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Studio Legale LUCA CAPECCHI ed ASSOCIATI Associazione Professionale Analisi della sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011 e rilievi critici Martedì, 30 ottobre 2012 Milano – Palazzo Pirelli

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Analisi della sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011 e

rilievi critici

Martedì, 30 ottobre 2012Milano – Palazzo Pirelli

  

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1 – IL QUESITO

La questione sottoposta, in via principale, al vaglio della Consulta riguarda la presunta illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 2, della L.R. Lombardia n. 26/2003 (come riformata dall’art. 1, comma 1, lett. t della L.R. Lombardia n. 21/2010) per il ritenuto contrasto della stessa con l’art. 117 della Costituzione

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2 – LA NORMATIVA

Art. 49, comma 2, della L.R. Lombardia n. 26/2003 (ad esito della novella introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. t), della L.R. Lombardia n. 21/2010):

“Gli enti locali possono costituire una società patrimoniale d’ambito ai sensi dell’articolo 113, comma 13, del d.lgs. 267/2000, a condizione che questa sia unica per ciascun ATO e vi partecipino direttamente o indirettamente mediante conferimento della proprietà delle reti, degli impianti, delle altre dotazioni patrimoniali del servizio idrico integrato e, in caso di partecipazione indiretta, del relativo ramo d’azienda, i comuni rappresentativi di almeno i due terzi del numero dei comuni dell’ambito”.

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2 – LA NORMATIVA

Art. 23 bis, comma 5, del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni in L. n. 133/2008:

“Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”.

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2 – LA NORMATIVA

Art. 113, comma 2 e 13, del D.Lgs. n. 267/2000:

“Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici”, salva la possibilità, prevista dal successivo comma 13, di “conferire la proprietà” dei beni medesimi “a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile”, purché tale conferimento “non sia vietato dalle normative di settore”;

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2 – LA NORMATIVA

Art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006:

“Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o di misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”.

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

LA DISCIPLINA DELLE INFRASTRUTTURE STRUMENTALI AI SPL RIENTRA NELLA MATERIA “ORDINAMENTO CIVILE”

1. la proprietà delle reti (intese in senso lato) è ascrivibile alla materia “ordinamento civile”;

2. la materia è quindi rimessa alla competenza esclusiva dello Stato per effetto dell’art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione;

3. la Regione avrebbe potuto legiferare in materia di proprietà dei beni idrici solo in presenza di una specifica disposizione statale, dando attuazione alla medesima;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

L’ABROGAZIONE IMPLICITA DEL COMMA 13 DELL’ART. 113 TUEL DA PARTE DELL’ART. 5-BIS DELL’ART. 23-BIS

4. nella specie, una specifica normativa statale manca, in quanto il comma 13 dell’art. 113 del TUEL (che prevede le società patrimoniali) è stato tacitamente abrogato, per incompatibilità, dal comma 5 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

I CARATTERI DELLA SOCIETA’ PATRIMONIALE

5. la società patrimoniale di cui al comma 13 dell’art. 113 del TUEL costituisce un soggetto di diritto privato;

6. il trasferimento alla società patrimoniale dei beni di proprietà degli enti pubblici territoriali integra, quindi, una cessione ad un soggetto privato;

7. i beni di proprietà della società patrimoniale sono aggredibili dai creditori con possibile - a giudizio della Corte - perdita della destinazione pubblica dei beni medesimi;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

L’INTERPRETAZIONE DEL COMMA 5 DELL’ART. ART. 23-BIS SECONDO LA CORTE

8. il comma 5 dell’art. 23-bis del D.L. n. 112/2008 stabilisce il “principio secondo cui le reti sono di proprietà pubblica” e può essere affidata a soggetti privati soltanto la loro “gestione”;

9. l’espressione “proprietà pubblica” deve essere intesa come “proprietà degli enti pubblici territoriali”;

10. il principio che le reti (le infrastrutture) dei SPL sono di proprietà pubblica implica l’applicazione del regime giuridico del demanio accidentale pubblico;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

IL REGIME DEMANIALE E LE SOCIETA’ PATRIMONIALI

11. il “regime demaniale”, ai sensi della normativa codicistica e della normativa di settore (art. 143 del D.Lgs. n. 152/2006), comporta il divieto di cessione a soggetti di diritto privato e il divieto di mutamento della destinazione pubblica;

12. il conferimento in proprietà previsto dal comma 13 dell’art. 113 del TUEL è pertanto incompatibile con il regime demaniale delle reti idriche stabilito dal comma 5 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 (e dal comma 1 dell’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006);

13. la società patrimoniale di cui al comma 13 dell’art. 113 TUEL non garantisce il mantenimento del “regime demaniale” poiché l’incedibilità del capitale sociale non implica incedibilità del patrimonio, né limita l’espropriabilità dei beni da parte dei creditori della società

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

NON RILEVANZA DELL’ASSENZA DI UNA ABROGAZIONE ESPRESSA DEL COMMA 13 DELL’ART. 113 DEL TUEL

14. non assume alcuna rilevanza l’assenza del comma 13 dell’art. 113 del TUEL fra le norme espressamente abrogate dal regolamento di delegificazione di cui al D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

L’ABROGAZIONE DELL’ART. 23-BIS E L’ART. 4 DEL DECRETO LEGGE N. 138 DEL 2011

15. il comma 13 dell’art. 113 del TUEL non riprende vigore a seguito dell’abrogazione dell’art. 23-bis;

16. il comma 28 dell’art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 ripristina il principio della “proprietà pubblica delle reti” e della possibilità di affidamento a soggetti privati soltanto della loro “gestione”;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

IL SETTORE IDRICO 17. al settore idrico non si applica il comma 28 dell’art. 4 e, quindi,

tale settore continua ad essere disciplinato dall’art. 143 del D.Lgs. n. 152 del 2006, che tuttavia prevede anch’esso la “proprietà demaniale delle infrastrutture idriche” e, quindi, la “loro inalienabilità se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”;

18. il conferimento in proprietà previsto dal comma 13 dell’art. 113 del TUEL è, quindi, incompatibile anche con il comma 1 dell’art. 143 del D.Lgs. n. 152/2006;

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3 – L’ITER MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA

PRECLUSIONE PER LE REGIONI DI LEGIFERARE IN MATERIA DI REGIME DELLA PROPRIETA’ DI BENI DEL DEMANIO ACCIDENTALE DEGLI ENTI LOCALI

19. alla Regione è pertanto preclusa la possibilità di legiferare in materia di “regime della proprietà di beni del demanio accidentale degli enti pubblici territoriali”, ivi compresi i beni strumentali al servizio idrico.

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DEL SIGNIFICATO DELLA ESPRESSIONE “FERMA RESTANDO LA PROPRIETÀ PUBBLICA DELLE RETI, LA LORO GESTIONE PUÒ ESSERE AFFIDATA A SOGGETTI PRIVATI”: a) NECESSARIA PROPRIETA’ DELLE INFRASTRUTTURE IN CAPO

AGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI (COMUNI E PROVINCE) b) DIVIETO ASSOLUTO E INDEROGABILE PER GLI ENTI

PUBBLICI TERRITORIALI DI CESSIONE DELLE INFRASTRUTTURE IN LORO PROPRIETA’

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

NECESSARIA PROPRIETA’ DELLE INFRASTRUTTURE IN CAPO AGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI (COMUNI E PROVINCE) a) affermazione di un principio assolutamente generale di

“necessaria” proprietà delle reti in capo agli enti pubblici territoriali (Comuni e Province); principio di demanialità “necessaria” (e non meramente “eventuale” o “accidentale”) delle infrastrutture dei SPL;

b) di conseguenza, viene esclusa la possibilità di essere proprietari delle infrastrutture dei SPL: per le società patrimoniali; per i gestori dei SPL anche in relazione ai beni realizzati dai

medesimi gestori durante il corso dell’affidamento.

 

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

I PASSAGGI LOGICI DEL RAGIONAMENTO DELLA CORTE SONO I SEGUENTI: a) i beni strumentali al servizio pubblico sono beni pubblici

(“necessariamente” pubblici);b) per “pubblicità” si intende appartenenza in proprietà all’ente

pubblico territoriale;c) i beni strumentali al servizio di proprietà degli enti pubblici

territoriali rientrano nel demanio (“necessario” e non più soltanto “eventuale”) e sono quindi assoggettati al regime dei beni demaniali;

d) tali beni possono essere soltanto concessi “in uso” al gestore del servizio (“affidata in gestione a soggetti privati”).

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

DIVIETO ASSOLUTO E INDEROGABILE PER GLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI DI CESSIONE DELLE INFRASTRUTTURE IN LORO PROPRIETA’ a) La Corte si riferisce alle sole reti di proprietà degli enti locali

territoriali e afferma il principio (più limitato) del divieto “assoluto” e “inderogabile” per gli enti pubblici territoriali di cessione dei beni in loro proprietà (sia ai gestori del servizio che alle società patrimoniali pubbliche);

b) di conseguenza, possibilità di essere proprietari delle infrastrutture dei SPL per le società di gestione dei SPL in relazione ai beni realizzati durante il corso dell’affidamento.

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

I PASSAGGI LOGICI DEL RAGIONAMENTO DELLA CORTE SONO I SEGUENTI:

a) Le infrastrutture dei SPL che sono di proprietà degli enti pubblici territoriali rientrano nel demanio (“accidentale” o “eventuale”) e sono quindi assoggettati al regime dei beni demaniali;

b) gli enti pubblici territoriali non possono (in via assoluta e quindi senza deroga o eccezione alcuna) alienare la proprietà di tali beni;

c) il divieto di alienazione è riferito a tutti i soggetti di diritto privato (quand’anche a partecipazione esclusivamente pubblica, come le società patrimoniali pubbliche di cui al comma 13 dell’art. 113 del TUEL) e a tutti i soggetti di diritto pubblico diversi dagli enti pubblici territoriali;

d) tali beni, di proprietà degli enti pubblici locali territoriali, possono essere soltanto concessi in uso ai gestori del servizio (“affidata in gestione a soggetti privati”).

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4 – DUE DIVERSE RICOSTRUZIONI DELLA SENTENZA

PREFERENZA PER L’INTERPRETAZIONE DELLA INALIENABILITA’ ASSOLUTA DELLE INFRASTRUTTURE DEL SPL DI PROPRIETA’ DEGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI

a) La Corte precisa, nelle proprie conclusioni, che il divieto a legiferare da parte della Regione concerne espressamente “il regime della proprietà di beni del demanio accidentale degli enti pubblici territoriali”, apparentemente circoscrivendo la portata e gli effetti della pronuncia ai soli beni di proprietà degli enti pubblici territoriali;

b) la Corte specifica espressamente che la proprietà pubblica delle reti implica l’assoggettamento di queste “al regime giuridico del demanio accidentale pubblico”, mostrando chiaramente di ritenere che i beni strumentali al servizio pubblico rientrino nella definizione del demanio “accidentale” o “eventuale”, rispetto al quale si applica il regime proprio del demanio soltanto se i beni “appartengono allo Stato” oppure alle Province o ai Comuni (oltre che alle Regioni).

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

NECESSARIA PROPRIETA’ DELLE INFRASTRUTTURE IN CAPO AGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI (COMUNI E PROVINCE)

a) Non pare pacifico che il concetto di “proprietà pubblica” di cui al comma 5 dell’art. 23-bis debba riferirsi esclusivamente agli enti pubblici territoriali;

b) È assente nell’iter motivazionale della Corte qualsiasi riferimento al noto dibattito sui beni “a destinazione pubblica” o “di interesse pubblico”;

c) La normativa in tema di SPL contiene norme che sembrano escludere la “necessaria” proprietà delle infrastrutture dei SPL in capo agli enti pubblici territoriali.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

DIVIETO ASSOLUTO E INDEROGABILE PER GLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI DI CESSIONE DELLE INFRASTRUTTURE IN LORO PROPRIETA

a) La normativa previgente al comma 5 dell’art. 23-bis già conteneva il principio della demanialità delle infrastrutture dei SPL e della loro concessione in uso al gestore;

b) L’art. 143, comma 1, del D.Lgs. N. 152 del 2006 è del tutto compatibile con il comma 5 dell’art. 23-bis, in quanto prevede un principio di “inalienabilità relativa e non assoluta” delle infrastrutture del servizio idrico affermando che tali beni “sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge”.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

CONCLUSIONE: non appare evidente la portata innovativa della proposizione di cui al comma 5 dell’art. 23-bis rispetto alla previgente normativa;

In particolare, il comma 5 dell’art. 23-bis non appare incompatibile:

a) né con le disposizioni legislative (quelle previgenti e quelle contenute nello stesso asrt. 23-bis) che prevedono la possibilità della proprietà delle infrastrutture dei SPL in capo a soggetti diversi dagli enti pubblici territoriali (e, segnatamente, alle società patrimoniali e ai gestori dei SPL con riferimento ai beni dagli stessi realizzati nel corso dell’affidamento del servizio);

b) né con le previgenti disposizioni legislative che espressamente prevedevano una deroga al principio di inalienabilità (per le società patrimoniali).

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

a) la normativa previgente al comma 5 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 (e, cioè, la normativa codicistica sui beni demaniali, la normativa generale sui servizi pubblici locali di cui al TUEL e la normativa di settore sul servizio idrico di cui all’art. 143 del d.lgs n. 152 del 2006) già conteneva: l’assoggettamento degli acquedotti (e poi, con il d.lgs. n. 152

del 2006, di tutti i beni strumentali al servizio idrico) al regime dei beni demaniali, con conseguente divieto di alienazione e di “mutamento della destinazione pubblica”;

il conseguente divieto per gli enti locali territoriali di trasferire la proprietà di tali beni, con la deroga al suddetto divieto di alienazione espressamente prevista a favore delle società patrimoniali pubbliche dal combinato disposto dei commi 2 e 13 dell’art. 113 del TUEL;

l’attribuzione al gestore del servizio (sia esso pubblico o privato) non del diritto di proprietà sui beni strumentali al servizio pubblico, ma di un non meglio precisato diritto di uso.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

b) la disciplina giuridica del regime dei beni demaniali contenuta nel codice civile può essere interpretata nel senso di contenere non un divieto “assoluto” di alienazione, ma soltanto un divieto “relativo”, “nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge” (in ogni caso, la disciplina di settore relativa al servizio idrico integrato pone senza dubbio un divieto di alienazione “relativo” ai sensi del comma 1 dell’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006);

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

c) interpretando la normativa nel senso che essa ponga un divieto di alienazione “relativo”, la previsione della società patrimoniale pubblica di cui al comma 13 dell’art. 113 del TUEL si poneva (e si pone) come disposizione derogatoria ma consentita dal codice civile e dall’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006;

 d) anche interpretando la normativa codicistica nel senso che essa

ponga un divieto di alienazione “assoluto”, la previsione della società patrimoniale pubblica di cui al comma 13 dell’art. 113 del TUEL si poneva (e si pone), come disposizione derogatoria o eccezionale rispetto al regime giuridico del demanio pubblico, ma tuttavia legittima in quanto contenuta in una fonte identica a quella del codice civile (cioè la legge);

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

e) di fronte a tale normativa previgente, sarebbe stato necessario un intervento legislativo espresso, cioè una legge che avesse disposto in modo specifico l’abrogazione del comma 13 dell’art. 113 TUEL o, comunque, che avesse introdotto una disciplina che potesse interpretarsi in modo chiaro e univoco come incompatibile con quella previgente;

 f) non appare, invece, evidente la portata “innovativa”

dell’espressione “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”, di cui al comma 5 dell’art. 23-bis, rispetto alla previgente normativa (e ad altre norme dello stesso art. 23-bis);

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

g) la disciplina dei beni strumentali al servizio idrico è rinvenibile esclusivamente nel citato d.lgs. n. 152 del 2006 (oltre che nel codice civile e nel TUEL), non trovando applicazione il comma 5 dell’art. 23-bis;

 h) l’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006 non ha mutato il previgente

quadro normativo in tema di disciplina dei beni demaniali contenuto negli articoli del codice civile e nell’art. 113 del TUEL;

 i) anzi, l’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006 – rispetto alla disciplina

del codice civile – pone un divieto di alienazione soltanto “relativo” e non assoluto”, in quanto espressamente “la legge” è facoltizzata (“se non”) a prevedere ipotesi di alienazione dei beni demaniali strumentali al servizio idrico, fissandone “i modi” e “i limiti”;

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

j) l’articolo 143 del d.lgs. n. 152 del 2006 non solo, pertanto, non è in contrasto con il comma 13 dell’art. 113 del TUEL, ma al contrario – con la sua “diversa” (e forse “innovativa”) disposizione rispetto a quella contenuta nell’art. 823 del codice civile – conferma la legittimità del citato comma 13 dell’art. 113 del TUEL e della società patrimoniale pubblica;

 k) inoltre, il comma 13 dell’art. 113 TUEL non può ritenersi

incompatibile con il codice civile (né ovviamente abrogato per incompatibilità) perché successivo al codice civile;

 l) ma, allora, il comma 13 dell’art. 113 TUEL non può considerarsi

abrogato per incompatibilità con l’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006, perché questa disposizione – pur successiva all’art. 35 della legge n. 448 del 2001 che ha introdotto il comma 13 dell’art. 113 TUEL – è meramente riproduttiva del codice civile.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

LA “CLAUSOLA DI RESISTENZA” CONTENUTA NEL TUEL E L’ASSENZA DI ABROGAZIONE ESPRESSA DEL COMMA 13 DELL’ART. 113 TUEL DA PARTE DEL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DELL’ART. 23-BIS

TUEL:l’art. 1, comma 4, del TUEL stabilisce che “Ai sensi dell'art. 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”;

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

ART. 23-BIS e Regolamento di attuazione:

a) art. 23-bis, comma 10: “Il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il 31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di: (…) m) individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente articolo”;

b) il Regolamento di attuazione dell’art. 23-bis, di cui al DPR 7 settembre 2010 n. 168, non individua il comma 13 dell’art. 113 del TUEL fra le norme abrogate.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

Quindi, l’attività esegetica in ordine alle norme abrogate dall’art. 23-bis, quantomeno per l’abrogazione espressa ed il superamento della clausola di resistenza del TUEL, trova una soluzione interpretativa esplicitata con il Regolamento.

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Page 34: Studio Legale LUCA CAPECCHI ed ASSOCIATI Studio Legale LUCA CAPECCHI ed ASSOCIATI Associazione Professionale Analisi della sentenza della Corte costituzionale.

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5 – ARGOMENTI CRITICI CONTRO LA TESI DELLA SENTENZA

VALORE ED EFFICACIA DELLE CLAUSOLE DI RESISTENZA

Consiglio di Stato: “le clausole in parole si tradurrebbero, in definitiva, in un’esortazione non vincolante nei confronti del legislatore in merito alla tecnica di intervento”.

Dottrina: “Non v’é, quindi, un divieto sanzionato di abrogazione implicita ma semplicemente un invito al legislatore ad evitare interventi di tal fatta”

le norme in questione rappresentano “al più, un’indicazione esegetica (un vincolo di carattere interpretativo) volta a cercare la strada del coordinamento tra norme prima di concludere per l’abrogazione implicita”.

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