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LA NEBULOSA «OCCHIO DI GATTO» (NGC 6543) è una delle nebulose planetarie più insolite della Via Lattea: una variopinta nube di gas distante 3000 anni luce dal Sole. A dispetto del nome, eredità del passato, queste nebulose non hanno nulla a che vedere con i pianeti. Sono invece il lento diradarsi dei gas prodotti dalla morte di stelle di modeste dimensioni. Anche il Sole morirà più o meno in questo modo. Spiegare la forma intricata dell'Occhio di Gatto, qui in un'immagine del 1994 del telescopio spaziale Hubble, ha dato parecchi grattacapi agli astronomi. Mor te straordinaria di una i 1 stella qualunque di Bruce Balick e Adam Frank Fra cinque miliardi di anni la morte del Sole sarà un evento spettacolare. Come tutti gli astri della sua dimensione, la nostra stella si trasformerà in un capolavoro del cosmo: una nebulosa planetaria 6 0 LE SCIENZE 431/luglio 2004 www.lescienze.it 6

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LA NEBULOSA «OCCHIO DI GATTO» (NGC 6543) è una delle nebuloseplanetarie più insolite della Via Lattea: una variopinta nube di gas

distante 3000 anni luce dal Sole. A dispetto del nome, eredità

del passato, queste nebulose non hanno nulla a che vederecon i pianeti. Sono invece il lento diradarsi dei gas prodotti dalla

morte di stelle di modeste dimensioni. Anche il Sole morirà più

o meno in questo modo. Spiegare la forma intricata dell'Occhio

di Gatto, qui in un'immagine del 1994 del telescopio spazialeHubble, ha dato parecchi grattacapi agli astronomi.

Mor testraordinaria

di una i 1stellaqualunque

di Bruce Balick e Adam Frank

Fra cinque miliardi di anni

la morte del Sole sarà un evento

spettacolare. Come tutti gli astri

della sua dimensione,

la nostra stella si trasformerà

in un capolavoro del cosmo:

una nebulosa planetaria

6 0 LE SCIENZE 431/luglio 2004

www.lescienze.it 6

L'OCCHIO DEL GATTO AL MICROSCOPIOL'immagine alle pagine precedenti mostra solo in parte la

spettacolare nebulosa Occhio di Gatto. Un telescopio a terra

(a sinistra) permette di evidenziare le «ciglia», una banda

esterna di gas disposto a raggiera. La regione interna, la

«pupilla», visibile a destra in una ricostruzione artistica, è

costituita dai resti di una stella circondati da uno strato

ovoidale di gas, a sua volta circondato da due bolle, avvolte

da gusci concentrici di gas. Evidentemente, nel corso dei

millenni, la stella ha espulso materiale in fasi distinte. La

parte superiore della nebulosa è inclinata verso l'osservatore.

Bollaesterna

Strati esterni

Bollainterna

Bollaesterna

Restidella stella

IN SINTESI

• Le nebulose planetarie sono i coloratissimi resti di stelle di modeste dimensioni,meno di otto masse solari. Al termine della loro esistenza, questi astri espellono

i loro strati superficiali sotto forma di un «vento» che soffia a più di 1000 chilometrial secondo. Gradualmente le stelle si spogliano fino ai loro strati più profondi e piùcaldi, la cui luce ultravioletta ionizza il vento rendendolo fluorescente.

• Le immagini dello Hubble Space Telescope hanno rivelato nebulose con strutturesorprendentemente complesse, dei cui processi di formazione comprendiamo ancoramolto poco. Potrebbero svolgervi un ruolo i campi magnetici intrappolati nel nucleo e

riemessi nel vento, oppure stelle compagne o grandi pianeti le cui forze guidano il gasin giganteschi anelli che, a loro volta, incanalano il vento in forma di clessidra.

pochi passi dall'edificio della facoltà di astronomia dell'Università di Washington c'è lo studio di Dale Chihuly, un artista

famoso per le sue sculture in vetro le cui forme brillanti e fluenti evocano creature sottomarine. Illuminando le scultu-

re in una stanza buia, la luce che danza attraverso le forme di vetro le anima di vita. Gialle meduse e rossi polipi sfrec-

ciano attraverso acque color cobalto, in una foresta di alghe che ondeggia con le maree. Ma agli astronomi le opere di

Chihuly ricordano qualcos'altro: poche altre creazioni umane evocano infatti con altrettanta efficacia il grandioso

splendore delle nebulose planetarie. Illuminate al centro da stelle morenti, «dipinte» dei colori fluorescenti prodotti

da atomi e ioni brillanti e stagliate contro il nero cosmico, queste forme gassose sembrano organismi viventi. Non

a caso, i ricercatori le hanno battezzate Formica, Stella Marina e Occhio di Gatto. Le fotografie di questi oggetti celesti scattate dal

telescopio spaziale Hubble sono fra le immagini cosmiche più suggestive che si siano mai viste.

11 nome «nebulosa planetaria» risale adue secoli fa, e si deve a un'interpretazio-ne errata dell'astronomo inglese WilliamHerschel, un prodigioso scopritore di ne-bulose, oggetti indistinti simili a nuvoleche si vedono solo al telescopio. La formavagamente tondeggiante di molte di que-ste strutture ricordò a Herschel il discoverdastro di Urano (di cui era stato lo sco-pritore) e lo portò a pensare che si trattas-se di sistemi planetari che prendevanoforma attorno a giovani stelle. il nome ri-mase, anche se si scoprì che era vero ilcontrario: questo tipo di nebulosa è costi-tuito dal gas espulso da una stella moren-te, e non rappresenta il passato, ma il fu-turo. Tra cinque miliardi di anni, o giù dili, anche il Sole concluderà la sua esisten-za cosmica nell'elegante violenza di unanebulosa planetaria.

Come tutte le grandi espressioni artisti-che, le nebulose planetarie non si limita-no ad affascinarci, ma ci costringono an-che a mettere in dubbio la nostra perce-zione del mondo. Nel caso specifico, sfi-dando la teoria dell'evoluzione stellare, ilmodello che descrive l'arco vitale dellestelle. Questa teoria è un ramo maturodella scienza, uno dei fondamenti su cuisi basa tutta la nostra comprensione delcosmo, ma non riesce a spiegare le com-plesse figure che appaiono nelle immagi-ni di Hubble. Se le stelle nascono sferiche,vivono sferiche e muoiono sferiche, comefanno a disegnare strutture così elaborateda assomigliare a una formica, a una stel-la marina o all'occhio di un gatto?

Giganti rosse e nane bianche

Nell'ultimo secolo gli astronomi hannocompreso che al momento della loro mor-te le stelle si dividono in due classi distin-te. Quelle che appartengono all'élite dellestelle massicce - di dimensioni superiori aotto masse solari - esplodono improvvisa-mente come supernove. Le stelle più pic-cole, come il Sole, muoiono lentamente e,anziché detonare, consumano l'ultima fa-se della loro esistenza bruciando spasmo-dicamente il loro combustibile nucleare,un po' come un motore d'automobile chesta finendo la benzina.

Le reazioni nucleari nel cuore delle stel-

le di quest'ultima classe, reazioni che lehanno alimentate per quasi tutta la vita,esauriscono tutto l'idrogeno disponibile,poi l'elio. Man mano che la combustionenucleare si sposta all'esterno, verso il ma-teriale fresco del guscio che circonda ilnucleo, la stella si gonfia, fino a diventareuna «gigante rossa». Quando si esaurisceanche l'idrogeno del guscio, la stella iniziaa fondere elio, e in questo processo diven-ta instabile. Convulsioni profonde, combi-nate con la pressione della radiazione ealtre forze, scagliano nello spazio gli stratisuperficiali, tenui e debolmente legati,dando vita a una nebulosa planetaria.

Dal XVIII secolo a oggi sono state cata-logate, e fotografate, quasi 2000 nebuloseplanetarie, ma almeno altre 10.000 po-trebbero nascondersi dietro le dense nubidi polvere della nostra galassia. Nella ViaLattea, infatti, esplode una supernovaogni qualche secolo, ma le nebulose pla-netarie si formano al ritmo di una all'an-no, mentre centinaia di altre più antiche

scompaiono lentamente nell'oscurità. Lesupernove, inoltre, pur essendo molto piùsplendenti, lasciano detriti agitati e turbo-lenti, privi della simmetria e della com-plessità delle nebulose.

Le nebulose planetarie non sono peròcosì ariose e tranquille come suggerisco-no le loro immagini: al contrario, sonomassicce e tempestose. Ciascuna di essecontiene l'equivalente di circa un terzodella massa del Sole, compreso quasi tut-to il combustibile nucleare rimasto inuti-lizzato. All'inizio gli strati superficiali del-la stella sono espulsi a una velocità com-

presa fra 10 e 20 chilometri al secondo,un flusso relativamente lento, che tra-sporta la maggior parte della massa finaledella nebulosa. Man mano che la stella sispoglia fino a scoprire il nucleo ancoracaldo, il suo colore passa dall'arancione algiallo, poi al bianco e infine al blu. Quan-do la temperatura della superficie supera i25.000 kelvin, la stella sommerge i gascircostanti di un'intensa luce ultraviolet-ta, abbastanza potente da smembrare lemolecole e strappare gli elettroni agli ato-mi. Il vento stellare trasporta una massavia via inferiore, ma a una velocità sem-pre più alta. Dopo un periodo di duratavariabile fra 100.000 anni e un milione, aseconda della massa originaria, il vento siplaca del tutto, e la stella diventa una «na-na bianca» estremamente densa e calda:un tizzone ardente stellare che la gravitàha compresso fino a farne una sfera quasicristallina delle dimensioni della Terra.

Poiché le forze che espellono la massadalle stelle morenti hanno simmetria sferi-

ca, almeno secondo la teoria più accredi-tate, fino agli anni ottanta gli astronomihanno pensato che le nebulose planetariefossero bolle sferiche in espansione. Da al-lora, però, lo scenario si è fatto sempre piùcomplicato. E sempre più interessante.

Fischiettando nell'oscurità

11 primo indizio che le nebulose plane-tarie fossero qualcosa di più che semplicirigurgiti stellari risale al 1978, quando leosservazioni nell'ultravioletto mostraronoche il vento delle stelle morenti continua

a soffiare anche molto tempo dopo l'e-spulsione degli strati gassosi più esterni. Igas sono molto rarefatti, ma questi ventiraggiungono velocità di 1000 chilometrial secondo, cento volte superiori a quelledei venti più densi che li precedono.

Per spiegare gli effetti di questi venti,Sun Kwok, dell'Università di Calgary, Cri-stopher R. Purton, del Dominion RadioAstrophysical Observatory, e M. Pim Fitz-gerald, dell'Università di Waterloo, hannopreso a prestito un modello dei venti stel-lari elaborato per spiegare altri fenomeniastrofisici. Secondo questa ipotesi, quandoi venti rapidi si scontrano con i più lentiespulsi in precedenza, nel punto di incon-tro si forma un denso bordo di gas com-pressi. Questo anello tridimensionale digas, più precisamente «toro», circonda unacavità quasi vuota (ma estremamente cal-da); con il tempo, il vento veloce svuotaun volume di spazio sempre più grande.

Questo modello, detto «ipotesi dei ventistellari interagenti», funziona bene per lestrutture sferiche o quasi sferiche. Ma ne-gli anni ottanta si cominciò a capire che lenebulose planetarie sferiche sono un'ecce-zione: probabilmente sono solo il 10 percento del totale. Molte altre hanno formeallungate, a uovo, mentre le più spettaco-

lari, anche se più rare, presentano duebolle sui lati opposti della stella morente.Gli astronomi le chiamano «bipolari», an-che se sarebbe più corretto, e più vivido,definirle «a farfalla» o «a clessidra».

Per spiegare queste forme, insieme aVincent Icke e Garrelt Mellema dell'Uni-versità di Leida, in Olanda, abbiamo allar-gato il concetto dei venti interagenti. Sup-poniamo che i venti meno veloci riescanoanzitutto a formare un denso anello cheorbita attorno all'equatore della stella. Inun secondo momento, l'anello toro deflet-terà debolmente i venti stellari verso i po-li, dando origine a una nebulosaLe nebulose a forma di clessidra sonoquelle con un anello molto leggero e mol-to denso, che funziona come un ugello,un po' come fanno le labbra quando fi-schiamo, facendo convergere il fiato in unsottile getto d'aria. Analogamente, gli a-nelli che deflettono con forza i venti velo-ci produrranno una coppia speculare digetti, o flussi di gas, a forma di clessidra.

11 modello era semplice e spiegava benetutte le immagini disponibili fino al 1993.Le simulazioni al computer confermavanola validità dell'idea di base, mentre nuoveosservazioni testimoniavano che i ventimeno rapidi sembrano realmente più den-

si vicino all'equatore. Non tentammo dispiegare perché il vento meno veloce vie-ne emesso sotto forma di un toro, speran-do che col tempo sarebbero emersi i detta-gli del processo di formazione.

Purtroppo la nostra fiducia nel modellosi sgonfiò rapidamente. Nel 1994 Hubblescattò la sua prima fotografia chiara diuna nebulosa planetaria, la Occhio diGatto (ufficialmente classificata comeNGC 6543): un'immagine fatale, sconvol-gente. Una delle due ellissi incrociate, unbordo sottile che circonda una cavità aforma di ellisse, corrispondeva al modello,ma che cos'erano le altre strutture? Nessu-no aveva previsto le indistinte regioni ros-sastre che legavano la nebulosa, e i fila-menti simili a getti erano ancora più stra-ni. Nella migliore delle ipotesi, il nostromodello era valido solo in parte.

Teorici in un mare di guai

Non è sempre facile rinunciare a un'i-potesi scientifica che sembrava funziona-re, per cui sperammo che l'Occhio di Gat-to fosse un'anomalia. Non lo era. Prestoarrivarono altre immagini di Hubble chetoglievano ogni dubbio: nella nostra rico-struzione della morte stellare mancavano

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Circondata da un denso, polveroso anello riccodi carbonio (in alto a destra), la stellacentrale della nebulosa NGC 6302 è una delle piùcalde conosciute.

Getti di gas vengono espulsi dalla stellacentrale della nebulosa Formica (Menzel 3)

alla velocità di 1000 chilometri al secondo.

La nebulosa RettangoloRosso (HO 44179) ha questa

forma perché abbiamo una

vista laterale dei suoi coni di

gas. Per vederneun'immagine interattiva,

visitate la pagina: www.space

telescope.org/images/html/zoomable/heic0408a.html

La nebulosa Palla di Neve Blu

(NGC 7662) contiene i FLIERS(macchie rosse), nodi di gas di origine

ignota in rapido movimento.

Come una torcia elettrica, la stella

della nebulosa Uovo (CRL 2688)illumina gusci concentrici di polveri

che si estendono fino a un decimo

di anno luce di distanza dalla stella.I colori indicano luce polarizzata

in diverse direzioni.

NGC 6751 è un esempiodi nebulosa planetaria ellittica.

Il rosso, il verdee il blu corrispondono

rispettivamente a gas poco,

moderatamente e moltoionizzati.

Questa immagine

della nebulosaGranchio Australe

(He2-104), che

cattura la luce

prodotta da un gasdi azoto, rivela

una piccola,

brillante nebulosa

imprigionata in unapiù grande. Attorno

alla gigante rossa

che ha creatola nebulosa orbitauna nana bianca.

ESA/NASA e A. Zijistra, Università di Manchester (NGC 6302); M. Bobrowsky, Orbital Sciences Corp. e NASA (Hen 3-1357); O. BalickeJ.Alexander.Universitàdi Washington,A.Hajian, U.S. Naval Observatory,Y. Terzian, Comell University, M.Perinotto, Università di Firenze, P. Patriarchi, Osservatorio di Arcetri e NASA (WC 7662); B. Balick, V. icke, Università di Lei da, G. M ellem a, Univeristà di Stoccolm a e NASA (M2-9); NASA/ESA e H ubble H eritage Team (STSWAURA) (Formica);NASA/ESA, H. Van Winckel, Università Cattolica di Lovanio e M. Cohen, Università della Califomi a a Berkeley, (HO 44179); NASA e Hubble H eritage Team (STSWAURA) (Uovo); NASA e Hubble H eritage Team (STSci/AURA) 16C 6751 ); R.Corradi, Istituto di astrofisica delle isole Canarie, M. Livio, STSci, O. Balick, U. M unari, Osservatorio astronomico di Padova/Asiago, H. Schwarz, N oniic Optical Telescope, e NASA (He2-104)

n Al centro della nebulosa M 2-9 c'èuna coppia di stelle binarie, con un disco

di gas 10 volte più grande dell'orbita

di Plutone. Il blu indica la presenza

di ioni idrogeno, il rosso di atomidi ossigeno e il verde di ioni azoto.

Hen 3-1357, la più giovane nebulosa

planetaria che si conosca, ha iniziato a

risplendere appena una ventina d'annifa. Una stella compagna e un anello di

gas potrebbero spiegarne la forma.

Le immagini dello Hubble Space Telescope

hanno rivelato che le nebulose planetarie

sono molto più intricate e diverse fra loro

di quanto pensassero i teorici.

L'ARTE DELLE NEBULOSEPLANETARIE

STELLA CHE MUORE, NEBULOSA CHE NASCE

Stella morente

Torsione del campomagnetico

VISTA INGRANDITA DEL CENTRODELLA NEBULOSA

Le strane forme osservate da Hubble hanno demolito le vecchie teorie

sulla formazione delle nebulose planetarie. Oggi il modello più accreditato

chiama in causa l'espulsione di gas in diverse fasi. A dare forma al gas sono

campi magnetici generati all'interno della stella stessa o in un disco che

orbita attorno a una stella compagna. Il modello riesce a spiegare diversi

tipi di nebulose a diversi stadi della loro formazione (riquadri).

Vento lento

2, Intensi campi magnetici prorompono dal nucleo verso la superficie.

Ci La rotazione della stella torce le linee di campo a formare un'elica.

1. Distrutta dalle pulsazioni, la stella morente espelle

i suoi strati più esterni in forma di bolle concentriche,

per poi espellere un toro di materia che ne circonda l'equatore.

Nel frattempo, emette un lento vento di gas.

IRC+10216

3 Qualunque sia la sua origine e la sua

posizione, il campo magnetico incanala

gas in un getto di breve durata, che fende il

vento lento. Frattanto il toro fa sì che il vento

assuma una forma a clessidra.

OH 231,8+4,2

4 La stella emette un vento veloce,

che colpisce da dietro quello lento

formando un bordo di gas.

LA «DOUBLE BUBBLE» DI HUBBLE

2 k In alternativa, una stella compagna può catturare una frazione

Li del vento, formando un disco di accrescimento con il suo

stesso campo magnetico elicoidale.

Stellacompagna

Disco

Bordo

Vento veloce

alcuni elementi fondamentali. A parte l'e-go ferito, era una situazione ideale per deiricercatori. Quando le idee a cui siete af-fezionati sono finite in pezzi, la natura vista sfidando a ricominciare a osservare:che cosa ti è sfuggito? A che cosa hai tra-scurato di prestare attenzione?

In situazioni simili, bisogna concen-trarsi sui casi estremi, perché sono quelliin cui le forze sconosciute operano conpiù evidenza. Tra le nebulose planetarie, icasi più estremi sono gli oggetti bipolari.Le immagini di queste strutture inviateda Hubble sembrano prese di peso dallasquisita serie dei fiori dipinti da GeorgiaO'Keefe. Le strutture più piccole che orna-no le nebulose sono speculari, una su cia-scun lato della nebulosa. E questa simme-tria significa che l'intera struttura è stataassemblata in modo coerente da processiorganizzati che operano in prossimità del-la superficie della stella, un po' come ac-

cade quando si forma un fiocco di neve.Per questi oggetti, il modello dei venti

interagenti fa una previsione che è facileverificare: una volta che il gas ha lasciatol'anello, viaggia verso l'esterno a velocitàcostante, producendo un particolare spo-stamento Doppler della luce emessa dalgas. Ebbene, non è così. Nel 2000 il grup-po di Romano Corradi, che ora lavora aitelescopi Isaac Newton, alle Canarie, hastudiato con Hubble la nebulosa del Gran-chio Australe (He2-104), scoprendo che lavelocità di espansione cresce in propor-zione alla distanza dalla stella. I gas piùlontani erano lì semplicemente perché simuovevano più velocemente. Risalendoindietro nel tempo, l'incantevole nebulosaa clessidra sembra essersi formata circa5700 anni fa in una singola eruzione. 11modello dei venti interagenti, che presu-me un vento costante che modella la ne-bulosa, era insostenibile.

Ancora più strana è stata un'altra sco-perta di Corradi e colleghi: la nebulosa delGranchio Australe è costituita, in realtà,da due nebulose, una annidata dentro l'al-tra come le bambole di una matrioska.Immaginammo che la nebulosa più inter-na fosse semplicemente la più giovanedelle due, ma le osservazioni hanno mo-strato con chiarezza che entrambe le ne-bulose avevano lo stesso andamento divelocità crescenti con la distanza. L'intera,complessa struttura doveva essersi forma-ta in un evento molto scenografico, avve-nuto sei millenni fa Ma su questa scoper-ta ci stiamo arrovellando ancora oggi.

La fine del modello dei venti intera-genti è stata sancita alla fine degli anninovanta, quando Kwok, Raghvendra Sa-hai e John Trauger del Jet Propulsion La-boratory di Pasadena, in California, eMargaret Meixner dell'Università dell'Illi-nois hanno pubblicato una nuova serie di

immagini di Hubble. L'obiettivo delle os-servazioni erano le nebulose planetariemolto giovani, sorprese subito prima oappena dopo che la stella le aveva ioniz-zate e scaldate. Ci si aspettava che questioggetti fossero simili alla varietà più ma-tura, solo più piccoli, ma ci eravamo sba-gliati di nuovo: le nebulose planetarieembrioniche e giovanili hanno forme benpiù «giocose». I loro assi di simmetria mul-tipli non possono essere spiegati con l'u-gello che avevamo ipotizzato. Il modellodei venti interagenti era un binario mor-to. Era arrivato il momento di trovare unastrada diversa.

Rimescolare le carteI primi, promettenti abbozzi di teorie

sulla formazione delle nebulose planetarienon mancano: il difficile è sviluppare mo-delli che abbraccino tutte le osservazioni.

Oggi si concorda sul fatto che uno deiprincipali fattori in gioco è l'influsso gra-vitazionale di stelle compagne. Almeno lametà delle «stelle» che si vedono la nottesono in realtà sistemi binari, in cui dueoggetti orbitano attorno a un comunecentro di massa. Nella maggior parte diquesti sistemi le stelle sono così lontaneda svilupparsi in modo indipendente main una piccola frazione di casi la gravità diuna stella può deflettere o persino cattura-re il materiale che fluisce dall'altra. Questafrazione corrisponde al numero di nebulo-se planetarie bipolari.

Mario Livio, dello Space TelescopeScience Institute, e il suo ex studenteNoam Soker, del Technion-Israel Instituteof Technology, avanzarano questa ipotesimolti anni prima che divenisse di moda(si veda l'articolo di Noam Soker Le nebu-lose planetarie in «Le Scienze» n. 287, lu-glio 1992). Nel loro scenario, la compagna

cattura il materiale che fluisce da una stel-la morente. In un sistema in cui le orbitesono più piccole di quella di Mercurio eun anno si misura in giorni terrestri, que-sto trasferimento è macchinoso. Quando ilmateriale dalla stella morente raggiungela compagna, quest'ultima si è portata benavanti nella sua orbita. 11 materiale formaallora una coda che insegue la stella piùdensa e finisce per organizzarsi in un di-sco spesso e denso che le ruota attorno. Lesimulazioni indicano che anche una com-pagna con un'orbita ampia quanto quelladi Nettuno potrebbe raccogliere intorno asé un disco di accrescimento.

E possono presentarsi anche sviluppiimprevisti. La stella morente, aumentandovia via di dimensioni, a volte può addirit-tura inghiottire la compagna e il disco,procurandosi l'equivalente cosmico diun'indigestione. Compagna e disco inizia-no quindi un'orbita a spirale dentro il cor-po della stella più grande, rimodellandolae appiattendola dall'interno, mentre i gettidi materia diretti verso l'esterno vengonoincurvati. Gradualmente, la compagnasprofonda nella stella morente fino a fon-dersi con il suo nucleo, interrompendo deltutto il flusso di materia verso l'esterno.Questo processo potrebbe spiegare comemai alcune nebulose sembrano il risultatodi un flusso bruscamente interrotto.

Una guida magnetica

Le stelle compagne dei sistemi binarinon sono gli unici possibili «scultori» dinebulose planetarie. Anche i campi ma-gnetici della stella morente o del disco diaccrescimento attorno alla compagna po-trebbero svolgere un ruolo importante.Poiché la maggior parte del gas è ionizza-to, i campi magnetici possono guidarne ilmoto. I più intensi agiscono come fasce digomma rigida che modellano il flusso delgas, più o meno come fa il campo magne-tico terrestre quando sottrae particelle dalvento solare e le dirige nelle regioni pola-ri, dove danno vita alle aurore. A loro vol-ta, i venti stellari possono stirare, piegareo attorcigliare i campi.

Alla fine degli anni novanta, Roger A.Chevalier e Ding Luo dell'Università dellaVirginia avanzarono l'ipotesi che i ventistellari trasportassero anelli di campo ma-gnetico. 11 braccio di ferro fra campo ma-gnetico e gas può sagomare il flusso dimateria in forme esotiche. Purtroppo ilmodello prevede che il campo iniziale siamolto debole, e non svolga alcun ruolonella genesi del vento. E questo è un pro-blema, perché la presenza di campi ma-gnetici attivi sulla superficie delle stellesembra indispensabile per lanciare i venti.

Un'altra strada è stata quella di indaga-re in che modo forti campi magnetici pos-

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ARROSTITA DA UN SOLE TRASFORMATO IN GIGANTE ROSSA,

la Terra sarà perlomeno un buon punto di vista

per ammirare la nascita di una nebulosa planetaria.

TERRA-COTTA

L

e nebulose planetarie sono un'anticipazione del futuro

del nostro stesso sistema solare. Quando il Sole sarà

prossimo alla morte, si espanderà fino a raggiungere

l'orbita attuale della Terra. Mercurio e Venere bruceranno come

gigantesche meteore. La Terra si salverà da questo destino

perché in seguito all'espulsione di una parte della materia

solare l'attrazione gravitazionale della stella si sarà indebolita,

spostando il nostro pianeta su una nuova orbita, più larga. Il

cielo sarà invaso da un gigantesco Sole rosso ocra, così grande

che mentre un bordo della stella tramonta a ovest, l'altro ha già

iniziato a sorgere a est. Benché più freddo di oggi (2000 kelvin

contro 5800], il Sole arrostirà la superficie del pianeta

trasformandola in una dura crosta.

In queste circostanze, la Terra assisterà dall'interno alla

formazione di una nebulosa planetaria. Il Sole scaglierà via i

suoi strati più esterni in una versione estrema dell'attuale vento

solare, finché non resterà che il nucleo della gigante rossa, che

presto si trasformerà in una nana bianca. Illuminati solo da un

bagliore bluastro, sulla Terra gli oggetti lasceranno ombre

affilate di un nero profondo; l'alba e il tramonto dureranno meno

di un batter d'occhio. Le rocce superficiali si trasformeranno in

plasma, poiché la radiazione ultravioletta del Sole distruggerà i

legami molecolari, ricoprendo la superficie di una debole nebbia

iridescente e in perenne in movimento. La nana bianca esaurirà

gradualmente la sua energia, consumandosi fino a divenire un

gelido tizzone nero. E il nostro mondo finirà prima in fuoco e poi

in ghiaccio.

sono scagliare materia nello spazio. Men-tre la convezione agita una stella morente,i campi ancorati al nucleo si sollevanocon i gas che galleggiano verso la superfi-cie e, se il nucleo ruota rapidamente, ven-gono arrotolati come una molla. Quandoraggiungono la superficie, i campi si spez-zano e sparano il materiale all'esterno. Unprocesso simile potrebbe avvenire in undisco di accrescimento magnetizzato. Inrealtà, stella e disco possono alimentareun gruppo di venti ciascuno, e il disalli-neamento dei loro assi potrebbe produrrealcune delle strane forme bipolari osserva-te nelle nebulose planetarie giovani. Unodegli autori (Frank) sta studiando questieffetti con Eric G. Blackman dell'Univer-sità di Rochester e Sean Matt della McMa-ster University. 11 punto è che i campi ma-gnetici, come le stelle binarie, produconoforze aggiuntive in grado di generare unagamma di forme ben più ampia di quelladel modello dei venti interagenti.

La nostra comprensione di come le stel-le smembrate diano vita alle nebulose pla-

netarie ha fatto qualche progresso, anchese è ancora immatura, ma la descrizionegenerale della morte stellare è un modelloconsolidato. Le stelle evolvono in modoche, quando si spengono, i loro «motori»perdono colpi ed espellono gli strati piùesterni nello spazio. Di fatto, la teoria del-la struttura e dell'evoluzione stellare è unadella teorie scientifiche di maggior succes-so del XX secolo, che spiega in modo ec-cellente le osservazioni di gran parte dellestelle: la loro emissione luminosa, i lorocolori, e anche molte loro bizzarrie. Tutta-via, non mancano alcune lacune, special-mente sull'inizio e la fine della loro vita.

Non lontano dall'Università di Roche-ster si trova la Eastman School of Music.Lì, alcuni dei migliori giovani musicisti ecompositori del mondo lottano ogni gior-no per trovare il modo di esprimere la lo-ro creatività. Chi studia la morte dellestelle come il nostro Sole si trova in unacondizione molto simile. Crediamo diaver identificato gli strumenti con cui lestelle morenti modellano la materia che

scagliano nello spazio. Ciò che ancoranon comprendiamo sono le leggi che de-terminano la creazione di strutture armo-niose come le nebulose planetarie. Checosa alimenta i venti stellari? Quanto so-no importanti le stelle compagne? Qualeruolo svolgono i campi magnetici? Checosa crea le nebulose a più lobi?

Non siamo certo gli unici astrofisici aessere stati affascinati, confusi e spronatidalle immagini enigmatiche che Hubble ealtri strumenti ci hanno inviato nell'ulti-mo decennio. Praticamente ogni settoredell'astronomia ha una storia simile daraccontare. Nuove informazioni travolgo-no le migliori teorie in tutti i campi di ri-cerca: questa è la natura del progresso, incui la scoperta è spesso distruttiva, ripuli-sce il vecchiume e apre la strada versograndi (e spesso frastornanti) balzi in a-vanti. Le teorie scientifiche vengono ela-borate per essere usate, ma devono essereponderate con attenzione, verificate e mi-gliorate. I dati sorprendenti sono il modopiù veloce per far sì che questo avvenga.

GLI AUTORI

BRUCE BALICK e ADAM FRANK hanno pubblicato dozzine di artico-

li sulle nebulose planetarie. Balick ha lavorato in campi che van-

no dalla formazione stellare ai nuclei galattici attivi, e oggi dirige

il Dipartimento di astronomia dell'Università di Washington.

Frank insegna all'Università di Rochester e svolge attività di ri-

cerca soprattutto in fluidodinamica astrofisica, dalla morte delle

stelle alla nascita dei pianeti.

PER APPROFONDIRE

BALICK BRUCE, The Shapes of Planetary Nebulae, in «American

Scientist», Vol. 84, n. 4, pp. 342-351, luglio 1996.

KWOK SUN, Cosmic Buttefflies: The Coloiful Mysteries of Piane-tary Nebulae, Cambridge University Press, 2001.

BALICK BRUCE e FRANK ADAM, Shapes and Shaping of PlanetaryNebulae, in «Annual Review of Astronomy and Astrophysics»,

Vol. 40, pp. 439-486, 2002.

68 LE SCIENZE 431 /luglio 2004