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1 Gilberto Antonioli STRADA STERRATA Poesie

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Gilberto Antonioli

STRADA STERRATA

Poesie

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Nota al testo dell’autore

In questa splendida raccolta, che prosegue l’impostazione di precedenti volumi, nei quali la tematica del dubbio si presenta con convincente ripetitività, Antonioli non finge, ma incastra pensieri ed intervalli sapienti, con la capacità del filosofo che intuisce il destino dell’uomo, lo considera nelle sue fasi più acutamente aggrovigliate e lo indaga per poterlo cantare. Metafore argute e sorrisi, fra tensioni e sovrane incertezze, sono risorse che la poesia più profonda, cui il poeta veronese appartiene, si slancia a proporre per tutti gli amanti delle sue riflessioni. Egli sfugge le istanze formali, le astrazioni del verso che piace, ma si addentra in cunicoli oscuri, dentro i quali restringe lo spazio. All’interno si piega e protegge il senso del verso e lo forma. Ecco allora apparire, nei momenti d’incerta presenza, la ingombrante personalità della strada, dentro cui si distende il desiderio d’entrare per scoprire il mistero più oscuro, che produce grovigli e tempeste, che la nebbia condensa e trattiene. E’ un susseguirsi d’intermezzi e

contrasti, di tensioni e tentativi d’approccio, che il poeta governa con adeguata maestria, perché la sua strada accompagna l’uomo, comprendendolo nelle difficoltà derivanti dai dubbi, con la speranza che si apra una scia di sereno.

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PRESENTAZIONE 1). Quest’opera di Gilberto Antonioli diventa un racconto drammatico che svela l’intimità del suo io, che spesso va a cercare, negli oscuri meandri dell’inconscio più greve, la soluzione dei suoi dubbi metafisici e delle poche susseguenti certezze d’assoluto. Ogni situazione é analizzata in profondità con una pazienza ermeneutica, dal punto di vista del trascendente, frutto del lungo lavoro degli ultimi anni, fatto nello studio della filosofia e della teologia. 2). Si tratta di un volume in cui il poeta ha messo assieme, per cantare, suo desiderio di sempre, e come é già riuscito a fare in altri volumi, alcuni aspetti della vita dell'uomo, semplici e complicati ad un tempo. Ha costruito un libro che si articola di due pagine fondamentali, la prima e l'ultima, concepite come contenitori affettuosi del

guazzabuglio di idee che si rincorrono all'interno del volume. Ma le idee non sono soltanto frutto della sua fantasia, anche se spesso sembrerà che Antonioli esprima concetti ed emozioni incomprensibili, ma sono la risultante di quanto l'esistenza accetti o filtri, di quanto avviene in lei, vicino a lei, o del tutto fuori di lei. La vita della natura è bufera che cavalca l’onda del mare, che si adagia sulle cime dei monti, che deposita le sue ire sopra le aspre scogliere oppure nelle calme distese della campagna come troviamo nella poesia “Cavalca l’onda ululando la bufera, ruggisce altero il mormorio del temporale” e ” Il tuono si diffonde all’orizzonte e rincorre l’origine dell’uomo”. Anche l'uomo percorre strade attraversate da ostacoli continui e prima di giungere alla metà desidera, spesso, esaminare il suo io interiore, per capire dove si è impantanato e dove avrebbe potuto cogliere momenti di serenità, mentre forse si è fermato soltanto perché dubbioso sulla efficacia dei suoi mezzi. E’ ciò che si coglie nei versi: ” Non placa l’ansia / il logorio del tempo / attende il buio un lampo, un’esplosione,/ la nebbia s’alza e il mondo va e nasconde,/ segnali di chiarore fra le foglie”.

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O forse perché non ha saputo ascoltare qualcosa o qualcuno che avrebbero potuto dargli una mano e agevolargli il cammino. 3)Le liriche di questa raccolta, possano essere collocate su due livelli. Un primo livello consistente nella rappresentazione dell’universo esterno al quotidiano nel quale predominano gli aspetti dell’utile che serve in ogni momento, collocati nella realtà del tempo e del libero spazio, come cogliamo in queste righe: ” Si rinnova dentro i solchi della terra,/ l’essenza del colore che rincorre”. Un secondo livello è rappresentato dall’universo interno o privato dal quale emergono eventi consapevoli, voluti, guidati ed altri inconsci, che vanno dall’onirico impulso, al sonno che incalza e riposa, dal volo che libera nel cielo le immagini riflesse sull’acqua, al fantastico spazio che accoglie le voglie più dubbie e protette. Vediamo: Il tutto imbevuto in forti rappresentazioni metaforiche che prendono possesso profondo, della realtà più tagliente, esaltandone aspetti che potrebbero apparire di scarsa o improbabile incisività.

Ma il verso affonda i suoi denti nella vasta tensione della metafora che aiuta e sorregge, talvolta, l’architettura di tutto un discorso. 4) Il poeta pensa che la poesia possa soltanto costituire un rimedio, un percorso, un momento, durante il quale appoggiarsi a lei come un sostegno che potrà aiutare a superare istanti di crisi. A questo sostegno può ricorrere il poeta, scrivendo, e il lettore leggendo. Ma chi sente il bisogno di poesia? Certamente chi scrive per trovare nel verso risposte alle sue domande, di qualsiasi tipo, a meno che, al contrario, il poeta non vada alla ricerca di spazi di sfogo, di ribellione, di possibilità di uscire dal gorgo dell'incertezza, denunciando ciò che prova oppure ciò che vede. Ma la poesia non deve essere per il poeta, e per chi lo legge, un obbligo, un test, un registro su cui vengono descritti i malesseri del mondo, perché potrebbe verificarsi, come si verifica, che il poeta si esprima soltanto con segni, oppure con altri mezzi che lo trasformano in pittore, scultore, progettista o in altro ancora. Ecco allora gli spazi riempiti non da parole e gli orizzonti inseguiti non dalla fantasia. Come possiamo definire il comportamento di un grafico? Spesso egli è un poeta che scava nella carta per scoprire i motivi dei suoi stati d'animo, spesso contraddittori e dolorosi e pure, incomprensibili. Anche per lui. Forse è quanto

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esprime la poesia “incomprensibili riflessi del pensiero”: “ un grido spento si smorza nella gola fra battiti di ali irrigidite fra brividi di freddo che nasconde derive di anime all’ascolto di cantici che inclinano l’umore”. Ma perché non può dirsi poeta colui che assalito da mille travagli, li esprime ispirato da un niente, che per chi guarda diventa un sussurro, per chi ascolta rimane silenzio? 5) L’aspetto fondamentale è quello che trae origine da un rapporto mentale dell'uomo con l'uomo, con la nebbia, col vento, con le cose, con l'essere che tutti governa, con ciò che ci sfiora e calpesta, senza clamore o con molta tensione. Il silenzio si ascolta dando fondo alla sensibilità più profonda, alle qualità più delicate. Egli può trascinare dentro spazi di estasi mute, di pensieri raccolti e liberati, per arrivare ad un dialogo interno che diventa bonaccia o tempesta. Nel silenzio l'uomo concentra le varie angolature della natura, i reclami del mondo animale, le sue tesi più audaci e nascoste; e se si trova in questa situazione, perché l'uomo non può dirsi poeta? Le riflessioni che ognuno conduce, spesso senza saperlo, sono affidate al verso, alla tela,

ad un piccolo tronco che attende di prendere forma e vigore. Se saranno affidate al silenzio, alla metafora che avvolge il pensiero, libereranno spazi in penombra e tempo senza orizzonti, come cogliamo nell’incipit della poesia: “velo di nebbia” : “ velo di nebbia che s’adagia sulla serra piegati steli che non alzano i colori, un’erba grigia si distende fra le foglie e si riveste d’inquietudine e mistero”. 6) Questo volume presenta una poesia sussurrata o gridata, a seconda del momento e del contenuto, che si sviluppa usufruendo di un linguaggio metaforico, che spesso si nasconde in grotte di buio dalle quali è difficile uscire. La ispirazione è tratta da motivi fondamentali che sono la natura in ogni suo sguardo: l’aria ed il mare, i monti e la campagna. Ma sono anche la visione dell'io, i motivi dell'inconscio più grigio, la ribellione al ronzio che disturba, lo stupore per sorrisi imprevisti: il pensiero che s’incaglia nel ronzio della mente ma che riesce a condurre motivi di quiete, l'onda che ribelle si è calmata, il vento che accarezza piante e foglie. In tutta questa confusione, è pure dolce la presenza del silenzio, che forse non emerge completamente, ma vive soffuso d’intenso clamore.

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Spesso è un silenzio che corre e dà ristoro. Anche quando denuncia la fine d'un amore, oppure traccia una trama di tristezza. Quando il rumore sbatte i suoi gangli nel cuore del verso, assume il sapore ritmato di una marcia, di una fuga, di un coro che inquadra le sue impostazioni, abbreviando i tempi e le note, per dare il senso di qualcosa che trema e non accetta movimenti tranquilli. Ed é allora che si può avvertire uno spaccato che spezza il ritmo in istanti. Non è certamente poesia della quiete, dell'abbraccio che dura minuti, ma soltanto poesia della tregua, dell'incerto che si china perdente, di momenti però di ricerca, non violenta ma fragile e casta, come fragile è il gioco dell'onda e casto lo sguardo del bimbo.

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velo di nebbia velo di nebbia che s’adagia sulla serra piegati steli che non alzano i colori, un’erba grigia si distende fra le foglie e si riveste d’inquietudine e mistero ma fumi d’ansia non respira il firmamento, la brezza insegue l’ansimare della valle, la porta aperta è un invito ad un convivio, di piante il canto fra silenzi di stagioni lo stelo s’alza, lo sguardo al cielo volge, la nebbia finge ma non invoca il pianto, e fra gli errori di chi offende la natura s’annida il cuore della serra che sospira senza l’ansia sul percorso dell’ignoto non si coglie della trama l’illusione

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strada sterrata percorri una strada profonda, sterrata, con filari di piante allineate sui fossi, barcolli sul ciglio, ti senti spossato, non credi alla vita, depresso, sperduto; ti fermi d’istinto ed un masso t’accoglie, seduto contempli l’ardore dei campi, la vita che cresce, il mistero che plana ma non trovi lo spunto e l’incrocio ti turba l’aratro, i solchi, le nuove sementi, i respiri dell’erba non ti danno sapore se racchiudi te stesso in una fredda cornice il profilo scompare e la strada declina

ansa di ripari s’adagia il bosco bocca sulla bruma mentre gli alberi si abbassano a dormire, s’allunga l’ombra che non consola il fiume perché confonde la campagna con la riva scende con lentezza la corrente, rallenta il flusso delle onde verso il mare, intristiti si nascondono i gabbiani in un'ansa di riparo alla stanchezza si distende l'orizzonte verso il delta che s’accorcia con le onde delle nubi, la calura del deserto s’allontana fra le dune rivestite di riflessi lo sguardo del tramonto si fa sacro mentre l’uomo si confonde nella nebbia

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le stelle dentro il fiume attendevo un’armonia di sensazioni orchestrate in turiboli d’incenso pescavo schizzi di memorie non sopite in un frusciare accomodante di ricordi tu eri dentro il rigo ad orchestrare accordi lenti dentro il bacio delle note, per frammenti sopra turbini di sogni costruiti da ricorsi di poesia custode delle nostre sensazioni seppellite fra tormenti e delusioni, le tracce nascondevi del pensiero disegnate nell’incontro con la notte sul breviario della vita dentro il fiume riposava la caduta delle stelle

immagine sottile la notte scorre leggera come piuma che apre le soglie del nido sentimenti trasporta di prosa e lesioni su sentieri distratti (usignoli nel grembo) nube che appella il lenzuolo del cielo le foglie nasconde di verde rumore il nido fra i rami, l’usignolo in tensione, sono incroci di fiamma le gocce del gelo lacrima il pianto, di nebbia le istanze; un uccello disperso raccoglie la fuga il giorno promette illusioni e speranze

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camini accanto al ceppo di furori scoppiettanti ciuffi d'erba avvinghiati alle radici osservavano aspirate dalla cappa volute e fumo naviganti verso il cielo il rumore disturbava quel silenzio e sguardi e sogni e rintocchi di visione e cercava in mezzo all’ombra il fumo ansante di scoprire nell’incanto il nostro ardore avviluppato da spartiti d'armonie s’innalzava un inno casto alla natura senza veli, anche il fremito bruciava, esultando fra i sapori della notte

coro d’onde senza freni trasporto questa sera i miei ricordi assemblati dentro piani di silenzio e rivivo assieme a loro l’esistenza che attraversa qualche tocco di sereno guarderò ai tempi andati senza ansie cancellerò i tentativi dell’angoscia e dentro un flauto di metallo laminato confesserò le mie tensioni e le paure e mentre indago sul riflesso della luna mi solleva un coro d’onde senza freni

Commento [.1]:

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natura esplorare zone franche del pensiero che riscoprono impazienti nuovi piani dimenticando le tormente e le passioni e frastuoni di clamori e di bufere, per seguire le vestigia della quiete rintracciare dopo squarci di tempesta distese e spazi d’acque chete e senza onde ritornare a tentazioni di bonaccia per seguire nell’aurora del silenzio scie bagnate da proposte di piacere cancellare le intenzioni della furia, lo stridore d'elementi di disturbo,

una natura un po’ perversa che percuote, per viaggiare fra le nuvole ed il cielo nelle pieghe d’un azzurro che è ristoro ricoprire le vallate della nebbia con propositi di chiaro e di vigore il suono d’un’arpa il suono d’un arpa incorona la casa, le stanze, le mura, confini di reggia, nel vento rincorro le ali del cielo nelle nubi ti cerco lontana: nel sogno il volto che vedo, le parole che ascolto, il tuo sguardo che parla i silenzi d’amore, rincorro il passato che scorre impaziente aggiro gli ostacoli se scorgo passaggi visioni di vuoto respingo e cancello terrazze di terra, vicende incomprese,

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turbolenze, illusioni, fra rami d’ulivo nane vicende di attimi scemi l’atmosfera circonda un pensiero e lo brucia vibrazioni e bagliori che la mente raccogli proteste flusso d’aria che accarezza la campagna mentre il vento si sollazza con le nubi raccoglie immagini di nero e di veleno il cielo scuro per la noia del sentire piange il giorno assiepato ad aspettare i movimenti della terra e del tramonto frantuma e sgretola la rima del poeta il palpito dell’ansia e polemizza

non bastano le attese e le tempeste in solchi d’acqua intrisi di proteste non si placa la delusione pagine di sogni distese su parole ripescate dal profondo della mente, nell’oscurità io riscrivo del pensiero arrotolato fra cuscini di papiri non sconvolgo la struttura del mio mondo sopraffatto dal brusio delle opinioni

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trascino riflessioni sconcertate verso spazi che profumano di caos, io rifletto sul costume della gente che delusa a placarsi va sui monti, per imprecare fra le querce, o sulla spiaggia nel controllo di segnali di tensione ma di fronte al prepotere che non scema di profeti proiettati verso il buio muterò la direzione del mio canto verso il filo di quell’ultimo orizzonte attenderò che il rimbalzo d’ogni eco si cancelli fra batuffoli di lana il sole indaga come una torcia accesa nella notte il sole indaga il buio delle siepi e mentre illustra immagini sfuocate, in versi mette la solitudine, il poeta

canta con il volo delle foglie l’inno dei fiori che sbocciano al mattino si sveglia distratta all’alba la natura, si destano impigriti gli animali, le piante s’innalzano sul tronco per sfuggire la tristezza del clamore la notte è scudo che protegge e che allontana le distrazioni che allontanano il chiarore fruscio di primavera mentre il tempo se n’andava verso il buio e sprofondava la stagione giù nel vento, prepotente avanzava con iattanza

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il crudo inverno che di gelo ci copriva solo un cielo disegnato dalle stelle proteggeva un’escursione di calore adagiata fra le dune del deserto dai riflessi che invocavano la pioggia indispettiti attendevamo quei momenti regolati dal passaggio della bora, fiduciosi nel profilo di risposte che scioglievano l’odore della neve e mentre il gelo incorniciava la natura un fruscio di primavera si slanciava incertezza dissonanze si disperdono a catena come suono di tamburi ad intervallo,

atmosfera indecisa nello spazio che si propaga sulla soglia del terrore; è l’angoscia che si stende sulle strade nell’incontro con le viscere del mondo, ma non scopre il sapore delle nubi che sconfinano sull’orlo all’orizzonte respirano l’umore delle cose i pensieri scricchiolanti di finzioni, d’inutili disagi e sensazioni, rotolio di proposte, patine di dubbio, incertezze smorte, negazioni, rotolo di sfere che si placa; si rifugia entro cave protezioni il convivio degli umori strascicati un cono vuoto, l’ombra che lo sfiora un canto in sottofondo: è l’incertezza

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sequela di silenzio m’indirizza la sequela del silenzio dentro rivoli di mille sensazioni significati deludenti dell’attesa emozioni complicate da ritorni, voci di rinuncia e di sconcerto accarezzate da momenti d’illusione messaggi che volevo perorare ma sfuggiti all’intenzione per un niente complicata dal torpore o dalla rabbia sottovoce nell’attesa del rumore, scelgo alla cascata dei rimpianti l’atmosfera che si grava di parole per coprirsi di concetti surreali e non d’immagini o di simboli riflessi una voce ora ascolto e la propago mentre l’alba s’avvicina e mi consola

verdi suoni dolorosa è la vicenda del mattino che risveglia nel tormento chi non sogna d’ansia si riempiono le anime se non trovano pertugi nella mente scorrazza senza guizzi il mattiniero per cogliere dell’alba il primo raggio, si scaglia verso valle, e non cammina, il sole che s’insinua nel canneto s’impigrisce nell’angoscia, chi non spera, ed affronta il suo cammino tetro e grigio, se non colpisce il vasto raggio dei risvegli non dispone del piacere dell’incontro

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incroci quando dispongo i miei pensieri al vento per raccogliere momenti di poesia nascondono gl’inganni le folate ed io contemplo corrucciate digressioni allora cerco di carpire al labirinto le sue trame e gli incroci più nascosti non raccolgo le pressioni dell’inganno sensazioni che la mente non trattiene è troppo buio l’orizzonte dell’ascolto la visione si rifugia tra le piante cresce l’ombra che segnala una presenza che non sfugge alla lettura dell’incerto il pensiero è lucerna gonfia d’olio che diffonde solo scampoli di luce

vecchia stanza profumata di cera contemplo in silenzio nascosto la stanza oscurata dai lumi il sorriso di travi consunte il profumo di scrosci di cera visioni di spazi e fantasmi di cunicoli su sfondi dorati mentre il buio s’incontra col vento e dipinge una luce ed un volto il sorriso é benefica goccia che ristora i meandri del cuore allontano le risse più aspre che il pensiero delinea e sostiene sentimenti di fede e di amore fra le pieghe frustrate del tempo una lampada, un tempio, l’incenso, e la piazza s’illumina e accoglie

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una cascata di morte e di terrore gela il buio sull’uscio delle case, mentre brucia un gemito di vampa vedo cadere, dagli occhi della gente una cascata di morte e di terrore, vedo manti sopra corpi di bambini, lenzuola bianche come ceppo nella cenere che s’ingrigia al passare delle anime ricopre un pianto le loro fantasie, i loro giochi, le corse, il nascondino, i semplici motivi della gioia che nasceva fra gli spazi del camino e le rosse pennellate del tramonto. folgorava le penombre un’ostia bianca, la gente spigolava una preghiera, s’affacciava col dolore delle mamme una lacrima che ardeva il loro cuore ma le vie della protesta sono vane se l’eco ascolta solamente voci vuote

l’urlata ribellione del presente nel fragore del silenzio si dipana il calore delle anime nell’urlo ed il loro protestare non vacilla ai confini di rotture senza tregua ma incappando fra le istanze irte e crude di pensieri ai confini della vita, in fazioni che non parlano l’uguale, urge attorno alla china che non frena, un sapore di crudeli asperità

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inquieto colgo il freddo ardore del silenzio inquieto colgo il freddo ardore del silenzio in visioni di città che goccia a goccia l’acqua strizza nell’incrocio delle strade e nel mezzo dell’ardore dei contrasti s’impenna acuto il tramestio delle proteste che sovrasta la rincorsa delle scuse colpisce il vento con la foga dei ricordi che s’affacciano alla mente rotolando, arcuate mura dall’intreccio della pioggia e dal guizzo di pensieri e di paure; dentro il ritmo tremolante di schiamazzi si riveste la tensione ed è timore e mentre sbalzano le schiume dal torrente attenua il bosco ogni contrasto di rumore

kiwi allunga i suoi tentacoli retrattili e ricopre ogni spazio di chiarore sospira oscurità durante il giorno la luce che rischiara e poi s’affloscia; innalza il volto per osservare il cielo mentre il buio si diffonde a larghe squame immagini ricorda di lamenti abbarbicati sopra i muri ed i rimpianti d’inaridite esistenze di pensiero che svolazza senza schemi ed è mistero le ultime propaggini intrecciate strisciano di giorno come serpi, s’allunga dentro il verde, il verde chiaro, sembra sorridere il volto che minaccia ottobre attende verde scuro e foglie morte se tra gli affanni spira umore di serpente

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foglia che s’invola dopo immagini apparse di fantasmi, di tensioni e di gelide incertezze tu raccogli crisantemi di stupore ed assilli che si rigano di pianto ma poi proietti sulle ciglia delle piante, incastonate nel riflesso delle ombre, alcune pagine di cupe esortazioni che vanno a cogliere l’andante della brezza la tua disperazione si confonde col gesto incerto d’una foglia che s’invola e diffonde nell’ambiente i suoi colori ormai straziati da una vita di tormento ma un cuore affranto e oberato di problemi ricerca spazi di freschezza e non di pena e piacevoli intermezzi e non dolori che riscopre all’orizzonte del pensiero

luna sull’onda che impazzisce incalza il vento per indagare le vertigini marine e la luna che non tollera invasioni si frappone coi suoi raggi all’imbrunire: così corregge ogni segnale di sereno il fiume scorre e trasporta storie e rami il profumo di campagne attraversate la luna accesa sopra il bosco ancor risplende per le tenui tentazioni della brina così nasconde l’invisibile del mondo non si ferma presso l’isola che sorge nel bel mezzo delle acque verso valle dove il cielo si nasconde fra le sponde e s’insinua nell’attesa d’un richiamo

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così diventa impenetrabile signore: chi è quell’uomo che balbetta sulla barca i suoi messaggi più intriganti d’un mistero? malessere e nebbia il ruotare senza tregua dei pianeti accompagna l’universo delle stelle, mentre affiora dai ricordi delle genti l’ingombrante mutazione del silenzio s’alza acuto il dolore del rimpianto che si nutre d’urla e grida di tristezza e s’ingorga dentro un clima d’amarezza una storia ricoperta dalle nubi se al principio d’ogni giorno che fiorisce s’erge un muro di terrore e di contrasto, non percorre passerelle di passioni l’animarsi dei pensieri più sognati

s’allontana nel frusciare del mistero un malessere di polvere inquietata vita diversa ad una vita diversa io ripenso in dispersi momenti del passato nel fluire del cammino che sfiorisce e nel lento vorticare della folla scompare nel vocìo che si fa nube fra secoli di pietre e di misteri, avvolge il turbinìo delle stagioni in un rincorrersi di musiche e di cori nel districarsi dei pensieri lentamente raccolgo brani di mestizia solitaria

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che non avvolgo fra le pieghe d’un sipario ma che dipano nell’ascolto della gente nello spicchio d’una vita che declina raccolgo note di mestizia e turbamento mentre il sole cambia direzione ho cesellato, ma soltanto col pensiero, schiere di desideri compattati nascosti fra le pieghe della mente timorosi di lasciarsi scoperchiare perché da loro sarebbe esplosa prepotente la rabbia di chi non può mutare il corso della vita della gente che non s’acquieta con l’ardore di menzogne mi colpisce una luce pazza e ardente che contrasta con i raggi opachi e freddi

che danno buio a coscienze naufragate nella melma miscelata di una fonte mentre il sole cambia volto e posizione io mi spoglio dal pensiero del futuro, esploro attento nuovi verbi e nuove strade ma controllo chi accompagno nel presente musica onda e spazio nel complesso delle voci che il creato ricompone all’orizzonte, ondeggiante tra le stelle e le comete ed orchestrata dalla brezza tra gli scogli si raccoglie nella musica il ricordo che si scopre nel profilo delle onde

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se conforta la speranza mani d’uomo un violino, note e rigo, ed é concerto noi faremo tappa verso il sole il dubbio germoglia allargando le piaghe che odorano il mondo di sangue e fatica, l’incertezza s’abbatte: è vibrare di segni, piaghe rigate da spine e dolore un guizzo di vento toglierà dal mistero

l’ultima nube che circonda la vetta; un brivido, un canto, un sorriso di sole uno squarcio dell’anima è conforto alla pena un desiderio di pace siederà sul concerto di ansie scoperte alla caccia del vento; ma senza il vibrante mutare del tempo dietro le quinte il dubbio rimane concerto di suoni e desiderio di sole osservando il cammino delle stelle ho letto la miseria sopra i volti, avvizziti della gente di campagna, che non gode la presenza del ricordo di chi sogna solo azioni di protesta

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la dignità, ho scoperto nelle case, di vecchi stanchi e di garruli bambini, in paesi cancellati dal bagliore, imbevuti in una rude povertà si confondono le crepe, dentro il tempo, che trascina nella voglia di mollare, nell’incrocio che non cambia del malessere, incrostato fra le mura, che non muore e osservando il rotolare delle stelle ho disegnato una scia di verità poesia e’… poesia è la roccia che accarezzando aiuta i pini a crescere e giungere alla vetta

le bacche timide ad arrossire al vento mentre i cespugli nascondono le foglie poesia è la gioia del mare che non scalpita e giace appollaiato sulle onde mentre un sorriso si rispecchia giù dal cielo sono le nubi che s’incrociano col mare poesia è la brezza che intinge le impressioni sopra le chiazze di boschi e di frumento, lo sguardo che s’illumina dei tigli, una carezza che non mendica proposte poesia è la voce di un bimbo che commuove anche le ultime propaggini del cielo là dove l’orizzonte sprofondando investe di corallo le sue chiome poesia è soltanto il sentimento che meraviglia di bellezza ogni pensiero rumore di cascata

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dove giace in un conclave l’esistenza che ha vissuto nella gloria le illusioni ho rivisto congetture di peccato come incontri di ragazzi in libertà uno squarcio, una chiusura, una sentenza, verso intrighi di scontento si produce, sei seduto sopra foglie evanescenti e non comprendi la tua sorte che svanisce il dubbio non ti spinge ad una svolta e se invochi il cambiamento è ribellione, si nasconde la spirale del mistero e tu sparisci sotto l’ala dell’inganno mentre cresce con furore il pregiudizio un rumore di cascata ti sorprende

l’immensità del nulla se l’animo non scorge, l’immensità del nulla, cancella dal suo cuore riflessi e delusione se non invoca, momenti di calore, vivrà l’incerto, all’ombra del finito s’allunga l’apparire d’incertezze mentre tu vivi di calde delusioni e tagli fra le rughe dell’inconscio, segmenti che s’affossano nel vuoto nell’attimo che l’universo scopre un buco nero che le tenebre rimembra, tu coglierai segmenti di valore che non risvegliano aneliti ingombranti si ripropone l’apparire dell’incerto nel fumo d’una nebbia silenziosa

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incroci perversi il malessere cavalca del tempo le grida di mete lontane, la linea che varca i ricordi e l’ombra che calma il dolore il pianto diventa memoria che bagna speranze ed arbusti il sole nasconde le nubi la notte compone i suoi riti è una storia d’incroci perversi, di volti scomparsi e di miti, di zolle lasciate marcire, di vite che annulla il bisogno s’allontana la pace e rimpiange, disperata, le vie dell’amore, un’ansia sottile s’insinua fra lenzuola dipinte di cuoio

malinconia canta il poeta come una torcia accesa nella notte il sole attende nel cono l’universo e mentre illustra immagini sfuocate mette in versi la solitudine, il poeta canta con il volo dei gabbiani il ritmo dell’angoscia che scolora si sveglia distratta la natura si destano impigriti gli animali e le piante s’intrigano col vento per sfuggire la tristezza del clamore se un riverbero di sole si nasconde un anelito di estro va in declino

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si risveglia la passione sulle vette ormai travolto da proclami di tempesta balza il tuono dentro cariche di suoni e mentre sbriciola il disegno dell’azzurro invoca l’anima distese di silenzio affacciata su terrazze altalenanti nel grigiore che s’oscura della valle, si risveglia la passione sulle vette di preghiere come l’eco d’un ricordo ma frammenti dell’incenso che profuma da turiboli di grazie e di richieste si disfanno nell’ordito della nebbia come un’estasi che il sacro ha suscitato ormai svelata la scomparsa dell’incerto si dispiega la parola nell’immenso si riscopre il valore della luce che dischiude la frontiera all’infinito la tempesta è una trafila di tormenti ma il silenzio non si piega e invade i cuori

solitudine del bosco cresce ardita al limite del bosco la solitudine che insegue fiamme spente, s’infrangono le onde dell’attesa sopra giochi di riflessi appena accesi ma il bosco accoglie, l’ordito delle piante, le campane delle foglie ormai cadenti, il rumore di radici in superficie per non sfiorire su percorsi di speranza la brezza insegue i problemi delle cime che sfuggono nel cielo, sempre in ansia, si piegano le pietre, come il tempo, per ascoltare le canzoni del silenzio cresce fra gli sterpi la paura che controlla movimenti e fili d’erba

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incomprensibili riflessi del pensiero nella complicità di tre parole mute scivoli dentro frange di risacche, onde di ritorno scivolose che trascini verso il dorso della valle per coprire il ticchettare della pioggia un grido spento si smorza nella gola fra battiti di ali irrigidite fra brividi di freddo che nasconde derive di anime all’ascolto di cantici che inclinano l’umore raccogli incontri dentro spire di ricordi che sono sciolti come neve al primo sole e guardi il tetto grigio del rimorso contemplando con lo sguardo l’orizzonte che si spalma come genesi remote nella complicità di tre parole mute incomprensibili riflessi del pensiero

spighe s’affaccia il sole e plana lentamente sul balcone che illumina la terra per abbracciare le campagne addormentate che attendono il tepore dell’estate coccola, con sguardi di carezze, il vento che danza senz’affanno sulla prateria del grano che si spoglia le orme delle onde ormai svanite si piegano le spighe a celebrare, l’umore variegato del terreno sulla bocca tornita dalla brezza in un tracciato disegnato dalle ombre, ignora lo screzio dei canneti immersi dentro guizzi d’abbandono

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tregua vivere nel cuore del silenzio in attesa di un richiamo che non giunge alla tregua che scompare dietro l’ombra d’un nascosto navigare senza onde nel dissenso di chi ama e non comprende i motivi d’una crisi o d’un ricordo offuscato dalla nebbia dell’oblio, nel confuso labirinto della mente sgrezza un muro di distratte incrostazioni, una rozza ribellione che sobbalza al consenso della quiete che scompare tra le viscere offuscate dal pensiero cingere i ricordi, in un abbraccio,

e pescare le reazioni del profondo spirali di vuoto fra i viaggi sprofondati nella mente, incontri spazi che profumano di vuoto, che tu vorresti occupare di valori, di ardite costruzioni verso l’alto e di favole donate solo ai bimbi ma la mesta solitudine si scopre: è nemica di pacifiche esistenze quando in terra si scatena la battaglia e le idee penetrando nelle case ostruiscono i canali dell’uscita, deciderai di gettarti nella fuga lasciando libero il pensiero di volare

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ma s’accende, nel groviglio della mente, un chiarore d’incertezza che non domi versi dipinge la sua anima il poeta assieme ai versi, che sbriciola motivi di battiti e tensioni l’istinto non controlla, esplode la paura, un trittico d’immagini distende senza veli se l’ansia lo imprigiona assieme ai suoi fantasmi non trova strade aperte che sfuggono il mistero depone tele e versi, pennelli di colori, si china dentro l’anima e scopre istanze nuove la quiete non esplode ma giace nel silenzio

non corre la notte col tempo la notte non corre col tempo ma ferma impaziente la luna, le piante proteggono i riti e l’estasi in rari momenti e lontano un concerto di rami per saziare, nel canto del sole, un coro di mistica sete e mentre la luna amoreggia con gli umori imperniati nel buio, si compie un destino cercato

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e si scambiano ruoli confusi fra giorni e fra notti nel vento fra rumori e tensioni di stelle che ricoprono i ritmi e le sfide quando il contatto ricopre canzoni di limpidi incontri, riscopre la rondine il nido e il canto si scioglie ed è festa cavalco su prati di verde inclinati al destino, ho rivisto momenti di grigio candore ho dipinto segnali d’azzurro cobalto su vuoti votati al disegno del mondo scaricati segnali dall'album del tempo, ho riempito di bianco pareti accoglienti ho chiuso il silenzio entro fili di seta nel grembo del sogno ho dipinto pensieri

attendo l’arrivo di gente dal mondo, intristita dal pianto ma pronta al sorriso e dopo rincorsi sconosciuti compagni s’incavano semi e speranze di quiete la nebbia disperde il progetto dell’uomo ed il suono del vento raccoglie il futuro mentre ascolto i sussulti del tuo pianto ascoltavo i sussulti del tuo pianto, la tensione dei momenti solo nostri liberati dalle nubi di riporto, riscoperte fra gli spazi del ricordo la distesa del mistero si nasconde ingabbiata dal rumore della sabbia

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mentre strisciano le corde del perdono sempre avvolte fra i pensieri nella mente sopra onde che frusciando fanno chiazze sulle ciglia vellutate degli scogli sto attendendo il segnale della quiete che cancelli l’odorare del tuo pianto se deponi le tue fasi di tormento il cielo scopre un sussurro di carezze domande domande in sottofondo, sussurrate, risposte reticenti fra le foglie del vento in lontananza che trasporta indecifrabili papiri di saggezza;

escono schizzi di verità prudenti, di dubbi che s’insinuano nei dubbi, esplode un vulcano di contrasti, di lapilli che nascondono la mente; s’alterna la visione alla presenza: è l’orizzonte il custode del tramonto non abbiamo la risposta che soddisfa la domanda sul motore della vita, si snoda a stento un profilo di speranze dentro il tunnel che ci ospita ed è buio; fiammelle che son pronte a scivolare nella fioca austerità della ricerca: s’impone a larghe falde un desiderio, una preghiera implorante l’assoluto; si profila un turbinio di nebbia e vento: noi siamo nudi e ci copre l’incertezza autunno che raccogli autunno che ci doni l’uva d’oro e castagne ormai mature e brezze e funghi e raduni in serate all'aria aperta

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individui che nei momenti di riposo dimenticano i problemi della vita senza lasciare tracce di stanchezza, aiuta a costruire sogni verdi impastati di natura e di candore allontana il momento di torpore che s'insinua dentro anime in tumulto abbattute dall’affanno e dal sospiro che si stende sulla mente come nebbia allora il cielo si ricopre di grigiore, le lucertole si distendono nel verde e i lombrichi, della terra testimoni, sono tracce di scompiglio e di silenzio vagabonda s’inerpica la luna vagabonda s’inerpica la luna

ad illustrare quei momenti d’illusione che ingabbiata nel mistero dell’affanno l’uomo posa nelle stanze del pensiero malinconia del verde che copre di messaggi i tentativi di capire la tristezza io m’accingo ad ascoltare i suoi lamenti, quando esplode la gramigna delle voci fra speranze sospese nello spazio, e rischiando una marea di sentimenti, invoco il silenzio della notte, che cammina alle soglie del pensiero e solleva una bufera di sospiri per una vita che tristemente si dipana dentro i flussi che la brezza non rischiara dentro il viale che trasporta i desideri non s’accendono le luci dell’attesa rimane il vortice

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quando le prime ombre annunciano il tramonto veloce, una sete di rivalsa, le nubi spazza, ed è subito sera talvolta il buio diventa noncuranza luogo d’incontro degli spiriti sprofonda il mare ed all’orizzonte, dove s’incontra col soffio della spiaggia, attenua l’esplosione del pensiero s’acquieta il gorgo ma il vortice rimane dentro fragranze di scompigli non di calma, accecata dal ronzare delle acque, la notte brucia l’ultimo messaggio che lancia grida per scrutare il vento scontri di pensiero, gli assilli della brezza

attende il suono regalato dalle onde ondulare i tuoi passi sulla spiaggia al tramonto ed attendere il suono regalato dall’onda ascoltare il brusio del ritorno che sbianca pareti di schiuma in un mistico abbraccio volare a raggiera per raccogliere in mare l’odore del sole nel profumo dei flutti puntare agli scogli, osservare i gabbiani isolarsi dal suono che rincorre il richiamo, lasciare sul greto un incrocio di orme e segnare di tracce ogni tua decisione

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la brezza scorre sollevata dal brusio di tramontana la brezza scorre sopra il manto della sabbia, scivola lenta pellegrina verso il mare sfiorando di salsedine lo sguardo (verdi ramarri controllano le rive) l’acqua si ferma ad osservare il cielo come il nostro tempo, nascosto ma presente, coperto di macchie che si spostano opprimenti per ricordare il momento dei rapporti interrotti dai tormenti della vita rimane incerto il trepidare delle brezze che ricamano solchi sul dorso delle acque ed accompagnano preghiere di conchiglie sul sentiero che protegge la memoria complicità intriganti, per scivolar lontano, accolgono nel cielo, discorsi mai domati

salviamo la natura rivestire gli alberi vorrei d’una corteccia eterna come il suono delle stelle perché non possano sbiadire come nebbia ma ricoprire di gioia i loro istinti, con la festa delle foglie sempre verdi innalzare liberi potranno i loro tronchi ad imitare il cielo non deviando su progetti di ristagno e senza mutamenti abbandonare la confusione di stagioni ormai perdute attorcigliare i rossi cupi ai verdi smorti, per impedire la vittoria del grigiore, e nel libero chiarore dell’attesa allontanare la tensione del tramonto

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tronco non sfiorisce la personalità del tronco assistito dalla scorza e dalle foglie, dal tempo che ha temprato alle tempeste le resistenze ed i riflessi delle nubi immerso nel pensiero delle piante muto osserva la natura avvolta al tempo, nel limitare che non torna si rispecchia e risponde ai segnali di paura urla e scuote la sua forza dentro il vento nell’attesa del silenzio si dimena mentre immobile s’inchina nella danza, e sbiadisce se il colore grigio-scuro si riassorbe nel disegno che l’incrocia la sua storia non è scritta con il vento se ogni foglia muta spazio all’orizzonte

se manovri il tuo destino se m’avvicino a quel cancello aperto scopro del destino il folle gioco; e nel retaggio di deboli certezze il dubbio canta le fragili parole che sento dondolare nel pensiero come ho fatto, pigro come sono, ad arrivare a quel cancello aperto che apre la strada alla certezza che abita una casa con le torri, da giardini circondata e da fontane? con pazienza ho strisciato lungamente per giungere comunque a quella meta collocata in un fogliame di campagna, nell’intreccio di canali ed amuleti ed un cancello aperto per gli amici se con pazienza tu manovri il tuo destino, rimani avvinto alla vita, come un fungo

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su tracciati di memoria scorre il sentiero errando la pineta e la foglia suona come una chitarra, il sottobosco s’aggroviglia d’emozioni che l’ombra ingigantisce e non è sera su tracciati di memoria segni e suoni sono i volti di un riscontro di ricordi, avanza il tempo che cancella e non concede cascate a scroscio di riflessi e di fantasmi i reticoli che uniscono le piante come autori risollevano le ciglia, si spalma al suolo la raccolta dei colori che infiora il bosco in un ingorgo di silenzi soltanto immagini addomestica la mente aggrovigliata dentro squarci di contrasto

compagno navigando d’una stella viaggio col pensiero disteso sulle rive d’un fiume ambrato che scorre nell’incerto s’allunga a riva e mi porta verso il mare, compagno navigando d’una stella, che vigila da sola nello spazio, pronta a cadere se interrotta dal costante ticchettio dei desideri, e da improbabili momenti d’emozione e se il muschio non attenua la caduta io la cerco rincorrendo il suo profumo

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grotte il torpore del vento che plana sui nostri momenti di noia e nubi incrociate a distesa nell’ampio spessore del tempo l’ansimare d’un attimo scorre su fuscelli che induce all’ascolto nell’eco di voci e di suoni che un rumore silente corteggia ascoltare il ronzio delle onde che intesse distese di odori mescolare con la terra alla nebbia il sapore del muschio e del timo

la brezza del fieno sui dossi, il ritrovo di usanze perdute in grotte spalmate di fumo che copre momenti d’amore il linguaggio dei suoni si stende sulle note private dal canto vecchio mulino gira la ruota del vecchio mulino che stride e che schiaccia del grano la frutta; scompare nel seno e si gira ruotando sulla tolda una traccia di pula e di paglia che i chicchi nasconde fra i tubi e le anse s’affacciano allora i chicchi mutati e non pensano ai fiori del campo vicino con cui hanno trascorso nottate e stagioni dipinte di ghiaccio e di luna crescente maturati nel vento e nel clima del pane al fruscio delle foglie e delle gesta del pioppo

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hanno atteso il ristoro dell'alba selvaggia mentre compie il suo giro impettita e svagata lo stridio s’aggroviglia al rumore del pianto la ruota scompone il risveglio alla spiga che ha donato il raccolto senza fasi di stallo: nel segno del sole e del vento che urla invoca all’inverno clemenza e brusio vorrei danzare su percorsi di poesia vorrei danzare su percorsi di poesia mentre esploro le vicende della vita e cantare dentro un cielo di passioni, non piegate dal rigore delle rime, le proteste del destino e del piacere scende un’ombra che nasconde fantasie e trascina un ventaglio di chiarezza verso acque che non sanno respirare danza il lago che si nutre di ninfee

e di sguardi galleggianti di sirene che propongono una stuoia d’interventi al silente gracidare delle rane potrò narrare mutamenti ed emozioni se le stelle vestiranno l’universo

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indice nota dell’autore presentazione di velo di nebbia strada sterrata ansa di ripari le stelle dentro il fiume immagine camini

coro d’onde senza freni natura il suono d’un’arpa proteste non si placa la delusione il sole indaga fruscio di primavera incertezza sequela di silenzio verdi suoni incroci vecchia stanza profumata di cera una cascata di morte e di terrore l’urlata ribellione del presente inquieto colgo il fragore del silenzio kiwi foglia che s’invola luna malessere e nebbia vita diversa mentre il sole cambia direzione musica noi faremo tappa verso il sole osservando il cammino delle stelle poesia è rumore di cascata l’immensità del nulla incroci perversi malinconia canta il poeta

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si risveglia la passione sulle vette solitudine del bosco incomprensibili riflessi del pensiero spighe tregua spirali di vuoto versi non corre la notte col tempo cavalco mentre ascolto i sussulti del tuo pianto domande autunno che raccogli vagabonda s’inerpica la luna rimane il vortice attende il suono regalato dalle onde la brezza scorre salviamo la natura tronco se manovri il tuo destino su tracciati di memoria compagno navigando d’una stella grotte vecchio mulino vorrei danzare su percorsi di poesia

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