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Le tecniche di rappresentazione e di misura indu- cono sempre variazioni, sia nelle avità di rilievo che in quelle di progeo, ma inducono variazioni soprauo nel modo di pensare le discipline del rilievo e del progeo e nelle scelte formave che ne intridono l’azione. Nella metà del Seecento, l’aggiornamento e la diffusione della “tavolea pretoriana” - con la rap- presentazione ortogonale che ne consegue - pro- muove un cambio radicale nel modo di vedere la cià, analizzarla e divulgarne la meraviglia. Le po- tenzialità operave dello strumento e l’astrazione della figurazione ortogonale promuovono, cioè, disposivi grafici ed aenzioni interpretave del tuo inedi e, con ques, uno straordinario cam- biamento nel modo di rilevare e leggere le deter- minan urbane. The techniques of representaon and measure- ment always lead changes, both in the survey and the design acvies, but especially induce changes in the way of thinking at the disciplines of survey and design and the educaonal choices that will knead the acon. In the mid-eighteenth century, the updang and the diffusion of the "plane table" - with the orthog- onal representaon that follows - it promotes a radical change in the way of seeing the city, ana- lyze and tell its wonder. The operaonal capabili- es of the instrument and the abstracon of orthogonal figuraon promote, in other words, enrely new graphics devices and interpretave cares and, with these, a remarkable change in how to detect and read the determinants of urban areas. Parole chiave: rappresentazione come linguaggio, rilievo della cià, analisi dello spazio urbano. Keywords: representaon as language, urban space analysis. DISEGNARECON #13 - aprile 2014 ISSN 1828-5961 Strumen e disposivi grafici per la conoscenza e l’interpretazione urbana La Pianta Grande di Roma di Giovanni Basta Nolli Tools and graphics devices for the understanding and the interpretaon of urban areas The Pianta Grande di Roma by Giovanni Basta Nolli Aldo De Sanctis Professore Ordinario ICAR 17, docente di Ri- lievo dell’Architettura. Autore di pubblicazioni sui temi del rilevamento architettonico e ur- bano, della cartografia antica, della rappre- sentazione come linguaggio per il rilevo ed il progetto d’architettura. TOWN FILES - CITTA’ STRATIFICATE http://disegnarecon.unibo.it

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Le tecniche di rappresentazione e di misura indu-cono sempre variazioni, sia nelle attività di rilievoche in quelle di progetto, ma inducono variazionisoprattutto nel modo di pensare le discipline delrilievo e del progetto e nelle scelte formative chene intridono l’azione.Nella metà del Settecento, l’aggiornamento e ladiffusione della “tavoletta pretoriana” - con la rap-presentazione ortogonale che ne consegue - pro-muove un cambio radicale nel modo di vedere lacittà, analizzarla e divulgarne la meraviglia. Le po-tenzialità operative dello strumento e l’astrazionedella figurazione ortogonale promuovono, cioè,dispositivi grafici ed attenzioni interpretative deltutto inediti e, con questi, uno straordinario cam-biamento nel modo di rilevare e leggere le deter-minanti urbane.

The techniques of representation and measure-ment always lead changes, both in the survey andthe design activities, but especially induce changesin the way of thinking at the disciplines of surveyand design and the educational choices that willknead the action.In the mid-eighteenth century, the updating andthe diffusion of the "plane table" - with the orthog-onal representation that follows - it promotes aradical change in the way of seeing the city, ana-lyze and tell its wonder. The operational capabili-ties of the instrument and the abstraction oforthogonal figuration promote, in other words,entirely new graphics devices and interpretativecares and, with these, a remarkable change inhow to detect and read the determinants of urbanareas.

Parole chiave: rappresentazione come linguaggio,rilievo della città, analisi dello spazio urbano.Keywords: representation as language, urbanspace analysis.

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Strumenti e dispositivi grafici per la conoscenza e l’interpretazione urbanaLa Pianta Grande di Roma di Giovanni Battista NolliTools and graphics devices for the understanding and the interpretation of urban areasThe Pianta Grande di Roma by Giovanni Battista Nolli

Aldo De SanctisProfessore Ordinario ICAR 17, docente di Ri-lievo dell’Architettura. Autore di pubblicazionisui temi del rilevamento architettonico e ur-bano, della cartografia antica, della rappre-sentazione come linguaggio per il rilevo ed ilprogetto d’architettura.

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L’evoluzione delle tecniche di rappresentazione edi misura induce sempre variazioni, sia nelle atti-vità di rilievo (strumenti hardware/software, ope-razioni di acquisizione, trattamento delleinformazioni …) che in quelle di progetto, ma in-duce variazioni soprattutto nel modo di pensarele discipline del rilievo e del progetto e nelle scelteformative che ne intridono l’azione [1].Nella metà del Settecento, dopo le splendide ve-dute (Figg. 1a, b, c) di Roma redatte da A. Tempe-sta (1593), M. Greuter (1618) e G. B. Falda (1676),dopo l’iperbole visiva che il modo più verosimilepossibile di rappresentare inevitabilmente com-porta, l’aggiornamento e la diffusione della “tavo-letta pretoriana” - con la rappresentazioneortogonale che ne consegue - promuove un cam-bio radicale nel modo di vedere la città, analizzarlae divulgarne la meraviglia [2]. Le potenzialità ope-rative dello strumento e l’astrazione della figura-

zione ortogonale promuovono, cioè, dispositivigrafici ed attenzioni interpretative del tutto ineditie, con questi, uno straordinario cambiamento nelmodo di rilevare e leggere l’assetto urbano e le de-terminanti che lo individuano:- la tavoletta pretoriana messa a punto da J. Prae-torius Richter nel 1576 (?), permette di conoscere(sul piano) la posizione di tutti i punti significatividi un territorio, battuti da due stazioni poste adintervallo noto e, nello stesso tempo, di averne larappresentazione grafica [3]. Il perfezionamentodella bussola e del cannocchiale ne faranno unostrumento diffusissimo nel rilievo di mappe ur-bane e territoriali, tanto diffuso che sia GiovanniBattista Nolli per la redazione della sua pianta diRoma (1748), che tutti i rilevatori catastali del XVIIIe XIX secolo la utilizzeranno nei loro lavori [4].Nella redazione del catasto pontificio (1818-‘24),ad esempio, oltre canne e catene per le misure li-

neari, fornite direttamente dall’Ufficio Generalede’ Catasti ed autenticate con bollo, all’articolo116 del Regolamento sulla misura de’ terreni e for-mazione delle mappe si prescrive d’impiegare latavoletta pretoriana, con bussola e diottra, che“sarà in tutte le sue parti e dimensioni uniforme alcampione approvato e esistente nell’Officio gene-rale de’ Catasti” [5].Tra la metà del ‘700 e la prima metà del secolosuccessivo, le pubblicazioni sugli strumenti topo-grafici e sulla tavoletta pretoriana [6], in partico-lare, si susseguono: nel 1748, Giuseppe AntonioAlberti pubblica a Bologna le Istruzioni praticheper l’ingegnere civile; nel 1826, il topografo mila-nese Lorenzo Crosta pubblica un nuovo libro sul-l’uso della tavoletta, che “munita di bussola è lostromento geodetico che più si addice per la for-mazione delle mappe topografiche” [7] ; ed an-cora, nel 1840 gli editori Borroni e Scotti di Milano

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Figura 1a M. Greuter, Disegno Nuovo di Roma Moderna …, 1618, area del Co-losseo (particolare).

Figura 1b G. B. Falda, Nuova Pianta et Alzata della Città di Roma …, 1676,area dell’Isola Tiberina (particolare).

Figura 1c A. Tempesta, Disegno et Prospetto dell’Alma Città di Roma …, ri-stampa 1693, area di piazza di Spagna (particolare).

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ristampano con aggiornamenti – segno di una ri-chiesta sempre diffusa – le Istruzioni pratiche perl’ingegnere civile sull’uso della tavoletta preto-riana di G. A. Alberti che, notano gli editori mila-nesi, è uno scrittore “non diremo elegante, néforbito, né di vasta erudizione, ma però chiaro, or-dinato e preciso” e le sue istruzioni trovano “uni-versale accoglienza in Italia tutta” [8].Nella prima parte delle Istruzioni pratiche, leg-giamo che gli strumenti più usati dagli ingegnerisono la tavoletta pretoriana, lo squadro agrimen-sorio, la bussola e la squadra mobile. “Molti altrive ne sono, ma poco si adoperano (…) per lo piùnon servono che per l’altimetria, e ciò che possonofar essi, più facilmente lo fanno li quattro stru-menti enumerati” [9].Come detto, la descrizione dell’Alberti è semplice,ma non sciatta; lo strumento proposto si componedi: una tavola d’abete quadrilunga con gradua-zioni – tavola che di solito non eccede l’estensionedi un foglio di carta reale - contornata di spranghedi legno forte e spessa mezz’oncia per evitare chesi deformi con l’umidità; una riga, o diottra in ot-tone, coi suoi traguardi per “condurre le linee ne-cessarie su la tavoletta”; una bussola ed uncannocchiale unito alla diottra.All’elenco delle parti che compongono lo stru-mento, seguono il modo per rettificarlo ed eserciziper utilizzarlo nelle più diverse situazioni (Figg. 2a,b, c).Conseguenza diretta dell’uso della tavoletta pre-toriana è l’applicazione generalizzata della figura-zione ortogonale nei rilievi topografici ed urbani;un’applicazione tentata poche volte in passato,nonostante le raccomandazioni di Leon B. Albertie Raffaello sull’opportunità di tale metodo neitemi architettonici ed urbani e le sperimentazionidello stesso Leon B. Alberti su Roma (1443/’55),di Leonardo su Imola (1502) e di L. Bufalini, sem-pre su Roma (1551).Contrariamente alle figurazioni urbane - ancheprima della pubblicazione della Géométrie De-scriptive. Leçons données aux Écoles Normales l’anIII de la République (1798) - la rappresentazioneortogonale nei progetti e nei rilievi delle fabbrichearchitettoniche è una costante, tanto che tra la

fine del XVII e per tutto il XVIII secolo si pubblicanouna serie di trattati italiani, francesi ed inglesi, chepropongono soluzioni interessanti per risolvere iproblemi proiettivi di figure piane e solide; trattatiche fanno “concludere che la Geometria Descrit-tiva, anche se priva di tale denominazione, facevagià parte delle conoscenze dei matematici (o degliarchitetti) sicuramente già alla fine del XVII se-colo” [10]. Ma in queste note, più che le questioniproiettive, ci interessa sottolineare la trasforma-zione d’interessi che il modo ortogonale di rappre-sentare suscita nella lettura urbana ed il livellod’innovazione che promuove nello studio e nellagestione della città; trasformazione d’interessi edinnovazione che Giovanni B. Nolli avverte primadi ogni altro, proponendo una sua versione degliassetti di Roma e rivedendo del tutto le ragionidello stupore che la città eterna suscita nei viag-giatori di tutta Europa: una sola immagine,astratta e diversissima dalla reale percezione dellecose, può raccogliere la città intera, mostrarla conevidenza e rieditarla sottolineando i differentigradi di affinità, di connessione o di cesura tra lecomponenti architettoniche ed urbane.Detto altrimenti, nel momento in cui la prospet-tiva presa dal Gianicolo non sembra più in gradodi offrire sufficienti attenzioni e motivi di valuta-zione analitica, la rappresentazione urbana - colsupporto dello strumento di cui diciamo – cambiacompletamente il suo paradigma figurativo, intro-ducendo la visione al limite, con tutte le conse-guenze che una simile posizione per vedere puòcomportare: nella figurazione urbana ortogonalenon si riducono, infatti, solo le dimensioni deglielementi, ma in modo esplicito si pongono pro-blemi di gerarchia e di pertinenza figurativa dellesingole forme architettoniche e delle strutture chele organizzano; attraverso il parametro scalare, sipone anche il problema della valutazione degli er-rori.Riguardo alla relazione tra dispositivi grafici edesiti conoscitivi, ricordiamo che nel ‘400 la pro-spettiva, presentando nuove regole per guardare,rende chiaro a tutti che è nel modo di porsi che èpossibile scoprire relazioni ed un ordine tra leparti; calibrando l’intensità dei segni grafici tra

primo piano e sfondo, rende chiaro a tutti che èpossibile perfino evidenziare una coerenza, che lostesso spazio reale stenta a manifestare."La costruzione prospettica esatta - scrive ErwinPanofsky - astrae radicalmente dalla strutturadello spazio psico-fisiologico: non solo il suo risul-tato, ma addirittura il suo fine è di realizzare nellaraffigurazione dello spazio quell'omogeneità equell'affinità che l'Erlebnis [esperienza] immediatodello spazio ignora, di trasformare lo spazio psico-fisiologico in quello matematico” [11].Una straordinaria astrazione, dunque, che la ve-duta da lontano, presa da un campanile o da unacollina prospiciente l'abitato, necessariamentetende ad amplificare.Le regole della prospettiva, evidentemente, noncambiano e neppure l'organizzazione figurativa diarchitetture e spazi, ma variando la posizione delpunto di vista si specializzano i grafici sull'artico-lazione e la complessità del tema da indagare: mo-dificando in altezza la posizione per osservarediviene possibile rappresentare, verificando geo-metrie e sistemazioni insediative e diviene possi-bile rappresentare agevolmente ogni più lontanaaggregazione, riducendo la dis/misura del reale al-l'ordine grafico che può contenerla. L'assenza diimpedimenti visivi obbliga a ritenere anchel'estensione della città come un dato da conside-rare per la più corretta valutazione delle informa-zioni.Nelle vedute dall’alto, a volte, sono le architetturepiù rinomate a vedere variata la loro immagine edè per effetto della posizione del punto di osserva-zione che si accreditano modi differenti di consi-derarle e di renderle partecipi della scena urbana.Anche gli studi sulle città ideali, o quelli sulle for-tificazioni utilizzano questo tipo di figurazione espesso con più accentuate opportunità di speri-mentazione. La libertà localizzativa consente, in-fatti, di fare a meno di posizioni prefissate e laveduta arriva ad acquistare l'autonomia di un veroe proprio dispositivo di progetto, con precise in-tenzionalità formative e compositive: Fra’ Gio-condo, ad esempio, nel 1499 presenta la sua cittàradiale utilizzando la veduta dall’alto che, in ter-mini di progetto urbano, è una assoluta novità; il

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Figure 2a, b, c G. A. Alberti, Istruzioni pratiche per l’ingegnere civile, (1748), ristampa Milano 1840.

disegno è incompleto ed eseguito con immedia-tezza, ma l’immagine prodotta lascia intuire moltopiù di quanto effettivamente riporta (il modellogeometrico di riferimento, la gerarchia dei pienied il valore organizzativo del vuoto …).Tornando al tema iniziale, ancora un aspetto chenella figurazione urbana ortogonale merita di es-sere sottolineato è quello dell’inevitabile versionein codice della realtà. Con le nuove mappe, lastruttura urbana si trasforma e più che il suoaspetto - la sua immagine realistica - è la versionefigurativa, ovvero il dispositivo grafico che ne de-

riva a suggerire nuove possibilità di lettura ed oc-casioni di conoscenza; come dire che a nuove fi-gurazioni corrispondono sempre nuove istanzeconoscitive e, in un processo ciclico, dispositivigrafici per la determinazione di nuovi problemi, dianalisi o di progetto che siano.Per inciso, se consideriamo le differenze che di-stinguono la realtà dalla sua espressione grafica,facilmente possiamo riconoscere come le moda-lità di descrizione assumano un ruolo centralenella rappresentazione architettonica e urbana siain relazione al contenuto informativo che all’ope-

ratività della stessa rappresentazione, ovvero allepossibilità formative che i modi di elaborazionegrafica svolgono nell’ambito di un procedimentoanalitico e conoscitivo. Tra la veduta e la pianta diuno stesso spazio urbano, o anche tra figurazioniche utilizzano lo stesso tipo di proiezione, non siesprime solo una diversità organizzativa di dati,ma una variazione di interessi e di tensioni cono-scitive, che si afferma per l'orientamento di evi-denza che le singole informazioni assumono e perl’incremento di coerenza logica e formale che lestesse informazioni sono in grado di proporre e

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manifestare.In qualche modo si può dire che con le modalitàdi rappresentazione, più che l'effettiva esposizionedi un evento architettonico, o spaziale, si individuiuna versione particolare dell’evento stesso: nonnecessariamente la più bella o la più completa, maquella più rispondente alle istanze interpretativedel momento, in altre parole la più efficace - ed inquesto senso la migliore - in una precisa fase delprocesso figurativo che si viene conducendo.In questa logica, il rapporto tra rappresentazionedello spazio e reale conformazione degli elementiche lo determinano, oltre che per la congruenzametrica, viene a definirsi per l'insieme degli accor-gimenti (parzializzazione/enfatizzazione dei segni,scelta dei metodi, delle scale e delle tecniche dimediazione grafica ...) che ogni autore escogitaper produrre immagini significative, in termini distudio, di comprensione, ecc., dei fenomeni cheraffigura.

Giovanni Battista Nolli (Como 1701-Roma 1756),“persona di sperimentata intelligenza” [12], de-dica gran parte della sua vita alla redazione e pub-blicazione di un volume [13] sulla cartografia diRoma (1748); fa le sue prime esperienze di rileva-mento nello Stato di Milano al servizio di Carlo VI,che ha in animo di avviare la formazione di unnuovo catasto geometrico e descrittivo. Nolli vi la-vora per due anni e nel 1724, oltre il compenso,riceve un vero e proprio encomio per avere ope-rato “con ogni puntualità, zelo e fedeltà in tuttel’incombenze (…) e con singolare abilità” [14].Nel 1735-’36, Giovanni B. Nolli giunge a Roma,dove riceve l’incarico per il rilievo delle nuovemappe della città; incarico che, con brevi interru-zioni, lo vincolerà fino al 1748, anno di pubblica-zione del volume richiamato [15].Il lavoro di misurazione e restituzione impegna luie la sua squadra – formata, tra gli altri, dal figlioCarlo e dal giovane Ferdinando Fuga - per dodicianni, nonostante il lavoro continuo ed i permessinecessari per tutelare i rilevatori dall’affollamentodelle persone e dagli imbarazzi e per entrare,senza troppe difficoltà, anche nei conventi di clau-sura e nelle ville private.

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Nel 1750, forse per compensare la poca fortunaeditoriale della sua pianta, Nolli intraprende alcunilavori di progettazione, tra cui si ricordano quelliper il giardino di Villa Albani, fuori porta Salaria equelli per la chiesa ed il convento di S. Dorotea;purtroppo anche da questi lavori il nostro autorenon ha grandi ricavi economici, se è vero che di uncompenso di 1048 scudi riceve poco più dellametà.Giovanni B. Nolli trascorrerà gli ultimi anni dellasua vita a Roma, quasi in solitudine e verrà sepoltonella stessa chiesa di S. Dorotea, ai piedi dell’altaremaggiore.Nel 1926, a seguito dei lavori per la nuova pavi-mentazione della chiesa, ogni traccia della sua se-poltura - lapide compresa - scompare.L’opera cartografica di Roma di Giovanni B. Nolli sicompone di tre mappe:la riedizione in un unico foglio (69 x 46 cm.) dellapianta di Leonardo Bufalini del 1551, incisa surame da Carlo Nolli con l’aiuto di Francesco Mo-naco; riedizione che Nolli porta a termine, forse,per testimoniare la presenza di un precedente il-lustre o, verosimilmente, per la consapevolezza ditrovarsi nella fase finale del ciclo evolutivo dellacittà, iniziato due secoli prima.La Pianta piccola di Roma, stampata in un unicofoglio (69 x 47 cm.), incisa su rame dal figlio Carloe, per le vedute sul fondo, da G. B. Piranesi; Piantapiccola, dedotta dalla grande ed impiegata perl’istituzione dei nuovi rioni - ordinati da papa Be-nedetto XIV con chirografo del 1743 - e per la ge-stione amministrativa della città (targhe dei rioni,targhe stradali, numeri civici, elenchi di strade,piazze e chiese per la programmazione dei lavori…).La Pianta grande di Roma, suddivisa in dodici fogli(ogni foglio misura 69 x 44 cm.), incisa su rame dalfiglio Carlo, dagli aiuti Rocco Pozzi e Pietro Cam-pana e, per le vedute sul fondo, da Stefano Pozzi.Nell’incidere la Pianta grande Nolli mette a puntoun sistema di norme, simboli e cautele grafichedel tutto inedito nelle restituzioni cartografiche;ma, come detto, è la novità della figurazione or-togonale, applicata alla conoscenza ed all’inter-pretazione urbana a risultare del tutto innovativa,

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nonostante le sperimentazioni precedenti.Nel 1743 il disegno autografo della città entro lemura è completo; è redatto a penna, con leggerevelature di colore per segnare l’orografia del ter-reno ed il pieno delle costruzioni, nella scala di1000 palmi romani di architettura [16]. Non cisono indicazioni toponomastiche, ma tutti i ter-reni e le fabbriche presentano un contrassegnonumerico (da 1 a 10742) che rimanda, come nellemappe catastali, ad un volume di note, oppure adun promemoria, oggi scomparso [17]. Oltre lemura ed in prossimità delle porte compaiono solopochi tratti e nessun accenno ai terreni, o alle col-tivazioni esistenti, che verranno aggiunti nella ste-sura definitiva incisa su rame.All’interno delle mura, il disegno autografo è piùesauriente e mostra già i caratteri “degl’indici e de’segni”, che troveremo definitivi nell’incisione del1748 (delineazione in pianta di chiese, androni ecortili; differenze di trattamento grafico nelle areearcheologiche …).Nella parte in basso della versione a stampa, lapianta presenta alcune immagini di Roma deli-neate da Stefano Pozzi; si tratta di immagini equi-librate, che non invadono il campo grafico, anzi visi adeguano, ricordando come un elenco illustratoi fasti antichi e moderni della città: a sinistra,Roma antica con il Colosseo, gli archi trionfali diTito e Costantino, i resti delle terme di Caracalla ele allegorie della città e del fiume; a destra, Romamoderna con San Pietro, il Campidoglio, la Basilicadi San Giovanni e l’allegoria della Chiesa in trono.Vicino a questa, troviamo riprodotti alcuni stru-menti di misura, tra cui si scorge la tavoletta pre-toriana, impiegata dal nostro autore per larealizzazione del suo lavoro.Le immagini di tutta questa parte sono disegnatecon cura, ma diversamente dalla Pianta piccola -dove la riduzione espositiva prodotta dalla scalagrafica, sembra richiedere alle vedute un supple-mento d’indagine sullo spazio urbano e sui mate-riali architettonici che lo individuano - appaionolimitate nella loro funzione: nella Pianta piccola levedute incise da G. B. Piranesi, partecipano alladescrizione urbana e diventano parte in causa deicontenuti architettonici e spaziali che la stessa

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pianta esprime; al contrario, nella Pianta grandelo spazio, disegnato con dovizia di particolari, è ilvero protagonista dell’evento cartografico e le im-magini di Stefano Pozzi sembrano quasi avere ilruolo di note a margine, di un decoro, o di una fi-nitura accessoria.Nell’avvertimento inserito alla fine dell’Indice al-fabetico, Nolli fa sapere che indica le fabbrichemoderne con tratti meno profondi, mentre le an-tiche, ancora visibili, con “tratti più profondi e piùoscuri”; le fabbriche antiche diroccate, ma cono-sciute attraverso disegni altrui, con linee tratteg-giate; i confini dei rioni con linee punteggiate “nelmezzo delle strade” e con simboli diversi specificai cimiteri, le fontane, le cloache (con imbocco siacoperto, che scoperto), i quartieri dei soldati e leporte chiuse lungo le mura.L’Indice alfabetico, con 1320 voci di luoghi note-voli, completa le informazioni scritte direttamentein pianta (i nomi delle strade e delle piazze più im-portanti, i numeri che individuano le fabbrichemaggiori …) ed alla fine dell’indice, Nolli spiegaanche che “le linee accennate nel margine de’fogli servono unicamente a render facile l’unionede’ medesimi”.Non ci sono altre informazioni sulle tecniche dimediazione grafica impiegate nella redazionedella nuova pianta di Roma e, per tentare di com-prenderne meglio l’articolazione e la qualità, os-serviamo che nell’area propriamente urbana,campita in modo omogeneo secondo l’asse oriz-zontale delle lastre in rame, il dato che meglio sievidenzia è quello del rapporto “pieno/vuoto”; lacampitura è semplice ed il perimetro degli isolatiprivo di rinforzi. L’orografia è resa, secondo la pen-denza, con tratteggi chiari, o forti.Oltre ai monumenti antichi, anche androni, cortili,porticati, scale, chiese, alcuni palazzi e teatri, chehanno una “continuità d’uso pubblico con le stradee le piazze” [18], presentano il disegno in pianta,contribuendo ad arricchire il significato dell’interoelaborato; Nolli evidenzia, cioè, tutte le architet-ture e le aree urbane liberamente accessibili, checontribuiscono a definire i caratteri e la qualità deltessuto connettivo della città.Nel lavoro, non c’è omogeneità di codici grafici ed

alla grafia convenzionale del costruito e dei sim-boli (cloache, cimiteri, porte chiuse lungo le mura…) si accosta, come per contrasto, quella più intui-tiva delle coltivazioni, delle fontane e del fiume.Il carattere fortemente selettivo della rappresen-tazione, ovviamente, resta ed anzi è proprio sullaparzializzazione/enfatizzazione dei segni, sulla gra-duazione della loro ricorrenza e densità che si de-termina l'entropia di questo modo di raffigurare ela sua leggibilità.La perizia e l’invenzione di Giovanni B. Nolli esplo-rano tutte le possibilità di variazione del segnografico, ma non c’è mai disinvoltura figurativa, néaccentuazione fantastica e sono lontanissimi i toni‹visionari›, o la foga esecutiva delle incisioni di G.B. Piranesi.I segni, ora leggeri ora intensi, non sono mai im-precisi e nella Pianta grande sembrano diventareparola e sintassi scandita: le morsure ed i tratteggi,sempre calibrati, non presentano nessuna scola-tura di acidi, nessun particolare bruciato, nessunripensamento. L’alternarsi dei chiaroscuri, le cam-piture e i dettagli costruiscono tutta la ricchezzasemantica possibile, senza ingenerare confusione,o monotonia.Quasi non fosse un lavoro scientifico, verrebbe vo-glia di descrivere la nuova pianta di Roma con itoni del disegno d’invenzione, poiché anche questici sembra che partecipino della sua originalitàespositiva.La diversità dei segni e la successione delle areetonali contribuiscono a dare chiarezza all’interarappresentazione, ma sono la ricerca dei dettaglipiù pertinenti, la presenza dei tratti geometricidelle strade, uniti alle linee singolari dei cortili deipalazzi, dell’orografia, ecc. a dare validità comuni-cativa e qualità alla restituzione.Nella pianta, oltre la rispondenza geometrica - pe-raltro accuratissima- intervengono l’esperienzapercettiva, la memoria ed il fascino che la città su-scita, in primo luogo nell’autore stesso, che resti-tuisce l’insieme urbano, accogliendo ognisuggerimento utile sulla disposizione delle case edegli spazi che contiene al suo interno: il risultatoè quello di una raffigurazione rispettosa delle di-sposizioni reali, in cui entrano la somiglianza e la

misura, ma anche il ricordo di ciò che la città èstata e la considerazione attenta di quello che pre-senta.Giovanni B. Nolli, forzando ogni pratica consoli-data, cambia totalmente il modo di rappresentarela città e, nello stesso tempo, anche quello di esa-minarla e conoscerla. La sua raffigurazione orto-gonale, esito del rilievo e della disciplinageometrica, sembra non avere interlocutori privi-legiati; composta sull’alternanza di pieni e vuoti,arriva ad annullare ogni impedimento visivo e l’il-lusione che, normalmente, la città promuove deveessere del tutto riformulata: i frazionamenti deiterreni e delle coltivazioni si confrontano con ladimensione e l’articolazione delle chiese e dei pa-lazzi ed ogni porzione di città, anche la più piccola,trova corrispondenza in un segno codificato ecerto. Con l’obiettivo pratico di realizzare una rap-presentazione urbana misurata, Giovanni B. Nolliriedita la presenza di tutti ed anche le strutturepiù minute acquistano rilevanza grafica, eviden-ziando conformazioni ed assetti inavvertiti prima.Sembra, quasi, che non sia la città, con la sua di-mensione e la sua storia, a suggerire il modo perosservarla e ritenerla, ma la sua riduzione ortogo-nale – con le modalità figurative e le codificazioniche ne conseguono – a proporre una possibile let-tura. Per il tramite di simboli, di tratti ora forti, oraleggeri, continui o discontinui la struttura urbanaè ridotta nella forma di un dispositivo grafico sucui è possibile operare ogni sorta di congettura; èpossibile anche classificarne le forme, compararletra loro e, perfino, compitarle.L'invenzione di regole per la combinazione deisegni arriva, cioè, a presentare la città come si-stema, chiaramente de/costruibile ed è proprioper questo che si accreditano nuove possibilità disperimentazione. Ma c’è ancora un aspetto chemerita di essere segnalato ed è quello di vederel’organismo urbano – ormai liberato da posizioniideologiche - come un insieme da amministrare;un insieme che proprio a partire dalla metà del‘700 inizia a coinvolgere i funzionari e gli Uffici tec-nici delle più importanti città italiane ed europee:non è un caso se proprio in questi anni l’Istitutodel Catasto fa proprie le esperienze tecniche ma-

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Figura 3 G. B. Nolli, Pianta grande di Roma (1748), area di piazza Navona -Campidoglio (particolare).

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turate e in quasi tutti gli Stati italiani trova la suaprima diffusione con l’opportunità, almeno teo-rica, di “cercare, ed investigare tutti i mezzi, e levie possibili, onde giungere a veder sollevati (…)da tanti mal distribuiti, e situati pesi” tutti gli abi-tanti [19].Dalla metà del ‘700, cioè, la città è oggetto di “mo-derne” rappresentazioni ed occasione per la ri-prova di dispositivi grafici sempre più evoluti efinalizzati: per il tramite delle mappe urbane chevia via si realizzano – di cui quella di Roma è subitomodello - e di quelle catastali si scoprono geome-trie insediative, punti di accumulo e nuove fun-zioni compositive; anche il vuoto, rappresentatocon attenzione sempre maggiore, arriva ad assu-mere il valore di un vero e proprio materiale ar-chitettonico e ad evidenziare le sue qualità dielemento primario nell’organizzazione e nell’iden-tificazione urbana.Giovanni B. Nolli, con la Pianta grande, realizza uncapolavoro assoluto ed a confrontare la sua operacon quella dei cartografi europei restiamo sorpresidel fatto che egli precorra tutta “la grande produ-zione cartografica del XVIII secolo (…). MentreNolli finisce il suo lavoro, la grande dinastia fran-cese dei Cassini, che rappresentano il centro dellacartografia mondiale fino a Napoleone, terminaappena la triangolazione di base (1746) e solo nel1760 usciranno i primi fogli della carta di Francia”[20].Nolli indaga le forme architettoniche, le strade egli spazi di Roma ed adegua punte, bulini ed aghi

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NOTE

[1] A riguardo notiamo che, oggi,la presenza di modelli 3D (nuvoledi punti, mesh …) non comportasolo facilitazioni operative, oun’accuratezza metrica diffusa,ma la tendenza a generare “pro-dotti” che, normalmente, pocohanno a che vedere con l’inter-pretazione architettonica ed ur-bana (snapshot in cuipredominano i valori della somi-glianza, elaborati quantitativi, ela-borati di processo per chiudere edottimizzare le mesh, dettagli adalta definizione …); prodotti chevalgono più per le procedure tec-niche che consentono di produrli,che per i contenuti architettoniciche sono in grado di isolare e co-municare.[2] In breve, può dirsi che dopo il1748, anno di pubblicazione del

volume sulla cartografia di Romada parte di G. B. Nolli, non si pro-ducono più vedute della città;semplicemente si ristampano, ag-giornandole in parte, quelle piùnote (A. Tempesta 1661 e 1693;G. B. Falda, 1756; ecc…). G. Vasiè forse l’unico autore, degno dinota, a cimentarsi ancora nel ge-nere ed a pubblicare, tra l’altro,una nuova veduta il cui titolo, “Pa-norama di Roma” (1765), è indi-cativo sia del ruolocomplementare di questo tipo dielaborati, che della trasforma-zione del gusto e delle attese, chela pianta di G. B. Nolli ha ormaiprodotto.[3] J. Richter (1537 - 1616),astronomo e matematico noto colnome latino di Praetorius, inizia lasua attività come “inventore” distrumenti astronomici. Nel 1576(?), partendo dalle conoscenze to-

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per fissarli sulla lastra di rame e presentare a tuttilo “stato di consistenza della città barocca giuntaalla sua splendida maturità” [21].Nell’incisione custodisce la memoria del suo la-voro, ne diffonde la conoscenza, ne moltiplica l’in-canto e, forse, è anche per questo motivo che lasua pianta si srotola dall’alto, come per svelarequalcosa che, pure sotto gli occhi di tutti, solo luisembra conoscere ed in grado di restituire (Figg.3-4).

Pianta della chiesa di S.Carlo al Corso

Pianta del palazzo dellaCancelleria

Linee di divisione dei rioni Ruderi in parte rilevati edin parte ipotizzati

Spazio urbano: piazza Navona

Spazio urbano: piazzaMontecitorio

Spazio urbano: piazza delPopolo

Spazio urbano: piazza diSpagna

Orti interni al centrourbano

Centro urbano, constrade,cortili, chiese, ecc…

Mura aureliane, orografiastrade e coltivazioni in

aree urbane ancora privedi abitazioni

Porto di Ripetta e fiume

Figura 4 G. B. Nolli, Pianta grande di Roma (1748), classificazione dei principali simboli e tecniche di mediazione grafica utilizzati.

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pografiche del periodo, mette apunto la tavoletta pretoriana mu-nita di bussola, per rilevare i puntisignificativi di un territorio o diuna città e disegnarli in “diretta-mente” in mappa.[4] Il cannocchiale impiegato intopografia è, ovviamente, di deri-vazione astronomica ed è formatoda due sistemi di lenti convergenti(obbiettivo ed oculare); viene uti-lizzato in tutti gli strumenti otticidi misura, che spesso evolvonograzie all’evoluzione delle cono-scenze sull’ottica.[5] Regolamento sulla misura de’terreni e formazione delle mappepel Catasto Generale dello StatoEcclesiastico ordinato nell’art.191 del Moto Proprio di Nostro Si-gnore de’ 6 Luglio 1816, Roma1817, biblioteca Archivio di Statodi Roma (F/3, II).[6] Sull’uso della tavoletta preto-riana ricordiamo alcune delle pub-blicazioni più diffuse: A. M.Ceneri, L’uso dello strumento geo-metrico detto la tavoletta preto-riana, Bologna 1728; L. Gozzi,Trattato sul maneggio della tavo-letta pretoriana, fornita di cilindri,bussola, e diottra a cannocchiale,Napoli 1820; C. Gazzaniga, Re-gole per rendere più spedita e si-cura la formazione delle mappemediante l’uso della tavoletta pre-toriana, Pavia 1821; L. Crosta,Dell’uso della tavoletta pretorianaper la formazione delle mappe to-pografiche, Milano 1826; D.Cesa-Bianchi, Proposta di un go-nimetro di precisione per la com-posizione delle planimetrie inbase ai rilievi eseguiti cogli stru-menti grafometrici e per determi-nare il valore degli angoli veritracciati nelle mappe rilevate collatavoletta pretoriana, Milano 1829;G. A. Alberti, Istruzioni praticheper l’ingegnere civile (1748), ri-stampa Milano 1840.[7] L. Crosta, Dell’uso della tavo-letta pretoriana per la formazionedelle mappe topografiche, Milano1826, p. 9.[8] Le due citazioni si trovanonella premessa degli editori, allaristampa di G. A. Alberti, Istruzionipratiche per l’ingegnere civile, Mi-

lano 1840, p. VII.[9] G. A. Alberti, Istruzioni praticheper l’ingegnere civile (1748), ibi-dem, p. 1.[10] M. Docci, R. Migliari, C. Bian-chini, Le <vite parallele> di Gi-rard Desargues e Guarino Guarini,in “disegnare idee immagini” n.4/1992, p. 13.[11] E. Panofsky, La prospettivacome “forma simbolica”, MilanoFeltrinelli 1984, pag. 40.[12] C. Faccioli, Gio. Battista Nolli(1701-‘56) e la sua Gran “Piantadi Roma” del 1748, Roma StudiRomani, 1966/4, p. 416.[13] Oltre il frontespizio, l’avvisoal lettore e l’indice dei numeridella pianta, compongono il vo-lume la “Pianta grande” (in dodicifogli, con l’indice alfabetico percategorie), la “Pianta piccola” e lariedizione della pianta di L. Bufa-lini (1551), rimpiccolita e riorien-tata col nord in alto.[14] C. Faccioli, Gio. Battista Nolli(1701-‘56) e la sua Gran “Piantadi Roma” del 1748, ibidem, p.417.[15] Precedentemente al Nolli lacartografia di Roma mostra unastasi rispetto a quella delle altrecittà italiane (pianta catastale diMilano del 1725; pianta di Vene-zia del 1729, ecc… tutte in pro-iezione zenitale).[16] Il disegno autografo (1736-‘44) è conservato presso la Biblio-teca dell’Istituto di Archeologia eStoria dell’Arte di Roma; misura165 x 187 cm. cfr. C. Faccioli,Gio. Battista Nolli (1701-‘56) e lasua Gran “Pianta di Roma” del1748 …, ibidem, pp. 415-442;P.A. Frutaz, Le Piante di Roma,Istituto di Studi Romani 1962, pp.39-42; I. Insolera, Roma, ibidem,pp. 289-318.[17] Cfr. C. Scaccia-Scarafoni, LePiante di Roma possedute dallaBiblioteca dell’Istituto di Archeo-logia e Storia dell’Arte …, Roma,Libreria dello Stato 1939 e C.Faccioli, Gio. Battista Nolli (1701-‘56) e la sua Gran “Pianta diRoma” del 1748, ibidem, pp. 426-429. Il volume delle note, proba-bilmente, conteneva ancheindicazioni storiche ed archeologi-

che sui monumenti e chiese dellacittà; indicazioni compilate conl’aiuto di Antonio Baldani, segre-tario della Pontificia Accademiad’Archeologia.[18] I. Insolera, Roma – Immaginie realtà dal X al XX secolo, ibi-dem, p. 318.[19] Editto del Cardinale Casali,Sopra la formazione del Catastro,15 dicembre 1777, Archivio diStato di Roma - Buon Governo,serie VI, Busta 1.[20] I. Insolera, Roma – Immaginie realtà dal X al XX secolo, ibi-dem, p. 303.[21] P. Portoghesi, Roma Barocca- storia di una civiltà architetto-nica, Roma C. Bestetti 1967, p.36.

BIBLIOGRAFIA

Alberti, Giuseppe Antonio (ri-stampa 1840), Istruzioni praticheper l’ingegnere civile, Milano.

Scaccia-Scarafoni, Camillo(1939), Le Piante di Roma posse-dute dalla Biblioteca dell’Istitutodi Archeologia e Storia dell’Arte,Libreria dello Stato, Roma.

Frutaz, Pietro Amato (1962), LePiante di Roma, Istituto di StudiRomani, Roma.

Faccioli, Clemente (1966), Gio.Battista Nolli (1701-‘56) e la suaGran “Pianta di Roma” del 1748…, Roma Studi Romani, (4).

Portoghesi, Paolo (1967), RomaBarocca - storia di una civiltà ar-chitettonica, C. Bestetti, Roma.

Insolera, Italo (1981), Roma – Im-magini e realtà dal X al XX secolo,Laterza, Roma-Bari.

Panofsky, Erwin (1984), La pro-spettiva come “forma simbolica”,Feltrinelli Milano.

Docci, Mario, Migliari, Riccardo,Bianchini, Carlo (1992), Le <viteparallele> di Girard Desargues eGuarino Guarini, in disegnare ideeimmagini, Gangemi III (4).