Stranieri a Palermo

download Stranieri a Palermo

of 28

description

Il testo è un sintetico resoconto del ruolo economico e culturale degli stranieri a Palermo tra la fine del 1800 ed i primi decenni del 1900, quando la città ha vissuto una breve stagione di notorietà internazionale.

Transcript of Stranieri a Palermo

LAristocrazia del capitaleGli ultimi decenni del governo borbonico sono caratterizzati dal declino della nobilt, ma anche dalla comparsa di un modesto gruppo di capitalisti locali ( negozianti secondo la terminologia ufficiale).Nei secoli precedenti il commercio palermitano era interamente nelle mani dei genovesi, ma gi nella prima met dellOttocento la situazione era cambiata. Compaiono i capitalisti stranieri, soprattutto inglesi ( Benjamin Ingham, Prior e Thomas Turner, Giacomo Rose, Giacomo Morrison), francesi ( Augusto Merle, Odon Berlioz, Etienne Donaudy), svizzeri (Hirzel), tedeschi ( Robert Wedekind, Kayser, Kressner), lombardi ( fratelli Jung ), ma anche alcuni commercianti-finanzieri locali dei cui capitali non conosciamo lorigine.Giuseppe Paino, Gabriele ed Antonio Chiaramonte Bordonaro, Ignazio e Vincenzo Florio, Michele Pojero, Francesco Varvaro, Michele Raffo, Mariano Buonocore sono alcuni di questi.I Florio sono sicuramente i pi noti tra questi. Provenivano dalla Calabria ed ormai erano naturalizzati nellisola; altri probabilmente si arricchirono durante loccupazione inglese(1806/1815) approfittando dellarrivo di ingenti capitali e del maggiore volume dei commerci. Tuttavia i negozianti locali non agivano autonomamente e intervenivano prevalentemente come soci di imprenditori stranieri. Anzi spesso i capitalisti siciliani erano pi presenti a Napoli, dove cerano pi possibilit di investimento, che in Sicilia.I forestieri continuano ad arrivare in citt anche durante il cinquantennio successivo allunificazione, e sono spesso proprio loro ad impiantare e gestire nuove attivit commerciali. I Dagnino, gli Hugony, i Caflish, Ahrens e Benjamin, i Ducrot sono i protagonisti di una breve e intensa stagione che sicuramente giustifica pi di altre lappellativo di Palermo felicissima.Il genovese cavalier Nicol Dagnino si occupava di import-export, ed era proprietario dellEmporio Roma, di una catena di generi alimentari e gastronomici e possedeva anche una fabbrica di concimi chimici. Dei Dagnino era anche la famosa Pasticceria del Massimo, punto di ritrovo della giovent dorata palermitana e attiva sino agli anni 70 del 900.La citt ora aveva i Dagnini, con i relativi empori di pesce salato, i bar, i Caflish I Caflish erano dei pasticcieri svizzeri che avevano aperto pasticcerie in tutta Italia, arrivando sino a Napoli ( dove sono ancora presenti) e Palermo. Erano emigrati dal Canton Ticino alla ricerca di un lavoro, visto che la loro regione era stata colpita da una grave crisi economica. Nella nostra citt, le pasticcerie Caflish si trovavano in via Maqueda e in corso Vittorio Emanuele, e poi anche in via Ruggiero Settimo. Lultimo punto vendita si trovava in via Pacinotti ed stato chiuso pochi anni fa. La pasticceria svizzera Caflish era rinomatissima: nonostante vi fossero ottime pasticcerie in citt famosa quella di Salvatore Gul, che ha rielaborato la classica cassata aggiungendo i canditi da lui prodotti- i Caflish affiancavano alla prelibatezza dei dolci la raffinatezza del servizio e la cura dellaspetto.Ancora nella stessa zona si trovavano altri importanti esercizi commerciali, in cui si servivano sia la nuova aristocrazia del capitale che la vecchia aristocrazia della terra. Il negozio di mobili artistici, ceramiche e bronzi di Vittorio Ducrot. Il negozio di mobili artistici, ceramiche, bronzi, bastoni e ombrelli di Ahrens e Benjamin.Albert Ahrens arriva a Palermo nella seconda met dellOttocento. Partito da zero, si crea presto una buona posizione economia e sociale. Diventa un imprenditore di successo, nei settori vinicolo, tessile e mobiliere, e frequenta la buona borghesia palermitana. Per quanto riguarda i mobili il diretto concorrente di Ducrot, un marchio storico. Sono gli anni in cui i Florio tengono banco e gli Ahrens e le altre famiglie in vista li inseguono. Sono gli anni in cui gli stranieri calano a sciame in Sicilia per impiantare i loro business. Con gli Ahrens - prima e dopo dall area tedesca arrivano altri casati che avrebbero impresso il loro nome in quel magico momento: oltre ai gi citati Caflisch e Jung, Daneu, Helg, Hugony, Pallme Konig e altri. Il giovane Albert lesto a inserirsi e dal commercio, poi passa alla produzione. Come industriale, nel 1895, tra i soci fondatori della Societ siciliana per il bene economico, prova del suo inserimento nella Palermo che conta. Un sodalizio dal respiro moderno che anticipa in qualche modo gli odierni club service.Durante la dittatura fascista, per, alcuni componenti della famiglia vengono deportati, compreso Gabriele Settimo, marito di Vera Ahrens, a cui viene confiscata una fabbrica di succhi di frutta che ha aperto in Germania. Il nucleo familiare si disperde e sulla villa dei Colli in cui vivevano cala il sipario. Vera non si perde d' animo, alleva i figli e studia medicina (negli anni appresso diriger anche un' azienda agricola). Quando ormai rassegnata alla perdita del marito, di cui non ha avuto pi notizie, lo vede materializzare davanti ai propri occhi. Arriva dalla Germania fino a casa pedalando in bicicletta.

Il laboratorio di moda della francese P.J. Durand, la sarta di donna Franca Florio. E ancora il negozio di tessuti dei Berlioz, e la rinomata profumeria degli Hugony. Quella degli Hugony fu la prima profumeria di Italia. . .La storia commerciale palermitana degli Hugony risale al tempo dellabolizione della vecchia divisione della Siciliain tre valli. Era il 1818 e regnava Ferdinando I. In un clima incerto, il francese Auguste Hugony apriva un deposito di articoli per profumeria in via Materassai. Dopo la rivoluzione del 1820 spost lattivit lungo il Cassaro, ai numeri civici 204-210, e chiam la ditta Articoli di Parigi.I primi clienti furono i nobili, che cominciarono ad acquistare pomate di grasso dorso e di midollo di bue, la Cold cream e gli svenimenti . Dopo lUnit dItalia subentr alla conduzione dellesercizio commerciale Vincent Hugony, che nel frattempo si era spostato al numero 155 di corso Vittorio Emanuele. Il suo negozio Gli amatori della Toletta sicaratterizzava per il grande assortimento che il titolare faceva arrivare direttamente da Parigi e da Londra. Si trattava di acqua e polvere di riso per la pulizia dei denti. Non mancavano profumi e oli speciali per la pelle. Allinizio del Novecento a Vincent successe il figlio Augusto. Era piuttosto intraprendente e tra le sue iniziative troviamo una fabbrica di sapone aperta in via Sampolo insieme ai soci Helg e Pallme Konig. Nel 1933, lidea di spostarsi in via Ruggero Settimo, lultima sede prima della chiusura, avvenuta pochi anni fa. Si cominciarono a vendere pullover attillati per uomo e per donna importati da Vienna. Per lepoca quel genere di abbigliamento era spregiudicato. Da allora il negozio stato rinnovato in pi occasioni rimanendo un punto fermo dei palermitani.Nei pressi della Cattedrale si trovava invece lultima sede del negozio di antiquariato Daneu.Vincenzo Daneu arriv a Palermo da Opicina, a due passi da Trieste, nel 1883. Aveva 23 anni, e una buona conoscenza di tedesco, francese e inglese, oltre litaliano, che gli permise di trovare impiego presso gli Jung, abilissimi imprenditori palermitani del settore import-export dellepoca, con casa e uffici in via Lincoln.Con i primi risparmi decise di mettersi in proprio comprando tutto ci che gli eredi di una antica nobilt immiserita mettevano, discretamente, in vendita. Solo per contanti. Furono maioliche, interi corredi preziosi, tappeti, quadri, mobili, paramenti di chiese, che saccumularono nella bottega presa in affitto (a lueri, si diceva ancora) in via Mariano Stabile, a due passi dallHtel des Palmes.Il successo arriv grazie ai numerosi forestieri agiati e colti: nei registri del 1902 sono annotate vendite di merletti, terrecotte, alcune tele e tra i nomi degli acquirenti, baroni tedeschi e lord inglesi, figura pure Arturo Toscanini.Vincenzo mise su famiglia sposando Ita Zvant, una cugina che gli dar otto figli. Il loro medico fu Giuseppe Pitr il quale amava intrattenere i suoi pazienti raccontando non solo di usi e costumi nostrani, ma pure di carretti e opera dei pupi, di ceramiche tipiche e dei mille mestieri curiosi.Fu cos che i Daneu cominciarono a vendere sedie e divanetti alla siciliana intagliati e dipinti esattamente come i richiestissimi tavuliddi degli acquaioli; e pure le loro famose bergamotte che erano scatolette fatte con la buccia dellagrume dipinta a mano con i motivi classici dei masciddari del carretto. E finalmente carrettini e pupi in miniatura che andarono a ruba: souvenir dun viaggio in Sicilia!Tutto questo ben di Dio accanto a maioliche, mobili antichi, parti di carretto e un famoso miele di zagara che fece il giro del mondo.Nel 1922 trasferirono casa e bottega nellintero piano nobile del seicentesco Palazzo Santa Ninfa in corso Vittorio Emanuele 452: ben trenta stanze, oltre a ballatoi e locali di servizio, di fronte alla Cattedrale. Nellelegante cortile la fontana in marmo con Perseo che libera Andromeda dal drago, da tutti scambiato per un San Giorgio, con al centro una palma, esattamente com oggi. Allepoca, in verit, era mal ridotto giacch era stato trasformato in scuola nella seconda met dellOttocento, i soffitti affrescati erano cadenti e le pareti decorate imbrattate di inchiostro.Un grande salto di qualit, nel posto pi frequentato dai forestieri in visita a Palermo, anche se il negozio di via Stabile resistette ancora fino al 1925.Ai colti e ricchi forestieri del tempo furono offerti oggetti di scavo, monete antiche, carretti interi. Un carrettino con asino sardignolo completo di finimenti si poteva avere con Lire Cinquemila: ne compr due il banchiere americano Pierpont Morgan che alloggiava a Villa Igiea. A sole mille lire si vendeva uno splendido albarello trapanese del Settecento. I tempi erano cambiati: accanto al commerciante Vincenzo cera adesso il figlio Antonio, colto antiquario e raffinato intenditore darte.Nel corso dellultima guerra una bomba centr lala sinistra del palazzo che venne restaurato attorno al 1949. Negli anni della Belle Epoque, laristocrazia locale visse lultima stagione da ceto dominante e bruci buona parte del patrimonio che si era salvato. Tanto che non mancavano i rampolli della nobilt locale che si orientavano verso le figlie dei ricchi commercianti stranieri che abitavano in citt. La citt viveva disagio e tensioni sociali molto forti ma, per lalta societ cittadina, evoluta e raffinata, quello fu un tempo di eleganza e spensieratezza, arricchito dalla presenza frequente di rappresentanti dellalta societ internazionale di famiglie regnanti e spesso degli stessi regnanti, che nei mesi invernali lasciavano le fredde regioni europee e amavano soggiornare nel clima mite mediterraneo di Palermo, una citt nei primi posti per le malattie dei poveri ma negli ultimi per le malattie dei ricchi, come ad esempio la tubercolosi.Il ruolo internazionale dellalta societ palermitana confermato dalla partecipazione dei Florio, dei Whitaker e dei Trabia, che partono appositamente da Palermo, ai funerali della regina Vittoria dInghilterra nel 1901. Queste famiglie si muovevano verso Vienna, Chamonix, Saint Moritz, Pietroburgo, Parigi in vagoni ferroviari privati, ed erano sempre accompagnati da gruppi di amici, bambinaie, domestici, istitutrici e montagne di bauli.A cavallo tra i due secoli molti ospiti di riguardo soggiornarono a Palermo: Umberto I e la regina Margherita ( 1881 e 1891); lex imperatrice di Germania (1889); lex imperatrice dei francesi, vedova di Napoleone III (1897, 1900, 1902, 1906); il Kaiser Guglielmo II e limperatrice di Germania (1896, 1904, 1905, 1908) e ancora regnanti di tutto il mondo, compresi il re del Siam (1907) e la zarina di Russia.E negli stessi anni furono a Palermo finanzieri (Rotschild, Vanderbilt), statisti ( Roosvelt), grandi artisti ( Wagner, Puccini, Toscanini, Dannunzio, Wilde, Maupassant)Villa Igea divent lalbergo dellalta societ internazionale, dopo che da sanatorio per ricchi venne trasformato in albergo di lusso, con un suo club, il Cercle des etrangers. Dellalta societ palermitana facevano parte i Florio e soprattutto i Whitaker, pronipoti di Benjamin Ingham, che avevano un tenore di vita da far invidia agli aristocratici palermitani.I Whitaker erano i figli di Joseph, che lo zio Benjamin Ingham aveva fatto venire a Palermo intorno al 1820 perch lo aiutasse nella gestione delle sue aziende.Benjamin Ingham era arrivato in Sicilia nel 1806, faceva parte delle truppe antinapoleoniche che si stanziarono nellisola e, come tanti suoi connazionali, era rimasto nellisola. Gli Inglesi costituivano infatti la comunit straniera pi numerosa in Sicilia, soprattutto a Messina e Palermo.La Sicilia, durante il Blocco continentale, un luogo strategico per gli Inglesi, sia per controllare i loro interessi in Oriente che per soddisfare le immediate necessit.La dinastia Whitaker cre nellarco della sua storia un impero economico vastissimo, con interessi che dalla Sicilia arrivavano negli USA; Benjamin Ingham riusc a creare una rete di agenti da cui uscir poi la nuova borghesia isolana, avendo egli stesso fornito un modello.Tra i tanti esponenti della famiglia, ne ricordiamo solo alcuni.Joshua (Joss) abitava insieme alla moglie Euphrosine Manuel, detta Effie, in un enorme palazzo in stile veneziano (attuale sede della prefettura) fatto costruire dopo il 1884 in via Cavour su progetto di Henry Christian; ma il regno prediletto di Effie era il giardino di Sperlinga (lattuale Villa Sperlinga ne una parte molto modesta), dove aveva fatto costruire tre campi da tennis ( Inferno, Purgatorio e Paradiso, riservato solo a pochissimi), un maneggio e un ampio giardino, famoso per le sue rose e i suoi frequenti garden party.Robert Whitaker (Bob) aveva sposato Maude Bennet, una delle tre cognate, e viveva a Villa Sofia, cos chiamata dal nome della madre, Sophia Sanderson.Joseph Whitaker (Pip) aveva sposato Tina Scalia, nata a Londra durante lesilio del padre, era il pi noto a livello internazionale: non cera regnante in visita a Palermo che non facesse una capatina a Villa malfitano o allOlivuzza dai Florio o a palazzo Butera dal principe di Trabia.Joseph Whitaker era: archeologo, botanico, ornitologo e sportivo. Condusse scavi nellisoletta di Motya, che aveva acquistato; raccolse una ricca e preziosa collezione di uccelli imbalsamati che cercava personalmente sino in Tunisia e in Scozia, e di cui, per linsipienza delle attivit cittadine, la citt fu privata negli anni 60 a vantaggio del museo di Belfast.Fond nel 1898, con altri sportivi locali, la prima societ di calcio a Palermo, langlo-panormitan football club.Continu a gestire le aziende vinicole di famiglia e utilizz terreni di sua propriet per coltivare lagave sisalana, da cui intendeva ricavare la sisal, una fibra che si usava per produrre tessuti grossolani a basso costo, cordame, gomene e spaghi.I Whitaker facilitarono, inoltre, il progresso dello studio botanico delle specie presenti nel loro giardino di Villa Malfitano, che ancora oggi uno dei pi importanti e meglio conservati esempi di giardino allinglese di Palermo. Le prime piante messe a dimora provenivano da ogni parte del mondo: Tunisia, Sumatra, Australia e vari paesi esotici. Numerose infine le attivit di beneficenza attivate per iniziativa di Pip e Tina, volte alla difesa dei pi deboli: bambini,e famiglie povere, ma anche animali abbandonati.Oggi, buona parte dei beni, tra cui Motya e Villa Malfitano, appartengono alla Fondazione Whitaker, voluta dalla figlia Delia prima di morire nel 1971.

Tra i tanti protagonisti della vita produttiva della nostra citt tra la fine del 1800 ed i primi decenni del 1900, ricordiamo ancora:Federico Helg, svizzero, apre una fabbrichetta di tessuti di seta in via S. Cecilia e nel 1894 la Tele-olone e canapacci.Peter Weinen, proprietario tedesco dellHotel de France, che proprio allinizio del secolo era stato ristrutturato e dotato di ascensore, illuminazione elettrica e uno splendido jardin dhiver.Il commendatore Alberto Lecerf, rappresentante e negoziante di tessuti attorno al 1880, poi anche importatore di essenze e di agrumi, e infine amministratore della GOLDELBERG, una fabbrica di acido citrico a capitale quasi interamente tedesco.Infine, ma ci sarebbero ancora molti nomi da citare, una storia bizzarra, quella di Guido Jung.Guido Jung figlio di Mario, uno dei tre fratelli Jung, ebrei, venuti da Milano, alla met dellOttocento.Gli Jung avevano costituito in via Alloro una grossissima impresa di esportazione di frutta secca (mandorle e nocciole, soprattutto), essenze, agrumi e sommacco. Lazienda funzionava anche da banco privato.

Nella Palermo liberty, Jung fu un personaggio di spicco nella vita della citt. Di origine ebreo-tedesca, era un appassionato patriota, anzi nazionalista italiano. Si era guadagnato una medaglia dargento negli anni 15-18. Unaltra se ne doveva guadagnare in Etiopia dove and volontario e non giovane.La sua famiglia, israelita ed emigrata da due generazioni dal Baden, proveniente da Milano, si insedi a Palermo sul finire del secolo XIX, dove riusc ad inserirsi senza troppe difficolt nelle maglie della societ locale. Egli nacque a Palermo il 2 febbraio 1876, probabilmente il primo di quattro fratelli, Ugo, Mario, Aldo, dal padre Mario e dalla madre Natalia Randagger di origine triestina. I fratelli di Guido, oltre che collaborare, nellimpresa familiare, si distinsero per il loro coraggio durante la prima guerra mondiale, tanto da essere insigniti con medaglie al valore militare.Appartenente a famiglia benestante, della categoria degli industriali,poco prima dello scoppio del primo conflitto Guido si occup dellazienda di famiglia, divenendo capo della ditta Fratelli Jung, attivit che esercit insieme ai fratelli, ma in particolar modo ad Ugo, col quale condivise, gi nel 1899, associandosi ad altre ditte cittadine di esportatori, lesperienza di una societ simile alla societ dei Florio "Anglo Sicilian Sulphour Company", avente anchessa come scopo la commercializzazione degli zolfi.Anche pi tardi, nel 1913, nel periodo del declino dei Florio, quando gi avevano lasciato da alcuni anni la Ngi(9), Guido e Ugo, con un gruppo di commercianti ed esportatori (Pecoraino, Salvatore Tagliavia, Michele Lauria, etc.), costituirono in societ con il Banco di Roma e la Piaggio, una nuova compagnia armatoriale chiamata "La Sicilia", allo scopo di inserirsi nel circuito degli scambi internazionali.Nel contesto economico cittadino, lindustria degli Jung era una delle pi affermate, specie per quanto riguarda la macinazione e lesportazione del sommacco e degli agrumi, i due prodotti palermitani la cui esportazione aveva avuto il maggiore incremento e contribuiva non poco alla crescita complessiva della societ locale.Poche ditte detenevano il monopolio della commercializzazione di questi due prodotti e tra queste spiccava quella dei fratelli Jung e poi ancora, i Tagliavia, i Guttadauro, Michele Pojero Jr., Giovanni Sansone, O. Sternheim, ecc.

Dopo la caduta di Crispi, nasce il "progetto Sicilia" voluto dai Florio, che aveva come scopo quello di tutelare gli interessi agrari e industriali dellisola e del Meridione, aggregando imprenditori e proprietari terrieri intorno a un programma meridionalistico, capace di promuovere sia lo sviluppo di una agricoltura moderna e di unefficiente flotta peschereccia, premesse indispensabili per la creazione di industrie di trasformazione, sia per il rilancio dellindustria mineraria dello zolfo.Nel contesto del "progetto Sicilia", nel 1899, si inser la creazione di quella societ fondata da Guido e Ugo Jung (1913) e da altri esportatori palermitani, per lesportazione dello zolfo, la nascita del quotidiano "LOra", fondato dai Florio, con il "proposito della difesa continua e organica degli interessi del Mezzogiorno e della Sicilia".Negli anni dellet giolittiana, Palermo era attraversata da un profondo fermento politico, culturale ed economico.In questo clima di cambiamenti politici, Jung era contrario alla politica aristocratica e latifondista usurpatrice dei diritti della nuova classe media del lavoro, delle professioni, della cultura, che cercava un suo ruolo autonomo e aspirava a divenire classe dirigente ed elemento di modernizzazione della societ isolana.Da ci derivarono grandi scontri sociali e un clima politico arroventato, dal quale scatur una stagione di scioperi e di proteste.Sullonda dello sciopero generale indetto dai lavoratori di Genova, nel 1901 gli operai del Cantiere navale di Palermo organizzarono uno sciopero che dur 10 giorni, il cui intento era quello di attirare lattenzione del Governo sui problemi delle industrie cittadine(14), ma il sistema giolittiano era cos intriso di corruzione che non riusciva a muoversi al di l dei suoi limiti tanto stretti da deteriorare anche quegli aspetti pi nuovi e progressisti dellesperienza giolittiana.Nel frattempo, Guido Jung, nel marzo 1906, che aveva dato prova della sua competenza nel settore economico, gi Censore della Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le Provincie Siciliane e contemporaneamente Commissario di Sconto della Banca dItalia, venne nominato dal Ministro dellAgricoltura, Industria e Commercio, "Cavaliere della Corona dItalia.Lannuncio della guerra libica e il nazionalismo - In quegli anni, gli animi dei giovani palermitani si erano accesi a causa dellannuncio della conquista della Libia e, conseguentemente, dalla diffusione del nazionalismo che penetr in Sicilia grazie allazione divulgatrice del neonato giornale "LOra" fondato dai Florio nel 1901.. Le idee di Jung trovano un elemento di continuit nelle ideologie di Crispi fondate, appunto, "sul concetto unitario, sul sentimento eroico della patria: vere forze motrici di grandezza e di civilt".E da questo germe che nasce il nazionalismo: dal concetto di nazione, intesa come potenza capace di conquistare in guerra allo scopo di riunire lintero corpo della nazione sotto un unico sforzo dimenticando le divisioni interne.Con la nascita di questo nuovo irredentismo si rifondano a Palermo le sezioni di Trento e Trieste, della Corda Fratres, della Dante Alighieri, e proprio di questultima, Jung fece parte del Consiglio Direttivo assieme a Carlo Cervello negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale, col quale, successivamente, dal 1920 al 1924 condivise lesperienza di consigliere comunale al comune di Palermo.Tale associazione aveva, insieme alla "Corda Fratres" e alla "Trento e Trieste", come scopo precipuo, quello di generare sotto la spinta delle idee dannunziane e del nazionalismo, un nuovo irredentismo di destra con il quale lItalia doveva rivendicare e completare il processo risorgimentale rimasto irrisolto ormai da troppo tempo e quello di arginare la spaventosa avanzata del pangermanesimo(21).Jung, infatti, in linea con il sentimento imperante in quel momento storico, considerava la guerra libica come una guerra necessaria, necessaria per la continuazione del Risorgimento rimasto irrisolto e si faceva strada, in lui, anche la visione di una guerra vittoriosa che potesse elevare la nazione a potenza vincitrice e soprattutto colonialista.Allo stesso modo, Borgese, collocava la vicenda della guerra di Libia nel pi ampio scenario del rilancio della coscienza nazionale, la quale avrebbe dovuto avere come naturale sbocco la redenzione delle terre italiane ancora sotto il dominio asburgico e, limportanza di questa guerra consisteva nel ridare onore e vitalit alla nazione, a dimostrazione che "siamo una razza forte, e che i nemici dItalia debbono chinar la fronte dinanzi a noi"Un volontario dlite - Con lo scoppio della Grande Guerra, Guido Jung non esit a partire come ufficiale volontario per il fronte, conformemente al trend generatosi in quel momento storico.Fra i volontari partiti per il fronte, studenti in primo luogo, ma anche professionisti e componenti della stessa classe media e alta borghesia, oltre a Guido Jung, come abbiamo appena detto, e ai suoi fratelli (Mario e Aldo, il quale riport il grado di Seniore nella 171 Legione della M.V.S.N. di Palermo), tranne Ugo che rimase a curare gli interessi dellazienda di famiglia, ci fu anche Vincenzo Florio.Il volontarismo siciliano, tuttavia, fu un fenomeno assai elitario. La guerra, dai pi fu accettata come una necessit di forza maggiore; da alcuni vissuta come un dovere(30), come Adolfo Omodeo, discepolo del Gentile, il quale aveva scritto: "Creare la patria anche con la fiaccola della guerra civile"(31).Parecchi di essi vi perdettero la vita, 2. La fine della guerra e la partecipazione alle Conferenze InternazionaliIl trattato di pace di Versailles - I lavori della Conferenza di pace si aprirono il 18 gennaio 1919 nella reggia di Versailles e durarono oltre un anno e mezzo. Venne ridisegnata la carta politica europea sconvolta dal crollo dei quattro imperi, tedesco, austro-ungarico, russo e turco. Era importante ricostruire un equilibrio europeo, ma anche tener conto di quei principi di democrazia e di giustizia internazionale a cui lIntesa si era richiamata nellultimo periodo della guerra.Al tavolo delle trattative della conferenza di Versailles, come sappiamo, partecip, oltre alla delegazione americana, a quella francese e inglese, anche la delegazione italiana i cui rappresentanti erano V.E. Orlando e Sidney Sonnino.A prendere parte a tale conferenza, accanto ad altri autorevoli personaggi, vi fu Guido Jung in qualit di tecnico esperto di materie economiche, col compito di proporre delle soluzioni relative alle operazioni di ricostruzione economica.Allinterno della Conferenza di Pace si tenne anche una Conferenza Interalleata per lAgricoltura inaugurata dal ministro francese M.Vittorio Boret, l11 febbraio 1919, e alla quale partecip anche il Capitano Guido Jung come delegato italiano insieme al Ministro per gli Approvvigionamenti Crespi, e al Presidente della federazione degli istituti agrari del Veneto, il maggiore Mazzotti.La conferenza si occupava della determinazione dei bisogni dei paesi alleati, per ci che concerneva la manodopera agricola, gli attrezzi agricoli, il bestiame, le sementi, ecc. Ma ci che emerse di veramente importante da tale conferenza fu la limitazione della durata del lavoro nelle industrie ad un massimo di otto ore giornaliere(37).A questo punto sorge spontaneo chiedersi come mai proprio Guido Jung possa essere stato invitato a Versailles, a sedersi al tavolo delle trattative, per conto del governo italiano.In quanto a questo, le documentazioni ritrovate sono avare di spiegazioni, ma si pu presumere, a mio avviso, che la sua partecipazione sia stata dovuta allincontro fortunato che egli ebbe con Sonnino, anchesso ebreo, alla fine del secolo precedente, in occasione della collaborazione coi Florio contro il giolittismo e a favore della difesa delleconomia siciliana e del Mezzogiorno in genere, nellambito del "Progetto Sicilia".In seguito, Jung ebbe lopportunit di conoscere anche V.E. Orlando, anchesso siciliano che, in occasione di una sua visita a Palermo (novembre 1915), in pieno clima di ostilit belliche, ne trasse occasione per pronunciare un discorso sullutilit della "guerra giusta e necessaria", che avrebbe definitivamente concluso il processo formativo dellunit nazionale(38).Da non sottovalutare inoltre lattivit di nazionalista attivista svolta da Jung, allinterno dellAssociazione "Corda Fratres"; la sua adesione al volontarismo nella prima guerra mondiale; e ancora la sua collaborazione prestata alla Cassa Centrale di Risparmio V.E. per le province siciliane in qualit di Censore; e inoltre quella di Commissario di Sconto della Banca dItalia, attivit, queste ultime, che posero maggiormente in luce la sua abilit di economista.Probabilmente, dunque, furono tutte queste situazioni favorevoli a consentire a Guido Jung di avere il privilegio di essere invitato ad una conferenza di tale considerevole importanza, allinterno della quale si dovevano decidere le sorti economiche degli Stati europei allindomani del primo conflitto mondiale.La sua raffinata conoscenza di principi economici divenne presto nota al mondo della finanza italiana che gli consent di guadagnare il 30 agosto del 1919 lonorificenza di Commendatore dellOrdine della Corona dItalia, conferita motu proprio dal Sovrano, su segnalazione fatta da S.E. Crespi, mentre ancora Guido si trovava a Parigi. Unaltra onorificenza, in qualit di Cavaliere nellOrdine dei S.S. Maurizio e Lazzaro, la ricever pi tardi, nel novembre 1922, in occasione della visita del Re a Palermo.La Conferenza Internazionale di Genova - Nel 1922, in vista della Conferenza Internazionale di Genova, si riunirono a Londra dal 20 al 28 marzo gli esperti in economia dei Paesi partecipanti alla Conferenza Internazionale, allo scopo di effettuare uno scambio di vedute, realizzare un lavoro di confronto e di eliminazione delle opinioni comuni che facilitasse e sollecitasse i dibattiti di Genova.I Paesi che vi parteciparono, in rappresentanza degli altri Stati Europei, furono lInghilterra, la Francia, il Belgio, lItalia, e per lAsia, il Giappone.I grandi assenti ancora una volta furono gli Stati Uniti che, come non parteciparono alla Conferenza di Bruxelles, allo stesso modo disertarono la Conferenza di Genova.Per lItalia, i periti designati furono Giannini e il Commendatore Guido Jung.I preliminari della conferenza si aprirono analizzando i progetti inglesi relativi alla questione monetaria e di convenzione monetaria che, se accettata, avrebbe dovuto essere firmata a Genova da tutte le Nazioni come corollario delle deliberazioni proposte.I loro progetti, che si uniformavano in tutto alle decisioni gi prese alla Conferenza di Bruxelles e dai quali ne nascevano altri ben pi di importanti, prevedevano la ricostruzione economica europea attraverso la stabilizzazione delle singole monete nazionali, da realizzare con la cura del bilancio statale al fine di evitare una situazione deficitaria da non sanarsi con lemissione di nuova carta moneta oppure ricorrendo a crediti di banca.Il Comm. Jung e Giannini si espressero positivamente riguardo alle misure da prendere da ciascuna nazione per facilitare la stabilizzazione della propria moneta, principi del resto gi accettati a Bruxelles, e dichiararono che tali principi corrispondevano perfettamente alle idee che si avevano in Italia al riguardo.Jung, inoltre, ritenne anche che, il giorno in cui si fosse definitivamente effettuata la stabilizzazione del potere dacquisto di una moneta sarebbe stato economicamente consigliabile procedere senza esitazione e col necessario coraggio alla grave operazione della rivalutazione della moneta in base ad una nuova parit aurea. Tuttavia egli ritenne che ogni misura artificiale intesa ad assicurare o affrettare la stabilizzazione del potere dacquisto della moneta sarebbe stata considerata in Italia come assolutamente dannosa ed inefficace. Ogni tentativo per procedere a una rivalutazione della moneta prima che non fosse esaurito per forza propria e senza il concorso di elementi artificiali il processo di stabilizzazione, equivaleva ad aggiungere delle gravi ed inutili crisi di assestamento alla crisi generale per la quale ciascun Paese doveva, purtroppo, passare nel dopo-guerra.La delegazione Italiana, quindi, concordava pienamente con i principi esposti nelle deliberazioni proposte, ma Jung riteneva per che la convenzione monetaria nella forma presentata fosse prematura e non opportuna date le condizioni attuali della finanza degli Stati che avrebbero partecipato alla Conferenza di Genova, in quanto che, essa tendeva a regolare delle condizioni di cose che ancora non esistevano.A conclusione degli incontri preliminari dei periti tecnici, esperti in economia finanziaria, delle delegazioni delle nazioni partecipanti ai preliminari della Conferenza, Jung e Giannini si premurarono di comunicare le suddette notizie al Ministero degli Affari Esteri, il cui Capo di gabinetto le trasmise, con una lettera(39) "personale" datata 29 marzo 1922, al direttore Generale della Banca dItalia del tempo, Bonaldo Stringher.Finite le prove generali, pochi giorni dopo, in aprile, si tenne a Genova la Conferenza Internazionale, alla quale prese parte anche il Comm. Jung, avente come oggetto la ricostruzione economica dellEuropa attraverso la creazione di un Consorzio Internazionale e di Consorzi Nazionali.Secondo la deliberazione 19 del Rapporto della Commissione Finanziaria, "tali organismi avrebbero dovuto avere, il compito principale di esaminare le occasioni che eventualmente si fossero presentate di collaborare alla restaurazione dellEuropa, e di aiutare a sostenere finanziariamente le iniziative intese a tale scopo e di cooperare con le altre istituzioni e imprese del genere, senza tentare in alcun modo di creare monopoli".(40)Le discussioni degli esperti italiani si svolsero in due giornate, il 12 e il 13 aprile, distribuite in tre riunioni, presiedute dal ministro del Tesoro del tempo(41).Nella prima delle tre riunioni, Jung espose in maniera particolareggiata gli schemi delle deliberazioni concretate a Londra dagli esperti economici delle Potenze che avevano partecipato alliniziativa della Conferenza.Tali schemi riguardavano in particolar modo la circolazione, i crediti per la ricostruzione dellEuropa Orientale e i cambi.Maggiore importanza, dal punto di vista dellanalisi del dettaglio, presentarono le altre due riunioni, nelle quali Jung si dilung sulla stabilizzazione del valore della moneta.Jung espose, inoltre, i motivi per cui non poteva essere accettata la proposta inglese circa la rivalutazione della moneta dei paesi a cambio notevolmente deteriorato, mediante la fissazione di una nuova parit aurea, in quanto era riconosciuto opportuno lasciare ad ogni Nazione di decidere, secondo le proprie condizioni, se conservare la parit di ante-guerra ovvero stabilirne unaltra basata sul valore del cambio in un momento determinato.Secondo Jung, concordemente al parere degli altri esperti presenti alla riunione, ai fini della restaurazione economica di ogni Nazione ed al risanamento della propria circolazione, era essenziale riconoscere la necessit di ristabilire il pareggio del bilancio, equilibrando le uscite con mezzi ordinari e stabili di entrata, senza dover ricorrere a nuove emissioni di carta moneta o a prestiti.Finiti i lavori, a giugno, a pi di un mese dalla fine della Conferenza, Guido Jung invi una lettera ad un certo Signor B.H. Binder residente a Londra, il quale desiderava avere notizie sulladesione dellItalia al Consorzio Finanziario Internazionale e alle Societ Nazionali.Dalla lettura della lettera si evince che Jung non ha alcuna notizia al riguardo e promette di scrivere a Roma al fine di sollecitare lo svolgimento di tale pratica.Della creazione di tali organismi probabilmente non ne esiste alcuna traccia.Il Governo italiano, seguendo le suggestioni della Conferenza di Genova ed i consigli dati dalla Banca dInghilterra, proceder pi tardi, nel 1927 alla stabilizzazione della sua valuta sulla base del gold exchange standard, sistema che come noto, comporta che le riserve dellIstituto di emissione possano essere costituite in oro o in divisa su mercati che mantengono il libero cambio della loro moneta in oro.Tale estrema fiducia della Banca dItalia e del Governo italiano nella funzione del mercato inglese, quale centro internazionale di compensazione, gli cost nel 1931 in occasione della svalutazione della sterlina, gravi scompensi economici, per i quali fallirono le proposte amichevoli da parte dellItalia di trovare una soluzione al superamento delle difficolt nelle quali si trov coinvolto lIstituto demissione italiano a causa del provvedimento inglese che aveva determinato la sospensione del gold standard(42).Limpegno politico nellambito cittadino - Nel periodo successivo alla guerra, negli anni tra il 1920 e il 1924 Guido Jung fu nominato Assessore dei Servizi Municipalizzati(43) allinterno della Giunta Lanza di Scalea del Comune di Palermo, continuando a mantenere la carica di Consigliere Comunale eletto, precedentemente, allinterno della lista dellUnione Palermitana. Quella fu lultima amministrazione liberale, prima del fascismo.In quegli anni Jung, si dedic poco allattivit comunale dal momento che aveva assunto, come abbiamo visto, incarichi internazionali che lo portarono lontano dalle mura del Palazzo delle Aquile. Furono infatti pi le assenze registrate nei verbali delle assemblee consiliari e di giunta, che le presenze.Ma nonostante le sue assenze e nonostante la sua attenzione fosse monopolizzata da interessi di pi ampia portata, egli riusc, con la maestria di abile amministratore ad apportare un profondo contributo al risanamento della sua citt.Di particolare importanza, infatti, ai fini della nostra ricerca, fu il contributo dato da Jung in qualit di assessore delle Municipalizzate, per il risanamento del bilancio della azienda municipale del gas, che con lamministrazione precedente, nel 1920, aveva chiuso il bilancio con un deficit di 4 milioni e mezzo.Dal Nazionalismo al fascismo - Lavvento del fascismo nellisola si colloca nel contesto di una situazione nella quale la vecchia classe dirigente si era esaurita, senza che la nuova fosse matura o pronta ad assumerne le funzioni e una volta che ci avvenne la partecipazione siciliana al consolidamento del regime mussoliniano fu particolarmente rilevante.Lo fu al livello propriamente politico-istituzionale; ma lo fu soprattutto in termini elettorali. Dello stesso governo Mussolini (ottobre 1922 aprile 1924) fecero parte (circostanza che non si era mai verificata nella storia dItalia) ben quattro ministri siciliani.I ministri furono Giovanni Gentile, al ministero della pubblica istruzione; Giovanni Antonio Colonna di Cesar, al ministero delle poste e comunicazioni; Gabriele Carnazza al ministero dei lavori pubblici; Mario Orso Corbino, al ministero delleconomia nazionale (istituito nel 1923). Nelle consultazioni politiche del 1924, che furono la legittimazione costituzionale del fascismo, la Sicilia diede al regime un consenso fra i pi alti dItalia. Il fascismo si present in una cosiddetta lista nazionale, della quale, nellisola come nel Sud, fecero parte uomini politici di gran nome, quali Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra ed Enrico De Nicola; ed legittimo perci concluderne che una cospicua parte dei voti dal medesimo ottenuti erano voti liberali e non voti fascisti propriamente detti. Ma, nella ricostruzione della ascesa fascista in Sicilia, la confluenza di voti fascisti e di voti liberali nella medesima lista fu un evento di notevole importanza(44).Dunque, il governo formato dal Duce allindomani della marcia su Roma, composto prima da tre e subito dopo da quattro ministri siciliani, dei quali due della democrazia sociale, e due autorevoli esponenti della cultura e del mondo degli affari, ebbe il quasi unanime voto di fiducia della deputazione siciliana.I pi, senza attendere oltre, per convincimento o per opportunismo, ne trassero le conseguenze: il futuro non era pi liberale ma fascista.Il processo di riaggregazione attorno ai fasci locali apparve come qualcosa in grande misura legato al governativismo prevalente nella tradizione isolana; un fenomeno di trasformismo, insomma, seppure trasformismo di massa. In realt, era quello, ma non era solo quello.Nella situazione di profonda crisi, in cui versava la classe dirigente liberale isolana, la forte attrazione esercitata dal polo fascista era il segno della disgregazione molecolare del vecchio sistema politico e la indicazione che un nuovo blocco di potere si stava costituendo in sua vece.Laumento numerico dei fasci di combattimento e la crescita dei rispettivi iscritti furono tanto pi incisivi in quanto si accompagnarono a processi di accorpamento e di fusione nel Partito Nazionale Fascista che coinvolsero intere formazioni politiche. La prima e pi importante operazione che fece crescere il fascismo siciliano in termini di qualit, oltre che di quantit, fu la confluenza nelle file degli appartenenti al movimento nazionalista. La decisione fu presa sul piano nazionale e nellisola fu attuata non senza difficolt.Ci furono anche resistenze aperte. Il nazionalismo siciliano era tanto aristocratico ed elitario quanto plebeo e grossolano lo squadrismo antemarcia. La fusione delle due realt fu per realizzata lo stesso e il fascismo si arricch delle prime personalit politiche e culturali di rilievo che gli diedero dignit e prestigio di forza di governo, pure nella dimensione regionale.Divennero fascisti il principe Pietro Lanza di Scalea, il medico Alfredo Cucco, il professore Francesco Ercole, il generale Antonio Di Giorgio, lo storico Alfonso Sansone(45), e aggiungiamo noi, leconomista Guido Jung.Ladesione di un ebreo come Jung al fascismo non risulta essere un caso isolato. Gli ebrei, secondo De Felice, sono portati quasi naturalmente verso i partiti socialmente e politicamente pi impegnati ed avanzati o che, almeno, apparivano tali, come ad esempio il partito nazionalista, la cui naturale confluenza fu nel nuovo partito fascista.Non un caso che il fascismo trov, sin dalle sue origini, tra gli ebrei molti aderenti. Gli ebrei, infatti, si comportavano politicamente non in quanto comunit, ma in quanto singoli cittadini e, in quanto singoli cittadini, come tutti gli altri italiani.(46)Mussolini daltronde, personalmente non aveva vere prevenzioni antisemite; gli ebrei in genere non gli erano n particolarmente simpatici n particolarmente antipatici; riconosceva loro una serie di doti e di capacit, specie nel campo economico-finanziario, e quando nel 1932, nomin ministro delle Finanze Guido Jung, pare che dicesse ai suoi intimi che un ebreo era quello che ci voleva alle Finanze(47).Inoltre nella fase despansione del fascismo, inteso non pi come movimento rivoluzionario dlite, ma come partito nazionale, gli ebrei numerosi nel fascismo e abbastanza importanti nella vita nazionale, specie economica non potevano pi essere considerati al margine della vita nazionale: era necessario immetterveli.Mussolini, gi sin dal 1919 aveva vari ebrei nel suo entourage immediato: ladesione e lappoggio al fascismo and per ben oltre questi casi(48). Alcuni ebrei ebbero parte notevole nel finanziamento dei primi gruppi fascisti. Tra i partecipanti alla fondazione dei fasci di combattimento a Milano, il 23 marzo 1919, i famosi sansepolcristi, furono certamente almeno cinque ebrei (uno dei quali, anzi, Cesare Goldmann, fu quello che procur la sala); cos pure tre ebrei (Duilio Sinigallia, Gino Bolaffi, Bruno Mondolfo) figurano nel martirologio ufficiale della "rivoluzione fascista"(49).Il motivo per cui il fascismo trovasse tra gli ebrei un vasto seguito, si pu spiegare, secondo De Felice, se si tiene presente da un lato il carattere classista del fascismo delle "Origini" e dallaltro il carattere spiccatamente borghese dellebraismo italiano. Del resto, questo spiccato carattere borghese dellebraismo italiano spiega come se esso afflu numeroso nel fascismo, altrettanto numerosamente afflu nei partiti e movimenti decisamente antifascisti, sfuggendo le soluzioni intermedie, pi o meno agnostiche ed attendistiche.(50)Nel primo ministero, Mussolini si circond di una massiccia presenza di ebrei: Aldo Finzi, sottosegretario agli Interni, ex aviatore della "Serenissima" di DAnnunzio, squadrista, deputato e membro del Gran Consiglio fascista, mentre il Prefetto Dante Almansi ricopr addirittura la carica di vice capo della Polizia, e fu anche Capo di Gabinetto durante il ministero Jung.3. Il deputato fascistaIl periodo degli scandali - La campagna elettorale per le elezioni del 1924, fu caratterizzata da episodi incresciosi, che crearono uno stato di pericolosa tensione, e il giorno delle elezioni non mancarono i soliti brogli, con assenti e defunti dati per votanti.I risultati furono largamente favorevoli alla Lista Nazionale, i cui candidati, grazie al premio di maggioranza, furono tutti eletti, alcuni addirittura con un numero di preferenze irrisorio(51).Tra i candidati palermitani il commendatore Jung fu eletto assieme ad altri nomi di spicco, come il professore Di Marzo, lavvocato La Bella, il principe di Scalea, il principe di Scordia, lavvocato Musotto, Orlando, Cucco, larcheologo professore Pace e il generale Di Giorgio.In quel clima politico particolarmente arroventato, in cui i sospetti nei confronti degli ebrei serpeggiavano in maniera sotterranea, non era facile per Jung respingere le accuse addebitategli da coloro che poco tolleravano la sua presenza in posti di alta responsabilit e di prestigio. Ricordiamo che Jung, gi nel 1922 ricopriva la carica di consigliere finanziario dellambasciata italiana a Washington, nellagosto del 1923 fu incaricato di provvedere alla sistemazione dei rapporti fra la Banca italiana di Sconto in liquidazione, il Banco di Roma e la Banca Nazionale di Credito; successivamente divenne Commissario del Governo per i beni dei sudditi ex nemici e poi, ancora dallagosto del 1927 al luglio 1932, fu presidente dellistituto nazionale per lesportazione e contemporaneamente, nel 1931, presidente della societ finanziaria industriale italiana.Le accuse mosse nei suoi confronti furono abbastanza pesanti, tanto che in alcune occasioni, dopo essere stato anche indagato, chiese di essere sollevato dallincarico. La sua fedelt al Fascismo comprovata da ogni sua manifestazione di rispetto per la persona del Duce, ed chiaro evincere tale sentimento da una lettera che lOn. Jung invi al Presidente del Consiglio(52), Benito Mussolini, nella quale manifestava il suo formale disappunto per essere stato accusato ingiustamente di condurre un modo di vita non conforme ai dettami fascisti e per di pi accusato di avere ispirato i provvedimenti sulle borse, relativi al R.D.L. 26 febbraio 1925. Di tale accusa egli si scagionava asserendo di non essere stato a conoscenza del decreto se non addirittura dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la sera del 28 febbraio quando a seguito di un incontro con il Ministro De Stefani, egli aveva manifestato il suo dissenso su vari punti del R.D.L. in oggetto; Jung, continuava nella sua difesa asserendo di non essere mai appartenuto alla massoneria e non essere mai appartenuto ad alcun partito politico: "io non ho mai appartenuto ad alcun partito politico n mai mi sono occupato di politica fino allAgosto Settembre 1914 quando, nelliniziare la mia attiva e pugnace azione per lintervento, mi sono iscritto al Nazionalismo".A questo proposito va subito detto che, nonostante Jung fosse un fascista e prima ancora un nazionalista, per gli altri fascisti appartenenti ad altra religione, restava pur sempre un ebreo, infatti, come dice De Felice, "da parte di molti fascisti ed in particolare di quelli di origine nazionalista, si continu a guardare dopo la "marcia su Roma" agli ebrei come ad un gruppo sostanzialmente dopposizione, legato allinterno a filo doppio alla massoneria e ai partiti antifascisti (socialismo e bolscevismo) e allestero, se non proprio allinternazionale ebraica, allalta finanza internazionale e alle organizzazioni e agli ambienti pi dichiaratamente antifascisti e antitaliani(53).Qualche settimana pi tardi, esattamente lotto luglio, con una lettera(54) il Ministro De Stefani comunicava a Mussolini che LOn. Guido Jung metteva a disposizione del Presidente del Consiglio, il mandato conferitogli.In poche parole Jung si dimise perch non sopport laffronto di essere stato sospettato (integerrimo comera) di condurre un modo di vita "ambiguo".Nel frattempo, nellagosto del 1927, Jung fu nominato presidente dellINE, lIstituto Nazionale per lEsportazione, e mantenne tale carica sino al luglio del 1932 quando fu nominato ministro delle Finanze.Durante il periodo in cui diresse lINE pot acquisire una eccellente conoscenza nel commercio estero e degli annessi problemi del finanziamento e dei trasporti.Ma nellottobre dello stesso anno, lOn. Jung fu nuovamente al centro di un altro scandalo, sempre per il suo modo di gestire le situazioni economiche e politiche.La denuncia part da "molti commercianti di Palermo", (cos si firmano in calce alla lettera anonima(55), spedita a Sua Eccellenza Galeazzo Ciano), i quali si sentirono traditi nelle aspettative del loro designato al Parlamento.Essi lo accusarono, infatti, di approfittare di tale carica per privilegiare le sue attivit commerciali in modo prepotente e sfacciato, di monopolizzare le Ferrovie e di mobilitare gli uffici e gli impiegati, di abusare della sua posizione affinch i suoi carri avessero precedenza assoluta sugli altri, cosicch, da questa situazione di preminenza sarebbe derivato che gli altri esportatori ne venivano fortemente danneggiati e per questo motivo, tale gruppo di commercianti chiedeva chiarezza e giustizia invitando gli organi competenti a svolgere le dovute indagini.Tutto ci valse a Jung lappellativo di "deputato della nocciuola", e quel che salta agli occhi che viene esplicitamente espressa la sua appartenenza alla religione ebraica:LOn. Jung, ebreo, e monopolizzatore di ogni onest ha sempre pubblicamente e privatamente predicato che egli, bont sua, serve in ogni suo atto la Patria.Viceversa si pu dimostrare che egli serve solamente la "mandorla e la nocciuola" di cui egli ne fa larga esportazione. E non ignoto ad alcuno che egli, qui, designato, dopo il suo discorso ironicamente accolto alla Camera con approvazioni, "il deputato della nocciuola(56).A seguito di questa lettera, furono svolte tutte le indagini(57) del caso per far luce su simili accuse di abuso di potere da parte di Jung, cosicch il Capo di Gabinetto del Primo Ministro si rivolse al Capo di Gabinetto del Ministro delle Comunicazioni, il quale con una lettera rispose che dopo avere esperito tutte le indagini in merito alleventualit di abusi nellinoltro dei trasporti dei prodotti della Ditta Fratelli Jung, in partenza dalle stazioni delle Puglie e della Sicilia, risultava che nessuna eccezione veniva fatta per i trasporti oggetto del malcontento dei commercianti palermitani.Nel 1928 lOn. Jung, scrisse al Cav. Benito Mussolini, Capo del Governo, una lettera in cui rassegnava le sue dimissioni da Presidente dellIstituto Nazionale per LEsportazione(58), esponendo le difficolt cui andava incontro nella conduzione della propria impresa, sopravvenute a causa di unimminente impresa coloniale in Cirenaica (Libia), e che coinvolgeva personalmente uno dei suoi fratelli anchesso a capo dellazienda di famiglia.Egli scrisse al Duce esprimendogli la sua pi totale devozione, ma di essere costretto a scegliere tra due doveri entrambi vivamente sentiti, scelta da Jung stesso definita "quanto mai penosa".Tali dimissioni per gli vennero respinte, infatti, come sappiamo rimase in carica fino alla vigilia della sua nomina a ministro delle finanze nel Governo Mussolini.Nonostante Jung riscuotesse ampi consensi sia in ambito nazionale sia internazionale, nella "sua" Palermo, come abbiamo appena visto, non godeva di larghe simpatie e perci nel 1929 il prefetto, pur riconoscendogli capacit e conoscenza approfondita dei problemi della sua citt, preferiva che la carica di podest venisse affidata come poi avvenne al principe di Spadafora(59). Fu cos che Jung perse la grande occasione di governare personalmente la sua citt, di prodigarsi per la sua terra, ma in compenso riusc a lasciare una traccia di s ancora pi profonda di quanto egli stesso non potesse desiderare.Fascismo e Religione - In occasione del VII Annuale della Fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento il 28 Marzo 1926, nelle maggiori citt italiane si tennero adunate di piazza alle quali il popolo partecip in massa. Per la citt di Trapani fu designato lOnorevole Guido Jung, il quale parl ad un pubblico plaudente, al quale riusc a toccare le corde dellanima, a risvegliare il sentimento Nazionale e lorgoglio siciliano(60).Dal suo discorso, emerge nettamente la sua assoluta fedelt allideologia fascista, la sua pi sincera devozione a tale dottrina, infatti per Jung, la vera rivoluzione "consiste nel capovolgimento dei termini sui quali era basata la concezione politica degli ultimi secoli", e tale capovolgimento consiste nel subordinare lindividuo e i suoi bisogni ai bisogni supremi della collettivit nazionale, "cui si riconosce una propria vita, una propria individualit, che non il risultato della somma delle vite individuali dei cittadini, ma che trascende la contingenza delle generazioni, per affermarsi, nel tempo, una attraverso i secoli ed alle vicende del mondo." Il fascismo viene concepito come religione, come un credo, che pur non promettendo il paradiso in terra, stabilisce per le virt prime delluomo quali il sacrificio e il dovere e pone la vita secolare della Nazione come unico obiettivo da raggiungere con ogni sforzo a costo della vita stessa di ogni individuo perch solo in questo modo ogni cittadino pu sentire il conforto dei propri sforzi, dei propri dolori e delle proprie speranze, poich tutto ci contribuisce a non rendere vana "quella che la sola vita che conti, non chiusa nel breve cerchio di una generazione, ma la vita della Patria sacra ed imperitura".E sempre nel discorso svoltosi a Trapani egli disse:Il Fascismo e deve rimanere una milizia ed una religione, della milizia esso ha la disciplina serrata e la subordinazione assoluta, della religione esso ha la fede e la nozione intuitiva della santit di quanto trascende il nostro raziocinio; della milizia e della religione esso pratica la virt essenziale: il culto del dovere e del sacrificio.A questa milizia ed a questa religione non deve essere permesso di accedere se non in purezza di cuore ed in fervore di opere, perch attraverso di esse deve realizzarsi quello che fin dal 1921 Benito Mussolini indicava quale programma del fascismo e cio: il programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano.Contro la mafia - Nel suo discorso Jung non manc di fare riferimento alla situazione economica dellIsola con particolare riguardo alla provincia di Trapani, per la quale egli non nascose la sua simpatia proprio perch considerava i trapanesi un popolo laborioso, non curante della fatica e pronto alla difesa della Patria, ma non dimentic di parlare anche del male che affliggeva la Sicilia (che continua ancora oggi ad affligerla), la mafia, invitando la popolazione a collaborare con il Governo Nazionale per estirpare questo fenomeno radicatosi nel tessuto sociale gi da tempo immemore (proprio in quegli anni infatti, fu inviato dal Governo il Prefetto Mori). Fu in questa occasione che Jung riprese le parole del Duce in un telegramma al Prefetto Mori, per rafforzare le proprie: "Cinque milioni di laboriosi patrioti siciliani (dice B Mussolini) non devono essere pi oltre vessati, taglieggiati, derubati e disonorati da poche centinaia di malviventi..".Con un tale discorso, di rinnovamento e di epurazione, Jung non poteva che ricevere il consenso degli intervenuti alladunata, specie quando, da buon Siciliano, pose in evidenza lonest, la purezza e la sanit del popolo siculo, e ancor di pi quando linvito alla collaborazione si fece ancora pi penetrante egli aggiunse(61):Noi dobbiamo mettere le nostre dita e le nostre unghia nella piaga che la mano coraggiosa di Benito Mussolini ha denudata per la salvazione della nostra terra e per la grandezza dellItalia, e con le dita e le unghia noi dobbiamo strapparne il marciume, perch vivida e rossa appaia finalmente la carne sana, perch tutto il corpo risanato rifiorisca di vita pi rigogliosa.Egli considerava loperazione di epurazione dalla mafia come lattivit principale prima di qualsiasi altra attivit di rinnovamento, perch secondo Jung, inutile parlare di costruzioni di strade e di altre strutture se non si procede a sradicare tale male ignominioso che egli considerava, a giusta ragione, un problema morale. Solo procedendo in questa direzione si potr finalmente auspicare ad una resurrezione dellIsola, sia dal punto di vista economico, attraverso la trasformazione ed intensificazione della produzione agricola, il potenziamento dellirrigazione, attraverso la ricerca e lo sfruttamento delle risorse naturali, sia dal punto di vista morale e sociale, attraverso la consapevolezza di svolgere la propria attivit libera da pericoli nascosti, da preoccupazioni e da insidie.In effetti la mafia, per un certo periodo di tempo sembr essere stata messa a tacere grazie appunto allintervento severo del Prefetto Mori e allintensa collaborazione delle forze di polizia e quando, nel 1928, Jung venne a conoscenza di un progetto che intendeva porre a riposo il Prefetto Mori, egli non tard di fare giungere al Duce una lettera(62) nella quale esternava il proprio disappunto:Se cos fosse ne risulterebbe, a giudizio mio e della maggior parte dei Siciliani, un danno gravissimo allopera perseguita da V.E. in Sicilia. Qualunque siano le argomentazioni che potrebbero venir fatte al riguardo, il popolo interpreterebbe latto come un passo indietro e resterebbe perplesso e dubbioso delle vere intenzioni del Governo Nazionale.Leconomia fascista e il prestito Morgan - Il primo risultato tangibile dellavvento del regime e della fiducia che Mussolini era riuscito a ottenere presso industriali e agrari, consistette nella ripresa economica che caratterizz il triennio 1923-1925.In una fase di ripresa economica internazionale dopo il 1924, crebbero a dismisura le esportazioni di manufatti. Si tratt di un piccolo boom economico che resse fino al 1926 quando, a livello internazionale, cominciarono a mostrarsi i segni di un nuovo ristagno.Per far fronte a questa situazione e diminuire le importazioni, stimolando al massimo la produzione interna, il regime lanci due grandi iniziative che vennero abilmente propagandate attraverso luso della radio, del cinema, dei giornali: "la battaglia del grano" e la "bonifica integrale".Al di l di questi interventi, la politica economica del fascismo, fino al 1926, segu le vie percorse tradizionalmente dai governi prefascisti: interlocutore principale di Mussolini sulle questioni di politica economica fu un economista di scuola liberale, poco propenso a favorire un intervento dirigistico, cio, istituzionale ed organico dello Stato nelleconomia, il ministro delle Finanze A. DeStefani a cui Guido Jung non solo era molto unito e di cui era fedele collaboratore ma, principalmente, rivestiva il ruolo di capo di Gabinetto del primo ministro fascista delle finanze.Lintento principale delle autorit monetarie, in quegli anni finora analizzati, era quello di evitare ulteriori svalutazioni della moneta.Cos, il ministro delle finanze De Stefani, nel discorso alla Scala del marzo 1924(63), si compiaceva della tranquillit della lira e, notando che la stabilit del cambio aveva bisogno delleconomia, aggiungeva: "sono da evitarsi le eccessive impazienze poich la rivalutazione monetaria da considerarsi un evento ad un tempo sperabile e temibile e che comunque da augurarsi che si compia per gradi ad evitare che i benefici siano superati da inconvenienti(64)".Ma nel 1924 i cambi non preoccupavano molto, salvo qualche tensione per una effimera spinta al rialzo del franco francese.Eppure Gustavo Del Vecchio aveva intuito che ci si trovava "allinizio di una fase ascendente di unonda economica" e che "si ravvisavano tutte le manifestazioni di un potente dinamismo economico"(65) in cui le banche demissione dovevano agire da freno inibitore.Jung, riferendo le conclusioni a cui era pervenuto in un incontro con Stringher(66), suggeriva a DeStefani di aumentare il saggio di sconto allo scopo di deprimere la speculazione e, inoltre, in maniera ufficiosa, consigliava di diffidare le banche a non concedere nuovi crediti a stranieri sotto qualsiasi forma e a non concedere ad italiani crediti intesi a speculazione su franchi per evitare il fenomeno dellesportazione di capitali allestero(67).De Stefani rifiut, chiedendo, invece, una pi incisiva azione di contenimento del credito e di moral suasion da parte della Banca dItalia.Inizia a questo punto un contenzioso tra Stringher e De Stefani sulla responsabilit dellaumento della circolazione come causa del rialzo speculativo.Laumento del saggio di sconto come manovra per indurre la circolazione della moneta, pare a De Stefani una manovra non adeguata e, mentre prima Stringher sembra che concordi con lopinione del ministro, qualche mese dopo, in una lettera a De Stefani, chiede laumento del saggio di sconto, cambiando idea rispetto a un mese prima e con il contrario, pur se successivo, avviso del direttore della sede di Milano.Ma ci che premeva maggiormente a Stringher era che le operazioni di Banca non influissero sullinflazione, onde contribuire alla disoccupazione e ad altri guai di carattere sociale.Lesplicito proposito di assecondare con la politica monetaria una fase ciclica espansiva conferma che i livelli di attivit e di occupazione figuravano al primo posto nella funzione di preferenza del banchiere centrale.Egli inoltre rifiuta lipotesi di "fastidiosi controlli" sugli istituti demissione, anche perch ne sarebbe derivato "ancora maggior forza ai grandi istituti liberi, e segnatamente a uno fra essi(68)".Stringher allude probabilmente alla Banca Commerciale, ma al di l della concorrenza fra Comit e Banca dItalia, si presume che ci fosse un conflitto personale tra Stringher e Guido Jung.In una conferenza, svoltasi il 7 marzo 1928 al Circolo di studi economici nellambito della Biblioteca filosofica di Palermo, avente per oggetto la "Stabilizzazione della moneta", Jung si espresse assai criticamente sullespansione del credito e dei mezzi di pagamento consentita fra il 1924 e il 1925.E inoltre probabile che De Stefani coltivasse il proposito di sostituire Stringher proprio con Jung: proposito che fall anche grazie a potenti appoggi politici che il direttore generale trov allinterno del partito fascista.Lepisodio documentato da due lettere, una del 21.03.1925 e una senza data, dellavv. Lusignani a Stringher e da un successivo comunicato di agenzia. Nella prima lettera Lusignani, richiamando un loro precedente colloquio, informa Stringher che Farinacci e Rocco, da lui in questo senso sollecitati, avevano preannunciato a Mussolini le loro dimissioni "qualora fosse stato preso qualsiasi provvedimento per la Direzione della Banca dItalia sia attraverso il Jung sia attraverso altra candidatura".Nella seconda lettera si esprime il gradimento di Rocco per un "bigliettino" di Stringher e si riafferma la posizione di Rocco e Farinacci, i quali non accettarono lopinione di De Stefani secondo cui ogni provvedimento dipendeva non dal Consiglio dei Ministri, ma da lui stesso e dal Consiglio della Banca: "il pericolo immediato scongiurato, ma bisogna vegliare data la cocciutaggine di D.S.".La conclusione cos riferita da una notizia dagenzia: "LOn. Jung avrebbe dovuto sostituire il Comm. Stringher (). Il Ministro delle Finanze On. De Stefani era favorevolissimo alla sostituzione, ma lOn. Farinacci ha fatto conoscere il pensiero del partito contrario recisamente ad una simile nomina, la quale pu ormai ritenersi definitivamente tramontata, anche per lintervento del ministro On. Rocco presso il Presidente del Consiglio"(69).Ma la situazione nel 1925 era profondamente cambiata. Stringher nel gennaio avvi i contatti con la Casa Morgan (che gi nel 1923 aveva manifestato lintenzione di procedere ad una grandiosa operazione di risanamento finanziario dellEuropa), per un credito di 5 milioni di dollari, "da utilizzarsi al fine di stabilizzare, possibilmente, il corso della lira italiana".Ma il problema della stabilizzazione continuava a preoccupare Mussolini.I negoziati per una seconda apertura di credito (1 giugno 1925) della Morgan per 50 milioni di dollari agli istituti di emissione giunsero a rapida conclusione per opera di Stringher, mentre fallirono i tentavi di Jung, per conto di De Stefani, di ottenere unapertura di credito da parte di banche inglesi: nonostante Jung, come telegraf a De Stefani il 2 giugno, si fosse rivolto ad "altro fratello"(70) ben disposto, lopposizione del governatore Norman(71) fu insuperabile(72).4. Limpegno nel Dicastero delle FinanzeLa costituzione dellIRI - Il 20 luglio 1932 Guido Jung, con R.D. fu nominato Ministro delle Finanze(73), in sostituzione delluscente ministro Mosconi.Tale avvicendamento avvenne un po perch ormai Mosconi era da quattro anni in carica e aveva gi compiuto abbondantemente il suo "ciclo" (ricordiamo che Mussolini, per evitare che una determinata carica potesse creare una forma di "rassato", che avrebbe messo in ombra il suo potere e la sua personalit, volle che ognuno dovesse avere delle cariche da ricoprire per un "ciclo" breve, con frequenti rotazioni), e un po per i continui contrasti con Mussolini sul problema della conversione della rendita, e un po per la necessit del duce di avere alle Finanze un uomo, per un verso, pi introdotto nel mondo economico-finanziario italiano ed internazionale e, per un altro pi adatto a fronteggiare la crisi economica e in particolare a difendere ad ogni costo la lira.Da qui la scelta di Guido Jung, che come ha scritto il Guarneri, "segn linizio di una politica di pi deciso intervento dello Stato nella vita economica del paese" e, ha aggiunto il De Felice," forn a Mussolini luomo adatto per realizzare quella politica di "pervicace mantenimento della lira a quota novanta", anche se lInghilterra aveva gi svalutato la sterlina nel 31 e gli Stati Uniti si accingevano a fare altrettanto col dollaro, di cui egli era deciso a fare una sorta di propria "bandiera""(74). Secondo Cancila, come sappiamo, Jung fu un tecnico, e non un politico, ritenuto da Mussolini, il pi adatto a fronteggiare la crisi economica del paese, ed ebbe il merito di essere riuscito a mantenere il disavanzo del bilancio dello Stato entro limiti ragionevoli, ricorrendo, vero, a inasprimenti fiscali, ma pi ancora a una serie di economie persino sulle spese militari, che passarono dal 32 al 25 per cento della spesa complessiva, mentre la spesa per opere pubbliche aument dal 14 al 24,5 per cento e contribu a frenare la disoccupazione negli anni della "grande crisi"(75).Dopo la nomina di Guido Jung, cominci a farsi strada nel regime e nelle autorit monetarie la necessit di un intervento pubblico risolutore che ponesse fine ad una situazione che rischiava di travolgere la stabilit finanziaria dello Stato(76).Dobbiamo ricordare, che il 32 fu lanno in cui la congiuntura tocc livelli elevatissimi e, a ragione, fu definito lanno pi nero della crisi.La grande crisi e il venir meno di un ordinato sistema monetario internazionale spinsero molti Paesi a ricorrere a misure protezionistiche, che aggravarono la caduta degli scambi internazionali.Lattivit produttiva dei principali Paesi continuava a scendere nella prima met del 1932, toccando punte minime nella seconda met dellanno. In seguito venne registrato un minimo miglioramento, oltre che in campo internazionale anche in Italia, ma tale miglioramento fu solo temporaneo.Ma ci che pi preoccupava Jung e le autorit monetarie, era leffetto domino causato dalla svalutazione della sterlina, la quale aveva provocato ritiri di capitali esteri investiti in Italia, fenomeni di tesoreggiamento allestero delle valute ricavate da esportazioni, lesodo di biglietti e, in misura crescente, gli investimenti in titoli esteri o in titoli italiani emessi allestero(77).A partire dal 1930 in Italia si manifestarono con chiarezza le ripercussioni della crisi economica planetaria. La produzione industriale ebbe una sensibile flessione al ribasso e il tenore di vita delle classi meno abbienti peggior notevolmente, creando disagi e conflitti che costrinsero il sindacalismo fascista e le strutture statali a una difficile opera di controllo e di contenimento affinch non sfociassero in manifestazioni di massa.Per superare la congiuntura sfavorevole fu potenziata la politica dei lavori pubblici, con il proseguimento delle bonifiche idrauliche, soprattutto nel centro nord della penisola.Fu comunque nel settore dellindustria e del credito che lintervento dello Stato assunse le forme pi originali e incisive, sotto la spinta di una crisi che minacciava, se non affrontata in tempo, di provocare un collasso senza precedenti dellintero sistema bancario.Colpite dalla crisi erano in particolare le grandi "banche miste" (Banca Commerciale, Credito Italiano e Banca di Roma) che, create alla fine dell800 allo scopo di sostenere gli investimenti nellindustria, si erano trovate a controllare quote azionarie sempre pi consistenti di importanti gruppi industriali(78).Il Governo comprese che tali banche non avrebbero potuto superare le difficolt del momento con le sole proprie forze e provvide in gran segreto ad apprestare, tramite la Banca dItalia e lIstituto di Liquidazioni, la liquidit necessaria alla sopravvivenza delle maggiori banche italiane.Ci si accinse, dunque, nellanno delle grandi crisi bancarie dellEuropa, a unennesima operazione di "salvataggio" giustificata ancora una volta come ebbe a scrivere Beneduce ricostruendo la vicenda nel 1937 dalla consapevolezza che la "bufera poteva travolgere lintero sistema(79)".Lintervento a favore del Credito Italiano si svolse con rapidit e segretezza, si tratt certamente di misure tampone dettate dallemergenza, ma esse evitarono allItalia una crisi simile a quella austriaca quasi coeva (maggio 1931) innescata dallilliquidit del Credit-Anstalt e a quella, ancora pi grave, che in luglio sconvolse il sistema bancario e industriale tedesco.Durante lestate, nemmeno la Commerciale, principale banca del paese, pot pi nascondere le proprie difficolt derivanti dal ritiro dei fondi a breve da parte dellestero e dalla crisi sui mercati valutari e finanziari internazionali(80).Il Governo credette di trovare la soluzione alle difficolt delle imprese e delle banche promuovendo, verso la fine del 1931, la costituzione dellIstituto mobiliare italiano (IMI), il cui capitale iniziale era fornito per quasi la met dalla Cassa depositi e prestiti e per la parte restante in larga misura dagli istituti di previdenza e di assicurazione pubblici, dagli istituti di credito di diritto pubblico e dalle casse di risparmio, organismi non toccati dalla crisi bancaria.Nella seconda met del 1932 vi fu una fitta corrispondenza tra il ministro delle Finanze Jung e lamministratore delegato del Banco di Roma Giuseppe Pietro Veroi, e poi ancora tra il ministro Jung e lamministratore delegato della Comit Giuseppe Toeplitz, affinch provvedesse al pi presto allo smobilizzo di entrambe le banche ormai arrivate al collasso(81).Ma la vastit della crisi bancaria era tale che questa non pot essere affrontata con i "salvataggi" attuati tramite la Banca dItalia n con la pura intermediazione nel medio termine operata dallIMI.Allinizio del 1933, durante il ministero Jung, si attu la svolta nel modo di affrontare le crisi bancarie, svolta coerente con la scelta di un pi efficace intervento dello Stato nelleconomia, con il progetto di "indipendenza economica" dellItalia, e con lobiettivo di mantenere il controllo della circolazione pur ridando elasticit allazione della Banca(82).Con la costituzione dellIri venne a cessare la pressione sullIstituto di emissione da parte delle banche in crisi.Lidea della costituzione dellIri, che si ebbe attraverso innumerevoli incontri tra il Capo del Governo e il Ministro delle Finanze Jung, ancora presidente della Sofindit, rappresentava per Mussolini una "svolta", nella situazione economico-industriale.Egli, desiderava il nuovo istituto anche con competenze pi ampie di quelle che poi ebbe e non lo considerava affatto uno strumento provvisorio. "E mia profonda convinzione che lIfi segner una svolta nella nostra situazione economica-industriale, tonificher potentemente il mercato, liberer da ogni residuo ingombro lIstituto di emissione e riattivando lavoro, traffici, scambi, giover in definitiva anche alla Bilancia dello Stato"(83).Il 9 gennaio 1933 (lIri fu costituita il 23 gennaio successivo) egli scrisse al ministro delle Finanze Jung per riassumere le loro precedenti conversazioni in materia e per dargli le direttive definitive.Da tale documento emerge la distinzione tra credito ordinario e credito mobiliare che, fino a quel momento rimasta a livello embrionale, adesso veniva ufficializzata.Mussolini propose a Jung di raggruppare tutte le banche che erogavano un finanziamento alle industrie in un nuovo istituto, lIfi (successivamente venne sostituito il nome con Iri): "LItalia avrebbe quindi gli istituti ordinari per finanziamenti normali a corto termine; lImi per i finanziamenti a medio termine (dieci mesi); lIfi per i finanziamenti a lungo termine (dieci-quindici)"(84).Quale presidente del nuovo istituto Mussolini indic due nomi, uno dei quali era Beneduce, che vennero entrambi sottoposti al vaglio del ministro Jung.Il ministro delle Finanze, scelse Beneduce (suo intimo amico), che non si esclude abbia contribuito a formare almeno in parte i convincimenti di Mussolini(85).Per Jung, ormai, loperazione di totale liberazione delle banche si poteva fare attraverso lIri, e ci avvenne con le convenzioni del 6 marzo, del 7 marzo e del 13 marzo 1934 stipulate rispettivamente con il Banco di Roma, con il Credito Italiano, con la Banca Commerciale.Intervennero come controparti il ministro delle Finanze Guido Jung, il governatore della Banca dItalia, il presidente e il direttore generale dellIri, Beneduce e Menichella.LIri acquisiva lintera partecipazione nelle societ che controllavano le banche, lintera partecipazione nelle societ che controllavano le imprese originariamente partecipate delle banche, e si assumeva sia il debito verso la Banca dItalia, sia il credito delle banche verso le imprese.IL 19 dicembre 1933, il ministro Jung, in una riunione svoltasi al ministero delle Finanze, espose le direttive del Governo in materia bancaria e un piano relativo allo smobilizzo del Banco di Roma.Presenti alla riunione, su invito del ministro Jung, erano lOn. Benni e lOn. Veroi, rispettivamente presidente e amministratore delegato del Banco di Roma, il Governatore della B.dI. Azzolini, Beneduce Presidente dellIri, Menichella Direttore dellIri.Lo scopo della riunione fu quello di prendere in esame la situazione economica del Banco di Roma sulla base della decisione presa dal governo di risolvere il problema attraverso una operazione di smobilizzo totalitario."La decisione, disse Jung, naturalmente intonata ad una precisa direttiva di Governo in ordine alla politica bancaria del domani da parte dei grandi istituti di credito privati considerandosi a tale effetto la posizione dei tre primi istituti: Comit Credito Banco Roma".Il Ministro stabil, innanzitutto, che la maggioranza della Societ Mobiliare Italiana (che deteneva la maggioranza azionaria del Banco di Roma) doveva essere sottoposta al controllo diretto del Governo e inoltre stabil che il Banco doveva osservare una "politica di lavoro limitata alle operazioni di pura banca", e inoltre, annunci la possibilit della fusione del Credito Marittimo con il Banco.Gli intervenuti alla riunione concordavano con le proposte del ministro, eccetto per ci che riguardava la fusione del credito Marittimo in quanto la eventuale fusione avrebbe neutralizzato i vantaggi prospettati con gravi danni e ripercussioni deleterie per il B.R., ma Jung, fermo nella sua decisione, chiar che tutto sarebbe avvenuto nel rispetto delle regole e con graduale cautela(86).Loperazione di smobilizzo del Banco di Roma pot, cos, prendere il via, grazie allintervento risolutore del ministro Jung, che seppe dirigere i lavori con determinazione.La missione negli Stati Uniti - Nei due mesi che precedettero linizio della Conferenza Mondiale Economica di Londra, Jung fu inviato, dal Governo italiano, a Washington e a New York per trattare in via preliminare su ci che si sarebbe discusso nellambito della Conferenza Economica Mondiale, e in particolare sui debiti di guerra, sulle questioni monetarie, finanziarie ed economiche e inoltre, anche su questioni politiche, trattate dal Ministro con eccellente diplomazia e consapevole difesa delleconomia italiana.Quando, nellaprile del 1933, Jung si rec negli Stati Uniti per conto del governo italiano, port in dono al Presidente Roosevelt, due pregiate edizioni dei codici di Virgilio e di Orazio, accompagnati da una lettera scritta da Mussolini con la quale il capo del governo italiano gli presentava il ministro G. Jung e manifestava un grande interesse per la politica economica del governo statunitense(87).Durante il periodo in cui il Ministro delle Finanze On. Guido Jung rimase assente dal Regno, venne conferita al Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato Cavaliere Benito Mussolini, la facolt di firmare gli atti di competenza del Ministro delle Finanze, di sostituirlo nelle sedute del Consiglio dei Ministri, nonch in quelle del Senato del Regno e della Camera dei Deputati(88).Nel corso della traversata, il Ministro Jung, sped un telegramma al Duce dal Piroscafo Conte di Savoia, sul quale si trovava imbarcato. Riportiamo integralmente il documento per meglio sottolineare il suo spiccato senso di responsabilit nei confronti delleconomia italiana, la sua assoluta fedelt al regime, ma prima ancora alla persona di Benito Mussolini:Nel traversare sul mare la linea del confine della Patria il mio pensiero si rivolge a Lei, Duce, che ne ha rinnovato il volto e lanima e ne ha affermato il prestigio in faccia al mondo e mi ritorna nella memoria il giorno in cui per la prima volta traversai loceano su una nave straniera carica di emigranti italiani. Con la dovuta riconoscenza che suscita in me questo ricordo vorrei assicurarla ancora che far quanto est in me per assolvere il compito che V.E. mi ha affidato89).La visita, articolata in diverse riunioni, diede lopportunit a Jung di incontrare oltre il Presidente stesso, anche altri esponenti del governo ed esperti nel campo finanziario americano.La Conferenza di Londra e la stabilizzazione delle monete - Nellagosto del 1932, con una lettera "riservata" inviata al Governatore della B.dI. Azzolini, il neo ministro delle Finanze Jung espose un programma relativo alla partecipazione dellItalia alla Conferenza Economica Finanziaria Mondiale(90).Lo scopo fondamentale, che lItalia avrebbe dovuto perseguire alla Conferenza di Londra, secondo Jung, era quello di ristabilire gli scambi internazionali in maniera pi attiva e pi intensa.Il programma cos esposto presentava due aspetti fondamentali: "1) il risanamento della moneta e il ripristino del "gold standard" per quei paesi che lo avevano abbandonato legalmente o di fatto; 2) rapporti economici tra le singole Nazioni che consentivano a ciascuna di esse un proprio equilibrio economico, condizione perch potesse reggersi una moneta sana e potessero rifiorire i traffici internazionali".Inoltre, secondo Jung, il nodo principale della Conferenza Mondiale era quello dei debiti privati della Germania e della sua ricostruzione industriale, sensazione comprovata, pi tardi, da un articolo del signor Barrett Managing Editor del Financial Times, pubblicato nel giornale stesso il 30 agosto, e del quale Beneduce si premur a dargliene notizia attraverso una lettera "personale" inviatagli il 2 settembre 1932(91): "Il problema dei debiti privati tedeschi presentato come la bussola della prossima Conferenza Economica".Pi tardi, per, come gi sappiamo, la Germania rinunci alla partecipazione della Conferenza, decidendo la sospensione dei pagamenti dei debiti di guerra, in periodo in cui il potere di Hitler tendeva ad un sostanziale consolidamento.Nel gennaio 1933 venne pubblicato il programma ufficiale della Conferenza mondiale monetaria ed economica da tenersi in giugno a Londra, conferenza che avrebbe dovuto risolvere il problema della stabilizzazione delle monete, gettando le basi per ricostruire un ordinato sistema monetario internazionale.Dopo un fallito tentativo di negoziare segretamente un accordo di stabilizzazione tra Stati Uniti, Inghilterra e Francia, il problema internazionale si complic ulteriormente con labbandono temporaneo della parit aurea da parte degli Stati Uniti e la svalutazione del dollaro nellaprile del 1933.La decisione degli Stati Uniti venne presa sulla base di motivi di politica economica interna e recep linterpretazione della crisi e le proposte di reflazione di I. Fisher e di Keynes: lobiettivo della stabilizzazione venne spostato dal mantenimento di una parit costante con loro alla stabilit del potere dacquisto della moneta in termini di beni e servizi.La svalutazione del dollaro e una politica monetaria pi espansiva avrebbero consentito di arrestare la caduta dei prezzi allingrosso e quindi la fine del processo di liquidazione delle scorte.Mentre in Italia, come nel resto dellEuropa continentale, linterpretazione della crisi era completamente diversa e le teorie di Keynes e Fisher non vennero accettate. Al contrario vennero accettate le analisi di Einaudi secondo il quale con la reflazione non venivano eliminate le scorie del ciclo precedente.Con la Conferenza di Londra, alla quale partecip anche il ministro Guido Jung, si conseguirono risultati concreti molto limitati, ma vennero approvate alcune deliberazioni sul funzionamento del sistema monetario.In particolare si riconobbe lesigenza di una "maggiore elasticit nelle disposizioni che impongono la copertura legale per le banche centrali, considerando sufficiente un rapporto minimo delloro agli impegni a vista del 25 per cento"(92).Venne anche deliberato che "le banche centrali debbono avere lindipendenza necessaria e i poteri occorrenti ad una opportuna politica monetaria e del credito" e che " desiderabile la pi intima collaborazione tra le banche centrali"(93).Ma il 27 giugno prima della chiusura della Conferenza di Londra, i rappresentanti dei Governi decisi a mantenere la parit aurea in vigore e le regole monetarie esistenti sottoscrissero una dichiarazione nella quale riaffermarono i loro intendimenti "chiedono alle proprie Banche Centrali di mantenersi entro il massimo di efficacia".Allinizio di luglio i banchieri centrali dei sei Paesi (Francia, Belgio, Italia, Svizzera, Olanda e Polonia) si incontrarono presso la Banca di Francia e firmarono un "Accordo di cooperazione" noto come il "blocco delloro".Il ministro delle Finanze Guido Jung, alla chiusura della Conferenza di Londra, enunci i principi in materia economico-monetaria del Governo italiano nel modo seguente:LItalia ha stabilizzato la sua moneta in confronto alloro, fin dal dicembre 1927, ed fermamente decisa a mantenere la parit fissata a tale data. Il Governo italiano considera come sacri i frutti del lavoro e del risparmio, e che, a giudizio suo e di tutto il popolo italiano, costituiscono i soli mezzi veramente sani per assicurare lo sviluppo economico necessario alla popolazione italiana, che in continuo aumento. LItalia non ha fede in un metro di gomma elastica, e tanto meno in una moneta manovrata(94).Venne quindi perduta anche loccasione della svalutazione del dollaro per mutare lindirizzo della politica economica; si insistette invece nella strategia della deflazione e della riduzione dei costi.La reintroduzione di norme legislative di controllo sui cambi - Nel corso del 33 il tasso di sconto si ridusse in tre riprese scendendo dal 5 al 3 per cento, ma i prezzi allingrosso in Italia si ridussero notevolmente, mentre nel Regno Unito e negli Stati Uniti cominciarono a risalire.La riduzione dei tassi dinteresse attuata alla fine dellanno fu volta anche a favorire la grande operazione di conversione del consolidato che poi venne attuata allinizio del 1934, ma concorse a rinvigorire le uscite di capitale.Le riserve che si erano rafforzate dallinizio del 32, dallinizio del 1934 ripresero a ridursi rapidamente.Lesportazione clandestina di banconote divenne sempre pi preoccupante.In una fitta corrispondenza con il ministro Jung, Azzolini richiese delle misure per frenare lesodo di banconote.Azzolini, fin dalla svalutazione dalla sterlina, aveva pi volte espresso lavviso di frenare le esportazioni di capitali con un provvedimento legislativo e che era stato richiesto, senza successo, alle banche di astenersi dalleffettuare o facilitare queste operazioni.Inoltre, il Governatore, affermava di non avere potuto contrastare lemorragia di riserve con un rialzo del tasso di sconto per non ostacolare la grande operazione di conversione, che anzi ha richiesto di ridurre il tasso sulle anticipazioni, creando un clima favorevole allesportazione di capitali: egli ritenne fosse "giunto il momento di adottare dei provvedimenti per il controllo del commercio dei cambi", decisione che doveva, per passare al vaglio del Governo(95).La preoccupazione per lesportazione clandestina di banconote aveva coinvolto in prima persona il ministro Jung che, con un telegramma inviato dallimbarcazione "Conte di Savoia" mentre si stava recando negli Stati Uniti, impart delle direttive al Governatore della Banca dItalia allo scopo di "evitare assolutamente lesportazione della lira", attraverso il riscatto del prestito obbligazionario della Fiat, ancora in circolazione sul mercato americano per oltre 8 milioni di dollari.La notizia del riscatto di tale prestito avrebbe dato la sensazione, secondo Jung, che lItalia, in quel momento cos delicato, fosse in possesso di larghe disponibilit di oro o di valute, cosa che per non corrispondeva a verit.Ma questo Jung lo sapeva bene. Inoltre esortava il Governatore a "sorvegliare gli acquisti in lire provenienti dallestero e la provenienza della lira posta sul mercato da parte delle Banche principali essendo sempre pi importante evitare formazione di flottante di lire allestero che potrebbero servire da massa di manovra per movimenti speculativi contro di noi".(96)La stessa preoccupazione, per il medesimo problema, risiedeva anche in Azzolini, e ci testimoniata da un telegramma di risposta inviatogli da parte di G. Jung, che in quel periodo si trovava in missione a Washington presso il Presidente Roosevelt per discutere sulla questione dei debiti di guerra, con il quale ribad che bisognava scoraggiare il trasferimento di capitali allestero onde evitare la "rarefazione della lira"(97).In un telegramma successivo che riportava la stessa data il ministro Jung incoraggiava il Governatore a riacquistare in Svezia parte delle azioni del gruppo Kreuger e Tell, sempre allo scopo di evitare lesportazione di capitali. Egli sosteneva che tale situazione era stata creata da persone interessate(98) le quali, non avevano richiesto lautorizzazione allAmministrazione dei Monopoli quando le azioni Kreuger e Tell potevano rappresentare un pericolo reale per leconomia nazionale(99).In quel momento cos delicato, denso di tensioni e di continue pressioni, urgeva al pi presto regolamentare la situazione dei cambi nel miglior modo possibile e con le dovute cautele.Lintroduzione del controllo sui cambi fu attuata attraverso una serie di provvedimenti graduali, emanati in gran parte in base ai poteri conferiti al ministro delle Finanze G. Jung dal decreto del 29 settembre 1931.Con il D.M. del 26 maggio 1934, il cui fine era quello di arginare la continua perdita di riserve, Jung introdusse una serie di norme per regolare le operazioni in Cambi e divise. In base ad esso, infatti, nessuna operazione in cambi e divise poteva essere eseguita se non rispondeva alle reali necessit dellindustria e del commercio o ai bisogni di chi viaggiava allestero.Vennero vietati, inoltre, lacquisto sui mercati esteri di titoli e valori, sia esteri sia italiani emessi allestero, nonch lesportazione dei biglietti di banca, di assegni pagabili in Italia e di ogni tipo di titoli in lire.Divenne obbligatoria lautorizzazione ministeriale per la concessione di crediti in lire a favore di operatori esteri, sia pure a copertura di rapporti commerciali e per lo sconto di qualsiasi cambiale che potesse apparire comunque come il mezzo escogitato dagli operatori esteri per ottenere disponibilit in lire. Di tutta questa attivit doveva essere data notizia giornaliera alla Banca dItalia.La Banca dItalia, secondo laccordo, forniva il proprio parere al ministro Jung sulle eventuali deroghe del decreto stesso, esercitando la vigilanza sul rispetto delle norme sui cambi (con facolt di richiedere la documentazione necessarie alle banche e a ogni altro operatore in cambi).Contemporaneamente, il ministro Jung, eman il R.D.L. 26 maggio 1934, n. 804, con cui fu reintrodotta la tassa di bollo per tutti i titoli esteri o italiani emessi allestero che si trovassero in Italia, con lobbligo di denuncia di tali titoli, contrariamente a ci che era avvenuto nel 1923, in cui erano state emanate norme particolari per incentivare le attivit sullestero attraverso lesenzione dei titoli esteri dalle tasse di bollo e altre facilitazioni fiscali alle filiali allestero di societ italiane.(100)Ma le misure poste in essere dal ministro delle Finanze non furono sufficienti ad arrestare lemorragia delle riserve.Mussolini cap che ladeguamento delleconomia nazionale al livello della parit con loro fissata nel 1927 stava divenendo sempre pi difficile e costoso e che quindi anche la deflazione aveva i suoi limiti oltre i quali, i vantaggi attesi si tramutavano in inconvenienti.Jung, in quel preciso momento, aveva le mani legate, infatti, Mussolini riconobbe la difficolt tradotta nellimpossibilit di comprimere ulteriormente il margine del settore dei servizi, politica perseguita dal ministro delle finanze al fine di conseguire "prezzi alti allingrosso, prezzi bassi al minuto"(101).Mussolini, in una lettera a Jung(102), pales le sue preoccupazioni in merito alle riserve che rischiavano di scendere al di sotto del limite di sei miliardi e ordin un rastrellamento delle divise degli esportatori, del turismo, dei noli, delle rimesse degli emigranti, perch temeva che un gio