Studi molecolari sui vaccini...

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dotto in una sequenza di amminoacidi, le subunità delle proteine. Un modo per capire a livello moleco- lare un organismo in via di sviluppo è quello di isolare i geni che vengono espressi in un particolare stadio di svi- luppo e di studiare la loro struttura e quella delle proteine per le quali essi codificano. Nel caso del plasmodio, que- sti studi si sono concentrati sulla super- ficie del parassita. Un motivo è che le proteine del rivestimento esterno del pa- rassita sono caratterizzate da una elevata specificità per un determinato stadio, cioè ciascuna viene espressa solo in un $0 t FEMMINA DI ZANZARA (ANOPHELES) o Il parassita della malaria (Plasmodium) attraversa numerosi stadi durante il ciclo '.itale che si svolge nella femmina di una zanzara (Anopheles) e in un mammifero. Uno sporozoite inoculato da una zanzara invade rapidamente una cellula epatica, dove si trasforma in uno schizonte multinucleato gigante. Lo schizonte si suddivide e la cellula epatica libera molte migliaia di merozoiti, ciascuno dei quali invade un globulo rosso e si moltiplica; il globulo poi scoppia, liberan- do da 10 a 20 merozoiti che invadono altre emazie. Alcuni merozoiti diventano gametociti (precursori delle cellule germinali) maschili e femminili, i quali sono succhiati da una zanzara assieme al sangue di cui si alimenta. Dopo una serie di ulteriori trasformazioni, gli sporo- zoiti maturi compaiono nella ghiandola salivare della zanzara, dove sono pronti a ripetere il ciclo infettivo. Si potrebbe mettere a punto un vaccino in grado di stimolare la produzione di anticorpi che attac- cano o gli sporozoiti o i merozoiti o i gametociti, quando sono liberi nel circolo sanguigno (1,2,3). Si potrebbero anche studiare agenti in grado di bloccare l'invasione delle cellule epatiche o dei globuli rossi (frecce in colore) o di uccidere parassiti all'interno di una cellula. ( 1 GAMETOCITI FEMMINILI 3 GAMETOCITI MASCHILI GLOBULO ROSSO MEROZOITI 2 SPOROZOITI ;CELLULA EPATICA 2 Studi molecolari sui vaccini antimalarici L'analisi dei geni che sono responsabili della sintesi delle molecole di superficie dell'agente della malaria rivela l'esistenza di siti antigenici proteici, i quali provocano la deviazione della risposta immunitaria p er un breve periodo di tempo, al- l'inizio degli anni sessanta, sem- brò che l'antico flagello della malaria potesse essere messo sotto con- trollo di lì a poco. Estese nebulizzazioni con DDT stavano riducendo le dimen- sioni delle popolazioni di zanzare anofeli e nuovi farmaci, come la clorochina, era- no oramai disponibili per il trattamento di pazienti colpiti dall'infezione. A un ventennio di distanza, la malaria sta ricomparendo. Il suo agente eziolo- gico, il protozoo Plasmodium, sta diven- tando resistente ai farmaci e il vettore del parassita, la femmina dell'anofele (Anopheles), si dimostra refrattario al DDT e ad altri insetticidi. Oggi la ma- lattia colpisce da 200 a 400 milioni di individui in un'ampia porzione della fa- scia tropicale mondiale. In Africa uccide direttamente il 10 per cento delle sue vittime e debilita le altre; nella prima infanzia è la causa principale di indici di mortalità che possono raggiungere il 50 per cento. È chiaro che vi è una pressan- te necessità di affrontare in modo nuovo l'attacco che la malaria sta attualmente sferrando e il principale impegno si con- centra oggi sulla possibilità di sfruttare le armi messe a disposizione dalla biolo- gia molecolare per ottenere vaccini an- timalarici e altri mezzi per combattere il parassita. Un vaccino efficace deve stimolare il sistema immunitario a produrre anticor- pi che possano attaccare e neutralizzare il parassita. Non sarà facile produrre un vaccino del genere: in regioni dell'Africa dove la malattia è endemica una grande percentuale della popolazione è o croni- camente infettata da una o dall'altra spe- cie parassita, o continuamente reinfetta- ta dalla sempre presente zanzara. Questi individui formano anticorpi in abbon- danza contro il parassita, ma pochi sol- di G. Nigel Godson tanto sviluppano una immunità protet- tiva. Il motivo è che il plasmodio, anche durante i brevi periodi nei quali non è nascosto (nelle cellule epatiche o nei glo- buli rossi) al sistema immunitario del- l'essere umano che lo ospita, è in grado di schivare la risposta immunitaria. Studi di biologia molecolare che lo riguardano hanno cominciato a svelare come ciò possa avvenire e a suggerire nuovi me- todi per riuscire ad aggirare i meccanismi con cui esso cerca di sfuggire. Si può sperare che in un futuro non troppo lon- tano vaccini ottenuti grazie all'ingegne- ria genetica o ad altre «armi» molecolari potranno essere messi a punto e che la malaria potrà alla fine essere sradicata. D ue specie di plasmodi sono impor- tanti agenti della malaria nell'uo- mo: Plasmodium falciparum (il più ab- bondante e il più letale) e Plasmodium vivax. Nel corso del suo ciclo vitale nel corpo della zanzara e nell'organismo umano, il parassita unicellulare subisce una sorprendente serie di cambiamenti che riguardano la sua morfologia e il suo sviluppo. Lo stadio che infetta l'uomo, uno sporozoite lanceolato, ha sede nelle ghiandole salivari della zanzara e viene liberato nel circolo sanguigno della vit- tima quando l'insetto la punge per nu- trirsi del suo sangue. Nello spazio di un'ora ogni sporozoite raggiunge una cellula epatica dove subisce una com- plessa serie di trasformazioni. Alla fine, uno stadio multinucleato gigante, lo schizonte, si scinde in piccoli merozoiti grosso modo sferici. Ne risulta una enor- me amplificazione di parassiti: una cel- lula epatica infettata da uno sporozoite riversa nel circolo sanguigno da 5000 a 10 000 merozoiti. Ogni merozoite invade un globulo rosso, dove si moltiplica agamicamente fino a quando il globulo scoppia e libera da 10 a 20 nuovi merozoiti che vanno a invadere altri globuli rossi. È proprio questa lisi periodica dei globuli rossi, con concomitante liberazione di merozoiti e di prodotti di rifiuto tossici, a causare le febbri e i brividi che a intervalli regolari compaiono nella malaria. Alcuni merozoiti si sviluppano in ga- metociti (precursori delle cellule germi- nali) maschili e femminili, avviando così il ciclo sessuale del parassita. I gameto- citi vengono poi succhiati da una zanzara assieme ai globuli rossi, maturano nel suo tubo digerente e si fondono forman- do uno zigote. Questo subisce un'altra serie di divisioni, trasformazioni e mi- grazioni; alla fine, nelle ghiandole sali- vari della zanzara compare uno sporo- zoite maturo pronto ad avviare un nuovo ciclo infettivo. Ogni stadio di sviluppo del plasmodio ha una forma caratteristica e una pecu- liare serie di funzioni; vive in un parti- colare microambiente e interagisce con uno specifico tessuto bersaglio. Per il biologo molecolare ciò significa che in ogni stadio viene espressa una differente parte del genoma, cioè differenti geni sono attivati e disattivati in una sequenza programmata, anche se tutti gli stadi hanno lo stesso genoma, ossia lo stesso corredo di geni. Un gene è costituito da DNA, una doppia elica i cui due filamenti comple- mentari consistono di subunità chiamate nucleotidi. Ogni nucleotide è caratteriz- zato da una o dall'altra di queste quattro basi: adenina (A ), guanina (G), timina (T) e citosina (C). L'informazione gene- tica è codificata nella sequenza di queste basi. Un gene si esprime quando un fila- mento del suo DNA viene trascritto in un filamento complementare di RNA messaggero (m-RNA), che è quindi tra- 40 41

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dotto in una sequenza di amminoacidi,le subunità delle proteine.

Un modo per capire a livello moleco-lare un organismo in via di sviluppo èquello di isolare i geni che vengono

espressi in un particolare stadio di svi-luppo e di studiare la loro struttura equella delle proteine per le quali essicodificano. Nel caso del plasmodio, que-sti studi si sono concentrati sulla super-

ficie del parassita. Un motivo è che leproteine del rivestimento esterno del pa-rassita sono caratterizzate da una elevataspecificità per un determinato stadio,cioè ciascuna viene espressa solo in un

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FEMMINADI ZANZARA(ANOPHELES)

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Il parassita della malaria (Plasmodium) attraversa numerosi stadidurante il ciclo '.itale che si svolge nella femmina di una zanzara(Anopheles) e in un mammifero. Uno sporozoite inoculato da unazanzara invade rapidamente una cellula epatica, dove si trasforma inuno schizonte multinucleato gigante. Lo schizonte si suddivide e lacellula epatica libera molte migliaia di merozoiti, ciascuno dei qualiinvade un globulo rosso e si moltiplica; il globulo poi scoppia, liberan-do da 10 a 20 merozoiti che invadono altre emazie. Alcuni merozoitidiventano gametociti (precursori delle cellule germinali) maschili e

femminili, i quali sono succhiati da una zanzara assieme al sangue dicui si alimenta. Dopo una serie di ulteriori trasformazioni, gli sporo-zoiti maturi compaiono nella ghiandola salivare della zanzara, dovesono pronti a ripetere il ciclo infettivo. Si potrebbe mettere a puntoun vaccino in grado di stimolare la produzione di anticorpi che attac-cano o gli sporozoiti o i merozoiti o i gametociti, quando sono liberinel circolo sanguigno (1,2,3). Si potrebbero anche studiare agenti ingrado di bloccare l'invasione delle cellule epatiche o dei globuli rossi(frecce in colore) o di uccidere parassiti all'interno di una cellula.

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1

GAMETOCITIFEMMINILI

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GAMETOCITIMASCHILI

GLOBULOROSSO

MEROZOITI

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SPOROZOITI

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2

Studi molecolarisui vaccini antimalarici

L'analisi dei geni che sono responsabili della sintesi delle molecole disuperficie dell'agente della malaria rivela l'esistenza di siti antigeniciproteici, i quali provocano la deviazione della risposta immunitaria

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er un breve periodo di tempo, al-l'inizio degli anni sessanta, sem-brò che l'antico flagello della

malaria potesse essere messo sotto con-trollo di lì a poco. Estese nebulizzazionicon DDT stavano riducendo le dimen-sioni delle popolazioni di zanzare anofelie nuovi farmaci, come la clorochina, era-no oramai disponibili per il trattamentodi pazienti colpiti dall'infezione.

A un ventennio di distanza, la malariasta ricomparendo. Il suo agente eziolo-gico, il protozoo Plasmodium, sta diven-tando resistente ai farmaci e il vettoredel parassita, la femmina dell'anofele(Anopheles), si dimostra refrattario alDDT e ad altri insetticidi. Oggi la ma-lattia colpisce da 200 a 400 milioni diindividui in un'ampia porzione della fa-scia tropicale mondiale. In Africa uccidedirettamente il 10 per cento delle suevittime e debilita le altre; nella primainfanzia è la causa principale di indici dimortalità che possono raggiungere il 50per cento. È chiaro che vi è una pressan-te necessità di affrontare in modo nuovol'attacco che la malaria sta attualmentesferrando e il principale impegno si con-centra oggi sulla possibilità di sfruttarele armi messe a disposizione dalla biolo-gia molecolare per ottenere vaccini an-timalarici e altri mezzi per combattere ilparassita.

Un vaccino efficace deve stimolare ilsistema immunitario a produrre anticor-pi che possano attaccare e neutralizzareil parassita. Non sarà facile produrre unvaccino del genere: in regioni dell'Africadove la malattia è endemica una grandepercentuale della popolazione è o croni-camente infettata da una o dall'altra spe-cie parassita, o continuamente reinfetta-ta dalla sempre presente zanzara. Questiindividui formano anticorpi in abbon-danza contro il parassita, ma pochi sol-

di G. Nigel Godson

tanto sviluppano una immunità protet-tiva. Il motivo è che il plasmodio, anchedurante i brevi periodi nei quali non ènascosto (nelle cellule epatiche o nei glo-buli rossi) al sistema immunitario del-l'essere umano che lo ospita, è in gradodi schivare la risposta immunitaria. Studidi biologia molecolare che lo riguardanohanno cominciato a svelare come ciòpossa avvenire e a suggerire nuovi me-todi per riuscire ad aggirare i meccanismicon cui esso cerca di sfuggire. Si puòsperare che in un futuro non troppo lon-tano vaccini ottenuti grazie all'ingegne-ria genetica o ad altre «armi» molecolaripotranno essere messi a punto e che lamalaria potrà alla fine essere sradicata.

Due specie di plasmodi sono impor-tanti agenti della malaria nell'uo-

mo: Plasmodium falciparum (il più ab-bondante e il più letale) e Plasmodiumvivax. Nel corso del suo ciclo vitale nelcorpo della zanzara e nell'organismoumano, il parassita unicellulare subisceuna sorprendente serie di cambiamentiche riguardano la sua morfologia e il suosviluppo. Lo stadio che infetta l'uomo,uno sporozoite lanceolato, ha sede nelleghiandole salivari della zanzara e vieneliberato nel circolo sanguigno della vit-tima quando l'insetto la punge per nu-trirsi del suo sangue. Nello spazio diun'ora ogni sporozoite raggiunge unacellula epatica dove subisce una com-plessa serie di trasformazioni. Alla fine,uno stadio multinucleato gigante, loschizonte, si scinde in piccoli merozoitigrosso modo sferici. Ne risulta una enor-me amplificazione di parassiti: una cel-lula epatica infettata da uno sporozoiteriversa nel circolo sanguigno da 5000 a10 000 merozoiti.

Ogni merozoite invade un globulorosso, dove si moltiplica agamicamente

fino a quando il globulo scoppia e liberada 10 a 20 nuovi merozoiti che vanno ainvadere altri globuli rossi. È proprioquesta lisi periodica dei globuli rossi, conconcomitante liberazione di merozoiti edi prodotti di rifiuto tossici, a causare lefebbri e i brividi che a intervalli regolaricompaiono nella malaria.

Alcuni merozoiti si sviluppano in ga-metociti (precursori delle cellule germi-nali) maschili e femminili, avviando cosìil ciclo sessuale del parassita. I gameto-citi vengono poi succhiati da una zanzaraassieme ai globuli rossi, maturano nelsuo tubo digerente e si fondono forman-do uno zigote. Questo subisce un'altraserie di divisioni, trasformazioni e mi-grazioni; alla fine, nelle ghiandole sali-vari della zanzara compare uno sporo-zoite maturo pronto ad avviare un nuovociclo infettivo.

Ogni stadio di sviluppo del plasmodioha una forma caratteristica e una pecu-liare serie di funzioni; vive in un parti-colare microambiente e interagisce conuno specifico tessuto bersaglio. Per ilbiologo molecolare ciò significa che inogni stadio viene espressa una differenteparte del genoma, cioè differenti genisono attivati e disattivati in una sequenzaprogrammata, anche se tutti gli stadihanno lo stesso genoma, ossia lo stessocorredo di geni.

Un gene è costituito da DNA, unadoppia elica i cui due filamenti comple-mentari consistono di subunità chiamatenucleotidi. Ogni nucleotide è caratteriz-zato da una o dall'altra di queste quattrobasi: adenina (A ), guanina (G), timina(T) e citosina (C). L'informazione gene-tica è codificata nella sequenza di questebasi. Un gene si esprime quando un fila-mento del suo DNA viene trascritto inun filamento complementare di RNAmessaggero (m-RNA), che è quindi tra-

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PROTEINA

m-RNA

ZANZARAINFETTA

m-RNA

PROTEINA

PROTEINEPREC PITATA

NON TRATTATEDALL'ANTICOFIPO

3

c-DNA

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BATTERIO DACLONE POSITIVO

PLASMIDE

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CLONE POSITIVO

La ricerca del gene che codifica per la proteina circumsporozoitica (CS), presente nel parassitaPlasmodium knowlesi, agente causale della malaria delle scimmie, ha avuto inizio con l'estra-zione di RNA messaggero (m-RNA) dalle zanzare infettate dal parassita. Per scoprire ilmessaggero per la proteina CS, una parte di questo RNA messaggero mescolato è statodapprima tradotto in una proteina marcata radioattivamente (1 ). Metà è stata poi sottopostaa precipitazione con un anticorpo monoclonale contro la proteina CS, mentre l'altra metà nonè stata trattata. Le proteine sono state poi separate mediante elettroforesi su gel (2). Lapresenza di una banda di proteina fatta precipitare dall'anticorpo (incolore) ha dato la certezzache Pm-RNA per la proteina CS fosse presente. L'm-RNA totale ha subito una trascrizioneinversa (3) in una copia di DNA, o DNA complementare (c-DNA), che è stato inserito inplasmidi (4). I plasmidi ricombinanti sono stati introdotti in cellule batteriche (5) e questesono state sottoposte a coltura (6). 1 doni che ne sono risultati sono stati sottoposti a prove(si veda l'illustrazione a pagina 44) con l'anticorpo contro la proteina CS. Si è trovato chealcuni cloni hanno espresso la proteina (in colore). I plasmidi trovati nei doni positivi sonostati isolati ed esaminati. Si è visto che tre di essi contenevano inserimenti di c-DNA delparassita, in grado di codificare per una parte della proteina dello sporozoite (7).

determinato stadio di sviluppo. I geniche codificano per esse devono di con-seguenza essere soggetti a una rigorosaregolazione, i cui meccanismi hanno uninteresse fondamentale considerevole.L'altro motivo è che queste proteine so-no antigeni di superficie e come tali èprobabile che siano interessate nell'atti-vazione della risposta immunitaria del-l'ospite (o nel tentativo di schivarla). Lostudio dei geni che codificano per le pro-teine della superficie è pertanto impor-tante non solamente per comprendere ilmeccanismo di espressione di un genespecifico per un determinato stadio, maanche per mettere a punto vaccini anti-malarici specifici per quello stadio.

Acuni anni fa i miei colleghi e io, la-vorando al Medica! Center della

New York University, ci siamo propostidi isolare e di studiare il gene che codi-fica per il principale antigene di superfi-cie di uno sporozoite, la cosiddetta pro-teina circumsporozoitica (CS). Questaproteina era stata studiata per molti annida Ruth S. Nussenzweig della New YorkUniversity ed era stato dimostrato cheera specifica per uno stadio: essa venivasintetizzata solo negli sporozoiti. Si trat-ta della principale proteina sintetizzatadagli sporozoiti nelle ghiandole salivarie ricopre l'intera superficie della cellula.Abbiamo scelto di lavorare su Plasmo-dium knowlesi, agente della malaria nel-le scimmie, in gran parte perché la speciedi Anopheles che lo trasmette generadieci volte più merozoiti di una zanzarainfettata con uno dei parassiti dell'uomo.Le zanzare infette sono state fornite daRobert W. Gwadz e da Louis H. Millerdel National Institute of Allergy and In-fectious Diseases (Nimp), che invia que-sto tipo di materiale a molti ricercatoriin tutto il mondo.

Per isolare un gene attivo stadio-spe-cifico generalmente si parte dall'RNAmessaggero dello stadio in questione, ecosì abbiamo provato diversi metodi la-boriosi per separare il materiale sporo-zoitico dalle zanzare infette. Alla fineabbiamo trovato che, invece di doverpurificare gli sporozoiti, potevamo par-tire dall'RNA messaggero totale dellezanzare infette (o dei loro toraci). Nelmiscuglio di RNA messaggero di sporo-zoiti e di zanzare potevamo individuareI'm-RNA specifico che si traduce nellaproteina CS; in questo modo eravamo ingrado di clonare il gene del parassita par-tendo direttamente dall'RNA messag-gero totale.

L'RNA messaggero totale è stato poitrasformato per mezzo dell'enzima tra-scrittasi inversa in una copia di DNA(DNA complementare o c-DNA). Poi,frammenti di c-DNA sono stati inseritiin plasmidi (piccoli anelli di DNA bat-terico) al centro di un gene che codificaper una proteina plasmidiale. Un pla-smide ricombinante che incorpora ilc-DNA del parassita dovrebbe pertantoesprimere un prodotto di fusione, costi-

tuito in parte da proteina del plasmide ein parte da proteina del parassita.

Plasmidi ricombinanti sono stati in-trodotti nel batterio Escherichia coli. Siè poi proceduto alla coltivazione di que-sto batterio e i doni risultanti (coloniederivate da una singola cellula) sono sta-ti analizzati con l'anticorpo monoclonalecontro la proteina CS mediante un sag-gio immunologico per due siti, messo apunto da Fidel P. Zvala della New YorkUniversity. Joan Ellis, una studentessadel mio laboratorio, ha trovato tre doniai quali l'anticorpo si legava, dimostran-do così che i batteri citati avevano sinte-tizzato una proteina di fusione attiva.

uando sono stati analizzati i plasmi-di nei doni positivi di E. coli, ab-

biamo trovato che il frammento delc-DNA dello sporozoite inserito in unodi essi era estremamente corto - solo 340coppie di basi - ma sufficientemente lun-go per codificare circa 110 amminoacidi(dato che ogni amminoacido è specifica-to da un codone di tre nucleotidi). Si ètrattato di un risultato inatteso con im-portanti ramificazioni. Esso ha significa-to che questo piccolo frammento dic-DNA di sporozoite deve includere laregione del gene che codifica per la parteimmunoreattiva della proteina CS, l'epi-topo o sito che si combina con l'anti-corpo.

Per localizzare con maggior precisionela regione del piccolo inserto di c-DNAche codifica per l'epitopo, abbiamo fattoricorso alla mutagenesi del trasposone.Questa tecnica di costruzione di unamappa dipende dai trasposoni batterici,frammenti di DNA spesso contenenti ungene per la resistenza agli antibiotici, chepuò saltare da un plasmide all'altro inmaniera quasi casuale. Un trasposoneinattiva la funzione di geni oltre il puntoin cui è inserito; in questo modo, defi-nendo la posizione dei siti di inserzioneche danno luogo alla inattivazione, èpossibile delimitare regioni funzionali digeni. Ricorrendo a questo mezzo, JamesR. Lupski, un altro studente del mio la-boratorio, ha potuto dimostrare che ilsito di combinazione dell'antigene è co-dificato all'interno di un segmento dellalunghezza di circa 110 coppie di basiall'estremità sinistra (estremità 5') del-l'inserto costituito da 340 coppie di basi.

Pamela Svec ha quindi determinato lasequenza nucleotidica di questo inserto.Con nostra meraviglia, l'intero segmen-to è risultato costituito da ripetizioni intandem di una singola sequenza lunga 36coppie di basi; vi erano sette unità com-plete di ripetizione, con unità incomple-te a ogni estremità. Quando sono statiesaminati gli altri due cloni ai quali si eralegato l'anticorpo contro la proteina CS(cioè i doni nei quali erano più ampi gliinserti di c-DNA dello sporozoite), ab-biamo trovato che anche questi insertiincorporavano multipli dell'unità costi-tuita da 36 coppie di basi. Dato che l'u-nità di ripetizione era comune a tutti e

tre i cloni positivi, parve chiaro che eraessa che doveva codificare per l'epitopodella proteina CS. L'epitopo stesso deveessere una catena di 12 amminoacidi,ripetuta in tandem: una struttura intera-mente nuova e notevole per un antigenedi superficie.

Non conoscevamo ancora la sequenzaamminoacidica dell'epitopo. Conosce-vamo la sequenza nucleotidica, ma nonpotevamo tradurla in una sequenza diamminoacidi perché non eravamo a co-noscenza del sistema di lettura, cioè delmodo in cui la sequenza di nucleotididoveva essere suddivisa in codoni perspecificare gli amminoacidi. Dato che uncodone è una tripletta di nucleotidi, visono in ogni filamento di DNA tre po-tenziali sistemi di lettura e vi sono, diconseguenza, nella doppia elica sei pos-sibili sistemi di lettura.

Abbiamo stabilito qual era il filamen-to codificante e abbiamo dedotto il siste-ma di lettura trovando la congiunzionetra il DNA del plasmodio e la sequenzanucleotidica nota del gene per la protei-na del plasmide. Conoscendo il sistemadi lettura, abbiamo potuto tradurre lasequenza nucleotidica in modo da otte-nere la sequenza dell'epitopo, costituitada 12 amminoacidi. Il passo logico suc-cessivo è stato quello di assemblare unpeptide sintetico (una breve catena pro-teica), corrispondente alla sequenza de-rivata e di vedere se poteva imitare leproprietà immunitarie della proteina disuperficie naturale dello sporozoite.

David H. Schlesinger della New YorkUniversity ha unito tra loro degli ammi-noacidi formando sia l'epitopo costituitoda 12 amminoacidi sia un peptide costi-tuito da una duplice unità e lungo, per-tanto, 24 amminoacidi. La prova immu-nologica ha messo in evidenza che ilpeptide sintetico fatto della duplice unitàsi legava proprio con l'anticorpo mono-clonale contro la proteina CS. In un sag-gio di competizione il peptide sinteticocomposto da una sola unità non sola-mente si legava all'anticorpo, ma anche- così facendo - bloccava il normale le-game dell'anticorpo alla superficie dellosporozoite (si veda l'illustrazione a pagi-na 44). Questi risultati hanno permessodi stabilire in maniera conclusiva che ilpeptide costituito da 12 amminoacidi oformava l'epitopo dell'antigene di gu-perficie di Plasmodium knowlesi oppure

Mentre si determinava la sequenza nucleoti-dica di un inserto di c-DNA, codificante perla proteina CS, si sono notati peptidi ripetuti.Le quattro strisce della autoradiografia rap-presentano le quattro subunità (T, G, C, A)di cui si compone il DNA. Ancor prima chela sequenza venisse letta, era evidente dallareiterazione che questa parte del gene contie-ne 12 ripetizioni in tandem di un corto pepti-de, un epitopo ossia un determinante antige-nico: un sito specifico sulla proteina che silega a un anticorpo. La regione della proteinacodificata è, pertanto, un epitopo multiplo.

lo includeva. È risultato, in seguito, cheera vero il secondo caso: in altri esperi-menti condotti in collaborazione conVictor Nussenzweig e Schlesinger abbia-mo dimostrato che i peptidi sintetici con-sistenti di soltanto otto dei 12 amminoa-cidi contigui contengono tutta l'informa-zione necessaria perché avvenga una in-

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3

DNA DELPARASSITA

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A C D

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PEPTIDE PEPTIDEA UNA U.NITA A DUE UNITA

EPITOPO

PROTEINA CS• IV*

2

A A

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L'anticorpo monoclonale contro la proteina CS serve a individuare idoni che esprimono la proteina (A) e a sottoporre a prova dei peptidisintetici, verificando così la sequenza amminoacidica dedotta dell'epi-topo (B-D). Un anticorpo non marcato viene adsorbito su una super-ficie solida (1). Viene individuato un clone positivo (A) quando unepitopo sulla proteina CS, che esso esprime, si lega all'anticorpo (2);il legame della proteina è dimostrato da quello di una copia marcatadello stesso anticorpo contro un secondo epitopo della proteina (3 ).

Quando un singolo peptide sintetico (12 amminoacidi) si lega all'an-ticorpo adsorbito (B), non offre alcun secondo sito per l'attacco del-l'anticorpo marcato. Il doppio peptide (24 amminoacidi) fornisce,però, un secondo sito (C) e così l'anticorpo marcato può legarsi a esso.In un saggio di competizione (D) il singolo peptide a concentrazioneelevata satura i siti di combinazione degli anticorpi adsorbiti e cosìblocca il legame della vera proteina CS. Ciò dimostra che il peptidesintetico e la proteina del parassita competono per lo stesso anticorpo.

SONDADI c-DNA

MARCATO FAGI

FRAMMENTO DI Li LI11 CHILOBASI

INFEZIONE DELLACOLONIA BATTERICA

terazione completa antigene-anticorpo.A questo punto erano ormai stati

compiuti diversi progressi. La sequenzadell'epitopo era stata determinata; il si-stema di lettura dell'intero gene per laproteina CS era stato stabilito ed eranostati prodotti dei peptidi sintetici cheimitavano la regione immunoreattivadella proteina. Quando questi peptidivenivano inoculati in topi e conigli, sidimostravano estremamente immuno-geni, ossia essi stimolavano la formazio-ne di anticorpi. Rimaneva da determina-re se gli anticorpi producevano un'im-munità protettiva (nel qual caso i peptidipotevano essere la base per un vaccinoantimalarico) e questa determinazionepoteva essere fatta sottoponendo gli ani-mali a prove e compiendo ulteriori studi

sulla biologia molecolare dell'antigenedi superficie.

Gli obiettivi successivi furono, dun-que, la definizione della struttura

del gene completo per la proteina CS(non un c-DNA costruito, ma il genereale, che si trova nel cromosoma delparassita) e la deduzione della sequenzaamminoacidica completa della proteinae quindi della sua struttura. Luiz S. Oza-ki ha frammentato il DNA genomico delparassita, ha separato i frammenti in ba-se alle loro dimensioni per elettroforesie li ha trasferiti su un filtro di nitrocellu-losa. Ha poi usato come sonda sul filtrouno dei c-DNA del nostro plasmide. Ta-le sonda si è ibridata (legata) con unsegmento complementare di DNA, con-

tenuto all'interno di un frammento delgenoma del parassita, lungo 11 000 nu-cleotidi. Si è così dimostrato che il geneper la proteina CS si trovava all'internodi quel segmento.

Dopo aver isolato (mediante dona-zione) il frammento da 11 chilobasi eaverne stabilito la struttura globale (me-diante la costruzione di una mappa fa-cendo intervenire un enzima di restrizio-ne), abbiamo determinato l'intera se-quenza nucleotidica della regione conte-nente il gene per l'antigene di superficie.La costruzione di mappe e i dati sullasequenza ci hanno condotto a due con-clusioni. Una era che, malgrado la note-vole amplificazione dell'espressione del-la proteina CS, che si sa aver luogo du-rante lo stadio di sporozoite, il genoma

del parassita contiene solo un gene perla proteina. L'altra era che la regionecodificante del gene, diversamente dallamaggior parte dei geni presenti negli eu-carioti (organismi al di sopra del livellodei batteri), non è interrotta dagli intro-ni, sequenze intercalari non codificantiche sono rimosse solo quando si ha latrasformazione dell'RNA messaggero.La mancanza di introni suggerisce chePlasmodium possa essere un eucariotemolto primitivo.

Una volta stabilito il sistema di letturae avendo a disposizione l'intera sequen-za nucleotidica del gene per la proteinaCS, potevamo dedurre la struttura am-minoacidica della proteina completa. Il45 per cento centrale, o pressappoco,della proteina risultò costituito da 12 ri-petizioni dell'epitopo, fatta da 12 ammi-noacidi. Per alcuni aspetti, altre partidella proteina erano proprio quello chesi poteva prevedere in una proteina disuperficie. L'estremità di sinistra (N-ter-minale) possiede la sequenza segnalefortemente idrofoba, caratteristica delleproteine esportate dalla cellula attraver-so la sua membrana esterna. L'altraestremità (C-terminale) è una coda idro-foba (che si àncora in maniera tipica auna proteina di superficie presente nellamembrana cellulare); essa è precedutada quattro amminoacidi (residui di ci-steina), tra i quali si possono formarelegami disolfuro per unire in una strut-tura globulare segmenti della proteina,o per legare molecole adiacenti dellastessa.

Il peso molecolare della proteina, cal-colato a partire dalla sequenza degli am-minoacidi, è tuttavia sostanzialmentepiù basso del peso molecolare misuratoin base alla velocità di migrazione dellaproteina in un gel. Questo risultato ealtri hanno suggerito che la proteina CSdeve avere proprietà fisiche peculiari.Alcune di queste proprietà hanno potu-to essere dedotte dalla sequenza ammi-noacidica dell'unità di ripetizione. Ilpeptide contiene tre residui di glicina, tredi alanina, tre di glutammina e rispetti-vamente uno di acido aspartico, uno diprolina e uno di asparagina. Questi resi-dui sono schierati secondo due dimen-sioni dello spazio, in maniera tale che ipiccoli amminoacidi polari (idrofili) sialternino con i grossi amminoacidi idro-fobi. Questa alternanza è caratteristicaanche in una unità di ripetizione dellafibroina, la principale proteina della se-ta, unità costituita da sei amminoacidi.La catena della fibroina si duplica avantie indietro su se stessa, con segmenti an-tiparalleli successivi uniti da legami aidrogeno. Questa configurazione, unalamina pieghettata beta, conferisce allaseta una struttura fibrosa, flessibile.

Costruendo modelli molecolari abbia-mo potuto dimostrare che i peptidi

di ripetizione della proteina CS poteva-no formare un'analoga lamina pieghet-tata. La catena peptidica si piegherebbe

2

in corrispondenza di ogni residuo di pro-lina (qui le catene polipeptidiche si cur-vano spesso bruscamente) e, pertanto, lesuccessive unità di ripetizione procedo-no a zig-zag in direzioni opposte (si vedal'illustrazione in alto a pagina 48). I le-gami a idrogeno si formano naturalmen-te; le dimensioni delle catene laterali de-gli amminoacidi si alternano in modotale che catene laterali confinanti noninterferiscano l'una con l'altra. Una la-mina beta di questo genere dovrebbeessere molto stabile. In collaborazionecon Schlesinger e con Walter A. Gib-bons dell'Università di Londra abbiamopotuto confermare di recente, per viasperimentale, alcune previsioni fatte suquesta struttura proposta. Quando ven-gono sintetizzati peptidi corrispondentia due, tre e quattro ripetizioni in tandem(24,36 e 48 amminoacidi), essi mostra-no una importante struttura beta, il cheinduce fortemente a pensare che nellaproteina naturale abbia luogo la stessacosa.

Se le unità di ripetizione di una singolamolecola di proteina CS possono esseredisposte a zig-zag per formare una lami-na, le unità adiacenti dovrebbero essere

PLACCAPOSITIVA

in grado di interagire in maniera analoga(come fanno nella fibroina). Ciò produr-rebbe una struttura superficiale, in cui lemolecole si ripiegherebbero su se stessee interagirebbero tra loro formando unarete: una superficie protettiva ideale peril parassita, più di una barriera fisica.Sembra che la proteina CS promuova lacapacità dello sporozoite di eludere ledifese dell'ospite, in primo luogo met-tendo a fuoco la risposta immunitaria,cioè concentrandola su un singolo ber-

saglio a detrimento della capacità dellosporozoite di trovare altri bersagli. Pa-recchie serie di prove puntano su unastrategia analoga.

Quando in un animale sperimentale siiniettano sporozoiti, la maggior partedegli anticorpi che si sviluppano nel suoorganismo è diretta contro la proteinaCS e, in maniera specifica, contro il suoepitopo di ripetizione; vi sono scarse in-dicazioni che il sistema immunitario ri-conosca una qualsiasi altra parte dellaproteina di superficie. Il che suggerisceche la catena polipeptidica sia ripiegatain modo che solo il 45 per cento di essa,contenente l'epitopo di ripetizione, siaesposto in superficie. Pertanto, ogni mo-

GENE PER LAPROTEINA CS

L'intero gene per la proteina CS è stato isolato. Il genoma dello sporozoite (DNA totale) èstato digerito con un enzima (1). I vari frammenti sono stati poi separati in base alle dimensionisu un gel (2) e un inserto marcato di c-DNA per la proteina CS è stato utilizzato come sondaper mostrare che il gene si trovava entro un particolare frammento di 11 chilobasi (in colore),isolato mediante donazione (3 ). I frammenti di DNA sono stati introdotti in un virus batterico,il fago lambda. I fagi hanno poi infettato i batteri coltivati in una piastra di Petri. Ogni fagosi è moltiplicato, lasciando nella colonia batterica una placca ben distinta. Usando di nuovocome sonda l'inserto marcato di c-DNA sono state identificate le placche contenenti il fram-mento di 11 chilobasi. Il gene per la proteina CS è stato isolato da una placca positiva.

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ffl 45

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raccoglitori per 11 1985Questi raccoglitori corrispondono ai volumi

XXXIV e XXXV de LE SCIENZE, e rispettivamenteai fascicoli da gennaio (n. 197) a giugno (n. 202)

e da luglio (n. 203) a dicembre (n. 208).Sono ancora disponibili i raccoglitori dal Vol. XXVIII

al XXXII! e dei raccoglitori non numerati appositamenteapprontati per sostituire i raccoglitori esauriti.

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46

lecola della proteina presenta al sistemaimmunitario soltanto un sito vulnerabi-le, ma questo sito è ripetuto 12 volte. Ilsistema immunitario vede sulla stessamolecola molteplici bersagli identici;tutti gli altri bersagli potenziali sono re-lativamente inaccessibili.

L'epitopo ripetitivo è, quindi, essen-zialmente un'esca multipla ed è ancheun'esca rinnovabile. Molti anni fa Jero-me P. Vanderberg della New York Uni-versity ha notato che gli sporozoiti espo-sti ad anticorpi contro lo sporozoite si

liberavano apparentemente di un rive-stimento superficiale ben distinto. Que-sto è visibile nelle microfotografie elet-troniche come uno strato spesso e unpoco lanuginoso che circonda la cellula;presumibilmente si tratta di una rete dimolecole di proteina CS. Vi sono proveche il rivestimento superficiale dellosporozoite si distacchi in continuazionee in continuazione venga reintegrato daproteina appena sintetizzata, secreta insuperficie. E degno di nota il fatto chela proteina CS sia sintetizzata in grandi

quantità, che rappresentano dal 10 al 30per cento della proteina totale sintetiz-zata dallo sporozoite nelle ghiandole sa-livari della zanzara. Il sistema immuni-tario, allora, è presumibilmente costret-to a mettere in atto un attacco più estesodel normale sia perché vi sono moltepliciepitopi sia perché il rivestimento super-ficiale viene di continuo sostituito. Inol-tre, le molecole distaccate - particolar-mente se sono presenti sotto forma direte - devono fungere da ulteriore escache raggira il sistema immunitario cosìche le riconosca come parassiti viventi evi riversi sopra un numero ancora mag-giore di anticorpi.

Tutto questo può concedere agli spo-rozoiti inoculati da una zanzara temposufficiente per raggiungere le celluleepatiche e ripararvisi anche se gli anti-corpi antisporozoiti circolanti sono giàpresenti nell'ospite a causa di una pre-cedente infezione. Un meccanismo di di-fesa di questo tipo sarebbe particolar-mente adatto per uno stadio del parassi-ta qual è lo sporozoite, che è esposto alsistema immunitario soltanto durante unbreve intervallo. D'altra parte, un paras-sita esposto per lungo tempo agli anti-corpi, come il tripanosoma, può avere lanecessità di mantenere mutevoli i suoiantigeni di superficie in modo che il si-stema immunitario non possa raggiun-gerlo (si veda l'articolo Come il tripano-soma modifica la propria superficie diJohn E. Donelson e Mervyn J. Turnerin «Le Scienze» n. 200, aprile 1985).Tuttavia, questa variazione antigenicarichiede tempo. D'altra parte, una pro-teina che funga da esca immunitaria puòproteggere un parassita dal momento incui compare nell'ospite.

poco tempo dopo che avevamo de-l- scritto l'antigene di superficie dellosporozoite di Plasmodium knowlesi, unaltro antigene notevolmente simile è sta-to isolato da uno stadio differente (ilmerozoite, uno stadio presente nel san-gue) del parassita della malaria umanaPlasmodium falciparum. Lavorando sul-l'RNA messaggero di questo parassitanella forma che vive nel sangue e sulsiero di individui ripetutamente espostia esso, David J. Kemp, Robin F. Anderse Graham F. Mitchell, assieme ai lorocolleghi del Walter and Eliza Hall Insti-tute of Medical Research in Australia,sono stati in grado di donare e far espri-mere numerosi geni per gli antigeni disuperficie del merozoite.

Uno di questi geni era il gene per l'an-tigene S del merozoite, una proteina disuperficie che forma uno strato lanugi-noso che ricopre il merozoite allorchéemerge da un globulo rosso usato. Comenel nostro gene per la proteina CS, esisteanche in questo caso una ripetizionemultipla. Nel gene per l'antigene S lasequenza ripetitiva ha una lunghezzacorrispondente a 33 coppie di basi (epertanto codifica per un peptide ripeti-tivo di 11 amminoacidi, invece che 12)

ed è poi ripetuta in tandem più di 100volte (invece di 12). Come la proteinaCS, l'antigene S sembra una proteina chefunge da esca immunitaria e che vienedi continuo secreta ed eliminata e pre-senta al sistema immunitario un epitoporipetitivo.

Da quando la proteina CS di Plasmo-dium knowlesi e l'antigene S di P. falci-parum sono stati caratterizzati, sono sta-te isolate altre cinque proteine di super-ficie di Plasmodium. Il lavoro è statorealizzato da Kemp e collaboratori inAustralia, dal gruppo di Miller al NIAID,

in collaborazione con il Walter Reed Ar-my Institute of Research, da Jeffrey V.Ravetch del Memorial-Sloan KetteringCancer Center e Gunter Blobel dellaRockefeller University e da Luis Pereirada Silva dell'Istituto Pasteur e Benno

dell'Università di Colonia.Ciascuna delle cinque proteine possiedeuna unità peptidica che è ripetuta in tan-dem (si veda l'illustrazione in basso dipagina 48). La maggior parte dei peptididi ripetizione include un residuo di pro-lina, il che fa sorgere la possibilità che ladisposizione a zig-zag in corrispondenzadi questo residuo dia origine a una lami-na pieghettata beta in tutti gli antigeniche sono presenti sulla superficie del pla-smodio della malaria.

Sembra evidente che molte delle prin-cipali proteine di superficie sia degli

sporozoiti sia dei merozoiti siano escheimmunitarie e che gli anticorpi che in-ducono non abbiano una funzione pro-tettiva: cioè non sono in grado di rendereinattivo il parassita. Ciò spiega probabil-mente perché l'infezione naturale solo dirado dà luogo a un'immunità protettivae porta anche alla conclusione che i vac-cini studiati per stimolare gli anticorpicontro questi importanti antigeni di su-perficie non siano probabilmente i mi-gliori candidati per indurre un'immunitàpermanente.

Possono, cionondimeno, esservi mez-zi efficaci per attaccare il parassita. Agiudicare dalla molteplicità degli anti-corpi antiplasmodiali trovati nel sanguedi soggetti affetti da malaria, rimangonoda isolare e da caratterizzare molte altreproteine di superficie specifiche per undeterminato stadio. La maggior parte diesse è probabilmente diretta contro imerozoiti o contro la superficie di glo-buli rossi infetti (nei quali un merozoiteinfettante esporta in qualche modo unaparte dei propri antigeni), ma alcunepossono essere costituenti minori dellasuperficie dello sporozoite o del game-tocito. Al contrario dei principali anti-geni, esse non sono presumibilmenteesche immunitarie. Molti laboratori so-no impegnati in intense ricerche per ri-uscire a isolare i geni che codificano perquesti antigeni di superficie minori esfruttano in proposito i procedimenti didonazione come quelli descritti in pre-cedenza. Il problema sarà allora quellodi sapere se uno qualsiasi di essi induce

243

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1320GIGIIT~fifiTii~~T A A ." FINE

La sequenza nucleotidica dell'intero gene per la proteina CS è stata determinata e la porzionetradotta viene qui illustrata assieme alla sequenza amminoacidica dedotta da essa. La proteinapresenta una regione segnale idrofoba (in giallo), che promuove il suo passaggio attraversola membrana cellulare dello sporozoite e una regione costituita da amminoacidi basici (inverde). Viene quindi la regione che lega l'anticorpo (in rosso): 12 ripetizioni in tandem di unepitopo di 12 amminoacidi. Le sequenze degli epitopi ripetuti sono quasi identiche. Per lo più,le poche differenze nei nucleotidi, come quelle che si riscontrano nelle triplette che codificanoper la glutammina centrale (Gin) e per la glicina (Gly), non sfociano in cambiamenti negliamminoacidi; solo la valina terminale (Val) è una sostituzione. Due paia di residui di cisteina,che possono formare legami disolfuro, precedono la regione di ancoraggio idrofoba (in blu).

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SPOROZOITI

P KNOWLESI

PROTEINA CS

Giy Gin Pro Gin Ala Gin Giy Asp Gly Ala Asn Ala (12)P FALCIPARUM

PROTEINA CS

Asn Ala Asn Pro (41)

STADI NEL SANGUE

P FALCIPARUM

A LOPHURAE

ANTIGENE SANTIGENE RESAANTIGENE FIRAANTIGENE PF-11PROTEINA RICCA DI His

Pro Ala Lys Ala Ser Gin Gly Giy Leu Blu Asp (100-110)Glu Giu Asn Vai Rio His Asp AlaVai Thr Thr Gin Glu ProGlu Giu Vai Vai Giu Giu Vai Vai ProAla Pro His, Asp Ala Hiss

ESTREMITA N-TERMINALE

ESTREMITÀ C-TERMINALE

La configurazione della regione costituita dall'epitopo ripetuto (l'esca immunitaria) può essereprevista in base alla sequenza dei suoi amminoacidi. È probabilmente una lamina pieghettatabeta antiparallela, in cui una catena polipeptidica si ripiega avanti e indietro su se stessa e isegmenti adiacenti della catena sono uniti in una struttura laminare da legami a idrogeno (lineetratteggiate). La catena si piegherebbe bruscamente in corrispondenza di ogni residuo diprolina (Pro). Sia le dimensioni sia la carica degli amminoacidi confinanti suggeriscono unanon interferenza gli uni con gli altri. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che otto amminoacidicontigui (in colore intenso) sono sufficienti per interagire con l'anticorpo per la proteina CS.

COOH

NH2REGIONE DELL'EPITOPO RIPETUTO

MEMBRANACELLULARE

CITOPLASMA

COOH

NH,

La lamina beta, una superficie protettiva ideale per il parassita, potrebbe formarsi per intera-zioni sia intra- sia intermolecolari. La catena della proteina CS potrebbe ripiegarsi ed esseretenuta unita da legami a idrogeno o essere legata alla catena ripiegata di una molecolaadiacente. Il disegno suggerisce come le molecole incluse nella membrana cellulare del parassitapotrebbero interagire formando parte di una rete che fa da rivestimento esterno al parassita.

Sette proteine di superficie di varie specie e di vari stadi di Plasmodium sono state isolate ecaratterizzate. Tutte le proteine hanno epitopi ripetuti, le cui sequenze sono qui riportate. Èanche indicato il numero di ripetizioni per le tre proteine per le quali il valore è noto.

anticorpi aventi funzione di protezione.Il parassita mostra chiaramente la

massima vulnerabilità quando è liberonel circolo sanguigno, alla ricerca di unacellula epatica o di un globulo rosso chefunga da bersaglio. Si riconoscono trestadi del genere, in cui un vaccino puòessere efficace. Un vaccino antisporo-zoite sarebbe l'ideale: infrangerebbe illegame tra la zanzara e l'uomo stimolan-do la sintesi di anticorpi in grado di at-taccare lo sporozoite all'inizio dell'infe-zione, prima che possa raggiungere lecellule epatiche. Un vaccino antimero-zoite stimolerebbe un attacco al parassi-ta a metà infezione; insieme a un vaccinoantisporozoite, permetterebbe l'affer-marsi di una seconda linea di difesa. Unvaccino antigametocito infrangerebbe illegame tra l'uomo e la zanzara.

Possono esservi anche modi per attac-care il parassita quando non è libero nelcircolo sanguigno. L'occasione più pro-babile può presentarsi durante l'invasio-ne di una cellula epatica o di un globulorosso. Per riconoscere queste cellule ilparassita deve individuare e sfruttarequalche specifico recettore sulla super-ficie della cellula bersaglio. Può darsi chelo sporozoite o il merozoite sia dotato diuna molecola di riconoscimento o, comeha suggerito Vanderberg, assuma dalsiero dell'ospite una glicoproteina cheserva a questo scopo. Una volta compre-si i particolari a livello molecolare delprocesso invasivo, si potrebbe sviluppa-re un analogo della molecola di ricono-scimento o un anticorpo contro la mole-cola che funge da recettore alla superfi-cie della cellula. Sia l'uno sia l'altro po-trebbero legarsi al recettore, bloccandocosì l'invasione. Quando si conosce l'e-satta via seguita dagli agenti invasori,può addirittura venir sviluppato un a-gente che ucciderà il parassita, mentre sitrova ancora all'interno di una cellulaepatica o di un globulo rosso.

Jo studio molecolare di Plasmodium èd ancora agli albori, ma ha già permes-

so di raggiungere una comprensione cheha condotto a nuovi modi di pensare ilparassita e ha suggerito nuove vie percombatterlo. Da una parte, uno studiomolecolare a livello del DNA tenta diidentificare i meccanismi che sono pecu-liari per il parassita della malaria, uno opiù dei quali può rivelarsi un vero tallonedi Achille. Dall'altra parte, la forza dellabiologia molecolare sta nel riconosci-mento che i meccanismi fondamentalidell'espressione genica e della strutturacellulare sono comuni a tutte le forme divita e che ciò che viene appreso a pro-posito di un dato sistema biologico è ap-plicabile a tutti i sistemi. Importanti ri-cerche avanzate in medicina applicanoquesta nuova comprensione dei mecca-nismi generali alla risoluzione di proble-mi medici specifici, ma nel contempoportano a una maggior quantità di infor-mazioni che contribuisce ad aumentarele conoscenze fondamentali.

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