoltre, potrebbero essere presi in considerazioneanche i valori medi europei, presentati ogni annodall’European IVF Monitoring, sistema di raccolta edanalisi dei dati del RE, a cui l’Italia partecipa, ma idati disponibili si riferiscono all’anno 2010.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazionedi tecniche a fresco di II e III livello (FIVET e ICSI).Quando ci si riferisce ai parti multipli ed alle gravidan-ze perse al follow-up, cioè al terzo e al quarto indica-tore, si prendono in considerazione anche le gravidan-ze ottenute con la tecnica GIFT e con le tecniche discongelamento di embrioni e di ovociti (FER e FO).I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-rimento all’attività del 2013, ovvero a tutti i cicli ini-ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nelperiodo compreso tra il 1 gennaio-31 dicembre 2013.I centri che nell’anno 2013 hanno svolto attività nelterritorio nazionale sono 369. Di questi, 166 sono di Ilivello (Inseminazione Semplice) e 203 di II e IIIlivello (GIFT, FIVET, ICSI ed altre tecniche).Soltanto 307 centri hanno effettivamente effettuatotecniche su pazienti, in quanto in 44 centri, per moti-vi di varia natura, non si è svolta attività.In generale, con l’applicazione di tutte le tecniche,sono state trattate 71.741 coppie di pazienti, su cuisono stati iniziati 91.556 cicli di trattamento. Le gra-vidanze ottenute sono state 15.550. Di queste è statopossibile monitorarne l’evolversi di 13.770. In 3.465gravidanze si è registrato un esito negativo, mentre10.305 sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risul-tano 12.187. Questo significa che, in Italia, ogni 1.000

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nati vivi, 23,7 nascono da gravidanze ottenute conl’applicazione di procedure di fecondazione assistita.In particolare, per ciò che riguarda la tecnica diInseminazione Semplice, le coppie trattate sono state17.218 su cui sono stati iniziati 27.109 cicli di tratta-mento. Le gravidanze ottenute sono state 2.775, di cuimonitorate 2.309, con una perdita di informazionepari al 16,8%. I nati vivi sono stati 1.970. Il tasso digravidanza rispetto ai cicli iniziati è pari al 10,2%,mentre rispetto alle inseminazioni effettuate (esclu-dendo i cicli sospesi) è pari all’11,1%.Sono stati trattati, invece, con tecniche a fresco di II eIII livello, 46.433 coppie di pazienti su cui sono statiiniziati 55.050 trattamenti. I cicli giunti alla fase delprelievo sono stati 50.174 e i trasferimenti di embrionieseguiti sono stati 40.696. Le gravidanze ottenute conl’applicazione delle tecniche a fresco sono stati 10.712.Il tasso di gravidanza, rispetto ai cicli iniziati, è del19,5% e rispetto ai prelievi effettuati del 21,3%, mentrerispetto ai trasferimenti eseguiti risulta pari al 26,3%.Con tecniche da scongelamento sono state trattate8.090 coppie di pazienti su cui sono stati iniziati 9.397cicli di scongelamento di ovociti o di embrioni. Legravidanze ottenute sono state 2.063. Per quantoriguarda la tecnica FO, il tasso di gravidanza rispettoagli scongelamenti effettuati è pari al 15,2%, mentrerispetto ai trasferimenti eseguiti è del 20,1%. Per latecnica FER il tasso di gravidanze è pari al 23,7%, serapportato agli scongelamenti effettuati, mentre, serapportato ai trasferimenti eseguiti, è pari al 25,9%. In totale si è registrato un numero di gravidanze perseal follow-up pari a 1.314, che rappresenta il 10,3% deltotale delle gravidanze ottenute da tecniche di II e IIIlivello. Il numero di nati vivi, grazie all’applicazionedi queste tecniche, è pari a 10.217.Nella Tabella 1 è riportata la distribuzione regionaledei valori conseguiti dai quattro indicatori proposti, ilconfronto con il precedente anno di rilevazione e lavariazione percentuale.Nella prima colonna è indicato il numero dei cicli afresco effettuati dai centri in ogni regione, in modo dafornire la dimensione del fenomeno a livello di singo-la regione. La seconda colonna della Tabella 1 mostra il valoredel primo indicatore, ovvero il numero di cicli a fre-sco iniziati in ogni regione per milione di abitanti. Alivello nazionale sono stati effettuati 914 cicli permilione di abitanti. Tale valore, costantemente in cre-scita a partire dal 2005, primo anno di rilevazionedati, per la prima volta fa registrare una flessionerispetto all’anno precedente (932 cicli iniziati permilione di abitanti). La distribuzione dell’indicatore alivello regionale assume carattere particolarmente ete-rogeneo, rispecchiando la capacità attrattiva di alcuneregioni che svolgono un ruolo guida nel campo dellafecondazione assistita. È il caso della Lombardia edell’Emilia-Romagna, nel Nord del Paese, del Lazio e

della Toscana nel Centro e della Sicilia e dellaCampania nel Meridione. Questo indicatore è forte-mente condizionato dalla numerosità della popolazio-ne residente nelle varie regioni: per questo, ad esem-pio, la PA di Bolzano e la Valle d’Aosta fanno regi-strare un valore particolarmente elevato dell’indicato-re anche in presenza di un numero di cicli iniziatiabbastanza modesto. Risulta evidente la differenza trail dato delle regioni meridionali e il resto del Paese.Nella colonna successiva è rappresentata la distribu-zione per regione del tasso di gravidanze rispetto aicicli iniziati con le tecniche a fresco FIVET e ICSI. Itassi sono stati calcolati per classi di età delle pazientied il tasso di gravidanza totale è stato standardizzatoutilizzando come popolazione di riferimento la distri-buzione nazionale dei cicli iniziati per classe di età. Iltasso di gravidanza standardizzato restituisce il valoredel tasso grezzo, correggendo le differenze che esisto-no tra una regione ed un altra relativamente alla distri-buzione dei cicli iniziati secondo l’età delle pazientistratificate in classi. A parte il Piemonte, la Valled’Aosta, la PA di Bolzano, l’Umbria, la Puglia, laCalabria e la Sicilia, in tutte le altre regioni il tasso digravidanza standardizzato ha mostrato una flessione.Tra le regioni con un più alto numero di procedure ini-ziate, le differenze più marcate del tasso standardizza-to si possono osservare in positivo in Piemonte, conun incremento del 4,4% sul valore iniziale, nella PA diBolzano (+4,9%) ed in Puglia (+14,4%). I decremen-ti più significativi si sono registrati in Emilia-Romagna (-10,5%), nel Lazio (-10,3%) ed in FriuliVenezia Giulia (-6,7%). Sempre tra le regioni con unnumero consistente di cicli iniziati, si osserva come ilPiemonte, la Sicilia e la Campania presentino valoridel tasso di gravidanza standardizzato superiori allamedia e, rispettivamente, pari a 26,3%, 25,1% e24,7%. Nella quarta colonna è rappresentata la distribuzioneregionale della percentuale di parti multipli. Il valoredi questo indicatore fornisce, in maniera indiretta, indi-cazioni rispetto alla sicurezza delle tecniche applicate.In generale, la quota di parti multipli sul totale di quel-li ottenuti è del 19,8%, mentre nella precedente rileva-zione era risultata pari al 20,0%. Rispetto al 2012, lavariazione dell’indicatore è il risultato di un leggeroaumento dei parti gemellari (dal 18,6% del 2012 al18,9% del 2013) e di una contemporanea riduzionedei parti trigemini, che passano dall’1,3% del 2012allo 0,9% del 2013. La relativa stabilità dell’indicato-re a livello nazionale è, però, il risultato di notevolioscillazioni di segno opposto che si sono osservate inciascuna regione. Tra le regioni a più intensa attività,hanno fatto registrare una perdita in termini di sicurez-za la Lombardia (+9,8% rispetto al 2012), il Veneto(+9,8%), il Friuli Venezia Giulia (+11,7%) e laSardegna (+42,8%). Il dato della Campania, facendoregistrare un incremento dei parti plurimi pari al 6,2%

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rispetto al 2012, si attesta al 29,0% risultando la regio-ne con la quota di parti multipli più elevata. Le regio-ni ad alta mole di attività che, invece, hanno mostratouna riduzione più marcata del valore dell’indicatoresono la Puglia (-25,5%), l’Emilia-Romagna (-16,3%) ela Sicilia (-14,2%). Un dato importante è che regioniad alta mole di attività, come il Lazio e l’Emilia-Romagna, abbiano fatto entrambe registrare una quotadi parti multipli pari a 15,7%, tra le più basse nel pano-rama nazionale. È importante sottolineare come questidati possano essere condizionati dalla distribuzionedelle gravidanze perse al follow-up, ovvero dalla per-dita di informazioni relativamente all’esito delle gravi-danze stesse. È ipotizzabile pensare, infatti, che il cen-tro venga più facilmente a conoscenza di informazionirelativamente ad una gravidanza multipla, cioè ad uncaso più particolare, mentre per una gravidanza adecorso normale reperire le informazioni può risultarepiù complesso.Anche per questo è utile passare all’esame dell’indica-tore successivo, riportato nell’ultima colonna dellatabella, dove viene mostrata la percentuale di gravi-danze di cui non si conosce l’esito sul totale di quelleottenute. Si tratta di un indicatore di accuratezza e diqualità della raccolta dati operata dai centri e del moni-toraggio del proprio lavoro. In questo caso vengono prese in considerazione le gra-vidanze ottenute con tecniche di II e III livello, sia con

tecniche a fresco che con tecniche di scongelamento.La percentuale delle gravidanze di cui non si conoscel’esito è pari, nel 2013, al 10,3%, con un decrementodella perdita di informazioni pari al 22,0%, visto chenell’indagine riferita all’attività del 2012 la perdita diinformazione era maggiore, ovvero pari al 13,2%.Tra le regioni con un numero di procedure significati-vo, quelle con una perdita più elevata di informazionisono il Lazio (20,2%), che presenta il dato più preoc-cupante visto che la perdita di informazione rispettoalla rilevazione del 2012 è aumentata del 15,4%, laCampania (19,1%), la Puglia (17,5%) e la Sicilia(14,5%). Queste ultime 3 regioni mostrano, però, unariduzione della perdita di informazioni rispetto al pre-cedente anno. È importante, vista la mole di attività,anche il dato della Lombardia, che fa registrare unadiminuzione della perdita di informazioni rispetto al2012, passando dal 14,4% al 12,1%.Molte delle differenze regionali che questo indicatoremostra potrebbero essere spiegate dal tipo di utenzache si rivolge alle strutture che offrono tecniche difecondazione assistita. Gioca un ruolo importante,infatti, il livello socio economico delle pazienti, non-ché la nazionalità, caratteristiche che fanno si che lepazienti stesse che ottengono una gravidanza siano piùo meno disposte a fornire informazioni sull’esito e sul-lo stato di salute di eventuali neonati.

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252 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 1 - Cicli (valori assoluti) totali, cicli (valori assoluti per 1.000.000) iniziati con tecniche a fresco (FIVETed ICSI), tasso (standardizzato per 100 cicli iniziati con tecniche a fresco) di gravidanza, parti (valori percentua-li) multipli, gravidanze (valori percentuali) perse al follow-up e variazioni percentuali per regione - Anni 2012-2013

Cicli Cicli iniziati Tasso std Parti multipli Gravidenze perseRegioni totali al follow-up

2013 2012 2013 ∆∆ % 2012 2013 ∆∆ % 2012 2013 ∆∆ % 2012 2013 ∆∆ %

Piemonte 2.948 701 669 -4,6 25,2 26,3 4,4 19,5 20,0 2,6 3,8 2,2 -42,1Valle d’Aosta 297 1.289 2.316 79,7 13,8 19,4 40,6 31,6 26,8 -15,2 0,0 0,0 n.a.Lombardia 13.934 1.382 1.410 2,0 18,3 17,9 -2,2 17,3 19,0 9,8 14,4 12,1 -16,0Bolzano-Bozen 1.073 2.271 2.093 -7,8 18,2 19,1 4,9 26,6 27,3 2,6 0,9 1,2 33,3Trento 596 1.078 1.118 3,7 20,0 18,3 -8,5 21,7 22,4 3,2 0,0 0,0 n.a.Veneto 2.658 586 542 -7,5 17,4 17,0 -2,3 19,4 21,3 9,8 9,2 6,6 -28,3Friuli Venezia Giulia 2.027 1.908 1.654 -13,3 17,8 16,6 -6,7 17,1 19,1 11,7 1,0 2,6 160,0Liguria 548 291 347 19,2 19,4 16,7 -13,9 19,0 13,6 -28,4 0,0 1,7 n.a.Emilia-Romagna 5.096 1.125 1.155 2,7 18,1 16,2 -10,5 18,8 15,7 -16,5 4,7 1,0 -78,7Toscana 6.909 1.802 1.856 3,0 20,1 19,9 -1,0 20,3 20,0 -1,5 19,3 6,4 -66,8Umbria 365 407 409 0,5 19,2 26,2 36,5 29,8 25,7 -13,8 1,3 3,0 130,8Marche 223 135 144 6,7 14,0 12,2 -12,9 16,7 17,4 4,2 0,0 0,0 n.a.Lazio 5.644 1.214 988 -18,6 20,3 18,2 -10,3 16,5 15,7 -4,8 17,5 20,2 15,4Abruzzo 797 738 602 -18,4 19,1 14,9 -22,0 31,3 21,0 -32,9 1,7 1,7 0,0Molise 0 0 0 n.a. - - - - - - - - -Campania 4.828 809 830 2,6 25,3 24,7 -2,4 27,3 29,0 6,2 21,7 19,1 -12,0Puglia 2.053 531 504 -5,0 19,5 22,3 14,4 21,8 16,2 -25,7 20,0 17,5 -12,5Basilicata 394 376 682 81,4 26,4 23,4 -11,4 37,5 17,6 -53,1 0,0 0,0 n.a.Calabria 284 145 144 -0,2 15,7 20,6 31,2 1,7 2,5 47,1 1,4 0,0 -100,0Sicilia 3.318 663 657 -0,8 24,4 25,1 2,9 22,8 19,5 -14,5 18,9 14,5 -23,3Sardegna 1.057 628 640 1,8 12,1 11,7 -3,3 17,3 24,7 42,8 10,1 7,1 -29,7Totale 55.049 932 914 -1,9 19,9 19,5 -2,0 20,0 19,8 -1,0 13,2 10,3 -22,0

n.a. = non applicabile.- = non disponibile.Fonte dei dati: ISS. Registro Nazionale della PMA. Anni 2013, 2014.

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili pubblicati dal RE sono quel-li riferiti all’attività del 2010. Il numero di trattamentia fresco per milione di abitanti è pari a 1.153 inFrancia, a 766 in Germania ed a 928 in Gran Bretagna.In Svezia, Paese all’avanguardia rispetto alla praticadella fecondazione assistita, il numero di cicli a frescoiniziati per milione di abitanti è pari a 1.943.Globalmente, rispetto alla popolazione dei Paesi cheaderiscono alla raccolta dati del RE, il numero di ciclia fresco per milione di abitanti è pari a 1.221.Il tasso di gravidanze a fresco su cicli iniziati è pari a29,2% in Spagna, 29,5% in Svezia e 29,2% in GranBretagna.Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-ti multipli è del 22,5% in Spagna, 16,6% in Francia,29,3% in Germania, 19,5% in Gran Bretagna e del5,6% in Svezia.Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up, il REraccomanda un livello non >10% sul totale delle gravi-danze ottenute. Dei Paesi fin qui presi in esame, laGermania presenta una quota di gravidanze perse al fol-low-up del 13,2%; la Spagna fa registrare una perdita diinformazione superiore a quella dell’Italia (21,7%); inGran Bretagna la perdita di informazioni è del tutto tra-scurabile (1,7%), mentre in Svezia ed in Francia è statopossibile ottenere il folllow-up di tutte le gravidanze.

Raccomandazioni di OsservasaluteGli indicatori, ad un livello medio generale, hanno evi-denziato una certa staticità che sembra essere, però, ilrisultato medio di ampie oscillazioni che esistono trauna realtà regionale ed un’altra, o anche all’internodella stessa regione tra un anno di attività ed un altro.Per la prima volta dal 2005, cioè il primo anno di rile-vazione dati del RN della PMA, il numero di cicli afresco iniziati per milione di abitanti subisce una fles-sione.La percentuale di perdita di informazioni si riduce inmaniera consistente, raggiungendo la soglia di qualitàintrodotta dal RE e la performance di altri registri a piùconsolidata tradizione come, ad esempio, quello dellaGermania. Alcune regioni continuano a rappresentareun punto critico per questo aspetto, ma anche un nodocruciale di intervento del RN, nel tentativo di diminui-re ulteriormente il numero di gravidanze di cui non siconosce l’esito. La prossima rilevazione dei dati farà riferimento all’at-tività del 2014 e sarà arricchita dall’applicazione delletecniche di fecondazione eterologa introdotta nelnostro Paese grazie alla sentenza della CorteCostituzionale n. 162/2014. Questa rilevazione costi-tuirà una interessante valutazione del riallineamentodei piani terapeutici adottati dai centri operanti nelnostro Paese a quelli adottati dai centri esteri.

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Riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2004.(2) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2005.(3) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2006.(4) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2007.(5) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2008.(6) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2009.(7) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2010.(8) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2011.(9) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2012.(10) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sul-

lo stato di attuazione della legge contenente norme in mate-ria di Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19Febbraio 2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2013.(11) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2014.(12) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sul-lo stato di attuazione della legge contenente norme in mate-ria di Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19Febbraio 2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2015.(13) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - Procreazione medicalmenteassistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tecni-che nel 2003.(14) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - 1° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2005.(15) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli, R. De Luca, R. Spoletini, E.Mancini- 2° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita 2006.(16) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, R.De Luca, P. D’Aloja, S. Fiaccavento, R. Spoletini, M.Bucciarelli, E. Mancini - 3° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2007.(17) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-shed February 18, 2009 - Assisted reproductive Tecnologyand intrauterine insemination in Europe, 2005: results gene-rated from European registers by ESHRE.(18) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on June 22, 2010 - Assisted reproductive Tecnologyin Europe, 2006: results generated from European registersby ESHRE.(19) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on February 17, 2012 - Assisted reproductiveTecnology in Europe, 2007: results generated fromEuropean registers by ESHRE.

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254 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Abortività volontaria

Significato. La Legge n. 194/1978 (“Norme per la tute-la della maternità e sull’Interruzione Volontaria dellaGravidanza”) regola, in Italia, le modalità del ricorsoall’aborto volontario. Grazie ad essa qualsiasi donna, permotivi di salute, economici, sociali o familiari, puòrichiedere l’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG)entro i primi 90 giorni di gestazione. Oltre questo termi-ne, l’IVG è consentita solo per gravi problemi di salutefisica o psichica. L’intervento può essere effettuato presso le strutture pub-bliche del Servizio Sanitario Nazionale e le strutture pri-vate accreditate e autorizzate dalle regioni. Il tasso di abortività volontaria è l’indicatore più fre-

quentemente usato a livello internazionale (spesso uti-lizzando al denominatore la popolazione femminile dietà 15-44 anni). Tale parametro consente di valutarel’incidenza del fenomeno che, in gran parte, dipendedalle scelte riproduttive, dall’uso di metodi contrac-cettivi e dall’offerta dei servizi nei vari ambiti territo-riali. Al fine di una valutazione più completadell’IVG, è possibile calcolare questo indicatore spe-cifico per alcune caratteristiche delle donne, ad esem-pio età, stato civile, parità, luogo di nascita e cittadi-nanza. Si può, inoltre, utilizzare il tasso standardizza-to per età al fine di eliminare l’effetto confondente diquesta variabile.

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione media residente di donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i datiraccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto Nazionaledi Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di Sanità(ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG effet-tuata è obbligatorio compilare il modello Istat D.12 edinviarlo al sistema informativo nazionale.Successivamente, sulla base di questi dati, le regionielaborano alcune tabelle che inviano al Sistema diSorveglianza ministeriale coordinato dall’ISS. Ognianno, il Ministro della Salute presenta al Parlamentouna relazione sull’andamento del fenomeno (1) e l’Istatpubblica i dati sul proprio sito (2) e tramite altri canalidi diffusione. Attualmente i dati italiani sono tra i piùaccurati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti di tale indicatore possono essere rappresentatidal fatto che, se viene calcolato utilizzando al numera-tore tutte le IVG effettuate in regione (donne residentie non) ed al denominatore le donne residenti si può ave-re una sovrastima o sottostima del fenomeno oppure sesi utilizzano le donne residenti, sia al numeratore che aldenominatore, vengono esclusi alcuni casi relativi,principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento, può essereassunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-ni che presentano il valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiLe IVG notificate mediante il modello Istat D.12 nel2013 risultano pari a 100.342, in calo rispetto al 2012(103.191 casi). Questa differenza può dipendere

anche della presenza di una sottonotifica dei dati inalcune regioni (Liguria, Campania, Puglia eSardegna). I dati elaborati dal Sistema di Sorveglianzasull’IVG, coordinato dall’ISS e dal Ministero dellaSalute, che integra i dati raccolti dall’Istat con l’archi-vio delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO)del Ministero della Salute e le informazioni fornitedirettamente dalle Regioni, hanno rilevato 102.760casi di IVG per il 2013 e un dato preliminare di97.535 per il 2014 (1). Utilizzando le SDO per la stima dei dati mancanti,l’Istat ha calcolato il tasso di abortività volontaria, cheper l’anno 2013 è risultato essere pari a 7,1 casi diIVG ogni 1.000 donne residenti in età feconda(Tabella 1). Si conferma, quindi, il trend decrescente,iniziato nel 2004, a seguito di un periodo di sostanzia-le stabilità: infatti, nel 2012, il tasso era pari a 7,6 IVGogni 1.000 donne residenti in età feconda e la diminu-zione tra il 2004-2013 risulta circa del 25% (2).Per il confronto tra le regioni viene utilizzato il tassostandardizzato che, analogamente al tasso grezzo, faregistrare una diminuzione a livello nazionale (-19%)tra il 2004-2013. Le regioni che presentano i valori piùelevati rispetto al dato nazionale sono la Liguria, ilPiemonte (con valori >10 per 1.000), la Valle d’Aosta el’Emilia-Romagna, mentre valori più bassi si osservanoper la PA di Bolzano, il Veneto, la Sardegna (con valori≤6 per 1.000) e la Basilicata. Tra il 2004-2013 le ridu-zioni più consistenti si registrano per la Puglia e perl’Umbria (rispettivamente, -37,4% e -31,5%). La PA diBolzano è la sola realtà territoriale che presenta unavariazione di segno positivo pari a 10,2% (Grafico 1). In

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

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ogni caso si registra una riduzione della variabilità territo-riale verso valori più bassi.Le classi di età più giovani (20-24, 25-29 e 30-34 anni)presentano i livelli più elevati del tasso, tutti oltre gli 11casi per 1.000 donne a livello nazionale. Per tutte le fascedi età l’indicatore risulta in diminuzione rispetto al 2004,con la variazione massima (-27%) in corrispondenza del-la classe di età 20-24 anni. Si conferma la diminuzione (seppur lieve) della quota diIVG da parte delle donne straniere, già presente nel 2012rispetto al 2011: infatti, nel 2012, la percentuale è ugualea 34,1, mentre nel 2013 risulta pari a 33,5. Anche il tassodi abortività tra queste donne è in diminuzione (Indicatore“Abortività volontaria delle donne straniere” Capitolo“Salute della popolazione straniera”).L’indagine Istat e il Sistema di Sorveglianza rilevano,oltre alle informazioni sulle caratteristiche delle donne,anche informazioni relative alle modalità di svolgimentodell’intervento. Ulteriori informazioni sui consultorifamiliari, le strutture che effettuano IVG ed il personalesanitario obiettore vengono raccolte solo dall’ISS tramiteil Sistema di Sorveglianza. Nella Tabella 2 e 3 sono ripor-tate alcune di queste informazioni: tipo di anestesia, tipodi intervento, tempi di attesa, settimane di gestazione eginecologi obiettori.Nel 2013 resta molto elevato il ricorso all’anestesia gene-rale (76,6%), anche se in diminuzione rispetto al 2012(80,1%). Le regioni con la percentuale più alta di utilizzodell’anestesia generale (in oltre il 90% degli interventi)risultano essere il Molise, la PA di Bolzano, l’Umbria e laSicilia. Il ricorso all’anestesia locale per effettuare l’IVG è la pra-tica più raccomandata a livello internazionale, poichéminimizza i rischi per la salute della donna e presenta unimpegno minore di personale sanitario e di infrastrutture(e, quindi, costi inferiori). In Italia, però, nel 2013 è statautilizzata mediamente solo nel 5,6% dei casi, risultandoanche in diminuzione rispetto all’anno precedente. Solo 3regioni superano la soglia del 10%: Marche (42,9%),Lazio (13,8%) e Toscana (10,5%). Nel 2012 è stata intro-dotta, nel modello Istat D.12, la voce “sedazione profon-da” come possibile risposta per la domanda sul tipo dianestesia impiegata. La sedazione profonda è risultataessere adoperata nel 4,5% dei casi a livello nazionale, conun’ampia variabilità regionale, in parte imputabile allapossibilità che alcune strutture e regioni non abbianoancora utilizzato questa nuova classificazione per il 2013.Negli ultimi anni, comunque, si è osservato un aumentodel non uso di terapia antalgica.Dal 2013, la scheda di rilevazione dell’Istat fornisceun’informazione più dettagliata del tipo di intervento,poiché suddivide l’aborto farmacologico nelle tre voci:“solo Mifepristone”, “Mifepristone+Prostaglandina”,“solo Prostaglandina”. Con la possibilità di effettuarel’IVG anche tramite procedura farmacologica (consenti-ta, in Italia, a partire da luglio 2009), la terapia antalgicapuò essere evitata. Risulta, infatti, una corrispondenza tra

le regioni che utilizzano maggiormente le due combinazio-ni “solo Mifepristone” o “Mifepristone+Prostaglandina”(Liguria, Valle d’Aosta, Piemonte ed Emilia-Romagna) equelle che presentano una quota più elevata di IVG effet-tuate senza alcuna terapia antalgica, con l’uso del soloanalgesico o la sedazione profonda (Tabella 2). La Legge n. 194/1978 prevede che per effettuare l’IVGoccorra il rilascio di documentazione/certificazione daparte del personale preposto. Una valutazione dei tempidi attesa tra la consegna di questa documentazione e l’ef-fettuazione dell’intervento può essere un indicatore diefficienza dei servizi: per esempio, un numero di giorni>21 può indicare difficoltà nell’applicazione della dispo-sizione. Dalla Tabella 3 si evince che, a livello nazionale, il 14,6%di IVG vengono effettuate dopo un’attesa >21 giorni.Anche in questo caso è presente una rilevante variabilitàterritoriale: si passa da un gruppo di regioni che presentauna quota <10% (Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sardegna) a 3 regionicon una percentuale >20% (Calabria, Umbria e Veneto).Anche la percentuale degli interventi effettuati a 11-12settimane di gestazione può essere un indicatore dellaqualità dei servizi offerti poiché, per legge, il limite mas-simo per poter richiedere una IVG, in assenza di gravimotivi di salute, è di 90 giorni. In riferimento al totaleItalia, il 14,5% dei casi di IVG viene effettuato ad un’epo-ca gestazionale al limite della soglia prevista per legge,anche se si registra una lieve diminuzione rispetto all’an-no precedente (14,8%). Nel dettaglio regionale si eviden-zia un gradiente Nord-Sud ed Isole, con la quota massimaregistrata nella PA di Bolzano (21,9%) e la minima inMolise (4,8%).Sempre con riferimento all’efficienza dei servizi, la pre-senza di una quota consistente di personale obiettore (lacui possibilità è permessa dall’art. 9, Legge n. 194/1978)può inficiare l’espletamento dell’intervento. Nel 2013, lapercentuale di ginecologi obiettori risulta pari a 70,0%,senza sostanziali differenze rispetto al 2012 (69,6%). Leregioni che superano ampiamente l’80% sono il Molise,la PA di Bolzano, la Basilicata, la Sicilia, la Puglia, laCampania, l’Abruzzo e il Lazio. La Valle d’Aosta presen-ta il valore più basso (13,3%). Nel 2012 il Ministero del-la Salute, in collaborazione con le Regioni, ha condottoun monitoraggio ad hoc. Sulla base dei dati raccolti, ilMinistro della Salute nella sua Relazione al Parlamentoha concluso: “Si conferma, quindi, quanto già osservatonella scorsa relazione al Parlamento, relativa all’applica-zione della Legge n.194/1978 - dati anno 2011: il nume-ro di non obiettori è congruo rispetto alle IVG effettuate,e il numero degli obiettori di coscienza non impedisce ainon obiettori di svolgere anche altre attività oltre le IVG.Gli eventuali problemi nell’accesso al percorso IVG sonodovuti eventualmente ad una inadeguata organizzazioneterritoriale, che attualmente, dopo questo monitoraggio,sarà più facile individuare”.

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256 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 1 - Tasso (grezzo, standardizzato e specifico per 1.000) di abortività volontaria per regione - Anno 2013

Regioni Tassi Tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 7,3 15,3 15,5 14,6 11,2 4,9 0,4 8,9 10,1Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 5,2 12,6 15,8 14,7 12,4 4,6 0,9 8,7 9,9Lombardia 6,1 12,5 13,1 11,6 9,2 4,0 0,3 7,4 8,3Bolzano-Bozen 3,5 6,4 9,0 7,1 6,8 3,5 0,4 4,9 5,4Trento 4,6 10,2 8,7 10,7 8,3 3,3 0,4 6,1 6,8Veneto 3,8 8,2 9,2 8,7 7,1 3,2 0,3 5,3 6,0Friuli-Venezia Giulia 5,8 11,3 10,9 11,0 7,7 3,5 0,4 6,4 7,4Liguria* 9,4 16,5 17,4 15,8 10,8 5,2 0,5 9,3 11,0Emilia-Romagna 6,1 14,3 15,6 13,8 11,1 4,7 0,5 8,6 9,7Toscana 6,1 12,8 14,2 13,0 10,3 4,7 0,5 8,0 9,0Umbria 5,1 11,4 13,1 12,1 10,4 4,4 0,3 7,6 8,4Marche 4,5 8,8 9,4 10,2 8,4 3,2 0,4 6,0 6,6Lazio 7,4 13,8 13,6 12,5 10,4 4,6 0,3 8,1 9,1Abruzzo 5,2 9,5 10,9 9,1 8,7 4,0 0,4 6,4 7,0Molise 5,8 8,4 13,5 10,3 9,3 4,5 0,2 7,1 7,7Campania* 4,0 8,5 9,1 9,2 7,4 3,5 0,3 5,8 6,2Puglia* 5,6 10,5 11,0 11,4 9,5 4,1 0,4 7,2 7,7Basilicata 3,9 9,3 9,2 7,4 7,5 4,1 0,4 5,7 6,1Calabria 3,9 7,6 9,0 8,8 8,3 3,6 0,4 5,8 6,2Sicilia 5,3 9,6 9,9 9,4 8,0 3,3 0,3 6,3 6,7Sardegna* 4,0 8,7 8,5 8,4 7,2 3,6 0,4 5,5 6,0Italia 5,5 11,1 11,8 11,2 9,1 4,0 0,4 7,1 7,8

*A causa di incompletezza dei dati i tassi della Liguria, Campania, Puglia e Sardegna sono stati stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2013.

Tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria perregione. Anno 2013

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 257

Grafico 1 - Tasso (standardizzato per 1.000 donne di età 15-49 anni) di abortività volontaria per regione - Anni2004, 2013

Nota: a causa di incompletezza dei dati i tassi della Liguria, Campania, Puglia e Sardegna sono stati stimati.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2013.

Tabella 2 - Abortività volontaria (valori percentuali) per terapia antalgica, terapia farmacologica (RU486) e perregione - Anno 2013

Terapia antalgicaRegioni Generale Locale Analgesia Sedazione Nessuna RU 486*°

e altro profonda

Piemonte 70,5 0,4 3,6 2,2 23,3 26,3Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 67,5 0,0 0,4 5,2 27,0 27,0Lombardia 89,3 4,3 3,7 0,0 2,7 3,3Bolzano-Bozen 96,7 0,2 0,7 0,8 1,6 2,1Trento 88,0 0,0 0,2 7,1 4,6 3,6Veneto 51,7 2,5 9,6 27,7 8,4 7,3Friuli Venezia Giulia 80,2 1,2 1,9 11,2 5,6 6,0Liguria 53,9 0,8 4,0 9,8 31,6 33,7Emilia-Romagna 64,7 6,8 2,5 5,5 20,5 22,5Toscana 66,0 10,5 1,0 7,5 15,0 13,1Umbria 94,4 0,4 0,9 0,9 3,5 3,1Marche 43,1 42,9 1,4 11,5 1,1 0,3Lazio 77,3 13,8 0,2 1,9 6,9 5,3Abruzzo 83,9 8,6 0,4 0,2 7,0 5,7Molise 99,2 0,0 0,0 0,0 0,8 11,1Campania 80,9 7,4 0,2 2,3 9,1 9,0Puglia 82,0 0,7 0,8 0,2 16,4 10,7Basilicata 71,3 1,6 10,2 10,7 6,2 7,2Calabria 82,9 1,2 0,4 8,0 7,4 6,4Sicilia 90,1 0,8 0,9 1,7 6,5 5,7Sardegna 85,6 0,2 5,3 3,0 6,0 7,5Italia 76,6 5,6 2,3 4,5 10,9 12,1

*I dati si riferiscono a “solo Mifepristone” e “Mifepristone+Prostagandina”. Per la Lombardia il valore comprende anche la voce “soloProstaglandina”.°IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2013.

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258 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 3 - Abortività volontaria (valori percentuali) per tempo di attesa, settimana di gestazione, ginecologiobiettori e per regione - Anno 2013

Regioni Attesa >21 giorni Settimana di gestazione 11-12 Ginecologi obiettori

Piemonte 10,8 14,3 67,4Valle d’Aosta-Vallèe d’Aoste 12,7 12,2 13,3Lombardia 18,2 18,6 63,6Bolzano-Bozen 13,4 21,9 92,9Trento 15,8 9,4 60,0Veneto 25,7 20,6 76,2Friuli Venezia Giulia 8,4 12,6 58,4Liguria 10,8 11,9 65,4Emilia-Romagna 6,7 11,4 51,8Toscana 16,1 15,4 56,2Umbria 25,6 16,3 65,6Marche 12,2 15,6 68,8Lazio 17,7 17,3 80,7Abruzzo 12,6 13,0 80,7Molise 14,4 4,8 93,3Campania 6,0 7,5 81,8Puglia 12,8 10,7 86,1Basilicata 3,7 7,8 90,2Calabria 22,0 10,3 72,9Sicilia 19,7 16,4 87,6Sardegna 9,4 12,8 49,7Italia 14,6 14,5 70,0

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2013.

Raccomandazioni di OsservasaluteI dati 2013-2014 confermano l’andamento in diminu-zione dell’IVG in Italia, tendenza che ormai coinvol-ge anche le cittadine straniere, gruppo a maggiorrischio di ricorrere all’aborto (Capitolo “Salute dellapopolazione straniera”). Nella gran parte dei casi, l’in-terruzione della gravidanza non è una scelta di elezio-ne, ma la conseguenza estrema del fallimento deimetodi di procreazione responsabile impiegati per ilcontrollo della fecondità, fallimento dovuto all’impie-go frequente di metodi con più alta probabilità diinsuccesso e/o al loro uso scorretto. Negli anni, anche grazie alla legalizzazione dell’abor-to e all’istituzione dei consultori familiari, vi sono sta-ti dei miglioramenti nelle conoscenze e uso dei meto-di di procreazione responsabile. Le donne con piùcompetenze (le più istruite, coniugate e lavoratrici)hanno maggiormente e più rapidamente beneficiatodell’aumentata circolazione dell’informazione sullaprocreazione responsabile e dell’attività dei servizi.Un’attenzione particolare va, quindi, rivolta alle don-ne in condizioni sociali svantaggiate ed alle straniereattraverso programmi di prevenzione che devono fon-darsi sul modello dell’empowerment (promozionedella riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevo-lezze e competenze per scelte autonome), come viene

delineato dalla Carta di Ottawa e dal ProgettoObiettivo Materno-Infantile. I dati sulle procedure dell’intervento e sulla disponibi-lità di servizi e operatori sottolineano la necessità diun attento monitoraggio a livello locale che favoriscala piena applicazione della Legge n. 194/1978.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2015), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2013. Dati provvisori 2014. Roma: Ministero dellaSalute, 2014. Disponibile sul sito: www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2428.(2) Istat, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2013. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it. (3) Ngo TD, Park MH, Shakur H, Free C. Comparativeeffectiveness, safety and acceptability of medical abortion athome and in a clinic: a systematic review. Bull World HealthOrgan. 2011.89 (5): 360-70.(4) WHO. Safe abortion: technical and policy guidance forhealth systems. Geneva, 2012. Disponibile sul sito:http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/70914/1/9789241548434_eng.pdf.(5) Ministero della Salute. Interruzione volontaria di gravi-danza con mifepristone e prostaglandine - anni 2010-2011.28 febbraio 2013. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1938_allega-to.pdf.

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Sopravvivenza e mortalità per causa

Significato. La mortalità infantile è un’importantemisura del benessere demografico e uno dei più signi-ficativi indicatori sociali che permette di correlare lamortalità con i vari momenti dello sviluppo di unapopolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita.Questa misura è, infatti, strettamente correlata oltreche a fattori biologici anche alle condizioni sociali,economiche e culturali di un Paese. I fattori biologici principali sono l’età materna, l’ordi-ne di nascita, l’intervallo tra i parti successivi, ilnumero delle nascite, la presentazione fetale almomento della nascita e la storia ostetrica dellamadre. I fattori sociali ed economici più rilevanti sonola legittimità, le condizioni abitative, il numero dicomponenti del nucleo familiare, il reddito familiare,alcune caratteristiche della madre (nutrizione, livellodi istruzione e abitudine al fumo durante la gravidan-za) e occupazione del padre. L’indicatore risenteanche della qualità nella gestione della gravidanza edell’evoluzione tecnologica nell’assistenza al parto.

Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimen-to alla popolazione residente rapportando il numero dimorti entro il 1° anno di vita, in un determinato perio-do, al numero di nati vivi nello stesso periodo e vieneespresso come rapporto su 1.000 nati vivi in un anno.Come è noto, il rischio di morte di un bambino decre-sce rapidamente durante il 1° anno di vita. Il maggiornumero di decessi, nei Paesi economicamente più svi-luppati, si registra, infatti, in corrispondenza del 1°mese, ma anche della prima settimana di vita. Le cau-se di decesso per questo profilo sono endogene (cau-se di morte strutturali o legate a fattori biologici ocongeniti, quali la salute della madre, la presenza dianomalie congenite, l’evoluzione del parto o fattorilegati all’assistenza al parto) ed esogene, ovvero con-nesse a malattie infettive o legate a condizioniambientali ed igieniche e si presentano con una quotaelevata di decessi anche oltre il 1° mese di vita.Quest’ultima situazione, risulta ancora peculiare nellamaggior parte dei Paesi a forte pressione migratoria.

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-ratore è l’indagine sui decessi e cause di morte con-dotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Per ilnumero di nati vivi residenti, al denominatore, la fon-te di riferimento è la Rilevazione individuale degliiscritti in Anagrafe per nascita condotta dall’Istat.È importante sottolineare che la rilevazione Istat sullecause di morte riguarda tutti i decessi che si verifica-no sul territorio nazionale, ma non rileva i decessi di

individui residenti in Italia avvenuti all’estero. I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle regioni incui risiedono popolazioni numericamente più esigue,si possono presentare ampie variazioni da un annoall’altro. Per questa ragione per l’analisi territoriale itassi sono stati calcolati su base triennale (2006-2008e 2009-2012).

Mortalità infantile e neonatale

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530 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000 nati vivi) infantile* - Anni 2006-2012

Classi di età 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Valori assoluti

<1 giorno 513 474 511 486 417 419 4031-6 giorni 449 444 447 499 483 445 3877-29 giorni 434 405 411 439 384 346 373Mortalità neonatale° 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163≥30 giorni 516 534 527 523 489 481 442Totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605

Tassi

<1 giorno 0,9 0,8 0,9 0,9 0,7 0,7 0,81-6 giorni 0,8 0,8 0,7 0,9 0,9 0,8 0,77-29 giorni 0,8 0,8 0,7 0,8 0,7 0,7 0,7Mortalità neonatale° 2,5 2,3 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2≥30 giorni 0,9 1,0 0,9 0,9 0,9 0,9 0,8Totale 3,4 3,4 3,2 3,5 3,2 3,1 3,0

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.°Subtotale.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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APPENDICE 531Ta

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12

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

370

371

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380

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343

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44Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosom

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4Sintom

i, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

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948

344

538

7

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:30 Pagina 531

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532 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015Ta

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2012

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

271

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141

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143

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i, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

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2

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APPENDICE 533

Tabella 2 - (segue) Mortalità (valori assoluti) infantile* per classe di età e per causa di morte - Anni 2006-2012

TotaleCause di morte 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1.073 1.075 1.077 1.145 1.045 938 923Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio e del 80 87 78 101 83 85 78partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 58 55 55 50 61 49 41Traumi da parto 1 0 2 0 1 3 0Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 128 127 132 128 124 89 86Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 335 304 310 308 319 275 270Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 126 131 128 151 114 97 91Infezioni specifiche del periodo perinatale 76 65 68 96 82 57 78Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 88 102 91 90 95 87 92Altre condizioni perinatali 181 204 213 221 166 196 187Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 541 436 495 449 407 434 362Malformazioni congenite del sistema nervoso 45 43 42 35 31 26 32Malformazioni congenite del sistema circolatorio 260 215 230 210 183 212 157Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 17 16 21 19 14 24 19Malformazioni congenite dell’apparato digerente 23 24 20 19 17 17 11Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 19 22 29 18 28 24 17Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti e 65 40 57 50 48 48 60del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 58 43 38 54 37 32 39Altre malformazioni e deformazioni congenite 54 33 58 44 49 51 27Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove 56 59 60 66 60 60 62Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 23 22 27 20 22 23 14Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 33 37 33 46 38 37 48Altre malattie 218 259 242 255 240 236 245Alcune malattie infettive e parassitarie 30 47 23 28 34 25 27Tumori 20 17 15 10 18 15 17Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 10 17 13 10 14 17 16Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 25 25 31 24 26 24 30Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 38 49 41 55 33 39 41Malattie del sistema circolatorio 38 34 44 47 50 51 48Malattie del sistema respiratorio 23 29 33 40 28 30 27Malattie dell’apparato digerente 29 36 33 28 33 25 31Altre malattie 5 5 9 13 4 10 8Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 24 28 22 32 21 23 13Totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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534 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015Ta

bella

3 -

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2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosom

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anom

ali e

cau

se m

al d

efin

ite0,

010,

010,

010,

020,

020,

010,

010,

000,

010,

010,

020,

020,

010,

01Altre malattie

0,01

0,02

0,01

0,01

0,00

0,01

0,02

0,03

0,01

0,03

0,04

0,03

0,03

0,03

Alc

une

mal

attie

infe

ttive

e p

aras

sitar

ie0,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

00Tu

mor

i0,

000,

000,

010,

000,

000,

000,

000,

010,

000,

000,

000,

000,

000,

00M

alat

tie d

el sa

ngue

e d

egli

orga

ni e

mat

opoi

etic

i ed

alcu

ni d

istur

bi d

el si

stem

a im

mun

itario

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,01

0,01

Mal

attie

end

ocrin

e, n

utriz

iona

li e

met

abol

iche

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,01

0,00

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

Mal

attie

del

siste

ma

nerv

oso

e de

gli o

rgan

i di s

enso

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

Mal

attie

del

siste

ma

circ

olat

orio

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,00

Mal

attie

del

siste

ma

resp

irato

rio0,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

00M

alat

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ppar

ato

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rent

e0,

000,

010,

000,

010,

000,

000,

000,

010,

010,

000,

010,

010,

010,

00A

ltre

mal

attie

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,00

Cause esterne di traumatism

o e avvelenamento

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

Tota

le0,

920,

840,

890,

850,

740,

770,

750,

800,

790,

780,

880,

860,

810,

72

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:30 Pagina 534

Page 262: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

APPENDICE 535Ta

bella

3- (

segu

e) T

asso

(spe

cific

o pe

r 1.0

00 n

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ntile

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Anni

200

6-20

12

7-29

gio

rni

≥≥ 30

gior

niC

ause

di m

orte

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

0,48

0,47

0,44

0,52

0,50

0,39

0,49

0,16

0,17

0,18

0,17

0,15

0,14

0,11

Neo

nato

affe

tto d

a fa

ttori

mat

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e d

a co

mpl

ican

ze d

ella

gra

vida

nza,

del

trav

aglio

e d

el p

arto

0,02

0,03

0,01

0,03

0,02

0,02

0,02

0,00

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

Dist

urbi

cor

rela

ti al

la d

urat

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lla g

esta

zion

e ed

all’

accr

esci

men

to fe

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0,02

0,02

0,01

0,02

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

0,01

0,01

0,00

Trau

mi d

a pa

rto0,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

00Ip

ossia

e a

sfiss

ia in

traut

erin

a o

della

nas

cita

0,03

0,04

0,03

0,05

0,04

0,03

0,03

0,02

0,03

0,02

0,02

0,02

0,02

0,01

Soffe

renz

a (d

istre

ss) r

espi

rato

ria(o

) del

neo

nato

0,16

0,15

0,17

0,15

0,19

0,11

0,16

0,04

0,03

0,03

0,02

0,03

0,02

0,02

Altr

i dist

urbi

resp

irato

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orig

ine

nel p

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050,

040,

030,

040,

030,

030,

020,

040,

040,

040,

050,

040,

050,

04In

fezi

oni s

peci

fiche

del

per

iodo

per

inat

ale

0,08

0,06

0,05

0,10

0,07

0,05

0,07

0,01

0,02

0,02

0,02

0,01

0,01

0,01

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urbi

em

orra

gici

ed

emat

olog

ici d

el fe

to e

del

neo

nato

0,05

0,05

0,04

0,04

0,05

0,03

0,07

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

Altr

e co

ndiz

ioni

per

inat

ali

0,06

0,09

0,10

0,10

0,09

0,10

0,11

0,04

0,02

0,04

0,04

0,02

0,02

0,01

Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosom

iche

0,25

0,18

0,22

0,20

0,14

0,19

0,14

0,33

0,30

0,29

0,27

0,25

0,28

0,25

Mal

form

azio

ni c

onge

nite

del

siste

ma

nerv

oso

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

0,00

0,01

0,02

0,02

0,02

0,02

0,02

0,01

0,02

Mal

form

azio

ni c

onge

nite

del

siste

ma

circ

olat

orio

0,15

0,12

0,16

0,13

0,09

0,12

0,08

0,18

0,16

0,15

0,14

0,15

0,17

0,15

Mal

form

azio

ni c

onge

nite

del

l’app

arat

o re

spira

torio

0,01

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,01

0,00

0,01

0,00

0,00

0,01

0,01

Mal

form

azio

ni c

onge

nite

del

l’app

arat

o di

gere

nte

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

0,01

0,00

0,02

0,03

0,01

0,02

0,02

0,02

0,01

Mal

form

azio

ni c

onge

nite

del

l’app

arat

o ge

nito

urin

ario

0,01

0,01

0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,01

0,00

0,01

0,01

0,01

0,00

0,00

Mal

form

azio

ni e

def

orm

azio

ni c

onge

nite

del

l’app

arat

o sc

hele

trico

-mus

cola

re, d

egli

arti

e de

l teg

umen

to0,

030,

010,

020,

010,

010,

030,

030,

010,

020,

020,

010,

010,

010,

01A

nom

alie

cro

mos

omic

he, n

on c

lass

ifica

te a

ltrov

e0,

020,

020,

020,

020,

020,

010,

020,

050,

050,

030,

040,

020,

020,

03A

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mal

form

azio

ni e

def

orm

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onge

nite

0,02

0,01

0,01

0,01

0,02

0,02

0,00

0,02

0,02

0,04

0,03

0,02

0,04

0,02

Sintom

i, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

0,01

0,02

0,01

0,01

0,01

0,01

0,02

0,06

0,05

0,07

0,06

0,06

0,07

0,08

Sind

rom

e de

lla m

orte

impr

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sa n

ell’i

nfan

zia

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

0,02

0,02

0,04

0,03

0,03

0,03

0,02

Altr

i sin

tom

i, se

gni,

risul

tati

anom

ali e

cau

se m

al d

efin

ite0,

010,

010,

010,

010,

000,

010,

020,

030,

030,

030,

040,

030,

040,

05Altre malattie

0,02

0,05

0,03

0,04

0,02

0,04

0,04

0,33

0,37

0,35

0,36

0,38

0,35

0,36

Alc

une

mal

attie

infe

ttive

e p

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sitar

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000,

000,

000,

000,

000,

000,

000,

050,

080,

040,

050,

060,

050,

05Tu

mor

i0,

000,

010,

000,

010,

010,

000,

000,

030,

020,

020,

010,

030,

020,

03M

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0,00

0,01

0,00

0,00

0,00

0,01

0,01

0,02

0,02

0,01

0,01

0,02

0,01

0,01

Mal

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0,01

0,01

0,01

0,00

0,00

0,01

0,02

0,03

0,03

0,04

0,03

0,03

0,03

0,03

Mal

attie

del

siste

ma

nerv

oso

e de

gli o

rgan

i di s

enso

0,01

0,01

0,01

0,01

0,00

0,00

0,00

0,06

0,08

0,06

0,08

0,06

0,07

0,07

Mal

attie

del

siste

ma

circ

olat

orio

0,00

0,01

0,01

0,00

0,00

0,01

0,01

0,06

0,05

0,07

0,07

0,08

0,08

0,07

Mal

attie

del

siste

ma

resp

irato

rio0,

000,

000,

000,

010,

000,

000,

000,

040,

050,

060,

060,

050,

050,

05M

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000,

010,

010,

010,

010,

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030,

040,

030,

04A

ltre

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0,00

0,00

0,01

0,00

0,00

0,01

0,00

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

0,01

Cause esterne di traumatism

o e avvelenamento

0,00

0,00

0,00

0,00

0,01

0,01

0,00

0,04

0,05

0,03

0,05

0,03

0,04

0,02

Tota

le0,

770,

720,

710,

770,

680,

630,

700,

920,

950,

910,

920,

870,

880,

83

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:30 Pagina 535

Page 263: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

536 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 3 - (segue) Tasso (specifico per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte - Anni 2006-2012

TotaleCause di morte 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,92 1,91 1,87 2,01 1,86 1,72 1,73Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio e del 0,14 0,15 0,14 0,18 0,15 0,16 0,15partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,10 0,10 0,10 0,09 0,11 0,09 0,08Traumi da parto 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,23 0,23 0,23 0,22 0,16 0,16Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,60 0,54 0,54 0,54 0,57 0,50 0,51Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,22 0,23 0,22 0,27 0,20 0,18 0,17Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,14 0,12 0,12 0,17 0,15 0,10 0,15Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,18 0,16 0,16 0,17 0,16 0,17Altre condizioni perinatali 0,32 0,36 0,37 0,39 0,30 0,36 0,35Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,97 0,77 0,86 0,79 0,72 0,79 0,68Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,08 0,08 0,07 0,06 0,06 0,05 0,06Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,46 0,38 0,40 0,37 0,33 0,39 0,29Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,03 0,04 0,03 0,02 0,04 0,04Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,04 0,04 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,03 0,04 0,05 0,03 0,05 0,04 0,03Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti e 0,12 0,07 0,10 0,09 0,09 0,09 0,11del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,10 0,08 0,07 0,09 0,07 0,06 0,07Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,10 0,06 0,10 0,08 0,09 0,09 0,05Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove0,10 0,10 0,10 0,12 0,11 0,11 0,12Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,04 0,04 0,05 0,04 0,04 0,04 0,03Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,06 0,07 0,06 0,08 0,07 0,07 0,09Altre malattie 0,39 0,46 0,42 0,45 0,43 0,43 0,46Alcune malattie infettive e parassitarie 0,05 0,08 0,04 0,05 0,06 0,05 0,05Tumori 0,04 0,03 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 0,02 0,03 0,02 0,02 0,02 0,03 0,03Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,04 0,04 0,05 0,04 0,05 0,04 0,06Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,09 0,07 0,10 0,06 0,07 0,08Malattie del sistema circolatorio 0,07 0,06 0,08 0,08 0,09 0,09 0,09Malattie del sistema respiratorio 0,04 0,05 0,06 0,07 0,05 0,05 0,05Malattie dell’apparato digerente 0,05 0,06 0,06 0,05 0,06 0,05 0,06Altre malattie 0,01 0,01 0,02 0,02 0,01 0,02 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,04 0,05 0,04 0,06 0,04 0,04 0,02Totale 3,41 3,29 3,29 3,42 3,16 3,09 3,00

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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APPENDICE 537

Tabella 4 - Mortalità (valori assoluti e tasso per 1.000 nati vivi) neonatale* e infantile* per regione - Anni 2006-2012

Neonatale InfantileRegioni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Valori assoluti

Piemonte 106 79 83 70 66 71 63 130 107 113 98 97 93 86Valle d’Aosta 1 2 6 1 2 1 3 1 4 8 2 4 1 3Lombardia 173 190 187 218 185 165 154 245 283 260 302 257 242 221Bolzano-Bozen 18 21 12 15 13 5 10 23 23 16 16 18 7 13Trento 11 4 7 8 7 8 13 15 7 12 11 11 16 22Veneto 105 94 91 102 82 83 81 131 137 135 140 118 131 117Friuli Venezia Giulia 18 13 13 20 25 26 17 24 15 22 30 30 35 22Liguria 31 37 31 27 28 40 27 38 43 34 33 33 45 36Emilia-Romagna 86 90 99 91 87 85 74 124 109 141 125 111 125 103Toscana 68 66 59 63 66 62 49 89 83 85 84 97 82 67Umbria 11 15 19 12 12 7 14 23 22 24 21 19 12 21Marche 30 25 22 39 17 18 17 46 38 37 58 32 26 22Lazio 158 119 153 141 132 136 121 205 183 201 199 167 175 161Abruzzo 33 37 47 30 39 26 36 43 51 60 44 53 35 45Molise 4 4 4 4 11 4 3 5 7 10 9 13 5 6Campania 195 175 171 186 156 146 164 259 255 238 248 234 209 231Puglia 99 105 105 110 93 77 81 151 150 140 148 124 113 117Basilicata 12 0 16 14 12 14 5 17 1 26 19 16 20 11Calabria 67 61 56 56 54 68 60 100 87 72 77 66 81 77Sicilia 140 155 158 187 167 140 151 201 212 222 239 223 201 196Sardegna 30 31 30 30 30 28 20 42 40 40 44 50 37 28Italia 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605

Tassi

Piemonte 2,8 2,0 2,1 1,8 1,7 1,9 1,7 3,4 2,8 2,9 2,5 2,5 2,5 2,3Valle d’Aosta 0,8 1,6 4,6 0,8 1,6 0,8 2,5 0,8 3,2 6,2 1,5 3,2 0,8 2,5Lombardia 1,8 2,0 1,9 2,2 1,9 1,8 1,7 2,6 2,9 2,6 3,1 2,6 2,6 2,4Bolzano-Bozen 3,3 3,8 2,2 2,9 2,4 0,9 1,8 4,3 4,2 2,9 3,1 3,3 1,3 2,4Trento 2,1 0,8 1,3 1,5 1,3 1,5 2,5 2,9 1,4 2,2 2,1 2,0 3,0 4,3Veneto 2,2 2,0 1,9 2,1 1,7 1,8 1,8 2,8 2,9 2,8 2,9 2,5 2,9 2,6Friuli Venezia Giulia 1,7 1,2 1,2 1,9 2,4 2,6 1,7 2,3 1,4 2,1 2,9 2,9 3,5 2,2Liguria 2,6 3,0 2,5 2,2 2,3 3,5 2,3 3,1 3,5 2,7 2,7 2,8 3,9 3,1Emilia-Romagna 2,2 2,2 2,4 2,2 2,1 2,1 1,9 3,1 2,7 3,4 3,0 2,7 3,1 2,6Toscana 2,2 2,0 1,8 1,9 2,0 2,0 1,6 2,8 2,6 2,5 2,6 3,0 2,6 2,2Umbria 1,4 1,9 2,3 1,5 1,5 0,9 1,8 2,9 2,7 2,9 2,7 2,4 1,6 2,8Marche 2,2 1,8 1,5 2,7 1,2 1,3 1,3 3,3 2,7 2,5 4,0 2,3 1,9 1,7Lazio 3,0 2,3 2,7 2,6 2,4 2,5 2,3 3,9 3,5 3,5 3,6 3,1 3,2 3,0Abruzzo 3,0 3,2 4,0 2,6 3,3 2,3 3,2 3,9 4,5 5,1 3,9 4,5 3,1 4,0Molise 1,6 1,6 1,6 1,7 4,4 1,7 1,3 2,0 2,8 4,0 3,8 5,2 2,1 2,6Campania 3,1 2,8 2,8 3,1 2,7 2,6 3,0 4,2 4,1 3,9 4,2 4,0 3,7 4,2Puglia 2,6 2,7 2,7 2,9 2,5 2,1 2,3 4,0 3,9 3,7 3,9 3,3 3,1 3,4Basilicata 2,4 0,0 3,3 3,0 2,6 3,1 1,1 3,4 0,2 5,3 4,0 3,5 4,5 2,5Calabria 3,7 3,4 3,1 3,1 3,0 3,9 3,5 5,5 4,8 4,0 4,3 3,7 4,7 4,5Sicilia 2,8 3,2 3,2 3,8 3,5 3,0 3,3 4,0 4,3 4,5 4,9 4,6 4,3 4,2Sardegna 2,3 2,3 2,2 2,2 2,2 2,1 1,6 3,2 3,0 3,0 3,3 3,7 2,8 2,3Italia 2,5 2,3 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:30 Pagina 537

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538 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 5 - Tasso (per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte e per regione - Anni 2006-2008,2010-2012

2006-2008 2010-2012Regioni Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totale Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totalenatali definite natali definite

Piemonte 1,85 0,67 0,13 0,31 0,05 3,02 1,36 0,59 0,09 0,35 0,04 2,44Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 1,06 0,00 3,43 1,64 0,27 0,27 0,00 0,00 2,19Lombardia 1,31 0,93 0,08 0,36 0,04 2,72 1,39 0,69 0,06 0,37 0,02 2,54Bolzano-Bozen 2,14 1,22 0,18 0,18 0,06 3,79 1,49 0,62 0,00 0,19 0,06 2,37Trento 1,27 0,44 0,25 0,13 0,06 2,15 1,19 1,07 0,25 0,44 0,13 3,08Veneto 1,60 0,74 0,07 0,34 0,06 2,81 1,42 0,72 0,12 0,39 0,03 2,68Friuli Venezia Giulia 1,11 0,51 0,06 0,22 0,03 1,94 1,83 0,60 0,07 0,33 0,07 2,89Liguria 1,96 0,79 0,14 0,24 0,00 3,13 2,05 0,88 0,11 0,17 0,03 3,25Emilia-Romagna 1,79 0,75 0,07 0,43 0,03 3,07 1,57 0,68 0,12 0,36 0,05 2,79Toscana 1,61 0,55 0,10 0,32 0,05 2,64 1,52 0,49 0,09 0,46 0,01 2,58Umbria 1,41 0,83 0,17 0,41 0,04 2,86 0,82 0,86 0,00 0,52 0,04 2,23Marche 1,44 1,04 0,02 0,24 0,12 2,85 0,88 0,58 0,02 0,46 0,00 1,94Lazio 2,13 0,89 0,06 0,52 0,03 3,63 1,97 0,62 0,03 0,43 0,06 3,11Abruzzo 2,92 0,93 0,03 0,61 0,00 4,50 2,31 0,82 0,15 0,55 0,06 3,88Molise 1,20 1,20 0,00 0,40 0,13 2,94 2,22 0,55 0,00 0,55 0,00 3,33Campania 2,41 0,83 0,24 0,53 0,05 4,07 2,21 0,81 0,28 0,65 0,01 3,97Puglia 2,22 0,95 0,03 0,60 0,05 3,86 2,01 0,67 0,05 0,51 0,05 3,28Basilicata 1,83 0,54 0,20 0,41 0,00 2,98 1,84 1,03 0,15 0,44 0,00 3,46Calabria 2,77 1,29 0,11 0,57 0,02 4,76 2,65 1,02 0,10 0,52 0,02 4,30Sicilia 2,42 1,17 0,15 0,48 0,05 4,26 2,54 1,08 0,20 0,51 0,05 4,38Sardegna 1,70 0,90 0,02 0,42 0,00 3,04 1,79 0,69 0,08 0,38 0,00 2,95Italia 1,90 0,87 0,10 0,42 0,04 3,33 1,77 0,73 0,11 0,44 0,03 3,09

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 6 - Tasso (per 1.000 nati vivi) di mortalità neonatale* per causa di morte e per regione - Anni 2006-2008,2010-2012

2006-2008 2010-2012Regioni Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totale Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totalenatali definite natali definite

Piemonte 1,75 0,44 0,05 0,07 0,00 2,31 1,32 0,34 0,01 0,10 0,01 1,77Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 0,00 0,00 2,38 1,64 0,00 0,00 0,00 0,00 1,64Lombardia 1,19 0,63 0,01 0,06 0,01 1,90 1,25 0,45 0,02 0,05 0,00 1,78Bolzano-Bozen 1,95 1,04 0,00 0,12 0,00 3,11 1,31 0,37 0,00 0,06 0,00 1,74Trento 1,08 0,32 0,00 0,00 0,00 1,39 1,07 0,57 0,06 0,06 0,00 1,76Veneto 1,46 0,45 0,03 0,07 0,01 2,02 1,26 0,41 0,04 0,10 0,00 1,80Friuli Venezia Giulia 0,96 0,35 0,03 0,06 0,00 1,40 1,73 0,43 0,03 0,07 0,00 2,26Liguria 1,85 0,63 0,14 0,08 0,00 2,69 1,94 0,68 0,03 0,06 0,00 2,71Emilia-Romagna 1,67 0,47 0,02 0,11 0,00 2,26 1,45 0,46 0,02 0,08 0,01 2,02Toscana 1,52 0,33 0,05 0,07 0,01 1,98 1,43 0,30 0,02 0,10 0,00 1,86Umbria 1,16 0,62 0,08 0,00 0,00 1,87 0,69 0,60 0,00 0,13 0,00 1,42Marche 1,27 0,54 0,00 0,00 0,00 1,81 0,80 0,36 0,00 0,10 0,00 1,26Lazio 1,97 0,56 0,01 0,12 0,00 2,65 1,84 0,47 0,00 0,07 0,02 2,41Abruzzo 2,69 0,67 0,00 0,06 0,00 3,42 2,22 0,58 0,09 0,06 0,00 2,95Molise 0,94 0,54 0,00 0,13 0,00 1,61 2,08 0,42 0,00 0,00 0,00 2,49Campania 2,19 0,52 0,14 0,09 0,00 2,93 2,01 0,50 0,11 0,12 0,00 2,75Puglia 1,99 0,60 0,01 0,10 0,01 2,70 1,84 0,41 0,02 0,06 0,00 2,32Basilicata 1,56 0,27 0,07 0,00 0,00 1,90 1,40 0,81 0,07 0,00 0,00 2,28Calabria 2,46 0,83 0,04 0,04 0,02 3,38 2,65 0,69 0,08 0,08 0,00 3,50Sicilia 2,18 0,73 0,09 0,04 0,00 3,04 2,33 0,70 0,12 0,07 0,01 3,24Sardegna 1,52 0,70 0,00 0,05 0,00 2,27 1,64 0,28 0,05 0,03 0,00 2,00Italia 1,73 0,56 0,04 0,07 0,00 2,40 1,63 0,47 0,04 0,08 0,01 2,23

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Rapporto Osservasalute 2015bis:01 prex 31/03/2016 14:30 Pagina 538

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APPENDICE 539Ta

bella

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1,02

0,79

0,76

0,89

0,78

0,82

1,22

0,88

0,83

1,06

0,86

0,81

0,85

0,81

0,72

0,78

0,72

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0,73

1,15

0,77

0,68

0,98

0,72

0,69

0,88

0,71

0,73

1,04

0,77

0,68

0,73

0,68

0,60

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0,63

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861,

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293,

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145,

253,

422,

994,

163,

162,

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540 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2015

Tabella 8 - Tasso (per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e per causa di morte - Anni 2006-2008, 2010-2012

2006-2008 2010-2012Cause di morte Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,85 2,27 1,90 1,72 2,08 1,77Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del 0,14 0,21 0,14 0,14 0,19 0,15travaglio e del partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,10 0,13 0,10 0,08 0,16 0,09Traumi da parto 0,00 0,01 0,00 0,00 0,02 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,24 0,23 0,18 0,19 0,18Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,56 0,53 0,56 0,53 0,48 0,53Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,21 0,34 0,23 0,17 0,26 0,18Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,12 0,17 0,12 0,13 0,12 0,13Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,24 0,17 0,15 0,25 0,17Altre condizioni perinatali 0,34 0,42 0,35 0,32 0,41 0,33Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,78 1,53 0,87 0,65 1,21 0,73Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,06 0,19 0,08 0,04 0,13 0,05Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,38 0,67 0,41 0,31 0,48 0,34Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,04 0,03 0,03 0,07 0,03Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,04 0,06 0,04 0,02 0,06 0,03Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,04 0,06 0,04 0,03 0,09 0,04Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, 0,09 0,15 0,10 0,08 0,17 0,09degli arti e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,08 0,13 0,08 0,06 0,09 0,07Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,07 0,23 0,09 0,07 0,14 0,08Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non 0,10 0,15 0,10 0,11 0,13 0,11classificati altroveSindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,04 0,09 0,04 0,03 0,04 0,04Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,06 0,06 0,06 0,07 0,09 0,07Altre malattie 0,40 0,63 0,42 0,40 0,66 0,44Alcune malattie infettive e parassitarie 0,05 0,09 0,06 0,05 0,06 0,05Tumori 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del 0,02 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03sistema immunitarioMalattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,04 0,09 0,05 0,04 0,10 0,05Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,13 0,08 0,07 0,05 0,07Malattie del sistema circolatorio 0,06 0,11 0,07 0,08 0,16 0,09Malattie del sistema respiratorio 0,05 0,08 0,05 0,05 0,08 0,05Malattie dell’apparato digerente 0,06 0,07 0,06 0,04 0,13 0,05Altre malattie 0,01 0,01 0,01 0,01 0,03 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,03 0,13 0,04 0,03 0,09 0,03Totale 3,15 4,71 3,33 2,90 4,18 3,09

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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APPENDICE 541

Tabella 9 - Tasso (per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e rapporto tra la mortalità infanti-le dei cittadini stranieri e italiani per regione - Anni 2006-2008, 2010-2012

2006-2008 2010-2012 Rapporto straniera/italianaRegioni Iitaliana Straniera Totale Italiana Straniera Totale 2006-2008 2010-2012

Piemonte 2,78 4,30 3,02 2,14 3,70 2,44 1,55 1,73Valle d’Aosta 3,50 2,85 3,43 2,54 0,00 2,19 0,81 n.a.Lombardia 2,34 4,42 2,72 2,21 3,70 2,54 1,89 1,67Bolzano-Bozen 3,75 4,06 3,79 2,08 4,18 2,37 1,08 2,01Trento 2,37 0,87 2,15 2,41 6,33 3,08 0,37 2,63Veneto 2,43 4,48 2,81 2,43 3,58 2,68 1,85 1,47Friuli Venezia Giulia 1,97 1,75 1,94 2,86 3,03 2,89 0,89 1,06Liguria 2,99 4,15 3,13 2,86 5,18 3,25 1,39 1,81Emilia-Romagna 2,64 4,91 3,07 2,41 4,01 2,79 1,86 1,67Toscana 2,29 4,61 2,64 2,05 5,88 2,58 2,01 2,86Umbria 2,69 3,77 2,86 2,33 1,94 2,23 1,40 0,83Marche 2,65 3,93 2,85 1,91 2,03 1,94 1,48 1,06Lazio 3,32 6,25 3,63 2,58 6,32 3,11 1,88 2,45Abruzzo 4,32 6,54 4,50 3,61 7,22 3,88 1,52 2,00Molise 2,85 6,04 2,94 4,79 0,00 3,33 2,12 n.a.Campania 3,97 8,48 4,07 3,85 7,93 3,97 2,14 2,06Puglia 3,80 6,43 3,86 3,26 3,64 3,28 1,69 1,12Basilicata 2,89 6,96 2,98 3,28 7,73 3,46 2,40 2,36Calabria 4,62 8,68 4,76 4,24 5,40 4,30 1,88 1,27Sicilia 4,20 6,26 4,26 4,26 7,04 4,38 1,49 1,65Sardegna 2,92 8,36 3,04 2,91 4,01 2,95 2,86 1,38Italia 3,15 4,76 3,33 2,90 4,18 3,09 1,51 1,44

n.a. = non applicabile.*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 10 - Mortalità (valori assoluti) infantile* per cittadinanza e per regione - Anni 2006-2008, 2010-2012

2006-2008 2010-2012Regioni Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Piemonte 271 79 350 196 80 276Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 12 1 13 8 0 8Lombardia 555 233 788 488 232 720Bolzano-Bozen 55 7 62 29 9 38Trento 32 2 34 32 17 49Veneto 282 121 403 261 105 366Friuli Venezia Giulia 53 8 61 71 16 87Liguria 96 19 115 83 31 114Emilia-Romagna 260 114 374 223 116 339Toscana 190 67 257 169 77 246Umbria 54 15 69 41 11 52Marche 95 26 121 57 23 80Lazio 481 108 589 357 146 503Abruzzo 136 18 154 115 18 133Molise 21 1 22 23 1 24Campania 718 34 752 634 40 674Puglia 424 17 441 340 14 354Basilicata 42 2 44 43 4 47Calabria 243 16 259 209 15 224Sicilia 606 29 635 575 45 620Sardegna 115 7 122 110 5 115Italia 4.741 924 5.665 4.078 991 5.069

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 257

Parti con Taglio Cesareo

Significato. Il numero di parti con Taglio Cesareo (TC)sul totale dei parti è considerato un importante indica-tore della qualità dell’assistenza perinatale. Quando medicalmente giustificato, un parto cesareopuò prevenire gravi complicanze materne e perinatali;non ci sono, invece, evidenze scientifiche che dimostri-no un qualche beneficio in termini di salute per la madreo il bambino, quando tale procedura non è necessaria.Nel 1985, un panel di esperti convocati dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) per discutere sulle appro-priate tecnologie per la nascita, concluse, basandosi sul-le evidenze al momento disponibili, che non c’eranogiustificazioni, per nessun Paese, di superare una pro-porzione di TC pari al 10-15%. Sebbene sia riconosciuto che proporzioni più basse diTC, complessivamente, si accompagnino ad una mag-

giore qualità dell’assistenza, tale valore soglia è, tutto-ra, continuamente dibattuto e oggetto di controversie daparte della comunità scientifica. Nonostante le raccomandazioni dell’OMS, le propor-zioni di TC sono in continuo aumento nel mondo. Unarecente analisi, condotta su 121 Paesi, ha dimostratoche dal 1990 al 2014 le proporzioni di TC sono aumen-tate, in media, del 4,4%. Gli incrementi più importantisi sono verificati nell’America Latina e nei Paesi carai-bici, seguiti dai Paesi asiatici, da quelli dell’Oceania,dell’Europa, del Nord America e, infine, dell’Africa(1). Per queste ragioni, la proporzione di TC sul totaledei parti continua ad essere uno degli indicatori di salu-te riproduttiva e di qualità dell’assistenza più utilizzatia livello internazionale e continuamente monitorati alivello nazionale e internazionale.

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti cesarei in donne che non hanno subito un precedente cesareo(DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2)

x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti cesarei (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. La proporzione di TC è registratacon buona precisione e può essere stimata sia a partiredalle informazioni presenti nelle Schede di DimissioneOspedaliera (SDO) che attraverso i Certificati diAssistenza al Parto. L’indicatore stimato a partire daiDiagnosis Related Groups (DRG) delle SDO è quellopiù facilmente calcolabile a livello nazionale.Per poter confrontare in modo più corretto strutture oregioni è necessario considerare la presenza di un pre-cedente parto cesareo. Per questo motivo vengonoriportati e descritti altri due indicatori: “parti cesareiprimari” e “parti cesarei ripetuti” (parti cesarei in don-ne in cui è stato eseguito un precedente cesareo).Per l’individuazione del precedente TC, viene utilizza-to il codice ICD-9-CM di diagnosi secondaria 654.2riportato nella SDO della madre al momento del parto.Vengono, inoltre, riportati e descritti i tassi grezzi estandardizzati per età.

Valore di riferimento/Benchmark. L’eccessivoricorso al TC è una delle criticità evidenziate nelPiano Sanitario Nazionale 2011-2013, che prevedeuna riorganizzazione strutturale dei punti nascita perfacilitarne la riduzione in modo da portarli, gradual-mente, al 20%.

Descrizione dei risultatiNel 2015, in Italia, la proporzione di TC sul totale deiparti è variata da un minimo del 24,04%, registratonelle PA di Bolzano e Trento, ad un massimo del61,09% registrato in Campania, con un valore nazio-nale pari al 35,42% (Tabella 1). Come negli anni precedenti, anche per il 2015 il Lazioe tutte le regioni del Meridione presentano una percen-tuale di TC al di sopra del valore nazionale. Si conti-nua, pertanto, a registrare per questo indicatore unimportante gradiente Nord-Sud ed Isole (Grafico 1).

L. DALLOLIO, J. STOJANOVIC, M.P. FANTINI

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:20 Pagina 257

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258 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Si evidenzia positivamente, come già osservato nelleprecedenti Edizioni, che la maggior parte delle regio-ni presentano un trend in riduzione (Tabella 1). Questatendenza è da imputare, per lo più e come negli annipassati, alla riduzione dei TC primari (Tabella 2). Si registra, comunque, un trend in lieve riduzioneanche per i TC ripetuti (Tabella 3).Nonostante l’età non sia una indicazione assoluta pereffettuare un TC, è un dato di fatto che all’aumentaredell’età aumenti la probabilità di partorire con TC. In

Italia, nel 2015, il 73,37% delle donne con più di 45anni ha partorito con TC, con percentuali che variano,a livello regionale, dal 53,85% registrato nella PA diTrento al 92,86% osservato in Molise (dati non pre-senti in tabella). La Tabella 4, infine, riporta la variazione dei tassistandardizzati per età dei TC totali nel 2015 rispetto al2011 e mostra come, al netto dell’età materna, le pro-porzioni di TC siano, comunque, in diminuzione.

Tabella 1 - Proporzione (valori per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione - Anni2011-2015

Regioni 2011 2012 2013 2014 2015 ∆∆ %(2011-2015)

Piemonte 30,41 30,53 29,84 28,67 28,45 -6,44Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 33,56 32,96 28,78 -7,60Lombardia 28,83 28,08 28,23 27,96 26,89 -6,73Bolzano-Bozen 25,00 24,56 24,44 24,68 24,04 -3,83Trento 26,91 26,36 25,22 25,74 24,04 -10,66Veneto 27,04 26,75 26,40 25,11 24,97 -7,63Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 24,38 23,92 24,20 -1,82Liguria 34,66 33,95 35,26 34,02 33,25 -4,07Emilia-Romagna 29,56 28,49 28,69 27,49 27,09 -8,37Toscana 26,07 26,24 25,54 26,22 25,67 -1,56Umbria 31,19 32,15 31,30 30,79 28,07 -9,99Marche 34,67 34,18 34,83 35,70 33,63 -3,00Lazio 44,06 43,35 42,68 41,62 39,82 -9,64Abruzzo 42,85 39,07 39,48 38,16 37,65 -12,15Molise 47,02 48,08 48,05 45,43 45,32 -3,62Campania 62,51 61,15 61,41 62,20 61,09 -2,28Puglia 46,59 42,24 41,02 41,08 42,04 -9,77Basilicata 44,47 40,21 41,97 40,08 38,43 -13,59Calabria 37,41 36,11 35,77 36,42 36,94 -1,26Sicilia 46,60 44,71 44,54 43,92 43,32 -7,04Sardegna 41,46 41,10 41,97 40,12 39,79 -4,04Italia 37,76 36,62 36,50 36,05 35,42 -6,19

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2016.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 259

Grafico 1 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo primario e ripetuto per regione - Anno 2015

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2016.

Tabella 2 - Proporzione (valori per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo primario per regio-ne - Anni 2011-2015

Regioni 2011 2012 2013 2014 2015 ∆∆ %(2011-2015)

Piemonte 19,50 19,64 19,41 18,54 18,16 -6,87Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 22,41 21,37 16,83 -25,51Lombardia 18,41 18,17 17,96 17,92 16,88 -8,36Bolzano-Bozen 16,90 17,50 17,79 17,79 16,69 -1,27Trento 16,94 16,06 16,49 17,14 14,90 -12,04Veneto 17,28 17,02 16,79 15,90 15,81 -8,49Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 16,97 16,64 16,46 -5,65Liguria 23,95 24,05 23,91 22,92 22,33 -6,74Emilia-Romagna 18,92 17,89 18,55 17,23 17,00 -10,15Toscana 17,43 17,55 17,00 17,24 17,27 -0,88Umbria 20,99 20,91 20,24 19,95 17,34 -17,39Marche 22,02 20,96 22,07 22,16 21,79 -1,06Lazio 27,98 27,36 26,69 25,68 23,64 -15,54Abruzzo 28,86 25,09 26,05 24,49 24,29 -15,86Molise 27,83 29,55 29,16 26,94 26,92 -3,24Campania 34,58 33,52 33,54 34,34 33,36 -3,54Puglia 27,74 24,54 23,46 23,13 23,72 -14,51Basilicata 23,58 20,25 22,31 22,16 21,64 -8,21Calabria 20,33 18,08 18,10 19,81 20,81 2,32Sicilia 25,77 23,20 22,15 22,05 21,88 -15,11Sardegna 28,26 27,55 28,64 26,69 26,10 -7,64Italia 23,10 22,10 21,93 21,59 21,02 -9,00

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2016.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:20 Pagina 259

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260 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Raccomandazioni di OsservasaluteNonostante si continui a registrare un trend in riduzio-ne, le proporzioni di TC rimangono elevate in Italia e,in particolar modo, nelle regioni del Mezzogiorno. È importante continuare a monitorare tale indicatore,ma più che sulla riduzione del tasso al di sotto di unospecifico valore, tutti gli sforzi devono essere orienta-

ti affinchè ogni donna riceva un TC solo se clinica-mente necessario.Il contenimento dei TC inappropriati rappresenta, dun-que, un importante strumento per la sicurezza delladonna e del neonato e può essere realizzato solo attra-verso azioni da attuare a livello regionale, aziendale edei singoli professionisti.

Tabella 3 - Proporzione (valori per 100) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo ripetuto per regio-ne - Anni 2011-2015

Regioni 2011 2012 2013 2014 2015 ∆∆ %(2011-2015)

Piemonte 10,90 10,89 10,44 10,13 10,29 -5,60Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 11,15 11,58 11,96 39,62Lombardia 10,41 9,92 10,27 10,04 10,01 -3,85Bolzano-Bozen 8,10 7,06 6,64 6,91 7,36 -9,18Trento 9,97 10,30 8,73 8,58 9,14 -8,33Veneto 9,76 9,74 9,61 9,21 9,16 -6,12Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 7,41 7,27 7,74 7,45Liguria 10,71 9,90 11,35 11,10 10,92 1,92Emilia-Romagna 10,64 10,60 10,14 10,26 10,08 -5,20Toscana 8,65 8,69 8,53 8,98 8,39 -2,94Umbria 10,20 11,24 11,06 10,84 10,73 5,22Marche 12,65 13,22 12,77 13,54 11,84 -6,39Lazio 16,08 15,98 15,99 15,94 16,18 0,63Abruzzo 13,99 13,98 13,43 13,67 13,36 -4,50Molise 19,20 18,53 18,89 18,48 18,40 -4,17Campania 27,93 27,63 27,87 27,85 27,73 -0,72Puglia 18,85 17,70 17,56 17,95 18,32 -2,80Basilicata 20,90 19,95 19,65 17,92 16,79 -19,66Calabria 17,08 18,03 17,67 16,61 16,13 -5,54Sicilia 20,82 21,51 22,39 21,86 21,44 2,95Sardegna 13,20 13,55 13,33 13,42 13,69 3,67Italia 14,66 14,52 14,57 14,46 14,40 -1,76

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2016.

Tabella 4 - Tasso (standardizzato per 10.000) e variazione percentuale di parti con Taglio Cesareo per regione -Anni 2011-2015

Regioni 2011 2012 2013 2014 2015 ∆∆ %(2011-2015)

Piemonte 62,25 62,07 58,30 54,46 52,54 -15,59Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 71,94 72,83 67,59 68,69 55,14 -23,35Lombardia 63,98 61,68 59,16 57,26 54,34 -15,06Bolzano-Bozen 56,83 57,65 56,14 59,94 57,69 1,52Trento 59,59 57,96 56,16 55,13 51,38 -13,78Veneto 57,16 56,17 52,15 49,00 47,63 -16,68Friuli Venezia Giulia 47,62 44,05 44,90 42,39 41,17 -13,54Liguria 64,25 64,75 64,95 60,74 57,94 -9,83Emilia-Romagna 64,03 60,81 58,71 54,09 52,54 -17,95Toscana 52,01 52,33 48,12 48,82 45,90 -11,75Umbria 64,34 65,90 60,70 57,49 50,02 -22,26Marche 73,21 69,78 65,72 65,89 62,50 -14,62Lazio 93,22 92,96 87,26 77,48 73,56 -21,09Abruzzo 82,96 75,16 73,73 70,40 68,41 -17,53Molise 83,25 86,62 83,69 77,88 77,91 -6,42Campania 136,55 130,77 125,94 122,98 121,23 -11,22Puglia 94,41 82,47 75,74 73,70 73,32 -22,34Basilicata 79,00 71,21 69,06 66,22 65,31 -17,32Calabria 73,65 71,18 67,62 68,95 70,95 -3,68Sicilia 100,04 94,58 89,91 89,04 86,31 -13,73Sardegna 72,28 67,30 63,49 61,72 62,14 -14,03Italia 79,19 76,57 72,70 69,92 67,73 -14,47

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2016.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 261

La proporzione di TC continua ad essere uno degliindicatori più frequentemente utilizzati per la valuta-zione della qualità dei servizi ostetrici. In questa sede,per un confronto più appropriato, è stato utilizzatoanche il tasso standardizzato per età. Per operare confronti tra singole strutture si racco-manda, invece, di utilizzare modelli di risk adjustmentche consentono di tener conto del diverso case-mixdelle strutture o, in alternativa, di utilizzare la propor-zione di TC in donne nullipare, con gravidanza singo-la, a termine e con presentazione cefalica, indicatoreche studia un’ampia fascia di popolazione con gravi-

danze potenzialmente a basso rischio e che consente,pertanto, di valutare l’utilizzo inappropriato di questaprocedura (2).

Riferimenti bibliografici(1) Betrán AP, Ye J, Moller A-B, Zhang J, Gülmezoglu AM,Torloni MR (2016). The Increasing Trend in CaesareanSection Rates: Global, Regional and National Estimates:1990-2014. PLoS ONE 11 (2): e0148343. doi:10.1371/jour-nal.pone.0148343.(2) Stivanello E, Rucci P, Carretta E, Pieri G, Seghieri C,Nuti S, Declercq E, Taglioni M, Fantini MP. Risk adju-stment for inter-hospital comparison of caesarean deliveryrates in low-risk deliveries. PLoSOne. 2011; 6 (11): e28060.

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262 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Abortività volontaria

Significato. La Legge n. 194/1978 (“Norme per latutela della maternità e sull’Interruzione Volontariadella Gravidanza”) regola, in Italia, le modalità delricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa qualsiasidonna, per motivi di salute, economici, sociali o fami-liari, può richiedere l’Interruzione Volontaria diGravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazio-ne. Oltre questo termine, l’IVG è consentita solo pergravi problemi di salute fisica o psichica. L’interventopuò essere effettuato presso le strutture pubbliche delServizio Sanitario Nazionale oppure presso le struttu-re private accreditate e autorizzate dalle regioni. Il tasso di abortività volontaria è l’indicatore più fre-

quentemente usato a livello internazionale (spesso uti-lizzando al denominatore la popolazione femminile dietà 15-44 anni) e permette di valutare l’incidenza delfenomeno che, in gran parte, dipende dalle scelteriproduttive, dall’uso di metodi contraccettivi nellapopolazione e dall’offerta dei servizi nei vari ambititerritoriali. Al fine di una valutazione più completadell’IVG, è possibile calcolare questo indicatore spe-cifico per alcune caratteristiche delle donne, ad esem-pio età, stato civile, parità, luogo di nascita e cittadi-nanza. Si può, inoltre, utilizzare il tasso standardizza-to per età al fine di eliminare l’effetto confondente diquesta variabile.

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione media residente di donne di 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Rapporto di abortività volontaria

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i datiraccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto Nazionale diStatistica (Istat), dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) edal Ministero della Salute. Per ogni IVG effettuata èobbligatorio compilare il modello Istat D.12 ed inviarloal sistema informativo nazionale. Successivamente, sul-la base di questi dati, le regioni elaborano alcune tabelleche inviano al Sistema di Sorveglianza ministeriale coor-dinato dall’ISS. Ogni anno, il Ministro della Salute pre-senta al Parlamento una relazione sull’andamento delfenomeno (1) e l’Istat pubblica i dati sul proprio sito (2)e tramite altri canali di diffusione. Attualmente, i dati ita-liani sono tra i più accurati ed aggiornati a livello inter-nazionale. I limiti dell’indicatore possono essere rappre-sentati dal fatto che, in alcuni casi, viene calcolato utiliz-zando al numeratore tutte le IVG effettuate in regione (dadonne residenti e non) e al denominatore le donne resi-denti, provocando una sovrastima o sottostima del feno-meno. Utilizzando, invece, le donne residenti, sia alnumeratore che al denominatore, vengono esclusi alcunicasi relativi, principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento può essereassunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-ni che presentano il valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2014, l’Istat ha notificato, mediante il modelloD.12, 95.400 IVG con un calo del 4,9% rispetto al2013. Un dato provvisorio riferito al 2015 mostra unulteriore decremento dell’8,3% a fronte di 87.522 casiregistrati.Questa differenza può dipendere anche dalla presenzadi una sottonotifica dei dati in alcune regioni (Liguria,Campania, Puglia e Sardegna per l’anno 2014; Siciliae Sardegna per il 2015). I dati elaborati dal Sistema diSorveglianza sull’IVG, coordinato dall’ISS e dalMinistero della Salute, che integra i dati raccoltidall’Istat con l’archivio delle Schede di DimissioneOspedaliera (SDO) del Ministero della Salute e leinformazioni fornite direttamente dalle Regioni, han-no rilevato 102.760 casi di IVG per il 2013, 96.578casi per il 2014 e 87.639 casi per il 2015 (1). L’Istat procede alla stima dei dati mancanti attraversole SDO e il tasso di abortività volontaria per l’anno2014 è risultato pari a 6,9 casi di IVG per 1.000 don-ne residenti in età feconda (Tabella 1). Il tasso del2015, dato provvisorio, risulta pari a 6,4 casi per1.000. Si conferma, quindi, il trend decrescente, ini-ziato nel 2004, a seguito di un periodo di sostanzialestabilità: infatti, nel 2012, il tasso era pari a 7,6 IVGper 1.000 donne residenti in età feconda e la diminu-

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 263

zione tra il 2004-2015 risulta pari a circa il 32% (2)1.Nel confronto tra le regioni (Grafico 1), viene utiliz-zato il tasso standardizzato per eliminare le differenzedovute all’età e anche in questo caso, analogamente altasso grezzo, si registra una diminuzione a livellonazionale (-21%) tra il 2004 e il 2014. Il valore piùalto del tasso si registra in Liguria (10,9 per 1.000)seguita dalla Puglia (9,3 per 1.000), mentre il valorepiù basso si osserva nella PA di Bolzano (4,8 per1.000), in Calabria (5,7 per 1.000), in Sardegna e inVeneto (pari merito 5,8 per 1.000). Rispetto al 2004,per tutte le regioni si registra una diminuzione del tas-so che è più consistente in Umbria (-39%), nel Lazio(-29%) e in Lombardia (-25%).Con riferimento all’età, le classi con i livelli più eleva-ti del tasso sono le seguenti: 20-24 anni (10,4 per1.000), 25-29 (11,4 per 1.000) e 30-34 (11,0 per 1.000).Rispetto al 2004, si registra una diminuzione dell’indi-catore in tutte le classi di età, in particolar modo per ledonne più giovani di età 15-19 e 20-24 anni (-32%).L’indicatore denominato “rapporto di abortività volon-taria” misura il numero delle IVG ogni 1.000 nati vivi,rapportando il fenomeno alle nascite; eventuali varia-zioni possono risultare da diverse combinazioni del-l’abortività e della natalità. Tale indicatore risulta incostante diminuzione dalla metà degli anni Novanta,partendo da un valore di 385,9 casi di IVG per 1.000nati vivi fino ad arrivare a 186,8 casi per 1.000 nel2014. Considerando lo stesso intervallo temporale ana-lizzato per il tasso di abortività, la diminuzione avve-nuta tra il 2004-2014 è stata del 20%: questa differen-za nel trend è dovuta, principalmente, alla maggiorriduzione osservata del numero di IVG (-29%) rispet-to alla diminuzione nello stesso periodo del numero dinati vivi (-12%). La variazione del rapporto, infatti,dipende dal trend delle IVG e da quello delle nascite,eventi fortemente condizionati anche dalla presenza dicittadine straniere in Italia. Analizzando il rapporto percittadinanza (Grafico 2), per le donne italiane la varia-zione è negativa e pari a -21%, frutto di una maggioreriduzione delle IVG (-36%) rispetto a quella dei nativivi (-20%). Per le donne straniere, invece, il rapportodiminuisce del 41%, principalmente a causa dell’au-mento delle nascite (+61%), piuttosto che alla lieveriduzione delle IVG (-5%). Scendendo nel dettaglio dell’età (Tabella 2), per ledonne italiane la variazione del rapporto è negativaper tutte le classi e prevale la combinazione delladecrescita sia delle IVG che delle nascite, con la solaeccezione delle classi meno giovani (40-49 anni) nel-le quali si osserva un aumento dei nati al denominato-re. In corrispondenza della classe 30-34 anni, la dimi-nuzione del 30% è frutto della sola diminuzione delleIVG, restando più o meno costante il numero delle

nascite. Tra le donne straniere, la situazione risulta mag-giormente diversificata: la classe di età più giovane (15-19 anni) è l’unica a presentare un, seppure lieve, aumen-to dell’indicatore (+2%) che denota una riduzione piùmarcata (-4%) dei nati vivi rispetto alle IVG (-2%). Perle classi comprese tra 20-34 anni, il numeratore e ildenominatore hanno andamenti contrastanti: le IVGdiminuiscono mentre i nati vivi aumentano e l’effetto è,comunque, una riduzione del rapporto di oltre il 40%.Infine, nelle età più elevate (35-49 anni), aumentano siale IVG che i nati vivi, ma questi ultimi in misura mag-giore: il risultato è sempre una riduzione dell’indicatore.L’indagine Istat e il Sistema di Sorveglianza rilevano,oltre alle informazioni sulle caratteristiche delle don-ne, anche informazioni relative alle modalità di svol-gimento dell’intervento. Ulteriori informazioni suiconsultori familiari, le strutture che effettuano IVG edil personale sanitario obiettore sono raccolte dall’ISSe dal Ministero della Salute, tramite il Sistema diSorveglianza. Nella Tabella 3 e nella Tabella 4 sonoriportate alcune di queste informazioni: tipo di aneste-sia, tipo di intervento, tempi di attesa, settimane digestazione e ginecologi obiettori. Nel 2015, resta mol-to elevato il ricorso all’anestesia generale (69,0%), anchese in diminuzione rispetto al 2013 (76,6%). In alcuneregioni, più del 90% degli interventi vengono eseguiticon anestesia generale, in particolare nel Molise, nellaPA di Bolzano e nell’Umbria. L’anestesia locale pereffettuare l’IVG è utilizzata solo nel 4,5% dei casi, nono-stante sia la pratica più raccomandata a livello interna-zionale poiché minimizza i rischi per la salute della don-na e presenta un impegno minore del personale sanitarioe delle infrastrutture (quindi anche costi inferiori). Leregioni che superano la soglia del 10% sono le Marche(38,1%) e l’Abruzzo (12,9%). Rispetto al 2013, i casi incui viene utilizzata la sedazione profonda sono più cheraddoppiati e risultano pari al 10,1% (tale voce è stataintrodotta nel modello Istat D.12 nel 2012). Dal 2009, in Italia è consentita l’IVG tramite la proce-dura farmacologica, ma è dal 2013 che la scheda di rile-vazione dell’Istat contiene una informazione più detta-gliata del tipo di intervento. Infatti, l’aborto farmacolo-gico è suddiviso nelle tre voci: “solo Mifepristone”,“Mifepristone+Prostaglandina” “solo Prostaglandina”.Le regioni che maggiormente ricorrono alla combina-zione “solo Mifepristone” o “Mifepristone+prostaglan-dine” sono la Liguria (41,3%), il Piemonte (34,6%),l’Emilia-Romagna (26,4%), la Toscana (21,9%) e laPuglia (19,6%). Queste regioni presentano anche laquota più elevata di IVG effettuate senza alcuna terapiaantalgica (Tabella 3).La Legge n. 194/1978 prevede che per effettuarel’IVG occorre il rilascio di documentazione/certifica-zione da parte del personale preposto. Una valutazio-

1Nel proseguimento del testo il calcolo degli indicatori si riferisce all’anno 2014 in quanto, al momento della stesura del presente Capitolo, le stime al 2015 sono state effettuate solo sultotale dei casi, senza la disaggregazione per regione, età e cittadinanza.

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ne dei tempi di attesa tra la consegna di questa documen-tazione e l’effettuazione dell’intervento può essere unindicatore di efficienza dei servizi: per esempio, unnumero di giorni superiore a 21 può indicare difficoltànell’applicazione della disposizione. Nel 2015, il 13,2%delle IVG viene effettuato dopo una attesa che supera i21 giorni, valore in diminuzione rispetto al 2013 (-9,5%). Si osserva, però, una considerevole variabilità territo-riale, con valori che oscillano tra l’1,9% e il 24,8%.Anche la percentuale degli interventi effettuati a 11-12settimane di gestazione può essere un indicatore dellaqualità dei servizi offerti, poiché, per legge, il limitemassimo per poter richiedere una IVG, in assenza digravi motivi di salute, è di 90 giorni. Il 12,9% dei casidi IVG viene effettuato al limite della soglia previstaper legge e anche in questo caso il valore diminuiscerispetto al 2013 (-11%).Sempre con riferimento all’efficienza dei servizi, lapresenza di una quota consistente di personale obietto-re (art. 9, Legge n. 194/1978) può inficiare l’espleta-mento dell’intervento. Nel 2014, la percentuale diginecologi obiettori risulta pari a 70,7%, in lieveaumento rispetto al 2013 (70,0%). Le regioni che supe-

rano ampiamente l’80% sono il Molise, la Sicilia, laBasilicata, la PA di Bolzano e l’Abruzzo. La Valled’Aosta presenta il valore più basso (13,3%) (Tabella4). Il Ministero della Salute, per individuare eventualicriticità riguardo l’impatto che l’esercizio del dirittoall’obiezione di coscienza da parte del personale sani-tario può avere rispetto alla possibilità di accessoall’IVG per chi possiede i requisiti stabiliti dalla legge,calcola uno specifico indicatore: il carico di lavoro set-timanale medio per IVG per ginecologo non obiettore,conteggiato su 44 settimane lavorative all’anno. Ildato, riferito al 2014 e pubblicato sulla Relazioneannuale al Parlamento, mostra un carico di 1,6 IVGsettimanali per ginecologo (dato nazionale), con unacerta variabilità: si va da un minimo di 0,4 casi dellaValle d’Aosta ad un massimo di 4,7 del Molise.Approfondendo l’analisi con dati sub-regionali, ven-gono evidenziate tre specifiche criticità locali: in unaAzienda Sanitaria Locale della Puglia si raggiungono15,8 IVG a settimana (rispetto alla media regionale di3,5 IVG), in una del Piemonte 13,5 IVG (rispetto allamedia regionale di 1,7 IVG) e in una della Sicilia 12,2IVG (rispetto alla media regionale di 3,8 IVG).

Tabella 1 - Tasso (grezzo, standardizzato e specifico per 1.000) di abortività volontaria per regione e macroarea- Anno 2014

Regioni Tassi Tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 6,2 12,8 15,0 13,4 10,2 4,5 0,4 8,0 9,2Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 3,3 12,6 12,5 14,3 12,5 3,4 0,4 7,6 8,8Lombardia 5,6 11,2 11,9 11,5 9,3 4,0 0,3 7,0 7,9Bolzano-Bozen 2,7 5,9 7,0 6,8 6,7 2,9 0,3 4,3 4,8Trento 4,1 8,2 10,6 10,1 6,9 4,0 0,4 5,9 6,6Veneto 3,4 7,8 8,6 9,0 7,0 3,1 0,3 5,1 5,8Friuli Venezia Giulia 4,3 9,0 9,8 8,6 9,0 3,8 0,4 5,8 6,6Liguria* 8,8 17,0 16,5 15,8 11,6 4,8 0,5 9,2 10,9Emilia-Romagna 5,6 12,9 14,4 13,0 10,7 4,8 0,5 8,0 9,1Toscana 5,4 11,8 13,4 12,8 10,4 4,6 0,4 7,7 8,7Umbria 5,3 10,0 11,6 11,0 8,9 3,8 0,3 6,7 7,5Marche 3,9 7,6 9,4 8,7 7,7 3,4 0,2 5,5 6,1Lazio 6,4 12,1 13,0 11,4 9,7 4,2 0,4 7,4 8,4Abruzzo 5,5 10,7 11,0 11,0 8,9 4,7 0,4 7,0 7,6Molise 5,2 10,2 11,4 9,6 9,7 5,0 0,5 7,0 7,6Campania* 4,2 8,7 10,0 10,7 9,2 4,2 0,3 6,5 7,0Puglia* 6,4 12,3 13,1 13,4 12,0 5,6 0,4 8,6 9,3Basilicata 4,3 8,0 9,2 8,9 9,9 3,9 0,4 6,1 6,6Calabria 3,4 7,8 8,4 8,3 7,2 3,3 0,4 5,4 5,7Sicilia 4,4 8,5 9,0 8,4 7,4 3,1 0,2 5,6 6,0Sardegna* 4,2 7,7 8,4 8,1 6,9 3,9 0,4 5,3 5,8Italia 5,1 10,4 11,4 11,0 9,2 4,1 0,3 6,9 7,6Nord-Ovest 6,0 12,2 13,2 12,4 9,7 4,2 0,3 7,5 8,5Nord-Est 4,2 9,7 10,9 10,5 8,6 3,9 0,4 6,3 7,1Nord 5,3 11,1 12,2 11,6 9,3 4,0 0,4 7,0 7,9Centro 5,7 11,3 12,5 11,4 9,6 4,2 0,4 7,2 8,1Sud 4,8 9,8 10,7 11,0 9,7 4,5 0,3 7,0 7,5Isole 4,4 8,3 8,9 8,3 7,3 3,3 0,3 5,6 6,0Mezzogiorno 4,7 9,3 10,1 10,2 9,0 4,1 0,3 6,5 7,0

*A causa di incompletezza dei dati i tassi della Liguria, Campania, Puglia e Sardegna sono stati stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2014.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 265

Tasso (standardizzato per 1.000 donne di età 15-49 anni) diabortività volontaria per regione. Anno 2014

Grafico 1 - Tasso (standardizzato per 1.000 donne di età 15-49 anni) di abortività volontaria per regione - Anni2004, 2014

Nota: a causa di incompletezza dei dati i tassi del 2014 della Liguria, Campania, Puglia e Sardegna sono stati stimati.Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anni 2004, 2014.

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266 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Grafico 2 - Variazione percentuale del rapporto (valori per 1.000 nati vivi da donne di età 15-49 anni) di abor-tività volontaria per cittadinanza - Anni 2004, 2014

Italiane

Nota: a causa di incompletezza dei dati i tassi relativi al 2014 della Liguria, Campania, Puglia e Sardegna sono stati stimati.Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anni 2004, 2014.

Straniere

Tabella 2 - Rapporto (valori per 1.000 nati vivi) e variazione percentuale di abortività volontaria, InterruzioneVolontaria di Gravidanza e di nati vivi per classe di età e cittadinanza - Anni 2004, 2014

Rapporto di abortività ∆∆ %% ∆∆ %%Classi di età 2004 2014 ∆∆ %% IVG Nati vivi

Italiane

15-19 1.185,3 1.012,5 -15 -38 -2720-24 457,6 398,5 -13 -38 -2825-29 166,1 146,1 -12 -44 -3730-34 120,2 94,7 -21 -43 -2835-39 188,0 131,3 -30 -30 040-44 463,6 245,2 -47 -17 5745-49 1.012,3 289,6 -71 -1 246

Straniere

15-19 712,4 729,9 2 -2 -420-24 461,2 277,1 -40 -26 2325-29 437,6 235,1 -46 -17 5530-34 489,9 267,2 -45 -3 7935-39 650,3 380,2 -42 25 11440-44 974,6 611,4 -37 51 14045-49 1.014,1 594,6 -41 67 185

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anni 2004, 2014.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 267

Tabella 3 - Abortività volontaria (valori percentuali) per terapia antalgica e farmacologica e per regione - Anno2015

Terapia antalgica Terapia farmacologicaRegioni Generale Locale Analgesia Sedazione Nessuna RU 486*°e altro profonda

Piemonte 57,7 0,4 3,7 6,7 31,5 34,6Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 89,0 0,0 0,0 1,6 9,3 10,3Lombardia 84,4 3,5 7,8 4,3 0,0 5,1Bolzano-Bozen 97,7 0,6 0,8 0,0 1,0 0,8Trento 76,0 0,0 1,8 14,6 7,6 4,5Veneto 38,0 3,0 9,3 39,6 10,0 10,3Friuli Venezia Giulia 82,9 0,6 2,4 5,8 8,3 9,2Liguria 47,4 0,3 4,5 8,4 39,4 41,3Emilia-Romagna 53,9 6,2 7,4 13,8 18,6 26,4Toscana 52,4 6,9 2,0 15,3 23,4 21,9Umbria 90,0 0,4 1,3 4,9 3,4 4,0Marche 34,5 38,1 1,3 24,2 1,9 1,0Lazio 60,4 9,5 0,4 16,2 13,5 15,1Abruzzo 74,5 12,9 2,4 2,1 8,0 6,8Molise 99,7 0,0 0,3 0,0 0,0 1,4Campania 83,6 4,4 0,5 9,4 2,1 3,0Puglia 76,2 1,8 1,8 0,7 19,5 19,6Basilicata 75,5 0,7 4,6 12,6 6,6 6,3Calabria 79,4 0,8 0,5 12,8 6,5 4,6Sicilia 86,0 0,6 1,0 0,8 11,7 11,3Sardegna 81,2 0,2 6,9 5,2 6,6 8,2Italia 69,0 4,5 3,8 10,1 12,6 16,4

*I dati si riferiscono a “solo Mifepristone” e “Mifepristone+Prostaglandina”. Per la Lombardia il valore comprende anche la voce “soloProstaglandina”.°IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2016.

Tabella 4 - Abortività volontaria (valori percentuali) per tempo di attesa, settimana di gestazione e ginecologiobiettori e per regione - Anno 2015

Regioni Tempi di attesa Settimane di gestazione Ginecologi(>21 giorni) (11-12) obiettori*

Piemonte 9,6 11,3 63,3Valle d’Aosta-Vallèe d’Aoste 23,5 19,6 13,3Lombardia 16,4 16,6 68,3Bolzano-Bozen 5,8 16,1 85,9Trento 17,7 12,4 57,4Veneto 23,8 16,6 77,0Friuli Venezia Giulia 11,1 12,4 58,4Liguria 8,3 10,8 59,7Emilia-Romagna 6,3 11,7 53,0Toscana 13,1 14,3 59,5Umbria 24,3 14,5 65,6Marche 5,9 13,3 70,1Lazio 12,8 15,2 78,2Abruzzo 14,7 15,6 80,7Molise 1,9 5,3 89,7Campania 11,6 6,1 81,8Puglia 10,8 8,9 78,5Basilicata 4,0 5,8 88,1Calabria 24,8 11,0 76,6Sicilia 17,2 14,0 89,1Sardegna 6,4 12,1 60,2Italia 13,2 12,9 70,7

*La percentuale di ginecologi obiettori si riferisce all’anno 2014, ad eccezione dei dati relativi alla Campania che si riferiscono al 2013.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2016.

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268 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Raccomandazioni di OsservasaluteI dati confermano l’andamento in diminuzionedell’IVG in Italia, tendenza che, ormai, coinvolgeanche le cittadine straniere, gruppo a maggior rischiodi ricorrere all’aborto. Il fenomeno diminuisce, comunque, in tutte le catego-rie (donne giovani, minorenni, nubili e straniere) equesto è, senz’altro, un segnale positivo dell’aumen-tata circolazione dell’informazione sulla procreazioneresponsabile e dell’attività dei servizi. Resta implicita la necessità di continuare a seguirecon attenzione le donne in condizioni sociali svantag-giate, attraverso programmi di prevenzione che devo-no basarsi sul modello dell’empowerment (promozio-ne della riflessione sui vissuti e sviluppo di consape-volezze e competenze per scelte autonome), comeviene delineato dalla Carta di Ottawa e dal ProgettoObiettivo Materno-Infantile. I dati sulle procedure dell’intervento e sulla disponibi-lità di servizi e operatori sottolineano alcuni migliora-menti, pur evidenziando la necessità di un attento

monitoraggio a livello locale che favorisca la pienaapplicazione della Legge n. 194/1978.

Riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2016). Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2014 e 2015. Roma: Ministero della Salute, 2016.Disponibile sul sito: www.salute.gov.it/portale/documenta-zione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2552.(2) Istat, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2014. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it. (3) Ngo TD, Park MH, Shakur H, Free C. Comparativeeffectiveness, safety and acceptability of medical abortion athome and in a clinic: a systematic review. Bull World HealthOrgan. 2011. 89 (5): 360-70.(4) WHO. Safe abortion: technical and policy guidance forhealth systems. Geneva, 2012. Disponibile sul sito:http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/70914/1/9789241548434_eng.pdf.(5) Ministero della Salute. Interruzione volontaria di gravi-danza con mifepristone e prostaglandine - anni 2010-2011.28 febbraio 2013. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1938_allega-to.pdf.

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 269

Abortività spontanea

Significato. La normativa italiana definisce l’AbortoSpontaneo (AS) come l’interruzione involontaria del-la gravidanza che si verifica entro 180 giorni di gesta-zione, cioè 25 settimane e 5 giorni. Dopo tale limitegestazionale, l’evento viene classificato come natomorto. Altri Paesi adottano differenti definizioni:attualmente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità,nella classificazione internazionale delle malattiedefinisce in modo generico la morte fetale senza farriferimento alla durata della gravidanza lasciando,però, intendere che debba essere il peso (più o meno

500 grammi) il fattore discriminante tra AS e natomorto. A tale peso (informazione non presente nei datisull’AS) corrisponde, in genere, un periodo gestazio-nale massimo di 22 settimane. Sebbene i fattori biologici (quali età della donna e del-l’uomo, la parità e eventuali patologie) siano, tuttora,considerati come i più importanti determinanti dellafrequenza dell’AS, in alcuni studi si è evidenziato chequesto evento può essere associato a specifiche condi-zioni lavorative ed esposizioni ambientali.

Rapporto di abortività spontanea

Numeratore Aborti spontanei di donne di 15-49 annix 1.000

Denominatore Nati vivi da donne di 15-49 anni

Validità e limiti. I dati sono rilevati dall’IstitutoNazionale di Statistica (Istat) (1) che raccoglie i casi peri quali si sia reso necessario il ricovero in istituti dicura, sia pubblici che privati (Modello D.11). Gli ASnon soggetti a ricovero quali, ad esempio, gli aborti chesi risolvono senza intervento del medico o che necessi-tano di sole cure ambulatoriali, non vengono rilevati.Le statistiche ufficiali dell’Istat sul fenomeno permetto-no di ricostruire la serie storica dell’AS su tutto il terri-torio nazionale, anche se non consentono uno studio suspecifici fattori di rischio, ad esclusione delle usualiinformazioni di natura socio-demografica. È molto dif-ficoltoso effettuare confronti con altri Paesi sia perchénon risulta che abbiano registri a copertura nazionale,sia a causa di differenti definizioni adottate.L’indicatore maggiormente diffuso in letteratura, e quiutilizzato, è il rapporto di abortività spontanea riferitoai soli nati vivi. In realtà, l’indicatore più corretto, da unpunto di vista metodologico, è la proporzione di aborti-vità, che considera al denominatore tutti i casi a rischiodi AS, ovvero il totale delle gravidanze dato dalla som-ma dei nati vivi, nati morti, AS e una parte delleInterruzioni Volontarie di Gravidanza (ovvero quellaparte che potrebbe aver evitato un AS avendo agito pri-ma che questo potesse verificarsi).

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento, può essereassunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-ni con indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2014, il numero di AS registrati dall’Istat è pari a66.560 e il rapporto di abortività risulta uguale a138,19 casi per 1.000 nati vivi (Tabella 1).Il fenomeno dell’abortività spontanea risulta essere

fortemente connesso all’età della donna: i rapporti diabortività spontanea, specifici per età, aumentano alcrescere dell’età della donna, ad eccezione delle gio-vanissime (<20 anni) che hanno valori superioririspetto alle donne di età 20-29 anni. Tra le giovanis-sime, infatti, non è molto alto il numero delle nasciteper cui il rapporto presenta valori elevati.Un rischio significativamente elevato si nota a partiredalla classe di età 35-39 anni, quando il valore dell’in-dicatore supera del 60% quello riferito alla classe dietà precedente.Il trend dell’indicatore (Grafico 1) mostra un incremen-to del valore grezzo, cioè non depurato dall’effetto del-l’età della donna che, come appena visto, rappresentaun determinante significativo per il rischio di abortivi-tà spontanea. Nonostante varie oscillazioni temporali, ilrapporto grezzo è passato da un valore pari a 89,21aborti per 1.000 nati vivi nel 1982 a 138,19 per 1.000nel 2014, aumentando, quindi, del 55% in 30 anni.Negli ultimi 3 anni si osserva una flessione dell’indica-tore. Questa dinamica è il risultato della combinazionedegli eventi a numeratore e a denominatore, cioè gli ASe i nati vivi. Ricordiamo che l’indicatore è stato costrui-to sugli eventi di donne residenti in Italia.In questo modo è stata esclusa una parte di donne stra-niere che, invece, nel nostro Paese hanno contribuito arisollevare i tassi di fecondità. Se si osserva il trend del rapporto standardizzato, si evin-ce chiaramente l’effetto dell’età: eliminandolo, con laprocedura della standardizzazione, scompare la crescitaosservata con l’indicatore grezzo e appare una sostanzia-le stabilità del fenomeno (+8% nel periodo 1982-2014).La crescita incontrastata dell’età media al parto eall’AS (Grafico 2) completa il quadro di insieme e raf-forza la conclusione che un posticipo del calendarioriproduttivo aumenti, significativamente, il rischio di

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:20 Pagina 269

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270 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Tabella 1 - Rapporto (grezzo, standardizzato e specifico per 1.000 nati vivi) di dimissioni ospedaliere da istitutidi cura per aborto spontaneo per regione e macroarea - Anno 2014

Regioni Rapporti Rapporti15−19 20−24 25−29 30−34 35−39 40−44 45−49 grezzi std

Piemonte* 139,13 77,71 80,49 88,01 153,64 348,02 520,03 124,54 106,40Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0,00 114,37 46,77 56,86 154,10 251,09 411,72 103,25 83,52Lombardia* 147,84 90,24 83,17 97,99 151,87 338,46 515,74 130,31 111,68Bolzano-Bozen 87,72 81,40 86,96 86,93 159,94 382,35 391,30 123,05 109,39Trento 239,13 68,80 103,42 96,56 153,16 311,80 400,00 128,57 115,85Veneto 102,34 86,47 92,27 109,07 170,10 418,76 660,61 145,63 123,09Friuli Venezia Giulia 167,80 81,46 104,45 110,59 176,43 354,02 758,05 147,46 127,26Liguria* 128,47 82,00 95,37 97,13 162,99 318,98 411,36 137,16 115,03Emilia-Romagna* 83,83 70,82 76,10 93,72 149,16 357,83 532,45 125,72 104,81Toscana 118,57 73,74 79,44 101,56 142,95 322,04 403,41 127,17 107,18Umbria 129,67 84,94 62,59 76,61 130,88 333,44 448,97 109,09 92,86Marche* 138,35 89,05 83,91 103,43 167,44 390,89 658,55 138,79 118,21Lazio* 162,19 112,50 109,54 115,20 189,86 408,94 404,43 165,31 137,43Abruzzo* 93,94 98,95 105,75 120,54 203,42 414,85 776,22 163,09 138,59Molise 276,28 83,72 90,41 129,92 188,25 479,18 383,72 157,43 137,92Campania* 94,00 80,67 83,19 91,04 145,55 358,15 417,40 114,47 106,42Puglia* 132,53 105,93 110,08 123,47 198,74 462,37 821,25 161,24 143,09Basilicata 226,76 85,44 101,93 129,47 200,64 426,99 519,54 163,68 141,27Calabria* 148,27 97,89 103,86 115,22 187,69 378,11 802,96 145,69 133,05Sicilia* 104,15 90,66 91,26 113,31 182,06 402,39 639,66 136,97 126,48Sardegna* 209,74 93,55 103,90 131,15 204,32 441,40 958,04 184,36 144,71Italia 123,12 88,58 90,20 104,07 166,69 375,65 539,40 138,19 119,20Nord-Ovest 142,43 86,26 83,00 94,97 153,24 338,13 504,75 129,12 110,24Nord-Est 106,06 78,70 87,60 101,55 161,39 381,53 592,99 136,12 115,39Centro 145,20 95,48 93,57 106,97 169,32 377,54 423,41 146,83 122,81Sud 115,99 91,49 95,66 108,41 176,25 403,87 612,95 138,86 125,29Isole 112,16 91,05 93,27 116,90 188,10 415,64 720,53 146,69 130,19

*A causa di incompletezza dei dati, i rapporti delle regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo,Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna sono stati stimati.Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per Aborto Spontaneo. Anno 2014.

un esito negativo della gravidanza e che questo, prin-cipalmente, abbia determinato l’aumento del numerodi AS nel nostro Paese. Tra i due eventi c’è una diffe-

renza di età media delle donne di poco più di 2 anni.Tale media è per entrambi aumentata: +4,2 anni per ilparto e +5,0 per l’AS nel periodo 1982-2014.

Rapporto (standardizzato per 1.000 nati vivi) di dimissioniospedaliere da istituti di cura per aborto spontaneo per regione.Anno 2014

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SALUTE MATERNO-INFANTILE 271

Grafico 1 - Rapporto (grezzo e standardizzato per 1.000 nati vivi) di dimissioni ospedaliere da istituti di cura peraborto spontaneo - Anni 1982-2014

Nota: a causa di incompletezza dei dati, i rapporti sono stati stimati per le seguenti regioni: Piemonte (anni 1986-1993, 1995-1997, 2014),Lombardia (anni 2010, 2012, 2014), Liguria (anni 2011, 2013-2014), Emilia-Romagna (anni 2013-2014), Toscana (anno 1984), Marche (anno2014), Lazio (anni 1995, 2014), Abruzzo (anno 2014), Molise (anni 2004, 2011-2013), Campania (anni 2006-2009, 2012, 2014), Puglia (anni2013-2014), Basilicata (anno 2013), Calabria (anno 2014), Sicilia (anni 2009-2010, 2013-2014), Sardegna (anni 2011, 2013-2014), tutte leregioni (anno 1998).La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento i nati vivi in Italia nel 2001.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per Aborto Spontaneo. Anni 1982-2014.

Grafico 2 - Età media (valori in anni) al parto e all’aborto spontaneo - Anni 1982-2014

Fonti dei dati: Istat: Rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita. Istat: Indagine sulle dimissioni dagli istituti di cura per aborto sponta-neo. Anni 1982-2014.

Raccomandazioni di OsservasaluteL’Italia, differentemente da altri Paesi europei, pre-senta la peculiarità di avere una indagine specificasugli AS, pur limitando la rilevazione ai soli casiospedalizzati. Tale indagine consente di evidenziareeventuali situazioni a rischio che necessiterebbero, inogni caso, di studi specifici più approfonditi sui fatto-ri di rischio, sia in campo lavorativo che ambientale. Non meno importanti risultano i fattori di tipo biolo-gico e sociologico: l’età è, senza dubbio, un fattore di

rischio determinante per il buon esito della gravidan-za. Posticipare il calendario riproduttivo aumenta ilrischio di AS (e non solo) per cui andrebbero proget-tati ed organizzati interventi a favore della donna edella coppia che consentano di effettuare delle scelteconsapevoli sul timing delle gravidanze desiderate.

Riferimenti bibliografici(1) Istat: Dimissioni dagli istituti di cura per aborto sponta-neo. Anno 2014. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it.

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Sopravvivenza e mortalità per causa

Significato. La mortalità infantile è una importantemisura del benessere demografico e uno dei più signi-ficativi indicatori sociali che permette di correlare lamortalità con i vari momenti dello sviluppo di unapopolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita.Questa misura è, infatti, strettamente correlata oltreche a fattori biologici anche alle condizioni sociali,economiche e culturali di un Paese. I fattori biologici principali sono l’età materna, l’ordi-ne di nascita, l’intervallo tra parti successivi, il nume-ro delle nascite, la presentazione fetale al momentodella nascita e la storia ostetrica della madre. I fattorisociali ed economici più rilevanti sono la legittimità,le condizioni abitative, il numero di componenti delnucleo familiare, il reddito familiare, alcune caratteri-stiche della madre (nutrizione, livello di istruzione eabitudine al fumo durante la gravidanza) e occupazio-ne del padre. L’indicatore risente anche della qualitànella gestione della gravidanza e dell’evoluzione tec-nologica nell’assistenza al parto.

Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimen-to alla popolazione residente rapportando il numero dimorti entro il 1° anno di vita, in un determinato perio-do, al numero di nati vivi nello stesso periodo e vieneespresso come rapporto su 1.000 nati vivi in 1 anno.Come è noto, il rischio di morte di un bambino decre-sce rapidamente durante il 1° anno di vita. Il maggiornumero di decessi, nei Paesi economicamente più svi-luppati, si registra, infatti, in corrispondenza del 1°mese, ma anche della 1a settimana di vita. Le cause didecesso per questo profilo sono endogene (cause dimorte strutturali o legate a fattori biologici o congeni-ti, quali la salute della madre, la presenza di anomaliecongenite, l’evoluzione del parto o fattori legatiall’assistenza al parto) ed esogene, ovvero connesse amalattie infettive o legate a condizioni ambientali edigieniche e si presentano con una quota elevata didecessi anche oltre il 1° mese di vita.Quest’ultima situazione risulta ancora peculiare nellamaggior parte dei Paesi a Forte Pressione Migratoria.

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-ratore è l’indagine sui decessi e cause di morte con-dotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Per ilnumero di nati vivi residenti, al denominatore, la fon-te di riferimento è la Rilevazione individuale degliiscritti in Anagrafe per nascita condotta ugualmentedall’Istat.È importante sottolineare che la rilevazione Istat sullecause di morte riguarda tutti i decessi che si verifica-

no sul territorio nazionale, ma non rileva i decessi diindividui residenti in Italia avvenuti all’estero. I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle regioni incui risiedono popolazioni numericamente più esigue,si possono presentare ampie variazioni da un annoall’altro. Per questa ragione per l’analisi territoriale itassi sono stati calcolati su base triennale (2006-2008e 2012-2014).

Mortalità infantile e neonatale

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 519

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520 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000 nati vivi) infantile* - Anni 2006-2014

Classi di età 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Valori assoluti

<1 giorno 513 474 511 486 417 419 403 422 3351-6 giorni 449 444 447 499 483 445 387 379 3697-29 giorni 434 405 411 439 384 346 373 323 307Mortalità neonatale 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163 1.124 1.011≥30 giorni 516 534 527 523 489 481 442 399 385Totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396

Tassi

<1 giorno 0,9 0,8 0,9 0,9 0,7 0,8 0,8 0,8 0,71-6 giorni 0,8 0,8 0,8 0,9 0,9 0,8 0,7 0,7 0,77-29 giorni 0,8 0,7 0,7 0,8 0,7 0,6 0,7 0,6 0,6Mortalità neonatale 2,5 2,4 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2 2,2 2,0≥30 giorni 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9 0,8 0,8 0,8Totale 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0 3,0 2,8

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 520

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APPENDICE 521Ta

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1420

0820

0920

1020

1120

1220

1320

14

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

391

380

318

306

304

318

249

327

374

361

342

296

302

282

Neo

nato

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1923

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6277

7684

5547

5940

5644

5455

Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche

106

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9781

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9496

9482

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1518

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42

2Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

614

99

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6Altre malattie

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9

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 521

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522 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016Ta

bella

2- (

segu

e) M

orta

lità

(val

ori a

ssol

uti)

infa

ntile

* pe

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Anni

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2008

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2010

2011

2012

2013

2014

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

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5

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 522

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APPENDICE 523

Tabella 2 - (segue) Mortalità (valori assoluti) infantile* per classe di età e per causa di morte - Anni 2008-2014

TotaleCause di morte 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1.077 1.145 1.045 938 923 915 807Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio e del 78 101 83 85 78 76 70partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 55 50 61 49 41 52 46Traumi da parto 2 0 1 3 0 0 1Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 132 128 124 89 86 102 70Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 310 308 319 275 270 254 199Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 128 151 114 97 91 84 87Infezioni specifiche del periodo perinatale 68 96 82 57 78 72 95Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 91 90 95 87 92 66 62Altre condizioni perinatali 213 221 166 196 187 209 177Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 495 449 407 434 362 345 325Malformazioni congenite del sistema nervoso 42 35 31 26 32 33 41Malformazioni congenite del sistema circolatorio 230 210 183 212 157 159 161Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 21 19 14 24 19 18 14Malformazioni congenite dell’apparato digerente 20 19 17 17 11 14 6Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 29 18 28 24 17 18 21Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti 57 50 48 48 60 41 36e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 38 54 37 32 39 38 32Altre malformazioni e deformazioni congenite 58 44 49 51 27 24 14Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove 60 66 60 60 62 63 43Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 27 20 22 23 14 23 18Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 33 46 38 37 48 40 25Altre malattie 242 255 240 236 245 184 208Alcune malattie infettive e parassitarie 23 28 34 25 27 19 20Tumori 15 10 18 15 17 15 12Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 13 10 14 17 16 12 21Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 31 24 26 24 30 21 18Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 41 55 33 39 41 30 36Malattie del sistema circolatorio 44 47 50 51 48 44 53Malattie del sistema respiratorio 33 40 28 30 27 17 20Malattie dell’apparato digerente 33 28 33 25 31 21 22Altre malattie 9 13 4 10 8 5 6Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 22 32 21 23 13 16 13Totale 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 523

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524 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016Ta

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2014

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche

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0,01

0,01

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0,01

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0,01

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0,00

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0,00

0,00

0,00

Cause esterne di traumatism

o e avvelenamento

0,00

0,00

0,00

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0,00

0,00

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0,00

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0,00

0,00

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890,

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720,

740,

73

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 524

Page 290: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

APPENDICE 525Ta

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2008

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2012

2013

2014

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

0,44

0,52

0,50

0,39

0,49

0,45

0,42

0,18

0,17

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0,14

0,11

0,12

0,13

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0,02

Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche

0,22

0,20

0,14

0,19

0,14

0,13

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Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

0,01

0,01

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03Altre malattie

0,03

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Cause esterne di traumatism

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830,

780,

77

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 525

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526 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Tabella 3 - (segue) Tasso (specifico per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte - Anni 2008-2014

TotaleCause di morte 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,87 2,01 1,86 1,72 1,73 1,78 1,61Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio e del 0,14 0,18 0,15 0,16 0,15 0,15 0,14partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,10 0,09 0,11 0,09 0,08 0,10 0,09Traumi da parto 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,23 0,22 0,16 0,16 0,20 0,14Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,54 0,54 0,57 0,50 0,51 0,49 0,40Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,22 0,27 0,20 0,18 0,17 0,16 0,17Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,12 0,17 0,15 0,10 0,15 0,14 0,19Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,16 0,17 0,16 0,17 0,13 0,12Altre condizioni perinatali 0,37 0,39 0,30 0,36 0,35 0,41 0,35Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,86 0,79 0,72 0,79 0,68 0,67 0,65Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,07 0,06 0,06 0,05 0,06 0,06 0,08Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,40 0,37 0,33 0,39 0,29 0,31 0,32Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,04 0,03 0,02 0,04 0,04 0,03 0,03Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02 0,03 0,01Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,05 0,03 0,05 0,04 0,03 0,03 0,04Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti 0,10 0,09 0,09 0,09 0,11 0,08 0,07e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,07 0,09 0,07 0,06 0,07 0,07 0,06Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,10 0,08 0,09 0,09 0,05 0,05 0,03Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove 0,10 0,12 0,11 0,11 0,12 0,12 0,09Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,05 0,04 0,04 0,04 0,03 0,04 0,04Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,06 0,08 0,07 0,07 0,09 0,08 0,05Altre malattie 0,42 0,45 0,43 0,43 0,46 0,36 0,41Alcune malattie infettive e parassitarie 0,04 0,05 0,06 0,05 0,05 0,04 0,04Tumori 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 0,02 0,02 0,02 0,03 0,03 0,02 0,04Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,05 0,04 0,05 0,04 0,06 0,04 0,04Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,10 0,06 0,07 0,08 0,06 0,07Malattie del sistema circolatorio 0,08 0,08 0,09 0,09 0,09 0,09 0,11Malattie del sistema respiratorio 0,06 0,07 0,05 0,05 0,05 0,03 0,04Malattie dell’apparato digerente 0,06 0,05 0,06 0,05 0,06 0,04 0,04Altre malattie 0,02 0,02 0,01 0,02 0,01 0,01 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,04 0,06 0,04 0,04 0,02 0,03 0,03Totale 3,29 3,42 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 526

Page 292: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

APPENDICE 527

Tabella 4 - Mortalità (valori assoluti e tasso - valori per 1.000 nati vivi) neonatale* per regione - Anni 2006-2014

Regioni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Valori assoluti

Piemonte 106 79 83 70 66 71 63 62 39Valle d’Aosta 1 2 6 1 2 1 3 3Lombardia 173 190 187 218 185 165 154 147 164Bolzano-Bozen 18 21 12 15 13 5 10 10 12Trento 11 4 7 8 7 8 13 13 7Veneto 105 94 91 102 82 83 81 67 54Friuli Venezia Giulia 18 13 13 20 25 26 17 22 15Liguria 31 37 31 27 28 40 27 21 25Emilia-Romagna 86 90 99 91 87 85 74 75 80Toscana 68 66 59 63 66 62 49 42 42Umbria 11 15 19 12 12 7 14 13 11Marche 30 25 22 39 17 18 17 16 16Lazio 158 119 153 141 132 136 121 138 104Abruzzo 33 37 47 30 39 26 36 24 17Molise 4 4 4 4 11 4 3 7 3Campania 195 175 171 186 156 146 164 158 112Puglia 99 105 105 110 93 77 81 66 84Basilicata 12 0 16 14 12 14 5 12 12Calabria 67 61 56 56 54 68 60 59 58Sicilia 140 155 158 187 167 140 151 135 132Sardegna 30 31 30 30 30 28 20 37 21Italia 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163 1.124 1.011

Tassi

Piemonte 2,8 2,0 2,1 1,8 1,7 1,9 1,7 1,7 1,1Valle d’Aosta 0,8 1,6 4,6 0,8 1,6 0,8 2,5 0,0 2,7Lombardia 1,8 2,0 1,9 2,2 1,9 1,8 1,7 1,7 1,9Bolzano-Bozen 3,3 3,8 2,2 2,9 2,4 0,9 1,8 1,9 2,2Trento 2,1 0,8 1,3 1,5 1,3 1,5 2,5 2,5 1,4Veneto 2,2 2,0 1,9 2,1 1,7 1,8 1,8 1,6 1,3Friuli Venezia Giulia 1,7 1,2 1,2 1,9 2,4 2,6 1,7 2,3 1,6Liguria 2,6 3,0 2,5 2,2 2,3 3,5 2,3 1,9 2,3Emilia-Romagna 2,2 2,2 2,4 2,2 2,1 2,1 1,9 2,0 2,2Toscana 2,2 2,0 1,8 1,9 2,0 2,0 1,6 1,4 1,4Umbria 1,4 1,9 2,3 1,5 1,5 0,9 1,8 1,8 1,6Marche 2,2 1,8 1,5 2,7 1,2 1,3 1,3 1,3 1,3Lazio 3,0 2,3 2,7 2,6 2,4 2,5 2,3 2,6 2,1Abruzzo 3,0 3,2 4,0 2,6 3,3 2,3 3,2 2,2 1,6Molise 1,6 1,6 1,6 1,7 4,4 1,7 1,3 3,1 1,4Campania 3,1 2,8 2,8 3,1 2,7 2,6 3,0 3,0 2,2Puglia 2,6 2,7 2,7 2,9 2,5 2,1 2,3 2,0 2,5Basilicata 2,4 0,0 3,3 3,0 2,6 3,1 1,1 2,9 2,9Calabria 3,7 3,4 3,1 3,1 3,0 3,9 3,5 3,5 3,5Sicilia 2,8 3,2 3,2 3,8 3,5 3,0 3,3 3,0 2,9Sardegna 2,3 2,3 2,2 2,2 2,2 2,1 1,6 3,1 1,8Italia 2,5 2,3 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2 2,2 2,0

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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528 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Tabella 5 - Mortalità (valori assoluti e tasso - valori per 1.000 nati vivi) infantile* per regione - Anni 2006-2014

Regioni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Valori assoluti

Piemonte 130 107 113 98 97 93 86 85 57Valle d’Aosta 1 4 8 2 4 1 3 2 3Lombardia 245 283 260 302 257 242 221 219 246Bolzano-Bozen 23 23 16 16 18 7 13 13 15Trento 15 7 12 11 11 16 22 14 10Veneto 131 137 135 140 118 131 117 94 84Friuli Venezia Giulia 24 15 22 30 30 35 22 31 19Liguria 38 43 34 33 33 45 36 26 31Emilia-Romagna 124 109 141 125 111 125 103 106 106Toscana 89 83 85 84 97 82 67 55 57Umbria 23 22 24 21 19 12 21 17 15Marche 46 38 37 58 32 26 22 27 24Lazio 205 183 201 199 167 175 161 167 140Abruzzo 43 51 60 44 53 35 45 31 23Molise 5 7 10 9 13 5 6 9 6Campania 259 255 238 248 234 209 231 210 151Puglia 151 150 140 148 124 113 117 98 107Basilicata 17 1 26 19 16 20 11 15 15Calabria 100 87 72 77 66 81 77 79 77Sicilia 201 212 222 239 223 201 196 184 184Sardegna 42 40 40 44 50 37 28 41 26Italia 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396

Tassi

Piemonte 3,4 2,8 2,9 2,5 2,5 2,5 2,3 2,4 1,6Valle d’Aosta 0,8 3,2 6,2 1,5 3,2 0,8 2,5 1,9 2,7Lombardia 2,6 2,9 2,6 3,1 2,6 2,6 2,4 2,5 2,9Bolzano-Bozen 4,3 4,2 2,9 3,1 3,3 1,3 2,4 2,5 2,7Trento 2,9 1,4 2,2 2,1 2,0 3,0 4,3 2,7 2,1Veneto 2,8 2,9 2,8 2,9 2,5 2,9 2,6 2,2 2,1Friuli Venezia Giulia 2,3 1,4 2,1 2,9 2,9 3,5 2,2 3,3 2,1Liguria 3,1 3,5 2,7 2,7 2,8 3,9 3,1 2,4 2,9Emilia-Romagna 3,1 2,7 3,4 3,0 2,7 3,1 2,6 2,8 2,9Toscana 2,8 2,6 2,5 2,6 3,0 2,6 2,2 1,9 2,0Umbria 2,9 2,7 2,9 2,7 2,4 1,6 2,8 2,3 2,1Marche 3,3 2,7 2,5 4,0 2,3 1,9 1,7 2,1 1,9Lazio 3,9 3,5 3,5 3,6 3,1 3,2 3,0 3,2 2,8Abruzzo 3,9 4,5 5,1 3,9 4,5 3,1 4,0 2,9 2,2Molise 2,0 2,8 4,0 3,8 5,2 2,1 2,6 4,0 2,7Campania 4,2 4,1 3,9 4,2 4,0 3,7 4,2 4,0 2,9Puglia 4,0 3,9 3,7 3,9 3,3 3,1 3,4 2,9 3,2Basilicata 3,4 0,2 5,3 4,0 3,5 4,5 2,5 3,7 3,6Calabria 5,5 4,8 4,0 4,3 3,7 4,7 4,5 4,7 4,7Sicilia 4,0 4,3 4,5 4,9 4,6 4,3 4,2 4,1 4,1Sardegna 3,2 3,0 3,0 3,3 3,7 2,8 2,3 3,5 2,3Italia 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0 3,0 2,8

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 528

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APPENDICE 529

Tabella 6 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte e per regione - Anni 2006-2008, 2012-2014

2006-2008 2012-2014Regioni Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totale Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totalenatali definite natali definite

Piemonte 1,85 0,67 0,13 0,31 0,05 3,02 1,24 0,50 0,08 0,28 0,02 2,12Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 1,06 0,00 3,43 1,79 0,30 0,00 0,30 0,00 2,38Lombardia 1,31 0,93 0,08 0,36 0,04 2,72 1,44 0,63 0,09 0,36 0,04 2,57Bolzano-Bozen 2,14 1,22 0,18 0,18 0,06 3,79 1,36 0,62 0,00 0,43 0,12 2,53Trento 1,27 0,44 0,25 0,13 0,06 2,15 1,65 0,59 0,26 0,46 0,07 3,04Veneto 1,60 0,74 0,07 0,34 0,06 2,81 1,20 0,67 0,07 0,35 0,04 2,32Friuli Venezia Giulia 1,11 0,51 0,06 0,22 0,03 1,94 1,72 0,49 0,04 0,28 0,00 2,53Liguria 1,96 0,79 0,14 0,24 0,00 3,13 1,62 0,93 0,06 0,18 0,00 2,79Emilia-Romagna 1,79 0,75 0,07 0,43 0,03 3,07 1,53 0,70 0,07 0,46 0,01 2,76Toscana 1,61 0,55 0,10 0,32 0,05 2,64 1,20 0,36 0,08 0,33 0,02 2,00Umbria 1,41 0,83 0,17 0,41 0,04 2,86 1,36 0,59 0,05 0,41 0,00 2,41Marche 1,44 1,04 0,02 0,24 0,12 2,85 1,05 0,45 0,03 0,39 0,00 1,91Lazio 2,13 0,89 0,06 0,52 0,03 3,63 1,96 0,55 0,04 0,43 0,03 3,01Abruzzo 2,92 0,93 0,03 0,61 0,00 4,50 2,06 0,58 0,09 0,28 0,03 3,04Molise 1,20 1,20 0,00 0,40 0,13 2,94 2,05 0,44 0,00 0,59 0,00 3,08Campania 2,41 0,83 0,24 0,53 0,05 4,07 2,18 0,81 0,23 0,49 0,03 3,73Puglia 2,22 0,95 0,03 0,60 0,05 3,86 1,83 0,72 0,10 0,50 0,02 3,17Basilicata 1,83 0,54 0,20 0,41 0,00 2,98 1,73 0,87 0,16 0,47 0,00 3,23Calabria 2,77 1,29 0,11 0,57 0,02 4,76 2,73 1,00 0,22 0,68 0,02 4,64Sicilia 2,42 1,17 0,15 0,48 0,05 4,26 2,45 0,91 0,23 0,55 0,03 4,16Sardegna 1,70 0,90 0,02 0,42 0,00 3,04 1,62 0,70 0,06 0,22 0,06 2,65Italia 1,90 0,87 0,10 0,42 0,04 3,33 1,71 0,67 0,11 0,41 0,03 2,92

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 7 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità neonatale* per causa di morte e per regione - Anni2006-2008, 2012-2014

2006-2008 2012-2014Regioni Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totale Peri- Congenite Mal Altre Esterne Totalenatali definite natali definite

Piemonte 1,75 0,44 0,05 0,07 0,00 2,31 1,15 0,28 0,02 0,07 0,01 1,53Valle d’Aosta 2,11 0,26 0,00 0,00 0,00 2,38 1,79 0,00 0,00 0,00 0,00 1,79Lombardia 1,19 0,63 0,01 0,06 0,01 1,90 1,29 0,38 0,02 0,06 0,00 1,75Bolzano-Bozen 1,95 1,04 0,00 0,12 0,00 3,11 1,36 0,49 0,00 0,12 0,00 1,97Trento 1,08 0,32 0,00 0,00 0,00 1,39 1,65 0,33 0,07 0,13 0,00 2,18Veneto 1,46 0,45 0,03 0,07 0,01 2,02 1,10 0,39 0,02 0,08 0,01 1,59Friuli Venezia Giulia 0,96 0,35 0,03 0,06 0,00 1,40 1,58 0,28 0,00 0,04 0,00 1,90Liguria 1,85 0,63 0,14 0,08 0,00 2,69 1,50 0,63 0,03 0,03 0,00 2,19Emilia-Romagna 1,67 0,47 0,02 0,11 0,00 2,26 1,44 0,44 0,01 0,12 0,00 2,01Toscana 1,52 0,33 0,05 0,07 0,01 1,98 1,16 0,21 0,01 0,10 0,00 1,48Umbria 1,16 0,62 0,08 0,00 0,00 1,87 1,27 0,36 0,00 0,09 0,00 1,73Marche 1,27 0,54 0,00 0,00 0,00 1,81 0,97 0,21 0,00 0,10 0,00 1,28Lazio 1,97 0,56 0,01 0,12 0,00 2,65 1,86 0,39 0,00 0,08 0,01 2,33Abruzzo 2,69 0,67 0,00 0,06 0,00 3,42 1,97 0,34 0,03 0,03 0,00 2,37Molise 0,94 0,54 0,00 0,13 0,00 1,61 1,61 0,29 0,00 0,00 0,00 1,91Campania 2,19 0,52 0,14 0,09 0,00 2,93 2,02 0,50 0,10 0,11 0,00 2,73Puglia 1,99 0,60 0,01 0,10 0,01 2,70 1,68 0,47 0,03 0,08 0,01 2,27Basilicata 1,56 0,27 0,07 0,00 0,00 1,90 1,42 0,71 0,08 0,08 0,00 2,28Calabria 2,46 0,83 0,04 0,04 0,02 3,38 2,59 0,66 0,12 0,16 0,00 3,52Sicilia 2,18 0,73 0,09 0,04 0,00 3,04 2,26 0,57 0,13 0,13 0,00 3,08Sardegna 1,52 0,70 0,00 0,05 0,00 2,27 1,59 0,45 0,03 0,11 0,00 2,18Italia 1,73 0,56 0,04 0,07 0,00 2,40 1,58 0,41 0,04 0,09 0,00 2,13

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 529

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530 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016Ta

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APPENDICE 531

Tabella 9 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e per causa di morte - Anni2006-2008, 2012-2014

2006-2008 2012-2014Cause di morte Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,85 2,27 1,90 1,61 2,25 1,71Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, 0,14 0,21 0,14 0,14 0,19 0,14del travaglio e del partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,10 0,13 0,10 0,08 0,16 0,09Traumi da parto 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,24 0,23 0,16 0,22 0,17Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,56 0,53 0,56 0,45 0,56 0,47Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,21 0,34 0,23 0,15 0,26 0,17Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,12 0,17 0,12 0,15 0,18 0,16Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,24 0,17 0,12 0,24 0,14Altre condizioni perinatali 0,34 0,42 0,35 0,36 0,43 0,37Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,78 1,53 0,87 0,57 1,20 0,67Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,06 0,19 0,08 0,05 0,17 0,07Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,38 0,67 0,41 0,27 0,53 0,31Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,04 0,03 0,03 0,06 0,03Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,04 0,06 0,04 0,02 0,04 0,02Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,04 0,06 0,04 0,03 0,08 0,04Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico- 0,09 0,15 0,10 0,08 0,14 0,09muscolare, degli arti e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,08 0,13 0,08 0,06 0,12 0,07Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,07 0,23 0,09 0,04 0,07 0,04Sintomi, segni e risultati anomali di esami clinici e di laboratorio, non 0,10 0,15 0,10 0,10 0,16 0,11classificati altroveSindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,04 0,09 0,04 0,03 0,07 0,04Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,06 0,06 0,06 0,07 0,10 0,07Altre malattie 0,40 0,63 0,42 0,38 0,61 0,41Alcune malattie infettive e parassitarie 0,05 0,09 0,06 0,04 0,04 0,04Tumori 0,03 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del 0,02 0,03 0,02 0,03 0,05 0,03sistema immunitarioMalattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,04 0,09 0,05 0,03 0,10 0,04Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,13 0,08 0,07 0,07 0,07Malattie del sistema circolatorio 0,06 0,11 0,07 0,08 0,15 0,09Malattie del sistema respiratorio 0,05 0,08 0,05 0,04 0,07 0,04Malattie dell’apparato digerente 0,06 0,07 0,06 0,04 0,08 0,05Altre malattie 0,01 0,01 0,01 0,01 0,02 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,03 0,13 0,04 0,02 0,06 0,03Totale 3,15 4,71 3,33 2,68 4,28 2,92

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

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532 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2016

Tabella 10 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e rapporto tra mortalitàinfantile straniera/italiana per regione - Anni 2006-2008, 2012-2014

2006-2008 2012-2014 Rapporto straniera/italianaRegioni Iitaliana Straniera Totale Italiana Straniera Totale 2006-2008 2012-2014

Piemonte 2,78 4,30 3,02 1,86 3,20 2,12 1,55 1,72Valle d’Aosta 3,50 2,85 3,43 2,41 2,21 2,38 0,81 0,92Lombardia 2,34 4,42 2,72 2,16 4,00 2,57 1,89 1,85Bolzano-Bozen 3,75 4,06 3,79 2,25 4,26 2,53 1,08 1,90Trento 2,37 0,87 2,15 2,49 5,56 3,04 0,37 2,23Veneto 2,43 4,48 2,81 1,91 3,81 2,32 1,85 2,00Friuli Venezia Giulia 1,97 1,75 1,94 2,06 4,75 2,53 0,89 2,30Liguria 2,99 4,15 3,13 2,36 4,65 2,79 1,39 1,97Emilia-Romagna 2,64 4,91 3,07 2,33 4,10 2,76 1,86 1,76Toscana 2,29 4,61 2,64 1,57 4,47 2,00 2,01 2,85Umbria 2,69 3,77 2,86 2,16 3,22 2,41 1,40 1,49Marche 2,65 3,93 2,85 2,10 1,41 1,91 1,48 0,67Lazio 3,32 6,25 3,63 2,60 5,25 3,01 1,88 2,02Abruzzo 4,32 6,54 4,50 2,74 6,72 3,04 1,52 2,45Molise 2,85 6,04 2,94 4,21 1,03 3,08 2,12 0,25Campania 3,97 8,48 4,07 3,52 9,12 3,73 2,14 2,59Puglia 3,80 6,43 3,86 3,10 4,61 3,17 1,69 1,49Basilicata 2,89 6,96 2,98 3,03 7,13 3,23 2,40 2,35Calabria 4,62 8,68 4,76 4,46 7,29 4,64 1,88 1,63Sicilia 4,20 6,26 4,26 4,00 7,35 4,16 1,49 1,84Sardegna 2,92 8,36 3,04 2,39 9,61 2,65 2,86 4,02Italia 3,15 4,76 3,33 2,68 4,28 2,92 1,51 1,60

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

Tabella 11 - Mortalità (valori assoluti) infantile* per cittadinanza e per regione - Anni 2006-2008, 2012-2014

2006-2008 2012-2014Regioni Italiana Straniera Totale Italiana Straniera Totale

Piemonte 271 79 350 160 68 228Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 12 1 13 7 1 8Lombardia 555 233 788 446 240 686Bolzano-Bozen 55 7 62 31 10 41Trento 32 2 34 31 15 46Veneto 282 121 403 189 106 295Friuli Venezia Giulia 53 8 61 48 24 72Liguria 96 19 115 64 29 93Emilia-Romagna 260 114 374 201 114 315Toscana 190 67 257 120 59 179Umbria 54 15 69 36 17 53Marche 95 26 121 58 15 73Lazio 481 108 589 342 126 468Abruzzo 136 18 154 82 17 99Molise 21 1 22 19 3 21Campania 718 34 752 540 52 592Puglia 424 17 441 302 20 322Basilicata 42 2 44 37 4 41Calabria 243 16 259 210 23 233Sicilia 606 29 635 516 48 564Sardegna 115 7 122 82 13 95Italia 4.741 924 5.665 3.528 996 4.524

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anni vari.

16 marzo Rapporto Osservasalute 2016 bis:01 prex 22/03/2017 09:21 Pagina 532

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280 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere l’organizzazio-ne territoriale della rete dei punti nascita. In Italia, l’assi-stenza alla gravidanza e al parto è generalmente buona (ilrischio di natimortalità si è quasi dimezzato a partire daiprimi anni Ottanta, la percentuale di donne assistite duran-te la gravidanza ha superato il 90%, la totalità dei parti èassistita da operatori sanitari e la percentuale di nati da par-to pretermine e quella di basso peso alla nascita si è ridottadrasticamente); tuttavia, la realtà italiana è ancora caratte-rizzata da una eccessiva medicalizzazione dell’eventonascita, di cui il non appropriato ricorso al Taglio Cesareo(TC) rappresenta la manifestazione più esasperata, e dal-l’estrema parcellizzazione dei punti nascita.Per migliorare questo sistema assistenziale, è stato sancitoin Conferenza unificata il 16 dicembre 2010 l’AccordoStato-Regioni recante “Linee di indirizzo per la promozio-ne ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e del-l’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorsonascita e per la riduzione del taglio cesareo”, in cui si pro-pone un programma nazionale, articolato in dieci linee di

azione, per la promozione e il miglioramento della qualità,della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assi-stenziali nel percorso nascita e per la riduzione del TC.Le linee di indirizzo contengono specifiche indicazioni dipolitica sanitaria per migliorare la qualità e l’appropriatez-za delle prestazioni erogate durante il percorso nascita. Traqueste sono previste la razionalizzazione dei punti nascitanonché il miglioramento degli aspetti strutturali, tecnologi-ci ed organizzativi delle strutture.La riorganizzazione della rete assistenziale del percorsonascita prevede il numero di almeno 1.000 nascite/annoquale parametro standard a cui tendere, nel triennio, per ilmantenimento/attivazione dei punti nascita. La possibilitàdi punti nascita con numerosità inferiore e, comunque, non<500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base dimotivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni realidelle varie aree geografiche interessate, con rilevanti diffi-coltà di attivazione del Servizio Trasporto AssistitoMaterno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse ix 100

Denominatore Parti

Classe i = Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.Classe 1 = <500 parti, Classe 2 = 500-799 parti, Classe 3 = 800-999 parti, Classe 4 = 1.000-2.499 parti, Classe 5 = 2.500.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto diuno solo dei molteplici standard qualitativi per caratte-rizzare i livelli della rete di offerta dei servizi ostetrici eneonatologici ospedalieri. La fonte utilizzata per il cal-colo dell’indicatore è il Certificato di Assistenza alParto, relativo all’anno 2014. Nel caso di struttureospedaliere articolate su più sedi (stabilimenti ospeda-lieri), a ciascun punto nascita è attribuita la specificaclasse di ampiezza in funzione del volume di partiannui effettuati dallo stabilimento.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il con-fronto tra le regioni occorre considerare sia la diversaampiezza dei territori regionali che le notevoli varia-bilità di densità abitativa e caratteristiche orograficheche impongono una organizzazione dei servizi diver-sificata.

Descrizione dei risultatiIl 62,46% dei parti, in Italia, avviene in strutture doveavvengono più di 1.000 parti l’anno. Il 7,53% dei par-ti, invece, avviene in strutture che accolgono meno di500 parti l’anno. La rete di offerta dei punti nascita risulta notevolmen-te diversificata sul territorio. In alcune regioni delCentro-Nord, quali Piemonte, Valle d’Aosta,Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio, oltreil 70% dei parti si svolge in punti nascita di grandidimensioni (almeno 1.000 parti/anno).Le regioni, invece, dove più del 50% dei parti avvie-ne in punti nascita con meno di 1.000 parti l’annosono il Molise, le Marche, il Friuli Venezia Giulia, laLiguria, l’Abruzzo, la Campania, la Sicilia e laSardegna. In particolare, per il Molise la totalità deiparti avviene in tali strutture.

C. TAMBURINI, A. D’ERRICO, F. BASILI, M. LOGHI

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SaLUte materno-inFantiLe 281

Grafico 1 - Parti (valori per 100) effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno2014

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato Di Assistenza al Parto. Anno 2017.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglio-ramento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascitae per la riduzione del taglio cesareo” programmano la

razionalizzazione/riduzione progressiva dei puntinascita con numero di parti inferiore a 1.000/anno, pre-vedendo l’abbinamento, per pari complessità di attivi-tà, delle Unità Operative ostetrico-ginecologiche conquelle neonatologiche/pediatriche riconducendo, così,

tabella 1 - Parti (valori assoluti e valori per 100) effettuati nei punti nascita per classe di ampiezza e per regio-ne - Anno 2014

regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 >2.500 totalen % n % n % n % n % n %

Piemonte 1.984 6,19 4.624 14,43 2.851 8,90 15.387 48,03 7.193 22,45 32.039 100,00Valle d’Aosta 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1.132 100,00 0 n.a. 1.132 100,00Lombardia 3.513 4,10 12.910 15,07 6.211 7,25 37.874 44,21 25.158 29,37 85.666 100,00Bolzano-Bozen 1.166 20,84 1.427 25,51 0 n.a. 3.001 53,65 0 n.a. 5.594 100,00Trento 1.208 26,86 0 n.a. 967 21,50 2.322 51,63 0 n.a. 4.497 100,00Veneto 1.759 4,45 4.455 11,27 8.008 20,26 19.270 48,76 6.026 15,25 39.518 100,00Friuli Venezia Giulia 544 5,97 3.425 37,61 958 10,52 4.180 45,90 0 n.a. 9.107 100,00Liguria 13 0,13 4.246 41,48 886 8,65 5.092 49,74 0 n.a. 10.237 100,00Emilia-Romagna 2.160 5,98 3.474 9,62 2.720 7,54 12.758 35,34 14.986 41,51 36.098 100,00Toscana 1.685 5,81 1.970 6,79 2.576 8,88 16.483 56,83 6.291 21,69 29.005 100,00Umbria 2.431 33,26 717 9,81 0 n.a. 4.162 56,94 0 n.a. 7.310 100,00Marche 398 3,33 5.728 47,89 2.549 21,31 3.286 27,47 0 n.a. 11.961 100,00Lazio 2.922 5,93 6.675 13,54 3.719 7,54 20.976 42,55 15.005 30,44 49.297 100,00Abruzzo 570 5,70 3.251 32,48 1.781 17,80 4.406 44,02 0 n.a. 10.008 100,00Molise 940 48,93 0 n.a. 981 51,07 0 n.a. 0 n.a. 1.921 100,00Campania 6.043 11,60 12.081 23,19 9.189 17,64 24.780 47,57 0 n.a. 52.093 100,00Puglia 1.396 4,28 8.762 26,84 2.540 7,78 17.449 53,45 2.501 7,66 32.648 100,00Basilicata 547 13,35 1.036 25,28 0 n.a. 2.515 61,37 0 n.a. 4.098 100,00Calabria 372 2,34 4.119 25,89 885 5,56 10.534 66,21 0 n.a. 15.910 100,00Sicilia 4.808 10,85 10.731 24,21 7.377 16,64 18.843 42,52 2.561 5,78 44.320 100,00Sardegna 2.710 24,98 581 5,36 3.624 33,41 3.932 36,25 0 n.a. 10.847 100,00italia 37.169 7,53 90.212 18,29 57.822 11,72 228.382 46,30 79.721 16,16 493.306 100,00

n.a. = non applicabile.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2017.

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282 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

a due i precedenti tre livelli del Progetto ObiettivoMaterno-Infantile del 24 aprile 2000.Le evidenze relative alla composizione percentuale deiparti secondo la classe di ampiezza dei punti nascita,consentono di definire la situazione attuale ed i punticritici, fornendo un valido strumento a supporto della

programmazione dei servizi di assistenza ostetrica epediatrico-neonatologica e degli interventi di raziona-lizzazione della rete di offerta dei punti nascita, previ-sti per la sicurezza delle cure ed il contenimento dellaspesa sanitaria.

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SaLUte materno-inFantiLe 283

Parti con Taglio Cesareo

Significato. La proporzione di Taglio Cesareo (TC)misura il livello di accesso e di utilizzo di un interven-to ostetrico efficace e salvavita in presenza di condizio-ni complicanti la gravidanza o il travaglio. Tuttavia, ilTC è un intervento associato a rischi materni e perina-tali sia immediati che a lungo termine (1). La frequenza di TC è aumentata in modo costante alivello globale, nonostante non ci siano prove di effica-

cia che dimostrino sostanziali benefici materni e peri-natali quando le proporzioni di TC superano una deter-minata soglia (2).Per queste ragioni la proporzione di TC sul totale deiparti continua a essere uno degli indicatori di saluteriproduttiva e di qualità dell’assistenza più utilizzati alivello internazionale e continuamente monitorati alivello nazionale.

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti con Taglio Cesareo (DRG 370-371)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti con Taglio Cesareo in donne che non hanno subito un precedente cesareo(DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2)

x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti con Taglio Cesareo (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2)x 100

Denominatore Parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. Informazioni sul ricorso per TC pos-sono essere rilevate con buona precisione dalle Schededi Dimissione Ospedaliera (SDO) e dal Certificato diAssistenza al Parto (CeDAP). La stima degli indicatoria partire dai Diagnosis Related Group delle SDO èquella più facilmente calcolabile a livello nazionalepotendo disporre di dati correnti e aggiornati. L’analisiriporta oltre alle proporzioni di TC totali anche le pro-porzioni di TC primari (primo parto con TC) e ripetuti(parto cesareo in donne in cui è stato eseguito un prece-dente TC) poiché definiscono due sottopopolazioni perle quali è possibile progettare interventi specifici permigliorare l’appropriatezza dell’intervento.

Valore di riferimento/Benchmark. Nel 2014l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), inbase a una revisione sistematica della letteratura (3) ea uno studio ecologico mondiale (4), ha rilevato unaassociazione fra tassi di TC e riduzione di mortalitàmaterna e neonatale fino a 10-15%; oltre tali valorinon si osserva una riduzione di mortalità (1).

Descrizione dei risultatiNel 2016, in Italia, la proporzione di TC sul totale deiparti è variata da un minimo del 20,70% registrato nellaPA di Trento ad un massimo del 59,03% osservato in

Campania, con un valore nazionale del 35,12% (Tabella1). Come negli anni precedenti, anche per il 2016 ilLazio e tutte le regioni del Meridione presentano unapercentuale di TC al di sopra del valore nazionale; sicontinua, pertanto, a registrare per questo indicatore unimportante gradiente Nord-Sud ed Isole (Grafico 1).Si evidenzia, come nelle precedenti Edizioni delRapporto Osservasalute, un trend in graduale riduzio-ne della proporzione di TC nella maggior parte delleregioni (Tabella 1).Questa tendenza è da imputare per lo più, come neglianni passati, alla riduzione dei TC primari (Tabella 2).A livello nazionale, si registra un trend in lieve ridu-zione anche per i TC ripetuti, pur rilevando una ampiavariabilità fra le regioni (Tabella 3).Nonostante l’età non sia una indicazione assoluta pereffettuare un TC, il suo incremento rappresenta unacondizione che aumenta la probabilità di partorire conTC. In Italia, nel 2016, il 74,7% delle donne di età 45anni ed oltre ha partorito con TC, con percentuali chevariano a livello regionale dal 43,5% registrato nellaPA di Bolzano all’89,6% osservato in Campania (datinon presenti in tabella). La Tabella 4, inoltre, riporta itassi standardizzati dei TC dal 2011 al 2016 e mostracome, al netto dell’età materna, le proporzioni di TCsiano comunque in diminuzione.

E. PERRONE, L. DALLOLIO, S. PILATI, M.P. FANTINI

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284 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 1 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo e variazione (valori per 100) per regione -Anni 2011-2016

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 D %(2011-2016)

Piemonte 30,41 30,53 29,84 28,67 28,45 28,60 -5,95Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 33,56 32,96 28,78 30,47 -2,17Lombardia 28,83 28,08 28,23 27,96 26,89 27,01 -6,32Bolzano-Bozen 25,00 24,56 24,44 24,68 24,04 24,84 -0,64Trento 26,91 26,36 25,22 25,74 24,04 20,70 -23,09Veneto 27,04 26,75 26,40 25,11 24,97 24,95 -7,72Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 24,38 23,92 24,20 24,18 -1,90Liguria 34,66 33,95 35,26 34,02 33,25 31,02 -10,49Emilia-Romagna 29,56 28,49 28,69 27,49 27,09 26,76 -9,46Toscana 26,07 26,24 25,54 26,22 25,67 26,41 1,27Umbria 31,19 32,15 31,30 30,79 28,07 28,33 -9,15Marche 34,67 34,18 34,83 35,70 33,63 33,76 -2,63Lazio 44,06 43,35 42,68 41,62 39,82 39,05 -11,38Abruzzo 42,85 39,07 39,48 38,16 37,65 36,29 -15,31Molise 47,02 48,08 48,05 45,43 45,32 46,73 -0,61Campania 62,51 61,15 61,41 62,20 61,09 59,03 -5,56Puglia 46,59 42,24 41,02 41,08 42,04 43,92 -5,72Basilicata 44,47 40,21 41,97 40,08 38,43 39,42 -11,36Calabria 37,41 36,11 35,77 36,42 36,94 38,09 1,83Sicilia 46,60 44,71 44,54 43,92 43,32 41,75 -10,41Sardegna 41,46 41,10 41,97 40,12 39,79 38,82 -6,38italia 37,76 36,62 36,50 36,05 35,42 35,12 -6,99

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2017.

tabella 2 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo primario e variazione (valori per 100) perregione - Anni 2011-2016

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 D %(2011-2016)

Piemonte 19,50 19,64 19,41 18,54 18,16 18,35 -5,93Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 22,41 21,37 16,83 19,03 -15,74Lombardia 18,41 18,17 17,96 17,92 16,88 16,67 -9,49Bolzano-Bozen 16,90 17,50 17,79 17,79 16,69 17,25 2,07Trento 16,94 16,06 16,49 17,14 14,90 11,89 -29,81Veneto 17,28 17,02 16,79 15,90 15,81 15,78 -8,68Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 16,97 16,64 16,46 16,14 -7,46Liguria 23,95 24,05 23,91 22,92 22,33 20,15 -15,87Emilia-Romagna 18,92 17,89 18,55 17,23 17,00 16,90 -10,70Toscana 17,43 17,55 17,00 17,24 17,27 17,45 0,15Umbria 20,99 20,91 20,24 19,95 17,34 17,56 -16,35Marche 22,02 20,96 22,07 22,16 21,79 20,95 -4,85Lazio 27,98 27,36 26,69 25,68 23,64 22,77 -18,63Abruzzo 28,86 25,09 26,05 24,49 24,29 23,60 -18,23Molise 27,83 29,55 29,16 26,94 26,92 28,93 3,97Campania 34,58 33,52 33,54 34,34 33,36 30,60 -11,50Puglia 27,74 24,54 23,46 23,13 23,72 24,88 -10,33Basilicata 23,58 20,25 22,31 22,16 21,64 22,44 -4,83Calabria 20,33 18,08 18,10 19,81 20,81 22,53 10,79Sicilia 25,77 23,20 22,15 22,05 21,88 20,94 -18,78Sardegna 28,26 27,55 28,64 26,69 26,10 25,25 -10,66italia 23,10 22,10 21,93 21,59 21,02 20,57 -10,94

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2017.

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tabella 3 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo ripetuto e variazione (valori per 100) perregione - Anni 2011-2016

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 D %(2011-2016)

Piemonte 10,90 10,89 10,44 10,13 10,29 10,25 -5,98Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 11,15 11,58 11,96 11,44 33,59Lombardia 10,41 9,92 10,27 10,04 10,01 10,34 -0,71Bolzano-Bozen 8,10 7,06 6,64 6,91 7,36 7,59 -6,29Trento 9,97 10,30 8,73 8,58 9,14 8,81 -11,67Veneto 9,76 9,74 9,61 9,21 9,16 9,17 -6,01Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 7,41 7,27 7,74 8,04 11,59Liguria 10,71 9,90 11,35 11,10 10,92 10,88 1,54Emilia-Romagna 10,64 10,60 10,14 10,26 10,08 9,86 -7,27Toscana 8,65 8,69 8,53 8,98 8,39 8,95 3,52Umbria 10,20 11,24 11,06 10,84 10,73 10,78 5,65Marche 12,65 13,22 12,77 13,54 11,84 12,81 1,25Lazio 16,08 15,98 15,99 15,94 16,18 16,28 1,24Abruzzo 13,99 13,98 13,43 13,67 13,36 12,69 -9,29Molise 19,20 18,53 18,89 18,48 18,40 17,80 -7,26Campania 27,93 27,63 27,87 27,85 27,73 28,43 1,80Puglia 18,85 17,70 17,56 17,95 18,32 19,05 1,06Basilicata 20,90 19,95 19,65 17,92 16,79 16,98 -18,73Calabria 17,08 18,03 17,67 16,61 16,13 15,57 -8,84Sicilia 20,82 21,51 22,39 21,86 21,44 20,81 -0,05Sardegna 13,20 13,55 13,33 13,42 13,69 13,57 2,78italia 14,66 14,52 14,57 14,46 14,40 14,55 -0,75

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2017.

Grafico 1 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo primario, ripetuto e totali per regione - Anno2016

Fonte dei dati: Ministero della Salute. SDO. Anno 2017.

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286 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 4 - Tasso (standardizzato per 10.000) di parti con Taglio Cesareo e variazione (valori per 100) per regio-ne - Anni 2011-2016

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 D %(2011-2016)

Piemonte 62,25 62,07 58,30 54,46 52,54 51,96 -16,53Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 71,94 72,83 67,59 68,69 55,14 57,86 -19,56Lombardia 63,98 61,68 59,16 57,26 54,34 53,32 -16,66Bolzano-Bozen 56,83 57,65 56,14 59,94 57,69 60,56 6,56Trento 59,59 57,96 56,16 55,13 51,38 42,50 -28,68Veneto 57,16 56,17 52,15 49,00 47,63 47,03 -17,72Friuli Venezia Giulia 47,62 44,05 44,90 42,39 41,17 42,47 -10,81Liguria 64,25 64,75 64,95 60,74 57,94 54,03 -15,91Emilia-Romagna 64,03 60,81 58,71 54,09 52,54 50,67 -20,87Toscana 52,01 52,33 48,12 48,82 45,90 46,57 -10,46Umbria 64,34 65,90 60,70 57,49 50,02 49,84 -22,53Marche 73,21 69,78 65,72 65,89 62,50 59,34 -18,94Lazio 93,22 92,96 87,26 77,48 73,56 71,23 -23,59Abruzzo 82,96 75,16 73,73 70,40 68,41 65,46 -21,09Molise 83,25 86,62 83,69 77,88 77,91 78,27 -5,98Campania 136,55 130,77 125,94 122,98 121,23 115,89 -15,13Puglia 94,41 82,47 75,74 73,70 73,32 76,41 -19,06Basilicata 79,00 71,21 69,06 66,22 65,31 67,65 -14,37Calabria 73,65 71,18 67,62 68,95 70,95 72,86 -1,08Sicilia 100,04 94,58 89,91 89,04 86,31 80,35 -19,68Sardegna 72,28 67,30 63,49 61,72 62,14 67,90 -6,07italia 79,19 76,57 72,70 69,92 67,73 66,00 -16,66

Fonte dei dati: Ministero della salute. SDO - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2017.

Confronto internazionaleRimando al Capitolo “La Sanità italiana nel confron-to europeo”.

Raccomandazioni di OsservasaluteI dati rilevano, nel tempo osservato, una graduale ridu-zione della proporzione di TC primari e ripetuti.Nonostante ciò, la proporzione di TC rimane moltoelevata in Italia e la più alta in assoluto tra i 17 Paesieuropei dell’area Euro (5).I dati qui presentati continuano a mostrare una ampiavariabilità tra le regioni, con un gradiente crescente diricorso al TC dal Nord al Meridione. Questo fenome-no sembra essere verosimilmente attribuibile più a fat-tori clinico-organizzativi che a reali differenze nellostato di salute della popolazione, sottendendo unaofferta diseguale di assistenza appropriata.Uno studio che ha incluso 19 Paesi ad alto reddito econ bassi tassi di mortalità materna e infantile hadimostrato che, aggiustando per fattori socio-economi-ci, la mortalità neonatale e la mortalità infantile non siriducono ulteriormente per valori di TC >10%; inoltre,tassi di TC >15% non sono associati a una riduzionedella mortalità materna (6).Il TC è un intervento associato a rischi per la salutedella donna (7) che aumentano in caso di TC multiplicome, ad esempio, il rischio di placentazione anomalainvasiva (8), una condizione spesso associata a emor-ragia del post-partum che, secondo i dati dell’ItalianObstetric Surveillance System, risulta essere la causaprincipale di mortalità materna in Italia (9, 10).

Il Sistema Nazionale Linee Guida dell’IstitutoSuperiore di Sanità, con il documento “Taglio cesareo:una scelta appropriata e consapevole”, raccomanda diinformare le donne sui benefici e sui danni dell’inter-vento, di offrire un sostegno per le eventuali preoccu-pazioni sulle diverse modalità di parto e, in assenza dicontroindicazioni, di offrire un travaglio di prova a tut-te le donne con precedente TC (11, 12).Le informazioni sulle proporzioni di TC dovrebberoessere integrate dall’elaborazione della classificazio-ne di Robson ricavabile dalle informazioni presentinel tracciato CeDAP. La classificazione fornisce,infatti, informazioni sulla frequenza dell’intervento inspecifici sottogruppi di popolazione (13). Inoltre, rac-comandata dall’OMS come forma di Report standardper il monitoraggio longitudinale e trasversale a livel-lo di struttura e tra punti nascita, consente una analisimaggiormente puntuale di appropriatezza, elementofondamentale per la valutazione della qualità dell’as-sistenza (1).

riferimenti bibliografici(1) World Health Organization, WHO statement on caesare-an section rates, Geneva: World Health Organization; 2015(WHO/RHR/15,02).(2) Betrán AP, Ye J, Moller AB, Zhang J, Gülmezoglu AM,Torloni MR, The Increasing Trend in Caesarean SectionRates: Global, Regional and National Estimates: 1990-2014, PLoS One, 2016; 11 (2): e01483439.(3) Betran AP, Torloni MR, Zhang J, Ye J, Mikolajczyk R,Deneux-Tharaux C et al, What is the optimal rate of caesa-rean section at population level? A systematic review ofecologic studies, Reprod Health, 2015; 12 (1): 57.(4) Ye J, Zhang J, Mikolajczyk R, Torloni MR, Gülmezoglu

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SaLUte materno-inFantiLe 287

AM, Betran AP, Association between rates of caesarean sec-tion and maternal and neonatal mortality in the 21st centu-ry: a worldwide population-based ecological study with lon-gitudinal data, BJOG, 2016; 123 (5): 745-53.(5) OECD (2017), Caesarean sections (indicator), doi:10,1787/adc3c39f-en (Accessed on 15 October 2017). (6) Ye J, Betrán AP, Guerrero Vela M, Souza JP, Zhang J,Searching for the optimal rate of medically necessary cesa-rean delivery, Birth, 2014; 41 (3): 237-44.(7) American College of Obstetricians and Gynecologists;Society for Maternal-Fetal Medicine, Obstetric care consen-sus no, 1: safe prevention of the primary cesarean delivery,Obstet Gynecol, 2014; 123 (3): 693-711.(8) Thurn L, Lindqvist PG, Jakobsson M, et al, Abnormallyinvasive placenta-prevalence, risk factors and antenatalsuspicion: results from a large population-based pregnancy

cohort study in the Nordic countries, BJOG, 2016; 123 (8):1.348-55.(9) Donati S, Senatore S, Ronconi A and the RegionalMaternal Mortality group, Maternal mortality in Italy: arecord-linkage study, BJOG 2011; 118: 872-9.(10) Donati S, Maraschini A, Lega I et al, Sorveglianza del-la mortalità e grave morbosità materna in Italia, Not IstSuper Sanità 2016; 29 (7-8): 11-15.(11) Sistema Nazionale Linee Guida- Istituto Superiore diSanità (SNLG-ISS), Taglio cesareo: una scelta appropriata econsapevole, Prima parte, 2010, Update 2014. (12) Sistema Nazionale Linee Guida- Istituto Superiore diSanità (SNLG-ISS), Taglio cesareo: una scelta appropriata econsapevole, Seconda parte, 2012, Update 2016. (13) Robson MS, Can we reduce the caesarean section rate?Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol, 2001; 15 (1): 179-94.

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288 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

Abortività volontaria

Significato. La Legge n. 194/1978 (“Norme per latutela della maternità e sull’Interruzione Volontariadella Gravidanza”) regola, in Italia, le modalità delricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa, qualsiasidonna per motivi di salute, economici, sociali o fami-liari può richiedere l’Interruzione Volontaria diGravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazio-ne. Oltre questo termine, l’IVG è consentita solo pergravi problemi di salute fisica o psichica. L’interventopuò essere effettuato presso le strutture pubbliche delServizio Sanitario Nazionale e le strutture privateaccreditate e autorizzate dalle Regioni. Il tasso di abortività volontaria è l’indicatore più fre-

quentemente usato a livello internazionale (spesso uti-lizzando al denominatore la popolazione femminile dietà 15-44 anni) e permette di valutare l’incidenza delfenomeno che, in gran parte, dipende dalle scelteriproduttive, dall’uso di metodi contraccettivi nellapopolazione e dall’offerta dei servizi nei vari ambititerritoriali. Al fine di una valutazione più completa dell’IVG, èpossibile calcolare questo indicatore specifico peralcune caratteristiche delle donne, ad esempio: età, sta-to civile, parità, luogo di nascita e cittadinanza. Si può,inoltre, utilizzare il tasso standardizzato per età al finedi eliminare l’effetto confondente di questa variabile.

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di età 15-49 annix 1.000

Denominatore Popolazione media residente di donne di età 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i datiraccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto Nazionaledi Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di Sanità(ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG effet-tuata è obbligatorio compilare il modello Istat D.12 edinviarlo al sistema informativo nazionale. Successivamente, sulla base di questi dati, le Regionielaborano alcune tabelle che inviano al Sistema diSorveglianza coordinato dall’ISS. Ogni anno, ilMinistro della Salute presenta al Parlamento una rela-zione sull’andamento del fenomeno (1) e l’Istat pubbli-ca i dati sul proprio sito web (2) e tramite altri canali didiffusione. Attualmente, i dati italiani sono tra i piùaccurati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti dell’indicatore possono essere rappresentati dalfatto che, in alcuni casi, viene calcolato utilizzando alnumeratore tutte le IVG effettuate in regione (da donneresidenti e non) ed al denominatore le donne residenti,provocando una sovrastima o sottostima del fenomeno.Utilizzando, invece, le donne residenti, sia al numera-tore che al denominatore, verrebbero esclusi alcuni casirelativi, principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento può essereassunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-ni che presentano il valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2016 l’Istat ha notificato, mediante il modelloD.12, 84.874 IVG, in calo di circa il 3% rispetto al2015 e di circa l’11% rispetto al 2014. I dati elaborati

dal Sistema di Sorveglianza sull’IVG, coordinatodall’ISS e dal Ministero della Salute, che integra idati raccolti dall’Istat con l’archivio delle Schede diDimissione Ospedaliera (SDO) del Ministero dellaSalute e le informazioni fornite direttamente dalleRegioni, hanno rilevato 84.926 casi di IVG per il2016 (1).Il tasso di abortività volontaria, per l’anno 2016, èrisultato pari a 6,3 casi di IVG per 1.000 donne resi-denti in età feconda (Tabella 1). Si conferma, quindi,il trend decrescente degli ultimi 10 anni, dopo unperiodo di sostanziale stabilità tra il 1996 e il 2004.Nel 2004, il tasso era pari a 9,4 IVG per 1.000 donneresidenti in età feconda e la diminuzione, consideran-do il dato del 2016, risulta di circa il 34% (2).Nel confronto tra le regioni viene utilizzato il tasso stan-dardizzato per eliminare le differenze dovute alle diver-se strutture per età e anche in questo caso, analogamen-te al tasso grezzo, si registra una diminuzione a livellonazionale (-28% circa) tra il 2004 e il 2016 (Grafico 1).Il valore più alto del tasso si registra in Liguria (10,3 per1.000), mentre il valore più basso si osserva nella PA diBolzano (5,2 per 1.000), in Calabria (5,3 per 1.000) enelle Marche (5,4 per 1.000). Rispetto al 2004, per tuttele regioni si registra una diminuzione del tasso che è piùconsistente in Umbria (circa il -43%), nel Lazio (circa il-35%) e in Lombardia (circa il -33%).Con riferimento all’età (Tabella 1), le classi con ilivelli più elevati del tasso sono: 20-24 anni (9,5 per1.000), 25-29 anni (10,3 per 1.000) e 30-34 anni (10,1per 1.000). Rispetto al 2004, si registra una diminu-zione dell’indicatore in tutte le classi di età, in parti-

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

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colar modo per le donne più giovani di età 15-19 e 20-24 anni (rispettivamente, circa il -42% e circa il -37%).Se si considerano le variazioni da un anno all’altro pertutto il periodo dal 1980 al 2016, si nota che la dimi-nuzione più consistente dei tassi si è verificata tra il1984 e il 1985 (-8,7%), seguita da quella tra il 2014 eil 2015 (-7,3%). Quest’ultima potrebbe essere colle-gata alla determina dell’Agenzia Italiana del Farmacodel 21 aprile 2015 (G.U. n.105 dell’8 maggio 2015)che ha eliminato, per le maggiorenni, l’obbligo di pre-scrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne®),contraccettivo di emergenza meglio noto come “pillo-la dei 5 giorni dopo”. Nella Relazione del Ministro alParlamento ne viene riportato il numero delle venditeper acquisto privato: 16.796 nel 2014 e 145.101 nel2015.Nell’ultima relazione del Ministro al Parlamento (1) èstata aggiunta una appendice a cura dell’Istat che, incollaborazione con l’ISS, ha provveduto ad effettuareuna stima delle IVG clandestine. È stato ripreso loschema concettuale delle nascite evitate, utilizzato inpassato dall’ISS (3), al quale sono stati applicati inecessari aggiornamenti dovuti, principalmente, aicambiamenti comportamentali delle donne nella salu-te riproduttiva, nonché alla disponibilità di dati piùcompleti e più recenti. Le stime così effettuate per glianni 2014, 2015 e 2016 presentano valori instabili,seppur compresi tra i 10.000-13.000 casi.L’indagine Istat e il Sistema di Sorveglianza rilevano,oltre alle informazioni sulle caratteristiche delle don-ne, anche informazioni relative alle modalità di svol-gimento dell’intervento. Ulteriori informazioni suiConsultori familiari, le strutture che effettuano IVGed il personale sanitario obiettore sono raccoltedall’ISS e dal Ministero della Salute, tramite ilSistema di Sorveglianza (1). Nella Tabella 2 e nellaTabella 3 sono riportate alcune di queste informazio-ni: tipo di anestesia, tipo di intervento, tempi di atte-sa, settimane di gestazione e ginecologi obiettori. Nel2016, resta molto elevato il ricorso all’anestesia gene-rale (64,5%), anche se in diminuzione rispetto al 2015(69,0%). In alcune regioni più del 90% degli interven-ti vengono eseguiti con anestesia generale, in partico-lare nella PA di Bolzano e nel Molise. L’anestesialocale per effettuare l’IVG è utilizzata solo nel 3,9%dei casi, nonostante sia la pratica più raccomandata alivello internazionale poiché minimizza i rischi per lasalute della donna (4) e presenta un impegno minoredel personale sanitario e delle infrastrutture (quindianche costi inferiori). Le regioni che superano lasoglia del 10% sono le Marche (33,5%) e l’Abruzzo(11,5%). Rispetto al 2013, i casi in cui viene utilizza-ta la sedazione profonda sono più che raddoppiati erisultano pari al 12,8% (tale voce è stata introdotta nelmodello Istat D.12 nel 2012).Dal 2009, in Italia è consentita l’IVG tramite la pro-

cedura farmacologica, ma è dal 2013 che la scheda dirilevazione dell’Istat contiene una informazione piùdettagliata del tipo di intervento. Infatti, l’aborto far-macologico è suddiviso nelle tre voci: “soloMifepristone”, “Mifepristone+Prostaglandina” “soloProstaglandina”. Le regioni che maggiormente ricorronoa “solo Mifepristone” o “Mifepristone+Prostaglandina”sono la Liguria (43,0%), il Piemonte (38,3%), l’Emilia-Romagna (29,1%), la Toscana (25,0%) e la Puglia(21,9%). Queste regioni presentano anche la quota piùelevata di IVG effettuate senza alcuna terapia antalgi-ca (Tabella 2).La Legge n. 194/1978 prevede che per effettuarel’IVG occorre il rilascio di documentazione/certifica-zione da parte del personale preposto. Una valutazio-ne dei tempi di attesa tra la consegna di questa docu-mentazione e l’effettuazione dell’intervento può esse-re un indicatore di efficienza dei servizi: per esempio,un numero di giorni >21 può indicare difficoltà nel-l’applicazione della disposizione. Nel 2016, il 12,4%delle IVG è stato effettuato dopo una attesa >21 gior-ni, valore in diminuzione rispetto al 2015 (pari a13,2%). Si osserva, però, una considerevole variabili-tà territoriale, con valori che oscillano tra l’1,5 e il41,4%. Anche la percentuale degli interventi effettua-ti a 11-12 settimane di gestazione può essere un indi-catore della qualità dei servizi offerti poiché, per leg-ge, il limite massimo per poter richiedere una IVG, inassenza di gravi motivi di salute, è di 90 giorni. Il13,1% dei casi di IVG nel 2016 viene effettuato allimite della soglia prevista per legge e il valoreaumenta leggermente rispetto al 2015 (pari a 12,9%).Sempre con riferimento all’efficienza dei servizi, lapresenza di una quota consistente di personale obiet-tore (art. 9, Legge n. 194/1978) può inficiare l’esple-tamento dell’intervento. Nel 2016, la percentuale diginecologi obiettori risulta pari a 70,9%, in lieveaumento rispetto al 2015 (70,5%). Le regioni chesuperano ampiamente l’80% sono il Molise, laBasilicata, la Puglia, l’Abruzzo, la Sicilia e la PA diBolzano. La Valle d’Aosta presenta il valore più bas-so (17,6%) (Tabella 3).Il Ministero della Salute, per individuare eventualicriticità riguardo l’impatto che l’esercizio del dirittoall’obiezione di coscienza da parte del personale sani-tario può avere rispetto alla possibilità di accessoall’IVG per chi possiede i requisiti stabiliti dalla leg-ge, calcola uno specifico indicatore: il carico di lavo-ro settimanale medio per IVG per ginecologo nonobiettore, conteggiato su 44 settimane lavorativeall’anno. Il dato, riferito al 2016 e pubblicato sullaRelazione annuale al Parlamento (1), mostra un cari-co di 1,6 IVG settimanali per ginecologo (dato nazio-nale), con una certa variabilità territoriale: si va da unminimo di 0,3 casi della Valle d’Aosta ad un massimodi 9,0 del Molise (dove il carico di lavoro risulta rad-doppiato poiché i ginecologi non obiettori sono passa-

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ti da 2 ad 1). Approfondendo l’analisi con dati sub-regionali, vengono evidenziate cinque specifiche cri-ticità locali: una Azienda Ospedaliera della Sicilia con18,2 IVG a settimana, (rispetto alla media regionale di2,1 a settimana); due strutture della Puglia dove ilcarico di lavoro medio settimanale per i ginecologi

non obiettori è, rispettivamente, di 15,2 IVG e di 12,3IVG a settimana (rispetto alla media regionale di 3,6a settimana); una struttura della Campania con caricodi lavoro settimanale pari a 12,6 IVG; una AziendaOspedaliera del Lazio dove si registrano in media12,1 IVG a settimana (rispetto alla media regionale di

tabella 1 - Tasso (grezzo, standardizzato e specifico per 1.000) di abortività volontaria per regione e macroarea- Anno 2016

regioni/macroaree tassi tassi15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 5,20 11,94 13,11 12,60 9,75 4,70 0,42 7,43 8,51Valle d’Aosta-Vallée d’Aosta 4,62 12,30 13,66 11,18 10,40 4,82 0,18 7,28 8,44Lombardia 4,34 10,09 10,65 10,33 8,22 3,65 0,29 6,16 7,01Bolzano-Bozen 3,63 7,08 7,02 8,14 6,51 2,30 0,47 4,69 5,18Trento 3,93 7,33 8,63 8,72 8,30 3,33 0,37 5,40 6,02Veneto 3,01 7,54 8,38 8,18 6,91 3,35 0,21 4,89 5,57Friuli Venezia Giulia 4,63 8,37 9,65 8,90 7,41 3,11 0,34 5,37 6,22Liguria 7,95 15,15 16,38 14,32 11,27 5,18 0,57 8,81 10,33Emilia-Romagna 4,81 11,34 13,36 12,84 10,43 4,71 0,49 7,52 8,60Toscana 4,61 10,62 12,14 11,40 9,60 4,45 0,47 6,91 7,88Umbria 4,48 9,22 10,16 10,98 8,75 3,61 0,39 6,28 7,04Marche 3,30 7,61 7,35 8,07 7,06 2,91 0,32 4,84 5,41Lazio 4,71 11,30 11,45 10,36 9,46 4,20 0,39 6,76 7,62Abruzzo 4,08 9,17 10,19 9,39 8,73 4,46 0,65 6,30 6,89Molise 4,14 10,16 11,54 9,68 10,16 4,64 0,33 6,89 7,50Campania 3,47 7,20 8,17 8,37 7,78 3,58 0,33 5,37 5,77Puglia 5,80 11,29 12,23 12,63 11,26 5,44 0,49 8,04 8,73Basilicata 3,47 7,49 9,41 7,69 7,79 3,92 0,22 5,47 5,92Calabria 3,33 6,83 7,10 8,28 6,80 3,16 0,25 4,96 5,29Sicilia 4,25 8,33 8,34 8,04 7,39 3,03 0,25 5,42 5,81Sardegna 4,14 8,24 8,08 8,41 6,68 3,50 0,25 5,17 5,76italia 4,36 9,54 10,33 10,11 8,64 3,95 0,36 6,26 6,98Nord-Ovest 4,89 11,07 11,83 11,26 8,90 4,08 0,35 6,75 7,71Nord-Est 3,89 8,95 10,31 10,08 8,39 3,82 0,35 5,95 6,78Nord 4,47 10,17 11,19 10,77 8,68 3,97 0,35 6,41 7,32Centro 4,48 10,47 11,04 10,43 9,15 4,08 0,41 6,53 7,38Sud 4,18 8,52 9,42 9,64 8,80 4,18 0,39 6,19 6,68Isole 4,23 8,32 8,28 8,13 7,21 3,15 0,25 5,36 5,80Mezzogiorno 4,19 8,46 9,06 9,15 8,29 3,85 0,35 5,93 6,40

note: a causa di incompletezza dei dati i tassi del Veneto sono stati stimati. La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al 2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2017.

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tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria perregione. anno 2016

Grafico 1 - Tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria di donne di età 15-49 anni per regione - Anni2004, 2016

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2017.

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292 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 3 - Abortività volontaria (valori per 100) per terapia antalgica e terapia farmacologica e per regione -Anno 2016

terapia antalgica terapia farmacologicaregioni Generale Locale analgesia Sedazione nessuna rU 486*°e altro profonda

Piemonte 53,4 0,3 2,8 6,6 36,9 38,3Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 82,8 0,0 2,3 5,7 9,2 10,4Lombardia 76,3 3,2 4,2 10,8 5,5 6,9Bolzano-Bozen 96,3 0,2 1,9 0,0 1,6 1,5Trento 67,4 0,1 0,7 23,5 8,2 8,1Veneto 28,4 2,7 8,7 50,2 10,0 10,8Friuli Venezia Giulia 75,8 0,4 3,8 13,4 6,7 9,1Liguria 45,4 0,5 4,1 9,1 41,0 43,0Emilia-Romagna 52,1 5,2 8,2 14,1 20,4 29,1Toscana 43,4 8,3 2,0 19,7 26,6 25,0Umbria 89,0 0,0 0,6 5,4 5,1 5,4Marche 35,0 33,5 1,4 27,8 2,4 1,5Lazio 58,0 7,1 0,2 16,2 18,5 19,1Abruzzo 78,4 11,5 2,5 1,2 6,4 6,7Molise 94,5 0,0 0,3 0,0 5,3 4,3Campania 84,2 4,1 0,7 8,4 2,7 5,3Puglia 73,2 1,0 2,4 2,2 21,2 21,9Basilicata 77,7 1,3 0,7 12,2 8,1 8,6Calabria 78,4 1,3 0,2 9,5 10,6 9,1Sicilia 78,7 0,4 1,2 5,1 14,7 13,4Sardegna 81,7 0,3 4,2 6,5 7,3 8,6italia 64,5 3,9 3,1 12,8 15,6 17,0

*I dati si riferiscono a “solo Mifepristone” e “Mifepristone+Prostaglandina”.°IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione.Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2017.

tabella 4 - Abortività volontaria (valori per 100) per tempo di attesa, settimana di gestazione e ginecologi obiet-tori e per regione - Anno 2016

regioni tempi di attesa Settimane di gestazione Ginecologi(>21 giorni) (11-12) obiettori*

Piemonte 8,6 11,6 64,2Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 41,4 17,9 17,6Lombardia 14,7 17,6 71,1Bolzano-Bozen 7,7 13,3 84,4Trento 16,1 15,2 58,7Veneto 21,2 17,6 72,1Friuli Venezia Giulia 7,3 13,6 50,9Liguria 7,9 9,7 63,5Emilia-Romagna 5,8 11,3 48,2Toscana 7,5 11,5 60,1Umbria 25,8 12,6 73,3Marche 6,6 11,4 70,1Lazio 11,6 14,9 78,7Abruzzo 12,1 16,6 85,2Molise 1,5 10,1 96,9Campania* 16,2 7,6 81,8Puglia 11,3 10,7 86,1Basilicata 8,3 7,6 88,1Calabria 21,6 9,9 69,5Sicilia 17,1 13,2 84,6Sardegna 5,8 13,8 56,1italia 12,4 13,1 70,9

*I dati della Campania sulla percentuale dei ginecologi obiettori fanno riferimento all’anno 2013.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2017.

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Raccomandazioni di OsservasaluteI dati confermano l’andamento in diminuzionedell’IVG in Italia, tendenza che, ormai, coinvolge tut-te le categorie (donne giovani, minorenni, nubili estraniere - Capitolo “Salute della popolazione stranie-ra”) e questo è, senz’altro, un segnale positivo dell’au-mentata circolazione dell’informazione sulla procrea-zione responsabile e dell’attività dei servizi. Restaimplicita la necessità di continuare a seguire conattenzione le donne in condizioni sociali svantaggiate,attraverso programmi di prevenzione che devonobasarsi sul modello dell’empowerment (promozionedella riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevo-lezze e competenze per scelte autonome), come vienedelineato dalla Carta di Ottawa e dal ProgettoObiettivo Materno-Infantile. I dati sulle procedure dell’intervento e sulla disponibi-

lità di servizi e operatori sottolineano alcuni migliora-menti, pur evidenziando la necessità di un attentomonitoraggio a livello locale che favorisca la pienaapplicazione della Legge n. 194/1978.

riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2017), Relazione sulla attuazio-ne della legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2016. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2686_allega-to.pdf.(2) Istat, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2016. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it. (3) ISS (1983), L’interruzione volontaria di gravidanza inItalia - 1983, ISTISAN 85/5.(4) WHO. Safe abortion: technical and policy guidance forhealth systems. Geneva, 2012. Disponibile sul sito:http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/70914/1/9789241548434_eng.pdf.

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Significato. Il Registro Nazionale Italiano dellaProcreazione Medicalmente Assistita (PMA) raccogliei dati di tutti i centri che applicano tecniche di feconda-zione assistita, sia di primo che di secondo e terzo livel-lo. Con tecniche di primo livello ci si riferisceall’Inseminazione Semplice, con secondo e terzo livel-lo si fa riferimento, invece, alle tecniche di fecondazio-ne in vitro più complesse quali: la fertilizzazione invitro con trasferimento degli embrioni (FIVET); la tec-nica di fecondazione che prevede l’iniezione nel cito-plasma dell’ovocita di un singolo spermatozoo(Intracytoplasmatic Sperm Injection-ICSI); il trasferi-mento di embrioni crioconservati (Frozen EmbryoReplacement-FER), il trasferimento di embrioni otte-nuti da ovociti crioconservati (Frozen Oocyte-FO); lacrioconservazione degli embrioni e degli ovociti e tuttele tecniche chirurgiche di prelievo degli spermatozoi.I centri di secondo e terzo livello si distinguono sol-tanto per il tipo di anestesia somministrata e per alcu-ne differenze nelle tecniche di prelievo chirurgico dispermatozoi. Peranto, dal punto di vista della letturadei risultati vengono considerati in un unico gruppo.Nel trend dei dati rilevati negli ultimi anni, si sonoriscontrate alcune modifiche nell’applicazione delletecniche di fecondazione assistita. La sentenza dellaCorte Costituzionale n. 151 del Maggio del 2009 harimosso l’obbligo di impianto contemporaneo nel-l’utero della paziente di tutti gli embrioni prodotti conla possibilità di creare il numero di embrioni necessa-rio a quella specifica coppia rendendo, così, possibilecrioconservare, in deroga, gli embrioni soprannume-rari prodotti da trasferire in utero in un successivo ten-tativo. Negli ultimi anni, quindi, si è registrato unnotevole incremento dell’utilizzo della tecnica FER,che prevede appunto lo scongelamento e il trasferi-mento in utero di embrioni precedentemente criocon-servati. Il tasso di successo calcolato come tasso digravidanza su cicli a fresco, in questo contesto, nonappare più l’indicatore ideale per descrivere l’effica-cia delle tecniche di fecondazione assistita. Sempre dipiù si esprime la probabilità di ottenere una gravidan-za includendo il contributo dei cicli da scongelamen-to, in gran parte effettuati con la tecnica FER e per unaquota residua effettuati tramite l’utilizzo di FO. Siparla, quindi, di “tasso di gravidanza cumulativo” cheesprime, in percentuale, il rapporto tra la somma del-le gravidanze ottenute da cicli a fresco con quelle otte-nute da cicli che prevedono lo scongelamento di ovo-citi o di embrioni, con il numero di prelievi eseguitinello stesso periodo, con cui misureremo, da adesso inpoi l’efficacia delle tecniche di procreazione assistita.Anche per quanto riguarda l’indicatore utilizzato perdefinire il quadro dell’offerta e della domanda nelPaese, si è deciso di includere nel calcolo l’apporto

dei cicli che prevedono l’utilizzo di embrioni o game-ti precedentemente crioconservati.Gli altri indicatori utilizzati per descrivere nella suainterezza il fenomeno sono rimasti invariati.Per tutti gli indicatori, escluso il primo che misural’accesso alle tecniche di PMA, sono stati presi inconsiderazione soltanto i cicli che non prevedonodonazione di gameti e/o embrioni.Il primo indicatore utilizzato è dato dal numero dicicli a fresco e da scongelamento iniziati (tecnicheFIVET, ICSI, FER e FO) per milione di abitanti.Questo indicatore descrive la relazione tra domandaed offerta relativamente all’applicazione delle tecni-che nel territorio; in un certo senso descrive le dimen-sioni del fenomeno. Viene usata al denominatore lapopolazione residente perché questo indicatore è,generalmente, usato dal Registro Europeo e permettedi operare i necessari confronti. Inoltre, la distribuzio-ne regionale dell’indicatore fornisce informazioni sul-la diversa ricettività delle varie regioni.Il secondo indicatore è rappresentato dal tasso cumu-lativo di gravidanze ottenute. Questo indicatore misu-ra la probabilità di ottenere una gravidanza, includen-do anche il contributo dei cicli che prevedono l’utiliz-zo di gameti o embrioni crioconservati.Generalmente, il tasso viene espresso rispetto al nume-ro di prelievi eseguiti, individuando proprio nel prelie-vo ovocitario il momento chiave per la paziente grazieal quale si definisce la possibilità di ottenere una gra-vidanza attraverso la loro successiva fecondazione el’utilizzo o il congelamento degli embrioni formati.Il terzo indicatore è dato dal tasso di parti multipli. Perparto multiplo si intende un parto che dia alla luce due opiù neonati. Questo tasso può essere utilizzato per descri-vere il livello di sicurezza delle tecniche applicate. Unparto gemellare o trigemino aumenta i rischi per lapaziente e per il neonato. Minimizzare la percentuale diparti multipli, quindi, significa minimizzare un fattoreche può influire negativamente sulla salute di entrambi.Il quarto indicatore preso in considerazione è dato dal-la percentuale di gravidanze perse al follow-up.Questo indicatore fornisce una informazione relativaal sistema di monitoraggio e raccolta dati dei centridove si applicano le tecniche di fecondazione assisti-ta. È un indicatore di accuratezza e di qualità dellaraccolta dati operata dai centri e del monitoraggio dellavoro e dei risultati ottenuti dal centro stesso. Nellacomposizione di questo indicatore, però, assume unruolo importante anche la disponibilità di personaleall’interno delle strutture. In molti centri, infatti, lacarenza di personale costituisce un ostacolo all’otteni-mento di livelli ottimali del monitoraggio delle gravi-danze ottenute.

Procreazione Medicalmente Assistita

G. SCARAVELLI, V. VIGILIANO, R. DE LUCA, R. SPOLETINI, S. BOLLI, S. FIACCAVENTO, L. SPEZIALE

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Cicli a fresco

Numeratore Cicli a fresco/scongelamento (tecniche FIVET, ICSI FER e FO) iniziati in 1 annox 1.000.000

Denominatore Popolazione media residente

Tasso comulativo di gravidanze*

Numeratore Gravidanze ottenute da tecniche a fresco/scongelamento (ICSI FER e FO)x 100

Denominatore Prelievi (tecniche FIVET e ICSI) eseguiti in 1 anno

Tasso di parti multipli

Numeratore Parti multipli ottenuti dall’applicazione di tecniche di secondo e terzo livellox 100

Denominatore Parti ottenuti dall’applicazione di tecniche di secondo e terzo livello

Proporzione di gravidanze perse al follow-up

Numeratore Gravidanze di cui non si conosce l’esitox 100

Denominatore Gravidanze ottenute dall’applicazione di tecniche a fresco e da scongelamento

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. I dati per l’elaborazione di questi indi-catori vengono raccolti dall’Istituto Superiore di Sanitàe, nello specifico, dal Registro Nazionale della PMA. Leunità di rilevazione sono rappresentate dai centri cheapplicano le tecniche di fecondazione assistita, autoriz-zati dalle Regioni ed iscritti al Registro Nazionale. Apartire dalla raccolta dati relativa all’attività del 2006, lacopertura dell’indagine è stata totale e tutti i trattamentidi riproduzione assistita effettuati in 1 anno vengonoregistrati e monitorati nella raccolta dati. Ogni anno suidati raccolti vengono eseguiti una serie di controlli dicongruenza e di validazione. Le procedure di validazio-ne vengono eseguite attraverso controlli verticali, cheapprofondiscono l’esattezza dei dati quando questiappaiono fuori scala rispetto alle medie regionali enazionali, e attraverso controlli orizzontali, che vengonorealizzati sulla premessa che i dati comunicati da ognicentro debbano essere quantitativamente paragonabilida un anno all’altro. Uno dei limiti di questi indicatoripotrebbe risiedere nella circostanza che i dati comunica-ti al Registro Nazionale vengono raccolti in formaaggregata. In questo modo diventa più complicato col-legare gli esiti delle terapie ad alcune caratteristiche del-le coppie di pazienti. La probabilità di riuscita di unciclo di fecondazione assistita è legato anche al tipo e algrado di infertilità della coppia. Utilizzando una raccol-ta dati basata su singolo ciclo, risulterebbe più sempliceed immediato giungere a considerazioni riguardo l’ef-fetto delle differenze esistenti tra i pazienti relative alladiagnosi di infertilità. Per quanto riguarda il terzo indicatore, il tasso di parti

multipli, esiste il problema della perdita di informazionirelativamente agli esiti delle gravidanze. Infatti, per1.334 gravidanze, corrispondenti al 9,7% del totale del-le gravidanze ottenute con l’applicazione di tecniche disecondo e terzo livello, sia a fresco che da scongelamen-to, non è stato possibile raccogliere informazioni sugliesiti delle stesse.

Valore di riferimento/Benchmark. I valori di con-fronto dei quattro indicatori presentati fanno riferimen-to ad altri Paesi europei in cui l’attività di fecondazio-ne assistita è assimilabile all’attività svolta in Italia.Inoltre, potranno essere presi in considerazione anchei valori medi europei, presentati ogni annodall’European IVF Monitoring, sistema di raccolta edanalisi dei dati del Registro Europeo, a cui l’Italia par-tecipa. I dati disponibili sono, però, riferiti all’anno2013. Bisogna considerare che per i primi due indica-tori il trend mostrato è in continua evoluzione, mentreper il terzo indicatore la tendenza è in diminuzione.

Descrizione dei risultatiGli indicatori presentati si riferiscono all’applicazionedelle tecniche di secondo e terzo livello sia a fresco(FIVET e ICSI) che da scongelato (FER e FO).I risultati che di seguito vengono presentati fanno rife-rimento all’attività del 2016, ovvero a tutti i cicli ini-ziati, con una stimolazione o uno scongelamento, nelperiodo compreso tra l’1 gennaio e il 31 dicembre del-l’anno 2016.I centri che nel 2016 erano attivi nel territorio naziona-

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le erano 360. Soltanto 326 centri hanno effettivamenteeffettuato tecniche su pazienti in quanto in 34 centri,per motivi di varia natura, non si è svolta attività: diquesti, 143 sono di primo livello (InseminazioneSemplice) e 183 di secondo e terzo livello (FIVET,ICSI ed altre tecniche).In generale, con l’applicazione di tutte le tecniche,sono state trattate 77.522 coppie di pazienti, su cuisono stati iniziati 97.656 cicli di trattamento. Le gravi-danze ottenute sono state 17.834. Di queste è stato pos-sibile monitorarne l’evolversi di 15.897. In 3.882 gra-vidanze si è registrato un esito negativo, mentre 12.015sono arrivate al parto. I bambini nati vivi risultano13.582. Questo significa che in Italia, ogni 1.000 nativivi, 28,7 nascono da gravidanze ottenute con l’appli-cazione di procedure di fecondazione assistita.In particolare, per ciò che riguarda la tecnica diInseminazione Semplice, le coppie trattate sono state13.798 su cui sono stati iniziati 21.767 cicli di tratta-mento. Le gravidanze ottenute sono state 2.429, su cuisi è registrata una perdita di informazione pari al15,0%. I nati vivi sono stati 1.791. Il tasso di gravidan-za, rispetto ai cicli iniziati è pari in generale all’11,2%,nei cicli che non prevedevano donazione di gametimaschili è stato pari al 10,9%, mentre nei 714 cicli incui è stato utilizzato liquido seminale da donazione iltasso di gravidanza è risultato pari al 19,2%.Sono stati trattati, invece, con tecniche a fresco disecondo e terzo livello 44.965 coppie di pazienti su cuisono stati iniziati 53.906 trattamenti. Le gravidanzeottenute con l’applicazione delle tecniche a frescosono state 9.326. Il tasso di gravidanza rispetto ai cicliiniziati è pari al 17,3%, rispetto ai prelievi effettuati èpari al 19,1%, mentre rispetto ai trasferimenti eseguitirisulta pari al 25,9%.Con tecniche da scongelamento sono state trattate13.826 coppie di pazienti su cui sono stati iniziati16.450 cicli di scongelamento di ovociti o di embrioni.Le gravidanze ottenute sono state 4.366. Per quantoriguarda la tecnica di scongelamento di ovociti, il tas-so di gravidanza rispetto agli scongelamenti effettuatiè pari al 16,3%, mentre rispetto ai trasferimenti esegui-ti è del 20,1%. Per la tecnica di scongelamento diembrioni il tasso di gravidanze è pari al 27,5% se rap-portato agli scongelamenti effettuati, mentre se rappor-tato ai trasferimenti eseguiti è pari al 28,8%.Con l’applicazione di tecniche di secondo e terzo livel-lo che prevedono l’utilizzo di embrioni o gameti dona-ti, sono state trattate 4.933 coppie di pazienti, su cuisono state eseguite 5.533 procedure. Le gravidanzeottenute ammontano a 1.713, con un tasso di gravidan-za generale su cicli iniziati pari al 31,0% e i nati vivisono stati 11.791.In totale si è registrato un numero di gravidanze perseal follow-up pari a 1.572, che rappresenta il 10,2% deltotale delle gravidanze ottenute da tecniche di secondoe terzo livello.

Nella Tabella 1 è riportata la distribuzione regionaledei valori conseguiti dai quattro indicatori proposti, ilconfronto con il precedente anno di rilevazione e lavariazione percentuale.Nella prima colonna è indicato il numero dei cicli afresco effettuati dai centri in ogni regione, in modo dafornire la dimensione del fenomeno a livello di singo-la regione. La seconda colonna della tabella mostra il valore delprimo indicatore, ovvero il numero di cicli totali ini-ziati in ogni regione per milione di abitanti.A livello nazionale sono stati effettuati 1.160 cicli permilione di abitanti. Tale valore è costantemente in cre-scita a partire dal 2005, primo anno di rilevazionedati. Rispetto al 2015 si registra un aumento pari ad1,0 punti percentuali (1.149 cicli iniziati per milionedi abitanti).La distribuzione dell’indicatore a livello regionaleassume carattere particolarmente eterogeneo rispec-chiando la capacità attrattiva di alcune regioni. È ilcaso della Lombardia e dell’Emilia-Romagna nel Norddel Paese, del Lazio e della Toscana nel Centro e dellaCampania e della Sicilia nel Meridione.Questo indicatore è fortemente condizionato dallanumerosità della popolazione residente nelle varieregioni; per questo, ad esempio, la PA di Bolzano e laValle d’Aosta fanno registrare un valore particolar-mente elevato dell’indicatore anche in presenza di unnumero di cicli iniziati abbastanza modesto. Risultaevidente la differenza tra il dato delle regioni meridio-nali e il resto del Paese.Nella colonna successiva è rappresentata la distribu-zione per regione del tasso cumulativo di gravidanzerispetto ai prelievi eseguiti. I tassi sono stati calcolatiper classi di età delle pazienti e il tasso cumulativo digravidanza totale è stato standardizzato utilizzandocome popolazione di riferimento la distribuzionenazionale dei prelievi eseguiti per classe di età.Il tasso cumulativo di gravidanza standardizzato resti-tuisce il valore del tasso grezzo correggendo le diffe-renze che esistono tra una regione ed un’altra, relativa-mente alla distribuzione dei prelievi eseguiti secondol’età delle pazienti in classi.In generale, l’indicatore ha evidenziato un incrementopercentuale, rispetto all’anno precedente, pari al 2,8%.Nel 2015 il tasso cumulativo di gravidanza standardiz-zato è risultato pari a 27,3%, mentre nel 2016 è aumen-tato sino al 28,1%. Le regioni in cui si è registrato unincremento maggiore sono state, in primo luogo, ilFriuli Venezia Giulia in cui si è passati dal 21,7% del2015 al 33,7% del 2016 con un incremento percentua-le del 55,2%, seguite da Abruzzo (+28,4%), Basilicata(+24,5%) e Calabria (+22,2%), ovvero regioni con unamole di attività particolarmente ridotta. Tra le regionia più alto livello di attività si registra l’aumento per-centuale del dato della Lombardia (+4,7%), dellaToscana (+4,5%) e della Campania (+10,5%).

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Viceversa, si registra un decremento del tasso cumula-tivo standardizzato in Piemonte (-8,3%), Emilia-Romagna (-9,5%) e Sicilia (-15,2%). Tra le regioni apiù elevata mole di attività il dato del Lazio risulta inlinea con quello dell’anno precedente (+0,1%).Nella quarta colonna della tabella è riportata ladistribuzione regionale della percentuale di partimultipli. Il valore di questo indicatore fornisce, in maniera indi-retta, indicazioni rispetto alla sicurezza delle tecnicheapplicate.In generale, la quota di parti multipli sul totale di quel-li ottenuti è del 13,3%, mentre nella precedente rileva-zione era risultato pari al 15,6% con un decremento del14,4%. Questo valore è in continuo decremento, bastipensare che nel 2009 la quota di parti multipli era parial 22,9%. Il dato importante è che soprattutto la quotadei parti trigemini o quadrupli mostra un trend incostante decremento, dal 2,3% del 2009 allo 0,4% del2016. L’andamento dell’indicatore mostra la stessatendenza nelle regioni a più alta mole di attività.Soltanto in alcune regioni, con ridotto numero di cicliiniziati, si registra un aumento della percentuale di par-ti multipli. È il caso della Valle d’Aosta (+18,2%), del-le PA di Bolzano e Trento (+1,0% e +3,2%, rispettiva-mente), delle Marche (+66,7%) e della Sardegna(+21,1%).Un dato importante è che regioni ad alta mole di atti-vità, come la Lombardia (12,3%), il Veneto (13,6%),l’Emilia-Romagna (11,2%), il Lazio (10,4%) e laCampania (10,3%), facciano registrare una quota diparti multipli tra le più basse e, comunque, al di sottoo in linea con il dato nazionale. Discorso opposto, trale regioni a più elevata attività, meritano la Toscana ela Sicilia, che con il 17,4% e il 16,5%, rispettivamen-te, di parti multipli si attestano al di sopra del datonazionale.È importante sottolineare come questi dati possanoessere condizionati dalla distribuzione delle gravidan-ze perse al follow-up, ovvero dalla perdita di informa-zioni relativamente all’esito delle gravidanze stesse.Infatti, è ipotizzabile pensare che il centro venga piùfacilmente a conoscenza di informazioni relativamen-te ad una gravidanza multipla, costituendo un caso piùparticolare, rispetto ad una gravidanza a decorso nor-male, per cui reperire le informazioni può risultare piùcomplesso.

Anche per questo è utile passare all’esame dell’indica-tore successivo, riportato nell’ultima colonna dellatabella, dove viene mostrata la percentuale di gravi-danze di cui non si conosce l’esito sul totale di quelleottenute. È un indicatore di accuratezza e di qualitàdella raccolta dati operata dai centri e del monitorag-gio del proprio lavoro. In questo caso vengono prese in considerazione le gra-vidanze ottenute con tecniche di secondo e terzo livel-lo, sia da tecniche a fresco che da tecniche di sconge-lamento.La percentuale delle gravidanze di cui non si conoscel’esito è pari, nel 2016, al 9,7%, con un decrementopercentuale della perdita di informazioni pari al12,3%. Tra le regioni con un numero di proceduresignificativo, quelle con una perdita più elevata diinformazioni sono il Lazio (20,5%), che rimanesostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente.Questo appare anche il dato più preoccupante visto cheil Lazio è anche una delle regioni con attività più soste-nuta. Tra le regioni con attività più significativa, vedo-no aumentare la perdita di informazioni relative almonitoraggio delle gravidanze il Piemonte (7,3%,+50,7%), il Veneto (11,9%, +101,3%) e la Puglia(37,4%, +44,0%). Viceversa, tra le regioni a più altaattività, i cui centri sono riusciti ad attivare un mecca-nismo virtuoso di recupero delle informazioni, trovia-mo la Lombardia (4,7%, -30,0%), l’Emilia-Romagna(0,8%, -57,6%), la Toscana (9,6%, -24,8%) e laCampania (14,6%, -35,1%). Esiste anche un certonumero di regioni che sono riuscite ad azzerare com-pletamente la perdita di informazioni, prima fra tutti ilFriuli Venezia Giulia, seguita, anche se con un pesorelativo differente vista la ridotta mole di attività, dal-la Valle d’Aosta, Marche, Molise e Calabria.Molte delle differenze regionali che questo indicatoreriporta, potrebbero essere spiegate anche dal tipo diutenza che si rivolge alle strutture che offrono tecnichedi fecondazione assistita1 e, quindi, alla proporzionedei centri privati rispetto a quelli pubblici operanti inogni regione. Questo perché il ricorso al privato sele-ziona necessariamente le pazienti secondo il livellosocio-economico e, quindi, potrebbe crearsi un biassulla disponibilità delle stesse a fornire informazionisull’esito della gravidanza e sullo stato di salute dieventuali neonati.

1Particolare cautela va posta nell’interpretazione delle variazioni regionali dove l’attività risulta particolarmente ridotta, poiché tali variazioni possono essere frutto di oscillazioni casuali e/otransitorie e non di vere e proprie tendenze in atto.

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tabella 1 - Cicli (valori assoluti) da tecniche a fresco, cicli (valori per 1.000.000) iniziati, tasso comulativo (stan-dardizzato per 100) di gravidanze, tasso (valori per 100) di parti multipli e proporzione (valori per 100) di gra-vidanze perse al follow-up per regione - Anni 2015-2016

Cicli da tasso std tasso Gravidanzeregioni tecniche Cicli iniziati comulativo di parti persi al

a fresco di gravidanza multipli follow-up2016 2015 2016 D % 2015 2016 D % 2015 2016 D % 2015 2016 D %

Piemonte 2.586 813 806 -0,9 34,8 31,9 -8,3 17,8 14,9 -16,0 4,8 7,3 50,7Valle d’Aosta 356 2.926 3.462 18,3 25,4 21,8 -14,1 7,7 9,1 18,2 0,0 0,0 n.d.Lombardia 15.461 1.966 2.076 5,6 26,4 27,7 4,7 14,1 12,3 -12,4 6,7 4,7 -30,0Bolzano-Bozen 904 2.605 2.497 -4,1 32,0 36,5 13,9 17,4 17,6 1,0 1,0 2,7 158,6Trento 555 681 1.088 59,9 28,8 27,0 -6,2 21,4 22,1 3,2 1,0 0,7 -27,4Veneto 2.950 789 805 2,0 25,6 27,3 6,5 16,2 13,6 -16,0 5,9 11,9 101,3Friuli Venezia Giulia 864 856 885 3,3 21,7 33,7 55,2 20,2 17,7 -12,3 11,5 0,0 -100,0Liguria 592 559 523 -6,4 29,6 23,4 -21,1 22,1 19,4 -12,3 0,0 2,3 n.d.Emilia-Romagna 4.598 1.487 1.438 -3,3 24,4 22,1 -9,5 15,0 11,2 -25,3 1,8 0,8 -57,6Toscana 6.559 2.594 2.140 -17,5 24,9 26,0 4,5 17,5 17,4 -0,9 12,7 9,6 -24,8Umbria 416 455 593 30,5 29,1 28,6 -2,0 27,3 11,8 -56,6 15,8 5,0 -68,3Marche 203 142 161 13,2 17,8 13,3 -24,9 15,0 25,0 66,7 3,7 0,0 -100,0Lazio 4.887 1.158 1.201 3,7 35,3 35,3 0,1 11,4 10,4 -9,3 20,2 20,5 1,5Abruzzo 850 603 711 17,9 24,7 31,7 28,4 23,3 22,9 -1,8 5,1 5,0 -3,4Molise 69 198 270 36,1 43,0 26,5 -38,4 n.d. 12,5 n.d. 62,5 0,0 -100,0Campania 5.095 1.014 1.068 5,3 27,4 30,2 10,5 15,6 10,3 -34,0 22,5 14,6 -35,1Puglia 1.869 606 598 -1,2 27,3 29,2 7,0 14,1 9,8 -30,5 26,0 37,4 44,0Basilicata 274 574 556 -3,1 17,1 21,3 24,5 24,1 11,4 -52,7 0,0 1,6 n.d.Calabria 410 293 281 -4,2 51,4 62,8 22,2 0,0 2,4 n.d. 1,9 0,0 -100,0Sicilia 3.439 704 790 12,2 31,2 26,5 -15,2 20,6 16,5 -19,8 18,3 16,6 -9,1Sardegna 969 627 609 -2,9 14,4 12,4 -13,7 22,0 26,6 21,1 4,8 2,9 -39,4italia 53.906 1.149 1.160 1,0 27,3 28,1 2,8 15,6 13,3 -14,4 11,1 9,7 -12,3

n.d. = non disponibile.

Fonte dei dati: Registro Nazionale Italiano della PMA. Anno 2017

Confronto internazionaleGli ultimi dati disponibili, pubblicati dal RegistroEuropeo sono quelli riferiti all’attività del 2013. Il nume-ro di trattamenti per milione di abitanti in Italia è in lineacon quello dei Paesi europei a più lunga tradizione nel-l’attività della PMA. Infatti, tale indicatore è pari a 1.280in Francia e a 971 in Gran Bretagna. Globalmente,rispetto alla popolazione dei Paesi che aderiscono allaraccolta dati del Registro Europeo, il numero di cicli ini-ziati su milione di abitanti è pari a 1.175.Il tasso cumulativo di gravidanze è un indicatore cherisente della proporzione di tecniche da scongelamentoeseguite sul totale dei cicli di PMA effettuati. Tale pro-porzione nel nostro Paese è ancora al di sotto di quantoavviene in altri importanti contesti europei. Infatti, ilvalore dell’indicatore in Italia è inferiore sia a quello deiPaesi europei presi a paragone che alla media generaleeuropea. In particolare, il risultato raggiunto in Italia conun tasso cumulativo di gravidanze pari al 28,1% va lettocongiuntamente al dato riferito all’applicazione delletecniche da scongelamento che nel nostro Paese è pari al23,4% del totale delle tecniche applicate. Il tasso cumu-lativo di gravidanze su prelievi eseguiti è pari al 31,0%in Francia, al 36,1% in Germania, al 41,3% in Spagna, al40,2% nel Regno Unito e al 45,1% in Svezia, Paese incui le tecniche che utilizzano embrioni crioconservatirappresentano il 34,3% dei cicli di fecondazione assisti-ta. Il valore medio del tasso in Europa è del 37,1%.

Per ciò che concerne il terzo indicatore, il tasso di par-ti multipli, l’Italia presenta un valore assolutamente inlinea, se non migliore degli altri Paesi presi in esame.Infatti, mediamente, in Europa il 16,9% dei parti risul-ta essere un parto multiplo. In Francia la quota di par-ti multipli è del 16,9%, in Germania del 21,0%, inSpagna del 19,7% e in Gran Bretagna del 15,2%. Vadetto che questo indicatore presenta un trend verso ilbasso in continua evoluzione; pertanto, il dato dal2013 ad oggi potrebbe presentare valori in linea con ildato del nostro Paese. Unico Paese preso a confronto,che mostra un valore dell’indicatore decisamente piùbasso con solo il 4,8% di parti multipli, è la Sveziadove la politica del trasferimento di un singolo embrio-ne selezionato ha trovato applicazione su larga scala.Per la percentuale di gravidanze perse al follow-up, ilRegistro Europeo raccomanda un livello non superiore al10% di perdita di informazione sul totale delle gravidan-ze ottenute. Dei Paesi fin qui presi in esame, la Germaniapresenta una quota di gravidanze perse al follow-updell’8,5%. La Spagna fa registrare una perdita di infor-mazione superiore a quella del Registro italiano (16,8%).In Gran Bretagna ed in Francia la perdita di informazio-ni è del tutto trascurabile (1,2% e 1,8%, rispettivamente),mentre in Svezia è stato possibile ottenere il follow-up ditutte le gravidanze. Mediamente, la quota di gravidanzedi cui non si conosce l’esito, in Europa è dell’8,6%, inlinea con il nostro dato nazionale.

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SaLUte materno-inFantiLe 299

Raccomandazioni di OsservasaluteLa ricerca nell’ambito delle tecniche di fecondazioneassistita, unitamente alle modifiche delle norme cheregolano la materia, hanno portato a variazioni signi-ficative nei protocolli terapeutici. Queste variazioni cihanno indotto a sostituire alcuni indicatori utilizzati;nello specifico, quello per misurare l’accesso alle tec-niche di fecondazione assistita e quello che offre unamisura della loro efficacia.Anche quando gli indicatori, ad un livello mediogenerale, evidenziano una certa staticità, questa è ilrisultato di ampie oscillazioni che esistono tra unarealtà regionale ed un’altra o anche all’interno dellastessa regione tra un anno di attività ed un altro.La percentuale di perdita di informazioni si riduce inmaniera consistente, raggiungendo la soglia di qualitàintrodotta dal Registro Europeo, allineando la perfor-mance ad altri Registri a più consolidata tradizionecome, ad esempio, quello della Germania. In alcuneregioni tale perdita di informazioni rappresenta unaparticolare criticità. In tal senso, sarà cura del RegistroNazionale della PMA affrontare questo particolareproblema per cercare di diminuire ulteriormente ilnumero di gravidanze di cui non si conosce l’esito.

riferimenti bibliografici(1) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anni vari.(2) Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullostato di attuazione della legge contenente norme in materiadi Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 19 Febbraio2004, N. 40, Articolo 15). Anno 2018.(3) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - Procreazione MedicalmenteAssistita: risultati dell’indagine sull’applicazione delle tec-niche nel 2003.(4) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli - 1° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2005.(5) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, S.Fiaccavento, M. Bucciarelli, R. De Luca, R. Spoletini, E.Mancini- 2° Report Attività del Registro Nazionale dellaProcreazione Medicalmente Assistita 2006.(6) G. Scaravelli, V. Vigiliano, S. Bolli, J.M. Mayorga, R.De Luca, P. D’Aloja, S. Fiaccavento, R. Spoletini, M.Bucciarelli, E. Mancini - 3° Report Attività del RegistroNazionale della Procreazione Medicalmente Assistita 2007.(7) ESHRE - Human Reproduction Advance Access publi-cation on February 17, 2012 - Assisted reproductiveTecnology in Europe, 2007: results generated fromEuropean registers by ESHRE.

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Sopravvivenza e mortalità per causa

Significato. La mortalità infantile è una importantemisura del benessere demografico e uno dei più signi-ficativi indicatori sociali che permette di correlare lamortalità con i vari momenti dello sviluppo di unapopolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita.Questa misura è, infatti, strettamente correlata oltreche a fattori biologici anche alle condizioni sociali,economiche e culturali di un Paese. I fattori biologici principali sono l’età materna, l’ordi-ne di nascita, l’intervallo tra parti successivi, il nume-ro delle nascite, la presentazione fetale al momentodella nascita e la storia ostetrica della madre. I fattorisociali ed economici più rilevanti sono la legittimità,le condizioni abitative, il numero di componenti delnucleo familiare, il reddito familiare, alcune caratteri-stiche della madre (nutrizione, livello di istruzione eabitudine al fumo durante la gravidanza) e occupazio-ne del padre. L’indicatore risente anche della qualitànella gestione della gravidanza e dell’evoluzione tec-nologica nell’assistenza al parto.

Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimen-to alla popolazione residente rapportando il numero dimorti entro il 1° anno di vita, in un determinato perio-do, al numero di nati vivi nello stesso periodo e vieneespresso come rapporto su 1.000 nati vivi in 1 anno.Come è noto, il rischio di morte di un bambino decre-sce rapidamente durante il 1° anno di vita. Il maggiornumero di decessi, nei Paesi economicamente più svi-luppati, si registra, infatti, in corrispondenza del 1°mese e della 1a settimana di vita. Le cause di decessoper questo profilo sono endogene (cause di mortestrutturali o legate a fattori biologici o congeniti, qua-li la salute della madre, la presenza di anomalie con-genite, l’evoluzione del parto o fattori legati all’assi-stenza al parto) ed esogene, ovvero connesse a malat-tie infettive o legate a condizioni ambientali ed igieni-che e si presentano con una quota elevata di decessianche oltre il 1° mese di vita.Quest’ultima situazione risulta ancora peculiare nellamaggior parte dei Paesi a Forte Pressione Migratoria.

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-29 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-ratore è l’indagine sui decessi e cause di morte con-dotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Per ilnumero di nati vivi residenti, al denominatore, la fon-te di riferimento è la Rilevazione individuale degliiscritti in Anagrafe per nascita condotta ugualmentedall’Istat.È importante sottolineare che la rilevazione Istat sulle

cause di morte riguarda tutti i decessi che si verifica-no sul territorio nazionale, ma non rileva i decessi diindividui residenti in Italia avvenuti all’estero. I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle regioni incui risiedono popolazioni numericamente più esigue,si possono presentare ampie variazioni da un annoall’altro.

Mortalità infantile e neonatale

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542 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000 nati vivi) infantile* - Anni 2006-2015

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015Classi di età

Valori assoluti

<1 giorno 513 474 511 486 417 419 403 422 335 3621-6 giorni 449 444 447 499 483 445 387 379 369 3137-29 giorni 434 405 411 439 384 346 373 323 307 302Mortalità neonatale 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163 1.124 1.011 97730 giorni 516 534 527 523 489 481 442 399 385 430totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407

tassi

<1 giorno 0,9 0,8 0,9 0,9 0,7 0,8 0,8 0,8 0,7 0,71-6 giorni 0,8 0,8 0,8 0,9 0,9 0,8 0,7 0,7 0,7 0,67-29 giorni 0,8 0,7 0,7 0,8 0,7 0,6 0,7 0,6 0,6 0,6Mortalità neonatale 2,5 2,4 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2 2,2 2,0 2,030 giorni 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9 0,9 0,8 0,8 0,8 0,9totale 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0 3,0 2,8 2,9

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 542

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15

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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306

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249

271

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361

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46Malformazioni congenite del sistema nervoso

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22

Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

149

97

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Totale

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335

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445

387

379

369

313

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544 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017ta

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2013

2014

2015

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche

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385

430

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 544

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aPPendiCe 545

tabella 2 - (segue) Mortalità (valori assoluti) infantile* per classe di età e per causa di morte - Anni 2009-2015

totaleCause di morte 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1.145 1.045 938 923 915 807 792Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio 101 83 85 78 76 70 85e del partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 50 61 49 41 52 46 39Traumi da parto 0 1 3 0 0 1 0Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 128 124 89 86 102 70 70Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 308 319 275 270 254 199 197Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 151 114 97 91 84 87 83Infezioni specifiche del periodo perinatale 96 82 57 78 72 95 69Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 90 95 87 92 66 62 59Altre condizioni perinatali 221 166 196 187 209 177 190Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 449 407 434 362 345 325 327Malformazioni congenite del sistema nervoso 35 31 26 32 33 41 31Malformazioni congenite del sistema circolatorio 210 183 212 157 159 161 165Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 19 14 24 19 18 14 13Malformazioni congenite dell’apparato digerente 19 17 17 11 14 6 8Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 18 28 24 17 18 21 17Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti 50 48 48 60 41 36 41e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 54 37 32 39 38 32 33Altre malformazioni e deformazioni congenite 44 49 51 27 24 14 19Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove 66 60 60 62 63 43 58Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 20 22 23 14 23 18 15Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 46 38 37 48 40 25 43Altre malattie 255 240 236 245 184 208 217Alcune malattie infettive e parassitarie 28 34 25 27 19 20 35Tumori 10 18 15 17 15 12 18Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 10 14 17 16 12 21 10Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 24 26 24 30 21 18 17Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 55 33 39 41 30 36 34Malattie del sistema circolatorio 47 50 51 48 44 53 41Malattie del sistema respiratorio 40 28 30 27 17 20 34Malattie dell’apparato digerente 28 33 25 31 21 22 24Altre malattie 13 4 10 8 5 6 4Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 32 21 23 13 16 13 13Totale 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 545

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546 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017ta

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2009

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2014

2015

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

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10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 546

Page 324: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

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2015

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale

0,52

0,50

0,39

0,49

0,45

0,42

0,40

0,17

0,15

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Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche

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Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove

0,01

0,01

0,01

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Cause esterne di traumatism

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0,00

0,00

0,05

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0,03

0,02

0,02

Totale

0,77

0,68

0,63

0,70

0,63

0,61

0,62

0,92

0,87

0,88

0,83

0,78

0,77

0,89

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 547

Page 325: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

548 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 3 - (segue) Tasso (specifico per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte - Anni 2009-2015

totaleCause di morte 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 2,01 1,86 1,72 1,73 1,78 1,61 1,63Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, del travaglio 0,18 0,15 0,16 0,15 0,15 0,14 0,17e del partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,09 0,11 0,09 0,08 0,10 0,09 0,08Traumi da parto 0,00 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,23 0,22 0,16 0,16 0,20 0,14 0,14Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,54 0,57 0,50 0,51 0,49 0,40 0,41Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,27 0,20 0,18 0,17 0,16 0,17 0,17Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,17 0,15 0,10 0,15 0,14 0,19 0,14Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,16 0,17 0,16 0,17 0,13 0,12 0,12Altre condizioni perinatali 0,39 0,30 0,36 0,35 0,41 0,35 0,39Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,79 0,72 0,79 0,68 0,67 0,65 0,67Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,06 0,06 0,05 0,06 0,06 0,08 0,06Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,37 0,33 0,39 0,29 0,31 0,32 0,34Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,02 0,04 0,04 0,03 0,03 0,03Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,03 0,03 0,03 0,02 0,03 0,01 0,02Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,03 0,05 0,04 0,03 0,03 0,04 0,03Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, degli arti 0,09 0,09 0,09 0,11 0,08 0,07 0,08e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,09 0,07 0,06 0,07 0,07 0,06 0,07Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,08 0,09 0,09 0,05 0,05 0,03 0,04Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove0,12 0,11 0,11 0,12 0,12 0,09 0,12Sindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,04 0,04 0,04 0,03 0,04 0,04 0,03Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,08 0,07 0,07 0,09 0,08 0,05 0,09Altre malattie 0,45 0,43 0,43 0,46 0,36 0,41 0,45Alcune malattie infettive e parassitarie 0,05 0,06 0,05 0,05 0,04 0,04 0,07Tumori 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02 0,04Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del sistema immunitario 0,02 0,02 0,03 0,03 0,02 0,04 0,02Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,04 0,05 0,04 0,06 0,04 0,04 0,03Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,10 0,06 0,07 0,08 0,06 0,07 0,07Malattie del sistema circolatorio 0,08 0,09 0,09 0,09 0,09 0,11 0,08Malattie del sistema respiratorio 0,07 0,05 0,05 0,05 0,03 0,04 0,07Malattie dell’apparato digerente 0,05 0,06 0,05 0,06 0,04 0,04 0,05Altre malattie 0,02 0,01 0,02 0,01 0,01 0,01 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,06 0,04 0,04 0,02 0,03 0,03 0,03Totale 3,42 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78 2,90

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 548

Page 326: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

aPPendiCe 549

tabella 4 - Mortalità (valori assoluti e tasso per 1.000 nati vivi) neonatale* per regione - Anni 2006-2015

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015regioni

Valori assoluti

Piemonte 106 79 83 70 66 71 63 62 39 59Valle d’Aosta 1 2 6 1 2 1 3 3 4Lombardia 173 190 187 218 185 165 154 147 164 150Bolzano-Bozen 18 21 12 15 13 5 10 10 12 10Trento 11 4 7 8 7 8 13 13 7 7Veneto 105 94 91 102 82 83 81 67 54 64Friuli Venezia Giulia 18 13 13 20 25 26 17 22 15 12Liguria 31 37 31 27 28 40 27 21 25 21Emilia-Romagna 86 90 99 91 87 85 74 75 80 55Toscana 68 66 59 63 66 62 49 42 42 46Umbria 11 15 19 12 12 7 14 13 11 24Marche 30 25 22 39 17 18 17 16 16 16Lazio 158 119 153 141 132 136 121 138 104 104Abruzzo 33 37 47 30 39 26 36 24 17 22Molise 4 4 4 4 11 4 3 7 3 9Campania 195 175 171 186 156 146 164 158 112 118Puglia 99 105 105 110 93 77 81 66 84 60Basilicata 12 0 16 14 12 14 5 12 12 13Calabria 67 61 56 56 54 68 60 59 58 45Sicilia 140 155 158 187 167 140 151 135 132 125Sardegna 30 31 30 30 30 28 20 37 21 13italia 1.396 1.323 1.369 1.424 1.284 1.210 1.163 1.124 1.011 977

tassi

Piemonte 2,8 2,0 2,1 1,8 1,7 1,9 1,7 1,7 1,1 1,8Valle d’Aosta 0,8 1,6 4,6 0,8 1,6 0,8 2,5 0,0 2,7 4,1Lombardia 1,8 2,0 1,9 2,2 1,9 1,8 1,7 1,7 1,9 1,8Bolzano-Bozen 3,3 3,8 2,2 2,9 2,4 0,9 1,8 1,9 2,2 1,9Trento 2,1 0,8 1,3 1,5 1,3 1,5 2,5 2,5 1,4 1,4Veneto 2,2 2,0 1,9 2,1 1,7 1,8 1,8 1,6 1,3 1,6Friuli Venezia Giulia 1,7 1,2 1,2 1,9 2,4 2,6 1,7 2,3 1,6 1,4Liguria 2,6 3,0 2,5 2,2 2,3 3,5 2,3 1,9 2,3 2,1Emilia-Romagna 2,2 2,2 2,4 2,2 2,1 2,1 1,9 2,0 2,2 1,5Toscana 2,2 2,0 1,8 1,9 2,0 2,0 1,6 1,4 1,4 1,7Umbria 1,4 1,9 2,3 1,5 1,5 0,9 1,8 1,8 1,6 3,7Marche 2,2 1,8 1,5 2,7 1,2 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3Lazio 3,0 2,3 2,7 2,6 2,4 2,5 2,3 2,6 2,1 2,2Abruzzo 3,0 3,2 4,0 2,6 3,3 2,3 3,2 2,2 1,6 2,1Molise 1,6 1,6 1,6 1,7 4,4 1,7 1,3 3,1 1,4 4,1Campania 3,1 2,8 2,8 3,1 2,7 2,6 3,0 3,0 2,2 2,3Puglia 2,6 2,7 2,7 2,9 2,5 2,1 2,3 2,0 2,5 1,9Basilicata 2,4 0,0 3,3 3,0 2,6 3,1 1,1 2,9 2,9 3,2Calabria 3,7 3,4 3,1 3,1 3,0 3,9 3,5 3,5 3,5 2,7Sicilia 2,8 3,2 3,2 3,8 3,5 3,0 3,3 3,0 2,9 2,9Sardegna 2,3 2,3 2,2 2,2 2,2 2,1 1,6 3,1 1,8 1,2italia 2,5 2,3 2,4 2,5 2,3 2,2 2,2 2,2 2,0 2,0

*In percentuale del valore nazionale.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 549

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550 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 5 - Mortalità (valori assoluti e tasso per 1.000 nati vivi) infantile* per regione - Anni 2006-2015

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015regioni

Valori assoluti

Piemonte 130 107 113 98 97 93 86 85 57 85Valle d’Aosta 1 4 8 2 4 1 3 2 3 4Lombardia 245 283 260 302 257 242 221 219 246 214Bolzano-Bozen 23 23 16 16 18 7 13 13 15 12Trento 15 7 12 11 11 16 22 14 10 13Veneto 131 137 135 140 118 131 117 94 84 97Friuli Venezia Giulia 24 15 22 30 30 35 22 31 19 18Liguria 38 43 34 33 33 45 36 26 31 27Emilia-Romagna 124 109 141 125 111 125 103 106 106 85Toscana 89 83 85 84 97 82 67 55 57 65Umbria 23 22 24 21 19 12 21 17 15 30Marche 46 38 37 58 32 26 22 27 24 31Lazio 205 183 201 199 167 175 161 167 140 144Abruzzo 43 51 60 44 53 35 45 31 23 34Molise 5 7 10 9 13 5 6 9 6 10Campania 259 255 238 248 234 209 231 210 151 171Puglia 151 150 140 148 124 113 117 98 107 92Basilicata 17 1 26 19 16 20 11 15 15 20Calabria 100 87 72 77 66 81 77 79 77 57Sicilia 201 212 222 239 223 201 196 184 184 177Sardegna 42 40 40 44 50 37 28 41 26 21italia 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407

tassi

Piemonte 3,4 2,8 2,9 2,5 2,5 2,5 2,3 2,4 1,6 2,6Valle d’Aosta 0,8 3,2 6,2 1,5 3,2 0,8 2,5 1,9 2,7 4,1Lombardia 2,6 2,9 2,6 3,1 2,6 2,6 2,4 2,5 2,9 2,5Bolzano-Bozen 4,3 4,2 2,9 3,1 3,3 1,3 2,4 2,5 2,7 2,2Trento 2,9 1,4 2,2 2,1 2,0 3,0 4,3 2,7 2,1 2,7Veneto 2,8 2,9 2,8 2,9 2,5 2,9 2,6 2,2 2,1 2,5Friuli Venezia Giulia 2,3 1,4 2,1 2,9 2,9 3,5 2,2 3,3 2,1 2,1Liguria 3,1 3,5 2,7 2,7 2,8 3,9 3,1 2,4 2,9 2,7Emilia-Romagna 3,1 2,7 3,4 3,0 2,7 3,1 2,6 2,8 2,9 2,4Toscana 2,8 2,6 2,5 2,6 3,0 2,6 2,2 1,9 2,0 2,4Umbria 2,9 2,7 2,9 2,7 2,4 1,6 2,8 2,3 2,1 4,6Marche 3,3 2,7 2,5 4,0 2,3 1,9 1,7 2,1 1,9 2,6Lazio 3,9 3,5 3,5 3,6 3,1 3,2 3,0 3,2 2,8 3,0Abruzzo 3,9 4,5 5,1 3,9 4,5 3,1 4,0 2,9 2,2 3,3Molise 2,0 2,8 4,0 3,8 5,2 2,1 2,6 4,0 2,7 4,6Campania 4,2 4,1 3,9 4,2 4,0 3,7 4,2 4,0 2,9 3,4Puglia 4,0 3,9 3,7 3,9 3,3 3,1 3,4 2,9 3,2 2,9Basilicata 3,4 0,2 5,3 4,0 3,5 4,5 2,5 3,7 3,6 4,9Calabria 5,5 4,8 4,0 4,3 3,7 4,7 4,5 4,7 4,7 3,5Sicilia 4,0 4,3 4,5 4,9 4,6 4,3 4,2 4,1 4,1 4,1Sardegna 3,2 3,0 3,0 3,3 3,7 2,8 2,3 3,5 2,3 1,9italia 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0 3,0 2,8 2,9

*In percentuale del valore nazionale.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

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552 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2017

tabella 7 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e per causa di morte - Anni2014-2015

2014 2015Cause di morte italiana Straniera totale italiana Straniera totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,54 2,00 1,61 1,38 3,08 1,63Neonato affetto da fattori materni e da complicanze della gravidanza, 0,15 0,10 0,14 0,13 0,42 0,17del travaglio e del partoDisturbi correlati alla durata della gestazione ed all’accrescimento fetale 0,07 0,20 0,09 0,07 0,11 0,08Traumi da parto 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ipossia e asfissia intrauterina o della nascita 0,15 0,10 0,14 0,12 0,27 0,14Sofferenza (distress) respiratoria(o) del neonato 0,37 0,55 0,40 0,38 0,55 0,41Altri disturbi respiratori che hanno origine nel periodo perinatale 0,16 0,26 0,17 0,16 0,25 0,17Infezioni specifiche del periodo perinatale 0,18 0,22 0,19 0,13 0,21 0,14Disturbi emorragici ed ematologici del feto e del neonato 0,11 0,19 0,12 0,08 0,36 0,12Altre condizioni perinatali 0,35 0,37 0,35 0,30 0,91 0,39Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,55 1,20 0,65 0,60 1,10 0,67Malformazioni congenite del sistema nervoso 0,07 0,16 0,08 0,05 0,13 0,06Malformazioni congenite del sistema circolatorio 0,27 0,63 0,32 0,32 0,47 0,34Malformazioni congenite dell’apparato respiratorio 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03Malformazioni congenite dell’apparato digerente 0,01 0,04 0,01 0,01 0,03 0,02Malformazioni congenite dell’apparato genitourinario 0,04 0,04 0,04 0,03 0,09 0,03Malformazioni e deformazioni congenite dell’apparato scheletrico-muscolare, 0,06 0,13 0,07 0,07 0,15 0,08degli arti e del tegumentoAnomalie cromosomiche, non classificate altrove 0,05 0,14 0,06 0,06 0,13 0,07Altre malformazioni e deformazioni congenite 0,03 0,03 0,03 0,03 0,07 0,04Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,08 0,12 0,09 0,10 0,25 0,12non classificati altroveSindrome della morte improvvisa nell’infanzia 0,03 0,06 0,04 0,02 0,10 0,03Altri sintomi, segni, risultati anomali e cause mal definite 0,05 0,06 0,05 0,08 0,15 0,09Altre malattie 0,39 0,53 0,41 0,38 0,83 0,45Alcune malattie infettive e parassitarie 0,04 0,04 0,04 0,06 0,13 0,07Tumori 0,02 0,02 0,02 0,04 0,00 0,04Malattie del sangue e degli organi ematopoietici ed alcuni disturbi del 0,04 0,07 0,04 0,01 0,06 0,02sistema immunitarioMalattie endocrine, nutrizionali e metaboliche 0,03 0,07 0,04 0,03 0,07 0,03Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso 0,07 0,07 0,07 0,06 0,12 0,07Malattie del sistema circolatorio 0,09 0,17 0,11 0,07 0,18 0,08Malattie del sistema respiratorio 0,04 0,05 0,04 0,05 0,17 0,07Malattie dell’apparato digerente 0,05 0,03 0,04 0,04 0,09 0,05Altre malattie 0,01 0,00 0,01 0,01 0,02 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,02 0,04 0,03 0,02 0,06 0,03Totale 2,58 3,89 2,78 2,47 5,34 2,90

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 552

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aPPendiCe 553

tabella 8 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per cittadinanza e rapporto tra la mortalitàinfantile straniera/italiana per regione - Anni 2014-2015

2014 2015 rapporto straniera/italianaregioni italiana Straniera totale italiana Straniera totale 2014 2015

Piemonte 1,57 1,94 1,65 1,72 6,27 2,58 1,23 3,64Valle d’Aosta 2,06 6,67 2,68 2,36 14,49 4,05 3,23 6,15Lombardia 2,49 4,11 2,85 2,05 4,27 2,54 1,65 2,08Bolzano-Bozen 2,54 3,80 2,72 2,18 2,69 2,25 1,50 1,23Trento 1,99 2,40 2,06 2,01 5,79 2,69 1,21 2,87Veneto 1,55 3,93 2,07 2,01 4,31 2,49 2,53 2,15Friuli Venezia Giulia 1,40 5,13 2,07 1,82 3,49 2,10 3,66 1,92Liguria 2,49 4,59 2,88 1,85 5,93 2,66 1,85 3,20Emilia-Romagna 2,57 3,89 2,89 1,54 4,94 2,37 1,51 3,22Toscana 2,06 1,53 1,96 1,49 5,94 2,36 0,74 3,98Umbria 1,42 5,36 2,14 2,71 12,91 4,59 3,76 4,77Marche 2,01 1,58 1,94 2,07 5,39 2,60 0,79 2,60Lazio 2,35 5,15 2,78 2,22 7,15 2,99 2,19 3,22Abruzzo 2,22 1,92 2,18 3,58 1,18 3,32 0,86 0,33Molise 2,87 0,00 2,71 4,15 12,21 4,59 0,00 2,94Campania 2,84 5,30 2,95 3,17 7,17 3,35 1,87 2,26Puglia 3,12 5,47 3,22 2,79 5,37 2,91 1,75 1,93Basilicata 3,84 0,00 3,64 4,85 4,92 4,85 0,00 1,02Calabria 4,67 4,72 4,67 3,53 2,77 3,48 1,01 0,79Sicilia 3,94 7,24 4,10 3,98 6,11 4,09 1,84 1,54Sardegna 1,88 12,24 2,27 1,97 0,00 1,89 6,50 0,00italia 2,58 3,89 2,78 2,48 5,22 2,90 1,51 2,10

*Decessi avvenuti in Italia e riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2017.

10 aprile RO 2017 CORRETTA_01 prex 11/04/18 09:38 Pagina 553

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296 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Parti effettuati nei punti nascita

Significato. L’indicatore intende descrivere l’organizzazio-ne territoriale della rete dei punti nascita. In Italia, l’assi-stenza alla gravidanza e al parto è, generalmente, buona (ilrischio di natimortalità si è quasi dimezzato a partire daiprimi anni Ottanta, la percentuale di donne assistite durantela gravidanza ha superato il 90%, la totalità dei parti è assi-stita da operatori sanitari e la percentuale di nati da partopretermine e quella di nati di peso inferiore si è ridotta dra-sticamente), anche se la nostra realtà è ancora caratterizzatada una eccessiva medicalizzazione dell’evento nascita, dicui il non appropriato ricorso al Taglio Cesareo (TC) rap-presenta la manifestazione più esasperata, e dall’estremaparcellizzazione dei punti nascita.Per migliorare questo sistema assistenziale, è stato sancitoin Conferenza unificata, il 16 dicembre 2010, l’AccordoStato-Regioni recante “Linee di indirizzo per la promozio-ne ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e del-l’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorsonascita e per la riduzione del Taglio Cesareo”, in cui si pro-pone un programma nazionale, articolato in dieci linee di

azione, per la promozione e il miglioramento della qualità,della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assi-stenziali nel percorso nascita e per la riduzione del TC.Le linee di indirizzo contengono specifiche indicazioni dipolitica sanitaria per migliorare la qualità e l’appropriatezzadelle prestazioni erogate durante il percorso nascita. Traqueste sono previste la razionalizzazione dei punti nascita,nonché il miglioramento degli aspetti strutturali, tecnologi-ci ed organizzativi delle strutture.La riorganizzazione della rete assistenziale del percorsonascita prevede il numero di almeno 1.000 nascite/annoquale parametro standard a cui tendere, nel triennio, per ilmantenimento/attivazione dei punti nascita. La possibilitàdi punti nascita con numerosità inferiore e, comunque, non<500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base dimotivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni realidelle varie aree geografiche interessate, con rilevanti diffi-coltà di attivazione del Servizio Trasporto AssistitoMaterno.

Proporzione di parti secondo la classe di ampiezza

Numeratore PartiClasse i x 100Denominatore Parti

Classe i=Classe 1, Classe 2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.Classe 1=<500 parti, Classe 2=500-799 parti, Classe 3=800-999 parti, Classe 4=1.000-2.499 parti, Classe 5=2.500.

Validità e limiti. L’indicatore evidenzia il rispetto diuno solo dei molteplici standard qualitativi per caratte-rizzare i livelli della rete di offerta dei servizi ostetrici eneonatologici ospedalieri. La fonte utilizzata per il cal-colo dell’indicatore è il Certificato di Assistenza alParto, relativo all’anno 2016. Nel caso di struttureospedaliere articolate su più sedi (stabilimenti ospeda-lieri), a ciascun punto nascita è attribuita la specificaclasse di ampiezza in funzione del volume di partiannui effettuati dallo stabilimento.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistono rife-rimenti normativi per questo indicatore. Per il con-fronto tra le regioni occorre considerare sia la diversaampiezza dei territori regionali che le notevoli varia-bilità di densità abitativa e caratteristiche orograficheche impongono una organizzazione dei servizi diver-sificata.

Descrizione dei risultatiLa distribuzione dell’offerta risulta notevolmentediversificata sul territorio compatibilmente con lastruttura geografica dello stesso e con il suo bacino diutenza.

Il 63,9% dei parti, in Italia, avviene in strutture doveavvengono più di 1.000 parti l’anno, mentre il 6,0% instrutture che accolgono meno di 500 casi l’anno, volu-me ritenuto non soddisfacente a garantire uno stan-dard qualitativo accettabile neanche per i punti nascitadi I livello. In 7 regioni sono presenti strutture con grandi volumidi attività (2.500 parti l’anno): Piemonte,Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazioe Puglia. I punti nascita di piccole dimensioni (<500 parti l’an-no), ma che accolgono una quota significativa dinascite (oltre il 10%), risultano presenti, come lecitoaspettarsi, in unità territoriali più piccole (Molise,Umbria, PA di Bolzano e PA di Trento) oltre che inSardegna. A seguire le quote più elevate (inferiori inogni caso al 10%) risultano in Calabria, Basilicata eSicilia. Occorre precisare che nelle regioni meridionali,soprattutto in Campania e in Sicilia, i punti nascitasono per lo più dislocati in case di cura private accre-ditate che hanno, generalmente, una dimensione infe-riore rispetto alle strutture gestite direttamente dalServizio Sanitario Nazionale.

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SaLUte materNo-INFaNtILe 297

Grafico 1 - Parti (valori per 100) effettuati nei punti nascita secondo la classe di ampiezza per regione - Anno2016

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2018.

tabella 1 - Parti (valori assoluti e valori per 100) effettuati nei punti nascita per classe di ampiezza e per regione- Anno 2016

regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500 totale N % N % N % N % N % N %

Piemonte 1.398 4,6 3.293 10,8 6.356 20,9 12.565 41,4 6.763 22,3 30.375 100,0Valle d’Aosta 0 n.a. 0 n.a. 948 100,0 0 n.a. 0 n.a. 948 100,0Lombardia 3.409 4,2 13.240 16,4 6.083 7,5 33.639 41,6 24.577 30,4 80.948 100,0Bolzano-Bozen 828 14,8 795 14,2 877 15,7 3.089 55,3 0 n.a. 5.589 100,0Trento 592 14,1 0 n.a. 0 n.a. 3.614 85,9 0 n.a. 4.206 100,0Veneto 1.848 5,0 4.851 13,2 8.077 22,0 18.852 51,4 3.018 8,2 36.646 100,0Friuli Venezia Giulia 572 6,5 1.379 15,7 2682 30,4 4.177 47,4 0 n.a. 8.810 100,0Liguria 1 0,0 4.770 50,4 905 9,6 3.785 40,0 0 n.a. 9.461 100,0Emilia-Romagna 1.966 5,8 3.259 9,6 1.879 5,5 12.429 36,5 14.518 42,6 34.051 100,0Toscana 1.280 4,7 3.209 11,7 1.878 6,9 17.475 63,9 3.524 12,9 27.366 100,0Umbria 1.164 17,4 1151 17,2 0 n.a. 4.381 65,4 0 n.a. 6.696 100,0Marche 475 4,3 3.528 31,8 3.474 31,3 3.618 32,6 0 n.a. 11.095 100,0Lazio 1.789 3,9 6.048 13,1 3.377 7,3 20.176 43,7 14.728 31,9 46.118 100,0Abruzzo 208 2,1 1.418 14,4 1.767 18,0 6.426 65,4 0 n.a. 9.819 100,0Molise 869 49,8 0 n.a. 875 50,2 0 n.a. 0 n.a. 1.744 100,0Campania 2.413 4,8 7.978 15,7 10.442 20,6 29.918 59,0 0 n.a. 50.751 100,0Puglia 1.791 5,8 6.960 22,4 3.633 11,7 15.998 51,5 2.652 8,5 31.034 100,0Basilicata 383 9,3 1.144 27,6 0 n.a. 2.611 63,1 0 n.a. 4.138 100,0Calabria 1502 10,0 2.972 19,8 940 6,3 9.625 64,0 0 n.a. 15.039 100,0Sicilia 2.729 6,6 9.410 22,9 7.197 17,5 21.815 53,0 0 n.a. 41.151 100,0Sardegna 1.864 18,4 1307 12,9 2.713 26,7 4.264 42,0 0 n.a. 10.148 100,0Italia 28.161 6,0 77.758 16,7 62.377 13,4 227.945 48,9 69.780 15,0 466.021 100,0

n.a. = non applicabile.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2018.

La funzione di coordinamento per la tematica del per-corso nascita e di monitoraggio dell’implementazionedegli standard di qualità e sicurezza in attuazione deicontenuti presenti nell’Accordo Stato-Regioni del2010, è svolta dal Comitato Percorso Nascita naziona-le. A tale organo di coordinamento è affidato, tra glialtri, il compito di esprimere parere consultivo sulleeventuali richieste da parte delle Regioni di mantenere

in attività punti nascita con volumi di attività <500parti annui e in condizioni orograficamente difficili.La particolare attenzione verso la tematica del percor-so nascita è attestata anche dall’inserimento nellaverifica dei Livelli Essenziali di Assistenza di unospecifico punto dedicato al percorso nascita, nell’am-bito del quale vengono annualmente verificati i puntinascita con bassi volumi di parti.

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298 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Raccomandazioni di OsservasaluteLe “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglio-ramento della qualità, della sicurezza e dell’appropria-tezza degli interventi assistenziali nel percorso nascitae per la riduzione del Taglio Cesareo” programmano larazionalizzazione/riduzione progressiva dei puntinascita con numero di parti <1.000/anno, prevedendol’abbinamento per pari complessità di attività delleUnità Operative ostetrico-ginecologiche con quelleneonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i pre-cedenti tre livelli del Progetto Obiettivo Materno-Infantile del 24 aprile 2000, ed indicando standard

operativi, di sicurezza e tecnologici rispetto alle speci-fiche funzioni collegate ai livelli assistenziali.Le evidenze relative alla composizione percentuale deiparti secondo la classe di ampiezza dei punti nascitaconsentono di definire la situazione attuale ed i punticritici fornendo un valido strumento a supporto dellaprogrammazione dei servizi di assistenza ostetrica epediatrico-neonatologica e degli interventi di raziona-lizzazione della rete di offerta dei punti nascita, previ-sti per la sicurezza delle cure ed il contenimento dellaspesa sanitaria.

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SaLUte materNo-INFaNtILe 299

Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale

Significato. L’indicatore intende descrivere la rete diassistenza intensiva neonatale. Le “Linee di indirizzoper la promozione ed il miglioramento della qualità,della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventiassistenziali nel percorso nascita e per la riduzione delTaglio Cesareo”, approvate il 16 dicembre 2010 dallaConferenza Unificata, prevedono che le UnitàOperative neonatologiche di II livello assistano neonatifisiologici e neonati patologici, ivi inclusi quelli biso-gnosi di terapia intensiva.

Le funzioni collegate ai livelli assistenziali ricompren-dono l’assistenza a soggetti “inborn” ed “outborn”,necessitanti di assistenza intensiva, di qualsiasi peso oetà gestazionale.Fra gli standard qualitativi sono previsti non meno di1.000 nati/anno nella struttura (inborn) e la presenza diuna Unità Operativa di Neonatologia con una UnitàOperativa di Terapia Intensiva Neonatale (UOTIN)autonoma. Inoltre, l’UOTIN dovrebbe essere attivataper un bacino di utenza di almeno 5.000 nati annui.

Percentuale del numero di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale secondo la classe di ampiezza, in termini di partieffettuati, nei punti nascita

Numeratore UOTINClasse i, Regione j x 100Denominatore UOTINRegione j

Classe i=Classe1, Classe2, Classe 3, Classe 4, Classe 5.Classe 1=<500 parti, Classe 2=500-799 parti, Classe 3=800-999 parti, Classe 4=1.000-2.499 parti, Classe 5=2.500.

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-l’indicatore è il Certificato di Assistenza al Parto, rela-tivo all’anno 2016. Nel caso di strutture ospedalierearticolate su più Sedi (stabilimenti ospedalieri), a cia-scun punto nascita è attribuita la specifica classe diampiezza in funzione del volume di parti annui effet-tuati dallo stabilimento.

Valore di riferimento/Benchmark. Non esistonoriferimenti normativi per questo indicatore. Per il con-fronto territoriale occorre considerare la diversaampiezza regionale, nonché la notevole variabilità didensità abitativa e orografica che impone una organiz-zazione dei servizi diversificata.

Descrizione dei risultatiL’UOTIN è presente in 119 dei 463 punti nascita analiz-zati nel 2016; 99 delle UOTIN sono collocate in puntinascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui.Delle restanti 20 UOTIN, 12 sono collocate in puntinascita con meno di 800 parti annui. La corretta collocazione delle UOTIN, in relazioneall’organizzazione della rete dei punti nascita per inten-sità di livello assistenziale, è determinante da un lato perlimitare quanto più possibile il rischio che neonati pato-logici ricevano una assistenza qualitativamente non ade-guata e, dall’altro, per un impiego appropriato dellerisorse specialistiche e tecnologiche.

C. TAMBURINI, F. BASILI

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300 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 1 - Distribuzione (valori assoluti e valori per 100) dei punti nascita con Unità Operativa di TerapiaIntensiva Neonatale per classe di ampiezza e per regione - Anno 2016

regioni <500 500-799 800-999 1.000-2.499 2.500 totale N % N % N % N % N % N %

Piemonte 0 n.a. 0 n.a. 2 25,0 5 62,5 1 12,5 8 100,0Valle d’Aosta 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a.Lombardia 0 n.a. 1 5,3 0 n.a. 11 57,9 7 36,8 19 100,0Bolzano n.a.Bozen 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0 0 n.a. 1 100,0Trento 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0 0 n.a. 1 100,0Veneto 0 n.a. 3 27,3 0 n.a. 7 63,6 1 9,1 11 100,0Friuli Venezia Giulia 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a.Liguria 0 n.a. 3 60,0 1 20,0 1 20,0 0 n.a. 5 100,0Emilia n.a.Romagna 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 4 44,4 5 55,6 9 100,0Toscana* 1 14,3 0 n.a. 0 n.a. 5 71,4 1 14,3 7 100,0Umbria 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 2 100,0 0 n.a. 2 100,0Marche 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0 0 n.a. 1 100,0Lazio 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 5 55,6 4 44,4 9 100,0Abruzzo 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 3 100,0 0 n.a. 3 100,0Molise 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0Campania° 1 6,7 0 n.a. 1 6,7 13 86,7 0 n.a. 15 100,0Puglia 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 8 88,9 1 11,1 9 100,0Basilicata 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 1 100,0 0 n.a. 1 100,0Calabria 0 n.a. 0 n.a. 0 n.a. 4 100,0 0 n.a. 4 100,0Sicilia 0 n.a. 3 17,6 2 11,8 12 70,6 0 n.a. 17 100,0Sardegna 0 n.a. 0 n.a. 1 50,0 1 50,0 0 n.a. 2 100,0Italia 2 1,7 10 8,4 8 6,7 82 68,9 17 14,3 119 100,0

n.a. = non applicabile.*Con riferimento all’unica unità in Toscana presente nella classe con numero di parti <500 casi, trattasi dell’Azienda Ospedaliera UniversitariaMeyer con una Terapia Intensiva Neonatale chirurgica in cui sono nati due bambini che necessitavano di intervento in periodo perinatale.°Con riferimento all’unica unità in Campania presente nella classe con numero di parti <500 casi, trattasi di una struttura la cui attività delpunto nascita risulta avviata nel corso dell’anno 2016, quindi la numerosità dei parti si riferisce a una quota annua parziale.

Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. HSP12 Posti letto per disciplina delle strutture di ricovero pubbli-che ed equiparate; HSP13 Posti letto per disciplina delle case di cura private. Anno 2018.

Raccomandazioni di OsservasaluteLe unità funzionali perinatali di II livello assistonogravidanze e parti a rischio elevato ed i nati patologici,ivi inclusi quelli che necessitano di terapia intensiva.La presenza di UOTIN all’interno delle strutture dovehanno luogo almeno 1.000 parti annui è, pertanto, unodegli standard qualitativi individuati nelle “Linee diindirizzo per la promozione ed il miglioramento dellaqualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degliinterventi assistenziali nel percorso nascita e per lariduzione del Taglio Cesareo”. L’analisi della distribuzione del numero di UOTIN, inrelazione alle classi di ampiezza dei punti nascita, con-

sente di evidenziare ambiti di potenziale non appro-priatezza organizzativa o di rischio per la sicurezzadella madre e del neonato.Poiché l’accesso alla terapia intensiva per i neonatifortemente pre-termine è determinante per la sopravvi-venza e la futura qualità della vita del bambino, la pre-senza di UOTIN deve essere correlata anche all’etàgestazionale, in modo da evidenziare in particolare lapercentuale dei parti fortemente pre-termine che hannoluogo in strutture prive di Terapia Intensiva Neonatale.Si ricorda che tale indicatore è tra quelli raccomandatidal Progetto Euro-Peristat, ai fini del monitoraggiodella salute perinatale a livello europeo.

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SaLUte materNo-INFaNtILe 301

Parti con Taglio Cesareo

Significato. La proporzione di Taglio Cesareo (TC)misura il livello di accesso e di utilizzo di un interventoostetrico efficace e salvavita in presenza di condizionicomplicanti la gravidanza o il travaglio. Tuttavia, è unintervento associato a rischi materni e perinatali siaimmediati che a lungo termine (1). La frequenza di TC è aumentata in modo costante alivello globale, nonostante non ci siano prove di effica-

cia che ne dimostrino sostanziali benefici materni eperinatali quando le proporzioni di TC superano unadeterminata soglia (2).Per queste ragioni la proporzione di TC sul totale deiparti continua a essere uno degli indicatori di saluteriproduttiva e di qualità dell’assistenza più utilizzati alivello internazionale e continuamente monitorati alivello nazionale.

Proporzione di parti con Taglio Cesareo

Numeratore Parti con Taglio Cesareo (DRG 370-371) x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo primario

Numeratore Parti con Taglio Cesareo in donne che non hanno subito un precedente cesareo (DRG 370-371 esclusi i codici di diagnosi 654.2) x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Proporzione di parti con Taglio Cesareo ripetuto

Numeratore Parti con Taglio Cesareo (DRG 370-371 e codici di diagnosi 654.2) x 100Denominatore Parti (DRG 370-375)

Validità e limiti. Informazioni sul ricorso al TC pos-sono essere rilevate con buona precisione dalleSchede di Dimissione Ospedaliera (SDO) e dalCertificato di Assistenza al Parto (CedAP). La stimadegli indicatori a partire dai Diagnosis Related Groupdelle SDO è quella più facilmente calcolabile a livellonazionale potendo disporre di dati correnti e aggiorna-ti. L’analisi riporta, oltre alle proporzioni di TC totali,anche le proporzioni di TC primari (primo parto conTC) e ripetuti (parto con TC in donne in cui è statoeseguito un precedente TC) poiché definiscono duesottopopolazioni per le quali è possibile progettareinterventi specifici per migliorare l’appropriatezzadell’intervento.

Valore di riferimento/Benchmark. Nel 2014l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), inbase a una revisione sistematica della letteratura (3) ea uno studio ecologico mondiale (4), ha rilevato unaassociazione fra tassi di TC e riduzione della mortalitàmaterna e neonatale fino a 10-15%; oltre tali valorinon si osserva una riduzione di mortalità (1).

Descrizione dei risultatiNel 2017, in Italia, la proporzione di TC sul totale deiparti è variata da un minimo del 21,82% registrato

nella PA di Trento ad un massimo del 53,64% osser-vato in Campania, con un valore nazionale del33,60% (Tabella 1). Come negli anni precedenti,anche per il 2017 il Lazio e tutte le regioni delMeridione presentano una percentuale di TC al disopra del valore medio nazionale; si continua, pertan-to, a registrare un importante gradiente Nord-Sud edIsole (Grafico 1).Si evidenzia, come nelle precedenti Edizioni delRapporto Osservasalute, un trend (dal 2011 al 2017)in graduale riduzione della proporzione di TC nellamaggior parte delle regioni (Tabella 1). Fanno ecce-zione la PA di Bolzano (per la quale si rileva unasostanziale stabilità con +0,86%) e la Calabria (conun lieve incremento del 2,13%).Questa tendenza è da imputare per lo più, come neglianni passati, alla riduzione dei TC primari (Tabella 2)che, infatti, diminuiscono del 15,72% a fronte di unariduzione meno consistente (-3,64%) dei TC ripetuti(Tabella 3). La distribuzione regionale dei TC primari è del tuttoanaloga a quella dei TC totali poiché mostra le stesseregioni del Meridione e il Lazio come le aree con piùelevata proporzione di casi: oltre il 20% dei TC inqueste regioni è dovuto a TC primari. La Campaniapresenta il valore più alto (25,93%), mentre la PA di

E. PERRONE, L. DALLOLIO, S. PILATI, M.P. FANTINI

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302 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Trento il valore più basso (12,38%).Per i TC ripetuti si differenziano l’Abruzzo e laSardegna che in questo caso hanno valori inferiori alvalore nazionale del 14,13% e pari, rispettivamente, a13,04% e 13,94%.Nonostante l’età non sia una indicazione assoluta pereffettuare un TC, il suo incremento rappresenta unacondizione che aumenta la probabilità di partorire con

TC. In Italia, nel 2017, il 72,6% delle donne di 45 annied oltre ha partorito con TC, con percentuali chevariano a livello regionale dal 40,0% registrato inValle d’Aosta all’85,2% osservato in Campania (datinon riportati in tabella). La Tabella 4 riporta i tassistandardizzati dei TC dal 2011 al 2017 e mostra come,al netto dell’età materna, le proporzioni di TC sianocomunque in diminuzione.

tabella 1 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo e variazione (valori per 100) per regione -Anni 2011-2017

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ∆ % (2011-2017)

Piemonte 30,41 30,53 29,84 28,67 28,45 28,60 27,09 -10,93Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 31,15 32,86 33,56 32,96 28,78 30,47 28,42 -8,75Lombardia 28,83 28,08 28,23 27,96 26,89 27,01 26,38 -8,51Bolzano-Bozen 25,00 24,56 24,44 24,68 24,04 24,84 25,21 0,86Trento 26,91 26,36 25,22 25,74 24,04 20,70 21,82 -18,90Veneto 27,04 26,75 26,40 25,11 24,97 24,95 22,98 -15,03Friuli Venezia Giulia 24,65 22,95 24,38 23,92 24,20 24,18 23,11 -6,26Liguria 34,66 33,95 35,26 34,02 33,25 31,02 29,87 -13,82Emilia-Romagna 29,56 28,49 28,69 27,49 27,09 26,76 24,61 -16,74Toscana 26,07 26,24 25,54 26,22 25,67 26,41 25,92 -0,56Umbria 31,19 32,15 31,30 30,79 28,07 28,33 27,18 -12,87Marche 34,67 34,18 34,83 35,70 33,63 33,76 32,04 -7,57Lazio 44,06 43,35 42,68 41,62 39,82 39,05 37,46 -14,99Abruzzo 42,85 39,07 39,48 38,16 37,65 36,29 34,39 -19,75Molise 47,02 48,08 48,05 45,43 45,32 46,73 44,14 -6,12Campania 62,51 61,15 61,41 62,20 61,09 59,03 53,64 -14,18Puglia 46,59 42,24 41,02 41,08 42,04 43,92 41,58 -10,75Basilicata 44,47 40,21 41,97 40,08 38,43 39,42 37,46 -15,75Calabria 37,41 36,11 35,77 36,42 36,94 38,09 38,21 2,13Sicilia 46,60 44,71 44,54 43,92 43,32 41,75 41,82 -10,26Sardegna 41,46 41,10 41,97 40,12 39,79 38,82 37,77 -8,89Italia 37,76 36,62 36,50 36,05 35,42 35,12 33,60 -11,03

Fonte dei dati: Elaborazione su dati SDO dal Ministero della Salute - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2018.

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tabella 2 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo primario e variazione (valori per 100) perregione - Anni 2011-2017

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ∆ % (2011-2017)

Piemonte 19,50 19,64 19,41 18,54 18,16 18,35 17,46 -10,45Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 22,59 21,27 22,41 21,37 16,83 19,03 17,72 -21,55Lombardia 18,41 18,17 17,96 17,92 16,88 16,67 16,31 -11,40Bolzano-Bozen 16,90 17,50 17,79 17,79 16,69 17,25 17,20 1,78Trento 16,94 16,06 16,49 17,14 14,90 11,89 12,38 -26,91Veneto 17,28 17,02 16,79 15,90 15,81 15,78 14,56 -15,72Friuli Venezia Giulia 17,44 16,04 16,97 16,64 16,46 16,14 15,87 -9,02Liguria 23,95 24,05 23,91 22,92 22,33 20,15 18,88 -21,18Emilia-Romagna 18,92 17,89 18,55 17,23 17,00 16,90 15,09 -20,24Toscana 17,43 17,55 17,00 17,24 17,27 17,45 16,99 -2,55Umbria 20,99 20,91 20,24 19,95 17,34 17,56 16,93 -19,36Marche 22,02 20,96 22,07 22,16 21,79 20,95 19,19 -12,86Lazio 27,98 27,36 26,69 25,68 23,64 22,77 22,08 -21,10Abruzzo 28,86 25,09 26,05 24,49 24,29 23,60 21,34 -26,04Molise 27,83 29,55 29,16 26,94 26,92 28,93 25,79 -7,32Campania 34,58 33,52 33,54 34,34 33,36 30,60 25,93 -25,01Puglia 27,74 24,54 23,46 23,13 23,72 24,88 23,69 -14,61Basilicata 23,58 20,25 22,31 22,16 21,64 22,44 21,94 -6,96Calabria 20,33 18,08 18,10 19,81 20,81 22,53 22,91 12,67Sicilia 25,77 23,20 22,15 22,05 21,88 20,94 21,56 -16,32Sardegna 28,26 27,55 28,64 26,69 26,10 25,25 23,83 -15,67Italia 23,10 22,10 21,93 21,59 21,02 20,57 19,47 -15,72

Fonte dei dati: Elaborazione su dati SDO dal Ministero della Salute - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2018.

tabella 3 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo ripetuto e variazione (valori per 100) perregione - Anni 2011-2017

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ∆ % (2011-2017)

PPiemonte 10,90 10,89 10,44 10,13 10,29 10,25 9,63 -11,69Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 8,56 11,60 11,15 11,58 11,96 11,44 10,70 25,02Lombardia 10,41 9,92 10,27 10,04 10,01 10,34 10,07 -3,30Bolzano-Bozen 8,10 7,06 6,64 6,91 7,36 7,59 8,01 -1,08Trento 9,97 10,30 8,73 8,58 9,14 8,81 9,44 -5,29Veneto 9,76 9,74 9,61 9,21 9,16 9,17 8,41 -13,80Friuli Venezia Giulia 7,20 6,91 7,41 7,27 7,74 8,04 7,24 0,55Liguria 10,71 9,90 11,35 11,10 10,92 10,88 10,99 2,65Emilia-Romagna 10,64 10,60 10,14 10,26 10,08 9,86 9,52 -10,52Toscana 8,65 8,69 8,53 8,98 8,39 8,95 8,94 3,32Umbria 10,20 11,24 11,06 10,84 10,73 10,78 10,25 0,50Marche 12,65 13,22 12,77 13,54 11,84 12,81 12,86 1,63Lazio 16,08 15,98 15,99 15,94 16,18 16,28 15,38 -4,36Abruzzo 13,99 13,98 13,43 13,67 13,36 12,69 13,04 -6,78Molise 19,20 18,53 18,89 18,48 18,40 17,80 18,35 -4,43Campania 27,93 27,63 27,87 27,85 27,73 28,43 27,71 -0,78Puglia 18,85 17,70 17,56 17,95 18,32 19,05 17,89 -5,07Basilicata 20,90 19,95 19,65 17,92 16,79 16,98 15,52 -25,72Calabria 17,08 18,03 17,67 16,61 16,13 15,57 15,30 -10,42Sicilia 20,82 21,51 22,39 21,86 21,44 20,81 20,26 -2,71Sardegna 13,20 13,55 13,33 13,42 13,69 13,57 13,94 5,63Italia 14,66 14,52 14,57 14,46 14,40 14,55 14,13 -3,64

Fonte dei dati: Elaborazione su dati SDO dal Ministero della Salute - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2018.

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304 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Grafico 1 - Proporzione (valori per 100) di parti con Taglio Cesareo primario e ripetuto per regione - Anno 2017

Fonti dei dati: Elaborazione su dati SDO dal Ministero della Salute - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2018.

tabella 4 - Tasso (standardizzato per 10.000) di parti con Taglio Cesareo e variazione (valori per 100) per regio-ne - Anni 2011-2017

regioni 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 ∆ % (2011-2017)

Piemonte 62,25 62,07 58,30 54,46 52,54 51,96 48,69 -21,79Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 71,94 72,83 67,59 68,69 55,14 57,86 50,74 -29,47Lombardia 63,98 61,68 59,16 57,26 54,34 53,32 51,25 -19,89Bolzano-Bozen 56,83 57,65 56,14 59,94 57,69 60,56 60,50 6,46Trento 59,59 57,96 56,16 55,13 51,38 42,50 44,61 -25,14Veneto 57,16 56,17 52,15 49,00 47,63 47,03 42,68 -25,33Friuli Venezia Giulia 47,62 44,05 44,90 42,39 41,17 42,47 40,50 -14,96Liguria 64,25 64,75 64,95 60,74 57,94 54,03 51,78 -19,40Emilia-Romagna 64,03 60,81 58,71 54,09 52,54 50,67 45,39 -29,12Toscana 52,01 52,33 48,12 48,82 45,90 46,57 45,60 -12,32Umbria 64,34 65,90 60,70 57,49 50,02 49,84 46,11 -28,33Marche 73,21 69,78 65,72 65,89 62,50 59,34 55,33 -24,42Lazio 93,22 92,96 87,26 77,48 73,56 71,23 66,49 -28,67Abruzzo 82,96 75,16 73,73 70,40 68,41 65,46 60,51 -27,07Molise 83,25 86,62 83,69 77,88 77,91 78,27 76,87 -7,66Campania 136,55 130,77 125,94 122,98 121,23 115,89 105,72 -22,57Puglia 94,41 82,47 75,74 73,70 73,32 76,41 73,25 -22,41Basilicata 79,00 71,21 69,06 66,22 65,31 67,65 63,72 -19,34Calabria 73,65 71,18 67,62 68,95 70,95 72,86 71,73 -2,60Sicilia 100,04 94,58 89,91 89,04 86,31 80,35 82,42 -17,61Sardegna 72,28 67,30 63,49 61,72 62,14 67,90 55,80 -22,81Italia 79,19 76,57 72,70 69,92 67,73 66,00 62,53 -21,04

Fonte dei dati: Elaborazione su dati SDO dal Ministero della Salute - Istat. Demografia in cifre per la popolazione. Anno 2018.

Raccomandazioni di OsservasaluteI dati rilevano, nel tempo osservato, una gradualeriduzione della proporzione di TC primari e ripetuti.Nonostante ciò, la proporzione di TC rimane moltoelevata in Italia e la più alta in assoluto tra i 17 Paesieuropei dell’Area Euro (5).I dati qui presentati continuano a mostrare una ampia

variabilità tra le regioni, con un gradiente crescentedi ricorso al TC dal Nord al Meridione. Questo feno-meno sembra essere verosimilmente attribuibile piùa fattori clinico-organizzativi che a reali differenzenello stato di salute della popolazione, sottendendouna offerta territorialmente diseguale di assistenzaappropriata.

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SaLUte materNo-INFaNtILe 305

Uno studio, che ha incluso 19 Paesi ad alto reddito econ bassi tassi di mortalità materna e infantile, hadimostrato che, aggiustando per fattori socio-econo-mici, la mortalità neonatale e infantile non si riduconoulteriormente per valori di TC >10%; inoltre, tassi diTC >15% non sono associati a una riduzione dellamortalità materna (6).Il TC è un intervento associato a rischi per la salutedella donna (7) che aumentano in caso di TC multiplicome, ad esempio, il rischio di placentazione anomalainvasiva (8), una condizione spesso associata a emor-ragia nel post-partum che, secondo i dati dell’ItalianObstetric Surveillance System, risulta essere la causaprincipale di mortalità materna in Italia (9,10).Il Sistema Nazionale Linee Guida dell’IstitutoSuperiore di Sanità, con il documento “TaglioCesareo: una scelta appropriata e consapevole”, rac-comanda di informare le donne sui benefici e sui dan-ni dell’intervento, di offrire un sostegno per le even-tuali preoccupazioni sulle diverse modalità di parto e,in assenza di controindicazioni, di offrire un travagliodi prova a tutte le donne con precedente TC (11, 12).Le informazioni sulle proporzioni di TC sono stateintegrate dall’elaborazione della classificazione diRobson ricavabile dalle informazioni presenti nel trac-ciato CedAP (riferimento al contributo “Parti secondola classificazione di Robson”). La classificazione for-nisce, infatti, informazioni sulla frequenza dell’inter-vento in specifici sottogruppi di popolazione (13).Raccomandata dall’OMS come forma di Report stan-dard per il monitoraggio longitudinale e trasversale alivello di struttura e tra punti nascita la classificazionedi Robson consente una analisi maggiormente puntua-le di appropriatezza, elemento fondamentale per lavalutazione della qualità dell’assistenza (1).

riferimenti bibliografici(1) World Health Organization, WHO statement on caesare-an section rates, Geneva: World Health Organization; 2015(WHO/RHR/15,02).(2) Betrán AP, Ye J, Moller AB, Zhang J, Gülmezoglu AM,Torloni MR, The Increasing Trend in Caesarean SectionRates: Global, Regional and National Estimates: 1990-2014, PLoS One, 2016; 11 (2): e01483439.(3) Betran AP, Torloni MR, Zhang J, Ye J, Mikolajczyk R,Deneux-Tharaux C et al, What is the optimal rate of caesa-rean section at population level? A systematic review ofecologic studies, Reprod Health, 2015; 12 (1): 57.(4) Ye J, Zhang J, Mikolajczyk R, Torloni MR, GülmezogluAM, Betran AP, Association between rates of caesarean sec-tion and maternal and neonatal mortality in the 21st century:a worldwide population-based ecological study with longi-tudinal data, BJOG, 2016; 123 (5): 745-53.(5) OECD (2017), Caesarean sections (indicator).Disponibile sul sito: https://data.oecd.org/healthcare/caesa-rean-sections.htm. Ultimo accesso 9 aprile 2019. (6) Ye J, Betrán AP, Guerrero Vela M, Souza JP, Zhang J,Searching for the optimal rate of medically necessary cesa-rean delivery, Birth, 2014; 41 (3): 237-44.(7) American College of Obstetricians and Gynecologists;Society for Maternal-Fetal Medicine, Obstetric care consen-sus no, 1: safe prevention of the primary cesarean delivery,Obstet Gynecol, 2014; 123 (3): 693-711.(8) Thurn L, Lindqvist PG, Jakobsson M, et al, Abnormallyinvasive placenta-prevalence, risk factors and antenatalsuspicion: results from a large population-based pregnancycohort study in the Nordic countries, BJOG, 2016; 123 (8):1.348-55.(9) Donati S, Maraschini A, Lega I, D’Aloja P,Buoncristiano M, Manno V; Regional Maternal MortalityWorking Group. Maternal mortality in Italy: Results andperspectives of record-linkage analysis. Acta ObstetGynecol Scand. 2018 Nov; 97 (11): 1.317-1.324.(10) Dell’Oro S, Maraschini A, Lega I, D’Aloja P,Andreozzi S, Donati S (Ed.). Primo Rapporto ItOSS.Sorveglianza della Mortalità Materna. Not Ist Super Sanità2019; 32(Suppl. 1, n. 1-2). 69 p.(11) Sistema Nazionale Linee Guida-Istituto Superiore diSanità (SNLG-ISS), Taglio Cesareo: una scelta appropriatae consapevole, Prima parte, 2010, Update 2014. (12) Sistema Nazionale Linee Guida- Istituto Superiore diSanità (SNLG-ISS), Taglio Cesareo: una scelta appropriatae consapevole, Seconda parte, 2012, Update 2016. (13) Robson MS, Can we reduce the caesarean section rate?Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol, 2001; 15 (1): 179-94.

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306 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Abortività volontaria

Significato. La Legge n. 194/1978 (“Norme per latutela della maternità e sull’Interruzione Volontariadella Gravidanza”) regola, in Italia, le modalità delricorso all’aborto volontario. Grazie ad essa, qualsiasidonna per motivi di salute, economici, sociali o fami-liari può richiedere l’Interruzione Volontaria diGravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazio-ne. Oltre questo termine, l’IVG è consentita solo pergravi problemi di salute fisica o psichica. L’interventopuò essere effettuato presso le strutture pubbliche delServizio Sanitario Nazionale e le strutture privateaccreditate e autorizzate dalle Regioni. Il tasso diabortività volontaria è l’indicatore più frequentementeusato a livello internazionale dove, spesso, viene uti-

lizzata al denominatore la popolazione femminile dietà 15-44 anni, differentemente da quanto riportato alivello nazionale dove la popolazione femminile diriferimento è la classe di età 15-49 anni. Tale indica-tore permette di valutare l’incidenza del fenomenoche, in gran parte, dipende dalle scelte riproduttive,dall’uso di metodi contraccettivi nella popolazione edall’offerta dei servizi nei vari ambiti territoriali. Alfine di una valutazione più completa dell’IVG, è pos-sibile calcolare questo indicatore specifico per alcunecaratteristiche delle donne, ad esempio età, stato civi-le, parità, luogo di nascita e cittadinanza. Si può, inol-tre, utilizzare il tasso standardizzato per età al fine dieliminare l’effetto confondente di questa variabile.

Tasso di abortività volontaria*

Numeratore Interruzioni Volontarie di Gravidanza di donne di età 15-49 anni x 1.000Denominatore Popolazione media residente di donne di età 15-49 anni

*La formula del tasso standardizzato è riportata nel capitolo “Descrizione degli Indicatori e Fonti dei dati”.

Validità e limiti. L’indicatore viene elaborato con i datiraccolti, analizzati ed elaborati dall’Istituto Nazionaledi Statistica (Istat), dall’Istituto Superiore di Sanità(ISS) e dal Ministero della Salute. Per ogni IVG effet-tuata è obbligatorio compilare il modello Istat D.12 edinviarlo al sistema informativo nazionale. Successivamente, sulla base di questi dati, le Regionielaborano alcune tabelle che inviano al Sistema diSorveglianza coordinato dall’ISS. Ogni anno, ilMinistro della Salute presenta al Parlamento una rela-zione sull’andamento del fenomeno (1) e l’Istat pubbli-ca i dati sul proprio sito (2) e tramite altri canali di dif-fusione. Attualmente, i dati italiani sono tra i più accu-rati ed aggiornati a livello internazionale. I limiti dell’indicatore possono essere rappresentati dalfatto che, in alcuni casi, viene calcolato utilizzando alnumeratore tutte le IVG effettuate in regione (da donneresidenti e non) ed al denominatore le donne residenti,provocando una sovrastima o sottostima del fenomeno.Utilizzando, invece, le donne residenti, sia al numera-tore che al denominatore, vengono esclusi alcuni casirelativi, principalmente, alle donne straniere.

Valore di riferimento/Benchmark. Non essendodisponibile alcun valore di riferimento può essereassunto come tale il valore medio relativo alle 3 regio-ni che presentano il valore dell’indicatore più basso.

Descrizione dei risultatiNel 2017 l’Istat ha notificato, mediante il modelloD.12, 80.497 IVG, in calo di circa il 5% rispetto al

2016. I dati elaborati dal Sistema di Sorveglianzasull’IVG, coordinato dall’ISS e dal Ministero dellaSalute, che integra i dati raccolti dall’Istat con l’archi-vio delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO)del Ministero della Salute e le informazioni fornitedirettamente dalle Regioni, hanno rilevato 80.733 casidi IVG per il 2017 (1). Il tasso di abortività volontaria, per l’anno 2017, èpari a 6,0 casi di IVG per 1.000 donne residenti inetà feconda (Tabella 1). Si conferma, quindi, il trenddecrescente degli ultimi 10 anni, dopo un periodo disostanziale stabilità tra il 1996-2004: nel 2004, iltasso era pari a 9,4 IVG per 1.000 donne residenti inetà feconda e la diminuzione nell’arco temporale2004-2017 risulta del 36% circa (2).Nel confronto tra le regioni viene utilizzato il tasso stan-dardizzato per eliminare le differenze dovute alle diver-se strutture per età e anche in questo caso, analogamenteal tasso grezzo, si registra una diminuzione a livellonazionale (-30% circa) nel periodo 2004-2017. Nel2017, il valore più alto del tasso si registra in Liguria(9,4 per 1.000), mentre il valore più basso si osserva nel-la PA di Bolzano (4,8 per 1.000), in Calabria e nelleMarche (entrambe 5,2 per 1.000). Rispetto al 2004, pertutte le regioni si registra una diminuzione del tasso cheè più consistente in Umbria (-48% circa), nel Lazio e inLombardia (entrambe -36% circa) (Grafico 1). Il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livellointernazionale, come si osserva dal confronto dei tassicalcolati per 1.000 donne di età 15-44 anni in Italia nel2017 (7,5 per 1.000) e gli ultimi dati disponibili di

A. D’ERRICO, M. LOGHI, A. SPINELLI, M. PEDICONI, F. TIMPERI, M. BUCCIARELLI, S. ANDREOZZI

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altri Paesi (Grafico 2). Con riferimento all’età (Tabella 1), le classi con ilivelli più elevati del tasso sono: 25-29 anni (10,0 per1.000), 30-34 anni (9,8 per 1.000) e 20-24 anni (9,2per 1.000). Rispetto al 2004, si registra una diminu-zione dell’indicatore in tutte le classi di età, in parti-colar modo per le donne più giovani di età 15-19 annie 20-24 anni (rispettivamente, -46% e -39% circa).L’indagine Istat e il Sistema di Sorveglianza rilevano,oltre alle informazioni sulle caratteristiche delle don-ne, anche informazioni relative alle modalità di svol-gimento dell’intervento. Ulteriori informazioni suiConsultori familiari, le strutture che effettuano IVGed il personale sanitario obiettore sono raccoltedall’ISS e dal Ministero della Salute tramite ilSistema di Sorveglianza (1). Nella Tabella 2 e nellaTabella 3 sono riportate alcune di queste informazio-ni: tipo di anestesia, tipo di intervento, tempi di atte-sa, settimane di gestazione e ginecologi obiettori. Nel2017, resta molto elevato il ricorso all’anestesiagenerale (59,0%), anche se in diminuzione rispetto al2016 (64,5%). In alcune regioni più dell’80% degliinterventi viene eseguito con anestesia generale, inparticolare nella PA di Bolzano. L’anestesia localeper effettuare l’IVG è utilizzata solo nel 3,4% deicasi, nonostante sia la pratica più raccomandata alivello internazionale poiché minimizza i rischi per lasalute della donna (3) e presenta un impegno minoredel personale sanitario e delle infrastrutture (quindianche costi inferiori). L’unica regione in cui si superala soglia del 10% dell’uso di anestesia locale sono leMarche (19,0%). La voce “sedazione profonda” èstata introdotta nel modello Istat D.12 nel 2012 e daallora è in continuo aumento (16,6% nel 2017 vs12,8% nel 2016). Nel tempo è anche aumentata lapercentuale di IVG effettuate senza anestesia(17,9%), corrispondentemente alla diffusione del-l’uso farmacologico come metodo per l’effettuazionedell’IVG (RU 486).Dal 2009, in Italia è consentita l’IVG tramite la proce-dura farmacologica, ma è dal 2013 che la scheda di rile-vazione dell’Istat contiene una informazione più detta-gliata del tipo di intervento. Infatti, l’aborto farmacolo-gico è suddiviso nelle tre voci: “solo Mifepristone”,“Mifepristone+Prostaglandina” “solo Prostaglandina”.Le regioni che maggiormente ricorrono a “soloMifepristone” o “Mifepristone+prostaglandine” sono ilPiemonte (42,0%), la Liguria (41,7%), l’Emilia-Romagna (32,3%), la Toscana (27,9%), la Puglia(27,1%) e il Lazio (21,1%) (Tabella 2).Inoltre, la Legge n. 194/1978 prevede che per effet-tuare l’IVG occorra il rilascio di documentazione/cer-tificazione da parte del personale preposto. Una valu-tazione dei tempi di attesa tra la consegna di questadocumentazione e l’effettuazione dell’intervento può

essere un indicatore di efficienza dei servizi: peresempio, un numero di giorni >21 può indicare diffi-coltà nell’applicazione della disposizione. Nel 2017,il 10,9% delle IVG è stato effettuato dopo una attesache supera i 21 giorni, valore in diminuzione rispettoagli anni precedenti (12,4% nel 2016). Si osserva,però, una considerevole variabilità territoriale, convalori che oscillano tra lo 0,3% del Molise e il 30,2%della Valle d’Aosta. Anche la percentuale degli interventi effettuati a 11-12 settimane di gestazione può essere un indicatoredella qualità dei servizi offerti poiché, per legge, illimite massimo per poter richiedere una IVG, inassenza di gravi motivi di salute, è di 90 giorni. Il12,4% dei casi di IVG, nel 2017, è stato effettuato allimite della soglia prevista per legge, in diminuzionerispetto al 2016 (13,1%). Sempre con riferimento all’efficienza dei servizi, lapresenza di una quota consistente di personale obiet-tore (Legge n. 194/1978, art. 9) può inficiare l’esple-tamento dell’intervento. Nel 2017, la percentuale diginecologi obiettori risulta pari al 68,4%, in lievediminuzione rispetto al 2016 (70,9%). Le regioni chesuperano ampiamente l’80% sono il Molise, laBasilicata, la PA di Bolzano, la Sicilia e l’Abruzzo. LaValle d’Aosta presenta il valore più basso (17,6%)(Tabella 3).Il Ministero della Salute, per individuare eventualicriticità riguardo l’impatto che l’esercizio del dirittoall’obiezione di coscienza da parte del personale sani-tario può avere rispetto alla possibilità di accessoall’IVG per chi possiede i requisiti stabiliti dalla leg-ge, calcola uno specifico indicatore: il carico di lavorosettimanale medio per l’IVG per ginecologo nonobiettore, conteggiato su 44 settimane lavorativeall’anno. Il dato, riferito al 2017 e pubblicato sullaRelazione annuale al Parlamento (1), mostra un caricodi 1,2 IVG settimanali per ginecologo (dato nazionale,in calo rispetto all’anno precedente), con una certavariabilità territoriale: si va da un minimo di 0,2 casidella Valle d’Aosta ad un massimo di 8,6 casi delMolise. Approfondendo l’analisi con dati sub-regio-nali, vengono evidenziate solo due specifiche criticitàlocali con valori superiori alle 9,0 IVG settimanali ainon obiettori: una in Sicilia, con 18,2 IVG a settima-na, (rispetto al dato regionale di 2,4 IVG) e una inCampania, con un carico di lavoro settimanale perIVG pari a 13,6 (rispetto al dato regionale di 3,5 IVG).Si segnala, inoltre, che ben 13 strutture risultano avereffettuato IVG pur non avendo in organico ginecologinon obiettori, dimostrando la capacità organizzativaregionale di assicurare il servizio attraverso una mobi-lità temporanea del personale non obiettore presentein altre strutture (secondo quanto stabilito dalla Leggen. 194/1978, art.9).

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308 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 1 - Tasso (grezzo, standardizzato e specifico per 1.000) di abortività volontaria di donne di età 15-49 anniper regione - Anno 2017

regioni tassi tassi 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 grezzi std

Piemonte 4,9 11,4 12,2 11,7 10,4 4,4 0,3 7,1 8,2Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 3,9 14,5 11,0 11,4 9,3 2,3 0,0 6,5 7,7Lombardia* 4,0 9,6 10,2 10,0 8,1 3,6 0,3 6,0 6,8Bolzano-Bozen 2,6 6,3 7,2 6,8 5,9 3,1 0,4 4,4 4,8Trento 3,8 8,9 9,5 8,7 8,3 3,2 0,4 5,7 6,3Veneto* 2,6 7,6 8,2 7,8 6,6 3,2 0,2 4,7 5,3Friuli Venezia Giulia 4,1 8,0 7,9 8,6 7,6 3,3 0,3 5,1 5,9Liguria 6,7 14,1 14,2 13,1 10,8 4,7 0,5 8,0 9,4Emilia-Romagna 4,3 11,1 12,7 12,5 9,7 4,2 0,6 7,1 8,2Toscana 4,5 9,9 11,5 11,4 9,3 4,0 0,5 6,6 7,6Umbria 4,9 7,8 9,3 9,5 8,2 3,6 0,3 5,7 6,4Marche 3,3 7,7 7,4 7,1 6,7 3,1 0,3 4,7 5,2Lazio 4,9 10,9 11,5 10,7 8,9 4,0 0,3 6,6 7,5Abruzzo 3,4 8,4 9,2 9,7 8,4 4,1 0,4 5,9 6,5Molise 2,9 10,2 9,0 10,0 7,7 3,9 0,3 6,0 6,5Campania 3,1 7,2 8,3 8,1 7,4 3,5 0,3 5,2 5,6Puglia 5,3 11,5 11,5 12,8 11,3 5,2 0,4 7,9 8,6Basilicata 3,8 6,7 7,4 8,7 7,1 4,7 0,3 5,3 5,7Calabria 3,0 6,5 7,9 7,3 6,9 3,3 0,3 4,9 5,2Sicilia 3,8 7,4 8,3 8,2 7,0 3,2 0,3 5,2 5,6Sardegna 4,3 9,4 7,8 7,6 6,7 3,3 0,4 5,1 5,7Italia 4,0 9,2 10,0 9,8 8,4 3,8 0,3 6,0 6,7

*A causa di incompletezza dei dati i tassi della Lombardia e del Veneto sono stati stimati. Nota: la standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al2001.

Fonte dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2018.

tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria perregione. anno 2017

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Grafico 1 - Tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria di donne di età 15-49 anni per regione - Anni2004, 2017

Note: a causa di incompletezza dei dati i seguenti tassi sono stimati: Sicilia anno 2004, Lombardia e Veneto anno 2017. La standardizzazione è stata effettuata considerando come popolazione di riferimento la popolazione femminile residente in Italia al 2001.

Fonti dei dati: Istat. Indagine sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2018.

Grafico 2 - Tasso (standardizzato per 1.000) di abortività volontaria di donne di età 15-44 anni per alcuni Paesi- Ultimo anno disponibile

Fonti dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2018.

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310 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 2 - Abortività volontaria (valori per 100) per tipologia di terapia antalgica e terapia farmacologica perregione - Anno 2017

terapia antalgica terapia farmacologicaregioni Generale Locale analgesia Sedazione Nessuna rU 486* e altro profonda

Piemonte 48,6 0,2 3,8 8,4 39,0 42,0Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 75,2 1,9 5,6 8,1 9,3 10,6Lombardia 69,6 3,6 3,1 16,4 7,3 8,2Bolzano-Bozen 96,9 0,4 2,1 0,0 0,6 0,4Trento 42,5 0,1 3,4 39,8 14,1 15,1Veneto 27,2 2,3 6,6 53,2 10,7 11,5Friuli Venezia Giulia 71,6 0,6 5,5 16,7 5,7 11,8Liguria 35,7 0,5 6,1 19,4 38,3 41,7Emilia-Romagna 46,3 3,7 9,5 17,7 22,8 32,3Toscana 41,7 7,5 2,0 19,6 29,2 27,9Umbria 88,0 0,4 0,4 4,0 7,2 6,7Marche 41,4 19,0 0,9 32,9 5,8 4,9Lazio 51,9 6,1 0,3 19,1 22,7 21,1Abruzzo 80,2 7,2 2,8 2,1 7,8 5,9Molise 86,6 0,0 0,0 0,0 13,4 3,2Campania 80,8 6,4 0,8 6,3 5,7 8,7Puglia 68,2 0,2 0,4 3,6 27,6 27,1Basilicata 54,8 0,2 1,3 41,6 2,2 2,9Calabria 65,5 0,2 0,8 17,3 16,3 14,7Sicilia 66,5 0,5 2,7 16,7 13,6 14,1Sardegna 75,6 0,8 2,3 13,3 8,1 8,0Italia 59,0 3,4 3,0 16,6 17,9 19,3

*I dati si riferiscono a “solo Mifepristone” e “Mifepristone+Prostaglandina”.

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2018.

tabella 3 - Abortività volontaria (valori per 100) per tempo di attesa, settimana di gestazione e ginecologi obiet-tori per regione - Anno 2017

regioni tempi di attesa Settimane di gestazione Ginecologi (>21 giorni) (11-12) obiettori

Piemonte 8,0 11,0 64,5Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 30,2 9,9 17,6Lombardia 14,8 17,9 70,5Bolzano-Bozen 8,3 17,6 85,2Trento 14,9 13,5 56,7Veneto 19,9 18,1 73,7Friuli Venezia Giulia 9,6 13,7 51,7Liguria 8,1 10,5 60,0Emilia-Romagna 5,1 10,9 49,8Toscana 8,6 11,2 59,4Umbria 21,7 12,7 60,7Marche 7,7 13,9 66,9Lazio 9,2 13,4 74,1Abruzzo 7,5 12,1 80,4Molise 0,3 5,5 96,4Campania 13,0 6,6 77,3Puglia 7,5 8,0 79,4Basilicata 7,2 12,9 88,1Calabria 13,7 6,7 76,0Sicilia 13,5 11,3 83,2Sardegna 8,0 14,3 53,6Italia 10,9 12,4 68,4

Fonte dei dati: ISS. Sistema di Sorveglianza delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza. Anno 2018.

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Raccomandazioni di OsservasaluteI dati confermano l’andamento in diminuzionedell’IVG in Italia, tendenza che, ormai, coinvolge tut-te le categorie (donne giovani, minorenni, nubili estraniere) e questo è, senz’altro, un segnale positivodell’aumentata circolazione dell’informazione sullaprocreazione responsabile e dell’attività dei servizi.Resta implicita la necessità di continuare a seguirecon attenzione le donne in condizioni sociali svantag-giate, attraverso programmi di prevenzione che devo-no basarsi sul modello dell’empowerment (promozio-ne della riflessione sui vissuti e sviluppo di consape-volezze e competenze per scelte autonome), comeviene delineato dalla Carta di Ottawa e dal ProgettoObiettivo Materno-Infantile. I dati sulle proceduredell’intervento e sulla disponibilità di servizi e opera-

tori sottolineano alcuni miglioramenti, pur eviden-ziando la necessità di un attento monitoraggio a livel-lo locale che favorisca la piena applicazione dellaLegge n. 194/1978.

riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute (2018), Relazione sulla attuazionedella legge contenente norme per la tutela sociale dellamaternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definiti-vi 2017. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2807.(2) Istat, L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia.Anno 2017. Disponibile sul sito: http://dati.istat.it. (3) WHO. Safe abortion: technical and policy guidance forhealth systems. Geneva, 2012. Disponibile sul sito:http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/70914/1/9789241548434_eng.pdf.

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312 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Significato. L’indicatore intende descrivere il ricorsoalle ecografie durante la gravidanza, uno dei moltepli-ci aspetti che descrivono l’assistenza in gravidanza.La valutazione dell’appropriatezza di tale assistenzacontribuisce a promuovere un miglioramento com-

plessivo di alcuni indicatori di salute pubblica come,ad esempio, la riduzione dei ricoveri antenatali impro-pri, la riduzione dei costi a carico del ServizioSanitario Nazionale (SSN) e il maggiore gradimentodell’assistenza da parte delle donne.

Ecografie effettuate in gravidanza

C. TAMBURINI, F. BASILI

Numero medio di ecografie in gravidanza

Numeratore Ecografie effettuate Denominatore Parti

Percentuale del numero di ecografie in gravidanza

Numeratore Ecografie effettuate per classi (1-3, 4-6, 7 ed oltre) x 100Denominatore Ecografie

Validità e limiti. La fonte utilizzata per il calcolo del-l’indicatore è il Certificato di Assistenza al Parto(CedAP), relativo all’anno 2016 (1). La distinzione delle tipologie di accertamento e lanumerosità degli eventi nel corso della gravidanza ren-dono possibile una prima valutazione dell’appropriatez-za (o inappropriatezza) del loro utilizzo.I CedAP regionali non sono omogenei nei contenutiinformativi, pertanto alcune informazioni possono risul-tare mancanti. In alcuni casi non è possibile distinguerele voci “Nessuno” e “Non indicato” e questo potrebbeinficiare il confronto regionale.

Valore di riferimento/Benchmark. La RegioneEuropea dell’Organizzazione Mondiale della Sanitàsottolinea che le cure in gravidanza, al parto e nelpuerperio dovrebbero basarsi su evidenze scientifi-che ed essere le migliori in termini di costo-efficacia(2). Le Nazioni Unite hanno inserito tra i MillenniumGoals del 2015 anche il miglioramento della salutematerna e l’accesso all’assistenza alla nascita (3). Atal fine, sono state redatte numerose Linee Guida eraccomandazioni evidence-based. In Italia, ilSistema Nazionale delle Linee Guida dell’IstitutoSuperiore di Sanità (ISS) ha prodotto una LineaGuida sulla gravidanza fisiologica (4) e, un’altra, sulTaglio Cesareo, per sostenere la diffusione di com-portamenti clinici appropriati nella pratica dell’assi-stenza ostetrica.

Descrizione dei risultatiIl numero di ecografie riflette in maniera emblematical’eccesso di medicalizzazione ed il sovra-utilizzo diprestazioni diagnostiche in gravidanza nel nostroPaese. Il numero di ecografie esenti da ticket, in Italia,è pari a 3 esami, mentre nella Linea Guida dell’ISS

sulla gravidanza fisiologica (4) si raccomandano solo2 esami, in linea con le prove di efficacia disponibiliche non raccomandano l’ecografia del terzo trimestrequale esame di screening routinario in gravidanza. Afronte del numero di esami raccomandati risulta evi-dente che la pratica italiana sia quella di effettuare unnumero maggiore di ecografie rispetto a quello esenteda ticket e a quello consigliato. Dal Grafico 1 risultache il numero medio di ecografie in gravidanza è,infatti, pari a 5,5 esami per ogni parto, in lieve aumen-to dal 2011 (5,3 esami). Risulta presente una variabilità territoriale che, comemolti fenomeni legati alla salute riproduttiva, mostracome le regioni del Meridione presentino un valoremedio di ecografie maggiore rispetto alle regioni delCentro-Nord. Nel 2016, il range risulta compreso tra4,0 esami in Piemonte e 7,1 esami in Basilicata.Ovunque, quindi, viene superato il valore raccomanda-to di 3 ecografie per parto. Le regioni che più se nediscostano sono la Calabria, l’Umbria, la Campania, laPuglia, la Liguria, l’Abruzzo e la Basilicata. Il confronto temporale mostra un range invariato: nel2011 il valore minimo si registra in Liguria con 4,0esami e il valore massimo in Basilicata con 7,0 esamie tra le regioni risultano aumenti significativi inSardegna (da 5,8 a 6,8 esami), in Sicilia (da 4,0 a 6,1esami) e in Calabria (da 6,0 a 6,9 esami).Verosimilmente, un tale incremento può essere in partedovuto ad un miglioramento nel tempo della qualitàdel dato rilevato. In tutte le altre regioni si sono rilevatiaumenti più lievi e solo in tre casi è presente un legge-ro calo del numero di ecografie: Piemonte, Valled’Aosta ed Emilia-Romagna. Ovviamente, il numero medio è un indice sinteticoche nasconde la variabilità delle informazioni visua-lizzate in dettaglio nella Tabella 1 che conferma un

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maggior utilizzo della diagnostica ecografica al Sud enelle Isole. La proporzione di gravidanze in cui vengono eseguitepiù di 3 ecografie è pari a circa il 75%, con una elevatadisomogeneità territoriale: questo indice di inappro-priatezza è più elevato nelle regioni del Centro-Sud edIsole pur presentando valori superiori all’80% anche inValle d’Aosta e Liguria. In molte regioni nella quasitotalità dei parti (oltre il 90%) vengono effettuate piùdi 3 ecografie: Umbria, Abruzzo, Molise, Campania,Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Molte sono le regioni in cui si effettuano più di 7 eco-

grafie: nello specifico, i valori maggiori che superanoil 50% si osservano in Liguria, Abruzzo, Basilicata,Calabria e Sardegna (34,4% a livello nazionale).Appare evidente, quindi, come i dati rilevati evidenzi-no il ben noto fenomeno dell’eccessiva medicalizza-zione e del sovra utilizzo di prestazioni diagnostiche ingravidanza. Il problema appare più inquietante se siosserva che il numero di ecografie effettuate non appa-re correlato al decorso della gravidanza; infatti, distin-guendo tra gravidanza fisiologia e gravidanza patolo-gica il numero medio è praticamente lo stesso: 5,47 vs5,45 esami ecografici (dati riferiti all’anno 2015).

Grafico 1 - Numero medio (valori assoluti) di ecografie per gravidanza per regione - Anni 2011, 2016

*I dati del Lazio non sono disponibili per il 2011 e 2016. I dati del Molise non sono disponibili per l’anno 2011.

Fonti dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2018.

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314 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 1 - Ecografie (valori assoluti e valori per 100) effettuate in gravidanza e parti (valori assoluti) per regio-ne - Anno 2016

1-3 4-6 7+ Nessuna/ regioni non indicato Parti N % N % N % N %

Piemonte 15.935 52,5 10.351 34,1 4.075 13,4 57 0,2 30.418Valle d’Aosta- Vallée d’Aoste 179 18,9 467 49,3 302 31,9 0 0,0 948Lombardia 28.141 35,4 28.145 35,4 23.125 29,1 1.584 2,0 80.995Bolzano-Bozen 1.798 32,8 3.089 56,3 600 10,9 102 1,8 5.589Trento 1.730 41,2 2.163 51,5 306 7,3 41 1,0 4.240Veneto 14.423 39,6 14.589 40,0 7.454 20,4 306 0,8 36.772Friuli Venezia Giulia 1.769 20,1 4.788 54,4 2.248 25,5 14 0,2 8.819Liguria 1.671 18,7 2.575 28,9 4.668 52,4 551 5,8 9.465Emilia-Romagna 13.038 38,4 12.941 38,2 7.933 23,4 243 0,7 34.155Toscana 10.023 37,2 9.057 33,6 7.885 29,2 402 1,5 27.367Umbria 568 8,6 2.989 45,2 3.056 46,2 84 1,3 6.697Marche 2.779 25,1 5.156 46,7 3.117 28,2 46 0,4 11.098Lazio n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 46.118 100,0 46.118Abruzzo 358 3,7 4.220 43,4 5.150 52,9 91 0,9 9.819Molise 112 6,6 812 47,7 777 45,7 43 2,5 1.744Campania 3.860 7,8 22.072 44,6 23.578 47,6 1.241 2,4 50.751Puglia 1.607 5,2 15.465 50,0 13.843 44,8 130 0,4 31.045Basilicata 146 3,6 1.169 28,5 2.784 67,9 39 0,9 4.138Calabria 1.025 6,9 5.146 34,5 8.746 58,6 122 0,8 15.039Sicilia 5.396 13,1 18.474 44,9 17.279 42,0 227 0,5 41.376Sardegna 748 7,7 2.946 30,5 5.960 61,7 494 4,9 10.148Italia 105.306 25,4 166.614 40,2 142.886 34,4 51.935 11,1 466.741

n.d. = non disponibile.Nota: la percentuale di “Nessuna/Non indicato” è stata calcolata sul totale generale, mentre le altre sono state calcolate sul totale escludendoi casi di “Nessuna/Non indicato”.Fonte dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2018.

Raccomandazioni di OsservasaluteL’analisi dei dati CedAP conferma che in Italia si ese-guono molte ecografie in gravidanza (di certo innumero superiore a quelle raccomandate), senzasignificative differenze tra gravidanza fisiologica epatologica. Le Linee Guida e le raccomandazionisembrano avere ancora un debole impatto sui percorsiassistenziali. Si ritiene, quindi, urgente lavorare peruna maggiore appropriatezza nell’uso delle risorsecon l’obiettivo imprescindibile di promuovere la qua-lità delle cure e mantenere l’universalità dell’accessoall’assistenza sanitaria in gravidanza. L’eccesso dimedicalizzazione che caratterizza l’assistenza al per-corso nascita nel nostro Paese non solo compromettel’appropriatezza clinica, ma causa anche un aumentoingiustificato dei costi e sollecita un effetto di dipen-denza e di perdita di controllo nei processi decisionalida parte delle donne che sempre più si affidano ai pro-fessionisti sanitari per richiedere interventi di tecnolo-gia ostetrica atti a migliorare gli esiti di salute proprie dei loro bambini.La fonte CedAP si rileva essere fondamentale e pre-ziosa per lo studio dell’evento nascita in tutti i suoimolteplici aspetti: dalla salute perinatale alla pro-grammazione sanitaria nell’ambito materno infantile.Il Ministero della Salute in questi anni è stato attentoalle sempre più ampie esigenze conoscitive in questiambiti e sta lavorando per apportare delle modifiche

all’attuale decreto per un aggiornamento a tutto cam-po del flusso dei dati nazionali. A questo aspetto,indubbiamente positivo e lungimirante, si aggiunge lapresenza del Decreto n. 262/2016 (5) sull’intercon-nessione a livello nazionale dei sistemi informativi delSSN (tra cui i CedAP). L’obiettivo principale è,senz’altro, l’ampliamento della portata conoscitivadelle fonti informative per le finalità, tra le altre, dimonitoraggio della salute perinatale e della salutematerno-infantile.

riferimenti bibliografici(1) Ministero della Salute, Certificato di Assistenza al Parto(CedAP). Analisi dell’evento nascita Anno 2015. Roma:Ministero della Salute. Anno 2018. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2766.(2) WHO Europe (2009). European strategic approach formaking pregnancy safer. Disponibile sul sito:www.euro.who.int/en/what-we-do/health-topics/Life-sta-ges/maternal-and-newborn-health/policy-and-tools/europe-an-strategic-approach-for-making-pregnancy-safer. (3) United Nations. Millennium Development Goals.Disponibile sul sito: www.un.org/millenniumgoals/mater-nal.shtml. (4) SNLG-ISS. Gravidanza fisiologica. Linea Guida 20.Aggiornamento 2011.Roma: Ministero della Salute, IstitutoSuperiore di Sanità, Centro per la valutazione dell’efficaciadell’assistenza sanitaria. Anno 2010. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1436_allega-to.pdf. (5) Disponibile sul sito:www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/02/08/17G00016/sg.

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SaLUte materNo-INFaNtILe 315

Significato. La classificazione di Robson (1, 2) consen-te di classificare i parti in dieci gruppi mutuamente esclu-sivi secondo la diversa complessità assistenziale valutatain base ad alcune variabili: parità, genere del parto, pre-sentazione fetale, età gestazionale, modalità del travaglioe del parto e pregresso Taglio Cesareo (TC).Tale classificazione originaria è stata in seguito rivistasuddividendo ulteriormente due classi e, quindi, arri-vando ad un totale di dodici gruppi: Classe 1: madri nullipare, feto singolo, presentazionecefalica, a termine (età gestazionale ≥37 settimane),travaglio spontaneo.Classe 2a: madri nullipare, feto singolo, presentazionecefalica, a termine (età gestazionale ≥37 settimane),travaglio indotto.Classe 2b: madri nullipare, feto singolo, presentazio-ne cefalica, a termine (età gestazionale ≥37 settima-ne), TC prima del travaglio.Classe 3: madri multipare (non precedente TC), fetosingolo, presentazione cefalica, a termine (età gesta-

zionale ≥37 settimane), travaglio spontaneo.Classe 4a: madri multipare (non precedente TC), fetosingolo, presentazione cefalica, a termine (età gesta-zionale ≥37 settimane), travaglio indotto.Classe 4b: madri multipare (non precedente TC), fetosingolo, presentazione cefalica, a termine (età gesta-zionale ≥37 settimane), TC prima del travaglio.Classe 5: precedente TC, feto singolo, presentazionecefalica, a termine (età gestazionale ≥37 settimane).Classe 6: madri nullipare, feto singolo, presentazionepodalica.Classe 7: madri multipare (incluse donne con prece-dente TC), feto singolo, presentazione podalica.Classe 8: gravidanze multiple (incluse donne con pre-cedente TC).Classe 9: feto singolo, presentazioni anomale (inclusedonne con precedente TC).Classe 10: parto pretermine (età gestazionale ≤36 set-timane), feto singolo, presentazione cefalica (inclusedonne con precedente TC).

Parti secondo la classificazione di Robson

C. TAMBURINI, F. BASILI

Percentuale del numero di parti secondo la classificazione di Robson

Numeratore Parti effettuati per classe di Robsonx 100

Denominatore Parti

Tasso di incidenza dei parti con Taglio Cesareo nelle classi di Robson

Numeratore Parti con Taglio Cesareo per classe di Robson x 100Denominatore Parti per classe di Robson

Validità e limiti. Una classificazione univoca e condi-visa a livello internazionale consente interessanti con-fronti tra Paesi (3) oltre che tra le aree interne (4). Ancheil Progetto Euro-Peristat nell’ultima Edizione ha raccol-to i dati del 2015 richiedendo una disaggregazione dellevariabili tale da consentire la costruzione delle classi diRobson; i risultati sono in corso di validazione e sarannopubblicati appena possibile (5). Nelle Classi 2b e 4b andrebbero inclusi tutti i TC fuoritravaglio, cioè sia quelli in elezione che quelli di urgen-za fuori travaglio. L’attuale variabile “modalità del par-to” presente nel flusso dei Certificati di Assistenza alParto (CedAP) non consente questa distinzione per cuivengono inseriti solo i TC in elezione. Il nuovo decretoal quale il Ministero della Salute sta lavorando insiemea un tavolo di esperti multidisciplinari, ridisegnerà ilflusso CedAP e i suoi contenuti. Tra questi sono presentil’ottimizzazione delle informazioni e la possibilità dicostruire le classi di Robson in maniera più precisa.

Valore di riferimento/Benchmark. L’OrganizzazioneMondiale della Sanità ha recentemente proposto l’uti-lizzo di tale classificazione come standard globale perla valutazione, il monitoraggio e il benchmarking lon-gitudinale nel tempo e trasversale tra i punti nascita sulricorso al TC (6, 7). Si presenta come un adeguatostrumento di valutazione comparativa di efficacia,appropriatezza e sicurezza dell’assistenza alla nascita.

Descrizione dei risultatiI casi validi da poter essere utilizzati nell’analisi sonoquelli per i quali sono presenti tutte le informazionidelle variabili richieste. Nel 2016, la percentuale deiparti rilevati dai CedAP classificabili secondo Robsonsono il 96,9% (pari a 450.680 eventi), con una minimavariabilità territoriale1. Il Grafico 1 mostra i due indi-catori: il peso percentuale dei parti di ogni singolaclasse rispetto alla popolazione totale delle donne chehanno partorito nel 2016 e, per ogni classe, il peso dei

1Nel 2016 circa il 30% dei TC avvenuti nel Lazio non è attribuibile ad alcuna classe; in particolare nelle Classi 1, 2a, 3 e 4a il tasso di TC risulta pari a 0.

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316 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

TC rispetto alla totalità dei parti. Nella Tabella 1 glistessi indicatori vengono illustrati per regione. La maggioranza dei parti (28,8%) viene classificatanella Classe 1 per un totale di 130.020 eventi nel 2016.Questa classe include la maggior frazione di donne congravidanza fisiologica a basso rischio e il ricorso al TCrisulta essere stato effettuato nel 12,3% dei casi. I con-fronti regionali, per questa classe di Robson, mostranouna grande variabilità territoriale con il noto gradienteNord-Sud ed Isole: le regioni con una percentuale diTC >20% sono la Campania, il Molise, la Basilicata, laPuglia e la Calabria.Nella Classe 2a (48.629 eventi) viene classificato il10,8% dei parti, il 28,6% dei quali viene effettuato conTC. In alcune regioni (Puglia, Basilicata, Sicilia,Campania e Sardegna) questa quota supera il 35%,probabilmente a causa di differenti indicazioni nell’af-frontare l’induzione del travaglio.Nella Classe 2b (23.331 eventi), differenziandosi dallaprecedente solo per il ricorso al TC prima del trava-glio, risulta ovvio che la totalità dei parti risulti effet-tuata con TC (come già accennato, attualmente senzala possibilità di distinguere i TC elettivi da quelliurgenti). A livello nazionale, il 5,2% dei parti appartie-ne a questa categoria di situazioni a basso rischio risol-te, però, con nascite tramite TC effettuato prima deltravaglio. In 2 regioni questa quota supera il 10%(Molise e Campania), mentre in altre è del tutto resi-duale (Sardegna, PA di Trento, PA di Bolzano, FriuliVenezia Giulia e Veneto).Nella Classe 3 si collocano 111.811 eventi (con unapercentuale pari al 24,8%). Questa classe si differenziadalla Classe 1 solo per il fatto di comprendere donnemultipare: in questo caso il ricorso al TC risulta menofrequente e pari al 2,6%. Non si evidenzia una grandevariabilità territoriale di incidenza di parti con TC,eccetto per il valore del 6,9% della Campania. La Classe 4a comprende casi analoghi alla Classe 2aapplicati, però, alle donne multipare (23.535 eventi,pari al 5,2% del totale dei parti). Tra questi il 7,8% vie-ne effettuato con TC con travaglio indotto, una quotaben inferiore al 28,6% applicato a donne in situazionianaloghe ma nullipare. È presente una grande variabi-lità territoriale che va dal 4,7% dell’Abruzzo al 36,8%della Sardegna.Nella Classe 4b (6.109 eventi, pari all’1,4% del totaledei parti) si ritrovano le stesse caratteristiche della pre-cedente, differenziandosi solo per il ricorso al TC pri-ma del travaglio. Pertanto, come per la Classe 2b latotalità dei parti risulta effettuata con TC.

La Classe 5 presenta un numero di parti considerevole(56.649 eventi, pari al 12,6% del totale dei parti): sitratta di donne sottoposte a pregresso TC, con gravi-danza a termine, travaglio spontaneo e feto singolo.Questa classe si differenzia da quelle sopra descritteper la presenza di un pregresso TC; a parità delle altrevariabili questa condizione sembra essere determinan-te per il ricorso a un (successivo) TC che, infatti, hainteressato l’86,4% dei casi. La PA di Bolzano sidistingue per un valore di poco superiore alla metà(62,0%), mentre in alcune regioni si supera il 90%(Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Molise,Sicilia e Basilicata).In tutte le classi successive alla quinta sono descrittesituazioni per le quali il ricorso al TC può apparire piùappropriato. In particolare, nella Classe 6, in cui sonoclassificati i parti da madri nullipare con feto singoloin presentazione podalica (10.645 eventi, pari al 2,4%del totale dei parti), il 93,8% dei parti avviene con TC.In alcune regioni tale quota risulta, tuttavia, più bassadel valore nazionale e <90% (Umbria, Marche,Toscana e Valle d’Aosta).Anche la Classe 7 considera gravidanze con feto inposizione podalica, ma differentemente dalla classeprecedente, da madri multipare includendo anche quel-le con precedente TC. Non sono molti i casi con questecaratteristiche (5.613 eventi, pari all’1,2% del totaledei parti) e la quasi totalità dei parti (92,0%) è stataeffettuata con TC. Anche in questo caso alcune regionipresentano una percentuale <90%: Lombardia,Abruzzo, Umbria, Marche, Toscana e Valle d’Aosta.Nella Classe 8 vengono raggruppate tutte le gravidan-ze multiple (1,8% del totale dei parti, cui corrispondo-no 8.030 eventi) che nell’85,5% dei casi si risolvono innascite con TC. Da notare che in 2 regioni (Toscana eValle d’Aosta) tale quota risulta <70%.La Classe 9 include 2.297 gravidanze (lo 0,5% deltotale dei parti) con presentazioni anomale del feto perle quali nel 72,2% dei casi si è fatto ricorso al TC. Intutte le regioni si tratta di una quota residuale dei partiinferiore all’1% e questo può spiegare l’ampia variabi-lità territoriale del ricorso al TC (dal 46,2% della PA diTrento al 96,2% della Basilicata).Infine, la Classe 10 si caratterizza per gravidanze pre-termine (feto singolo e presentazione cefalica) che rap-presentano il 5,3% dei casi (24.011 eventi) e per lequali poco meno della metà (46,2%) hanno dato luogoa una nascita con TC. A livello regionale, si evidenzia-no la Valle d’Aosta e la Toscana per basso ricorso alTC (rispettivamente, 14,5% e 23,4%).

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SaLUte materNo-INFaNtILe 317

Grafico 1 - Distribuzione dei parti e incidenza (valori per 100) dei parti con Taglio Cesareo per classe di Robson- Anno 2016

Fonti dei dati: Ministero della Salute. Certificato di Assistenza al Parto. Anno 2018.

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318 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018ta

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2018

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SaLUte materNo-INFaNtILe 319

Raccomandazioni di OsservasaluteLa classe più numerosa risulta essere la Classe 1 dovevengono attribuite le donne al primo parto che presen-tano una gravidanza a basso rischio. Sono casi chemeritano particolare attenzione poiché il ricorso ad unTC, probabilmente non appropriato, aumenta ilrischio di un successivo TC e, quindi, la successivainclusione nella Classe 5.Il parto vaginale dopo il TC dovrebbe essere ulterior-mente sollecitato in quanto associato a diversi poten-ziali vantaggi per la salute delle donne, tra cui minoremedicalizzazione e un periodo di ospedalizzazionepiù breve (8).La fonte CedAP si rileva essere fondamentale e prezio-sa per lo studio dell’evento nascita in tutti i suoi molte-plici aspetti: dalla salute perinatale alla programmazio-ne sanitaria nell’ambito materno-infantile. Il Ministerodella Salute in questi anni è stato attento alle cresciuteesigenze conoscitive in questi ambiti e sta lavorandoper apportare delle modifiche all’attuale decreto per unaggiornamento a tutto campo del flusso dei dati nazio-nali. A questo aspetto, indubbiamente positivo e lungi-mirante, si aggiunge la presenza del Decreto n.262/2016 (9) sull’interconnessione a livello nazionaledei sistemi informativi del Servizio Sanitario Nazionale(tra cui i CedAP). L’obiettivo principale è, senz’altro,l’ampliamento della portata conoscitiva delle fontiinformative per le finalità, tra le altre, di monitoraggiodella salute perinatale e della salute materno-infantile.

riferimenti bibliografici(1) Robson M (2001), “Classification of cesarean sections”,Fetal Matern Med Rev, 12: 23-9.(2) Robson MS (2001), “Can we reduce the caesarean sec-tion rate?”, Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol, 15: 179-194.(3) Pyykonen A., Gissler M., Løkkegaard E., Bergholt T.,Rasmussen S.C., Smarason A. et al.(2017), “Cesarean sec-tion trends in the Nordic Countries - a comparative analysiswith the Robson classification”. Acta Obstet GynecolScand, 96: 607-616.(4) Ministero della Salute, Certificato di Assistenza al Parto(CedAP). Analisi dell’evento nascita Anno 2015. Roma:Ministero della Salute. Anno 2018. Disponibile sul sito:www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2766.(5) Euro-Peristat Project (2018), European Perinatal HealthReport. Core indicators of the health and care of pregnantwomen and babies in Europe in 2015. Disponibile sul sito:www.europeristat.com.(6) World Health Organization (2017), Robson Classification:Implementation Manual, Geneva. Disponibile sul sito:www.who.int/reproductivehealth/publications/maternal_perinatal_health/robson-classification/en.(7) Betran A.P., Torloni M.R., Zhang J.J. et al. (2016),“WHO Statement on Caesarean Section Rates”, BJOG, 123(5): 667-70.(8) ACOG, American College of Obstetricians andGynecologists (2017), “Vaginal birth after cesarean delivery”,Practice Bulletin No. 184. Obstet Gynecol, 130: e 217-33.(9) Disponibile sul sito:www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/02/08/17G00016/sg.

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136 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

Mortalità infantile e neonatale

Significato. La mortalità infantile è una importantemisura del benessere demografico e uno dei più signi-ficativi indicatori sociali che permette di correlare lamortalità con i vari momenti dello sviluppo di unapopolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita.Questa misura è, infatti, strettamente correlata, oltreche a fattori biologici, alle condizioni sociali, econo-miche e culturali di un Paese. I fattori biologici principali sono l’età materna, l’ordi-ne di nascita, l’intervallo tra i parti successivi, ilnumero delle nascite, la presentazione fetale almomento della nascita e la storia ostetrica dellamadre. I fattori sociali ed economici più rilevanti sono

la legittimità, le condizioni abitative, il numero dicomponenti del nucleo familiare, il reddito familiare,alcune caratteristiche della madre (nutrizione, livellodi istruzione e abitudine al fumo durante la gravidan-za) e l’occupazione del padre (2). L’indicatore risenteanche della qualità nella gestione della gravidanza edell’evoluzione tecnologica nell’assistenza al parto. Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimentoalla popolazione residente rapportando il numero dimorti entro il 1° anno di vita in un determinato perio-do al numero di nati vivi nello stesso periodo e vieneespresso come rapporto per 1.000 nati vivi in un anno.

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-ratore è l’Indagine sulle cause di morte, mentre per ilnumero di nati vivi residenti, al denominatore, la fontedi riferimento è la Rilevazione individuale degli iscrit-ti in Anagrafe, entrambe condotte dall’IstitutoNazionale di Statistica.È importante sottolineare che la rilevazione Istat sullecause di morte riguarda tutti i decessi che si verificanosul territorio nazionale, ma non rileva i decessi diindividui residenti in Italia avvenuti all’estero. I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle popola-zioni numericamente più esigue, si possono presenta-re ampie variazioni da un anno all’altro. Questo siverifica nelle nostre regioni di dimensioni più piccole.

Valore di riferimento/Benchmark. L’atteso è che iltasso di mortalità sia il più basso possibile.

Descrizione dei risultatiLa mortalità neonatale e infantile è significativamen-te diminuita nel nostro Paese e ha raggiunto livelli trai più bassi del mondo, anche migliori di quelli osser-vati nei Paesi occidentali più sviluppati. Nei Paesiindustrializzati, il rischio di morte di un bambinodecresce rapidamente durante il 1° anno di vita, conil maggior numero di decessi che avvengono nella 1a

settimana e nel 1° mese di vita. In Italia, nel 2016,

circa il 50% dei decessi infantili è avvenuto nei primi6 giorni di vita. Le cause di decesso in questa fase divita sono, prevalentemente, endogene (cause di mortestrutturali o legate a fattori biologici o congeniti, qua-li la salute della madre, la presenza di anomalie con-genite, l’evoluzione del parto o fattori legati all’assi-stenza al parto) e secondariamente esogene, cioè con-nesse a malattie infettive e a condizioni ambientali edigieniche precarie.In Italia, nel 2016, sono deceduti 1.332 bambini, 441in meno rispetto al 2010. Il tasso di mortalità infantileè passato da 3,16 decessi per 1.000 nati vivi a 2,81 per1.000. La mortalità è diminuita sia nel periodo neona-tale che post-neonatale con un miglioramento piùaccentuato nel periodo tra il 1-6° giorno di vita(Tabella 1). I tassi di mortalità, quindi, presentano trend in dimi-nuzione con una unica battuta di arresto nel 2015,anno in cui, probabilmente, le condizioni particolar-mente aggressive (clima e influenza) hanno influitonegativamente sulla salute dei soggetti “più deboli”anche a questa età. Infatti, la mortalità infantile è leg-germente aumentata rispetto a quella dell’anno prece-dente a causa dell’incremento della mortalità post-neonatale condizionata, appunto, da fattori esogeni.Al contrario, la mortalità neonatale, dovuta più a fat-tori endogeni, è rimasta invariata. Le principali cause di morte, sia nel periodo neonatale

G. DI FRAIA, D. SPIZZICHINO, L. FROVA, E. GRANDE, S. SIMEONI

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 anno x 1.000Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-27 giorni x 1.000Denominatore Nati vivi

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SoPraVVIVeNZa e mortaLItÀ Per CaUSa 137

che nel 1° anno di vita, sono le “Condizioni morboseche hanno origine nel periodo perinatale” e il gruppodelle “Malformazioni e deformazioni congenite, ano-malie cromosomiche” per l’insieme delle quali è pos-sibile intervenire con un attento monitoraggio dellagravidanza, la diffusione dello screening neonataleallargato (diagnosi precoce di quaranta patologie rare)e una adeguata organizzazione dell’assistenza mater-no-infantile. La differenza tra le cause di morte nel periodo neona-tale rispetto a quello infantile è dovuto, in gran parte,alla voce “Altre malattie” che racchiude varie patolo-gie minori che si sviluppano successivamente al 1°mese, seguita dal gruppo “Sintomi, segni e risultatianormali di esami clinici e di laboratorio, non classi-ficati altrove”, che comprende patologie esogenelegate all’ambiente esterno, e dall’ultima voce “Causeesterne di traumatismo e avvelenamento” (Tabella 2).Pur essendo rassicuranti i dati della mortalità infanti-le perché mostrano un trend decrescente, tale diminu-zione non è avvenuta in maniera omogenea: esisteuna differenza di mortalità legata alla cittadinanza eal territorio.Infatti, se consideriamo la cittadinanza del bambino(sono considerati italiani i bambini che hanno uno dei

due genitori italiano), osserviamo che i bambini stra-nieri presentano un tasso di mortalità di circa 1,6 voltepiù alto dei bambini italiani (nel 2016, il tasso deglistranieri è stato pari a 4,09 per 1.000 nati vivi vs 2,59per 1.000 degli italiani) e tale disparità è maggiore nelperiodo post-neonatale piuttosto che nel periodo neo-natale, indicando come i fattori esogeni legati al disa-gio sociale e la povertà incidano nel mantenere alto ildivario tra immigrati residenti ed italiani (Tabella 3,Tabella 4). La differenza tra la mortalità degli stranieri e degli ita-liani non è ascrivibile solo a un incremento di patolo-gie esogene, ma anche a una maggior mortalità percause perinatali e malformative, indicando come glistranieri usufruiscano meno dell’assistenza delServizio Sanitario Nazionale, sia durante la gravidan-za che dopo il parto (Tabella 4).A livello regionale la mortalità infantile presentacaratteristiche molto simili alla situazione vista allealtre età, dove le aree più svantaggiate si trovano pre-valentemente nel Meridione anche se i valori osservatinel periodo 2010-2016 evidenziano un peggioramento(PA di Trento e Lombardia) o livelli, comunque, piùalti rispetto al dato nazionale (PA di Bolzano) di alcu-ne regioni settentrionali (Tabella 5).

tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000 nati vivi) infantile - Anni 2010-2016

Classi di età 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Valori assoluti

<1 giorno 417 419 403 422 335 362 3371-6 giorni 483 445 387 379 369 313 3117-27 giorni 370 338 360 311 292 285 294Mortalità neonatale 1.270 1.202 1.150 1.112 996 960 942Mortalità post-neonatale 503 489 455 411 400 447 390totale 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407 1.332

tassi

<1 giorno 0,74 0,77 0,75 0,82 0,67 0,75 0,711-6 giorni 0,86 0,81 0,72 0,74 0,73 0,64 0,667-27 giorni 0,66 0,62 0,67 0,60 0,58 0,59 0,62Mortalità neonatale 2,26 2,20 2,15 2,16 1,98 1,98 1,99Mortalità post-neonatale 0,90 0,89 0,85 0,80 0,80 0,92 0,82totale 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78 2,90 2,81

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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138 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 2 - Mortalità (valori per 1.000 nati vivi) neonatale e infantile per causa di morte - Anni 2010-2016

mortalità neonatale mortalità infantileCause di morte 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno 1,70 1,57 1,60 1,64 1,46 1,47 1,52 1,86 1,72 1,73 1,78 1,61 1,63 1,71origine nel periodo perinataleMalformazioni e deformazioni 0,46 0,51 0,42 0,40 0,41 0,38 0,36 0,72 0,79 0,68 0,67 0,65 0,67 0,61congenite, anomalie cromosomicheSintomi, segni e risultati anormali diesami clinici e di laboratorio, non 0,05 0,03 0,04 0,05 0,02 0,03 0,04 0,11 0,11 0,12 0,12 0,09 0,12 0,13classificati altroveAltre malattie 0,05 0,08 0,09 0,07 0,09 0,08 0,06 0,43 0,43 0,46 0,36 0,41 0,45 0,34Cause esterne di traumatismo 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,04 0,04 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03e avvelenamentototale 2,26 2,20 2,15 2,16 1,98 1,98 1,99 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78 2,90 2,81

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

tabella 3 - Tasso (specifico per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile per cittadinanza - Anni 2010-2016

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016Classi di età Ita Stra tot Ita Stra tot Ita Stra tot Ita Stra tot Ita Stra tot Ita Stra tot Ita Stra tot

<1 giorno 0,70 1,03 0,74 0,70 1,15 0,77 0,72 0,96 0,75 0,75 1,22 0,82 0,64 0,85 0,67 0,66 1,23 0,75 0,69 0,84 0,711-6 giorni 0,83 1,06 0,86 0,81 0,85 0,81 0,72 0,78 0,72 0,72 0,83 0,74 0,70 0,91 0,73 0,61 0,81 0,64 0,64 0,76 0,667-27 giorni 0,66 0,67 0,66 0,59 0,79 0,62 0,64 0,89 0,67 0,58 0,75 0,60 0,53 0,89 0,58 0,54 0,86 0,59 0,53 1,14 0,62Mortalità neonatale 2,18 2,77 2,26 2,10 2,79 2,20 2,07 2,63 2,15 2,05 2,80 2,16 1,87 2,64 1,98 1,81 2,91 1,98 1,86 2,73 1,99Mortalità post-neonatale 0,82 1,39 0,90 0,80 1,47 0,89 0,74 1,50 0,85 0,72 1,24 0,80 0,72 1,25 0,80 0,82 1,47 0,92 0,73 1,36 0,82totale 2,99 4,16 3,16 2,90 4,26 3,09 2,81 4,13 3,00 2,77 4,05 2,96 2,58 3,89 2,78 2,63 4,38 2,90 2,59 4,09 2,81

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

tabella 4 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile per cittadinanza e per causa di morte - Anno2016

Cause di morte Italiana Straniera totale

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,62 2,20 1,71Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,56 0,93 0,61Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove 0,11 0,23 0,13Altre malattie 0,28 0,66 0,34Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,02 0,07 0,03totale 2,59 4,09 2,81

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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SoPraVVIVeNZa e mortaLItÀ Per CaUSa 139

tabella 5 - Tasso (valori per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile per regione - Anni 2010, 2016

regioni 2010 2016

Piemonte 2,5 2,2Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 3,2 4,2Lombardia 2,6 2,8Bolzano-Bozen 3,3 3,1Trento 2,0 3,4Veneto 2,5 2,3Friuli Venezia Giulia 2,9 2,0Liguria 2,8 2,5Emilia-Romagna 2,7 2,0Toscana 3,0 2,7Umbria 2,4 1,7Marche 2,3 1,9Lazio 3,1 2,8Abruzzo 4,5 2,5Molise 5,2 1,0Campania 4,0 3,2Puglia 3,3 2,7Basilicata 3,5 4,2Calabria 3,7 4,8Sicilia 4,6 4,0Sardegna 3,7 2,6Italia 3,2 2,8

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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Sopravvivenza e mortalità per causa

Il tasso di mortalità infantile è calcolato in riferimentoalla popolazione residente rapportando il numero dimorti entro il 1° anno di vita, in un determinato perio-do, al numero di nati vivi nello stesso periodo e vieneespresso come rapporto su 1.000 nati vivi in 1 anno.Come è noto, il rischio di morte di un bambino decre-sce rapidamente durante il 1° anno di vita. Il maggiornumero di decessi, nei Paesi economicamente più svi-luppati, si registra, infatti, in corrispondenza del 1°mese e della 1a settimana di vita. Le cause di decessoper questo profilo sono endogene (cause di mortestrutturali o legate a fattori biologici o congeniti, qualila salute della madre, la presenza di anomalie conge-nite, l’evoluzione del parto o fattori legati all’assisten-za al parto) ed esogene, ovvero connesse a malattieinfettive o legate a condizioni ambientali ed igienichee si presentano con una quota elevata di decessi ancheoltre il 1° mese di vita.Quest’ultima situazione risulta ancora peculiare nellamaggior parte dei Paesi a forte pressione migratoria.

Tasso di mortalità infantile

Numeratore Decessi di età <1 annox 1.000

Denominatore Nati vivi

Tasso di mortalità neonatale

Numeratore Decessi di età 0-27 giornix 1.000

Denominatore Nati vivi

Validità e limiti. La fonte di riferimento per il nume-ratore è l’indagine sui decessi e cause di morte con-dotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Per ilnumero di nati vivi residenti, al denominatore, la fontedi riferimento è la Rilevazione individuale degli iscrit-ti in Anagrafe per nascita condotta ugualmentedall’Istat.È importante sottolineare che la rilevazione Istat sulle

cause di morte riguarda tutti i decessi che si verificanosul territorio nazionale, ma non rileva i decessi diindividui residenti in Italia avvenuti all’estero. I tassi di mortalità infantile e neonatale sono conside-rati indicatori molto robusti. Tuttavia, nelle regioni incui risiedono popolazioni numericamente più esigue,si possono presentare ampie variazioni da un annoall’altro.

Mortalità infantile e neonatale- Appendice

Significato. La mortalità infantile è una importante misura del benessere demografico e uno dei più signi-ficativi indicatori sociali che permette di correlare la mortalità con i vari momenti dello sviluppo di una popolazione e, quindi, con le sue condizioni di vita. Questa misura è, infatti, strettamente correlata oltre che a fattori biologici anche alle condizioni sociali, economiche e culturali di un Paese. I fattori biologici principali sono l’età materna, l’ordi-ne di nascita, l’intervallo tra parti successivi, il nume-ro delle nascite, la presentazione fetale al momento della nascita e la storia ostetrica della madre. I fattori sociali ed economici più rilevanti sono la legittimità, le condizioni abitative, il numero di componenti del nucleo familiare, il reddito familiare, alcune caratteri-stiche della madre (nutrizione, livello di istruzione e abitudine al fumo durante la gravidanza) e l’occupa-zione del padre. L’indicatore risente anche della qua-lità nella gestione della gravidanza e dell’evoluzione tecnologica nell’assistenza al parto.

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586 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 1 - Mortalità (valori assoluti e tasso specifico per 1.000 nati vivi) infantile* - Anni 2006-2016

Classi di età 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Valori assoluti

<1 giorno 513 474 511 486 417 419 403 422 335 362 3371-6 giorni 449 444 447 499 483 445 387 379 369 313 3117-27 giorni 419 387 392 426 370 338 360 311 292 285 294Mortalità neonatale 1.381 1.305 1.350 1.411 1.270 1.202 1.150 1.112 996 960 942Mortalità post-neonatale 531 552 546 536 503 489 455 411 400 447 390totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407 1.332

tassi

<1 giorno 0,92 0,84 0,89 0,85 0,74 0,77 0,75 0,82 0,67 0,75 0,711-6 giorni 0,80 0,79 0,78 0,88 0,86 0,81 0,72 0,74 0,73 0,64 0,667-27 giorni 0,75 0,69 0,68 0,75 0,66 0,62 0,67 0,60 0,58 0,59 0,62Mortalità neonatale 2,47 2,31 2,34 2,48 2,26 2,20 2,15 2,16 1,98 1,98 1,99Mortalità post-neonatale 0,95 0,98 0,95 0,94 0,90 0,89 0,85 0,80 0,80 0,92 0,82totale 3,41 3,29 3,29 3,42 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78 2,90 2,81

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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aPPeNdICe 587

tabella 2 - Mortalità (valori assoluti) infantile* per classe di età e per causa di morte - Anni 2006-2016

Cause di morte <1 giorno 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 370 371 391 380 318 306 304 318 249 271 270Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 127 86 106 84 89 97 81 84 78 68 53Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 11 7 6 14 9 9 7 9 2 8 9non classificati altroveAltre malattie 3 10 7 7 0 7 11 10 6 14 5Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 2 0 1 1 1 0 0 1 0 1 0totale 513 474 511 486 417 419 403 422 335 362 337

1-6 giorni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 342 343 327 374 361 342 296 302 282 252 253Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 87 80 94 96 94 82 69 53 61 46 45Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 4 13 7 9 13 4 5 10 6 4 5non classificati altroveAltre malattie 16 8 17 20 15 17 17 14 20 11 7Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 1totale 449 444 447 499 483 445 387 379 369 313 311

7-27 giorni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 261 256 248 291 276 208 257 226 202 190 197Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 139 97 122 110 75 100 73 67 67 73 73Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 7 7 7 7 4 6 8 7 3 5 5non classificati altroveAltre malattie 11 27 14 18 11 22 21 10 18 16 18Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 1 0 1 0 4 2 1 1 2 1 1totale 419 387 392 426 370 338 360 311 292 285 294

mortalità neonatale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 973 970 966 1.045 955 856 857 846 733 713 720Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 353 263 322 290 258 279 223 204 206 187 171Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 22 27 20 30 26 19 20 26 11 17 19non classificati altroveAltre malattie 30 45 38 45 26 46 49 34 44 41 30Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 3 0 4 1 5 2 1 2 2 2 2totale 1.381 1.305 1.350 1.411 1.270 1.202 1.150 1.112 996 960 942

mortalità post-neonatale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 100 105 111 100 90 82 66 69 74 79 88Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 188 173 173 159 149 155 139 141 119 140 120Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 34 32 40 36 34 41 42 37 32 41 43non classificati altroveAltre malattie 188 214 204 210 214 190 196 150 164 176 129Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 21 28 18 31 16 21 12 14 11 11 10totale 531 552 546 536 503 489 455 411 400 447 390

totale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1.073 1.075 1.077 1.145 1.045 938 923 915 807 792 808Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 541 436 495 449 407 434 362 345 325 327 291Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 56 59 60 66 60 60 62 63 43 58 62non classificati altroveAltre malattie 218 259 242 255 240 236 245 184 208 217 159Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 24 28 22 32 21 23 13 16 13 13 12totale 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407 1.332

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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588 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 3 - Tasso (specifico per 1.000 nati vivi) di mortalità infantile* per causa di morte - Anni 2006-2016

Cause di morte <1 giorno 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 0,66 0,66 0,68 0,67 0,57 0,56 0,57 0,62 0,50 0,56 0,57Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,23 0,15 0,18 0,15 0,16 0,18 0,15 0,16 0,16 0,14 0,11Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,02 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02 0,01 0,02 0,00 0,02 0,02non classificati altroveAltre malattie 0,01 0,02 0,01 0,01 0,00 0,01 0,02 0,02 0,01 0,03 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00totale 0,92 0,84 0,89 0,85 0,74 0,77 0,75 0,82 0,67 0,75 0,71

1-6 giorni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 0,61 0,61 0,57 0,66 0,64 0,63 0,55 0,59 0,56 0,52 0,53Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,16 0,14 0,16 0,17 0,17 0,15 0,13 0,10 0,12 0,09 0,10Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,01 0,02 0,01 0,02 0,02 0,01 0,01 0,02 0,01 0,01 0,01non classificati altroveAltre malattie 0,03 0,01 0,03 0,04 0,03 0,03 0,03 0,03 0,04 0,02 0,01Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00totale 0,80 0,79 0,78 0,88 0,86 0,81 0,72 0,74 0,73 0,64 0,66

7-27 giorni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 0,47 0,45 0,43 0,51 0,49 0,38 0,48 0,44 0,40 0,39 0,42Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,25 0,17 0,21 0,19 0,13 0,18 0,14 0,13 0,13 0,15 0,15Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01non classificati altroveAltre malattie 0,02 0,05 0,02 0,03 0,02 0,04 0,04 0,02 0,04 0,03 0,04Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00totale 0,75 0,69 0,68 0,75 0,66 0,62 0,67 0,60 0,58 0,59 0,62

mortalità neonatale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,74 1,72 1,68 1,84 1,70 1,57 1,60 1,64 1,46 1,47 1,52Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,63 0,47 0,56 0,51 0,46 0,51 0,42 0,40 0,41 0,38 0,36Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,04 0,05 0,03 0,05 0,05 0,03 0,04 0,05 0,02 0,03 0,04non classificati altroveAltre malattie 0,05 0,08 0,07 0,08 0,05 0,08 0,09 0,07 0,09 0,08 0,06Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,01 0,00 0,01 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00totale 2,47 2,31 2,34 2,48 2,26 2,20 2,15 2,16 1,98 1,98 1,99

mortalità post-neonatale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 0,18 0,19 0,19 0,18 0,16 0,15 0,12 0,13 0,15 0,16 0,19Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,34 0,31 0,30 0,28 0,27 0,28 0,26 0,27 0,24 0,29 0,25Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,06 0,06 0,07 0,06 0,06 0,08 0,08 0,07 0,06 0,08 0,09non classificati altroveAltre malattie 0,34 0,38 0,35 0,37 0,38 0,35 0,37 0,29 0,33 0,36 0,27Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,04 0,05 0,03 0,05 0,03 0,04 0,02 0,03 0,02 0,02 0,02totale 0,95 0,98 0,95 0,94 0,90 0,89 0,85 0,80 0,80 0,92 0,82

totale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Alcune condizioni morbose che hanno origine nel periodo perinatale 1,92 1,91 1,87 2,01 1,86 1,72 1,73 1,78 1,61 1,63 1,71Malformazioni e deformazioni congenite, anomalie cromosomiche 0,97 0,77 0,86 0,79 0,72 0,79 0,68 0,67 0,65 0,67 0,61Sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, 0,10 0,10 0,10 0,12 0,11 0,11 0,12 0,12 0,09 0,12 0,13non classificati altroveAltre malattie 0,39 0,46 0,42 0,45 0,43 0,43 0,46 0,36 0,41 0,45 0,34Cause esterne di traumatismo e avvelenamento 0,04 0,05 0,04 0,06 0,04 0,04 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03totale 3,41 3,29 3,29 3,42 3,16 3,09 3,00 2,96 2,78 2,90 2,81

*Decessi avvenuti in Italia riferiti alla popolazione residente.

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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aPPeNdICe 589

tabella 4 - Mortalità (valori assoluti e tasso per 1.000 nati vivi) neonatale per regione - Anni 2006-2016

regioni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Valori assoluti

Piemonte 105 78 81 69 65 71 62 62 39 59 53Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 1 2 6 0 2 1 3 0 3 3 3Lombardia 171 187 187 218 184 165 154 147 163 147 157Bolzano-Bozen 18 20 11 15 13 5 10 10 12 10 15Trento 11 4 7 8 7 7 13 13 6 6 13Veneto 104 93 90 102 82 81 80 65 53 63 62Friuli Venezia Giulia 18 13 13 20 25 25 17 22 14 12 16Liguria 29 37 30 27 28 39 26 21 25 21 19Emilia-Romagna 86 90 98 90 85 85 72 73 79 53 46Toscana 66 66 58 62 65 62 49 42 42 46 40Umbria 11 14 19 12 12 7 14 13 11 24 5Marche 30 25 22 39 16 18 17 15 16 16 13Lazio 156 118 150 139 131 134 119 138 101 103 99Abruzzo 33 36 47 30 38 26 35 24 17 21 16Molise 4 3 4 4 11 4 3 7 3 9 1Campania 192 172 165 183 152 146 160 157 111 115 123Puglia 97 104 103 109 93 77 81 65 83 60 52Basilicata 12 0 16 14 12 14 5 11 11 11 13Calabria 67 61 55 56 54 68 60 59 58 45 59Sicilia 140 151 158 185 165 139 150 132 129 123 117Sardegna 30 31 30 29 30 28 20 36 20 13 20Italia 1.381 1.305 1.350 1.411 1.270 1.202 1.150 1.112 996 960 942

tassi

Piemonte 2,8 2,0 2,0 1,8 1,7 1,9 1,7 1,7 1,1 1,8 1,7Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0,8 1,6 4,6 0,0 1,6 0,8 2,5 0,0 2,7 3,0 3,1Lombardia 1,8 1,9 1,9 2,2 1,9 1,8 1,7 1,7 1,9 1,7 1,9Bolzano-Bozen 3,3 3,6 2,0 2,9 2,4 0,9 1,8 1,9 2,2 1,9 2,8Trento 2,1 0,8 1,3 1,5 1,3 1,3 2,5 2,5 1,2 1,2 2,8Veneto 2,2 2,0 1,9 2,1 1,7 1,8 1,8 1,5 1,3 1,6 1,6Friuli Venezia Giulia 1,7 1,2 1,2 1,9 2,4 2,5 1,7 2,3 1,5 1,4 1,9Liguria 2,4 3,0 2,4 2,2 2,3 3,4 2,2 1,9 2,3 2,1 1,9Emilia-Romagna 2,2 2,2 2,3 2,1 2,0 2,1 1,8 1,9 2,2 1,5 1,3Toscana 2,1 2,0 1,7 1,9 2,0 2,0 1,6 1,4 1,4 1,7 1,5Umbria 1,4 1,7 2,3 1,5 1,5 0,9 1,8 1,8 1,6 3,7 0,8Marche 2,2 1,8 1,5 2,7 1,1 1,3 1,3 1,2 1,3 1,3 1,1Lazio 2,9 2,2 2,6 2,5 2,4 2,5 2,2 2,6 2,0 2,1 2,1Abruzzo 3,0 3,2 4,0 2,6 3,2 2,3 3,1 2,2 1,6 2,1 1,6Molise 1,6 1,2 1,6 1,7 4,4 1,7 1,3 3,1 1,4 4,1 0,5Campania 3,1 2,8 2,7 3,1 2,6 2,6 2,9 3,0 2,2 2,3 2,4Puglia 2,6 2,7 2,7 2,9 2,5 2,1 2,3 1,9 2,5 1,9 1,7Basilicata 2,4 0,0 3,3 3,0 2,6 3,1 1,1 2,7 2,7 2,7 3,2Calabria 3,7 3,4 3,1 3,1 3,0 3,9 3,5 3,5 3,5 2,7 3,7Sicilia 2,8 3,1 3,2 3,8 3,4 2,9 3,2 3,0 2,9 2,8 2,8Sardegna 2,3 2,3 2,2 2,1 2,2 2,1 1,6 3,0 1,7 1,2 1,9Italia 2,5 2,3 2,3 2,5 2,3 2,2 2,2 2,2 2,0 2,0 2,0

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

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Page 364: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

590 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018

tabella 5 - Mortalità (valori assoluti e tasso per 1.000 nati vivi) infantile per regione - Anni 2006-2016

regioni 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Valori assoluti

Piemonte 130 107 113 98 97 93 86 85 57 85 71Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 1 4 8 2 4 1 3 2 3 4 4Lombardia 245 283 260 302 257 242 221 219 246 214 226Bolzano-Bozen 23 23 16 16 18 7 13 13 15 12 17Trento 15 7 12 11 11 16 22 14 10 13 16Veneto 131 137 135 140 118 131 117 94 84 97 88Friuli Venezia Giulia 24 15 22 30 30 35 22 31 19 18 17Liguria 38 43 34 33 33 45 36 26 31 27 25Emilia-Romagna 124 109 141 125 111 125 103 106 106 85 70Toscana 89 83 85 84 97 82 67 55 57 65 72Umbria 23 22 24 21 19 12 21 17 15 30 11Marche 46 38 37 58 32 26 22 27 24 31 22Lazio 205 183 201 199 167 175 161 167 140 144 134Abruzzo 43 51 60 44 53 35 45 31 23 34 25Molise 5 7 10 9 13 5 6 9 6 10 2Campania 259 255 238 248 234 209 231 210 151 171 161Puglia 151 150 140 148 124 113 117 98 107 92 85Basilicata 17 1 26 19 16 20 11 15 15 20 17Calabria 100 87 72 77 66 81 77 79 77 57 77Sicilia 201 212 222 239 223 201 196 184 184 177 165Sardegna 42 40 40 44 50 37 28 41 26 21 27Italia 1.912 1.857 1.896 1.947 1.773 1.691 1.605 1.523 1.396 1.407 1.332

tassi

Piemonte 3,4 2,8 2,9 2,5 2,5 2,5 2,3 2,4 1,6 2,6 2,2Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste 0,8 3,2 6,2 1,5 3,2 0,8 2,5 1,9 2,7 4,1 4,2Lombardia 2,6 2,9 2,6 3,1 2,6 2,6 2,4 2,5 2,9 2,5 2,8Bolzano-Bozen 4,3 4,2 2,9 3,1 3,3 1,3 2,4 2,5 2,7 2,2 3,1Trento 2,9 1,4 2,2 2,1 2,0 3,0 4,3 2,7 2,1 2,7 3,4Veneto 2,8 2,9 2,8 2,9 2,5 2,9 2,6 2,2 2,1 2,5 2,3Friuli Venezia Giulia 2,3 1,4 2,1 2,9 2,9 3,5 2,2 3,3 2,1 2,1 2,0Liguria 3,1 3,5 2,7 2,7 2,8 3,9 3,1 2,4 2,9 2,7 2,5Emilia-Romagna 3,1 2,7 3,4 3,0 2,7 3,1 2,6 2,8 2,9 2,4 2,0Toscana 2,8 2,6 2,5 2,6 3,0 2,6 2,2 1,9 2,0 2,4 2,7Umbria 2,9 2,7 2,9 2,7 2,4 1,6 2,8 2,3 2,1 4,6 1,7Marche 3,3 2,7 2,5 4,0 2,3 1,9 1,7 2,1 1,9 2,6 1,9Lazio 3,9 3,5 3,5 3,6 3,1 3,2 3,0 3,2 2,8 3,0 2,8Abruzzo 3,9 4,5 5,1 3,9 4,5 3,1 4,0 2,9 2,2 3,3 2,5Molise 2,0 2,8 4,0 3,8 5,2 2,1 2,6 4,0 2,7 4,6 1,0Campania 4,2 4,1 3,9 4,2 4,0 3,7 4,2 4,0 2,9 3,4 3,2Puglia 4,0 3,9 3,7 3,9 3,3 3,1 3,4 2,9 3,2 2,9 2,7Basilicata 3,4 0,2 5,3 4,0 3,5 4,5 2,5 3,7 3,6 4,9 4,2Calabria 5,5 4,8 4,0 4,3 3,7 4,7 4,5 4,7 4,7 3,5 4,8Sicilia 4,0 4,3 4,5 4,9 4,6 4,3 4,2 4,1 4,1 4,1 4,0Sardegna 3,2 3,0 3,0 3,3 3,7 2,8 2,3 3,5 2,3 1,9 2,6Italia 3,4 3,3 3,3 3,4 3,2 3,1 3,0 3,0 2,8 2,9 2,8

Fonte dei dati: Istat. “Indagine sui decessi e cause di morte”. Anno 2018.

TS RO 2018 osservasalute_01 prex 08/05/2019 15:24 Pagina 590

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592 RAPPORTO OSSERVASALUTE 2018ta

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TS RO 2018 osservasalute_01 prex 08/05/2019 15:24 Pagina 592

Page 367: Tasso di mortalità infantile · 2019. 5. 14. · Descrizione dei Risultati Considerando i tassi quinquennali (dal 1995 al 1999) il valore italiano è di 5,6 morti per 1.000 nati

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