Talete inserto di Liberazione e Mamma!

8

description

Speciale sull'Acqua e sulla Democrazia

Transcript of Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Page 1: Talete inserto di Liberazione e Mamma!
Page 2: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Riccardo Petrella*

L’hanno chiamata “The UltimateCommodity” l’ultima merce, la mercefinale. Parlano dell’acqua. La conside-rano la sponda finale del processo dimercificazione della vita e del PianetaTerra.Una merce che genera profitti elevati.Secondo il “libro bianco” H20ppor-tunity - redatto dal “The Calvert Glo-bal Water Fund”, un fondo d’investi-mento internazionale Usa attivo nclsettore degli investimenti speculativi -«dal 2004, su base cumulativa, i rendi-menti degli investimenti mondiali nel-l’acqua sono stati più elevati degli in-dici medi di rendimento Usa e mon-diali». L’interesse della finanza privataper l’acqua è ritornato ad essere un fat-to maggiore delle nostre società a se-guito dei processi di liberalizzazione,di deregolamentazione e di privatizza-zione dell’insieme delle attività eco-nomiche dei paesi occidentali nel con-testo dello smantellamento del sistemadel welfare e della globalizzazione eco-nomica capitalista di mercato. Unavolta che il capitale privato ha ottenu-to la piena libertà d’azione e che ilmercato si è visto attribuire dai poteripubblici il ruolo di regolatore princi-pale delle scelte in materia di allocazio-ne delle risorse disponibili, il passaggioverso la concezione dell’acqua comel’oro blu è stato piuttosto rapido. Nelcorso degli anni ’80 e ’90 l’acqua è sta-ta trasformata in un « bene economi-co » perché - si è affermato in manie-ra mistificatrice – essa sarebbe destina-ta a diventare inevitabilmente sempredi più rara e “preziosa”». Di conse-guenza, i servizi idrici, come del restotutti i servizi pubblici d’interesse gene-rale e vitale, sono stati ridotti a “servizidi rilevanza economica” (dove l’agget-tivo “economico” è stato utilizzato, edimposto, unicamente nei sensi del-l’economia capitalista di mercato. Unvero furto ideologico). La finanziarizzazione dell’acqua è av-venuta direttamente, tramite investi-menti nell’acquisto della proprietà delcapitale delle imprese idriche “aperteal mercato”. L’esempio della ThamesWater - la più grande impresa idricadel Regno Unito (n° 3 mondiale, do-po le francesi Veolia e Suez) - acqui-stata al gigante energetico tedesco Rweda parte della banca australiana Mac-quarie,è un caso da manuale. La Rweaveva “comprato” Thames Water nel2000 per 7.1 miliardi di euro nel perse-

velli di profitto del Gruppo interve-nendo in un settore molto redditizio.E che dire della quasi totale appropria-zione e mercificazione del mondo del-le acque minerali e di sorgente da par-te del capitale privato (potenti hol-dings finanziari a capo di grandi im-prese industriali e commerciali mon-diali come Nestlé, Danone, Coca-co-la...)? Si pensi alla San Pellegrino, di-ventata un marchio di bandiera dellamultinazionale svizzera Nestlé. In re-altà, la svendita delle acque minerali alcapitale privato mondiale costituisceuna dimostrazione clamorosa dell’ab-dicazione dei poteri pubblici nei con-fronti delle loro responsabilità sui be-ni comuni naturali. La finanziarizzazione dell’acqua è av-venuta anche, e sempre di più, indiret-tamente, tramite l’uso di strumenti e di metodi di ge-stione ispirati da logiche puramente fi-nanziarie. Mi riferisco, anzitutto, aifondi d’investimento internazionalispecializzati nel finanziamento delleimprese operanti nel settore idrico.Da quando nel 2000, la banca privatasvizzera Pictet lanciò, con risultati no-tevoli sul piano del rendimento nelcorso dei dieci anni di esistenza, il pri-mo fondo d’investimento internazio-nale dedicato all’acqua con sede inLussemburgo, non si contano più ifondi “ fratelli”, “figli” e “nipoti”. Fra iprincipali, oltre il Pictet Water Fund

cucina della propria casa, riempie unbicchiere d’acqua e lo beve. Poiché sappiamo che Coop è il gigantedella grande distribuzione nel nostroPaese, e che supermercati e ipermercatismerciano il 70% degli oltre 11miliardi di litri d’acqua mineralevenduti in un anno in Italia, siamoconsapevoli che quest’iniziativa potràintaccare anche i volumi di vendita e diconsumo. In termini numerici lo sapremo solonel 2012 (la campagna è stata lanciata aottobre 2010, e i suoi effetti sivedranno senz’altro sui “conti” 2011dell’industria delle acque minerali), mala sensazione è senz’altro questa.Mineracqua, la federazione cheriunisce le aziende che imbottiglianoacqua minerale, ha reagito in modoscomposto. Per la prima volta harealizzato e diffuso a mezzo stampauna “pubblicità istituzionale” (“Acquaminerale. Molto più che potabile” ilclaim scelto), ma lo spot ha avuto vita

breve: è stato infatti bocciato dal Giurìdi autodisciplina pubblicitaria, conuna sentenza che l’ha considerato una«comunicazione tendenziosa che gettaombre di potenziale insicurezza, ocomunque discredito, sull’acquaerogata dagli acquedotti». Il Giurì, inparticolare, se l’è presa per la frase “daun’informazione trasparente nasconoscelte libere” e perché Mineracqua hascritto che «l’acqua di rubinetto puòessere erogata anche se non rispetta iparametri di legge, perché beneficia diun sistema di deroghe», senzaspecificare quali. Ma torniamo ai

Due sono le cose piùtemute dalle classial potere: il fatto chei cittadini pensinoin maniera liberae diversa da loro;il fatto che abbianodei sogni e che sianodisposti a battersiper realizzarli.I referendumrappresentanouna probabilitàelevata che ciò chepreoccupa il mondodel business diventiuna realtà

una campagna promossa dal colossodella grande distribuzione Coop neisuoi punti vendita per invitare soci eclienti a riflettere prima di acquistareuna fardello di sei bottiglie di acquaminerale. “Hai mai pensato a quanta strada devefare l’acqua prima di arrivare nel tuobicchiere?” chiede Coop dalle paginedei giornali. La rivoluzione vera e propria, però, èlo spot diffuso in televisione. Una“pubblicità progresso”, in cui si vede -ed è la prima volta - una donna(famosa) che apre un rubinetto, nella

Luca Martinelli*

Qualcosa è cambiato, negli ultimianni, nel rapporto tra gli italiani el’acqua minerale. Ce lo mostra il datodei consumi pro-capite, che nel 2009ha conosciuto una piccola flessione(192 litri a testa all’anno, contro i 194del 2008, con un ulteriore - 2% neiprimi 6 mesi del 2010), ma ce lodimostra soprattutto un mutamentoculturale nell’approccio tra i cittadini eogni bicchiere d’acqua. Sono passati quattro anni dal lanciodella campagna “Imbrocchiamola!”,una campagna fondata sul dirittoall’informazione che invita i cittadini aconsumare acqua di rubinetto anchenei locali pubblici, e ci rendiamoconto che con le nostre ragioniabbiamo forse saputo influenzare ilmercato.Pensiamo, in particolare, all’evento piùsignificativo occorso per il settorenell’ultimo anno: “Acqua di casa mia”,

Beviamo 192 litria testa all’annodi acqua in bottigliae la paghiamo carama l’acqua delsindaco è quasisempre la migliore

domenica 8 | maggio 2011 | II

ideologico e materialedella finanziarizzazioneIl grande furtoI

La merce finale.Come l’acqua diventò l’oro blu

che copre più di 50 imprese quotatein borsa, figurano il duplice GlobalWater Equities Portfolio l’uno per leimprese attive nel settore della distri-buzione dell’acqua e delle infrastrut-ture, l’altro nel settore del trattamen-to delle acque con più di 40 e 30 im-prese rispettivamente, l’Asn Milieu &Water Fund (una trentina di imprese),il Kbc Eco Water Fund (circa 20 im-prese), il PowerShares Global WaterPortfolio, il First Trust Ise Water In-dex Fund, il Spdr Ftse Macquerie Glo-bal Infrastructure, il Calvert GlobalWater Fund, l’Allianz Rcm GlobalWater Fund, il Pfw Water Fund, il Ki-netics Water Infrastructure Advanta-ged Fund.In concomitanza con tale esplosione,si sono moltiplicati anche gli indici

guimento della sua strategia mirante adiventare il n° 1 europeo delle multiu-tilities. Appena quattro anni dopo, idirigenti della Rwe cambiano di strate-gia e vendono Thames Water. Per ac-quistarla, la Macquarie ha sborsato 14miliardi di euro. La Macquarie non sièmai occupata di acqua nel passato. E’una banca specializzata in servizi fi-nanziari (in Italia opera nel campo deimutui per la casa) ed in investimentinelle infrastrutture (gli aeroporti diBruxelles e di Copenhaguen sono dei“Macquarie Airports”). Perché ha inve-stito cosi tanto nel settore dell’acqua ?Non certo perchè aveva un piano in-dustriale e socio-ambientale di ammo-dernamento della rete e del servizioidrico nell’interesse dei 13 milioni diabitanti della regione londinese e deglialtri 50 milioni di persone servite nelmondo dalla Thames Water. Per laMacquarie si è trattato di una strategiapuramente finanziaria: aumentare i li-

borsistici destinati a fornire agli ope-ratori finanziari ed industriali una va-lutazione permanente ed istantaneadell’evoluzione del valore dei titoli“acqua” sui mercati finanziari mon-diali. I più autorevoli sono il Bloom-berg World Water Index, il Msci Wa-ter Index, il Dow Jones Index, lo S&PGlobal Water Index, lo Ise Water In-dex ed il Palisades Water Index. Il cheha condotto in seno ai gruppi socialidominanti all’emergenza di una nuo-va cultura dell’acqua che ha fatto del-l’appetibilià finanziaria il criterio divalutazione discriminante per le scel-te pubbliche e private nel settore del-l’acqua. Un’appetibilità articolata sutre pietanze principali da cui, secondoi dominanti, dipenderà il presente ed

La pubblicità droga il mercato. Una campagna per “imbroccarla” giusta

Minerale non vuol direné potabile né chiara

ziamento del servizio idrico chepoggia, oltre che sulla rimodula-zione tariffaria, soprattutto sullafinanza pubblica e sulla fiscalitàgenerale. Su entrambi questi pun-ti l’elaborazione del Forum deiMovimenti per l’Acqua è giuntaben al di là delle pure petizioni diprincipio. Sul tema del pubblico partecipatonon si tratta di costruire una mo-dellistica astratta ma si può ragio-nare su due piste di lavoro parten-do dall’assunto che il superamen-to delle Spa per costruire soggettigestori di diritto pubblico è condi-zione necessaria ma non sufficien-te nella nostra idea di ripubbliciz-zazione. La prima pista, mutuatadall’esperienza della ripubblicizza-zione del servizio idrico a Greno-ble, si potrebbe definire di demo-crazia partecipativa nella costru-zione delle decisioni fondamenta-li (tariffe, investimenti, bilanciecc.), nel senso che l’ente locale,almeno due volte l’anno, in sedepreventiva e consuntiva, si misuracon le istanze e le proposte prove-nienti dai movimenti e dalle orga-nizzazioni sociali, mentre la se-conda, che potremmo indicare co-me partecipazione gestionale, in-terviene nelle fasi di gestione econtrollo, prevedendo la rappre-sentanza dei cittadini organizzatinell’organismo di amministrazio-ne dell’Azienda pubblica che ge-stisce il servizio e quella dei lavo-ratori in un organismo di control-

Corrado Oddi*

Una delle caratteristiche delmovimento per l’acqua èquella di essersi semprepensato capace di pro-poste alternative. Sinda quello che possia-mo considerare l’attofondativo della nostradimensione nazionale,quando predisponem-mo nel 2006, con unadiscussione larga e ap-profondita, la propostadi legge di iniziativa popo-lare per la tutela dell’acquae la gestione pubblica del ser-vizio idrico, su cui raccogliem-mo nel 2007 più di 400mila firme.Proposta che giace alla Camerasenza che nessuno abbia dimostra-to la volontà neanche di iniziare ildibattito su di essa. Ciò non toglieche già lì si trovano i principi ispi-ratori che hanno accompagnatol’elaborazione di questi anni finoalla scadenza referendaria che af-frontiamo oggi. In particolare,non è difficile ritrovarvi i due pun-ti di fondo che prefigurano la no-stra idea di gestione pubblica delservizio idrico. Se la privatizzazio-ne è proceduta su due pilastri- lagestione tramite le Spa, soggetti didiritto privato, e il finanziamentodel sistema caricando tutti i costi eil profitto sulla tariffa, il full costrecovery - il processo inverso di ri-pubblicizzazione si basa invece suapprocci opposti: l’idea della ge-stione pubblica partecipata e una

modalità del finan-

lo, che si potrebbe denominareConsiglio di sorveglianza. Questeidee sono semplici terreni di lavo-ro e su di esse sarebbe utile appro-fondire la discussione, anche per-ché questo blocco di questioni di-venterà assolutamente strategicoall’indomani della più che possibi-le vittoria referendaria.Il nodo della costruzione di unmeccanismo alternativo di finan-ziamento del servizio idrico nasce

dalla constatazione che quelloattuale - basato unicamente

sulla tariffa che sostienetutti i costi ( più i pro-

fitti) del sistema -non solo è funzio-nale ai processi diprivatizzazione,ma ha ampia-mente dimo-strato il propriofallimento. In-fatti, è da lì cheprovengono la

sistematica situa-zione di sottoin-

vestimento, vistoche sono i soggetti

gestori di natura priva-tistica ad avere il potere

sostanziale di effettuarli omeno, il forte incremento tariffa-rio che procede ormai da molti an-ni a questa parte, l’incentivo ad ac-crescere i consumi. Un’imposta-zione alternativa non può, invece,che muovere dal ridare centralitàalla finanza pubblica e alla fiscali-tà generale per finanziare gli inve-stimenti, mentre alla tariffa vienelasciato il compito di coprire i co-sti di gestione del servizio. Ora, adifferenza di quanto strumental-mente agitano i nostri detrattori,quest’intervento non comporta diper sé l’incremento della tassazio-ne, né l’aumento del deficit e deldebito pubblico: si tratta di pensa-re, ad esempio, di tagliare voci dispesa inutili o sbagliate e dirottarequeste risorse verso l’investimentostrategico nel settore idrico. Perproseguire nell’ esemplificazione,il taglio dei 13 miliardi, già stan-ziati, per l’acquisto dei cacciabom-bardieri F35 (un miliardo l’annoper ciascuno dei prossimi 13 anni)sarebbe in grado, da solo, di recu-perare un terzo delle risorse neces-sarie per gli investimenti per iprossimi 20 anni, stimati comples-sivamente in 40 miliardi. Maggio-ri dettagli saranno forniti nel con-vegno nazionale del prossimo 17maggio.*Fp Cgil- Forum Italiano Moviment

i per l’Acqua

numeri, perché la strada da fare èancora molta. L’Italia è sempre laregina europea delle acque in bottiglia:beviamo, abbiamo scritto, 192 litri atesta all’anno, ossia otto volte la mediamondiale e quasi dieci volte ilconsumo dei cittadini olandesi. Gli italiani spendono ogni annoalmeno 3,2 miliardi di euro percomprare acqua minerale: sono troppiin un Paese le cui città sono servite daacquedotti che distribuiscono quasiovunque acqua potabile. Se gli italiani dimostrano di apprezzarel’acqua in bottiglia più di quella di reteun motivo c’è. È evidente a chiunqueguardi la televisione o legga quotidianie periodici, e si chiama pubblicità: leaziende che imbottigliano acquaminerale fanno investimentiimportanti per mantenere in pareggio ibilanci di televisioni, carta stampata eradio, e sono tra i principali attori diun mercato che -secondo l’Autorità perla garanzia nelle comunicazioni,Agcom - “garantisce” quasi il 50% delfatturato dei gruppi editoriali italiani.Inoltre, testimonial e i claimpubblicitari sono scelti per catturarel’attenzione dei consumatori. L’informazione di massa è asservitaalla logica del mercato. Gli esempisono molti, ne citiamo uno. Martedì 8febbraio 2011 all’interno dell’inserto“RSalute” del quotidiano la Repubblicacompare uno “speciale salute e

benessere” dedicato alla primainfanzia. C’è un “articolo” nonfirmato (“L’acqua giusta dai primimesi in poi”), accompagnato da unbox dedicato all’acqua Lauretana,definita «un vero dono della natura,un’acqua che è il nome stesso dellaleggerezza», e consigliata «a tutticoloro che si vogliono bene, masoprattutto ai bambini, di ogni età».Accanto, fa bella mostra unapubblicità di Lauretana (claim:“L’acqua più leggera d’Europa”). Sepensate che tutto l’inserto sembraproprio uno spot, avete ragione.Difatti lo “speciale” è a cura di A.Manzoni & C., che è proprio l’agenziache vende gli spazi pubblicitari per laRepubblica. Non è scritto da nessunaparte, però. A questa “strategia di dis-informazione” cerchiamo di ovviarecon il libro “Imbrocchiamola!”, piccolaguida al consumo critico dell’acqua.Un testo che nasce proprio perraccontare ciò che i media di massamancano di descrivere. A cominciare da quelli che possiamodefinire “i paradossi dell’acquaminerale”. Il primo: l’acqua mineralenon è acqua potabile; risponde, cioè, auna legislazione diversa dal decretolegislativo numero 31 del 2001, quelloche descrivere le caratteristiche chedeve avere l’acqua che esce dai nostriacquedotti. Il secondo: molte delle

aziende che imbottigliano acquaminerale non la pagano, perché 7Regioni su 20 non prevedono uncanone di concessione per losfruttamento di sorgenti e falde(misurato sull’acqua imbottigliata oemunta). E anche laddove esistono o sono bassio non vengono corrisposti. Unesempio più unico che raro nel mondoindustriale, che permette a questiilluminati imprenditori di tenere inpiedi un’attività che garantisce ampimargini di profitto senza riconoscereun prezzo per l’unica materia primafondamentale di tutto il processo diproduzione. Ai mercanti d’acqua èriuscito anche questo.

Liscia o gassata?Meglio pubblicae partecipata

Il superamentodelle società perazioni è condizionenecessaria manon sufficiente.Le azienderipubblicizzatedevono coinvolgerei cittadini nellescelte strategiche etrovare meccanismialternativi difinanziamento. Ladiscussione è aperta

Le vignette sono di Lele&Fante e

Gianni Allegra che firma anche

l’illustrazione centralewww.liberazione.it

Questo speciale nasce da Liberazione e dalla rivista satirica Mamma! (www.mamma.am),«Mamma! E’ una invocazionedi aiuto, un sospiro di sollievo,un meravigliato stupore, unadelle ultime parole che nonsono state colonizzate, stuprate,marchiate a fuoco e vendute atranci... Ci piacerebbe cambiareil mondo, consapevoli che DonChisciotte non ha combinatopoi molto, ma strada facendo sie’ divertito un casino». Graficadi Paolo Carotenutoe Tecla De Santis. Testata diprima di Benedetta Greco

Talete è così bellograzie a Mamma!Per far vincere i Sì

Che fare dopo averlo strappato ai privatiLe proposte dei movimentiServizio idricoI

domenica 8 | maggio 2011 | III

il futuro dell’“industria idrica” dei va-ri paesi: l’affidabilità economico-fi-nanziaria delle imprese; la garanziadel corretto funzionamento del mer-cato e della concorrenza, ivi compre-sa la garanzia della proprietà del capi-tale; la redditività. L’appetibilità deci-derebbe della capacità del servizioidrico di una città, di una regione, diuna paese di attirare gli investimenti.Da qui , la necessità, si afferma, di ar-ticolare una tariffa economicamentecorretta capace di essere appetibile peril capitale privato. Niente appetibilità,niente capitali !La sola, grande preoccupazione deidominanti è rappresentata dal rischioche “la politica”, il mondo dei cittadi-ni, metta un giorno degli ostacoli al-l’avvenuta trasformazione dell’acquain un “bene” fonte di grandi profitti

per il capitale privato rifiutando di ac-cettare gli aumenti del prezzo dell’ac-qua necessari per fare ( e mantenere)dell’acqua un settore economico adelevato tasso di ritorno sugli investi-menti. Ecco perché, in Italia, i domi-nanti hanno paura degli «acquaioli» edei referendum. Due sono le cosemaggiormente temute dalle classi alpotere: il fatto che i cittadini pensinoin maniera libera e diversa da loro; ilfatto che abbiano dei sogni e che, per-tanto, siano disposti a battersi per rea-lizzarli. Ebbene, i referendum rappre-sentano una probabilità elevata che ilrischio che preoccupa maggiormenteil mondo del business e della finanzadiventi una realtà.

*autore di “Il bene comune” (1996), “Ilmanifesto dell’acqua” (1997), “Il capitali

smo blu” (2011)

talete

Page 3: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Riccardo Petrella*

L’hanno chiamata “The UltimateCommodity” l’ultima merce, la mercefinale. Parlano dell’acqua. La conside-rano la sponda finale del processo dimercificazione della vita e del PianetaTerra.Una merce che genera profitti elevati.Secondo il “libro bianco” H20ppor-tunity - redatto dal “The Calvert Glo-bal Water Fund”, un fondo d’investi-mento internazionale Usa attivo nclsettore degli investimenti speculativi -«dal 2004, su base cumulativa, i rendi-menti degli investimenti mondiali nel-l’acqua sono stati più elevati degli in-dici medi di rendimento Usa e mon-diali». L’interesse della finanza privataper l’acqua è ritornato ad essere un fat-to maggiore delle nostre società a se-guito dei processi di liberalizzazione,di deregolamentazione e di privatizza-zione dell’insieme delle attività eco-nomiche dei paesi occidentali nel con-testo dello smantellamento del sistemadel welfare e della globalizzazione eco-nomica capitalista di mercato. Unavolta che il capitale privato ha ottenu-to la piena libertà d’azione e che ilmercato si è visto attribuire dai poteripubblici il ruolo di regolatore princi-pale delle scelte in materia di allocazio-ne delle risorse disponibili, il passaggioverso la concezione dell’acqua comel’oro blu è stato piuttosto rapido. Nelcorso degli anni ’80 e ’90 l’acqua è sta-ta trasformata in un « bene economi-co » perché - si è affermato in manie-ra mistificatrice – essa sarebbe destina-ta a diventare inevitabilmente sempredi più rara e “preziosa”». Di conse-guenza, i servizi idrici, come del restotutti i servizi pubblici d’interesse gene-rale e vitale, sono stati ridotti a “servizidi rilevanza economica” (dove l’agget-tivo “economico” è stato utilizzato, edimposto, unicamente nei sensi del-l’economia capitalista di mercato. Unvero furto ideologico). La finanziarizzazione dell’acqua è av-venuta direttamente, tramite investi-menti nell’acquisto della proprietà delcapitale delle imprese idriche “aperteal mercato”. L’esempio della ThamesWater - la più grande impresa idricadel Regno Unito (n° 3 mondiale, do-po le francesi Veolia e Suez) - acqui-stata al gigante energetico tedesco Rweda parte della banca australiana Mac-quarie,è un caso da manuale. La Rweaveva “comprato” Thames Water nel2000 per 7.1 miliardi di euro nel perse-

velli di profitto del Gruppo interve-nendo in un settore molto redditizio.E che dire della quasi totale appropria-zione e mercificazione del mondo del-le acque minerali e di sorgente da par-te del capitale privato (potenti hol-dings finanziari a capo di grandi im-prese industriali e commerciali mon-diali come Nestlé, Danone, Coca-co-la...)? Si pensi alla San Pellegrino, di-ventata un marchio di bandiera dellamultinazionale svizzera Nestlé. In re-altà, la svendita delle acque minerali alcapitale privato mondiale costituisceuna dimostrazione clamorosa dell’ab-dicazione dei poteri pubblici nei con-fronti delle loro responsabilità sui be-ni comuni naturali. La finanziarizzazione dell’acqua è av-venuta anche, e sempre di più, indiret-tamente, tramite l’uso di strumenti e di metodi di ge-stione ispirati da logiche puramente fi-nanziarie. Mi riferisco, anzitutto, aifondi d’investimento internazionalispecializzati nel finanziamento delleimprese operanti nel settore idrico.Da quando nel 2000, la banca privatasvizzera Pictet lanciò, con risultati no-tevoli sul piano del rendimento nelcorso dei dieci anni di esistenza, il pri-mo fondo d’investimento internazio-nale dedicato all’acqua con sede inLussemburgo, non si contano più ifondi “ fratelli”, “figli” e “nipoti”. Fra iprincipali, oltre il Pictet Water Fund

cucina della propria casa, riempie unbicchiere d’acqua e lo beve. Poiché sappiamo che Coop è il gigantedella grande distribuzione nel nostroPaese, e che supermercati e ipermercatismerciano il 70% degli oltre 11miliardi di litri d’acqua mineralevenduti in un anno in Italia, siamoconsapevoli che quest’iniziativa potràintaccare anche i volumi di vendita e diconsumo. In termini numerici lo sapremo solonel 2012 (la campagna è stata lanciata aottobre 2010, e i suoi effetti sivedranno senz’altro sui “conti” 2011dell’industria delle acque minerali), mala sensazione è senz’altro questa.Mineracqua, la federazione cheriunisce le aziende che imbottiglianoacqua minerale, ha reagito in modoscomposto. Per la prima volta harealizzato e diffuso a mezzo stampauna “pubblicità istituzionale” (“Acquaminerale. Molto più che potabile” ilclaim scelto), ma lo spot ha avuto vita

breve: è stato infatti bocciato dal Giurìdi autodisciplina pubblicitaria, conuna sentenza che l’ha considerato una«comunicazione tendenziosa che gettaombre di potenziale insicurezza, ocomunque discredito, sull’acquaerogata dagli acquedotti». Il Giurì, inparticolare, se l’è presa per la frase “daun’informazione trasparente nasconoscelte libere” e perché Mineracqua hascritto che «l’acqua di rubinetto puòessere erogata anche se non rispetta iparametri di legge, perché beneficia diun sistema di deroghe», senzaspecificare quali. Ma torniamo ai

Due sono le cose piùtemute dalle classial potere: il fatto chei cittadini pensinoin maniera liberae diversa da loro;il fatto che abbianodei sogni e che sianodisposti a battersiper realizzarli.I referendumrappresentanouna probabilitàelevata che ciò chepreoccupa il mondodel business diventiuna realtà

una campagna promossa dal colossodella grande distribuzione Coop neisuoi punti vendita per invitare soci eclienti a riflettere prima di acquistareuna fardello di sei bottiglie di acquaminerale. “Hai mai pensato a quanta strada devefare l’acqua prima di arrivare nel tuobicchiere?” chiede Coop dalle paginedei giornali. La rivoluzione vera e propria, però, èlo spot diffuso in televisione. Una“pubblicità progresso”, in cui si vede -ed è la prima volta - una donna(famosa) che apre un rubinetto, nella

Luca Martinelli*

Qualcosa è cambiato, negli ultimianni, nel rapporto tra gli italiani el’acqua minerale. Ce lo mostra il datodei consumi pro-capite, che nel 2009ha conosciuto una piccola flessione(192 litri a testa all’anno, contro i 194del 2008, con un ulteriore - 2% neiprimi 6 mesi del 2010), ma ce lodimostra soprattutto un mutamentoculturale nell’approccio tra i cittadini eogni bicchiere d’acqua. Sono passati quattro anni dal lanciodella campagna “Imbrocchiamola!”,una campagna fondata sul dirittoall’informazione che invita i cittadini aconsumare acqua di rubinetto anchenei locali pubblici, e ci rendiamoconto che con le nostre ragioniabbiamo forse saputo influenzare ilmercato.Pensiamo, in particolare, all’evento piùsignificativo occorso per il settorenell’ultimo anno: “Acqua di casa mia”,

Beviamo 192 litria testa all’annodi acqua in bottigliae la paghiamo carama l’acqua delsindaco è quasisempre la migliore

domenica 8 | maggio 2011 | II

ideologico e materialedella finanziarizzazioneIl grande furtoI

La merce finale.Come l’acqua diventò l’oro blu

che copre più di 50 imprese quotatein borsa, figurano il duplice GlobalWater Equities Portfolio l’uno per leimprese attive nel settore della distri-buzione dell’acqua e delle infrastrut-ture, l’altro nel settore del trattamen-to delle acque con più di 40 e 30 im-prese rispettivamente, l’Asn Milieu &Water Fund (una trentina di imprese),il Kbc Eco Water Fund (circa 20 im-prese), il PowerShares Global WaterPortfolio, il First Trust Ise Water In-dex Fund, il Spdr Ftse Macquerie Glo-bal Infrastructure, il Calvert GlobalWater Fund, l’Allianz Rcm GlobalWater Fund, il Pfw Water Fund, il Ki-netics Water Infrastructure Advanta-ged Fund.In concomitanza con tale esplosione,si sono moltiplicati anche gli indici

guimento della sua strategia mirante adiventare il n° 1 europeo delle multiu-tilities. Appena quattro anni dopo, idirigenti della Rwe cambiano di strate-gia e vendono Thames Water. Per ac-quistarla, la Macquarie ha sborsato 14miliardi di euro. La Macquarie non sièmai occupata di acqua nel passato. E’una banca specializzata in servizi fi-nanziari (in Italia opera nel campo deimutui per la casa) ed in investimentinelle infrastrutture (gli aeroporti diBruxelles e di Copenhaguen sono dei“Macquarie Airports”). Perché ha inve-stito cosi tanto nel settore dell’acqua ?Non certo perchè aveva un piano in-dustriale e socio-ambientale di ammo-dernamento della rete e del servizioidrico nell’interesse dei 13 milioni diabitanti della regione londinese e deglialtri 50 milioni di persone servite nelmondo dalla Thames Water. Per laMacquarie si è trattato di una strategiapuramente finanziaria: aumentare i li-

borsistici destinati a fornire agli ope-ratori finanziari ed industriali una va-lutazione permanente ed istantaneadell’evoluzione del valore dei titoli“acqua” sui mercati finanziari mon-diali. I più autorevoli sono il Bloom-berg World Water Index, il Msci Wa-ter Index, il Dow Jones Index, lo S&PGlobal Water Index, lo Ise Water In-dex ed il Palisades Water Index. Il cheha condotto in seno ai gruppi socialidominanti all’emergenza di una nuo-va cultura dell’acqua che ha fatto del-l’appetibilià finanziaria il criterio divalutazione discriminante per le scel-te pubbliche e private nel settore del-l’acqua. Un’appetibilità articolata sutre pietanze principali da cui, secondoi dominanti, dipenderà il presente ed

La pubblicità droga il mercato. Una campagna per “imbroccarla” giusta

Minerale non vuol direné potabile né chiara

ziamento del servizio idrico chepoggia, oltre che sulla rimodula-zione tariffaria, soprattutto sullafinanza pubblica e sulla fiscalitàgenerale. Su entrambi questi pun-ti l’elaborazione del Forum deiMovimenti per l’Acqua è giuntaben al di là delle pure petizioni diprincipio. Sul tema del pubblico partecipatonon si tratta di costruire una mo-dellistica astratta ma si può ragio-nare su due piste di lavoro parten-do dall’assunto che il superamen-to delle Spa per costruire soggettigestori di diritto pubblico è condi-zione necessaria ma non sufficien-te nella nostra idea di ripubbliciz-zazione. La prima pista, mutuatadall’esperienza della ripubblicizza-zione del servizio idrico a Greno-ble, si potrebbe definire di demo-crazia partecipativa nella costru-zione delle decisioni fondamenta-li (tariffe, investimenti, bilanciecc.), nel senso che l’ente locale,almeno due volte l’anno, in sedepreventiva e consuntiva, si misuracon le istanze e le proposte prove-nienti dai movimenti e dalle orga-nizzazioni sociali, mentre la se-conda, che potremmo indicare co-me partecipazione gestionale, in-terviene nelle fasi di gestione econtrollo, prevedendo la rappre-sentanza dei cittadini organizzatinell’organismo di amministrazio-ne dell’Azienda pubblica che ge-stisce il servizio e quella dei lavo-ratori in un organismo di control-

Corrado Oddi*

Una delle caratteristiche delmovimento per l’acqua èquella di essersi semprepensato capace di pro-poste alternative. Sinda quello che possia-mo considerare l’attofondativo della nostradimensione nazionale,quando predisponem-mo nel 2006, con unadiscussione larga e ap-profondita, la propostadi legge di iniziativa popo-lare per la tutela dell’acquae la gestione pubblica del ser-vizio idrico, su cui raccogliem-mo nel 2007 più di 400mila firme.Proposta che giace alla Camerasenza che nessuno abbia dimostra-to la volontà neanche di iniziare ildibattito su di essa. Ciò non toglieche già lì si trovano i principi ispi-ratori che hanno accompagnatol’elaborazione di questi anni finoalla scadenza referendaria che af-frontiamo oggi. In particolare,non è difficile ritrovarvi i due pun-ti di fondo che prefigurano la no-stra idea di gestione pubblica delservizio idrico. Se la privatizzazio-ne è proceduta su due pilastri- lagestione tramite le Spa, soggetti didiritto privato, e il finanziamentodel sistema caricando tutti i costi eil profitto sulla tariffa, il full costrecovery - il processo inverso di ri-pubblicizzazione si basa invece suapprocci opposti: l’idea della ge-stione pubblica partecipata e una

modalità del finan-

lo, che si potrebbe denominareConsiglio di sorveglianza. Questeidee sono semplici terreni di lavo-ro e su di esse sarebbe utile appro-fondire la discussione, anche per-ché questo blocco di questioni di-venterà assolutamente strategicoall’indomani della più che possibi-le vittoria referendaria.Il nodo della costruzione di unmeccanismo alternativo di finan-ziamento del servizio idrico nasce

dalla constatazione che quelloattuale - basato unicamente

sulla tariffa che sostienetutti i costi ( più i pro-

fitti) del sistema -non solo è funzio-nale ai processi diprivatizzazione,ma ha ampia-mente dimo-strato il propriofallimento. In-fatti, è da lì cheprovengono la

sistematica situa-zione di sottoin-

vestimento, vistoche sono i soggetti

gestori di natura priva-tistica ad avere il potere

sostanziale di effettuarli omeno, il forte incremento tariffa-rio che procede ormai da molti an-ni a questa parte, l’incentivo ad ac-crescere i consumi. Un’imposta-zione alternativa non può, invece,che muovere dal ridare centralitàalla finanza pubblica e alla fiscali-tà generale per finanziare gli inve-stimenti, mentre alla tariffa vienelasciato il compito di coprire i co-sti di gestione del servizio. Ora, adifferenza di quanto strumental-mente agitano i nostri detrattori,quest’intervento non comporta diper sé l’incremento della tassazio-ne, né l’aumento del deficit e deldebito pubblico: si tratta di pensa-re, ad esempio, di tagliare voci dispesa inutili o sbagliate e dirottarequeste risorse verso l’investimentostrategico nel settore idrico. Perproseguire nell’ esemplificazione,il taglio dei 13 miliardi, già stan-ziati, per l’acquisto dei cacciabom-bardieri F35 (un miliardo l’annoper ciascuno dei prossimi 13 anni)sarebbe in grado, da solo, di recu-perare un terzo delle risorse neces-sarie per gli investimenti per iprossimi 20 anni, stimati comples-sivamente in 40 miliardi. Maggio-ri dettagli saranno forniti nel con-vegno nazionale del prossimo 17maggio.*Fp Cgil- Forum Italiano Moviment

i per l’Acqua

numeri, perché la strada da fare èancora molta. L’Italia è sempre laregina europea delle acque in bottiglia:beviamo, abbiamo scritto, 192 litri atesta all’anno, ossia otto volte la mediamondiale e quasi dieci volte ilconsumo dei cittadini olandesi. Gli italiani spendono ogni annoalmeno 3,2 miliardi di euro percomprare acqua minerale: sono troppiin un Paese le cui città sono servite daacquedotti che distribuiscono quasiovunque acqua potabile. Se gli italiani dimostrano di apprezzarel’acqua in bottiglia più di quella di reteun motivo c’è. È evidente a chiunqueguardi la televisione o legga quotidianie periodici, e si chiama pubblicità: leaziende che imbottigliano acquaminerale fanno investimentiimportanti per mantenere in pareggio ibilanci di televisioni, carta stampata eradio, e sono tra i principali attori diun mercato che -secondo l’Autorità perla garanzia nelle comunicazioni,Agcom - “garantisce” quasi il 50% delfatturato dei gruppi editoriali italiani.Inoltre, testimonial e i claimpubblicitari sono scelti per catturarel’attenzione dei consumatori. L’informazione di massa è asservitaalla logica del mercato. Gli esempisono molti, ne citiamo uno. Martedì 8febbraio 2011 all’interno dell’inserto“RSalute” del quotidiano la Repubblicacompare uno “speciale salute e

benessere” dedicato alla primainfanzia. C’è un “articolo” nonfirmato (“L’acqua giusta dai primimesi in poi”), accompagnato da unbox dedicato all’acqua Lauretana,definita «un vero dono della natura,un’acqua che è il nome stesso dellaleggerezza», e consigliata «a tutticoloro che si vogliono bene, masoprattutto ai bambini, di ogni età».Accanto, fa bella mostra unapubblicità di Lauretana (claim:“L’acqua più leggera d’Europa”). Sepensate che tutto l’inserto sembraproprio uno spot, avete ragione.Difatti lo “speciale” è a cura di A.Manzoni & C., che è proprio l’agenziache vende gli spazi pubblicitari per laRepubblica. Non è scritto da nessunaparte, però. A questa “strategia di dis-informazione” cerchiamo di ovviarecon il libro “Imbrocchiamola!”, piccolaguida al consumo critico dell’acqua.Un testo che nasce proprio perraccontare ciò che i media di massamancano di descrivere. A cominciare da quelli che possiamodefinire “i paradossi dell’acquaminerale”. Il primo: l’acqua mineralenon è acqua potabile; risponde, cioè, auna legislazione diversa dal decretolegislativo numero 31 del 2001, quelloche descrivere le caratteristiche chedeve avere l’acqua che esce dai nostriacquedotti. Il secondo: molte delle

aziende che imbottigliano acquaminerale non la pagano, perché 7Regioni su 20 non prevedono uncanone di concessione per losfruttamento di sorgenti e falde(misurato sull’acqua imbottigliata oemunta). E anche laddove esistono o sono bassio non vengono corrisposti. Unesempio più unico che raro nel mondoindustriale, che permette a questiilluminati imprenditori di tenere inpiedi un’attività che garantisce ampimargini di profitto senza riconoscereun prezzo per l’unica materia primafondamentale di tutto il processo diproduzione. Ai mercanti d’acqua èriuscito anche questo.

Liscia o gassata?Meglio pubblicae partecipata

Il superamentodelle società perazioni è condizionenecessaria manon sufficiente.Le azienderipubblicizzatedevono coinvolgerei cittadini nellescelte strategiche etrovare meccanismialternativi difinanziamento. Ladiscussione è aperta

Le vignette sono di Lele&Fante e

Gianni Allegra che firma anche

l’illustrazione centralewww.liberazione.it

Questo speciale nasce da Liberazione e dalla rivista satirica Mamma! (www.mamma.am),«Mamma! E’ una invocazionedi aiuto, un sospiro di sollievo,un meravigliato stupore, unadelle ultime parole che nonsono state colonizzate, stuprate,marchiate a fuoco e vendute atranci... Ci piacerebbe cambiareil mondo, consapevoli che DonChisciotte non ha combinatopoi molto, ma strada facendo sie’ divertito un casino». Graficadi Paolo Carotenutoe Tecla De Santis. Testata diprima di Benedetta Greco

Talete è così bellograzie a Mamma!Per far vincere i Sì

Che fare dopo averlo strappato ai privatiLe proposte dei movimentiServizio idricoI

domenica 8 | maggio 2011 | III

il futuro dell’“industria idrica” dei va-ri paesi: l’affidabilità economico-fi-nanziaria delle imprese; la garanziadel corretto funzionamento del mer-cato e della concorrenza, ivi compre-sa la garanzia della proprietà del capi-tale; la redditività. L’appetibilità deci-derebbe della capacità del servizioidrico di una città, di una regione, diuna paese di attirare gli investimenti.Da qui , la necessità, si afferma, di ar-ticolare una tariffa economicamentecorretta capace di essere appetibile peril capitale privato. Niente appetibilità,niente capitali !La sola, grande preoccupazione deidominanti è rappresentata dal rischioche “la politica”, il mondo dei cittadi-ni, metta un giorno degli ostacoli al-l’avvenuta trasformazione dell’acquain un “bene” fonte di grandi profitti

per il capitale privato rifiutando di ac-cettare gli aumenti del prezzo dell’ac-qua necessari per fare ( e mantenere)dell’acqua un settore economico adelevato tasso di ritorno sugli investi-menti. Ecco perché, in Italia, i domi-nanti hanno paura degli «acquaioli» edei referendum. Due sono le cosemaggiormente temute dalle classi alpotere: il fatto che i cittadini pensinoin maniera libera e diversa da loro; ilfatto che abbiano dei sogni e che, per-tanto, siano disposti a battersi per rea-lizzarli. Ebbene, i referendum rappre-sentano una probabilità elevata che ilrischio che preoccupa maggiormenteil mondo del business e della finanzadiventi una realtà.

*autore di “Il bene comune” (1996), “Ilmanifesto dell’acqua” (1997), “Il capitali

smo blu” (2011)

talete

Page 4: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Alessandro Zardetto*

Far saltare i referendum è assoda-to che sia uno degli obiettivi delGoverno. Sul tema idrico, però,l’interesse di evitare la consulta-zione popolare è bipartisan.L’esempio è Arezzo: città ammini-strata negli anni in prevalenza dalcentro-sinistra, la prima ad averprivatizzato l’acqua. Una vicendaavvenuta nel 1999 quando l’ex mi-nistro Ronchi, firmatario dell’ulti-ma legge di svendita del servizioidrico, non era neanche deputato.Il colosso sceso in campo nel ca-poluogo toscano si chiama NuoveAcque: una società mista con unapartecipazione privata del 46%,che fa capo alla multinazionalefrancese Suez. Il contratto stipula-to gli permette di incassare ben 42milioni di euro all’anno per 25 an-ni. Dopo oltre un decennio di spe-rimentazione i risultati parlanochiaro. Racconta Stefano Mencuc-ci, del Comitato Acqua Pubblicadi Arezzo: «con l’ingresso del pri-vato la media degli aumenti inbolletta è stata del 40%. Ci sonocasi che hanno registrato impen-nate perfino del 400%». Nella Val-tiberina, a San Sepolcro in parti-colare, i cittadini per un periodohanno smesso persino di pagare lebollette. «Una protesta forte a cuiil gestore rispondeva minacciandola chiusura dei rubinetti» continuaMencucci. «Nonostante la situa-zione si sia lentamente sedata, inquei paesi, alcuni dei quali ammi-nistrati dal centro-destra, l’ostilitàverso Suez rimane alta, anche per-ché ogni anno le bollette conti-

nuano ad aumentare in media del7% e questo trend non cesserà al-meno fino al 2016». Questo per-ché il contratto iniziale con laSuez è stato letteralmente stravol-to, a condizioni peggiorative per ilpubblico. Gli investimenti sonostati rivisti a ribasso e il costo del-l’Ato, di circa 700mila euro all’an-no, che dovrebbe essere a caricodella società privata,viene messo inconto ai Comu-ni. «Se il servizioproposto fosseveramente di qua-lità, mi spieghiperché nella solaArezzo abbiamoraccolto 21mila fir-me per il referen-dum per l’acquapubblica?», doman-da ironico Mencuc-ci. «In città siamoarrivati fino a millefirme per volta sen-za sollecitare nessu-no né, tanto meno,facendo pubblicità ocampagna di promo-zione» conclude.Un giudizio sorpren-dente sulla gestione di Nuove Ac-que è poi quello dell’ingegnerCarlo Schiatti, ex presidente del-l’Ato 4 Alto Valdarno, che ha se-guito in prima persona l’innestodei privati. Ancora nel 2003, nellasua relazione di fine mandato,scrive: «ho avuto l’amara constata-zione che la parte pubblica non èin grado, o non lo è stata nel no-stro territorio, di esercitare il suo

ruolo di maggioranza all’internodi una società per azioni dove laconsistente minoranza è costituitada un socio importante, potente eben organizzato». Inoltre, «le de-terminazioni del Cda di NuoveAcque sono state costantementeaderenti alle proposte dell’Ammi-nistratore Delegato, espressione

del socio privato,senza rilievi signi-ficativi da partedegli ammini-stratori nominatiin rappresentan-za della partepubblica, perve-nendo in piùoccasioni a for-me di vera epropria con-trapposizionealle decisionidell’Assembleadell’Aato».Veniamo agliinvestimentifatti da Nuo-ve Acque. Sene prevede-vano per più

di 182 milionidi euro in un arco di tempo che vadal 2002 al 2023. La revisionetriennale del 16 dicembre 2003 haapportato una riduzione rispetto aquesto ammontare, scendendo fi-no a circa 156 milioni da effettua-re nello stesso lasso di tempo. Unanuova revisione triennale, del 27aprile 2006, ha comportato poiun’ulteriore decurtazione. Inoltre,per comprendere se il livello degliinvestimenti attuati possa ritener-

si soddisfacente, bisogna confron-tare l’importo di investimenti pro-capite per anno con i valori deglianni precedenti alla privatizzazio-ne e con quelli rilevati in altri Atodel Paese. L’importo pro-capite an-nuo dell’Alto Valdarno è di circa25 euro. La media nazionale d’in-vestimenti nel settore idrico dal1985 al 1998 è stata pari a 31 europro-capite l’anno. Tenuto contodel tasso di inflazione effettivo dal1985 ad oggi e di quello previstofino al 2023, risulta che l’ammon-tare degli investimenti dell’Ato 4sarebbe pari in termini reali a unvalore inferiore alla metà della me-dia italiana registrata nel periododi tempo precedente la privatizza-zione del 1999. Ad Arezzo, dun-que, dal momento in cui l’acqua èin mano ai privati si investe menodella metà di quando era pubbli-ca. I dati preoccupanti vengonoconfermati anche dalla relazioneannuale sullo stato dei servizi idri-ci del 2009 presentata al Parlamen-to il 22 luglio scorso dalla Com-missione nazionale di vigilanzasulle risorse idriche (Conviri). Inumeri parlano chiaro: secondo lacommissione, la media nazionaledegli investimenti pro-capite è di35,80 euro l’anno al lordo deicontributi a fondo perduto e di30,66 euro, sempre pro-capite,quella annua al netto dei contri-buiti a fondo perduto. In altre pa-role, la Nuove Acque investe me-no della media nazionale. A tuttoquesto va poi aggiunto che moltedelle opere realizzate dalla societàvengono commissionate alla De-gremont, impresa leader nel tratta-mento delle acque e nella costru-zione di impianti, guarda caso inpartnership con la stessa Suez. Perconcludere: la Nuove Acque è for-temente indebitata. Ha contratto55 milioni di euro di debito con lebanche. A questo punto è lecitochiedersi come possa saldarlo coni 35 milioni che prende ogni annodalle bollette. Come, se non al-zando ancora di più le tariffe? *autore di “H2Oro. Le mani di poch

i sul bene di tutti”, Castelvecchi

Solo dei forti movimenti sociali possono invertire la rapina di beni comuni

Dalla Bolivia a Berlino, da Parigi al Ghanadal Gran Sasso ad Aprilia e fino alla Puglia

l’importanza strategica dell’acqua,aumenta la connessione tramultinazionali del settore, quelledell’energia, della produzioneagricola e biotecnologica e delmilitare. Ed aumenta la capacità dicontrollo su Paesi e Governitravolgendo i rapporti di forzamondiali molto più velocemente diquello che si pensi. In conclusione secon gestioni di carattere pubblico èancora possibile cambiare,perlomeno ad ogni consultazioneelettorale o con forti lotte sociali, onla gestione privatistica, no! Una volta avviata la privatizzazione,il lungo tempo di concessione dellagestione, la struttura del comando diimpresa, il predominio sul controllodella tecnologia per l’acqua,impongono a chi vuoleripubblicizzare tempi lunghissimi epercorsi difficili. Ne sa qualcosa ilComune di Parigi che per avviare ilpassaggio al pubblico ( reso possibileperché era scaduto il contratto diconcessione ) ha dovuto investirel’impegno professionale di tantepersone, ingenti risorse e tre anni ditempo. Fortunatamente, parallelamente aquesto processo di spoliazioneeconomica e di democrazia ècresciuta in tutto il pianeta una forteopposizione sociale che oggirappresenta una vera alternativa

globale. E’ in America Latina che lelotte e le guerre per l’acqua hannoiniziato a mietere anche successiragguardevoli come l’espulsione dellemultinazionali dalla gestione idrica,come quello del cambiamento dellecostituzioni che impedisconoformalmente la privatizzazione delbene, come l’attivazione di ingentiinvestimenti finanziari, tecnologici eformativi attraverso partenariatipublico-pubblico e Sud-Sud tracomunità, poteri locali e territori didiverse aree e Stati del Continente.Le lotte si sono sedimentate anche inAsia ed in Europa dove ad unasempre maggiore consapevolezza deilimiti e della pericolosità del modellodi sviluppo liberista si sono aggiuntelotte popolari e di impegno socialenuovo che hanno dato vita acoordinamenti e reti organizzativeimportanti. Tra queste quelle italiane hanno fattoda apripista in Europa visto che nelvecchio continente la battagliarimaneva da tempo ancora limitata esenza coinvolgimento e impegnopopolare e di massa.Dal 2000 nel nostro Paese sono naterealtà territoriali di impegno socialeinedite. A partire dalle lotte in difesadell’acqua pubblica queste realtàhanno di fatto saldato le lottetipicamente ambientali a quellesocio-territoriali per il diritto ad

In modo palese o meno, le gestionipubbliche vengono sostituite daimprese multinazionali o fondibancari che hanno un potereeconomico-finanziario, unaincidenza politica e socio-culturalesul territorio ben più determinanti diquelle di un Sindaco o del governo diuna intera Regione. Aumenta lavalorizzazione capitalistico-finanziaria del bene acqua chenell’ottica delle multinazionali è unamerce in diminuzione e della qualenon possiamo fare a meno. Vista

Renato Do Nicola*

Che si tratti di America Latina o diEuropa, l’esclusione dalle decisionisulla gestione del bene acqua è statauna costante in questi anni e solo deiforti processi sociali di lotta hannoora frenato ora arrestato i processistessi, dalla Bolivia a Berlino, dallaFrancia al Ghana.Per questo quando le gestionidell’acqua si fanno privatistiche, oltreall’aumento vertiginoso dellebollette, ai mancati investimenti nellaristrutturazione delle reti idriche, allariduzione della manodopera ed alpeggioramento sul lungo tempo dellaqualità del sevizio, si verificano degliimportanti cambiamenti nel campodelle relazioni tra gestori ecittadinanza. Sinteticamente ecco i fenomeni piùrilevanti. La repentina diminuzionedella informazione e dellatrasparenza (a Berlino, per conoscerei finanziatori occulti dell’impresadell’acqua si è dovuti arrivare ad unreferendum, fortunatamente vinto,

nonostante l’opposizione di quasitutti i partiti). La scarsa capacità direggere, soprattutto da parte delleamministrazioni locali, a lunghi ecostosissimi contenziosi derivantidalla non applicazione sistematicadegli accordi di concessione o dalleconseguenze delle inutili e fumoseCarte dei Servizi che sono redattedalle imprese stesse. L’aumento dellacorruzione e il rafforzamento delpotere di scambio tra aziende e poterilocali sempre meno capaci dicontrattazione e di controllo,indeboliti anche dal continuo tagliodella spesa e della finanza pubblica.La scarsa possibilità di rescissione delcontratto di concessione prima dellascadenza anche di fronte adevidenti, continuativi e illegittimicomportamenti da parte delleaziende. Solo in rari casi, come aGrenoble, la corruzione è stata cosìevidente che l’unità tra società civileed opposizione politica locale, dopoun passaggio elettorale determinantec’è stata la possibilità diribaltamento.

L’illustrazione centrale è di

Benedetta Greco. La vignetta di

Gianni Allegra. La striscia di Darix

La finanziarizzazioneaumenta laconnessionetra multinazionalidell’acqua,dell’energia,dell’agricotura e delmilitare. Ed aumentala loro capacità dicontrollo sui governi

domenica 8 | maggio 2011 | IV

E da allora gli investimenti sono precipitatiLa prima privatizzazioneI

Tutto cominciò ad ArezzoE le bollette iniziaronoa volare, senza fermarsi

classiche della sinistra non trovavanopiù le connessioni e le strutture utilialla fase. Tante piccole e grandiesperienze significative hannocostruito un tessuto disperimentazione democratica:- opponendosi alla privatizzazionecon forme dirette ed efficaci didisobbedienza e di alternativa chedurano ancora oggi, come quelleutilizzate ad Aprilia; lottando evincendo la battaglia contro un

Terzo Traforo del Gran Sasso e controla vendita di un terzo della portata di3 fiumi abruzzesi all’AquedottoPugliese attraverso unamultinazionale anglo-statunitense;iniziando a proporre quegli sbocchilegislativi, regolamentari e didecisionalità dal basso, coinvolgendoanche i comuni che hanno frenato iprocessi di privatizzazione forzata,come in Sicilia o in Lombardia; lebattaglie per la ripubblicizzazione

dell’Acquedotto Pugliese, date perperse, sono risorte con unaricostruzione ed un notevoleradicamento territoriale, quelle per ladifesa delle acque pubbliche svendutealle imprese di imbottigliamentocome in Umbria, di quellereferendarie in Toscana contro laprivatizzazione promossa e gestitadirettamente dalla sinistra di governo.Così il Foro Italiano dei Movimentidell’acqua si è fatto movimentocostituente presentando inParlamento una Iniziativa di leggeaccompagnata da 400mila firme.Ora con l’adesione di 1 milione e400 mila cittadini ci apprestiamocon il referendum a dare unabattaglia che sta andando anche oltreil tema acqua o meglio cheradicalizza ancora di più il temadella acqua bene comune perché loscontro si stà posizionandodirettamente sul terreno dellademocrazia visto che questoGoverno sta tentando con tuttimezzi di non far votare i cittadiniperché sa che perderebbeclamorosamente e con percentualipesanti. E si rivela quanto mai attuale loslogan della raccolta firme per laLegge di Iniziativa Popolare: Si scriveacqua e si legge democrazia! *Abruzzo Social Forum-Foro Italiano

Movimenti per l’Acqua

www.liberazione.it

domenica 8 | maggio 2011 | V

Il caso NapoliUna vertenzada manuale

per riportare l’Arin nelle manidi cittadini e lavoratoriLa lunga battagliaI

Tommaso Sodano

Partiamo dal 2004 quando l’AmbitoTerritoriale Ottimale (ATO2), di cui faparte il Comune di Napoli, deliberòdi avviare la privatizzazione del servi-zio bandendo una gara per l’affida-mento della gestione dell’acqua aduna società mista che avrebbe porta-to, nel giro di qualche anno, alla pri-vatizzazione. Contro quella deliberasi sollevò una forte opposizione daparte dei Comitati per l’acqua pub-blica, che a Napoli sono semprestati molto attivi anche per lapresenza di Padre Alex Za-notelli, la sinistra radicale emolti intellettuali checombatterono insiemeuna dura battaglia con-clusasi con il blocco diquella operazione.Sulla spinta del Movi-mento, il Comune diNapoli approvò succes-sivamente (siamo nel2009) una serie di atti cheavevano l’obiettivo di evita-re l’ingresso dei privati nellagestione del servizio idrico eavviò l’applicazione del “control-lo analogo” sulla società di gestione,l’Arin, l’Azienda delle Risorse Idrichedi Napoli (che è utile ricordare è co-munque una spa con tutte le conse-guenze negative che ciò comporta).Lo scontro vero è avvenuto propriosulla trasformazione della Spa Arin inazienda di diritto pubblico per supe-rare la gestione di tipo “privatistico”del servizio. Indubbiamente, il percor-so fu reso più difficile dall’approvazio-ne del decreto Ronchi nel 2008, mac’è anche da dire che interessi trasver-sali hanno rallentato l’iter della tra-

sformazione della Spa. Intanto a livel-lo regionale si consumavano gli ulti-mi atti della Giunta Bassolino che,mentre da un lato approvava una leg-ge, rivelatasi poi molto debole, che di-chiarava l’acqua “bene privo di rile-vanza economica”, dall’altra bandivauna gara per affidare ai privati la ge-stione di due acquedotti che fornisco-

no quasi il 90%d e l -

l’acqua aicittadini campani. Una incoerenzache risponde agli esclusivi interessidelle lobbies.Nel corso del 2010 si è tentato, sul-l’onda della straordinaria mobilitazio-ne per la raccolta delle firme per il re-ferendum che ha visto Napoli e laCampania in prima fila con circa 100mila firme raccolte, di far assumeredalla Giunta e dal Consiglio Comu-nale gli atti indispensabili per la tra-

sformazione della Spa in AziendaSpeciale o, comunque, in un Ente didiritto pubblico, unico vero argine al-la privatizzazione.Questo avveniva sia nel ConsiglioComunale che in quello Provincia-le con l’approvazione di mozioniche stabilivano il principio dell’ac-qua quale bene privo di rilevanzaeconomica e l’istituzione di un ta-volo tecnico che mettesse a punto ipassaggi concreti da fare per la tra-sformazione dell’Arin.Il lavoro fatto dai componenti del ta-

volo ha prodotto una delibera diGiunta Comunale, per nientescontata qualche mese prima,salutata come una delle piùavanzate in Italia che recita “IlComune delibera … di affer-mare e rendere noto chel’Amministrazione Comu-nale considera l’acqua un be-ne comune e come tale di as-soluta proprietà pubblica, lacui gestione, proprio in consi-

derazione di tale natura, deverimanere permanentemente in

mano pubblica, attraverso l’im-piego di istituti giuridici totalmente

pubblici. …. Di attribuire ad un comi-tato di esperti … la individuazione …di modalità di gestione del ServizioIdrico Integrato, inteso come servizioprivo di rilevanza economica, me-diante istituti o strutture operative dicarattere pubblico e con esclusione diaffidamenti imprenditoriali..”.E’ arrivata, però, la sentenza dellaCorte Costituzionale n. 325 del 2010che ha “escluso che il Comune possadecidere sulla sussistenza della rile-vanza economica del servizio”. Que-sto, di fatto, ha sbarrato il percorso al-la trasformazione dell’Arin e ha rida-to forza a chi, invece, ha sempre lavo-rato per la privatizzazione. Al mo-mento l’unica strada è quella referen-daria e solo attraverso il raggiungi-mento del quorum e la vittoria dei Sìche si potrà riprendere il camminoper la effettiva pubblicizzazione delservizio idrico a Napoli.Negli anni scorsi, quando ancora erapossibile, solo il Prc-FdS ha spintocon lealtà su questo obiettivo e la in-dicazione di un rappresentante nelCda dell’Arin (che pure ci ha creatoqualche incomprensione con il Movi-mento), aveva avuto l’unico obiettivodi inserire un elemento di contraddi-zione nella SpA per superarla. E co-munque era un incarico a termine. Cidemmo sei/otto mesi di tempo perraggiungere l’obiettivo e ci impe-gnammo a trarre le conclusioni primadelle elezioni comunali a Napoli. Einfatti, prima della presentazione del-le liste, dopo una valutazione del per-corso fatto e la constatazione che nonc’erano più le condizioni per la tra-sformazione della SpA, abbiamo riti-rato il compagno De Falco dal CdAdell’Arin in coerenza con il mandato:un segno di una diversa etica pubbli-ca, un modo per dimostrare che si faquello che si promette!Il Sì ai referendum è uno dei punticentrali della coalizione alternativacostruita attorno alla candidatura aSindaco di Luigi De Magistris e variesponenti delle esperienze di lotta e dimovimento sono presenti nella listadella Federazione della Sinistra.

usufruire di servizi e dei beni comunicome l’acqua a costi non elevati. Edoperando per tutto questo, a voltesenza iniziale coscienza politica sulleconseguenze generali del proprioagire sociale, si è sedimentata ecostruita nel tempo una democraziacostituente e dal basso inedita. Percerti versi anche deflagrante dalpunto di vista sociale visto che, tral’altro, avveniva proprio nelmomento in cui le forme politiche

talete

Page 5: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Alessandro Zardetto*

Far saltare i referendum è assoda-to che sia uno degli obiettivi delGoverno. Sul tema idrico, però,l’interesse di evitare la consulta-zione popolare è bipartisan.L’esempio è Arezzo: città ammini-strata negli anni in prevalenza dalcentro-sinistra, la prima ad averprivatizzato l’acqua. Una vicendaavvenuta nel 1999 quando l’ex mi-nistro Ronchi, firmatario dell’ulti-ma legge di svendita del servizioidrico, non era neanche deputato.Il colosso sceso in campo nel ca-poluogo toscano si chiama NuoveAcque: una società mista con unapartecipazione privata del 46%,che fa capo alla multinazionalefrancese Suez. Il contratto stipula-to gli permette di incassare ben 42milioni di euro all’anno per 25 an-ni. Dopo oltre un decennio di spe-rimentazione i risultati parlanochiaro. Racconta Stefano Mencuc-ci, del Comitato Acqua Pubblicadi Arezzo: «con l’ingresso del pri-vato la media degli aumenti inbolletta è stata del 40%. Ci sonocasi che hanno registrato impen-nate perfino del 400%». Nella Val-tiberina, a San Sepolcro in parti-colare, i cittadini per un periodohanno smesso persino di pagare lebollette. «Una protesta forte a cuiil gestore rispondeva minacciandola chiusura dei rubinetti» continuaMencucci. «Nonostante la situa-zione si sia lentamente sedata, inquei paesi, alcuni dei quali ammi-nistrati dal centro-destra, l’ostilitàverso Suez rimane alta, anche per-ché ogni anno le bollette conti-

nuano ad aumentare in media del7% e questo trend non cesserà al-meno fino al 2016». Questo per-ché il contratto iniziale con laSuez è stato letteralmente stravol-to, a condizioni peggiorative per ilpubblico. Gli investimenti sonostati rivisti a ribasso e il costo del-l’Ato, di circa 700mila euro all’an-no, che dovrebbe essere a caricodella società privata,viene messo inconto ai Comu-ni. «Se il servizioproposto fosseveramente di qua-lità, mi spieghiperché nella solaArezzo abbiamoraccolto 21mila fir-me per il referen-dum per l’acquapubblica?», doman-da ironico Mencuc-ci. «In città siamoarrivati fino a millefirme per volta sen-za sollecitare nessu-no né, tanto meno,facendo pubblicità ocampagna di promo-zione» conclude.Un giudizio sorpren-dente sulla gestione di Nuove Ac-que è poi quello dell’ingegnerCarlo Schiatti, ex presidente del-l’Ato 4 Alto Valdarno, che ha se-guito in prima persona l’innestodei privati. Ancora nel 2003, nellasua relazione di fine mandato,scrive: «ho avuto l’amara constata-zione che la parte pubblica non èin grado, o non lo è stata nel no-stro territorio, di esercitare il suo

ruolo di maggioranza all’internodi una società per azioni dove laconsistente minoranza è costituitada un socio importante, potente eben organizzato». Inoltre, «le de-terminazioni del Cda di NuoveAcque sono state costantementeaderenti alle proposte dell’Ammi-nistratore Delegato, espressione

del socio privato,senza rilievi signi-ficativi da partedegli ammini-stratori nominatiin rappresentan-za della partepubblica, perve-nendo in piùoccasioni a for-me di vera epropria con-trapposizionealle decisionidell’Assembleadell’Aato».Veniamo agliinvestimentifatti da Nuo-ve Acque. Sene prevede-vano per più

di 182 milionidi euro in un arco di tempo che vadal 2002 al 2023. La revisionetriennale del 16 dicembre 2003 haapportato una riduzione rispetto aquesto ammontare, scendendo fi-no a circa 156 milioni da effettua-re nello stesso lasso di tempo. Unanuova revisione triennale, del 27aprile 2006, ha comportato poiun’ulteriore decurtazione. Inoltre,per comprendere se il livello degliinvestimenti attuati possa ritener-

si soddisfacente, bisogna confron-tare l’importo di investimenti pro-capite per anno con i valori deglianni precedenti alla privatizzazio-ne e con quelli rilevati in altri Atodel Paese. L’importo pro-capite an-nuo dell’Alto Valdarno è di circa25 euro. La media nazionale d’in-vestimenti nel settore idrico dal1985 al 1998 è stata pari a 31 europro-capite l’anno. Tenuto contodel tasso di inflazione effettivo dal1985 ad oggi e di quello previstofino al 2023, risulta che l’ammon-tare degli investimenti dell’Ato 4sarebbe pari in termini reali a unvalore inferiore alla metà della me-dia italiana registrata nel periododi tempo precedente la privatizza-zione del 1999. Ad Arezzo, dun-que, dal momento in cui l’acqua èin mano ai privati si investe menodella metà di quando era pubbli-ca. I dati preoccupanti vengonoconfermati anche dalla relazioneannuale sullo stato dei servizi idri-ci del 2009 presentata al Parlamen-to il 22 luglio scorso dalla Com-missione nazionale di vigilanzasulle risorse idriche (Conviri). Inumeri parlano chiaro: secondo lacommissione, la media nazionaledegli investimenti pro-capite è di35,80 euro l’anno al lordo deicontributi a fondo perduto e di30,66 euro, sempre pro-capite,quella annua al netto dei contri-buiti a fondo perduto. In altre pa-role, la Nuove Acque investe me-no della media nazionale. A tuttoquesto va poi aggiunto che moltedelle opere realizzate dalla societàvengono commissionate alla De-gremont, impresa leader nel tratta-mento delle acque e nella costru-zione di impianti, guarda caso inpartnership con la stessa Suez. Perconcludere: la Nuove Acque è for-temente indebitata. Ha contratto55 milioni di euro di debito con lebanche. A questo punto è lecitochiedersi come possa saldarlo coni 35 milioni che prende ogni annodalle bollette. Come, se non al-zando ancora di più le tariffe? *autore di “H2Oro. Le mani di poch

i sul bene di tutti”, Castelvecchi

Solo dei forti movimenti sociali possono invertire la rapina di beni comuni

Dalla Bolivia a Berlino, da Parigi al Ghanadal Gran Sasso ad Aprilia e fino alla Puglia

l’importanza strategica dell’acqua,aumenta la connessione tramultinazionali del settore, quelledell’energia, della produzioneagricola e biotecnologica e delmilitare. Ed aumenta la capacità dicontrollo su Paesi e Governitravolgendo i rapporti di forzamondiali molto più velocemente diquello che si pensi. In conclusione secon gestioni di carattere pubblico èancora possibile cambiare,perlomeno ad ogni consultazioneelettorale o con forti lotte sociali, onla gestione privatistica, no! Una volta avviata la privatizzazione,il lungo tempo di concessione dellagestione, la struttura del comando diimpresa, il predominio sul controllodella tecnologia per l’acqua,impongono a chi vuoleripubblicizzare tempi lunghissimi epercorsi difficili. Ne sa qualcosa ilComune di Parigi che per avviare ilpassaggio al pubblico ( reso possibileperché era scaduto il contratto diconcessione ) ha dovuto investirel’impegno professionale di tantepersone, ingenti risorse e tre anni ditempo. Fortunatamente, parallelamente aquesto processo di spoliazioneeconomica e di democrazia ècresciuta in tutto il pianeta una forteopposizione sociale che oggirappresenta una vera alternativa

globale. E’ in America Latina che lelotte e le guerre per l’acqua hannoiniziato a mietere anche successiragguardevoli come l’espulsione dellemultinazionali dalla gestione idrica,come quello del cambiamento dellecostituzioni che impedisconoformalmente la privatizzazione delbene, come l’attivazione di ingentiinvestimenti finanziari, tecnologici eformativi attraverso partenariatipublico-pubblico e Sud-Sud tracomunità, poteri locali e territori didiverse aree e Stati del Continente.Le lotte si sono sedimentate anche inAsia ed in Europa dove ad unasempre maggiore consapevolezza deilimiti e della pericolosità del modellodi sviluppo liberista si sono aggiuntelotte popolari e di impegno socialenuovo che hanno dato vita acoordinamenti e reti organizzativeimportanti. Tra queste quelle italiane hanno fattoda apripista in Europa visto che nelvecchio continente la battagliarimaneva da tempo ancora limitata esenza coinvolgimento e impegnopopolare e di massa.Dal 2000 nel nostro Paese sono naterealtà territoriali di impegno socialeinedite. A partire dalle lotte in difesadell’acqua pubblica queste realtàhanno di fatto saldato le lottetipicamente ambientali a quellesocio-territoriali per il diritto ad

In modo palese o meno, le gestionipubbliche vengono sostituite daimprese multinazionali o fondibancari che hanno un potereeconomico-finanziario, unaincidenza politica e socio-culturalesul territorio ben più determinanti diquelle di un Sindaco o del governo diuna intera Regione. Aumenta lavalorizzazione capitalistico-finanziaria del bene acqua chenell’ottica delle multinazionali è unamerce in diminuzione e della qualenon possiamo fare a meno. Vista

Renato Do Nicola*

Che si tratti di America Latina o diEuropa, l’esclusione dalle decisionisulla gestione del bene acqua è statauna costante in questi anni e solo deiforti processi sociali di lotta hannoora frenato ora arrestato i processistessi, dalla Bolivia a Berlino, dallaFrancia al Ghana.Per questo quando le gestionidell’acqua si fanno privatistiche, oltreall’aumento vertiginoso dellebollette, ai mancati investimenti nellaristrutturazione delle reti idriche, allariduzione della manodopera ed alpeggioramento sul lungo tempo dellaqualità del sevizio, si verificano degliimportanti cambiamenti nel campodelle relazioni tra gestori ecittadinanza. Sinteticamente ecco i fenomeni piùrilevanti. La repentina diminuzionedella informazione e dellatrasparenza (a Berlino, per conoscerei finanziatori occulti dell’impresadell’acqua si è dovuti arrivare ad unreferendum, fortunatamente vinto,

nonostante l’opposizione di quasitutti i partiti). La scarsa capacità direggere, soprattutto da parte delleamministrazioni locali, a lunghi ecostosissimi contenziosi derivantidalla non applicazione sistematicadegli accordi di concessione o dalleconseguenze delle inutili e fumoseCarte dei Servizi che sono redattedalle imprese stesse. L’aumento dellacorruzione e il rafforzamento delpotere di scambio tra aziende e poterilocali sempre meno capaci dicontrattazione e di controllo,indeboliti anche dal continuo tagliodella spesa e della finanza pubblica.La scarsa possibilità di rescissione delcontratto di concessione prima dellascadenza anche di fronte adevidenti, continuativi e illegittimicomportamenti da parte delleaziende. Solo in rari casi, come aGrenoble, la corruzione è stata cosìevidente che l’unità tra società civileed opposizione politica locale, dopoun passaggio elettorale determinantec’è stata la possibilità diribaltamento.

L’illustrazione centrale è di

Benedetta Greco. La vignetta di

Gianni Allegra. La striscia di Darix

La finanziarizzazioneaumenta laconnessionetra multinazionalidell’acqua,dell’energia,dell’agricotura e delmilitare. Ed aumentala loro capacità dicontrollo sui governi

domenica 8 | maggio 2011 | IV

E da allora gli investimenti sono precipitatiLa prima privatizzazioneI

Tutto cominciò ad ArezzoE le bollette iniziaronoa volare, senza fermarsi

classiche della sinistra non trovavanopiù le connessioni e le strutture utilialla fase. Tante piccole e grandiesperienze significative hannocostruito un tessuto disperimentazione democratica:- opponendosi alla privatizzazionecon forme dirette ed efficaci didisobbedienza e di alternativa chedurano ancora oggi, come quelleutilizzate ad Aprilia; lottando evincendo la battaglia contro un

Terzo Traforo del Gran Sasso e controla vendita di un terzo della portata di3 fiumi abruzzesi all’AquedottoPugliese attraverso unamultinazionale anglo-statunitense;iniziando a proporre quegli sbocchilegislativi, regolamentari e didecisionalità dal basso, coinvolgendoanche i comuni che hanno frenato iprocessi di privatizzazione forzata,come in Sicilia o in Lombardia; lebattaglie per la ripubblicizzazione

dell’Acquedotto Pugliese, date perperse, sono risorte con unaricostruzione ed un notevoleradicamento territoriale, quelle per ladifesa delle acque pubbliche svendutealle imprese di imbottigliamentocome in Umbria, di quellereferendarie in Toscana contro laprivatizzazione promossa e gestitadirettamente dalla sinistra di governo.Così il Foro Italiano dei Movimentidell’acqua si è fatto movimentocostituente presentando inParlamento una Iniziativa di leggeaccompagnata da 400mila firme.Ora con l’adesione di 1 milione e400 mila cittadini ci apprestiamocon il referendum a dare unabattaglia che sta andando anche oltreil tema acqua o meglio cheradicalizza ancora di più il temadella acqua bene comune perché loscontro si stà posizionandodirettamente sul terreno dellademocrazia visto che questoGoverno sta tentando con tuttimezzi di non far votare i cittadiniperché sa che perderebbeclamorosamente e con percentualipesanti. E si rivela quanto mai attuale loslogan della raccolta firme per laLegge di Iniziativa Popolare: Si scriveacqua e si legge democrazia! *Abruzzo Social Forum-Foro Italiano

Movimenti per l’Acqua

www.liberazione.it

domenica 8 | maggio 2011 | V

Il caso NapoliUna vertenzada manuale

per riportare l’Arin nelle manidi cittadini e lavoratoriLa lunga battagliaI

Tommaso Sodano

Partiamo dal 2004 quando l’AmbitoTerritoriale Ottimale (ATO2), di cui faparte il Comune di Napoli, deliberòdi avviare la privatizzazione del servi-zio bandendo una gara per l’affida-mento della gestione dell’acqua aduna società mista che avrebbe porta-to, nel giro di qualche anno, alla pri-vatizzazione. Contro quella deliberasi sollevò una forte opposizione daparte dei Comitati per l’acqua pub-blica, che a Napoli sono semprestati molto attivi anche per lapresenza di Padre Alex Za-notelli, la sinistra radicale emolti intellettuali checombatterono insiemeuna dura battaglia con-clusasi con il blocco diquella operazione.Sulla spinta del Movi-mento, il Comune diNapoli approvò succes-sivamente (siamo nel2009) una serie di atti cheavevano l’obiettivo di evita-re l’ingresso dei privati nellagestione del servizio idrico eavviò l’applicazione del “control-lo analogo” sulla società di gestione,l’Arin, l’Azienda delle Risorse Idrichedi Napoli (che è utile ricordare è co-munque una spa con tutte le conse-guenze negative che ciò comporta).Lo scontro vero è avvenuto propriosulla trasformazione della Spa Arin inazienda di diritto pubblico per supe-rare la gestione di tipo “privatistico”del servizio. Indubbiamente, il percor-so fu reso più difficile dall’approvazio-ne del decreto Ronchi nel 2008, mac’è anche da dire che interessi trasver-sali hanno rallentato l’iter della tra-

sformazione della Spa. Intanto a livel-lo regionale si consumavano gli ulti-mi atti della Giunta Bassolino che,mentre da un lato approvava una leg-ge, rivelatasi poi molto debole, che di-chiarava l’acqua “bene privo di rile-vanza economica”, dall’altra bandivauna gara per affidare ai privati la ge-stione di due acquedotti che fornisco-

no quasi il 90%d e l -

l’acqua aicittadini campani. Una incoerenzache risponde agli esclusivi interessidelle lobbies.Nel corso del 2010 si è tentato, sul-l’onda della straordinaria mobilitazio-ne per la raccolta delle firme per il re-ferendum che ha visto Napoli e laCampania in prima fila con circa 100mila firme raccolte, di far assumeredalla Giunta e dal Consiglio Comu-nale gli atti indispensabili per la tra-

sformazione della Spa in AziendaSpeciale o, comunque, in un Ente didiritto pubblico, unico vero argine al-la privatizzazione.Questo avveniva sia nel ConsiglioComunale che in quello Provincia-le con l’approvazione di mozioniche stabilivano il principio dell’ac-qua quale bene privo di rilevanzaeconomica e l’istituzione di un ta-volo tecnico che mettesse a punto ipassaggi concreti da fare per la tra-sformazione dell’Arin.Il lavoro fatto dai componenti del ta-

volo ha prodotto una delibera diGiunta Comunale, per nientescontata qualche mese prima,salutata come una delle piùavanzate in Italia che recita “IlComune delibera … di affer-mare e rendere noto chel’Amministrazione Comu-nale considera l’acqua un be-ne comune e come tale di as-soluta proprietà pubblica, lacui gestione, proprio in consi-

derazione di tale natura, deverimanere permanentemente in

mano pubblica, attraverso l’im-piego di istituti giuridici totalmente

pubblici. …. Di attribuire ad un comi-tato di esperti … la individuazione …di modalità di gestione del ServizioIdrico Integrato, inteso come servizioprivo di rilevanza economica, me-diante istituti o strutture operative dicarattere pubblico e con esclusione diaffidamenti imprenditoriali..”.E’ arrivata, però, la sentenza dellaCorte Costituzionale n. 325 del 2010che ha “escluso che il Comune possadecidere sulla sussistenza della rile-vanza economica del servizio”. Que-sto, di fatto, ha sbarrato il percorso al-la trasformazione dell’Arin e ha rida-to forza a chi, invece, ha sempre lavo-rato per la privatizzazione. Al mo-mento l’unica strada è quella referen-daria e solo attraverso il raggiungi-mento del quorum e la vittoria dei Sìche si potrà riprendere il camminoper la effettiva pubblicizzazione delservizio idrico a Napoli.Negli anni scorsi, quando ancora erapossibile, solo il Prc-FdS ha spintocon lealtà su questo obiettivo e la in-dicazione di un rappresentante nelCda dell’Arin (che pure ci ha creatoqualche incomprensione con il Movi-mento), aveva avuto l’unico obiettivodi inserire un elemento di contraddi-zione nella SpA per superarla. E co-munque era un incarico a termine. Cidemmo sei/otto mesi di tempo perraggiungere l’obiettivo e ci impe-gnammo a trarre le conclusioni primadelle elezioni comunali a Napoli. Einfatti, prima della presentazione del-le liste, dopo una valutazione del per-corso fatto e la constatazione che nonc’erano più le condizioni per la tra-sformazione della SpA, abbiamo riti-rato il compagno De Falco dal CdAdell’Arin in coerenza con il mandato:un segno di una diversa etica pubbli-ca, un modo per dimostrare che si faquello che si promette!Il Sì ai referendum è uno dei punticentrali della coalizione alternativacostruita attorno alla candidatura aSindaco di Luigi De Magistris e variesponenti delle esperienze di lotta e dimovimento sono presenti nella listadella Federazione della Sinistra.

usufruire di servizi e dei beni comunicome l’acqua a costi non elevati. Edoperando per tutto questo, a voltesenza iniziale coscienza politica sulleconseguenze generali del proprioagire sociale, si è sedimentata ecostruita nel tempo una democraziacostituente e dal basso inedita. Percerti versi anche deflagrante dalpunto di vista sociale visto che, tral’altro, avveniva proprio nelmomento in cui le forme politiche

talete

Page 6: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Marco Bersani*

I referendum dei prossimi 12 e 13 giu-gno assumono una rilevanza strategi-ca per la situazione politica e culturaledel nostro Paese.Con la vittoria del Sì al referendumcontro il nucleare si porranno le basinon solo per fermare il folle rilancio diuna produzio-ne energeticaobsoleta, dis-economica, di-spregiativa del-l ’ ambiente ,della vita e delfuturo, bensìper ridiscuterel’intera politicaenergetica ba-sata su un mo-dello «dissipa-tore, termico,centralizzato emilitarizzato» afavore di unnuovo modello «conservativo, rinno-vabile, territorializzato e democrati-co».Ma sarà soprattutto con la vittoria dei2 Sì ai referendum per la ripubbliciz-zazione dell’acqua che si sanzioneran-no per la prima volta dopo due decen-ni le politiche liberiste attraverso unvoto democratico e popolare.Nello specifico del tema, con i due re-ferendum sull’acqua si sancirà la fuo-riuscita dell’acqua dal mercato e lafuoriuscita dei profitti dalla gestionedel servizio idrico integrato, aprendola strada per la definitiva ripubblicizza-zione dello stesso e per la sua gestionepartecipativa, democratica e social-mente orientata.Una sorta di rivoluzione politica e cul-turale, che sancirà, ben oltre lo specifi-co dei temi oggetto della consultazio-ne, alcune importanti novità: la crisidell’ideologia privatistica che in questidecenni ha mercificato l’intera vitadelle persone, consegnando diritti, be-ni comuni e servizi pubblici ai grandicapitali finanziari; la restituzione allasovranità popolare del potere di deci-dere da parte di tutte e tutti su ciò cheda sempre ci appartiene, ponendo lebasi per una rifondazione della demo-crazia reale.Tale è la densità politica che sottende ireferendum del prossimo giugno chegoverno e poteri forti, sondaggi allamano, rivelano il sacro terrore del vo-to popolare e si affannano in tutti imodi –decisamente maldestri - per an-nullarlo e/o depotenziarlo.Perché ormai è chiaro a tutti che - inparticolare attraverso l’esperienza deimovimenti per l’acqua - con il voto digiugno si possa riaprire in questo Pae-se una nuova stagione politica, che in-terroga e pone in discussione un inte-ro modello economico, sociale e didemocrazia.Si tratta di contrapporre ad un’uscitadalla crisi voluta dai poteri forti econo-mici e politici, nazionali ed europei,che persegue la consegna dei diritti dellavoro e dei beni comuni sociali e na-turali ai capitali finanziari perché nepossano ricavare business garantiti e li-quidità monetaria a carico dei cittadi-ni, un’altra uscita dalla crisi che mettain discussione l’intero modello e che,

a partire dalla riappropriazione socialedei beni comuni, disegni un altro mo-do di produzione, un altro disegno disocietà, una nuova conformazionedella decisionalità politica democrati-ca.Se il movimento per l’acqua è stato ilprimo a costruire un luogo di ricom-posizione sociale che, sulla base delle

decine di vertenzeterritoriali, è riu-scito a costruireuna grande ver-tenza nazionale fi-no a irromperenell’agenda politi-ca del Paese, conla vittoria referen-daria diverse eanaloghe stradepossono riaprirsiper tutte le conflit-tualità ambientalie sociali tuttoraaperte. Non si tratta solo

di costruire solidarietà e riconoscimen-

to fra le diverse esperienze di lotta,quanto di risalire, attraverso la filiera diciascuna di esse, ai nessi che le acco-munano: in questa direzione, l’apertu-ra di un processo “costituente” tra tut-ti i movimenti per i beni comuni po-trebbe rappresentare un primo sostan-ziale passo da proporre nel prossimoautunno.Ma l’originalità del movimento perl’acqua va ben oltre ed interroga diret-tamente le forme della politica e dellademocrazia in questo Paese: se talemovimento è riuscito in quasi diecianni a costruire una reticolaritàterritoriale senza prece-denti, a produrre unprocesso di inclu-sione che ne hagarantito lac o n t i n u aespansione,a costruireuna verten-za nazionaleche non haavuto biso-gno di alcunarappresentanzadelegata, né di alcu-na leadership carismati-ca, è forse perché, oltre allachiarezza degli obiettivi perseguiti, èriuscito a produrre una feconda – an-corchè perfettibile - esperienza di par-tecipazione democratica reale, dentrola quale il ruolo tradizionale e nove-centesco della relazione tra associazio-ni-comitati-sindacati- forze politiche è

stato ribaltato, consentendo l’aperturadi luoghi plurali dentro i quali il meto-do del consenso e la partecipazione di-retta delle persone sono stati conside-rato elementi costituenti di una nuovasoggettività sociale e politica.Niente potrà essere più come primaanche da questo punto di vista: perchéla vittoria referendaria porrà le basi perl’approfondimento della crisi della de-mocrazia formale, basata su una falsarappresentanza democratica e in real-tà sottoposta all’asservimento agli in-teressi particolaristici di clan politico-

economici spesso trasversali, el’apertura di fronti plurali di

rivendicazione di unanuova democrazia

diretta a tutti i li-velli, territorialee nazionale.In questo sen-so, i referen-dum di giu-gno sono laprima decisiva

tappa di unprocesso ancora

tutto da costruire,per dare intensità alla

ribellione sociale controun modello insostenibile, per

dare un presente condiviso contro lasolitudine competitiva, per disegnareun futuro comune contro l’a-temporalità dispregiativa degli indi-ci di Borsa.

*Attac Italia – Forum italianodei movimenti per l’acqua

bollette oppure dell’aumento deiconsumi e degli sprechi o, se sipreferisce, dei tagli sui costi ed idiritti dei lavoratori del servizio! Un bene - che forse più di ognialtro per la sua natura, per la suaindispensabilità alla vita, per lepessime sorti che subisce a causadei disastri di un modello disviluppo disumano, richiama lanecessità di ripensare il come stareinsieme sulla terra, il comerigenerare la democrazia, lapartecipazione, la condivisione - eche invece verrebbe ridotto ad unaqualsiasi merce in mano a societàdi capitali come avviene oramai datempo per la stessa vita umana.E quante ipocrisie e bugie simettono in campo per tentarequesto ulteriore scempio! Che, ad esempio, l’acquaresterebbe pubblica mentre adessere privatizzato sarebbe solo “ilservizio” (..oltre naturalmente allechiavi del nostro acquedotto!).Che resterebbe sempre il pubblicoa controllare la qualità e laregolarità della gestione delprivato …dopo aver mandato acasa tecnici e ingegneri dellenostre ex municipalizzate,smontando la catena delleconoscenze di cui essicostituiscono gli anelli attuali.Che è l’Europa ad imporci diprivatizzare …mentre, oltre allesentenze della CorteCostituzionale, il ritorno di Parigialla gestione pubblica dopo 5lustri di privatizzazione, connotevoli risparmi e investimenti,ce la dice lunga sugli obblighi ed

L’esperienzadei movimentiper l’acqua indicache si può riaprirenel Paese una nuovastagione politica.La sua originalità vaben oltre e interrogadirettamente leforme della politica.Niente potrà esserepiù come prima

Massimo Rossi*

Oltre che un argine estremo controla privatizzazione dell’acqua, ilreferendum del 12 e 13 giugnorappresenta uno dei pochi ostacoliper fermare o almeno deviare ilcorso della travolgente e fangosapiena che sta devastando lademocrazia del nostro Paese. Undevastazione che dopo averprivato i cittadini della possibilitàdi eleggere in Parlamento qualsiasivoce stonata rispetto ad un coro dicomponenti “designati” permodulare variamente le intangibilileggi del mercato, ora si accinge atogliere di mezzo anche l’IstitutoCostituzionale della democraziadiretta. E’ per questo che a PalazzoChigi, e non solo, sonoinstancabilmente all’opera inqueste ore per rimuoverlo ofrantumarlo in tutti i modi.Nella sciagurata ipotesi di un suoinsuccesso, gli agguerriti gruppifinanziari ed industriali del settoresi accaparrerebbero in un solboccone sia le nostre bollettepronte ad essere gonfiate adismisura, sia la grande torta di 64miliardi di investimenti previstinei prossimi anni sulle reti idrichee di depurazione. Altro che virtuose leggi delmercato! Le gare che la Ronchivuole imporre in modogeneralizzato a partire dalla finedi quest’anno, oltre ad esseretruccate da spudorati accordi dicartello, come dimostranopersino le sanzioni dell’Antitrust,trasformerebbero il servizio idrico

in un variopinto monopolio inmano a colossali impresemultinazionali in grado diprodurre profitti certi e duraturi alriparo da qualsiasi concorrenza.Lauti profitti per arricchire i giàpiù ricchi del pianeta ma anche,paradossalmente, per dareossigeno attraverso la CassaDepositi e Prestiti alle finanzepubbliche devastate da colossalisprechi in armamenti einfrastrutture inutili. Quella Cassache invece di assicurare fondipubblici al settore, partecipa afondi di investimento più o menoocculti al solo scopo di cercarelucro! Profitti volti, addirittura, arimpinguare risparmi di famiglie epensionati, indotti da colossi,come l’emiliana e “progressista”Hera, a consegnarli ad essa tramitela borsa, per farli lievitarenell’incremento del propriofatturato. Peccato per loro e pertutti noi che tale rendita sarà laconseguenza del gonfiarsi delle

Il disegno al centro è di

Gianni Allegra. La vignetta

di Giulio Laurenzi

Il fronte che haraccolto le firme è lostesso che scende inpiazza per difenderei diritti del lavoro,la conoscenza el’ambiente perchésono beni comuni.E vuole ripensareil modo di staresulla terra

domenica 8 | maggio 2011 | VI

parlerà a tutte le conflittualitàambientali e sociali tuttora aperteLa vittoria referendariaI

L’acqua pubblicaè l’antidotoal populismo

La posta in gioco il 12 giugno è molto più alta delle nostre bollette

Riprendiamoci l’acqua e con essa anche il futuro!

anche sulla convenienza delmercato. Tra i pochi a non peccare di questastraripante ipocrisia, gliene va datoatto, c’è l’inossidabile “socialliberista” Franco Bassanini, chedalle colonne del Corriere della serafa appello per il no al referendum «atutte le persone responsabili», ed inparticolare al suo segretario di partitoPierluigi Bersani, che lui stessodefinisce «uomo delle liberalizzazioni,perché le ha fatte davvero e più dichiunque altro in Italia», «…ad essereun partito di governo cercando diconvincere gli iscritti sulla necessità divotare no al referendum» noninseguendo anacronistici detrattori delcapitalismo e del mercato, infiltratinelle sue stesse fila! E ricordandogiustamente che «il testo di legge controcui l’ opposizione si sta mobilitando èsostanzialmente lo stesso presentato nel2000 da Napolitano-Vigneri,approvato dal Senato conmaggioranza bipartisan. Che nondivenne legge solo per la fine dellalegislatura».Ma nonostante questi accorati appellie le più temibili e subdole azioni diGoverno ed industriali, stavolta nonla faranno franca. Vinceremo noiperché quel fronte, quella vivacemoltitudine insorgente e propositivache si snoda lungo i nostri territori,nonostante l’ombra del sistema delladisinformazione, non mancheràall’appuntamento.Quel fronte che, ad esempio, nelribellarsi alla cancellazione dei dirittidel lavoro prospetta un altro ruolopubblico capace di indicare cosa, comee per chi produrre; che nel difendere ipropri territori dall’aggressione di chidevasta a fine di lucro i nostripanorami prospetta nuove economie,magari in alleanza con quanti,facendo agricoltura, offrono oltre chequalità e sicurezza alimentare ancheun turismo responsabile; chenell’opporsi alla distruzionedell’istruzione pubblica prospetta unanuova idea e nuove passioni per laconoscenza, intesa come motore di una

questa filosofia meccanicistica cheha dato alla luce l’homo hoecono-micus, capace di andare sulla luna esu marte ed allo stesso tempo di pro-durre la più grave crisi della storiadell’umanità, di minacciarne seria-mente il futuro e di essere così idio-ta da proporre di privatizzare l’ac-qua. A causa della crisi ambientale edei cambiamenti climatici, l’acqua èdiventata oggi l’elemento più impor-tante sul pianeta. I ghiacciai che l’-hanno da sempre custodita si stannoritirando e l’inaridimento delle terreproduce una distruzione delle riser-ve di acqua dolce a cui si aggiungel’inquinamento di molte falde acqui-fere. Accettare che l’acqua venga ge-stita con criteri di mercato non è

dunque un gesto folle, bensì crimi-nale. Se capovolgiamo la riflessione,accettare che l’acqua sia un bene co-mune significa invece, finalmente,riconoscere una connessione ed unainterdipendenza tra esseri umani enatura. Significa accettare questo le-game intrinseco e profondo senza ilquale noi non saremmo qui. E’ lanatura che garantisce a tutti il neces-sario spazio bioriproduttivo e forni-sce il flusso di energia e materiali ne-cessario a garantire le nostre econo-mie. Che succede se la natura smet-te di garantirci questo stock di beni eservizi? Succede quello che stiamovivendo: crisi, precarietà, povertà, in-quinamento, malattie e guerre. Pen-

sate al ciclo del mare ed alla sua ca-pacità di depurare e filtrare, oppureal ciclo delle sostanze nutritive o aquello del clima o del carbonio. Pro-prio perché abbiamo raggiunti i limi-ti del pianeta siamo in crisi. I serviziambientali che la natura generosa-mente ci offre devono essere regola-mentati da tutti e devono essere ov-viamente fuori dalla logiche del pro-fitto, troppo ottuso per capire chesenza un pianeta non ci può esserenemmeno mercato. Da questo nededuciamo una conseguenza e intra-vediamo una grande opportunità. Idiritti di cittadinanza ed i beni co-muni stanno insieme e costruisconouna società ispirata da una nuovaontologia. La giustizia ambientalecammina insieme alla giustizia socia-le. I diritti umani devono essere col-legati ai diritti della natura. Stiamodunque con le nostre pratiche proce-dendo a ripensare anche sul pianodella prospettiva giuridica una socie-tà non fondata sulla supremazia del-l’uomo occidentale ma sul rispettodella vita e delle sue relazioni tra i vi-venti. Una nuova democrazia dellaTerra prende corpo dalle lotte deimovimenti sociali ovunque per i be-ni comuni. Se da un lato la crisi delcapitalismo produce delle accelera-zioni spaventose che hanno comeeffetto il peggioramento delle condi-zioni materiali di grandissime masse,dall’altro l’esacerbarsi dei conflitti haavuto come conseguenza la nascitadi nuove soggettività. Sono queste labuona notizia. I comitati per l’acquafanno parte a pieno titolo di questinuovi soggetti. Non è stata dunqueuna transizione da un governo adun altro a restituire la capacità dipartecipare ed incidere, bensì formedi democrazia comunitaria e parte-cipativa ben più efficaci della clau-dicante e sterile democrazia rappre-sentativa italiana. Uscire dalla dico-tomia pubblico/privato introdu-cendo la democrazia comunitaria,come luogo costituente del poteredi governo, è questa la grande sfidaa cui chiediamo ad ogni italianoche si rivede nei valori della nostraCarta di concorrere. *Portavoce A Sud

www.liberazione.it

domenica 8 | maggio 2011 | VII

Intervista a un lavoratore del colosso romano

«Emorragia di posti in Aceae profitti per gli azionisti»

considerare che dalla metà degli anninovanta – quando sono iniziate leprime privatizzazioni - ad oggi gliinvestimenti per la manutenzionedegli acquedotti e degli impianti didepurazione sono diminuiti di circa il70%. Eppure si continua, nelle nostrebollette, a pagare un 7% per laremunerazione degli investimenti, aprescindere se questi vengono fatti omeno.

E per un lavoratore cosa significapassare da una società pubblica auna società in via diprivatizzazione?Sono otto anni che in Acea stiamosubendo un piano di “mobilitàvolontaria” dei lavoratori. Oggi siparla di 440-450 lavoratori che entrodicembre 2012 saranno licenziati.Contestualmente Acea ha dichiaratoche altre società del gruppoapplicheranno il medesimo piano perridurre i costi del personale. Il che sitraduce in aumento dei profitti per gliazionisti. Tutto questo è diretta

febbraio, in cui ha messo “inmoratoria” la privatizzazione di Aceafino al referendum. Dico apparentestand by perché questa dichiarazioneè stata solo un escamotage per nonperdere consensi: il decreto Ronchiva ben oltre la data di giugno.All’interno della società tutto staprocedendo normalmente, come inuna qualsiasi società privata.Alemanno ha cavalcato l’onda delreferendum ma i piani industriali inatto in Acea dimostrano come laprivatizzazione sta continuando.

Che cosa significa passare da unagestione pubblica dell’acqua a unagestione privata?Per capire la situazione, basta

conseguenza di un progetto ditrasformazione avviato nel lontano1992 quando, con Francesco Rutellisindaco e Linda Lanzillotta assessoreal Bilancio, Acea è stata trasformatada società municipalizzata in aziendaspeciale. Quindi, nel 1998, con laquotazione in borsa è partita laprivatizzazione vera e propria che haportato a conseguenze devastanti peri lavoratori. L’impossibilità dimantenere il posto di lavoro: tramobilità e prepensionamenti negliultimi dieci anni sono fuoriusciti daAcea oltre 1500 lavoratori a fronte dipoche centinaia di assunzioni.Nessun ricambio generazionale,nessun turn-over che potesserivitalizzare il cuore della società: miriferisco soprattutto al lato“operativo” dell’azienda:manutenzione, pronto intervento,allacci dei contatori, attivitàfondamentali per una società idricaed elettrica. Quindi sono aumentatiin maniera esponenziale i carichi dilavoro, affidati spesso a ditte esterne

per contenere i costi ma a scapitodella qualità del servizio.

Torniamo al famoso 7% inbolletta...Sono milioni di euro degli utenti cheogni anno entrano nelle tasche deiprivati a prescindere da tutto, dallaqualità del servizio o dagliinvestimenti fatti. L’acqua è unbusiness a sicura redditività. Per leggesi garantisce a soggetti privati di trarreprofitti dalla gestione dei benicomuni attingendo dalla forma piùsicura e certa di pagamento che esista:la bolletta. Più si aumenta la bolletta,più aumentano i profitti. Ecco perchél’obiettivo dei referendum è fartornare in mano pubblica la gestionedi queste società, in modo che iprofitti ritornino non in termini didividendi ma di miglioramento dellaqualità del servizio, di maggiorremunerazione per i lavoratori, diinvestimenti. Che i profitti siano perla cittadinanza e non per glispeculatori.

Daniele Nalbone

«Attiva nei business dell’acqua,dell’energia e dell’ambiente». Acea sidescrive sul proprio sito come «ilprimo operatore nazionale nel settoreidrico, con 8,5 milioni di abitantiserviti». Ma cosa significa lavorare perun’azienda in via di privatizzazioneche nell’acqua vede un business?Talete lo ha chiesto a Fulvio Vesciadel coordinamento Usb in Acea.

Qual è ora la situazione societariadi Acea?Oggi la situazione è in apparentestand by dopo la dichiarazione delsindaco Alemanno, durante gli Statigenerali della città dello scorso

economia e di unasocietà da reinventare; che nei luoghidell’accoglienza e dei diritti umani,siano essi parrocchie o centri sociali,continuano ad operare e a cooperareper arginare la barbarie, nellaconsapevolezza che in questo mondo oci si salva insieme o non c’è scampo pernessuno.Quel fronte a volte inconsapevole diesserlo, ma che ha ben chiaro che tuttequeste loro istanze si sublimano e sispecchiano nell’acqua e nella sua sorte.Appuntamento per quel fine settimanaalla metà di giugno a cui certo noi nonmancheremo, per ripartire tutti insiemee per riprenderci oltre che l’acqua ancheil futuro!*Portavoce nazionale della Federazi

one della Sinistra

Giuseppe De Marzo*

H2ora, potremmo dire. Oppure po-tremmo parlare di democrazia e dicome questa si regga e misuri allostesso tempo sulla capacità di acce-dere a servizi basici e diritti inaliena-bili. Ma forse, considerando la no-stra posizione storica e geografica, fa-remmo meglio a guardarci negli oc-chi. Per farlo bisogna di alzare la te-sta. Assumere questa postura restitui-sce la dimensione di soggetti dellastoria. Ci hanno così rimbambito epersino convinto che niente possaessere cambiato, che tutto facciaschifo e sia uguale all’altro, che ab-biamo finito per svegliarci in un pae-se capace solo di tenere lo sguardodalla cintola in giù. I soggetti dellastoria diventano tali quando perdo-no la paura e agiscono. Pensiero eazione non alternati ma praticati in-

sieme. Non più un prima e un dopo,ma un adesso nel quale agire. Perde-re la paura per tornare a proferirequella parola così lontana e scoloritache facciamo fatica persino a pro-nunciare: vittoria. Il 12 e 13 giugnoabbiamo davanti a noi la possibilitàdi tornare a gridare questa parolacon tutto il fiato che abbiamo stret-to in questi anni nelle nostre gole.Dobbiamo vincere per riprendercil’acqua e il servizio idrico. Cosa c’èin gioco? Tutto. Perché? Perchéquesta volta non dobbiamo, nonpossiamo e non vogliamo perde-re. Se ciò avvenisse, sarebbero leclassi sociali medie e basse a pa-

gare interamente il prezzo dellacrisi, insieme alle generazioni che

verranno. Il “business” dell’acquaè ormai tra i due o tre più redditizi

al mondo. Del resto, chi non ha bi-sogno di acqua? Non ci voleva ungenio per capire che la crisi economi-ca, ecologica, energetica, alimentare,migratoria e finanziaria avrebbe pro-vocato disastri e ridotto l’accesso aiconsumi. E la governance del capita-lismo ha pensato bene di iniziare unpo’ in tutto il mondo già da venti an-ni questo lento processo di privatiz-zazione dei beni comuni e dei dirit-ti un tempo garantiti. Un percorsoche ha come obiettivo la creazionedi un nuovo grande mercato di mi-liardi di consumatori. Si chiamanoprocessi di “finanziarizzazione”quelli che hanno portato persino aimmaginare di privatizzare l’amaz-zonia o la biodiversità che resta nelpianeta. Controindicazione della ri-cetta: se non hai soldi non avrai l’ac-qua (e magari un domani nemmenol’aria). E dunque sarai escluso dallapossibilità stessa di accedere alla vi-ta, oppure ne vivrai una miserabile.Questa impostazione di mercifica-zione della vita ha avuto come con-seguenza esattamente la crisi del ca-pitalismo, ormai identificabile comeuna sorta di tumore in espansioneche per continuare a progredire deveuccidere l’organismo che lo ospita.Ecco perché non abbiamo molte al-ternative se vogliamo sopravvivere.O cancelliamo il capitalismo dallaterra o lui cancella noi. E’ proprio

Su la testa!Per guardarci negli occhi

per tornare a proferire una parola così lontanache fatichiamo persino a pronunciare: vittoriaPerdere la paura I

O cancelliamo ilcapitalismo dallaterra o lui cancellanoi. La grande sfidadel referendumè quella di usciredalla dicotomiapubblico/privatointroducendola democraziacomunitaria, comeluogo costituentedel potere

talete

Page 7: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Marco Bersani*

I referendum dei prossimi 12 e 13 giu-gno assumono una rilevanza strategi-ca per la situazione politica e culturaledel nostro Paese.Con la vittoria del Sì al referendumcontro il nucleare si porranno le basinon solo per fermare il folle rilancio diuna produzio-ne energeticaobsoleta, dis-economica, di-spregiativa del-l ’ ambiente ,della vita e delfuturo, bensìper ridiscuterel’intera politicaenergetica ba-sata su un mo-dello «dissipa-tore, termico,centralizzato emilitarizzato» afavore di unnuovo modello «conservativo, rinno-vabile, territorializzato e democrati-co».Ma sarà soprattutto con la vittoria dei2 Sì ai referendum per la ripubbliciz-zazione dell’acqua che si sanzioneran-no per la prima volta dopo due decen-ni le politiche liberiste attraverso unvoto democratico e popolare.Nello specifico del tema, con i due re-ferendum sull’acqua si sancirà la fuo-riuscita dell’acqua dal mercato e lafuoriuscita dei profitti dalla gestionedel servizio idrico integrato, aprendola strada per la definitiva ripubblicizza-zione dello stesso e per la sua gestionepartecipativa, democratica e social-mente orientata.Una sorta di rivoluzione politica e cul-turale, che sancirà, ben oltre lo specifi-co dei temi oggetto della consultazio-ne, alcune importanti novità: la crisidell’ideologia privatistica che in questidecenni ha mercificato l’intera vitadelle persone, consegnando diritti, be-ni comuni e servizi pubblici ai grandicapitali finanziari; la restituzione allasovranità popolare del potere di deci-dere da parte di tutte e tutti su ciò cheda sempre ci appartiene, ponendo lebasi per una rifondazione della demo-crazia reale.Tale è la densità politica che sottende ireferendum del prossimo giugno chegoverno e poteri forti, sondaggi allamano, rivelano il sacro terrore del vo-to popolare e si affannano in tutti imodi –decisamente maldestri - per an-nullarlo e/o depotenziarlo.Perché ormai è chiaro a tutti che - inparticolare attraverso l’esperienza deimovimenti per l’acqua - con il voto digiugno si possa riaprire in questo Pae-se una nuova stagione politica, che in-terroga e pone in discussione un inte-ro modello economico, sociale e didemocrazia.Si tratta di contrapporre ad un’uscitadalla crisi voluta dai poteri forti econo-mici e politici, nazionali ed europei,che persegue la consegna dei diritti dellavoro e dei beni comuni sociali e na-turali ai capitali finanziari perché nepossano ricavare business garantiti e li-quidità monetaria a carico dei cittadi-ni, un’altra uscita dalla crisi che mettain discussione l’intero modello e che,

a partire dalla riappropriazione socialedei beni comuni, disegni un altro mo-do di produzione, un altro disegno disocietà, una nuova conformazionedella decisionalità politica democrati-ca.Se il movimento per l’acqua è stato ilprimo a costruire un luogo di ricom-posizione sociale che, sulla base delle

decine di vertenzeterritoriali, è riu-scito a costruireuna grande ver-tenza nazionale fi-no a irromperenell’agenda politi-ca del Paese, conla vittoria referen-daria diverse eanaloghe stradepossono riaprirsiper tutte le conflit-tualità ambientalie sociali tuttoraaperte. Non si tratta solo

di costruire solidarietà e riconoscimen-

to fra le diverse esperienze di lotta,quanto di risalire, attraverso la filiera diciascuna di esse, ai nessi che le acco-munano: in questa direzione, l’apertu-ra di un processo “costituente” tra tut-ti i movimenti per i beni comuni po-trebbe rappresentare un primo sostan-ziale passo da proporre nel prossimoautunno.Ma l’originalità del movimento perl’acqua va ben oltre ed interroga diret-tamente le forme della politica e dellademocrazia in questo Paese: se talemovimento è riuscito in quasi diecianni a costruire una reticolaritàterritoriale senza prece-denti, a produrre unprocesso di inclu-sione che ne hagarantito lac o n t i n u aespansione,a costruireuna verten-za nazionaleche non haavuto biso-gno di alcunarappresentanzadelegata, né di alcu-na leadership carismati-ca, è forse perché, oltre allachiarezza degli obiettivi perseguiti, èriuscito a produrre una feconda – an-corchè perfettibile - esperienza di par-tecipazione democratica reale, dentrola quale il ruolo tradizionale e nove-centesco della relazione tra associazio-ni-comitati-sindacati- forze politiche è

stato ribaltato, consentendo l’aperturadi luoghi plurali dentro i quali il meto-do del consenso e la partecipazione di-retta delle persone sono stati conside-rato elementi costituenti di una nuovasoggettività sociale e politica.Niente potrà essere più come primaanche da questo punto di vista: perchéla vittoria referendaria porrà le basi perl’approfondimento della crisi della de-mocrazia formale, basata su una falsarappresentanza democratica e in real-tà sottoposta all’asservimento agli in-teressi particolaristici di clan politico-

economici spesso trasversali, el’apertura di fronti plurali di

rivendicazione di unanuova democrazia

diretta a tutti i li-velli, territorialee nazionale.In questo sen-so, i referen-dum di giu-gno sono laprima decisiva

tappa di unprocesso ancora

tutto da costruire,per dare intensità alla

ribellione sociale controun modello insostenibile, per

dare un presente condiviso contro lasolitudine competitiva, per disegnareun futuro comune contro l’a-temporalità dispregiativa degli indi-ci di Borsa.

*Attac Italia – Forum italianodei movimenti per l’acqua

bollette oppure dell’aumento deiconsumi e degli sprechi o, se sipreferisce, dei tagli sui costi ed idiritti dei lavoratori del servizio! Un bene - che forse più di ognialtro per la sua natura, per la suaindispensabilità alla vita, per lepessime sorti che subisce a causadei disastri di un modello disviluppo disumano, richiama lanecessità di ripensare il come stareinsieme sulla terra, il comerigenerare la democrazia, lapartecipazione, la condivisione - eche invece verrebbe ridotto ad unaqualsiasi merce in mano a societàdi capitali come avviene oramai datempo per la stessa vita umana.E quante ipocrisie e bugie simettono in campo per tentarequesto ulteriore scempio! Che, ad esempio, l’acquaresterebbe pubblica mentre adessere privatizzato sarebbe solo “ilservizio” (..oltre naturalmente allechiavi del nostro acquedotto!).Che resterebbe sempre il pubblicoa controllare la qualità e laregolarità della gestione delprivato …dopo aver mandato acasa tecnici e ingegneri dellenostre ex municipalizzate,smontando la catena delleconoscenze di cui essicostituiscono gli anelli attuali.Che è l’Europa ad imporci diprivatizzare …mentre, oltre allesentenze della CorteCostituzionale, il ritorno di Parigialla gestione pubblica dopo 5lustri di privatizzazione, connotevoli risparmi e investimenti,ce la dice lunga sugli obblighi ed

L’esperienzadei movimentiper l’acqua indicache si può riaprirenel Paese una nuovastagione politica.La sua originalità vaben oltre e interrogadirettamente leforme della politica.Niente potrà esserepiù come prima

Massimo Rossi*

Oltre che un argine estremo controla privatizzazione dell’acqua, ilreferendum del 12 e 13 giugnorappresenta uno dei pochi ostacoliper fermare o almeno deviare ilcorso della travolgente e fangosapiena che sta devastando lademocrazia del nostro Paese. Undevastazione che dopo averprivato i cittadini della possibilitàdi eleggere in Parlamento qualsiasivoce stonata rispetto ad un coro dicomponenti “designati” permodulare variamente le intangibilileggi del mercato, ora si accinge atogliere di mezzo anche l’IstitutoCostituzionale della democraziadiretta. E’ per questo che a PalazzoChigi, e non solo, sonoinstancabilmente all’opera inqueste ore per rimuoverlo ofrantumarlo in tutti i modi.Nella sciagurata ipotesi di un suoinsuccesso, gli agguerriti gruppifinanziari ed industriali del settoresi accaparrerebbero in un solboccone sia le nostre bollettepronte ad essere gonfiate adismisura, sia la grande torta di 64miliardi di investimenti previstinei prossimi anni sulle reti idrichee di depurazione. Altro che virtuose leggi delmercato! Le gare che la Ronchivuole imporre in modogeneralizzato a partire dalla finedi quest’anno, oltre ad esseretruccate da spudorati accordi dicartello, come dimostranopersino le sanzioni dell’Antitrust,trasformerebbero il servizio idrico

in un variopinto monopolio inmano a colossali impresemultinazionali in grado diprodurre profitti certi e duraturi alriparo da qualsiasi concorrenza.Lauti profitti per arricchire i giàpiù ricchi del pianeta ma anche,paradossalmente, per dareossigeno attraverso la CassaDepositi e Prestiti alle finanzepubbliche devastate da colossalisprechi in armamenti einfrastrutture inutili. Quella Cassache invece di assicurare fondipubblici al settore, partecipa afondi di investimento più o menoocculti al solo scopo di cercarelucro! Profitti volti, addirittura, arimpinguare risparmi di famiglie epensionati, indotti da colossi,come l’emiliana e “progressista”Hera, a consegnarli ad essa tramitela borsa, per farli lievitarenell’incremento del propriofatturato. Peccato per loro e pertutti noi che tale rendita sarà laconseguenza del gonfiarsi delle

Il disegno al centro è di

Gianni Allegra. La vignetta

di Giulio Laurenzi

Il fronte che haraccolto le firme è lostesso che scende inpiazza per difenderei diritti del lavoro,la conoscenza el’ambiente perchésono beni comuni.E vuole ripensareil modo di staresulla terra

domenica 8 | maggio 2011 | VI

parlerà a tutte le conflittualitàambientali e sociali tuttora aperteLa vittoria referendariaI

L’acqua pubblicaè l’antidotoal populismo

La posta in gioco il 12 giugno è molto più alta delle nostre bollette

Riprendiamoci l’acqua e con essa anche il futuro!

anche sulla convenienza delmercato. Tra i pochi a non peccare di questastraripante ipocrisia, gliene va datoatto, c’è l’inossidabile “socialliberista” Franco Bassanini, chedalle colonne del Corriere della serafa appello per il no al referendum «atutte le persone responsabili», ed inparticolare al suo segretario di partitoPierluigi Bersani, che lui stessodefinisce «uomo delle liberalizzazioni,perché le ha fatte davvero e più dichiunque altro in Italia», «…ad essereun partito di governo cercando diconvincere gli iscritti sulla necessità divotare no al referendum» noninseguendo anacronistici detrattori delcapitalismo e del mercato, infiltratinelle sue stesse fila! E ricordandogiustamente che «il testo di legge controcui l’ opposizione si sta mobilitando èsostanzialmente lo stesso presentato nel2000 da Napolitano-Vigneri,approvato dal Senato conmaggioranza bipartisan. Che nondivenne legge solo per la fine dellalegislatura».Ma nonostante questi accorati appellie le più temibili e subdole azioni diGoverno ed industriali, stavolta nonla faranno franca. Vinceremo noiperché quel fronte, quella vivacemoltitudine insorgente e propositivache si snoda lungo i nostri territori,nonostante l’ombra del sistema delladisinformazione, non mancheràall’appuntamento.Quel fronte che, ad esempio, nelribellarsi alla cancellazione dei dirittidel lavoro prospetta un altro ruolopubblico capace di indicare cosa, comee per chi produrre; che nel difendere ipropri territori dall’aggressione di chidevasta a fine di lucro i nostripanorami prospetta nuove economie,magari in alleanza con quanti,facendo agricoltura, offrono oltre chequalità e sicurezza alimentare ancheun turismo responsabile; chenell’opporsi alla distruzionedell’istruzione pubblica prospetta unanuova idea e nuove passioni per laconoscenza, intesa come motore di una

questa filosofia meccanicistica cheha dato alla luce l’homo hoecono-micus, capace di andare sulla luna esu marte ed allo stesso tempo di pro-durre la più grave crisi della storiadell’umanità, di minacciarne seria-mente il futuro e di essere così idio-ta da proporre di privatizzare l’ac-qua. A causa della crisi ambientale edei cambiamenti climatici, l’acqua èdiventata oggi l’elemento più impor-tante sul pianeta. I ghiacciai che l’-hanno da sempre custodita si stannoritirando e l’inaridimento delle terreproduce una distruzione delle riser-ve di acqua dolce a cui si aggiungel’inquinamento di molte falde acqui-fere. Accettare che l’acqua venga ge-stita con criteri di mercato non è

dunque un gesto folle, bensì crimi-nale. Se capovolgiamo la riflessione,accettare che l’acqua sia un bene co-mune significa invece, finalmente,riconoscere una connessione ed unainterdipendenza tra esseri umani enatura. Significa accettare questo le-game intrinseco e profondo senza ilquale noi non saremmo qui. E’ lanatura che garantisce a tutti il neces-sario spazio bioriproduttivo e forni-sce il flusso di energia e materiali ne-cessario a garantire le nostre econo-mie. Che succede se la natura smet-te di garantirci questo stock di beni eservizi? Succede quello che stiamovivendo: crisi, precarietà, povertà, in-quinamento, malattie e guerre. Pen-

sate al ciclo del mare ed alla sua ca-pacità di depurare e filtrare, oppureal ciclo delle sostanze nutritive o aquello del clima o del carbonio. Pro-prio perché abbiamo raggiunti i limi-ti del pianeta siamo in crisi. I serviziambientali che la natura generosa-mente ci offre devono essere regola-mentati da tutti e devono essere ov-viamente fuori dalla logiche del pro-fitto, troppo ottuso per capire chesenza un pianeta non ci può esserenemmeno mercato. Da questo nededuciamo una conseguenza e intra-vediamo una grande opportunità. Idiritti di cittadinanza ed i beni co-muni stanno insieme e costruisconouna società ispirata da una nuovaontologia. La giustizia ambientalecammina insieme alla giustizia socia-le. I diritti umani devono essere col-legati ai diritti della natura. Stiamodunque con le nostre pratiche proce-dendo a ripensare anche sul pianodella prospettiva giuridica una socie-tà non fondata sulla supremazia del-l’uomo occidentale ma sul rispettodella vita e delle sue relazioni tra i vi-venti. Una nuova democrazia dellaTerra prende corpo dalle lotte deimovimenti sociali ovunque per i be-ni comuni. Se da un lato la crisi delcapitalismo produce delle accelera-zioni spaventose che hanno comeeffetto il peggioramento delle condi-zioni materiali di grandissime masse,dall’altro l’esacerbarsi dei conflitti haavuto come conseguenza la nascitadi nuove soggettività. Sono queste labuona notizia. I comitati per l’acquafanno parte a pieno titolo di questinuovi soggetti. Non è stata dunqueuna transizione da un governo adun altro a restituire la capacità dipartecipare ed incidere, bensì formedi democrazia comunitaria e parte-cipativa ben più efficaci della clau-dicante e sterile democrazia rappre-sentativa italiana. Uscire dalla dico-tomia pubblico/privato introdu-cendo la democrazia comunitaria,come luogo costituente del poteredi governo, è questa la grande sfidaa cui chiediamo ad ogni italianoche si rivede nei valori della nostraCarta di concorrere. *Portavoce A Sud

www.liberazione.it

domenica 8 | maggio 2011 | VII

Intervista a un lavoratore del colosso romano

«Emorragia di posti in Aceae profitti per gli azionisti»

considerare che dalla metà degli anninovanta – quando sono iniziate leprime privatizzazioni - ad oggi gliinvestimenti per la manutenzionedegli acquedotti e degli impianti didepurazione sono diminuiti di circa il70%. Eppure si continua, nelle nostrebollette, a pagare un 7% per laremunerazione degli investimenti, aprescindere se questi vengono fatti omeno.

E per un lavoratore cosa significapassare da una società pubblica auna società in via diprivatizzazione?Sono otto anni che in Acea stiamosubendo un piano di “mobilitàvolontaria” dei lavoratori. Oggi siparla di 440-450 lavoratori che entrodicembre 2012 saranno licenziati.Contestualmente Acea ha dichiaratoche altre società del gruppoapplicheranno il medesimo piano perridurre i costi del personale. Il che sitraduce in aumento dei profitti per gliazionisti. Tutto questo è diretta

febbraio, in cui ha messo “inmoratoria” la privatizzazione di Aceafino al referendum. Dico apparentestand by perché questa dichiarazioneè stata solo un escamotage per nonperdere consensi: il decreto Ronchiva ben oltre la data di giugno.All’interno della società tutto staprocedendo normalmente, come inuna qualsiasi società privata.Alemanno ha cavalcato l’onda delreferendum ma i piani industriali inatto in Acea dimostrano come laprivatizzazione sta continuando.

Che cosa significa passare da unagestione pubblica dell’acqua a unagestione privata?Per capire la situazione, basta

conseguenza di un progetto ditrasformazione avviato nel lontano1992 quando, con Francesco Rutellisindaco e Linda Lanzillotta assessoreal Bilancio, Acea è stata trasformatada società municipalizzata in aziendaspeciale. Quindi, nel 1998, con laquotazione in borsa è partita laprivatizzazione vera e propria che haportato a conseguenze devastanti peri lavoratori. L’impossibilità dimantenere il posto di lavoro: tramobilità e prepensionamenti negliultimi dieci anni sono fuoriusciti daAcea oltre 1500 lavoratori a fronte dipoche centinaia di assunzioni.Nessun ricambio generazionale,nessun turn-over che potesserivitalizzare il cuore della società: miriferisco soprattutto al lato“operativo” dell’azienda:manutenzione, pronto intervento,allacci dei contatori, attivitàfondamentali per una società idricaed elettrica. Quindi sono aumentatiin maniera esponenziale i carichi dilavoro, affidati spesso a ditte esterne

per contenere i costi ma a scapitodella qualità del servizio.

Torniamo al famoso 7% inbolletta...Sono milioni di euro degli utenti cheogni anno entrano nelle tasche deiprivati a prescindere da tutto, dallaqualità del servizio o dagliinvestimenti fatti. L’acqua è unbusiness a sicura redditività. Per leggesi garantisce a soggetti privati di trarreprofitti dalla gestione dei benicomuni attingendo dalla forma piùsicura e certa di pagamento che esista:la bolletta. Più si aumenta la bolletta,più aumentano i profitti. Ecco perchél’obiettivo dei referendum è fartornare in mano pubblica la gestionedi queste società, in modo che iprofitti ritornino non in termini didividendi ma di miglioramento dellaqualità del servizio, di maggiorremunerazione per i lavoratori, diinvestimenti. Che i profitti siano perla cittadinanza e non per glispeculatori.

Daniele Nalbone

«Attiva nei business dell’acqua,dell’energia e dell’ambiente». Acea sidescrive sul proprio sito come «ilprimo operatore nazionale nel settoreidrico, con 8,5 milioni di abitantiserviti». Ma cosa significa lavorare perun’azienda in via di privatizzazioneche nell’acqua vede un business?Talete lo ha chiesto a Fulvio Vesciadel coordinamento Usb in Acea.

Qual è ora la situazione societariadi Acea?Oggi la situazione è in apparentestand by dopo la dichiarazione delsindaco Alemanno, durante gli Statigenerali della città dello scorso

economia e di unasocietà da reinventare; che nei luoghidell’accoglienza e dei diritti umani,siano essi parrocchie o centri sociali,continuano ad operare e a cooperareper arginare la barbarie, nellaconsapevolezza che in questo mondo oci si salva insieme o non c’è scampo pernessuno.Quel fronte a volte inconsapevole diesserlo, ma che ha ben chiaro che tuttequeste loro istanze si sublimano e sispecchiano nell’acqua e nella sua sorte.Appuntamento per quel fine settimanaalla metà di giugno a cui certo noi nonmancheremo, per ripartire tutti insiemee per riprenderci oltre che l’acqua ancheil futuro!*Portavoce nazionale della Federazi

one della Sinistra

Giuseppe De Marzo*

H2ora, potremmo dire. Oppure po-tremmo parlare di democrazia e dicome questa si regga e misuri allostesso tempo sulla capacità di acce-dere a servizi basici e diritti inaliena-bili. Ma forse, considerando la no-stra posizione storica e geografica, fa-remmo meglio a guardarci negli oc-chi. Per farlo bisogna di alzare la te-sta. Assumere questa postura restitui-sce la dimensione di soggetti dellastoria. Ci hanno così rimbambito epersino convinto che niente possaessere cambiato, che tutto facciaschifo e sia uguale all’altro, che ab-biamo finito per svegliarci in un pae-se capace solo di tenere lo sguardodalla cintola in giù. I soggetti dellastoria diventano tali quando perdo-no la paura e agiscono. Pensiero eazione non alternati ma praticati in-

sieme. Non più un prima e un dopo,ma un adesso nel quale agire. Perde-re la paura per tornare a proferirequella parola così lontana e scoloritache facciamo fatica persino a pro-nunciare: vittoria. Il 12 e 13 giugnoabbiamo davanti a noi la possibilitàdi tornare a gridare questa parolacon tutto il fiato che abbiamo stret-to in questi anni nelle nostre gole.Dobbiamo vincere per riprendercil’acqua e il servizio idrico. Cosa c’èin gioco? Tutto. Perché? Perchéquesta volta non dobbiamo, nonpossiamo e non vogliamo perde-re. Se ciò avvenisse, sarebbero leclassi sociali medie e basse a pa-

gare interamente il prezzo dellacrisi, insieme alle generazioni che

verranno. Il “business” dell’acquaè ormai tra i due o tre più redditizi

al mondo. Del resto, chi non ha bi-sogno di acqua? Non ci voleva ungenio per capire che la crisi economi-ca, ecologica, energetica, alimentare,migratoria e finanziaria avrebbe pro-vocato disastri e ridotto l’accesso aiconsumi. E la governance del capita-lismo ha pensato bene di iniziare unpo’ in tutto il mondo già da venti an-ni questo lento processo di privatiz-zazione dei beni comuni e dei dirit-ti un tempo garantiti. Un percorsoche ha come obiettivo la creazionedi un nuovo grande mercato di mi-liardi di consumatori. Si chiamanoprocessi di “finanziarizzazione”quelli che hanno portato persino aimmaginare di privatizzare l’amaz-zonia o la biodiversità che resta nelpianeta. Controindicazione della ri-cetta: se non hai soldi non avrai l’ac-qua (e magari un domani nemmenol’aria). E dunque sarai escluso dallapossibilità stessa di accedere alla vi-ta, oppure ne vivrai una miserabile.Questa impostazione di mercifica-zione della vita ha avuto come con-seguenza esattamente la crisi del ca-pitalismo, ormai identificabile comeuna sorta di tumore in espansioneche per continuare a progredire deveuccidere l’organismo che lo ospita.Ecco perché non abbiamo molte al-ternative se vogliamo sopravvivere.O cancelliamo il capitalismo dallaterra o lui cancella noi. E’ proprio

Su la testa!Per guardarci negli occhi

per tornare a proferire una parola così lontanache fatichiamo persino a pronunciare: vittoriaPerdere la paura I

O cancelliamo ilcapitalismo dallaterra o lui cancellanoi. La grande sfidadel referendumè quella di usciredalla dicotomiapubblico/privatointroducendola democraziacomunitaria, comeluogo costituentedel potere

talete

Page 8: Talete inserto di Liberazione e Mamma!

Wu Ming

Sul blocco di pane nero c’era stampi-gliata una data: 4-4-2012. C’era an-che un’altra scritta: Bundeswehr. Gliaiuti per le aeree D provenivanospesso dalla Germania. C’erano wur-stel, barattoli di sottaceti, birra anal-colica. Persino qualche bottiglia d’ac-qua da bere.Forse solo le prugne sciroppate nonerano di provenienza tedesca. Win-ston sorrise tra sé. Forse gli aiuti perle aeree D in Germania – dovevanopur essercene – provenivano dall’Ita-lia.Winston aprì l’ugello di un fornettoda campeggio e mise sulla fiammauna padella annerita. Tagliò una fet-ta di margarina rancida, ruppe i guscidi due uova sui bordi della padella,fece cadere chiara e tuorlo sul metal-lo sfrigolante di grasso vegetale.Tagliò due fette dell’antico pane disegale, aprì una lattina di birra. Guar-dò le bottiglie d’acqua: sarebbero ba-state per una settimana.Quel che mancava era l’acqua per lealtre cose. Per lavarsi, per lavare i pan-ni. Per cucinare roba non fritta, nonunta. Per lavare le pentole dopo cheavevi cucinato. Se ti lavavi, addio ac-qua per fare la pasta.Occorreva fare delle scelte.

******A Winston non piaceva andare ai ba-gni pubblici. Ognuno aveva una tes-sera che consentiva otto ingressi almese. Otto docce al mese, per i po-veri: in quel periodo dell’anno, conil caldo e l’umidità vicina al 90%,non bastava di certo.Winston odiava sentirsi sporco, ten-deva a lavarsi più del dovuto. Cosìaddio pasta, addio verdura cotta, ad-dio zuppe liofilizzate, che arrivavanoanch’esse, beffarde, con le razioni D.Per farle, ci voleva l’acqua.Winston campava di wurstel, tonno,pane dell’esercito tedesco fabbricatoanni prima, lattine su lattine di be-vanda al caffé.L’acqua da bere era il vero problema.Era razionata, in quasi tutte le casedel quartiere. Era costosa, come lucee gas. Quasi nessuno, in quel quartie-re prossimo alla collina, poteva paga-re acqua luce e gas. Chi poteva sce-glieva l’acqua, e Winston non era trai fortunati.Gli accordi tra fornitori e pubblicaamministrazione prevedevano dueore al giorno di elettricità sociale atutti, e distribuzione di acqua duevolte la settimana. Ma la maggiorparte del tempo, gli interruttori nonservivano a nulla, gli elettrodomesti-ci dormivano inutili. In molti aveva-no incominciato a disfarsene. Gli ap-parecchi ancora decenti venivano ve-duti per pochi soldi. Gli altri, frigori-feri e lavatrici soprattutto, arruggini-vano al sole, per strada. Le lavatriciaprivano il loro occhio attonito, e ifrigoriferi non erano che cassoni vuo-ti. Ogni tanto un camion militarepassava a tirarli su.

******Winston ricordava bene com’era pri-ma della Svolta: in fondo non erapassato tanto tempo. Per molti versi,la sua condizione attuale gli ricorda-va le estati dell’infanzia: ore e ore,giorni e giorni senza niente di preci-so da fare. Ogni tanto, arriva qualcu-no e si occupa di te.Passava il tempo peregrinando per ilquartiere, nelle aeree ex-industriali,dove l’erba spaccava il cemento e al-l’ombra delle lamiere crescevanopiante che non ricordava di averemai visto, piante che sembravanonutrirsi dell’antico odore del ferro edella gomma, delle esalazioni di di-scariche improvvisate, d’acqua pio-vana pesante di residui chimici.Là dove la periferia annegava nel-

l’indistinto minerale e vegetale,blocchi di cemento sconnessi e in-trico di rovi, Winston si sentiva be-ne. Aveva recuperato la conoscenzaprecisa, perfetta del territorio attor-no a casa che hanno i bambini sugliotto-dieci anni, quelli a cui è statoconsentito di vagare, e conoscevaogni anfratto, ogni luogo dove se-dersi all’ombra per sorseggiare sodaal caffé, i posti buoni per accender-si una sigaretta e guardare il fumoascendere, e lasciare andare il tem-po, giorno dopo giorno.Uscì di casa nella vampa delle tre delpomeriggio. La via era muta, l’asfal-to pieno di buche bruciava. Difficileincontrare qualcuno a quell’ora. Nel-lo zaino, un po’ di pane tedesco, del-la cioccolata a scaglie, lattine al caffé.Senza un piano preciso, i passi loportarono nell’area dove un tempoaveva funzionato la fabbrica di bi-scotti, il magazzino dove da ragazzoera capace di entrare, attraverso i tet-ti, e l’altra fabbrica, quella grande,dove facevano il ferro, in diverse pez-zature: sbarre, tondini, bulloni, chis-sà che altro. Il rumore di quelle fab-briche, il ronzio simile a un aeropla-no della ventola sull’altissima faccia-ta aveva accompagnato i lunghi po-meriggi di quel tempo andato. Win-ston ne udiva ancora il fantasma.

******Scivolò attraverso un buco nella retearrugginita e si ritrovo all’interno del-lo stabilimento. Un branco di randa-gi attraversava alla spicciolata lospiazzo dove un tempo si erano fer-mati gli autocarri. Non era il loro ter-

ritorio, gli animali procedevano infretta, trotterellando, smagriti, forseimpauriti. Winston si premurò dinon incrociare i loro sguardi, attesela loro scomparsa oltre la siepe dila-gante che chiudeva alla vista la stradatempestata di crateri che portava ver-so la città. Sul lato in ombra dell’edi-ficio doveva esserci un bel fresco,pensò Winston. Aveva piovuto for-te, la sera prima. L’aria s’era fatta an-cora più torrida ma forse dietro il

muro, all’ombra, il cemento e la ter-ra erano ancora umidi. Un buon po-sto per sedersi, fumare una sigarettae pensare.Mentre avanzava nello spiazzo, Win-ston notò che i cani avevano lasciatoorme. Orme bagnate, che evaporava-no in fretta. Incuriosito, aumentò ilpasso. Il pane di segale e le uova pesa-vano sullo stomaco, e Winston si ri-trovò madido di sudore.

******Girò l’angolo, e si trovò all’ombra. Siappoggiò al muro, colpito da una

stanchezza insolita. In quell’area del-l’antico stabilimento, c’erano gradi-ni addossati al muro che portavanoin basso, verso una porta di lamieraarrugginita. Un corrimano di ferrodipinto in rosso doveva facilitareascesa e discesa, ma era rotto, piega-to malamente in più punti. Dallascala in ombra proveniva un suonoche non riusciva a distinguere. Si av-vicinò, e capì che era lo scrosciaredell’acqua. Un rumore simile a unafontana.Quando era stato un bambino, untempo, l’acqua era talmente abbon-dante che c’erano fontane, nel cen-tro della città, e fontanelle, e uno seaveva sete ci poteva bere.Già. L’acqua delle fontanelle erabuona da bere.Si avvicinò, e scese qualche gradino.Sì, era acqua, e filtrava da sotto laporta in lamiera, il cui bordo inferio-re era piegato e sollevato dal pavi-mento di qualche centimetro. L’arearettangolare tra porta, muro e gradi-ni era piena d’acqua. Un’area di unmetro quadro allagata da sette-diecicentimetri d’acqua. Fresca, non sta-gnante. Winston si avvicinò ancora.All’ombra, temette che la vista gli fa-cesse un brutto scherzo.In mezzo alla polla sguazzava unpesce rosso.

******Quella notte, Winston sognò la cit-tà prima della svolta. La percorrevain motorino, fino in centro: erapossibile accedervi in tutte le oredel giorno e della notte, uno nonera confinato, o quasi, nell’area D.

Nel sogno, le ruote passavano velo-ci sull’asfalto, sulla pavimentazioneantica, sulle pozze d’acqua, e Win-ston si sentiva libero e felice. Era co-me se la mente volasse, a pochi me-tri dal suolo, e si dislocasse a piaci-mento nei luoghi della memoria. Lavasca del palazzo Comunale, pienadi carpe boccheggianti. La porta diS. Maria della Vita, nascosta tra i vi-coli e l’odore di pesce che saliva dal-le bancarelle. Poi il motorino e lamente presero ad ascendere, la stra-da portava in alto, in collina, maWinston non aveva alcun interesseal panorama, alla città che si offrivaalla vista giù in basso, oltre le curve.Giunse a una specie di chiesa, unconvento diroccato. Lo percorsecon la mente, in volo, anfratto do-po anfratto. C’erano uccelli, tra lerovine. Riconobbe piccioni, esmunti rapaci, implumi, che osser-vavano il mondo, aperto loro in-nanzi, con occhi di lavatrice.Winston guardò il cielo e pensò chesarebbe piovuto. L’acqua fredda, lat-tea, dei suoi sogni.

******Alla mattina, la domanda che gli gi-rava in testa era la stessa di quandoera andato dormire. Come si era pro-dotta la sorgente giù alla fabbrica, ecome aveva fatto un pesce rosso a fi-nirci dentro? La risposta più plausi-bile, che corrispondeva quasi per cer-to al vero, se n’era convinto, lo lascia-va però insoddisfatto.Un bambino aveva dovuto rinun-ciare al pesce rosso, perché la fami-glia non era più in grado di pagarel’acqua. Dovevano avergli detto difar sparire il pesce, prima che moris-se asfissiato nella boccia piena di li-quido ormai senza ossigeno. Allorail bambino, vagando con un sac-chetto di patisca, acqua sporca e pe-sce, si era imbattuto nel fenomeno,aveva lasciato il pesce al suo destino.Almeno sarebbe morto nell’acquafresca. Oppure il bambino venivaogni giorno a nutrirlo: Winston loavrebbe fatto. Oppure, era stato ilbambino stesso, sgattaiolando den-tro la fabbrica, a produrre il fenome-no, la perdita d’acqua. Del resto, letubature erano marce.Uscì di casa nell’aria ancora frescadel mattino. Da poco era cessato ilcoprifuoco notturno; i pochi che la-voravano uscivano per raggiungere iconfini dell’area D, mostrasse i la-sciapassare, prendere i mezzi pubbli-ci, andare a badare dei vecchi o puli-re pavimenti. Winston sperava di in-contrare il bambino, quella mattina.Forse sarebbe tornato per dar damangiare al pesce rosso: allora Win-ston avrebbe capito come stavano lecose. Oppure, avrebbe trovato il mo-do per entrare nella fabbrica in rovi-na- quell’area da fuori sembrava inac-cessibile. Forse sarebbe occorso for-zare la porta in lamiera. Dentro,Winston avrebbe visto se l’acqua erabuona da bere.Si affrettò. Varco lo spiazzo dove ilgiorno prima aveva incontrato i cani,Svoltò l’angolo, e incrociò una selvadi sguardi stupiti.

******Uomini in divisa gialla, con lostemma del Munifico Comune. Ladivisa era una specie di assurda ce-rata gialla.Pompieri. Quelli che intervenivanoin caso di furto d’acqua. In pochiistanti gli furono addosso.– Quando si dice la fortuna –, dissel’unico in divisa da funzionario.– Nemmeno la fatica di andarselo acercare, il ladro d’acqua.Lo sedarono. Le gambe cedettero,Winston vacillò. Prima di perdere isensi, vide uno degli uomini tenerein mano, all’altezza degli occhi, unsacchetto di plastica trasparente.

Un racconto inedito di Wu Ming per la campagna referendaria

Il ladro d’acquanon era lui ma fuarrestato per comodità

www.liberazione.it

domenica 8 | maggio 2011 | VIII

Ognuno aveva unatessera checonsentiva ottodocce al mese,per i poveri. Quasinessuno, in quelquartiere prossimoalla collina, potevapagare acqua lucee gas. Chi potevasceglieva l’acqua

talete