Supporto Psicologico a Pazienti Sottoposti Ad Amputazione Per Neoplasie Pediatric He

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Supporto psicologico ai pazienti sottoposti ad amputazione di un arto per neoplasie dell'età pediatrica. Gli interventi d’amputazione per tumori dell'età pediatrica costituiscono un’evenienza più rara rispetto al passato ma di grande impatto emotivo sui pazienti e sui loro familiari, oltre che per l’équipe curante. Gli studi dedicati agli aspetti psicologici delle amputazioni in soggetti affetti da neoplasie in età pediatrica sono tuttora scarsi ed i risultati sono talora non concordi. Presso l’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stata svolta un’attività di assistenza psicologica a sostegno dei pazienti candidati ad amputazione e dei loro familiari, articolata su due livelli: un primo livello psi- cologico medico, svolto dall’équipe curante nel suo complesso, ed un secondo livello, psicologico clinico specialistico. Di questa esperienza è pubblicato un resoconto nell'articolo"Aspetti psicologici dei pazienti amputati in età pediatrica per malattie neoplastiche". Psychological aspects in patients with surgical amputations in pediatric age for malignant tumor. Autori Carlo Alfredo Clerici, Andrea Ferrari, Maura Massimino, Roberto Luksch, Graziella Cefalo, Monica Terenziani, Michela Casanova, Filippo Spreafico, Daniela Polastri, Franca Fossati Bellani. Pubblicato da ITAL J PEDIATR 2001; 27: 887-892.Supporto psicologico, psiconcologia, psiconcologia pediatrica, psico - oncologia, psicologia clinica, amputazioni, età evolutiva, malattie gravi, www.carloclerici.com, amputation, psycho oncology, pediatric psychology

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ITAL J PEDIATR 2001; 27: 887-892

Riassunto

Obiettivi. Gli interventi d’amputazione in età pediatrica costituiscono un’evenienza piùrara rispetto al passato ma di grande impatto emotivo sui pazienti e sui loro familiari, ol-tre che per l’équipe curante. Gli studi dedicati agli aspetti psicologici delle amputazioni insoggetti affetti da neoplasie in età pediatrica sono tuttora scarsi ed i risultati sono taloranon concordi.

Metodi. Presso l’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell’Istituto Nazionale dei Tu-mori di Milano è stata svolta un’attività di assistenza psicologica a sostegno dei pazienticandidati ad amputazione e dei loro familiari, articolata su due livelli: un primo livello psi-cologico medico, svolto dall’équipe curante nel suo complesso, ed un secondo livello, psi-cologico clinico specialistico.

Risultati. Sono stati analizzati 15 pazienti prima e dopo l’intervento chirurgico demoliti-vo. La chirurgia demolitiva è stata maggiormente accettata quando il tumore era causa diimportante dolore e perdita funzionale. Il supporto psicologico specialistico è stato neces-sario quando si sono instaurati meccanismi di difesa come scissione e proiezione o in ca-so di reazioni depressive con isolamento e intolleranza.

Conclusioni. La metodologia sviluppata pare aver fornito un adeguato supporto nelle si-tuazioni cliniche affrontate e può essere proposta come modello d’intervento psicologico.

Summary

Objectives. Surgical amputations in pediatric age are rarer than in the past; neverthe-less their emotional impact on patients, families and the health care team is strong. Thereare scanty reports on the psychological issues of children undergoing limb amputationbecause of a malignant tumor, and their results are sometimes contradictory.

Methods. At the Pediatric Oncology Unit of Istituto Nazionale Tumori, in Milano (Italy),psychological support was provided to candidates for amputation and their families, ontwo different levels: medical psychology, involving the whole medical team, and clinicalpsychology, provided by a medical specialist in clinical psychology.

Results. Fifteen patients were evaluated prior to and after mutilating surgery. Surgerywas easier to accept when the tumor caused pain and functional loss. Specialize psy-chological support was needed in cases of defense mechanisms (e.g. scission and pro-jection) and depressive reactions evolving into isolation or intolerance.

Conclusions. The psychosocial approach we adopted seemed to supply adequate sup-port to patients and their families, and might represent a guideline for such psycholog-ical interventions.

Parole chiave

Amputazione • Neoplasiepediatriche • Adolescenti •Qualità di vita • Adattamentopsicosociale

Key words

Amputation • Childhood cancer •Adolescent • Quality of life •Psychosocial adjustment

Pervenuto: 5 febbraio 2001.Accettato: 24 luglio 2001.

Corrispondenza:dott. Carlo Alfredo ClericiUO Pediatria, Istituto NazionaleTumorivia G. Venezian 120133 MilanoTel. 02 2390588Fax 02 2665642

ARTICOLO ORIGINALE

ORIGINAL ARTICLE

Aspetti psicologici dei pazienti amputati in etàpediatrica per malattie neoplastichePsychological aspects in patients with surgical amputations in pediatric age formalignant tumor

C.A. CLERICI, A. FERRARI, M. MASSIMINO, R. LUKSCH, G. CEFALO, M. TERENZIANI, M. CASANOVA, F. SPREAFICO, D. POLASTRI, F. FOSSATI BELLANIUnità Operativa Pediatria, Istituto Nazionale Tumori, Milano

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Introduzione

Alcune malattie tumorali dell’età pediatrica (osteosar-coma, sarcoma di Ewing e in misura minore sarcomidei tessuti molli) possono rendere necessario un inter-vento di amputazione dell’arto malato al fine della gua-rigione. Grazie al sistematico ricorso a trattamenti inte-grati multidisciplinari, nel corso degli ultimi 20 anni, lapercentuale di pazienti sottoposti ad amputazione è no-tevolmente diminuita: attualmente vengono amputati il5-25% dei pazienti affetti da osteosarcoma. Nonostanteciò, i casi in cui queste operazioni sono ancora neces-sarie continuano a proporre ai pazienti ed ai loro fami-liari difficoltà di ordine materiale ed emotivo. L’au-mento delle possibilità di sopravvivenza a lungo termi-ne di questi pazienti pone inoltre per un numero cre-scente di essi il problema dell’adattamento alla disabi-lità permanente ed alle sue conseguenze psico-socialinella futura vita adulta.Scopi di questo lavoro sono lo studio delle problemati-che psicologiche dei pazienti amputati per neoplasie inetà pediatrica e la descrizione dell’attività di supportopsicologico di questi pazienti effettuata dal 1998 pres-so l’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell’Isti-tuto Nazionale Tumori di Milano.

Materiali e metodi

Dal 1998 presso il nostro reparto sono stati osservati 15pazienti candidati o sottoposti ad un intervento d’am-putazione o di disarticolazione di un arto. Di questi, 7erano maschi e 8 femmine, di età compresa fra 6 e 21anni (mediana 15). Tredici pazienti presentavano unsarcoma dell’osso (12 osteosarcoma, 1 sarcoma ra-dioindotto: sedi di malattia erano il femore in 6 casi, latibia in 3, il bacino in 2, l’omero in 1 e il calcagno in1), 2 un sarcoma delle parti molli (un rabdomiosarco-ma della gamba sinistra e un sarcoma sinoviale dellagamba recidivato localmente). Dodici pazienti sonostati sottoposti ad intervento chirurgico demolitivo: 7amputazioni dell’arto inferiore sopra il ginocchio, 2amputazioni sotto al ginocchio, 1 emipelvectomia, 1 di-sarticolazione coxofemorale e 1 disarticolazione dispalla. Due ragazze affette da osteosarcoma hanno ri-fiutato l’intervento demolitivo proposto: una ha decisodi farsi seguire presso un altro centro, dove è stato ef-fettuata una chirurgica conservativa giudicata dai chi-rurghi del nostro Istituto come non adeguata; l’altra èstata trattata con radioterapia come unica modalità ditrattamento locale. In un paziente la chirurgia non è sta-ta eseguita per progressione di malattia alle valutazioniradiologiche pre-operatorie, dopo che i colloqui con ilpaziente erano già stati effettuati.Interventi demolitivi di questo tipo rendono necessarioun adeguato supporto psicologico ed un approccio in-dividualizzato per ogni paziente. L’attività di assisten-za psicologica svolta presso il nostro reparto a sostegnodei pazienti candidati ad amputazione e dei loro fami-liari si articola in due livelli d’intervento.

– Il primo livello (psicologico medico) è svolto dal-l’équipe curante nel suo complesso: i medici onco-logi, affiancati dal personale infermieristico, dalleassistenti sociali e dalle insegnanti. L’équipe è ingrado di offrire, congiuntamente alle informazionipiù strettamente tecniche, un primo sostegno emoti-vo e un contenimento dell’angoscia evocata dallamalattia neoplastica e dalla prospettiva dell’ampu-tazione.

– Il secondo livello è quello specialistico (psicologicoclinico), svolto mediante colloqui clinici e sedute dipsicoterapia di supporto da un medico specialista inpsicologia clinica, inserito nel gruppo curante.

È utile che gli operatori abbiano già potuto porre le ba-si per una buona comunicazione con la famiglia ed ilpaziente fin dalle prime fasi della terapia, prima chevenga prospettata la necessità dell’amputazione. La co-municazione con il paziente ha l’obiettivo di farglicomprendere la natura della malattia, verificando ilgrado di comprensione delle informazioni fornite. Do-po la decisione del programma terapeutico, i curantiinformano circa la necessità di eseguire l’intervento de-molitivo, prima i genitori e solo successivamente il pa-ziente. In entrambi i casi si rendono necessarie partico-lari attenzioni nella comunicazione, come la disponibi-lità di un locale adeguato, senza interferenze ambienta-li (ad esempio evitando interruzioni telefoniche), un’a-deguata disponibilità di tempo e la possibilità di ripete-re il colloquio, se necessario, per fornire ulteriori chia-rimenti. In una prima fase può essere necessario un in-tervento di supporto psicologico per i genitori, chespesso sperimentano una forte angoscia paralizzante ehanno difficoltà a mettere in atto meccanismi di difesaefficaci.Quando i genitori danno il loro assenso alla proceduraterapeutica programmata, è necessario informare il pa-ziente e prepararlo all’intervento chirurgico. Questa fa-se si svolge con strategie diverse e personalizzate in re-lazione all’età e al grado di maturazione del paziente:obiettivo della comunicazione è metterlo in grado dicomprendere e «condividere» con i medici la necessitàdella scelta terapeutica.La valutazione specialistica mira all’individuazione,attraverso i colloqui con i familiari, delle caratteristichedella personalità del paziente, del suo livello di autosti-ma, delle sue competenze cognitive, sociali e fisiche edelle modalità difensive messe in atto in precedenti si-tuazioni, delle sue risorse e delle necessità di un inter-vento di supporto specialistico post-operatorio. Si cer-ca in genere di evitare una comunicazione troppo pre-coce, che potrebbe risultare eccessivamente angoscian-te ed intollerabile per i giovani pazienti. Il colloquioavviene quindi di solito pochi giorni prima dell’opera-zione (di solito 3-4 giorni).

Risultati

Le esperienze riportate sono state molto varie. Il collo-quio è stato seguito a volte da reazioni emotive mani-

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festate in modo clamoroso, in parte legate all’ango-sciosa sensazione d’impotenza di fronte ad una deci-sione già presa da altri ed al vissuto di sentirsi aggredi-to, in parte all’angoscia per il grave danno fisico e la

conseguente vita futura. Gli interventi di supporto sonostati volti a mitigare questi sentimenti così dolorosi.La proposta dell’intervento è risultata di solito meglioaccettata quando la neoplasia era causa di un’importan-

Tab. I. Casi clinici.

– Paziente n. 1: V. è una ragazza siciliana di 17 anni, affetta da un’osteosarcoma della tibia destra. Lavora come aiutante parruc-chiera, è molto attenta al suo aspetto fisico e nel primo ricovero è preoccupata per gli effetti collaterali della chemioterapia,come la perdita dei capelli. Quando viene proposta l’amputazione, la paziente d’accordo con la madre, decide d’interpellarealtri centri per consulto e, successivamente, di proseguire le cure presso un centro oncologico francese, che ha proposto unintervento chirurgico conservativo, considerato non adeguato dai chirurghi del nostro Istituto. In questo caso la negazione,troppo rigida, non ha consentito alla paziente di accettare la prospettiva dell’amputazione che, probabilmente l’avrebbe pos-ta di fronte ad una crisi d’identità troppo grave rispetto alle sua risorse emotive.

– Paziente n. 2: A. è stata operata all’età di 12 anni con intervento conservativo e trattata con chemioterapia per un osteosar-coma della tibia sinistra. Tre anni dopo, la paziente si presenta con una recidiva locale di malattia. A. accetta di sottoporsi al-l’amputazione con apparente serenità. Mentre la madre è disperata e chiede aiuto, A. la invita al silenzio. Dopo l’intervento A.decide d’interrompere la chemioterapia: «tanto non servirebbe ad aggiungere nulla a quello che è stato fatto …». Oppone unastrenua resistenza e si rifiuta di entrare in ospedale, anche soltanto per incontrare i medici. Il colloquio psicologico, richiestodai medici e dai genitori, si svolge inizialmente su di una scala anti-incendio dell’Istituto. Viene valutato il livello di maturità del-la paziente e ritenuta in grado di comprendere i rischi di non completare il piano di cura. Ad un nuovo colloquio, dopo 2 set-timane, questa volta all’interno dell’ambulatorio, la paziente conferma la sua scelta; l’équipe medica accetta la sua decisione.In questo caso la paziente, adolescente, ha manifestato in modo drammatico la necessità di recuperare una certa autonomiariguardo alla sua vita, rispetto alle scelte sulla sua vita compiute dagli altri. A 2 anni dalla ricaduta la paziente è ancora libera dal-la malattia. Il suo adattamento all’attuale condizione ed alla protesi è ottimale.

– Paziente n. 3: C. è un ragazzo di 12 anni, affetto da un osteosarcoma alla gamba sinistra. Appassionato di calcio, gioca in unasquadra giovanile. Al momento della comunicazione del programma terapeutico, che prevede l’amputazione al di sotto delginocchio, la reazione del paziente è drammatica. Il ragazzo accetta di sottoporsi all’intervento solo dopo numerosi problem-atici incontri. Dopo l’intervento segue una fase depressiva di qualche mese. In seguito si assiste ad una riorganizzazione degliinvestimenti esistenziali; il paziente inizia presto la riabilitazione e l’uso della protesi. C. racconta con entusiasmo durante uncolloquio: «mio papà mi ha comprato un’automobile radiocomandata; è bellissima. La smonto e la rimonto. Il calcio non mi in-teressa più come prima …. Da grande vorrei fare il meccanico ….». Il caso mostra il decorso del processo di adattamento adun’amputazione, che comprende generalmente una fase depressiva che prelude una ristrutturazione dell’identità del pazientee nuovi investimenti sul futuro. Purtroppo il paziente ha avuto, circa sei mesi dopo l’intervento una ripresa metastatica pol-monare e si è dovuto sottoporre ad ulteriori trattamenti chemioterapici.

– Paziente n. 4: O. è una ragazza pugliese di 17 anni, affetta da una recidiva di rabdomiosarcoma alla gamba sinistra. È molto cu-rata nell’aspetto estetico e ama ballare. La malattia ha prodotto un’ampia perdita di sostanza muscolare e esposizione delleparti ossee sottostanti, spesso con cattivo odore: la gamba malata è tenuta accuratamente fasciata e nascosta dalla pazientesotto un lenzuolo. Al primo colloquio con i medici riguardo all’amputazione, la paziente manifesta una forte angoscia. «Non èpossibile, questa gamba guarirà ed io non me la faccio toccare». O. si rifiuta di dare il suo consenso. Un secondo parere medico,richiesto in un altro centro, conferma la necessità dell’amputazione. Proseguono i frequenti colloqui con i medici, a cui O.chiede sempre di più dettagli sulla chirurgia e su «come sarebbe quest’amputazione?». Un punto di svolta è quando, pi-angendo, O. chiede «come si fa ad accettare di vivere senza una gamba? Come hanno fatto gli altri pazienti?». Su questo temas’incentrano i nuovi colloqui con i medici che le raccontano delle esperienze di altri pazienti. O. accetta quindi di fissare unadata per l’intervento. L’angoscia dei primi giorni ha lasciato spazio ad una forte ansia, funzionale però all’elaborazione della de-cisione da prendere. Dorme pochissimo e pensa continuamente a quello che dovrà affrontare. La notte prima dell’intervento,a tarda ora, scrive una lettera di saluto alla sua gamba e riesce ad addormentarsi solo dopo averla conclusa. Il giorno dopo ac-cetta di recarsi in sala operatoria. Il decorso post-operatorio è soddisfacente e la paziente mostra, orgogliosa, «la gamba chenon c’è più». Desidera far leggere la lettera ai medici e pensa che la sua esperienza potrebbe essere utile ad altri. In questapaziente una negazione troppo rigida ha potuto lasciare il posto ad una prima accettazione della nuova realtà, attraverso unacerta quota d’idealizzazione.

– Paziente n. 5: R. è una ragazza di 13 anni di origine siciliana, affetta da un osteosarcoma calcaneare destro. La malattia rendenecessaria un’amputazione del piede destro. La paziente lamenta un’importante sintomatologia dolorosa ed una perdita difunzione. Il colloquio fra i medici e la paziente si svolge con apparente serenità. I curanti evidenziano i vantaggi derivanti dal-l’intervento: da un lato liberarsi dal dolore e dall’altro riacquistare, grazie alla protesi, la possibilità di camminare. Viene poi pre-sentato alla ragazza un altro giovane paziente, presente in reparto per un ciclo di chemioterapia, che ha già subito qualchemese prima lo stesso intervento. Il ragazzo racconta alla paziente la sua esperienza e ad un certo punto si sfila la protesi permostrarne il funzionamento alla ragazza. L’intervento può essere vissuto quindi come una possibilità percorribile e non trop-po angosciante dalla ragazza. Dopo l’operazione la paziente utilizza in breve tempo la protesi, con un buon recupero fun-zionale.

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te sintomatologia dolorosa e soprattutto di perdita difunzione dell’arto. La «condivisione» della scelta tera-peutica è stata basata in tal modo sulla percezione con-creta di un miglioramento clinico e fisico; il paziente si«libera» del dolore e di un arto «inutile», e può real-mente «vedere» la prospettiva di una veloce riabilita-zione. L’accettazione è apparsa più difficoltosa nei ca-si in cui l’intervento è stato proposto dopo che le primefasi del trattamento chemioterapico avevano ridotto lapresenza dei sintomi dolorosi. Il supporto specialisticopsicologico medico è stato necessario quando la pre-senza di difese troppo rigide, soprattutto di negazione,hanno ostacolato i processi di adattamento alla realtà.L’adattamento all’amputazione si è dimostrato in gene-re un processo a lungo termine, anche perché ad uncambiamento fisico e psicologico si accompagnanomodificazioni nelle strutture familiari e sociali del pa-ziente operato.Dal punto di vista psicodinamico si è osservato la mes-sa in atto di difese come scissione e idealizzazione.Con un meccanismo di scissione, l’arto malato è inve-stito di tutti gli aspetti buoni e vitali del sé e ciò puòportare a reazioni depressive («senza la gamba mi sen-to morto, in questo stato non vale la pena di vivere») equindi ad isolamento sociale. Se l’arto è invece deposi-tario di tutti gli aspetti negativi, può verificarsi un pro-cesso d’idealizzazione, che sottovaluta la perdita e in-nesca reazioni di onnipotenza. È necessario accertarsiche questa condizione non evolva in una compromis-sione del senso di realtà, della percezione dei rischi edella capacità di chiedere aiuto.Non rare sono le reazioni rabbiose e l’intolleranza ver-so chi non ha vissuto l’esperienza della malattia, con ilrischio di compromettere rapporti familiari, sociali edaffettivi: la propria menomazione è vissuta come og-getto di curiosità da parte degli altri.Nel caso in cui i pazienti si trovino ad adottare difesepsicologiche disfunzionali, pur essendo stata controlla-ta efficacemente la malattia, la qualità della vita e l’a-dattamento sociale rimangono insoddisfacenti e puòrendersi necessario un intervento specialistico psicote-rapico. I meccanismi di difesa messi in atto dai pazien-ti possono anche influenzare la successiva riabilitazio-ne e l’uso della protesi: la protesi può essere integratanell’immagine corporea, oppure può essere rifiutata, sevissuta come un ostacolo alla propria autostima.La Tabella I illustra in dettaglio alcuni casi clinici.

Discussione

Complessivamente gli studi sugli interventi di supportopsicologico per pazienti oncologici pediatrici candidati osottoposti a chirurgie mutilanti sono poco numerosi 1.È possibile identificare tre aree di ricerca comuni: quel-la della qualità di vita, quella dell’adattamento alla si-tuazione dell’amputazione (coping) e infine quella de-gli aspetti emotivo-affettivi della disabilità.Le ricerche sulla qualità di vita si propongono d’inda-gare gli effetti degli interventi sulla performance fisica

e sulla percezione soggettiva del benessere da parte deipazienti. Sono state impiegate per lo più metodiche ditipo statistico-quantitativo, affini più alle disciplinebiologiche che a quelle psicologiche. Il termine qualitàdi vita comprende aspetti eterogenei quali la «norma-lità» dei parametri fisiologici di un soggetto e la sua ca-pacità di compiere le attività quotidiane, la presenza disintomi fisici o psicopatologici ed infine l’adattamentosociale, scolastico e familiare 2-5.L’attenzione al problema dell’adattamento psicologico(coping) alla mutilazione deriva principalmente da ri-cerche di area cognitivo-comportamentale: manca inrealtà una definizione univoca del concetto di coping,che Folkman descrive come «insieme degli sforzi co-gnitivi e comportamentali tesi a dominare, ridurre otollerare le esigenze determinate dalle situazioni distress» 6. Per identificare gli stili di coping, e in parti-colare quelli disfunzionali che necessitano di un tratta-mento, sono stati messi a punto strumenti standardiz-zati di valutazione.Le ricerche sugli aspetti emotivi ed affettivi delle am-putazioni sono di area psicodinamica ed hanno utiliz-zato generalmente il «metodo del caso». Hanno porta-to a sviluppare teorie e metodi d’intervento sui pazien-ti e sulle loro famiglie nel difficile impatto con la realtàdella mutilazione 7 8.I diversi studi di tipo psicologico sul problema delleamputazioni in età pediatrica presentano spesso risulta-ti non concordi. Non esiste ad esempio un consenso suivantaggi psicologici degli interventi conservativi (cherisparmiano l’amputazione ma comportano una parzia-le perdita della funzione) rispetto alle amputazioni 2 5:secondo alcuni autori, la chirurgia conservativa avreb-be solo un «valore cosmetico» 9. Un filone di studi haindagato il ruolo di componenti psicologiche nell’in-staurarsi e nel protrarsi della sindrome dell’arto fanta-sma, che sarebbe influenzata da fattori emotivi e miti-gata attraverso l’espressione del dolore 10 11. Varie ricer-che hanno cercato di descrivere i fattori predittivi sul-l’adattamento all’amputazione; sono stati indicati lagravità della disabilità, la sua percezione da parte delsoggetto e della famiglia, la presenza di dolore, il ses-so del paziente e la sua intelligenza 2 12 13. È controver-so il rapporto fra l’età del paziente e il grado di adatta-mento alla menomazione: alcuni riconoscono nei pa-zienti più piccoli un maggiore rischio d’interferenzecon i processi evolutivi 14 15, anche se nella nostra casi-stica abbiamo osservato adattamenti rapidi e soddisfa-centi più nei pazienti di età inferiore ai 12-14 anni chenon negli adolescenti. Il tempo di adattamento è varia-bile; ansia e depressione sono descritte persistere gene-ralmente a lungo dopo l’intervento 16. La dinamica del-l’adattamento emotivo all’amputazione è stata a volteparagonata al processo del lutto, con varie fasi succes-sive 10. Nella nostra esperienza abbiamo osservato varimeccanismi di difesa: spesso si sono manifestate re-gressioni a stadi precedenti dello sviluppo e comporta-menti volti ad ottenere cure ed attenzioni 17. Una dellereazioni più frequenti è almeno all’inizio la negazione,che richiede però un eccessivo sforzo per far fronte ad

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una realtà ineludibile e può lasciare il posto a senti-menti rabbiosi, quando il paziente prende coscienzadella propria incapacità d’influenzare l’ambiente. Lostaff medico si trova a confrontarsi con una notevolequota di aggressività, a volte autodiretta e manifestatacome depressione. Parte degli interventi di supporto hacome fine quello di mitigare l’angoscia legata ai vissu-ti d’impotenza e favorire il processo di riorganizzazio-ne delle prospettive per il futuro. Gli adolescenti in par-ticolare reagiscono in modo drammatico al cambia-mento della propria immagine corporea ed alla mag-giore dipendenza dagli altri.Pochi studi hanno descritto modelli teorici ed applicati-vi di supporto psicologico specifico: va ricordato il mo-dello psicodinamico del «contenimento emotivo», po-stulato da W. Bion 18, la malattia neoplastica e la conse-guente disabilità sono eventi reali che inducono nei pa-zienti un’angoscia paralizzante e confusione, con lamessa in atto di meccanismi di difesa (scissione, proie-zione, negazione) 19; gli interventi di supporto devono ri-durre l’isolamento dei pazienti, favorendo l’accettazionee il contenimento dell’angoscia e dell’aggressività.Alla fine delle cure mediche si verifica per il pazienteun passaggio dalla prospettiva della cura della malattiatumorale alla necessità di convivere con la disabilità. Inquesta fase si può verificare una crisi d’identità, con lanecessità di riformulare nuovi progetti per il futuro enuovi investimenti vitali. Può insorgere la condizionedefinita da Schneider come «triade del malato cronico»20, caratterizzata da dipendenza, regressione e passività,quando la malattia è trasformata dal paziente in unacondizione che garantisce benefici concreti e psicologi-ci, come recuperare egemonia nella famiglia o atten-zioni che pensa di poter ottenere solo attraverso la con-dizione di malattia.Un ulteriore problema è il timore di un andamento sfa-vorevole della malattia oncologica, poiché la mutila-zione ricorda sempre al paziente la storia di malattia, inogni istante della giornata: è la cosiddetta «sindromedella spada di Damocle» 21, che necessita di adeguatimeccanismi di adattamento ed eventualmente di sup-porto psicologico.

Conclusioni

Le apparenti contraddizioni e le lacune della letteraturamettono in luce la già nota difficoltà d’integrazione delsapere medico e del sapere psicologico: la mutilazionearreca un danno all’integrità del sé del paziente ben dif-ficilmente descrivibile con le scale di valutazione e iquestionari quantitativi delle scienze psicologiche. Lacrisi d’identità può verificarsi anche sul piano intrapsi-chico, con poche manifestazioni sul piano comporta-mentale, rendendo difficile una valutazione della qua-lità della vita che sia compiuta fuori dello spazio dellarelazione medico-paziente. Proprio la relazione medi-co-paziente è lo spazio privilegiato per fornire un aiutonelle fasi immediate della proposta di amputazione enell’inizio di quei processi di ristrutturazione del sé, in-dispensabili per integrare l’esperienza dell’amputazio-ne nella propria storia di vita.Il modello operativo da noi seguito può essere propostoa quanti si occupano di malattie tumorali pediatricheche prevedono operazioni mutilanti: l’intervento disupporto psicologico deve essere svolto su livelli diffe-renziati, dall’intera équipe curante e da personale spe-cialistico psicologico. Nella fase dell’impatto con lamalattia e con la prospettiva dell’amputazione è neces-sario un contenimento emotivo dell’angoscia e l’identi-ficazione e il trattamento di eventuali meccanismi di di-fesa disfunzionali messi in atto dal paziente o dalla fa-miglia. Il secondo livello d’intervento, che dura per tut-to l’iter di cure ed oltre, ha come fine l’integrazionedella storia della malattia e dell’amputazione in unaprospettiva tollerabile di vita. La «qualità di vita» deipazienti amputati infatti può variare ampiamente in re-lazione alle capacità dei pazienti di mantenere un inve-stimento sulla vita e le sue possibilità future. L’approc-cio multidisciplinare è fondamentale: la nostra espe-rienza ha sottolineato il ruolo del personale con com-petenze specialistiche psicologiche, ma rimane predo-minante il ruolo dell’oncologo pediatra, che deve im-parare ad affrontare tematiche comunicative difficil-mente inquadrabili in un modello sistematico o in unprotocollo.

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Ringraziamenti: gli autori ringraziano il prof. Alberto Maria Comazzi,la dottoressa Christina Skoski ed i pazienti che con la loro storia ciinsegnano ad aiutarli

La ricerca è stata in parte finanziata dall’Associazione Bianca Gara-vaglia che ha supportato l’attività di assistenza psicologica medicapresso l’U.O. di Oncologia Pediatrica dell’Istituto Nazionale Tumo-ri di Milano