Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente...

53
Dispense ECS Cesaratto 2015-16 1 30/05/2015 Capitolo 3 Sviluppo in economia aperta Introduzione Il problema dello sviluppo economico va necessariamente esaminato in economia aperta. Ciascun paese, infatti, commerciando con altri paesi acquisisce merci che non produce direttamente ed anche, come vedremo, finanziamenti potenzialmente utili alla crescita. Esistono, seppure con grandi semplificazioni, due posizioni al riguardo. La prima, riconducibile alla teoria neoclassica, vede nell’apertura dei mercati nazionali ai flussi commerciali e finanziari un importante propulsione alla crescita. La seconda posizione ritiene che la mera liberalizzazione commerciale e finanziaria possa generare danni superiori agli eventuali vantaggi, per cui la questione dell’apertura verso l’estero va affrontata in maniera pragmatica, non rinunciando a politiche volte a proteggere in varie forme l’economia nazionale. I critici delle liberalizzazioni non negano, naturalmente, che le economie dei PVS anzi loro in particolare necessitano di prodotto, tecnologie e capitali dall’estero, né di accrescere le proprie esportazioni per farlo. Il punto è che le varie liberalizzazioni, interne e verso l’esterno, possono essere di ostacolo a tali obiettivi – o comunque gli svantaggi superare di gran lunga i vantaggi. Le correnti non ortodosse individuano proprio nel vincolo estero il nodo macroeconomico più rilevante per la crescita: la necessità in altri termini per i PVS da un lato di acquisire dai paesi avanzati beni di produzione e relative tecnologie necessarie per avviare lo sviluppo, e dall’altro del come reperire la valuta o liquidità internazionale con cui pagare tali acquisti. Per contro, si può affermare che il vincolo neoclassico risieda nella scarsità di risparmi interni per finanziare la crescita: vincolo non ortodosso (Keynesiano) scarsità liquidità internazionale vincolo neoclassico scarsità di risparmio Gli studiosi neoclassici più avveduti riconoscono l’esistenza dei due gap (“dual gaps hypothesis” di Chenery). Noi diamo tuttavia importanza solo al primo. L’esperienza dei paesi Asiatici insegna come senza un ruolo rilevante dello Stato nel guidare in diverse forme la crescita economica, questa non avrebbe avuto luogo. Peraltro questo è stato vero anche per il Giappone e l’Italia nel secondo dopoguerra, e un secolo prima per la Germania, la Francia e gli Stati Uniti, per non risalire all’epoca mercantilista che teorizzava il ruolo degli Stati come agenti degli interessi economici nazionali. Ripassati alcuni attrezzi del mestiere relativi alla bilancia dei pagamenti (v. appendice), nel capitolo ci occuperemo delle teorie del commercio internazionale con particolare riguardo al legame fra quest’ultimo e lo sviluppo economico. Al pari del dibattito sulla politic a economica, anche quello sul commercio internazionale vede contrapposte due scuole: quella che individua la via allo

Transcript of Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente...

Page 1: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 1 30/05/2015

Capitolo 3

Sviluppo in economia aperta

Introduzione

Il problema dello sviluppo economico va necessariamente esaminato in economia aperta.

Ciascun paese, infatti, commerciando con altri paesi acquisisce merci che non produce direttamente

ed anche, come vedremo, finanziamenti potenzialmente utili alla crescita. Esistono, seppure con

grandi semplificazioni, due posizioni al riguardo. La prima, riconducibile alla teoria neoclassica,

vede nell’apertura dei mercati nazionali ai flussi commerciali e finanziari un importante propulsione

alla crescita. La seconda posizione ritiene che la mera liberalizzazione commerciale e finanziaria

possa generare danni superiori agli eventuali vantaggi, per cui la questione dell’apertura verso

l’estero va affrontata in maniera pragmatica, non rinunciando a politiche volte a proteggere in varie

forme l’economia nazionale. I critici delle liberalizzazioni non negano, naturalmente, che le

economie dei PVS – anzi loro in particolare – necessitano di prodotto, tecnologie e capitali

dall’estero, né di accrescere le proprie esportazioni per farlo. Il punto è che le varie liberalizzazioni,

interne e verso l’esterno, possono essere di ostacolo a tali obiettivi – o comunque gli svantaggi

superare di gran lunga i vantaggi. Le correnti non ortodosse individuano proprio nel vincolo estero

il nodo macroeconomico più rilevante per la crescita: la necessità in altri termini per i PVS da un

lato di acquisire dai paesi avanzati beni di produzione e relative tecnologie necessarie per avviare lo

sviluppo, e dall’altro del come reperire la valuta o liquidità internazionale con cui pagare tali

acquisti. Per contro, si può affermare che il vincolo neoclassico risieda nella scarsità di risparmi

interni per finanziare la crescita:

vincolo non ortodosso (Keynesiano) scarsità liquidità internazionale

vincolo neoclassico scarsità di risparmio

Gli studiosi neoclassici più avveduti riconoscono l’esistenza dei due gap (“dual gaps

hypothesis” di Chenery). Noi diamo tuttavia importanza solo al primo.

L’esperienza dei paesi Asiatici insegna come senza un ruolo rilevante dello Stato nel guidare

in diverse forme la crescita economica, questa non avrebbe avuto luogo. Peraltro questo è stato vero

anche per il Giappone e l’Italia nel secondo dopoguerra, e un secolo prima per la Germania, la

Francia e gli Stati Uniti, per non risalire all’epoca mercantilista che teorizzava il ruolo degli Stati

come agenti degli interessi economici nazionali.

Ripassati alcuni attrezzi del mestiere relativi alla bilancia dei pagamenti (v. appendice), nel

capitolo ci occuperemo delle teorie del commercio internazionale con particolare riguardo al legame

fra quest’ultimo e lo sviluppo economico. Al pari del dibattito sulla politica economica, anche

quello sul commercio internazionale vede contrapposte due scuole: quella che individua la via allo

Page 2: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 2 30/05/2015

sviluppo nel laissez-faire negli scambi internazionali; e coloro i quali ritengono che, invece, gli stati

nazionali svolgano un ruolo decisivo nel volgere quegli scambi a favore dello sviluppo nazionale,

scambi che se invece lasciati al laissez-faire lo danneggerebbero o addirittura impedirebbero. Si è

parlato al riguardo di “developmental state”, con riferimento a stati che sostenuti da coalizioni

sociali favorevoli allo sviluppo sono riusciti a svolgere un ruolo decisivo nel decollo della nazione.

Il pensiero va a paesi come la Corea del Sud, ma in verità non v’è praticamente esempio nella storia

economica di paese che, magari in maniera diversa, non abbia visto un coinvolgimento attivo dello

stato nella crescita.

I sostenitori del laissez-faire nel commercio internazionale si rifanno a due ceppi teorici. Il

primo fa riferimento agli economisti classici, e in particolare alla teoria del vantaggi assoluti di

Adam Smith e a quella dei vantaggi comparati di David Ricardo. Il secondo alla teoria marginalista

o neoclassica studiata nel capitolo precedente. L’indirizzo alternativo a quello del laissez-faire può

ricondursi alla tradizione mercantilista che prosegue in maniera spesso sotterranea anche nei secoli

successivi.

1. Friedrich List

List (1789-1846) fu studioso e uomo politico tedesco. Trascorse un lungo periodo come

emigrato negli Stati Uniti e fu propugnatre dell’unità politica ed economica della Germania. Senza

che queste brevi osservazioni sostituiscano la lettura diretta dell’autore, si può qui ricordare come

List non rifiuti i vantaggi del commercio internazionale. Egli ritiene che, tuttavia, tali vantaggi si

verifichino fra nazioni al medesimo livello di sviluppo. Egli ha in mente lo svantaggio della

Germania, di cui auspica l’unificazione politico-economica, rispetto al Regno Unito. List ritiene che

il liberismo sia una dottrina sostenuta dalle potenze più avanzate per assicurarsi l’accesso ai mercati

delle nazioni più deboli. Come dirà successivamente Joan Robinson, una allieva di Keynes, il

liberismo è una forma di mercantilismo. Secondo List, invece, le nazioni in ritardo dovrebbero

adottare misure di protezione della propria industria nascente, dar cioè tempo alle proprie industrie,

attraverso forme di protezionismo, di adeguare la propria competitività a quella delle industrie dei

paesi più avanzati. [Per esempio, ora gli economisti tedeschi sono ultra-liberisti, sebbene

nell’ordoliberismo o Economia sociale di mercato non si sia persa traccia dello Stato come

istituzione ordinante e garante di un capitalismo ben funzionante e degli interessi dell’industria

tedesca; peraltro la Germania non ha perso i suoi connotati mercantilisti; del resto il mercantilismo

non era contro il mercato, era semplicemente meno ideologico del LF nel guardare la realtà del

capitalismo, in particolare il ruolo dello Stato in esso].

List è stato infatti un autore studiatissimo dai paesi asiatici in cui forte è stata la presenza di

un developmental state.

Page 3: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 3 30/05/2015

Come si vede, nella tradizione mercantilista, e in maniera assai marcata in List, forte è l’idea

organicista dello stato-nazione come comunità con la propria storia, tradizioni, peculiarità non

necessariamente contrapposta alle altre entità nazionali, ma certamente distinta. Le visioni liberal-

borghese degli economisti classici e quella marxista hanno in comune, invece, l’idea che il mercato

uniformi le peculiarità nazionali. Seguono alcune note preliminari su questo tema.

Lettura obbligatoria: http://www.asimmetrie.org/working-papers/wp-201502-fra-marx-e-

list-sinistra-nazione-e-solidarieta-internazionale/

Gli studenti interessati nello sviluppo economico dovrebbero a questo punto approfondire il

pensiero del grande economista argentino Raul Prebisch (1901-1986):

http://en.wikipedia.org/wiki/Ra%C3%BAl_Prebisch

In questa tradizione autori importanti sono Alice Amsden (1943-2012)

(http://en.wikipedia.org/wiki/Alice_Amsden), Ha-Joon Chang (http://en.wikipedia.org/wiki/Ha-

Joon_Chang) e più recentemente l’italiana Marianna Mazzuccato

(http://www.sussex.ac.uk/spru/people/lists/person/111262).

2. La teoria neoclassica del commercio internazionale e la sua critica

Non è possibile in queste lezioni trattare in maniera esauriente la teoria neoclassica del

commercio internazionale. D’altronde molti studenti avranno nel programma il corso di economia

internazionale. Ai nostri scopi è qui sufficiente ricordare che per la teoria neoclassica, a parità di

condizioni tecniche di produzione, ciascun paese tenderà a specializzarsi nella produzione di quelle

merci che utilizzano relativamente più del fattore (o fattori) relativamente più abbondante in quel

paese. Per esempio, se per produrre formaggio si utilizza relativamente più lavoro rispetto alla terra

mentre per produrre carne si impiega relativamente più terra rispetto al lavoro, e la terra è

relativamente più abbondante in Francia a confronto della Germania, ecco che la Francia si

specializzerà nella produzione di carne e la Germania in quella di formaggio. La ragione è intuitiva:

se la terra è più abbondante relativamente al lavoro in Francia rispetto alla Germania, il prezzo di

affitto della terra (o rendita) sarà relativamente più conveniente in Francia che in Germania, sicché

nel primo paese sarà più conveniente la produzione di carne che fa un uso relativamente maggiore

di terra rispetto al lavoro. Simmetricamente, l’abbondanza relativa di lavoro in Germania farà sì che

i salari in questo paese siano relativamente più bassi rispetto alla Germania, e la produzione di

formaggio più conveniente dato il suo relativo maggior uso di lavoro rispetto alla terra.

Nell’esempio abbiamo utilizzato i due fattori della produzione più facilmente “misurabili”: il

lavoro in ore-lavoro, la terra in ettari. Avremmo tuttavia potuto fare un esempio col fattore

“capitale”. In questo caso avremmo, ad esempio, concluso che se la Germania è un paese in cui il

Page 4: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 4 30/05/2015

capitale è abbondante (rispetto a terra e lavoro) esso tenderà a specializzarsi in produzioni ad

elevata intensità di capitale.

In seguito, tuttavia, alle critiche in tema di teoria del capitale menzionate nel capitolo 1,

sappiamo che l’introduzione del fattore “capitale” comporta delle problematicità per la teoria

neoclassica. Si veda per una spiegazione introduttiva

http://nakedkeynesianism.blogspot.it/2011/10/more-on-free-trade.html.

Per gli economisti neoclassici una alternativa al commercio internazionale risiede nel

movimento dei fattori. In altri termini è la medesima cosa per un paese relativamente ricco di

capitale esportare beni ad alta intensità di capitale, oppure esportare capitale verso i paesi che ne

sono relativamente meno dotati. L’idea degli economisti neoclassici è dunque che i paesi del “nord”

del mondo, i cui reddito pro capite è più elevato e dunque risparmiano molto, tenderanno a

esportare capitale verso i paesi del “sud”, in cui il reddito pro capite è più basso e che dunque hanno

una minore disponibilità di risparmi. Si noti che il nord presta al contempo capitale finanziario e

capitale reale: le famiglie del nord prestano, via sistema finanziario, parte del proprio reddito al sud

(aspetto finanziario); gli imprenditori del sud impiegano questo risparmio per acquistare

attrezzature dal nord. Sappiamo dalle nostre nozioni di bilancia del pagamenti che ciò che stiamo

osservando è un disavanzo di parte corrente (l’importazione netta di beni capitali), che è la parte

reale, coperta da un avanzo nei movimenti di capitale, che è la parte finanziaria. Nel lungo periodo,

così prosegue questo ragionamento, la maggiore accumulazione di capitale consentita dall’afflusso

di capitale estero consentirà a questi paesi di esportare di più. Nel lungo periodo la situazione dovrà

dunque ribaltarsi: i paesi del sud diverranno esportatori netti con partite correnti in avanzo, potendo

così restituire i debiti contratti nel passato coi paesi del nord.

Peccato che in genere le cose non siano quasi mai andate così: in genere i flussi di capitale

dal nord sono andati a finanziare consumi e non investimenti nei paesi del sud. Questi si sono così

indebitati in maniera crescente sino, in molti casi, alla bancarotta. Vedremo nel capitolo 6 l’esempio

recente degli squilibri europei. Negli anni più recenti si è inoltre sviluppato il paradosso – paradosso

dal punto di vista della teoria neoclassica dominante – di un flusso netto di capitali dal sud del

mondo verso il nord. Questo riguarda i cosiddetti squilibri globali, anch’essi trattati nel capitolo 8.

Da un punto più teorico, rifacendosi alle lezioni di Keynes e Sraffa, non ci sorprende che a

presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi

alcuna relazione causale fra risparmi e investimenti.

Un approccio alternativo ai problemi di economia aperta ci proviene infatti dalla teoria di

Keynes.

Page 5: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 5 30/05/2015

3. Approccio keynesiano all’economia aperta

3.1. La determinazione di domanda aggregata e reddito in economia aperta

Il modello keynesiano (si veda l’appendice 1 al capitolo 3) può essere rappresentato

dalle seguenti equazioni:

Y = C + I + G + E – M

C =Ca + cY

aC = aC

I = I

G = G

T = tY

E = E

M = mY.

La penultima equazione mostra le esportazioni come dato esogeno determinato al di fuori

del modello dalla domanda estera per i nostri beni. L’ultima equazione mostra le importazioni come

funzione della domanda effettiva, nel senso che quando quest’ultima aumenta, si accresce la

domanda non solo per beni nazionali, ma anche per beni prodotti all’estero. L’aumento delle

importazioni riguarderà per esempio prodotti energetici e materie prime, necessari ad accrescere la

produzione, ma pure beni di consumo.

L’equazione che determina la domanda aggregata e il reddito nazionale è:

)()1(1

1EGIC

mtcY a

3.2. Il moltiplicatore del commercio estero

Si considerino le seguenti, ormai note, equazioni:

M = mY (A)

E = E* (B)

Esse suggeriscono che le importazioni sono funzione del reddito nazionale, mentre le

esportazioni sono un dato esogeno che dipende dalla domanda mondiale (dunque dal reddito degli

altri paesi). Le prime sono dunque controllabili dalle autorità di politica economica, mentre le

Page 6: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 6 30/05/2015

seconde non lo sono, o lo sono in maniera più limitata.1 Nel lungo periodo la bilancia commerciale

deve essere in pareggio, per cui: M = E*. Da cui si ottiene: mY = E*, ed infine

m

EY

* ,

che è il foreign trade multiplier.

Esso ci suggerisce che il livello del reddito compatibile con l’equilibrio della bilancia

commerciale dipende dal livello delle esportazioni e dalla propensione marginale ad importare.

Esso mostra infatti come una economia aperta sia soggetta al vincolo estero. Una espansione interna

determinata, per esempio, da un aumento della spesa pubblica determina, a parità di E, una crescita

delle importazioni. Se la bilancia commerciale era in pareggio, essa ora peggiorerà. Per questo

spesso si parla - o si parlava in epoca keynesiana - della necessità di politiche espansive coordinate

fra paesi. Solo se i diversi paesi legati da forti vincoli commerciali – per esempio i paesi

dell’Unione Europea – espandono contemporaneamente domanda aggregata e produzione, in

ciascun paese aumentano sia le importazioni, che costituiscono esportazioni per i partner, che le

esportazioni, che costituiscono le importazioni degli altri paesi. Se invece un singolo paese espande

in solitudine la propria economia, la sua bilancia commerciale andrà presto in disavanzo ed esso

non potrà alla lunga mantenere le politiche di crescita. In questa esperienza incappò ad esempio il

governo socialista francese di Francois Mitterand nei primi anni '80. Dopo pochi mesi di politica

espansiva, la bilancia commerciale francese andò in forte disavanzo in quanto la Germania non era

interessata ad espandere a sua volta la propria economia, e Mitterand dovette tornare a politiche

economiche più restrittive.

Le equazioni A e B sono rappresentate nella figura 4.2. Essa mostra come, se un paese

espande il proprio reddito da Y1 a Y2, le importazioni aumentano da M1 a M2. Allora le

importazioni dagli altri paesi dovrebbero aumentare da E1 ad E2, in maniera da riequilibrare la

bilancia commerciale. Questo tuttavia dipende dall’adozione di politiche espansive da parte dei

partner commerciali.

1 In verità lo sono attraverso modificazioni del tasso di cambio, nel breve periodo, e attraverso le politicheindustriali e di innovazione, nel lungo periodo. Una svalutazione accresce la competitività di prezzo(perché?). Le seconde accrescono la competitività di prezzo, attraverso l’adozione di metodi produttivi piùmoderni che diminuiscono i costi di produzione (innovazioni di processo), ma soprattutto la competitività diprodotto, migliorando o innovando la gamma dei prodotti (innovazioni di prodotto).

Page 7: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 7 30/05/2015

Se questi paesi non intendono espandere le loro economie, un paese che voglia invece

perseguire politiche keynesiane potrebbe adottare misure alternative come il controllo delle

importazioni. Con questa misura si bloccano le importazioni al livello di equilibrio M1, compatibile

con il livello dato di esportazioni E1. In tal modo, si noti, gli altri paesi non risultano danneggiati in

quanto continuano ad esportare M1. Il paese può così espandere sino a Y2 senza incorrere in un

disavanzo di bilancia commerciale (muove dal punto A al punto C invece che al punto B).2 Questo

tipo di politiche è tuttavia oggi mal visto, scoraggiato o addirittura proibito da organismi come l’UE

o il WTO.

In alternativa un paese può finanziare gli squilibri di parte corrente indebitandosi verso

l’estero. Questo non può durare troppo a lungo, tuttavia. Inoltre i debiti ed i relativi interessi vanno

pagati, per cui ad un certo punto il paese dovrà realizzare degli avanzi di parte corrente per ripianare

il debito estero.

Infine un paese può ricorrere ad una svalutazione della propria moneta per stimolare un

volume adeguato di esportazioni (e rendere più costose le importazioni). Anche questa strada ha i

suoi difetti in quanto (i) altri paesi potrebbero adottare la medesima strategia – e quindi il gioco

diventa a somma zero -, e perché, anche se questo non accade, (ii) il maggior costo delle

importazioni crea inflazione e conflitto distributivo. Chi deve infatti pagare il maggior costo dei

beni importati?

3.3. Un esempio istruttivo

2 Il controllo delle importazioni sarà selettivo, nel senso che alcuni beni importati saranno necessari peraccrescere la produzione, come petrolio, materie prime, macchinari industriali ecc. Si tenderà allora a ridurrel’importazione di alcuni beni, come auto di lusso, ecc. per lasciar spazio a beni più indispensabili.

Page 8: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 8 30/05/2015

Si consideri ora l’economia di Esteronia. Questa economia vende tutta la propria produzione

all’estero, e consuma solo prodotti stranieri. Assumiamo che c = 0,8; m = 0,1; E = 100. Il reddito

nazionale sarà: 3,3331001,08,01

1

1

1

E

mcY . Il saldo commerciale è:

7,663,333*1,0100 mYEME , dunque positivo. L’offerta di risparmio è

7,663,333*2,0 sYS , dunque pari al saldo estero. Come mai? Si ritorni alle relazioni di

contabilità nazionale, ed in particolare la relazione Sp + Sg – I = E - M (si veda l’appendice sulla

bilancia dei pagamenti). Nell’esempio per ipotesi I = 0 e Sg = 0. Si ha dunque Sp = 66,7 ed E – M

= 66,7, sicché l’equazione è verificata. Cosa significa? Il paese di Esteronia produce 333,3, ma ne

consuma solo l’80%. Infatti ne cede il 20%, cioè 66,7, all’estero. Nei fatti “presta all’estero” 66,7.

Nei termini della bilancia dei pagamenti questo risparmio, se non accumulato nelle riserve ufficiali,

dà luogo ad un movimento di capitali in uscita di 66,7.

Esercizi:

1. Perché le importazioni diventano più costose in seguito ad una svalutazione? Che effetti

ha questo sull’inflazione? E sulle partite correnti?

2. Si supponga: Y = 1000€, m = 0,2. Quanto devono essere le esportazioni affinché la

bilancia commerciale risulti in pareggio?

3. Supponete che Esteronia effettui una spesa pubblica G = 250. Se ricalcolate il reddito

nazionale, questo verrà di 1166,7. Constatate poi che le partite correnti (coincidenti qui

con la bilancia commerciale) sono in disavanzo (-16,6) e che l’offerta di risparmio

privato non è in grado di coprire il risparmio pubblico negativo (-250 di disavanzo

pubblico), sicché occorre un prestito estero di 16,6.

Page 9: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 9 30/05/2015

4. Realismo politico e International Political Economy3

In questo capitolo esamineremo alcuni aspetti di due filoni di pensiero fra loro collegati e

particolarmente interessanti: Realismo politico ed Economia delle relazioni internazionali

(International Political Economy-IPE). Vedremo che alcuni autori ricollegano l’IPE non solo alla

tradizione del realismo politico, ma anche alla tradizione mercantilista e, per certi versi, a quella

marxista. Per altri autori, l’IPE trova i suoi fondamenti ideali nel pensiero economico-politico

liberale.

4.1. Introduzione

Il Realismo Politico (RI) è una tradizione di pensiero molto antica e, come vedremo assai

importante negli Stati Uniti. E’ fondamentale per comprendere l’Economia delle relazioni

internazionali (ERI), termine con cui traduco International Political Economy (IPE) che è una

filiazione della scienza delle Relazioni internazionali (RI).

Nell’accezione comune il termine “realismo” ha un connotato tendenzialmente conservatore:

“sii realista…”, e in politica si traduce in genere in una opposizione all’utopismo e in una difesa

dello status quo.4 Una interpretazione progressista del Realismo politico è quella che da un lato

riconosce le difficoltà del cambiamento, ma dall’altro stimola all’adozione di prassi che facciano

leva su fattori reali per mutare l’esistente nella direzione desiderata. E’ indubbio che il RP muova

da un giudizio pessimista sulla natura umana; tale constatazione può tuttavia essere circoscritta alla

sfera politico-storica e non costituire così un giudizio assoluto (Portinaio, : 30). In tale sfera l’agire

umano sarebbe guidato dal desiderio del potere, in sé e per i privilegi materiali e sociali che lo

accompagnano: “paura, utile e onore” sono i moventi dell’agire indicato da colui che è considerato

il primo grande realista politico, lo storico greco Tucidide; “paura, avarizia e ambizione” sono i

moventi suggeriti da Machiavelli, il secondo “padre nobile” del RP..

Una articolazione del RP è nelle RI. Il terzo padre nobile dell’RP, Thomas Hobbes, diede,

com’è noto, una risposta contrattualista alla questione dell’assetto presuntamene anarchico dei

rapporti sociali nelle “stato di natura” nel quale, secondo il famoso passo, la vita sarebbe stata

“short, brutish and nasty”. Lo Stato sarebbe logicamente sorto per por fine a tale situazione. Ciò non

appare tuttavia possibile a livello internazionale dove nessuno Stato sovrano accetterebbe di essere

3 Questi appunti vanno accompagnati allo studio di Sorensen oppure Mazzei, Marchetti, Petito come indicatonel programma.4 Albert Hirschman nota come il realismo entri fra le argomentazioni portate in difesa dello status quo perdimostrare l’impossibilità, la dannosità se non l’inutilità del tentativo di cambiamento.

Page 10: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 10 30/05/2015

subordinato a una autorità superiore – se non per brevi periodi e laddove conveniente. In questo

senso i RP reagiscono contro le posizioni utopistiche che guardano con speranza all’emergere di

autorità sopranazionali a cui gli Stati cederebbero porzioni di sovranità. Il RP sorge proprio come

conseguenza al fallimento di queste posizioni nei riguardi della Società delle Nazioni. Per il RP le

RI sono il regno per eccellenza dei rapporti anarchici. La lotta per il potere non assume in tale

ambito un connotato necessariamente aggressivo, ma anche solo quello, più limitato, di

sopravvivenza, di sicurezza.

L’IPE sorge da un tentativo di convergenza della scienza delle RI con la disciplina

dell’Economia internazionale. Dal lato degli scienziati politici molto influenti sembrano essere stati

i RP, mentre più tiepida sembra essere stata la partecipazione dal lato degli economisti, tranne

alcune notevolissime eccezioni (peraltro non dovute all’IPE). Per Robert Gilpin, uno degli scienziati

politici padri dell’IPE, quest’ultima disciplina consiste nella “reciprocal and dynamic interaction

…of the pursuit of wealth and the pursuit of power” (Gilpin, 1975: 43, cit. da Gilpin 1987: 11).

Ricchezza e potere sono anche i termini ricorrenti, seppure in maniera controversa, nella letteratura

mercantilista (Viner) che Gilpin individua come antesignana dell’IPE.

Passiamo ora in rassegna alcune antiche figure del RP.

4.2. Figure ed elementi del realismo politico

Tucidide

Tucidide viene considerato uno dei primi moderni scienziati nel senso che la sua

metodologia di analisi storica è basata sulla ricostruzione dei fatti, non sulla narrazione di gesta,

cercandone le cause profonde nel comportamento umano e non più nell’influenza divina. La sua

opinione della natura umana, immutabile, è pessimistica: paura, onore e utile come motivazioni

ultime dell’agire umano. La ricerca della sicurezza è il primo fattore esplicativo del comportamento

politico. In Tucidide c’è il dilemma della sicurezza: timore reciproco ed escalation di misure

difensive. Le istituzioni possono contribuire a modificare il corso necessario degli eventi, a

stabilizzare l’incertezza, a domare le pulsioni autodistruttive dell’uomo (Portinaio 70). Ma il RP

non perde occasione per sottolineare la fragilità dei valori, delle norme, persino delle istituzioni

(71). Queste ultime sono robuste rispetto al conflitto interno, fragili rispetto a quello esterno.

Famoso in T. è il dialogo dei Melii. Durante la guerra fra Atene e Sparta nel V° secolo,

Atene cerca la sottomissione della città neutrale di Melos. Gli inviati di Atene espongono ai Melii

quello che è considerato il manifesto del RP: è inutile, cittadini di Melii, che adduciate argomenti

morali – ciò che è in assoluto bene o ciò che è in assoluto male, e la prepotenza del più forte è

certamente un male mentre il rispetto della dignità del più debole è un bene – per evitare il vostro

destino. Ciò che dovete considerare è la vostra sopravvivenza: “For you know as well as we do that

Page 11: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 11 30/05/2015

right, as the world goes, is in question only between equal in power, while the strong do what they

can and the weak suffer what they must” (cit. Donnely 23). I vostri argomenti, continuano gli inviati

ateniesi (in altra occasione?), è inoltre piena di ipocrisia: usate argomenti moralistici perché siete

deboli, se foste al nostro posto vi comportereste come noi (24) (v. pure Portinaio p.36). Nell’agire

umano va infatti distinto ciò che si dice di voler fare e ciò che effettivamente si fa. La storia narra

che Melos rifiutò le profferte ateniesi e fu distrutta. Tucidide scopre dunque la dinamica

imperialista di potenza.

Machiavelli

Anche M. ha una bassa opinione dell’animo umano: “nel mondo non è se non vulgo” (76).

Data questa premessa, potere e sicurezza diventano di primaria importanza. In maniera simile a

Tucidide, in M. dominano paura, avarizia e ambizione. Dilemma fra gli oligarchi che vogliono

porre l’ordinamento giuridico a propria disposizione (sic) e il popolo che vorrebbe che esso si

ergesse a baluardo contro la prepotenza dei potenti (79). Per M. tale conflitto di obiettivi è tuttavia

positivo perché “tutte le leggi che si fanno in favore della libertà, nascono dalla disunione loro”

(83).

La forza (il Leone) e l’astuzia (la Volpe) sono gli strumenti principali della politica estera. Il

valore che il Principe è tenuto a perseguire è l’indipendenza e in tal senso sua responsabilità è

assicurare la sopravvivenza – dunque gli interessi – del proprio Stato e dei propri cittadini. Agire

“eticamente”, anteponendo principi morali astratti agli interessi dei propri cittadini, sarebbe da

irresponsabili. V’è dunque un aspetto civicamente virtuoso nel cinismo machiavelliano: chi governa

deve essere Leone e Volpe perché da lui dipendono la sopravvivenza e la prosperità dei suoi

cittadini.

Thomas Hobbes (Leviatano 1951)

La sua visione matura sotto l’impressione della guerra civile inglese del 1640. Egli parte da

una concezione negativa per cui nello ‘stato di natura’ esso sarebbe guidato da “competition,

diffidence and glory” verso la sopraffazione del prossimo: persino “the weakest has strength enough

to kill the strongest, either by secret machination, or by confederacy with others” (cit. da Donelly,

p.14). In passi famosi Hobbes scrive che. “During the time men live without a common Power to

keep the all in awe (soggezione), they are in that condition which is called warre: and such a warre,

as is of everyman, against every man” e, conclude, “la vita dell’uomo sarà “solitary, poor, nasty,

brutish, and short” (ibid, 15).

Tale anarchia richiama dunque la necessità di una autorità superiore. A livello

internazionale, tuttavia, tale strada appare preclusa, sicché alla maggiore sicurezza interna si

Page 12: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 12 30/05/2015

accompagna la formazione di una arena di potenziale discordia internazionale.5 Si parla a tal

riguardo del “security dilemma” ma che sarebbe meglio definibile come “security paradox”: il

conseguimento della sicurezza personale e della sicurezza interna attraverso la creazione dello Stato

è inevitabilmente accompagnato dalla condizione di insicurezza nazionale e internazionale che

affonda le proprie radici nell’anarchia e nella sfiducia reciproca degli Stati (J.S. 75).

4.3. L’IPE nel racconto di Gilpin

Obiettivo tradizionale delle scienze delle RI erano i temi della diplomazia, organizzazioni

internazionali, pace, sicurezza ecc. Sfera politica e sfera economica restavano separate, anzi, la sfera

economica era trattata con una certa dose di sufficienza dalla “haut politique”. Sostiene per contro

Robert Gilpin (1987): “an understanding of the issues of trade, monetary affaire, and economic

development requires the interpretation of the theoretical insights of the disciplines of economic and

political sciences” 3. In particolare: “The parallel existence and natural interaction of ‘state’ and

‘market’ in the modern world create ‘political economy’; without both state and market there could

be no political economy” 8.

Gilpin individua tre tradizioni di pensiero all’origine dell’IPE.

Tradizione liberale: “ Economic liberals believe that the benefits of an international division

of labor based on the principle of comparative advantage cause markets to arise spontaneously and

foster harmony among the states; they also believe that expanding webs of economic

interdependence create he basis for peace and cooperation in the competitive and anarchic state

system” (12-13)

Tradizione nazionalista: “Economic nationalists… stress the role of power in the rise of a

market and the conflictual nature of international economic relations; they argue that economic

interdependences must have a political foundation and that it (?) creates yet another arena of

interstate conflict, increases national vulnerability, and constitutes a mechanism that one society can

employ to dominate another” 13. Tale tradizione ha, secondo Gilpin, mutato nome nella storia:

mercantilismo, statismo, protezionismo, scuola storica tedesca ecc.

Tradizione marxista: i marxisti sostengono che le RI sono terreno di conflitto fra potenze

imperiali o fra paesi ricchi/capitalistici che cooperano fra loro per sfruttare i paesi più poveri.

La tradizione liberale e marxista tendono a vedere nel commercio internazionale (CI) un

motore di crescita (liberali) o di diffusione modernizzatrice del capitalismo (marxisti).14 I

nazionalisti danno un giudizio più cauto sul CI che può danneggiare un paese a vantaggio di altri

più forti.14

5 Anche qui la teoria, RI, RP o IPE, dovrebbe però spiegarci perché dovrebbe tale discordia sorgere. La teoriaarmonica del commercio internazionale, ricardiana o neoclassica, sembrerebbe condurci alla negazione delconflitto potenziale.

Page 13: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 13 30/05/2015

Conclude Gilpin: “Although my values are those of liberalism, the world in which we live is

one best described by the ideas of economic nationalism and occasionally by those of marxism as

well”25. Parole di un vero RP!

I tre approcci si caratterizzano per differenti concezioni nella relazione fra stato, società

civile, mercato. I nazionalisti vedono un primato della politica sull’economia. I liberali vedono

politica ed economia come sfere separate. 26 Per i marxisti sono le ragioni dell’economia a guidare

quelle della politica. 26. In particolare:

“liberals believe that trade and economic intercourse are a source of peaceful relations

among nations. Because of their mutual benefits of trade and expanding interdependence among

national economies will tend to foster cooperative relations. Whereas politics tends to divide,

economics tends to unite people 31.

Dobbiamo dunque notare la centralità del teorema dei vantaggi comparati per i liberali, e il

conseguente rigetto della tesi mercantilista del commercio come gioco a somma zero (per cui il

vantaggio per uno stato implica la perdita per un altro stato). Naturalmente i liberisti ammettono un

ruolo dello Stato nella definizione della cornice giuridica entro cui si deve svolgere il commercio, in

particolare con riguardo alla protezione dei diritti di proprietà (moderno filone neo-istituzionalista:

Douglas North).

Per i nazionalisti, invece, “economic activities are and should be subordinate to the goal of

state building and the interest of the State”. Obiettivo dei nazionalisti è l’industrializzazione. Qui

Gilpin richiama Alexander Hamilton: “not only the wealth but the independence and security of a

country appear to be materially connected to the prosperity of manufactures”. Inoltre le regole

economiche internazionali sono arbitrariamente fissate e successivamente mutate a piacere delle

potenze dominanti: “nations continually try to change the rules or regimes governing international

economic relations in order to benefit themselves disproportionally with respect to other economic

powers” 33. Il legame della prospettiva nazionalista con il mercantilismo è evidente. Il

mercantilismo è trattato altrove in queste lezioni.

Per i marxisti gli interessi degli stati riflettono quelli delle rispettive borghesie, e il conflitto

fra gli stati va dunque visto come un conflitto fra le borghesie nazionali.

4.4. Analisi e comparazione delle tre prospettive in Gilpin

Secondo Gilpin RP e nazionalismo economico (NE) sono due faccie di una medesima

medaglia: “economic nationalism is based on a realist doctrine of international relations” 43? Vi è

invece differenza fra nazionalismo (e RP) e marxismo: per il marxismo la natura umana è corrotta

dal capitalismo e perfettibile col socialismo; quest’ultimo porterà anche armonia fra gli stati

abolendo lo sfruttamento fra questi. Per il nazionalismo economico (e il RP) il conflitto politico

Page 14: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 14 30/05/2015

deriva da caratteristiche immutabili della natura umana; le RI sono oggettivamente conflittuali data

la natura anarchica delle relazioni fra stati sovrani.

Gilpin è anche critico del liberismo (44), ma la critica è quella standard all’idea di

assunzioni irrealistiche (concorrenza perfetta, informazione completa ecc) che altrove nelle lezioni

giudicheremo una critica superficiale. Spesso infatti queste assunzioni sono mere semplificazioni

che la teoria (come ogni teoria) adotta, per cui la critica deve essere alla teoria stessa, non alle

semplificazioni procedurali.

Gilpin giudica come punti di forza del NE il focus sullo Stato come attore predominnate

nelle RI e strumento dello sviluppo economico; l’importanza attribuita alla sicurezza e all’interesse

nazionale nelle RI, pena la perdita di sovranità, attributo insopprimibile di uno Stato; importanza

della sicurezza politica per le attività economiche: “as Carr has argued, every economic system

must rest on a secure political base” (47). Fra le debolezze enumera: l’idea del gioco a somma zero

nelle RI, mentre andrebbero riconosciuti dei vantaggi reciproci dalla cooperazione; lo spreco di

risorse per la difesa, un caso in cui il perseguimento della ricchezza e della potenza possono

configgere – si tratta tuttavia di una posizione non keynesiana.6 Manca inoltre una analisi della

società domestica: “it is assumed that society and the State form a unitary identità and that foreign

policy is determined by objective national interest”48. In realtà “foreign policy (including foreign

economic policy) is in large measure the outcome of the conflicts among dominant groups within

each society”48. Al riguardo Gilpin porta come esempio il danno che il protezionismo richiesto dai

produttori areca ai consumatori, sorprendentemente trascurando sia l’argomento della infant

industry (di cui è scettico 49), che i vantaggi che derivano ai lavoratori che non perdono il posto di

lavoro e all’economia nazionale che comunque predice all’interno ciò che avrebbe altrimenti dovuto

importare. Come argomenteremo, purtroppo l’IPE conosce solo l’economia neoclassica, e

comunque ne subisce, per così dire, l’egemonia. Gilpin argomenta così che il NE è sia una teoria

dello “State building”, come riteneva la scuola storica tedesca, ma anche una analisi della

formazione delle coalizioni di interessi all’interno di un paese. Sebbene in maniera non del tutto

convincente, Gilpin mette in luce un punto rilevante: come possa essere fuorviante parlare di

interesse nazionale tout court, in quanto questo può essere in verità l’interesse di una coalizione

vincente.

6 Per la teoria keynesiana “burro e cannoni” non sono obiettivi configgenti, si possono avere più burro e piùcannoni allo stesso tempo, anzi l’obiettivo di più cannoni consente quello di più burro. Vedi la trattazione diKalecki altrove in queste lezioni. Un caso in cui l’acquisto di armamenti può configgere con l’obiettivoeconomico è quello in cui essi sono importati con spreco di valuta pregiata altrimenti utilizzabile perimportare tecnologia produttiva incorporata in attrezzature o scorporata (brevetti, licenze, know-how).

Page 15: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 15 30/05/2015

Per approfondire

Cesaratto S. (2013). Harmonic and Conflict Views in International Economic Relations: a Sraffianview. Forthcoming in Levrero E.S., Palumbo A. and Stirati A., Sraffa and theReconstruction of Economic Theory, vol. II, Aggregate Demand, Policy Analysis andGrowth, Palgrave Macmillan, 2013. Working paper version available at: http://www.econ-pol.unisi.it/dipartimento/it/node/1693

Benjamin J.Cohen, International Political Economy: An Intellectual History, Princeton UniversityPress, Princeton, 2008, in Studi e note di economia, 2009.

J. Sorensen, Relazioni internazionali, Egea 2007

Mazzei, Marchetti, Petito, Manuale di politica internazionale, Egea, 2010

P.P.Portinaro, Il realismo politico, Laterza.

Page 16: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 16 30/05/2015

Capitolo 5

Origini della crisi europea, cambi fissi, movimenti di capitale e crisi finanziarie

In questo capitolo dapprima esamineremo le origini della crisi europea sulla base di due rapporti

della Commissione Europea. Successivamente confronteremo le caratteristiche di tale crisi con altre

crisi accadute innumerevoli volte in circostanze simili. Tali circostanze possono essere riassunte

nell’adozione da parte di paesi periferici di forme di cambi fissi e di liberalizzazione dei movimenti

di capitale (si rammenti il triangolo sopra esaminato che mostrava cambi fissi associati a

liberalizzazione finanziaria come incompatibili con la stabilità finanziaria).

Cominceremo con la crisi europea, da un paio di rapporti della Direzione per gli affari

economici e finanziari della Commissione Europea (European Commission 2009, 2010) che

forniscono un quadro ben documentato e condivisibile della genesi degli squilibri europei, sia

commerciali che nei bilanci interni dei settori pubblici e privati, nel periodo 1999-2009.

Dimostreremo poi, seguendo l’analisi di un noto economista argentino, Roberto Frenkel, la

similarità di questa crisi con quelle vissute da numerosi paesi emergenti nelle scorse decadi.

5.1. Lo sviluppo della crisi europea

5.1.1. Sintesi interpretativa7

Sebbene, come per le famiglie infelici di Anna Karenina ogni paese fa caso a sé, in sintesi il quadro

interpretativo che si può trarre dai rapporti sembra il seguente. Tassi di cambio fissi,

liberalizzazione dei movimenti di capitale e tassi di interesse nominali relativamente bassi generano

un più agevole accesso ai flussi finanziari esteri a favore di alcune economie periferiche –

principalmente Spagna, Irlanda e Grecia. Questo non sorprende. La scomparsa del rischio di cambio

rende infatti più agevole ai soggetti di questi paesi periferici di indebitarsi presso paesi core, e

viceversa a istituzioni dei paesi core di prestare ai paesi periferici. In tal modo questi ultimi passano

da una situazione in cui il credito al settore privato è relativamente ristretto- si può supporre in

maniera da mantenere le partite correnti in equilibrio – a una in cui esso è disponibile a più buon

mercato (sebbene a tassi più alti di quelli dei paesi core che sono così incentivati a concedere

credito). La disponibilità di credito esterno fa ritenere che un disequilibrio delle partite correnti non

sia più un problema.

L’afflusso di finanziamenti determina una crescita superiore alla media dell’Eurozona (EZ)

della domanda interna del gruppo di questi paesi, guidata soprattutto da una bolla nel settore

7 Le prime sei sezioni sono state scritte nella primavera del 2010.

Page 17: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 17 30/05/2015

immobiliare e dal settore pubblico in Grecia. Data la robusta crescita, l’aumento dei salari nominali

è anch’esso superiore alla media dell’EZ conseguenza dell’accresciuta domanda di lavoro. La

maggiore inflazione che ne consegue fa diminuire i tassi di interesse reali che in tal modo stimolano

l’indebitamento. Da un lato l’aumento del reddito pro-capite dà la sensazione di un apparente

processo di “catching up” di questi paesi verso quelli più avanzati del gruppo. Dall’altro, tuttavia, la

crescita dei salari nominali e il fatto che il tipo di crescita in atto – basata su consumi ed edilizia –

non è certo tale da dar luogo a significativi aumenti di produttività, generano una perdita di

competitività. Il disposto combinato di una crescita superiore alla media delle importazioni, e

inferiore alla media delle esportazioni, genera persistenti disavanzi commerciali e un progressivo

peggioramento della posizione finanziaria netta sull’estero di questi paesi. Nel caso italiano la

debolezza della domanda interna compensa la debole performance delle esportazioni, che soffrono

moltissimo della perdita di competitività di prezzo, sicché le partite correnti non peggiorano

significativamente. Sebbene le famiglie felici dovrebbero assomigliarsi, anche nel caso dei paesi in

avanzo (Germania, Paesi Bassi, Austria e Finlandia) ciascun paese fa storia a sé.8 Ci concentreremo

dunque sulla Germania. In maniera simmetrica ai paesi in disavanzo corrente, quest’ultimo paese

vede una strutturale debolezza della domanda interna dovuta principalmente alla debole dinamica

dei salari nominali anche a seguito di importanti riforme del mercato del lavoro e, in associazione

alla debole dinamica dei prezzi interni, ai tassi reali di interesse relativamente elevati.9 Anche qui il

combinato disposto dei guadagni di competitività, che genera una dinamica delle esportazioni

superiore alla media, e della debole dinamica delle importazioni, genera persistenti avanzi della

bilancia commerciale verso l’area europea.

A differenza delle esperienze di passati episodi di squilibri commerciali relativi alle decadi

1970 e 1980, ciò che caratterizza quelli attuali è la loro persistenza (European Commission 2009:

19). E’ evidente come la differenza sia costituita dalla possibilità di riallineamenti dei tassi di

cambio nominali, possibile allora e impossibile oggi. Anche la dimensione dei disavanzi di parte

8 Meritevoli di approfondimento futuro sono i casi dei Paesi Bassi, i quali perdono competitività purmostrando avanzi di partire correnti, e della Polonia, che è fuori dell’UME, lodata per avermantenuto tassi di crescita positivi negli ultimi due difficili anni, forse non causalmenteaccompagnati da una svalutazione del 40% della moneta9 Come segnalava De Cecco “grazie ad un deciso intervento delle autorità pubbliche, d' accordo e incollaborazione con la leadership industriale del paese, … la Germania sta compiendo, a modo suo, ecioè silenziosamente e gradualmente, ma inesorabilmente, quell' adeguamento della sua gigantescastruttura industriale alle innovazioni scientifiche degli ultimi decenni”, tutto questo “mentre i prefatiguru angloamericani e i loro scimmiotti nostrani dicono peste e corna della ‘politica industriale’”(Affari & Finanza, 11 giugno 2007).

Page 18: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 18 30/05/2015

corrente rispetto al GDP appare cospicua confrontata con altri paesi in disavanzo come gli USA,

Australia e Nuova Zelanda (ibid: 22).

Allo scopo di esaminare in dettaglio i dati presentati dai due rapporti, ordiniamo in uno

schema a freccette gli elementi dello schema interpretativo, valido, mutatis mutandis, sia per i paesi

in disavanzo che per quelli in surplus.

Page 19: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 19 30/05/2015

Politica monetaria europea (BCE)

Tassi di interesse reali Politica fiscale (nazionale)

Prezzi Domanda domestica (crescita) Importazioni

Salari nominali (reali) Saldo partite correnti10

Tasso di cambio reale Esportazioni

Produttività

Domanda esterna Posizione netta sull’estero

5.1.2. Esame dei dati: l’andamento divergente delle partite correntiLa figura 1 confronta il saldo delle partite correnti nell’area dell’Euro 1998-2007 (in % del Pil). 11

Si vede il netto peggioramento per un cospicuo gruppo di paesi a fronte degli avanzi maturati per un

più piccolo gruppo, in particolare Germania e Olanda.12

10 Dovremmo specificate ‘saldo commerciale’, ma i dati dei rapporti UE si riferiscono ai saldicorrenti, forse per tener conto dei redditi netti dall’estero che conseguono dalla posizione nettasull’estero del paese.11 In calce a queste note v’è la lista delle abbreviazioni-paese.12 Il rapporto 2009 considera il periodo 1999-2008 mentre quello 2010 il periodo 1998-2007. Nelrapporto più recente si intende probabilmente sottolineare gli squilibri maturati in anni più“normali”, mentre la crisi esplosa nel 2008 ha portato a una leggera correzione degli squilibri chenon è tuttavia di natura strutturale. Poiché le differenze non sono così significative, consideriamo ingenere il periodo 1999-2008 in quanto i grafici ci sembrano più chiari.

Page 20: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 20 30/05/2015

Figura 1 – Current account positions, euro-area Member States (in % of GDP – 1999 to

2008)

La simmetria fra i paesi in avanzo e quelli in disavanzo è mostrata dalla figura 2:

Figura 2 – Current account positions, euro-area surplus and deficit countries (1991-2010,

in % of GDP)(1)

Page 21: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 21 30/05/2015

Le due determinanti prossime del saldo corrente sono il tasso di cambio reale, che influenza

esportazioni e importazioni, e la domanda, domestica - che governa le importazioni, ed esterna –

che influenza le esportazioni. Significativamente i rapporti considerano il primo fattore (dal lato

dell’offerta, per così dire) meno importante del secondo (il lato della domanda). Cominciamo

dunque col primo fattore.

Le due tavole successive mostrano sia dati più aggiornati sugli squilibri correnti (di flusso)

che quelli relativi alla posizione netta sull’estero (stock). Come si vede il peggioramento degli

equilibri esterni per il nostro paese è stato assai più contenuto rispetto ai paesi più propriamente

periferici. Ciò è stato dovuto alla contenuta crescita della domanda interna in Italia rispetto a qui

paesi. Il miglioramento delle partite correnti che si realizza da 2008-2009 è dovuto principalmente

alle misure di austerità che i paesi periferici hanno adottato, dunque alla contrazione delle

importazioni.

Page 22: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 22 30/05/2015

Page 23: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 23 30/05/2015

5.1.3. Il lato dell’offertaL’indicatore di competitività utilizzato nei rapporti è il tasso di cambio reale (Real effective

exchange rate-REER o Trade-weighted currency index) definito comee

d

P

ePREER , dove dP

indica i prezzi interni e eP i prezzi esteri pesati secondo l’importanza relativa di ciascun partner nel

commercio estero del paese esaminato. Ovviamente, qualora si esaminino esclusivamente paesi

dell’area dell’Euro, 1e .

Page 24: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 24 30/05/2015

La figura 3 mostra il differenziale di competitività fra la Germania e gran parte degli altri

partner accumulatosi dalla creazione dell’UME. Tale divario non è episodico, vale per qualunque

deflatore di prezzo impiegato,13 e riguarda sia il mercato infra-area che quello esterno (European

Commission 2009: 19; 2010: 7).

13 I possibili deflatori (o indice dei prezzi) impiegati sono: prezzi al consumo, deflatore del Pil,deflatore dei beni e servizi esportati, costo del lavoro per unità prodotta, costo del lavoro per unitàprodotta nel settore manifatturiero.

Page 25: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 25 30/05/2015

Figura 3 - Changes in REER (intra and total), euro-area Member States (in % - 1998 to 2008)

La competitività di prezzo, indicata dai mutamenti del REER, è il fattore principale nello

spiegare il mutamento delle quote di mercato, come mostra la figura 4.

Figura 4 – Price competitiveness and market shares, euro-area countries (average annual

% change, REER based on export prices, 1999-2008)

Page 26: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 26 30/05/2015

D’altro canto, il mutamento delle quote di mercato è associato ai tassi di crescita delle

esportazioni: i paesi in avanzo mostrano tassi di crescita delle esportazioni e, associato a ciò,

guadagni di quote di mercato superiori dei paesi in disavanzo, come mostra la figura 5:

Figura 5 – Market shares and export growth, euro-area countries

Nel complesso, solo il 40% delle differenze nelle variazioni delle quote di mercato

sarebbero però spiegate dai mutamenti del REER (European Commission 2010: 24). Fattori non di

prezzo sono anche rilevanti. L’importanza di questi fattori muta a seconda dei paesi, com’è ben

noto: per esempio la competitività di prezzo è più importante per l’Italia e meno per la Germania.

Per tutti i paesi, è in realtà la domanda la principale determinante della crescita delle esportazioni,

ma, data quest’ultima, la competitività di prezzo e la tecnologia fanno la differenza. La tabella 1 –

dove sono stimate le cosiddette “export demand equations” - mostra che se la competitività reale

dell’Italia fosse evoluta in linea con quella tedesca, le esportazioni italiane sarebbero anche

cresciute in linea con quelle tedesche.

Tabella 1 – Contribution of trade determinants to export growth, euro-area Member States

(1999-2008, average annual growth in %)

Page 27: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 27 30/05/2015

L’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto (Clup) è alle spalle del divergente

andamento del REER. La figura 6 mostra come la variazione media annuale del Clup (nominal unit

labour costs) sul periodo 1999-2008 vada dallo 0,4% della Germania, a oltre il 2,5% in Italia e

Spagna. Tradotto in termini di REER calcolato utilizzando il Clup, si tratta di un deprezzamento

reale cumulato della Germania dell’ordine del 15% a fronte di un apprezzamento per gli altri del 10-

15% (European Commission 2010: 24). Ciò che è interessante è lo sganciamento in Germania della

dinamica del costo del lavoro dal ciclo: “The decline in unit labour costs in Germany which prevale

in 1999-03 continued its downward path during the 2004-08 period, due to persistent wage

moderation in spite of an improvement in the country’s cyclical position relative to the rest of the

euro area” (European Commission 2009: 25).

Figura 6 – Compensation per employee, labour productivity and nominal unit labour costs

(1999-2008) (average annual changes in %)

5.1.4. Il lato della domanda

L’andamento divergente nelle partite correnti è tuttavia attributo in “larga misura” alle

“considerevoli e persistenti differenze nella forza della domanda interna fra i paesi membri”

(European Commission 2010: 8), come rivela la figura 7:

Page 28: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 28 30/05/2015

Figura 7 – Domestic demand and the current account, euro-area Member States (1998-

2008)

Al riguardo, il rapporto (2009: 26-7) commenta: “According to conventional wisdom,

external factors such as price competitiveness are seen as major drivers of current accounts.

However, a large part of the divergence in the current account in the euro area since late 1990s can

be traced back to domestic demand…Stronger relative demand pressure in a Member State will tend

to fuel import demand and depress the current account …The analysis suggests that changes in

domestic demand could account for as much as 40-50% of the differences in current accounts

observed in the euro-area since the launch of the euro”. Quello che i rapporti sembrano suggerire è

che gli effetti del diverso andamento della domanda interna si siano fatti sentire con riguardo alle

importazioni (deboli nei paesi in avanzo, forti nei paesi in disavanzo), piuttosto che alle esportazioni

(forti nei paesi in avanzo, ma non necessariamente deboli nei paesi in disavanzo), dunque

un'asimmetria fra paesi che esportano molto e importano poco e paesi che magari esportano molto,

ma importano ancor di più.14 Al riguardo alla figura 8 mostra una debole correlazione

( )14.02 R fra la dinamica delle esportazioni e il disavanzo corrente:

14 L’Italia pare assomigliare alla Germania per la scarsa dinamica delle importazioni, ma non lesomiglia più per la dinamica delle esportazioni.

Page 29: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 29 30/05/2015

Figura 8 – Exports and the current account, euro-area Member States (1998-2008)

La principale spiegazione della divergenza nei saldi correnti andrebbe dunque ricercata,

secondo i rapporti, dal lato della divergenza negli andamenti della domanda interna a ciascun paese

e della conseguente dinamica delle importazioni: nei paesi in avanzo“[the w]eakness in domestic

demand has been the central driver of the downshift in imports and increasing current account

surpluses” (European Commission 2010: 18). Poiché in una regione chiusa le esportazioni di un

paese sono le importazioni di un altro, un'idea di come può sorgere l'asimmetria può essere fornita

dalle relazioni Spagna-Germania. Nel 2007 (Eurostat 2009) le esportazioni spagnole verso la

Germania contavano per il 14,4% sul totale delle esportazioni spagnole, mentre le importazioni

dalla Germania per il 23% sul complesso delle importazioni (e così il disavanzo verso la Germania

pesava per il 49,3% sul totale).15 Si può dire cioè che la relativa buona performance esportatrice

della Spagna si rivolge verso mercati differenti dalla Germania, mentre quest’ultima trova un

importante mercato nella Spagna.

Il rapporto (2009: 27) suggerisce inoltre una particolare scansione temporale per alcuni

paesi, segnatamente Spagna e Grecia: “the deterioration in current accounts in the late 1990s

preceded – rather than follone – a deterioration in exports performance by several years. This

suggest a pattern where strong domestic demand first drives the current account down and is

associated with a progressive weakening of competitiveness, which later weighs on export

performance”. Si osservi come la maggior crescita relativa della domanda interna induce da un lato

un aumento delle importazioni, e generando una perdita di competitività di prezzo in seguito alla

15 Le esportazioni tedesche verso la Spagna rappresentavano il 7,7% del totale, e le importazioni il4,4%, con un avanzo verso la Spagna pari al 21,1% dell’avanzo tedesco complessivo.

Page 30: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 30 30/05/2015

più veloce dinamica di salari nominali e prezzi, una minor crescita delle esportazioni. In un certo

senso, dei due fattori causativi dei disavanzi (avanzi) correnti ne rimane uno solo: l’andamento della

domanda interna.

L’accesso al mercato internazionale dei capitali, a tassi più favorevoli in seguito all’adesione

all’UME, ha determinato bolle immobiliari in taluni paesi, e un aumento della spesa pubblica in

altri. La più elevata inflazione, conducendo tassi reali più bassi, ha a sua volta costituito uno stimolo

all’indebitamento. La figura 9 mostra la correlazione ( )51.02 R fra variazione del prezzo delle

abitazioni e disavanzi correnti nel periodo in esame:

Figura 9 – Changes in real house prices and current accounts, euro-area Member States

(1999-2007)

Così “[h]ousing markets have played a pivotal role in the divergence of external positions

across eur-area …over the past decade.” (2010, p.11).

Un secondo elemento influenza la domanda interna dei paesi: la distribuzione del reddito. Al

riguardo, segnala il rapporto (2010: 19) “the share of wages [in GDP] has been falling significantly

in the euro area as a whole. However, the fall has been more marked in Germany and Austria than

in the euro area as a whole…Wage share developments are broadly in line with disposable income

developments which, in turn, have led to weak consumption and domestic demand thereby resulting

into current account surpluses”. In aggiunta sarebbe aumentata la propensione al risparmio delle

famiglie tedesche, fra l’altro intimorite dal problema pensionistico. Il grosso del risparmio tedesco

Page 31: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 31 30/05/2015

appare tuttavia dovuto al settore delle imprese, e ciò è attribuito, oltre a una debole dinamica degli

investimenti, proprio alla debole dinamica salariale e dunque agli elevati profitti: “the greatest lever

to increase savings in the corporate sector is via moderate wage compensation” (ibid).

Richiamandosi a Kalecki, si potrebbe affermare che la moderazione salariale si è tradotta in

un elevato ammontare di profitti che hanno trovato realizzazione (nel senso della realizzazione del

sovrappiù di Marx) in un avanzo commerciale (contabilmente pari al risparmio nazionale).16

Il settore pubblico è un’altra determinante della domanda interna. I rapporti non

approfondiscono particolarmente questo aspetto. Nei riguardi dei paesi in avanzo corrente rilevano

tuttavia che il bilancio pubblico è stato impiegato in maniera anti-ciclica: nella fase bassa del ciclo

2000-2003 i disavanzi di questi paesi si sono ampliati, mentre con la ripresa delle esportazioni nel

periodo 2004-2007 vi è una riduzione dei disavanzi, anche dovuta alle maggiori entrate fiscali sui

profitti realizzati dalle esportazioni (“The increasing fiscal consolidation can be linked to the world

trade boom as rising exports meant higher sales and greater corporate profitability, leading to

buoyant (corporate) tax revenues” (European Commission 2010: 20, fn 19). Non v’è invece

un'analisi della politica fiscale nei paesi in disavanzo.

5.1.5. Flussi di capitale, crescita e partite correnti: è sbagliata la realtà o la teoria?

“Thanks to the euro and the EU financial integration – afferma il rapporto (2009: 34) -,

converging economies in the euro area generally benefited from large capital inflows over the past

decade”. Secondo la teoria convenzionale i disavanzi correnti nei paesi in corso di “catching up”

sono un fatto naturale: i capitali muoverebbero dai paesi avanzati, dove v’è un elevato rapporto

capitale-lavoro e un basso rendimento marginale del capitale, verso i paesi inseguitori dove v’è la

situazione opposta (per esempio Blanchard e Giavazzi 2002). Le attese di crescita renderebbero

persino razionale per le famiglie indebitarsi ora, potendo restituire il debito quando i redditi pro-

capite saranno più elevati, il cosiddetto “consumption smoothing” (European Commission 2009:

28). Peccato tuttavia che, così prosegue la citazione, “foreign capital was not always channelled to

the most productive uses and therefore not always very conducive to growth… Consumption

obviously has no impact on production potential”. Così “[t]he estimates suggests that the euro has

allowed catching-up Member States to tap International capital market more successfully… In most

catching-up Member States, the ensuing reduction in interest rates entailed an economic boom

16 Si supponga che i lavoratori consumino tutto il monte salari W e i capitalisti risparmino tutti iloro profitti P, dunque: C = W, Y – W = P = S, si ottiene che: Y = C + I + (X – M) = W + I + (X –M), ovvero:Y – W = P = S = I + (X – M) . V. per esempio Kalecki (1971).

Page 32: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 32 30/05/2015

driven by buoyant domestic demand. Demand pressures led to the emergence of significant current

account deficits alongside increased inflation pressures. In addition, the financial integration effect

of the euro was reinforced by diverging inflation and real interest rates. Indeed, the booming

economies of the euro area received further stimulus as their above-average inflation rate led to

lower interest rates in the face of virtually identical nominal interest rates across the euro area. The

combination of further demand stimuli from falling real interest rates and the progressive

appreciation of the real exchange rate fostered further increases inn the current account deficit.

Conversely, countries with below-average inflation rates, in particularly Germany, faced relatively

high interest rates. High real interest rates reduced domestic demand and imports while gains in

competitiveness enhanced the export performance, with both effects driving the current account

upwards” (European Commission 2009: 31).

Spesso si fa moralismo da parte degli economisti conformisti circa la presunta dissipazione

di risorse da parte dei paesi che hanno ricevuto flussi esterni di capitale.17 Ma sembrerebbe la teoria

ad essere errata: l’idea che qualcosa chiamato produttività marginale del capitale sarebbe più

elevata nei paesi inseguitori, in cui v’è un rapporto relativamente più basso capitale-lavoro,

attirando capitali dai paesi avanzati non ha solidi fondamenti teorici. La storia di decine di casi di

liberalizzazioni finanziarie nei PVS ci ha inoltre insegnato che le liberalizzazioni finanziarie non

hanno mai costituito la via dell’industrializzazione, e anzi hanno messo in crisi processi di crescita

ben avviati in un contesto di “repressione finanziaria” come ben illustra la crisi asiatica del 1997-98.

In questa luce, il fatto che dal combinato disposto del quadro economico dell’area euro quale

descritto nei paragrafi precedenti dovesse scaturire una situazione quale quella greca non sorprende.

Le similitudini con la vicenda del “currency board” argentino sono sorprendenti: perdita di

17 Un esempio per tutti è l’economista tedesco Michael Hüther nel dibattito ospitato dall’Economistsul tema se la Germania fosse troppo dipendente dalle esportazioni per la sua crescita. Al moralismodi Hüther, l’economista tedesco Heiner Flassbeck (ex consigliere di Lafontaine e ora all’Unctad)che gli si contrapponeva, ha così risposto: “A similar reasoning holds regarding Mr Hüther's (andthe European Commission's recent) saving-investment philosophy. I am asking myself whyGermany is fighting like a Cerberus to generate current-account surpluses and avoid a current-account deficit for the last 50 years if such a deficit means ‘to import capital and thus to create apotential for investment, so that opportunities for more growth and employment occur’. Who woulddoubt that Germany, in contrast to these lazy Mediterranean people, would be able to put theimported capital to productive use? On the other hand, why has East Germany, the region with thehighest current-account deficit in the world, not managed to use the imported capital productively?Lesson: do not try to interpret identities in a causal way”. La risposta è impeccabile analiticamente enel richiamare il fallimento “in casa” dei tedeschi nello sviluppo della Germania dell’est, checertamente ha ricevuto fiumi di capitali. Nelle votazioni la posizione di Hüther ha prevalso (col60% dei voti). Ciò non sorprende, conformismo e moralismo non richiedono grandi fatiche mentali,e il moralismo soddisfa certi nostri sentimenti più bassi.

Page 33: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 33 30/05/2015

competitività delle esportazioni e bolla dei consumi, tranne che ora per la Grecia una svalutazione

per uscirne sarebbe un evento più complicato (Boone e Johnson 2010). Gli apprendisti stregoni

dell’UME, così come è stata concepita, hanno di che meditare.

5.1.6. Il ruolo della Germania

La tesi tedesca in difesa delle proprie politiche salariali restrittive, a parte le retoriche

moralistiche, si riferisce alla necessità di recuperare la competitività che il paese avrebbe perduto

nell’ultimo decennio pre-euro e che, comunque, essa sarebbe entrata nell’euro con un cambio

sopravalutato (si veda per esempio l’economista Hüther sull’Economist 2010). Un altro economista

tedesco, Flassbeck, ribatte tuttavia segnalando un “overshooting”, nel senso che se la moderazione

salariale doveva servire a recuperare uno svantaggio, ebbene essa ha comunque finito per

determinare un marcato vantaggio assoluto per la Germania. Si può aggiungere che non v’è nulla di

sbagliato se il paese più competitivo entra in un accordo di cambio a una parità sopravvalutata,

dando tempo ai partner di adeguare la propria competitività. Flassbeck segnala invece la violazione

dei “patti impliciti” europei da parte della Germania: laddove questi prescrivevano un obiettivo

comune di inflazione del 2%, la Germania avrebbe perseguito una inflazione al di sotto di tale

soglia “by means of politically induced wage dumping.”18 E’ naturalmente opinabile che vi fosse

tale patto implicito. Certo il “fine tuning” della Germania ricorda quanto il padre del miracolo

economico tedesco, il ministro delle finanze e poi cancelliere Erhard ebbe a dichiarare nel 1951 in

una fase di ripresa internazionale e regime di cambi fissi: “A great opportunity for the future of

German exports has arisen out of the current situation. If, namely, through internal discipline we are

able to maintain the price level to a greater extent than other countries, our exports strength will

increase in the long run and our currency will become stronger and more healthy, both internally

and with respect to the dollar” (citato da Holtfrerich, 1999: 345). E così il PresidenteVocke della

Bank deutscher Lander (la banca centrale tedesca si chiamava così allora), ispiratore di questa

politica, ebbe a dichiarare nel 1951: “you will see, with satisfaction, that we have consistently

remained below them [the other countries’ inflation rate]. And this is our chance, that is decisive,

for our currency and especially for our exports. Raising exports is vital for us, and this in turn

depends maintaining a relative low price level and wage level …As I have said, keeping the price

level below that in other countries is the focal point of our efforts at the central bank, and it is a

success of those efforts. That should be born in mind by those who say to us: your restrictive

measures are too tight, are no longer necessary” (ibid). Questa istanza di politica economica è stata

18 “With an inflation target of close to 2% (in EMU established by a decision of the ECB) theimplicit contract is that nominal wages do not raise more than national productivity growth plus2%”.

Page 34: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 34 30/05/2015

definita “mercantilismo monetario” (o “mercantilismo monetarista”, Holtfrerich 2008: 45).19 La

pressione politica sui sindacati e l’opinione pubblica, assieme a politiche sociali volte a creare

consenso lungo le linee dell’economia sociale di mercato, è stato un elemento aggiuntivo della

politica economica tedesca volta a mantenere la propria competitività.

La soluzione ragionevole agli squilibri regionali suggerita da molti è che la Germania

sostenga di più la domanda interna fondamentalmente attraverso una più vivace dinamica salariale.

Tuttavia non v’è molto da attendersi in questa direzione. La Germania guarda ben oltre i decadenti

confini europei, alla sfida delle potenze economiche emergenti.20 A questo scopo essa non rinuncerà

mai all’accoppiata vincente fra stabilità interna e competitività esterna.21

5.2. La similarità della crisi europea con le precedenti crisi finanziarie

La crisi europea presenta della profonde similarità con le sequenze con cui si sono

sviluppate le crisi finanziarie dei paesi periferici emergenti nei decenni precedenti. Frenkel &

Rapetti (2009: 688-91) ben riassumono le caratteristiche di quelle crisi finanziarie. La studentessa

faccia lo sforzo di riconoscervi gli accadimenti europei illustrati nei paragrafi precedenti.

“A distinguishing characteristic of these crises, however, is that the booming phase began not with

innovations within the financial markets, but with the implementation of macroeconomic policies

that gave rise to a profitable environment for financial arbitrage between domestic and foreign

assets. These policies typically included the liberalisation of the domestic financial market, the

deregulation of the capital account, and some ‘credible’ rule of nominal exchange rate

predetermination (Frenkel, 2003). The prototypical boom-and-bust cycle resulting from that

macroeconomic configuration is described as follows.

19 Holtfrerich è uno dei maggiori storici economici tedeschi; la sua tesi circa il “mercantilismomonetario” è espresso anche in Holtfrerich (1999) nel volume celebrativo della Bundesbank sui 50anni del marco.20 Come è stato notato: “And before anyone complains that the Germans are too dependent onexports to the South of Europe to do anything which makes selling these more difficult, pleaseconsider that domestic demand growth in all four Southern European members of the Eurozone isexpected to be extremely weak over the next decade, while growth in emerging markets like India,China, Brazil and Indonesia is predicted to be massive. The markets are moving, so why not movewith them?” (Hugh 2010).21 Al riguardo del modello tedesco De Cecco ha osservato: “Questi sono i problemi dell' economiatedesca da più di un secolo: perché da tanto dura il modello di sviluppo introdotto dai prussianidopo il 1870 e arrivato fino ad oggi, basato su esportazioni, investimenti e cultura. E' un modellorischioso perché dipende quasi completamente dal resto del mondo. Ed è quindi naturale che essodetti formule dichiaratamente mercantiliste alla politica economica tedesca. La più nota di esse è lacondotta della politica monetaria volta a far da chiglia di stabilità ai comportamenti di industriali esindacati e alla finanza pubblica”. (Affari & Finanza, 11 giugno 2007). De Cecco nota come ilmodello si basi sulla reciproca alimentazione della crescita basata sulle esportazioni e della stabilitàinterna (si veda anche Cesaratto 2010).

Page 35: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 35 30/05/2015

The rapid deregulation of previously ‘repressed’ capital markets raises domestic interest rates. In

such a context, the combination of credibly fixed (or predetermined) exchange rates and capital

account liberalisation leads to significant spreads between the yields of foreign and domestic assets.

Initially, a few local players take advantage of the arbitrage opportunities, issuing foreign debt to do

so. Their exposure to risk essentially depends on the probability that the exchange rate rule is

altered (i.e. the exchange rate risk). From the viewpoint of the individual investor, engaging in

external borrowing to exploit an arbitrage opportunity has no significant effect on the sustainability

of the exchange rate rule. However, since the first movers are exploiting significant benefits, other

players have strong incentives to jump in, even when by doing so their combined actions may have

negative macroeconomic consequences. As Salih Neftci (2002), a market practitioner, points out, ‘if

the banking system is immature, or if modern risk management is not very well understood, it may

be extremely difficult to explain to the owners of a bank returns such as 7–8%, while competitors

have been displaying performances of 10–15% for two or three years in a row’.

Capital inflows expand liquidity and credit in the economy. As a result, domestic interest rates and

spreads fall, and output and employment grow. The expansion of aggregate demand leads to price

increases (particularly in non-tradable sectors), which under fixed (or predetermined) exchange rate

regimes generates an appreciation of the real exchange rate. The real appreciation reinforces the

inflow of capital seeking capital gains by holding domestic assets and, therefore, further fuels the

expansion of credit and output growth.

The combined effect of the real exchange rate appreciation and economic growth stimulates the

demand for imports, while exports weaken. The worsening of the trade balance together with the

increase in interest and dividend payments resulting from the reduction of the net foreign assets

leads to a current account deficit. Given the progressive worsening of the external balance, the

credibility of the exchange rate rule weakens. As the probability of exchange rate devaluation

increases, the balance sheet of the domestic financial system—which is short on foreign currency

and long in local assets—becomes increasingly fragile. Some players, possibly the most risk averse

or the best informed, begin undoing their positions in domestic assets, leading to a slowdown in

the capital inflows. Authorities increase interest rates in order to retain capital. However, there

eventually comes a point at which no interest rate can attract new external financing.

Foreign exchange reserves at the Central Bank, which grew during the booming phase of the cycle,

begin falling as the monetary authority intervenes to sustain the exchange rate regime. However, the

run against the Central Bank’s foreign exchange reserves cannot be stopped and the exchange rate

rule is finally abandoned. A sequential or simultaneous twin (external and financial) crisis is the

final outcome.

Page 36: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 36 30/05/2015

This type of developing-country Minskyan cycle was first observed in Argentina and Chile during

the late 1970s (i.e. the so-called Southern Cone episodes), where systemic financial crises unfolded

in both countries about one year before their balance of payment crises in 1980 and 1981,

respectively. Similar stylised cycles were observed in the Mexican and Argentine crises of 1995, the

East Asian crises of 1997–98, the Russian crisis of 1998, the Brazilian crisis of 1999, and the

Argentine and Turkish crises of 2001.1 In all these episodes, crises were preceded by periods of

boom, where financial intermediation and asset price bubbles developed in a context of increasing

risk-taking behaviour. The analyses of all these episodes referred to in footnote 1, page 5 show that

crises did not result from unsustainable fiscal policies, negative external shocks or moral hazard

behaviour due toexplicit or implicit government guarantees. They arose, instead, from the

increasing financial fragility that resulted from the worsening of the external robustness of the

economies. The deterioration of external conditions and the increase in financial fragility ultimately

resulted from the destabilising consequences of domestic and foreign private sectors taking risky

positions, and public sectors unable or unwilling to regulate financial markets during the booming

phase (Taylor, 1998A).

All the tables [examples] show that at the beginning of these episodes domestic interest rates were

high enough to attract capital from abroad. The simple measure of the interest rate differential

adjusted by the ex-post variation of the nominal exchange rates shows, with the exception of Korea,

the existence of significant arbitrage opportunities. The booming phase is observed very clearly in

all cases. There are large capital inflows, accumulation of foreign exchange reserves and expansion

of the domestic credit to the private sector. Along with these processes, domestic interest rates (and

spreads) tend to decrease and output grows at high rates. However, a simultaneous deterioration of

the external conditions is also observed. All cases show that during the booming phase the real

exchange rate appreciates, while both the trade balance and the current account worsen. Around the

years that the exchange rate rules are abandoned, indicated by the columns in bold text, signs of

reversion of the cycle emerge: capital inflows and foreign exchange reserve accumulation

decelerate and domestic interest rates tend to rise. Then the crises erupt. We observe reversals of

capital inflows, contractions of foreign exchange reserves and sharp depreciations of the nominal

(and real) exchange rates. Economic activity contracts substantially and credit to the private

sector collapses. With the exception of Argentina in 2001, none of these episodes registers

significant fiscal imbalances neither during the booming phase nor prior to the crisis.”

A questo punto si devono studiare gli articoli di Cesaratto, Bagnai e Zezza nell’e-book

“Oltre l’austerità”, www.Micromegaonline.it. Il contributo di Cesaratto esamina come le

Page 37: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 37 30/05/2015

liberalizzazioni finanziarie e la moneta unica abbiano generato squilibri commerciali e debiti esteri

nell’ambito dell’Eurozona: un caso non nuovo di crisi capitalistica, sebbene il suo svolgimento

entro un’unione monetaria renda diversa la sua evoluzione e più complicata la sua soluzione.

Riprendendo e approfondendo tale interpretazione, Alberto Bagnai mostra come le elite dominanti

del centro e della periferia, le une mosse dall’obiettivo di catturare i mercati periferici, le altre da

quello di importare la disciplina dei paesi più forti, abbiano finito per sfidare il buon senso,

contrario all’unificazione monetaria, che proveniva dalla parte più avveduta della professione

economica. Entrambi i contributi sono scettici circa una possibile soluzione della crisi condivisa

dall’insieme dei paesi dell’Eurozona, anche sulla scorta dell’impostazione mercantilista

dell’economia dominante, quella tedesca. Gennaro Zezza critica l’interpretazione della crisi come

conseguenza di debiti pubblici eccessivi, argomentando che le sue origini vanno piuttosto cercate

nell’ideologia economica che nell’ultimo quarto di secolo ha permeato l’azione dei governi e nella

decisione dei vertici europei di subordinare il sostegno finanziario dei paesi in difficoltà

all’attuazione di piani di austerità. Si consiglia, naturalmente, la lettura anche di altri contributi, a

cominciare da quello magistrale di Massimo Pivetti dove egli argomenta come ciò che oggi si cerca

di pervicacemente di preservare di fronte alla recessione, attraverso l’austerità e l’ulteriore

svuotamento delle sovranità nazionali, è il cambiamento delle condizioni di potere e distributive a

sfavore delle classi popolari verificatosi in Europa nel corso dell’ultimo trentennio.

Bibliografia

Cesaratto S. (2015) L'organetto di Draghi. Quattro lezioni di politica monetaria europea,www.economiaepolitica.it

Cesaratto, S. (2014). Balance of payments or monetary sovereignty? In search of the EMU'soriginal sin - a reply to Lavoie, Asimmetrie, WP 2014/06 (December),http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2014/12/AISWP201406.pdf, in corso dipubblicazione su Journal of International Political Economy (Summer 2015)

Page 38: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 38 30/05/2015

Cesaratto, S. (2013c): The implications of TARGET2 in the European balance of payment crisis

and beyond, European Journal of Economics and Economic Policies: Intervention, 10, 2013

(3), versioni working paper: http://www.deps.unisi.it/it/ricerca/pubblicazioni-deps/quaderni-

deps/anno-2013/681the-implications-target2-european-balance e

http://www.networkideas.org/featart/sep2013/fa03_TARGET_2.htm

Cesaratto S. (2013). Controversial and Novel features of the Eurozone Crisis as a Balance of

Payment Crisis. in Febrero E. et al., editors, Post Keynesian Views of the Economic Crisis

and its Remedies, Routledge, 2013. Working paper:

http://www.econpol.unisi.it/dipartimento/it/node/1649.

Cesaratto S. (2013). The endless Eurozone crisis, where do we stand? A Classical-Kaleckian

overview, Studi Economici, n.2, 2012 (pubblicato nel 2013) Working paper availabe at:

http://www.deps.unisi.it/it/ricerca/pubblicazioni-deps/quaderni-deps/anno-2013/671-

endless-eurozone-crisis-where-do-we-stand (n.671) e

http://www.networkideas.org/featart/feb2013/fa27_Sergio_Cesaratto.htm

Cesaratto S. (2013), Quel pasticciaccio brutto dell’euro, Rivista di politiche sociali, 1-2/2013,http://www.deps.unisi.it/it/ricerca/pubblicazioni-deps/quaderni-deps/anno-2013/682-quel-pasticciaccio-brutto-delleuro

Cesaratto S., Stirati A. (2011) Germany in the European and Global Crises, International Journalof Political Economy, vol. 39, no. 4, Winter 2010–11, pp.56–87; working paper version:http://www.econ-pol.unisi.it/dipartimento/it/node/1267

Cesaratto S. (2011), Europe, German Mercantilism and the Current Crisis, in Brancaccio E.,Fontana G. (a cura di), The Global Economic Crisis. New Perspectives on the Critique ofEconomic Theory and Policy, Routledge, London. Working paper version Quaderni delDipartimento di Economia politica,, n. 595(www.econpol.unisi.it/dipartimento/it/quaderni)

Cesaratto, S. (2010) ‘Alle origini della crisi europea in corso: spunti critici a margine di duerapporti della Commissione’, Quaderni del dipartimento di economia politica, Universitàdi Siena, n. 596 (www.econ-pol.unisi.it/dipartimento/it/quaderni)

European Commission (2009), Competitiveness developments within the euro area, QuarterlyReport on the Euro Area, vol.8, n.1.

European Commission (2010), The impact of the global crisis on competitiveness and currentaccounts divergences in the euro area, Quarterly Report on the Euro Area, vol.9, n.1.

Holtfrerich C-L (1999), Monetary Policy under Fixed Exchange Rates (1948-70), in BaltenspergerE. (a cura di), Fifty Years of the Deutsche Mark. Central Bank and the Currency inGermany since 1948, Deutsche Bundesbank, traduzione: New York: Oxford UniversityPress.

Holtfrerich C-L (2008), Monetary Policy in Germany since 1948 – National Tradition,International Best Practice or Ideology, in Touffut J.P. (a cura di), Central Banks asEconomic Institutions, Cheltenham: Edward Elgar.

Page 39: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 39 30/05/2015

Jonung L. e Drea E. (2009), The euro: It can’t happen, It’s a bad idea, It won’t last. US economistson the EMU (www.ec.europa.eu/economy_finance/publications).

Page 40: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 40 30/05/2015

Abbreviazioni

Page 41: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 41 30/05/2015

APPENDICE 1 - La Bilancia dei pagamenti

1.1. Le partite correnti

In un’economia aperta al commercio internazionale parte della produzione nazionale viene

acquistata dagli altri paesi (resto del mondo), viene cioè esportata, mentre parte della domanda

interna è soddisfatta da beni e servizi acquistati all'estero, beni e servizi che costituiscono le

importazioni. L'equazione del reddito nazionale è ora

Y = C + I + G + (E - M),

dove E ed M indicano, rispettivamente, le esportazioni e le importazioni. In termini della

nostra "economia-grano", la quantità Y di grano nazionale prodotta va accresciuta della quantità E

di grano nazionale acquistata dagli altri paesi, ma diminuita della quantità di grano acquistata dagli

altri paesi, ovvero M.

Tutti i flussi commerciali e i trasferimenti fra paesi e, vedremo fra poco, i flussi di capitale,

sono contabilizzati nella bilancia dei pagamenti. La differenza fra E ed M costituisce il saldo della

bilancia commerciale.22 La bilancia commerciale fa parte delle partite correnti (PC). Chiariamo

questi termini procedendo per approssimazioni.

Va in primo luogo chiarito che non tutte le monete sono sullo stesso piano. Esistono alcune

valute che, per la forza economica e politica del paese che le emette, sono comunemente accettate

nei pagamenti internazionali. Si tratta principalmente del dollaro americano, ma anche l’euro si sta

affermando come moneta internazionale. I paesi che emettono le valute accettate nei pagamenti

internazionali sono in una posizione un po’ speciale in quanto emettono la moneta con cui possono

effettuare i propri pagamenti – è come se ciascuno di noi potesse stampare la moneta con cui

finanziare i propri acquisti! I paesi che emettono queste monete rendono però un servizio al resto

del mondo mettendo a disposizione la liquidità necessaria per gli scambi. Tutti gli altri paesi,

pensiamo all’Italia al tempo della lira, per finanziare le importazioni devono procacciarsi le valute

internazionali. Un primo canale per procurarsi liquidità internazionale è attraverso le esportazioni.

Cosa accade se un paese ha uno squilibrio nella bilancia commerciale, per esempio se

esporta più di quanto importa? In quest’ultimo caso il paese accumula riserve di valuta straniera,

dette riserve ufficiali (RU), detenute dalla banca centrale. In luogo di tenere queste divise inattive, i

paesi in attivo possono tuttavia prestare queste valute ai paesi in deficit commerciale, che ne hanno

bisogno per finanziare il loro disavanzo. Infatti se M > E, ed un paese non ha riserve di valute

22 La bilancia commerciale riguarda esportazioni e importazioni sia di beni che di servizi. Fra questi ultimi varicordato il turismo: quando degli stranieri visitano il nostro paese, le loro spese costituiscono dal nostropunto di vista una esportazione di servizi turistici, mentre dal punto di vista della loro bilancia commercialesi tratta di una importazione di servizi turistici.

Page 42: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 42 30/05/2015

internazionali, deve ricorrere a prestiti.23 L’accensione di un debito estero è dunque un secondo

canale attraverso cui un paese può procacciarsi la valuta necessaria a finanziare un disavanzo di

bilancia commerciale, o più in generale di partite correnti, come vedremo fra poco.

I paesi indebitati pagano degli interessi sul debito estero, interessi percepiti dai paesi

creditori. Il pagamento di questi interessi costituisce un “drenaggio del PIL”: cioè parte della

produzione nazionale viene ceduta all’estero per il pagamento degli interessi. Anche questo

pagamento deve essere effettuato in valuta internazionale. Il saldo dei pagamenti in conto interessi

(interessi debitori meno interessi creditori) rientra nel cosiddetto saldo dei redditi netti dall’estero.

Non solo il capitale circola nel mondo - viene cioè prestato dai paesi in attivo commerciale

ad altri -, ma anche il lavoro. Fino a pochi decenni fa migliaia di italiani emigravano in altri paesi,

mentre ora il nostro paese è diventato terra di accoglienza per centinaia di migliaia di lavoratori

stranieri. Le rimesse degli immigranti verso le famiglie in patria costituiscono un altro “drenaggio”

sul prodotto nazionale del paese ospitante. Per converso, le rimesse costituiscono un importante

ingresso di valuta pregiata per i paesi di provenienza degli immigrati, in genere paesi in via di

sviluppo. Anche il saldo delle rimesse (afflusso meno deflusso di rimesse) entra nei saldo dei redditi

netti dall’estero. In questi ultimi rientrano anche i trasferimenti unilaterali come gli aiuti ai paesi in

via di sviluppo o quelli effettuati nei confronti degli organismi internazionali.

Riassumendo, il saldo delle partite correnti include sia del saldo della bilancia commerciale,

che il saldo dei trasferimenti di reddito (da lavoro e da capitale) o redditi netti dall’estero, R.24.

Possiamo dunque scrivere il saldo delle partite correnti, PC, come:

E – M + R.

23 Quanto andiamo dicendo risulterà molto utile per capire il famoso problema del debito estero dei PVS.Questi sono paesi strutturalmente indebitati: devono importare molto per crescere ed industrializzarsi -poiché hanno una struttura industriale ancora non in grado di produrre numerosi prodotti moderni.D’altronde non sempre hanno un volume di esportazioni in grado di generare la valuta necessaria afinanziare le importazioni. Così si ricorre al debito estero che, tuttavia, se i tassi di interesse si fanno troppoonerosi e se l’economia non riesce per tempo a generare un flusso di esportazioni adeguato a pagare gliinteressi e restituire il debito, comincia ad accumularsi. Può accadere che ad un certo punto si devonoaccendere nuovi prestiti solo per far fronte al pagamento degli interessi, oppure che i proventi delleesportazioni vanno a finanziare il pagamento degli interessi e non, come auspicabile, l’importazioni di beninecessari a modernizzare le economie (trappola del debito). Gli anni ottanta e novanta del secolo scorsohanno visto numerose crisi da debito estero, ciò paesi che in difficoltà a restituire le rate del debito inscadenza e a pagare gli interessi, senza possibilità di poter accendere ulteriori prestiti, dovettero dichiarare ildefault sul debito estero. L’ultimo caso famoso è stato quello dell’Argentina nel 2001. Negli anni più recentiuna buona performance delle espertazioni ha consentito a molti paesi emergenti di conseguire avanzi dipartite correnti e di accumulare riserve ufficiali, allontanando dunque lo spettro della trappola del debito.24 R include dunque gli interessi sui capitali dati o ricevuti in prestito, e le rimesse degli emigranti. Si osservicome sino a pochi anni fa le rimesse degli emigranti erano favorevoli al nostro paese, terra in cui il lavoro hacostituito la maggiore esportazione, mentre da alcuni anni la bilancia si è fatta sfavorevole a causa delcrescente numero di immigrati nel nostro paese.

Page 43: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 43 30/05/2015

Esempio. E = 1100, M = 1000, saldo rimesse migranti = + 300, debito estero a inizio anno =

10.000, tasso di interesse sul debito i = 0.05 (o 5%). Calcolare il saldo delle partite correnti e il

debito estero a fine anno.

Saldo Bilancia commerciale: E – M = 1100-1000= +100 (entrata netta di valuta)

Saldo dei redditi netti dall’estero: saldo rimesse + saldo c/interessi = +300 (afflusso valuta) –

500 (deflusso di valuta) = -200. Il saldo interessi (qui solo interessi debitori o passivi) è calcolato

facilmente come: 0.05*10.000 = 500.

Saldo delle PC = -100

Il debito a fine anno risulterà di 10.100, cioè pari al debito pregresso più il nuovo disavanzo

di BP. Come vedremo fra poco, infatti, i disavanzi delle PC, se non finanziati con le RU

comportano l’accensione di un prestito dall’estero, dunque un nuovo indebitamento.

Come si è visto dall’esempio un paese potrebbe avere una bilancia commerciale in attivo (E

> M), ma trasferimenti verso l’estero negativi (nel cui caso R è un numero negativo), per cui nel

complesso le PC hanno segno negativo.25 Un negativo saldo delle partite correnti è contabilmente

pari ad un saldo positivo delle PC del “resto del mondo” (che può essere visto come un secondo

paese, come in talune amichevoli di calcio).

L’equazione della contabilità nazionale suggerisce ora che:

Y = RDL + TA = C + I + G + E – M

(RDL – C) + (TA – G) – I = E – M

Sp + Sg – I = E – M

Per semplicità supponiamo T = G, dunque Sg = 0. Se M > E, allora I > Sp. Vale a dire, se il

paese investe più del risparmio nazionale (I > Sp), vuol dire che sta finanziando parte degli

investimenti con risorse estere, infatti la bilancia commerciale è in passivo (M > E). Se invece M <

E, ne segue I < Sp. Dunque, se il paese investe meno del risparmio nazionale (I < Sp), vuol dire che

sta cedendo risorse all’estero, infatti la bilancia commerciale è in attivo (M > E).

Poiché i trasferimenti costituiscono una aggiunta o una sottrazione al PIL, a seconda del

segno di R, potremmo definire il Prodotto nazionale lordo (PNL) come:

PNL = C + I + G + E – M + R.

Questa misurazione del reddito nazionale, che è quella utilizzata dagli USA, include nel

reddito nazionale i redditi relativi ai capitali e al lavoro americani che operano all’estero, ed esclude

dal prodotto americano i redditi relativi ai capitali e al lavoro stranieri che operano negli USA. In

25 E’ questo il caso di un PVS con attivo di bilancia commerciale, ma con un forte indebitamento estero, percui l’attivo della bilancia commerciale non è neppure sufficiente a pagare gli interessi sul debito, e nuoviprestiti devono essere accesi.

Page 44: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 44 30/05/2015

Europa non si impiega, invece, questa definizione. L’equazione di raccordo è ovviamente PNL =

PIL + R.

Esempio ed esercizio

Supponiamo una economia di solo grano.26

Sp = 200 (tonnellate oppure € di grano), Sg = -100€, I = 200. Allora necessariamente M – E

= 100 (trascuriamo R). Ciò vuol dire che dei 200 di grano non consumati dalle famiglie (S = 200),

100 sono stati assorbiti dallo Stato. Siccome sono stati seminati, cioè utilizzati come investimento,

200 (I = 200), allora di necessità c’è stata una importazione netta di grano di 100, grano “prestato”

dal “resto del mondo”.

Per esercizio specificare quale sarà l’avanzo di bilancia commerciale del paese ‘resto del

mondo’.

1.2. Movimenti reali e movimenti di capitale

Abbiamo visto come ad un attivo delle PC corrisponda un afflusso di valuta straniera, e ad

un passivo un deflusso di valuta. Se c'è un afflusso netto di valuta, come si è detto, un paese può o

accrescere le riserve ufficiali (RU), cioè il fondo di valute straniere detenuto dalla banca centrale,

oppure effettuare dei prestiti all'estero. In ambedue i casi si dice che è migliorata la posizione netta

del paese verso l'estero. Nei fatti accrescere la valuta straniera posseduta vuol dire avere accresciuto

la possibilità del paese di acquistare nel futuro prodotto estero. Se invece le PC hanno segno

negativo, il paese attinge alle proprie RU di valuta per compensare la differenza fra entrate e uscite

di valuta, oppure si fa prestare la valuta dall'estero. In termini della nostra economia grano, quando

il saldo delle PC è positivo vuol dire che, al netto del grano importato, stiamo cedendo parte del

grano prodotto nel paese all'estero. Trascurando R, supponiamo che il paese A abbia Ea > Ma,

mentre il paese B (‘resto del mondo’) presenti Mb > Eb, dove Ea = Mb e Ma = Eb. Nei fatti il

paese A presterà dei capitali a B finanziando così il suo disavanzo.

I flussi relativi all’accensione di nuovi debiti e alla concessione di nuovi crediti entrano nella

bilancia dei pagamenti contabilizzati sotto la voce di movimenti di capitale. Il saldo dei movimenti

di capitale ci informa se il paese nel corso dell’anno ha acceso nuovi debiti al netto dei crediti

concessi, nel qual caso vi è stato un ingresso netto di capitali, ovvero ha concesso nuovi crediti al

netto dei debiti accesi, nel quel caso vi è stata una fuoriuscita netta di capitali.

26 Il grano è stato spesso usato dagli economisti perché è una merce utilizzabile sia come bene di consumo(pane) che come capitale (semi). Gli economisti si fanno vanto di semplificare i problemi nei loro terminiessenziali, e spesso usano gli esempi di ‘solo grano’ quando un solo bene riassume le proprietà essenziali peril ragionamento da condurre. Lo studio attento dell’economia è anche utile per acquistare questo stile diragionamento.

Page 45: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 45 30/05/2015

Come già detto, considerare l’esistenza di rapporti di debito e credito verso l’estero significa

considerare i movimenti di capitale. Convenzionalmente la bilancia dei pagamenti si compone di

due parti: “sopra la linea” vi sono le partite correnti (PC) e i movimenti di capitale (MK), e in

particolare i loro saldi; “sotto la linea” la variazione delle riserve ufficiali (RU). Cerchiamo di

capire.

Come abbiamo visto, un disavanzo delle partite correnti può essere finanziato o con

l’accensione di un debito netto con l’estero, quindi con un afflusso netto di capitali, o ricorrendo

alle RU che in tal modo diminuiscono. Quindi:

saldo PC = E – M + R = saldo MK + RU.

Per esempio, un disavanzo delle partite correnti del paese di Svilupponia di 1 milione di $

può essere compensato da un ingresso di capitali per 800 mila $, e da una diminuzione delle RU di

200 mila $.

Si ha pure che:

saldo PC – saldo MK = RU.

Nell’esempio:

- 1 milione $ + 800 mila $ = -200 mila $

La variazione delle riserve obbligatorie è uguale al saldo della bilancia dei pagamenti (BP).

Arricchendo l’esempio, la bilancia dei pagamenti di Svilupponia potrebbe essere la

seguente:

Partite correnti:

Esportazioni 2 milioni $ (afflusso valuta)

Importazioni 3 milioni $ (deflusso)

Saldo rimesse migranti + 1 milione $ (afflusso)

Saldo c/interessi – 1 milione $ (deflusso)

Saldo PC - 1 milione $

Movimenti di capitale:

Uscite di capitali 200 mila $

Entrate di capitali 1 milione $

Saldo MK + 800 mila

Saldo “sopra la riga” - 200 mila

Variazione RU - 200 mila

Si dice che la BP è contabilmente sempre in pareggio (saldo complessivo = 0), in quanto il

saldo “sopra la riga” viene compensato dalla variazione delle RU: saldo partite correnti + saldo

movimenti di capitale = variazioni delle riserve ufficiali. Tuttavia si può anche dire che il vero

Page 46: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 46 30/05/2015

saldo della BP è quello “sopra la riga”, perché quel saldo ci spiega le ragioni per cui il paese ha

perso o guadagnato di RU nel corso dell’anno.

Nel fare gli esercizi è importante che ciascuna voce delle partite correnti sia classificata,

rispettivamente, o come afflusso di valuta o come deflusso, e il saldo delle PC come saldo di

afflussi e deflussi. Per esempio, un saldo positivo (afflusso netto) dà luogo ad una uscita di capitali

(si prestano soldi all’estero), o ad un aumento delle RU (o ad una combinazione dei due eventi).

Le RU sono una sorta di “tesoro” in valuta pregiata che un paese possiede. Averne troppo è

uno spreco: indica che il paese ha per anni accumulato avanzi della BP senza impiegare la valuta

accumulata per acquistare beni all’estero utili alla crescita economica o a migliorare la qualità della

vita nel paese (è come un avaro che nascondesse sotto il materasso i propri guadagni). Avere poche

riserve, per contro, vuole dire non poter difendere il cambio della propria moneta se ne ravvedesse

la necessità.27

Come detto sopra, la possibilità di finanziare disavanzi delle PC attraverso afflussi di

capitale è una misura che non può durare troppo a lungo perché sui tali afflussi si pagano interessi.

Questi a loro volta aggravano il saldo negativo delle PC. Nel lungo periodo, a meno di incorrere in

una grave crisi finanziaria, il saldo delle PC, e in particolare della bilancia commerciale, deve

diventare positivo e sufficiente da permettere una progressiva restituzione del debito estero.

1.3. Il debito dei paesi in via di sviluppo e il FMI

Come si è ora osservato, nessun paese potrà alla lunga mantenere un saldo delle partite

correnti negativo, accumulando debito. La situazione si dovrà ad un certo punto invertire - a meno

di un default sul debito come accaduto per esempio in Argentina nel dicembre 2001. Nel caso dei

paesi in via di sviluppo ciò che viene auspicato è che il finanziamento con debito agevoli la crescita

economica e lo sviluppo delle esportazioni, sì da realizzare un avanzo commerciale e la restituzione

del debito estero. Nel passato molto spesso, all’accumulo del debito è seguita una crisi finanziaria

per la difficoltà di ripagarlo, anche perché sul debito si pagano accumulano cospicui interessi che

alla lunga sono fonte di nuovo debito (cioè ci si indebita per pagare il debito pregresso, la cosiddetta

“trappola del debito”). In genere il Fondo Monetario Internazionale (FMI), un organismo finanziato

dai paesi più industrializzati, è intervenuto ‘in soccorso di questo paesi, aiutandoli a pagare le rate di

debito e interessi in scadenza - dunque in verità ‘salvando’ i creditori-, e imponendo loro politiche

‘di aggiustamento’ – la famosa “conditionality” - tali da realizzare un avanzo di bilancia

commerciale. Tali politiche sono in genere consistite di una riduzione drastica delle importazioni

effettuata indebolendo il tenore di vita e le possibilità di crescita di tali paesi. Per questa ragione le

27 Per esempio, se l’euro si deprezzasse rispetto al dollaro, la BCE potrebbe intervenire vendendo dollaridetenuti nelle riserve e acquistando euro.

Page 47: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 47 30/05/2015

politiche di aggiustamento del FMI sono state oggetto di numerose critiche. Una volta ottenuto un

Se positivo, questi paesi erano in grado pagare gli interessi e restituire il debito privato, ed anche

quello all’FMI. Alle politiche di aggiustamento si accompagnavano in genere forme di

“rinegoziazione” del debito con forme, ad esempio, di dilazione nei pagamenti.

Dopo la crisi finanziaria del 1997-98 molti paesi in via di sviluppo hanno cercato di

realizzare surplus di bilancia dei pagamenti. Questo è stato reso possibile dalla crescita

dell’economia mondiale, in particolare dopo il 2001, trainata dalla domanda americana. Si è così

sviluppato il paradosso di flussi di capitale dai paesi meno sviluppati verso l’economia americana.

1.4. Tassi di cambi nominali e reali

Il tasso di cambio nominale (e) è qui definito come la quantità di moneta estera per una unità

di moneta nazionale. Considerando l’Euro come moneta nazionale e il dollaro come moneta estera,

e è l’ammontare di $ in cambio di 1€. Apprezzamenti o deprezzamenti del tasso di cambio nominale

influenzano la competitività delle produzioni nazionali. Ad esempio, se il $ si apprezza nei

confronti dell’€ - per esempio il cambio passasse da 1€ = 1,3$ a 1€ = 1,2$ - come sappiamo

diventerebbe più conveniente, ceteris paribus, per i turisti americani venire il Europa: servono

infatti meno $ per acquistare 1€. E’ dunque aumentata la competitività della nostra industria

turistica – aumentano le esportazioni di turismo verso gli USA. Al contempo al nuovo tasso di

cambio sarà meno conveniente per i turisti europei andare negli USA, dunque acquisteremo meno

servizi turistici americani che costituiscono per noi una importazione.

La competitività delle due industrie turistiche – ed in generale di tutti i beni e servizi oggetto

di commercio internazionale - dipenderà, tuttavia, anche dal confronto fra prezzi europei e prezzi

americani. Introduciamo a tal proposito il tasso di cambio reale. Questo è definito invece come:

fr P

ePe , dove e è il tasso di cambio nominale, Pf costituisce l’indice dei prezzi esteri (del paese

“resto del mondo”), mentre P è l’indice dei prezzi interni. Questi indici di prezzo possono essere

intesi come il prezzo di una unità composita di PIL nazionale, che nel caso di due economie

sviluppate come USA e Europa sono di composizione molto simile. Se il tasso di cambio nominale

fra $ ed € fosse di 1€ = 1,1$, il livello dei prezzi USA di 110, e quello europeo di 100, il tasso di

cambio reale sarebbe 1.28 Se il livello dei prezzi europeo aumenta a 110, er crescerebbe a 1,1.

28 A questo tasso di cambio nominale è rispettata la cosiddetta parità dei poteri d’acquisto (PPP: purchasingpower parity), cioè il livello dei prezzi è il medesimo in Europa e negli Stati Uniti. In altri termini il potere diacquisto di 1$ è il medesimo in USA e in Europa; lo stesso vale per 1€. Talvolta quando vengono confrontatii PIL nazionali calcolati in $, non si utilizzano i tassi di cambio nominali che, si dice, non riflettano leeffettive PPP. Per esempio, un hamburger McDonald non ha lo stesso costo in $ nel diverse parti del mondo(costa probabilmente meno in Cina che a Londra). Allora, se traduciamo il PIL cinese in $ impiegando i tassidi cambio nominali, probabilmente sottovaluteremo il valore reale, del PIL cinese “misurato in hamburger”.

Page 48: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 48 30/05/2015

Poiché l’aumento dei prezzi europei significa una minore competitività delle merci europee rispetto

a quelle americane, un aumento del tasso di cambio reale implica una perdita di competitività.29 Un

deprezzamento dell’€ rispetto al $ del 10%, cioè pari all’aumento del livello dei prezzi europeo,

potrebbe ripristinare la competitività perduta.

Per esempio sia il PIL cinese di 1000 Ranmimbi (o Yuan) e il cambio 1 R = 1 $, cosicchè YCh. = 1000$. Seun hamburger costa 1$ al MacDonald a New York, in hamburger il PIL cinese equivale a 1000$. Ma se aPechino l’hamburger, costa 0,5R, ricalcolato in “termini di hamburger” il PIL cìnese vale 2000 (hamburger).In termini di potere d’acquisto (di hamburger) il PIL cinese vale di più che se misurato in dollari. Siutilizzano dunque degli altri tassi di cambio che tengono conto dei diversi livelli dei prezzi nei vari paesi,cioè aggiustati per le PPP. Il risultato è che il PIL della Cina viene fortemente rivalutato, e in alcunestatistiche la Cina appare come la seconda potenza economica mondiale (seguita da paesi come il Brasile,l’India e così via). La rivista The Economist pubblica annualmente una statistica basata sul prezzo di unCheeseburger McDonald nel mondo. Questo però esagera di gran lunga lo sviluppo economico di quei paesi.Infatti sebbene molti prezzi siano più bassi nei PVS, tipicamente i generi alimentari, altri prodotti,tipicamente quelli industriali, hanno in quei paesi i medesimi prezzi che nei paesi più avanzati.29 In questo caso, 1$ al tasso di cambio nominale di 1$ = 1,1€ vale di più in USA che in Europa. In effetti iltasso di cambio nominale non sta riflettendo il mutamento dei poteri d’acquisto delle monete ed a questocorrisponde il fatto che per un cittadino americano risulta più conveniente, a quel tasso di cambio nominale,spendere un $ negli USA che in merci europee.

Page 49: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 49 30/05/2015

BOX Relazioni di contabilità nazionale in economia chiusa e aperta e crisi europea.

Riporto qui alcuni appunti che inviai a un tesista utili per porre in relazione le relazioni di

contabilità nazionale in economia chiusa e aperta sopra studiate con crisi europea.

Dalla contabilità nazionale conosciamo la relazione: S-I=(G-T)+(X-M) ovvero (S - I) + (G-

T) = saldo commerciale.

. La si può perfezionare tenendo conto dei redditi netti dall’estero (RNE) che si aggiungono

(se positivi) o sottraggono (se negativi) al PIL (ottenendo il reddito nazionale lordo)

RNL=PIL+RNE. Allora:

RNL = C + I + G + (X-M)+RNE

RNL disp = RNL - T ovvero RNL = RNLdisp + T

da cui

RNLdisp + T = C + I+G+(X-M)+RNE

da cui

RNLdisp - C - I = (G-T)+ [(X-M)+RNE] = (G-T) + saldo partite correnti

finalmente:

(S - I) + (G-T) = saldo partite correnti.

Cosa ci racconta.

In un paese ci sono solo due individui: il dott. P(ubblico) e il sig. M(ercato). Se P ha un

debito con M, ovvio che M ha un credito con P e viceversa. Se al mondo ci sono solo loro due, non

possono essere contemporaneamente in debito o in credito (possono ovviamente esser ambedue in

pareggio). In termini delle ns equazione, in economia chiusa il saldo partite correnti neppure esiste,

per cui S-I + G-T = 0. Se S > I e G > T il sig. M sta prestando soldi al dott. P.

In economia aperta le cose cambiano. Entra Herr E(estero). Allora le combinazioni sono

tante, per esempio:

- In Italia dott. P tende a indebitarsi (G>T), però il sig.M no (S>I). Tuttavia i crediti di M a P

non coprono i debiti di P. Allora Herr E presta i soldi a P.

- paesi PIGS:30 P ed M ambedue fortemente indebitati, Herr E finanzia ambedue.

Ciò che ho scritto sono relazioni di flusso (S, I, G, T X, M, RNE). Flussi e stock sono legati.

Ad occhio la relazione di stock è:

- in mercato chiuso: POSIZIONE PATRIMONIALE NETTA dott.P = POSIZIONE

PATRIMONIALE NETTA sig. M. (se uno ha stock di debiti, l'altro ha identici stock di crediti)

30 Chi sono i PIGS? Se non lo sapete vuol dire che vivete fuori del mondo. E i GIPS? (hint: sono gli stessipaesi).

Page 50: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 50 30/05/2015

- in economia aperta POSIZIONE PATRIMONIALE NETTA dott. P + POSIZIONE

PATRIMONIALE NETTA sig. M. = Posizione netta sull’estero (PNE). Se P ha uno stock di debito

di 100, e M uno stock di crediti di 50, il paese ha uno stock di debiti di 50.

1.5. Regimi di cambio

Distinguiamo fra due fondamentali regimi di cambio: fissi e fluttuanti.

Cambi fissi

In tale regime la Banca centrale (BC) di una piccola economia aperta (come l’Italia ai tempi

della lira) si impegna a mantenere la ”parità ufficiale” del cambio attraverso gli intervento di

acquisto o vendita della divisa estera sul mercato valutario. Il criterio a cui si ispirano tali interventi

è quello di stabilizzare il tasso di cambio nominale tramite il soddisfacimento continuativo

dell’eccesso di domanda di valuta (che può essere di valuta domestica o di valuta estera); tale

eccesso di domanda è determinato dal saldo delle partite correnti (PC).

Se questo si trova in avanzo, si riscontra un eccesso della domanda di valuta nazionale

sull’offerta; la BC deve intervenire sul mercato valutario per evitare che il tasso di cambio nominale

si apprezzi, vendendo valuta nazionale e acquistando in maniera compensativa valuta estera. In

questo caso, l’offerta di moneta nazionale aumenta e la BC accumula riserve ufficiali. Se la BC

vuole evitare un eccesso di creazione di moneta via canale estero (v. cap. 1), perché timorosa di

creare un eccesso di domanda interno, dovrà vendere titoli e sterilizzare la moneta creata. I paesi in

surplus commerciale e che accumulano riserve non le tengono in genere oziose, ma le “riprestano”

ai paesi in disavanzo finanziando il loro squilibrio di PC. Il caso di scuola è fra Cina e USA.

Il contrario vale se il saldo estero si trova in disavanzo; in questa circostanza il

mantenimento dell’accordo di cambio comporta una riduzione dell’offerta di moneta e una

decumulazione delle riserve ufficiali. Se un paese ha un disavanzo persistente delle PC, le RU

possono esaurirsi nella difesa del cambio. Solo un ingresso di capitali può impedire una

svalutazione della moneta e la BC dovrà fissare il tasso dell’interesse in maniera da generare un

flusso di capitali che, finanziando il saldo negativo delle PC, stabilizzi il cambio.

Il vantaggio del regime di cambi fissi è nell’impedire le svalutazioni competitive che alla

fine nuocciono al commercio internazionale. Tuttavia tale regime vincola assai l’autonomia della

politica economica di un paese

Si dice dunque che coi cambi fissi un paese “perde la politica monetaria”. Prendiamo un

piccolo paese in tendenziale equilibrio di PC. Esso dovrà mantenere un tasso di interesse non

inferiore a quello degli altri paesi, in particolari a quelli delle grandi economie, e se questi

accrescessero il loro, di conserva il paese in oggetto dovrà accrescere il proprio. Alti tassi di

Page 51: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 51 30/05/2015

interesse possono andare a detrimento dell’obiettivo del sostegno della domanda interna e

dell’occupazione. Per contro, se il piccolo paese volesse fissare tassi più alti di quelli internazionali

verrebbe affluire capitali indesiderati che farebbero apprezzare la sua valuta in maniera indesiderata

(l’apprezzamento potrebbe determinare uno squilibrio commerciale e la necessità di politiche

restrittive a detrimento dell’occupazione).

In un regime di cambi fissi un paese in disavanzo di PC non potrà fare affidamento sulla

svalutazione della propria moneta per aggiustare la bilancia commerciale. Esso sarà dunque

costretto o (a) adottare misure restrittive atte a riequilibrare la bilancia commerciale, ovvero (b) ad

attirare capitali attraverso elevati tassi di interesse.

Essendo un paese a rischio di svalutazione, esso potrà anche facilmente assistere a “fughe di

capitali”. Se v’è una attesa di deprezzamento della moneta nazionale, sarà infatti conveniente per un

possessore di capitali detenuti in valuta nazionale cambiare questi capitali in valuta estera, azione

che a sua volta accelera la svalutazione, e ricomprare a più buon prezzo la moneta nazionale una

volta che la svalutazione abbia avuto luogo. Il tasso di interesse deve dunque essere tale da

compensare il rischio di perdita (o di mancato guadagno) che si incorre nel mantenere i propri

capitali in valuta nazionale. Sostenere disavanzi della bilancia commerciale attraverso ingresso di

capitali è tuttavia pericoloso in quanto: (a) il perdurare del cambio non competitivo può determinare

deindustrializzazione, dunque perdita definitiva di capacità produttiva in particolare nel settore

manifatturiero ed esportatore; (b) la crescita progressiva del debito estero sui cui si pagano, per

giunta, tassi di interesse elevati. Casi di scuola sono l’Italia nello SME, soprattutto nel periodo

1987-1992, l’Argentina degli anni 1990 nel currency board (si svolga da soli una piccola ricerca su

Wikipedia), ma in fondo, anche, la situazione che è maturata nell’Unione monetaria europea (UME)

essendo una unificazione monetaria un caso estremo di cambi fissi.

Una maniera per evitare, almeno parzialmente, la perdita di autonomia nella politica

monetaria è nel controllo dei movimenti di capitale. In questo caso i movimenti di capitale sia in

uscita che in ingresso sono soggetti a un regime di autorizzazioni. In tal modo un paese può

decidere il livello del tasso di interesse più consono senza veder fuggire (se fissa i troppo basso) o

affluire (se fissa i troppo alto) capitali. Il problema, si dice, è che i controlli di capitale sono difficili.

Una impresa che volesse esportare clandestinamente capitali sotto-fatturerebbe le proprie vendite

all’estero oppure sovrafatturerebbe i propri acquisti.

In sintesi gli economisti parlano di triade impossibile: cambi fissi, autonomia della politica

monetaria (liberta di fissare i) e libertà dei movimenti di capitale: solo due dei tre corni sono

compatibili.

Page 52: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 52 30/05/2015

Due esempi di regimi di cambio sono Bretton Woods e lo SME. Nel primo sistema si scelse

la prima coppia - cambi fissi e autonomia della politica monetaria (liberta di fissare i) sacrificando

(giustamente) libertà dei movimenti di capitale. Nello SME si scelse cambi fissi e libertà dei

movimenti di capitale sacrificando l’autonomia della politica monetaria. Per l’Italia questo

comportò tassi di interesse molto elevati che, unitamente al “divorzio” fra BC e Tesoro e alla

mancata lotta all’evasione fiscale, fecero esplodere il debito pubblico.

Il sistema di Bretton Woods prevedeva anche finanziamenti esterni da parte del FMI ai paesi

in disavanzo temporaneo di bilancia dei pagamenti in maniera da dar loro tempo di riequilibrarla

senza ricorrere alla svalutazione. Tale riequilibrio presupponeva, tuttavia, una politica restrittiva

interna. Per questo Keynes, che partecipò agli accordi di BW avrebbe voluto un sistema che

imponesse l’aggiustamento anche da parte dei paesi in avanzo commerciale.

Come si diceva sopra, l’UME è il caso estremo di cambi fissi.

Cambi flessibili

In questo sistema monetario internazionale la BC non interviene sul mercato valutario

acquistando o vendendo valuta estera; il tasso di cambio nominale si può aggiustare liberamente in

relazione alle condizioni prevalenti sul mercato valutario. Quando si riscontra un surplus della

bilancia dei pagamenti, ossia un eccesso della domanda di valuta nazionale, il prezzo della valuta

nazionale aumenta e il cambio si apprezza. Nel caso in cui ci sia un deficit del saldo estero, ossia un

eccesso dell’offerta di valuta nazionale, il prezzo della valuta nazionale scende ossia il tasso di

cambio si deprezza. Si noti che mentre l’apprezzamento della valuta nazionale comporta una

riduzione della competitività delle merci nazionali, un deprezzamento ne decreta di contro un

acquisizione della competitività di tali merci. Come sappiamo, infatti, dalla nozione di tasso di

cambio reale (cap. 2) a parità di livello dei prezzi, un deprezzamento del cambio nominale rende più

economiche le esportazioni e più costose le importazioni.

Per un singolo paese un regime di cambi flessibili ha il vantaggio di assicurare attraverso la

flessibilità del cambio il riequilibrio della bilancia commerciale.

Come abbiamo osservato quando abbiamo trattato del tasso di cambio reale (cap. 2), le

variazioni del tasso di cambio nominale sono necessarie per recuperare competitività quando un

paese ha un tasso di inflazione superiore a quello dei concorrenti (caso di scuola, l’Italia degli anni

1970… e del 2011, se potesse svalutare!). In pratica, se le nostre merci sono più costose delle

analoghe prodotte all’estero, le rendiamo di nuovo concorrenziali rendendo più conveniente agli

stranieri la nostra moneta. Il deprezzamento del cambio nominale comporta d’altronde che aumenta

il prezzo delle merci acquistate all’estero: in pratica il deprezzamento della moneta ci rende più

competitivi a un costo: dobbiamo cedere una quantità maggiore delle nostre merci in cambio di una

Page 53: Sviluppo in economia aperta - deps.unisi.it · presunti risparmi del nord non abbiano generalmente seguito investimenti nel sud, non essendovi alcuna relazione causale fra risparmi

Dispense ECS Cesaratto 2015-16 53 30/05/2015

quantità inferiore di merci estere. Chi “paga” all’interno del paese questo maggior costo delle

importazioni? Nel caso estremo che le importazioni riguardano beni di lusso saranno i più abbienti a

pagare; nel caso di beni salario saranno i lavoratori; nel caso di beni di base come energia, materie

prime ecc., saranno un po’ tutti. Da ultimo i più colpiti sono certamente i lavoratori dipendenti in

quanto imprese e lavoratori autonomi “fissano i prezzi”, possono cioè, in genere, aggiustare

rapidamente i propri prezzi all’aumento del costi degli input importati.

Dal punto di vista del singolo paese che svaluti per compensare una sua maggiore inflazione

interna va ricordato che la svalutazione, comportando un aumento del prezzo degli input importati

(si pensi al prezzo del petrolio per l’Italia) dà ulteriore benzina (è il caso di dirlo) all’inflazione. Il

caso di scuola è l’Italia degli anni 1970: un forte conflitto sociale determinava una forte inflazione,

a cui gli shock petroliferi aggiunsero carburante. La svalutazione faceva in modo che la forte

inflazione non minasse la competitività esterna del paese. (Graziani ricorda come, opportunamente,

la Banca d’Italia avesse ancorato la lira al dollaro, valuta con cui pagavamo le importazioni di

petrolio, e tendesse invece a deprezzare rispetto al marco tedesco, la Germania essendo il nostro

principale partner commerciale e concorrente. Questo regime, certamente infelice ma che

manteneva in vita la nostra economia, finì con l’adesione del paese allo SME nel 1979).

Come abbiamo detto, per un singolo paese un regime di cambi flessibili ha il vantaggio di

assicurare attraverso la flessibilità del cambio il riequilibrio della bilancia commerciale. Se tutti i

paesi intendono però utilizzare lo strumento del cambio per sostenere la domanda dei propri beni

attraverso maggiori esportazioni e minori importazioni si ha una situazione di svalutazioni

competitive che è un gioco a somma zero – questa fu l’esperienza degli anni 1930.

BOX Svalutazione interna

Nel dibattito sull’Europa i governi dei paesi centrali (core) e i loro economisti argomentano

che i paesi dell’Europa periferica non potendo recuperare la loro competitività attraverso la

svalutazione devono farlo attraverso una deflazione interna di prezzi e salari. Questa è stata definita

“svalutazione interna”. Il problema è che mentre la “svalutazione esterna” comporta certamente una

diminuzione dei salari reali (perché?), essa colpisce un po’ tutti i redditi e comunque i suoi effetti

sui salari reali sono meno evidenti. La svalutazione interna comportando una diminuzione dei salari

nominali è più indigesta ai lavoratori. Al pari, inoltre, delle classiche “svalutazioni competitive”, la

linea europea di “svalutazioni interne competitive” (competitive deflativo) è anch’essa un gioco a

somma zero: se tutti i paesi europei fanno questo - ammesso che ci riescano senza scatenare la

reazione dei lavoratori – cade la domanda interna in ciascun paese e non v’è ripresa, anzi la

recessione peggiora.