Sulprizio, delle religiose Kasper e Nazaria Ignazia di ... · re calamitato da Gesù e dai...

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Paolo VI anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente Il fatto. Durante la canonizzazione di Montini, Romero e inoltre dei sacerdoti Spinelli e Romano, del giovane laico Sulprizio, delle religiose Kasper e Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, l’invito a scegliere Cristo, non soldi e potere MIMMO MUOLO ROMA l popolo di Dio «sa annusare bene dove c’è santità». La frase pronunciata ieri dal Papa durante l’udienza ai circa 5mila pel- legrini provenienti da El Salvador, per la ca- nonizzazione di monsignor Oscar Arnulfo Romero, sembra la fotografia di quanto è successo domenica in piazza san Pietro, in occasione della solenne celebrazione euca- ristica nel corso della quale, oltre all’arcive- scovo di San Salvador, ucciso in odium fidei, il 24 marzo del 1980, sono stati proclamati santi Paolo VI e altri cinque beati: i sacerdo- ti Francesco Spinelli e Vincenzo Romano, le religiose Maria Caterina Kasper e Nazaria I- gnazia di Santa Teresa di Gesù e il giovane lai- co Nunzio Sulprizio. I 70mila fedeli accorsi per la Messa hanno “sentito” quel profumo di santità e hanno risposto presente, giungendo con ogni mez- zo da Brescia, Milano, Napoli, Pescara, dal- la Spagna, dalla Germania e da tutta l’Ame- rica Latina. E in che cosa consiste il profu- mo di santità dei nuovi santi? Francesco lo ha spiegato nell’omelia, sottolineando che essi sono stati cristiani senza mezze misure, hanno fatto cioè «la scelta coraggiosa di ri- schiare» per seguire Gesù e «hanno avuto il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via». Per loro era Dio la vera ricchezza. In sostanza, dunque, hanno applicato la rac- comandazione del Signore, così come e- merge dal brano del Vangelo proclamato du- rante la Messa: «Lasciare quello che appe- santisce il cuore» e soprattutto le ricchezze terrene. «Dove si mettono al centro i soldi non c’è posto per Dio e non c’è posto nean- che per l’uomo», ha ammonito Francesco. «Per questo la ricchezza è pericolosa e - di- ce Gesù - rende difficile persino salvarsi. Non perché Dio sia severo, no - ha proseguito il Papa -. Il problema è dalla nostra parte: il nostro troppo avere, il nostro troppo volere ci soffocano il cuore e ci rendono incapaci di amare». «Non si può seguire veramente Gesù quando si è zavorrati dalle cose». I santi invece hanno fatto la scelta di mette- re Gesù al centro delle loro vite. «Gesù è ra- dicale. Egli dà tutto e chiede tutto», ha sot- tolineato il pontefice. «Gesù non si accon- tenta di una "percentuale di amore": non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente». In questo senso, dunque, va letta la vita dei sette nuovi santi di domenica. Paolo VI, ha ricordato Francesco, «sull’esempio dell’A- postolo del quale assunse il nome» ha spe- so «la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nel- l’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chie- sa estroversa che guarda ai lontani e si pren- de cura dei poveri». Anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni ha fatto notare il Pontefice, Montini «ha testimoniato in mo- do appassionato la bellezza e la gioia di se- guire Gesù totalmente. Oggi ci esorta anco- ra, insieme al Concilio di cui è stato il sa- piente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla san- tità. Non alle mezze misure, ma alla santità». Papa Bergoglio ha poi notato che «è bello che insieme a lui e agli altri santi e sante o- dierni ci sia Mons. Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria in- columità, per dare la vita secondo il Vange- lo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuo- re calamitato da Gesù e dai fratelli». Lo stesso possiamo dire, ha aggiunto il Pa- I pa, di Francesco Spinelli, di Vincenzo Ro- mano, di Maria Caterina Kasper, di Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e «del nostro ragazzo napoletano Nunzio Sulprizio, san- to giovane, coraggioso, umile - ha aggiunto a braccio -, che ha saputo incontrare Gesù nella sofferenza, nel silenzio e nell’offerta di se stesso». «Tutti questi santi, in diversi con- testi, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ar- dore di rischiare e di lasciare. Il Signore ci aiuti a imitare i loro esempi». Francesco ha anche proposto, alla luce di questi esempi, un esame di coscienza ai cristiani di oggi. «Chiediamoci da che par- te stiamo. Ci accontentiamo di qualche pre- cetto o seguiamo Gesù da innamorati? In- somma, ci basta Gesù o cerchiamo tante si- curezze del mondo?». Infatti «non basta non fare nulla di male per essere di Gesù». Perciò ha esortato: «Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: la- sciare le ricchezze, le nostalgie di ruoli e poteri, le strutture non più adeguate al- l’annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell’amore la no- stra vita e la nostra Chiesa si ammalano di "autocompiacimento egocentrico": si cer- ca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cri- stiana senza slancio, dove un po’ di narci- sismo copre la tristezza di rimanere in- compiuti». La tristezza, ha concluso il Pa- pa, «è la prova dell’amore incompiuto». Mentre la gioia sgorga da «un cuore alleg- gerito di beni, che libero ama il Signore». Alla Messa erano presenti numerosi capi di Stato, tra i quali il presidente della Repub- blica italiana, Sergio Mattarella. Francesco, prima dell’Angelus, li ha ringraziati per la lo- ro presenza, così come ha avuto un saluto per il folto gruppo delle Acli, «rimaste - ha detto – molto riconoscenti al Papa Paolo VI»; e per la delegazione la delegazione dell’Ar- civescovo di Canterbury, Rowan Williams. All’inizio della celebrazione è stato il prefet- to della Congregazione per le cause dei San- ti, cardinale Angelo Becciu, a presentare bre- vemente i profili dei sette nuovi santi. Sono state portate all’altare le loro reliquie: per Paolo VI la maglietta che indossava a Mani- la nel 1970 con le gocce di sangue delle feri- te subite in seguito all’attentato. Frammen- ti di osso per gli altri canonizzati. Una cioc- ca di capelli per Nazaria Ignazia March Me- sa. Tutti segni dai quali continua a sprigio- narsi il profumo della santità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Francesco. L’omelia di domenica La facciata della Basilica Vaticana dove domenica scorsa sono stati esposti gli arazzi dei sette nuovi santi proclamati da papa Francesco durante la Messa celebrata in piazza San Pietro Da sinistra le immagini di Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, Vincenzo Romano, Oscar Arnulfo Romero Galdámez, Paolo VI, Francesco Spinelli, Maria Caterina Kasper e Nunzio Sulprizio (Siciliani) «Montini, Papa della modernità» Poupard rievoca la collaborazione con il Pontefice di Concesio FILIPPO RIZZI uardando in alto dal sagrato della Basilica di San Pietro l’a- razzo con ritratto il “suo” pa- pa Paolo VI «sorridente e benedicen- te» e ora santo ha avvertito dentro di sé «un’intima emozione»: quello di essere uno degli ultimi testimoni di quel Montini conosciuto da “vicino” e che era solito vergare delle lettere «autografe» con questo incipit al «di- letto figlio Paul Poupard». Sono le pri- me istantanee che affiorano a un gior- G no dalla canonizzazione di PaoloVI da parte del presidente emerito del Pon- tificio Consiglio della cultura, il car- dinale Paul Poupard. Una storia quel- la del porporato francese legata a doppio filo alla biografia di Montini per essere stato per anni uno dei suoi officiali più fidati all’interno della Se- greteria di Stato. «Dopo la sua pro- clamazione a santo – è la confidenza – la mia mente è corsa a tutto quel lungo periodo trascorso nel piano della Segreteria di Stato e a tutti que- gli incontri intrattenuti con il Ponte- fice di Concesio e ai suoi gesti di gran- de finezza...». E rivela: «Ho ripensato a quante volte papa Montini si servì delle mie competenze per la stesura di suoi importanti discorsi in lingua francese o ancora per la revisione del- le sue due encicliche programmati- che come la Populorum progressio e l’Humanae vitae». Una gratitudine quella del cardinale, nato a Bouzillé (diocesi di Angers) nel 1930, motivata anche da altro. «Mi ha colpito il raccoglimento della folla, denso di orazione e di silenzio e di co- me la Francia con l’orgoglio per la sua laicité attraverso la pre- senza del ministro de- gli Esteri, Jean-Yves Le Drian ha voluto rende- re omaggio a Montini, ricordato proprio da papa Francesco come l’uomo della gioia». E aggiunge un particola- re: «Un tributo all’uni- co Pontefice del Novecento, – definito maldestramente dai media del suo tempo come “Paolo il mesto”, – che ha scritto un’Esortazione apostolica sulla gioia cristiana la Gaudete in Domino». Una celebrazione quella di domenica – secondo Poupard – «di cui papa Mon- tini avrà gioito dal cielo per essere as- sociato all’onore degli altari accanto al suo caro vescovo Óscar Arnulfo Ro- mero e agli altri canonizzati, tra cui il giovane Nunzio Sulprizio beatificato proprio da Paolo VI nel bel mezzo del Vaticano II...». Una canonizzazione che ha spinto in questi giorni il porporato a riprendere in mano un testo da lui scritto alcuni anni fa: O Cristo tu ci sei necessario. Me- ditiamo con Paolo VI . «Questo librici- no mi ha permesso di ripercorrere con Montini la sua fede cristocentrica, il suo “amore per e con la Chiesa” come i suoi viaggi, penso in primis alla Terra Santa. Ho così riflettuto sui suoi inter- venti come quello al Palazzo di vetro al- l’Onu con quelle parole scolpite nella memoria di tutti: “Mai più la guerra”». Un Papa a giudizio del cardinale fran- cese «unico e immenso» per la sua mo- dernità. «Fu lui a istituire il Segretaria- to per il dialogo con i non credenti tra- sformato poi da Giovanni Paolo II in Pontificio Consiglio, sotto la mia guida ne- gli anni Ottanta». Dal suo appartamen- to, non distante dalla Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, Poupard si dice con- vinto che a Montini è toccato in sorte la ri- scoperta della sua grandezza dopo la sua morte. «Aveva ragione il padre do- menicano Yves Marie Congar quando rievocandomi la figura del Papa ingiu- stamente dimenticato mi ripeteva spesso: “Vedrà come crescerà nel tem- po nella memoria e coscienza del po- polo di Dio”. E così è stato». Dal fitto al- bum di ricordi il cardinale ne estrae u- no dal sapore molto personale: «Mi ri- cordo di un suo biglietto in cui mi rie- vocava il valore universale del “miste- ro” e “ministero” dell’essere sacerdote per sempre. E oggi venerandolo come santo mi sono detto: ma questo è l’au- toritratto di Paolo VI!». © RIPRODUZIONE RISERVATA GIORGIO BERNARDELLI stato il grande giorno del Salvador domeni- ca 14 ottobre. Ma lo è stato anche per chi il Salvador lo ha dovuto lasciare e oggi vi- ve anche nelle nostre città. In piazza San Pietro per Mon- señor c’erano anche tanti sal- vadoregni delle comunità ita- liane. Del resto le stime più at- tendibili - ben più alte rispet- to ai censimenti ufficiali - par- lano di almeno 45mila immi- grati dal Salvador presenti in Italia, in gran parte concen- trati a Milano e in Lombardia, ma con una comunità signi- ficativa anche a Roma. Sono il volto più vicino della diaspo- ra di un popolo che oggi con- ta 6 milioni di abitanti in pa- tria e altri 3 milioni sparsi tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Le prime donne salvadoregne - raccontano le comunità - ar- rivarono in Italia tra la fine de- gli anni Sessanta e l’inizio de- gli anni Settanta: emigrate a causa di quella povertà frutto dell’ingiustizia che Romero a- vrebbe denunciato, trovaro- no lavoro come collaboratri- ci familiari tra Gallarate e Va- rese. Poi - negli anni terribili tra il 1980 e il 1992, quelli del- la guerra civile - toccò anche agli uomini scegliere la via dell’emigrazione: molti di- ventarono portinai, autisti, la- voratori di imprese di pulizie. Tuttora però dal Salvador si continua ad emigrare; e ac- canto alla povertà tra le cau- se di oggi c’è la violenza delle “maras”, le bande criminali che ne hanno fatto uno dei Paesi più violenti al mondo. Per questo anche chi non ha potuto esserci in piazza San Pietro ha vissuto con partico- lare gioia in Italia il giorno di “san Romero dell’America”: a Milano i salvadoregni dome- nica si sono ritrovati alla chie- sa di Santo Stefano per segui- re in diretta la canonizzazio- ne; qualche sera prima con i loro canti e il sapore gustoso delle popusas avevano ani- mato un momento su Rome- ro al Centro missionario Pi- me. A Roma, invece, hanno a- vuto la gioia di veder inaugu- rata sabato - nel giardino “El Salvador” all’Eur - una statua di san Romero, alla presenza del presidente Sanchez Ceren e del cardinale Gregorio Rosa Chavez. «Non pochi salvadoregni han- no dovuto lasciare la loro ter- ra in cerca di un futuro mi- gliore», ha detto ieri parlando proprio di loro papa France- sco, durante l’udienza con- cessa nell’Aula Paolo VI a tut- ti i pellegrini giunti a Roma per la canonizzazione di Ro- mero. «In Salvador non sono mancate le difficoltà, il flagel- lo della divisione, quello del- la guerra – ha aggiunto papa Francesco –. La violenza si è fatta sentire con forza nella vostra storia recente, ma il po- polo resiste e va avanti. La memoria di san Oscar Rome- ro – ha concluso – sia un’oc- casione eccezionale per in- viare un messaggio di pace e riconciliazione a tutti i popo- li dell’America Latina». © RIPRODUZIONE RISERVATA È Paolo VI e l’allora monsignor Poupard «Mi ha insegnato che il sacerdozio non è solo ministero ma anche mistero» 7 Martedì 16 Ottobre 2018 PRIMO PIANO TESTIMONI DEL VANGELO I nuovi santi, cristiani senza mezze misure Francesco: Paolo VI profeta di una Chiesa che guarda ai lontani e ai poveri Sono 45mila, giunti per fuggire la guerra civile e le gravi condizioni economiche del Paese Numerosi in piazza San Pietro. La gioia nella comunità di Milano I salvadoregni d’Italia in festa per san Romero

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Paolo VI anchenella fatica e in

mezzo alleincomprensioni, ha

testimoniato inmodo appassionatola bellezza e la gioiadi seguire Gesù

totalmente

Il fatto. Durante la canonizzazione di Montini, Romero e inoltre dei sacerdoti Spinelli e Romano, del giovane laicoSulprizio, delle religiose Kasper e Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, l’invito a scegliere Cristo, non soldi e potere

MIMMO MUOLOROMA

l popolo di Dio «sa annusare bene dovec’è santità». La frase pronunciata ieri dalPapa durante l’udienza ai circa 5mila pel-

legrini provenienti da El Salvador, per la ca-nonizzazione di monsignor Oscar ArnulfoRomero, sembra la fotografia di quanto èsuccesso domenica in piazza san Pietro, inoccasione della solenne celebrazione euca-ristica nel corso della quale, oltre all’arcive-scovo di San Salvador, ucciso in odium fidei,il 24 marzo del 1980, sono stati proclamatisanti Paolo VI e altri cinque beati: i sacerdo-ti Francesco Spinelli e Vincenzo Romano, lereligiose Maria Caterina Kasper e Nazaria I-gnazia di Santa Teresa di Gesù e il giovane lai-co Nunzio Sulprizio.I 70mila fedeli accorsi per la Messa hanno“sentito” quel profumo di santità e hannorisposto presente, giungendo con ogni mez-zo da Brescia, Milano, Napoli, Pescara, dal-la Spagna, dalla Germania e da tutta l’Ame-rica Latina. E in che cosa consiste il profu-mo di santità dei nuovi santi? Francesco loha spiegato nell’omelia, sottolineando cheessi sono stati cristiani senza mezze misure,hanno fatto cioè «la scelta coraggiosa di ri-schiare» per seguire Gesù e «hanno avuto ilgusto di lasciare qualcosa per abbracciare lasua via». Per loro era Dio la vera ricchezza.In sostanza, dunque, hanno applicato la rac-comandazione del Signore, così come e-merge dal brano del Vangelo proclamato du-rante la Messa: «Lasciare quello che appe-santisce il cuore» e soprattutto le ricchezzeterrene. «Dove si mettono al centro i soldinon c’è posto per Dio e non c’è posto nean-che per l’uomo», ha ammonito Francesco.«Per questo la ricchezza è pericolosa e - di-ce Gesù - rende difficile persino salvarsi. Nonperché Dio sia severo, no - ha proseguito ilPapa -. Il problema è dalla nostra parte: ilnostro troppo avere, il nostro troppo volereci soffocano il cuore e ci rendono incapacidi amare». «Non si può seguire veramenteGesù quando si è zavorrati dalle cose».I santi invece hanno fatto la scelta di mette-re Gesù al centro delle loro vite. «Gesù è ra-dicale. Egli dà tutto e chiede tutto», ha sot-tolineato il pontefice. «Gesù non si accon-tenta di una "percentuale di amore": nonpossiamo amarlo al venti, al cinquanta o alsessanta per cento. O tutto o niente».In questo senso, dunque, va letta la vita deisette nuovi santi di domenica. Paolo VI, haricordato Francesco, «sull’esempio dell’A-postolo del quale assunse il nome» ha spe-so «la vita per il Vangelo di Cristo, valicandonuovi confini e facendosi suo testimone nel-l’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chie-sa estroversa che guarda ai lontani e si pren-de cura dei poveri». Anche nella fatica e inmezzo alle incomprensioni ha fatto notareil Pontefice, Montini «ha testimoniato in mo-do appassionato la bellezza e la gioia di se-guire Gesù totalmente. Oggi ci esorta anco-ra, insieme al Concilio di cui è stato il sa-piente timoniere, a vivere la nostra comunevocazione: la vocazione universale alla san-tità. Non alle mezze misure, ma alla santità».Papa Bergoglio ha poi notato che «è belloche insieme a lui e agli altri santi e sante o-dierni ci sia Mons. Romero, che ha lasciatole sicurezze del mondo, persino la propria in-columità, per dare la vita secondo il Vange-lo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuo-re calamitato da Gesù e dai fratelli».Lo stesso possiamo dire, ha aggiunto il Pa-

Ipa, di Francesco Spinelli, di Vincenzo Ro-mano, di Maria Caterina Kasper, di NazariaIgnazia di Santa Teresa di Gesù e «del nostroragazzo napoletano Nunzio Sulprizio, san-to giovane, coraggioso, umile - ha aggiuntoa braccio -, che ha saputo incontrare Gesùnella sofferenza, nel silenzio e nell’offerta dise stesso». «Tutti questi santi, in diversi con-testi, hanno tradotto con la vita la Parola dioggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ar-dore di rischiare e di lasciare. Il Signore ciaiuti a imitare i loro esempi».Francesco ha anche proposto, alla luce diquesti esempi, un esame di coscienza aicristiani di oggi. «Chiediamoci da che par-te stiamo. Ci accontentiamo di qualche pre-cetto o seguiamo Gesù da innamorati? In-somma, ci basta Gesù o cerchiamo tante si-curezze del mondo?». Infatti «non bastanon fare nulla di male per essere di Gesù».

Perciò ha esortato: «Chiediamo la grazia disaper lasciare per amore del Signore: la-sciare le ricchezze, le nostalgie di ruoli epoteri, le strutture non più adeguate al-l’annuncio del Vangelo, i pesi che frenanola missione, i lacci che ci legano al mondo.Senza un salto in avanti nell’amore la no-stra vita e la nostra Chiesa si ammalano di"autocompiacimento egocentrico": si cer-ca la gioia in qualche piacere passeggero,ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile,ci si adagia nella monotonia di una vita cri-stiana senza slancio, dove un po’ di narci-sismo copre la tristezza di rimanere in-compiuti». La tristezza, ha concluso il Pa-pa, «è la prova dell’amore incompiuto».Mentre la gioia sgorga da «un cuore alleg-gerito di beni, che libero ama il Signore».Alla Messa erano presenti numerosi capi diStato, tra i quali il presidente della Repub-

blica italiana, Sergio Mattarella. Francesco,prima dell’Angelus, li ha ringraziati per la lo-ro presenza, così come ha avuto un salutoper il folto gruppo delle Acli, «rimaste - hadetto – molto riconoscenti al Papa Paolo VI»;e per la delegazione la delegazione dell’Ar-civescovo di Canterbury, Rowan Williams.All’inizio della celebrazione è stato il prefet-to della Congregazione per le cause dei San-ti, cardinale Angelo Becciu, a presentare bre-vemente i profili dei sette nuovi santi. Sonostate portate all’altare le loro reliquie: perPaolo VI la maglietta che indossava a Mani-la nel 1970 con le gocce di sangue delle feri-te subite in seguito all’attentato. Frammen-ti di osso per gli altri canonizzati. Una cioc-ca di capelli per Nazaria Ignazia March Me-sa. Tutti segni dai quali continua a sprigio-narsi il profumo della santità.

© RIPRODUZIONE RISERVATAFrancesco. L’omelia di domenica

La facciatadella BasilicaVaticana dovedomenica scorsasono stati espostigli arazzi dei settenuovi santiproclamatida papa Francescodurante la Messacelebratain piazza San PietroDa sinistrale immagini diNazaria Ignaziadi Santa Teresadi Gesù,Vincenzo Romano,Oscar ArnulfoRomero Galdámez,Paolo VI,Francesco Spinelli,Maria CaterinaKaspere Nunzio Sulprizio

(Siciliani)

«Montini, Papa della modernità»Poupard rievoca la collaborazione con il Pontefice di ConcesioFILIPPO RIZZI

uardando in alto dal sagratodella Basilica di San Pietro l’a-razzo con ritratto il “suo” pa-

pa Paolo VI «sorridente e benedicen-te» e ora santo ha avvertito dentro disé «un’intima emozione»: quello diessere uno degli ultimi testimoni diquel Montini conosciuto da “vicino”e che era solito vergare delle lettere«autografe» con questo incipit al «di-letto figlio Paul Poupard». Sono le pri-me istantanee che affiorano a un gior-

Gno dalla canonizzazione di Paolo VI daparte del presidente emerito del Pon-tificio Consiglio della cultura, il car-dinale Paul Poupard. Una storia quel-la del porporato francese legata adoppio filo alla biografia di Montiniper essere stato per anni uno dei suoiofficiali più fidati all’interno della Se-greteria di Stato. «Dopo la sua pro-clamazione a santo – è la confidenza– la mia mente è corsa a tutto quellungo periodo trascorso nel pianodella Segreteria di Stato e a tutti que-gli incontri intrattenuti con il Ponte-

fice di Concesio e ai suoi gesti di gran-de finezza...». E rivela: «Ho ripensatoa quante volte papa Montini si servìdelle mie competenze per la stesuradi suoi importanti discorsi in linguafrancese o ancora per la revisione del-le sue due encicliche programmati-che come la Populorum progressio el’Humanae vitae».Una gratitudine quella del cardinale,nato a Bouzillé (diocesi di Angers) nel1930, motivata anche da altro. «Mi hacolpito il raccoglimento della folla,denso di orazione e di silenzio e di co-me la Francia con l’orgoglio per la sualaicitéattraverso la pre-senza del ministro de-gli Esteri, Jean-Yves LeDrian ha voluto rende-re omaggio a Montini,ricordato proprio dapapa Francesco comel’uomo della gioia». Eaggiunge un particola-re: «Un tributo all’uni-co Pontefice del Novecento, – definitomaldestramente dai media del suotempo come “Paolo il mesto”, – che hascritto un’Esortazione apostolica sullagioia cristiana la Gaudete in Domino».Una celebrazione quella di domenica– secondo Poupard – «di cui papa Mon-tini avrà gioito dal cielo per essere as-sociato all’onore degli altari accanto alsuo caro vescovo Óscar Arnulfo Ro-mero e agli altri canonizzati, tra cui ilgiovane Nunzio Sulprizio beatificatoproprio da Paolo VI nel bel mezzo delVaticano II...».Una canonizzazione che ha spinto inquesti giorni il porporato a riprenderein mano un testo da lui scritto alcuni

anni fa: O Cristo tu ci sei necessario. Me-ditiamo con Paolo VI . «Questo librici-no mi ha permesso di ripercorrere conMontini la sua fede cristocentrica, ilsuo “amore per e con la Chiesa” comei suoi viaggi, penso in primis alla TerraSanta. Ho così riflettuto sui suoi inter-venti come quello al Palazzo di vetro al-l’Onu con quelle parole scolpite nellamemoria di tutti: “Mai più la guerra”».Un Papa a giudizio del cardinale fran-cese «unico e immenso» per la sua mo-dernità. «Fu lui a istituire il Segretaria-to per il dialogo con i non credenti tra-sformato poi da Giovanni Paolo II in

Pontificio Consiglio,sotto la mia guida ne-gli anni Ottanta».Dal suo appartamen-to, non distante dallaBasilica di Santa Mariain Trastevere a Roma,Poupard si dice con-vinto che a Montini ètoccato in sorte la ri-

scoperta della sua grandezza dopo lasua morte. «Aveva ragione il padre do-menicano Yves Marie Congar quandorievocandomi la figura del Papa ingiu-stamente dimenticato mi ripetevaspesso: “Vedrà come crescerà nel tem-po nella memoria e coscienza del po-polo di Dio”. E così è stato». Dal fitto al-bum di ricordi il cardinale ne estrae u-no dal sapore molto personale: «Mi ri-cordo di un suo biglietto in cui mi rie-vocava il valore universale del “miste-ro” e “ministero” dell’essere sacerdoteper sempre. E oggi venerandolo comesanto mi sono detto: ma questo è l’au-toritratto di Paolo VI!».

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GIORGIO BERNARDELLI

stato il grande giornodel Salvador domeni-ca 14 ottobre. Ma lo è

stato anche per chi il Salvadorlo ha dovuto lasciare e oggi vi-ve anche nelle nostre città. Inpiazza San Pietro per Mon-señor c’erano anche tanti sal-vadoregni delle comunità ita-liane. Del resto le stime più at-tendibili - ben più alte rispet-to ai censimenti ufficiali - par-lano di almeno 45mila immi-grati dal Salvador presenti inItalia, in gran parte concen-trati a Milano e in Lombardia,ma con una comunità signi-ficativa anche a Roma. Sono ilvolto più vicino della diaspo-ra di un popolo che oggi con-

ta 6 milioni di abitanti in pa-tria e altri 3 milioni sparsi tragli Stati Uniti e il resto delmondo.Le prime donne salvadoregne- raccontano le comunità - ar-rivarono in Italia tra la fine de-gli anni Sessanta e l’inizio de-gli anni Settanta: emigrate acausa di quella povertà fruttodell’ingiustizia che Romero a-vrebbe denunciato, trovaro-no lavoro come collaboratri-ci familiari tra Gallarate e Va-rese. Poi - negli anni terribilitra il 1980 e il 1992, quelli del-la guerra civile - toccò ancheagli uomini scegliere la viadell’emigrazione: molti di-ventarono portinai, autisti, la-voratori di imprese di pulizie.Tuttora però dal Salvador si

continua ad emigrare; e ac-canto alla povertà tra le cau-se di oggi c’è la violenza delle“maras”, le bande criminaliche ne hanno fatto uno deiPaesi più violenti al mondo.Per questo anche chi non hapotuto esserci in piazza San

Pietro ha vissuto con partico-lare gioia in Italia il giorno di“san Romero dell’America”: aMilano i salvadoregni dome-nica si sono ritrovati alla chie-sa di Santo Stefano per segui-re in diretta la canonizzazio-ne; qualche sera prima con iloro canti e il sapore gustosodelle popusas avevano ani-mato un momento su Rome-ro al Centro missionario Pi-me. A Roma, invece, hanno a-vuto la gioia di veder inaugu-rata sabato - nel giardino “ElSalvador” all’Eur - una statuadi san Romero, alla presenzadel presidente Sanchez Cerene del cardinale Gregorio RosaChavez.«Non pochi salvadoregni han-no dovuto lasciare la loro ter-

ra in cerca di un futuro mi-gliore», ha detto ieri parlandoproprio di loro papa France-sco, durante l’udienza con-cessa nell’Aula Paolo VI a tut-ti i pellegrini giunti a Romaper la canonizzazione di Ro-mero. «In Salvador non sonomancate le difficoltà, il flagel-lo della divisione, quello del-la guerra – ha aggiunto papaFrancesco –. La violenza si èfatta sentire con forza nellavostra storia recente, ma il po-polo resiste e va avanti. Lamemoria di san Oscar Rome-ro – ha concluso – sia un’oc-casione eccezionale per in-viare un messaggio di pace ericonciliazione a tutti i popo-li dell’America Latina».

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È

Paolo VI e l’allora monsignor Poupard

«Mi ha insegnatoche il sacerdozio non

è solo ministeroma anche mistero»

7Martedì16 Ottobre 2018 P R I M O P I A N O

TESTIMONIDEL VANGELO

I nuovi santi, cristiani senza mezze misureFrancesco: Paolo VI profeta di una Chiesa che guarda ai lontani e ai poveri

Sono 45mila, giunti perfuggire la guerra civile

e le gravi condizionieconomiche del PaeseNumerosi in piazza SanPietro. La gioia nellacomunità di Milano

I salvadoregni d’Italia in festa per san Romero

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