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TERZA PARTE

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3. RISULTATI DEL SONDAGGIO: IL QUESTIONARIO.

Il questionario per la popolazione riportato nella metodologia di indagine (cfr. paragrafo 1.5), è stato somministrato ad un campione di 400 persone opportunamente selezionate tra la popolazione di Bologna, in modo tale da essere sufficientemente rappresentativo sia in termini di stratificazione sociale (età, sesso, attività, titolo di studio, …), sia in riferimento alla distribuzione territoriale nei nove quartieri in cui è suddiviso il territorio comunale di Bologna (cfr. tabella 6).

I questionari sono stati somministrati da una società appositamente incaricata dall’ACI che ha contattato ed intervistato direttamente le persone prescelte, in seguito naturalmente ad accordi con l’amministrazione comunale. I dati complessivi sulle interviste effettuate, suddivisi nelle singole domande proposte, sono raccolti in un fascicolo allegato al presente studio dove, invece, viene riportato un breve commento riferito alle domande del questionario che si sono rivelate più significative per la costruzione della metodologia diretta a rilevare fenomeni di esclusione sociale da mobilità. Allo stesso scopo, alcune planimetrie schematiche del comune di Bologna sintetizzano graficamente per ognuno dei nove quartieri, alcune informazioni ritenute più interessanti. Il questionario rivolto agli esperti è stato, invece, divulgato attraverso interviste dirette condotte da personale dell’area comunicazione dell’ACI, ed ha coinvolto undici rappresentanti di società ed associazioni interessate all’argomento, oltre naturalmente ad alcuni rappresentanti dell’Amministrazione comunale. Nello studio vengono riportate le versioni integrali delle risposte fornite dagli intervistati.

SESSO, ETA’, STATO CIVILE (figura Q.1).

Il campione coinvolto è risultato pressoché equilibrato nella distribuzione tra maschi e femmine, rispettivamente 45% e 55%, con una leggera prevalenza delle donne in quasi tutti i quartieri, più accentuata a San Donato (35 contro 65%) e in controtendenza a San Vitale (51 contro 49%) e a Porto (54 contro 46%). Relativamente all’età, il campione evidenzia come il 73% degli intervistati ricada nella fascia di età intermedia, 20-59 anni, il 23% nella fascia over 60 e solo il 5% nella fascia di età più giovane, dai 14 ai 19 anni. Nei quartieri, la maggiore presenza di giovani si rileva a Borgo Panigale (15% rispetto al 12% anziani), mentre la popolazione con più di 60 anni è più numerosa a Santo Stefano e Saragozza (38%), probabilmente nelle aree di vicinato che compongono parte del centro storico (Malpigli e Galvani), ma anche a Navile (29%), San Donato (24%) e Porto (20%).

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In riferimento allo stato civile, il campione rileva in generale la presenza di 36% di single e 50% di coniugati, a conferma della notevole presenza di nuclei familiari composti da un solo componente. A Borgo, i single superano ampiamente i coniugati (42% contro 23%), anche se si rileva una consistente presenza di conviventi (19%).

QuartieriZone

Totalepopolazione % sul totale Intervistati per

Zone

BORGOPANIGALE 24.347 6,52% 26

Borgo centro 10.428 2,79% 10

Casteldebole 9.365 2,51% 9

Birra 1.883 0,50% 2

periferia diffusa 2.671 0,72% 5

NAVILE 63.775 17,08% 66

Bolognina 29.203 7,82% 29

Corticella 14.684 3,93% 15

Lame 6.898 1,85% 7

Noce 1.612 0,43% 2

Pescarola 4.819 1,29% 5

Caserme Rosse 2.279 0,61% 2

Dozza 1.489 0,40% 1

periferia diffusa 2.791 0,75% 5

PORTO 31.639 8,47% 35

Marconi 13.977 3,74% 14

Saffi 17.510 4,69% 18

periferia diffusa 152 0,04% 3

RENO 32.028 8,58% 36

Barca 20.291 5,43% 20

Santa Viola 11.737 3,14% 12

periferia diffusa 0 0,00% 4

SAN DONATO 31.028 8,31% 34

Pilastro 7.473 2,00% 7

San Donnino 3.041 0,81% 3

San Donato 19.539 5,23% 20

periferia diffusa 975 0,26% 4

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QuartieriZone

Totalepopolazione % sul totale Intervistati per

Zone

SANTO STEFANO 49.721 13,31% 52

Colli 7.028 1,88% 7

Galvani 13.139 3,52% 13

Murri 28.107 7,53% 28

periferia diffusa 1.447 0,39% 4

SAN VITALE 45.761 12,25% 49

Irnerio 13.712 3,67% 14

Massarenti 18.928 5,07% 19

Scandellara 6.857 1,84% 7

Via Larga 2.182 0,58% 2

Croce del Biacco 3.357 0,90% 3

periferia diffusa 725 0,19% 4

SARAGOZZA 36.023 9,65% 39

Costa Saragozza 23.293 6,24% 23

Malpighi 12.159 3,26% 12

periferia diffusa 571 0,15% 4

SAVENA 59.162 15,84% 63

Fossolo 11.493 3,08% 12

Ortolani 26.171 7,01% 26

San Ruffillo 19.854 5,32% 20

periferia diffusa 1.644 0,44% 5

CENTROSTORICO* 52.987 14,19% 53

ZONEPERIFERICHE 320.497 85,81% 347

TOTALE 373.484 100,00% 400

I quartieri indicati in neretto sono la somma delle sottostanti aree di vicinato.

Il centro storico è costituito dalle zone Marconi, Galvani, Irnerio e Malpighi.

Tabella 6. distribuzione territoriale delle interviste.

Il dato è da correlare alla maggiore presenza di persone giovani, probabilmente coppie, anche ‘di fatto’, con figli minori, ma anche di molte persone che vivono da sole.

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Santo Stefano (27% single contro 56% coniugati), Porto (34 contro 60%), Navile (26 contro 58%) e Reno (28 contro 58%), presentano invece più coppie di coniugati (per quanto la percentuale di single si mantenga elevata), da correlare alla presenza di persone più anziane e, dunque, a nuclei familiari più tradizionali, con single costituiti sostanzialmente da persone anziane e vedove.

FIGURA Q.1- Popolazione per sesso, età, stato civile

U D47 53U D

46 54

U D35 65

U D51 49

U D43 57U D

44 56U D44 56

U D44 56

U D42 58

U D54 46

15 73 12

3 68 29

9 68 24

8 80 12

3 81 166 56 38

0 62 38

0 86 143 77 20

S C con

S C

S C con

S C con

S CS C

S C

S CS C

S C

3 81 16 Classi di età14-19 20-59 > 60

Uomini-Donne

Single-Coniugati-conviventi

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTORENO

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TITOLO DI STUDIO E ATTIVITA’ (figura Q.2).

Il titolo di studio e l’attività svolta caratterizzano ulteriormente il campione esaminato. In generale prevalgono i diplomati (42%), seguiti da chi possiede la laurea o diploma di laurea (24% +7%) e, quindi, da chi ha conseguito soltanto la licenza media (24%).

Per quanto riguarda le attività, la maggior parte degli intervistati è impiegato (34%), seguono a ruota i pensionati (19%) e, quindi, gli studenti (13%), liberi professionisti (11%) e casalinghe (9%). Nei quartieri, la maggior parte dei laureati si rileva a Reno (ben 75%), dove l’attività prevalente è anch’essa quella impiegatizia (44%), ma con un’elevata presenza di liberi professionisti (25%).

Anche Saragozza vede una elevata percentuale di laureati (51%) associata ad una più spiccata differenziazione delle attività: oltre ad un buon 23% di pensionati (da relazionare alla numerosità di persone over 60), la minore presenza di impiegati è compensata da dirigenti e imprenditori (15%), liberi professionisti (15%) e un buon 10% di casalinghe.

Con lievi differenze anche Santo Stefano evidenzia le stesse caratteristiche del quartiere confinante, lasciando adito ad interpretazioni che delineano la doppia veste di questa parte a sud della città, composta dalle aree di vicinato più centrali che costituiscono la parte sud del centro storico, abitate perlopiù da persone anziane, pensionati e casalinghe, e la parte più esterna subcollinare dove si localizzano abitazioni di pregio e che rappresentano i quartieri alti della città.

La maggiore percentuale di persone con licenza elementare si rileva, al contrario, a Borgo (15%) ed anche a Navile (11%), da correlare all’esistenza più numerosa di persone under 19, ancora tra i banchi di scuola, ma anche alle caratteristiche più ‘popolari’ dei quartieri a nord della città. A Porto colpisce la notevole percentuale di casalinghe (20%), non necessaria-mente da correlare al folto gruppo di persone anziane.

SERVIZI RAGGIUNGIBILI A PIEDI (figura Q.3).

Alla domanda: “quali dei seguenti servizi sono facilmente raggiungibili a piedi”, potendo scegliere tra negozi, uffici, scuole superiori, palestre, cinema e teatri e ristoranti, il campione esaminato ha risposto in modo sostanzialmente positivo con percentuali oltre all’80% in quasi tutti i quartieri. Un buon 36% dichiara, inoltre, di poter raggiungere facilmente a piedi tutti i servizi indicati.

Alcune differenze aiutano però ad individuare meglio le destinazioni d’uso e le caratteristiche insediative dei singoli quartieri.

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Quartieri ‘ricchi’

FIGURA Q.2 - Popolazione per attività e titolo di studio

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

I P S27 19 27

I P S32 30 8

I P S35 26 21

I P S41 14 12

I P S40 16 14

I P S35 15 12

I P S15 23 13

I P S44 11 3

I P S29 14 14

elem. medie dipl. laurea0 37 46 17

elem. medie dipl. laurea0 6 19 75

elem. medie dipl. laurea3 13 33 51

elem. medie dipl. laurea2 8 63 27

elem. medie dipl. laurea3 17 43 37

elem. medie dipl. laurea0 27 39 35

elem. medie dipl. laurea6 41 44 9

elem. medie dipl. laurea11 38 36 16

elem. medie dipl. laurea15 27 46 12

25% liberi professionisti

20% casalinghe

15% dirigenti e imprenditori15% liberi professionisti10% casalinghe

13% casalinghe12% liberi professionisti

14% liberi professionisti

Impiegato, Pensionato, Studente

Ad esempio, in alcuni di essi si dirada il numero di scuole superiori e di cinema e teatri (raggiungibili a piedi per il 46%), soprattutto a Borgo, dove scendono rispettivamente al 15 e 12%, mentre aumenta nei quartieri che contengono aree di vicinato del centro storico: Saragozza-Malpighi (87 e 85%), Santo Stefano-Galvani (65 e 71%), San Vitale-Irnerio (33 e 59%) e Porto (63 e 49%), a voler confermare la maggiore localizzazione di tali servizi di interesse alla scala urbana nelle aree più centrali della città.

Borgo Panigale si configura quale quartiere con minore presenza di servizi (la percentuale generale si abbassa al 70% e solo il 12% degli intervistati dichiara di poter raggiungere a piedi tutti i servizi), seguito da San Vitale (16%) e San Donato (18%).

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FIGURA Q.3 - Presenza ed accessibilità a piedi ai servizi

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

12%

38%18%

16%

35%

62%

82%

43%

Superiori CinemaTeatri

15 12

Superiori CinemaTeatri

44 42Superiori Cinema

Teatri35 35

Superiori CinemaTeatri

33 59

Superiori CinemaTeatri

38 40

Superiori CinemaTeatri

65 71

Superiori CinemaTeatri

87 85

Superiori CinemaTeatri

25 3

Superiori CinemaTeatri

63 49

Aree con maggiore presenza di scuole superiori, cinema e teatri

Quartiere con minore presenza di servizi

SPOSTAMENTI PER ATTIVITA’ E MEZZO DI TRASPORTO UTILIZZATO (figura Q.4).

Alla domanda: “dove svolge prevalentemente le sue attività giornaliere”, il campione ha risposto: 31% in centro, 22% nelle aree semicentrali, 21% in periferia dove abita, 15% in periferia diversa da dove abita, 12% fuori dal centro urbano.

Prevalgono, dunque, su tutti gli spostamenti diretti verso il centro che se sommati a quelli verso le aree semicentrali, raggiungono quota 53%, confermando la forte capacità attrattiva del centro di Bologna rispetto alla sua periferia, e la tendenza del modello insediativo urbano a configurarsi più come ‘monocentrico’ che non policentrico.

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In tutta la città generalmente è predominante l’uso del mezzo privato per lavoro (48% + moto 19%= 67%), anche se un buon 21% utilizza la modalità pedonale e ciclabile. Per studio, il 33% usa il TPL, il 19% la moto, il 18% l’auto, mentre il 27% va a piedi o in bicicletta.

Santo Stefano e Saragozza presentano una percentuale piuttosto elevata di persone che non posseggono un’auto, pari rispettivamente al 25 ed al 21% del campione intervistato, probabilmente anziani residenti nelle aree più centrali dei due quartieri.

Gli spostamenti attratti dal centro originano soprattutto da: Porto (77%), dove, in considerazione della centralità del quartiere e della ampia disponibilità di rete del TPL, si evidenzia un eccessivo uso dell’autovettura privata (53% per lavoro e 40% per studio); Saragozza (72%), dove, al contrario, si riscontra l’elevata modalità pedonale e ciclabile (forse nelle aree di vicinato più interne), il 29% in auto ed il 13% in moto; San Vitale (62%) dove il 50% usa l’auto, il 21% la moto, il 26% va a piedi, per motivi di lavoro, mentre il 50% va a piedi ed in bicicletta ed il 20% usa il TPL, per motivi di studio.

Reno, pur evidenziando una percentuale elevata di spostamenti verso il centro (38%), mostra un 33% di spostamenti diretti fuori dal centro urbano da correlare all’elevata presenza di liberi professionisti e, dunque, ad attività che non richiedono spostamenti sistematici giornalieri (eventuali ‘city users’ bolognesi diretti verso destinazioni esterne al comune, alla provincia ed anche alla regione).

Gli altri quartieri prospettano percentuali di spostamenti diretti verso il centro comunque elevate, ad eccezione di Borgo (20%), dove in concomitanza aumentano gli spostamenti interni e verso aree periferiche in altre parti della città (trasversali in attraversamento). Qui, inoltre, l’89% della popolazione intervistata utilizza l’auto privata e soltanto l’11% il TPL per motivi di lavoro ed il 57% l’auto come trasportato ed il 43% il TPL per motivi di studio.

QUANDO E’ PIU’ USATA L’AUTOVETTURA (figura Q.5).

Una serie di domande del questionario hanno sottoposto all’attenzione del campione intervistato l’utilizzo del mezzo di trasporto in relazione al motivo dello spostamento, considerando una serie di luoghi di interesse, elencati nella tabella che segue insieme alla distribuzione in percentuale delle risposte fornite.

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FIGURA Q.4 - Spostamenti per attività e mezzo di trasporto usato

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

20

42

58

62

48

25

72

39

77

0

20

40

60

80

p iedi/b ic i auto T PL moto

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

0

20

40

60

80

1 2 3 4

1= a piedi o in bici2= in auto3= con TPL4= in moto

Per studio

Per lavoro

12%

15%

9%

2%

13%

25%

21%8%

9%

Liberi professionisti che si spostano fuori dal comune

Elevata modalità pedonale eciclabile soprattutto areedel centro storico

Uso esclusivo dell’autoe minore attrattività verso aree centrali

La figura Q.5, che segue, indica la distribuzione dell’uso del mezzo in relazione alle attività da raggiungere nei diversi quartieri di Bologna.

L’uso dell’autovettura privata è maggiore per andare a trovare parenti e amici (68%), per attività culturali (52%), sport e tempo libero (45%) per raggiungere luoghi di cura (43%) e andare a fare shopping (41%).

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Cura e salute

Asili e infanzia Negozi Volontariato

Sport e tempolibero

Cultura Parentie amici

AUTO 43 39 41 21 45 52 68

BICI E PIEDI 20 50 34 47 33 18 11

TPL 21 5 10 11 7 17 11

MOTO 13 6 12 19 14 10 8

Meno usata l’auto per raggiungere asili e luoghi dell’infanzia, evidentemente in relazione alla buona distribuzione di tali servizi nei quartieri, e attività di volontariato. Per queste due motivazioni di spostamento predomina la modalità pedonale, ben utilizzata anche per fare shopping e praticare sport durante il tempo libero. Particolare l’utilizzo del TPL per raggiungere luoghi di cura e salute. Nei singoli quartieri si rilevano alcune differenze.

A Borgo è confermato l’uso massiccio dell’autovettura (83%) anche per raggiungere asili e strutture per l’infanzia, evidenziando ancora una volta la mancanza di servizi locali all’interno del quartiere.

Anche a San Donato si rileva forte l’uso dell’auto al quale si aggiungono percentuali più alte anche per l’uso del mezzo a due ruote, ad un bassissimo livello di spostamenti effettuati a piedi e con il TPL. Negli altri quartieri diminuiscono le percentuali correlate all’uso del mezzo privato a vantaggio delle altre modalità, soprattutto quella pedonale e ciclabile, in particolare nei quartieri più centrali come Reno e Porto (83% e 60% per asili) ed anche a Saragozza e Santo Stefano dove aumenta rispetto alle altre modalità di trasporto l’uso del TPL per cura e salute, asili e volontariato. L’uso del trasporto locale è, dunque, preminente nei quartieri a sud della città, soprattutto nelle aree di vicinato che compongono la parte sud del centro storico dove risiedono anziani e oltre il 20% del campione intervistato non possiede un’autovettura privata.

Massiccio l’uso delle due ruote nei quartieri San Vitale, Savena e Santo Stefano.

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SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

FIGURA Q.5 - Quando è più usata l’autovettura

34 45 38 8 39 55 6225 55 31 83 50 15 931 0 23 0 4 23 216 0 8 8 7 5 3

71 75 68 40 61 70 796 0 9 30 19 6 93 0 3 0 0 9 021 25 21 20 19 15 12

60 83 59 20 57 77 7610 17 18 60 29 0 825 0 18 20 5 18 80 0 0 0 5 0 0

52 50 59 27 59 43 8214 33 22 18 20 25 814 0 4 0 2 11 620 17 14 55 20 20 4

38 25 41 43 64 66 6730 75 23 43 9 6 610 0 8 0 8 14 1022 0 28 14 19 14 17

27 30 26 0 29 44 5422 50 56 22 42 31 2336 0 6 44 16 18 1313 20 10 33 13 7 10

32 25 18 14 27 24 6330 38 68 57 51 51 1827 38 5 14 11 19 115 0 8 0 11 5 3

44 17 44 14 29 71 6715 83 38 43 50 0 1124 0 6 29 4 15 815 0 6 14 18 12 11

52 40 31 29 20 29 7115 60 40 71 50 23 618 0 9 0 7 20 99 0 6 0 13 9 9

PERCHE’ UTILIZZA L’AUTO PRIVATA (figura Q.6). Al campione intervistato è stato chiesto qual è il motivo principale per cui utilizza l’auto privata, potendo scegliere tra: una maggiore libertà di orari, perché effettua soste durante il percorso, per lunghe distanze, insoddisfazione o assenza del servizio di TPL, altro. Le risposte si localizzano sostanzialmente sulla maggiore libertà di orario (49%) e sulla necessità di effettuare lunghi spostamenti (32%).

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1 2 3 4 5 6

Libertà di orari

Soste nel percorso distanza Insoddisfazione

TPLAssenzadel TPL Altro

49% 8% 32% 3% 2% 7%

FIGURA Q.6 - Perché usa l’auto privata

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALENAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

48 13 24 4 2 9

38 13 25 4 0 21

40 21 24 7 5 2

58 2 22 4 2 13

24 8 62 0 3 3

39 3 55 3 0 0

47 6 41 3 0 3

82 0 18 0 0 0

70 0 17 4 0 9

Il dichiara di avere poche informazioni sul TPL epoche aree di scambi .Il ha paura alle fermate

26%

9%

Il ha paura alle fermateed il sull’autobus. Il percepisce un comfort scadente sul bus.

15%12%

15%

0

2 0

4 0

6 0

8 0

0

20

40

60

80

0

20

40

60

80

0

2 0

4 0

6 0

8 0

0

2 0

4 0

6 0

8 0

0

20

40

60

80

0

20

40

60

80

0

2 0

4 0

6 0

8 0

0

20

40

60

80

Anche nei quartieri la motivazione prevalente riguarda orari e lunghezza degli spostamenti (prima e terza voce nei grafici), con alcune lievi differenze. A Borgo il 70% vuole avere libertà di orario, così come a Porto, dove la percentuale raggiunge addirittura l’82%. Ciò evidenzia l’elevato uso dell’autovettura privata anche in un quartiere centrale come Porto, conseguente alla necessità di compiere spostamenti diversi e non sistematici, soprattutto prima di rientrare a casa dal lavoro (spostamenti triangolari).

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In altri quartieri aumenta invece l’esigenza di usare l’auto per coprire distanze più elevate, come a Santo Stefano (62%) e Saragozza (55%), evidentemente da parte degli abitanti della periferia diffusa sub collinare più distanti dal centro, che abbiamo visto configurarsi come quartieri alti della città dove sicuramente non pesa economicamente l’uso giornaliero dell’auto. Anche a Reno il 41% dichiara di dovere effettuare lunghi trasferimenti e questo si relaziona con la necessità dichiarata dal 33% del campione degli abitanti del quartiere di effettuare spostamenti fuori dal comune (liberi professionisti). L’uso dell’autovettura per usufruire di una maggiore flessibilità di orari e necessità di coprire lunghe distanze è confermata dalle risposte alla domanda relativa a quali fattori possono orientare le scelte di mobilità verso l’uso del mezzo privato, alla quale il campione ha risposto privilegiando ancora una volta orari e distanze, come mostra la tabella che segue.

A B C D E F

Tariffe TPL Distanze InsufficienzaTPL

Orari poco flessibili

Fermatediradate

Congestionetraffico

18% 50% 17% 33% 12% 19%

In riferimento al TPL, le tariffe sono considerate elevate a Navile (42%), mentre il servizio è ritenuto insufficiente e scadente a Reno (31%), Navile (24%), San Donato (26%), San Vitale (35%) e Borgo (19%). Le fermate troppo diradate a Porto (34%) e a Reno (19%). A San Donato, il 15% del campione dichiara di avere paura alle fermate ed il 12% in viaggio sul TPL, il 15% lo valuta scadente e poco confortevole (il quartiere di edilizia popolare con forte presenza di immigrati). A Porto, inoltre, il 26% lamenta le poche informazioni sul servizio e il 26% l’esistenza di poche aree di scambio; il 9% ha paura alle fermate (in quartiere contiene la stazione ferroviaria) ed ancora, il 9% rileva l’esistenza di barriere fisiche.

CAMBIAMENTI NELL’USO DELL’AUTO (figura Q.7). L’80% del campione intervistato dichiara di aver mantenuto le stesse abitudini nell’uso dell’autovettura privata, negli ultimi cinque anni. Si rilevano alcune differenze nei singoli quartieri. A Porto ed a Reno si registrano le maggiori percentuali di cambiamento (rispettivamente 34% e 36%), mentre a Santo Stefano soltanto il 6% ha cambiato abitudini (cfr. figura Q.7). Relativamente al motivo del cambiamento, il campione ha risposto per il 37% in seguito a modificazioni nella struttura familiare e per il 35% in seguito a cambiamenti nella destinazione di lavoro.

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La tabella che segue indica la distribuzione percentuale delle risposte secondo le motivazioni proposte.

Cambioresidenza

Cambiozona di lavoro

Modificafamiglia TPL

Limitazionialla

circolazione Sosta

tariffata

7% 35% 37% 4% 5% 2%

In particolare a Porto e a Reno aumentano le risposte da parte di persone che si sentono condizionati nelle loro scelte di mobilità, da limitazioni alla circolazione (rispettivamente 17% e 15%), mentre a Saragozza ben il 29% considera la sosta tariffata il motivo principale di cambiamento nell’uso dell’auto. In realtà, per quanto attiene alla domanda se la ZTL può condizionare le esigenze di spostamento, il campione ha risposto per il 66% no e per il 27% si; di questi ultimi, il 67% perché ha dovuto limitare l’uso del mezzo privato ed il 16% perché è costretto ad un cambio di percorso, essendo impedito l’attraversamento del centro. In particolare, a Borgo il 42% ha risposto si ai condizionamenti della ZTL, di cui il 27% perché è costretto a cambiare percorso. Ciò si ricollega all’assenza di servizi ed all’uso massiccio dell’auto, in concomitanza alla necessità di effettuare lunghi percorsi interzonali tra quartieri periferici. In questo caso la ZTL condiziona le scelte di mobilità non come meta dello spostamento ma in quanto area di attraversamento per portarsi da una parte all’altra della città.

QUANDO E PERCHE’ UTILIZZA IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE (figura Q.8). Alcune domande del questionario hanno riguardato il servizio di TPL, relativamente al grado generale di soddisfazione dell’utenza, agli orari nelle ore notturne e nel fine settimana ed al motivo per cui viene utilizzato. Il grado di soddisfazione è risultato basso per il 22% degli intervistati, discreto per il 48%, buono per il 26% ed ottimo soltanto per il 5%.

Nessunarisposta

Manc. di altro

mezzoConv.econ.

Difficoltàparch.

Difficoltàragg.dest.

Buoncoll. TPL

Congest.traffico

4% 38% 3% 26% 20% 8% 2%

Alla domanda sul perché utilizza il TPL in riferimento alle motivazioni proposte, il campione ha risposto per il 38% a causa della mancanza di altri mezzi, il 26% per la difficoltà di trovare parcheggio ed il 20% perché ha difficoltà a raggiungere la destinazione finale.

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L’8% ha risposto perché ha una buona disponibilità di collegamenti e, dunque, perchè il servizio funziona.La motivazione relativa alla mancanza di altro mezzo è più elevata a San Donato (62%), a San Vitale (61%) ed a Santo Stefano (48%), Porto (40%) e Saragozza (33%). Le difficoltà di trovare parcheggio sono più sentite a Reno (56%) e a Saragozza (38%). A Navile (14%) e a Santo Stefano (10%) una buona percentuale del campione usa il TPL per i facili collegamenti, a conferma del buon servizio di TPL.La soddisfazione per il servizio non raggiunge la sufficienza in quasi tutti i quartieri, in particolare a San Vitale (98%) e a Borgo (77%) ed anche a Saragozza (79%). Considerato sufficiente invece a Santo Stefano (52%, con 15% ottimo).

FIGURA Q.7 - Cambiamenti nell’uso dell’auto

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

23%18%

24%

24%

6%

18%

36%

34%

a b c d e f33 0 33 17 0 0

a b c d e f0 29 43 14 0 0

a b c d e f0 17 17 0 0 0

a b c d e f0 42 58 0 0 0

a b c d e f7 53 33 0 0 0

a b c d e f33 33 0 0 0 0

a b c d e f0 29 43 0 0 29

a b c d e f8 46 23 8 15 0

a b c d e f8 25 50 0 17 0

a= cambio residenzab= cambio zona lavoroc= modifica familiared= TPLe= limitazioni circolazionef= sosta tariffata

ZTL si42%

ZTL si29%

ZTL si12%

ZTL si22%

ZTL si29%

ZTL si29%

ZTL si36%

ZTL si28% ZTL si

20%

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FIGURA Q.8- Il servizio di Trasporto Pubblico Locale (TPL)

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

basso discreto buono ottimo23 54 19 14

77 23

basso discreto buono ottimo29 41 20 11

70 31

basso discreto buono ottimo26 35 38 0

61 36

basso discreto buono ottimo41 57 2 0

98 2

basso discreto buono ottimo16 48 33 3

64 36

basso discreto buono ottimo4 44 37 15

48 52

basso discreto buono ottimo

15 64 21 079 21

basso discreto buono ottimo

25 33 99 379 21

basso discreto buono ottimo

14 60 26 079 21

a b c35 15 19

a b c33 38 13

a b c17 56 19

a b c40 20 29

a b c61 4 27

a b c21 29 35

a= mancanza altro mezzob= difficoltà parcheggioc= difficoltà raggiungere metad= nessuna rispostae= buoni collegamenti

a b c e48 27 4 10

a b c e29 32 21 14

a b c d35 15 19 19

LE LIMITAZIONI ALLA CIRCOLAZIONE (figura Q.9). In riferimento alle limitazioni alla circolazione è stato chiesto al campione intervistato se la istituzione di zone a traffico limitato o altre forme di road pricing nelle aree centrali della città, possano, e in che modo, condizionare le esigenze di spostamento.Gli intervistati hanno risposto per il 66% no e per il 27% si, mentre un 10% non sa, evidenziando come in generale, la popolazione intervistata non ritenga vincolate le proprie esigenze di spostamento da questo tipo di limitazioni alla circolazione privata. Analogo quesito è stato rivolto in relazione alla tariffazione della sosta e alle conseguenze nelle scelte di spostamento. Questa volta il campione ha risposto no per il 46% e si per il 42% con un 12% che non sa, evidenziando una maggiore sensibilità ai condizionamenti imposti dalla sosta a pagamento.

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Nei singoli quartieri si rilevano alcune differenze. Ad esempio, a Borgo aumenta la percentuale di risposte positive relative alla ZTL, con un buon 42% che si sente condizionato perché deve cambiare percorso. Il problema della sosta è particolarmente sentito a Savena (65% di si) ed anche a Santo Stefano (52%) e a Saragozza (46%), poco considerato a Porto (17% di si) e quasi irrilevante a San Donato (6%). Alla domanda: “quali categorie sono più danneggiate dall’istituzione della ZTL”, il campione, che poteva scegliere tra le categorie riportate nella tabella che segue, ha indicato quali soggetti più danneggiati i lavoratori nella ZTL (29%), i commercianti (27%) e genericamente, tutti (23%).

Nessunarisposta Disabili Commercianti Residenti Lavoratori

ZTL Anziani Tutti

2% 7% 27% 6% 29% 6% 23%

A Navile, Saragozza e Santo Stefano è sentito anche il problema per anziani e disabili, probabilmente residenti all’interno della ZTL. Unico quartiere a segnalare anche i residenti tra i danneggiati dalla ZTL (22%) è San Vitale, presumibilmente abitanti nell’area di vicinato (Irnerio) che compone la parte nord est del centro storico.

TRAFFICO E DIFFICOLTA’ DI SPOSTAMENTO (figura Q.10) Alcune domande sottoposte al campione intervistato erano dirette ad evidenziare se i cittadini di Bologna attribuiscano un peso ai condizionamenti nelle loro esigenze di spostamento quali cause di esclusione sociale e di isolamento dalla vita della città, e quali categorie sociali ritengano più a rischio. Secondo gli intervistati, le difficoltà di spostamento sono da correlarsi sostanzialmente a due fattori tra quelli proposti: situazioni di handicap (54%) e di età avanzata (46%). Soltanto il 13% ritiene a rischio i giovani e l’11% il reddito non sufficiente.

Non so Giovani Anziani Sesso Razza Handicap Reddito

12% 13% 46% 6% 3% 54% 11%

Nei quartieri si rilevano alcune, lievi differenze.

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Ad esempio, a Borgo e a San Donato aumenta la percentuale relativa alla giovane età (23% e 21%), in considerazione di una maggiore presenza di abitanti nella fascia di età 14-19, mentre a Navile vengono presi in considerazione anche il sesso (26%) e la razza (9%), per la presenza nel quartiere di molti immigrati. Nei quartieri più centrali aumentano invece le risposte relative agli anziani ed ai diversamente abili.

FIGURA Q.9 - Le limitazioni alla circolazione

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTORENO

ZTL si42%

ZTL si29%

ZTL si12%

ZTL si22%

ZTL si29%

ZTL si29%

ZTL si36%

ZTL si28%

Sosta si38%

Sosta si44%

Sosta si6%

Sosta si37%

Sosta si65%

Sosta si52%

Sosta si46%

Sosta si50%

Sosta si17%

ZTL si20%

a b c31 19 38

a b c d e14 20 33 17 11

a b c79 0 12

a b c f6 47 22 22

a b c d22 35 29 10

a b c d e21 40 8 8 12

a b c d e31 26 10 10 13

a b c39 31 19

a b c26 34 31

a= commerciantib= lavoratori ZTLc= tuttid= disabilie= anzianif = residenti

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FIGURA Q.10 - Traffico e difficoltà di spostamento

SANTO STEFANO

SARAGOZZA

BORGO PANIGALE

NAVILE

SAN DONATO

SAN VITALE

SAVENA

PORTO

RENO

Giovani

AnzianiHandicap

Reddito

Sesso Razza

12 24 48 8

domanda offerta

0 26 44 29

domanda offerta

47 29 15 9

domanda offerta

2 20 57 20

domanda offerta

14 8 48 29

domanda offerta

6 8 49 31

domanda offerta

3 18 54 21

domanda offerta

3 11 81 6

domanda offerta

9 11 49 31

domanda offerta

Alla domanda relativa a come intervenire per consentire a tutti di raggiungere agevolmente servizi e attività, il campione ha risposto focalizzando soprattutto l’attenzione sull’offerta di trasporto pubblico (49% ne richiede un potenziamento ed il 22% ritiene troppo alte le tariffe), piuttosto che operare anche sulla domanda, avvicinando le residenze ai luoghi di lavoro e di studio (land use, 9%) e potenziando i servizi locali (17%). In tutti i quartieri, soprattutto quelli che contengono aree di vicinato più centrali, il TPL è considerato il primo elemento da migliorare, in qualche modo un paradosso considerando il fatto che la rete è più fitta, mentre nei quartieri più periferici, come ad esempio Borgo, gli abitanti intervistati ritengono importante operare anche sulla domanda di mobilità, espressa dalla distribuzione delle attività sul suolo (land use 12%) e sul potenziamento del sistema dei servizi locali (24%).

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Tale maggiore sensibilità è da correlare alla minore presenza di infrastrutture nel quartiere, soprattutto asili e luoghi per l’infanzia che costringe all’uso massiccio dell’auto privata. San Donato presenta una percentuale di risposte orientate a lavorare sul “land use” pari addirittura al 47% e al miglioramento della rete dei servizi al 29% (totale 76% contro 24% sul TPL). Alla domanda, infine, relativa a come poter ridurre la congestione del traffico, il campione ha risposto per il 45% con il potenziamento di mezzi alternativi (62% a San Donato e 57% a Porto) e per il 42% educando le persone ad una mobilità più responsabile, percentuale che sale al 67% nel quartiere San Vitale. Solo il 10% ritiene utile intervenire con la istituzione di ZTL e altre forme di road pricing; soltanto a Santo Stefano (probabilmente Galvani) le risposte raggiungono il 38%, mentre a Borgo il 21% ritiene importanti provvedimenti che limitano la circolazione delle auto.

Nessunarisposta

Potenziarealtri mezzi

Impedireaccesso

ZTL

Provvedimentiimitazione

Sostapagamento

Educaremobilità

2% 45% 10% 2% 1% 42%

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3.1. Interviste agli esperti.

1. COMUNE DI BOLOGNA, Adriana Scaramuzzino e Maurizio Zanboni 2. DISABILI COOPERATIVA DOLCE, Claudio Cantù 3. ANZIANI CENTRO AUSER, Edgarda Degli Esposti 4. NOMISMA, Chiara Pellizzoni, 5. CONFESERCENTI, Sergio Ferrari 6. CNA, Maurizio Collina 7. CENTRO DIRITTI DEL MALATO, Luciano Magli 8. CCIAA, Luigi Licardi 9. AC BOLOGNA, Giancarlo Sabatini 10. API CONFINDUSTRIA, Paolo Beghelli 11. CGIL CENTRO IMMIGRATI, Roberto Morgantini

3.1.1. Comune di Bologna.

Adriana Scaramuzzino, Vicesindaco - Maurizio Zamboni, Assessore Mobilità.1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? Strutture commerciali e ludico-ricreative sono i principali poli attrattori del centro storico insieme alle attività direzionali, agli studi di consulenza, al sistema delle banche, delle scuole e della PA. Il centro storico è un forte attrattore di spostamenti. Nell’area si registrano 2 milioni di spostamenti al giorno, di cui 500mila di attraversamento della città e altri 500mila di scambio con la provincia e il resto della regione. Il restante milione di spostamenti è tutto interno al comune di Bologna con particolare incidenza del centro storico come area di polarizzazione. Per questo motivo sono stati attivati una serie di strumenti di controllo e gestione del traffico nell’area. In primis è stato attivato un sistema di telecontrollo degli accessi in centro storico che fa seguito all’esito del referendum del 1984 quando si chiese ai bolognesi di esprimere un giudizio sulle limitazioni di accesso ai veicoli privati nell’area: il responso fu positivo per il 74%. L‘applicazione del telecontrollo – entrato in vigore nel 2005 - ha già dato esiti positivi: sono state eliminate 3,5 milioni di autoveicoli dal centro storico, è stata potenziata la velocità commerciale dei mezzi pubblici e dei mezzi di trasporto pubblico non di linea (taxi, ecc). Altre novità riguardano:

- un sistema di protezione delle linee del Tpl attraverso corsie protette da sistemi di preferenziazione semaforica avanzata;

- un sistema di distribuzione delle merci nel centro storico fondato sulla gestione di finestre orario e tariffe dimensionate sul livello di inquinamento dei veicoli .

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2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? Sull’attuale incidono abbastanza poco nel senso che ci si porta dietro una stratificazione consolidatasi nel tempo che si fa fatica ad invertire. In quanto agli attuali strumenti di pianificazione provinciale e comunale, ebbene le indicazione contenute in questi piani prevedono che i nuovi insediamenti poggino tutti lungo le linee di trasporto su ferro. La situazione di Bologna sotto questo profilo è vantaggiosa. La città è al centro di un sistema di radiali ferroviarie di 8 linee che convergono sulla stazione centrale da poter utilizzare a fini di trasporto suburbano.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto? Non lo è per come è nata. Il piano territoriale provinciale è stato approvato a fine 2004 e il nuovo piano comunale è in corso di approvazione. Dunque gli strumenti di pianificazione ci sono ed evolvono. Tuttavia l’eredità è pesante: negli ultimi 40 anni si è consolidata una disseminazione sostanzialmente poco regolata di attività e servizi. Tuttavia la situazione può progressivamente migliorare concentrando le nuove quote di urbanizzazione da un lato e creando un sistema di apprezzamento dei servizi leggeri di trasporto pubblico, come la rete ferroviaria metropolitana, dall’altro. Una rivoluzione di questo genere – che ha anche l’obiettivo di raccordare le aree residenziali interstiziali - richiederà non meno risorse ma molte più risorse di quanto ad oggi necessarie. A questo proposito è importante comprendere che uno dei vincoli allo sviluppo è rappresentato anche da un Governo nazionale che non include nelle problematiche di trasporto le città ma che, quando è lungimirante, considera solo gli assi e i corridoi senza considerare che un asse o un corridoio potente quando incontra un nodo urbano con pesanti criticità di mobilità perde il 70% della sua potenza.

4. E la dislocazione delle aree residenziali?Le aree residenziali a livello urbano e suburbano sono discretamente collegate ad una rete capillare di servizi. Tuttavia la politica degli insediamenti degli ultimi 10-15 anni ha edificato aree interstiziali completamente scollegate dalla rete del Tpl. Oggi non ci sono le risorse per allargare il servizio andando a servire in maniera efficace anche queste aree. Ci si riferisce al quartiere Navile, e ai quartieri dislocati lungo al tangenziale.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a: (1 = per niente; 2 = poco; 3 = abbastanza; 4 = molto).

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- Lavoro: 3 - Scuole, asili e luoghi per l’infanzia: 3 - Cura e salute (ospedali, USL): 3 - Uffici postali/banche: 3 - Negozi/centri commerciali: 3 per i negozi tradizionali, 1 per alcuni centri commerciali

realizzati con una politica insediativi completamente disgiunta dalla mobilità pubblica - Attività culturali (cinema, teatri): 3 in generale, 1 per alcune strutture in particolare

multisale e centri sociali localizzati in estrema periferia e distanti dai luoghi di residenza e dal centro più fortemente organizzato

- Sport e tempo libero: 1, perché si è sempre ipotizzato che si utilizzasse l’auto privata per andare nelle strutture sportive

6. e 7-bis. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? Il problema delle barriere architettoniche è stato affrontato più volte all’interno dei processi di pianificazione. Molto è stato fatto e molto si sta facendo soprattutto per mettere a norma le strutture.Tuttavia a Bologna esistono dei forti vincoli urbanistici ed architettonici. Basti pensare che ci sono oltre 40 km di portici che iniziano e terminano ognuno con una scalinata. Inserire degli scivoli su tali scalinate vorrebbe dire consentire il passaggio dei disabili su strutture che avrebbero una pendenza pericolosissima di 50 se non 55 gradi. In aggiunta è necessario considerare che i portici sono di proprietà privata seppure di uso pubblico e per realizzarvi interventi è necessario non solo ottenere il consenso di tutti i proprietari, ma ottenere anche una loro partecipazione alle spese per l’intervento seppure assolutamente simbolico. In caso contrario l’amministrazione avrebbe difficoltà a giustificare la spesa di soldi pubblici su strutture private alla Corte dei Conti. Questa breve panoramica solo per dare un’idea delle difficoltà che si possono incontrare in una città come Bologna per mettere a norma gli edifici. Una soluzione in questi casi potrebbe essere rappresentata da circuiti alternativi non facilmente realizzabili perché sono necessari spazi ampi e protetti. In quest’ambito l’Ammnistrazione si avvale anche dei suggerimenti della Consulta dell’hanidicap che porta all’attenzione del Comune, nelle opportune sedi negoziali, le esigenze e le necessità di intervento manifestate dai disabili loro rappresentati. Per capire, tra le istanze avanzate dalla Consulta si registra la necessità di una maggiore accessibilità a musei e biblioteche, oppure nell’ambito del progetto Ideor la creazione di spazi più ampi per l’accesso con le carrozzine. In questo senso molto è stato fatto, tanto che il Comune sta pensando di realizzare una guida per pubblicizzare i punti già accessibili ai portatori di handicap. Uno dei temi più difficilmente affrontabili riguarda i servizi igienici spesso collocati sotto terra e raggiungibili con gradinate difficilmente praticabili dai disabili. Sotto il profilo dei trasporti sono molte le iniziative intraprese dall’Amministrazione:

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- è stato stilato un accordo con i tassisti e gli autonoleggiatori che hanno assunto l’obbligo di disporre di strutture minime per agevolare il trasporto dei disabili: si tratta di dotarsi di tavolette per il trasbordo della persona dalla carrozzella al sedile dell’automobile, di poter accogliere la sedia pieghevole nell’apposito vano, più tutta una serie di accorgimenti suggeriti dalla Consulta dell’handicap;

- è stato approntato un servizio personalizzato per disabili gravi funzionante 365 giorni all’anno che prevede l’accompagnamento sul posto di lavoro in orari stabiliti con l’utente al costo di 1 euro al giorno (costo equiparabile alle tariffe del tpl): usufruiscono del servizio poco più di 60 persone;

- è stato istituito un servizio preferenziale di taxi per disabili al quale ha aderito una flotta di 8 taxi che solo laddove non dovessero esserci richieste da parte dei portatori di handicap possono svolgere il servizio tradizionale;tutte le categorie svantaggiate - disabili e anziani – usufruiscono di sconti e riduzioni sugli abbonamenti e sui biglietti per l’accesso al Tpl;

- sono stati organizzati con associazioni di volontariato servizi di accompagnamento di anziani e dei disabili nelle strutture sanitarie per effettuare prelievi e analisi prenotabili attraverso call centre: questo per impedire il ricorso alle autoambulanze per un tipo di trasporto effettuabile in altro modo e a prezzi sociali ed economici nettamente inferiori per la collettività;

- sono stati ripristinati gli avvisi acustici per gli ipovedenti alle fermate e a bordo degli autobus che segnalano le fermate e le intersezioni con le altre linee di Tpl.

10. e 11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? E sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti? E’ ancora presto per valutare le ripercussioni delle politiche della mobilità adottate dal Comune sul valore degli immobili e sul livello di attrattività delle aree in termini di localizzazione delle attività commerciali e di produzione. Si consideri che un intervento importante come il sistema di telecontrollo Sirio è entrato in funzione solo nel 2005. In generale, per quel che concerne le residenze, si registra un costante aumento dei prezzi che in centro storico non ha impedito alla popolazione residente di accrescersi, nonostante qualcuno temesse l’effetto di desertificazione del centro storico delle politiche di mobilità.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

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- Pianificare congiuntamente ldistribuzione attività e infrastrutture dei trasporti: 5 - Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: 5 - Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 3, al momento e nel contesto bolognese - Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing): 3 - Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare): 5, sui tratta di una misura

fondamentale delle quale tuttavia Bologna non necessita perché è dotata di una buona rete di servizi territoriali

- Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 3

- Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 4, è un’altra misura molto importante che ha trovato già larga applicazione a Bologna

- Altro: realizzare nuovi trasporti rapidi di massa come il metrò o la tramvia.

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Il principale ostacolo è prevalentemente di ordine culturale. Nel tempo anche questi servizi potranno decollare. Tuttavia le possibilità di sviluppo differiscono da tipologia a tipologia. Il car pooling per lo schema culturale che contraddistingue l’italiano non potrà rappresentare che un servizio di nicchia molto limitata e potrà trovare un minimo sviluppo nei programmi dei mobility manager, dunque con un coinvolgimento diretto delle imprese. Il car sharing potrà assumere ben altro ruolo. A Bologna – tra le città italiane con il maggior numero di abbonati al car sharing – lo spazio di intervento di questo tipo di servizio non sarà tanto quello di restituire servizi integrativi esterni al nucleo fortemente urbanizzato della città, quanto di intervenire proprio nel nucleo più fortemente urbanizzato per sostituire la terza macchina. In questo ambito sarà opportuno investire molto: perché se si riuscirà con una serie di incentivi e disincentivi anche rilevanti, nell’intento di sostituire la seconda o, più probabilmente, la terza auto di famiglia, il car sharing potrà avere una sua reale significatività. Si tenga conto che l’impatto sulla città di Bologna sarebbe rilevante visto che si registra una media di 1,6 automobili e di 0,7 motocicli a famiglia. In quanto al taxi collettivo è in corso nel comune di Bologna una sperimentazione partita nella primavera di quest’anno che, in virtù di un accordo con le associazioni dei tassisti e degli autonoleggiatori, consente di passare da un uso collettivo del taxi a un vero e proprio taxi collettivo. La sperimentazione, ancora in fase di monitoraggio, sembrerebbe sottolineare come il servizio del taxi collettivo a Bologna funzioni bene soprattutto se il servizio viene organizzato dalle stesse cooperative di tassisti in concomitanza con i principali eventi cittadini. Fatica invece ad affermarsi come mezzo ordinario, di normale e quotidiano utilizzo.

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E’ un servizio che potrebbe decollare molto bene anche in virtù delle possibilità offerte dal Decreto Bersani ai tassisti di poter svolgere attività anche diverse da quelle tradizionalmente a loro carico. Si tratterebbe sempre di servizi pubblici non di linea, ma che andrebbero ad integrare a tutti gli effetti il Tpl.

15. e 16. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta? Hanno sicuramente migliorato la qualità della vita delle persone, di coloro che utilizzano i sistemi di trasporto collettivo. Mentre ha reso più complicata la vita di coloro che hanno un’attività economica in centro storico, costringendoli ad un’attenzione particolare e a fare i conti con una soluzione diversa dal passato. Non c’è stata dunque un’accoglienza particolarmente favorevole ma si trattava comunque di provvedimenti già entrati nel senso comune.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

- Maggiori informazioni all’utenza tramite call center: 5 - Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.): 5 - e-commerce: 1 - e-learning: 1 - Sistemi di “telelavoro”: 4 come intervento in se, ma non è pensabile che

possano incidere realmente sulla mobilità - Servizi a domicilio: 4 - Altro………………

La tecnologia è fondamentale soprattutto in ambito comunicativo. Il Comune per settembre sta approntando un nuovo servizio che prevede l’invio di sms a chi lo attiverà per comunicare una sintesi dei principali provvedimenti che l’amministrazione prenderà in tema di traffico.

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? Investire, investire, investire ...

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Avendo cura e possibilità di estendere i servizi nelle aree meno favorite che oggi sono emarginate dal punto di vista territoriale, creando condizioni di maggior favore per evitare quella che è la vera e propria esclusione sociale.

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Sotto questo profilo i quartieri più svantaggiati sono quelli sorti nelle aree interstiziali tra una radiale e l’altra, localizzati per lo più nei pressi della tangenziale. Ma anche alcuni insediamenti storici da sempre emarginati come San Vitale e Borgo Panigale.

22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?No, i tecnici è giusto che espletino il loro lavoro lasciando ai politici il compito di decidere.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Da un lato queste associazioni dovrebbero essere ascoltate tutte le volte che certe tematiche vengono affrontate dall’Ente locale, dall’altro sarebbe auspicabile istituire un call center a disposizione degli utenti svantaggiati perché possano specificare al meglio le loro necessità e esigenze. Talvolta le associazioni che fanno capo a categorie diverse di disabili rappresentano al Comune tematiche che sono tra loro confliggenti. L’istituzione del call center consentirebbe di comprendere gli effettivi bisogni di queste persone e fornire loro risposte adeguate in tempi rapidi. Tramite questo strumento si potrebbe venire tempestivamente a conoscenza di variazioni sostanziali nelle loro esigenze di spostamento per avere il tempo necessario a rimodulare i servizi di trasporto dedicato. Al momento l’istituzione del call center è a livello di proposta elaborata ma non ancora approvata ne in termini di finanziamenti ne di adesione.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi? Si possono citare e prendere a riferimento due esempi di città di non rilevanti dimensioni: Zurigo e La Rochelle. Nel primo caso esiste una diffusione del sistema della mobilità paragonabile a quella di Milano con un livello di capillarità del tram che non ha eguali. Nel caso di La Rochelle non è stato inventato niente che già non esistesse, piuttosto sono stati utilizzati bene gli strumenti già disponibili. Quindi una perfetta integrazione degli strumenti tradizionali e una forte implementazione della tecnologia.

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3.1.2. Disabili Cooperativa Societa’ Dolce.

Claudio Cantù, coordinatore servizi di trasporto.

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia per i disabili: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività?La capacità di attrazione del centro storico di Bologna dipende, anzitutto, dalla sua configurazione e dalle sue caratteristiche ... e questo riguarda tutti in modo indifferenziato, disabili o meno. Bologna è una città con un centro storico di un certo tipo, con una serie di attività commerciali e per il tempo libero: in questo senso sicuramente funge da attrattore per molti cittadini e quindi anche per i disabili. C’è tuttavia anche un percorso inverso, verso la periferia o verso l’immediata periferia che riguarda in modo particolare proprio i disabili. La periferia, infatti, può attrarre il disabile o meglio impone al disabile di rivolgersi ad alcuni punti di riferimento obbligati: i poli ospedalieri e i poliambulatori, molti dei quali sono disseminati fortunatamente se non proprio in periferia nell’immediata cintura fuori dalle mura. Chiaramente il disabile ha una necessità di raggiungere questo tipo di strutture molto più elevata rispetto ad un cittadino non disabile. Dunque direi che se l’attrazione verso il centro ha lo stesso valore per tutte le persone, disabili o meno, verso le strutture mediche o assistenziali l’attrazione è senz’altro maggiore per la popolazione disabile e, dunque, maggiore è anche la necessità di spostamento verso le zone della prima cintura. A livello lavorativo, invece, non c’è differenza tra centro e periferia, anche perché la presenza del disabile nei posti di lavoro è spalmata in tutte le vie, aziende e strutture produttive bolognesi.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso su questa attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? Che ci sia stata una pianificazione di questa presenza abbastanza capillare dei poliambulatori sul territorio, la risposta è senz’altro sì. Ma che questa sia stata in funzione dell’accessibilità dei disabili questo è un po’ più da dimostrare. Questi poliambulatori sono stati disseminati in tutta la cintura del centro, ma non tutti sono perfettamente accessibili. C’è un caso, ad es., in cui i disabili non possono entrare dall’ingresso principale, perché ci sono ben otto scalini.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini disabili nella localizzazione di sedi relative a (1=per niente, 2=poco, 3=abbastanza, 4=molto):

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1 2 3 4

Lavoro

Scuole, asili e luoghi per l’infanzia

Cura e salute (ospedali, USL)

Uffici postali/banche

Negozi/centri commerciali

Attività culturali (cinema, teatri)

Sport e tempo libero

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? Non ho riscontrato particolari difficoltà di accessibilità nelle scuole, il discorso delle barriere architettoniche è stato in qualche modo affrontato, anche se ci sono alcuni ostacoli che impediscono di ottemperare alla normativa. Questo per un problema di tagli di fondi alle scuole, lo so per esperienza personale, perché siamo spesso in difficoltà nel mettere a norma un impianto o gli ascensori, anche per la semplice manutenzione ... ma questo è un discorso di tagli… seri problemi di accessibilità in questo senso non dovrebbero esserci. Ma parlare solo di abbattimento delle barriere architettoniche all’interno degli edifici non è risolutivo dal punto di vista dell’accessibilità: il problema grosso, che non riguarda solo gli edifici scolastici, è quello della mobilità, quindi strade, scivoli, parcheggi, viabilità… magari abbiamo un edificio enorme e senza barriere architettoniche, però se il disabile non ci arriva perché non c’è un parcheggio o dal parcheggio c’è un percorso pieno di ostacoli o ancora per un problema di viabilità è costretto a fermarsi a 200 metri dall’edificio ecco che l’accessibilità non è più garantita. Le barriere, infatti, i disabili le incontrano già a partire dal parcheggio. Questo vale per tutti i servizi. Il problema andrebbe quindi gestito a livello di contesto ambientale. Cioè andrebbe collocato un edificio pienamente accessibile in un contesto urbano privo di ostacoli: è inutile collocare un servizio internamente accessibile in una città inaccessibile. E una volta risolto il problema delle barriere architettoniche nella città andrebbe anche affrontato il problema dell’accessibilità delle abitazioni. Il problema della mobilità delle persone, infatti, secondo noi si sta spostando. Una volta abbattute le barriere architettoniche urbane, il problema più grosso da affrontare per far uscire di casa un disabile sono gli ostacoli della sua abitazione. Ai disabili, ad es., noi forniamo il servizio di trasporto sotto casa, ma se uno abita al terzo piano ed è un terzo piano che non ha agevole accessibilità al piano terra, il disabile resta in casa e non esce. Gli abbiamo fornito l’automezzo, l’autista, la carrozzina, però i tre piani non li possiamo mettere a norma noi. Le case del centro storico, in particolare, non sono adatte alle esigenze di mobilità di un disabile e questo, insieme agli alti costi degli affitti e alla difficoltà di muoversi nelle vecchie stradine, spinge sempre più le famiglie che hanno disabili a cercare casa in periferia.

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7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alle esigenze di mobilità dei cittadini disabili, garantendo piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? Per diverso tempo non è stato possibile avere autobus completamente accessibili per i disabili, ma l’azienda dei trasporti pubblici di Bologna ora sta cercando di colmare questo gap, anche se negli anni passati era in forte ritardo. Si sta cercando di fare qualcosa con i posti riservati per i disabili, la pedana per salire, i pianali che si abbassano ... insomma tutta una serie di accorgimenti e di strategie senz’altro efficaci, ma resta ancora un forte gap da colmare. Il servizio di trasporto pubblico dovrebbe comunque garantire sempre e a tutti una piena accessibilità e questo, anche a livello di business, dovrebbe essere compatibile con le esigenze di gestione economica dell’azienda. Questo, ripeto, dovrebbe valere per tutte le linee, senza bisogno di fare studi particolareggiati per vedere qual è la domanda a seconda delle linee servite. Voglio dire: se dobbiamo fare una piazzola facciamola sempre con uno scivolo invece che con un gradino, che tanto costa uguale, indipendentemente dalla linea. Non deve accadere che se la linea 27 risulta utilizzata da disabili allora lì viene messo uno scivolo, mentre in tutti gli altri casi si lascia lo scalino. Insomma, ci vorrebbe uno sforzo culturale per rendere il servizio di trasporto pubblico davvero accessibile a tutti, come in molti paesi del Nord Europa. In Italia, invece, abbiamo dedicato ai disabili dei servizi particolari, servizi sociali affiancati al Tpl, pensando che ci fosse una qualità maggiore e che quindi il disabile non dovesse prendere l’autobus, per avere un pulmino dedicato che lo viene a prendere sotto casa. Alla fine, si crea una separazione e una nuova forma di emarginazione. Va poi considerato che per ovviare alle difficoltà incontrate nell’utilizzo dei trasporti pubblici, molti disabili o familiari di disabili sono costretti a ricorrere al mezzo privato, che è senz’altro molto più oneroso. C’è dunque un rischio di esclusione sociale tutto sommato… perché se si togliessero le cooperative sociali, che forniscono ai disabili i servizi di trasporto dedicati, rimarrebbe solo la scelta tra un servizio di TPL ottimo per Bologna ma non adatto al disabile e la macchina privata, che non tutti possono comunque permettersi.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe/condizioni di viaggio offerte ai disabili? Per i servizi di trasporto dedicati i disabili a Bologna non hanno pagato nulla fino a quest’anno. Da quest’anno pagano l’equivalente di un ticket dell’autobus, cioè 1 euro. Anche la nostra cooperativa ha applicato sperimentalmente queste tariffe dall’inizio di gennaio ... sono state concordate, condivise, discusse con parte del mondo dell’associazionismo, sempre per un discorso di qualità. Noi l’abbiamo applicata sperimentalmente e presto faremo una valutazione per capire come è andata in questi primi mesi. Da parte degli utenti disabili, ad ogni modo, abbiamo registrato una totale accettazione di questa novità, mentre alcune reazioni negative ci sono state soprattutto da parte delle associazioni.

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Peraltro a Bologna sono state fatte anche scelte politiche che hanno determinato la sostituzione di quelli che erano i “buoni taxi”. Il Comune, infatti, elargiva ai disabili dei “buoni taxi” da utilizzare per i trasporti finalizzati a raggiungere il luogo di lavoro o di cura, ma anche il cinema, il teatro o altre attività per il tempo libero. Ora questi “buoni taxi” sono stati sostituiti con l’erogazione di un contributo in denaro. Quindi, lo stesso investimento non è stato più destinato alla mobilità, e se ne è perso il fine. Cioè, prima sapevamo che il costo rappresentato dai “buoni taxi” veniva effettivamente utilizzato per risolvere un problema di mobilità, nel momento in cui si è trasformato in un contributo in denaro, abbiamo invece perso la possibilità di verificarne l’uso.Se poi consideriamo che siamo in una fase in cui le famiglie che hanno a carico un disabile spesso non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese con lo stipendio, si può presupporre che questo flusso di denaro venga destinato ad un fine diverso da quello per il quale era stato stanziato.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire ai disabili una piena accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

� Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti (punti 5) Vedi in generale tutte le risposte precedenti.

� Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio (punti 3) A parte il già auspicato miglioramento dei servizi di Tpl a cui va dato senz’altro il massimo dei punti, un concetto sicuramente valido è anche quello dei parcheggi scambiatori. Molti disabili infatti usano l’automobile, considerate le carenze del trasporto pubblico, e realisticamente è senz’altro più facile oggi risolvere i problemi della macchina piuttosto che quelli dell’autobus. Alla fine è così.

� Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT) (punti 5) Noi vorremo sviluppare con una struttura parallela un servizio di questo genere, accessibile e flessibile, spostando parte delle nostre 14.000 corse l’anno sul trasporto pubblico. Attualmente abbiamo circa 10.000 corse fisse, tutti i giorni da un punto di partenza preciso ad una destinazione precisa: gli utenti di queste corse li vorremmo dirottare sulla rete di trasporto pubblico così da dedicare, invece, le nostre risorse alle situazioni più difficili o particolari, quelle che per forza di cose non possono rientrare nel servizio di Tpl, vuoi per situazione logistica vuoi per condizioni oggettive. A questo punto potremmo sviluppare un efficace servizio di trasporto disabili a chiamata.

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� Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico (punti 3) Ovviamente riservati ai disabili. Questo tuttavia significherebbe creare ancora una volta dei binari separati, cioè al disabile gli facciamo la sua piazzola handicap, enorme, di un colore diverso ... E poi si indurrebbe il disabile ad utilizzare in via preferenziale l’auto privata, con tutti i problemi – anche economici – che ne conseguono. Ad ogni modo, considerata la situazione attuale, anche un’iniziativa del genere avrebbe il suo peso.

� Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione (punti 4) Questo sì, può essere. Nel senso di avere delle normative più precise per i disabili. Noi abbiamo alcuni problemi proprio per l’applicazione dei regolamenti comunali sulla mobilità, perché ci sono alcune evidenti contraddizioni. Attualmente, ad es., il regolamento prevede che abbiano accesso al centro storico le vetture di proprietà della persona disabile, cioè quelle intestate a lui. Mentre invece non hanno di per sé diritto all’accesso i mezzi delle associazioni dedicati al servizio di trasporto disabili. In questi casi, dunque, il disabile deve fare una richiesta per ottenere un pass di accesso per accompagnamento, che può essere utilizzato su macchine diverse, e noi allora possiamo trasportare in centro una persona con le nostre vetture grazie a questo pass. Ma non possiamo accedere in quanto associazione: se non abbiamo il pass del disabile il nostro mezzo viene sanzionato. Per fortuna recentemente alcuni veicoli sono stati inseriti nella banca dati e abbiamo in parte risolto il problema.C’è poi la questione del riconoscimento dei permessi auto per disabili rilasciati da altri Comuni: la banca dati della ZTL non li riconosce e scatta la multa. Questi disabili sono perciò costretti a fare ricorso e la multa viene annullata, ma il tutto rappresenta per loro una bella scocciatura.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita dei disabili? Ha inciso relativamente sui disabili, se non per i problemi evidenziati nella precedente risposta.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso dei disabili alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

� Maggiori informazioni all’utenza tramite call center (5) � Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.) (5) � e-commerce (5) � e-learning (4) � Sistemi di “telelavoro” (3) � Servizi a domicilio (5)

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Credo che l’utilizzo di queste nuove tecnologie apra interessanti prospettive e che sia in crescita, anche se per ora riguarda solo una nicchia di disabili. Nell’area della disabilità infatti c’è una nicchia di persone che sta avanzando a grandi passi nell’utilizzo delle nuove tecnologie, ma non c’è ancora una diffusione generalizzata dell’uso di internet. Penso comunque che tutto questo sia utile, purché accompagnato da una piena vita sociale e di relazione. Meno entusiasmante ritengo invece il telelavoro, perché il lavoro è e richiede socialità, anche se per i disabili questa opportunità aprirebbe senz’altro l’accesso a lavori più interessanti e di qualità. Quello che va evitato è di creare una nuova generazione di “centralinisti”, stavolta rinchiusi nella propria stanza.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale dei disabili?

Ripeto: serve un’accessibilità totale. Se il servizio di trasporto è pubblico deve essere utilizzabile da tutti e l’azienda di trasporto, di conseguenza, deve renderlo compatibile con le diverse esigenze ... e non solo gli autobus e i tram, ma anche le fermate e le piazzole.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le associazioni che assistono i disabili per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci?Sì, ci sarebbe necessità di questo e generalmente non viene fatto. O meglio, alcuni tentativi sono pure stati fatti, ad es, con i Piani di Zona, ma non c’è stata la sufficiente continuità di questi tavoli di confronto, di queste audizioni. Però è anche un problema interno al mondo dell’associazionismo, con le sue varie e molteplici cooperative, che hanno finalità a volte simili ma anche grandi differenze, e che non è facile far convergere in un tavolo comune di confronto e di concertazione. Percorsi di partecipazione, ad ogni modo, andrebbero messi a regime.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano ai disabili un adeguato accesso ai diversi luoghi e servizi?Non abbiamo progetti specifici di collaborazione. Non stiamo seguendo nessun progetto a livello europeo. Ci sono notevoli differenze su come è concepita la mobilità della persona disabile da noi e nel resto d’Europa. Una differenza tra Nord e Sud. Nel Centro-Nord hanno sviluppato molto di più il servizio di trasporto pubblico, abbattendo le barriere architettoniche per dare accesso alle persone con handicap fisico che si muovono in carrozzina. Mentre in Italia abbiamo fatto la scelta di dedicare a disabili dei servizi particolari. Nel resto dell’Europa, peraltro, sono stati effettuati interventi tecnologici sui mezzi con parecchi anni di anticipo.

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Tutto questo anche perché in quei paesi europei c’è alle spalle un’impostazione culturale diversa, che vede nell’inserimento lavorativo la meta fondamentale della riabilitazione della persona. Quindi, si misura il livello di reinserimento in termini di reinserimento al lavoro e si forniscono tutti gli strumenti affinché il disabile possa accedere a questo ed essere il più possibile autonomo. Perciò si forniscono anche autobus e mezzi di trasporto adeguati. In Italia, invece, abbiamo alla base un progetto di reinserimento legato molto più all’assistenza, che mira all’integrazione sociale del disabile attraverso altri percorsi, non solo lavorativi. C’è una profonda differenza culturale, insomma, e di conseguenza ci si è organizzati anche nel quotidiano in maniera diversa.

3.1.3. Anziani (over 70) Centro Auser.

Edgarda Degli Esposti, presidente

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia per i cittadini più anziani: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività?

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio (dislocazione dei servizi e sviluppo delle aree residenziali hanno inciso su questa attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia?) Il centro storico di Bologna è abbastanza spopolato, sono anni che si fa presente questa tendenza allo spopolamento del centro ma, come dire, in alternativa allo sviluppo di grandi strutture (banche, grandi negozi ecc…) non c’è stata certamente una politica abitativa rivolta proprio ad arginare questo fenomeno. Il centro storico oggi è popolato dagli anziani che ci sono rimasti, vuoi perché avevano una casa del Comune, vuoi perché storicamente abitavano lì pur non essendo ricchi. Sicuramente non è abitato da giovani coppie o da soggetti nuovi, se non gli studenti che stanno in affitto nella zona universitaria. D’altra parte il centro storico non rappresenta un’attrattiva per gli anziani, è piuttosto - come dire - una dimensione della solitudine. Gli anziani (n.d.r., persone dai 70 anni in su), sia quelli residenti in centro sia quelli che vivono nell’immediata periferia, tendono infatti a non uscire di casa, a non muoversi per la città. Anche perché si lamentano dell’invivibilità e dell’insicurezza della città, soprattutto nel centro storico. Ci sono aree, come ad es. tutta la zona universitaria, via delle Belle Arti, dove sono le vecchie case e le vecchie strade di Bologna, dove c’è anche una mescolanza di giovani e anziani, ma questi ultimi lamentano una situazione di pericolo, hanno paura di uscire, protestano per gli schiamazzi notturni ecc... Insomma c’è molta molta solitudine e il centro storico per gli anziani rappresenta un grosso problema. Anche nei servizi succedono cose che fanno accapponare la pelle, perfino qui a Bologna (in centro, in Via del Borgo, ad es., un’anziana di 84 anni è stata trovata morta in casa solo dopo diversi giorni).

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Paradossalmente oggi è molto più solo un anziano che vive nel centro storico rispetto a quello che vive in periferia, perché in periferia evidentemente la dimensione relazionale è ancora viva. Anche per questo gran parte della nostra attività di volontariato si sviluppa anche nel centro storico, sia per quello che riguarda la cura degli anziani non autosufficienti sia per attività culturali vote a dare un nuovo ruolo agli anziani proprio nel centro storico, attraverso attività di custodia e vigilanza alle sale d’arte e alle sale museali. Unica eccezione, in questo quadro, restano alcuni “mercatini” del centro, come quello “delle erbe” o quello “di via Orefici”, che ancora mantengono una forte attrattività per la popolazione più anziana, perché hanno prodotti a basso costo e molto competitivi. Allora, visto che la qualità della vita anche in questa città si è abbassata notevolmente, con le pensioni praticamente ferme da chissà quanto, ci si deve arrangiare come si può, andando dove si spende di meno. E questo spinge verso il centro anche gli anziani che vivono in periferia, meno avvezzi alla dimensione degli ipermercati, che pigliano il loro autobus e vanno a casa con le borse piene di verdure.All’opposto i quartieri periferici di Bologna mantengono una connotazione e delle caratteristiche che hanno molte analogie con la tradizionale vita di paese. In periferia, ad es., gli Ipermercati svolgono un’importante funzione per gli anziani, che ci vanno a comprare il pane la mattina, a prendere il caffè o anche solo per fare una passeggiata e incontrare qualche amico. Ci vanno perché la vivono un po’ come se fosse la loro cooperativa, anche se si tratta di una moderna struttura commerciale, cosa che non avviene nel centro di Bologna. In questo senso vedo molto la divisione fra il centro e la periferia, cioè la periferia vive diversamente la grande struttura commerciale. Un ruolo determinante, poi, lo svolgono i centri sociali dove si organizzano molte attività e che rappresentano fondamentali punti d’incontro per gli anziani. Bologna è strapiena di centri sociali, anche in prossimità del centro storico c’è Il Pallone - per dire - che è un centro sociale posto fra la stazione ferroviaria e l’autostazione, anche se in generale sono tutti nella prima periferia, i più belli in mezzo al verde a 4 o 5 km dal centro. E lì agli anziani è l’autobus che li porta, ma quelli che vengono da più lontano molte volte li portiamo noi. E altrettanto efficaci sono le aree verdi adibite ad orto, che sono molto diffuse nei quartieri periferici. In alcune zone, ad es., gli orti sono stati occasione per dare vita ad una specie di associazione per cui gli anziani si incontrano per fare le grigliate, per raccontarsi, per brigare, per farsi compagnia ecc.. Quasi tutti i quartieri periferici, infine, hanno un centro diurno dove gli anziani che hanno più difficoltà, che non sono del tutto autosufficienti vengono accompagnati con un mezzo messo a disposizione dal centro per poi essere riaccompagnati a casa la sera. Questa è un’altra dimensione relazionale che viene offerta perché l’anziano non resti solo durante la giornata. La vita dell’anziano nei quartieri periferici, insomma, presenta senz’altro una migliore qualità.

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5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini più anziani nella localizzazione di sedi relative a:

1 2 3 4

Lavoro

Scuole, asili e luoghi per l’infanzia

Cura e salute (ospedali, USL)

Uffici postali/banche

Negozi/centri commerciali

Attività culturali (cinema, teatri)

Sport e tempo libero

Ma neanche nell’anticamera dei pensieri. Potrebbe essere una prospettiva per il futuro, adesso che devono fare delle nuove scuole. Fino adesso, nella maggior parte dei casi, sono stati utilizzati quasi sempre dei contenitori già esistenti, forse con qualche eccezione nelle periferie, ma sicuramente non è passato mai nell’anticamera del cervello di qualcuno di localizzare una struttura in funzione delle esigenze di mobilità degli anziani. Anche gli ambulatori, per quello che ricordo, sono sempre stati negli stessi posti e molto spesso si tratta di vecchi edifici con delle barriere architettoniche incredibili, che solo in parte sono state rimosse negli ultimi anni.

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? In modo parziale e solo per alcuni servizi. Anche se sono anni che si stanno facendo delle bonifiche questa città è quella che è, il centro storico ha una struttura medievale, però si è ovviato a molte situazioni. Qualcosa insomma è stato fatto, però c’è ancora molto da fare per avere una situazione ottimale.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alle esigenze di mobilità dei cittadini più anziani, garantendo loro piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? La città è abbastanza servita come autobus, specialmente le zone più popolose, ma anche qui non è che si guardi ai problemi della popolazione più anziana, si guarda alle zone più densamente abitate: Corticella, che è una zona molto abitata, o Borgo Panigale sono ad es. zone ben collegate. Vedo anche che tutti i sistemi di trasporto collettivo vanno migliorando, perché vedo circolare nuovi mezzi, meglio attrezzati per il trasporto delle persone anziane. La disponibilità sugli autobus ad es. di messaggi vocali per preannunciare le fermate facilita molto la vita agli ipo-vedenti e ai non-vedenti. Insomma, anche se con molta lentezza ma qualcosa sta migliorando. Va comunque considerato che gli anziani utilizzano molto il servizio di trasporto pubblico e che questo consente loro di non dover fare ricorso necessariamente all’auto privata.

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8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili?I collegamenti in genere sono abbastanza buoni. Gli autobus che provengono dalla periferia passano quasi tutti per il centro, dove è possibile prendere gli altri mezzi, ed alcune linee collegano tra loro i quartieri che si trovano dalla parte opposta. C’è tuttavia anche qualche problema: ad es. tutta l’area nord-ovest non è collegata direttamente all’Ospedale Maggiore, che rappresenta un polo sanitario d’eccellenza per la città. E questo è uno dei disagi più grandi che io sento continuamente. Cioè, da lì uno per andare all’Ospedale Maggiore, che è a 2 km e mezzo in linea d’aria, deve andare in autobus fino in centro e quindi prendere un’altra linea: in pratica un’ora e mezza di viaggio per arrivare all’ospedale Maggiore. Sa perché glielo dico? Perché noi dobbiamo fare servizio in continuazione per portare gli anziani da via Bucchi, via Lame ecc. fino all’Ospedale Maggiore. Basterebbe invece un autobus che collegasse queste aree. Il problema della mancanza di collegamenti diretti tra zone periferiche o semiperiferiche, ovvero senza dover cambiare autobus in centro, è comunque abbastanza diffuso. Ad ogni modo si può dire che abbiamo una rete discreta.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe/condizioni di viaggio riservate agli anziani? Per l’anziano il biglietto dell’autobus è senz’altro una spesa. Però dopo una certa età esistono abbonamenti a tariffa ridotta. Ad ogni modo, per mia esperienza diretta, gli anziani che svolgono con noi attività di custodia nei musei del centro e che vengono in autobus perché risiedono in periferia si lamentano sempre della spesa che devono sostenere, al punto che il biglietto dobbiamo rimborsarglielo noi ... e le assicuro che l’autobus è caro a Bologna, come in tutte le altre città.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire agli anziani l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

� Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti

(punti 5) Per me vale molto questo, perché dalle pianificazioni nascono sempre le cose fatte meglio, soprattutto se compartecipate e condivise.

� Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio

(punti 1) A parte l’importanza di potenziare in generale il Tpl (vedi risposta 8), la soluzione dei parcheggi di scambio avrebbe effetti molto relativi per gli anziani, che non utilizzano frequentemente l’auto privata.

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� Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT) + Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing)

(punti 4) Queste soluzioni alternative andrebbero sperimentate. Ci potrebbe essere anche un sistema di taxi collettivo. E le posso dire che chi attualmente risponde a queste esigenze, seppur in modo parziale, siamo noi del mondo del volontariato, con un forte dispendio anche di tipo economico.

� Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare)

(punti 5) Sarebbe una grandissima cosa, perché se si pensa ad una società che ha la persona al centro delle proprie azioni, qualunque esse siano, si richiamerebbe proprio una strategia di questo genere, cioè tutto dovrebbe essere fatto in funzione dei bisogni della gente, ovviamente con le mediazioni necessarie. C’è anche un elemento nuovo che caratterizza questo ultimo decennio e che è proprio questo fatto dei diritti soggettivi, cioè la richiesta di personalizzazione dei servizi. Sfruttare l’analisi del bisogno e calibrare l’intervento laddove questo bisogno è un pochino più accentuato che da un’altra parte sarebbe la cosa migliore. Prima la persona che il business, e invece tutto funziona a rovescio.

� Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico

(punti 1) Per gli anziani non è determinante, perché sono in pochi ad usare l’auto.

� Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione

(punti 3) La regolamentazione del traffico favorisce soprattutto chi gira a piedi, come gli anziani, nel senso che se c’è meno traffico in centro quei pochi che ci vanno sono più incentivati a passeggiare.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita degli anziani? Sicuramente limitare il traffico dei veicoli in queste zone offre migliori possibilità a chi si muove a piedi. Ma sinceramente non vedo a Bologna tutti questi grandi vantaggi, perché anche con la ZTL c’è un gran traffico che non si gira. Come filo logico, idealmente, direi di sì anche se tutta questa miglioria non l’ho vista. Però non oso immaginare come probabilmente sarebbe senza la ZTL e senza l’attuale regolamentazione.

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?

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17. Più in generale, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico ?Sono tutti provvedimenti tampone che esacerbano la popolazione, perché c’è gente che ha effettivo bisogno e che dice: io devo andare lì perché ci devo andare davvero, non perché ne abuso e alla fine spendo tutto quello che guadagno in parcheggi. Insomma aumentare il costo della sosta non mi sembra un provvedimento risolutivo. Mi sembrano piuttosto tutti tamponi ad atti mancati, perchè o si ha il coraggio dire “da qui con la vostra auto non ci passate più, ma ci sarà un efficiente sistema di autobus, piccoli e adatti al centro storico, per garantire a tutti la mobilità” o ancora “basta con i mezzi privati in centro, ma lasciamo liberi dei bei parcheggi attorno alla città dove voi potete andare e trovare l’autobus navetta che vi porta in piazza”, o altrimenti tutto il resto scontenta tutti, perché alla fine a Bologna i commercianti sono scontenti, perché di gente ce ne va meno, chi deve andare in centro per necessità è scontento perché spende troppi soldi ecc.. Il governo di una città è una cosa oltremodo complessa, articolata.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso degli anziani alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

� Maggiori informazioni all’utenza tramite call center (5) � Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.) (5) � e-commerce (5) � e-learning (2/3) � Sistemi di “telelavoro” (2) � Servizi a domicilio (5)

E’ un discorso molto complesso. Adesso stiamo facendo una sperimentazione qui in Emilia, a Bologna, per un digitale terrestre che dovrebbe funzionare proprio per portare in casa delle informazioni. In questi giorni la nostra associazione è entrata a far parte della sperimentazione che è a un livello ancora molto, molto parziale. Penso ad ogni modo che questa potrebbe essere una strada percorribile, perché gli anziani fra vent’anni saremo noi e saremo in grado di avvalerci di questi mezzi, mentre gli anziani di oggi hanno ancora difficoltà con il computer e, a volte, non hanno neppure vinto il timore del cellulare. Gli anziani del futuro siamo noi e noi saremo sicuramente in grado di avvalerci di mezzi come questi, quindi si tratta di un lavoro in prospettiva. Quindi io dico sì a tutte queste soluzioni tecnologiche, perché il progresso può permettere anche dei sistemi che con 50 o 60 euro ottieni un decoder in casa che ti consente di ricevere attraverso il televisore, anche se non attraverso il computer, tutta una serie di informazioni utili che fanno risparmiare tempo e fatica per gli spostamenti. Io sono convinta che si dovrebbe andare per questa strada, anche perché ci sono comunque degli anziani – anche se pochi - che hanno già confidenza con le nuove tecnologie.

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Cominciamo quindi col dire che da qui al prossimo decennio o al prossimo ventennio avremo una popolazione anziana in grado di usufruire di queste tecnologie.E soprattutto per quanto riguarda i servizi della pubblica amministrazione si potrebbe fare molto più di quanto non si fa. Ed anche il telelavoro rappresenta in generale una prospettiva molto interessante, anche se per gli anziani, in questo caso, ho delle perplessità in più: nel lavoro vedo meglio persone in età meno avanzata, perché l’anziano ha bisogno d’altro, ha bisogno di relazione, la sua più grande aspirazione è quella di stare in compagnia, quindi lavorare con un computer da solo potrebbe non essere per lui una soluzione. Un discorso che potrebbe valere anche per l’e-learning, ad oggi ancora molto arido e con scarse opportunità di socializzazione.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale degli anziani?La mobilità è considerata un diritto ricco, invece, secondo me, la mobilità è un diritto inalienabile della persona. Se una persona anziana la costringi a non muoversi più nel giro di un anno diventa disabile, perché la solitudine ammala, perché la disabilità ad una certa età passa prima per la solitudine, poi per la depressione e poi diventa alzaheimer o demenza senile. Il trasporto e il sistema della mobilità, se ci si riflette un attimo, fanno parte di un sistema di welfare. Oggi del welfare abbiamo un’idea ancora molto ristretta: l’assistenza, la previdenza, la sicurezza intesa nelle sue macrolinee e basta. In realtà, invece, anche il trasporto ti rende fruibile un diritto fondamentale che è quello della mobilità. È parte integrante, poi è stato alienato tutto ciò che è alienabile. Tutto questo va dunque tenuto bene in considerazione quando si parla di investimenti e di organizzazione di un sistema efficiente di trasporti.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono gli anziani, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Ai tavoli di confronto non dovrebbe mai mancare chi ha esperienza nel volontariato e nell’assistenza agli anziani. In un’ipotesi di welfare allargata come quella cui accennavo prima questo confronto è senz’altro faticosa, ma il prezzo da pagare per una democrazia partecipata. Un’esperienza che a Bologna è stata fatta in parte con i “piani di zona”, una buona idea di concertazione che tuttavia si è conclusa, a causa della molteplicità e dell’estrema varietà dei soggetti coinvolti, con un approccio inevitabilmente verticistico. Sarebbe stato meglio se si fosse usata una via di mezzo nei comitati consultivi, inserendo solo le associazioni più rappresentative, non per tarpare le ali ai piccoli, ma per portare al tavolo del confronto le esperienze più efficaci. Certo agendo in questo modo si avrebbe tutta un’alzata di scudi, però la democrazia partecipata richiede i suoi sacrifici e le sue mediazioni.

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Anche nella partecipazione bisogna avere il coraggio di scegliere, che qualcuno si metta a scegliere e perché no anche le stesse amministrazioni. Perché l’amministrazione pubblica di Bologna, cioè i vari assessorati sanno che tipo di attività facciamo e qual è nostro reale valore aggiunto.

3.1.4. Nomisma.

Chiara Pellizzoni, dottore di ricerca in Economia dei Trasporti.

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? Bologna, come tutte le città emiliane, è una città molto vissuta, soprattutto nel suo centro storico. E’ una città che non si spopola neppure di sera e neppure nel weekend. Durante il giorno c’è molta affluenza anche dall’interland, migliaia e migliaia di arrivi. Perché in effetti moltissimi parmigiani o piacentini lavorano a Bologna e fanno i pendolari. La stazione ferroviaria e quella degli autobus extraurbani, d’altra parte, sono in centro. E molto ruota proprio sul centro storico, per quanto riguarda le attività lavorative: le società di consulenza sono in centro, gli uffici regionali, la sede centrale della Regione è a 5 minuti dalla stazione ferroviaria. Tutto si muove intorno al centro, a parte quella che è la zona industriale. Non è un caso che i collegamenti ferroviari tra Milano e Roma adesso cominciano a saltare Firenze, in modo da avere una linea più veloce, mantenendo però la fermata di Bologna. Insomma è uno dei maggiori crocevia del Nord dal punto di vista trasportistico-logistico e, quindi, anche un forte polo di attrazione e di spostamento. Di pomeriggio e di sera, invece, il centro è vissuto soprattutto dai giovani e dagli immigrati. In Emilia Romagna, Bologna, insieme a Reggio, è infatti la città con più presenza multietnica. Come presenza quantitativa il discorso immigrati è uno dei più importanti. Direi che il centro storico è estremamente popolato e vissuto dagli immigrati, cosa che in alcune zone sta facendo letteralmente “scattare” la popolazione, che lamenta una situazione di insicurezza e di forte degrado. Su questo ci sono molti scontri anche dal punto di vista politico, c’è chi si schiera da una parte e chi dall’altra. Si dà il fatto che ci sono alcune zone del centro in cui questa presenza di immigrati richiama altre presenze … gente abituata a vivere un po’ per strada, un po’ presso circoli viziosi e in situazioni di degrado ... e tutto questo succede in aree centralissime. Ad esempio è famosa piazza Verdi nella zona universitaria, dove c’è il teatro comunale - fra l’altro di una certa importanza - e dove c’è il rettorato dell’Università. Qui è evidente questa commistione molto particolare: da un lato ci sono persone di rango anche culturale, di una certa importanza e, per via del teatro, c’è una frequentazione da parte di tutte le classi sociali, mentre dall’altro c’è il presidio continuo della polizia, perché la zona è letteralmente assediata da

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persone che vivono per strada, a cui si associa anche una buona dose di spaccio di droga. E questo praticamente è strutturale di Bologna. A livello economico ci sono già state diverse conseguenze: ad es. hanno chiuso alcuni negozi, c’erano e non ci sono più boutique ... e siamo in una zona centralissima, proprio dove inizia la zona universitaria. E’ curiosa questa condizione ed è importante dal punto di vista politico il fatto che non si riesca in qualche modo a requisire queste aree, per cui c’è sempre la polizia e tutta questa serie di persone sedute per terra, che spesso non fanno niente di male anche se, in realtà, serpeggia questo discorso di pusher e di spaccio, in cui sono coinvolti anche gli immigrati, rendendo queste zone aree dove i bolognesi tendono ad andare sempre meno. Di fatto si tratta di un problema irrisolto dal punto di vista della politica locale. Va poi tenuto conto che in centro c’è una fortissima presenza universitaria, con una forte omologazione rispetto ad un certo tipo cultura “remake anni ’70”. Tanti giovani, anche del Sud, che in gran parte sono universitari e che si atteggiano a vagabondi, e lì la puoi prendere come una moda. Questo anche perché a Bologna c’è il DAMS (n.d.r. Università della comunicazione e dello spettacolo) e c’è una lunga tradizione di cultura alternativa. Di fatto è diventata una divisa, esattamente come a Milano sono tutti vestiti con il tailleurino ... Comunque c’è pure da dire – e una serie di dati lo dimostrano – che si è creato un pericoloso indotto che ti fa avere un po’ paura a girare in certe zone del centro dopo le 8 di sera. Di tutto questo, ripeto, ne ha risentito la qualità della vita. In alcune aree del centro ci sono anche striscioni appesi alle case in cui si denuncia il degrado. Che poi, cosa curiosa, non è che il valore immobiliare di quelle case sia basso: se parliamo della zona intorno alla stazione e di appartamenti ristrutturati, parliamo di 4mila euro al metro quadro. E sono numerosi gli acquisti di immobili anche da parte di banche e assicurazioni. Il ragionamento che abbiamo fatto finora riguarda la vita dentro le mura. Ci sono poi le zone periferiche: popolari e meno popolari. Nella zona collinare ci sono i quartieri residenziali, quindi con un certo tipo di utenza, e poi man mano che ci si sposta verso la pianura, verso Ferrara - come in tutte le città emiliane, la parte più calda e più piatta è quella verso il Po - trovi le tangenziali e le autostrade e lì trovi anche le zone industriali, intramezzate da alcuni quartieri residenziali. L’asse della via Emilia, che attraversa tuttora il centro storico di Bologna, è discriminante, come avviene anche in altre città della Regione: da un lato, verso le colline, ci sono i quartieri più costosi, dall’altro, verso il Po, quelli meno costosi. Da un lato c’è la zona residenziale e dall’altro quella popolare. Ma la qualità della vita anche nei quartieri più popolari è buona. Corticella e San Donato, ad es., sono i quartieri più nuovi verso Casalecchio. Sono stati pianificati con molto verde.Come strutture non sono proprio belle da vedere, però sono molto funzionali e ben collegate con il centro. Anche in queste periferie esistono poli di attrazione, come ipermercati, centri commerciali e cinema multisala, intorno ai quali ruota in parte anche la vita sociale e di relazione di chi risiede nella zona.

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Va sottolineato, ad ogni modo, che il Comune di Bologna ha confini molto frastagliati, in cui si innestano i territori di altri Comuni limitrofi: ad es. Corticella è un quartiere, mentre San Lazzaro è un Comune anche se è percepito come un quartiere.Di conseguenza accade a volte che alcuni forti attrattori di traffico che gravitano sulla viabilità e sulla domanda di mobilità del Comune di Bologna, come ad es. l’IKEA, in realtà siano localizzati in Comuni limitrofi.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? La struttura urbanistica di Bologna è radiale ed è conseguenza del suo sviluppo storico, a partire dalla cerchia delle mura del nucleo longobardo, che è il più antico. Successivamente il centro si è esteso con la città romana, con quella medioevale e con quella cinquecentesca fino a raggiungere le mura attuali e i viali che le circondano, che peraltro mantengono ancora un’importante funzione di smistamento del traffico verso le principali direttrici regionali ed extraregionali. La via Emilia, come già detto, ha poi costituito l’asse discriminante per l’ulteriore sviluppo dei quartieri periferici, che sono cresciuti man mano intorno al centro storico.La storia e le caratteristiche geografiche hanno quindi determinato in gran parte l’attuale configurazione della città, al di là di qualsiasi intento di programmazione. Riprendendo l’analisi iniziale, non credo comunque che Bologna sia una città allo sbando.C’è grande attenzione alla riqualificazione delle zone in maggior degrado, soprattutto nei quartieri periferici, e alla soluzione di situazioni come quella di piazza Verdi Qualche anno fa, ad es., è stata affrontata la questione della stazione ferroviaria, problema comune a molte altre città, che adesso è stata molto migliorata con il progetto dell’alta velocità e con quello di realizzare un moderno centro commerciale: per ora hanno ripulito la facciata, hanno messo le aiuole e una nuova illuminazione…cose banali, che però di fatto disincentivano la presenza di certa gente ... già al capolinea degli autobus con la messa in servizio dei nuovi mezzi e con le pensiline illuminate si è ottenuta una maggiore affluenza in certo modo di persone normali e, di fatto, si è disincentivata la presenza di altri. Ripeto: non credo che si sia allo sbando, non credo che nessuno si sia accorto dei problemi che riguardano il centro storico o che nessuno voglia fare niente. Il problema forse è che Bologna ha una certa tradizione politica e culturale di grande tolleranza, per cui si è creata una situazione sociale piuttosto particolare ed è faticoso oggi arrivare a fare i “giustizialisti”. Di conseguenza si cerca con polizia e pattugliamenti di mantenere un certo equilibrio in centro… senza ricorrere ad interventi radicali. Un discorso analogo si potrebbe fare anche per gli interventi urbanistici.

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Nella zona storica restano le facoltà umanistiche, mentre solo il campus di ingegneria è un po’ fuori, e credo che nessuno tenterebbe di spostare fuori queste attività, di portarle in periferia. Questo non verrebbe accettato a Bologna. Ed anche tutta la classe accademica, gli studi legali, gli avvocati, resta tutto lì in centro … e non solo per ragioni storiche, ma anche per il grande indotto che si è venuto a creare: migliaia di piccoli bar, di pub ecc.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto?

4. E la dislocazione delle aree residenziali?La distribuzione sul territorio dei servizi, delle attività produttive e di quelle commerciali è senz’altro integrata con il sistema del trasporto pubblico e lo stesso vale per le aree residenziali.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a:

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Lavoro

Scuole, asili e luoghi per l’infanzia

Cura e salute (ospedali, USL)

Uffici postali/banche

Negozi/centri commerciali

Attività culturali (cinema, teatri)

Sport e tempo libero

Di uffici dell’anagrafe, ad esempio, ce ne sono molti. La maggior parte chiaramente in centro, ma ce ne sono molti anche in periferia. Anche gli uffici postali sono molti. Che poi nel momento in cui si decide la dislocazione di un ufficio o di un servizio essenziale si prenda in considerazione anche il problema di mobilità, questo lo posso solo supporre, ma non ne sono al corrente. Ad esempio l’INPS ha diverse sedi: quella centrale è a Bologna, però ci sono uffici anche nei Comuni dell’hinterland Il discorso è diverso, invece, per quanto riguarda i grandi centri commerciali: c’è stata una proliferazione di attività lungo la Via Emilia, dove si va a passo d’uomo da 25 anni, senza tenere conto delle ricadute negative sul traffico. Il fatto di aver messo tutta una serie di ipermercati, come il Marco Polo o il Mercatone Uno, sulla via Emilia – e non dico almeno in prossimità di uno svincolo della tangenziale - presuppone l’evidente mancanza di una pianificazione mirata al sistema dei trasporti e della mobilità. D’altra parte la via Emilia è prettamente artigianale e commerciale.

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Di conseguenza l’Azienda di trasporto pubblico bolognese – l’ ATC - si è adeguata molto bene, offrendo la possibilità di raggiungere in autobus queste grandi strutture commerciali. Credo che a Bologna, in senso più generale, avvenga la stessa cosa, cioè che il modello non sia troppo diverso: è il sistema dei trasporti che tende ad adeguarsi all’urbanizzazione e non viceversa. Questo vale, ad es., per molte strutture dedicate allo sport o al tempo libero, come i grandi cinema multisala, che sono sorte in periferia. E il sogno del comune di Bologna e della Regione, in considerazione di alcuni dei più seri problemi di traffico che oggi si registrano nelle aree periferiche, è sicuramente il progetto del passante dell’A1. Se ne parla almeno dal 2002, con molte polemiche, ma non è affatto semplice. L’ATC, ad ogni modo, si adegua e questa attenzione mi sembra molto interessante e significativa.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? I sistemi di trasporto collettivo consentono un pieno accesso al centro. Chi vive in periferia ha a disposizione un servizio di Tpl notevole, che elimina qualsiasi rischio di emarginazione causata dall’impossibilità di spostarsi in modo agevole e in piena libertà. L’Emilia Romagna, d’altronde, è abbastanza nota come Regione che offre un buon livello di trasporto pubblico, c’è anche l’Assessorato ai Trasporti in Emilia Romagna che è storicamente molto impegnato su questo fronte. E c’è soprattutto una grande affezione della popolazione verso il trasporto pubblico, che lo utilizza volentieri e con costanza. Ci si arrabbia anche, ma alla fine si partecipa. Anche ATC è un’azienda molto avanzata ed è molto sensibile allo sviluppo e al miglioramento del servizio. Bologna è infatti una città che ha corse regolari che fino alle due di notte passano alle fermate ogni quarto d’ora. Ed è una cosa abbastanza eccezionale. Anche per questo gli autobus risultano ben popolati. Vedo autobus pieni anche all’una di notte, autobus molto moderni con una piccola TV con funzioni anche di controllo. Magari anche una signora sui 75 anni avanzati, o 80, in salute che va al suo concerto nella tal chiesa e che riprende l’autobus a mezzanotte. Insomma, questa è una grandissima qualità della vita: l’autobus fino alle due di notte ti consente di stare in un ambiente sicuro e questa non è una cosa scontata. Anche le paline e la cartellonistica sono molto chiare: ci sono gli orari dei passaggi ... e qui gli autobus passano ogni quattro minuti. Tutto questo consente una fruizione del centro storico piuttosto agevole ed anche rapida. Stesso discorso anche a partire dal centro verso la periferia, per raggiungere gli ipermercati o i cinema multisala, che sono tutti decentrati. Un altro fatto significativo da segnalare, e che va senz’altro a merito dell’ATC, è che recentemente si sta cercando di studiare meglio la mobilità casa-servizi, per predisporre interventi sempre più mirati. Questo tipo di approccio è tipicamente bolognese-emiliano.

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Esistono ovviamente alcuni margini di miglioramento, però è forse uno dei migliori mondi possibili. In generale direi che alla base di questo efficiente sistema ci sono due fattori: da un lato l’abitudine e la cultura del mezzo pubblico, dall’altro un forte spirito di tolleranza e di socialità. Vorrei anche ricordare che la rete del Tpl è affiancata ad un’efficiente rete ferroviaria regionale. che consente rapidi collegamenti con i Comuni dell’hinterland. Inoltre, per aumentare l’efficacia dell’intero sistema, ci si è avvalsi anche di infrastrutture preesistenti: ad es. è stata riutilizzata una linea ferroviaria, che adesso è diventata ferrovia suburbana e che da Casalecchio arriva alla Stazione Centrale, servendo una parte di San Donato ... in pratica una specie di metro leggero

7 bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? Soprattutto negli ultimi anni c’è stato un grande rinnovo del parco veicolare, con l’introduzione di mezzi moderni, pienamente accessibili ai disabili e agli anziani. Rispetto a quattro anni fa, ad es., mi capita più di una volta su due di viaggiare su un autobus nuovo, con gli accessi ribassati, con lo spazio per la carrozzina e anche con molti posti riservati. Nella prima parte dell’autobus ci sono almeno dai 4 ai 6 spazi riservati alle persone con difficoltà motorie e la gente rigorosamente si alza. Sono anche molti i non vedenti che utilizzano autonomamente il mezzo pubblico. Questo vuol dire che si sentono sicuri. Non sono accompagnati né da cani né da persone e questo mi sembra molto positivo per una persona in quelle condizioni. Ho visto anche un non vedente utilizzare un particolare apparecchio per sentire la successione delle fermate. Sinceramente non so bene di cosa si trattasse, ma credo che lui riuscisse a capire perfettamente dove si trovava in quel momento e quale era la fermata. Gli anziani che utilizzano il trasporto pubblico poi sono moltissimi ... e parlo anche di anziani che usano l’autobus per andare a teatro o per tornare a casa la sera, magari dopo essere stati al ristorante.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? La rete del Tpl è abbastanza integrata, anche se i collegamenti tra i diversi quartieri periferici comportano spesso la necessità di cambiare autobus in centro, dove convergono quasi tutte le linee. Ad ogni modo esistono anche due circolari che girano sulla corona dei viali. E ci sono anche il 38 e il 39 che sono circolari periferiche, ovvero con un piccolo ingresso in città, ma poi di fatto sono circolari periferiche. Ci sono poi alcuni parcheggi di scambio, dove puoi lasciare la macchina anche per tutta la giornata e prendere l’autobus. Lungo i viali e a ridosso del centro, infine, ci sono diversi parcheggi a pagamento.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti? Un euro è ormai una quota standard per il biglietto orario, anche se molti la considerano alta. Di fatto è quella nazionale.

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Poi a Bologna c’è comunque un articolato piano tariffario. Ad es. ci sono i “multicorsa”: compri un unico biglietto di carta che costa 6,50 euro e che vale per 8 corse, per cui alla fine paghi circa 0,80 euro per ogni viaggio. Il biglietto orario, invece, dopo le 20,30 vale 70 minuti invece di 60, dato che le coincidenze tendono ad essere più difficili, così come nel mese di agosto è esteso a 90 minuti. Ci sono poi gli abbonamenti, che sono sicuramente convenienti per chi deve spostarsi quotidianamente, e il “giornaliero” a 3 euro. E ancora: in Emilia Romagna nei giovedì invernali c’è il blocco del traffico, ma ti consentono di arrivare ai parcheggi di scambio - che sono serviti da navette, più piccoline, ma molto comodi e pratici da utilizzare – e di prendere l’autobus con uno speciale biglietto, peraltro impersonale, che costa 20 euro e vale per 11 giorni di viaggio. Esiste poi una cosa che si chiama “eco-ticket” e che va bene anche per chi è pendolare, in realtà. E’ un po’ complicato da spiegare ma, alla fine, una corsa ti costa 0,60 euro, che è pochissimo, di fatto, rispetto al biglietto ordinario da un euro. In pratica con questo “eco-ticket” hai diritto a 20 giornate di viaggio, di utilizzo, da usare in 90 giorni, cioè in 3 mesi: quindi puoi non utilizzarlo tutti i giorni, ma solo quando ti serve o quando devi venire a Bologna. Anche per lo studente che non vuole fare l’abbonamento e che ha particolari esigenze di mobilità ci sono formule simili. Tutti sistemi che incentivano la gente ad utilizzare il mezzo pubblico.

10. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive?

10 bis. Ci può fornire un esempio concreto? No, se ci sono stati cambiamenti non sono stati motivati da problemi di mobilità ma da problemi di altro genere. Bologna ha ancora una presenza molto diffusa di piccoli negozi, nonostante la forte concorrenza degli ipermercati. Come in tutta l’Emilia, ad es., c’è una radicata cultura del cibo e quindi le gastronomie proliferano. Ce ne sono tantissime di lunga tradizione che non chiuderanno mai. Nel caso dei generi alimentari, dunque, non è affatto scontato che si preferisca andare all’IperCoop a fare la spesa. Anche in centro non vedo una grande chiusura generalizzata. Alcuni esercizi hanno chiuso, è vero, principalmente nelle aree problematiche di cui abbiamo già parlato, ma molti altri permangono nelle zone più di pregio. C’è ad es. tutta la zona di via d’Azeglio, via Parini, via Cavour dove trovi sempre le classiche boutique, rimane insomma la zona dei buoni negozi. Ci sono poi i mercati, come in molte altre città: quello ortofrutticolo, che è in mano ai pakistani, o il “mercatino delle erbe”, che è molto frequentato dagli anziani perché ha prezzi particolarmente bassi. E anche dalla periferia a volte vengono in centro per fare la spesa in questi mercati. E una cosa che ho notato è che qui le persone vanno spesso in autobus a fare la spesa: sia che vada ai mercatini del centro sia che vada ai grandi IperCoop le vedi poi al ritorno sull’autobus con i loro grandi borsoni.

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11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti?

11 bis. Ci può fornire un esempio concreto?Diciamo anzitutto che il sistema dei trasporti non ha avuto influenza sui cambiamenti sociali che si sono registrati all’interno del centro storico, nel senso che i giovani potevano anche cercare casa in un quartiere periferico per poi raggiungere tranquillamente l’università con i mezzi pubblici. Conosco persone che abitano abbastanza fuori, ma non è considerato “particolarmente fuori” perché con un autobus, in venti minuti si raggiunge il centro. D’altra parte a Bologna è diffusa da tempo anche la tendenza a fare speculazioni acquistando in centro un vecchio appartamento grande per poi spezzettarlo in vari locali da affittare agli studenti. Ovviamente la riqualificazione di alcune zone del centro comporterà senz’altro degli aumenti del valore degli immobili. Questo accadrà, ad es., in tutta la zona intorno alla stazione quando saranno in funzione la “megastazione” dell’alta velocità e, soprattutto, il nuovo centro commerciale.Però il fatto che si registrino ad oggi, 2006, dei valori degli immobili molto spalmati tra centro e periferia è perché in realtà in questa città la situazione che ho descritto esiste da molto tempo. Questa politica di creare un’efficiente rete di collegamenti e di favorire la mobilità collettiva c’è da anni e i suoi effetti, probabilmente, sono già stati assorbiti. Di nuovo ci sono solo singoli dettagli. Quello che invece sta succedendo sui valori immobiliari, ed è davvero nuovo, si sta verificando non tanto con le linee di autobus nel Comune di Bologna, ma con le linee ferroviarie e le stazioni che sono diventate di competenza regionale, di competenza della Divisione Trasporto Regionale. In questi casi i valori degli immobili, nelle zone servite da nuovi servizi, hanno avuto una netta impennata. A San Pietro in Casale, ad es., che è sui colli bolognesi, a 10 minuti di treno - tutti treni cadenzati da Ferrara - acquistare un appartamento costa tanto quanto nel centro di Bologna. Ma perché in questo caso c’è stata innovazione sul fronte dei trasporti.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)� Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti

(punti 5) Questo tipo di pianificazione è certamente fondamentale, ma è anche la cosa più difficile da attuare.

� Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio

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(punti 4/5) E’ una soluzione molto semplice anche da un punto di vista di spesa per l’intera collettività, e intendo sia la collettività che costruisce il parcheggio sia la collettività che ne usufruisce, e che quindi paga. Un parcheggio di scambio realizzato in un prato, gestito dall’azienda che gestisce la mobilità, in cui hai “park and ride”, “park and bus”, “park e quel che vuoi” costa poco a chi lo realizza e quasi nulla a chi lo utilizza. Paghi l’autobus con il tuo ticket utilizzando formule tipo “eco-ticket” e raggiungi il centro tranquillamente in dieci minuti.

� Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT)

(punti 4) E’ una soluzione che funziona per utenze particolari o in orari particolari. A Parma, ad es., c’è un “prontobus” in orario serale che mi costa circa 3 euro anziché 1,50 euro, che è la tariffa maggiorata che pago direttamente sull’autobus. E’ un servizio di trasporto pubblico a prenotazione che mi consente di uscire la sera e di tornare a casa senza pericoli e senza preoccupazioni e, soprattutto, senza dover prendere la macchina. Qualcosa di simile esiste anche a Milano. Ci sono poi, ad es., anziani o signore di 40 o 50 anni che vivono in campagna e che non hanno la patente: in questi casi i servizi a chiamata sono utilissimi, soprattutto per le zone delle comunità montane. Dovrebbero sempre essere, comunque, dei sistemi che riescono ad avere un loro equilibrio economico. Perché costano meno di una linea fissa, c’è un autista solo, un mezzo solo, si ottimizzano le corse e queste sono sempre piene.

� Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing)

(punti 3) vedi risposta 14

� Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare) (n.d.) A Bologna i servizi sono già diffusi su tutto il territorio.

� Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico

(Punti 0) Ritengo che questa soluzione abbia più senso nelle città grandi piuttosto che in quelle medie. Per esempio, già su Bologna c’è una targettizzazione dei consumatori tale per cui la persona che va in centro a fare acquisti ci va non perché è comodo, ma perché cerca i servizi del centro, che non sono uguali a quelli della periferia. Un negozio di scarpe in centro non è uguale a quello in periferia, ha un altro costo, ha un altro status sociale, ha un’altra qualità.

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In una città di provincia come Bologna si va a cercare il proprio target di negozio e quindi ci sposta indipendentemente dalla presenza o meno di questo tipo di parcheggi, soprattutto poi se si ha a disposizione un buon servizio di Tpl. Inoltre alla fine, quando il parcheggio in struttura o interrato è stato realizzato, per ammortizzare l’investimento quali tariffe verranno praticate? 3 euro l’ora? E per di più con un sistema che ti fa molto arrabbiare, per cui mettiamo che l’ora parte dallo 00 se io arrivo agli 03 dell’ora successiva devo pagare un’ora intera in più. Tutto questo ha senso solo per chi viene per lavoro e non bada ai costi, perché è rimborsato dall’azienda, ma se io vado in centro con un’amica a prendere un caffè non vado certo a spendere per tre ore e mezza che sto lì 1,50 euro per il caffè e 12 euro per il parcheggio.

� Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione

(punti 4/5) vedi risposte successive.

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Pianificare congiuntamente il territorio e il sistema dei trasporti resta l’obiettivo prioritario, ma intervenire con provvedimenti di regolamentazione della circolazione e della sosta appare oggi indispensabile e senz’altro prioritario, considerate le attuali condizioni di traffico e di smog.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Costano troppo. La quota associativa annua del car sharing, ad es., è molto alta. Inoltre, questo servizio presenta ancora dei limiti, come la necessità di prendere e rilasciare l’auto solo in determinati punti della città, che possono essere scomodi da raggiungere per molti potenziali utenti. D’altra parte bisogna anche riconoscere che la maggior parte delle persone ancora non riesce a percepire con chiarezza i costi effettivi dell’auto privata.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? Se senti alcuni cittadini bolognesi ti dicono: “sì, ma in peggio”. Soprattutto quelli che usavano la macchina prima. Per chi vive in centro è invece assolutamente meglio. Bologna è già inquinatissima così com’è, anche perché il centro ha stradine strette e poco ventilate. Io certe volte vengo in bicicletta, lo faccio proprio perché mi piace pedalare. Però, dato che pedalando inspiri di più, arrivo che sono intossicata. E comunque in centro non si arrivava con la macchina neppure prima: oggi quando parliamo di ZTL parliamo del nuovo sistema Sirio, ma la ZTL di per sé credo ci fosse già anche 20 anni fa.

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In sostanza è stato solo perfezionato il sistema di penalità/premio, facendo in modo che gli illegali siano immediatamente intercettati, identificati e sanzionati. Però, anche prima, se tu venivi da fuori, non arrivavi in centro.

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?Sì, credo che oggi sia impensabile pensare ad un efficace sistema di mobilità urbana senza ricorrere alla tariffazione della sosta. E se la gestione resta in qualche modo in mano al Comune o alla Provincia, anche le tariffe della sosta diventano più razionali e “sostenibili”. Perché, come ho già spiegato a proposito di autobus evidenziando soluzioni come “eco-ticket”, è necessaria anche in questo caso una politica “ad hoc”.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

� Maggiori informazioni all’utenza tramite (call center) nuove tecnologie (5) � Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.) (5) � e-commerce (3) � e-learning (3) � Sistemi di “telelavoro” (3) � Servizi a domicilio (n.d.)

Senz’altro fondamentale è l’utilizzo delle tecnologie telematiche per semplificare ulteriormente il rapporto del cittadino con la Pubblica amministrazione, evitando molti faticosi spostamenti e, spesso, inutili perdite di tempo. I nuovi sistemi tecnologici per la comunicazione e per l’informazione, poi, hanno un ruolo altrettanto fondamentale: se io parto da Parma e voglio arrivare a Bologna, ho Trenitalia che mi fornisce i ritardi dei treni con l’sms. Quando arrivo qui, a parte che ho la cartellonistica, lo stesso però posso con dei semplici sms posso vedere gli orari degli autobus, le fermate ecc… Questi, peraltro, sono sistemi che rendono ancora più appetibile il Tpl, limitando la necessità di spostarsi con il mezzo proprio. Per quanto riguarda l’e-commerce evidenzio invece un problema non indifferente, che è quello della distribuzione fisica finale delle merci. Un problema ancora da risolvere, soprattutto se si parla di beni di consumo quotidiani, come ad esempio gli alimentari. Quanto poi al telelavoro è senz’altro una soluzione che risolverebbe molti problemi di spostamento, ma richiede molta cautela: il rischio è di creare dei ghettizzati sociali. Il problema, insomma, è di inserire comunque il lavoratore in un contesto sociale, evitandone l’isolamento.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale?

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Occorre sussidiare la funzione sociale svolta dal Tpl. Investire di più in questa direzone consente di ottenere benefici in molti settori: minore congestione, migliore qualità ambientale, maggiore inclusione sociale. E poi, forse, sarebbe anche il caso di pensare a qualche forma di “premio” per chi decide di andare in autobus e lascia l’auto a casa o nel parcheggio di scambio.

22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?Chi gestisce no, chi pianifica sì. L’Azienda di Tpl l è solo un mero gestore, mentre l’Agenzia della mobilità – per sé stessa o tramite l’Assessorato competente – dovrebbe senz’altro avere maggiore peso politico.

3.1.5. Confesercenti. Sergio Ferrari, presidente giunta provinciale

1. e 2. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia?Il centro rimane un forte attrattore per la presenza degli esercizi commerciali e delle strutture finanziarie, culturali, ricreative e scolastiche (scuole superiori e università). Tanto che la gran parte degli spostamenti è radiale, dal centro verso le periferie. E’ un sistema anche di mobilità fortemente centripeto con problemi di spostamento trasversali nella fascia semiperiferica e periferica. Tuttavia molte attività produttive – artigianali e della media industria – ma anche la stessa Università tendono a localizzarsi in periferia. Esiste allo stato attuale una generale tendenza allo spostamento verso l’esterno. Rispetto a questa necessità – la cui logica è difficile da seguire - i collegamenti risultano molto deboli il che incentiva il ricorso al mezzo privato. Sotto il profilo della mobilità, d’altro canto, Bologna può dirsi ferma agli anni Settanta. E’ una città in forte crisi. Da un lato raccoglie i flussi automobilistici e ferroviari proveniente da tutta Italia scontando una criticità non solo locale, dall’altro la viabilità locale, in primis la tangenziale, non tiene più. La mancanza di realizzazione di opere importanti come la variante dell’autostrada a nord, o i collegamenti tra Fiera, stazione e aeroporto (l’asse centrale dello sviluppo bolognese) rende l’idea dell’assenza totale da parte dello Stato. Non è pensabile realizzare tali opere solo con i finanziamenti locali. Da questo punto di vista si sono persi anni importanti. In quanto al clima sociale,Bologna può dirsi una città conservatrice. La presenza di immigrati ha messo in discussione l’equilibrio conservatore della città.

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Bologna ha sempre saputo accogliere bene gli studenti fuori sede ma perché provenivano da zone limitrofe ben conosciute. Già la presenza di studenti provenienti da fuori provincia – seppure in netta minoranza – ha creato “confusione”. In questo momento di transizione e di mutamenti delle abitudini sociali si assiste a forme di degrado fatte di gesti non accettabili ne abituali per i bolognesi (“gettare le bottiglie a terra”). “Così come i locali del centro diventano corresponsabili di questa agitazione perché fungono da elemento attrattore dei giovani, di tutti i giovani anche quelli di provenienza altra … E i bolognesi fanno fatica a distinguere chi sono gli uni, chi sono gli altri. Fanno fatica a capire, sono sconcertati”. Ma questi sono problemi che riguardano tutte le città medio-grandi d’Europa. Anche il tessuto commerciale si sta trasformando: i negozi alimentari che fanno capo a pakistani e senegalesi per lo più, sono circa 200 nel solo centro storico. Sono negozi di alimentari durante il girono e punti di ritrovo durante la notte. Vi si vende birra senza limitazioni di orario (come da regolamento comunale per il centro storico). Tendono a concentrarsi in zona universitaria e nell’area del Pratello. Difficilmente si può intervenire per disperdere tali attività sul territorio comunale perché la legge Bersani non lo consente. Per il resto gli extracomunitari sono molto presenti nei mercati ambulanti in zona fissa: la loro presenza sta cambiando radicalmente il volto dei mercati anche perché la tipologia di vendita praticata risulta molto diversa da quella bolognese: si approvvigionano da paesi come la Cina dove la qualità dei prodotti alimentari non è molto elevata. I cinesi sono fortemente presenti, soprattutto nei mercati e nella ristorazione. Rappresentano un mondo a se stante con cui è difficile dialogare e che sfugge al criterio associativo tipico della città. Possono identificarsi come quartieri cinesi Corticellla e Correggio. Pakistani e altre etnie sono meno concentrate e più disperse sul territorio. I filippini, in particolare, sono ben accetti e più facilmente integrabili mentre i problemi maggiori si riscontrano con albanesi e romeni: le etnie che più fanno paura perché non possiedono proprie attività economiche e perché “di loro si sa molto poco, sono nettamente meno ma si sa anche molto meno”. Nell’arco dell’ultimo decennio non ci sono stati interventi tali da modificare sostanzialmente i rapporti tra il centro e la periferia.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto? Permane centrale l’uso del mezzo privato. Questo è dovuto tanto ad fatto culturale quanto ad uno stato di necessità. Ormai le attività economiche, tranne il commercio tradizionale, sono tutte collocate all’esterno e, dunque, risultano difficilmente raggiungibili da un punto all’altro della città visto che le residenze sono collocate in massima parte all’esterno del centro storico.

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Bologna ha 70mila abitanti nel centro storico, gli altri 300mila sono tutti in periferia e quindi è chiaro che gli spostamenti avvengono tutti in linea trasversale anche se Bologna permane un importante centro di alcune attività di tipo culturale, per il commercio più pregiato.

4. E la dislocazione delle aree residenziali?Non hanno modificato sostanzialmente il rapporto perché non ci sono state aree nuove edificate al di fuori di quelle preesistenti, non si è modificato l’assetto spaziale ma si è solo incrementato il numero delle residenze. La dislocazione delle aree residenziali è avvenuta per allungamento, per congiunzione nell’area metropolitana fino al confine con i comuni contermini, Casalecchio, S. Lazzaro, Castel Maggiore. Allo stesso tempo, così come si è costruito molto verso l’esterno, gran parte dei terreni interstiziali all’interno delle prime periferie sono stati edificati. Questo non ha forzato in maniera significativa l’esigenza del trasporto pubblico locale perché queste direttrici erano già coperte, è stato necessario solo rafforzate.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a: (1=per niente; 2=poco; 3=abbastanza; 4=molto)

- Lavoro: 2 - Scuole, asili e luoghi per l’infanzia: 3 - Cura e salute (ospedali, USL): 3 - Uffici postali/banche: 3 - Negozi/centri commerciali: 2 - Attività culturali (cinema, teatri): 2 - Sport e tempo libero: 2

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? Si è proceduto con molta lentezza e i risultati sono ancora insufficienti. Il problema viene affrontato quando si creano nuove emergenze e dipendenze. Si è fatto qualcosa nella parte pubblica, molto meno nel privato. “Oggi non si può camminare tranquillamente pensando di poter superare tutte le barriere architettoniche sia nel centro storico che in periferia. Siamo in una fase di avvio più che di soddisfazione.”

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? In misura discreta durante il giorno, nelle ore che vanno dalle 6.00 del mattino alle 20.00 della sera. In misura decisamente insufficiente nelle ore serali e notturne.

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7 bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? In misura sufficiente.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? I parcheggi scambiatori sono poco utilizzati. La sosta a pagamento è talmente estesa nella periferia da rendere non conveniente l’utilizzo del mezzo privato associato a quello pubblico.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti? La durata di un’ora del documento di viaggio lo rende oneroso.

10. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? Sono penalizzanti per le attività commerciali del centro storico. Attraverso il controllo telematico di Sirio - dalle 7.00 del mattino alle 20.00 di sera - non si può entrare in centro se non pena la multa; la stessa Ztl permane 24 ore su 24. Tutto ciò ha comportato la perdita di una quota importante di clientela che fa del mezzo privato l’unico mezzo di spostamento. Specialmente chi viene da fuori provincia o dalla lontana periferia e deve realizzare acquisti un minimo voluminosi, tende a disaffezionarsi al centro storico. Questo tipo di clientela si può considerare, almeno in parte, compromessa e, più in generale, può dirsi indebolita l’attrazione del centro proprio per la difficoltà di raggiungimento. Un altro aspetto è il costo del parcheggio: più ci si avvicina al centro, più l’area di sosta diventa costosa. Considerando che la politica del Comune ha una direttrice sola - disincentivare in tutti i modi l’uso del veicolo privato – è logico che dietro questa filosofia ci siano le doppie corsie preferenziali ma anche l’attenzione massima per le soste a pagamento. Inoltre i parcheggi sono pochi rispetto alla domanda: è un problema che si dibatte da anni ma che rallenta molto ad esser soddisfatto. Oltre tutto Bologna ha un centro molto grande, forse il più grande d’Europa considerando le mura della città, quindi è evidente che dislocare il parcheggio al confine con le mura o a inizio periferia non risolve tutti i problemi perché poi non sempre si può andare a piedi essendo molto esteso (si tratta in pratica di un’area ampia 3 km per 3 km).

10 bis. Ci può fornire un esempio concreto? L’esempio più evidente è che sono sempre meno le attività commerciali nel centro storico. Sono molti i motivi che concorrono a questo, ma il motivo percepito dai commercianti come il vincolo maggiore è quello della limitazione della libertà personale di come si arriva al punto vendita. L’abitudine è sempre stata quella di avere una possibilità concreta di poterlo fare, non averlo più porta disaffezione verso il centro.

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11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti? Il centro storico consente l’utilizzo del mezzo proprio con spazi adeguati di sosta gratuita e questo privilegio rafforza la rendita immobiliare. In aggiunta, i prezzi degli immobili sono cresciuti e corrono dietro alle tendenze di mercato che registrano una grande domanda di residenza da parte degli studenti universitari che prediligono stare nel centro storico. Per il resto la residenza nel centro storico è molto scarsa. Vi si concentrano per lo più attività commerciali che sostengono costi elevatissimi soprattutto nelle fasce privilegiate, vale a dire le dieci strade che commercialmente hanno il valore maggiore. Man mano che le strade diventano meno appetibili scende il costo degli affitti commerciali. Nell’arco di venti metri ci possono essere negozi con affitti di 2mila euro al mese e di 12mila. Dipende da come è collocato i negozio: è quella che si chiama la rendita di posizione. Le politiche di mobilità non influiscono sul valore degli immobili o degli affitti perché “sono due cose che vanno in parallelo ma forse non si incontrano.” Finché ci sarà domanda i prezzi tenderanno a salire. In realtà negli ultimi tempi si registra una minore vivacità delle attività commerciali nel centro storico è come se “il centro storico si stesse asciugando e raduna tutto in poche strade, mentre le altre tendono a rabbuiarsi e ad avere punti vuoti notevoli. Questo fa una grande differenza.” Il centro storico si sta dunque impoverendo almeno in termini quantitativi, anche perché mancano tipologie importanti di attività tradizionali come gli alimentari. Le uniche eccezioni sono i mercati tradizionali dell’ortofrutta il venerdì e il sabato. Per il resto si vende per lo più abbigliamento e calzature. “E’ un monoprodotto quello che si vende nel centro storico”.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti: 5Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 1 Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing): 1 Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare): 5 Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 1 Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 1 Altro: …………………………………………………………

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13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Non appartiene alla cultura della città.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? Non in modo significativo. Forse la categoria più colpita è quella dei commercianti con attività in centro storico (vedi risposta alla domanda 10).

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?La tariffazione della sosta risulta troppo estesa e troppo onerosa. Anche in questo caso gli effetti si ripercuotono più incisivamente sugli operatori commerciali del centro storico (vedi risposta alla domanda 10).

17. Più in generale, a suo giudizio, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico ? Si, ma solo in aree limitate e pedonalizzadole.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

- Maggiori informazioni all’utenza tramite call center: 1 - Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.): 5 - e-commerce: 1 - e-learning: 1 - Sistemi di “telelavoro”: 1 - Servizi a domicilio: 5 - Altro…………………………………………………………

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? Realizzare un maggior numero di parcheggi a ridosso del centro storico.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Consentendo spostamenti veloci e poco onerosi dalla periferia al centro storico.

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22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?Non mi sembra esista questo problema. Chi gestisce i servizi di Tpl possiede già un peso notevole all’interno dell’amministrazione, è uno dei settori che pesa di più anche sul piano politico.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Svolgono già un ruolo importante.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi? Non in città medio-grandi, ma il metrò è essenziale.

24. Quali indicatori potrebbero essere usati per misurare l’effettiva capacità di accesso di tutte le categorie di cittadini ai diversi servizi/attività? Consultando periodicamente Quartieri e Associazioni.

3.1.6. CNA.

Maurizio Collina, responsabile comunicazione. 1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? Negli ultimi dieci anni a Bologna c’è stato un forte decentramento delle attività direzionali dal centro verso la periferia, decentramento tuttora in atto - il Comune dovrebbe spostare a breve la sede in centro nei pressi della stazione ferroviaria - che ha visto tra i protagonisti la stessa Cna. Nonostante ciò, nel centro città permane un nucleo piuttosto consistente di uffici che funge da elemento attrattore. Nel centro città sono presenti, inoltre, esercizi commerciali e parte dei laboratori artigiani ma, soprattutto, banche e istituti di credito che rappresentano la novità degli ultimi anni in termini di presenze in questa parte della città. Lo shopping continua a rappresentare un forte elemento di attrazione e di spostamento. La tendenza che ancora non si è riusciti ad innescare è lo spostamento verso il centro storico per turismo. Rispetto alle potenzialità di Bologna, sono pochi i turisti che frequentano la città dove prevale soprattutto un turismo d’affari: la Fiera attira molti operatori italiani e stranieri che visitano Bologna ma non come turisti: frequentano alberghi e ristoranti, meno i musei, le pinacoteche e le altre attrezzature culturali. Lo sforzo dovrebbe essere quello di affiancare al turismo d’affari, un turismo culturale e del tempo libero.

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2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? Le misure di urbanistica e pianificazione territoriale hanno sicuramente inciso sull’attuale configurazione del centro storico. Negli anni Settanta venne avviato un importante percorso di tutela di strade, monumenti e palazzi del centro storico che ad oggi risulta valido dal momento che, nonostante un certo degrado, non si ravvede una devastazione urbanistica. Verso il 1985 venne varato il Piano del traffico (con l’assessore Sassi e Winkler come urbanista): fu il primo caso di città in Europa con il centro storico pedonalizzato o quanto meno tutelato, proibito alle auto. Si fece a questo proposito un referendum e i cittadini allora per il 70% diedero l’assenso alla chiusura del centro storico al traffico privato. Il piano fu difficoltoso da applicare ma rappresentò una tappa fondamentale per lo sviluppo della città. A distanza di venti anni ancora si lavora all’applicazione di quanto contenuto in quel piano: Sirio – il vigile elettronico deputato al controllo dell’accesso - è entrato in funzione solo un anno fa. Un’altra tappa importante per la città è rappresentata dalla nascita dei quartieri – all’incirca negli anni Settanta - che portò al decentramento di parte dei servizi, prima concentrati in Comune (assistenza sociale, scuole, servizi demografici). Ciononostante, secondo Cna, è venuta a mancare un’attività di politica immobiliare a tutela delle attività economiche localizzate nel centro storico. L’artigianato di pregio, in particolare, ha avuto gravi problemi legati all’aumento degli affitti dovuto in massima parte alla domanda crescente di immobili da parte delle banche. Quest’ultime, ampliando il numero di sportelli in seguito alle fusioni tra istituti, hanno determinato un incremento degli affitti e dei prezzi degli immobili nel centro cittadino causando, di fatto, l’estromissione dal centro degli artigiani non in grado di sostenere gli affitti elevati.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto?

4. E la dislocazione delle aree residenziali?In entrambi i casi possono considerarsi integrati se lo spostamento riguarda la direttrice centro-periferia, quindi se il tragitto si dipana lungo le radiali. Il livello di integrazione cala notevolmente se si considerano gli spostamenti da periferia a periferia che, in genere, comportano un notevole dispendio di tempo in condizioni disagevoli.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a: (1=per niente; 2=poco; 3=abbastanza; 4=molto)

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- Lavoro: 2 - Scuole, asili e luoghi per l’infanzia: 2 - Cura e salute (ospedali, USL): 2 - Uffici postali/banche: 2 - Negozi/centri commerciali: 3 - Attività culturali (cinema, teatri): 1 - Sport e tempo libero: 2 (basti pensare che lo stadio è localizzato in prossimità del centro

storico, mentre le principali città italiane hanno realizzato nel tempo un secondo stadio in aree più decentrate).

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? Tutte le opere di nuova edificazione tengono conto dei parametri necessari per l’accessibilità ai luoghi da parte dei portatori di handicap. E’ chiaro che essendo Bologna una città storica presenta una serie di difficoltà a mettere tutto a norma. Pertanto, pur esistendo zone puntuali della città disagevoli sotto il profilo dell’accessibilità per alcune categorie di cittadini, tuttavia nel complesso si registra un’elevata sensibilità sul tema.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? Di fatto non è possibile garantire ai cittadini bolognesi una piena libertà di spostamento perché mancano le infrastrutture fondamentali per la mobilità urbana. Cna da alcuni anni si sta battendo proprio perché a Bologna si intervenga sul ritardo accumulato nella costruzione di nuove infrastrutture. Tema che ha generato negli anni molteplici conflitti tra gli attori locali - all’interno di uno stesso partito, tra partiti diversi, tra le giunte di Comune, Provincia e Regione – senza che si riuscisse ad addivenire ad un accordo. Si tratta di un problema che si trascina da alcuni anni, non imputabile alle ultime Giunte. Il risultato è che l’autobus rimane l’unico mezzo alternativo all’auto privata per muoversi in città. Essendo l’unica alternativa non può essere chiaramente concorrenziale. La tangenziale, inoltre, risulta in perenne congestione; i pendolari sono costretti a ricorrere alle ferrovie metropolitane sulle quali si è scarsamente investito negli ultimi anni con conseguente carenza di stazioni per incrementare la frequenza delle fermate, di vagoni e locomotori. In quanto alla metropolitana e al passante a Nord (diramazione alternativa alla tangenziale e all’autostrada che assorbirebbe i flussi non diretti a Bologna ma esclusivamente in transito) se ne sta vagliando la possibilità di realizzazione vista la scarsità di risorse disponibili. Se si dovesse scegliere in via prioritaria cosa realizzare: il passante a Nord si presenta come un’opera assolutamente inderogabile, in seconda battuta si dovrebbe intervenire sul servizio ferroviario metropolitano (i treni che arrivano lungo le direttrici per Bologna una volta giunti nell’area provinciale dovrebbero diventare treni cadenzati, cioè metropolitana di superficie: questo consentirebbe ai

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pendolari di avere certezza degli orari e di rendere competitivo il treno rispetto all’auto). La terza opera importantissima è la metropolitana per gli spostamenti in città e nella prima periferia.

7 bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? Nel complesso non ci sono categorie più colpite di altre dalle politiche della mobilità, i cittadini sono colpiti nel loro insieme. In ultima analisi si può affermare che sono proprio i pendolari i più svantaggiati nell’ambiente della mobilità. Gli anziani sono grandi fruitori del trasporto pubblico e incontrano gli stessi problemi di tutti gli altri cittadini, seppure aggravati dall’età e dalle maggiori difficoltà motorie. Tuttavia a loro favore vengono realizzate politiche tariffarie scontate. Per quanto riguarda i disabili questi hanno giustamente un vantaggio in più: la possibilità del pass che consente loro di entrare in centro e di parcheggiare in spazi dedicati. Inoltre è in via di attivazione una serie di servizi dedicati tra cui il servizio taxi per disabili.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? Il livello di integrazione tra i vari strumenti della mobilità risulta scadente anche perché mancano gli strumenti stessi che essendo pochi sono anche coordinati male. Un esempio positivo è il parcheggio a Canale dove si arriva con la macchina e con lo stesso biglietto del parcheggio si può prendere anche l’autobus. E’ stato un buon esempio di integrazione ma è stato anche l’unico punto – tra l’altro periferico - dove si è sviluppato. I parcheggi sono fondamentali per integrare le diverse modalità di trasporto. La loro realizzazione non deve necessariamente comportare ingenti investimenti: possono bastare parcheggi di superficie con un numero contenuto di posti auto purché numerosi e diffusi, da dislocarsi in particolare nei pressi della zona a traffico limitato.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti? Sono abbastanza in linea con le tariffe praticate nelle altre città italiane anche se i veicoli non risultano molto confortevoli (si viaggia spesso su mezzi pieni). Converrebbe migliorare gli standard di servizio a fronte di un piccolo incremento del prezzo del biglietto. Semmai sono le tariffe per la sosta a dover essere rivisitate. A Bologna il Piano sosta obbliga a pagare per sostare sulle le strisce blu tariffe, in media, più elevate rispetto alle altre città italiane. Tale valutazione riguarda soprattutto la sosta nelle aree periferiche dove è meno giustificabile l’applicazione di tariffe elevate in considerazione della diversa funzionalità di queste aree rispetto al centro.

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10. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? Le politiche per la mobilità, congiuntamente agli interventi urbanistici, hanno inciso sulla localizzazione delle attività produttive ridisegnando una geografia diversa rispetto ad alcuni anni fa. Secondo i commercianti le politiche per la mobilità hanno condizionato pesantemente gli esercizi economici del centro storico. Non consentire l’accesso al veicolo privato in centro porta i consumatori a limitare gli acquisti nell’area con importanti ripercussioni sulla sopravvivenza degli esercizi stessi. Gli artigiani, pur apprezzando nel complesso tali misure (“se il consumatore si muove a piedi è più probabile che si fermi in negozio piuttosto che se deve girare per trovare parcheggio”) tuttavia, sono stati costretti a spostarsi in periferia per il lievitare degli affitti, fenomeno che ha caratterizzato il mercato immobiliare del centro storico. Negli ultimi 20 anni il 50% degli artigiani che aveva sede nel centro storico si è spostato in periferia o nell’hinterland: da S. Lazzaro a Castelmaggiore, Casalecchio, Navile, San Donato, ecc. L’apertura di nuove attività in centro riguarda, oggi, per lo più i servizi alle imprese. Tuttavia, data la recente introduzione di Sirio, valutazioni più accorte potranno essere effettuate tra qualche tempo. Non ci sono dubbi invece sul fatto che i parcheggi scarseggiano. Tanto è vero che a Bologna si sono sviluppati numerosi ipermercati in periferia e una delle ragioni riguarda proprio la comodità di poter disporre di un’area di sosta.

11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti? A livello di residenze, negli ultimi anni si è assistito ad una migrazione dei bolognesi dal centro storico e dalla città più in generale verso i comuni dell’hinterland. Soprattutto le giovani coppie è improbabile che comprino case nel centro storico, per tre ragioni essenzialmente:

1. per il prezzo innanzitutto (tra il centro e la periferia c’è una differenza in termini di prezzo del 50%);

2. per il degrado che sta caratterizzando negli ultimi anni il centro storico (“più che di microcriminalità si tratta di gruppi di persone che non riescono ad essere controllate e che molestano con rumori e sporcizia”); tale fenomeno riguarda in particolare le zone del Pratello, di Piazza Verdi, di Via d’Ambone, di S. Vitale, della Strada Maggiore e di San Donato (zona universitaria) e concorre a rendere Bologna meno vivace e accogliente rispetto agli anni passati perché contribuisce a creare una percezione di insicurezza negli abitanti;

3. anche per le politiche di mobilità che, tuttavia, rappresentano in tal senso il vincolo minore, perché nonostante le misure restrittive è opportuno considerare che chi abita in centro storico usufruisce del permesso di entrata e sosta. Semmai in questo caso subentra il problema della scarsità delle aree per il parcheggio che comporta la necessità di acquisto di un

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garage con conseguente incremento dei costi per chi decide di acquistare la propria residenza in centro.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti: 3Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: 5 (l’importante è che siano dislocati a ridosso del centro storico, lungo i viali) Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 1 Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing): 1 Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare): 1 Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 5 Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 3 Altro: sostituire i mezzi di trasporto pubblico con nuovi modelli più performanti

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Realizzare i parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico e potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Il principale ostacolo è la comunicazione, dunque l’informazione. Tali servizi devono essere innanzitutto spiegati bene ai cittadini. In seconda battuta il tessuto produttivo di Bologna fatto di piccole e medie imprese non consente il diffondersi di tali pratiche attraverso l’operato di un mobility manager. Non è, dunque, un problema prettamente culturale perché Bologna non è refrattaria alle novità: è necessario piuttosto informare bene i cittadini e soprattutto verificare che vi siano le condizioni per introdurre e sostenere il servizio.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? Si, degli operatori commerciali (vedi risposta alla domanda 10)

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?Vedi risposta alla domanda 9

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18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

- Maggiori informazioni all’utenza tramite call center: 1 - Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.): 1 - e-commerce: 1 - e-learning: 1 - Sistemi di “telelavoro”: 1 - Servizi a domicilio: 5 - Altro…………………………………………………………

Non si ritiene che telelavoro, e-commerce ed e-learning siano funzionali a produrre mutamenti rilevanti sulle necessità di spostamento dei cittadini. I servizi on line della PA potrebbero incidere poco di più ma si tratta del soddisfacimento di esigenze sporadiche. Bisogna intervenire invece sulle attività che generano quotidianamente gli spostamenti. A questo proposito i servizi a domicilio – svolti in genere con finalità sociale - possono rappresentare un aspetto interessante da incentivare per limitare gli spostamenti dei privati: si tratta di servizi svolti per lo più a favore delle categorie deboli (recapito della spesa al domicilio per gli anziani o i disabili) ma potrebbero essere estesi a tutti cittadini a fronte di un incremento del prezzo.

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? A Bologna manca un investimento del Governo sulle infrastrutture del nodo di Bologna. Migliorare le infrastrutture nel Bolognese vuol dire produrre vantaggi non solo per i bolognesi ma per gli italiani tutti. Quindi è prima di tutto un problema politico. In seconda battuta gli enti locali bolognesi devono “fare più squadra” ed essere più convincenti nei confronti del Governo perché porti risorse e investimenti a Bologna. Infine è necessario trovare delle forme di investimento alternative a quelle pubbliche. Cna ha suggerito una formula simile ai bond di distretto: il cittadino investe i propri risparmi non in azioni, Bot o Cct ma in infrastrutture che porteranno non solo ritorni economici ma anche vantaggi alla città in generale.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Senza un adeguato sistema di trasporto si è esclusi dal contesto sociale. “La mobilità è basilare a livello sociale. E’ una questione sociale.” Non potersi muovere o non poter raggiungere agevolmente un luogo rappresenta una forma di esclusione. Non disporre della metropolitana a Bologna significa imporre ad alcune fasce della popolazione di non poter raggiungere determinati luoghi se non con grande dispendio di tempo: in questo senso il tema delle infrastrutture mancanti diventa una questione sociale.

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22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?A Bologna i soggetti gestori del Tpl hanno già molto peso in ambito politico-decisionale anche perché i presidenti delle aziende di trasporto pubblico non possono che essere in sintonia con le Giunte locali dalle quali sono nominati. Dunque il presidente dell’Atc bolognese non può che essere in accordo con gli indirizzi dell’amministrazione di Bologna. Però questo non è sufficiente a rendere il servizio adeguato, “forse servirebbero più specialisti…che presidenti”.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Fare delle convenzioni col pubblico o con il privato – dalle associazioni di categoria alle imprese - può rappresentare una strada. Un esempio? Il progetto che Cna sta realizzando in collaborazione con il Comune per un servizio di taxi dedicato al trasporto dei disabili. Cna annovera tra gli associati tassisti e autonoleggiatori con i quali si potrebbero realizzare – come di fatto avviene -servizi convenzionati su misura per gli utenti deboli che, non essendo numericamente rilevanti, possono vedere soddisfatte le proprie necessità con una risposta più diretta e immediata.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi? Molte città, non solo europee, presentano situazione di mobilità più avanzate rispetto a Bologna. La Spagna ad esempio, in particolare Madrid, a pochi anni di distanza ha rivoluzionato il sistema dei trasporti e della mobilità. Anche tralasciando le capitali per città più a misura di Bologna ci sono esempi come Graz o Salisburgo dove l’accessibilità è diffusa in tutta l’area urbana e risulta agevolata da una serie di strumenti ben coordinati: dai tram ai parcheggi dislocati in prossimità del centro. A Bologna invece la situazione comincia a farsi preoccupante. Altre città italiane come Torino, Milano, Roma, Napoli stanno lavorando per la mobilità laddove Bologna da 20 anni a questa parte è ferma: l’ultima grande opera realizzata è stata la tangenziale. E’ vero l’aeroporto sta aumentando i traffici, la Fiera funziona bene però i collegamenti tra l’aeroporto e la Fiera sono disagevoli.

24. Quali indicatori potrebbero essere usati per misurare l’effettiva capacità di accesso di tutte le categorie di cittadini ai diversi servizi/attività? Tempi, tariffe e mezzi sarebbero degli indicatori utili per capire cosa rappresenta una città in termini di mobilità rispetto ad un’altra.

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E’ interessante misurare i tempi di percorrenza, provare a vedere quanto tempo comporta l’utilizzo di un mezzo rispetto ad un altro (come fanno i tassisti quando devono studiare i percorsi). Può essere opportuno anche misurare il livello di congruità delle tariffe rispetto al servizio offerto e verificare l’offerta di mezzi pubblici da periferia a periferia e da hinterland a centro.

3.1.7. Centro per i Diritti Del Malato.

Luciano Magli, presidente.

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia per quanto riguarda la dislocazione dei servizi sanitari: il centro storico e, più in generale, l’area urbana di prima corona sono forti attrattori di spostamenti? Assolutamente sì, i centri ospedalieri bolognesi sono molto rinomati e sono forti attrattori di spostamenti, non solo da Bologna ma un po’ tutta l’Italia e anche dall’Europa.Alcuni ospedali si trovano proprio a ridosso del centro storico, in aree un tempo periferiche ma oggi attraversate da ingenti flussi di traffico. Il Policlinico S. Orsola, ad es.. è considerato il più grande d’Europa e si trova a pochi metri dai viali che circondano il centro storico: questo già la dice lunga rispetto ad una rete viaria urbana che fa acqua da tutte le parti e ad un sistema di parcheggi assolutamente inadeguato. L’Ospedale Maggiore invece, che prima era in periferia, ormai è diventato centro, per cui anche qui si registrano difficoltà per il traffico e scarsità di parcheggi. Questo, ovviamente, comporta notevoli disagi e notevoli costi per chi si reca presso queste strutture e oggi, se parliamo di welfare, anche questa è una situazione da considerare: chi ha bisogno di raggiungere l’ospedale in auto per sottoporsi a terapie particolari o per accompagnare un paziente, oltre al ticket alla fine deve pagare anche il parcheggio! Se poi guardiamo alle altre realtà sanitarie bolognesi, che sembrano collocate all’esterno della città, come il Rizzoli e il Bellaria, anche qui riscontriamo problemi di accessibilità: per quanto riguarda il Rizzoli il problema è che rimane su un colle, presenta difficoltà di accesso ed è abbastanza lontano, per cui è opportuno prendere la macchina o l’ambulanza; il Bellaria invece ha un problema di collegamento con il servizio di trasporto pubblico, perché c’è un unico autobus che poi ad una certa ora non viaggia più: dopo le 9 e mezza di sera devi prendere il taxi. Ripeto: bisogna sottolineare che non stiamo parlando di piccole strutture locali, ma di veri e propri centri d’eccellenza. Bisogna inoltre calcolare che oltre ai pazienti e ai loro familiari, soprattutto quelli che vengono da fuori Bologna, questi centri attraggono anche un consistente indotto: commercio, farmacie, lavanderie, materiali necessari per il funzionamento quotidiano dell’ospedale ecc. Si tratta, insomma di vere e proprie aziende multidisciplinari.

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Per non parlare poi della presenza degli studi ambulatoriali privati, dove vengono svolte attività libero professionali, e del grave problema dello smog che avvolge costantemente le strutture ospedaliere più vicine al centro. Per quanto riguarda le periferie, infine, va evidenziata una presenza abbastanza diffusa delle strutture ambulatoriali pubbliche.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio (dislocazione dei servizi sanitari e sviluppo delle aree residenziali) hanno inciso su questa attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? La programmazione urbanistica, al di là di quello che dicono i politici, si è persa negli anni ‘60. La situazione urbanistica è stata lasciata andare col tempo. E così un polo ospedaliero importante come il S. Orsola è cresciuto spontaneamente insieme al resto della città, finendo per occupare numerosi edifici separati tra loro, formando quasi una cittadella a sé stante: una città nella città. Insomma, quello che abbiamo oggi sotto gli occhi non è altro che il frutto di una lunga stratificazione avvenuta sul territorio, spesso irrazionale e priva di logica. Ci voleva senz’altro una pianificazione: non si doveva far crescere un centro di eccellenza europeo come il S. Orsola dentro la città. E ancora meglio: doveva essere portata fuori anche parte dell’Università, per alcuni versi collegata con i poli ospedalieri e con le attività sanitarie.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini affetti da patologie gravi o croniche nella localizzazione di sedi relative a: 1 2 3 4

Lavoro

Scuole, asili e luoghi per l’infanzia

Cura e salute (ospedali, USL)

Uffici postali/banche

Negozi/centri commerciali

Attività culturali (cinema, teatri)

Sport e tempo libero

Noi non lo possiamo sapere, comunque alle Poste abbiamo appena fatto una segnalazione di un ufficio dove finiscono le raccomandate non ritirate, in via Canova, dove non arriva neanche l’autobus. Parlando in generale, perché i malati – ad eccezione di quelli molto gravi – vivono come tutti gli altri cittadini, direi che considerando l’attività dei servizi in relazione alle problematiche della cittadinanza non ci siamo per niente. Per fare un esempio, anche i cinema che ormai sono quasi sempre decentrati sono facilmente raggiungibili in autobus, ma non hanno capito che occorre un mezzo pubblico fino all’ultimo spettacolo per chi ci deve andare.

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Della localizzazione degli ospedali ho già parlato, per quanto riguarda invece gli ambulatori realizzati in periferia, devo dire che in questo caso si è tenuto un po’ conto della densità degli abitanti. Tuttavia abbiamo raccolto delle proteste da parte dei cittadini in merito all’effettiva accessibilità di questi ambulatori, sia per i servizi di trasporto pubblici sia perché in quanto ad esigenze di parcheggio le aree prescelte lasciano molto a desiderare.

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? I marciapiedi sono quasi tutti con gli scivoli, quelli so che li hanno fatti. Quanto a barriere, tuttavia, alla stazione ferroviaria manca ancora un ascensore per raggiungere i binari ... col discorso che deve essere rifatta nessuno fa niente. Però per quanto riguarda le barriere architettoniche bisogna dire che a Bologna c’è un occhio particolare: ad es. noi siamo una delle prime città che ha predisposto appositi percorsi per i ciechi. Dunque un’attenzione c’è. Per quanto riguarda nello specifico i servizi sanitari c’è poi da dire che devono rispondere anche ai livelli di sicurezza imposti dalla legge 626, per cui insomma la situazione nel complesso è positiva, seppure con qualche problema ancora da risolvere.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alle esigenze di mobilità dei cittadini malati, garantendo loro una piena fruizione dei servizi sanitari?Anzitutto va detto che i malati in molti casi non possono raggiungere autonomamente le strutture ospedaliere, soprattutto utilizzando il trasporto pubblico. Diverse patologie e diverse terapie, come ad. es. la chemioterapia, richiedono che il paziente venga accompagnato e riportato a casa in auto o che faccia personalmente ricorso alla propria auto dilatando nella giornata la sua permanenza in ospedale, così da potersi rimettere al volante senza rischi. In questi casi, ovviamente, i problemi da affrontare sono sostanzialmente due: quello della mancanza di parcheggi in prossimità dell’area ospedaliera e quello delle elevate tariffe comunque richieste per la sosta (vedi risposta 16). A parte il problema generale del traffico, i sevizi di trasporto pubblico permettono comunque di raggiungere le strutture sanitarie, anche se ci sono problemi di cadenza dei passaggi, al punto che a volte si preferisce prendere due autobus piuttosto che aspettare quello diretto che non arriva mai o è in ritardo. Se poi si allungano anche i tempi di percorrenza, oltre a quelli di attesa, è chiaro che una persona malata, che deve raggiungere un ospedale, alla fine preferisce prendere l’auto. Va anche detto che spesso gli autisti degli autobus non hanno molta sensibilità nei confronti delle persone più deboli, magari anziani che corrono trafelati verso la fermata e bussano alla porta quando è già chiusa. In positivo va invece segnalata l’introduzione di messaggi vocali o sonori per i non vedenti, che facilita l’utilizzo del mezzo pubblico da parte di questa categoria di cittadini. Ma se si pensa ai problemi di mobilità di una persona malata o di un handicappato si capisce subito come raggiungere i poli ospedalieri presenti comunque non poche difficoltà.

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A maggior ragione i poli a ridosso del centro, perché in questi casi si deve tenere anche conto degli eventuali problemi di traffico dovuti alle fiere o alle manifestazioni. Un altro problema che vorrei sottolineare, infine, riguarda la necessità di collegare in modo diretto e rapido almeno i due ospedali S. Orsola e Maggiore ... io non sono un tecnico, però buon senso vuole che essendo grandi realtà produttive quelle della sanità sia anche ben collegate tra loro. Fin qui ho parlato di mobilità collettiva, ma le cose non vanno certo meglio se si parla della mobilità sanitaria, ovvero in particolare delle ambulanze. L’ambulanza è un mezzo individuale mal gestito, nel senso che magari viene da fuori Bologna per trasportare un malato e poi ritorna vuota, quando invece ci sarebbe necessità di trasportare un altro paziente, magari dimesso, da Bologna ad un’altra città. E’ un sistema assolutamente non ottimizzato. Se si riuscisse a far coincidere la necessità dell’arrivo con quello della partenza costerebbe meno tutto, perché l’ambulanza non tornerebbe indietro vuota. Per quanto riguarda Bologna, essendo regionali ed ex regionali il Sant’Orsola, il Rizzoli e il Bellaria, queste ambulanze vengono da tutte le parti d’Italia. Quindi si dovrebbe effettivamente ottimizzare anche questo tipo di trasporto. Problemi di mobilità si riscontrano in ultimo anche all’interno di un polo ospedaliero così vasto e articolato come il S. Orsola, dove per trasportare i pazienti da una palazzina all’altra – ad es. dal pronto soccorso alla radiologia – vengono impiegate le ambulanze. Tutti gli altri sono costretti ad andare a piedi, perché non esiste neppure un minibus elettrico, con conseguenti ed evidenti disagi.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? Si sta provvedendo ad integrare meglio tutta la rete dei trasporti. In pieno centro abbiamo già molto, tutto sommato, e ci sono anche i parcheggi a pagamento dove lasciare l’auto per prendere l’autobus. Tutto sta a raggiungerli.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire alle persone malate una piena accessibilità ai servizi sanitari e una migliore partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

� Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti

(punti 5) Un approccio assolutamente necessario, soprattutto in considerazione del fatto che adesso vogliono raggruppare ciascuna specialità in un unico polo dedicato, come è accaduto per l’oncologia, per cui tendenzialmente tutta la domanda di spostamenti per determinate cure tenderà a convergere su una sede specifica. In altri termini nel momento in cui si decide di creare un polo dedicato ad una specialità medica, si dovrebbe cercare di capire anche qual è il bacino d’utenza e quindi quali sono le potenziali presenze, per quindi organizzare un efficace sistema di trasporti.

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� Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio

(punti 4) Occorre senz’altro favorire l’intermodalità già in periferia, e non come avviene oggi solo dopo aver raggiunto il centro.

� Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT)

(punti 4) Questi sistemi, in certi casi e per certe patologie, potrebbero sostituire l’utilizzo individuale dell’ambulanza, favorendo peraltro una positiva socializzazione tra i pazienti.

� Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico(punti 3) Bologna ne avrebbe bisogno presso i poli ospedalieri, ma il problema da risolvere è quello delle tariffe (vedi risposta 16)

� Altro

Un provvedimento che sarebbe più adeguato per limitare la circolazione privata, sarebbe la liberalizzazione dei taxi. Questo abbatterebbe i costi, in maniera tale da innescare una concorrenza più dinamica anche con il Tpl, perché se uno deve prendere tre autobus preferirà ricorrere ad un taxi se questo gli costa poco più dell’autobus. Una competitività ancora più marcata nei confronti dell’auto privata, per la quale devo pagare il bollo, l’assicurazione ecc.. Se calcolo quello che viene, alla fine mi conviene prendere un taxi, almeno non ho l’usura della macchina, che posso usare invece la domenica. Insomma, ritengo che questa sia forse la formula più vincente per le esigenze di una città come Bologna ed anche di molte persone malate che devono raggiungere ambulatori ed ospedali. Servirebbe poi anche più informazione, per sapere esattamente quale tipo di mezzo prendere per arrivare nel più breve tempo possibile alla propria destinazione.Per quanto riguarda gli autobus hanno messo alle fermate alcuni numeri da chiamare e sono segnalati anche i minuti di attesa, ma spesso e volentieri sento ugualmente domandare “scusi questo va a….?”. D’altra parte ci sono molti anziani che non riescono a leggere i pannelli perché hanno problemi di vista e le piantine vanno bene solo per chi ha già dimestichezza con la città.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing?Bologna per certi versi è una città che si muove in maniera abbastanza frenetica. Il fatto di dover prenotare potrebbe essere un mezzo fallimento, sia perché c’è una generazione abbastanza vecchia sia perché chi invece ha un’attività non ci pensa su due volte: prende i suoi mezzi e va.

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Perché le persone hanno bisogno di autonomia e molto probabilmente le attività sono tali per cui durante l’arco della giornata le destinazioni da raggiungere sono molteplici.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita delle persone malate? I sistemi di controllo elettronici costituiscono delle vere e proprie barriere architettoniche: l’accreditamento al sistema Sirio è automatico solo per chi ha il contrassegno rilasciato dal Comune di Bologna, mentre chi viene da fuori prende la multa e deve poi fare ricorso. Questo è un problema molto serio. Va poi considerato che in centro c’è grande carenza di parcheggi riservati ai disabili.

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?Fuori dal centro il parcheggio su strada costa 1 euro, che non è poco, però molti di quelli che vengono in auto dalla periferia preferiscono parcheggiare un po’ prima del centro e poi prendere l’autobus. Questo comporta un’occupazione continua dei posti auto su strada presso gli ospedali più vicini al centro, soprattutto nel caso del S. Orsola. Per quanto riguarda in modo specifico il S. Orsola c’è anche un parcheggio in struttura dato in gestione, ma costa 1,65 euro per la prima ora e se poi uno riprende l’auto e il timbro segna 1 ora e 1 minuto deve pagare anche l’ora successiva. La seconda ora diminuisce e via di seguito, ma il costo finale è troppo alto per una persona che deve venire frequentemente in ospedale per curarsi, magari per sottoporsi a trattamenti di chemioterapia. E poi questo parcheggio viene utilizzato molto anche da chi deve recarsi in centro e non trova un posto su strada. Occorrerebbe quindi differenziare in questi casi le tariffe in base alle reali esigenze degli utenti. Un paziente in chemioterapia non può certo prendere l’autobus, ma qualcuno deve accompagnarlo. Abbiamo pensato ad es. ad un tesserino, appositamente rilasciato ad ogni singolo paziente, che dimostri che sta andando a curarsi, offrendo il parcheggio gratuito o fortemente scontato. Ma il rischio è di operare una complessa burocratizzazione, anche perché poi magari si finirebbe per dover differenziare il tesserino per la chemioterapia, con parcheggio gratuito, da quello per altre cure, che potrebbero dare diritto solo ad uno sconto. E’ un problema complesso. L’unica cosa da fare sarebbe che l’accesso al parcheggio si potesse dedurre nella dichiarazione dei redditi, almeno si recupererebbe qualcosa. Soltanto che con i controlli che fanno al Fisco questo lo farebbero tutti, cioè tutti comincerebbero a dire che sono andati all’ospedale. E allora cosa si fa? Bisognerebbe conservare lo scontrino insieme ad un’attestazione che sei stato in ospedale per fare una determinata cura... pacchi di carta che complicherebbero solo la vita. Il problema dunque rimane aperto, ripeto, ed è complesso, ma in qualche modo va pure affrontato e risolto.

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18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso dei cittadini affetti da patologie gravi o croniche alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

� Maggiori informazioni all’utenza tramite call center (5) � Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.) (4/5) � e-commerce (4/5) � e-learning (4/5) � Sistemi di “telelavoro” (4/5) � Servizi a domicilio (5)

Da noi c’è già l’ADI, l’assistenza domiciliare integrata. E’ abbastanza. Certo si potrebbe potenziare, però tra ADI e ANT - l’ANT è quella per i malati oncologici - l’assistenza a domicilio funziona abbastanza bene, evitando spostamenti ai pazienti. Però questi servizi sono solo per i casi di estrema gravità. Vengono pagati dal servizio sanitario, ma solo per i più gravi. Sicuramente sarebbe un bene estenderli anche ad altre categorie, così come sarebbe opportuno intensificare anche la pratica delle visite a domicilio, anche se probabilmente i costi per la Sanità diverrebbero molto elevati. Per quanto riguarda invece l’uso delle nuove tecnologie, occorre rilevare una cosa: la tecnologia va benissimo, ma è alla portata delle nuove generazioni, mentre le altre hanno molta più difficoltà anche a prenotare una semplice visita per via telematica. E gran parte dei malati sono anche anziani. Molte soluzioni tecnologiche, di conseguenza, rappresentano una prospettiva su cui lavorare per le generazioni future. Vedo invece come molto utile nell’immediato la prima proposta: quella di un centro di informazioni mirate, in contatto costante con il paziente, come già avviene in parte con il CUP, il centro unificato di prenotazione telefonico. Si dovrebbe trattare insomma di un’informazione mirata, periodica - nella misura in cui si verificano dei cambiamenti - e personalizzata ovvero, se non ci fosse il rischio di malintenzionati, ti telefonano dopo che avevi prenotato un esame magari da tre mesi e ti ricordano l’appuntamento e cosa è necessario fare. Meglio ancora, poi, se ci fosse un punto di riferimento a livello di quartiere, ma con gli attuali tagli non ci sono sufficienti assistenti sociali per occuparsi anche di questo.In proposito occorre peraltro tenere presente che il cittadino oggi fatica ancora moltissimo per ottenere tutte le informazioni sanitarie che gli servono e questo lo costringe ad affrontare faticosi e a volte inutili spostamenti. Da questo punto di vista anche una determinata azione di sburocratizzazione e di semplificazione potrebbe portare molti benefici.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche dei cittadini malati? Ripeto non sono un tecnico, ma solo uno che conosce le esigenze e i problemi di chi ha una malattia e deve raggiungere specifiche strutture per curarsi.

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Credo che nel servizio di trasporto collettivo si posso fare ancora molto, ma preferisco limitarmi a segnalare alcuni problemi.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che si occupano dei diritti del malato per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Ritengo che la voce del cittadino in qualsiasi situazione, associativa o singola, sia uno strumento di rilevazione del bisogno che è fondamentale. Ma purtroppo ci scontriamo sempre con interessi di categoria, di lobby, con situazioni anche di tipo politico in cui non contiamo assolutamente niente. La massima istituzione sanitaria, l’ASL, e l’ARPA ad es. che cosa hanno fatto in definitiva delle preoccupazioni espresse dai cittadini sullo smog: non se ne è fatto niente, puoi inquinare se paghi. Sta diventando tutto così. E allora cresce la sfiducia nei confronti di chi dovrebbe rappresentarti e garantire gli interessi di tutta la comunità.

3.1.8. CCIAA.

Luigi Licardi, segretario generale e direttore.

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? A Bologna gli esercizi commerciali sono ben distribuiti sul territorio urbano a differenza di quanto accade in altre città dove i quartieri in espansione risultano poveri di strutture commerciali. Ciò comporta spostamenti da parte dei consumatori abbastanza uniformi all’interno del perimetro urbano e non costringe chi abita in periferia a recarsi necessariamente in centro storico per effettuare certi tipi di acquisti. Pertanto il recarsi nel centro città è semmai motivato dal piacere di fare una passeggiata nella zona storica di Bologna più che da una reale necessità fondata su esigenze di acquisto. In quanto alle attività di produzione, la loro distribuzione sul territorio urbano risulta meno diffusa. Tendono a concentrarsi per lo più nella zona suburbana. Le uniche eccezioni sono rappresentate da alcune attività artigianali che potremo definire “di pregio” – si tratta spesso di attività storiche - che possono a tutt’oggi rinvenirsi in centro storico. Ma si tratta di una piccolissima minoranza. Gli stessi poli sanitari, infine, sono collocati in aree ben diverse della città: il Rizzoli è nella parte collinare, il Sant’Orsola nella zona centrale e il polo del Maggiore sulla Via Emilia.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia?

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Le scelte urbanistiche hanno un valore fondamentale e determinante sui flussi di traffico. Dislocare le attività direzionali, ad esempio, a macchia di leopardo nell’aggregato urbano crea confusione. Se, al contrario, si concentrassero in aree ben definite e servite dal trasporto pubblico e da una viabilità ordinaria ben articolata ne beneficerebbero gli stessi flussi di traffico. Concentrare le attività direzionali nel centro storico, ad esempio, comporta un rischio di desertificazione dell’area: una contrazione dell’attrattività commerciale e delle attività caratteristiche del centro storico. Così i centri storici diventano uffici che di sera si svuotano.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto? Esiste una buona integrazione tra la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali e il sistema dei trasporti. Bologna è una città ben servita sotto questo profilo anche se talvolta si possono generare alcuni disaccordi puntuali sul tema. Come nel caso del divieto di ingresso nel centro storico al traffico automobilistico privato che, pur andando soggetto a deroghe in determinati periodi come quello delle feste natalizie, necessiterebbe secondo i commercianti di una maggiore flessibilità – anche limitatamente ad alcuni giorni della settimana – per mantenere più vivo e animato il centro storico.

4. E la dislocazione delle aree residenziali?Anche nel caso delle aree residenziali esiste un buon livello di integrazione.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a: (1=per niente; 2=poco; 3=abbastanza; 4=molto)

Lavoro: 3 Scuole, asili e luoghi per l’infanzia: 3 Cura e salute (ospedali, USL): 3 Uffici postali/banche: 3 Negozi/centri commerciali: 3 Attività culturali (cinema, teatri): 3 Sport e tempo libero: 3

Esiste in generale un’attenzione a localizzare le sedi dei servizi laddove è più agibile l’accessibilità.

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? Il problema delle barriere architettoniche è stato affrontato in maniera migliore di quanto sia avvenuto in altre realtà urbane. Bologna ha sempre manifestato una grande attenzione per queste tematiche.

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7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? Esiste un accettabile livello di libertà negli spostamenti che assicura in generale a tutti una buona partecipazione alla vita economica e sociale della città.

7 bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? Anche nel caso delle categorie svantaggiate l’organizzazione della mobilità e del tpl risulta buona. Forse nel caso dei disabili si potrebbe fare qualcosa in più intervenendo con servizi maggiormente personalizzati.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? Il livello di integrazione in questo caso è da migliorare, soprattutto tra la rete ferroviaria metropolitana e il trasporto pubblico urbano. Anche una politica meno stringente sull’intermodalità tra mezzo pubblico e privato potrebbe tornare utile con l’introduzione, in particolare, di parcheggi scambiatori di cui si avverte una specifica esigenza lungo la cinta semiperiferica della città.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti? Il rapporto tra l’offerta di servizi di trasporto pubblico locale e le tariffe di viaggio risulta assolutamente buono e adeguato.

10. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? Si, ma molto è dipeso anche dalle scelte urbanistiche determinate dalle amministrazioni. Mentre per le attività di produzione sono state definite ed individuate aree dedicate ed attrezzate (ASI, zone industriali,e cc), altrettanto non è avvenuto per le attività commerciali rimaste svincolate da scelte localizzative in qualche modo predeterminate. Se le attività artigianali e di produzione si sono dunque localizzate in zone periferiche e suburbane – spesso le aree industriali ricadono nei comuni limitrofi (S. Lazzaro, Casalecchio, ecc) - le attività commerciali, soprattutto quelle del centro storico, hanno accusato maggiormente i problemi legati alla mobilità. Tanto che tendono ora a distribuirsi lungo le principali vie di comunicazione, mentre le più recenti aree di espansione commerciale – veri e propri parchi commerciali – tendono a localizzarsi anch’essi al di fuori del centro città, in periferia o nei comuni limitrofi.

11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti?

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Certamente. Le aree servite meglio sotto il profilo della mobilità sono state anche le più valorizzate. Si pensi, ad esempio, alle zone sorte negli immediati dintorni della Fiera. Tuttavia, anche se l’accessibilità di un luogo, dunque la mobilità rappresenta un fattore tutt’altro che trascurabile, l’elemento altamente vincolante per decidere dove acquistare la propria residenza resta il prezzo che a Bologna risulta abbastanza elevato. Sotto il profilo residenziale si è sviluppata molto la zona della cinta suburbana e quella dei comuni vicini a Bologna anche perché risultano molto ben collegati al centro. Da S. Lazzaro, ad esempio, si impiegano circa 30-40 minuti nei momenti di massimo traffico, da Casalecchio anche meno. Il tutto ovviamente a scapito di uno sviluppo urbanistico residenziale della città.

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

Pianificare congiuntamente la distribuzione di attività e infrastrutture dei trasporti: 5 Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: 5 Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 4

Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing): 4 Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare): 5 ma è una misura assolutamente teoricaRealizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 5 Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 4 Altro…………………………………………………………………

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?I parcheggi sotterranei

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? E’ una questione culturale. Intervengono altri fattori come la scarsa informazione e pubblicizzazione delle opportunità che questo tipo di servizi offrono ma rimane fondamentale nello scarso ricorso a tali modalità di trasporto il fattore culturale.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? Gli operatori economici con sede d’impresa nel centro storico sono stati sicuramente condizionati.

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16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?La tariffazione della sosta non è una cosa negativa, tutt’altro, la ritengo positiva. Consente un turn over della frequentazione del centro storico più accelerato. Il problema è poter arrivare. Se la possibilità di parcheggiare in centro è limitata, è preferibile avere venti automobili in cinque ore piuttosto che una. E’ a tutto vantaggio dei commercianti.

17. Più in generale, a suo giudizio, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico ? Non ne farei tanto una questione di congestione del traffico. Ne farei più che altro una questione di qualificazione dell’area commerciale. Se si vogliono creare delle strade salotto si deve andare verso le ztl più rigide. Non tutte le strade hanno però le caratteristiche per essere qualificate strade salotto. Via D’Azeglio è una strada salotto e giustamente lì c’è una ztl. I commercianti non possono che beneficiare di questo. Se però nel raggio di 10 km non è possibile arrivare con la macchina comincia ad esserci qualche problema. Dipende dal tipo di strada e dal tipo di impostazione commerciale che si vuole dare a quella zona.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

Maggiori informazioni all’utenza tramite call center: 2 Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.): 5 e-commerce: 1 è un fatto culturale e-learning: 2 Sistemi di “telelavoro”: 5 Servizi a domicilio: 4 Altro……………………………………………………………………

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? Intervenire per consentire un migliore scambio tra le diverse modalità. In questo senso sarebbe opportuno incrementare il numero dei parcheggi. Oppure creando una maggiore connessione tra rete ferroviaria metropolitana e servizi di Trasporto pubblico locale a livello più strettamente urbano.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Creando dei tavoli di lavoro “mirati e a tempo” su specifici obiettivi. Vale a dire tavoli di concertazione finalizzati non soltanto al dialogo e allo scambio di idee tra i diversi soggetti coinvolti nella questione, ma soprattutto fortemente orientati al raggiungimento di risultati concreti.

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22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?No perché si tratta di organi tecnici che debbono essere ascoltati come soggetti consulenti che non possono sostituirsi alla politica nelle decisioni. La politica è diversa dalla tecnica: il politico è un mediatore sociale

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Più su che cosa potrebbero fare tali soggetti porrei la questione su cosa potrebbero fare gli organismi deputati all’organizzazione e amministrazione del servizio pubblico per renderli maggiormente partecipi. Le associazioni di assistenza delle categorie svantaggiate già si muovono e sono anche tenute in buona considerazione e sufficientemente ascoltate. Forse tali associazioni potrebbero formulare proposte più coerenti con le reali capacità e possibilità di realizzazione.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi? Svizzera e Germania da questo punto di vista sono, a mio avviso, decisamente avanti. La Svizzera, in particolare, manifesta:

1. una grande attenzione verso quelle categorie che hanno bisogno di essere assistite nella mobilità urbana;

2. una attenta programmazione dei servizi pubblici urbani in relazione alle esigenze del territorio in termine sia residenziale che economico;

3. una attenta programmazione di carattere urbanistico; 4. una giusta dose, infine, di pragmatismo.

3.1.9. Automobile Club di Bologna

Giancarlo Sabatini, Direttore

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività?Il centro storico continua ad attrarre per le attività commerciali (negozi di tutti i livelli), finanziarie (istituti di credito), culturali (teatri, musei), ricreative (locali di ritrovo).

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2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia?Non è facile individuare il peso specifico delle diverse cause, fra le quali non è certamente ultima quella legata all’anagrafe dei residenti. Si nota un distacco fra la periferia, in genere non degradata come quella di molte altre città, e il centro, dove chiudono i negozi e fioriscono gli sportelli bancari, la popolazione originaria invecchia, subentrano nuovi soggetti.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto?Generalmente, sì. Tuttavia è naturale che supermercati e centri commerciali, collocati nelle periferie o nell’hinterland, siano fruibili agevolmente solo con mezzi privati, dovendosi trasportare le merci acquistate.

4. E la dislocazione delle aree residenziali?Le aree residenziali sono ben collegate con il centro, meno bene fra di loro.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a:

1 2 3 4 Lavoro *

Scuole asili e luoghi per l’infanzia * Cura e salute (ospedali, USL) * Uffici postali/banche Negozi/centri commerciali * Attività culturali (cinema, teatri) * Sport e tempo libero *

6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? Abbastanza bene quanto alle strutture fisse; ci sono tuttavia ostacoli estemporanei alla circolazione, prima per il degrado delle sedi stradali per scarsa manutenzione poi per la necessità di interventi rilevanti.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? Operando unicamente in superficie, il sistema risente delle difficoltà del traffico, e anzi vi concorre, ove non si possa evitare la promiscuità dei diversi mezzi, pubblici e privati.

7-bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili?

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Anziani e disabili non sembrano godere di particolari attenzioni in ordine alle loro capacità ridotte. Basti pensare all’inadeguatezza strutturale di molti autobus, con difficoltà di salita e discesa e carenza di sostegni all’interno.

8. Qual è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? Mediocre: considerando che, a non tener conto dei taxi, gli strumenti sono soltanto il veicolo privato e l’autobus, che in genere non sono integrati bensì alternativi.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti?Trattandosi di tariffe orarie il rapporto può essere più o meno buono a seconda della lunghezza dei percorsi utilizzati dai singoli utenti.

10. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? Non è facile separare gli effetti delle misure assunte dall’amministrazione dai fenomeni derivanti da altre cause più generali (situazione economica, mutamenti culturali, ecc.). Certamente molte attività sono state trasferite ai centri commerciali e ai supermercati periferici, con contestuale deperimento o estinzione di esercizi “storici”.

10bis Ci può fornire un esempio concreto? Un celebre negozio di radio, TV, elettrodomestici, operante in pieno centro fin dagli albori del commercio nello specifico settore, pur adeguandosi strenuamente alle evoluzioni del mercato, si è infine trasferito nell’immediato hinterland.

11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti?

Vale il discorso fatto sopra a proposito del peso dei diversi fattori. C’è stato certamente un ricambio almeno parziale della popolazione del centro storico, migrata in periferia o (considerato l’alto numero di anziani) estinta, e sostituita da studenti fuori sede e lavoratori immigrati, oppure da nuovi, facoltosi, residenti insediatisi dopo costosi interventi di ristrutturazione degli immobili.

11 bis. Ci può fornire un esempio concreto? Lo sfratto di inquilini e negozianti “di tradizione” da uno stabile decoroso in posizione centralissima, dopo una vera odissea. L’immobile è stato completamento ristrutturato e dotato di parcheggio sotterraneo, con radicale mutamento del tessuto sociale.

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12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (Valutazione da 1 a 5)

1. Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti: 5 2. Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: 5 3. Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 4 4. Sviluppare forme di trasporto “similauto”: (taxibus, car pooling, car sharing): 3 5. Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare): 3 6. Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 5 7. Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’usodell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 2 8. Altro

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Quello indicato al punto 2, al quale è correlato quello di cui al punto 6.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Difficoltà di ordine psicologico (la condivisione del mezzo di trasporto con estranei che, per l’esiguità degli spazi, non si possono ignorare); difficoltà oggettive alla condivisione anche con persone conosciute (si può essere amici e vicini ma lavorare in luoghi distanti); carenza di incentivi veramente appetibili.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini?Indubbiamente ci sarà chi ha tratto giovamento dai provvedimenti. Tuttavia, in taluni casi, l’effetto è stato deleterio, ma il discorso va al di là delle sole considerazioni sul traffico. Infatti, zone in cui è stata esclusa o fortemente limitata (nelle ore diurne) la circolazione veicolare, anziché spazi di ricreazione sono diventate aree di grave degrado.

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?Si è trattato, in misura preponderante, dell’attrezzatura (linee blu) di luoghi di sosta preesistenti, di cui si è scoraggiato l’uso a tempo indeterminato, dando sollievo ai residenti in zona, per i quali si è previsto il parcheggio libero. L’operazione naturalmente ha un rilievo sensibile per le casse comunali. Gli importi stabiliti per le diverse zone sembrano piuttosto elevati.

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17. Più in generale, a suo giudizio, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico?In generale, la limitazione appare indispensabile. Si devono però adottare criteri ragionevoli. È inaccettabile una mera monetizzazione del diritto di circolazione.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da1 a 5)

Maggiori informazioni all’utenza tramite cali center: 3 Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.)2 e-commerce: 2 e-learning: 2 Sistemi di “telelavoro”: 3 Servizi a domicilio: 4 Altro

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? Ridurre le situazioni di traffico promiscuo e allestire parcheggi scambiatori.

20. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Molti lavoratori di fasce medio-basse, fra i quali buona parte degli immigrati attivi, abitano in località della provincia e, non disponendo di mezzi di trasporto privati, necessiterebbero di servizi pubblici maggiormente articolati. Non ci si nasconde che esiste il problema dei costi.

21. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?Si può ritenere che, per Bologna, il problema non si ponga, stante il peso politico dell’Azienda che gestisce i Trasporti Pubblici.

22. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci?Sotto il profilo etico il ruolo dovrebbe essere importante. Quanto all’aspetto “politico” va ricordato che le Cooperative di assistenza lavorano su commesse dell’amministrazione locale: il che, probabilmente, non incoraggia la contrapposizione dialettica.

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23. È a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi?Monaco di Baviera.

24. Quali indicatori potrebbero essere usati per misurare l’effettiva capacità di accesso di tutte le categorie di cittadini ai diversi servizi/attività?Gli indicatori non possono essere omologati. Dovrebbero essere gli operatori dei diversi servizi a definirne gli elementi.

3.1.10. API BOLOGNA – CONFINDUSTRIA.

Paolo Beghelli, Consigliere delegato

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività? Il centro storico permane un attrattore di spostamenti a fini commerciali e ludico-ricreativi anche se meno che nel passato per effetto di altri punti di attrazione che si sono venuti a creare all’esterno della cinta muraria. Si tratta di strutture commerciali che prospettano prodotti e oggetti di interesse per il consumatore identici o presso che identici a quelli che sono presenti negli esercizi del centro storico. Pertanto viste le difficoltà di trasferimento e di sosta nel centro città, molti consumatori tendono oggi a preferire gli acquisti nei grandi centri commerciali dislocati nelle fasce urbane periferiche. Per gli stessi motivi, oltre che per un’offerta più variegata, le moderne strutture cinematografiche – le cosiddette multisale – sorte negli ultimi anni lungo la cinta più esterna della città hanno assorbito progressivamente la clientela dei cinematografi del centro storico. C’è, dunque, una tendenza del bolognese a proiettarsi per fruire di tali attrezzature più verso l’esterno che verso il centro città. Di contro, gli studi di consulenza, i professionisti e gli uffici direzionali rimangono fortemente ancorati al centro cittadino. Rispetto ad essi, il centro di Bologna mantiene una forte polarizzazione ed una elevata attrattività.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso sull’attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? Le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio hanno inciso notevolmente sull’attuale configurazione del centro storico e come sempre è stata una questione di scelte. Non si sono attrezzate, ad esempio, le aree ai bordi del centro città con una rete di parcheggi adeguata alla domanda anche per carenza di spazi da adibire a tale funzione.

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In realtà la zona semicentrale della città dispone di strutture militari (caserme) alcune delle quali in disuso o in stato di degrado. Sarebbe stato importante intervenire presso il Governo centrale perché liberasse dal vincolo militare tali strutture per poterle destinare al miglioramento – attraverso l’istituzione di parcheggi o altro – della fruibilità del centro storico. Le politiche di programmazione urbanistica implicano sempre una costante rivisitazione delle funzioni e della loro distribuzione sul territorio in base alle esigenze emergenti della collettività.

3. Più in particolare, a Bologna la distribuzione sul territorio dei servizi e delle attività produttive/commerciali (Land Use) risulta integrata con i sistemi di trasporto? No, perché da un lato esistono problemi riconducibili alle limitazioni di accesso al centro storico che hanno vincolato di fatto lo sviluppo delle attività presenti nell’area. Dall’altro la stessa tempistica degli interventi risulta sfalsata: le attività produttive e commerciali tendono ad insediarsi spontaneamente e gradualmente in determinate aree e le politiche della mobilità cercano di assecondare, più che governare, tali processi senza andare di pari passo o, addirittura, precedere e guidare la dislocazione di dette attività sul territorio. Lo schema procedurale è sempre il medesimo: all’insediamento delle attività economiche segue l’intervento dell’amministrazione dapprima con divieti, poi con un’attenuazione degli stessi per limitare i disagi provocati alle attività produttive. “In realtà è un correre dietro ai problemi, non affrontarli”.

4. E la dislocazione delle aree residenziali?A Bologna è stata fatta una “politica di risparmio del territorio a scapito del verde e della fisionomia della città” – peraltro non imputabile all’attuale Giunta, né alla precedente - assecondando la realizzazione di “incomprensibili mostruosità” sul genere del Borgo Masini e della zona a ridosso della Fiera dove sorgono fitte strutture di proprietà private, di varie cooperative e dell’Acer (l’ente che gestisce le case popolari). Una zona dove servivano spazi per potenziare la Fiera - anche in termini di accessibilità e di accoglienza degli elevati flussi di visitatori - e per renderla un punto nevralgico e strategico della città.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità dei cittadini nella localizzazione di sedi relative a: (1=per niente; 2=poco; 3=abbastanza; 4=molto)

Lavoro: 2 Scuole, asili e luoghi per l’infanzia: 2 Cura e salute (ospedali, USL): 3 Uffici postali/banche: 2 Negozi/centri commerciali: 3 Attività culturali (cinema, teatri): 2 per quelli dislocati in centro città, 3 per quelli decentrati Sport e tempo libero: 1 (soprattutto in relazione alla localizzazione dello stadio)

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6. Come è stato affrontato a Bologna il problema delle barriere architettoniche? E’ stato affrontato con molta attenzione anche se il problema non è esaurito e ci sono margini di miglioramento. Si è intervenuti sui mezzi di trasporto dotandoli di pedane più basse, sui marciapiedi e sugli edifici con la realizzazione di scivoli che facilitano la mobilità di anziani e disabili, ecc. Insomma con tutta una serie di interventi che testimoniano l’attenzione dell’amministrazione per queste tematiche.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alla domanda di mobilità dei cittadini, garantendo a tutti piena libertà di spostamento e un’effettiva partecipazione alla vita economica e sociale della città? Il trasporto pubblico a Bologna risponde ancora bene alle necessità di spostamento dei cittadini: le frequenze delle corse sono molto elevate e i collegamenti radiali di avvicinamento della periferia al centro storico soddisfacenti. Si tratta di un giudizio positivo soprattutto se si confronta Bologna con altre realtà urbane, in relazione alle quali il capoluogo emiliano appare dotato di un trasporto pubblico locale “accurato”. Tale giudizio rimane invariato sia spostando la questione esclusivamente sulle aree centrali che su quelle periferiche. Bologna rimane una delle città con i migliori mezzi collettivi che ci siano.

7 bis. E in relazione alle specifiche esigenze di mobilità delle categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili? Nei confronti delle categorie svantaggiate si pone, più che un problema di strutture e di organizzazione della mobilità, un problema di educazione civica. L’amministrazione dovrebbe lanciare a questo proposito una campagna di sensibilizzazione perché accade di frequente di vedere sui mezzi pubblici persone anziane e disabili in piedi e giovani e bambini che occupano posti a sedere, senza manifestare tra l’altro alcuna propensione ad aiutare le persone in difficoltà nelle fasi di salita e discesa dal mezzo. Esiste, dunque, un problema di educazione civica ampliato peraltro dalla presenza di extracomunitari che manifestano, a questo proposito, modalità comportamentali ben diverse dalle nostre di tradizionale attenzione e considerazione per le persone più deboli come anziani e disabili. Si tratta di un problema non solo di diseducazione ma di scarsa predisposizione verso l’altro che negli ultimi anni si è accentuato. In seconda battuta è auspicabile il potenziamento di servizi di mobilità predisposti ad hoc per le categorie svantaggiate come i taxi per i disabili ad esempio. Ma in generale le persone svantaggiate dovrebbero essere maggiormente aiutate e comprese, nonché godere di una maggiore attenzione “pratica”. Alcuni mezzi pubblici, ad esempio, non sono utilizzabili dai disabili per motivi strutturali e non esiste alcuna disposizione che obblighi tali mezzi a dotarsi di attrezzature che li rendano fruibili anche da queste categorie di utenti.

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Questo è un grave limite. In conclusione, il sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde abbastanza bene alla domanda di mobilità dei cittadini svantaggiati ma potrebbe migliorare lavorando sull’educazione dei cittadini e sulle normative.

8. Quale è il livello di integrazione tra i vari strumenti di mobilità attualmente disponibili? Il livello di integrazione risulta abbastanza buono. Nella città ci si muove complessivamente bene con tutti i mezzi anche perché si tratta di una realtà piccola. Forse occorrerebbero più taxi in alcuni punti nevralgici della città, ma complessivamente c’è una discreta possibilità di mobilità.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti? Oggi il rapporto è abbastanza buono. Ma sarebbe auspicabile avere tariffe più elevate e un servizio migliore che tuteli gli utenti – soprattutto anziani e disabili - dai tentativi di furti e soprusi. Oggi a Bologna una corsa costa un euro per 60 minuti di viaggio. Tralasciando la presenza a bordo di coloro che usufruiscono del servizio senza pagare, si registra anche una presenza diffusa di persone che approfittano degli utenti più deboli per derubarli. Si potrebbe, a fronte di un incremento tariffario, dotare il veicolo di personale addetto alla sicurezza dei viaggiatori dal momento che tali episodi incidono sicuramente sulla disponibilità della persona a fruire del trasporto pubblico locale.

10. e 11. Le politiche adottate dal Comune nel settore della mobilità hanno avuto ripercussioni sulla localizzazione delle attività commerciali e produttive? E sul costo degli affitti e sulle rendite immobiliari e, conseguentemente, sulle scelte abitative dei residenti? Le politiche della mobilità non hanno avuto ripercussioni sulle scelte localizzative delle attività produttive o dei residenti: i fattori di scelta in entrambi i casi sono stati altri. Per gli operatori economici la leva principale che li ha indotti a spostarsi in aree periferiche è stato il prezzo elevato degli affitti. Analogamente è accaduto e accade tuttora per i residenti. A Bologna gli immobili presentano costi piuttosto elevati. Tra le residenze poste in centro e quelle localizzate in periferia ci sono differenziali di prezzo notevoli. Oggi il prezzo delle abitazioni poste nel centro storico è elevatissimo, il costo di quelle nelle aree semiperiferiche molto elevato e di quelle in periferia abbastanza elevato. Le abitazioni poste nel centro storico o sono abitazioni vecchie e cadenti, abitate da persone anziane con servizi e strutture per la persona molto modesti, oppure sono abitazioni che hanno tutti i comfort e presentano costi elevatissimi. I residenti del centro storico raramente utilizzano i mezzi pubblici. Preferiscono ricorrere ai taxi o ai mezzi di trasporto pubblico alternativi all’autobus perché hanno le risorse per affrontarlo. Oggi i mezzi pubblici sono frequentati più dagli extracomunitari che dai bolognesi i quali tendono ad attrezzarsi in maniera diversa visto che non sempre il trasporto pubblico è in grado di favorire pienamente il lavoro delle persone.

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12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire a tutti i cittadini l’accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)

Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture dei trasporti: 5 ma dovrebbe essere lo scenario di fondo di tutti gli altri interventi; l’assenza di interventi pregressi finalizzati ad una pianificazione congiunta della distribuzione delle attività e dei trasporti rende ad oggi tali interventi ancora più complessi e difficili; Potenziare il servizio di TPL e realizzare parcheggi di scambio: 1 non è necessario su Bologna perché il Tpl è già sufficientemente sviluppato; Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT): 1Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing): 4 Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare):Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico: 5 Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione: 1 Altro: ………………………………………………………………………

13. Quale tipo di intervento, tra quelli citati, ritiene oggi prioritario a Bologna?Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Si tratta principalmente di un fatto di abitudine e culturale, in seconda battuta anche di corretta informazione e comunicazione. Finora questi servizi non hanno manifestato performance particolarmente incoraggianti a Bologna, mentre in realtà potrebbero rappresentare un servizio potenzialmente molto interessante per la cintura più esterna della città. I bus a chiamata, ad esempio, dovrebbero essere una normalità in queste zone. E’ inutile infatti far girare mezzi pubblici che, in determinate fasce orarie, risultano vuoti e che presentano costi di funzionamento davvero proibitivi. Occorre studiare orari differenziati e soprattutto impiegare tipologie diversificate di modalità di trasporto nella cintura più esterna della città.

15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita di alcune categorie di cittadini? Si, di tanti. Dei giovani, dei non giovani, delle famiglie di medio e basso reddito esterne al centro.

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?Una parte della popolazione li giudica eccessivamente costosi. In alcuni casi vengono ritenute eccessive anche le rilevazioni del personale addetto al controllo

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che applica rigidamente le regole in assenza di una qualche forma di flessibilità. E’ vero che c’è un diritto da far rispettare, ma c’è anche un equilibrio che merita attenzione.

17. Più in generale, a suo giudizio, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico ? Il problema vero nelle zone congestionate è lo scorrimento. Bisognerebbe fare in modo, anche per contenere le forme di inquinamento da traffico, che ci sia una circolazione il più possibile fluida. In tal senso i semafori sincronizzati potrebbero svolgere un ruolo rilevante.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazione da 1 a 5)

- Maggiori informazioni all’utenza tramite call center: 1 - Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.): 1 - e-commerce: 1 - e-learning: 1 - Sistemi di “telelavoro”: 1 - Servizi a domicilio: 1 - Altro……………………………………………………………………

I sistemi tecnologici comportano alcuni grandi benefici e alcuni grandi rischi. Essendo praticamente la popolazione bolognese formata in buona parte da giovani studenti fuori sede, da extracomunitari e da persone anziane, è necessario calare su questo tipo di realtà le modalità di un certo tipo di intervento. La soluzione, in questo caso più opportuna, può essere rappresentata dal decentramento dei servizi e da un’adeguata accessibilità agli stessi.

19. Che cosa si dovrebbe fare per migliorare l’integrazione tra i mezzi di trasporto e rafforzare lo sviluppo del TPL? Potenziare innanzitutto i parcheggi, impedire alle persone di sostare lungo le radiali come avviene in tutte le principali città europee, verificare che vi siano nelle strade adiacenti alle radiali tutta una serie di possibilità di parcheggi anche di contenute dimensioni ma utili a consentire la sosta. Si potrebbero utilizzare a questo proposito le cantine in disuso degli edifici.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione le problematiche di integrazione sociale? Occorre una formazione educativa attraverso la predisposizione di una campagna di sensibilizzazione sul tema, la disponibilità di mezzi che possano accogliere le persone svantaggiate, una sensibilità pratica nei confronti di questi soggetti.

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22. Chi gestisce i servizi di TPL dovrebbe avere maggiore peso in ambito politico-decisionale per poter assicurare un servizio sufficientemente adeguato?No, perché ha già abbastanza peso in ambito politico-decisionale. “L’At’c a Bologna è quasi una potenza!”. L’azienda che gestisce il trasporto pubblico locale nel capoluogo emiliano dispone, a detta dell’intervistato, di tutto il potere che le compete, anche oltre. In seno all’amministrazione ha una grande capacità di determinazione. Ciò avviene con la Giunta attuale così come è accaduto con le giunte precedenti. Buona parte delle scelte urbanistiche sono state realizzate in funzione delle decisioni dell’At’c.

22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono categorie specifiche di utenti deboli, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Dovrebbero presentare le istanze dei loro associati, avere una visione programmatica che consenta loro di ottenere un progressivo accoglimento delle esigenze dei rappresentati senza pretendere tutto subito e senza lamentare una mancanza di attenzione che a Bologna non c’è mai stata nei confronti di categorie svantaggiate. E’ fondamentale proporre un dialogo con le amministrazioni e “veder crescere il figlio”. Puntare i piedi, fare le grandi manifestazioni non serve a molto. Serve invece un’azione di sensibilità, la predisposizione di qualche progetto o iniziativa, una documentazione di fatti positivi verificatasi in altre città per valutare l’operato di Bologna con quello di altre realtà.

23. E’ a conoscenza di qualche esempio significativo di città, in Italia o all’estero, in cui i servizi di trasporto assicurano a tutti i cittadini una piena accessibilità ai diversi luoghi e servizi? Ci sono città, soprattutto all’estero, dove l’attenzione per le categorie svantaggiate è davvero elevata. Si tratta di realtà non troppo lontane da noi: Vienna, per esempio, o alcune città del Nord Europa. In genere livelli elevati di sensibilità a queste problematiche si rinvengono in città di medio-piccole dimensioni. Per una metropoli – che di per se è abbastanza disumana - è più difficile gestire un aspetto della realtà così di nicchia. Può anche istituire qualche servizio, ma si reputa che possa avere una caratterizzazione molto meno fruibile da parte di questi soggetti.

3.1.11. CGIL Centro Immigrati.

Roberto Morgantini, responsabile Bologna

1. Come si configura oggi a Bologna il rapporto tra centro storico e periferia per gli immigrati extracomunitari: il centro storico permane un forte attrattore di spostamenti e in funzione di quali attività?Nel centro storico abitano alcuni immigrati extracomunitari, ma la maggior parte ha trovato soluzioni abitative più in periferia che nel centro, in quartieri come per

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es. Corticella, occupato da moltissimi immigrati, oppure la Bolognina che ospita una grande comunità cinese, con i loro negozi, le loro attività e i loro laboratori. All’interno del centro storico c’è invece presenza di extracomunitari soprattutto per motivi di socializzazione... piazza Maggiore, le varie piazze e i giardini pubblici, in particolare per le ultime comunità arrivate, sono diventati luoghi spontanei di incontro. I giardini Margherita, ad es., diventano un punto di riferimento dove si incontrano la domenica, mentre a piazza Maggiore dalla mattina alla sera trovi gruppetti del Bangladesh, che sono lì più che altro per incontrarsi. Poi, con il passare del tempo nascono dei punti di riferimento anche diversi dove si possono incontrare, ad es. all’interno di una struttura o di un bar, e questo fa sì che le varie comunità si spostano man mano verso questi nuovi poli di riferimento, anche fuori dal centro storico. C’è dunque questo muoversi, questo incontrarsi nel centro storico, ma solo nell’attesa di trovare un’alternativa più rispondente alle loro esigenze, punti di incontro più simili a veri e propri centri sociali, come ad es. lo Zonarelli, che svolge una funzione importantissima. Allo Zonarelli, che rimane un po’ in periferia, in zona San Donato, fa capo il forum degli immigrati: circa 60 associazioni che si incontrano e svolgono molteplici attività, creando un forte polo di attrazione per molti immigrati extracomunitari. Per quanto riguarda infine le iniziative economiche, nel centro storico gli immigrati gestiscono alcune attività come call center, negozi di frutta e verdura o di alimentari, piccoli ristoranti, arte etnica, soprattutto nelle aree dove abbandonano i commercianti bolognesi, come San Vitale e la zona universitaria, che ha il suo fulcro in piazza Verdi. Per altro verso bisogna anche dire che la periferia bolognese offre diversi punti di riferimento per la vita collettiva. Bologna infatti oggi non ha grande fabbriche, ma piccole attività. La chiusura delle fabbriche è stata rimpiazzata dal sorgere delle IperCoop, realizzate proprio all’interno delle strutture preesistenti, che sono diventate veri e propri poli di aggregazione sociale. Sopratutto gli anziani, ma anche i giovani e gli extracomunitari, trovano in queste IperCoop un riferimento, un luogo dove ritrovarsi e trascorrere il tempo libero. Quella di Borgo Panigale, ad es., l’hanno trasformata proprio in una specie di centro sociale, addirittura con un ristorante all’entrata e la possibilità di organizzare iniziative in una sala a disposizione un po’ di tutti. E queste IperCoop, va sottolineato, sono ben servite dal punto di vista delle infrastrutture di trasporto, perché sono strutture preesistenti, e sono facilmente raggiungibili anche in autobus.

2. In che modo le politiche di programmazione urbanistica e di pianificazione del territorio (dislocazione dei servizi e sviluppo delle aree residenziali) hanno inciso su questa attuale configurazione del rapporto tra centro storico e periferia? Alla base di questa situazione c’è senza dubbio una mancanza di pianificazione, anche se credo che vissuto così il centro storico abbia rappresentato e continui a rappresentare il cuore pulsante di Bologna. Ad ogni modo, essendo il centro storico di piccole dimensioni, si è evitato il rischio di una forte concentrazione di immigrati tutti lì, anche se la “spalmatura” delle varie comunità sul territorio è

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avvenuta in modo spontaneo e non è stata determinata da una precisa programmazione urbanistica. Anzi, da questo punto di vista di errori ne sono stati commessi, come documentano le aree periferiche del Pilastro e della Barca, che rischiano di diventare con i loro casermoni quartieri dormitorio per internati, anche se va pure detto che negli ultimi anni sono stati realizzati importanti interventi di riqualificazione. Ad ogni modo a Bologna, per quanto riguarda gli immigrati extracomunitari, non si è verificato un processo di concentrazione, di “ammucchiamento” degli stranieri in disagiati quartieri ghetto, ma c’è stata una distribuzione un po’ su tutto il territorio, ovviamente con una tendenza a formare piccole comunità etniche. Un ruolo importante, in questo contesto, lo ha giocato il ricongiungimento familiare, per il quale sono richiesti precisi requisiti abitativi. Va detto infatti che come vita Bologna è piuttosto cara, in particolare sulle case, e le famiglie che si azzardano al ricongiungimento, per avere finalmente qui la loro famiglia, e che magari affittano la casa pagando un prezzo elevato, dopo un paio d’anni o un anno, se la moglie non lavora, non ce la fanno più a mantenersi. In centro, poi, la disponibilità di affitti più accessibili c’è solo in quei vecchi palazzi che sono stati acquistati per trasformare gli appartamenti in monolocali, soprattutto nella zona universitaria, Ma i prezzi sono comunque alti e spesso in questi mini-appartamenti ci devono convivere anche quattro o cinque persone. I requisiti abitativi non consentono dunque la ricongiunzione e tra gli extracomunitari gli affittuari sono solo quelli che hanno aperto attività economiche in zona, come anche accade a San Vitale. Molti exracomunitari, di conseguenza, per ottenere i requisiti abitativi per il ricongiungimento familiare tendono ad acquistare la casa fuori dalla città, nei paesi circostanti, prendendo possesso di vecchi edifici che successivamente ristrutturano in proprio. Alcuni sono andati perfino verso la montagna, dove di fatto le case le trovi abbandonate e dove hanno recuperato vecchi casolari. Questo ha portato addirittura ad un ripopolamento di alcune aree di montagna letteralmente abbandonate dagli autoctoni. Tra i casi più eclatanti c’è Porretta Terme o Monghidoro, dove non c’è lavoro ma la popolazione immigrata è considerevole. Verso la Bassa c’è anche Molinella, dove ad es. dei pakistani hanno comprato interi palazzi che hanno ristrutturato da sé. Oggi peraltro molti stranieri ottengono anche mutui al 100 % per l’acquisto della casa e c’è presenza di extracomunitari anche nelle cooperative edilizie.

5. Fino a che punto si tiene conto delle esigenze di mobilità degli immigrati extracomunitari nella localizzazione di sedi relative a:

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Scuole, asili e luoghi per l’infanzia Uffici postali/banche Negozi/centri commerciali Attività culturali (cinema, teatri) Sport e tempo libero

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Va premesso anzitutto che sui servizi essenziali offerti dalla città di Bologna si può dire di tutto, ma non che non siano rispondenti alle esigenze dei cittadini, anche nel caso degli extracomunitari. E questo vale per scuole, ambulatori, uffici postali... c’è un rete abbastanza accessibile di servizi sul territorio. Certo in alcuni casi il fatto di avvicinarli ai luoghi di residenza o di renderli più facilmente raggiungibili con il trasporto pubblico sarebbe senz’altro auspicabile, soprattutto per i cittadini extracomunitari, che in grande maggioranza non possiedono l’automobile: se uno deve prendere due autobus per portare i bambini a scuola e poi andare a lavoro con un altro autobus è chiaro che rischia di perdere il lavoro. Un problema più accentuato se parliamo di servizi culturali e di strutture per lo sport. Più sono diffusi sul territorio e più facilmente è possibile fruirne, senza necessità di spostarsi da un quartiere all’altro. In particolare per attività sportive come il calcio, molto praticato anche dagli immigrati extracomunitari che organizzano coppe e tornei creando un importante momento di socializzazione e di integrazione.

7. In che misura l’organizzazione del sistema della mobilità e del trasporto collettivo risponde alle esigenze di mobilità degli immigrati extracomunitari, garantendo loro una piena partecipazione alla vita economica e sociale della città? In generale a Bologna c’è un sistema della mobilità inclusivo, che non emargina chi vive in aree molto periferiche. Porretta Terme, ad es., dista 70 km ma in un’ora di treno sei in Stazione Centrale a Bologna. E Porretta è il paese più distante, l’area estrema dove risiedono gli extracomunitari che gravitano su Bologna. Questo sistema dei trasporti pubblici ha quindi facilitato l’integrazione, tutto sommato. Poi se si vuole fare integrazione vera o no, dipende da tanti altri fattori. Però da questo punto di vista non è che gli immigrati siano stati costretti a vivere in quartieri dormitorio, in ghetti da cui poi è difficile raggiungere il centro, da cui è difficile spostarsi. Insomma gli stranieri hanno piena libertà di movimento. Anche i centri d’accoglienza, fatta eccezione per uno, sono all’interno della città e, dunque, facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici: quello più lontano, a Borgo Panigale, dista appena un quarto d’ora di viaggio dal centro storico. Dopodiché la macchina, è chiaro, resta necessaria per alcuni tipi di lavoro. Ad es. per lavorare nel settore delle pulizie, dove sono ricercatissimi gli immigrati, l’utilizzo del mezzo proprio è inevitabile: la mattina devi andare ad un ufficio postale, il pomeriggio devi andare in una banca ecc. Ma solo in questo tipo di settori ti chiedono espressamente la macchina, se lavori negli ospedali o nella scuola ti muovi tranquillamente con il mezzo pubblico.

9. Come giudica il rapporto tra l’offerta di servizi di TPL e le tariffe di viaggio per gli utenti, anche in rapporto alle disponibilità economiche degli immigrati extracomunitari? Diciamo che è una voce di spesa che pesa sulle tasche degli immigrati, ma è senz’altro accessibile, soprattutto tenendo presente la possibilità di abbonamenti

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mensili, che sono i più diffusi tra gli extracomunitari. Il biglietto normale, peraltro, vale un’ora e mezza e in questo tempo, a Bologna, fai tempo ad andare e tornare se devi fare solo piccole commissioni. Piuttosto vedo il rischio di una certa ghettizzazione per quanto riguarda il trasporto pubblico: gli autobus cominciano ad essere molto affollati soprattutto di cittadini stranieri e di anziani ...Questa tendenza è sempre più evidente a Bologna

12. Nell’ambito del sistema della mobilità, quali sono le misure più importanti che dovrebbero essere adottate per garantire agli immigrati extracomunitari una piena accessibilità ai servizi di base e una piena partecipazione alla vita economica e sociale? (valutazione da 1 a 5)� Pianificare congiuntamente la distribuzione delle attività e le infrastrutture

dei trasporti(punti 3) Senz’altro utile, ma andava fatta a monte ...

� Introdurre servizi flessibili di TPL (DRT)(punti 2) Utile ma non risolutivo per gli extracomunitari. Senz’altro utili sarebbero i servizi a chiamata per le donne in orario serale.

� Sviluppare forme di trasporto “similauto” (taxibus, car pooling, car sharing) (punti 2) Utile ma non risolutivo per gli extracomunitari. Andrebbero incentivati soprattutto i taxi collettivi, che permettono anche di socializzare.

� Avvicinare i servizi alle residenze (sistemi Welfare) (punti 5) Sulla scorta della storia delle IperCoop, che in qualche modo hanno avvicinato alle periferie i servizi per il tempo libero e per la socializzazione.

� Realizzare parcheggi in struttura o interrati in prossimità del centro storico e dei principali servizi attrattori di traffico + Intervenire sulla regolamentazione della sosta e sull’uso dell’auto privata con provvedimenti di tariffazione e/o limitazione(punti 0) Queste soluzioni non hanno ricadute specifiche sulla vita degli extracomunitari, anche perché in larga parte non utilizzano l’automobile.

� Altro: Liberalizzare le licenze dei taxi. Le licenze limitate dei taxi non aiutano, anche perché qui a Bologna i prezzi sono ancora più alti di Roma, per esempio.

14. Quali sono i principali ostacoli che impediscono un maggiore ricorso a modalità di trasporto “similauto”, alternative all’utilizzo individuale di un veicolo di proprietà, quali taxibus, car pooling o servizi di car sharing? Tutto quello che va oltre le spese correnti, la maggior parte degli immigrati stranieri la taglia. Tagliano di brutto, di netto. Anche perché hanno specifiche esigenze economiche: chi è a Bologna spesso ha solo un pezzo di famiglia in Italia e deve mantenere un altro pezzo di famiglia nel paese di origine. Gente quindi che cerca di contenere al massimo le spese, che cerca di non fumare, che non va al bar per non spendere, che va al mercato per trovare i prezzi più convenienti. Poi ovviamente ci sono anche quelli che scialacquano come noi, ma sono senz’altro un’esigua minoranza.

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15. L’attuale regolamentazione dell’accesso alla ZTL ha condizionato la qualità della vita degli immigrati extracomunitari?

16. E per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di tariffazione della sosta?No, secondo me no. Non l’hanno condizionata anche perché i proprietari di auto tra gli immigrati non sono la maggioranza. Prendono l’autobus e arrivano dove vogliono... forse arrivano anche più rapidamente.

17. Più in generale, è corretto intervenire con limitazioni alla circolazione delle auto private (ZTL) nelle aree più congestionate dal traffico ? Sì, a mio parere senza dubbio.

18. Quali interventi tecnologici potrebbero favorire l’accesso degli immigrati extracomunitari alle attività di lavoro/studio e ai principali servizi offerti dalla città, riducendo la necessità di spostamento? (valutazioneda 1 a 5)

� Maggiori informazioni all’utenza tramite call center (5) � Servizi P.A. on-line (pratiche, documenti ecc.) (4) � e-commerce (3) � e-learning (4) � Sistemi di “telelavoro” (4) � Servizi a domicilio (n.d.)

Gli immigrati extracomunitari utilizzano gli strumenti tecnologici, ma non in modo diffuso. Tutti queste tecnologie sicuramente aiutano e offrono importanti prospettive per il futuro. Per quanto riguarda gli immigrati extracomunitari, in particolare, si dovrebbero tuttavia valutare con attenzione le loro reali competenze, proprio in prospettiva di un maggiore utilizzo di questi strumenti, che favoriscono una maggiore integrazione nel mondo del lavoro e dei servizi. Va tenuto conto, infatti, che molti extracomunitari, nonostante il tipo di lavoro che svolgono in Italia, hanno livelli di istruzione anche elevati e che l’utilizzo di Internet, per abbattere i costi di comunicazione con i paesi di origine, è piuttosto diffuso anche se non lo è altrettanto, per ovvie ragioni economiche, il possesso di adeguati strumenti tecnologici.

21. In che modo gli investimenti e le azioni per il sistema dei trasporti possono tenere in considerazione i problemi di integrazione sociale degli immigrati extracomunitari? Penso che il trasporto pubblico debba tendere per sua natura a non emarginare nessuno. E’ un servizio sociale che va utilizzato e che deve essere vissuto come un qualcosa di “pubblico”, che pertanto deve prendere in considerazione e contemperare un po’ tutte le diverse esigenze.

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22 bis. In ambito politico-decisionale che ruolo potrebbero svolgere le Associazioni o Cooperative che assistono gli immigrati extracomunitari, per poter assicurare servizi di trasporto più efficaci? Credo che il coinvolgimento di chi parla tutti i giorni con gli immigrati e ne ascolta e conosce le effettive esigenze sia molto utile per pianificare la città in maniera più adeguata.

COSA DICONO I QUESTIONARI. Le risposte ai questionari fornite dagli abitanti e dagli esperti di Bologna confermano la polarità ancora forte del suo centro storico, contrapposta ad una periferia con destinazione prettamente residenziale, modello insediativo già delineato dalla lettura degli indicatori (popolazione, attività, mobilità) proposti nella metodologia di ricerca per individuare i livelli di congestione anche se si manifesta la tendenza costante allo spopolamento del centro e all’invecchiamentodella popolazione autonoma, nonché al trasferimento in aree periferiche di alcune attività commerciali ed artigianali.

Le interviste consentono di evidenziare la generale, buona distribuzione di servizi a livello locale in tutti i quartieri, soprattutto scuole e luoghi per l’infanzia, facilmente raggiungibili a piedi o in bicicletta, con una notevole riduzione dell’uso dell’autovettura privata.

Ciò rende più facile la vita di relazione all’interno dei quartieri e favorisce la coesione sociale anche se rimangono difficili i collegamenti trasversali da periferia a periferia.

I quartieri più a rischio si configurano Borgo, proprio per l’assenza di servizi locali e per la necessità dichiarata dal campione intervistato di dover effettuare lunghi percorsi, prevalentemente con l’autovettura privata, a fronte di redditi familiari probabilmente inseriti nella fascia medio-bassa.

Il quartiere è l’unico a generare pochi spostamenti con destinazione finale nelle aree centrali, attraversate però per raggiungere altre parti periferiche della città. Per questo, l’introduzione della ZTL ha provocato un certo disappunto tra gli abitanti.

La ZTL non sembra, invece, infastidire più di tanto gli abitanti degli altri quartieri a nord della città, Navile e San Donato, che si configurano come quartieri più popolari, anche per la forte presenza di immigrati, e risulta ben accettata da chi vive nel centro storico e nelle parti a ridosso, poiché ha contribuito a ridurre il traffico veicolare, consentendo soprattutto alla popolazione più anziana di camminare tranquillamente lungo le strade.

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Porto, tra i quartieri più centrali che costituiscono parte del centro storico, presenta una eccessiva insoddisfazione conseguente alla esistenza di barriere fisiche costituite dalla presenza della stazione e della linea ferroviaria, che provoca problemi anche dal punto di vista della sicurezza sociale.

Così anche nelle parti confinanti con il centro storico che appartengono ai quartieri navile e San Donato, dove proprio alle spalle della stazione si localizzano importanti poli funzionali (CNR, Università, Fiera).

In generale, chi vive in periferia usa maggiormente l’auto privata o la moto e ciò non costituisce evidentemente un problema di natura economica per la maggior parte delle persone intervistate.

I quartieri meno a rischio di esclusione sociale da mobilità, risultano Saragozza e Santo Stefano, per quanto essi mostrino una doppia distribuzione della popolazione, con quartieri più centrali che costituiscono le aree del centro storico (Malpigli e Galvani), più tradizionali e abitate da popolazione anziana che soffre le trasformazioni da esso subite, e aree più esterne a destinazione prevalentemente residenziale, che delineano una periferia diffusa ma ricca.

LE INTERVISTE AI TESTIMONI PRIVILEGIATI.

LE COORDINATE DELL’ESCLUSIONE SOCIALE NELLA MAPPA DELLA MOBILITÀ BOLOGNESE.

Una nuova mappa della mobilità si va delineando a Bologna, sulla scorta delle più recenti tendenze socio-economiche che disegnano, da qualche anno, inedite geometrie degli spostamenti urbani. Il centro storico si conferma infatti il principale attrattore di spostamenti, ma la sua diversificazione funzionale, l’emergere di polarità sociali ed economiche in zone periferiche, il decentramento delle attività commerciali, artigiane e di piccola industria manifatturiera stanno determinando nuovi orientamenti nella mobilità bolognese, intensificando gli spostamenti lungo le direttrici trasversali e da e verso i Comuni dell’hinterland.

Il passaggio graduale da un sistema della mobilità fortemente radiale ad un sistema reticolare, unitamente all’esigenza di modernizzare la rete urbana dei trasporti collettivi - spesso risultato di una “politica del rattoppo” che ha rincorso gli incessanti processi di urbanizzazione – evidenzia quindi la necessità di dotare la rete di più nodi di scambio, sia per fluidificare il traffico sia per consentire una maggiore integrazione tra le diverse modalità di spostamento.

I fenomeni di social exclusion registrabili a Bologna e che assumono il volto dell’anziano, del disabile, dell’immigrato extracomunitario, restituiscono comunque l’immagine di un grande sforzo collettivo per rimuovere gli ostacoli

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che si frappongono ad una libera e completa accessibilità alla mobilità da parte di tutti i cittadini. Sforzi, tuttavia, che a volte non collimano pienamente con le aspettative, gli obiettivi e gli interessi specifici di cui è portatrice ciascuna parte sociale. Questi in estrema sintesi i principali elementi raccolti nel corso delle interviste 1

realizzate ad esperti, politici ed esponenti delle categorie di rappresentanza economica e sociale di Bologna, ad integrazione dell’indagine realizzata direttamente sulla popolazione sul tema della social exclusion. Elementi che consentono di leggere in quale direzione e con quale modalità il sistema della mobilità bolognese accentua o tende a contenere i possibili fenomeni di esclusione sociale determinati dall’organizzazione della mobilità.

IL CENTRO STORICO: UN CALEIDOSCOPIO DI RUOLI E FUNZIONI.

Il centro storico di Bologna, stando alle opinioni espresse dagli intervistati, permane un luogo dotato di forte attrattività, anche grazie al fatto di essere ben servito dalla rete del Tpl sulle direttrici centro-periferia. Nel centro storico, d’altra parte, sono concentrati tutti i servizi, le attività e le funzioni fondamentali per lo svolgimento della vita urbana, che rappresentano il perno intorno al quale ruota la vita dei bolognesi:

- le strutture scolastiche e formative di grado avanzato, rappresentate dalle scuole superiori e dalla prestigiosa Università;

- gli esercizi commerciali e le attività artigianali di pregio (negozi di alimentari e di alta gastronomia, abbigliamento e calzature di marca, oreficerie, librerie storiche ecc);

- le strutture culturali e ludico-ricreative (teatri, locali di ritrovo, stadio ecc); - gli uffici della P.A., le sedi bancarie, gli studi professionali e di consulenza; - i grandi poli ospedalieri del Sant’Orsola e dell’Ospedale Maggiore che,

seppure collocati nelle immediate vicinanze del centro storico, rappresentano un motivo ricorrente di spostamento verso il centro non solo dai quartieri circostanti, ma anche dagli altri Comuni dell’hinterland e dalle Province e Regioni limitrofe;

- la stazione ferroviaria e i capolinea del Tpl urbano ed extraurbano, che concorrono ad alimentare, agevolando l’accesso diretto al centro storico, il fenomeno del pendolarismo, che peraltro trova origine non solo nei Comuni bolognesi, ma anche nelle vicine Province di Parma e di Piacenza.

1 Comune di Bologna, Centro Auser, Cgil – Centro immigrati, Centro per i diritti del malato, Cooperativa sociale Dolce, CCIAA di Bologna, Api-Confindustria, Cna, Confesercenti, Nomisma, Aci Bologna.

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Se il centro di Bologna, dunque, continua a rappresentare un polo di forte richiamo per i cosiddetti “city users”, vale a dire per tutti coloro che fruiscono della sua offerta di strutture e servizi pur non essendo residenti (businessman, studenti fuori sede, lavoratori pendolari ecc., con la sola eclatante assenza dei “turisti”, come hanno sottolineato alcuni intervistati), di gran lunga meno soddisfacente appare invece il rapporto con quanti vivono e risiedono da tempo nell’area.

Nel centro storico, infatti, si registra una piccola percentuale di residenti economicamente agiati – generalmente insediati in edifici di rilevante pregio storico, ristrutturati e dotati di tutti i comfort – mentre è preponderante la presenza degli anziani, spesso con livelli di reddito medio-bassi e che, vivendo nell’area da decenni, abitano in edifici talvolta fatiscenti o privi della necessaria manutenzione.

Gli anziani residenti nel centro storico, inoltre, vivono scarsamente il territorio sia per una fisiologica minore propensione alla socialità, sia per una percezione sempre più accentuata del centro storico come luogo “insicuro” e “degradato”. Un luogo dove hanno difficoltà a trovare spazi e momenti di aggregazione adeguati: il centro storico, di conseguenza, viene spesso vissuto da questi residenti come una “dimensione della solitudine”. Unica eccezione: alcuni tradizionali mercati di piazza che, soprattutto per i prezzi molto contenuti, sono assiduamente frequentati proprio dai più anziani, attraendo spostamenti anche dalle aree periferiche.

Alla diffusa percezione di insicurezza del centro storico concorrono, in special modo, due fasce della popolazione bolognese: gli immigrati extracomunitari e i giovani studenti universitari. Proprio la commistione tra immigrati e studenti, secondo molti intervistati, avrebbe infatti contribuito ad accentuare fenomeni di conflitto sociale e di vero e proprio degrado che, tuttavia, interessano solo aree molto circoscritte del centro, prima fra tutte la zona universitaria.

La forte concentrazione di studenti nel centro storico, d’altra parte, è da imputarsi non solo alla presenza della sede universitaria, ma anche – e soprattutto - a forme di speculazione immobiliare che hanno mutato radicalmente gli assetti residenziali di alcune zone centrali: vecchi edifici, spesso anche di pregio, sono stati infatti adattati a mini-appartamenti da affittare, anche a prezzi elevati, proprio agli studenti fuori sede. Discorso diverso per gli immigrati extracomunitari, per i quali il centro rappresenta quasi sempre un luogo naturale di incontro, in attesa di inserirsi a pieno titolo nella vita sociale e lavorativa della città e di trovare, quasi sempre in periferia, nuovi e più funzionali luoghi di aggregazione.

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Parallelamente, la crescente domanda di immobili nell’area storica da parte di banche, uffici e studi di consulenza ha avuto come conseguenza diretta un aumento consistente dei prezzi degli edifici, innescando una progressiva estromissione dal centro tanto delle giovani coppie quanto di numerose piccole e medie attività commerciali o artigianali, impossibilitate a sostenere affitti eccessivamente onerosi rispetto al proprio livello di redditività.

Solo alcune attività sono riuscite a mantenersi nell’area – e in alcuni casi anche a svilupparsi - grazie ad un’offerta di prodotti tradizionali e/o di pregio che ne ha garantito la tenuta sul mercato.

Gradualmente, infine, in zone circoscritte del centro le attività chiuse o trasferite in aree periferiche sono state rimpiazzate da nuovi esercizi commerciali gestiti da imprenditori extracomunitari (internet point, alimentari, artigianato etnico ecc.), che svolgono anche un ruolo di aggregazione sociale per le diverse etnie, fungendo spesso da luogo di ritrovo fino a tarda sera, con ulteriori riflessi sui già precari equilibri del centro cittadino.

In questo contesto un ruolo non di secondo piano, secondo alcuni intervistati, sarebbe stato giocato anche dalla regolamentazione dell’accesso alla Ztl, che impone vincoli restrittivi agli spostamenti nell’area con il veicolo privato, e dall’insufficiente diffusione di parcheggi in prossimità delle mura, peraltro con tariffe troppo elevate, che di fatto avrebbero contratto frequenza e tempi di permanenza nel centro storico per lo shopping, concorrendo ad innescare la crisi di molte attività commerciali.

Va tuttavia anche rilevato, per altro verso, che la limitazione dell’accesso alla Ztl al traffico privato ha riscosso il pieno gradimento degli anziani residenti e ha avuto pure riflessi positivi su alcune strade del centro storico, dove si concentrano i negozi più prestigiosi, le cosiddette “vie salotto”, che continuano a rappresentare le mete principali dei consumatori più esigenti.

UNA NUOVA GEOGRAFIA DELLA MOBILITÀ.

Nell’ambito della mobilità urbana la maggior parte degli spostamenti, sistematici e sporadici, risulta di tipo radiale, vale a dire caratterizzata da un percorso periferia-centro-periferia.

L’accessibilità al centro storico dalle zone semiperiferiche e periferiche di Bologna si presenta nel complesso agevole e appare - insieme al ruolo e alle funzioni ricoperte dal centro storico - fondamentale nella determinazione delle modalità e delle frequenze di spostamento all’interno della città.

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Ciononostante la geografia degli spostamenti urbani tende a mutare: pur rimanendo il centro storico un forte attrattore di spostamenti, la diversificazione funzionale dell’area storica, il proliferare di centralità urbane di tipo commerciale e ludico-ricreativo in periferia (ipermercati, cinema multisala, centri sportivi ecc.), il decentramento delle attività produttive commerciali, artigiane e di piccola e media industria manifatturiera verso quartieri esterni e nei Comuni limitrofi stanno determinando nuovi orientamenti nella mobilità bolognese, intensificando gli spostamenti lungo le direttrici trasversali (da quartiere periferico a quartiere periferico) e da e verso i Comuni dell’hinterland.

La riapertura in semiperiferia o periferia di parte delle attività commerciali e artigianali estromesse dal centro ha infatti comportato, insieme al proliferare di grandi centri commerciali ai margini della città, un primo mutamento nelle abitudini di consumo dei bolognesi.

La tendenza a frequentare i nuovi esercizi collocati al di fuori del centro storico, inoltre, è stata rafforzata da una serie di facilitazioni che rappresentano altrettanti vantaggi competitivi per questi esercizi: la possibilità di accedere con il veicolo privato, di parcheggiare gratuitamente nelle aree di sosta dei centri commerciali e di usufruire, a volte, di un’offerta di prodotti di marca, anche di pregio, a prezzi competitivi.

Le stesse sale cinematografiche, che nel tempo sono sorte in zone sempre più periferiche, dove la maggiore disponibilità di spazi consente la realizzazione di strutture multisala moderne e funzionali, hanno concorso ad intensificare gli spostamenti lungo direttrici diverse dalle classiche interconnessioni centro-periferia, determinando peraltro la chiusura o, comunque, una forte penalizzazione dei tradizionali cinema localizzati nel centro storico.

La tendenza, poi, a sviluppare parte del territorio comunale lungo gli assi della tangenziale, nelle cosiddette “aree interstiziali” poste tra una direttrice radiale e l’altra, dove negli ultimi 10-15 anni sono sorti interi quartieri in assenza di una specifica programmazione urbanistica e, dunque, di una adeguata e capillare rete di servizi, pone il problema di una politica sociale e per la mobilità da intraprendere al più presto per governare lo sviluppo di tali aree e consentire i collegamenti con il resto del territorio comunale.

D’altro canto i prezzi elevati delle case nel centro storico canalizzano sempre più gli acquisti delle prime case delle giovani coppie proprio verso le zone semiperiferiche e periferiche, più appetibili sotto il profilo economico, anche se, laddove caratterizzate come spesso accade da servizi diffusi e da infrastrutture di trasporto di buon livello, possono anch’esse originare speculazioni immobiliari non molto difformi da quelle riscontrabili nel centro storico.

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Sotto il profilo urbanistico e sociale, infatti, le periferie bolognesi, e soprattutto quelle di ultima generazione, appaiono ben strutturate e, per alcuni versi e per alcune categorie di cittadini, anche più vivibili del centro storico. Gli anziani, in particolare, testimoniano una buona qualità della vita in alcune periferie dove la presenza dei centri sociali e di numerosi esercizi commerciali vivifica, rendendolo più “a misura d’uomo”, l’ambiente urbano. La stessa presenza degli ipermercati, spesso collocati ai margini della città e realizzati al di fuori di una pianificazione attenta alle esigenze della mobilità, rappresentano per queste categorie di cittadini delle moderne “piazze” dove è possibile trascorrere parte della giornata e socializzare in sicurezza.

In questo senso le periferie appaiono sempre meno “periferie” e ridisegnano di fatto il rapporto centro-periferia ristabilendo un maggiore equilibrio nella distribuzione delle funzioni urbane, che tende ad eliminare la monofunzionalità residenziale tipica del quartiere periferico a favore di una multifunzionalità residenziale, commerciale e ludico-ricreativa.

In sostanza in periferia si tende a ricreare una città nella città. Il che ridisegna anche la mappa della nuova mobilità urbana: una mobilità che tende ad intensificarsi all’interno di uno stesso quartiere periferico o tra zone poste lungo le fasce più esterne della città, per raggiungere le quali con il Tpl è attualmente necessario arrivare in centro storico e cambiare una o più volte linea, in virtù di un assetto rigidamente radiale della struttura della mobilità bolognese.

LE CRITICITÀ DEL SISTEMA DEI TRASPORTI.

Sulla scorta dei fenomeni fin qui descritti e pur riconoscendo che esiste in generale una buona rete di Tpl, Bologna avverte oggi una decisa esigenza di modernizzare e articolare maggiormente la rete urbana della mobilità, come rilevano di fatto quasi tutti gli intervistati.

Di fatto gli ultimi interventi significativi sulle infrastrutture bolognesi sono stati realizzati negli anni Settanta e il passaggio graduale da un sistema fortemente lineare (radiale) ad un sistema reticolare pone l’accento sulla necessità di dotare la rete di più nodi (parcheggi di scambio, ma anche punti di congiunzione ferro-gomma) che consentano una migliore fluidificazione del traffico veicolare, un’efficace integrazione dei trasporti collettivi su ferro e su gomma e una maggiore possibilità di scelta per il cittadino circa le modalità di spostamento (tutto Tpl o veicolo privato-Tpl).

Troppo spesso, denunciano infatti molti degli intervistati, a Bologna l’organizzazione del sistema dei trasporti collettivi è stata il frutto di una “politica del rattoppo” che ha rincorso i processi di urbanizzazione, anziché prevenirli o gestirli contestualmente.

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La stessa diffusione dei servizi sociali di base sul territorio comunale, pur adeguata alle esigenze della popolazione, non è stata pensata in funzione dei problemi della mobilità, ma appare piuttosto il risultato di una disseminazione poco regolamentata.Una stratificazione consolidatasi nel tempo, che ha visto il Tpl adeguarsi progressivamente alle nuove realtà ed esigenze emergenti.

Tutti gli intervistati, ad ogni modo, sono concordi nel riconoscere a Bologna una storica e ben radicata cultura del trasporto pubblico. Nel corso degli anni è stata sviluppata un’articolata offerta tariffaria, mirata a soddisfare le più diverse esigenze, sono stati introdotti nuovi autobus, sono state aumentate le frequenze delle corse, sono stati intensificati e variati i servizi che però, di fatto, non sono stati ripensati in modo organico e sistematico nella loro globalità. Il risultato prodotto, pur in presenza di un sistema di trasporto superiore in termini di qualità a tante altre città italiane, presenta quindi alcune lacune e criticità – di seguito elencate - sulle quali gli intervistati ritengono assolutamente prioritario intervenire:

- una rete di Tpl fortemente lineare, che manifesta una carenza di collegamenti diretti tra le aree periferiche; - una scarsa integrazione tra le linee di Tpl su gomma, il sistema ferroviario regionale e i parcheggi di scambio esistenti; - una carenza di corse nelle ore notturne, quando comunque la città presenta una vitalità sociale che andrebbe supportata anche con il Tpl;

Tutti i testimoni privilegiati, infine, concordano sulla necessità di mantenere ben separati gli aspetti gestionali del Tpl, di competenza di una specifica azienda incaricata, da quelli decisionali e più generalmente politici, di stretta competenza dell’Amministrazione comunale, anche se nella realtà bolognese, secondo alcuni intervistati, tale separazione di compiti non è stata sempre perseguita con la dovuta nettezza e chiarezza.

GLI INTERVENTI AUSPICATI.

Dall’analisi delle interviste è stato possibile estrapolare alcune delle principali azioni risolutive proposte dai testimoni privilegiati per far fronte alle criticità che caratterizzano la mobilità bolognese.

Si riportano di seguito, in base all’importanza assegnata, le principali misure di intervento sulle quali gli intervistati hanno manifestato il maggiore accordo.

- Gestire congiuntamente la pianificazione del territorio e quella del sistema della mobilità, coinvolgendo tutte le categorie amministrative, economiche e sociali coinvolte, anche se questo potrebbe comportare - secondo alcuni intervistati - un rallentamento delle attività, a causa degli interessi particolari di cui ciascun

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soggetto è inevitabilmente portatore e della loro inevitabile e frequente conflittualità.- Predisporre nelle aree strategiche esterne al centro urbano, lungo le principali direttrici di traffico, un efficiente e razionale sistema di parcheggi di scambio, correlato funzionalmente al sistema di Tpl, iniziativa di cui gli intervistati hanno evidenziato i contenuti costi economici di realizzazione e di esercizio.

- Aumentare il numero dei parcheggi nelle aree a ridosso della mura cittadine, calibrando tuttavia con attenzione le tariffe, allo scopo di non inficiare i benefici che ne deriverebbero originando, con costi di sosta troppo onerosi, fenomeni di esclusione sociale. Discorso analogo per i grandi poli ospedalieri, dove l’esigenza di maggiori spazi di parcheggio va però conciliata con una politica tariffaria che non penalizzi le fasce più deboli, rappresentate in particolare dai pazienti cronici o sottoposti a cure invasive periodiche.

- Diffondere l’utilizzo di tecnologie suscettibili, in prospettiva, di contenere gli spostamenti urbani, come la diffusione di sistemi di informazioni on line o tramite call center, lo scambio di documentazione per via telematica con la PA, l’implementazione di servizi e consegne a domicilio. E-learning e telelavoro sono, invece, ritenuti dagli intervistati meno efficaci a tale scopo, paventando anche il rischio di una nuova forma di emarginazione sociale soprattutto per le categorie deboli. In merito all’e-commerce, infine, i pareri degli intervistati appaiono discordanti: è ritenuto una soluzione interessante dalle categorie deboli, che si configurano quali potenziali fruitori, ma di contro viene giudicato inefficace ai fini della mobilità dai commercianti, che in esso vedono probabilmente la minaccia di una riduzione delle vendite, e soprattutto da coloro che gestiscono il sistema della mobilità, per le difficoltà distributive che presentano le consegne finali “door to door”.

- Ampliare il numero dei servizi a chiamata (DRT), ritenuti risolutivi di esigenze specifiche e settoriali, come la mobilità notturna verso il centro o la mobilità di persone anziane e disabili su alcuni percorsi. I servizi di car sharing, secondo gli intervistati, andrebbero maggiormente sviluppati e supportati, in quanto presentano una scarsa attrattività per i cittadini, che difficilmente ne colgono i benefici sia per retaggio culturale (l’auto di proprietà resta un bene irrinunciabile) sia per una scarsa percezione dei costi effettivamente sostenuti per la gestione del proprio veicolo.

MISURE DI MOBILITÀ PER LE CATEGORIE SVANTAGGIATE.

Le soluzioni adottate dal Comune di Bologna per agevolare la mobilità delle categorie deboli o svantaggiate mirano prevalentemente a predisporre, in stretta collaborazione con le cooperative e le associazioni di settore, servizi di trasporto “personalizzati” a tariffe contenute.

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In aggiunta, negli ultimi anni si è operato in direzione di un rinnovo del parco autobus urbano, con l’introduzione di mezzi moderni, pienamente accessibili ai disabili e agli anziani (accessi ribassati, spazi per la carrozzina, posti riservati, segnalazione acustica di fermata per non vedenti o ipovedenti ecc.).

Sotto il profilo dei trasporti le iniziative intraprese dall’Amministrazione sono dunque molteplici anche se talvolta non vanno nella direzione auspicata dagli stessi portatori di handicap che, se da una lato ritengono assolutamente necessari “servizi di trasporto su misura” per i casi più gravi di inabilità, dall’altro ritengono gli stessi una fonte di emarginazione per la stragrande maggioranza delle persone con difficoltà motorie, auspicando piuttosto la completa accessibilità di tutti i normali servizi di Tpl.

Potenziare e modernizzare la rete del Tpl per evitare la creazione di un secondo circuito di mobilità cittadina, parallelo all’attuale e dedicato esclusivamente al servizio dei disabili, è dunque una delle principali richieste evidenziate dai rappresentanti di categoria, che sottolineano anche i benefici che si potrebbero in tal modo ottenere in termini di risparmio economico oltre che di migliore inclusione sociale.

Sul lato della bonifica della città dalle barriere architettoniche. esistono poi ancora margini importanti di intervento, ma tutti gli intervistati concordano sul positivo e costante impegno dell’attuale Amministrazione e dalle precedenti nel tentativo di abbattere il più possibile tali barriere.

Soprattutto si riconoscono le difficoltà oggettive che derivano dalla struttura urbanistica medievale della città, per ovviare alle quali si ritiene opportuno procedere alla creazione di circuiti di mobilità alternativi, in grado di bypassare i nodi critici (ad esempio i portici) che rappresentano un ostacolo alla libertà di spostamento delle categorie svantaggiate.

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3.2. ANALISI DEI RISULTATI.

L’esperienza svolta nella città di Bologna per sperimentare la metodologia di ricerca tesa ad identificare il livello di rischio di esclusione sociale da mobilità, ha visto l’applicazione sperimentale di tre indicatori (popolazione, attività e mobilità) orientati a valutare il livello di congestione derivante dal modello insediativo della città, a cui ha fatto seguito la diffusione di due questionari, rivolti, rispettivamente, alla popolazione residente e ad un gruppo di esperti, attraverso interviste dirette.

Le conoscenze acquisite hanno evidenziato il forte peso attrattivo del centro storico di Bologna, e delle aree semicentrali (il 53% degli intervistati dichiara di effettuare spostamenti giornalieri verso queste aree), al quale deve associarsi il suo carattere ‘cosmopolita’ e ‘globalizzato’.

In un ambiente storico-artistico di eccezionale pregio, convivono tipologie di attività che spaziano da centri direzionali, studi di consulenza, banche, scuole, uffici di rappresentanza e della pubblica amministrazione, nonché, poli d’eccellenza come ospedali, fiere e centri universitari, e ancora negozi, teatri, cinema, ristoranti.

Tutto ciò fa di Bologna uno dei maggiori crocevia del Nord Italia e la accomuna alla stragrande maggioranza delle città medio- grandi italiane, se non europee, provocando l’attrazione di spostamenti di livello nazionale ed internazionale, ovvero dei cosiddetti city users, costituiti da turisti e metropolitan businessmen, cioè coloro i quali tra i moversgodono dei maggiori vantaggi per viaggiare (cfr. Rapporto preliminare).

Secondo la scala dei bisogni di mobilità (cfr. Piramide dei bisogni di Maslow e mobilità), Bologna rappresenta, dunque, un modello di città che vede le sue aree centrali in balia dei cambiamenti richiesti da una popolazione di movers che non la abitama la usa ed ai quali i suoi abitanti devono, invece, adeguarsi.

Ad esempio, è emerso come paradossalmente, la popolazione anziana che ancora abita numerosa nel centro storico, viva sensazioni di disagio ed isolamento più accentuate rispetto a quella che si trova in periferia, dove evidentemente la dimensione relazionale è ancora molto vivace.

Le trasformazioni nel tempo delle aree centrali accanto al forte incremento del numero di nuclei familiari e, quindi, della domanda di alloggi, hanno portato molti bolognesi a spostarsi verso le aree periferiche e dell’hinterland, soprattutto giovani coppie, che difficilmente hanno la capacità economica di acquistare casa nel centro storico (prezzi 50% in più rispetto alla periferia) ed alle quali hanno contribuito anche le limitazioni imposte alla mobilità, anche se i residenti godono di permessi di entrata e di sosta. Situazione che ha portato al degrado di molte aree del centro (piazza Verdi), spesso invase da gruppi etnici non ancora ben integrati.

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L’attrattività delle aree centrali condiziona l’equilibrio tra centro e periferia (modello tendenziale monocentrico) a svantaggio soprattutto delle aree residenziali urbane e suburbane sviluppatesi nelle zone interstiziali completamente scollegate dalla rete del servizio di TPL (parte nord della città, quartieri Borgo, Navile, San Vitale e insediamenti dislocati lungo la tangenziale). Questo ha comportato l’uso sempre più intenso dell’autovettura privata.

Le politiche di pianificazione intraprese a partire dalla fine degli anni ’60, con la istituzione dei quartieri, hanno portato al decentramento di molti servizi locali, oggi ben distribuiti su tutto il territorio comunale e facilmente raggiungibili a piedi. Questo consente di ridurre le necessità di usare l’auto privata (ad esempio per accompagnare i bambini a scuola), e dimostra la validità delle politiche di welfare a livello di quartiere (o ancor meglio di area di vicinato) per evitare che si verifichino fenomeni di isolamento derivanti dalla impossibilità di muoversi con un mezzo proprio.

Per quanto, dunque, il modello insediativo della mobilità si configuri ancora come monocentrico, Bologna nel complesso non sembra presentare un elevato rischio che si verifichino fenomeni di esclusione sociale, direttamente correlabili a problemi di accessibilità ai luoghi ed alle attività. A questo senz’altro contribuiscono le sue ridotte dimensioni territoriali che ne fanno ancora oggi una città ‘a misura d’uomo’. Questo porta a considerare che probabilmente l’esclusione sociale da mobilità si verifichi maggiormente nelle grandi metropoli, dove gli indicatori proposti andrebbero applicati.

Bologna è, inoltre, una città ricca (il valore aggiunto pro capite della provincia è molto più elevato della media nazionale, +36%, ed è il terzo tra le province italiane), per cui l’uso dell’autovettura privata è un’abitudine ed una comodità che non pesa eccessivamente sul reddito medio delle famiglie.

L’analisi nei quartieri ha, però, evidenziato che alcune parti del territorio comunale sono più soggette di altre a situazioni di isolamento, distinguendo zone popolari e meno popolari. Nella parte collinare della città si trovano i quartieri residenziali più ricchi (Saragozza e Santo Stefano), poi man mano che si scende verso la pianura, nella parte più calda e più pianeggiante dove si localizzano la tangenziale, le autostrade, le zone industriali, intramezzate da alcuni insediamenti residenziali, si trovano i quartieri popolari (Borgo Panigale, Navile, San Donato, San Vitale).

Borgo Panigale, in particolare, dove vivono soprattutto giovani coppie con figli (maggiore presenza rilevata della fascia di età 14-19 anni), si configura come quartiere più a rischio per la distanza dal centro e, soprattutto, per l’esistenza di pochi servizi, comprese le scuole e luoghi per l’infanzia. Il diradarsi della rete di TPL costringe all’uso massiccio della vettura privata. Tutti elementi questi che configurano le caratteristiche socio-economiche degli abitanti del quartiere a quelle ipotizzate più a rischio di esclusione sociale da mobilità:

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reddito medio-basso che li costringe ad abitare in aree con rendite fondiarie più basse (quindi poco servite dalle reti di trasporto);

lontananza dalle sedi di lavoro localizzate nel centro urbano o anche sulla cintura metropolitana;

isolamento da aree di servizi; distanza dai nodi della rete principale del trasporto pubblico su ferro e su

gomma; necessità di possedere, utilizzare e mantenere un’autovettura privata.

La rete di trasporto pubblico locale offre un buon servizio, sufficientemente radicato sul territorio, anche se la struttura radiale che privilegia i trasferimenti dalla periferia verso il centro condiziona pesantemente l’uso dell’autovettura privata per i collegamenti trasversali, tra quartieri periferici e semiperiferici, anche tra poli attrattivi d’eccellenza come, ad esempio, la fiera e l’aeroporto, che invece dovrebbero avere un collegamento diretto. Nel centro storico il servizio è eccellente, molto utilizzato dalla popolazione anziana che gode anche di tariffe agevolate. Gli abitanti dei quartieri più distanti dal centro lamentano più degli altri la istituzione di limitazioni alla circolazione, ZTL, tariffazione della sosta ed altre forme di road pricing, perché costretti a cambiamenti ed allungamenti di percorso, non potendo più attraversare il centro per portarsi da una parte all’altra della città. La ZTL è, d’altra parte, ben considerata da chi vive in centro e da chi utilizza i sistemi di trasporto pubblico collettivo. Limitare il traffico in queste zone offre migliori possibilità di spostarsi a piedi. Fortemente penalizzate, invece, le attività commerciali per la perdita di una quota importante di clientela che fa del mezzo privato l’unico mezzo di spostamento, con ripercussioni sulla sopravvivenza di molti esercizi. Gli artigiani, per quanto favorevoli alla pedonalizzazione di molte aree, sono stati anche loro costretti a spostarsi in periferia per il lievitare degli affitti (negli ultimi 20 anni si è trafserito il 50% degli artigiani del centro storico).

3.3. CONSIDERAZIONI FINALI SULLA METODOLOGIA.

In sintesi, l’applicazione degli indicatori proposti nello studio ha consentito di calibrare la metodologia, tesa ad individuare il rischio di fenomeni di esclusione sociale derivanti da limiti posti alle necessità di spostamento delle persone.

In particolare sono stati evidenziati i seguenti punti:

la metodologia riguarda città medio-grandi nella rete dei grandi collegamenti infrastrutturali di livello europeo;

la metodologia valuta il livello di congestione attraverso l’applicazione di tre indicatori: popolazione, attività, mobilità, e la definizione di aree dove

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il rischio è prevalente, o per eccessiva dispersione, producendo una esclusione indotta, o per troppa concentrazione, producendo una esclusione imposta;la metodologia prevede la lettura degli indicatori alle diverse scale territoriali:

- scala di area vasta, provinciale e/o metropolitana, per considerare il rapporto tra comune capoluogo e suo hinterland. Migrazione/espulsione degli abitanti, soprattutto famiglie più numerose composte da giovani coppie con figli, verso i comuni di cintura. Ciò comporta una crescita della periferia e della distanza dal centro, con un aumento della domanda di mobilità. Il non controllato consumo di suolo porta ad un allungamento dei percorsi e ad una maggiore dipendenza dall’autovettura privata soprattutto in assenza di un servizio di TPL adeguato;

- scala urbana, per evidenziare il modello insediativo prevalente ed il tipo di domanda di mobilità che ne deriva, tra i due estremi di città monocentrica e di cittàpolicentrica, con attenzione al rapporto centro (storico)-periferia-periferia diffusa;

- scala locale, per rilevare le criticità ed i punti di forza a livello di quartiere e/o di area ambientale, soprattutto sulla base delle considerazioni degli abitanti. In questo caso, la zonizzazione in aree di vicinato operata dal comune di Bologna nella redazione del Piano Strutturale Comunale, rappresenta un modello idoneo ad essere introdotto nella metodologia, sia per il dettaglio delle informazioni riportate emerse proprio dal coinvolgimento dei cittadini, sia per il grado di integrazione tra le diverse componenti socio-territoriali in gioco.

La metodologia consente di individuare le aree critiche in termini di esclusione sociale da mobilità, evidenziando in particolare:

aree di periferia diffusa con bassi livelli di densità e, quindi, di congestione, generalmente comprese tra il confine del centro abitato comunale e quello dei comuni confinanti di prima cintura. Nel comune di Bologna vivono circa 11.000 persone;

aree di maggiore concentrazione di attività, con elevati livelli di densità e di congestione, suscettibili di chiusure e divieti alla circolazione privata e che coincidono generalmente con il centro storico. In queste aree, quasi interamente coperte dalla ZTL, a Bologna risiedono circa 40/50.000 abitanti;

aree critiche a scarso collegamento con il quartiere ed il resto della città per l’esistenza di barriere fisiche, naturali o antropiche, o per l’assenza del servizio di TPL;

aree al di fuori del raggio di influenza delle fermate del TPL, raggiungibili con distanze superiori ai 500 metri.

Unita ad altri parametri di analisi, la densità urbana, valutata attraverso il livello di congestione, può rappresentare una strategia di pianificazione per ripensare le funzioni, i livelli di welfare, le potenzialità e la forma delle metropoli contemporanee.

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Sulla base della sintesi socio-territoriale è stato costruito e somministrato il questionario tra la popolazione, ad un campione statisticamente significativo sia per età, sesso, razza, condizione socio-economica, sia per la localizzazione delle residenze.

I risultati del sondaggio hanno messo in evidenza come alcuni quartieri siano più soggetti al rischio di esclusione sociale rispetto ad altri, ad esempio, come la periferia diffusa ma ricca di Saragozza e Santo Stefano non viva le stesse problematiche di quella di Borgo Panigale. Ribadiscono, inoltre, come il centro storico sia ancora polarizzante, a conferma del modello monocentrico individuato dall’analisi sui livelli di congestione.

In generale, quindi, i questionari confermano una buona capacità di valutare il livelli di rischio di esclusione sociale da mobilità, anche se alcune domande andrebbero forse riviste, ad esempio, per evidenziare meglio la tipologia e la consistenza dei servizi locali.

Il campione di popolazione intervistata andrebbe, inoltre, ampliato per comprendere anche la popolazione dei comuni dell’hinterland, che abbiamo visto orbitare pesantemente sulle attività localizzate nel centro urbano della città.

Sembra opportuno sottolineare, infine, che la metodologia proposta ed applicata alla città di Bologna vuole rappresentare un punto di partenza e non un momento conclusivo.

Gli spunti emersi dalla ricerca possono peraltro costituire oggetto di dibattito tra esperti nelle diverse discipline inerenti la problematica, e l’affermazione di una metodologia scientificamente ed ampiamente condivisa utile strumento di valutazione preventiva dell’impatto sociale di cui le Amministrazioni locali possono disporre, nell’assumere provvedimenti che incidono sul diritto alla circolazione dei cittadini.

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