Sul Romanzo - Anno I n. 2 - Mag-Giu 2010

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Il numero 2 della webzine "Sul Romanzo"

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03 L’editorialedi Morgan Palmas

uSommario

05

I (rin)tracciatiDisabituati alla vita: i racconti di Angelo Fioredi Alessandro Puglisi

08

CinematuraStorie nell’ombradi Claudia Verardi

12

17

Cantautori: per rispetto chiamati artistiFrancesco De Gregori alias il principeSeconda partedi Annalisa Castronovo

20

Racconti dal retrobottegaI libri e la legge dell’impenetrabilità dei corpidi Geraldine Meyer

24

Pensiero antico e identità europeaTradizioni culturali, lingua, dialettodi Adriana Pedicini

28

Prospettiva fantasyTerry Brooks e la rinascita del generedi Marcello Marinisi

31

I libri che ti cambiano la vitaCarriedi Marta Traverso

TarantulaKomunikato n.ro 3di Roberto Orsetti

34

Vetrioli sparsiIl mistero degli editori scomparsidi Emanuele Romeres

40

Vita standard di uno scribacchino provvisorioSunday Morningdi Giovanni Ragonesi

EsordireNon piangere coglione di Amedeo Romeo

di Sara Gamberini

La metà oscura del mondoNiccianismo fra Ernst Nolte ed Epifania Giambalvodi Maria Antonietta Pinna

SocretinateUn incontro con Demetrio Paolindi Morgan Palmas

42

44

48

L’angolo delle intervisteGli amici della Zizzia cura della Redazione

52

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Snorkeling letterarioCronache letterariedi Michele Ruele

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il pensiero e il linguaggio si definiscono di continuo allospecchio, condizionandosi nelle strutture. le suggestionidel secondo, per esempio le grammatiche, non sonomateria statica, ma in evoluzione. codificare i punti diriferimento è un vincolo imprescindibile della letteratura,indicando non una tendenza, neppure un vezzointellettualoide, forse un’esigenza di recuperare, diripensare o interpretare in diverso modo.

l’esperienza nutre il linguaggio e il pensiero, si leggal’articolo di geraldine Meyer per comprendere quanto unavicenda lavorativa possa trasformare i concetti, a partire daun semplice gesto abitudinario all’interno di una libreria. ei significati talvolta celano loro stessi, come nel caso delcontributo di emanuele romeres. sia adriana Pedicini chedemetrio Paolin parlano di tradizione, non è un caso chein un’epoca in cui gli appigli di richiamo sembrano piùdeboli vi sia un movimento funzionale verso ciò cherappresenta un’ancora quieta.

le relazioni nel mondo della letteratura – la comunicazionecon il ruolo di volano – si allontanano sempre più dal sensodella verità, dalla stretta relazione fra pensiero e linguaggio,come nel caso dei ghost writer, figura citata dall’articolo diclaudia Verardi. noi pensiamo che vi sia identificazione frascrittore e reale autore del libro, non sono rari i casi in cuile sorprese sarebbero tristi. reale, realismo, realtà, livellidi realtà, termini che si utilizzano abitualmente, masappiamo distinguerli?

sappiamo percepirne le sfumature?

eppure distinguiamo con spensieratezza la diversità collinguaggio e coi pensieri. Viviamo con contrappostediversità continue fra ciò che si pensa e ciò che si esprime,illudendoci poi d’essere convinti nel marcare il territorio fracinesi e italiani, fra stupidi e intelligenti, fra poveri e ricchi,fra scrittori di serie a e scrittori di serie b. una vita nelladiversità e l’omologazione inasprisce i contrasti.

il pensiero oggi lo si vorrebbe senza complessità, al paridel linguaggio. Poca fatica, velocità di risposta e/osoluzione e/o comprensione, successo, comodità di vita.

Valerio di giovanni ragonesi sembra un uomo di un tempooramai lontano, votato alla non linearità del percorso; sonoesemplari in tale senso altresì le cronache letterarie diMichele ruele.

correlativamente, sul romanzo alza il tiro, pretende da sestesso – ogni pagina – un lavoro proficuo e impegnativo:da un lato, chi fugge dalla complessità, dall’altro lato, chise ne ciba, la adora, la esplora, persuaso che sia l’unicovero mezzo per conoscere e capire. come nel caso deiracconti e delle poesie inviate dai lettori, non ci siamoaccontentati questa volta.

in un prato durante un temporale, per evitare le difficoltà ela pioggia, non pochi si riparano sotto le fronde d’unalbero… noi ci stiamo inzuppando d’acqua, lo sappiamo.Meglio lucidamente vivi, che riparati con il rischio di morte.

Vi auguriamo buona lettura.

di Morgan Palmas - [email protected]

Sul Romanzo - Rivista elettronica di informazione e cultura letteraria

Anno I • n. 2 • Maggio 2010

Progetto editoriale: Morgan Palmas

art director: Marcello Marinisi

Progetto grafico e iMPaginazione: annalisa castronovoe Marcello Marinisi

Hanno collaborato a questo nuMero: annalisacastronovo • sara gamberini • Marcello Marinisi •geraldine Meyer • roberto orsetti • Morgan Palmas •adriana Pedicini • Maria antonietta Pinna • alessandroPuglisi • giovanni ragonesi • emanuele romeres •Michele ruele • Marta traverso • claudia Verardi.

si ringraziano: gli amici della zizzi • demetrio Paolin.

Per inforMazioni: [email protected]

Web: http://sulromanzo.blogspot.com

foto e iMMagini: artmasko.wordpress.com • flickr •solegemello.net • Wikimedia commons

citazioni: Wikiquote

note legali: “sul romanzo - rivista elettronica diinformazione e cultura letteraria” è in fase sperimentale,

pertanto non rappresenta una testata giornalistica e gliaggiornamenti dei contenuti avvengono senza nessunaperiodicità. non può dunque essere considerato unprodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001. gliautori sono responsabili per i contenuti dei loro articoli.

tutti i contenuti della rivista sono rilasciati con licenzacreative commons attribuzione-non commerciale-condividi allo stesso modo 2.5 italia. Per maggioriinformazioni: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/

uL’editoriale

Snorkeling letterarioCronache letterariedi Michele Ruele

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Lo spazio è la prigionia del corpo, il tempo è quella dello spirito.

Carlo Maria Franzero

Sul Romanzo • 20104

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difficile crederlo, ma dove c'è un libro, che occupa unospazio fisico, non può essercene un altro. questaaffermazione, banale nella sua indiscutibile evidenza, nonlo è per molti degli attori che ruotano attorno alla libreria.editori e rappresentanti sembrano gli unici a ignorare quellache è una delle più famose e basilari leggi della fisicamoderna. ne consegue che una libreria medio piccolacome la mia dovrebbe avere una metratura elastica che, apartire dai reali 120 metri quadri di superficie, la portassead espandersi a diverse migliaia di metri.

cosa voglio dire con questa forse leggera sfumaturapolemica? solo che il buon senso vorrebbe che la capacitàreale di assorbimento di titoli di una libreria non è infinito.e che oltre alle doverose e legittime esigenze finanziariedel libraio ci sono anche le capacità fisiche dicontenimento. Ma ogni editore ritiene il proprio catalogomeritevole di occupare posti sui banchi, negli scaffali enelle vetrine. Proprio negli stessi spazi in cui ci sono altrilibri meritevoli dello stesso trattamento.

rappresentanti questuanti spesso, con tono lamentoso,cercano di convincere il libraio a mettere in vetrina quel

titolo che è tanto bello, vendibile, con dati di vendita sempreeccezionali. insomma dai, diamogli una mano, l'editore ciha puntato così tanto. allora mettiamo quel libro in vetrinae leviamone un altro, inevitabilmente. Ma poi anche quellibro provocherà prefiche per la sua rimozione dal postocosì meritevolmente occupato. e la diuturna battaglia alsovvertimento della summenzionata legge fisica continuacon rinnovato ardore.

la cosa più fastidiosa sono gli scrittori quasi sconosciutiche entrano in libreria senza presentarsi. chiedono il lorolibro e alla terribile risposta che il libro non c'è escono lividisempre senza aver declinato le loro generalità. Vannodall'editore a piangere e dopo dieci minuti il libraio riceveuna telefonata di fuoco per venire edotto sullaimperdonabile lacuna che la sua libreria perpetra neiconfronti di un'opera di capitale importanza. spesso losfinimento ha la meglio e il suddetto libro arriva in libreriain un numero di copie sempre troppo superiore alleobiettive qualità.

duro lavoro quello del libraio, spesso ridotto al ruolo divigile per dirigere un flusso di parole del tutto disordinato e

I libri e la legge

dell'impenetrabilità

dei corpi

di Geraldine Meyer - [email protected]

uRacconti dal retrobottega

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un po' schizofrenico. se dovessimo dare retta a tutti, tuttiavrebbero diritto di precedenza. quindi il nostro lavorodiventa spesso condizionato dalla gestione spaziale oltreche finanziaria di una sovrapproduzione evidente. tantopiù evidente in un mercato come il nostro con numeri che,se non parlano di un decremento, è solo perché sono giàabbastanza bassi. È indubbio che nel nostro paese ilnumero di lettori non giustifica la produzione ma spiega ilperché di un tale accanimento nel tentare di raggiungereun posto in prima fila.

resta però tragicomico il tentativo di scalzare chi c'è già.e resta amaro il veloce avvicendarsi dei libri, sempre piùviaggianti a velocità vorticosa dalle scatole di arrivo a quelledi partenza per le rese. talvolta ancora dopo tanti anni dimestiere mi sorprendo di come una libreria possacontenere tutta questa merce. Va bene che noi librai siamodiventati bravissimi nella gestione economica dello spazio,ma alcune volte riusciamo davvero a stipare la merce in unmodo che sembra contravvenire alla logica.

spesso le pile di libri nuovi assumono l'aspetto di veremuraglie, fisiche e mentali che impediscono la vendita dititoli davvero meritevoli. se l'incauto acquisto di un numeroesorbitante di un titolo impone di venderlo prima dell'arrivodella relativa fattura, questo spesso avviene a discapitodella singola piccola copia del libricino nascosto in qualchepolveroso scaffale. chi legge potrebbe obiettare cheessendo mia la libreria questo non dovrebbe accadere.troppo lungo sarebbe spiegare come sono divisi i ruoli trame e il mio socio. del resto capita di sbagliare.

la libreria è una creaturina viva che assorbe cibofino ad un certo punto, poi, quando è piena, lorigurgita. a volte discretamente, altre propriocome un'indigestione. e come una creaturinaviva dispone di una capienza comunque limitata.esigenze diverse e spesso in contrasto sicombattono su un terreno impervio e pieno diinsidie. Voglio sempre far presente che stoparlando di una libreria di medie piccoledimensioni come la mia. dal discorso sonoescluse le ammiraglie dalle due tre migliaia dimetri quadri di superficie che possono offrirespazio ma, spesso, non coccole.

Per questo le librerie piccole sono quelle corteggiate daglieditori, almeno dal punto di vista di una pressante richiestadi ospitalità. il trattamento economico è poi altra cosa. Masi sa, la gratitudine non è una merce che come i libri si puòacquistare con sovrasconti. Però è indubbio che il libraiovero è molto corteggiato come book sitter e quindi moltisono i “genitori” che vorrebbero affidare le loro creature allesue sapienti cure. al massimo in braccio si sta in due. giàin tre diventa una difficile opera congiunta di forza edequilibrio, anche psicologico.

del resto quando c'è sovraffollamento bisogna prenderedei provvedimenti per evitare che sia compromessa la vitadi tutti. allora è inevitabile che qualcuno venga fattoallontanare senza avere avuto neanche la possibilità diascoltarlo. il merito non ha a che fare con questa tristecernita. non sempre almeno. È che nel tentativo, più omeno estorto, di dar spazio a tutti, qualcuno si perde perstrada che tradotto nella nostra lingua vuol dire rimanere ascaffale senza neanche essere accarezzato una volta.

lungi da me pensare ad un equivalente libraio di una leggeanaloga a quella che dovrebbe regolare i flussi migratori,dico solo che una consapevolezza anche fisica dellalibreria dovrebbe entrare a far parte del gioco. quando eroin feltrinelli un collega anziano, grande, grandissimo libraiomi diceva sempre una cosa molto semplice ma preziosa:«quando stai facendo la prenotazione di un titolo nonpensare solo a quanto ma pensa sempre anche al dove».■

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in europa il latino ha mantenuto fino ai primi dell’ottocentoil suo assoluto predominio come lingua internazionale incampo scientifico e ancora oggi esso è la lingua vivaufficiale della chiesa cattolica, con cui sono scritteencicliche, bolle, documenti. le nomenclature scientifiche,soprattutto quelle della medicina, della zoologia e dellabotanica sono costituite in gran parte da termini latini.

Molte espressioni latine si utilizzano tuttora integralmentein vari contesti: a priori si scarta un’idea, motu proprio siconferisce un’onorificenza, si ritorna allo statu quo, si parladi un individuo sui generis e così via.

noi parliamo un latinomoderno quale si è venutoevolvendo nel corso deisecoli (lo stesso si può diredel francese in francia, dellospagnolo, del catalano e delportoghese nella penisolaiberica, del romeno inromania: denominate tuttelingue neolatine).

Parole come oro, agosto,vino non sono altro che ivocaboli latini aurum,Augustus, vinum; molte altreparole italiane (voci dotte)sono state prese dal latinodopo essere rimasteabbandonate per molti secolio dopo essere vissute solo inambienti colti (aureo,augusto, velivolo).

la sostituzione di lingua dicultura e civiltà, depositariaed ereditiera di un saperesecolare conquistatolentamente dal pensiero

europeo, con le lingue dell’egemonia meramente politico-commerciale, quale è oggi l’inglese, «il gergo inglese –come diceva schopenhauer – questo vestito per i pensieri

rimediato con pezzi di stoffa eterogenei» indica unasovversione profonda di ciò che sono i valori umani, emostra come il desiderio di potersi intendere nel modo piùscarno possibile nei rapporti pragmatici e d’affari abbiacompletamente surclassato e schiacciato l’esigenza diesprimere con le più sottili sfumature la forza spirituale delproprio pensiero.

Tradizione culturale,

lingua,

dialetto

di Adriana Pedicini - [email protected]

uPensiero antico e identità europea

albert bierstadt, The Portico of Octavia, 1858

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inoltre bisogna ammettere chenella tradizione culturale, piùspecificatamente letteraria, deisecoli passati e forse fino aglianni ’50, il modello dellacomunicazione scrittaafferente al testo letterario erapressoché ritenuta egemone,era un esempio da non potersottacere. anche perché lacomunicazione umana trovavain quel contesto il piùautorevole sistema e l’ambitopiù prestigioso di formazioneculturale. siamo molto lontanidai contesti dell’auralità.

Per un lunghissimo periodo,dunque, la comunicazione letteraria ha prevalso su tutte lealtre forme di comunicazione e di formazione, ma coloroche fruivano della letteratura, nonché dei valori e codiciletterari, era un’esigua minoranza.

con l’andar del tempo infatti si è costatato che questasupremazia della letteratura non aveva più nessuna radicenella tradizione familiare. Mancava lo spessore storicodella memoria che era presente nelle classi colte dalcinquecento alla metà del novecento. sicché la linguaufficiale, latino o neolatino che fosse, cedeva pian piano ilpasso alle lingue moderne, e ancor di più alle parlate locali.

oggi la situazione è ancora più complessa.

infatti alla letteratura come strumento di comunicazionecolta tende ad affiancarsi una serie di altri strumenti dicomunicazione, la cui forza espansiva è sicuramente moltoalta. nella maggior parte si tratta di linguaggi fortementesemplificati, come sono tutti i linguaggi in cui alla parolascritta si sostituiscono altri strumenti di comunicazione, adesempio l’immagine.

tuttavia, poiché la lingua è di per sé un organismo viventee dunque dinamico, anche se prescindiamo dal linguaggioletterario, e ci soffermiamo su quello quotidiano, noteremoche il passare del tempo e le varie necessità del viverequotidiano hanno influito sull’utilizzo di ogni linguapreesistente per quanto riguarda la durata, la evoluzionee quindi l’esito.

ne consegue che la consacrazione linguistica degliaccademici deve fare i conti con le necessità impellentidella comunicazione sia scritta che orale, sia popolare cheletteraria. Pertanto, mentre da una parte si assiste allapenetrazione nel bagaglio linguistico ufficiale di terministranieri, dall’altra si deducono diverse persistenze cheattraverso il dialetto riconducono proprio alle lingue delpassato, e dato la peculiarità del nostro bacino culturale,alla lingua greca e alla lingua latina in primis, per poi esseretrasferite nella lingua ufficiale.

il dialetto col suo lessico peculiare offre lo spunto perspaziare nei campi più diversi, dall’antropologia alletradizioni popolari, dalla storia alle caratteristiche

Tradizione culturale,

lingua,

dialetto

Jean-leon gero me,The Slave Market in Rome, 1884, Museo dell’ermitage, san Pietroburgo

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morfologiche del territorio, fino ad arrivare alla tradizionelinguistica.

spesso gli abitanti di un determinato luogo sono individuatipiuttosto che col proprio nome, quasi esclusivamente daisoprannomi in dialetto originati dalle caratteristiche fisiche,dal mestiere che ciascuno svolge o da altre particolarisituazioni caratterizzanti. ovviamente non mancano fortipregiudizi nei confronti del dialetto, considerato “la lingua”dell’oralità, più povera di mezzi espressivi rispetto a quellaufficiale, meno funzionale, priva di una consolidatatradizione letteraria se non addirittura considerata segno diinferiorità sociale e di diversità culturale.

invece, al pari della lingua nazionale che è la lingua dellacultura ufficiale, dell’amministrazione e della tradizioneletteraria, il dialetto ha una struttura linguistica altrettantocomplessa e articolata, una propria grammatica e unproprio lessico che spesso è anche più ricco di quello dellalingua ufficiale. soprattutto esso costituisce un beneculturale di primaria importanza a cui bisognerebbeaccostarsi come a uno strumento di comunicazione riccodi storia e di cultura.

il dialetto è lo specchio dell’identità culturale di un popoloche nella tradizione (nel significato etimologico di consegnadi cose) ritrova se stesso con l’obbligo di non sperperarla,ma di consegnarla, arricchita delle esperienze di vita, allegenerazioni future. infatti il patrimonio linguistico dialettaleripropone, se non lo stesso contesto storico e istituzionaledella lingua d’origine, almeno lo stesso contestosituazionale e psicologico. ciò vale sia per le formulereligiose, sia per le origini del pensiero astratto, per leconcezioni spirituali e le radici dei concetti in generale.dunque il dialetto non è da considerarsi una lingua

inferiore, né necessariamente meno colta, ma soltanto unalingua più antica, per meglio dire molto antica.

se, ad esempio, effettuiamo un’analisi comparata deitermini afferenti agli antichi mestieri, agli strumenti utilizzatinelle antiche opere contadine, agli usi, costumi, tradizioni,giochi, cibi, edifici, canti popolari legati al lavoro, nascite,feste, malattie, morte, riti religiosi, formule apotropaiche,nonché alle parti del corpo umano, alle vesti, calzature,armature e così via e li confrontiamo con i corrispondentilatini e/o greci, noteremo che il passaggio intermedio tra lalingua antica e la lingua moderna è rappresentato propriodal dialetto.

naturalmente tali persistenze dialettali sono riscontrabili,con tutte le modifiche consonantiche, nei dialetti che furonoe in parte ancora lo sono, gli eredi naturali della cultura edella lingua classiche, come il campano e il siciliano, anchese vi sono state numerose contaminazioni dovuti ad apportilinguistici di diversa provenienza come la spagnola el’araba.

Proponiamo uno specchietto comparativo tra il greco intraslitterazione, il latino, il dialetto napoletano e l’italianoavvertendo che spesso le vocali non toniche (su cui cioènon cade l'accento) e quelle poste in fine di parola, nonvengono articolate in modo distinto tra loro, e sono tuttepronunciate con un suono centrale indistinto che i linguistichiamano schwa e che nell'alfabeto fonetico internazionaleè trascritto col simbolo /ə/ (in francese lo ritroviamo, adesempio, nella pronuncia della e semimuta di petit).■

Joseph Mallord William turner, Ancient Rome; Agrippina Landing with the Ashes of Germanicus, 1839, the tate gallery, londra

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GRECO

kome

oftalmòs

us-otos

kefale-kara

kara

------

ris-rinos

stoma-atos

odus-odontos

brachion

palame

dactylos

onyx-nychos

gony-gonatos

pus-podos

kardia-kardias

pleumon- is

persicòn melon

petroselinon

rafanìs

kapros

psylla

apotheke

…….

………

titthòs

…….

thallòs

echo

LATINO

coma

oculus

aurica

caput

cerebrum

cervix

nasus

os-oris/bucca

dens

brachium

palma

digitus

ungula

genu

pes,pedis

cor,cordis

pulmo,onis

malus persica

petroselinum

raphanus

caper

pulex

conditorium

catulus

corrigia

……

testa

thallus

teneo

DIALETTO

--------

uocchio

recchia

crapa

capa

cerviello

naso

vocca

diente

vrazze

parma

dito

onghia

denocchie

pére

core

permone

perzeca

petrusìno

rafaniello

crapa

pòlece

putéca

cacciuttiello

currea

zizza

testa

tallo

tengo

ITALIANO

chioma

occhio

orecchia

testa

capo

cervello

naso

bocca

dente

braccio

palmo

dito

unghia

ginocchi

piede

cuore

polmone

pésca

prezzemolo

ravanello

capra

pulce

bottega

cagnolino

correggia

petto muliebre

testa,vaso

germoglio

tengo, ho

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È domenica mattina. il cielo èbianco, ma di un bianco spentoche a tratti tende al grigio. fuoridalla finestra l’acqua piove, condolcezza e costanza, due virtùche si addicono meglio ad unamante.

Valerio, con un languore preso aprestito da “la morte dichatterton” di Henry Wallis, se nerimane disteso sul divanoaspirando distrattamentedall’ennesima sigaretta che rendeancora più stantia e corposa l’ariadella stanza.

la domenica mattina è unospazio tutto particolare nell’immaginario di Valerio. unimmaginario costruito – inconsapevolmente – mescolandocarte rock e spartiti crepuscolari. la domenica mattina èimprescindibilmente bianca, sporca e sgranata come certefoto della vecchia nan goldin; ha un suono lo-fi, come dimusicassette che troppo a lungo hanno sonnecchiato nelcruscotto dell’auto; ha un sapore dolciastro, come dicheesecake coi mirtilli in una bocca stordita dalla troppanicotina.

spesso la domenica mattina è il momento migliore – l’unicopossibile – per affrontare le proprie crisi, per mettersiimmobile – faccia a faccia – davanti a quello che non va enon distogliere lo sguardo fino a quando la stanchezza nondiventa estenuante oppure finché un’epifania – purtropporara – non fa vibrare di nuovi armoniosi accordi le nervaturedomenicali.

le domande/questioni che Valerio si sente rimbalzare trauno e l’altro dei neuroni numerati sono di diversa naturaelicoidale.

Perché la pagina n. 78 è rimasta l’ultima scritta?

Perché il nuovo tavolo da lavoro non riesce a farlo sentire

a suo agio malgrado lo scopo per cui è stato comperatoera proprio quello?

Perché la lettura di silvia avallone lo fa sentire un fallito?

Perché la sua prosa non cessa d’essere sbrodolante?

Perché masochisticamente ha riletto le lettere di rifiutoeditoriale raccolte negli anni e conservate – come proiettilidi guerra raccolti in un campo – in una scatola di cartoneverde catalogata come r?

Perché ha smesso di andare alle presentazioni in libreria?

Perché prova solo vergogna e imbarazzo nel rileggere lepoesiuncole che scriveva da adolescente vergine?

nel 1997 lo scrittore americano david leavitt diede allestampe, a quattro anni di distanza dall’ultimo romanzo, unaraccolta di tre storie, Arkansas, nella quale è incluso ilracconto lungo, dal titolo semplice e quasi burocratico,L’artista dei saggi di fine trimestre. i quattro anni di silenzioeditoriale erano stati riempiti da una lunga e imbarazzantecausa giudiziaria che aveva comportato anche una lungae fastidiosa, oltre che deprimente, crisi creativa.

il precedente romanzo – dal titolo meravigliosamente

di Giovanni Ragonesi [email protected]

uVita standard di uno scribacchino provvisorio

Sunday

Morning

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forsteriano – Mentre l’Inghilterra dorme, prendeva spuntoda alcuni episodi della vita del poeta e saggista inglesestephen spender che, insieme a Wystan H. auden echristopher isherwood, aveva rocambolescamente,mischiando amore e ideologia, preso parte aisommovimenti politici e culturali degli anni ’30 europei,prendendo attivamente parte alla guerra civile spagnola.

infastidito, o per meglio dire oltraggiato, dalla messa inscena di un suo passato omosex oramai ben ripulito nelleacque poetiche di un universalismo eterosessuale, unicamateria a cui l’artista può attingere (sue affermazionicontenute e ripetute in diverse pubblicazioni in cui ilrepêchage di un passato glorioso e mitologizzato erarimasto l’unico argomento degno d’attenzione), l’ormaiquasi novantenne spender decise di querelare il vispo eglamour leavitt per plagio e chiese alla casa editrice il ritirodi tutte le copie.

l’editore britannico, per evitare il procedimento giudiziario,mandò al macero le copie ritirate dalle librerie e dallebiblioteche, esperienza, come lo stesso leavitt si trovò aconstatare, che pochissimi autori americani avevano avutoil dispiacere di vivere: «Macero ha un suono pratico,

igienico, molto diverso dallosgradevole spettacolo di un falò.[…] un libro viene al macerosenza tante cerimonie, senzatestimoni. io non ne fui informato[…] né saprei dirvi cosa stavofacendo nel momento in cui leprime copie venivano fatte abrandelli. forse stavo facendocolazione, o passeggiavo, omagari stavo scrivendo».

al di là del tono di sfida (tipicodello scrittore di professione cheha conosciuto il successo e vive ilproprio ruolo con consapevolezzaelettiva ed economica) che ilnostro leavitt sfoggia in questa

autointervista che scrisse a mo’ di prefazione per la nuovaedizione economica del romanzo, la realtà, poi ricostruitanella auto-fiction de L’artista dei saggi di fine trimestre, fuche l’autore, pur immergendosi subito nel lavoro al nuovolibro di ispirazione italiana (aveva in cantiere un romanzosulla ricostruzione dei ponti di firenze dopo ibombardamenti della ii guerra mondiale; romanzo che nonvide mai le rotaie della stamperia), non riuscì a scrivere perdiverso tempo. sembrava che il sistema lo avessefagocitato, poi disgustato e lasciato vuoto: leggere soloautori contemporanei, fronteggiare i suoi compagnid’esordio generazionale, consultare l’editorsettimanalmente, i tour promozionali e le intervisteconcordate dall’ufficio stampa per le giuste fette di mercato.tutto questo gli aveva tolto il piacere, quello semplice epotentissimo, quel piacere che ventitreenne lo aveva tenutosveglio la notte, al ritorno dalle scorribande per i localinewyorchesi, per scrivere i racconti che avevano dato vitaa Ballo di famiglia, quel piacere che lo riempiva di gioia, dientusiasmo, che lo faceva – per usare l’espressione piùnaïf che si possa usare ma anche la più aderente alla realtà– stare bene.

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il david leavitt personaggio de L’artista dei saggi di fine

trimestre attraverso l’incontro con eric e poi con ben,semplicistici ma sexy studenti della ucla che glipropongono di scrivere al loro posto i saggi di fine trimestreper il corso di letteratura inglese in cambio di favorisessuali, riscopre, lontano dal mondo dei doveri contrattualie dalle competizioni editoriali, l’amore per la lettura erompe, dopo mesi di tentativi che non hanno condotto anulla, il blocco che lo portava atrascorrere le giornate in bibliotecaimmerso nelle ricerche senza poiriuscire a buttare già neppure un paiodi righe.

Prende tra le mani Camera con vista,a seguire, su indicazione dellaprofessoressa Yearwood, Daisy Miller

di James, sfoglia le pagine conlentezza leggendo storie che giàconosceva ma che aveva archiviatonel “già letto” scordandone lapiacevolezza, la ricchezza disuggestioni. apre il programma divideoscrittura sul computer del padree subito, senza neppure dover fareappello a una qualche forma diconcentrazione, butta giù il titoloQuella scintilla, Quelle tenebre lungo

il percorso.

subito dopo, mirando con candore loschermo, si sente riconciliato col laletteratura intera al cui pantheonambiva quando, quindici anni prima, da semplice lettore visi era accostato; quel pantheon che poi si era trasformatoin un universo di cause legali, aste per le edizioni tascabili,pettegolezzi, successi e fiaschi; quel pantheon che invece,per qualche tempo, era stato solo gioia inebriante «come ilprofumo muschiato delle lenzuola sporche di un ragazzodi vent’anni»; quella gioia che tornava a inebriarlo.

iniziò a battere sui tasti dando vita ad un piccolo capolavoroad uso e consumo di Mrs Yearwood. il suo nome nonfigurava come autore, solo il talento e la passione. non unsolo penny sarebbe finito sul suo conto, ma intanto sigustava quella gioia acerba, la stessa che si prova nelritrovare nell’armadio uno zainetto che da dietro le spalleha accompagnato la nostra adolescenza, in attesa di unagioia più fisica che da lì al giorno in cui la a avrebbe fattola comparsa sulla copertina dell’elaborato, non avrebbemancato di addolcirgli i pensieri e solleticato il flussoormonale.

insomma, quantomeno nella versione narrativa, iltrentaquattrenne david leavitt si riconcilia col suo scriverenella maniera più freudiana possibile; il tutto arricchito conechi à la baudelaire, un baudelaire ripreso da Proust maspeziato con Jenet e moralizzato con gide: il tutto

sobriamente anglicizzato.

sebbene il salto possa sembrare pindarico – mal’eclettismo è sempre stata una virtù nella sua opinioneinstabile – dopo avere pensato così lungamente allevacanze losangeline del leavitt di Arkansas guardando ilvolume là sullo scaffale in fondo della libreria, Valeriotrascina in piedi le sue ossa immalinconite e a colpo sicurova ad estrarre dallo scaffale centrale, quello che nella sua

autarchia organizzativa è lo spaziodedicato ad un certo novecento, unlibro giallo di antonio delfini: Il ricordo

della Basca.

nella lunga – lunghissima –prefazione (che nell’edizione del ’67,col titolo di Una storia, diventò uno deiracconti, per poi tornare, nelle piùrecenti proposte, al compito diprefazione) che è un autenticocapolavoro di complemento librario,superando anche le Postille a Il nome

della Rosa, il delfini, con tonoscanzonato e goliardico, racconta dicome gli anni e i tentativi lo abbianoportato alla stesura di quei racconti, eanche in questo caso il motore primo,quello che traina più dei buoi e forseil cielo e qualche stella, è la passione,quell’amore solipsistico che da unviso trae fuori una idea, e su una idea,un vago concetto, una solitariasperanza, costruisce svariati universi

bidimensionali di possibilità.

Valerio prova adallacciarsi qualchesuggestionedelfiniana addosso,ma sa già che nonfunziona così. dipassioni, tuttosommato, ne havissute fin troppe,quanto autentichenon saprebbe dirlo,ma di certo negli anniqualche marron glacélo hanno prodotto.

Mentre loscioglimento umoraleincede inoltrando lagiornata sempre piùin se stessa, d’untratto, come per libereassociazioni davecchia scuola

david leavitt

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psicoanalitica, antonio delfini si muta in una madeleine

trascinandolo nel ricordo di tante tazze di tè e scoperteprimordiali… e Valerio si ritrova diciassettenne a riordinarei propri scaffali nella sua stanzetta da adolescentesmithsoniano. Ha scoperto da poco certi autori che lohanno come fatto evolvere (la parola più appropriata). unoin particolare: PVt. lo ha letto per caso, e da lui è stata poitutta una gioia di nuove emozioni, nuove musiche dascoperchiare, autori cult da divorare (tra questi anche

delfini), scoperte trasversali da fare immediatamente.sembrava, come mai prima di allora, che la letteratura, ilibri, avessero con la vita, quella vera, quella che giorno pergiorno lo accerchiava e gli saltava addosso, una continuitàunica.

Ma tondelli non è stato solo scoperta di altri mondi. forseera arrivato il momento, non saprebbe dirlo neppureadesso che sono trascorsi molti anni, ma dalla lettura dellepagine tondelliane è uscita trasformata anche la sua vocedi scribacchino. Ha iniziato a capire che la voce èl’elemento principale su cui deve lavorare un autore, chenon deve appoggiarsi a un uso standardizzato e stiticodella lingua, ma deve aderire il più possibile alle visceredove appunto la voce si forma per poi salire su e venir fuori.

ricorda la gioia immonda che provò una sera di fine giugnonel sedersi alla scrivania, spostare i libri di scuolanonostante la maturità alle porte, e iniziare a scrivere untitolo Mtv, la vita, i Sex Pistols e soprattutto il cazzo di

Francesco. da lì presero avvio, sciolte e spontanee comescoregge al mattino, le 27 pagine dell’unico suo raccontoche a tutt’oggi prova piacere a rileggere, anzi di più: lo faancora ridere, oppure sorridere di gusto.

quella gioia era qualcosa che non riuscirà mai a scordare;non solo mentale ma anche fisica, una gioia orgasmatica.

gli manca. Vorrebbe risentirsela addosso. dentro. intorno.

Valerio non sa se ci sono scopi nella vita, spesso pensa dino, ma oggi, giunto alla soglia in cui il pomeriggio inizia ilsuo congedo, con l’aroma di un tè al gelsomino cinese chegli inonda le narici, crede che recuperare quella gioia sia ilsuo, di scopo.■

antonio delfini

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Dio è morto. Dio resta morto. E noi l'abbiamo ucciso.

Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini?

Friedrich Nietzsche

Sul Romanzo • 201016

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Niccianismo fra

Ernst Nolte e

Epifania Giambalvo

friedrich Wilhelm nietzsche nasce a röcken, vicino lipsia,il 15 ottobre 1844.

a partire dal 1876, come ebbe a scrivere egli stesso «perpiù riguardi, concernenti e il corpo e l’anima», fu «più uncampo di battaglia che un uomo».

nietzsche, che non fu mai antisemita in senso razziale, eMarx, ebreo, formatosi sulle stesse basi borghesi,pervennero a conclusioni filosofiche differenti, nonostantela comune lotta al culto del dio mondano, il denaro, ed ilrecupero della classicità greca.

il giovane friedrich era ellenocentrico. i grecirappresentavano per lui l’eterno modello della civiltà, «ilprimo evento culturale della storia». il cristianesimo,sviluppatosi dal confronto con l’antichità e innestandosinella tradizione dell’impero romano, fu un «grandeinfortunio», «la più grande sventura dell’umanità fino adoggi».

la critica contro il cristianesimo si fa sempre più aspra eferoce, tanto da giungere ne la gaia scienza, passo 125,l’uomo folle, alla morte di dio.

«dio è morto. dio resta morto. e noi l'abbiamo ucciso.come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gliassassini? nulla esisteva di più sacro e grande in tutto ilmondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chici ripulirà dal sangue? che acqua useremo per lavarci?che festività di perdono, che sacro gioco dovremoinventarci? non è forse la grandezza di questa mortetroppo grande per noi? non dovremmo forse diventaredivinità semplicemente per esserne degni?».

crolla la fede in dio, l’uomo si libera da condizionamentimorali e teologici scuotendo i dogmi tradizionali e lerassicuranti certezze.

nietzsche ha il coraggio di proclamare a gran voce ciò chegià si scorge in schopenhauer.

il mondo dionisiaco di nietzsche è un «mostro di forzasenza principio e senza fine», crea perpetuamente sestesso spezzando la logica del distruggersi e tornare,opponendovisi. esso è volontà di potenza e nulla più,«tentativo di trasvalutazione di tutti i valori». nasce ilnichilismo.

di Maria Antonietta Pinna - [email protected]

2010 • Sul Romanzo 17

uLa metà oscura del mondo

friedrich Wilhelm nietzsche

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il crollo di antiche strutture crea un disorientamento, unsenso di perdita e vuoto, che si può visivamente coglierenella pittura di de chirico, in cui classicismo e ciclicitàoffrono immagini enigmatiche, proporzioni surreali, oniroidi,tese a creare distanze interiori che si proiettano umbratiliall’esterno. e anche il dionisismo nietzschiano, da cui eglifa discendere la nascita della tragedia e la tragicitàconnaturata all’uomo stesso, non è altro che un percorsoteso alla costruzione di distanze e poi allo smembramentodelle certezze apparenti, un po’ come avviene nellascomposizione psicoanalitica il cui scopo è demolire lafissità-guscio di certe abitudini per trovare il nocciolo,l’interno midollo e arrivare alla radice vera del problema.

dioniso è il dio che viene smembrato e fatto a pezzi daititani. ciascun pezzo della passione dionisiacacorrisponde ad un interno sé polisemantico, da analizzare,scomporre e profondamente capire.

il dionisiaco è un mondo «visto dall’interno, il mondodeterminato e qualificato secondo il suo carattereintellegibile».

se nolte insiste maggiormente sulla biografia del filosofocome fonte per attingere conoscenza del suo mondointeriore, epifania giambalvo, in un pregevole testopubblicato dalla casa editrice tumminelli nel 1966,approfondisce in modo sintetico ma molto efficace lametafisica nietzschiana, agitata da un’esigenzaimmanentistica, scoperta dalla dinamica dell’eterno ritornonella frattura apertasi tra il divenire, sorretto da un’esigenzacieca e cosmica, e l’essere che, attraverso la volontà dipotenza propria del superuomo, si pone in netta ecoraggiosa antitesi rispetto alla necessità del tempo e allasua schiacciante inesorabilità.

ogni uomo ripercorre in eterno i sentieri di una vita sempreuguale a se stessa, senza speranza di rinnovamento. ciòche è stato sarà. ogni evento si svolgerà nei millenni comesi è già svolto in passato, concetto, quello dei cicli cosmici,già ampiamente presente nelle filosofie orientali. a questopunto ci si chiede che ruolo possa svolgere la volontà. essareagisce, sforzandosi di creare, al di là della ferrea leggedella necessità, una vita che va oltre se stessa, un uomo

andrea Mantegna, Baccanale col tino, ca. 1470

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2010 • Sul Romanzo 19

che trascenda l’umanità, attraverso la folliadell’imposizione dell’assurdo e proprio in ciò la ragioneultima proiettata verso l’evoluzione futura, ilmovimento.

ne deriva una contraddizione insanabile, tra lo sforzodell’uomo verso la trascendenza e l’immanenza dellaciclicità. dioniso rimane il mondo dell’essere,contrapposto all’apollineo divenire.

nella follia, il cambiamento, nietzsche anticipa sestesso.■

francisco de goya, Saturno che divora i suoi figli, 1819-1823, Museo del Prado, Madrid

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la fantasy è ungenere che havissuto alternefortune. non sempreè facile riuscire aparlare di elfi, troll,orchi, fate, maghi,stregoni, pietremagiche ecc. quandola barba comincia adiventare ispida efinisce il tempo deicalzoncini corti.

John r.r. tolkien, dicui abbiamo parlatonel precedentenumero, ne sapevaqualcosa. non erafacile convivere conl’etichetta di scrittore difantasia vivendoall’interno di unambiente intellettuale,aristocratico ed elitariocome quellodell’universoaccademico dellainghilterra degli inizi delnovecento.

nel corso degli annisessanta del secoloscorso, l’opera di tolkien e tutta la fantasy hannovissuto una sorta di età dell’oro, grazie soprattutto aimovimenti studenteschi sviluppatisi intorno al ’68 eche volevano la «fantasia al potere» e che siriconoscevano particolarmente nelle ambientazioniboscose e nella vita bucolica che in quelle storievenivano descritte. la guerra aveva lasciato solchiprofondi in europa e in nord america e le nuove

Terry Brooks e la rinascita del genere

di Marcello Marinisi - [email protected]

generazioniguardavano alfuturo con unasperanza dipace.

Ma la fortunadella fantasyduròrelativamentepoco e nel corsodegli annisettanta delnovecentoquesto generesubisce unaforte battutad’arresto. Provane è il fatto chela maggiorparte deglieditori rifiutano,quasi senzaleggerli, imanoscritti eche profumano,anchelontanamente,di fantasy.

questasituazionepermane sino

alla fine degli anni ’70, quando alla del rey di newYork giunge il manoscritto di un giovane avvocatodell’illinois, un tale di nome terry brooks. sulfrontespizio campeggiava un titolo che di lì a brevesarebbe diventato un classico della letteratura fantasymondiale: The Sword of Shannara (La spada di

Shannara). quella di lester del rey rappresentavauna vera e propria scommessa, il lancio di una moneta

uProspettiva fantasy

terry brooks

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212010 • Sul Romanzo

che ha permesso a lui ea terry brooks dirifondare il genere e difarlo senza grossisommovimenti. fino adallora nessuno erariuscito a scalfireminimamente il dominiode Il signore degli Anelli

ma del rey credevafortemente ne La spada

di Shannara e decide didargli una chance. lostile di brooks è quantodi più simile a tolkien sipossa trovare incircolazione. l’amoreper le ambientazioni, lescene immerse nellanatura e l’azionearchitettata con doviziadi particolari fanno deLa spada di Shannara

uno dei testi più poeticidella narrativa fantasy.brooks ripercorrequasipedissequamente icanoni lasciati ineredità da tolkienfornendo spuntioriginali e punti di vistadel tutto personali.

È il 1977, nelle salecinematografiche riecheggia ilclamoroso successo riscosso da Star Wars (Guerre

stellari) di george lucas, nelle librerie degli usa esceil primo libro della trilogia di shannara. inizialmente levendite vanno a rilento, terry brooks comincia acredere che alla fine la pubblicazione si rivelerà unfiasco, da più parti si mormora da anni che la fantasyè morta e che scrivere opere di pura immaginazionenon sia più un’attività proficua: i lettori voglionoqualcos’altro. Ma qualcosa succede nel mercatoamericano e lentamente, ma inesorabilmente, La

spada di Shannara inizia a scalare le classifiche di

Terry Brooks e la rinascita del genere

vendita sino araggiungerne levette. nel giro dialcune settimaneil romanzo diterry brooksconquista ilprimo posto nellaclassifica dei libripiù vendutipubblicata dal“new York times”per rimanercistabilmente perpiù di cinquesettimane edivenire così unodei più importanticasi letterari diquegli anni.

un successo cosìclamoroso non selo aspettavano dicerto alla del rey,terry brooksdiventa nel giro dipoco tempol’autore di fantasypiù venduto dopotolkien e i suoi libriconquistano ilpubblico di tutte leetà in giro per ilmondo.

Ma non sono tutte rose e fiori, terry brooks vieneattaccato da più parti per via del suo stile troppo similea quello de Il signore degli anelli. alcuni gridano alplagio e accusano brooks di avere rubato a pienemani dall’opera più conosciuta del genere. brooks sidifende su più fronti e le accuse cadono una dopol’altra. le somiglianze tra l’opera di tolkien e quella dibrooks sono notevoli, questo è innegabile, ma essaaffonda le sue radici in qualcosa di molto precedenteall’opera dei due autori. come grossa parte dellaletteratura fantasy, infatti, sia Il signore degli anelli che

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La spada di Shannara si rifanno aitopoi del folklore e della mitologiabritannica, dell’epopea di re artù edell’edda norrena.

un giovane di umili origini, che vive inuna piccola comunità a vocazionecontadina e che si riscopreinvolontario artefice del destino delsuo mondo; un’avventura in cui ilprotagonista si trova ad affrontare unsignore oscuro, malvagio eprevaricatore, e lo fa grazie all’ausiliodi potenti oggetti magici(segnatamente, un anello e unaspada), gli unici in grado disconfiggere il nemico e di porre fine alsuo giogo sui più deboli. Ma in questamissione il giovane non è solo, egliinfatti sarà affiancato da amici fidati ingrado di aiutarlo, per via delle lorocapacità fuori dal comune (laformazione della compagnia). avventure in mondi popolatida razze esotiche e mostri della peggior specie. questi gliingredienti di base che hanno fatto scuola e che possonoessere riscontrati con facilità in molti romanzi appartenentia questo genere.

dopo terry brooks e il suo La spada di Shannara si puòparlare giustamente di rinascita della fantasy. grazieall’apporto fondamentale delle opere di brooks, infatti, oggiil genere sta vivendo un secondo periodo d’oro che sembranon dovere tramontare. sdoganata quasi definitivamente

e non più consideratasemplicisticamente un genere perragazzi, la fantasy si sta ritagliandouna sua ampia fetta di pubblico, si stanutrendo di linfa nuova – anchepescando in generi più o meno affini –e sta regalando ottimi pezzi dinarrativa.

gli autori di lingua inglese la fanno dapadroni e questo penalizza molto gliautori italiani che tentanocostantemente di emulare i colleghi,sminuendo in tale modo un patrimonioculturale di tutto rispetto e che viene,invece, messo da parte in favore dimiti più esotici, ma dei quali, moltospesso, si ha una conoscenzaparziale.

accanto a terry brooks, vaannoverato un altro autore

statunitense che ha regalato al genere un’opera raffinata edi piacevole lettura, ma che non ha avuto la fortuna cheprobabilmente meritava: si tratta di david eddings (1931-2009), autore del Ciclo di Belgariad e di altre fortunatesaghe fantasy. la belgariad è pentalogia pubblicata tra il1982 e il 1984 che ha per protagonisti un giovane mago dinome garion, suo nonno belgarath e sua zia Polgara, eche narra le vicende che porteranno il giovane allo scontrocon il malvagio dio torak. insieme al ciclo di shannara,quello di belgariad è una delle pietre miliari della fantasydopo tolkien.■

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l’ultimo film di roman Polanski, L’uomo nell’Ombra, inlingua originale si chiama Ghost Writer, racconta,appunto, la storia di un ghost writer (interpretato da ewanMcgregor) che viene incaricato di finire l’autobiografia diun ex Primo Ministro inglese (Pierce brosnan). il film ètratto dal libro omonimo del romanziere e giornalistarobert Harris e offre l’occasione di parlare di un temamolto delicato e controverso: quello degli scrittorinell’ombra. quelli di cui si sa poco o niente, ma che,spesso, nascondono grande talento, quando non sonoaddirittura scrittori di razza.

in Ghost Writer, allo scrittore viene offerto di redigere loscottante memoriale della vita dell’ex Primo Ministro(personaggio che assomiglia molto a tony blair) durantegli anni in cui è stato al potere, ricevendo in cambio unanticipo da capogiro. il problema nascerà quando il ghostwriter scoprirà molto di più di quanto l’ex Primo Ministrosia intenzionato a rivelare. segreti e misteri chealtereranno gli equilibri politici e arriveranno perfino adavere il potere di uccidere. e, infatti, lo scrittore fantasmascoprirà che il suo predecessore è morto in un incidentesospetto, cadendo in mare da un traghetto,concretizzando così l’ipotesi che sia stato fatto fuori

Storie nell’ombra

di Claudia Verardi - [email protected]

Sul Romanzo • 201024

uCinematura

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perché venuto a conoscenza di inquietanti segreti. si trattadi un film magistrale, che vede il ritorno alla regia – in unasituazione molto particolare, perché ancora in svizzera agliarresti domiciliari per le famose vicende processuali in cuiè coinvolto – del regista roman Polanski, dopo l’Oliver

Twist del 2005.

quello dei ghost writer è un argomento molto dibattuto. ighost writer sono veri e propri scrittori fantasma.Professionisti che, per soldi o altre motivazioni,preferiscono rimanere anonimi e scrivere libri e articoli alposto di personaggi pubblici importanti. qualche volta ighost writer sono costretti a rimanere nell’ombra per i motivipiù diversi. sono uomini ordinari che, in realtà, ordinari nonsono. spesso questi scrittori nascosti nell’ombra sononarratori incredibili, voci esiliate che, espresse in altromodo, potrebbero arricchire la letteratura di spessore econtenuti.

la figura dello scrittore che confeziona storie nell’ombranacque per riordinare bozze e manoscritti, per praticareuna sorta di editing e mettere a posto, con uno stile e unlinguaggio adeguato, le idee dell’autore. Più spesso,invece, specialmente negli ultimi tempi, gli “scrittorinell’ombra” hanno ruoli più rilevanti e ampliano – a volteelaborano del tutto – concetti e visioni dell’autore per cuiscrivono, che viene detto “accreditato”. in un momento incui la letteratura vive una situazione di sofferenza, ci sichiede perché i ghostwriter debbano lavorare a testi di

2010 • Sul Romanzo 25

roman Polanski

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improbabile importanza, quando potrebbero dedicarsi allaproduzione di racconti e storie qualitativamente piùinteressanti. spesso, infatti,scrivono per politici, attori,personaggi famosi dellospettacolo e dello sport. forsela gente ha voglia di leggere levite e le vicende di questipersonaggi, invece che beiromanzi? e perché, poi, sisceglie di far raccontare a unghost writer la storia dellapropria vita? Magari non si hatempo per scrivere, o non sene hanno la preparazione e lecapacità. numerosi scrittorihanno cominciato la lorocarriera facendo questomestiere, ma pochi loammettono. H.P. lovecraftlavorò molto proprio comeghost writer prima di diventarefamoso.

scrivere un testo per conto diqualcun altro è un lavorodifficile, talvolta sporco. Puòfarti bene, ma può farti anchetanto male, come si dedurràdalla storia, raccontata, sia nellibro che nel film, in primapersona dal secondo ghostwriter (dato che il primo è morto, in circostanze piuttostomisteriose, annegato al largo della costa americana).

i creatori di storie nell’ombra sono spesso tacciati di essere

Sul Romanzo • 201026

“scrittorucoli” che, dietro pagamenti di compensi più omeno alti, sono disposti ad annullare la propria dignità diprofessionisti. questo può essere ma, con moltaprobabilità, accade solo in ambito politico. Più di frequentei ghost writer sono scrittori che non riescono a entrare nelchiusissimo mondo editoriale e vengono pagati due lire perscrivere libracci che frutteranno bei soldoni agli editori ealle celebrità che “scrivono” il libro.

in questa storia, le parole (e le idee), purtroppo, vengonomesse al servizio della ragion di stato. in situazioni delgenere, i pensatori camaleontici, intellettuali a comando evittime della spersonalizzazione più violenta, sono alservizio del Palazzo.

i ghost writer politici sono, da seneca e dall’antica romain poi, una categoria professionale fastidiosa e contestata.nelle redazioni, in un tempo piuttosto recente, eranochiamati “negri”. anche il mondo dell’economia edell’industria disponeva – e dispone – di ghost writer. neaveva uno gianni agnelli, esistono in Vaticano, ci sono nelmondo politico e in quello editoriale. Va detto che per

buona parte del novecento lapolitica ha cercato diresistere all’utilizzo degliscrittori fantasma: daMussolini a de gasperi fino atogliatti e andreotti hannofatto da sé, poi qualcosa ècambiato e si è cominciato adavvertire l’esigenza di unprofessionista chetrasformasse, limasse,abbellisse, convincesse dipiù chi leggeva quelle parole.un interessante riferimentocinematografico alla figuradel ghost writer la troviamone Il Portaborse, film didaniele lucchetti del 1991, incui il giovane professorsandulli (silvio orlando)deve scrivere i discorsi delministro botero (un nanniMoretti senza scrupoli).scrittura mercenaria, paroleal servizio di qualcosa di piùgrosso. dalla politica la figuradel ghost writer è approdatapoi ad altri ambienti, daglispazi sociali fino allaletteratura. una professione

che può essere considerata come un inizio, un ingressonel mondo letterario (e non solo), un’accontentarsi perchénon c’è altra via, un guadagno consistente anche se adiscapito della dignità e del riconoscimento professionali.

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lo scrittore fantasma,però, si accontenta.sa che, in qualchemodo, puòdiventare, oltre allavoce ispiratrice

della persona per cuiscrive, un consulente della sua

coscienza. Può arrivare a intrufolarsi nella situazione, seci sa fare. il Ghost Writer di Polanski è un thrillermozzafiato, un film che come il libro (e forse di più) si snodateso fino all’ultimo fotogramma. roman Polanski è statopremiato con l’orso d’argento per la regia all’ultimo festivaldel cinema di berlino, e giustamente. c’è profondità diimmagini e tecnica sapiente nella sua opera. la narrazionesegue un filo hitchcockiano che vede il singolo testimoneal centro di un complotto molto più grande di lui, che loavviluppa piano intrappolandolo subdolamente.

oggi si sospetta che i ghost writer siano spesso impiegatiin editoria al posto di nomi altisonanti. un esempio su tuttiè quello di faletti. giorgio faletti, ex comico di drive in eattore brillante, è sbocciato come autore di thriller unamanciata di anni addietro. su faletti si è detto molto e si èpensato che si servisse di un ghost writer, soprattuttoquando si è notato che alcune frasi di Io sono Dio

assomigliano a calchi mal tradotti dallo slang americano.si è pensato che lo scrittore – o il suo autore ombra –copiasse (male) da un qualche autore anglofono. o che,magari, avesse commissionato la stesura dei suo raccontia qualche autore americano non scioltissimo in italiano.

supposizioni, naturalmente. giorgio faletti sembrerebbeuno scrittore bravo, attento e, soprattutto, uno che samescolare stili e tecniche. uno che sa scrivere storie da cuisi possono tirar fuori bei film o buoni prodotti tv, come Cane

Nero, racconto da cui è stata tratta una fiction andata inonda su rai due per la serie Crimini 2 e interpretata daenzo decaro, Vittoria belvedere e gaetano amato.

i ghost writer, insomma, ci sono sempre stati, econtinueranno a esserci. si pensa che addiritturaalexandre dumas padre ne avesse uno. auguste Maquetfu probabilmente l’anima nera e l’autore nell’ombra delgrande scrittore francese. secondo alcune ricerche, pareche Maquet non si limitasse alla revisione degli scritti didumas, ma scrivesse interamente i soggetti dei romanzi,sui quali poi il maestro lavorava. romanzi come Il Conte di

Montecristo e I tre Moschettieri potrebbero essere, quindi,opere di un ghost writer. storie moderne, narrazioneperfetta, tecnica magistrale.

nonostante tutto, rimane una domanda. che senso hascrivere i libri degli altri? si può capire se si tratta di scriverei discorsi di un politico o la biografia di una starlette, manella letteratura, arte eccelsa che dovrebbe tirar fuori laparte più intima e nascosta di una voce e di un’anima,perché affidare un compito tanto delicato e importante aqualcun altro?■

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di Marta Traverso - [email protected]

il nostro viaggio ha inizio all'interno di una docciacomune, nella quale le allieve del liceo di chamberlainsi rinfrescano dopo l'ora di educazione fisica. neglianni settanta era ormai storia antica parlare di comune

senso del pudore, e nessuna di queste ragazze provaimbarazzo del proprio corpo, di mostrare alle coetaneela propria nudità. nessuna, tranne carrie.

le è stato insegnato che tutto ciò che riguarda il corpoè peccato grave, ancor di più se si tratta del corpo diuna donna. glielo ha insegnato sua madre, donnaanche lei.

a un tratto, mentre cerca impacciata di sciacquare viada sé il suo peccato – l'avere ancora una voltaosservato, con un misto tra stupore e curiosità, la nudadisinvoltura delle coetanee – l'acqua che le scivola giùlungo le gambe prende ad assumere una tintarossastra.

il suo primo ciclo mestruale la coglie a sedici anni, ecarrie crede di essere sul punto di morire.«Tappatela!» è tutto ciò che riescono a dire le suecompagne mentre le lanciano ridendo quei tamponi ditessuto assorbente che lei ha talvolta usato per ripulirsidal rossetto messo di nascosto.

«Ma come? Io sto sanguinando, STO MORENDO!, la

pancia mi fa sempre più male! Perché nessuna di loro

chiama aiuto?»

stephen King non sarebbe il celebre scrittore che èoggi se, a suo tempo, sua moglie tabitha non avesseraccolto dal cassonetto dell'immondizia la prima bozzadella scena di cui sopra.

non è però la telecinesi il nucleo centrale del romanzo,né il potere distruttivo della rabbia umana. non èneppure quella tecnica narrativa straordinaria cheunisce alla narrazione stralci di presunti saggiscientifici, articoli di giornale e memorie dei superstiti,radunati insieme come cronaca postuma dei fatti.

Carrie

uLibri che ti cambiano la vita

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chiunque legge il romanzo sa fin dalle prime pagine checarrie morirà, che sua madre Margaret morirà, che moltidi coloro che l'hanno conosciuta moriranno. sannoinoltre che susan snell, per la madre e il fidanzato susie,per gli altri semplicemente sue, non morirà. sue è laragazza che tutti noi siamo stati almeno una volta nellavita, quando un compagno o una compagna di scuolaveniva preso/a in giro e noi, pur di non diventare lavittima successiva, esibivamo una falsa risata salvo poi– motivati dal senso di colpa, più che da un affettosincero – tentare di rimediare al torto commesso senzadare troppo nell'occhio.

ecco, questo è il senso del nostro viaggio, che proseguein una casa di periferia tutta crocifissi e immagini sacre,e poi ancora a scuola, e poi di nuovo in quella casa.

cosa ha determinato il successo planetario di Carrie, e iduecentomila dollari di diritti di stampa che permisero aKing di uscire dalla roulotte in cui viveva con moglie efigli, pagare tutti i suoi debiti e diventare il guru planetariodell'horror che tutti conosciamo? forse che in un'epocadi dracula, frankenstein, demoni e uomini invisibili luiper primo ha trasferito l'orrore in un contesto ordinario,quotidiano.

forse ancora, il fatto che questo contesto lo abbiamodavvero vissuto tutti.

non solo: King ci introduce in quello che diventerà unodei cliché più abusati della narrativa (cinematografica inprimis) statunitense: la ragazza sfigata che cerca il suo

riscatto e lo ottiene diventando la reginetta del ballo della

scuola. e il re del ballo, per un curioso incrocio di fato ecasualità, è proprio il ragazzo per il quale ha una cottasegreta (che nel caso specifico è tommy ross, ilragazzo di sue).

tutte noi donne siamo state, a suo tempo, chi carrieWhite – la ragazza che tutti prendono di mira –, chisusan snell – famiglia felice, buone maniere, ottimi voti,fidanzato carino –, chi chris Hargensen – quella che hafatto più sesso di tutte e non perde occasione dirinfacciarlo. i ragazzi, a loro volta, sono stati chi tommyross – il ragazzo che tutte le madri vorrebbero pergenero –, chi billy nolan – il bulletto che tutte vorrebberocome amante. di fatto non esiste una Carrie al maschile,forse perché King l'ha mal sopportata davvero questaragazza, al punto che una sola nella storia bastava eavanzava. sempre in on Writing scrive: «Non sono mai

riuscito a farmi diventare simpatica Carrie White e ho

sempre diffidato dei motivi per cui Sue Snell abbia

mandato il suo ragazzo al ballo con lei, ma è un fatto che

avevo centrato qualcosa».

tutti e tutte noi ricordiamo (chi da vicino, chi da lontano)cosa significasse essere adolescenti. È sempre King adescrivere al meglio questa età: «Il liceo non è un posto

molto importante. Mentre ci vai pensi sia una faccenda

grossa, ma quando è finito nessuno pensa che sia stato

un gran che, a meno che non sia rincoglionito».■

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stephen King

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Son chiesa e impero una ruina mesta Cui sorvola il tuo canto e al ciel risona:

Muor Giove, e l'inno del poeta resta.Giosuè Carducci

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Michele Ruele - [email protected]

un giorno d’inverno dell’86 o ’87, a roma, sotto un arcodell’acquedotto della Vergine, dalle parti del colonnato diagrippa, è successo un fatto singolare. l’acquedotto perde,il freddo fa ghiacciare per terra e allungare pesantighiaccioli dal soffitto.

Passava un bambino.

È caduta una stalattite di ghiaccio.

Ha trapassato il collo del bambino.

il pugnale di ghiaccio si è sciolto nella ferita calda.

È proprio vero che la morte non ha riguardo per niente eper nessuno, può arrivarti da ogni parte. Perfino l’acquapuò accoltellarti.

lo racconta il poeta Marziale (Epigrammi, iV, 18)

a Merano, il 13 aprile 1920, il dottor franz Kafka hacambiato alloggio. È passato dall’hotel emma alla pensionedella signora ottoburg a Maia bassa.

l’Hotel emma era grande, sì, i padroni rispettosi dellostretto regime vegetariano dell’ospite – passabile, il servizio– e l’edificio recente, ma un po’ troppo caro, è meglioqualcosa di più modesto e riservato. alloggi ce ne sonotanti, a Merano, il dottor Kafka non sapeva bene qualescegliere. così, ha trascorso tre giorni a cercareun’alternativa.

infine ha scoperto una pensione, in via Maia, gestita da unasignora allegra, molto grassa, dalle guance rosse. gli

ricorda la moglie del libraio taussig. la padrona, la signoraottoburg, ha riconosciuto subito il suo accento praghese eha mostrato di essere estremamente interessata allaconsuetudini vegetariane del possibile ospite. sono tutticosì gentili qui, cerimoniosi: può essere solo per motivieconomici, per procacciarsi un buon cliente? o forse è unanaturale inclinazione a essere più delicati verso chi conogni probabilità è a Merano perché è bisognoso di riposoo ancor più di cure? una convalescenza, sperano i piùpietosi.

comunque la signoraottoburg, così come lagran parte della gentedi qualunque luogo, saben poco di regimidietetici vegetariani. Hasalito le scale peraccompagnarlo allacamera, al primo piano,aggrappandosi allabalaustra di legno:ottima stanza, balconeche consente qualsiasinudità. la sala dapranzo è comune eangusta, ai clienti toccasempre guardarsi negliocchi per il poco spazioche c’è; non ci sono ivani ampi comeall’Hotel emma,

Cronache letterarie

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uSnorkeling letterario

franz Kafka

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insomma, si è meno liberi dagli altri ospiti ma si è anchemeglio seguiti. la pensione piccola assomiglia a una tombadi famiglia, no, è detto male, a un colombario di loculi infila.

Però è anche piacevole: i posti a tavola sono segnati daitovaglioli infilati negli anelli.

dunque si è deciso, già dal lunedì diPasqua il dottor Kafka è ospite dellasignora ottoburg.

la signora gli ha detto perfino cheserve in tavola vero zucchero, e nonla saccarina come all’hotel emma. ilsignor padre sarà contento quando losaprà.

a concord, Massachusetts, il 6maggio 1862, ci ha lasciato lo scrittoreHenry d. thoreau, l’autore di Walden

ovvero Vita nei boschi.

Pare che la bronchite poi aggravata, acui è subentrata la tisi, gli sia stataprovocata da una giornata trascorsa algelo, nel dicembre precedente, percontare gli anelli di un noce d’americae di una quercia.

da qualche annoconduceva lafabbrica di matitedel padre, dimalavoglia.

nel suo libro piùfamoso haraccontato i dueanni circatrascorsi in rivaal lago Walden,in una capanna,in totale solitudine e a stretto contatto con la natura. forsea causa dell’amore doloroso per ellen sewell.

Vale la pena di trascrivere qualche frase di Walden, perrendere l’idea di quella esperienza into the wild.

«non lessi libri il primo anno. zappai fagioli.»

«forse il lago di Walden esisteva già quel mattino diprimavera in cui nacquero adamo e eva. Miriadi di anatree oche non sapevano dell’autunno del peccato, quando aloro bastavano laghi così puri.»

«cos’è un corso di storia o filosofia o poesia, per quantoesso sia ben scelto, di fronte alladisciplina di guardare sempre ciò chedeve essere veduto?»

«l’uomo non può permettersi di essereun naturalista, di guardare la naturadirettamente, ma solo con la codadell’occhio.»

«quando scrissi le pagine cheseguono, vivevo da solo, nei boschi, aun miglio di distanza dal più prossimovicino, in una casa che m’ero costruitoda me sulle rive del lago di Walden, aconcord, Massachusetts; miguadagnavo da vivere con il sololavoro delle mie mani. Vissi colà perdue anni e due mesi. attualmentesono ritornato nel consorzio civile.»

la mattina presto del 23 ottobre1873, a bologna, il poeta italianogiosuè carducci accompagnava

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giosuè carducci

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alla stazione la sua amantecarolina cristofori Piva, da luichiamata lidia.

era triste. Pioveva e i lampionicolavano luce pallida sulfango.

il treno gli sembrava unippopotamo, una tigre, undemonio. i controllori e imacchinisti dei diavoli. lagente dei dannati. lui stessoun fantasma.

il faccino di lei incorniciato inun’infame abominevolefinestrella quadrata.

gli sembrava, racconta, chedappertutto nel mondo fosseautunno.

un giorno di fine dicembre del1943 consuelo de saintexupéry scrive un telegrammada new York al marito antoine,aviatore ad algeri.

«i tuoi telegrammi mi hannofatto alzare dal letto dov’ero daun mese. tu sei la mia sola musica. due mesi senza lettereda te. i tuoi silenzi mi perdono. il mio unico orizzonte è ilnostro amore e il tuo lavoro. ti supplico di iniziare il tuogrande romanzo. amici e editore lo aspettano come ioaspetto il tuo ritorno. Piango talmente la tua assenza. forsei miei occhi non decifreranno la tua scrittura minuta, maascolterò l’ammirazione e le lodi degli amici che tiaspettano fedelmente. il mio unico regalo di natale sonostati i tuoi telegrammi. la mia festa è iniziata preparandotidolcemente il letto perché dio sicuramente vuole che tuarrivi presto. ti abbraccio forte.»

il poeta dante alighieri a quarantadue anni, nel 1307, sullemontagne alla sorgente dell’arno, si appassionaviolentemente di una donna che lo scioglie come neve alsole. non riesce più a scrivere, non trova consolazione. Ècosì sconvolto che non si dà pace, e deve perfino

giustificarsi con delle lettere di scuse indirizzate ai potentiche lo proteggono.

Poco male, però, dirà anni dopo il suo ammiratore giovanniboccaccio, e gli darà lui una giustificazione più leggera.sono cose che succedono, cosa sarà mai, questo dantecosì scrupoloso in fondo era anche lui un uomo:

«tra cotanta virtù, tra cotanta scienzia, quantadimostrazione è di sopra essere stata in questo mirificopoeta, trovò ampissimo luogo la lussuria, e non solamentene’ giovani anni, ma ancora ne’ maturi. il quale vizio, comeche naturale e comune e quasi necessario sia, nel vero nonche commendare, ma scusare non si può degnamente. Machi sarà tra’ mortali giusto giudice a condennarlo? nonio».■

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antoine de saint exupéry

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dopo il “processo” al Palalido francesco de gregori sirialza. ritiratosi per un po’ a vita privata, sposa un’excompagna del liceo, alessandra gobbi, dall’unione con laquale nasceranno i figli Marco e federico.

la vita continua ed è la volta di Generale (in De Gregori,1978), il cui contrappunto letterario sta in Addio alle armi

di ernest M. Hemingway (anche autista per la croce rossadurante la Prima guerra Mondiale), che scriveva fra l’altrodi una dolce infermiera che fa l’amore col protagonista.Molto più tardi, Vasco rossi sceglierà di aprire,significativamente, con Generale il suo concerto “rocksotto l’assedio” al san siro con le band di sarajevo.

tra il ’78 e il ’79 francesco de gregori stringe piùsaldamente il sodalizio con lucio dalla, ne nasceranno Ma

come fanno i marinai e la fortunata tournée Banana

Republic (saranno, infatti, in 40.000 allo stadio flaminio diroma). nel ’79 arriva anche Viva l’Italia (con l’omonimo

album), brano conosciutissimo dedicatoal bel Paese e alla sua gente, cheall’occorrenza si dimostra in grado disaper reagire, come chi ha fatto laresistenza (“l’italia che resiste”) o chi siè rialzato nel ’69 dopo la strage di Piazzafontana a Milano (“l’italia del 12dicembre”).

Più in là, francesco de gregori collaboraanche all’album di ron Una città per

cantare, ma il suo nuovo lavoro arrivanell’’82, è Titanic. in varie occasioni essoè stato definito un concept album, per lapresenza al suo interno non solodell’omonima canzone, ma anche di altridue brani che riecheggiano la vicendarelativa all’incidente che il 14 aprile 1912procurò l’affondamento dell’“rMstitanic”, nave passeggeri britannica,entrata in collisione con un iceberg; nona caso, il ghiaccio ricorre in tre diversestrofe della canzone, con connotazioniche per nulla fanno presagirel’incombente tragedia (“e con il ghiacciodentro al bicchiere”, “ci sembra quasiche il ghiaccio che abbiamo nel cuore”,

Annalisa Castronovo - [email protected]

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uCantautori: per rispetto chiamati artisti

Francesco De Gregori alias il principeSeconda parte: da Generale a oggi,

da Banana Republic a Work in progress

ernest M. Hemingway

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“forse per via di quegli occhi di ghiaccio”). l’idea perquesta metafora dei disastri che minacciano la societàderiva dalla lettura de L'affondamento del Titanic, poemain versi del 1978 scritto dal tedesco Hans Magnusenzensberger. ne L’abbigliamento di un fuochista, invece,il riferimento letterario è America di franz Kafka, che comeprimo personaggio descrive il fuochista, appunto. la terzacanzone in tema – sebbene tocchi per lo più l’argomentoemigrazione – è I muscoli del capitano (cantata congiovanna Marini), in cui il capitano è appunto edward Johnsmith e il linguaggio pesca nei tratti essenziali delfuturismo.

l’’83 è l’anno del q disc (anche se di cinque pezzi) La

donna cannone, sicuramente una tra le più belle canzonidell’artista romano, in cui parole e musica si intrecciano inun’indiscutibilmente emozionante combinazione; nel discosono pure presenti due diverse versioni della colonnasonora scritta da de gregori per il film Flirt diretto daroberto russo. seguiranno gli album: Scacchi e tarocchi

(1985, al quale collaborò anche ivano fossati), contenentefra le altre La storia (da un lato constatazione della suaineluttabilità e dall’altra sprone ad agire per chiunque,“perché è la gente che fa la storia”) ; Terra di nessuno

(1987), che si apre con Il canto delle sirene, i cui spuntiletterari sono chiaramente i vari personaggi di Ulisse daomero a James Joyce, ma anche il Moby Dick (1851) diHerman Melville citato attraverso “l’occhio di ismaele”;infine, Mira Mare 19.4.89 (data di pubblicazione). Poi nel’90 arrivano tre live: Niente da capire, Catcher in the Sky eMusica leggera.

nel 1992, periodo di stragi per l’italia e dello scandalodenominato Tangentopoli, de gregori pubblica un nuovoalbum, Canzoni d’amore. amore nel senso più tradizionale,come in Bellamore, e amore per il proprio Paese, afflitto dafigure di spicco controverse, cui si riferisce in Chi ruba nei

supermercati? (rivolta a “chi li ha costruiti”) e ne La ballata

dell’Uomo Ragno (probabilmente scritta pensando abettino craxi). a seguire ancora un album dal vivo, Il

bandito e il campione, il cui brano omonimo è un ineditocomposto dal fratello, luigi grechi, che disegna attraversodue personaggi realmente esistiti, sante Pollastri ecostante girardengo, la storia di un’amicizia fra due uomini(entrambi nati sul finire dell’ottocento a novi ligure), le cuivite li porteranno a percorrere strade molto diverse, uno

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Francesco De Gregori alias il principeSeconda parte: da Generale a oggi,

da Banana Republic a Work in progress

diventerà un bandito in epoca fascista e l’altro un campionedel ciclismo italiano. seguirà il disco live Bootleg che tra isuccessi dell’artista propone anche due cover italiane, valea dire Anidride solforosa di dalla e roversi, cantata conangela baraldi, spalla di de gregori nel tour (durante ilquale la donna si è esibita anche con brani propri) eMannaggia alla musica composta per ron nel 1980.

nel 1995 francesco de gregori collabora con L’Unità diWalter Veltroni scrivendo una serie di articoli. l’anno dopoè la volta di Prendere e lasciare, album registrato negliStudi Fantasy di berkeley nell’estate del ’96, il cui titoloavrebbe dovuto essere Rosa rosae (nome di una delletracce), ma che – a dire dello stesso autore – «risultavaquasi minaccioso, per le reminiscenze scolastiche», cosìle rose sono rimaste in copertina. nel disco compare unbrano di rara grazia e delicatezza, Un guanto, ispiratodall’omonima serie di dieci disegni a penna (1881), distampo autobiografico, del pittore e scultore tedesco MaxKlinger. la canzone, che pure traccia tra note e parole

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quella sorta di “graphic novel” ante litteram dallosmarrimento del guanto sulla pista di pattinaggio finoall’intervento finale di cupido, ne esce come un pezzod’arte a sé stante e arricchito da ulteriori spunti, quale lastoria di Amore e Psiche di tradizione greco-latina. Ma ascenari leggiadri e impalpabili, il cantautore aveva giàabituato fin dalla prima traccia, Compagni di viaggio, in cui“la luce dell’alba da fuori sembrò evaporare”. e poi ci sono

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pezzi più rock e di tutt’altro tenore, comeL’agnello di Dio che, di fronte a Marioluzzatto fegiz, de gregori commenta così:«gesù patì non in compagnia di sant’uomini,ma di due ladroni che portò con sé inParadiso. al posto dei ladroni in questacanzone ci sono puttane, spacciatori, ilsoldato che decapita il nemico. non ècertamente una canzone pacificatoria. Madov’è lo scandalo?». il video è stato giratoda bruno bigoni sul set fantascientifico delfilm Nirvana di gabriele salvatores. MentrePilota di guerra è ispirata ad antoine desaint-exupéry, scrittore e aviatore francese,e Tutti hanno un cuore narra di disagiogiovanile, ma anche di democraziamancata, per coloro che, come i cilenireduci dalla dittatura di Pinochet, ancoravivono in condizioni a dir poco precarie. c’èdell’altro. nel disco è presente anchePrendi questa mano, zingara, canzone cheè stata fulcro di una causa per plagio daparte degli autori di Zingara, cantata nel ’69da iva zanicchi e bobby solo; dapprima,nel 2002, il brano di de gregori dovettesparire dalle ristampe dell’album perricomparire dopo il 2007, anno in cui la

corte d’appello diede ragione al cantautore in quanto sitrattava semplicemente di una citazione. il disco, dopo 17tracce silenziose da 56 secondi ciascuna, si chiude conuna ghost track, versione diversa di Battere e levare, e unaparte strumentale di Jazz.

nel 1997 arriva il doppio cd La valigia dell’attore, risultatodi un tour e contenente anche la versione degregoriana diDammi da mangiare e Non dirle che non è così, cover di If

Max Klinger, dalla serie Un guanto, 1881

Max Klinger, dalla serie Un guanto, 1881

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you see her, say hello di bob dylan. in questo brano ilromano dà prova di aver superato il maestro realizzandoun delicato e toccante intreccio di poetica e armoniamusicale, che – a mio giudizio – rende secondariol’originale. sarà lo stesso dylan, nelle note illustrative delsuo film Masked and anonymous, a definire de gregori «laleggenda della musica leggera italiana».

Amore nel pomeriggio (2001), album di inediti, ineditid’amore come Sempre e per sempre e inediti cheromanzano la storia, come Il cuoco di Salò (arrangiata dafranco battiato), in cui ancora una volta il punto di vista èquello della gente comune su una vicenda reale, larepubblica di salò (23 settembre 1943 – 25 aprile 1945),ultimo sprazzo di fascismo mussoliniano. questa volta ilprotagonista è un cuoco, un ragazzo comune, la cuiquotidianità è incastrata tra la luce e la vita da una parte egli spari e la morte dall’altra. «che qui si fa l’italia e simuore/ dalla parte sbagliata, in una grande giornata» e laguerra così dipinta, con consapevolezza storica – si noti lacitazione di garibaldi a bixio del 1860 e la sottile quantoessenziale modifica – ma senza giudizio, viene mostrataper quello che è, che siano alleati o nemici. così un cuocofa solo il suo mestiere e un medico fa solo il suo mestiere(come recentissime vicende insegnano).

de gregori, nel 2002, ritorna al folk con Il fischio

del vapore, album inciso con giovanna

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Marini, che racchiude canti popolari e sociali italiani, frai quali l’immancabile Bella ciao. nello stesso annol’artista è impegnato nei concerti che lo vedonoavvicendarsi sui palchi italiani insieme a Pino daniele,fiorella Mannoia e ron; collaborazione da cui nasceràil cd live In tour. altra collaborazione, l’anno dopo, lovede da una parte al fiancodel vecchio amicoantonello Venditti, per lacomposizione del branoIo e mio fratello

(presente in Che

fantastica storia è la vita

di quest’ultimo), edall’altra sul set del film difranco battiato,Perdutoamor, nastrod’argento oltre che operad’interesse culturalenazionale secondo ladirezione generale per ilcinema del Ministero per ibeni e le attività culturaliitaliano.

due stagioni dopo esce l’album Pezzi con la canzoneda cui trae il nome, Vai in Africa, Celestino! sull’identitàdel quale ci sono almeno tre ipotesi. secondo la primasi tratterebbe di Walter Veltroni, anche per via delriferimento fatto dal cantautore durante un’intervista del2007 al “corriere della sera”: «io lo prendevo un po’ ingiro per la storia dell'africa: “guarda Walter che non cicrede nessuno”. lui teneva il punto: “ti dico che vadoin africa!”. almeno su questo, per ora ho avuto ragioneio». altri pensano che si tratti del celestino V che, comerecita dante alighieri, rifiutò il papato per viltà («fece perviltade il gran rifiuto»). c’è anche chi crede che sia unriferimento letterario e un ridimensionamento dellafilosofia new age de La profezia di Celestino, fortunatoromanzo di James redfield del 1993 (The Celestine

Prophecy). con quest’album de gregori prenderà parteper la prima volta al Festivalbar, ma anche alprogramma musicale televisivo Top of the Pops. inoltre,sempre quell’anno, sarà sul palco al Concerto del Primo

Maggio a roma e avrà l’onore di aprire il Live 8,manifestazione musicale tenutasi il 2 luglio 2005 in novecittà dei Paesi appartenenti al g8 con lo scopo disensibilizzare e spronare alla cancellazione del debitodelle nazioni più povere.

a meno di un anno arriva Calypsos, con nove canzoninuove, fra le quali Per le strade di Roma (il cui titoloriecheggia Streets of Philadelphia di bruce springsteen,ma nulla di più), che restituisce uno spaccato della cittàe del suo tempo, che la rapina un po’ giorno per giorno.Poco più tardi la sony pubblica una tripla antologia, incui compare Diamante, scritta tempo addietro per

zucchero e dedicata alla nonna di fornaciari, è unacanzone incantevole e suggestiva, una passeggiata nelpassato; ma c’è anche una Banana Republic cantataesclusivamente da de gregori. nel 2007, invece, vieneprodotto Left & Right - Documenti dal vivo, cd-dVdtratto dalla tournée invernale, cui ne seguirà unateatrale, durante la quale il romano avrà modo dipresentare Finestre rotte e Per brevità chiamato

artista, che con l’altra sarà fra i brani dell’omonimoalbum del 2008. titolo di cui ho detto nella mia primaparte sul cantautore e che era già presente in uninedito del ’74, vagamente profetico della vicenda alPalalido, De Gregori era morto, che verso il finale fa:«era un ragazzo gonfio per brevità chiamatoartista». Ma la sua carriera era ed è ancora in fieri.

il 2010 si apre con una notizia: de gregori e dalladi nuovo insieme. al Vox club di nonantola (Mo),infatti, i due si esibiscono spalla a spalla a più ditrent’anni da Banana Republic, dopo essersitrovati insieme il 24 giugno 2009 a solferino percommemorare, in occasione del 150°anniversario, i protagonisti della battaglia che

coinvolse più di 230.000 soldati e che chiuse laseconda guerra d’indipendenza italiana. lo spettacolocontinua. ci saranno concerti, il Work in progress tour

2010, e con ogni probabilità seguirà un album. tra lecanzoni c’è una chicca, un pezzo nuovo in cui è nitidal’impronta di colui che io considero un maestro, unpoeta della canzone, oltreché un sensibile e brillantemusicista; il titolo del brano – perfetto per chiuderequesta mia “chiosa” – la dice lunga; infatti,semplicemente: Non basta saper cantare.■

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392010 • Sul Romanzo

La verità è che la vera musica

non è mai 'difficile'. Questo è soltanto un termine

che funge da schermo, che viene usato per nascondere

la povertà della cattiva musica.Claude Debussy

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Quando e dove è nata l’associazione “Amici della

Zizzi” e grazie a chi?

“zizzi” era il soprannome di una professoressa di livornoche sempre si è prodigata per il prossimo. dalla sua morte,nel 1987, è nata l’associazione “amici della zizzi”(www.zizzi.org) per volontà del figlio riccardo che, insiemea roberta, ha dedicato la sua vita ai bambini bisognosid’affetto, vivendo con loro e crescendoli come figli propri.

Di che cosa vi occupate?

l’associazione compie opera di prevenzione nei confrontidi minori a rischio, con problemi sociali e familiari difficili(pedofilia, adozioni fallite, abusi e povertà), cercando didonar loro soprattutto amicizia, in modo tale che acquistinofiducia in chi li segue e riescano così a crescere in unambiente lontano dalle miserie economiche e morali che licircondano.

in questo momento riccardo e roberta stanno seguendo9 ragazzi in affido, mentre altri se ne aggiungono nelperiodo estivo, provenienti da città limitrofe e non solo.

Parallelamente a questo tipo di attività, viene curato egestito un portale sull’affido www.sos-affido.it con lo scopo

di informare e allo stesso tempo essere il forum principalea livello nazionale su tale delicato tema.

Il volontariato è uno stile di vita con una sua utilità nel

mondo o un’esperienza che concerne semplicemente

l’io di chi è attivo?

non credo che l’esperienza di volontariato sia collegatasolamente ad un soddisfacimento personale, ad un andarea letto con la coscienza a posto o ad una prestazionegratuita di servizi. credo piuttosto che alla base del farequalcosa per gli altri in modo volontario ci sia un voler faresperienza di sé e degli altri. non è una cessione di beniper “far pari” con le ingiustizie della societàcontemporanea, ma è fare qualcosa con gli altri,rispettando l’altro come titolare di diritti e nonsemplicemente bisognoso di aiuto. Per questo ritengo chechi passa il proprio tempo mettendo a disposizione leenergie per il prossimo lo faccia con tale tipo di etica e cosìfacendo non può altro che essere utile per il mondo intero.

E poi è nata l’’idea “Mosaico di Emozioni”, che cosa è

e come si struttura?

a cura della Redazione - [email protected]

Sul Romanzo • 201040

uL’angolo delle interviste

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l’idea di mosaico di emozioni nasce come opportunitàper coinvolgere tante persone che possono così darspazio alla loro creatività nello scrivere brani, poesie,racconti e realizzare allo stesso tempo un libro con unfine sociale e benefico: quello di aiutare i ragazzi indifficoltà. inoltre, chiunque voglia partecipare avrà lapossibilità di vedere il proprio nome accanto a quello dimolti personaggi famosi e veder così pubblicato un librocon il proprio scritto.

Numerosi sono stati i sostenitori, fra i quali Carlo

Azeglio Ciampi, qualche altro nome che ha deciso di

aderire?

tra i partecipanti famosi all’iniziativa ci sono franco diMare, giornalista e scrittore; sarah Maestri, attrice escrittrice; anna lavatelli, scrittrice per bambini; annaPiras, giornalista rai; lina sastri, attrice; antonio rossi,campione sportivo; franco simone, cantante; giorgioMorales, ex sindaco di firenze ed attuale difensorecivico. inoltre la copertina verrà curata da guido silvestri,in arte silver, il creatore di lupo alberto.

Qual è il vero obiettivo dell’iniziativa?

oltre al fatto di dar vita ad un libro che sia veramente lacomposizione, tassello per tassello, di tante emozionidelle persone, speriamo in seguito, una volta realizzato,di poterlo presentare in più posti possibile dandoci cosìla possibilità di farci conoscere, l’opportunità di parlaredell’associazione e del lavoro che svolgiamoquotidianamente.

Ci sono nuovi progetti e che cosa vi aspettate da

“Mosaico di Emozioni”?

ciò che speriamo è che riesca a portarci a contatto conpiù persone possibile e, essendo la prima volta che cilanciamo in un’iniziativa di questo tipo, faccia da trainoper altri progetti nell’ambito culturale. in questo periodosiamo anche alle prese con la redazione del bilanciosociale dell’organizzazione, un documento cheracchiude tutta la nostra storia, i valori e le esperienze diventitre anni. inoltre, siamo già lanciati verso gli obbiettiviestivi e, perché no, al mercatino di natale cherealizzeremo qui a livorno verso fine novembre.■

2010 • Sul Romanzo 41

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di Sara Gamberini - [email protected]

Non piangere coglionedi Amedeo Romeo

Una volta, circa quindici anni prima, camminavo da

solo in un vicolo di Siviglia, c'era un caldo secco che

bruciava la pelle, da una finestra al primo piano

provenivano le note di una musica di pianoforte,

credo fosse Keith Jarrett, il cielo era blu: stavo molto

bene. Non mi ero mai sentito tanto sereno. Nell'aria

c'era un odore insolito, innaturale. […] quello senza

dubbio, e senza una vera ragione, era stato l'istante

più felice della mia vita.

Quasi un decennio più tardi, la prima volta che mi

ero trovato a fare l'amore con una donna incinta,

avevo sentito quell'odore. […] dopo averla

tempestata di domande, avevo scoperto che il

profumo della felicità era una crema per le

smagliature molto diffusa tra le donne in gravidanza.

Non piangere coglione (isbn, 2010) racconta la storia diandrea Morini, trentenne inquieto e nevrotico, teatrante,anarchico nelle intenzioni e nei fatti. andrea desidera unfiglio ma non vuole diventare padre: un figlio lo vorrebbetenere in pancia e partorire. il corpo delle donne incintelo incanta e lo eccita. dopo aver incontrato lena,all'ottavo mese di gravidanza, il suo desiderio si faossessione. contempla la maternità della donna, di cuisi innamora in qualche modo ricambiato, e desideraessere madre, diventare lena, partorire al suo posto.nasce ada e il risveglio per andrea, per il padre naturaledella piccola e per la madre diviene inevitabile,necessario.

finalmente un protagonista degno di abitare un romanzo.con Non piangere coglione siamo in pieno romanticismo,vicini alla poesia normale della vita tocchiamo il desideriodel desiderio, la grazia struggente della consapevolezza.la storia non è così appassionante, certo non è malstrutturata, le azioni sono sempre giustificate, l'autore nonperde mai la misura e mantiene un ritmo narrativoregolare e musicato. Ma tutto ciò che sta attorno alprotagonista è un simbolo da non prendere troppo allalettera e da trattare, invece, al pari di una condensazioneinconscia. trama, personaggi secondari, colpi di scenaservono a supportare e svelare l'evoluzione delprotagonista, come in un sogno. la bellezza del romanzodi amedeo romeo sta tutta nel suo protagonista. congrande intelligenza, senza paura di spingersi inprofondità, l'autore ci presenta andrea in tutto ciò che è:un delizioso folle, un romantico, un uomo. il rifiuto di unavita borghese, di una letteratura borghese, di unprocedere narrativo stereotipato, tutte queste ribellioni

insieme fanno del romanzo un insolito esordio che haspiazzato più di qualche critico, costretto a cercareetichette in sostituzione: andrea è un pazzo pervaso daturbe psicosessuali, un disadattato, la sua vita èinconcludente, bizzarra, malata. non è così. andrea Moriniesprime l'incanto dell'autore nei confronti delle persone chedimostrano amore per la vita e che vivono con desiderio,senza alcun limite, per poter essere semplicemente ciò chesono. Non piangere coglione, un romanzo anti-borghese,esordisce lontano dai luoghi comuni, non tenta dinascondere l'istinto dell'uomo, le normali ossessioni, leinclinazioni appassionate. amedeo romeo toglie un velo,apre il sipario quando la scena non è ancora pronta, ti spiain bagno, ti ascolta mentre hai paura, squarcia la

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uEsordire

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convenienza di superficie e lo fa poeticamente. le vicendedel romanzo fanno spesso sorridere. andrea, in pienaimmedesimazione con la gravidanza di lena, le ruba ivestiti, i trucchi, le strisce depilatorie e poi si chiude inbagno tentando di trasformare il suo corpo. capita disorridere perché questo travestimento disperato ci riportaal ricordo di qualche nostro pasticcio, combinato tentandodi assomigliare, di diventare. andrea immagina che il partodilani il corpo, lo crede un gesto d'amore che non ha pari elo vuole provare ad ogni costo; per sentire di amare con lapropria carne si chiude in una stanza d'albergo e si feriscecon un pezzo di vetro.

Cercai di alzarmi dal letto, le lenzuola erano

completamente rosse, ricaddi subito a terra.

Composi il numero della casa dove avevo vissuto da

bambino, il primo che avevo imparato a memoria

quando ero piccolo, senza prefisso […]

Il numero selezionato non è attivo.

“Mamma” sussurrai.

The number you have dialed is not available.

“Mamma ho una bella notizia. La piccola è nata. Sta

bene, io sto bene, è stato un parto naturale,

fisiologico, dicono le ostetriche [...]

Ma il parto non dilania. a spiegargli questo è lena, unadonna fuori dal comune, dolce e anarchica, che non

punisce e non giudica, ma accoglie e comprende. ilsimbolo della madre.

Ho sofferto quando ho partorito, ma non è lacerarsi,

piangere e gridare che fa di te una madre, non è il

dolore. Il dolore non c'entra.

il padre naturale invece non sopporta che il corpo dellapropria donna si trasformi e scappa con una giovincella.È il simbolo animale e primitivo, e ahimè un po' logoro ebanale, del maschio che ha il compito di garantire lacontinuità della specie.

nel naturale scorrere degli eventi, nella biologia priva dimorale della vita, andrea sa che il desiderio èun'avventura solitaria, una ricerca di ciò che mancaperché ci è stato sottratto, la rappresentazione di unoggetto prima posseduto la cui perdita ben giustifical'attrazione e la nostalgia che ne guidano il ritrovamento.in tutto questo movimento del corpo e dell'anima, inquesta tensione verso un miglioramento, le regole socialiperdono di senso. andrea non lavora, vuole esseremadre, si depila le sopracciglia, vive in una casa sporca,ama il teatro, si innamora di una donna incinta. Masoprattutto segue il proprio dolore e lo compensa; peramedeo romeo pare non esista modo migliore perpotersi assumere la responsabilità più complicata dellavita, quella di essere padre.■

2010 • Sul Romanzo 43

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Disabituati alla vita:

i racconti di Angelo Fiore

di Alessandro Puglisi - [email protected]

una vita al margine, e unavicenda letteraria altissimama, per molti versi, nascosta;segni, tracce distintivedell’esistenza (d’uomo ed’autore, per l’appunto)“appartata” di angelo fiore,nato a Palermo nel 1908. dalclima domestico, non dei piùsereni, all’adolescenza,durante la quale il futuronarratore rivela un carattere diparticolare sensibilità,cominciando ad acquisirequelle suggestioni, soprattutto

empiriche, legate alla pratica della vita, che loinfluenzeranno e, ancor più, indirizzeranno nella scrittura;giungendo alla carriera studentesca, poco brillante, e poialle varie professioni esercitate, culminando nella“ennesima nuova carriera”, con l’espressione letteraria,quella di fiore è una parabola che vale la pena conoscere,per rivalutarla.

Piuttosto travagliato il susseguirsi di situazioni relativoall’esordio letterario di fiore, il cui talento rimane per anni,almeno venti, come annota egli stesso in una pagina“diaristica” del 1961, completamente nascosto. Primotestimone delle opere di fiore è da ritenersi, grazie anchealle recenti ricerche condotte dal prof. nino de Vita,salvatore cantone, insegnante di lettere e condirettoredella rivista «Kronion». Mentre il “secondo tentativo diaffermarsi come scrittore” si concretizza nell’invio, permezzo di arturo Masolo, di una serie di manoscritti allacasa editrice lerici, all’interno della quale, nei primi anni’60, Mario luzi e romano bilenchi dirigono la «collana

narratori». tra i manoscritti, vi era Un caso di coscienza,che uscì, finalmente, non molto tempo dopo, al n.29 dellasopradetta collana.

ed è proprio da qui che, saltando, per forza di cose, a pie’pari gran parte della carriera di fiore, arriviamo ai giorninostri e alla bella riedizione, datata 2002, ad opera dellacasa editrice messinese Mesogea, di Un caso di

coscienza, in un volume curato da antonio Pane, conun’introduzione di silvio Perrella e la presenza, oltre ai testicostituenti la raccolta originale, di racconti sparsi, e di unaselezione dal ricco epistolario dello scrittore.

bisognerà far presente, anzitutto, che in fiore, per quantoal lettore menosmaliziato possasfuggire, la “vitavissuta” si lega adoppio filo con la“vita raccontata”tra le righe. non èun caso, infatti, sel’elemento dellaprofessione svoltadai protagonisti deiracconti siapreponderante e,spesso, informicompletamente iracconti stessi,attraverso unnarrare che sisostanzia in unostile denso dalpunto di vista

Sul Romanzo • 201044

uI (rin)tracciati

federigo tozzi

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lessicale, ma sintatticamente sincopato, il qualeavvicina d’un tratto fiore ad un altro grande, anch’eglimeno considerato di quanto meriterebbe, vale a direfederigo tozzi, e in particolare il tozzi delfondamentale Tre croci.

il percorso di lettura di Un caso di coscienza e altriracconti è sicuramente accidentato. da Il paziente,(che ai lettori più attenti non mancherà di ricordare lostrepitoso Sette piani di dino buzzati) in cuil’omissione, da parte di un medico, nel comunicare la“verità” ad un suo assistito, sofferente di una malattiamentale, innesta, su uno sfondo di quotidiano e quasiverista torpore, uno scarto di pirandelliana memoria,al racconto che dà il titolo al volume, Un caso di

coscienza, magnifico esempio d’esercizio e diprofessione d’una scrittura nervosa, sovraeccitata,incredibilmente lapidaria e sovrabbondante allostesso tempo, nel rappresentare la piccola, grande,estemporanea e fulminea, metaforica discesaall’inferno di «bùccoli di Messina […] commercianteall’ingrosso». da I sordomuti, campionario dipersonaggi “borderline”, crogiuolo umano ches’approssima al branco animale, tremendo micro-consesso sociale, a Il licenziamento, una delle vettedella raccolta, a nostro modo di vedere, per cui il

riferimento al romanzo “di fabbrica” di ottiero ottieri(del quale abbiamo già avuto modo di parlare inquesta stessa rubrica) sembra imprescindibile, nellamisura in cui, anche in questo caso, viene propostala dialettica inesauribile tra “capo del personale” e“sottoposto”. in particolare, poi, nel testo di fiore, ilpost-licenziamento non può che trasformarsinell’esplicitazione di una latente inedia esistenzialealla quale non c’è rimedio. così come nessunasoluzione, neanche in extremis, sembra esserci allasituazione in cui viene a trovarsi salviati, ilprotagonista di Il concetto di libertà, vittima di unaquasi kafkiana e torrida oppressione statale.

di non minore rilievo sono infine testi come Il bilancio,Un giorno del passato, Il buffone dell’universo, neiquali, anzi, il sotterraneo stato allucinatoriocaratterizzante tutta la raccolta emerge con forzastraordinaria, facendosi estrema sintesi e alcontempo climax delle modalità d’espressione dellatipica distorsione del mondo posta in essere daangelo fiore.■

2010 • Sul Romanzo 45

charlie chaplin, Tempi Moderni, 1936

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Sul Romanzo • 201046

fritz lang, Metropolis, 1927

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2010 • Sul Romanzo 47

Chiunque comprenda il ruolo centrale

che la letteratura svolge nello sviluppo della storia umana,

deve anche comprendere che la resistenza al totalitarismo,

sia esso imposto dall'esterno o dall'interno, è questione di vita o di morte.

George Orwell

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Komunicato n.ro 3di Roberto Orsetti - [email protected]

guccini: chi? l'insegnante?

in italia la canzone chiamata “d'autore”, ha spesso fattoriferimento alla letteratura, classica o moderna che sia.Parlo di “canzone d'autore” e lo specifico, perché a leggerei testi delle canzoni spesso si rischia un coccolone. frasisenza senso, rime ardite o talmente scontate che anche ibambini dell'asilo se ne vergognerebbero. Ma tra icantautori nostrani ci sono veri creatori di emozioni, contesti che sopravvivono tranquillamente anche se privatidella musica.

uno degli autori a cui sono maggiormente affezionato,anche per anzianità, è francesco guccini, poeta e scrittorealmeno quanto musicista. guccini ha attraversato per oltrequarant’anni la scena del cantautorato nostrano, riuscendoa coniugare tradizione popolare, cultura italiana e non,impegno politico e sociale con estrema chiarezza, masenza eccessi.

sin dai tempi di Dio è morto si capisce che guccinicostruisce i suoi testi come una spugna di qualità. elaboraconcetti, ancor più frasi e visioni che appartengono ad altri.non sono citazioni, ruberie o furberie, ma scorciatoie. sonoriconoscimenti o riconoscersi nell'altrui scrivere. unaoperazione che altri farebbero o fanno di nascosto, mentreguccini lo fa alla luce del sole. un esempio di condivisione,consapevole che chi gli si mette di fronte, ne trarrà lostesso giovamento che ne ha tratto lui sin dalle primeletture.

Dio è morto prende il titolo dalla copertina della rivista“time” dell'epoca. il testo rilancia la provocazione dinietzsche, la modifica in positivo, ma dalla prima frase sicapisce quanto sia grande il messaggio della beatgeneration di allen ginsberg che guccini vuole ribaltare sudi noi.

in un solo colpo mette a confronto tesi e opinioni che cicoinvolgono nella discussione.

si capisce dunque subito quale è la strada che guccini siappresta a percorrere.

Perché cercare altre parole se qualcuno ha descritto onarrato il nostro pensiero in maniera così precisa?

se non fosse che gli concediamo il credito dovuto a unartista, ci sarebbe da discutere a lungo. Ma guccini nonsfrutta il lavoro altrui. attacca la frase, il concetto, come sefosse scritto su un post-it da attaccare al frigo. e lo faapertamente, senza negare la paternità al legittimoscrittore.

i suoi testi sono un richiamo, un invito alla cultura, allalettura, all'approfondimento. come successe per de andrée Spoon River dovremmo essere stimolati a cercare le suefonti per farle nostre.

L'isola non trovata, la canzone dall'album che porta lostesso titolo, è una poesia di gozzano. una poesia bella,che viene cambiata poco o niente. quasi avesse timore di

uTarantula

Sul Romanzo • 201048

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rovinarla, la mette su una musica semplice e ne esce unacanzone indimenticabile.

nello stesso album La collina ci dice che ha letto salinger,e che sarebbe opportuno lo leggessimo anche noi. loribadisce anche nelle note al disco e nelle interviste avenire, tradendo la sua natura di insegnante, di istigatoreal lavoro mentale.

la lista dei contributi al lavoro di guccini e alla nostrastimolazione culturale è lunga.

ci sono Jonathan swift e I Viaggi di Gulliver, flaubert eMadame Bovary, rostand e Cyrano de Bergerac,cervantes e Don Chisciotte della Mancia, shakespeare eAmleto, omero e il suo ulisse.

sono tributi, riletture argute in certi casi, sempre con lavoglia di leggere, di proporre, di rispettare il proprio ruolo.

l'amore per certe figure, per certi autori che hannocontribuito alla sua crescita, lo ribadisce spesso neiconcerti. quando presenta i brani, racconta di come è statol'approccio, la lettura, il ricordo formativo. ci racconta diedgar lee Masters, Hemingway, t.s. eliot, baudelaire,eco, borges, Manzoni, leopardi, isaia il Profeta, Montale,dante, foscolo e chissà di quanti altri.

c'è spazio anche per tanta cultura popolare, come nellascrittura de La canzone dei dodici mesi, nell'album Radici,dove ci sono riferimenti alla nostra italica poesia, ma anchea quella d'oltremanica.

Ben venga maggio e il gonfalone amico

ben venga primavera

il nuovo amore getti via l'antico

nell'ombra della sera

oltre al poema del Poliziano, ci sono altre canzoni popolariche cominciano così, anche nella musica popolarepiemontese, ad esempio, ma guccini non pare darsenepena. se gli viene in mente qualcosa lo scrive. culturapopolare che non deve essere per forza scritta, bensìtramandata di voce in voce. il caso de La Locomotiva ne èun esempio.

non ci sono solo scrittori nelle citazioni di guccini, anchescienziati, filosofi o simili. in Via Paolo Fabbri 43 ipotizzauna critica alle sue canzoni dalla penna di roland barthes,critico e saggista, con borges che promette un incontro conil poeta al Khayyam, detto “il Persiano”, mentre citacartesio in un passaggio e non solo per la rima conbarthes.

Van loon, olandese e grande divulgatore tuttologo, meritauna canzone che viene dedicata al padre di guccini,appassionato dei suoi libri. una sorta di Piero angela, lodefinì il cantautore nei concerti, riconoscendogli unacapacità incredibile di spiegare e coinvolgere i suoi lettori.

ci sarebbe da scrivere per giorni. se avete voglia leggetei testi, anche solo quelli. sono anche utili per mettere alla

2010 • Sul Romanzo

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prova la nostra memoria.

guccini merita dunque un posto non solo nell'ambito piùspecifico della canzone, ma anche un posto nella nostraveranda di fronte a casa.

seduti accanto a lui, ad ascoltare le sue parole, con musicao senza, ne potremmo solo trovar beneficio.■

Sul Romanzo • 201050

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2010 • Sul Romanzo 51

La letteratura non permette di camminare ma permette di respirare.

Roland Barthes

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di Emanuele Romeres, editor Marco Valerio [email protected]

Il mistero degli

editori scomparsi

il salone del libro di torino, edizione 2010, si è concluso.un tempo era una fiera, poi si è ristretto, e a dire il vero piùche un salone sembra un ripostiglio. naturalmente, asentire cosa ne dicono gli

organizzatori, anche quest'anno il successo ha superatoogni rosea previsione, i visitatori sono stati centinaia dimigliaia e gli espositori sempre un po' di più rispettoall'anno precedente. il comunicato ufficiale della vigilia nonlasciava spazi a dubbi: «dal 13 al 17 maggio prossimo,sempre nell'area espositiva del lingotto, spazio ai libri conoltre 1400 espositori. settantacinque i nuovi espositori aldebutto: 20 con proprio stand, 43 nell’incubatore e 12 allospazio invasioni Mediatiche. il salone 2010 vede il ritornodi Mursia dopo cinque anni, di archetipo libri, editorialeolimpia ed edizioni el. sono presenti case editrici eistituzioni di Perù, india, brasile, slovacchia, romania ealbania».

oltre 1400 significa più di 1300 e meno di 1500, almenosecondo la mia maestra delle scuole elementari. Perverificare, in fondo, basta andare a consultare l'elenco

ufficiale degli espositori sul sito www.salonelibro.it, mettersia contare e vedere quale risultato viene fuori.

l'elenco, visto che è ufficiale e consultabile in linea, ve lorisparmiamo, ma naturalmente lo abbiamo memorizzato ascanso di variazioni a posteriori. noi non siamo molto ferratiin aritmetica, lo confessiamo. comunque fino a millesappiamo, magari a fatica, contare.

in questo caso, a mille non siamo arrivati. ci siamo fermatiesattamente a 973. tanti sono infatti gli espositoriufficialmente elencati dal salone del libro: ma non erano1400? no, non erano. Peraltro, un visitatore pedante epetulante, mettendosi a contare, non avrebbe trovato 1400stand. e neppure 973. intanto, perché tra gli espositoricompaiono anche coloro che entrano a fare parte di unostand collettivo. se dieci editori minuscoli si raggruppanoin una delle tante altrettanto minuscole associazioniindipendenti di editori, lo stand, piccolo piccolo peraltro, èuno solo, ma gli espositori diventano dieci.

il visitatore pedante e petulante, diranno all'ufficio stampadel salone, sta sottilizzando troppo. in fondo, con un libroesposto o diecimila, editori sono ed espositori restano.

sicuri? Proprio sicuri? oltre alle addizioni, sappiamo anchefare le sottrazioni. la prima, necessaria, riguarda i "doppiespositori". niente di grave, beninteso: puri errori veniali o,talvolta, diversificazioni contabili. se il sole 24 ore esponein due stand diversi vale due espositori. giusto? giusto,però per il visitatore becero è pur sempre un editore solo.di doppie ragioni sociali ne abbiamo contate e verificatesedici. ora, però, viene la nota dolente. Parliamo diespositori o di editori? gli editori sono quelli che pubblicanolibri ed espongono libri. gli altri sono, nell'ordine diimportanza: Ministeri, regioni, guardia di finanza, Polizia,aziende di promozione turistica, Pro loco, venditori dipenne, magliette, tipografi, associazioni di categoria,sindacati, venditori di hamburger. tutte attività degnissime,ma che con la produzione di libri hanno poco a che fare. edire che il biglietto di ingresso riporta la scritta "salone dellibro", mica "sagra del panino" o "festa delle forzearmate". in totale, su 957 espositori restanti, sono la

uVetrioli sparsi

Sul Romanzo • 201052

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bellezza di 235.

con fatica e con l'aiuto di un pallottoliere, restano, mumblemumble, 722 editori: niente male, in fin dei conti. Poco piùdella metà di quelli strombazzati dai comunicati stampa delsalone del libro, ma pur sempre una bella cifra. Magari,ad averlo saputo prima, avremmo potuto chiedere lo scontoall'ingresso: «scusi, se per vedere gli stand di 1400 editoridevo pagare 8 euro, non è che visto che i presenti sono lametà, mi fate lo sconto a 4 euro?».

di che lamentarsi? Mursia è tornato ad esporre dopocinque anni di assenza, finalmente posso trovare gliintrovabili titoli di quel tale Mondadori che solo raramenteviene distribuito regolarmente nelle grandi catene librariee che mai potrei sperare di vedere esposto in un autogrill.avrò la soddisfazione, dopo tutto, di spulciare fra i marchi

più prestigiosi della vera editoria di cultura, i nomi storicidella produzione letteraria nazionale. come rinunciare allapossibilità di visionare e toccare dal vivo il catalogo delgruppo albatros... di Kimerik... gruppo albatros? Kimerik?

il dubbio mi assale. ripercorro i corridoi del lingotto. ormaii piedi fanno male e la voglia di catalogare il numero deglieditori a pagamento, alias editori per autori a proprie spese,alias pagami che ti pubblico, scema insieme alla noiaprofonda e a un certo senso di nausea. Mi limito a contarneundici in un solo padiglione.

in fondo, perché mi lamento? Ho avuto la possibilità diguardare la produzione di ben 711 editori. con otto euro,in una qualsiasi libreria, forse avrei potuto vederne espostiduecento. in compenso, avrei in tasca i soldi per acquistareun libro in più.■

2010 • Sul Romanzo 53

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di Morgan Palmas - [email protected]

Un incontro con

Demetrio Paolin

Morgan: καλημέρα demetrio!

Demetrio: καλημέρα Morgan!

M: Pochi giorni fa ho chiacchierato con un giovanenigeriano, mi ha spiegato quanto la vita non gli sorridaaffatto e quanto la gente lo consideri un pezzente, lui,venditore abusivo porta a porta. Ha aggiunto poi di esserelaureato in filosofia, di amare Hegel, ma che l’equipollenzadegli esami è una faccenda burocraticamente complicata.«Perché le cose sono il più delle volte così difficili?», mi hadetto. È la paura del diverso, forse, oppure siamo tutti piùo meno confusi dagli stereotipi, ti confesso che mai avreipensato di parlare con lui di Hegel dopo averlo visto. nonti è mai capitato qualcosa di simile?

D: faccio un passo indietro. dopo aver lavorato per setteanni come ufficio stampa, ora mi occupo di immigrazione.lavoro in un ufficio che s’occupa, o almeno cerca, di farein modo che le varie pratiche (dal permesso di soggiorno,alla carta di soggiorno, ai ricongiungimenti familiari allavoro vero e proprio) dei lavoratori extracomunitari sianoun po’ meno complicati. questo mi permette di avere unpunto di vista, un cantuccio manzoniano per dire, moltodifferente dal tuo. Per me è la norma avere a che fare conpersone straniere, parlare con loro dei loro studi, rendermi

Sul Romanzo • 201054

uSocretinate

georg Wilhelm friedrich Hegel

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Un incontro con

Demetrio Paolin

conto che ad esempio l’equipollenza degli esami non ècomplicata, ma dipende dai diversi sistemi di studio (maqui diventa lunga). tu dici paura del diverso e poi parli distereotipo. io credo che anche “la paura del diverso” siauno stereotipo e come tale, come tutti i luoghi comuni,abbia un po’ di verità. il problema è l’entrare in relazionecon loro, e capire che l’atteggiamento da usare nei loroconfronti non è quellopietistico, ma realista ein un certo senso cinico.un mio amico pretediceva: credete micache i poveri siano buonie bellini, la maggiorparte dei poveri sonofastidiosi erompicoglioni.

il vero problema quindiè l’altro. e come dicesartre l’inferno sono glialtri o no?

M: non vorrei creareequivoci, lungi da me ilpietismo fine a sestesso, e non intendocon pietismo la riformain seno alprotestantesimo, bensìil sentimento pietoso,tanto affascinante nelleparole, quanto pococoncreto. i miei contatticon l’immigrazionesono stati duplici, ediversi. da un lato,alcune esperienze di volontariato che mi hanno messo acontatto diretto con la povertà, i timori e la fame di chigiunge nel nostro paese con tante speranze; dall’altro lato,la vita di mio padre che è iniziata in sardegna e proseguitanel nord italia, in anni in cui il “terrone” non doveva entrarein alcuni bar a Milano o a torino. forme differenti chetuttavia ricevono una diffidenza assai simile. non so se la

paura del diverso sia uno stereotipo uguale agli altri –bisognerebbe intendersi sulle densità in ogni stereotipo, ilche mi pare complesso anche per la sociologia o lastatistica –, certo è che, visto lo spostamento del nostropaese verso idee politiche più conservatrici, sembrerebbeche la paura verso chi non ci è simile sia più diffusa.guardarsi attorno e sentirsi stranieri, direbbe camus.

Perché poi nellaconcretezza i casiumani commuovono oscuotono perlomenopresi nella lorosingolarità, ma intantochi legifera condizionamilioni di casi umani. tuciti sartre, quale ruolopossono avere laletteratura o la filosofiadi fronte alle vicissitudiniindividuali degliimmigrati?

D: la risposta sarebbebreve. nessuna. non ècompito dei letterati edei filosofi fare le leggi,con buona pace diPlatone. e potremmofinirla qui, ma io nonpenso né ho maipensato che laletteratura sia unsemplice gesto estetico,ma che abbia a che fareanche con l’etica. ladefinizione migliorepotrebbe essere, per la

letteratura (cosa in cui sono un po’ meno ignorante rispettoalla filosofia) è qualcosa che ha a che fare con il bello econ il vero, che mi pare una definizione manzoniana, mavado a memoria. quindi tocca ai politici legiferare, io nonho tali competenze, e allo scrittore tocca raccontare ciò cheè qui, ciò che accade sapendo che la sua possibilità dimodificazione del reale è minima. scrivere è una sorta di

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disturbo continuo, questo può essere. È costringere gli altria guardarsi e a uscire dalle generalizzazioni per poi, giocoforza, rientrarci. ti faccio un esempio, nei mesi in cui siparlò del testamento biologico, molti tantissimiintervenivano in maniera generale e sui principi generalidello stesso. quando, Mozzi, chiese su Vibrisse:scusatemi invece di parlare in generale, facciamo unacosa semplice semplice: scriviamo il nostro, personale,testamento biologico. ecco la risposta fu meno ampia. laletteratura ha questa potenza, di metterti in scacco, dimostrare le tue debolezze e anche la tua vacuità. o tu credidiversamente?

M: credo che chi legifera sia fruttodello spirito dei tempi ed esso si nutredi componenti difformi, fra le qualianche la letteratura e la filosofia. Pertale ragione ritengo che lamodificazione del reale da parte delloscrittore sia di fondamentaleimportanza, e in ciò vedo unaresponsabilità imprescindibile. nellamia piccola esperienza di testa chetenta di comprendere il reale, devoriconoscere che certe personalitàhanno mutato l’intera mia struttura dipensiero. se oggi rifletto e fisso ilmondo in un certo modo è perché hoincontrato filosofi come rawls,Kelsen, singer, dewey o aron, stessodicasi nella letteratura per tolstòj,rilke, d’annunzio, Musil o Keats. soloper fare alcuni esempi. se ripenso almio sismografo interiore chepossedevo soltanto tre anni fa e loconfronto, dopo particolari letture, aquello attuale, non posso cheosservarlo più preciso, dotato di unatecnologia migliore. sì, le arti, non solola letteratura, hanno la potenza dimetterti in scacco. le arti alimentano imutamenti culturali, i quali sonoprofondamente legati ai mutamentiistituzionali. nella mia discutibileopinione sono convinto che il nostropaese si presenti per come lo viviamoper una ragione precisa:l’indebolimento del valore dellacultura, una cultura disposta adarricchirsi del non conosciuto e del

diverso. cercare nella propria esistenza sempre lasimilarità credo sia non soltanto comodo, ma altresì pocointelligente per la convivenza civile fra gli esseri umani.forse mancano i modelli all'altezza da emulare?

D: intanto correggere un tuo verbo: emulare. ecco la parolaemulare non mi piace. io cercherei come parola qualcosache non sia un verbo, che quindi indichi una azione, mauna parola diversa, in parte abusata e fraintesa, che ètradizione. noi abbiamo una profonda e duratura tradizione

Sul Romanzo • 201056

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culturale che mi pare sia costantemente messa daparte. e credo che in questo sia da ricercare ilprogressivo indebolimento della cultura. ti faccio unesempio concreto, a fine aprile sono andato in unascuola media di noventa, ho tenuto una lezione suPrimo levi. questa lezione non era stata messa lì acaso, la professoressa aveva parlato del periodostorico, aveva discusso con loro di levi e infine sonoarrivato io. Ho detto alcune cose, ho parlato di levie della sua opera. loro hanno ascoltato e nei giornisuccessivi, mi ha detto la prof., molti di loro avevanocomperato e stavano leggendo Se questo è un uomo. laprofessoressa poteva fare in altro modo per spiegare ladeportazione: fargli vedere la vita è bella, o il ragazzo conil pigiama a righe. Ha scelto paradossalmente un autore“canonico”, meno scintillante che se presentato e preparatobene può avere presa. È che la tradizione, la suatrasmissione e la sua conservazione, esige fatica,dedizione e impegno. una triade che mi pare sia pocofrequentata dai giovani autori odierni o no?

M: impossibile confutare quanto sostieni: tradizione,trasmissione e conservazione. Penso alle esperienze“istituzionali”, come la scuola, che hai citato, tuttavia nonposso che palesare la mia disaffezione verso gli indifferenti,i quali conquistano sempre più quote preoccupanti. gliindifferenti per egoismo, per superficialità, per noncompromettersi, per tanti motivi. si bada al proprio orticelloe chi se ne frega. Ho sempre creduto che il nostro corporisponda in maniera direttamente proporzionale a come lotrattiamo (cibo, sport, ecc), così ritengo che la mentereagisca al medesimo modo. se il nostro tempo libero ècostituito perlopiù di distrazioni (televisione spazzatura, libriidioti, frequentazione di gente poco stimolante, esperienzelontane dalla complessità), che cosa ci possiamo aspettarese non un cervello vuoto o semivuoto? Parli di fatica,dedizione e impegno, basti osservare le classifiche di libripiù venduti in italia ogni settimana, non c’è altro daaggiungere, credo. dobbiamo rassegnarci a ritenere lamassa sempre più vicina all’intrattenimento, inclusa lacultura?

D: la risposta è già in questo scambio e in quello che adesempio tu fai. quindi non dobbiamo rassegnarci. iocontinuo a leggere, a studiare, a confrontarmi e a scrivere

i libri che mi piacciono non guardando le classifiche o cosedi questo genere, ma continuando il mio rapporto, il mioapprendistato, con la tradizione di cui mi sento figlio (pensoPavese e levi, ma anche alla frequentazione dellescritture). credo che tenere la barra del timone fermaanche nei momenti in cui tutto sembra andare a scatafasciosia una azione importante. eppoi non sta andando tuttocosì male. io in questo anno, in cui sono stato in giro con Ilmio nome è Legione, ho trovato tanta gente, non miriadi,ma un buon numero di gente che lavora e si impegna nellacultura, che fa, che pensa e inventa. credo che invece diurlare sempre “contro” bisognerebbe sforzarsi di metterein luce questi “gesti seme” (il piccolo festival di letteratura,la libreria che fa presentazioni, la rivista culturale ecc…),perché secondo me è centrale non guardare solo lazizzania, ma anche il granello di senape. altrimenti finiamoper essere dei rancorosi laudator temporibus actis, cosache francamente non mi va.

M: δε φτάνει (ci vuole altro…)

e: άσε την πόρτα ανοιχτή (lascia la porta aperta!)■

2010 • Sul Romanzo 57

Demetrio Paolin vive atorino, dove lavora. Hascritto alcuni libri, l'ultimos'intitola "il mio nome èlegione" - transeuropaedizioni.

Ken saro-Wiwa

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58 Sul Romanzo • 2010

La letteratura deve essere al servizio della società immergendosi nella realtà,

intervenendo, e gli scrittori non possono semplicemente scrivere

per intrattenere o per speculare sulla società. Devono avere un ruolo attivo.

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592010 • Sul Romanzo

La parola è potere, ed è ancora più potente quando diventa

d'uso comune. È questo il motivo per cui uno scrittore

che prende parte, veicola il suo messaggio con più efficacia

di quello che invece scrive aspettando il tempo in cui si realizzino

le sue fantasie.Ken Saro-Wiwa

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60 Sul Romanzo • 2010

uPoesia e racconto del mese

a cura della Redazione- [email protected]

È con dispiacere che in questo numero nonpubblichiamo né una poesia né un racconto. la ragione?semplice, nessuno fra la ventina di contributi proposti haincontrato il nostro apprezzamento. la tentazione dipresentarvi in ogni caso del materiale è stata forte, ma,come spiegato nell’editoriale da Morgan Palmas, sulromanzo alza il tiro, non può deludere se stesso e, diconseguenza, voi lettori.

Per tali motivi replichiamo quanto proposto nell’ultimonumero della webzine, con la speranza che i lavori inviatisiano ammirevoli.

sceglieremo sempre una poesia e un racconto fra quelligiunti a [email protected].

nel prossimo numero ci dedicheremo a una tematicaattualissima: il rapporto fra nord e sud in italia.

i racconti saranno di una lunghezza massima di 16.000caratteri (spazi inclusi).

le Poesie saranno in forma libera.

inviate i vostri lavori a [email protected] , inoggetto: racconto o Poesia.

scadenza mercoledì 30 giugno.

allegate una breve scheda biografica che non dovràessere superiore a 800 caratteri (spazi inclusi).■

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612010 • Sul Romanzo

Gloria e merito di alcuni è scrivere bene; e di altri non scrivere affatto.

Jean De La Bruyère

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