Taranto 7

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taranto tra storia, tradizione e leggenda ( settima parte fino agli Arabi) a cura di nonna

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Storia di Taranto n.°7

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taranto tra storia, tradizione e leggenda ( settima parte fino agli Arabi)

a cura di nonna Serena

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TARANTO DOPO IL 476 d.C.Al 4 settembre del 476 d.C. si fa risalire ufficialmente la caduta dell’Impero Romano d’Occidente con la conseguente deposizione del giovanissimoimperatore Romolo Augustolo, costretto ad abdicare da Odoacre, il capo dei mercenari. Taranto, che ormai seguiva le sorti di Roma, divenne anch’essa parte dell’Impero Romano d’Oriente, sotto l’influenza dei Bizantini.

Odoacre, re degli Eruli, divenne, quindi rex Italiae o rex gentium, ma lasciò la sovranità in mano a Zenone, imperatore dell’Impero Romano d’Oriente, chiedendo per sé il titolo di patricius. Ben presto, però, il suo potere in Italia, impensierì Zenone che chiese l ‘aiuto di Teodorico, re degli Ostrogoti, il quale sconfisse Odoacre e lo fece prigioniero, poi nel 493 d.C. lo uccise a Ravenna, durante un banchetto. Teodorico diventò così il re del suo popolo ed il rappresentante dell’imperatore romano.

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Nei primi anni del suo governo Teodorico migliorò le condizioni dell’economia e riuscì, grazie all’aiuto dei suoi consiglieri Boezio e Cassiodoro, a rendere possibile la convivenza fra Goti e Romani e fra ariani e cattolici. Poi, prima di morire, nel 526 d.C. divenne crudele facendo uccidere anche i suoi più fedeli collaboratori. Giosuè Carducci nella sua poesia” La leggenda di Teodorico” immagina e descrive la morte del re ostrogota con semplicità ed indubbia efficacia.

Dopo la morte di Teodorico, le tensioni tra i Goti, guidati da Teodato ed i Romani governati da Giustiniano, si inasprirono e l’imperatore bizantino fu costretto ad inviare in Italia due generali: Belisario e Narsete. Taranto, come tutte le città pugliesi, si arrese subito al generale Belisario anche perché era ormai diventata un piccolocentro, spopolato che niente aveva a che vedere con l’antica capitale della Magna Grecia.

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Quando Belisario fu richiamato a Costantinopoli dall’imperatore Giustiniano, si fece sostituire in Italia dal suo luogotenente Giovanni, detto il Sanguinario- per il suo modo di condurre le battaglie- cui dette il compito di fortificare Taranto. Giovanni, per prima cosa separò l’acropoli- la città vecchia- dall’attuale borgo, scavando un fossato, dove ora c’ è il canale navigabile, poi fece confluire tutti gli abitanti nella città vecchia fortificandola con alte mura difensive. In questo modo Giovanni era convinto di riuscire a difendere la città dall’attacco dei

barbari. Secondo quanto racconta lo storico greco e segretario di Belisario Procopio di Cesarea, nel 542 d.C. Giovanni fu chiamato in aiuto da Belisario per liberare Reggio Calabria dall’assedio dei Goti. Taranto, perciò, fu lasciata senza difesa e facile preda di Totila, nuovo re degli Ostrogoti.

Baduila, vero nome di Totila, cioè l’immortale ( soprannome con il quale veniva chiamato dai suoi soldati),

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occupò la Puglia e Taranto, città che lo conquistò per la mitezza del suo clima e per la posizione favorevole del suo porto nel Mediterraneo. Decise, perciò, di fare di questa città la sua principale piazzaforte, cingendola di” valide mura e di grandiosi edifizii, tra’ quali ampliò le due antiche torri del Cane e del Gallo” così come racconta il De Vincentis nella Storia di Taranto. Attualmente si può ancora vedere , nei pressi della via di Mezzo, nella città vecchia,quello che resta dell’antica Torre del Gallo, dove

secondo una leggenda popolare, Totila avrebbe nascosto una parte del suo tesoro.

Nel 551 d.C. l’imperatore Giustiniano decise che era giunto ilmomento di scacciare definitivamente i Goti dall’Italia, perciò inviò sul territorio italiano un esercito numeroso guidato dal generale Narsete, a cui si era unito anche Giovanni il Sanguinario in conflitto con Belisario. Narsete, a Tagina, l’odierna Gualdo Tadino, riuscì a sconfiggere Totila e questi, gravemente ferito, morì poco

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dopo a Caprara nel 552 d.C. Alla partenza da Taranto, Totila, aveva lasciato come governatore della città il suo fido luogotenente Ragnari. Quando il re degli Ostrogoti morì, Ragnari pensò che la città non fosse più inespugnabile, come gli era sembrata fino ad allora, perciò si rivolse al prefetto dell’Impero bizantino che si trovava ad Otranto, un certo Procopio Pacurio Pirconio, e si offrì di consegnargli Taranto. Parcuvio si affrettò ad accettare l’offerta, ma pretese in cambio, alcuni ostaggi goti.

Mentre erano in atto queste trattative, a Pavia fu proclamato successore di Totila, Teia, un suo ufficiale. Questo nuovo re, conosciuto come uomo molto ambizioso e crudele, armò un esercito e mosse verso la Puglia. Ragnari, a questo punto, cercò di fare marcia indietro, nei confronti dei Bizantini, ma Pacurio, indignato, per il comportamento del governatore goto, si mosse verso Taranto, scontrandosi con Ragnari ed i suoi uomini che costrinse alla fuga. Intanto il generale bizantino Narsete, si scontrò con l’esercito di Teia, prima sui monti Lattari e poi nella valle

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del Sarno, dove avvenne la battaglia decisiva. Teia fu sconfitto ed ucciso e nel 553 d.C. terminò la guerra greco-gotica con un trattato con il quale gli Ostrogoti si impegnavano a lasciare l’Italia e a non fare più guerra all’Impero. Solo due anni dopo la fine dell’invasione dei Goti, arrivò in Italia un esercito di Galli al comando dei fratelli Amingo e Buccellino Alemanni. Questi erano decisi ad invadere l’Italia meridionale, giungendo fino a Taranto. Naturalmente l’imperatore di Costantinopoli mandò subito il generale

Narsete a contrastare gli invasori, cosa che riuscì a fare. Dopo questa vittoria il generale bizantino che era molto religioso, fece costruire a Taranto una chiesa dedicata a San Teodoro, suo santo protettore. Questo luogo di culto si trovava nei pressi del vecchio Ospedale dei Pellegrini e fu abbattuto, ormai quasi in rovina, nel 1578 su ordine dell’arcivescovo Brancaccio. A Narsete, acclamato vincitore, fu affidata l’organizzazione dei territori occupati, ma con l’ascesa al

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al trono dell’Impero d’Oriente, di Giustino II, le cose cambiarono. Narsete, malvisto dal nuovo imperatore, fu sostituito da un altro governatore. Secondo una leggenda, Narsete, infuriato contro l’imperatore, avrebbe chiamato in Italia Alboino, re dei Longobardi.

Questo popolo, di origine germanica, proveniva dalla Pannonia ed aveva tentato più volte di invadere l’Italia, perciò

Alboino si affrettò ad accettare la richiesta di Narsete. Questa leggenda narrata dallo storico Paolo Diacono non ha comunque nessun riscontro storico. Secondo quanto scrive Giacinto Peluso nella sua Storia di Taranto la verità sarebbe che un gruppo di Longobardi che erano già stati in Italia, colpiti dalle sue bellezze, avevano convinto il re a conquistarla, anche perché dopo la morte di Giustiniano l’Impero bizantino appariva in grave crisi. Fino al 663 d.C. i Longobardi furono padroni di quasi tutta

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l’Italia e pare che Taranto abbia vissuto un periodo abbastanza tranquillo. Intanto nel 641 d.C era diventato imperatore dei Bizantini Costante II . Questi, forte anche della richiesta pressante di papa Vitaliano di voler liberare l’Italia dai Longobardi, armò una flotta e si diresse verso Taranto, probabilmente perché questa città permetteva il miglior controllo della Puglia attraverso le strade dell’Appia Antica e della Traiana. Poi nel 663 d.C. l’imperatore Costante II,

con un numeroso esercito, mosse da Taranto per marciare contro Benevento ducato governato dal longobardo Romoaldo che in quegli anni sostituiva suo padre, il re Grimoaldo, richiamato alla reggia di Pavia. Costante II durante il suo viaggio assalì ed occupò molte città, ma trovò una grande resistenza a Lucera, che poi distrusse, ed a Acerenza, che non riuscì a conquistare. Romoaldo intanto aveva chiamato in suo aiuto il padre, spaventando così i

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Bizantini che decisero di cambiare percorso, dirigendosi verso Roma. Pur essendo stato chiamato in Italia proprio dal papa, Costante II non esitò a saccheggiare la città e soprattutto le chiese. Poi, infuriato per i continui successi ottenuti dai Longobardi, decise di andare in Sicilia per difenderla dagli Arabi che ormai stavano per impadronirsi del Mediterraneo, ma nel 668 d.C. venne ucciso a Siracusa. Alla notizia della morte dell’imperatore bizantino, il duca di Benevento, Romoaldo, pensò

bene di riconquistare le città perdute ed intraprese il viaggio verso l’Italia meridionale ed in poco tempo assediò Brindisi e Taranto. Quest’ultima fu depredata di tutti i beni che era riuscita a preservare dalle altre invasioni e le chiese furono saccheggiate. A questo proposito si racconta che la moglie di Romoaldo, la religiosissima Teodora, fece costruire, ad espiazione delle nefandezze compiute dal marito, una chiesa dedicata a San Pietro Apostolo.

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TARANTO E L’INVASIONE DEI SARACENIL’VIII secolo fu un periodo abbastanza tranquillo per l’Italia meridionale anche se ci furono alcune lotte di natura religiosa, ma nell’800 giunsero i Franchi, guidati da Carlo Magno che cacciarono definitivamente i Longobardi dall’Italia. L’imperatore bizantino Niceforo I, temendo la potenza di questo popolo, divise l’Impero in due parti, cedendo quello occidentale a Carlo Magno e lasciando il resto, compresa

la Puglia,ai Bizantini. Questo avveniva nell’803 d.C. ,ma nell’827 incominciò ad incombere il pericolo saraceno.Con il nome di Saraceni venivano indicate alcune tribù nomadi arabe, provenienti dall’Africa settentrionale che verso IX secolo d.C.

occuparono la Sicilia, parte dell’Italia meridionale, spingendosi fino alla Liguria ed alla Francia.

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Dino Primo( pseudonimo del giornalista Clemente Salvaggio) nella sua rubrica “ Taranto Taranto mia” sul Corriere del Giorno del 1981, scriveva:” Forse i Saraceni, se non ci fosse stato un certo Eufemio, comandante delle truppe imperiali in Sicilia, a venire a Taranto non ci avrebbero mai pensato, ma furono indotti a certe imprese, proprio da questo Eufemio, che si era rifugiato in Africa per sfuggire all’arresto ordinato a suo danno dall’imperatore Michele Balbo…”

Poiché a Costantinopoli erano arrivate voci sui soprusi commessi da Eufemio, Balbo, avuto le conferme, decise di farlo tornare nella capitale, ma Eufemio, già informato, preferì fuggire e chiedere aiuto ai Saraceni, convincendoli ad assalire la Sicilia. Ma, giunto nei pressi di Castrogiovanni ( l’odierna Enna), Eufemio venne ucciso. L’avvenimento, invece di convincere gli Arabi a desistere, li spinse ancora di più a combattere per conquistare l’isola, cosa che avvenne.