Sussidio per la Lega Sacerdotale Mariana anno pastorale ... · dagli scritti del Beato Novarese e...

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Centro Volontari della Sofferenza Sussidio per la Lega Sacerdotale Mariana anno pastorale 2018/2019

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Centro Volontari della Sofferenza

Sussidio per la Lega Sacerdotale Mariana

anno pastorale 2018/2019

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Introduzione Col proposito di incrementare il legame di fraternità sacerdotale nei confratelli che aderiscono alla Lega Sacerdotale Mariana e di avvertire maggiormente l’armonizzazione col cammino formativo delineato per i Centri Volontari della Sofferenza da parte della Confederazione Internazionale, in questo anno avremo come tema comune per i nostri incontri:

“Tutti siamo discepoli missionari” La preziosa collaborazione di don Massimo Zonzini, di Rimini, ha consentito di potervi offrire contestualmente all’Assemblea Nazionale il presente sussidio; lo ringrazio di cuore anche perché vedo in questa collaborazione la via per dilatare i gruppi della Lega Sacerdotale Mariana nello spirito voluto dal nostro Fondatore, il Beato Luigi Novarese e l’onore della nostra Madre spirituale, l’Immacolata. Comincia infatti in questo modo fraterno e con questo spirito di carità sacerdotale l’attuazione di ciò che il programma dovrebbe produrre in noi: cioè:

essere discepoli, a maggior ragione in virtù della risposta alla chiamata nell’Ordine sacro,

come sacerdoti, in quanto fatti oggetto di una elezione incomparabile che ci abilita a trattare i divini misteri in favore del Popolo di Dio,

essere missionari, cioè mandati e in movimento di annuncio e testimonianza della più bella e importante notizia che l’umanità possa sentire tanto è di vitale importanza. Essa è notizia importante prima di tutto, per noi sacerdoti poiché su di essa si fonda il nostro ministero sacro, e al tempo stesso è importante per i fedeli ai quali la volontà di Dio ci ha mandati come pastori per condurre il Suo gregge a verdi pascoli e ad acque tranquille.

Lo sguardo alla realtà ecclesiale contemporanea e alle esigenze di testimonianza luminosa che l’Immacolata vuole dalle anime generose, e tanto più da noi sacerdoti, giustamente ci deve porre a confronto con la parola di Gesù relativa alla nostra chiamata: una risposta che non può mai essere la stessa di ieri, ma deve recare sempre la novità e la freschezza del

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rapporto vivo con Cristo nell’oggi. È questa Parola che risuona e ridesta il nostro spirito dagli assopimenti prodotti dai narcotizzanti del mondo, e questa parola la troveremo seguendo l’Evangelista Marco. Elementi di confronto che ispirino la nostra riflessione insieme ci saranno offerti da alcuni brani presi dalla lettera del Papa “a tutto il popolo di Dio”, dagli scritti del Beato Novarese e dagli scritti delle Memorie di Suor Lucia di Fatima. L’orizzonte della missione per noi è particolarmente illuminato dalla presenza di Maria. Nei suoi augusti messaggi, di Lourdes e di Fatima, ci ha chiesto cose molto semplici, possibili a tutti, vivendo le quali si può realmente sperimentare il discepolato affrancato dalla grazia e dal sostegno della Madre di Gesù e al tempo stesso la piena immersione nel Vangelo e l’urgenza della missione. È questo un aiuto molto semplice ed efficace che ci riporta all’essenza del nostro essere sacerdoti. Col dono della chiamata e della nostra risposta siamo mandati all’uomo per operare in suo favore, per agire “in persona Christi” davanti ai fratelli con l’annuncio del Vangelo, con la preghiera d’intercessione, con la celebrazione dei Santi misteri e con l’offerta di sé in piena sintonia con Cristo. Qualche domanda al termine della scheda potrà stimolare la nostra conversazione nell’incontro di gruppo LSM e sollecitarci magari ad un particolare impegno di preghiera per il nostro progresso spirituale e pastorale. Il Beato Novarese voglia aiutarci in questo cammino e ci faccia gioire con nuova intensità per la meravigliosa vocazione che abbiamo ricevuto e a cui ci sforziamo di corrispondere. Cum Maria in caritate Christi don Luigino

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Presentazione Quando don Luigino mi ha proposto questo compito, non ho potuto dire di no. Per quanto fossi consapevole di non esserne completamente all’altezza. Conosco la “lega Sacerdotale” direi più per sentito dire che per esperienza diretta, pur essendo ormai da tanti anni assistente diocesano del CVS a Rimini non posso vantare una dimestichezza particolare con gli scritti di Monsignore. Non sono un esegeta ne’ un teologo ma un semplice parroco di periferia, condivido questa esperienza con altri due sacerdoti, presso l’Unità pastorale de la “Trasfigurazione” alla periferia della Diocesi di Rimini, sul confine fra la Romagna e le Marche. Tuttavia, questo lavoro mi ha dato modo di mettere a fuoco alcune riflessioni che da tempo ronzano nel mio cuore, ho cercato di offrire una piccola condivisione di questi miei sentimenti con voi che avrete la pazienza di leggere e la condiscendenza di supplire al mio poco con la vostra più profonda esperienza sacerdotale. Il contesto degli Esercizi spirituali a Re, da cui scrivo, rappresenta certo un buon auspicio.

Tutti Discepoli e Missionari Non c’è dubbio che sia un tema quanto mai attuale che oltre a rappresentare uno dei fili conduttori del magistero pontificio di Papa Francesco è tuttavia “vicino” alla spiritualità del CVS, almeno nella sua vita concreta, se non necessariamente in uno sviluppo organico. Questi anni di condivisione del cammino del Centro in Diocesi e fuori di essa, mi hanno certo arricchito nel mio essere sacerdote, superando le tentazioni del clericalismo e dell’isolamento pastorale. Mi rendo comunque conto che come Chiesa abbiamo ancora molto da camminare in questo senso e che sia quanto mai urgente un profondo cammino di rinnovamento delle nostre comunità cristiane specie in Italia ed in Europa. In parte, il titolo esprime il tema formativo proposto a livello di Confederazione Internazionale, ho scelto quattro piste che mi hanno offerto dei bei spunti, per iniziare con voi una riflessione sul cammino di rinnovamento del nostro ministero sacerdotale in seno alla Chiesa di oggi:

A) Il Vangelo di Marco. Come sappiamo, probabilmente il primo, con una sua impostazione che viene da qualcuno indicata come

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“catecumenale”, mi sono soffermato soprattutto in quelle parti in cui l’evangelista ci presenta la figura dei discepoli e quella dei “Dodici”. Come vedremo mai troppo separate fra loro.

B) La Lettera del Santo Padre Francesco al Popolo di Dio, scritta in occasione dei gravi scandali recati nel nostro secolo da parte di molti nostri confratelli. Qui Papa Francesco rivela tutta la pericolosità e l’Anti Vangelo di cui è portatore il clericalismo.

C) Alcune memorie di Suor Lucia, che ci offrono dei piccoli quadri quanto mai eloquenti, che come in chiaro-scuro mettono in evidenza la grandezza del nostro ministero ma anche spesso i nostri limiti.

D) Alcuni scritti di Novarese, che per quanto nati in un contesto diverso dal nostro, tuttavia non mancano di una loro particolare attualità ed efficacia.

Dividendo il lavoro in cinque scede ho voluto proporre un piccolo itinerario che ci guidasse alla comprensione ed approfondimento della tematica. A causa dei miei limiti e della mia inesperienza, non sono sicuro che le scelte siano sempre pienamente azzeccate, ma mi è parso che qualcosa sia emerso.

INDICE 1 ESSERE CREDENTI 2 ESSERE DISCEPOLI 3 ESSERE MISSIONARI 4 ESSERE SACERDOTI 5 ESSERE DISCEPOLI E MISSIONARI

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1 ESSERE CREDENTI 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando

il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. (Mc 1,14-20)

Si tratta del primo incontro con Gesù, la vicenda del Battista fa da sfondo e la predicazione di Gesù viene sintetizzata “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Nello stile sobrio ed essenziale di Marco l’incontro con Gesù, l’ascolto della sua parola e del suo invito non è solo un fatto cronologico, ma un momento iniziale e fondante. Anche per noi sacerdoti tutto comincia dalla fede che condividiamo con il popolo di Dio. Che abbiamo ricevuto in dono, solitamente da persone a noi care. Qui si nasconde il germe della nostra vocazione. “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17). Se non diveniamo credenti non potremo realizzare la nostra vocazione sacerdotale, solo la fede può dare forma cristiana alla nostra vita. Riconoscerci nella fede del popolo cristiano è condizione indispensabile per qualsiasi efficacia missionaria. Papa Francesco Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo. E’ sempre bene ricordare che il Signore, «nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. (Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio)

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Dalle memorie di Lucia Ed ecco, Ecc. Rev.ma Monsignor Vescovo, Giacinta nella sua nuova vita di pastorella. Le pecorelle, le conquistammo a forza di distribuire loro le nostre merende. Perciò, quando arrivavamo al pascolo scelto, potevamo divertirci in pace, perché loro non si allontanavano da noi. A Giacinta piaceva molto ascoltare l'eco della voce in fondo alle valli. Perciò, uno dei nostri divertimenti era gridare ad alta voce, dall'alto dei monti, seduti sulla roccia più grande. Il nome che echeggiava di più era quello di Maria. Giacinta diceva, alle volte, in questo modo l'Ave Maria intera, ripetendo la parola seguente soltanto quando la precedente aveva finito di echeggiare. (Memorie di Lucia) Dalle parole del Beato Luigi Novarese In quel giorno fortunato della nostra nascita alla vita della Chiesa, il giorno del nostro Battesimo, noi abbiamo rinunciato al demonio, al mondo ed alla concupiscenza. In quel giorno santo, il più bello perché segnava l’inizio alla Vita di Dio in noi, siamo stati crocifissi con nostro Signore Gesù Cristo per vivere non più per noi, ma per Iddio; noi siamo con Lui morti e sepolti al peccato, e risorti alla luce della Vita di Dio. (L’Ancora, n. 6-7, giugno-luglio 1955, pp. 21-23) Per la nostra conversazione: Il dono della fede ci è stato offerto dalla famiglia e dalla comunità cristiana in cui siamo venuti alla luce. Così il Vangelo della sofferenza. Ne parliamo per approfondirne la consapevolezza. In realtà sappiamo che si può avere il titolo di cristiani e sacerdoti, ma quanto a lasciarsi insegnare da Cristo e ad essere autentici credenti in Lui, credenti nel Vangelo della sofferenza, Sentiamo che è un fatto che ci chiede molto, ci chiede di essere segno di contraddizione nel mondo che ci circonda? Come ci poniamo di fronte a questo mondo? Abbiamo qualche remora, paura, sfiducia…?

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2 ESSERE DISCEPOLI 13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. 14Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. 15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 17Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mc 2,13-17) L’incontro con Gesù è invito a divenire discepolo, significa diventare dei suoi. Gesù è l’iniziatore di una realtà nuova, “vino nuovo in otri nuovi!”. (Mc 2,22) Il discepolo si coinvolge nella costruzione, insieme ai molti, del Regno di Dio, o meglio nel riconoscerne ed accoglierne la Presenza «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (MC 1,15). Il digiuno (Mc 2,18), il sabato (Mc 3,2), le leggi di purità (Mc3,10) cioè l’intera vita, la religiosità, la cultura, tutto diventa nuovo. Proprio nella comunità dei discepoli questa novità (Il Regno) diviene visibile e la si può incontrare, come avviene per Levi. “Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano”. (Mc2,15) Papa Francesco E’ sempre bene ricordare che il Signore, «nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Pertanto, l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio. (Lettera di Papa Francesco al Popolo di Dio)

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Dalle Memorie di Lucia A Giacinta piaceva molto anche, prendere in braccio gli agnellini bianchi, sedersi tenendoli sulle ginocchia, abbracciarli, baciarli e al finir del giorno, portarli a casa in braccio affinché non si stancassero. Un giorno, nel tornar a casa, si mise in mezzo al gregge. - Giacinta, - le domandai - perché ti sei messa lì, in mezzo alle pecore? - Per fare come il Signore, il quale in quell'immaginetta che mi hanno dato, sta anche Lui cosi, in mezzo a molte pecorelle, e con una sulle spalle. Dalle parole del Beato Luigi Novarese In tutte le vocazioni ne esiste però una che, fondamentalmente è uguale per tutti ed è la nostra partecipazione al regale sacerdozio di Cristo in virtù del battesimo. Incorporati in Lui, la vocazione del Capo è altresì la vocazione delle membra; Gesù Cristo è il Sommo Sacerdote per opera del quale il Padre ha riconciliato a sé l'umanità. (L'Ancora, n. 3, marzo 1969, pp. 1-8) Ed allora vedete che se noi riusciamo a far comprendere ai nostri iscritti che l'Immacolata ci ha chiamati accanto a lei, perché vicino a lei vivessimo in pieno la nostra vocazione sacerdotale: non sacerdozio ministeriale ma sacerdozio regale, un sacerdozio che offre, vive e si consuma con il Sommo ed Eterno Sacerdote, (noi gettiamo un grande fascio di luce nelle menti e nei cuori.) La Madonna ci ha chiamati presso di sé perché tutti potessimo comprendere questa grande vocazione e tutta l'umanità avesse la gioia di poter trasformare il mondo. Per la nostra conversazione: la luce del vangelo della sofferenza ci ha raggiunto e ci ha fatto vedere come la nostra vocazione ci ha avvicinati a Cristo. Abbiamo scelto di essere suoi discepoli. Ma dal momento che siamo “discepoli” di Cristo occorre anche assumerne la missione e la personalità: il discepolo non solo ascolta ma si conforma al Maestro, trasmette ciò che ha imparato dal Maestro. Il discepolo viene riconosciuto per la fedeltà all’insegnamento e per la conformazione al dettato del Maestro. Come confrontarci e interessare i nostri fedeli su cosa vorrebbero vedere in noi e che non vedono?

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3 ESSERE MISSIONARI 13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15con il potere di scacciare i demòni. 16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»;18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì. (Mc 3,13-19) I dodici sono costituiti in mezzo all’insieme dei discepoli. Essi non vengono separati dai discepoli essi infatti sono chiamati a “stare con lui” (Mc 3,13), sono membri della sua famiglia, ma sono anche inviati, “apostoli” (Mc 3,13), con il potere di “scacciare i demòni (Mc 3,15). Non sono configurati individualmente ma “costituiti” “Dodici”, con anche Giuda. Sono chiamati per nome, ma non isolati. Hanno il potere di cacciare i demoni, cioè di vincere tutte le forze che impediscono di essere famiglia di Gesù, proprio per questo non possono mai cessare di sentirsene parte e contribuiscono a edificarla. Papa Francesco Ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita. Ciò si manifesta con chiarezza in un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa – molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza – quale è il clericalismo, quell’atteggiamento che «non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente». Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo. (Lettera di Papa Francesco al Popolo di Dio)

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Dalle Memorie di Lucia Giacinta prese cosi sul serio i sacrifici per la conversione dei peccatori, che non lasciava passare nessuna occasione. C'erano dei bambini, figli di due famiglie della Moita1, che andavano di porta in porta a mendicare. Li incontrammo, un giorno, mentre andavamo coi nostri' greggi. AI vederli, Giacinta ci disse: - Diamo la nostra merenda a quei poveretti, per la conversione dei peccatori? E corse a portarla. … Le cicale e i grilli univano il loro canto a quello delle rane del pantano vicino e facevano uno schiamazzo insopportabile. Giacinta, indebolita dalla fiacchezza e dalla sete, mi disse, con quella semplicità che le era naturale: - Di ai grilli e alle rane che stiano zitti! Mi fa tanto male la testa! Allora, Francesco le chiese: - Non vuoi soffrire questo per i peccatori? La povera bambina, stringendo la testa fra le manine, rispose: - Si, lo voglio; lasciali cantare. Dalle parole del Beato Luigi Novarese Vi cito soltanto un caso, quello che mi è capitato al lebbrosario di Gioia del Colle quando, il secondo giorno, i bravi tali lebbrosi non volevano più venire a sentire la predica. Noi la sera eravamo vicini ad una nicchia della Madonna di Lourdes nel giardino del lebbrosario e loro tranquillamente al cinematografo interno; noi sentivamo il loro cinematografo, i loro strepiti e delle missioni se ne infischiavano. Allora sono ricorso a questo sistema: ho fatto dire ai lebbrosi che avevo una grande notizia da dare loro, se per favore avessero voluto venire in chiesa tutti la mattina del giorno dopo per la comunicazione di questa notizia; dopo di che, se ne potevano anche andare via se volevano. La mattina del giorno dopo la chiesa non li teneva tutti, erano anche nel corridoio, tutti e 150, ma la chiesa era piccola; tutti in chiesa e anche fuori. “Allora, arrivati al Vangelo, chiamo i missionari, vale a dire la nostra comunità che era là a fare le missioni, tre o quattro sacerdoti + sette o otto sorelle. Faccio venire la comunità davanti all'altare e dico: ieri sera mi capita per la prima volta un caso, la comunità che mi dice: “che cosa stiamo fare qui dentro, quando gli interessati sono tutti al cinematografo e noi siamo qui fuori a recitare il rosario come tanti mamalucchi, che facciamo qui? Ce ne possiamo anche tornare”. Allora, prima di tornare via, ho pensato

1 Piccolo villaggio a Nord di Cova da Iria.

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di fare una cosa: vedete questa è la statua della Madonna che abbiamo portato con noi, missionaria, si porta davanti e si entra con la Madonna nell'ambiente dove si vogliono svolgere le missioni. Questa qui, se non lo sapete, è vostra madre, io per voi sono soltanto fratello, niente di più; nessuno vi conosce quanto vostra madre, perciò siccome io non so più che fare per voi, ho pensato che adesso vi consacro tutti alla Madonna, anche se voi non volete e poi si arrangi Lei con voi e io mi disinteresserò. Faccio le mie prediche qui all’ora fissa, vedete voi come vi pare. E recitiamo tutti assieme la consacrazione di tutto il lebbrosario alla Madonna. Qual è il risultato? C’erano dei lebbrosi, 50-54 anni che non si confessavano più; trent'anni e altri di meno, persone che avevano fatto la prima Comunione e basta. Ad incominciare dai più grossi, ad arrivare agli ultimi, compreso il personale, compresi i medici, tutti, tutti si sono accostati ai sacramenti e quando siamo partiti hanno voluto fare una manifestazione nel salone: è venuta una bambina lebbrosa e ha offerto a sorella Myriam un bel mazzo di fiori rossi, per dire la riconoscenza dei lebbrosi.”. Per la nostra conversazione: La specifica chiamata degli apostoli è perché essi vadano ad annunciare e operare nella potenza dello Spirito. Hanno la missione, il mandato missionario. Le modalità di svolgerlo sono affidate alla scelta di ciascuno e quando sarà il momento andranno su strade diverse per portare l’unico annuncio: Gesù, Figlio di Dio incarnato è venuto tra noi, ha annunciato la venuta del Regno del Padre, Dio, ha volontariamente accettato la passione e la croce, è morto, è risorto, siede alla destra del Padre. La comunione che li caratterizza è l’unico messaggio vivificato dalla presenza viva di Gesù che li pone in un profondo sentire fraterno, non di privilegio ma di vicinanza e servizio con una forte sollecitudine: affinché tutti conoscano di essere amati e salvati da Dio in Cristo Gesù. Per noi il medesimo programma missionario si caratterizza della presenza e della mediazione di Maria che ci spinge a svolgere il mandato facendo leva sulla sua missione e sensibilità materna. Cosa potrebbe suggerirci la nostra spiritualità mariana in ordine alla missione cui siamo chiamati?

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4 ESSERE SACERDOTI 6bGesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando. 7Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. (Mc 6,13) Compaiono i 12 per la seconda volta, dopo la loro istituzione (Mc 3,14). Sono poche righe ma molto intense. Prima di tutto a “due a due”. Sono insieme ed insieme ricevono il “potere sugli spiriti impuri”. Non hanno mezzi loro di sussistenza, se non il bastone ed i sandali che permettono loro di camminare e muoversi agilmente. Quando si fermano è perché sono ospiti e pertanto la sosta è temporanea, dura quel tanto che basta. Non sono inviati a fare proselitismo ma a dare “testimonianza”. Proclamano che la gente si converta, scacciano molti demòni, ungono gli infermi, guariscono (Mc 6,12-13). Sono cioè segni del Regno indicatori della sua presenza, non ne sono i fondatori. Non sono gli unici protagonisti, non solo perché in due, ma vi sono le “case” che li “ospitano” e la “gente” in mezzo alla quale vivono, non sono loro il riferimento ma le comunità che sorgono in seguito alla loro missione. Sono sempre parte dei “dodici” anche se divisi a coppie. Sono sempre pellegrini, lungo la strada di Gesù, senza un preciso punto di arrivo ma senza mai essere separati da lui.

Papa Francesco «Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 11). Al tempo stesso, la penitenza e la preghiera ci aiuteranno a sensibilizzare i nostri occhi e il nostro cuore dinanzi alla sofferenza degli altri e a vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi

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mali. Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie. Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza. In tal modo potremo manifestare la vocazione a cui siamo stati chiamati di essere «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1). Maria ha saputo stare ai piedi della croce del suo Figlio. Non l’ha fatto in un modo qualunque, ma è stata saldamente in piedi e accanto ad essa. Con questa posizione esprime il suo modo di stare nella vita. Quando sperimentiamo la desolazione che ci procurano queste piaghe ecclesiali, con Maria ci farà bene “insistere di più nella preghiera” (cfr S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 319), cercando di crescere nell’amore e nella fedeltà alla Chiesa. Lei, la prima discepola, insegna a tutti noi discepoli come dobbiamo comportarci di fronte alla sofferenza dell’innocente, senza evasioni e pusillanimità. Guardare a Maria vuol dire imparare a scoprire dove e come deve stare il discepolo di Cristo. (Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio)

Dalle memorie di Lucia Le ho già detto, Ecc. Rev.ma, nello scritto su mia cugina, che furono due venerandi sacerdoti che ci parlarono del Santo Padre e del bisogno che aveva di preghiere. Da allora, non offrimmo a Dio nessuna preghiera o sacrificio, a cui non aggiungessimo una supplica per Sua Santità. Cominciammo ad avere un amore cosi grande per il Santo Padre, che quando un giorno il parroco disse alla mia mamma che probabilmente io sarei dovuta andar a Roma, per essere interrogata dal Papa, io battevo le mani dalla gioia, e dicevo ai miei cugini:

- Che bello se vado a vedere il Santo Padre! E a loro cadevano le lacrime, e dicevano:

- Noi non ci andiamo, ma offriamo questo sacrificio per Lui. Il parroco mi fece pure il suo ultimo interrogatorio. Il tempo fissato per gli avvenimenti era finito, e il reverendo non sapeva cosa dire di tutto ciò….

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Cominciò anche a mostrarsi scontento: - Perché tutta quella quantità di gente va a prostrarsi in preghiera in un

deserto, mentre il Dio vivo, il Dio dei nostri altari, nel Sacramento, resta solo, abbandonato nel tabernacolo? Perché quel denaro, che lasciano là, senza nessun fine, sotto quel leccio, mentre la chiesa, in costruzione non si riesce a finirla per mancanza di mezzi?

lo capivo perfettamente il motivo delle sue riflessioni; ma cosa dovevo farci? Se fossi stata padrona dei cuori di quella gente, certamente li avrei indirizzati alla chiesa. Ma siccome non lo ero, offrivo a Dio anche questo sacrificio. Poco dopo, apparve un altro prete, di Santarém. Sembrava fratello del primo o, per lo meno, che si fossero messi d'accordo: le stesse domande, gli stessi cavilli, gli stessi modi di ridere e di prendere in giro, perfino la statura e le fattezze sembravano le stesse. Dopo questo interrogatorio, i miei dubbi aumentarono; e non sapevo proprio cosa fare. In mezzo a questa perplessità, ebbi la felicità di parlare col prevosto di Olival (27). Non so perché, ma quel prete m'inspirò fiducia, e io gli esposi il mio dubbio. … Compresi perfettamente il linguaggio del venerando prete, e quanto mi piaceva! Quel reverendo non perse più di vista la mia anima ed ogni tanto si degnava, di passar di li, o servirsi d'una pia vedova che abitava in un piccolo villaggio vicino ad Olival (28). Si chiamava signora Emilia. Questa pia donna veniva spesso alla Cova d'lria, a pregare. Poi, passava a casa mia. Chiedeva di lasciarmi andar a passare alcuni giorni con lei, e poi mi portava dal parroco. Il reverendo aveva la bontà di farmi restare due o tre giorni in casa sua, con la scusa di far compagnia a sua sorella. Aveva allora la pazienza di passare, solo con me, lunghe ore, insegnandomi a praticare la virtù, e guidandomi coi suoi saggi consigli. Senza capir niente, allora, di direzione spirituale, posso dire che fu il mio primo direttore. Conservo, quindi, grati e santi ricordi di quel venerando prete. Dalle parole del Beato Luigi Novarese «Non i Congressi internazionali» diceva l’Ecc.mo Vescovo di Lourdes ai Sacerdoti ammalati, «salveranno il mondo, ma Voi, Sacerdoti ammalati, che siete doppiamente Sacerdoti in virtù proprio della vostra malattia». Estendendo le parole dell’Eccellentissimo Vescovo di Lourdes a tutti gli

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ammalati, tutti possono dire di essere in qualche maniera Sacerdoti, perché nessuna missione, si avvicina a quella del Sacerdote quanto quella dell’ammalato. (L’Ancora, n. 1, gennaio 1955, pp. 1-7) In questo modo sono nati nel 1947 i «Volontari della Sofferenza». La loro istituzione si presentava come una necessità. Esisteva già da qualche anno la Lega Sacerdotale Mariana: si voleva fare qualcosa di più concreto per i Sacerdoti, per aiutarli ad essere più santi e rendere più fecondo il loro ministero. Eravamo nell’immediato dopo guerra. Che cosa poteva realmente dare energie nuove al loro ministero, dinanzi agli immani bisogni delle anime, alle accresciute esigenze dell’apostolato? Il dono più prezioso e l’aiuto più efficace non poteva venire che da un più intenso apporto di Grazia, di preghiera e di sacrificio. Sorsero così i « Volontari della Sofferenza »: anime segnate dal crisma di privilegio della malattia che si impegnavano a vivere in Grazia e ad offrire il valore redentivo della loro sofferenza per l’adempimento delle richieste della Madonna. (L’Ancora, n. 5-6, maggio-giugno 1956, pp. 2-9) Per la nostra conversazione Il sacerdote è colui che agisce nei sacramenti in persona Christi. Gesù ci ha affidato mediante l’imposizione delle mani del Vescovo questo ministero incomparabile: essere amministratori dei Misteri di Dio. Siamo chiamati a donare ai fratelli la consolazione dello spirito mediante i sacramenti. I fratelli attendono e chiamano la presenza del sacerdote perché sanno che ciò che egli può offrire il mondo intero non può offrirlo: è la grazia di Dio, il dono della salvezza che passa attraverso le loro mani e le loro parole. Quanto è importante allora la santità sacerdotale e come è importante che cuori generosi, come quelli di tanti ammalati si sentano investiti di pregare ed offrire per i sacerdoti. Come è necessario che la fecondità del ministero sacerdotale venga assicurata dall’esercizio del sacerdozio regale di Cristo al quale tutti i battezzati partecipano! Nel nostro apostolato è molto viva questa dimensione ma come farla entrare nel sentire comune dei fedeli che ci sono affidati? Quali iniziative semplici possono essere introdotte nella nostra azione pastorale perché si ravvivi la sollecitudine di pregare ed offrire per la santificazione dei sacerdoti e per una maggiore consapevolezza relativa al sacerdozio regale donatoci nel Battesimo?

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5 ESSERE DISCEPOLI E MISSIONARI 14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». (Mc 16,14-18). Siamo all’epilogo ed appare ormai chiaro che ciascuno a suo modo non può che essere Discepolo e Missionario. Potrebbe sembrare che il quadro non sia molto cambiato: vi è Gesù quanto mai vivo ed operante, come prima e forse anche più di prima. Vi sono i Dodici, che però sono diventati gli “Undici”. Giuda infatti è morto. Morto perché non è mai stato credente, morto, perché ha perso il noi dei discepoli, morto perché ha perso il contatto coi “Dodici” con i quali era stato costituito, morto perché si è ucciso. Gesù conferma però la loro istituzione e li invia in modo definitivo “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc16,15). Tuttavia non li separa ne distingue dal resto della comunità, gli Apostoli annunceranno il vangelo, ma poi i credenti verranno a condividere la loro eredità “scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,17s). Anche i “Dodici” sono prima di tutto credenti “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato” (v16). L’essere credenti è l’origine della salvezza. (Chi non crederà sarà condannato v 16) Sarà comunque la loro predicazione che renderà credenti e tuttavia, gli apostoli dovranno a loro volta credere “a quelli che lo avevano visto risorto” (v 14). Se non siamo discepoli oltre che missionari, non completiamo la Missione che Gesù ci ha affidato.

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Papa Francesco Unitamente a questi sforzi, è necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore. Così amava dire San Giovanni Paolo II: «Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49). Imparare a guardare dove guarda il Signore, a stare dove il Signore vuole che stiamo, a convertire il cuore stando alla sua presenza. Per questo scopo saranno di aiuto la preghiera e la penitenza. Invito tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso. (Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio) Dalle memorie di Lucia Sui primi gradini, la mia mamma si volta e mi dice: “Non mi tormentare più! Adesso dì al parroco che hai mentito, affinché lui possa dire domenica nella messa che è stata una bugia e cosi finirla per sempre. Ma son queste delle cose sensate? Tutti lì che corrono alla Cova d'lria, per pregare davanti a un leccio! Senz'altre parole, bussa alla porta. Viene la sorella del buon parroco che ci fa sedere su una panca per aspettare un po'. Finalmente, viene il parroco. Ci fa entrare nel suo studio, fa segno alla mamma di sedersi su uno sgabello e chiama me presso la scrivania. Quando vidi il reverendo interrogarmi con tutta calma e perfino con gentilezza, restai meravigliata. Tuttavia stavo a vedere cosa sarebbe accaduto dopo. L'interrogatorio fu molto minuzioso, quasi oserei dire, estenuante. Il reverendo mi fece una piccola avvertenza, perché, diceva: - Non mi pare una rivelazione del Cielo. Quando queste cose succedono, di solito il Signore ordina alle anime a cui si rivela di riferire quanto succede ai loro confessori o parroci; ma questa, al contrario, si nasconde il più possibile. Ciò può anche essere un inganno del demonio. Vedremo. Il futuro ci dirà quel che dobbiamo pensarne. Dalle parole del Beato Luigi Novarese La sofferenza ha un frutto reale per il piano soprannaturale.

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Non tutti sono infermi come non tutti sono sani, ma chi è infermo usi dell’infermità, come chi è sano usi della sanità per lavorare per la gloria di Dio. Ed allorché sentiremo la forza della nostra nullità esultiamo, perché possiamo ripetere con San Paolo «quando sono debole allora sono potente per la virtù di Cristo che abita in me» (II Cor. XII, 10). Credere alla propria dignità di cristiani, alla propria missione è essenziale per tutte le creature. Credere all’efficacia della sofferenza vissuta in Grazia vuol dire credere alla realtà grande della Croce. Per questa ragione osiamo affermare che il programma dei Volontari della Sofferenza è un programma facile, accessibile a tutti, perché esso è il programma di ogni buon cristiano. L’unica sua caratteristica consiste nel porre volontariamente a disposizione di Maria Santissima tutte le proprie sofferenze per la realizzazione delle sue grandi richieste. E questo è per noi dolce, poiché così diamo a Maria Santissima qualcosa di reale, qualcosa di cui Ella si servirà per attuare ciò che Le sta tanto tanto a cuore come Corredentrice e come Madre del genere umano. (L’Ancora, n. 3 - marzo 1957, pp. 1-4) Per la nostra conversazione Il sacerdote è sotto lo sguardo di tutti. 9Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini”. Questa condizione accentua molto l’esigenza e la responsabilità della nostra missione sacerdotale. Per questo troppe volte possiamo essere sopraffatti dallo scoraggiamento e da un senso di sproporzione tra quanto ci viene chiesto e la nostra inadeguatezza, povertà e fragilità umana. È qui che deve riemergere il senso della fede nel dono della vocazione propria del sacerdote; “Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.” Fondati su questa certezza non trovano più spazio né il clericalismo né le vanità offerte dal mondo ma il ricorso fiducioso alla preghiera ed al sacrificio nostro e di quanti possono essere a ciò mobilitati fondandoci soltanto sulla Grazia e la misericordia di Dio. La fraternità sacerdotale che ci unisce cosa ci suggerisce per il sostegno a confratelli comunque bisognosi?