Symposium N-02
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TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICAAnno 1 - n.0 - Ottobre 2009 Aut. N. 305 - 2009 Tribunale di Roma
IN QUESTONUMERO:
Aspettibiomeccanicinei fallimentiimplantari tardivi
Grande rialzodel seno mascellare
Inserimentodi impiantiprofile conmetodicacomputerguidata
La via della seta (2)
Intervista: Giorgio Grassi DG Or-VitIntervista: Giorgio Grassi DG Or-Vit
3ottobre
2009
sommario
Editorialedi Mihaela Roman
Aspetti biomeccanici nei fallimentiimplantari tardividi Donato Di Iorio
Grande rialzo del seno mascellaredi Andrea Mastrangelo
Inserimento di impianti Profile conmetodica computer guidatadi Cristiano Grandi
Intervista a Giorgio GrassiD.G. Or-Vit s.r.l. di Mihaela Roman
La via della seta (2)di Alfredo Tursi
La Patologia Parodontaledi Andrea Possenti
5
6
12
22
32
43
37
Scusate il ritardo
Nel precedente editoriale Vi avevo preannunciato la definizione dei quadri dirigen-
ziali della rivista Symposium Odontoiatrico ma ancora oggi non siamo riusciti a
definirli, anche perché alcune scelte Editoriali sono di difficile e particolare inter-
pretazione, in quanto uniche nel loro genere e quindi stiamo ancora discutendo sulla defi-
nizione del Direttore Scientifico, mentre per il Direttore Editoriale abbiamo il Dr. Prof.
Andrea Possenti, al quale vanno i ns migliori auguri di un buon lavoro.
Nel numero attuale, però, gli articoli ed i lavori sono sicuramente di livello e molto interes-santi per gli argomenti trattati.
Anche per SYMPOSIUM ODONTOIATRICO WEB siamo in ritardo, però in compenso abbiamoricevuto molte adesioni per i Forum anche da altri paesi e questo ci permetterà di confron-tarci anche con medici stranieri.
Potete comunque fin d’ora registrarvi per ricevere gratis la rivista presso il vs studio, senzanessun impegno.
Abbiamo un grande progetto…… anzi due: la realizzazione di alcuni pozzi di acqua nelGhana ed in Angola, grazie all’aiuto che la Or-Vit srl ci sta dando e ad organizzazioni Onlusche collaborano con noi.
I pozzi saranno dedicati ai medici che vinceranno un concorso (vi spiegheremo poi comefunzionerà) e porteranno quindi una targa con dedica. Vorremo sfatare l’aurea di superfi-cialità che aleggia sui medici dentisti e quindi dimostrare che si possono fare e dire dellecose non solo per ricevere un premio ma per dare una speranza………..almeno io credo così.
Non è solamente un rendersi partecipi e condividere alcuni bisogni che i meno fortunati dinoi hanno, ma cambiare …….le regole del gioco.
Inoltre, per finire, ci sarà dal prossimo numero, una rubrica dedicata ai pazienti; vederecosa pensano e capire cosa vogliono e cercano in uno studio…..è una prova, vediamo comeandrà.
MIHAELA ROMAN
Responsabile Editoriale
5ottobre
2009
editoriale
L’utilizzo di restauri protesici a supporto implan-
tare nel trattamento delle monoedentulie rap-
presenta oggi una soluzione che trova largo
impiego nella pratica clinica. D’altra partela letteratu-
ra riporta le complicanze cui un restauro supportato
da impianti può andare incontro; tonetti e Schmid clas-
sificano gli insuccessi in “precoci” e “tardivi”: i primi
sono relativi alla perdita della fixture prima che essa
venga caricata ed originano, spesso, da problemi legati
al protocollo chirurgico.
Gli insuccessi tardivi invece si manifestano dopo che
la fixture è stata protesizzata e trovano una etiologia
spesso multifattoriale; essi rappresentano spesso una
evenienza di difficile gestione clinica; complicanze di
natura meccanica, infatti, possono esitare nel fallimen-
to della terapia protesica in seguito alla frattura della
vite di connessione o della fixture. Adell et al. (1) ripor-
tano una incidenza di frattura della fixture del 5%,
mentre Schwarz (2) riporta una incidenza del 12,5%
negli impianti inseriti nel mascellare e del 14,3% in
impianti inseriti in sede mandibolare. relativamente
alla vite di connessione, invece, ekfeldt e coll. (3) ripor-
tano che l’allentamento della stessa rappresenta, in
assoluto, la complicanza più comune, ed altri Autori
sono concordi nell’affermare che lo svitamento dell’a-
butment rappresenta un problema che va a compro-
6ottobre
2009
aspetti Biomeccanici
nei Fallimenti
implantari tardivi
Analisi al microscopio elettronico a scansione di quattro casi clinici
Donato Di Iorio(*), Bruna Sinjari(*), Manuela Rapani(§), Giovanna
Murmura(*)
(*) Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche
Direttore Prof. Sergio Caputi;
(§) Libero Professionista in Chieti
Scienza
riassunto
Scopo. Scopo del presente lavoro è di condurre
una analisi al microscopio elettronico a scansio-
ne su componenti implantari andati incontro a
cedimento meccanico in vivo.
Materiali e metodi. Vengono presentati tre casi
clinici relativi a restauri singoli latero-posteriori
supportati da impianti ed un caso relativo ad una
overdenture mandibolare supportata da due
impianti. In tutti i casi descritti la presenza di un
carico occlusale incongruo ha determinato la
frattura delle componenti implantari.
Conclusioni. Dall’analisi dei casi esposti nel pre-
sente lavoro si evince che il sovraccarico funzio-
nale influenza il comportamento biomeccanico
delle riabilitazioni protesiche supportate da
impianti e può, nei casi meno favorevoli, deter-
minarne il fallimento in seguito a frattura della
vite di connessione e/o della fixture.
Parole Chiave
Impianti; protesi; fallimento biomeccanico.
Abstract
Aim. the aim of the present study was a scan-
ning electron microscope analysis of implant
components that underwent to mechanical
failure in vivo. Materials and methods. three
implant supported single metal ceramic
crowns and a two-implants supported mandi-
bular overdenture are presented. overall the
cases, overload has determined the fracture of
implant components.
Conclusions. the analysis of the cases presen-
ted in the present study indicate that the func-
tional overload can affect the biomechanical
behaviour of implant supported prosthesis.
overload also can
Key Words
Implants; prosthesis; biomechanical failure.
7ottobre
2009
Fig 1: (1):Immagine al SeM
relativa al complesso fixture-
abutment-vite in sezione
longitudinale (impianto
DeepNeck 3,5x10 mm, orvit,
Italy); A: fixture; b: abutment; C:
vite di fissaggio. La contiguità
meccanica tra le parti è data
dal precarico (torque)
applicato alla vite durante il
serraggio; sul piano
biomeccanico, il torque
applicato fornisce ritenzione al
sistema perché produce, a
livello delle superfici che si
affrontano, una deformazione
plastica superficiale. Nei sistemi
implantari a connessione
avvitata esistono sempre e
solo due aree in cui si esprime
la funzione ritentiva,
rappresentati dal sottotesta
della vite (2) e dalle spire della
stessa in contatto con la
filettatura interna della fixture
(3). Nelle immagini (2) e (3) le
frecce indicano, infatti, l’intimo
contatto ottenuto in seguito al
serraggio della vite di
connessione.
Fig. 2: Immagine al SeM
(sezione longitudinale) relativa
ad un complesso fixture-vite di
connessione sottoposto a
sovraccarico non assiale. Gli
effetti dannosi del sovraccarico
si esprimono, sul piano
morfologico, con la perdita del
contatto tra la vite di
connessione e la filettatura
interna della fixture, il che
equivale a dire che lì si è perso
il precarico; sul piano clinico
questa condizione si identifica
con la comparsa di mobilità
dell’unità protesica rispetto alla
fixture e può esitare, nei casi
più severi, nella frattura della
vite di connessione.
1
mettere il successo a lungo termine della riabilitazione
protesica (4-6); Jemt (1991) (7) afferma, inoltre, che
l’allentamento della vite di connessione avviene più
frequentemente nei restauri singoli piuttosto che nei
ponti. Nei sistemi implantari a connessione avvitata, la
continuità meccanica tra abutment e fixture è assicu-
rata fondamentalmente dal precarico applicato alla
vite durante in serraggio ed al grado di adattamento,
ovvero di precisione, esistente tra l’abutment e la fix-
ture (Fig. 1-2). McGlumphy et al. (8), inoltre, riportano
che il precarico dipende dai seguenti fattori : (a) il tor-
que applicato, il quale influisce in maniera diretta sul-
l’attrito sottotesta, sull’attrito delle spire e sul grado di
deformazione elastica/plastica cui va incontro il siste-
ma; (b) la geometria della testa della vite, che influen-
za il grado di attrito sottotesta; (c) il materiale di cui
risultano composte la vite e l’abutment, infine, deter-
minano il livello di grip esistente tra la due strutture.
Sul piano biomeccanico, quindi, l’applicazione di un
certo grado di torque da parte dell’operatore si espri-
me sotto forma di un precarico, ovvero di un insieme
di forze capaci di realizzare la continuità meccanica tra
le strutture; tali forze si identificano nell’attrito tra le
superfici e nelle deformazioni sia elastiche, sia plastiche
che occorrono a carico delle strutture. Sul piano clini-
co, durante la funzione il restauro risulta sottoposto a
forze cicliche che possono esitare nella separazione
2
dell’abutment dalla fixture; l’allentamento non deside-
rato delle viti è, infatti, normalmente provocato da
carichi dinamici trasversali, spostamenti trasversali,
deformazioni elastiche dovute a colpi, vibrazioni o
sbalzi di temperatura, situazioni tutte che determinano
diverse dilatazioni/contrazioni delle componenti pro-
tesiche.
Scopo del presente lavoro è di condurre una anali-
si al microscopio elettronico a scansione su compo-
nenti implantari andati incontro a cedimento meccani-
co in vivo.
CASI CLINICI
Caso n 1: paziente r. S., età 47, sesso M. restauro:
corona singola elemento 3.6. La vite di fissaggio è
andata incontro ad allentamento dopo circa otto mesi
di funzione; il paziente si presentava a controllo dopo
circa due mesi dalla comparsa di mobilità dell’elemen-
to protesico. L’analisi al SeM della vite di fissaggio rive-
la l’esistenza di una linea di frattura tra la prima e la
seconda spira generatasi con ogni probabilità durante
le otto settimane di funzione con l’elemento parzial-
mente mobile (fig. 3-4).
Caso n 2: paziente M. t., età 51, sesso M. restauro:
corona singola elemento 3.6. L’unità protesica è anda-
ta incontro a frattura in corrispondenza del collo del-
la fixture dopo 13 mesi di funzione. La presenza di un
carico occlusale incongruo, in associazione alla buona
integrazione della fixture, ha determinato la il cedi-
mento meccanico per fatica (fig. 5-6).
8ottobre
2009
Fig. 3: Immagine al SeM (71X)
relativa ad una vite di
connessione; si nota la
presenza di una linea di
frattura tra la prima e la
seconda spira.
Fig. 4: particolare dell’immagine
precedente (165X).
Fig. 5: immagine al SeM (45X)
relativa ad una corona
protesica andata incontro a
frattura in corrispondenza della
connessione con la fixture.
Fig. 6: particolare dell’area di
frattura (165X)
Fig. 7: immagine al SeM (105X)
relativa ad un abutment con
vite fratturata.
Fig. 8: immagine al SeM (110X)
relativa ad una vite fratturata.
3 4
5 6
7 8
Caso n 3: paziente S. C., età 39, sesso F. restauro:
corona singola elemento 4.5. Il carico ciclico applicato
durante il periodo di allentamento della corona ha
determinato la frattura per fatica della vite di connes-
sione (fig. 7-8-9).
Caso n 4: paziente N. D., età 64, sesso M. restauro:
everdenture arcata inferiore. Il carico funzionale, appli-
cato secondo una direttrice non coincidente con l’as-
se dell’impianto, ha prodotto una condizione biomec-
canica sfavorevole. La perdita di integrazione a carico
della porzione più coronale dell’impianto, inoltre, ha
spostato il fulcro in direzione apicale determinando un
incremento del braccio di leva; ne è risultata una alte-
razione dell’equilibrio meccanico che è esitato nella
frattura della fixture (fig. 10-11).
DISCuSSIoNe e CoNCLuSIoNI
Durante i movimenti masticatori le forze di taglio e
le forze verticali si scaricano sulle viti di serraggio gene-
rando dei momenti torcenti: quando l’intensità di tali
forze supera il livello di precarico applicato il sistema va
incontro ad allentamento della vite. Si stabilisce pertan-
to una condizione di mobilità del restauro rispetto alla
fixture in cui il carico funzionale applicato al restauro
può indurre delle deformazioni plastiche a carico delle
superfici che si affrontano a livello dell’interfaccia pila-
stro/fixture, ovvero a carico della vite di fissaggio o può,
infine, portare a frattura di quest’ultima. Lo svitamento
della vite di serraggio, infatti, comporta come conse-
guenza un aumento di incidenza delle fratture, e tale
9ottobre
2009
Fig. 9: particolare dell’immagine
precedente (6720X);
Fig. 10: immagine al SeM (28X)
relativa ad una fixture andata
incontro a frattura in
prossimità della prima spira.
Fig. 11: particolare del
campione precedente (68X) in
cui si evince la presenza della
vite di connessione fratturatasi
insieme alla fixture.
10 11
9
incidenza rappresenta l’1,2% delle complicanze protesi-
che secondo Naert e coll. (9), mentre Zarb e Schmitt
(10) riportano un’incidenza della frattura della vite di
serraggio del 21%.
risulta evidente, pertanto, che l’aumento del precari-
co applicato durante il serraggio della vite, ovvero la
riduzione dei carichi dinamici trasversali possono contri-
buire alla stabilità ed alla durata della giunzione
fixture/abutment dei sitemi avvitati. relativamente al
precarico applicato, il limite è rappresentato dalla resi-
stenza meccanica delle componenti protesiche e nor-
malmente la quantità massima di torque applicabile non
supera i 30 Ncm. Per quanto riguarda le forze occlusa-
li, invece, McGlumphy et al (8) suggeriscono di evitare o
ridurre i cantilever distali; rendere il carico occlusale
parallelo all’asse dell’unità fixture-abutment-corona; eli-
minare i precontatti posteriori sia lavoranti che bilan-
cianti; “centralizzare” i contatti di occlusione centrica. Le
forze dirette in senso tangenziale rispetto all’asse dell’u-
nità protesica generano, infatti, un momento il cui brac-
cio è rappresentato dalla distanza esistente tra il punto
di applicazione del carico e la vite di fissaggio dell’abut-
ment. relativamente i restauri singoli, la presenza di un
contatto bilanciante genera un braccio di leva che risul-
ta sfavorevole per l’economia biomeccanica del sistema;
tale condizione diviene ancor più svantaggiosa quando
l’asse dell’unità protesica risulta inclinato. Hoyer et al
(11), infine, mettono in relazione la risultante di forze
applicate durante la funzione alla vite di fissaggio con
diversi fattori biomeccanici quali le componenti oriz-
zontale e verticale del carico occlusale, la distanza tra il
punto di applicazione del carico ed il fulcro ed il diame-
tro dell’abutment.
Dall’analisi dei casi esposti nel presente lavoro si evin-
ce che il sovraccarico funzionale influenza il comporta-
mento biomeccanico delle riabilitazioni protesiche sup-
portate da impianti e può, nei casi meno favorevoli,
determinarne il fallimento in seguito a frattura della vite
di connessione e/o della fixture.
10ottobre
2009
bIbLIoGrAFIA
1. Adell r, eriksson b, Lekholm u, branemark PI, Jemt t. Long-term follow-up study of osseointegrated implants
in the treatment of totally edentulous jaws. Int J oral Maxillofac Implants. 1990 Winter ;5(4):347-59.
2. Schwarz M. A retrospective analysis of single tooth replacement with branemark type implants. Academy of
osteointegration 1991 Annual meeting.
3. ekfeldt A, Carlsson Ge, borjesson G. Clinical evaluation of single-tooth restorations supported by osseoin-
tegrated implants: a retrospective study. Int J oral Maxillofac Implants 1994;9:179-83
4. Jemt t, Pettersson P. A 3-year follow-up study on single implant treatment. J Dent 1993;21:203-208
5. Haas, r, Mensdorff-Puilly N., Mailath G, Watzek G. brånemark single tooth implants: a preliminary report of
76 implants. J Prosthet Dent 1995;73:274 279.
6. Worthington P, bolender CL, taylor tD. the Swedish system of osseointegrated implants: Problems and com-
plications encountered during a 4-year trial period. Int J oral Maxillofac Implants 1987;2:77–84
7. Jemt t. Consecutively inserted fixed prostheses supported by brånemark implants in edentulous jaws: a study
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8. McGlumphy eA, Mendel DA, Holloway JA. Implant screw mechanics. Dent Clin North Am. 1998
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9. Naert I, Quirynen M, van Steenberghe D, Darius P. A study of 589 consecutive implants supporting comple-
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10. Zard GA, Schmitt A. the longitudinal clinical effectiveness of osseointegrated dental implants: Problems and
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11. Hoyer SA, Stanford CM, buranadham S, Fridrich t, Wagner J, Gratton D. Dynamic fatigue properties of the
dental implant-abutment interface: joint opening in wide-diameter versus standard-diameter hex-type implants.
J Prosthet Dent. 2001 Jun;85(6):599-607
Il grande rialzo del seno mascellare rappresenta una
tecnica dai risultati predicibili con percentuali di suc-
cesso a 5 anni superiori al 90% (1-2).
tale tecnica ha permesso di superare molti dei pro-
blemi connessi con la riabilitazione della regione
posteriore della mascella. I fenomeni di riassorbimen-
to che si verificano nelle regioni posteriori del mascel-
lare superiore dopo estrazioni dentarie, fanno sì che
spesso l’altezza residua della cresta sia minima.
tale situazione rappresenta, all’atto del posiziona-
mento degli impianti, una condizione ad alto rischio di
perforazione della membrana di Schneider con possi-
bili sequele infettive che dal seno possono diffondersi
all’intero apparato respiratorio. L’altezza della cresta,
inoltre, è spesso ulteriormente ridotta dal fenomeno
della pneumatizzazione del seno: l’apertura del seno
nella cavità nasale è molto più piccola del volume del-
la cavità paranasale e ciò si traduce nella presenza di
una pressione leggermente positiva all’interno dell’an-
tro. tale gradiente pressorio determina un progressivo
ampliamento delle dimensioni dell’antro a causa del
graduale riassorbimento del pavimento del seno ope-
rato dagli osteoclasti periostali.
tale pneumatizzazione, riducendo le dimensioni del-
12OttObRe
2009
Grande rialzo
del Seno MaScellare
con inSeriMento
iMMediato
di due iMpianti
IMPLANTOLOGIA
Andrea Mastrangelo(*), Donato Di Iorio(§), Glauco Di Fonso(°)
(*) Libero Professionista in Campobasso e Isernia;
(§) Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche
Direttore Prof. Sergio Caputi;
(°) Libero Professionista in Sulmona;
Riassunto
Il grande rialzo del seno mascellare finalizzato
all’aumento dell’altezza della cresta alveolare
è diventato un intervento comune. I risultati
clinici di questa procedura dipendono dalla
tecnica chirurgica, dall’inserimento differito o
simultaneo degli impianti, dall’utilizzo o meno
di una membrana, dal tipo di biomateriale
innestato e dalle dimensioni degli impianti
inseriti. Scopo del presente report è di pre-
sentare un caso di grande rialzo del seno
mascellare condotto mediante l’utilizzo di sol-
fato di calcio con inserimento immediato di
due impianti.
Parole chiave
rialzo del seno mascellare; inserimento di
impianti; solfato di calcio.
Abstract
Grafting the floor of the maxillary sinus has
become a common surgical intervention for
increasing alveolar bone height. Outcomes of
this procedure may be affected by specific sur-
gical technique, simultaneous vs. delayed
implant placement, use of barrier membranes
over the lateral window, selection of graft
material and the surface characteristics and
the length and width of the implants.
In the present article a sinus lift with calcium
sulphate and simultaneous implant placement
is presented.
Key words
Sinus lift; implant placement; calcium sulphate.
la cresta, rappresenta un ulteriore ostacolo all’inseri-
mento d’impianti nel mascellare posteriore.
Lo sviluppo di una tecnica chirurgica predicibile e
sicura per il rialzo del seno mascellare (3-4) ha facili-
tato enormemente la terapia implantare in tale
zona.(5-6)
IndIcAzIOnI AL GRAnde
RIALzO deL SenO MASceLLARe
L’inserzione d’impianti al di sotto dei seni mascellari
è possibile se l’altezza ossea residua, cioè la distanza
tra il pavimento del seno e la sommità della cresta, è
di almeno 10 mm.
Molto spesso però, a causa del riassorbimento cre-
stale e della pneumatizzazione del seno, particolar-
mente accentuati negli edentulismi di vecchia data, gli
spazi a disposizione sono così esigui da precludere
ogni possibilità di riabilitazione implantare secondo le
tecniche tradizionali.
Per superare tali difficoltà sono state proposte
diverse soluzioni quali l’utilizzo d’impianti inclinati,
d’impianti corti e di tecniche per incrementare l’altez-
za ossea.
Gli impianti inclinati possono essere utilizzati quan-
do, ad un volume osseo ridotto sotto i seni, si associa
un volume osseo pterigomascellare sufficiente per l’in-
serzione di un impianto di lunghezza uguale o superio-
re a 13 mm ed in grado di garantire un’adeguata sta-
bilizzazione intracorticale. In letteratura, tuttavia, non
esistono molti dati riguardo le percentuali di successo
e di sopravvivenza di tali impianti e, pertanto, un giudi-
zio definitivo sull’efficacia di questa tecnica non può
essere dato (7-8).
Gli impianti corti, inferiori a 10 mm di lunghezza,
non garantiscono, nel mascellare superiore, una suffi-
ciente resistenza ai carichi meccanici, come dimostra-
to dai dati in letteratura che riportano percentuali
d’insuccesso sensibilmente superiori rispetto agli
impianti di lunghezza standard (9-11).
Alla luce di quanto detto, il grande rialzo di seno
mascellare è, in presenza d’altezza ossea insufficiente,
la metodica più efficace e predicibile.
Se l’altezza ossea residua tra il pavimento del seno
e la sommità della cresta alveolare è tra 2 e 5 mm, si
esegue dapprima il rialzo del seno mediante un’osteo-
tomia laterale e successivamente, dopo 6-8 mesi, si
inseriscono gli impianti.
Quando l’altezza ossea è superiore a 5mm, si può
eseguire nella stessa seduta sia il rialzo sia il posiziona-
mento degli impianti: in tali condizioni l’osso residuo è,
infatti, sufficiente a garantire un’adeguata stabilità pri-
maria agli impianti.
In entrambe le situazioni, quando il diametro traver-
so della cresta è inadeguato ed esiste il rischio reale di
produrre al momento dell’inserzione degli impianti
fenestrazioni o deiscenze sul versante buccale, è indi-
cata la realizzazione di un incremento delle dimensio-
ni bucco-palatali della cresta alveolare.
VALutAzIOne PReOPeRAtORIA
I pazienti destinati al grande rialzo di seno mascella-
re devono essere sottoposti ad un’accurata valutazio-
ne preoperatoria al fine di ridurre le complicanze intra
e post-operatorie. Fondamentale in questa fase è
escludere la presenza di patologie sistemiche impor-
tanti non adeguatamente trattate (12).
Altrettanto importante è la valutazione delle condi-
zioni locali con particolare riferimento a pregressi trat-
tamenti radioterapici della testa e del collo ed a pato-
logie preesistenti del seno mascellare.
Le radiazioni hanno effetti deleteri su osteociti,
osteoblasti e cellule endoteliali, provocando una ridu-
zione della capacità del tessuto osseo a rispondere agli
insulti, in primis quelli chirurgici (13)
e’ opportuno, quindi, procrastinare l’intervento e
sottoporre nel frattempo i pazienti a terapia iperbari-
ca, la quale stimola la proliferazione vascolare, la sinte-
si di collagene e l’osteogenesi (14).
Particolare attenzione deve poi essere posta a pree-
sistenti patologie o anomalie sinusali; spesso, infatti, le
complicanze post-operatorie risultano significativa-
mente associate a preesistenti condizioni morbose dei
seni (15-16).
I pazienti devono pertanto essere sottoposti ad una
valutazione otorinolaringoiatrica ed effettuare indagini
strumentali come ortopantomografia e tAc al fine di
evidenziare problemi quali:
sinusiti croniche
cisti sinusali
deviazioni del setto nasale
stenosi dell’orifizio meatale.
tutte queste condizioni predispongono grandemen-
te a complicanze infettive e devono essere adeguata-
mente trattate.
Ai pazienti con sinusite cronica sono somministrate
gocce decongestionanti nasali, spray nasali anti-infiama-
tori a base di cortisonici e, alla presenza di sintomi di
riacutizzazione, antibiotici per via sistemica ( amoxocil-
lina 1g t.i.d. per 7 gg ).
La chirurgia, eseguita con tecniche endoscopiche
endonasali (17-18-19), è, invece, la terapia d’elezione
della stenosi dell’ostio, delle cisti del seno e delle
deviazioni del setto ed ha lo scopo di ripristinare una
corretta ventilazione ed un adeguato drenaggio del
seno nella cavità nasale.
Il grande rialzo di seno mascellare si potrà effettua-
re non prima di 6 mesi da tali trattamenti chirurgici.
tecnIcA chIRuRGIcA
Il grande rialzo del seno mascellare è una tecnica
chirurgica ben collaudata e con risultati molto predici-
bili, ma sicuramente alquanto più complessa del sem-
plice posizionamento d’impianti.
Per evitare l’insorgenza di complicanze intra e
post-operatorie è molto importante selezionare
accuratamente i pazienti e programmare adeguata-
mente l’intervento (fig. 1-2-3), ponendo particolare
13OttObRe
2009
attenzione ad alcuni suoi passaggi, come per esempio
la scelta del disegno della finestra osteotomica.
un’ora prima dell’intervento si è soliti effettuare una
premedicazione con amoxicillina (1g) e desametasone
(8mg) seguita da applicazioni locali di clorexidina 0.5%
per due minuti.
L’anestesia è effettuata localmente a livello buccale,
mentre in sede palatale si realizza il blocco del mascel-
lare, in corrispondenza del foro palatino posteriore e
del forame palatino anteriore.
un’incisione a tutto spessore è realizzata sul lato
vestibolare a circa 3 mm dalla cresta alveolare, parten-
do dall’aspetto distale del mascellare per terminare
nell’area canina (fig. 4) . Per facilitare la riflessione del
lembo, si praticano due incisioni verticali di scarico agli
estremi distale e mesiale dell’incisione primaria.
Mediante uno scollaperiostio si separa dall’osso
sottostante il lembo mucoperiosteo, che è ribaltato
per permettere l’accesso al sito dell’osteotomia (fig.
5-6-7) . nella zona limitrofa, invece, è buona regola
realizzare uno scollamento a spessore parziale: in
questo modo in caso di perforazioni della membrana
sinusale si avrà a disposizione del tessuto molle per
eventuali suture.
In questa fase, per programmare con precisione le
14OttObRe
2009
Fig. 1: esami strumentali
pre-operatori.
Ortopantomografia.
Fig. 2: esami strumentali
pre-operatori. Sezioni
orizzontali da dental Scan.
Fig. 3: esami strumentali
pre-operatori. Sezioni frontali
da dental Scan.
Fig. 4: realizzazione
dell’incisione.
Fig. 5-6: scollamento del lembo
a spessore totale.
4
1
5
2
3
6
osteotomie da effettuare, è bene evidenziare i limiti
anatomici dell’antro mediante transilluminazione.
L’osteotomia viene eseguita con una fresa a pallina
montata su un contrangolo (fig. 8). e’ preferibile usare
un manipolo a bassa velocità e con un torque elevato
in modo da controllare meglio l’osteotomia; l’utilizzo di
frese a pallina evita la formazione di spigoli ossei che
potrebbero perforare la membrana di Schneider.
L’osteotomia va eseguita sotto abbondante irriga-
zione con soluzione salina sterile al fine di evitare un
surriscaldamento del sito e con esso la necrosi ossea.
con lo strumento inclinato di 45° rispetto alla
superficie dell’osso, si disegna una finestra rettangolare
sulla parete antero-laterale del mascellare.
L’osteotomia orizzontale inferiore deve essere
parallela al pavimento del seno e deve avere un’esten-
sione antero-posteriore sufficiente a consentire il posi-
zionamento degli impianti.
Il bordo anteriore deve essere sito in maniera da
permettere un accesso diretto alla porzione anteriore
del seno mascellare: quest’accorgimento semplificherà
le manovre chirurgiche e ridurrà il rischio di perfora-
zioni.
Il bordo superiore deve essere parallelo a quello
inferiore e localizzato ad una distanza di 10-15 mm.
Alcuni autori consigliano di non completare l’incisio-
ne ossea a livello del bordo superiore in modo da rea-
lizzare un’osteotomia vestibolare “ a sportello “ con
cerniera superiore.
Vari studi, tuttavia, hanno evidenziato come tale tec-
nica comporti un aumento del rischio di perforazione
della membrana sinusale nel momento in cui il ribalta-
mento dello sportello osteotomico all’interno dell’an-
tro frattura completamente il margine superiore del-
l’osteotomia (20-21-22).
In ragione di ciò, preferiamo realizzare una osteo-
stomia totale lungo tutto il perimetro della finestra
ossea fino a che non emerge il colore grigio della
membrana.
Altrettanto importante è arrotondare e rendere più
dolci gli angoli dell’osteotomia, al fine di minimizzare il
rischio di pizzicare la membrana quando la finestra
ossea è ribaltata medialmente entro l’antro a costitui-
re il nuovo pavimento del seno (23-24).
La presenza nel seno mascellare di un setto osseo,
specie se di notevoli dimensioni, impone importanti
modifiche nel disegno dell’osteotomia.
In questi casi la riflessione della membrana sopra
tale setto ne determina con facilità la perforazione.
Per ridurre il rischio di lacerazioni è preferibile ese-
guire due distinte osteotomie, che consentono una più
delicata riflessione della membrana su entrambi gli
aspetti del setto.
una volta esposta la membrana antrale, si provvede
delicatamente al suo scollamento dal pavimento e
dalla parete mediale del seno mediante una curette
chirurgica inserita in corrispondenza dell’osteotomia
inferiore (fig. 9-10).
tale operazione viene estesa a tutto il perimetro
della finestra fino a quando non è possibile dislocarla
superiormente entro l’antro.
In questa fase è importante esaminare accurata-
15OttObRe
2009
Fig. 7: scheletrizzazione
del sito osteotomico.
Fig. 8: realizzazione
dell’osteotomia mediante
l’utilizzo di una fresa a pallina.
Fig. 9: scollamento della
membrana di Schneider.
7
8
9
mente la membrana per escludere la presenza di
perforazioni. Se non sono presenti perforazioni visibili,
è bene immettere nello spazio creato una soluzione
fisiologica sterile ed invitare il paziente ad effettuare
con estrema delicatezza la manovra di Valsalva: la pre-
senza di perforazioni sarà indicata dalla formazione di
bollicine.
una volta esclusa questa possibilità, o eventualmen-
te riparata la lesione, si preparano i siti che accoglie-
ranno gli impianti (fig. 11) e si procede con l’inseri-
mento del materiale da innesto prescelto incomincian-
do dalla parete antrale più lontana e procedendo a
condensare fino a raggiungere la finestra ossea disloca-
ta superiormente (fig. 12). Questa diverrà il nuovo
pavimento del seno mascellare.
L’utilità dei materiali da riempimento risiede nella
capacità di estrinsecare un potenziale osteocondutti-
vo, osteoinduttivo ed osteoproliferativo (25).
La letteratura scientifica dimostra che pressoché
tutti i materiali da riempimento usati nel grande rialzo
di seno mascellare, sebbene biologicamente diversi,
sono ugualmente efficaci con percentuali di successo
superiori al 90%.
tale risultato apparentemente sorprendente è da
porre in relazione con l’elevata capacità osteogenica
della membrana di Schneider.
nella fase successiva si procede all’inserimento
degli impianti e, se necessario, si procede ad inserire
dell’altro materiale da rigenerazione al fine di coprire
le eventuali fenestrazioni delle spire implantari (fig.
13-14).
In ultimo si procede alla sutura del sito chirurgico
mediante punti staccati non riassorbibili (fig. 15) ed alla
realizzazione di una radiografia di controllo (fig. 16).
La gestione della fase post operatoria prevede l’as-
sunzione da par te del paziente di amoxicillina
500mg×3/die o, se c’è allergia alle penicilline, clinda-
micina 300mg×3/die, per 10 giorni, desametasone
4mg/die per 2 giorni e l’effettuazione due volte al
giorno di sciacqui del cavo orale con clorexidina 0.2%
per 10 giorni.
e’ importante, inoltre, che nelle due settimane suc-
cessive all’intervento il paziente eviti gli stress fisici e
traumi quali il soffiarsi il naso e lo starnutire a bocca
chiusa.
16OttObRe
2009
Fig. 10: ribaltamento della
botola ossea all’interno del
seno mascellare.
Fig. 11: preparazione dei siti
implantari.
Fig. 12: inserimento del
materiale da rigenerazione nel
seno mascellare. In questo caso
si è utilizzato del solfato di
calcio in granuli.
Fig. 13: inserimento degli
impianti.
11
12
13
10
cOncLuSIOnI
Il grande rialzo di seno mascellare è una tecnica
sicura, che ha permesso di indirizzare verso la riabili-
tazione implantare pazienti che, per l’esiguità dell’al-
tezza dell’osso residuo, non potevano giovarsi della
terapia implantare tradizionale.
I dati in letteratura riportano percentuali di succes-
so superiori al 90%.
Il raggiungimento di risultati così lusinghieri passa
per una rigorosa preselezione dei pazienti e per
un’accurata programmazione della fase chirurgica.
Molto importante in tale fase è la progettazione
della finestra osteotomica, la cui posizione ed il cui
disegno devono essere tali da evitare perforazioni
della membrana durante le manipolazioni chirurgiche
ed, in particolare, nel corso della sua riflessione nel-
l’antro.
Le perforazioni della membrana sinusale sono le
principali complicanze intraoperatorie e, favorendo la
dislocazione del materiale da innesto nella cavità del
seno, rappresentano la più importante condizione
predisponente all’insorgenza di complicanze post-
operatorie quali le sinusiti acute.
Queste ultime vanno tempestivamente diagnostica-
te e trattate per evitare una diffusione del processo
morboso alle strutture limitrofe.
Fortunatamente la prevalenza delle complicanze in
corso di grande rialzo di seno mascellare è molto bas-
sa e, in ogni caso, il loro sviluppo, grazie alle scelte
terapeutiche a disposizione, non è una condizione
sufficiente a giustificare l’abbandono della procedura.
La letteratura scientifica, infatti, riporta dati che
dimostrano come la sopravvivenza degli impianti non
sia significativamente influenzata né dall’insorgenza di
complicanze né dal tipo di materiale da innesto utiliz-
zato.
Quest’ultimo aspetto, malgrado la biodiversità dei
materiali utilizzati, può essere verosimilmente spiega-
to con la grande capacità osteogenica della membra-
na di Schneider.
17OttObRe
2009
Fig. 14: completamento
dell’innesto con solfato solfato
di calcio.
Fig. 15: sutura del sito
mediante punti staccati non
riassorbibili.
Fig. 16: radiografia di controllo.
14 15
16
18OttObRe
2009
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Riassunto
numerosi sudi hanno dimostrato che fixture
caricate immediatamente in modo corretto
possono ottenere ottime percentuali di succes-
so . un fattore determinante è l’assenza di
micromovimenti all’interfaccia osso-impianto
durante il carico. Questo può essere ottenuto
tramite la realizzazione di protesi totali fisse a
carico immediato nei casi in cui gli impianti
abbiano sufficiente stabilità primaria e control-
lando le forze occlusali durante il periodo di
osseo integrazione. Allo scopo di semplificare e
velocizzare queste complesse procedure è pos-
sibile utilizzare metodiche cAd-cAM per la
progettazione, l’inserimento implantare e la
protesizzazione computer assistita. La metodica
SimPlant universal costituisce un metodo sem-
plice ed affidabile con un buon rapporto costo
beneficio. unitamente all’utilizzo di impianti
dotati di collare transmucoso quali Profile-1
transmucosal viene qui decritta una metodica
semplificata per l’inserimento e la protesizzazio-
ne immediata di impianti osseo integrati.
Parole chiave
cAd-cAM
SimPlant
compatibilità
Abstract
Several studies have showed that immediately
but properly loaded fixture can as well get good
success percentage. Absence of micro move-
ments at bone/implant interface is a decisive
factor. Such a stability can be reached via the
use of complete fixed prostheses. A sufficient
primary stability and proper control of occlusal
pressure is also needed during the integration
phase. In order to simplify and shorten all these
complexes procedures cAd-cAM technology
can be adopted for planning, implant placing
and prostheses setting. SimPlant universal is a
simple and reliable protocol with a reasonable
cost/benefit ratio. Its adoption with using tran-
smucosal collar fixtures, as Profile-1
transmucosal enable us to propone a simplified
technique for implant and immediate denture
placing .
Key words
cAd-cAM
SimPlant
compatibility
22OttObRe
2009
CHIRURGIA
Cristiano Grandi
Libero professionista in Roma
inSeriMento
iMpianti proFile
tranSMucoSal con
Metodica coMputer
Guidata: protocollo
SeMpliFicato
cHirurGico-
proteSico
23OttObRe
2009
Fig.1 – tipi principali di
appoggio per dime SurgiGuide
Fig.2 – RX OPt
pre-trattamento
IntROduzIOne
Carico immediato
Il timing per l’applicazione del carico protesico è
uno dei parametri che, negli ultimi anni , è stato messo
maggiormente in discussione. In passato si riteneva
necessario, al fine di ottenere una
sicura osteointegrazione, che gli
impianti rimanessero, dopo l’inse-
rimento, senza carico per 6-8 mesi
nel mascellare superiore e 3-4
mesi nella mandibola (1). negli
ultimi anni numerosi sudi hanno
dimostrato che fixture caricate
immediatamente, con protocolli
appropriati, ottenevano percen-
tuali di successo altrettanto buone
(2). Anche in queste situazioni il
fattore determinante per il succes-
so sembra essere l’assenza di
micromovimenti all’interfaccia
osso-impianto durante l’applica-
zione del carico. Questo può esse-
re ottenuto tramite la realizzazio-
ne di protesi totali fisse a carico
immediato nei casi in cui gli
impianti abbiano sufficiente stabi-
lità primaria e controllando le for-
ze occlusali durante il periodo di
osseointegrazione (3-7).
Chirurgia Computer Guidata
Allo scopo di aumentare l’accuratezza della pianifica-
zione chirurgica e di semplificare le procedure cliniche
sono stati introdotte metodiche di analisi tridimensiona-
le delle immagini radiografiche. Questo sviluppo, prove-
niente dalla tecnologia per la progettazione industriale,
ha riguardato tutti i campi della medicina. In particolar
modo, in chirurgia orale, sono stati sviluppati protocolli
di analisi basati sui dati provenienti dagli studi tc
(tomografia computerizzata) tramite l’elaborazione
degli originali file dIcOM. nella pianificazione della chi-
rurgia impiantare questo consente di determinare con
precisione la posizione degli impianti e di verificare tut-
te le eventuali situazioni di rischio o di impedimento che
non permettono l’inserimento della fixture o ne consi-
gliano lo spostamento. tecnologie cAd-cAM permet-
tono si produrre opportune guide chirurgiche allo sco-
1
2
po di trasferire, con accuratezza, la panificazione virtua-
le nel reale campo operatorio (8,9).
Le guide chirurgiche cAd-cAM consentono l’inseri-
mento degli impianti sia dopo l’incisione ed il solleva-
mento di un lembo sia senza tale fase operativa (flapless
technique). Possono essere prodotte, infatti, guide chi-
rurgiche sia a supporto mucoso che ad appoggio osseo,
sia, infine ad appoggio dentale o misto (fig.1). Alcuni
autori ritengono, a ragione, che le tecniche “flapless”
producano un minore trauma nel paziente ed un
migliore decorso post operatorio (10-12). ciò nono-
stante il limite di queste tecniche è costituito dalla qua-
si impossibilità di mettere contemporaneamente in atto
modifiche dei tessuti sia molli che duri e dall’impossibi-
lità, in fase di pianificazione, di riconoscere le variazioni
qualitative dei tessuti molli. Questo da un lato non per-
mette procedure rigenerative, se non minimali, e dall’al-
tro non permette di pianificare l’emergenza dei monco-
ni implantari in funzione della pre-
senza di gengiva aderente. tutto
ciò in definitiva consiglia di limitare
l’utilizzo delle tecniche “flapless” ai
casi che non richiedono alcuna
variazione del profilo osseo e con
una cresta edentula totalmente
rivestita da gengiva aderente.
Metodica SimPlant Universal
In anni recenti sono state intro-
dotte sul mercato numerose
metodiche integrate che propon-
gono all’operatore un protocollo
dettagliato che definisce step-by-
step tutte le operazioni debbono
essere compiute per arrivare dal
primo esame alla fine dell’interven-
to. tali metodiche si differenziano
sostanzialmente per il livello di
precisione assicurato e per il grado
di flessibilità garantita al chirurgo
per adattarsi alle diverse necessità
cliniche e tecniche. SimPlant
Planner è uno dei software più dif-
fusi per la elaborazione dei file
dIcOM provenienti dagli esami
tc, ed uno dei primi introdotti. La
metodica di trasferimento dei dati
dal programma al campo operato-
rio prevede tre diversi protocolli:
Classic, il protocollo più essen-
ziale e datato che prevede la sola
preparazione di dime chirurgiche
cAd-cAM, ad appoggio mucoso,
osseo, dentale o misto, in numero
pari ai diametri degli strumenti da
introdurre (frese, dispositivi di
montaggio o impianti);
Safe, il protocollo più completo
e sofisticato, al momento realizzabile solo per fixture
cilindriche ad esagono esterno, costituito da una sola
dima cAd-cAM avvitabile e una serie completa di
riduttori, frese calibrate e dispositivi di trasporto per
l’inserimento accurato di impianti con il totale controllo
della posizione, della profondità e della rotazione degli
impianti. I dati elaborati con tale metodica possono
essere integrati con sistemi cAd-cAM che consento-
no la fabbricazione di monconi e strutture protesiche;
Universal, di più recente introduzione, che rappresen-
ta una semplificazione del protocollo Safe e prevede la
fabbricazione cAd-cAM di un’unica dima chirurgica
avvitabile con cilindri fissi di diametro massimo e la for-
nitura di una serie completa di riduttori che permette
l’introduzione sequenziale di tutti gli strumenti rotanti, di
ogni diametro, senza rimuovere la dima. non richiede la
disponibilità dell’estesa e costosa serie di strumenti
necessaria per la metodica Safe. Risulta in definitiva la
24OttObRe
2009
Fig.3 – allestimento Scan
Prostheses:
•ceratura diagnostica
• Stampaggio degli elementi
dentari radiopachi
• Applicazione flangia in resina
radiotrasparente
• Prova nel cavo orale
Fig.4 – fasi principali della
pianificazione con SimPlant
Planner
• Visualizzazione rapporti
spaziali osso/elementi protesici
• Posizionamento
degli impianti
• Posizionamento elle viti di
fissaggio e visualizzazione
dei monconi
• creazione modello virtuale
SurgiGuide universal
3
4
metodica più semplice e flessibile
consentendo l’utilizzazione in asso-
ciazione con qualsiasi sistema
implantare pur mantenendo un
alto livello di affidabilità.
Protocollo clinico
La metodica SimPlant universal
prevede lo studio del caso e l’alle-
stimento di una protesi diagnostica
(Scan Prostheses) analogamente
agli altri sistemi. Alcune sistemati-
che legate a specifiche linee
implantari si discostano da questo
protocollo prevedendo un doppio
esame tc comprendendo una
scansione della sola protesi provvi-
soria (14,15). Le caratteristiche
costruttive della Scan Prostheses
differiscono a seconda che si pre-
veda di utilizzare una dima chirur-
gica ad appoggio osseo, dentale,
mucoso o misto (dentale/muco-
so).
In caso si preveda di volere rea-
lizzare una guida ad appoggio
osseo, dentale oppure misto, l’o-
biettivo sarà unicamente quello di
visualizzare i futuri elementi denta-
ri, il volume osseo ed i loro rap-
porti reciproci. Sarà costruita una
protesi diagnostica in cui i soli den-
ti saranno costituiti da una miscela
di resina acrilica e Solfato di bario
(percentuale baSo4 15%)ed in cui
la placca base è costituita da resina
pura.
In caso si preveda di volere rea-
lizzare una guida ad appoggio
mucoso l’obiettivo sarà di visualiz-
zare e differenziare con altrettanta precisione le basi
ossee, i tessuti molli che ricoprono le aree edentule ed
i futuri elementi dentari. Sarà costruita una protesi dia-
gnostica in cui, i denti saranno costituiti da una miscela
resina acrilica/solfato di bario con il 20% in peso di
baSo4, e la placca base sarà costituita da una miscela
resina acrilica/solfato di bario con il 10% in peso di
baSo4.
Al momento di sottoporsi all’esame tc il paziente
deve indossare la Scan Prostheses. Il radiologo curerà di
impostare i parametri più opportuni seguendo il pro-
tocollo consigliato.
Il file dIcOM ottenuto viene convertito in file leggi-
bile dal programma SimPlant. diviene così possibile
visualizzare liberamente tutti i particolari anatomici. Il
chirurgo ed il protesista possono valutare sia i tessuti
molli e duri, che la posizione dei futuri elementi denta-
ri. Possono congiuntamente simulare l’inserimento delle
fixture valutandone la posizione modificandola a piaci-
mento fino a determinare il piano di trattamento defini-
tivo (13).
una volta determinata in modo definitivo la posizio-
ne degli impianti si procede a definire la posizione delle
viti di fissaggio, in modo che non interferiscano con le
fixture, ed infine alla realizzazione del modello virtuale
della dima chirurgica. Questa può essere modificata se
necessario. una volta approvata la conformazione di
questo modello ne viene ordinata la produzione.
Questa viene eseguita in resina per mezzo di tecniche
stereolitografiche cAd-cAM e successivo inserimento
delle parti metalliche e può essere opportunamente
sterilizzata a freddo.
Al momento dell’intervento, dopo averne testato la
stabilità la dima viene bloccata con viti di fissaggio. La
mancata previsione di questa manovra costringe l’e-
quipe chirurgica a una stabilizzazione manuale difficol-
25OttObRe
2009
Fig.5 – dime SurgiGuide
• dima a riduzione ossea
• dima a riduzione ossea sul
modello stereolitografco della
mandibola
• dima SurgiGuide universal
• dima SurgiGuide universal
sul modello stereolitografco
della mandibola
Fig.6 – Principali fasi
chirurgiche:
• Incisione
• Riduzione ossea per mezzo
di dima
• Stabilizzazione SurgiGuide
universal per mezzo di viti da
osteosintesi
• e. f. Preparazione dei siti
implantari con frese sequenziali
e specifici riduttori
• maschiatura
• Inserimento fixture
• Sutura
5
6
tosa e dall’esito incerto.
CASO CLINICO
La Paziente b.A. di sesso femminile anni 69 si presen-
ta alla osservazione con parodontite avanzata che inte-
ressa, in gradi diversi, tutti gli elementi dentari residui
(fig.2). L’anamnesi medica è negativa. La Paz. non assume
farmaci bifosfonati. Non si rilevano controindicazioni
generali. Viene inizialmente proposta la estrazione di
tutti gli elementi dentari sia superiori che inferiori e la
protesizzazione mediante impianti. La Paz. rifiuta il trat-
tamento dell’arcata superiore.
Il piano di trattamento consiste nella estrazione di
tutti gli elementi dell’arcata inferiore, nell’approntamen-
to di una protesi mobile provvisoria e nella successiva
riabilitazione protesica fissa per mezzo di impianti osseo
integrati.
Dopo l’estrazione di tutti gli elementi dentari della
arcata inferiore e la costruzione di una protesi provvi-
soria mobile si prepara una Scan Prostheses (fig.3) per
produrre successivamente una
SurgiGuide ad appoggio osseo poi-
ché si prevede di dovere procedere
ad una probabile riduzione di una
cresta ossea sottile nella zona incisi-
va.
Dopo l’esecuzione dell’esame TC
e l’elaborazione dei file DICOM si
passa alla pianificazione virtuale con
programma SimPlant Planner.
Vengono dapprima analizzati i rap-
porti spaziali tra la cresta residua e
i futuri elementi protesici. Vengono
successivamente posizionati gli
impianti nelle sedi ideali. In questa
fase viene confermata ala necessità
di ridurre la cresta sottile a “lama
di coltello” presente nella zona
incisiva. A questo scopo verrà pre-
vista la costruzione di una dima per
riduzione ossea che guidi con preci-
sione la osteotomia permettendo il
successivo preciso adattamento
della dima per l’inserimento degli
impianti. Viene altresì previsto l’inse-
rimento di 3 viti di fissaggio. Vengo
scelti per l’utilizzazione impianti
Profile-1 Transmucosal a passo fine
con doppia spira (ORVIT,
Castelmaggiore (bO), Italia) dotati
di collare transmucoso allo scopo di
semplificare le procedure di prote-
sizzazione immediata. Il programma
SimPlant Planner prevede sial la
possibilità di simulare l’inserimento
di impianti già esistenti nella “libre-
ria” virtuale, sia, qualora si utilizzino
impianti non presenti nella “libreria”,
la opportunità di creare un modello di fixture e di mon-
cone personalizzato con le specifiche dell’impianto in
questione. Viene così simulato inserimento di impianti
Profile-1 Transmucosal e dei corrispondenti monconi,
optando per il tipo diritto(fig.4).
Una volta elaborato il modello virtuale della dima
SurgiGuide Universal ne viene autorizzata la fabbrica-
zione unitamente alla dima a riduzione ossea(fig.5).
Fase Chirurgica
Previa anestesia locoregionale viene sollevato un
lembo a tutto spessore con incisione crestale esteso
distalmente e con una unica incisione di rilasciamento
mediana. Dopo avere scheletrizzato la parte di mandi-
bola interessata viene posizionata la guida a riduzione
ossea e praticata la osteotomia. Quindi si procede alla
prova della stabilità della SurgiGuide, ad alla successiva
fissazione con viti da osteosintesi. La fase successiva pre-
vede l’uso sequenziale delle frese della sistematica
Profile-1 Transmucosal per mezzo degli anelli adattatori
26OTTObRe
2009
Fig.7- Protesizzazione
immediata:
• b. c. Costruzione della
protesi provvisoria fissa, con
flange di stabilizzazione, sulla
base della ceratura diagnostica.
• Cappette metalliche
provvisorie.
• Prova della protesi
provvisoria fissa prima
dell’intervento.
• Cappette metalliche
provvisorie inserite sui
monconi
• Cappette metalliche
provvisorie inglobate nella
protesi provvisoria fissa
• Protesi provvisoria fissa
terminata dopo la rimozione
delle flange
• Protesi provvisoria fissa
cementata a fine intervento
Fig.8 – Controllo a 7 giorni
• Situazione a 7 giorni
• Rimozione della protesi
provvisoria
• Rimozione delle suture
• RX OPT di controllo
7
8
propri della metodica SurgiGuide
Universal. Questi riducono il dia-
metro dei cilindri a quello compa-
tibile con la fresa in uso. Durante
le varie fasi la dima chirurgica
rimane stabilizzata abbreviando
notevolmente i tempi chirurgici.
Dopo la rimozione della dima si
procede alla maschiatura ed all’in-
serimento degli impianti ed alla
sutura (fig.6).
Protesizzazione immediata
Dopo la sutura si rimuovono i
dispositivi di montaggio e si appli-
cano i monconi avvitabili. Su tali
monconi vengono applicate delle
cappette metalliche precedente-
mente fabbricate dall’odontotecni-
co fornite di micro ritenzioni per
la resina . Su queste cappette vie-
ne poi ribasata la protesi provviso-
ria preconfezionata sulla base del-
la ceratura diagnostica iniziale. La
stessa protesi dopo la rifinitura
viene cementata con cemento
provvisorio(fig.7).
Successivamente viene eseguita
una OPT di controllo e dopo 7
giorni vengono rimosse le suture
(fig.8).
Finalizzazione protesica
A 4 mesi dal inserimento delle
fixture viene sostituita la protesi
provvisoria in resina con una pro-
tesi definitiva in metallo-ceramica
(fig.9).
Discussione
Sempre più spesso pazienti informati richiedono trat-
tamenti implantari con protesizzazione immediate. La
tecnica descritta, se da un lato richiede una accurata pia-
nificazione ed esami complessi dall’altro consente di for-
nire al paziente una protesi fissa immediata impianto
supportata con un elevata grado di precisione ed affida-
bilità. Risulta particolarmente gradito ai pazienti ed agli
operatori la drastica riduzione dei tempi chirurgici. Per il
chirurgo che abbia già dimestichezza con la chirurgia
impiantare non sembra esserci necessità di una vera e
propria curva di apprendimento costituendo la metodi-
ca in oggetto una reale semplificazione. Al neofita risulta
particolarmente utile nella pianificazione dei primi casi
complessi e nella gestione “senza ansia” dei casi norma-
li.
In tutti i casi la parte più complessa e che ha richie-
sto maggiore dispendio di tempo è risultata essere la
protesizzazione immediata. I tutti i casi da noi trattati
questa ha richiesto un quantità di tempo notevolmente
superiore alla fase chirurgica. Se a ciò aggiungiamo che
la integrità ed la corretta funzione della protesi imme-
diata costituisce uno dei fattori determinanti per l’otte-
nimento della osteointegrazione si intuisce quanta par-
te della attenzione dell’operatore esperto che utilizza
queste metodiche si sposta dalla fase chirurgica a quel-
la protesica.
Alla ricerca della massima semplificazione abbiamo
sempre utilizzato protesi provvisorie interamente in
resina acrilica. In commercio sono disponibili essenzial-
mente tre tipi di monconi per la ribasatura di protesi
provvisorie in resina: moncone avvitato (con vite pas-
sante), moncone per cementazione (utilizzato nel caso
clinico in oggetto), monconi a frizione “snap on” (con
specifiche cappettte). I monconi avvitati, che rappresen-
tano apparentemente una soluzione affidabile, pongono
numerosi problemi nel caso di ponti estesi. Frequenti
problematiche sono emerse relativamente alla fragilità
degli spessori di resina in corrispondenza dei tubi di
27OTTObRe
2009
Fig.9 – Finalizzazione protesica
• Controllo a 4 mesi
• Prova della struttura
metallica
• Protesi definitiva
• RX OPT di controllo
Fig.10 – protesi provvisoria
immediata su monconi avvitati
( riabilitazione totale
superiore):
• Monconi inseriti
• Protesi provvisoria appena
ribasata
• Protesi inserita (sono visibili i
fori per il passaggio delle viti
chiuse con cemento
provvisorio)
• Risultato a 6 settimane!
9
10
passaggio della vite che costituiscono un locus minorisresistentiae ed all’inserimento in caso di disparallelismo
tra le fixture (fig.10). I monconi “snap on” e quelli da
cementare provocano una minore concentrazione di
forze e producono in definitiva una protesi più solida.
Conclusioni
La tecnica appare di semplice applicazione clinica e
portatrice di una importante semplificazione chirurgica
pur richiedendo una più accurata pianificazione. La fase
di protesizzazione che segue immediatamente a quella
chirurgica rappresenta al momento la sfida maggiore
alla ricerca di metodiche per una rapida ed efficace
soluzione ai problematiche di adattamento della protei
provvisoria fissa.
Ringraziamenti
Si ringraziano i Sign.ri Odt.ci Stefano Grandi e
Ferdinando Inzillo per la realizzazione delle procedure
odontotecniche.
28OTTObRe
2009
bIbLIOGRAFIA
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Per ulteriori informazioni: Dott. Giuseppe Dell’Aquilamedico chirurgo odontoiatra Tel. [email protected]
PRIMA DOPO
Intervistatore:Oggi mi sono recato a un appuntamento col sig. Grassi
presso la Or-Vit, azienda della quale è Direttore Generale.La promessa era una visita all’azienda per un approfondi-mento su come sono prodotti gli impianti per implantolo-gia dentale, produzione di cui Or-Vit si occupa da ben qua-ranta anni.
L’azienda è stata da poco trasferita in una nuova strut-tura, su un unico blocco indipendente, con una superficie dicirca 1500 mq; produzione al piano terra, uffici direzionalie sala corsi al primo piano.
Macchinari, attrezzature, tutto in perfette condizioni euna produzione divisa per settori fino alla fiammantecamera bianca ISO7, che lasciano intendere la volontà el’impegno di quest’azienda a realizzare prodotti di altaqualità.Intervistatore:
Sig. Grassi, si sente spesso parlare di qualità dei prodotti,in questo caso riferita agli impianti dentali, mi può chiarirecosa si vuole intendere per qualità e come riconoscerla?Giorgio Grassi:
Quando si parla di Qualità, si deve pensare ad un pro-cesso di certificazione molto complesso che coinvolge sia
l’azienda sia il prodotto finale.Già dal 1997 abbiamo portato la Or-Vit alla certificazio-
ne in accordo alla Normativa ISO 9001 che, con unapproccio per processi, regola le attività di tutte le areeaziendali. Inoltre abbiamo ottenuto, sempre nello stessoanno anche la marcatura CE di prodotto in accordo con laDirettiva Europea 93/42/EEC.
Qualità significa anche essere dotati di una buona proget-tazione che tenga conto della complessità di tutti gli elemen-ti che compongono un sistema implantare completo.
Parte fondamentale è la scelta dei profili della filettatu-ra esterna e la forma della connessione protesica, perchéentrambe possono essere in parte, responsabili di insucces-si. Non possiamo infine dimenticare l’importanza dei trat-tamenti superficiali degli impianti, una costante ricerca esviluppo di nuovi trattamenti è alla base di una perfettaosteointegrazione.Intervistatore:
Mi può allora spiegare quale profilo e quale connessio-ne lei ha scelto per il nuovo sistema PROFILE1?Giorgio Grassi:
Riguardo i profili, abbiamo deciso di scegliere delle filetta-ture che fanno riferimento a norme UNI nel campo delle viti
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2009
a Giorgio Grassi DG Or-Vit S.r.l.
INTERVISTA
Di Mihaela Roman
ortopediche endossee, anche basandoci sulla nostra grandeesperienza passata di produttori di viteria ortopedica.
Questo know-how ci ha fatto preferire due differentifilettature, una più fine per osso corticale, ed una più lar-ga per osso spongioso. Il particolare sottosquadro di tra-zione e l’assenza di spigoli vivi permettono un avvitamen-to sicuro e agevole fino al raggiungimento della stabilitàprimaria ideale.
Come connessione protesica abbiamo preferito unaconometrica con carico distribuito tra moncone e spalladell’ impianto, il cono di contatto tra i componenti impedi-sce infiltrazioni batteriche all’ interno dell’ impianto, aumen-tandone la sicurezza e la durata nel tempo.Intervistatore:
Oltre a queste caratteristiche, come si distingue unimpianto di qualità da un altro?Giorgio Grassi:
Chi acquista un impianto, non può riconoscerne la qua-lità se non dopo molto tempo. Questo perché tutte quelle
cose che rendono un sistema implantare un prodotto affi-dabile come le finiture superficiali, i molteplici controlli sul-le quote critiche, le tolleranze meccaniche, i lavaggi accura-ti, il confezionamento in ambiente adeguato, non sonoriscontrabili immediatamente. Come rassicurazione per inostri clienti possiamo dire che per Profile1 seguiamo unprotocollo di produzione molto rigoroso, gestito da unsoftware molto complesso. Questo programma traccia tra-mite postazioni di raccolta dati con codice a barre, tutte lefasi e tutti gli oparatori coinvolti nel processo produttivo.Questo significa che dall’arrivo della materia prima inazienda, passando per la produzione, la finitura, il collaudoe il confezionamento nella nostra clean room, tutti i datiche compongono la filiera produttiva sono registrati sulnostro Server per garantire una rintracciabilità dei nostriprodotti.
Tutto ciò ci assicura successi implantari e connessioniperfette impianto/componente protesico anche con lotti diproduzione diversi e lontani nel tempo.
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2009
3
1
Reception
2
Sala corsi
3
Progettazione
1 2
Intervistatore:Credevo veramente bastasse avere macchine utensili di
alta tecnologia per fare impianti dentali, mi devo ricredere,ma tutti questi controlli quanto incidono nel costo di produ-zione?Giorgio Grassi:
Purtroppo tantissimo, basti pensare che un ciclo produt-
tivo completo di un impianto Profile1 è composto da più di20 fasi, tra controlli durante il processo, collaudi, anchedistruttivi, finiture ecc. La maggior parte di queste attività èsempre legata a operatori, non a macchine. I nostri addet-ti operano, con l’ausilio di strumenti e attrezzature adegua-te, presidiando in maniera continua i prodotti che stannolavorando.
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4
Sala macchine
5
Controllo produzione
6
Controllo al microscopio
7
Camera bianca
8
Confezionamento
e spedizione
4
5 6
7 8
Invito ad una visita su appuntamento alla nostra azienda per riscontrare personalmente il vero PERCORSO DELLa QUaLITà.
Continua il viaggio allascoperta dell`antica viadella seta sulle orme di
Marco Polo. In questa secondaparte esploreremo due ex repub-bliche socialiste sovietiche,Uzbekistan e Kirghizistan chesolo da poco tempo, dopo ildisgregamento dell`URSS, hannoraggiunto la piena indipendenza.
Un aereo che non esiterei adefinire scalcinato ci porta daTashkent, la capitale, a Urgench,anonima città dell`ovestdell`Uzbekistan, punto di parten-za del nostro tour in quello cheanticamente fu il paese natale diTamerlano, poi una delle repub-bliche socialiste sovietiche, orauna giovane repubblica indipen-dente ma con profonde radici sto-riche. La nostra prima tappa èKhiva, antica capitale e cittàsacra. Sorge nel mezzo di unazona desertica, circondata da altemura merlate (Fig. 1) ed è un tri-pudio di minareti, madrasse(scuole coraniche) (Fig. 2),moschee e palazzi fastosi con alticolonnati impreziositi da fregicomplessi variamente colorati(Fig. 3). Fa risalto quello chesarebbe dovuto essere il minaretopiu` alto del mondo allora cono-sciuto (Fig. 4) ma che non fu pos-sibile portare a termine. Una gui-da dall`inglese stentato cerca diriportarci con le parole ai tempi incui Khiva era una città viva epotente, ma il tentativo non riescebene: la città infatti pare vuota edin effetti lo è veramente e questoper una scellerata scelta dellaclasse politica uzbeka che decise,qualche anno fa, di svuotare ilcentro storico dei suoi abitanti(trasferiti in periferia in case nuo-ve fin troppo asettiche e prive di
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2009
la Via Della Seta (secondA PARTe)
MARCO POLO
Di Alfredo Tursi
Fig. 1
Fig. 2
storicità) e mantenerlo soltantocome museo all`aperto ad usoelusivamente turistico. Ne risultapertanto una città nella città: bel-lissimi monumenti, minareti chesvettano nel cielo blu (Fig. 5),moschee e madrasse riccamente
decorate che ricordano, anche sealla lontana, la Mezquita Catedraldi Cordoba (Fig. 6), una famosastatua del matematico Aveeroè(Fig. 7) ma tutto ciò inserito in uncontesto poco “umano” dato chegli unici uzbechi sono la guida ed
i venditori di souvenir. Tre ore di pullman ci separano
dalla tappa successiva, quella cheio ritengo la città piu` affascinan-te dell`Uzbekistan, Bukhara. Adifferenza di Khiva questa città,piu` grande della suddetta Khiva,
ha un centro storico piu` vivoessendo normalmente abitato.Questa città è una continua sco-perta: vicoli stretti che sboccanoin piazze con madrasse (Fig. 8)che si salutano una di fronteall`altra, bagni turchi nei quali ci
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Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6 Fig. 7
si può rilassare con caldi vapori emassaggi sferzanti, piazze conristoranti dove gustare succulentispiedini di carne arrostita sullabrace (Fig. 9), caravanserragli,una volta stazioni di sosta dellecarovane che percorrevano la viadella seta, che ora sono diventatisede di negozi dove comprare tes-suti, spezie ed altri souvenirs. Sututto e tutti maestosamente si ergeil minareto di Kalon (Fig. 10)dominante la piazza principaledella città (Fig. 11), la stessa cheospita le due principali e piu` anti-che madrasse. Questo minareto èbellissimo, dalla sua sommità si
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Fig.8 Fig.9
Fig.10 Fig.11
Fig.13
Fig.12 Fig.14
gode una splendida vista dellasottostante città (Fig. 12), talmen-te bello che Gengis Khan, checonquistò la città e che era famo-so per la sua ferocia distruttricedelle persone e delle cose, lorisparmiò proprio per la sua bel-
lezza.Prima di arrivare a Samarcanda
una breve sosta a Shakrisabz, cittàche diede i natali ad Amir Timur,“lo zoppo”, conosciuto ai piu`come Tamerlano il quale, intornoal 1400 arrivò a fondare un impe-
ro vastissimo, che dall`Iran arri-vava fino al confine con la Cina,comprendendo tutte le repubbli-che centro asiatiche. La Cina fu lasua fissazione e proprio durante iltentativo di conquistarla siammalò fino a morire. Voleva
essere sepolto sempre aShakrisabz, e qui infatti si puòvedere quella che sarebbe dovutaessere la sua tomba (Fig. 13), maciò non fu possibile e Tamerlanovenne sepolto a Samarcanda. Orala città vive nel ricordo del suofiglio piu` famoso, una grandestatua lo raffigura in posizioneeretta (Fig. 14) nel mezzo di unagrande piazza dove gli sposinovelli vengono a farsi fotografa-re (Fig. 15). Ma ora ci aspettaSamarcanda con i suoi palazzi e lesue madrasse, ma soprattutto con
il suo Registan, una delle meravi-glie del mondo.
Samarcanda è una grande cittàequesto è un pò il suo limite, trop-po dispersiva rispetto a Khiva eBukhara, i punti di interesseparecchio distanti tra loro. Questo
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Fig.18
Fig.15 Fig.16
Fig.17
Fig.20Fig.19 Fig.21
limite non fa comunque passarein secondo piano le bellezze diquesto luogo. Il Registan su tutti,grande piazza circondata su trelati da tre bellissime madrasse(Fig. 16) di UlugBek, TillaKari eSherDhor, costruite fra il XIV edil XVII secolo. Il colpo d`occhio èunico a tutte le ore del giorno,poichè la terra girando mette infavore di sole ora l`una ora l`altradelle madrasse. Si potrebbe sosta-re tutto il giorno sulla piazza ed
avere sempre una visione diversasulla ceramiche colorate che rive-stono i palazzi. Di sera la luce delsole viene rimpiazzata da luciposticce, uno spettacolo di suoni eluci che racconta, solo in russoperò, la storia della città. MaSamarcanda non è solo la città delRegistan o della tomba diTamerlano (i cui resti si trovanonel mausoleo chiamato GurEmir): notevoli sono anche la
Moschea di Bibi Hanim, una del-le piu` grandi al mondo (Fig. 17);il cimitero di Shakhi Zinda, unaserie di 11 mausolei costruiti tra ilXIV ed il XV secolo (Fig. 18) el`osservatorio di Ulugbek, chesovrasta la città (Fig. 19). LaVisita Di Samarcanda si completacon una passeggiata al mercatodella frutta dove posso dire diavere gustato la migliori anguriedella mia vita.
Il viaggio prosegue verso il con-fine con il Kirghizistan attraversola Valle di Fergana, che vienesegnalata come zona pericolosa arischio di attentati: in realtà duran-te il nostro soggiorno la zona ci èsembrata molto tranquilla e lapopolazione cordiale e disponibile.Visitiamo i laboratori di lavorazio-ne e produzione della seta (siamo ono sulla via della seta?) (Fig. 20) edella ceramica, per cui questa zona
è rinomata, nonchè altre moschee(Fig. 21).
Ma è ormai tempo di passare lafrontiera: il Kirghizistan, con le suealte vallate, ci farà da ponte tra ilregno di Tamerlano e la Cina. Lopercorriamo da ovest ad est, tra val-li brulle dove corrono liberi i caval-li (Fig. 22), paesetti dove veniamoaccolti con benevolenza e moltacuriosità dalla popolazione locale(Fig. 23), accampamenti nomadicon le grandi yurte dove le famiglievivono per tutto l`anno (Fig. 24).Questo paese non ha meravigliestoriche come quello dal quale pro-veniamo, se si eccettua una immen-sa statua di Lenin nella città di Osh(Fig. 26) ma non gli mancano lemeraviglie naturali come la catenadel Pamir (Fig. 25). In una freddamattina di agosto lasceremo ilKirghizistan per affrontare l`ultimaparte di questo viaggio che ci por-terà in Cina….ma questa è un`altrastoria….
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Fig.22
Fig.24
Fig.26
Fig.23
Fig.25
43OTTObRe
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CONSIDERAZIONI
GENERALI
Patologia parodontale è un ter-mine utilizzato per descrivereuna condizione infiammatoriadella gengiva (gengivite) e/o delparadonto (paradontite). La pato-logia parodontale ge neralmentesi riferisce a una malattia che pro-gredisce tipica mente da gengivitea periodontite1,2. La patologiaparodontale può essere la manife-stazione di una malattia sistemi-ca, co me il diabete mellito, le col-lagenopatie, la leucemia o altremalattie dei leucociti, l’anemia ogli stati di carenza vitamini ca1. Estata inoltre riportata una associa-zione con l’ateroscle rosi.
Dal momento che la perdita diosso alveolare può non es sereinfiammatoria, la nostra defini-zione di patologia parodontaleesclude i processi che provocanosoltanto la perdita dei denti (lamaggior parte dei quali è dovutaall’osteoporosi o a disordiniendocrini)1. Queste situazioniriflettono una pato logia sistemi-ca, con fattori locali che svolgonoun ruolo mino re; quinti l’obietti-vo deve essere quello di trattarela sottostan te condizione piutto-sto che la patologia parodontale.In que sto contesto la perdita diosso alveolare non infiammatoriava vista come un’entità separata,dal momento che dipende da unadiversa eziologia.
L’obiettivo di questo lavoro èsostenere che l’alimenta zione e ilmiglioramento dello stile di vitasono una terapia ag giuntiva peraiutare il controllo e la prevenzio-ne delle cause della patologiaparodontale infiammatoria.Questo è l’esem pio di una condi-
zione che probabilmente vienetrattata me glio con la combina-zione di più specialisti, per esem-pio un dentista o un periodontistae un dietologo. Sebbene l’igieneorale sia di fondamentale impor-tanza nel trattamento e nella pre-venzione della patologia parodon-tale, non è sufficiente in molticasi. Per controllare lo sviluppo ela progressione della malattia ènecessario normalizzare le difesedell’ospite1‘3. In larga misura, lostato nutrizionale di un individuodetermina lo stato dei fattori didifesa.Prevalenza ed epidemiologia
La prevalenza della patologiaparodontale aumenta diretta mentecon l’età. La frequenza di patolo-gia parodontale è ap -prossimativamente del 15% a 10anni, del 38% a 20 anni, del 46%a 35 anni e del 54% a 50 anni. Gliuomini hanno una prevalenza piùalta e una gravità maggiore dellapatologia parodontale rispetto alledonne. La patologia parodontale èin versamente correlata all’au-mentare dei livelli di educazione edi reddito. Coloro che abitano incampagna hanno una gravi tà euna prevalenza maggiori rispettoa coloro che abitano in città1.
Fisiopatologia
La comprensione della patofi-siologia sottostante ogni proces sopatologico porta a un piano tera-peutico più efficace. Nella pato-logia parodontale questo vuoldire comprendere i nor mali fatto-ri protettivi del periodonto. È sta-to concluso che: «chiaramente ibatteri sono agenti fondamentali,ma di per sé insufficienti; devonoessere coinvolti fattori dell’ospiteaffin ché la patologia si sviluppi eprogredisca»3.
I fattori coinvolti nella resi-stenza dell’ospite comprendono:
Microambiente del solco gen-givale
Fattori battericiFunzione dei leucocitiAttivazione del complementoFunzione delle IgE e dei
mastocitiTrattamento con l’amalgamaVari fattori localiStruttura e integrità della
matrice di collagene del perio -donto e della gengiva Solco gengivale
solco gengivale è la fessura aforma di V che circonda ognidente ed è legato alla superficiedel dente da un lato e all’epi telioche riveste il margine libero della
gengiva dall’altro. La forma delsolco gengivale è l’ideale per lacrescita dei batteri perché è resi-stente ai lavaggi e all’azionepulente della saliva.
Per di più il fluido gengivale(fluido del solco) offre un ricconutrimento ai microrganismi. Ladeterminazione clinica dellaprofondità del solco gengivale èun’importante parametro diagno-stico. I pazienti con patologiaparodontale dovrebbe ro esserecontrollati, nella mag gior partedei casi, due volte l’anno dal den-tista.Fattori batterici
La placca batterica è stata alungo considerata l’agenteeziolo gico nella maggior partedelle forme di patologia parodon-tale1. Tuttavia oggi si rivolgel’attenzione anche verso i fattoridi difesa dell’ospite1,3. Si sa chei batteri producono e secernononumerosi componenti in grado didistruggere i meccanismi di dife-sa dell’ospite. Tali componenticomprendono1:Endotossine ed esotossine
Radicali liberi ed enzimi chedistruggono il collagene
LeucotossineAntigeni batterici, rifiuti e
la patOlOGiaparODOntale
FITOTERAPIA
Prevenzione e trattamenti non convenzionali
dott. Andrea Possenti, dr. Agostino chilà,
UNIVERITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
Corso di Laurea in Igiene Dentale CLID (Terapie non convenzionali) ISERNIA
Riassunto
La patologia parodontale è una condizione
infiammatoria e non della struttura di
sostegno del dente (parodonto).
In questo lavoro gli autori sostengono che
oltre all’igiene orale, anche l’alimentazione,
lo stile di vita e alcuni rimedi fitoterapici
sono un valido ausilio per il miglioramento
della condizione parodontale.
Parole Chiave
Patologia parodontale, alimentazione, stile di
vita, igiene orale, fitoterapia.
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1 Caso clinico iniziale
2 Particolare
3 Sondaggio dopo tre settimane
4 Controllo a distanza di tre mesi
5 Caso clinico iniziale
6 Gel fitoterapico applicato sulle zone
trattatea
7 Controllo a distanza di quindici giorni
1 2 3
componenti tossiciLeucociti polimorfonucleatiI neutrofili costituiscono la pri-
ma linea di difesa contro la cre-scita dei batterio. Difetti dellafunzione dei polimorfonu cleatisono catastrofici per il periodon-to1‘3. Le funzioni dei polimorfo-nucleati sono depresse neglianziani e nei pazienti con il dia-bete, con il morbo di Crohn, consindrome di Chediak-Higashi,con la sindrome di Down e con laperiodontite giovanile1‘3. Questipazienti hanno un rischio estre-mamente alto di sviluppare unapatologia parodontale a rapidapro gressione, così come i sogget-
immunitario, ma le linfochinesono coinvolte nel promuo vere lachemiotassi dei polimorfonuclea-ti e dei monociti, la distruzionedei fibroblasti e l’attivazionedegli osteoclasti1‘3.Complemento
Il sistema del complemento ècomposto da almeno 22 protei nee rappresenta più del 10% delleglobuline sieriche totali. Una vol-ta attivati, i componenti del com-plemento agiscono come unacascata. Il complemento puòessere attivato attra verso la viaclassica o quella alterna. A siste-ma del comple mento svolge unruolo critico nella resistenza
scio di mediatori dell’infiamma-zione, per esempio istami-na,prostaglandine, leucotrieni, chi-nine, serotonina, eparina, e pro-teinasi1. La degranulazione deimastociti può essere inizia ta dacomplessi IgE, componenti delcomplemento, trauma meccani-co, endotossine e radicali liberi. Ilritrovamento di au mentate con-centrazioni di IgE nella gengivadi pazienti con patologia paro-dontale suggerisce che le reazioniallergiche possano svolgere unruolo nella progressione dellapatologia in alcuni pazienti5.
Trattamento con l’amalgamaAlterati trattamenti di ortodon-
Tabacco
Il consumo di tabacco è asso-ciato ad un’aumentata suscettibi -lità a gravi patologie periodontalie alla perdita di denti1,8‘9(ilfumo è associato ad un’aumenta-ta suscettibilità di pressoché tuttele patologie croniche maggiori).Molti degli effetti nega tivi delfumo sono il risultato del dannoda parte dei radicali liberi, parti-colarmente verso le cellule epite-liali. Inoltre il fu mo riduce inmodo importante i livelli di acidoascorbico, po tenziando quindi isuoi effetti dannosi10. Si è vistoche il caro tene e i flavonoidi ridu-cono in modo significativo alcuni
ti con una temporanea neutro-penia. I difetti temporanei dellafunzione dei polimorfonu cleatipossono essere responsabili deiperiodi di quiescenza edi esacerbazione che si notanonella patologia parodontale.Cosìcome svolgono un ruolo vitalenel proteggere contro la patologiaparodontale, i polimorfonucleatisono fondamenta li anche nelladistruzione dei tessuti. I poli-morfonucleati rila sciano numero-si radicali liberi, collagenasi,ialuronidasi, me diatori dell’in-fiammazione e un agente stimo-lante gli osteo-clasti1‘3.Macrofagi e monociti
Questi leucociti si ritrovanoaumentati nella patologia paro-dontale. Oltre che servire a fago-citare i batteri e i detriti, que stecellule sono la fonte principale diprostaglandine nella gengivamalata e rilasciano grandi quan-tità di enzimi che sem brano svol-gere un ruolo primario nelladistruzione del colla gene1,3.Linfociti
II ruolo principale deilinfociti nella patologia parodon-tale è la produzione di linfochine.Il loro ruolo nella patologia paro-dontale è nascosto dal ruolo dialtri componenti del siste ma
immunologica e non specificaalle infezioni e nella patogenesidel danno tissutale. I prodotti del-l’attivazione del complementoregolano una serie di eventi,compreso il rilascio dei mediato-ri dalle mastcellule; l’induzionedella contrazione della muscola-tura liscia; la chemiotassi deipolimorfonucleati, dei monociti ede gli eosinofìli e la fagocitosiattraverso l’immunoadesione4.L’effetto netto è un aumento del-la permeabilità gengivale, chedetermina una incrementatapenetrazione dei batteri e dei pro-dotti batterici e, in sostanza, l’ini-zio di un feedback posi tivo1,3.
Altri effetti dell’attivazione delcomplemento comprendo no lasolubilizzazione degli immuno-complessi, la lisi della membranecellulari, la neutralizzazione deivirus, e l’uccisione dei batteri.Nella patologia parodontale, l’at-tivazione del complemento attra-verso la via alterna nelle tascheperiodon-tali verosimilmente è ilprincipale fattore di distruzionetissu-tale.
Mastociti e IgEAnche la degranulazione dei
mastociti è un fattore importantenella patologia parodontale. Ladegranulazione determina il rila-
zia e protesi sono cause fre quentidi infiammazione gengivale e didistruzione parodontale1. I mar-gini sporgenti offrono un’idealesede di accumulo di placca e dimoltiplicazione dei batteri. Se iltrattamento vie ne fatto con uncomposto di amalgama d’argentoil coinvolgi mento può essereaddirittura maggiore a causa del-la diminui ta attività degli enzimiantiossidanti. L’accumulo di mer-curio determina una depressionedegli enzimi che combattono i ra -dicali liberi, glutatione perossida-si, superossido-dismutasi e cata-lasi6. I proteoglicani e i glicosa-minoglicani della matrice di col-lagene sono particolarmente sen-sibili al danno dei radi cali liberi7.Fattori locali vari
Numerosi fattori locali favori-scono la progressione della pato -logia parodontale. Questi com-prendono:
Impatto del ciboMancato rimpiazzo dei denti
persiMalocclusioneLingua che spingeBruxismoTrauma da spazzolamentoRespirare con la boccaTabacco (di cui si parla di
seguito)
degli effetti tossici delfumo11,12.CONSIDERAZIONI
TERAPEUTICHE
Gli obiettivi terapeutici neltrattamento della patologia paro-dontale dal punto di vista nutri-zionale sono:
Diminuire il tempo di guari-gione delle ferite (il tempo diguarigione delle ferite è più lungonei pazienti più suscetti bili apatologie periodontali1‘)
Migliorare l’integrità dellemembrane e del collagene
Diminuire il danno dell’in-fiammazione e dei radicali liberi(l’infiammazione può indurre uncircolo vizioso e favorire la pato-logia parodontale)
Migliorare lo stato immunita-rio (i difetti del sistema immu -nitario, particolarmente nei poli-morfonucleati, sono molto dan-nosi per il periodonto)
I singoli componenti nutrizio-nali saranno descritti di seguitonel contesto del loro ruolo per ilraggiungimento di questi obietti-vi terapeutici.Vitamina C
La vitamina C (acido ascorbi-co) svolge un ruolo principalenella prevenzione della patologiaparodontale, come è evi dente da
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molti studi sperimentali1‘18“22.Il classico sintomo della gengivi-te, osservato nello scorbuto, illu-stra la funzione vitale che la vita-mina C svolge nel mantenerel’integrità e l’im-munocompeten-za delle membrane e del collage-ne. Un deficit di vitamina C siassocia a una difettosa formazio-ne e a un alte rato mantenimentodel collagene della sostanza basa-le e del cemento intercellulare neltessuto mesenchimale1. Gli effet-ti del deficit sull’osso compren-dono il ritardo o l’interruzionedella formazione di tessutoosteoide, l’alterata attività osteo-clastica e l’osteoporosi. Deficit
immunoglobuline, e della secre-zione di ormoni rimici. La vita-mina C inoltre pos siede significa-tive proprietà antiossidanti eantinfiammatorie e diminuisce iltempo di guarigione delle feri-te24.Saccarosio
È noto che lo zucchero incre-menta significativamente l’accu -mulo della placca diminuendo con-temporaneamente la che miotassi ela fagocitosi di polimorfonuclea-ti1,25. L’inibizione della funzionedei polimorfonucleati è dovuta aeffetti osmoti ci e alla competizionecon la vitamina C.
È noto che la vitamina C e il
Le funzioni dello zinco sonosinergiche a quelle della vitaminaA in molti processi metabolici27.La gravità della patologia paro-dontale correla positivamentecon gli aumentati livelli sieri ci dirame e con i diminuiti livelli dizinco, vi è quindi un au mentatorapporto rame/zinco28. Ciò ècompatibile con altre cause diinfiammazione cronica e implical’attivazione della metallotionei-na, che determina l’incrementodella formazione di cerulopla-smina e del sequestro dello zincoin risposta al l’infiammazione27.
L’importanza dello zinco neltrattamento della patologia paro-
la patologia parodontale so nodovuti anche alla situazione suiprocessi mediati dal calcio e dal-la calmodulina, come la degranu-lazione delle mastcellule, il dan-no tissutale indotto dalle endotos-sine e l’aumentata permeabilitàvascolare27. Questi eventi cal-cio-mediati sono re sponsabili digran parte della distruzione tissu-tale che si vede nella patologiaparodontale32.
Il regolare (due volte il giorno)utilizzo di un colluttorio che con-tenga una soluzione di zinco al5% inibisce la forma zione dellaplacca30. Tuttavia concentrazio-ni inferiori o i la vaggi con collut-
subclinici di vitamina C svol gonoun ruolo significativo nella pato-logia parodontale attra verso que-sti effetti e il loro ruolo nel ritar-dare la guarigione delle feri-te1‘18“22.
La diminuzione dei livelli divitamina C è inoltre associata adun’aumentata permeabilità dellamucosa orale alle endo-tossine eai prodotti batterici, così come aun’alterata funzio ne dei leucociti(specialmente dei polimorfonu-cleati). H ruolo che la vitamina Csvolge nell’alimentare la chemio-tassi e la fa gocitosi da parte deipolimorfonucleati è meglioesemplificato dal suo effetto nel-la sindrome di Chediak-Higashi.Questa pa tologia autosomicarecessiva è associata a una com-promessa attività di chemiotassi efagocitosi di polimorfonucleati emo-nociti, e risponde all’aggiun-ta di vitamina C23. Questasindro me è inoltre associata conuna periodontite estremamenteve loce nella progressione1‘3.
Gli altri effetti della vitamina Csullo stato immunitario compren-dono il miglioramento dellarisposta linfoproliferativa agliagenti mitogeni e l’aumento deilivelli di interferone, della rispo-sta antìcorpale, dei livelli di
glucosio competono per i siti ditrasporto intracellulare, essendoil trasporto intracellulare ampia-mente insulino-dipendente 26.Vitamina A
Un deficit di vitamina A predi-spone alle patologie periodontalied è associato a1:
Metaplasia cheratinizzante del-l’epitelio gengivale
Cariolisi precoce delle celluledell’epitelio gengivale
Infiltrazione e degenerazioneinfiammatoria
Formazione di tasche perio-dontali
Formazione di calcoli gengiva-li
Aumentata suscettibilità alleinfezioni
Anomala formazione di ossoalveolare
La vitamina A è necessaria perla sintesi di collagene e per laguarigione delle ferite, per il man-tenimento dell’integrità del lesuperfici epiteliali e mucose e del-le loro secrezioni, e per il miglio-ramento di.numerose funzioniimmunitarie24. Il miglio re sup-plemento può essere il beta-caro-tene grazie alla sua affi nità per iltessuto epiteliale e per la suapotente attività antios sidante12.Zinco e rame
dontale non può essere sovrasti-mata. Negli Stati Uniti, un lievedifetto di zinco è assai diffusosoprattutto negli an ziani28,29.Ciò può essere un fattore chedetermina l’aumento della preva-lenza della patologia parodontalecon l’età, anche se la popolazioneanziana è a rischio più elevato disviluppare deficit di numerosinutrienti. Le funzioni dello zincosulla gengiva e sul periodontocomprendono24,27,29“31:
Stabilizzazione delle membra-ne
Diminuzione dell’ingresso dicalcio
Attività antiossidantePartecipazione, come metallo,
in almeno 40 enzimi com presiquelli per la sintesi del DNA,dell’RNA e del colla gene
Inibizione della crescita dellaplacca
Inibizione della degranulazio-ne dei mastociti
Numerose attività immunitariecomprese l’incremento del la che-miotassi e della fagocitosi deipolimorfonucleati
È noto inoltre che lo zincoriduce significativamente il tem-po di guarigione delle feri-te24,27.
Effetti positivi dello zinco sul-
torio meno frequenti non sonoparticolarmen te efficaciVitamina E e selenio
Questi due nutrienti agisconosinergicamente con attività an -tiossidante e sembrano poten-ziarsi l’un l’altro. È stato dimo-strato che la vitamina E da solaè particolarmente importante neipazienti con patologia parodon-tale grave1,33. Ciò può es sereattribuito soprattutto alla dimi-nuzione del tempo di gua rigionedelle ferite associato alla vita-mina E34. Gli effetti an -tiossidanti della vitamina E sonoparticolarmente necessari se èpresente un’amalgama d’argen-to. H mercurio fa diminuire glienzimi antiossidanti dei tessuticome la superossido-dismutasi,la glutatione-perossidasi e lacatalasi. Negli studi su gli ani-mali questo effetto tossico delmercurio può essere pre venutocon l’aggiunta di vitamina E6.L’attività antiossidante del sele-nio e della vitamina E impedisceinoltre la patologia parodontaledal momento che gli effetti deiradicali liberi danneggiano inmodo serio i proteoglicani e iglicosaminoglicani gengivali7.Coenzima Q
L’ubichinone, un coenzima
essenziale coinvolto nella fosfo-ri-lazione ossidativa mitocon-driale, è anche un efficace antios-si dante35,36. Il coenzima Q èampiamente utilizzato in Giappo -ne per molte condizioni, compre-sa la patologia parodontale. Unarassegna di sette studi che hannoutilizzato l’ubichinone ha trovatoche il 70% di 332 pazienti coin-volti ha risposto fa vorevolmenteal suo supplemento35. Uno stu-dio in doppio cieco coinvolgente56 soggetti ha dimostrato che ilgruppo con l’aggiunta di coenzi-ma Q rispondeva in modo signi-ficati vo, mentre il gruppo place-bo mostrava pochissimi cambia -menti nella profondità delletasche periodontali e nella mobi -lità dei denti36.Flavonoidi
L’insieme di questi composti èforse il principale componentedel programma antimalattiaparodontale. I flavonoidi sonoestremamente efficaci nel ridurrel’infiammazione e nello sta -bilizzare le strutture di collagene.I flavonoidi agiscono sulla strut-tura di collagene tramite37“42:
Diminuzione della permeabi-lità di membrana, quindi di -minuzione del carico di media-tori dell’infiammazione e deiprodotti batterici
Prevenzione del danno deiradicali liberi con la loro poten teattività antiossidante
Inibizione della distruzioneenzimatica da parte delle ialuro-nidasi e delle collagenasi
Inibizione della degranulazio-ne dei mastociti
Legami crociati diretti con lefibre collagene
Alla dieta dovrebbero essereaggiunti i flavonoidi più attivibiologicamente, per esempio laquercetina, la catechina, l’anto-cianidina e la proantocianidina,mentre la rutina ha un ef fetto sta-bilizzante il collagene moltomodesto.
Si sono ottenuti notevoli effet-ti con la 3-0-metil(+)-catechinanel trattamento di criceti conperiodontite sperimental menteindotta. Anche dosi di questoderivato dal flavonoidi ritardanosignificativamente la comparsadella placca e il rias sorbimentodell’osso alveolare43.Acido folico
L’utilizzo dell’acido folico, siaper via topica sia per via si -stemica, ha determinato, in studiin doppio cieco, riduzioni signi-ficative dell’infiammazione gen-givale misurata tramite la dimi-nuzione dei cambiamenti dicolore, della tendenza al sangui-namento, dell’essudato gengiva-le e della plac ca44“48. Il collut-torio contenente lo 0,1% di acidofolico è significativamente piùefficace dell’integrazione oralesia con 2 sia con 5 mg/die, sug-gerendo così un meccanismo diazione locale46,47. È statodimostrato che l’acido folicolega le endotossine derivate dallaplacca46“48. L’utilizzo di col-luttori contenenti acido folico èparticolarmente indicato nelledonne gravide, nelle donne cheutilizzano contraccet tivi orafi ein tutte quelle condizioni asso-ciate a un’esagera ta rispostainfiammatoria gengivale o all’u-tilizzo di sostan ze che inibisconol’acido folico (per esempio feni-toina e metotrexate)46,47.
Le cellule epiteliali della cer-vice e della cavità orale sem -brano soffrire di un’alterazionesimile causata dal deficit di acidofolico e in seguito a influenzeormonali da gravidan za o da uti-lizzo di contraccettivi ora-li47‘49,30. Anche la di splasiacervicale associata all’utilizzo dicontraccettivi orali risponde adosi farmacologiche di acidofolico, per esem pio 8-30mg/die49,50. (Il lavoro diWhitead49 è stata la fonte d’ispi-razione per l’utilizzo di acidofolico da parte di Pack eThomson46,47nel trattamentodella gengivite della gravi danza.)Il siero e i globuli bianchi delledonne gravide e di quelle che uti-lizzano contraccettivi orali con-tengono una macromolecola chelega i folati, e sembra essere que-sta, piuttosto che il malassorbi-mento o il deficit di apporto, lacausa principale del deficit difolato51. Il deficit di acido folicoè la forma di deficit nutrizionalepiù frequente al mondo24.
Studi in doppio cieco hannodimostrato che gli effetti be neficidell’acido folico non si limitanoalle donne44,45,48 e gli effettipositivi non sono limitati soltan-to alla gengivite, visto che
migliora anche la periodontite48.Rimedi fitoterapiciÈ stato dimostrato che una
serie di componenti naturaliinibi sce la formazione della plac-ca, compresi i polifenoli del tèver de e l’acido glicirrizinico del-la liquirizia, ma più ampiamentestudiato è l’estratto alcolico dellaSanguinaria canadensis.Sanguinaria canadensis
La radice di sanguinaria con-tiene un miscuglio dell’alcaloidebenzofenatridina, ma è principal-mente disponibile in com merciocome dentifricio e colluttorio. Lasanguinaria dimo stra proprietàutili nel prevenire la formazionedella placca dentale. Ha un’atti-vità antimicrobica ad ampiospettro oltre che proprietà antin-fiammatoria. Studi in vitro dimo-strano che l’azione antiplaccadella sanguinaria è dovuta allasua capacità di inibire l’adesionebatterica. Studi al microscopioelettronico dei batteri esposti allasanguinaria dimostrano che i bat-teri si aggregano e assumono unamorfologia irre golare52.
La sanguinaria sembra esseremeno efficace del colluttorio allaclorexidina, ma è efficace inmolti casi e ha il vantaggio diessere un elemento naturale piut-tosto che sintetico32,53.Centella asiatica
Sono state dimostrate impor-tanti proprietà nella guarigionedelle ferite da parte di un estrattocontenente i triterpenoidi diCentella asiatica. Queste pro-prietà possono essere utilizzateper la patologia parodontale gra-ve o se è necessaria la chirurgia.Uno studio ha dimostrato che l’e-stratto di Centella era piuttostoutile per accelerare la guari gionedopo la chirurgia laser per lapatologia parodontale grave.APPROCCIO
TERAPEUTICO
Come già affermato, sonocoinvolti molti fattori nella pro -duzione e nella progressione del-la patologia parodontale e unaterapia efficace richiede il con-trollo di tutti questi fatto ri. Vistoche non esistono chiare linee gui-da per determinare quali siano ipiù importanti per un datopaziente, si racco manda sempreun approccio generico. Bisogna
convincere tutti i pazienti fuma-tori a smettere, dal momento cheil fumo diminuisce il successo diogni terapia della patologia paro-dontale.Igiene
Visite periodiche dal dentistaper eliminare la placca e l’accu -mulo di calcoli. È necessariolavarsi i denti dopo i pasti e pas -sare il filo interdentale.Dieta
Una dieta ricca di fibre puòavere un effetto protettivo incre -mentando la secrezione saliva-re18. Evitare gli zuccheri e tutti icarboidrati raffinati è estrema-mente importante.Integratori alimentari
Vitamina C: 3-5 g/die in dosiripartite
Vitamina E: 400-800 Ul/dieBeta-carotene: 250 000 Ul/die
(dosi maggiori se indicato) persei mesi (sebbene non testato cli-nicamente in questa condizio ne,conviene utilizzare il beta-caro-tene piuttosto che la vitami na Aperché gli effetti sono simili, mail primo è più sicuro)
Selenio: 400 mcg/dieZinco: 30 mg/die di zinco
picolinato (60 mg/die se in altraforma); sciacqui orali con 225 gdi una soluzione al 5% due volteil giorno
Acido folico: 2 mg/die; sciac-qui orali con 225 g di una so -luzione allo 0,1% due volte ilgiorno
Quercetina: 500 mg tre volte ilgiornoRimedi fitoterapia
Gli estratti ricchi di flavonoidi,come quelli del mirtillo {Vacci-nium myrtillus), del biancospino{Crataegus sp.), dei chicchi d’uva{Vitis vinifera) o del tè verde{Camelia sinensis) possono esse-re utilizzati. Tra questi estratti,quello con il migliore rapportocosto-beneficio è l’estratto di tèverde o il consumo di tè comebevan da. Per un estratto di tè ver-de con un contenuto di polifenolidel 50%, la dose dovrebbe esseredi 200-300 mg due volte il giorno.
La Sanguinaria canadensis:sipuò usare il dentifricio che necontiene l’estratto,mentre per laCentella asiatica la dose è di 30mg due volte il giorno.
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47OTTObRe
2009
L’Azienda Sanitaria ROMA H,
recependo la richiesta di pre-
stazioni odontoiatriche nel
suo territorio, ha istituito presso
l’Ospedale San Giuseppe di
Marino una Unità Operativa
Odontostomatologica che si è
resa disponibile ad una considera-
zione prioritaria delle esigenze dei
pazienti con diversa abilità (D.A.).
Mettere le mani nella bocca del
paziente qualche volta è proble-
matico: ma nel caso di un paziente
D.A. può diventare particolarmen-
te complesso. Oltre alla capacità di
valutazione dei problemi odon-
toiatrici occorre un
attento approccio psico-
logico, in modo da ren-
dere la relazione medico-
paziente serena ed effica-
ce.
Le persone D.A. non
sviluppano patologie
odontostomatologiche
diverse da quelle del
resto della popolazione,
spesso però esse si pre-
sentano all’attenzione
dello specialista solo per interventi di urgenza o in condizioni già avanzate
di malattia, poiché la salute orale e la cura della bocca possono essere sot-
tovalutate rispetto ad altre problematiche psico-fisiche più invalidanti. La
terapia preventiva, come la rimozione del tartaro e una corretta igiene ora-
le è già in grado di migliorare la qualità della vita del paziente, mentre la
gravità del quadro clinico è legata a possibili ritardi nella cura e alle even-
tuali difficoltà di collaborazione durante il trattamento odontoiatrico.
Una classificazione dei D. A. utile alla erogazione di prestazioni odonto-
stomatologiche ottimali nei modi e nei tempi è quella basata sulla disponi-
bilità o indisponibilità fisica e psichica del paziente a collaborare con l’ope-
ratore odontoiatrico.
A seconda del tipo di disponibilità i D. A. possono essere divisi in quat-
tro gruppi.
Al primo gruppo appartengono tutti i soggetti disposti a collaborare con
il dentista e tutti quei soggetti che in tal modo si comportano pur essen-
do affetti da malattie convulsivanti, malattie dismetaboliche, malattie emor-
ragiche, morbo di Cooley, cardiopatici, allergopatici, ipoacusici, scoliotici, sog-
getti Down, isterici, plegici.
Al secondo gruppo appartengono soggetti che pur non avendo impe-
dimenti di carattere fisico si rifiutano di collaborare a causa di problemi di
carattere psicologico. Sono i sogget-
ti caratteriali, i ritardati mentali, gli
psicopatici gravi di qualunque natu-
ra, gli autistici.
Al terzo gruppo appartengono
quei soggetti che pur volendo colla-
borare con l’odontoiatra non posso-
no farlo per la natura della D. A. che
impedisce loro di controllare i movi-
menti del proprio corpo. e’ il grup-
po degli spastici, degli atassici, dei
coreici.
Al quarto gruppo appartengono i
D. A. gravi che presentano una indi-
sponibilità sia fisica che psichica.
Sono quei soggetti ai quali una grave
cerebropatia di qualun-
que origine, ereditaria,
congenita, perinatale o
acquisita, ha provocato
gravi disturbi prevalente-
mente motori o prevalen-
temente psichici, o solo
una minima disfunzione
cerebrale con manifesta-
zioni di ritardo intellettivo.
Spesso la programma-
zione di interventi odon-
tostomatologici in soggetti
D. A. richiede prestazioni in sedazione o in narcosi da effettuare in regime
di Day Hospital da equipes con competenze chirurgiche, protesiche, con-
servative e ortodontiche. L’Unità Operativa Odontostomatologica dell’o-
spedale di Marino superando molti ostacoli, senza mai trascurare il servizio
e l’aggiornamento professionale, è riuscita a implementare le sue compe-
tenze, ed è oggi in grado di offrire una assistenza specialistica rispondente
alle necessità dei pazienti D.A. e delle loro famiglie.
Questo per me è motivo di profonda soddisfazione e di stimolo a
migliorare ancora.
Il potenziamento dell’U.O. determinato dai vertici aziendali nell’ambito del
riassetto della rete ospedaliera, legittimandoci, ha di fatto aumentato la
nostra operatività consentendoci una programmazione quantitativamente e
qualitativamente più rispondente alle esigenze del territorio e dei pazienti:
buone prassi per ridisegnare un servizio ospedaliero che punti su innovazio-
ne, differenziazione dei compiti, eccellenza e armonizzazione territoriale.
Il 4 Febbraio di quest’anno il consigliere regionale Maria Antonietta
Grosso, auspicando per i cittadini D.A. un adeguato livello di assistenza
durante tutto il loro ciclo vitale attraverso un sistema di interventi e servi-
zi sociosanitari integrati, ha così concluso: “Quando nasce un bambino disa-
bile, il bambino è dei genitori, ma la disabilità è della collettività”.
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2009
il paziente DiVerSamente abileRiceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera dalReparto odontoiatrico dell’ospedale di Marino Asl Roma H
di Alberto Magistri
Lettera aperta
Intervento in day hospital (anestesia generale)
Intervento ambulatoriale in anestesia locale Intervento in sedazione cosciente
IL GIR, Group for Implant Reseaech, è un’asso-ciazione culturale non a scopo di lucro nata nel1995. E’ stata creata da un gruppo di colleghi-amici, con lo scopo principale di promuovere laconoscenza di tecniche e materiali, di favorire laricerca e la sperimentazione clinica. Nel 2009 abbiamo deciso di dare al nostrogruppo un’immagine differente per avvicinarci ilpiù possibile ai molti colleghi puntando princi-palmente sul sito internet. Grazie al lavoro delconsiglio direttivo e dei soci attivi è stato allesti-to il nuovo il sito, www.girassociation.it, dandocosì ai soci un servizio immediato.Nuova è anche la politica delle iscrizioni. Il con-siglio, infatti, ha deciso di istituire il socio gratui-to il quale oltre a ricevere la newsletter periodi-ca, possono vedere i contenuti on line comecasi clinici, video chirurgici e la rubrica curatadal dr. Modena dove vengono recensiti variargomenti chirurgici ed implantari. Oltre allarubrica mensile, abbiamo la sezione dellaClinica e quella dei Video di casi clinici, pubbli-cati dai soci attivi; la sezione delle convenzionicon le associazioni, i centri corsi e le ditte soste-nitrici; la sezione dedicata alle news dalle azien-de, dove poter pubblicare novità e recensioni sunuovi materiali, macchinari o libri e riviste di nuo-va pubblicazione; e tanto altro ancora. Sul piano scientifico il GIR ha siglato un accordodi collaborazione con l’AIOM, AccademiaItaliana di Odontoiatria Microscopica che nel suoprossimo congresso nazionale 2010 a Napoli,ha affidato al GIR un corso precongressuale.Altra importane collaborazione è con la IAIO,International Academy of Implantoprosthesisand Osteoconnection. I prossimi 26,27 e 28Novembre 2009, organizzato da IAIO e GIR, nel-
la sede accademica della IAIO, a Monterotondo(RM), si terrà il corso di “Chirurgia OraleAvanzato”. Il 19 Dicembre 2009 il GIR terrà aBologna il proprio Closed Meeting, appunta-mento nel quale i soci attivi porteranno e discu-teranno alcuni loro casi. Il meeting è aperto a tut-ti gli iscritti e sarà gratuito. I dettagli sul program-ma saranno disponibili sul sito internet.Le aziende sono un altro importante interlocuto-re dell’associazione. Collaborazioni sono stateavviate con Ghimas, Best Micro, LeoniTecnoservice, 3DIEMME, Orvit, IDS ed altreancora. Tramite queste partnership, intendiamomettere a disposizione dei soci ordinari alcuneofferte su materiali ed attrezzature, nella mag-giore trasparenza possibile e lasciando ai soci lascelta d’acquisto che preferiscono tra le varieproposte.Per essere vicini ai colleghi quest’anno il GIRsarà presente al 37° EXPODENTAL a Roma neigiorni dal 15 al 17 ottobre con un suo stand(padiglione 9 stand A25). Nello stand sarà pos-sibile chiacchierare con i membri del consigliodirettivo e con alcuni soci attivi, vedere il sito ediscriversi. Progetto ambizioso per il 2010 saràl’organizzazione di corsi ECM on-line, la famosaFAD (Formazione A Distanza) sicuri del fatto chequesto modello di apprendimento raccoglieràsempre maggiori consensi.Altri appuntamenti per il 2010 sono in cantiere ene daremo puntuale notizia sia tramite il sitointernet che attraverso la newsletter.Concludiamo queste poche righe dandoviappuntamento all’EXPODENTAL, a Roma, e alClosed Meeting, a Bologna.Arrivederci a presto!
Pier Paolo BoPresidente GIR
www.girassociation.it
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2009
nOrme
reDaziOnali
FITOTERAPIA
I contributi vengono accet-tati a condizione che nonsiano stati e non venganosuccessivamente pubblicatialtrove. Gli Autori pertantodevono allegare una dichiara-zione autografa in cui richie-dono la pubblicazione del la-voro e attestano che l’articolopresentato non è stato pub-blicato in altre testate e chenon si trova in visione per lapubblicazione presso le reda-zioni di altre case editrici. E’inoltre necessario indicareun Autore di riferimento cheautorizzi la pubblicazione delsuo indirizzio, numero di te-lefono e di fax in calce al la-voro.Un’eventuale precedentecomparsa dell’articolo sottoforma riassuntiva di comu-nicazioni orali o scritte nelcorso di Congressi non nepreclude l’accettazione, madeve essere segnalata.La responsibilità dei conte-nuti scientifici spetta esclu-sivamente agli Autori. Laproprietà letteraria dei lavoriviene ceduta alla Casa Edi-trice, che può autorizzare lariproduzione parziale o to-tale. I contributi (compren-sivi di eventuali tabelle efoto) devono essere inviatidattiloscritti in tre copie(unasu supporto magnetico, duesu carta)alla Redazione:Be-stMicro s.r.l , Via delle Acacie,34 – CAP 00171 Roma-t e l / f a x : 0 6 / 6 4 7 7 0 6 8 9 ,06/89537092.La pubblicazione degli arti-coli è subordinata al giudiziodella Direzione Scientificadella rivista, che ha facoltà dinon accettarli o di chiedereagli Autori di apportarvi mo-difiche.
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f) tre parole chiave in ita-liano e in inglese.
L’entità del dossier non do-vrà superare le 6 pagine di ri-vista corrispondentia 12 foglidattiloscritti di 30 righe per70 battute ogni riga. La pre-senza di una fotografia corri-sponde allo spazio di 5 righedi 70 battute ognuna.La suddivisione del lavoro incapitoli, sotto-capitoli devesempre essere indicata nel se-guente modo:0.Titolo del capitolo0.0. Titolo del sotto-capitolo
0.0.0. Titolo del sotto-sottocapitoloOvvero, progressivamente, ilprimo numero della serie in-dicherà sempre il capitolo, ilsecondo numero della serieil sotto-capitolo di riferi-mento , etc.La bigliografia deve sempreessere compilata secondo lenorme internazionali, elen-cata in ordine alfabetico, ri-chiamata nel testo con il nu-mero corrispondente edessere limitata alle voci es-senziali (massimo venti),salvo le rassegne bibliografi-che. Se si considera citare unarticolo o un libro già accet-tato per la pubblicazione, manon ancora edito, occorre in-dicare il titolo del giornale (oil nome dell’editore) e l’annoprevisto di pubblicazione, se-guito dalla precisazione “incorso di stampa”.Il materiale scientifico nonpubblicato (per esempio co-municazioni personali, lavoriin preparazione) va indicatotra parantesi nel testo e nonviene citato in bibliografia.Le illustrazioni, in copia ori-ginale (diapositive e lastre) eidonee alla pubblicazione,debbono essere poste, nume-rate con il proprio numeroprogressivo (romano per letabelle, arabo per le figure),al termine dell’articolo su fo-gli aggiuntivi. Le didascaliedelle figure devono esserecompilate su un foglio aparte ed in successione. Il nu-mero deve sempre corrispon-dere ad un preciso richiamonel testo. Sono a carico degliAutori solo le spese di ripro-duzione e stampa delle illu-strazioni a calori.