Studio delle interferenze delle pareti nelle camere a ionizzazione attraverso la variazione della...
description
Transcript of Studio delle interferenze delle pareti nelle camere a ionizzazione attraverso la variazione della...
-
UNIVERSIT DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLT DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN FISICA
Tesi di laurea:
STUDIO DELLE INTERFERENZE DELLE
PARETI NELLE CAMERE A IONIZZAZIONE
ATTRAVERSO LA VARIAZIONE DELLA
PRESSIONE DELL'ARIA
Relatore:
Prof.ssa Maria Itala Ferrero
Candidato:
Massimo Massimino
Anno accademico 1997/98
-
Indice
Prefazione ....................................................................................................... 4
1. Introduzione ........................................................................................... 5 1.1. Cenni storici sulla dosimetria .......................................................... 7 1.2. Grandezze e relazioni fondamentali .............................................. 11
2. Interazione della radiazione con la materia ..................................... 17 2.1. Interazioni dei fotoni ..................................................................... 18 2.2. Interazioni degli elettroni .............................................................. 28
3. Fondamenti teorici dellesperimento ................................................. 35 3.1. Landamento del kerma e della dose assorbita in un mezzo che contiene una camera a cavit .................................................. 37
3.2. La camera in equilibrio di elettroni secondari .............................. 40 3.3. La camera nelle condizioni di Bragg e Gray ................................ 41 3.4. Il teorema di Fano ......................................................................... 43
4. Materiali e metodi dellesperimento .................................................. 45 4.1. La camera di Roos ......................................................................... 49
5. Simulazione con il metodo di Monte Carlo ....................................... 52 5.1. La simulazione della camera a ionizzazione ................................. 54
6. Risultati e Discussione ......................................................................... 58 6.1. Discussione dei risultati ................................................................ 62
7. Conclusioni ........................................................................................... 69
-
INDICE 3
A. Il sistema EGS4.................................................................................... 71
B. I dispositivi per la radioterapia .......................................................... 75
Referenze ...................................................................................................... 79
-
4
Prefazione
Ho avuto modo di trascorrere un anno presso il DKFZ, Deutsches
Krebsforschungszentrum (centro tedesco per la ricerca contro i tumori), di
Heidelberg, Germania. Qui ho partecipato allattivit di ricerca nel dipartimento
di radioterapia e dosimetria, e in particolare ho approfondito il tema
dellirradiazione dei tumori con fotoni ed elettroni, potendo fare ampio uso di
diversi dispositivi per lirradiazione nella terapia del cancro.
Questa tesi tratta di un effetto che tende ad alterare la misurazione della dose
assorbita da un corpo sottoposto ad irradiamento: linterferenza delle pareti della
camera a ionizzazione (wall effect).
Unaltra sezione della tesi tratta della simulazione dellesperimento con il si-
stema EGS4, in modo da poter confrontare il risultato sperimentale con quello
simulato.
Per concludere questa prefazione, non posso fare a meno di ringraziare il
DKFZ e in particolare il professor Gnther Hartmann, per lassistenza che mi
stata riservata e per il costante aiuto, nonch per la possibilit di avere a disposi-
zione macchinari e strutture di altissima tecnologia e di grandissimo valore,
senza i quali questa tesi non sarebbe stata certo possibile.
-
5
Capitolo primo
Introduzione
La radioterapia appartiene oggi, accanto alla chirurgia e alla chemioterapia, ai
pi importanti trattamenti nella cura del cancro. Allo stesso modo della chirur-
gia, la radioterapia agisce localmente, cio limitatamente al luogo della sua ap-
plicazione. Tuttavia la zona bersaglio talvolta cos piccola che difficile non
colpire con le radiazioni anche i tessuti sani circostanti: attraverso la concentra-
zione dellazione delle radiazioni sul volume bersaglio possibile ottenere
unazione distruttiva nei confronti del tumore e, nello stesso tempo, risparmiare i
tessuti sani circostanti. Lobiettivo di questo sistema, definito terapia conforma-
zionale, oggi, grazie alla tecnologia disponibile, gi in molti casi raggiungibile.
Cos, attraverso luso di sistemi di rappresentazione tridimensionale come la to-
mografia computerizzata (CT), la tomografia a risonanza magnetica (MRT) e la
tomografia a emissione di positroni (PET), spesso possibile ottenere
unindicazione molto precisa sulla conformazione del volume bersaglio.
quindi sempre pi importante la precisione nel misurare la quantit di radia-
zione irraggiata, in modo da poter seguire il piano di irraggiamento prestabilito
dalla terapia conformazionale.
La dosimetria si occupa proprio di approntare e sviluppare apparecchiature e
sistemi in grado di svolgere questa funzione con sempre maggiore precisione.
Uno degli strumenti di misura in uso alla dosimetria la camera a ionizzazione a
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 6
cavit: ne esistono di diversi tipi e forme, in modo da adattarsi al tipo di radia-
zione da misurare e quindi causare il minimo errore di misura possibile [5].
Come vedremo meglio pi avanti, con la camera a ionizzazione a cavit si mi-
sura la quantit di carica elettrica liberata dalla radiazione ionizzante allinterno
della cavit sensibile della camera stessa. Se il materiale contenuto nella cavit
(aria) e il materiale che la circonda (le pareti della camera e il materiale circo-
stante) sono composti da materiali con diverso numero atomico effettivo (con
numero atomico effettivo si intende la media ponderata dei numeri atomici degli
elementi costituenti il materiale, usando come peso la percentuale in massa di
ogni elemento), la dose misurata diviene dipendente dalla dimensione della ca-
vit e dalla densit dellaria contenuta, e quindi dalla pressione dellaria a tem-
peratura costante [17]. Il motivo principale di questa dipendenza sono le
interferenze delle pareti (wall effects) [31]: in questo lavoro viene descritto
lesperimento che abbiamo approntato per studiare la dipendenza di questo
effetto dalla pressione dellaria nella cavit.
Un altro aspetto oggi sempre pi importante nella dosimetria la simulazione
al calcolatore dei vari processi di interazione subiti dalle radiazioni, attraverso il
metodo di Monte Carlo [2,22]. La potenza degli odierni calcolatori ha reso
possibile lo sviluppo di sistemi molto complessi, che permettono una
simulazione molto realistica del processo fisico.
Per simulare lesperimento reale abbiamo fatto uso del pacchetto di pro-
grammi EGS4 (Electron Gamma Shower), che permette di simulare un irrag-
giamento di fotoni ed elettroni in una geometria definita dallutente [38].
Vediamo adesso in breve la struttura di questo lavoro:
Nel prosieguo del primo capitolo si prende in esame la storia della dosimetria,
introducendo cos i concetti basilari di questa disciplina;
il secondo capitolo descrive i punti fondamentali dellinterazione della radia-
zione ionizzante con la materia;
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 7
il terzo capitolo descrive i fondamenti teorici dellesperimento che ci ha per-
messo di studiare la dipendenza delleffetto pareti dalla pressione dellaria
contenuta nella cavit;
il quarto capitolo descrive i materiali e i metodi dellesperimento stesso;
il quinto capitolo tratta della simulazione con il metodo di Monte Carlo, sof-
fermandosi sui problemi connessi alla simulazione delle camere a
ionizzazione a cavit;
nel sesto capitolo si riportano e si commentano i risultati ottenuti
dallesperimento, dalla simulazione e dal confronto dei due;
nel settimo capitolo c il riassunto dei punti fondamentali toccati in questo
lavoro;
nelle appendici conclusive si descrive il sistema di simulazione EGS4 e gli
strumenti per la radioterapia utilizzati nellesperimento.
1.1 Cenni storici sulla dosimetria
Gi alcune settimane dopo la scoperta dei raggi X da parte di Wilhelm Conrad
Rntgen nel 1895, viene riconosciuta la loro importanza nelle diagnosi mediche
e la loro azione biologica. Perdita dei capelli, arrossamenti e danni permanenti
della pelle suggeriscono lazione distruttrice sulle cellule da parte della radia-
zione di Rntgen. La prima guarigione di un tumore della pelle risale al 1899.
Esperimenti che falliscono per via di dosaggi sbagliati, sottolineano
limportanza dello sviluppo di una metrologia per queste radiazioni. Esperienze
simili si fanno con i raggi scoperti nel 1896 da Antoine Henri Becquerel.
I primi tentativi di misura si basano sugli effetti sulla pelle umana, ma le mi-
sure non riescono a superare la difficolt rappresentata dal fatto che radiazioni
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 8
diverse, che danno le stesse reazioni sullindicatore, abbiano poi efficacia di-
versa su altri tessuti.
Molto diffusa dalle ricerche fisiche subito la misura della ionizzazione
dellaria. Gi nel marzo del 1896 parla Rntgen di ricerche con camere a ioniz-
zazione. Lo svizzero Theophil Christen esprime nel 1913 il concetto di dose fi-
sica, come lenergia della radiazione Rntgen assorbita da un corpo, divisa per
il volume del corpo. Accanto alla dose fisica, Christen introduce il concetto di
dose biologica, che esprime la diversa sensibilit dei tessuti alla radiazione:
dose fisica coefficiente di sensibilit = dose biologica
il coefficiente di sensibilit corrisponde allattuale concetto di azione biolo-
gica relativa.
Nel 1925 c il primo congresso internazionale di radiologia a Londra, dove
viene fondata la International Commission on Radiation Units and
Measurements (ICRU) con il compito di formulare la definizione di dose per il
congresso successivo. Nello stesso congresso un fisico tedesco, Hermann
Behnken, propone una definizione di dose che si basa sulla quantit di carica
elettrica rilasciata in un cm3 di aria e d nome rntgen a questa unit.
Il secondo congresso si svolge a Stoccolma nel 1928 e viene accettata la defi-
nizione di dose data da Behnken. In questo congresso si esprime per la prima
volta il concetto di energia media per generare una coppia di ioni in aria: la si
indica con la lettera W e le si attribuisce il valore di 33,20,5 eV (oggi per la ra-
diazione X si accetta il valore 33,970,15 eV). Vengono anche descritti alcuni
tipi di camera a ionizzazione per realizzare la definizione di 1 rntgen: interes-
sante notare che nella descrizione di queste camere a ionizzazione vengono gi
nominati concetti fondamentali per la dosimetria come linterferenza delle pareti
e l equilibrio degli elettroni secondari, che approfondiremo pi avanti in que-
sto lavoro.
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 9
Nel 1934 Behnken propone un nuovo concetto di dose e riprende quello di
Christen, riferendo per lenergia assorbita ad una massa daria. Per mantenere
lunit di misura inalterata numericamente rispetto al 1928, propone di prendere
come riferimento la massa di 1,29 mg di aria (1 rntgen corrisponde oggi
0,00876 Gy).
Nel quinto congresso di radiologia a Chicago nel 1937 si abbandona il con-
cetto tedesco di dose come energia deposta in aria, e si d al rntgen la defini-
zione di: quantit di raggi X tale che lassociata emissione corpuscolare in
0,001293 g di aria, produca, nellaria, ioni che portino 1 unit elettrostatica di
quantit di elettricit. La principale novit consiste nel fatto che quello che si ri-
ferisce alla massa daria non pi la carica rilasciata, ma lemissione corpusco-
lare, cio gli elettroni secondari: la grandezza, la cui unit il rntgen, quindi
proporzionale non allenergia assorbita dalla massa daria, ma allenergia cine-
tica trasferita agli elettroni secondari nello spazio occupato dalla massa daria.
Per la prima volta si parla di ionizzazione indiretta, attraverso gli elettroni se-
condari: questa definizione del 1937 apre la strada alla successiva definizione di
exposure X e kerma K.
Dobbiamo aspettare gli anni cinquanta prima di avere nuovi sviluppi: la gran-
dezza espressa nel 1937 riceve il nome di exposure (it. Esposizione), mentre
nel 1958 su proposta del tedesco Rsch, si introduce il concetto di kerma: il
nome labbreviazione di kinetic energy released in material; la grandezza
esprime la quantit di energia cinetica dEtr trasferita agli elettroni secondari nella
massa dm.
Altra novit degli anni cinquanta la definizione di dose assorbita come la
quantit di energia assorbita riferita alla massa e si d nome alla corrispondente
unit rad pari a 100 erg/g (0,01 J/kg). In questo modo si pu impostare
unequazione numerica tra lesposizione misurata in rntgen nella camera a
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 10
ionizzazione e la dose assorbita in acqua misurata in rad: per fotoni di energia
tra 0,2 e 2 MeV vale: 1 R 0,97 rad.
Nel 1962 viene introdotto il concetto di dose equivalente, con unit rem
(rntgen equivalent man): uguale alla dose assorbita moltiplicata per un coef-
ficiente di qualit, che tiene conto degli effetti della radiazione sui diversi mate-
riali; per anni si discusso sulle dimensioni di questo coefficiente e soltanto
dieci anni pi tardi ci si accordati per dare alla dose equivalente le stesse di-
mensioni della dose assorbita e quindi vale la relazione:
1 rem = 1 rad = 0,01 J/kg.
In Germania si introduce il concetto di Ionendosis J =dQ/dm come la carica
dQ generata nella massa daria dm dagli elettroni secondari. Questa grandezza
proporzionale alla dose assorbita in aria. In condizione di equilibrio degli elet-
troni secondari si introduce la grandezza Standard-Ionendosis Js, che uguale
in numero e dimensioni allesposizione:
X = Js
Al giorno doggi si scelto di utilizzare per le grandezze della radiologia,
unit derivate da quelle del sistema internazionale, e quindi:
il rntgen viene sostituito dal coulomb su chilogrammo:
1 R = 2,58 10-4 C/kg (unit della Ionendosis e dellesposizione),
il rad viene sostituito dal gray (joule su chilogrammo):
1 rad = 0,01 Gy (unit della dose assorbita e del kerma),
il rem viene sostituito dal sievert (joule su chilogrammo):
1 rem = 0,01 Sv (unit della dose equivalente),
il curie viene sostituito dal becquerel (s-1
):
1 Ci = 3,7 1010 Bq (unit dellattivit).
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 11
1.2 Grandezze e relazioni fondamentali
In questa sezione si prendono in esame le grandezze fondamentali della dosi-
metria, basandosi sui numerosi reports della ICRU [28,29,30,31,32]; nel seguito,
per convenienza, nel termine elettrone sono inclusi elettroni e positroni.
La fluenza di particelle (particle fluence) il quoziente dN / da, dove dN
il numero di particelle incidenti su una sfera, di sezione massima da:
da
dN ( m-2 ) (1.1)
opportuno distinguere la fluenza dalla fluenza planare, che il numero di
particelle che attraversano un piano per unit di area. Nella figura 1.1 la fluenza
di particelle la stessa in entrambi i casi, perch il numero di particelle che
colpiscono la sfera lo stesso, mentre la fluenza planare diminuisce quando il
fascio non incide normalmente.
Fig. 1.1. La fluenza delle particelle la stessa nei due casi
Una definizione alternativa di fluenza di particelle questa: la somma delle
lunghezze dei cammini delle particelle in un volume, divisa per il volume:
volume
cammini dei lunghezza
)( (1.2)
Il kerma di collisione lenergia cinetica per unit di massa trasferita agli
elettroni da un fascio di fotoni e non persa in seguito per mezzo di processi ra-
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 12
diativi (praticamente la quantit di energia dissipata localmente per ionizza-
zione). La sua espressione :
med
enmed)(
EK c (J/kg), (1.3)
dove E lenergia media dei fotoni (J); la fluenza dei fotoni (m-2
) e
( en /)med il coefficiente massico di attenuazione per il mezzo, mediato sullo
spettro della fluenza di energia dei fotoni (m2 / kg).
Una quantit pi generale il kerma, che lenergia cinetica per unit di
massa trasferita agli elettroni da un fascio di fotoni. legato al kerma di colli-
sione dalla relazione:
(Kc)med = Kmed (1 - g ) (J/kg), (1.4)
dove g la frazione media dellenergia di un elettrone persa in processi ra-
diativi (per la radiazione di 60
Co vale 0,0032).
Quando un elettrone rallenta in un gas, perde energia ionizzando il gas; la
quantit W lenergia media spesa nel gas per ogni coppia di ioni formata, di
solito espressa in eV per coppia di ioni.
Una quantit pi utile si ottiene dividendo W per la quantit di carica rila-
sciata: dividendo per la carica dellelettrone si ha
(W/e)air = 33,97 0,06 (J/C), dove (W/e)air esprime i joule di energia deposi-
tata in aria per ogni coulomb di carica rilasciata.
Lesposizione, X (exposure) il quoziente dQ su dm, dove dQ il valore as-
soluto della carica totale degli ioni di un segno prodotti in aria, quando tutti gli
elettroni liberati dai fotoni in una massa daria dm sono completamente fermati
nellaria:
X = dm
dQ (C/kg), (1.5)
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 13
Lesposizione lequivalente per la ionizzazione, del kerma di collisione in
aria per i fotoni: infatti basta moltiplicare il kerma di collisione per (e/W)air , il
numero di coulomb di carica creata per joule di energia depositata, per ottenere
la carica creata per unit di massa daria, e cio lesposizione:
X = (Kc )airairW
e
(C/kg) (1.6)
= airW
eE
air
en
. (1.7)
Parliamo adesso di equilibrio di particelle cariche (charged particle
equilibrium, CPE): si ha equilibrio di particelle cariche in un volume V, quando
ogni particella carica di un certo tipo e energia che lascia V, viene rimpiazzata
da unidentica particella entrante: un particolare caso di questo equilibrio
lequilibrio degli elettroni secondari (vedi 3.2).
Una conseguenza di questa definizione che il CPE pu sussistere solo se
non c attenuazione di fotoni in un mezzo. Quando esiste CPE:
Dmed CPE
(Kc)med = med
en
(Gy), (1.8)
Cio sotto condizioni di CPE in un punto in un mezzo, la dose assorbita
uguale al kerma di collisione, tralasciando eventuali perdite radiative [39].
In condizioni di CPE sussiste una relazione molto utile tra le dosi assorbite in
due differenti mezzi che sono nella stessa fluenza di fotoni:
Bc
AcCPE
B
A
K
K
D
DA
B
B
A
en
en
en
(1.9)
dove lultima uguaglianza definisce semplicemente la notazione.
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 14
Se si assume che i fotoni radiativi sfuggano dal volume di interesse e gli elet-
troni secondari vengano assorbiti dalle pareti del volume, unimportante rela-
zione tra dose assorbita e la fluenza degli elettroni primari :
D = ( S / )col (Gy) (1.10)
Dove ( S / )col il potere frenante massico non ristretto per collisione
(unrestricted collision mass stopping power). La condizione che gli elettroni
sono assorbiti dalle pareti sussiste solo in caso di equilibrio degli ioni secondari.
Fino ad adesso la fluenza stata per elettroni mono-energetici: per uno spettro di
elettroni fino allenergia Tmax , definiamo il potere frenante massico non ristretto
per collisione mediato sullo spettro come:
D
dT
dTSST
T
T
colT
max
max
0
0/
, (1.11)
dove TdT la fluenza della particelle con energia compresa tra T e T + dT
[4].
Parliamo adesso delle condizioni di Bragg e Gray: consideriamo una regione
di un materiale omogeneo w che contiene una cavit riempita da un altro mate-
riale g; se si verificano le seguenti condizioni (di Bragg e Gray) [1]:
Lo spessore della cavit con g cos piccola in confronto al range delle par-
ticelle cariche che la colpiscono, che la sua presenza non perturba il campo
delle particelle cariche;
La dose assorbita nella cavit deposta interamente dalle particelle cariche
che la attraversano, e non da quelle create in essa.
visto che non cambia, leq. (1.11) fornisce un rapporto tra la dose nel mezzo
w e quella nel mezzo g:
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 15
g
w
D
Dw
g
col
col
w
col
S
S
S
g
(1.12)
dove il potere frenante massico per collisione mediato sullo spettro degli
elettroni primari. Va ricordato comunque che sempre richiesta la condizione di
CPE, almeno per gli elettroni generati in g.
Spencer e Attix hanno dimostrato nel 1955 che nella teoria delle cavit ne-
cessario considerare gli effetti degli elettroni secondari. La moderna formula-
zione delle loro teorie conduce ad un rapporto tra le dosi in w e in g, espresso da:
max
max
E
g
g
T
E
w
w
Tw
gg
w
TEdEL
TEdEL
L
D
D
(1.13)
dove TE il termine che tiene conto di quel 5 10 % della dose che viene
dalla fine dei cammini (quando gli elettroni hanno unenergia al di sotto di ), e
la minima energia per la quale gli elettroni secondari sono considerati parte
dello spettro degli elettroni (tutti i secondari sotto questa soglia sono considerati
come assorbiti dalle pareti e inclusi nel potere frenante massico ristretto
(L / ) ).
Ci sono solo piccole differenze tra i risultati delle teorie delle cavit di
Spencer-Attix e Bragg-Gray per la maggior parte delle situazioni di interesse
nella fisica clinica. Il vantaggio della teoria di Spencer-Attix che si applica in
regioni dove non c equilibrio di particelle cariche, come avviene in prossimit
delle interfacce; dallaltra parte le sue esigenze, confrontate con le condizioni di
Bragg-Gray, sono pi stringenti perch la teoria di S-A prevede che la cavit
non disturbi lo spettro degli elettroni che escono dalla cavit stessa fino
-
CAPITOLO PRIMO: INTRODUZIONE 16
allenergia , mentre la teoria di B-G richiede questo solo per lo spettro degli
elettroni primari.
Il valore di non specificato univocamente: tuttavia il rapporto dei poteri
frenanti, necessario per la dosimetria, non ne dipende in modo critico, e il valore
di = 10 keV diventato de facto standard [45,46].
-
17
Capitolo secondo
Interazione della radiazione con la materia
Nello studio dellinterazione tra radiazione ionizzante e materia, un aspetto
fondamentale espresso dalle costanti dei materiali; proprio il loro valore
costante che rende possibile la misura della dose assorbita e permette lo sviluppo
di strumenti per la dosimetria: per esempio qualche costante rappresenta il fat-
tore che, se moltiplicato per una grandezza relativa alla radiazione, fornisce la
dose assorbita, il kerma o lesposizione relativi al materiale bersaglio della ra-
diazione stessa; in questo capitolo incontreremo le pi importanti costanti dei
materiali [30,16].
Le costanti dei materiali si possono dividere in tre gruppi:
al primo gruppo appartengono le costanti che esprimono il cambiamento delle
propriet della radiazione, dovute allinterazione con la materia: per esempio un
fascio di fotoni, attraverso il passaggio in un sottile strato di materia, viene
attenuato: i fotoni vengono diffusi o assorbiti e la loro energia, in parte o
totalmente, si trasforma in energia cinetica degli elettroni secondari; per i fotoni
la costante pi importante il coefficiente di attenuazione; le particelle cariche
vanno invece incontro ad una perdita di energia per ionizzazione, che viene
espressa dal potere frenante del materiale;
al secondo gruppo appartengono le costanti che si riferiscono alle propriet
degli atomi, per esprimere particolari effetti fisici della radiazione su di essi: per
ogni tipo di radiazione e per ogni effetto si definisce una sezione durto per
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 18
atomo o per elettrone; moltiplicando questa sezione durto per atomo per il nu-
mero degli atomi in un elemento di volume, si ottiene la densit di sezione
durto e, con essa (per i fotoni), il coefficiente di assorbimento (dimensioni
lunghezza-1
), il cui reciproco definito come il libero cammino medio per il
processo considerato;
al terzo gruppo appartengono le cosiddette costanti di rendimento: rendimenti
per quantit di energia irradiata vengono indicati per cambiamenti chimici degli
atomi, per la generazione di luce, per il riscaldamento dei materiali (il calore
specifico); il reciproco di una costante di rendimento W, lenergia media per la
creazione di una coppia di ioni nei gas.
2.1 Interazioni dei fotoni
I fotoni ad alta energia (raggi e raggi X) trasferiscono la loro energia alla
materia in complesse interazioni con atomi, nuclei ed elettroni. Queste in-
terazioni possono essere interpretate come semplici collisioni tra un fotone e un
atomo, un nucleo o un elettrone [50,19,28].
I fotoni non causano ionizzazione direttamente, ma possono interagire con gli
elettroni liberi o legati agli atomi, causando lespulsione di elettroni oppure
generando coppie elettrone-positrone. Questi elettroni secondari causano gli
effetti di ionizzazione, che sono alla base dei meccanismi di individuazione dei
fotoni e che sono la causa degli effetti radiobiologici: per queste ragioni i fotoni
ad alta energia sono classificati come radiazione a ionizzazione secondaria.
Vediamo adesso in breve le principali interazioni tra fotoni e materia.
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 19
Effetto fotoelettrico
Leffetto fotoelettrico un processo atomico di assorbimento, nel quale un
atomo assorbe totalmente lenergia del fotone incidente. Il fotone scompare e
lenergia assorbita usata per espellere un elettrone orbitale dallatomo;
lelettrone espulso viene detto fotoelettrone; esso riceve lenergia cinetica Ee
pari alla differenza tra lenergia del fotone incidente E0 e lenergia di legame del
livello da cui stato espulso lelettrone El :
Ee = E0 - El . (2.1)
Leffetto fotoelettrico appare come una collisione tra un fotone e un elettrone
orbitale nella quale lelettrone espulso dallatomo e il fotone scompare, come
si pu vedere rappresentato in Fig. 2.1.
I fotoelettroni non possono essere espulsi da un livello, finch lenergia del
fotone non supera lenergia di legame del livello stesso. Se sono disponibili fo-
toni di sufficiente energia, il fotoelettrone tende ad essere espulso dallo strato
pi interno possibile: per esempio, lespulsione di un elettrone del livello K da
quattro a sette volte pi probabile dellespulsione di uno del livello L, quando
lenergia del livello K raggiunta.
Fotone incidente
Nucleo
Fotoelettrone espulso
Fig. 2.1. Rappresentazione schematica delleffetto fotoelettrico
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 20
Leffetto fotoelettrico crea una lacuna in un livello elettronico, che pu gene-
rare lemissione dei caratteristici raggi X (o gli elettroni di Auger). Negli ele-
menti con un basso numero atomico, le energie di legame e le energie dei raggi
X caratteristici sono solo alcuni keV o meno, mentre negli elementi pi pesanti
le energie di legame sono dellordine di 20-100 keV, e quindi rappresentano una
frazione significativa dellenergia assorbita.
Lenergia cinetica impartita al fotoelettrone si deposita vicino al luogo
dellinterazione fotoelettrica, in processi di ionizzazione ed eccitazione, come
vedremo nel 2.2.
Scattering Compton
Lo scattering Compton, detto anche incoerente, la collisione tra un fotone e
un elettrone di uno strato esterno debolmente legato di un atomo. Nello
scattering Compton, poich lenergia del fotone incidente supera di gran lunga
lenergia di legame dellelettrone, linterazione sembra una collisione tra un fo-
tone ed un elettrone libero (Fig. 2.2).
Fotone incidente
Fotone deflesso
, Angolo di scattering
Nucleo
Elettrone di rimbalzo
Fig. 2.2. Rappresentazione schematica dello scattering Compton
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 21
Il fotone non scompare, ma viene deflesso di un angolo ; e parte della sua
energia trasferita allelettrone di rimbalzo, cos il fotone perde energia nel pro-
cesso. Lenergia del fotone deflesso Esc legata allangolo dalla relazione:
Esc = E0 cos1
511,01
1
0
E
, (2.2)
dove E0 lenergia del fotone incidente in MeV; lenergia dellelettrone di
rimbalzo Er :
Er = E0 Esc . (2.3)
Lenergia trasferita non dipende dalla densit, numero atomico o qualsiasi al-
tra propriet del materiale assorbente: lo scattering Compton strettamente
uninterazione fotone-elettrone.
La quantit di energia trasferita allelettrone di rimbalzo va da circa 0 per
= 0 al massimo maxrE per = 180; il minimo di energia per il fotone deflesso
minscE si ha anche per = 180;
maxrE e
minscE hanno valori caratteristici che di-
pendono solo dallenergia E0 del fotone incidente; per fotoni di bassa energia
lelettrone di rimbalzo riceve una piccola frazione dellenergia del fotone inci-
dente anche se = 180.
importante notare che lenergia dei fotoni non mai zero dopo uno
scattering Compton. Nella Fig. 2.3 si pu vedere come muta la distribuzione an-
golare dei fotoni dopo lo scattering Compton: alle basse energie (10-100 keV) il
fotone tende ad essere deflesso sia in avanti che indietro, con un minimo di pro-
babilit per = 90; alle alte energie ( 0,5 MeV) sempre pi probabile la de-
flessione in avanti [50].
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 22
Produzione di coppie elettrone-positrone
La produzione di una coppia elettrone-positrone avviene quando un fotone
interagisce con il campo elettrico di una particella carica: di solito linterazione
con un nucleo atomico, ma talvolta con un elettrone. Nella produzione di una
coppia, il fotone scompare e la sua energia utilizzata per creare un elettrone ed
un positrone (Fig. 2.4). Poich ogni elettrone (positivo o negativo) ha una massa
a riposo pari a 0,511 MeV, richiesta al fotone lenergia minima di 2 0,511
MeV = 1,022 MeV per generare una coppia. La differenza tra lenergia del fo-
tone incidente E0 e 1,022 MeV lenergia cinetica dei due elettroni, Ee+ e Ee-:
Ee+ + Ee- = E0 1,022 MeV . (2.4)
I due elettroni dissipano la loro energia principalmente in interazioni di ioniz-
zazione ed eccitazione. Quando un positrone ha dissipato la sua energia cinetica
e si ferma, partecipa ad una mutua annichilazione con un elettrone, liberando
una coppia di fotoni di annichilazione da 0,511 MeV in direzioni opposte.
Angolo di scattering, ()
Pro
bab
ilit
di scatt
ering
Fig. 2.3. Probabilit relativa di scattering Compton in funzione
dellangolo di scattering per fotoni di differenti energie
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 23
Scattering coerente (Rayleigh)
Lo scattering coerente o Rayleigh un tipo di interazione che avviene tra un
fotone e un atomo completo. Per via della grande massa di un atomo, in con-
fronto per esempio con la massa dellelettrone nello scattering Compton, sol-
tanto una piccola parte di energia viene assorbita nellurto dallatomo: il fotone
quindi deflesso senza praticamente perdere energia.
Lo scattering coerente importante solo alle basse energie ( 50 keV), inoltre,
per via della minima quantit di energia trasferita alla materia, di minima im-
portanza a livello medico.
Coefficienti di attenuazione
Quando un fotone passa attraverso uno spessore di materiale assorbente, la
probabilit di uninterazione dipende dalla sua energia e dalla composizione e
dallo spessore del materiale assorbente. La dipendenza dallo spessore relati-
Nucleo
Nucleo
Fotone incidente
Elettrone
Positrone
Fotoni di annichilazione da 0,511 MeV
Fig. 2.4. Rappresentazione schematica della produzione di
coppie elettrone-positrone
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 24
vamente semplice: maggiore lo spessore e maggiore la probabilit di
uninterazione; la dipendenza dallenergia del fotone e dalla composizione del
materiale pi complessa.
Consideriamo adesso la misura della trasmissione dei fotoni. Un fascio di fo-
toni di intensit I (fotoni /cm2 s) diretto su una lastra di materiale assorbente
di spessore x. Per semplicit supponiamo che il materiale assorbente sia
composto da un solo elemento di numero atomico Z e che il fascio sia mono-
energetico con energia E; un rivelatore di fotoni collocato dopo la lastra ci forni-
sce lintensit del fascio trasmesso. Si suppone inoltre che solo i fotoni che pas-
sano attraverso la lastra senza interazioni giungano al rivelatore.
Per una lastra sottile, dove lintensit del fascio viene ridotta meno del 10
percento, si trova che la riduzione frazionale dellintensit del fascio (I / I)
legata allo spessore x dalla relazione:
xI
Il
; (2.5)
la quantit l detta coefficiente di attenuazione lineare del mezzo; ha dimen-
sioni (lunghezza)-1
ed espressa di solito in cm-1
: questa quantit rispecchia il
potere assorbente del materiale.
La quantit l cresce linearmente con la densit : per eliminare questa di-
pendenza si divide l per , ottenendo il coefficiente massico di attenuazione m,
che ha per dimensioni cm2 / g; esso dipende dal numero atomico del materiale
assorbente Z e dallenergia dei fotoni E.
Il coefficiente massico di attenuazione m pu essere scomposto in compo-
nenti:
m = + + (2.6)
dove la parte di m dovuta alleffetto fotoelettrico, la parte dovuta allo
scattering Compton (e allo scattering coerente) e la parte dovuta alla produ-
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 25
zione di coppie: in questo modo si pu notare che m comprende sia fenomeni di
assorbimento che di scattering, e per questo viene correttamente definito coeffi-
ciente di attenuazione e non di assorbimento.
Limportanza relativa di e varia con il numero atomico Z e lenergia dei
fotoni E: la Fig. 2.5 mostra landamento di m e dei suoi componenti rispetto
allenergia dei fotoni da 0,01 a 10 MeV in acqua, ioduro di sodio e piombo.
Dai grafici si deduce:
1. la componente fotoelettrica decresce rapidamente con laumentare
dellenergia dei fotoni e cresce rapidamente con laumentare del numero
atomico del mezzo ( Z3 / E3); quindi leffetto fotoelettrico leffetto do-
minante negli elementi pesanti alle basse energie; c anche un rapido in-
cremento alle energie corrispondenti alle energie di legame degli elettroni
Totale, m Totale, m Totale, m
H2O NaI Pb
Coe
ffic
iente
di a
tte
nuazio
ne
massic
o (
cm
2/g
m)
Energia dei fotoni (MeV)
Fig. 2.5. Andamento di m e delle sue componenti per acqua, NaI e piombo
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 26
orbitanti: questo aumento dovuto al fatto che lelettrone non pu lasciare il
livello finch lenergia del fotone non supera lenergia di legame;
la componente Compton decresce lentamente con laumento dellenergia
dei fotoni e con laumento del numero atomico del mezzo; i cambiamenti
sono cos piccoli che per gli scopi pratici si considera indipendente da Z e
da E; lo scattering Compton linterazione predominante per valori medi di
Z e di E;
la componente di produzione di coppie zero per energie dei fotoni sotto
la soglia di attivazione di 1,02 MeV, poi cresce logaritmicamente con
laumento dellenergia dei fotoni e con laumento del numero atomico del
mezzo ( Z logE); la produzione di coppie leffetto dominante alle alte
energie nei mezzi con un grande numero atomico.
Se il fascio di fotoni deve attraversare una lastra spessa, dove lintensit del
fascio ridotta pi del 10 percento, la trasmissione dipende dalla geometria
della sorgente di fotoni, del mezzo e del rivelatore; in modo particolare la tra-
smissione influenzata dalla presenza o meno degli elettroni deflessi nel nu-
mero dei fotoni trasmessi [24]. Una disposizione che rende minimo il numero di
fotoni deflessi nel fascio trasmesso la cosiddetta geometria a fascio stretto; se
invece molti fotoni deflessi sono presenti nel fascio trasmesso si ha la geometria
a fascio largo (Fig. 2.6).
a) b)
D D
x
x
Fig. 2.6. a) Geometria a fascio stretto, b) Geometria a fascio largo;
D il rivelatore
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 27
Le condizioni per avere la geometria a fascio stretto richiedono di solito che il
fascio venga collimato con una piccola apertura vicino alla sorgente dei fotoni,
in modo che solo uno stretto fascio venga diretto verso il bersaglio; questo mi-
nimizza la probabilit che i fotoni vengano in contatto con oggetti vicini (come
le pareti) e quindi deflessi verso il rivelatore. Sotto le condizioni di geometria a
fascio stretto, la trasmissione di un fascio monoenergetico di fotoni descritta
da unequazione esponenziale:
I(x) = I(0)xle
, (2.7)
dove I(x) lintensit del fascio trasmesso attraverso uno spessore x di mate-
riale, I(0) lintensit in assenza di materiale assorbente e l il coefficiente di
attenuazione lineare per il mezzo e lenergia dei fotoni considerati. A differenza
delle particelle cariche, i fotoni non hanno un range massimo definito e quindi
c sempre una probabilit finita che un fotone penetri anche il mezzo pi
spesso.
La quantit:
Xm = 1 / l (2.8)
detta libero cammino medio di un fotone in un mezzo, ed la distanza me-
dia percorsa da un fotone nel mezzo prima di interagire; la quantit
xle
= I(x) / I(0) (2.9)
detta fattore di trasmissione, ed la frazione di energia del fascio trasmessa
dal mezzo assorbente.
In generale per le condizioni per la geometria a fascio stretto non sono ri-
spettate, e quindi ci troviamo in condizioni di geometria a fascio largo; in questo
caso un buon numero di fotoni deflessi giunge al rivelatore, incrementando
lintensit del fascio trasmesso; il fattore che esprime laumento della trasmis-
sione nelle condizioni di fascio largo, rispetto alle condizioni di fascio stretto
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 28
chiamato build-up factor e si indica con la lettera B. Cos il fattore di trasmis-
sione T per il fascio largo dato dalla relazione:
T = Bxle
. (2.10)
Il fattore B dipende dallo spessore x del materiale, dallenergia dei fotoni e
dalla distanza della lastra dal rivelatore, ed sempre maggiore di 1.
2.2 Interazioni degli elettroni
Gli elettroni perdono energia e rallentano passando nella materia, in seguito a
collisioni con atomi e molecole; nel processo viene trasferita energia al mezzo
assorbente, e il principale risultato la ionizzazione e leccitazione di atomi e
molecole; la maggior parte di questa energia viene infine trasformata in calore
(vibrazioni molecolari ed atomiche); comunque leffetto di ionizzazione ha altre
conseguenze importanti, per esempio gli effetti radiobiologici [50,32].
Prendiamo adesso in esame i meccanismi di interazione degli elettroni con la
materia.
Le collisioni che avvengono tra un elettrone e un atomo o una molecola coin-
volgono forze elettriche di attrazione o repulsione, piuttosto che urti veri e pro-
pri. In un accostamento lintensit delle forze pu essere sufficiente per separare
un elettrone orbitante dal suo atomo, causando ionizzazione (Fig. 2.7 A); una
ionizzazione appare come un urto tra un elettrone libero ed uno orbitale e
lelettrone libero perde energia nella collisione: parte di questa energia serve a
superare lenergia di legame dellelettrone orbitale e il resto dato allelettrone
secondario come energia cinetica. La ionizzazione che coinvolge un elettrone di
un livello pi interno pu dar luogo alla caratteristica radiazione X o ad un elet-
trone di Auger: in ogni caso questi effetti sono generalmente molto piccoli, per-
ch la maggior parte delle interazioni coinvolgono elettroni di strati esterni.
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 29
Lelettrone espulso pu essere sufficientemente energetico da causare una ioniz-
zazione secondaria: lelettrone cos generato viene definito elettrone delta ().
Un accostamento meno ravvicinato tra un elettrone e un atomo pu far s che
un elettrone orbitale venga portato in uno stato eccitato, causando leccitazione
atomica o molecolare; queste interazioni generalmente causano perdite energeti-
che minori rispetto ai casi di ionizzazione. Lenergia trasferita ad un atomo in
uninterazione di eccitazione viene dissipata in vibrazioni molecolari, emissioni
atomiche di radiazione infrarossa, visibile e ultravioletta, ecc.
Un terzo tipo di interazione avviene quando lelettrone riesce a penetrare la
nube degli elettroni orbitali di un atomo ed entra in collisione con il suo nucleo;
lelettrone viene deviato dalle intense forze elettriche esercitate su di lui dal nu-
cleo (Fig. 2.7 B): lelettrone viene rapidamente rallentato e perde energia nella
collisione; questa energia appare come radiazione di fotoni, chiamata
Nucleo
Nucleo
Nucleo
Elettrone incidente
Elettrone secondario
Bremsstrahlung
(A)
(B)
Fig. 2.7. Interazioni di elettroni con atomi: (A) Interazione che provoca
ionizzazione; (B) Interazione che genera bremsstrahlung
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 30
bremsstrahlung (tedesco per radiazione di frenamento). Lenergia della
bremsstrahlung pu variare da circa zero, quando lelettrone viene solo debol-
mente deflesso, fino ad un massimo uguale a tutta lenergia della particella inci-
dente, quando questa viene virtualmente stoppata nella collisione.
Le perdite di energia dovute a ionizzazione o ad eccitazione sono dette perdite
per collisione, mentre le perdite dovute a bremsstrahlung sono dette perdite per
radiazione: nel range della medicina nucleare le perdite per collisione sono di
gran lunga il fattore dominante; le perdite per radiazione crescono con
laumentare dellenergia degli elettroni incidenti e con laumentare del numero
atomico Z del materiale assorbente. Unapprossimazione per la frazione di per-
dite per radiazione di un fascio di elettroni di energia massima Emax (MeV), indi-
cato dalla lettera g data dallespressione:
g 3000
maxZE . (2.11)
Questa approssimazione accurata fino a circa il 30%. Per un composto, il
numero atomico effettivo per la produzione di bremsstrahlung dato dalla for-
mula:
Zeff =
ii
ii
Zf
Zf 2 , (2.12)
Dove f1, f2, indicano la frazione in peso degli elementi Z1, Z2 del compo-
sto. Nel caso di elettroni di energia 1,7 MeV in acqua le perdite di energia per
collisione sono il 99,6 %, mentre le perdite per radiazione sono lo 0,4 %.
Per quanto le perdite per radiazione siano una minima parte, opportuno te-
nerne conto: infatti, se per bloccare elettroni bastano pochi millimetri di plastica,
vetro o piombo, i fotoni di bremsstrahlung che vengono generati sono molto pi
penetranti e possono richiedere una schermatura supplementare.
La rapidit con cui gli elettroni perdono energia determina la distanza che
percorrono e la densit di carica lungo il cammino. I tassi di perdita energetica e
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 31
le densit di ionizzazione dipendono dallenergia degli elettroni e dalla compo-
sizione e densit del materiale assorbente [33].
La dipendenza dalla densit del mezzo lineare; viene definito potere fre-
nante del mezzo, S, la quantit di energia dissipata dallelettrone che percorre
una distanza x, diviso per x: per bilanciare gli effetti della densit, si divide il
potere frenante per la densit del mezzo, ottenendo cos il potere frenante mas-
sico:
x
ES
2cm
g
MeV . (2.13)
Il potere frenante la somma del potere frenante per collisione e del potere
frenante per irradiazione; come visto in precedenza, le perdite per collisione
diminuiscono con laumentare dellenergia degli elettroni e con laumentare del
numero atomico del materiale assorbente, e quindi lo stesso andamento caratte-
rizza il potere frenante per collisione: si deduce quindi che, tralasciando le
perdite per irradiazione, gli elementi leggeri assorbono meglio gli elettroni di
quelli pesanti.
Se consideriamo solo le perdite per collisione che generano elettroni con
energia sotto la soglia , abbiamo il potere frenante massico ristretto o LET
(dallinglese Linear Energy Transfer):
LScol (2.14)
Definiamo ionizzazione specifica (SI) il numero di ionizzazioni (primarie e
secondarie) per unit di lunghezza lungo il cammino di un elettrone. Il rapporto
tra il LET e la ionizzazione specifica ci fornisce W, lenergia media per una io-
nizzazione. La quantit stata misurata e si visto che il suo range abbastanza
stretto per un grande numero di gas (25-45 eV per ionizzazione). Precisiamo che
W non lo stesso del potenziale di ionizzazione I, che lenergia media richie-
sta per causare una ionizzazione in un materiale; il valore di I nei gas
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 32
dellordine di 10-15 eV. La differenza tra W e I lenergia dissipata
dallelettrone in eventi di eccitazione: come si vede lelettrone dissipa pratica-
mente met della sua energia in eccitazioni.
Poich W non cambia sensibilmente con lenergia degli elettroni, la ionizza-
zione specifica proporzionale al LET; in Fig. 2.8 vediamo la ionizzazione spe-
cifica in acqua degli elettroni in funzione della loro energia.
La curva mostra come la ionizzazione specifica aumenti col diminuire
dellenergia degli elettroni fino allenergia di circa 100 eV: questo riflette il fatto
che L diminuisce allaumentare dellenergia degli elettroni; sotto 100 eV,
lenergia degli elettroni inadeguata per causare ionizzazione in modo effi-
ciente, e quindi la ionizzazione specifica decresce rapidamente a zero.
Gli elettroni hanno un range molto variabile da uno allaltro, anche se hanno
la stessa energia e attraversano lo stesso materiale; questo per via della possibi-
lit di scattering o collisioni con il nucleo con produzione di bremsstrahlung, che
possono deflettere lelettrone di grandi angoli o fermarlo completamente in una
singola interazione.
Energia (keV)
Cop
pie
di io
ni/m
m
Fig. 2.8 Ionizzazione specifica di elettroni in acqua in funzione dellenergia
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 33
Landamento della trasmissione degli elettroni attraverso una lastra si pu ve-
dere in Fig. 2.9. La trasmissione comincia a diminuire anche per minimi spes-
sori; il diagramma semilogaritmico mostra un andamento pressoch lineare de-
crescente fino a raggiungere gradualmente una parte relativamente piatta. Questa
parte piatta non riflette per la trasmissione di elettroni, ma piuttosto di fotoni di
bremsstrahlung generati nel materiale [37].
Lo spessore del materiale corrispondente allintersezione tra lestrapolazione
della parte lineare e lestrapolazione della parte piatta definito range estrapo-
lato Re dellelettrone. Re minore del range massimo dellelettrone Rmax, che lo
spessore massimo penetrato dallelettrone di massima energia, tuttavia, poich la
differenza tra i due piccola e Rmax molto difficile da misurare, Re solita-
mente accettato come il range della radiazione
range degli elettroni sono inversamente proporzionali alla densit del mezzo
assorbente: per normalizzare questo effetto si soliti esprimere il range in un
materiale in g / cm2: in questo modo si trova che, nellambito delle energie in
Range estrapolato
Spessore del materiale assorbente
Num
ero
rela
tivo
di e
lettro
ni rivela
ti
Fig. 2.9. Numero relativo di elettroni rivelati in funzione
dello spessore del materiale assorbente
-
CAPITOLO SECONDO: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA 34
uso alla fisica medica, se espresso in questa unit, il range degli elettroni , a
parit di energia, praticamente lo stesso per i differenti elementi.
-
35
Capitolo terzo
Fondamenti teorici dellesperimento
Il principio su cui si basa la dosimetria a camere a ionizzazione questo: si
misura la quantit di carica di un segno che viene generata dalla radiazione io-
nizzante allinterno del volume daria della camera [45]. Gli ioni generati nel
volume interessato vengono raccolti attraverso un campo elettrico, la cui inten-
sit deve essere abbastanza forte, da impedire che gli ioni generati si ricombi-
nino fra loro prima di arrivare agli elettrodi, ma anche abbastanza debole per
impedire la moltiplicazione della carica da parte dellaria ionizzata: sotto queste
condizioni la carica generata (M) legata alla dose assorbita nel volume daria
(Daria), alla pressione e alla temperatura dellaria dalla relazione:
Daria = M
2,273
2,273
0
0
T
T
P
P N K , (3.1)
dove M la carica generata, P e P0 sono rispettivamente la pressione e la
pressione di riferimento, T e T0 sono rispettivamente la temperatura e la tempe-
ratura di riferimento in gradi celsius (la pressione di riferimento in genere la
pressione atmosferica, mentre la temperatura di riferimento in genere 20 C),
N il coefficiente di calibrazione che indica i coulomb necessari per la dose di 1
Gy e K il prodotto dei coefficienti atti a correggere tutti gli errori sistematici
conosciuti [15]:
K = i ik . (3.2)
I principali coefficienti sono:
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 36
Kwall corregge la mancanza di equilibrio di particelle cariche nelle vicinanze
delle pareti della cavit, i cui aspetti pi importanti sono lattenuazione e lo
scatter dei fotoni nelle pareti della camera a ionizzazione: il valore di Kwall
normalmente maggiore di 1, perch c pi attenuazione che scatter [8];
Kion corregge lerrore dovuto alla ricombinazione degli ioni: sempre mag-
giore di 1, ma nelle buone camere a ionizzazione non se ne distacca di molto;
Kh corregge lerrore dovuto allumidit dellaria nella cavit: il suo valore
oscilla intorno a 0,097 per un ampio spettro di valori di umidit;
Kan corregge la diminuzione 1/r2 del fascio di fotoni: i valori a 1 m dalla sor-
gente di 60
Co sono 1 per le camere cilindriche e da 1.001 a 1.003 per le camere a
ciambella.
La dose assorbita che abbiamo trovato quella relativa allaria della camera a
ionizzazione: ma a noi interessa la dose assorbita dal materiale in cui la camera
inserita (Dmed); in generale possiamo scrivere:
Dmed = f Daria , (3.3)
ed compito della teoria delle cavit determinare il valore del fattore f [37].
Ci sono due situazioni in cui si pu dare un valore esatto a f ; la prima si ha
nel caso di radiazioni indirettamente ionizzanti, come i fotoni, dove le dimen-
sioni del materiale sensibile (cavit) sono grandi rispetto al range delle particelle
cariche secondarie: siamo quindi in presenza di equilibrio di particelle cariche
(CPE) e, ricordando la (1.8), f dato da:
f =
dhh
dhh
enz
ariah
enz
medh
aria
med (3.4)
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 37
dove zmedh
la fluenza dei fotoni, differenziale nellenergia hnel mezzo
nella posizione z della camera (ricordiamo che il prodotto h h la fluenza
energetica spettrale, h) e (en/) il coefficiente di attenuazione massico.
Come abbiamo gi visto, una delle conseguenze del CPE che la fluenza la
stessa nel mezzo e in aria, quindi si pu semplificare lespressione precedente
come indicato nella (1.9)
f =
med
aria
en
La seconda situazione si ha sia per gli elettroni che per i fotoni, quando la ca-
mera a ionizzazione piccola rispetto al range delle particelle cariche: si
quindi nel rispetto delle condizioni di Bragg e Gray e quindi, ricordando la
(1.12)
f =
med
aria
colS
= smed,aria , (3.6)
detto rapporto dei poteri frenanti massici (mass stopping-power ratio) [6].
3.1 Landamento del kerma e della dose assorbita in un
mezzo che contiene una camera a cavit
Consideriamo le seguenti condizioni: un fascio di fotoni attraversa il mezzo
(indice m) e la cavit piena daria (indice a) senza attenuazione (CPE); il nu-
mero atomico effettivo del mezzo leggermente pi grande di quello dellaria
( am ZZ ).
La fluenza degli elettroni secondari la somma ad ogni profondit della
parte dovuta agli elettroni generati nel mezzo (m) e a quella degli elettroni ge-
nerati in aria (a) (vedi Fig. 3.1 a): nella figura si ipotizza che m >a ; vicino
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 38
alle superfici di contatto fra i materiali, il valore di varia con continuit, per
via del range limitato degli elettroni secondari generati in un mezzo e finiti
nellaltro: lampiezza dellarea di transizione mostra la lunghezza dei cammini
degli elettroni.
Essendo il kerma una grandezza che dipende dal materiale, sar diverso il
kerma del mezzo Km da quello dellaria Ka , come si pu vedere nella figura 3.1
b; il quoziente Km / Ka dato dal rapporto dei coefficienti massici di trasferi-
mento energetico per i due mezzi, mediati sullo spettro della fluenza di energia
dei fotoni:
Km / Ka = ( tr /)m / ( tr /)a = tr
amt , ; (3.7)
tuttavia questo rapporto si usa raramente, poich stato visto che, conside-
rando i fotoni come monoenergetici e misurando in funzione della loro energia il
rapporto dei coefficienti massici di attenuazione:
(en/m/ (en/a = en
amt , , (3.8)
questo non varia che di pochi punti per mille da tr amt , anche per fotoni di alcuni
MeV; si preferisce quindi usare al suo posto enamt , [43].
Landamento della dose assorbita abbastanza complicato, come si pu ve-
dere guardando landamento di Dm e Da in Fig. 3.1 b, c, d; in ogni punto la dose
Fig. 3.1. Interferenza delle pareti, nel passaggio di un fascio di
fotoni, avanzanti in direzione z, tra il mezzo m e la cavit a
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 39
assorbita proporzionale alla fluenza degli elettroni secondari e il coefficiente di
proporzionalit il potere frenante massico per collisione, mediato sulla fluenza
spettrale degli elettroni:
Dm = m
S
; (3.9)
Quindi avvicinandosi alla superficie di contatto con laria, Dm diminuisce
come mentre Da dallaltra parte cresce. Il salto da Dm a Da nella superficie di
contatto (indice C) dato dal rapporto dei poteri frenanti massici mediati (vedi
3.6):
Dm,C = sm,a Da,C . (3.10)
Per gli elettroni di energia fino a circa 15 MeV e per i materiali con un basso
numero atomico effettivo, il potere frenante massico maggiore nei materiali
con un piccolo Z rispetto a quelli con un grande Z (vedi 2.2): quindi, nel nostro
caso, avvicinandoci alla superficie di contatto, si trova che Dm < Da , mentre
soltanto ad una distanza dalla superficie di contatto maggiore del range degli
elettroni secondari, la curva della dose tende a quella del kerma in entrambi i
materiali (vedi eq. (1.8)): quindi, considerando due regioni z1 e z2 che siano ab-
bastanza distanti dalla superficie di contatto (vedi Fig. 3.1 b), e ricordando le
relazioni (3.7) e (3.8), possiamo scrivere:
Dm(z1) = en
amt , Da(z2) . (3.11)
Tuttavia, la dose misurata nella cavit, non solo quella nella regione z2 , ma
comprende anche la dose assorbita nelle vicinanze della superficie di contatto:
quindi non si pu di norma applicare la (3.11) senza aggiungere alcune condi-
zioni; le due condizioni che ci permettono di annullare questo effetto sono
lequilibrio degli elettroni secondari e le condizioni di Bragg e Gray [18,42].
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 40
Materiale circostante
Parete
Cavit
3.2 La camera in equilibrio di elettroni secondari
Il problema delle aree di contatto si semplifica, se la cavit grande rispetto
al range degli elettroni secondari: in questo caso Da praticamente costante
allinterno della cavit (vedi Fig. 3.1 c), e quindi si pu applicare la (3.11); tut-
tavia questa situazione si verifica solo con fasci di fotoni con energia molto
bassa: infatti un elettrone di soli 10 keV ha in aria gi un range di circa 2 mm.
Per estendere lapplicabilit della (3.11) anche ad energie dellordine dei
MeV ed avvicinarsi alle condizioni di equilibrio degli elettroni secondari nelle
aree di contatto, si circonda la cavit con una parete (Fig. 3.2), che deve soddi-
sfare tre condizioni:
1. Il materiale della parete deve essere equivalente allaria, cio il suo numero
atomico effettivo deve essere circa uguale a quello dellaria; in questo modo, se-
condo il teorema di Fano (vedi 3.4), la differenza di densit tra la parete e
laria non gioca nessun ruolo nel raggiungimento dellequilibrio degli elettroni
secondari; va comunque ricordato che il teorema di Fano vale con esattezza solo
fino alle energie dellordine del MeV.
Fig. 3.2. Camera di ionizzazione in un materiale: d lo
spessore delle pareti, t lo spessore della cavit
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 41
2. Lo spessore della parete deve essere uguale o pi grande del range massimo
degli elettroni secondari: dR; in questo modo gli elettroni generati nel materiale
esterno non possono raggiungere la cavit; cos la camera agisce come photon
detector o come sonda per il kerma.
3. Le dimensioni della camera (parete pi cavit) devono essere abbastanza
piccole, da non indebolire il fascio di fotoni: d + t (/ )-1.
Per quello che riguarda la prima condizione, per fotoni fino ad alcuni MeV, la
grafite quella che fornisce i migliori risultati, anche se si usa molto il
polimetacrilato di metile (PMMA); per quello che riguarda la seconda e la terza
condizione, sono realizzabili solo per fotoni di energia massima di circa 3 MeV.
Se le tre condizioni sono verificate, possiamo applicare la (3.11) senza corre-
zioni, mentre se ci troviamo in condizioni di equilibrio non perfetto, dobbiamo
moltiplicare il coefficiente enamt , per una serie di fattori k, che tengono conto delle
non soddisfatte condizioni dellequilibrio tra aria e parete e dei disturbi del
campo di radiazione nel mezzo, per la presenza della camera [13].
3.3 La camera nelle condizioni di Bragg e Gray
Gli elettroni primari e la maggior parte di quelli secondari di un fascio di fo-
toni di almeno 0,6 MeV hanno, una volta raggiunta la cavit, unenergia suffi-
ciente per proseguire la loro corsa praticamente senza subire modificazioni nel
loro tragitto; bisogna quindi costruire delle camere abbastanza sottili, da non
alterare il campo della radiazione degli elettroni primari e secondari:
landamento della dose assorbita in questa situazione mostrato schematica-
mente in Fig. 3.1 d. Ci si aspetta che, per una cavit sempre pi sottile, il rap-
porto tra Dm e Da sia espresso dalla (3.10).
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 42
Queste sono proprio le condizioni di Bragg e Gray che abbiamo visto nel
1.2 e una camera che soddisfi a queste condizioni si comporta come un
electron detector [16,47].
La realizzazione pratica di queste condizioni incontra per difficolt, perch
gli elettroni di prima generazione sono accompagnati da un non trascurabile
numero di elettroni di bassa energia: gli elettroni Per non alterare la fluenza
degli elettroni la cavit dovrebbe essere cos sottile, da rendere impossibile
qualsiasi misura di segnale nella cavit stessa [26]; per risolvere il problema de-
gli elettroni ci sono due metodi: il primo la realizzazione dellequilibrio degli
elettroni , il secondo lutilizzo della teoria di Spencer e Attix ( 1.2).
Per trovare lequilibrio degli elettroni si agisce nello stesso modo con cui si
agisce per agevolare lequilibrio degli elettroni secondari: si circonda la superfi-
cie interna della camera con uno strato di materiale equivalente allaria, in pre-
valenza grafite; data la bassa energia degli elettroni , uno strato di grafite molto
sottile sufficiente per avere lequilibrio cercato: dati sperimentali e simulazioni
dimostrano che con uno strato di grafite di circa 2 mg/cm2 (circa 10 m)
lequilibrio automaticamente raggiunto [17,32].
Se la camera soddisfa le condizioni di Bragg e Gray possiamo scrivere
lequazione:
Dm = aBGBG
amBGBG
am DksJe
Wks ,,
, (3.12)
dove kBG il fattore di correzione che tiene conto delleventuale mancato ri-
spetto di una o di entrambi le condizioni di B-G, mentre J e aD sono la ionen-
dosis media e la dose assorbita media in aria: moltiplicate per kBG danno la io-
nendosis di cavit Jc e la dose assorbita in aria Da sotto le condizioni di B-G
[25].
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 43
Per quello che riguarda la teoria di Spencer e Attix, ricordiamo che indica
come fattore di proporzionalit tra la dose assorbita in materiali diversi il rap-
porto dei poteri frenanti massici ristretti mediati sulla fluenza energetica degli
elettroni (primari e secondari) con energia maggiore di un valore (normal-
mente 10 keV), come abbiamo gi visto nellequazione (1.13); ricordiamo che il
potere frenante massico ristretto (L / ) tiene conto di tutti gli elettroni secon-
dari con energia minore di , e trascura gli altri [32,8].
3.4 Il teorema di Fano
Gi Gray, nel 1936, aveva compreso che la condizione che la cavit fosse
molto piccola per non alterare la fluenza degli elettroni diventava meno esigente,
se la cavit e il materiale circostante avevano lo stesso numero atomico effettivo
e che la differenza di densit non giocava alcun ruolo; Fano, nel 1954, diede a
questa intuizione una solida base, dando la prova matematica dellesattezza del
seguente teorema:
se un mezzo, con un dato numero atomico effettivo, viene esposto ad una ra-
diazione primaria (ad esempio fotoni o neutroni) con una fluenza localmente co-
stante, allora, indipendentemente dalla densit e dalle variazioni locali di den-
sit, anche la fluenza della radiazione secondaria localmente costante, cio in-
dipendente dalla posizione [19,20].
Il teorema valido in un mezzo solo ad una certa distanza dal confine con un
mezzo diverso; la fluenza della radiazione primaria deve almeno essere costante
in un volume grosso rispetto al range degli elettroni secondari, condizione tipica
per lequilibrio degli elettroni secondari (vedi 3.2). Un'altra considerazione
che, cos come il trasferimento di energia dalla radiazione primaria a quella se-
condaria dipende dalla densit del mezzo, anche il trasferimento di energia dalla
-
CAPITOLO TERZO: FONDAMENTI TEORICI DELLESPERIMENTO 44
radiazione secondaria al mezzo ne dipende: quindi in virt del teorema di Fano,
non solo il kerma, ma anche la dose assorbita, dove la fluenza della radiazione
primaria non cambia, indipendente dalla densit.
In una radiazione di fotoni Glocker ha mostrato che la fluenza degli elettroni
secondari data dal rapporto del coefficiente lineare di trasferimento energetico
e il potere frenante lineare (tr / S) [23]. tr / S dipende solo dallenergia e dal
numero atomico effettivo e non dalla densit: ecco perch la fluenza degli elet-
troni secondari, tra mezzi con un numero atomico effettivo uguale, non in-
fluenzata dalla densit.
Ci sono anche per due condizioni che limitano lazione del teorema:
1. Il teorema non vale dove non c equilibrio degli elettroni secondari [27];
2. Il potere frenante massico degli elettroni con energia da 0.5 MeV in su non
pi indipendente dalla densit, e i materiali gassosi hanno un potere frenante
massico maggiore di quelli solidi con lo stesso numero atomico effettivo: la
causa la polarizzazione della materia ad opera degli elettroni; per la radiazione
di fotoni, questo effetto agisce a partire da circa 1 MeV.
-
45
Capitolo quarto
Materiali e metodi dellesperimento
Lo scopo del nostro esperimento determinare la dipendenza della dose as-
sorbita dalla nostra camera a ionizzazione dalla pressione dellaria in essa con-
tenuta, in modo da evidenziare le interferenze delle pareti della cavit: se infatti
sappiamo che, per il teorema di Fano, la fluenza degli elettroni secondari do-
vrebbe rimanere costante variando la pressione, poich dipende solo dal numero
atomico effettivo e non dalla densit dellaria (quindi dalla pressione), sappiamo
anche che esistono diversi fattori che possono alterare questo risultato: per
esempio sappiamo che per elettroni con energia maggiore di 0,5 MeV, il potere
frenante massico diventa dipendente dalla pressione e con esso la fluenza degli
elettroni secondari; inoltre, diminuendo la densit dellaria allinterno della
camera, si allungano i liberi cammini medi degli elettroni secondari, ecc.
Fig. 4.1. Il materiale dellesperimento: in primo piano la scatola di plexiglas, a destra il manometro digitale
e il tubo di collegamento con la pompa per laria
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 46
Per effettuare le nostre misurazioni abbiamo inserito una camera a ionizza-
zione piana a ciambella del tipo Roos (vedi 4.1) in una scatola di plexiglas
(PMMA) a tenuta stagna, collegata ad una pompa per laria e ad un manometro
(Fig. 4.1). Al variare della pressione, la densit dellaria dentro e fuori la cavit
cambia e, visto che il numero atomico effettivo di PMMA e aria non lo stesso
(il numero atomico effettivo del PMMA 6.56, mentre quello dellaria 7.78),
c da aspettarsi la dipendenza della dose assorbita dalla pressione: infatti le in-
terfacce di interesse sono ben 5, come si vede in Fig. 4.2, e al diminuire della
pressione, gli elettroni secondari generati in aria incontrano sempre meno resi-
stenza nel raggiungere la regione adiacente, alterando la fluenza degli elettroni
secondari e con essa la dose assorbita.
Lesperimento si cos svolto: abbiamo sottoposto la camera a radiazioni di
diverso tipo ed energia, misurando ogni volta la carica elettrica liberata nella
camera a ionizzazione in funzione della pressione presente nella scatola. Prima
abbiamo fatto uso del dispositivo 60
Co-Gammatron S80, che emette fotoni con
energia 1.25 MeV; in seguito abbiamo utilizzato lacceleratore lineare
Mevatron, che emette elettroni con energia da 6 a 21 MeV e fotoni con energia
PM
MA
Ar ia
AriaCam era
di ionizzazione
PM
MA
PMMA
PMMA
PMMA
1
2
3 4
5
Fig. 4.2. Profilo della scatola di plexiglas, con le
interfacce evidenziate
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 47
da 6 a 15 MeV; entrambe le macchine si trovano nellIstituto tedesco per la ri-
cerca sul cancro di Heidelberg (Germania) e nellappendice B possibile trovare
una loro descrizione. Ogni volta la distanza della sorgente dalla scatola era di
qualche centimetro, mentre le dimensioni del campo irradiato erano 10 10
cm2.
Le misure effettuate sono state:
fotoni da 1,25 , 6 e 15 MeV;
elettroni da 6, 18 e 21 MeV.
La camera a ionizzazione era collegata con un dispositivo programmabile
(PTW Unidos) in grado di misurare la corrente di ionizzazione generata dalla
camera e di integrarla per il tempo dellirraggiamento, in modo da avere la ca-
rica generata m; la pressione stata fatta variare da pochi mbar fino alla pres-
sione atmosferica attraverso la pompa e tenuta sotto controllo attraverso un ma-
nometro digitale.
Il quoziente m / p proporzionale alla dose media assorbita e quindi dovrebbe
rimanere abbastanza costante; questo quoziente stato normalizzato rispetto al
valore che si ha alla pressione atmosferica p0 ed stato indicato con il simbolo
q:
q =
0
0
p
m
p
m . (4.1)
Landamento di q ci fornisce quindi la dipendenza dalla pressione della dose
assorbita [17].
Come abbiamo visto nel 3.1, in prossimit delle interfacce la dose assorbita
modificata dagli elettroni secondari provenienti dalle regioni confinanti, men-
tre ad una distanza dalle interfacce maggiore del cammino degli elettroni secon-
dari, la dose assorbita tende al kerma di collisione del materiale. Ricordando la
(3.8) e la (3.9), sappiamo che il rapporto tra i kerma di collisione di due
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 48
materiali dato dal rapporto dei coefficienti massici di attenuazione enamt , , mentre
il rapporto tra la dose assorbita da una parte e dallaltra di un interfaccia dato
dal rapporto dei poteri frenanti massici mediati sm,a; nel nostro caso, e cio
linterfaccia PMMA-aria il valore di en ariaPMMAt , :
enariaPMMAt , 1,082,
mentre il valore di sPMMA,aria dipende dallenergia degli elettroni secondari,
ma non si allontana molto da 1. Come gi visto nel 3.1 la dose assorbita in una
regione una media tra la parte di dose proveniente dai punti lontani dalle pareti
(z1 e z2), e quindi in equilibrio, e la parte proveniente dai punti vicini alle pareti,
non in equilibrio; al diminuire della pressione, limportanza della parte prove-
niente dai punti non in equilibrio aumenta e le dimensioni di z1 e z2 si riducono,
rendendo non applicabile la (3.11); tuttavia, vista la vicinanza dei valori di
enariaPMMAt , e sPMMA,aria, lalterazione di misura da attendersi molto piccola [52].
Il nostro intento approfondire questa alterazione di misura, e allo scopo use-
remo anche la simulazione dellesperimento con il metodo di Monte Carlo.
Il programma di simulazione ci fornisce lenergia depositata dalla radiazione
in ogni regione: dividendo questa energia per la massa del materiale, abbiamo la
dose media depositata nella regione: in questo modo possibile ottenere il rap-
porto DPMMA / DARIA, che, in caso di equilibrio di elettroni secondari, vale
enariaPMMAt , , e che con la discordanza da questo valore, ci fornisce il valore
dellinterferenza.
I risultati dellesperimento, confrontati con quelli della simulazione, sono
esposti e commentati nel sesto capitolo.
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 49
4.1 La camera di Roos
La camera a ionizzazione utilizzata nellesperimento una camera di Roos,
tipo 34001 (Fig. 4.3), della PTW di Friburgo; si chiama cos perch stata svi-
luppata dal Dott. Roos del PTB (Physikalisch-Technische Bundesanstalt) e viene
impiegata soprattutto per fasci di elettroni, ma pu essere impiegata anche per
fasci di fotoni, con lopportuna calibrazione.
La camera ha un esteso anello di guardia, in modo che, anche alle basse ener-
gie, non ci siano alterazioni del campo; anche gli effetti della polarizzazione
sono trascurabili. La dipendenza dallenergia della camera solo causata dalla
correzione del potere frenante. La cavit aperta e laria pu circolare attraverso
il cavo di collegamento.
Il volume sensibile di 0,35 cm3, lerrore sulla corrente di 4 10-15 A, la
tensione massima fra gli elettrodi 100 V. Le pareti sono di polimetacrilato di
metile, PMMA ( (C5H8O2)n ), con densit 1,18 g/cm3 e gli elettrodi hanno un
diametro di 15 mm e sono di PMMA grafitizzato, cio ricoperti da un sottile
strato di grafite, per facilitare, come abbiamo visto, lequilibrio degli elettroni .
La cavit a 1 mm di distanza dalla superficie, ha un diametro di 24 mm e
unaltezza di 2 mm, e la parete posteriore, di PMMA, ha uno spessore di 5,6
mm, come si pu vedere in Fig. 4.4.
Fig. 4.3. La camera di Roos
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 50
Lanello di guardia largo 4 mm ed tenuto allo stesso potenziale
dellanodo: il suo scopo quello di evitare la cattura da parte dellelettrodo degli
elettroni generati nelle zone di confine tra la cavit e le pareti laterali della ca-
mera, dove scattering e attenuazione possono alterare il valore delle dose media
(Fig. 4.5) [37].
La camera di Roos ha una capacit di dose molto alta: se la tensione nella ca-
mera 100 V, la camera in grado di reggere 1,2 gray al secondo, con una satu-
razione del 99,5 % e 2.5 gray al secondo con una saturazione del 99 %.
Fig. 4.4. Schema della camera di Roos
-
CAPITOLO QUARTO: MATERIALI E METODI DELLESPERIMENTO 51
Larghezza della cavit della camera di ionizzazione
Eccesso di scattering
Difetto di scattering
Larghezza dellanello di guardia
- 3%
Larghezza dellelettrodo
Dose
asso
rbita
(re
l.)
Fig. 4.5. Andamento della dose assorbita nella
cavit: evidente leffetto di riduzione della perturbazione compiuto dallanello di guardia
-
52
Capitolo quinto
Simulazione con il metodo di Monte Carlo
Una parte importante del nostro lavoro stata la simulazione dellesperimento
al calcolatore con il metodo di Monte Carlo. Abbiamo fatto uso del pacchetto
EGS4 (Electron Gamma Shower) del quale si pu trovare una descrizione
nellappendice A. Abbiamo usato EGS4 su una Workstation Unix al DKFZ, e
provato anche una versione per DOS su un Pentium 133, non riscontrando diffe-
renze, se non nei tempi di esecuzione.
Come prima applicazione abbiamo scelto di simulare un fascio di fotoni
gamma (energia 1,25 MeV) che attraversa uno strato dacqua, misurando
lenergia depositata dai fotoni in funzione della profondit nello strato dacqua,
per poi confrontare i risultati con la tabella dellICRU (International
Commission on Radiation Units and Measurements), al fine di avere un indice
dellaccuratezza del sistema [29]. In Fig. 5.1 si vede la geometria del sistema,
dove si pu vedere che la sorgente di fotoni stata posta ad 80 cm dal primo
strato, per avere particelle entranti con una direzione abbastanza omogenea, pur
avendo differente punto di contatto con lo strato.
In Fig. 5.2 si pu vedere il risultato pi che soddisfacente di questa simula-
zione: ci sono punte di sovrapposizione completa e massimi di discrepanza
dellordine del 2-3%.
-
CAPITOLO QUINTO: SIMULAZIONE CON IL METODO DI MONTE CARLO 53
Acq
ua
Acq
ua
Acq
ua
2 cm
Sorgente
Vuoto
80 cm 0,5 cm
Profondit (cm)
0 5 10 15 20 25
Dose assorbita relativa
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
EGS4
ICRU
Fig.5.2. I risultati della simulazione
Fig. 5.1. La geometria del sistema
-
CAPITOLO QUINTO: SIMULAZIONE CON IL METODO DI MONTE CARLO 54
4.1 La simulazione della camera a ionizzazione
Nella simulazione della complessa geometria di una camera a ionizzazione,
assume un aspetto fondamentale linfluenza delle interfacce (superfici di con-
tatto tra materiali diversi) e degli effetti delle pareti [12,51].
stata riscontrata in molte simulazioni di interesse nella fisica medica una si-
gnificativa dipendenza dei risultati dal parametro che si chiama ESTEPE, che
indica la massima frazione di energia che pu essere persa da un elettrone in un
passo, per il continuo rallentamento di una particella carica. In breve EGS4 si-
mula il trasporto di elettroni usando la tecnica della storia condensata. La
creazione di elettroni secondari (sopra lenergia di soglia AE) simulata e tutte
le generazioni di elettroni sono seguite fino allenergia di taglio (ECUT), dove
lenergia deposta localmente; lo scattering multiplo implementato, usando il
formalismo di Molire [3,7,35].
Un difetto di calcolo caratterizza le simulazioni Monte Carlo che riguardano
la deposizione di energia in regioni che sono piccole rispetto alla lunghezza me-
dia di un passo di una particella carica: questa alterazione di interfaccia pu
succedere vicino ad una superficie di contatto, come linterfaccia parete-cavit.
La causa dominante di questo effetto che, nel corso dei calcoli di storia con-
densata del metodo di Monte Carlo, il percorso curvo di un elettrone tra due in-
terazioni (come la creazione di elettroni ) viene approssimato come una serie
di segmenti rettilinei: la lunghezza di questi segmenti determinata dal
parametro ESTEPE. La perdita continua di energia depositata in qualche
punto in ogni segmento e lo scattering elastico dellelettrone simulato
deviando lelettrone per mezzo del formalismo di scattering multiplo alla fine di
ogni segmento. Questo metodo pu portare ad errori se un interfaccia attraver-
sata nel calcolo. Per esempio consideriamo il caso illustrato in Fig. 5.3, che mo-
-
CAPITOLO QUINTO: SIMULAZIONE CON IL METODO DI MONTE CARLO 55
Ris
po
sta
to
tale
/flu
en
za (
Gy c
m2)
10-11
ESTEPE (%)
MS
no
n a
ttiv
ati n
elle
pa
reti (
%)
stra il trasporto di un elettrone nella regione 1, adiacente alla regione 2; immagi-
niamo che lelettrone vada da A a B e consideriamo tutti i possibili cammini che
pu seguire: come indicato, qualcuno di questi cammini pu passare per la re-
gione 2, ma lalgoritmo di calcolo deposita tutta lenergia nella regione 1, cau-
sando un eccesso di energia nella regione 1 e un ammanco nella regione 2.
Nelle camere a ionizzazione la parete di solito un mezzo denso (PMMA nel
nostro caso) che circonda la cavit; nella parete adiacente alla cavit bisogna ac-
corciare la lunghezza del passo dellelettrone per simulare il reale cammino
curvo dellelettrone, altrimenti leffetto descritto in precedenza causer una sot-
tostima dell'energia liberata nella cavit.
Regione 1
Regione 2
Cammino a
Cammino b
Cammino calcolato
Interfaccia
Fig. 5.3 Il cammino calcolato e due cammini fisicamente possibili
Fig. 5.4. Risposta totale della camera in funzione di ESTEPE (A);
casistica di non attivazione dello scattering multiplo (B)
-
CAPITOLO QUINTO: SIMULAZIONE CON IL METODO DI MONTE CARLO 56
Tutto questo dimostrato dalla curva A della Fig. 5.4 che mostra un aumento
del 70% del responso della cavit della nostra camera a ionizzazione, riducendo
il valore di ESTEPE da 20% a 0,5%; quando il passo degli elettroni accorciato
e il cammino curvo simulato con pi accuratezza, lenergia deposta diviso per
la fluenza incidente tende ad un valore costante, vicino alla previsione della teo-
ria di Bragg-Gray di 5.33 10-11 Gy cm2 [11,12].
Daltra parte la curva B della stessa figura mostra la frazione di cammini di
elettrone nella parete, che sono troppo corti per permettere lutilizzo del formali-
smo dello scattering multiplo di Molire: quindi importante scegliere la lun-
ghezza del passo degli elettroni, affinch sia piccolo abbastanza per simulare il
percorso curvo, ma non cos piccolo da inibire il formalismo dello scattering
multiplo.
La lunghezza del passo dellelettrone anche controllata dal parametro
SMAX, che indica la massima distanza che un elettrone pu fare in ogni seg-
mento. Anche per SMAX un valore troppo alto causa una sottostima
dellenergia rilasciata nella cavit, mentre un valore troppo basso inibisce luso
del formalismo dello scattering multiplo di Molire.
Nella nostra simulazione dellesperimento con la camera di Roos abbiamo
impostato la geometria indicata in Fig. 5.5: la sorgente stata collocata ad 80
cm, affinch le particelle entranti abbiano una direzione omogenea; abbiamo
suddiviso la geometria in 10 regioni cilindriche, trascurando le interazioni tra le
pareti esterne superiore ed inferiore della camera con laria della scatola, in
quanto precedenti simulazioni ci hanno permesso di appurare che la differenza
di risultati con la simulazione completa trascurabile, mentre i tempi di calcolo
si riducono drasticamente [40]. Come indicato in precedenza opportuno avere
bassi valori per ESTEPE e SMAX: cos abbiamo scelto per ESTEPE il valore
1% e per SMAX 2 mm, che sono validi per ogni possibile energia di elettroni
-
CAPITOLO QUINTO: SIMULAZIONE CON IL METODO DI MONTE CARLO 57
che abbiamo preso in considerazione. Come soglie energetica inferiore per i fo-
toni (AP e PCUT) e per gli elettroni (AE e ECUT) abbiamo scelto 1 keV [9,10].
2,4 cm Aria
PMMA
PMMA
PM
MA
PM
MA
Aria
AriaPMMA
800 5 1 2 1 6mm 10
4,4 cm
Vuoto
Sorgente
Fig. 5.5. La geometria della simulazione dellesperimento con la camera di Roos
-
58
Capitolo sesto
Risultati e discussione
In questo capitolo prendiamo in esame i risultati ottenuti dallesperimento e
dalla simulazione, confrontandoli e commentandoli.
In Fig. 6.1 vediamo landamento del rapporto q tra la carica generata nella
camera e la pressione dellaria, normalizzato rispetto al valore di q a 1000 mbar,
per fotoni di tre diverse energie (1,25 MeV, 6 MeV e 15 MeV); come si pu
notare landamento pressoch identico nei tre casi: per valori molto bassi della
pressione (meno di 10 mbar) c un valore molto alto di q (5-10); salendo con la
pressione si assiste a un minimo per q (q 1) intorno ai 20-30 mbar, poi q co-
mincia a salire per raggiungere un massimo a 200 mbar (q 3); infine, aumen-
tando ancora la pressione, q diminuisce fino al valore 1.
Comportamento analogo si ha per la radiazione di elettroni di 6, 18 e 21 MeV
come si vede in Fig. 6.2: lunica eccezione sono gli elettroni di 6 MeV, che alle
bassissime pressioni danno un valore di q pi basso, per poi riunificarsi alle altre
energie gi a partire dalla pressione di 100 mbar.
In Fig. 6.3 possiamo vedere i risultati delle simulazioni, che come si pu ve