STORIE DELLA VITE E DEL VINO NEL BOLOGNESE · tipica della piantata bolognese; infatti nella...

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STORIE DELLA VITE E DEL VINO NEL BOLOGNESE memorie, documenti e immagini a cura di Maria Luisa Boriani BOLOGNA 2010 ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA ARTELIBRO 2010

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1PRESENTAZIONE

STORIE DELLA VITE E DEL VINONEL BOLOGNESE

memorie, documenti e immagini

a cura di Maria Luisa Boriani

BOLOGNA 2010

ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA

ARTELIBRO 2010

2 PRESENTAZIONE

Catalogo della mostra di documentidell’Accademia Nazionale di Agricolturain occasione di ARTELIBRO 201024-26 settembre 2010

Si ringraziano per l’aiuto prestato: Mara Armaroli, Enrico Baldini, Maria Cristina Brizzi, Fausto Diamanti, Alessandro Galletti, Giorgio Stupazzoni, Bruna Viteritti, Dipartimento di colture arboree dell’Università di Bologna, Garden Club Camilla Malvasia

ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA

Uffi ci e Biblioteca: Via Castiglione, 11 - 40124 Bologna Tel. 051.268809 - Fax 051.263736 E.mail: [email protected] [email protected] www.accademia-agricoltura.unibo.it

Sala delle adunanze (“Cubiculum artistarum”): Palazzo dell’Archiginnasio – Piazza Galvani, 1 – 40124 Bologna

Illustrazione della copertina e del frontespizio tratta da: J.B.F. Rozier, Cours complet d’agriculture.

La mostra fa seguito alla edizione del saggio di Elisa Azzimondi («Storia della vite e del vino nei documenti dell’Accademia Nazionale di Agricoltura»), pubblicato nel 2008.

3PRESENTAZIONE

INDICE

Obiettivi e percorso metodologico della mostra (Maria Luisa Boriani) ............................................................ pag. 5

Vetrina 1. Il paesaggio della vite (Maria Luisa Boriani) ............. pag. 6

Vetrina 2. Oidio, Peronospora, Fillossera: mali e rimedi della viticoltura (Enrico Baldini) ........................................ pag. 13

Vetrina 3. Ampelografi a (Enrico Baldini) ..................................... pag. 20

Vetrina 4. Il Consorzio viticoltori (Maria Luisa Boriani) ............. pag. 25

Glossario (Enrico Baldini) .............................................................. pag. 30

4 PRESENTAZIONE

5PRESENTAZIONE

OBIETTIVI E PERCORSO METODOLOGICO DELLA MOSTRA

Questa mostra espone alcuni documenti dell’Accademia Nazionale di Agricoltura che, insieme ad altri di differente provenienza, testimoniano la remota attività della Società Agraria del Dipartimento del Reno nel campo della viticoltura.

Da tali documenti si evince che la coltivazione della vite fi no al XIX secolo non fu nel bolognese un’attività particolarmente importante e che la produzione del vino non raggiunse in generale elevati livelli di qualità, tanto è vero che la Società Agraria del Dipartimento del Reno, oggi Accademia Nazionale di Agricoltura, nel 1875 promosse un Consorzio di viticoltori allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni. Questo Consorzio ebbe vita breve e non riuscì a coinvolgere adeguatamente i viticoltori locali.

Fra le ragioni della modesta qualità del prodotto viticolo bolognese era il tipo di organizzazione agricola basata sulla coltura promiscua e sulla mezzadria. I vigneti erano coltivati in fi lari sorretti da sostegni vivi (aceri, gelsi, olmi, salici e pioppi) intercalati da appezzamenti di piante erbacee e il vino serviva per il consumo del proprietario e del contadi-no. Il commercio era modesto e i compratori non molto esigenti. Molti vitigni erano autoctoni e oggi sono quasi dimenticati, tuttavia alcuni di essi vengono coltivati nuovamente in nome di un recupero di antiche tradizioni, selezionando quelli che possono ancora dare un prodotto qualitativamente valido. Negli Annali di agricoltura del Regno d’Italia, compilati da Filippo Re e datati 1812, vi è un elenco di vitigni molti dei quali oggi non più in uso, altri conosciuti fi no a qualche decennio fa, altri ancora tuttora coltivati.

Da molte pubblicazioni si rileva invece come anche anticamente in Francia la coltivazione della vite e la produzione del vino fossero atti-vità molto curate.

I documenti esposti sono stati scelti in rapporto ad alcune tematiche: il paesaggio della vite e la sua evoluzione; l’ampelografi a, cioè il rico-noscimento delle varietà attraverso la forma delle foglie, dei grappoli e degli acini; il problema della Fillossera che, devastando i vigneti eu-ropei, ha cambiato totalmente la coltivazione della vite e ha introdotto la pratica dell’innesto su viti americane resistenti; infi ne l’ottocentesco Consorzio Viticoltori Bolognesi e notizie sulla plurisecolare “Vite del Fantini”, rarissima emergenza agricola del territorio di Pianoro.

6 PRESENTAZIONE

Vetrina 1. Il paesaggio della vite

Nella vetrina sono esposti documenti e fotografi e che testimoniano l’evoluzione del paesaggio della vite: dalla piantata padana, già co-nosciuta in epoca etrusca e romana, agli odierni vigneti specializzati, alcuni dei quali hanno forme di allevamento espressamente studiate per la raccolta meccanica.

La sistemazione idraulico-agraria della piantata, derivata dalla cen-turiazione romana (1), consisteva in campi rettangolari separati gli uni dagli altri da fi lari di gelsi, aceri, olmi, salici o pioppi sui quali veniva allevata la vite. La piantata è quasi scomparsa come scomparsa è la forma di organizzazione agricola alla quale era legata (mezzadria). I pochi fi lari alberati e vitati ancora superstiti, sopravvivono per ragioni estetico-paesaggistiche o perché sottoposti a norme di tutela.

I testi di Columella (6) e Pietro de’ Crescenzi (3), esposti in mostra, trattano delle alberate e dei festoni di vite che si allungavano tra un albero e l’altro e dimostrano le antiche origini di questa struttura agricola, co-nosciuta anche dagli Etruschi e tramandata per secoli fi no a pochi decenni fa e che soltanto da poco tempo tende a scomparire. Alcuni autori come Tito Poggi (5) e Giovanni Bottari (7) analizzano la possibilità di coltivare la vite in luoghi considerati inadatti come la pianura o i litorali.

Alla vite allevata ad alberata si contrappone il “vigneto”, cioè la vite in coltura specializzata che ordinatamente si dispone su molti pendii della collina bolognese (8.A-C).

1.1 Pianta in misura della Tenuta del Savignano … Ingeg. Innocenzo Bertoc-chi situata nelli Comuni di Argelato, Padulle, Argile e Volta di RenoGoverno Pontifi cio, Bologna, 1831(ANA Sala del Consiglio)

La mappa, datata 1831, è una grande tavola acquerellata del Catasto Gregoriano relativa ad una località in destra Reno compresa tra Argelato e Castello d’Argile. In essa è visibilissimo l’appoderamento e la divisione regolare in campi separati da fi lari alberati con vite in coltura promiscua, secondo la sistemazione idraulico-agraria tipica della piantata bolognese; infatti nella legenda della tavola la vite è indicata come “Filari alberati e vitati” in quanto parte del contesto strutturale dei poderi mentre la coltivazione era invece prevalentemente a canapa e cereali.Nella parte destra della mappa (una zona del Comune di Argelato) è presente un macero. Questo specchio d’acqua, destinato alla prima fase di lavorazione della canapa, era fi no alla metà del Novecento diffusissimo nelle campagne bolognesi. Oggi, i maceri rimasti hanno prevalentemente una funzione ecologica di nuclei di biodiversità e di emergenze storico-paesaggistiche. Verso nord il fi ume Reno compie un’ampia ansa passando dalla località Volta Reno.

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1.1

1.2 Attuale veduta aerea dell’area corrispondente alla “tenuta” di Innocenzo Bertocchi nei comuni di Argelato, Padulle, Argile e Volta di Reno (Foto Google)

Questa fotografi a satellitare mostra lo stato odierno della stessa zona illustrata nella mappa catastale precedente. La viabilità secondaria è rimasta immutata, come immutati sono rimasti anche i fabbricati rurali dell’antico appoderamento. I fi lari alberati e vitati sono invece completamente scomparsi.Anche il percorso del fi ume Reno non è più quello del 1831. Infatti nel 1887 fu costruita, a nord del territorio illustrato nella mappa catastale ottocentesca, una deviazione del letto del fi ume, detto “drizzagno del Reno” che aveva probabil-mente due fi nalità: velocizzare lo scorrimento delle acque e creare un territorio più regolare ai fi ni dell’appoderamento e della coltivazione. Il fi ume corre dritto da Bagno alla località “Il Conte” nei pressi di Castello d’Argile e la località Volta

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Reno dove il fi ume faceva un’ampia ansa, rimane lontana dall’attuale corso fl u-viale. Il “drizzagno” non si rivelò un’opera idraulicamente utile poiché l’aumento di velocità dell’acqua portò a un maggiore trasporto di sedimenti che, alzando il letto del fi ume, rese più facili le esondazioni.

1.3 Pietro de’ Crescenzi, Trattato della agricoltura In Bologna, nell’Instituto delle Scienze, 1784(ANA N. 4. 4)

Pietro de’ Crescenzi (Bologna 1223-1320) fu il più noto scrittore di cose agrarie del medioevo occidentale, ma fu anche studioso di fi losofi a, di medicina, di scienze na-turali e, soprattutto, di giurisprudenza. Fu giudice e viaggiò a lungo per l’Italia. Nel corso dei suoi viaggi imparò a conoscere l’agricoltura delle regioni attraversate.Pietro de’ Crescenzi scrisse in latino il Ruralium Commodorum libri XII, una sum-ma di scritti sul sapere del tempo medievale nel campo agrario che trattano di terreni, di piante, di tecniche agronomiche. Interessantissimi sono i suoi consigli nella progettazione e coltivazione dei giardini e di architettura rurale. Ad esempio egli consiglia di recingere le proprietà agricole con un terrapieno, detto tomba (toponimo diffusissimo nella pianura bolognese) e di collocare due alberi d’alto fusto a segnalarne l’ingresso, tradizione ancora esistente nelle vecchie residenze agricole bolognesi. Il testo fu uno dei pochissimi libri di agronomia a vedere la luce nel periodo medie-vale e per questo fu subito tradotto e pubblicato in molte edizioni in tutta Europa. Il giudizio su quest’opera è però controverso: molti critici rilevano che Pietro de’ Crescenzi manca di metodo sperimentale; infatti egli scrive prendendo spesso da scrittori precedenti quale ad esempio Columella, ma non sperimenta come invece faceva l’agronomo latino.A parere della scrivente l’importanza attuale di questo testo risiede più nei sugge-rimenti di architettura rurale che nelle tecniche agronomiche.L’opera esposta tratta in diversi punti della coltivazione della vite e della prepara-zione dei vini. La pagina scelta illustra l’allegria e il diletto dei consumatori della bevanda prodotta dalla vite.

1.4 Nicolas Bidet, Trattato sopra la coltivazione delle viti, del modo di fare i vini, e di governarliNapoli, presso la Nuova Società Letterarie e Tipografi ca, 1788(ANA N. 4. 9)

Tradotto dal francese, il libro descrive molti metodi di vinifi cazione in rosso e in bianco, illustrando vari tipi di torchio (strettoj) per la vinifi cazione. Tratta inoltre delle alterazioni del vino e dei modi di curarle, in primo luogo prevenendole come viene spiegato nel testo.

1.5 Tito Poggi, La coltivazione del vigneto in pianura Casale, Tip. Lit. Carlo Cassone, 1896(BRI 5/A BIB 19)

Tito Poggi (1857-1944), agronomo toscano, insigne cattedratico e senatore del Regno d’Italia.

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Egli scrisse questo breve saggio per confutare la diffusa opinione che la pianura dell’Italia settentrionale non fosse adatta alla coltivazione dei vigneti in coltura specializzata, mentre vi era possibile coltivare la vite in fi lari arborei alternati a coltivazioni erbacee. Le ragioni che i detrattori adducono sono: in pianura la vite non gode abbastanza di sole, luce e calore, le nebbie e i geli sono frequenti per cui la vite si ammala più fa-cilmente e i vini risultano poco alcoolici e meno buoni che in collina. Tito Poggi, basandosi su sperimentazioni fat-te nel basso Polesine, afferma che è pos-sibile fare del buon vino anche in pianura usando tecniche agronomiche specifi che e diverse da quelle adottate in collina: scelta di varietà adatte, forme di allevamento più alte ed espanse che consentono una migliore esposizione alla luce e tecniche d’impianto come quelle illustrate nella tavola esposta, che consiglia di sistemare il terreno con piccole dune collocando le viti nella loro sommità. In questo modo si evitano ristagni d’acqua dannosi alle piante in caso di forti piogge. L’autore dimostra che, se la coltiva-zione è ben fatta, le produzioni in pianura sono abbondanti e i vini ben retribuiti per cui la convenienza è innegabile.

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1.6 Giunio Lucio Moderato Columella, L’agricolturaVerona, presso Giovanni Gambaretti, 1808(ANA M. 3. 14)

Giunio Lucio Moderato Columella, uno dei maggiori scrittori romani di cose agricole del periodo imperiale, fu proprietario di terreni nel Lazio ove sperimentò varie piante e tecniche agricole innovative. La grande sapienza che univa la conoscenza scientifi ca alla pratica e la capacità di scriverne, gli valsero fama anche nei secoli successivi. La sua opera principale “De Re Rustica”, si diffuse in tutta Europa. L’edizione presentata in mostra è quella tradotta in volgare e commentata da Benedetto del Bene, datata 19 fi orile anno IX. Il libro esposto tratta delle piante che danno prodotti alimentari; esse sono di tre tipi: alberi come l’olivo, cespi (cespugli o arbusti) o come la vite che non è né albero né cespo, nel senso che è pianta legnosa ma non si sostiene da sola. Columella scrive ampiamente della vite e le sue lezioni riportano concetti che vengono ripetuti nei secoli successivi da altri autori di cose agricole, ad esempio lo scrittore medievale Pietro de’ Crescenzi e scrittori ottocenteschi i cui testi sono esposti in questa mostra. Alcuni di questi concetti sono in parte ancora attuali. Per esempio il fatto che alla vite si confaccia meglio la collina piuttosto che la pianura poiché questa è soggetta a nebbie che favoriscono muffe o altre malattie; tuttavia – scrive l’autore - è possibile coltivare la vite in pianura scegliendo varietà adatte e forme di allevamento alte. La tavola allegata al testo mostra alcune forme di allevamento della vite.

1.7 Giovanni Bottari, Sulla coltivazione dei litoraliPadova, tip. Cartallier e Sicca, 1838(PER MM 6 CAPS 5 33)

Giovanni Bottari (Chioggia 1758-Latisana 1814) aveva un piccolo podere sul litorale adriatico che chiamò “Deserto” alludendo alla sterilità del suo terreno. Egli si dedicò alla sperimentazione agricola nei terreni sabbiosi litoranei del Veneto e del Basso Friuli. Scrisse anche un testo, mai dato alle stampa: “Istruzione sulla formazione del vigneto nei terreni sterili”. Il Bottari per la coltivazione della vite nei litorali scelse come tutore il pioppo nero (Populus nigra) perché adatto ai terreni sabbiosi. Consigliò inoltre vari metodi per arricchire il terreno, per diminuirne la sterilità e per tenere sgombro il suolo dalle erbe che sottraggono quella poca umidità che il terreno è in grado di trattenere. Di temperamento irascibile ma generoso, il Bottari formò una generazione di agricoltori cercando di istruirli nelle pratiche corrette destinate a quei terreni estremamente poveri.La tavola, disegnata da Domenico Rizzi e stampata a Venezia nella bottega lito-grafi ca Deyè, illustra la sequenza di un impianto di vite maritata al pioppo nero in terreni poveri e sabbiosi.

1.8 Modifi cazioni del paesaggio viticolo bolognese (sequenza fotografi ca)

A) L’immagine del 1922 mostra la classica alberata composta da fi lari di alberi d’alto fusto tra i quali corrono festoni di vite. Forma di allevamento quasi scomparsa.B) Tracce dell’antica sistemazione idraulico-agraria a piantata nel comune di Cal-derara di Reno.C) Esempio di moderno vigneto specializzato. (Pianoro, Podere Riosto).

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Vetrina 2. Oidio, Peronospora e Fillossera: mali e ri-medi della viticoltura

La vetrina 2 illustra tre gravi problemi fi tosanitari della vite. Nel XIX secolo la viticoltura bolognese, non meno di quella delle altre regioni viticole italiane, fu soggetta a numerose malattie fra le quali, emer-sero per la loro gravità e per la loro rapida diffusione, due Crittogame (l’Oidio e la Peronospora) e, soprattutto, un insetto (la Fillossera). Il primo fungo, chiamato anche Crambo (3), era noto fi n dal tempo dei Romani. Per combatterlo sono state impiegate con successo le polve-rizzazioni a base di zolfo.

La Peronospora (2; 4; 5), introdotta in Francia dall’America nel 1878 con il materiale vivaistico importato per ricostituire i vigneti distrutti dalla Fillossera, ha trovato effi caci antidoti nei preparati a base di rame, e, in particolare, nella poltiglia bordolese da irrorare sulla chioma delle viti in vegetazione (6).

Il nemico più pernicioso per la viticoltura europea di fi ne ottocento fu comunque la Fillossera (7-10) la cui comparsa ha cambiato per sem-pre i vigneti europei.

Contro questo insetto a nulla valsero i classici interventi sperimen-tati (introduzione di soluzioni insetticide nel terreno, irrorazioni sulla chioma delle viti); risolutivo risultò invece l’innesto delle varietà eu-ropee sui vitigni americani geneticamente resistenti a questo fi tofago. Vitigni europei non innestati sono oggi presenti soltanto in limitatissime “nicchie ecologiche”.

In Italia il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio affron-tò con sollecitudine il problema della ricostituzione viticola facendosi promotore di sistematici studi tassonomici sulle varietà delle diverse regioni (vetrina 3), per il tramite di Commissioni ampelografi che provin-ciali e di Consorzi di Viticoltori con il compito di produrre il materiale di propagazione (viti innestate su piede americano) occorrente per il rinnovamento dei vigneti devastati dalla Fillossera.

2.1 Camillo Zucchi, Dialogo agrario sull’estinguimento delle malattie delle viti e delle uve non che per la conservazione de’ viniBologna, Tip. Chierici da S. Domenico, 1852(PER MM6 CAPS 5 34)

Questo opuscolo riporta un serrato e vivace dialogo fra un ignoto viticoltore e un ignoto interlocutore in vena di essere istruito sui mezzi utilizzati per combattere una malattia della vite identifi cabile con l’Oidio. Tra le reciproche contumelie che costellano il dibattito fi gurano consigli quali l’asportazione dei tralci visibilmen-

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te contaminati, fi no alla completa asportazione della chioma nei casi più gravi. Suggerimenti vengono anche formulati dall’esperto per la vinifi cazione delle uve contaminate.

2.2 M. Romano, Calendario popolare della PeronosporaMilano, Stab. tip. lit. Galileo, 1895(PER MM 6 CAPS 5 35)

Impreziosito da una copertina raffi gurante una sorridente vendemmiatrice che sorregge un cesto d’uva raccolta da viti sane e uno sconsolato viticoltore seduto ai piedi di viti prive di grappoli e di foglie e quindi visibilmente malate, questo “ca-lendario popolare” divulga notizie sulla Peronospora e sui principi per la sua lotta, descrivendo in particolare gli interventi e gli accorgimenti fi toterapici che allora venivano proposti per proteggere i vigneti dalle infezioni di questa Crittogama.

2.3 Giovanni de’ Brignoli di Brunnhoff, Giovanni Giorgini, Del Crambo: malattia che quest’anno corruppe l’uva in molte parti d’ItaliaModena, Tip. A. Rossi, 1851(ANA L. 2. 12 9)

La litografi a esposta appartiene a una memoria scritta dal friulano Giovanni de’Bri-gnoli di Brunhoff, professore di Botanica ed Agraria all’Università di Modena e

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direttore del relativo Orto Botanico insieme al prof. Giovanni Giorgini, sostituto di Chimica organica e Farmacologia nella stessa Università, per illustrare la storia e la morfofi siologia dell’Oidio, noto fi n dal tempo di Teofrasto, che in un suo testo tradotto dal greco al latino “De historia plantarum”, tratta del morbo dell’uva chiamato Crambo. In Italia nel 1767 fu segnalato da Giovanni Targioni Tozzetti. Successivamente molti scrittori di cose agricole trattarono di vari morbi della vite e dell’uva sia perché si copiavano a vicenda, sia perché non esistevano strumenti per meglio classifi care le differenti malattie. Il professore de’ Brignoli, utilizzando un microscopio, classifi cò questa Crittogama come Oidio, ma continuò a chiamarla Crambo. Egli ne osservò il ciclo biologico evidenziando che la manifestazione più evidente consisteva in una muffa biancastra che ricopre i grappoli e si manifesta dopo forti piogge seguite da insolazione.Nella parte superiore della litografi a, disegnata dal vero da Giovanni de’Brigno-li e stampata nel 1851 presso la litografi a modenese Goldoni, sono delineati i particolari microscopici del micelio, delle ife e degli sporangi, mentre le fi gure sottostanti rappresentano un grappolo d’uva il cui graspo e i cui pedicelli sono infettati dalla Crittogama e i successivi stadi di sviluppo della medesima sugli acini e sui tralci.

2.4 Gaetano Sgarzi, Sunto storico e botanico con alcune esperienze chimico igieniche intorno alla malattia dell’uva, in «Memorie della Società Agraria della Provincia di Bologna», VII, 1852-1853, pp. 232-234, 26 cm.(PER NAP F5;E5 1-22)

La litografi a esposta, disegnata dal Minardi e stampata a Bologna nella litografi a Corty e C., è tratta da una memoria di Gaetano Sgarzi, professore di Chimica farmaceutica nell’Università di Bologna, letta nella seduta della Società Agraria bolognese dell’8 maggio 1853. Dopo una dettagliata sintesi della letteratura tecnico-scientifi ca sull’Oidio della vite, da Teofrasto ai più moderni ampelopatologi, il disegno raffi gura un tralcio, un grappolo e tre foglie infette di una vite Moscatella, coltivata nel Giardino Botanico dell’Università di Bologna e tre immagini microscopiche della superfi cie del tral-cio, delle ife della Crittogama e di una goccia di mosto spremuto dal grappolo in questione. La memoria si conclude con la “scientifi ca” presentazione di una serie di analisi comparative dei mosti di uve sane e di uve infette.

2.5 Aser Poli, La Peronospora dei grappoliin «Giornale d’agricoltura del Regno d’Italia», XXV, 9, 1888, pp. 227-229, 25 cm.(PER NAP A4;A5 1-14;1-12)

La cromolitografi a esposta, disegnata da S. Casanova e stampata nella Cromolito-grafi a Francesco Casanova e fi glio, è tratta da un brevissimo scritto del professore Aser Poli che descrive dettagliatamente l’aspetto di un grappolo d’uva affetto da Peronospora. Questa Crittogama fece la sua comparsa fi n dal 1879, producendo danni considerevoli alle vigne. Essa attacca e fa cadere precocemente le foglie,

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ma è ancora più temibile quando colpisce gli acini. La Peronospora sui grappoli si può manifestare in due modi: nel primo il fungo mette fuori i suoi rami conidiofori nella parte inferiore delle foglie, ed allora si vedono effl orescenze bianche sui pe-duncoletti e specialmente intorno al ricettacolo fi orale. Questa forma si manifesta specialmente in primavera quando i grappoli sono giovani e prima o poco dopo la fi oritura. Verso la fi ne di maggio-inizio di giugno, favorita dal calore e dall’umi-dità, la Peronospora prende un rapido sviluppo sui giovani grappoli e li distrugge in pochi giorni. Gli effetti di questa forma di Peronospora sono l’annerimento e il disseccamento dei peduncoli, e successivamente dei fi ori, che cadono, lasciando dei grappoli neri, secchi, fi liformi, che sembrano abbrustoliti. Nel secondo caso il micelio del fungo sviluppa internamente agli acini rimanendo nascosto, senza che appaiano le fruttifi cazioni. In questo caso la Peronospora si manifesta d’estate quando gli acini si avviano alla maturazione. L’acino infetto cambia colore, assumendo una tinta rosso-bruna simile al cuoio scuro, mentre nel suo interno la polpa diventa bruna e marcisce.

2.6 Angelo Motti, Trattamento della PeronosporaReggio Emilia, Stab. Tip. Lit. Degli Artigianelli, 1889(PER MM 6 CAPS 5 36)

Questo opuscoletto di fi ne ottocento è dedicato alla lotta contro la Peronospora, con particolare riguardo alla preparazione e alla somministrazione della poltiglia bordolese, rivelatasi il più effi cace dei fi tofarmaci. La fi gura esposta raffi gura due operai intenti alla esecuzione di un trattamento antiperonosporico su viti allevate in alberata mediante una pompa a zaino azionata da uno di essi e seguiti da un fanciullo che trasporta, in deroga da ogni moderna norma previdenziale, due pesanti contenitori colmi di anticrittogamico. Un signifi cativo capitolo conclusivo dell’opu-scolo affronta per la prima volta il problema della possibile tossicità residua della poltiglia bordolese presente sulle foglie e sui grappoli delle viti trattate.

2.7 Ministero dell’Interno, Divisione dell’agricoltura, Nuovo pidocchio delle radici delle viti o Fillossera delle vitiRoma, Lit.Virano e Teano, 1878(BRI 26/C Caps 4 Opusc. 102)

In questo manifesto del 1878 vengono segnalate, da parte del Governo italiano, le prime avvisaglie sui pericoli di una possibile diffusione della Fillossera nel nostro paese. Viene premessa una sintetica descrizione della complessa biologia di questo pernicioso insetto e vengono quindi descritti i diversi mezzi di difesa adottati in altri paesi, dalla distruzione delle piante malate, quando l’infestazione è appena agli inizi, fi no ai trattamenti con solfuro di carbonio o solfocarbonato di potassio, alla totale sommersione del terreno e all’innesto dei vitigni europei sulle viti americane resistenti al patogeno. Il manifesto si chiude con un richiamo ai provvedimenti adottati dal Governo italiano per contrastare l’introduzione dall’estero della Fillossera insieme a materiale viticolo eventualmente infestato (leggi del 24.5.1874 e 30.5.1875) e con la raccomandazione, risultata poi vana, di segnalare tempestivamente gli eventuali vigneti sospetti di infestazione.

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2.8 Annuario generale per la viticol-tura e la enologia, A. 1 (1892)-a. 3 (1894)Roma, Bertero, 1892-1894(PER NAP B4 14-16)

Questa’accurata cromolitografi a della tavola II di questo Annuario presenta parte dei fi tofagi “nemici della vite”, dall’ Agrotide alla Tignola, dalla Piralide alla Fillossera nella complessa articola-zione del suo ciclo biologico.

2.9 Giovanni Monti, Non perdiamo di vista la Phylloxera, in «Annali della Società Agraria provinciale di Bolo-gna in continuazione delle Memo-rie», XVI, 1876, pp. 18-66, 26 cm.(PER NAP F5;E5 1-22)

La litografi a esposta, incisa da C. Bettini e G. Wenk su disegni di G. Lolli, appar-

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tiene a una memoria letta il 19 dicembre 1875 e il successivo 2 gennaio dal Socio Giovanni Monti per fare il punto sui molti e complessi aspetti della infestazione fi llosserica. Nei particolari la litografi a della tavola II illustra: 1) Tralcio e foglia di vite con galle di Fillossera. 2) Galla di Fillossera ingrandita. 3) Radichette di vite con nodosità provocate dalla Fillossera. 4-5) Radici di vite ingrandite con gruppi di Fillossera. 6) uovo di Fillossera. 7-9) Fillossere radicicole attere (giovane e adulta). 10) Fillossera alata vista dal di sotto.

2.10 Luigi Zerbini, La fi llossera e la ricostituzione viticola nel bolognese Bologna, Società tip. gia Compositori, 1937(BRI C/d 48)

Questa quarta edizione di un manualetto pratico dedicato ai viticoltori bolognesi per aggiornarli sui più recenti indirizzi della lotta contro le malattie della vite e, in particolare, contro la Fillossera ormai diffusa anche in 42 comuni della provincia di Bologna, è dotata di effi caci illustrazioni in bianco e nero e a colori e comprende anche una sintetica descrizione dei principali vitigni di uve da tavola e da vino, delle specie americane resistenti alla Fillossera, dei razionali criteri d’impianto e di conduzione dei vari tipi di vigneto e una sintesi della complessa legislazione all’epoca vigente in campo viticolo.

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Vetrina 3. Ampelografi a bolognese

La moderna viticoltura benefi cia di un patrimonio genetico (germo-plasma) straordinariamente ricco ed eterogeneo, il cui studio è compito dell’Ampelografi a. In Italia, dopo l’esordio di Giuseppe Acerbi (4), la tassonomia viticola ricevette un sostanziale impulso nella seconda metà del XIX secolo, quando il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio nominò una serie di “Commissioni ampelografi che pro-vinciali” coordinate da un “Comitato centrale”, per predisporre con criteri omogenei la pubblicazione di una “Ampelografi a italiana” allo scopo di contribuire all’incremento dell’industria vinicola nazionale. L’attività dei predetti organismi prese le mosse dal calamitoso diffon-dersi della Fillossera (7-10) e dalle esigenze del conseguente recupero delle zone viticole funestate da questo insetto.

Le descrizioni dei vitigni meritevoli di essere utilizzati in questa massiccia opera di ricostituzione dei vigneti fi llosserati comparvero, a partire dal 1875, sulle pagine di un Bollettino ampelografi co e nelle dispense di una Ampelografi a Italiana stampata a Torino tra il 1879 e il 1890 per rispondere in modo uniforme e coerente ai quesiti posti dalle schede ampelografi che in via di compilazione da parte delle Commissioni ampelografi che provinciali (1-2), adottando una comune terminologia per descrivere le foglie, i tralci, i grappoli, gli acini e i vinaccioli dei diversi vitigni. Talvolta le foglie furono anche direttamente stampate su fogli di carta (3) con l’antica tecnica della fi totipia.

Oggi le caratteristiche morfologiche dei lembi fogliari possono essere grafi camente ricostruite elaborando per via informatica le co-ordinate di alcuni loro punti critici, mentre sempre più importante è l’identifi cazione varietale basata sull’analisi molecolare del DNA dei diversi vitigni (fi ngerprinting).

3.1 Descrizione dei vitigni e delle uveModulo-questionario per il rilevamento dei caratteri dei vitigni[1870?], ds., 2 cc., 320 x 220 mm.(ANA Arch. Stor., Comm. ampelografi ca 6.3)

Copia del questionario predisposto dal Comitato ampelografi co centrale del Mini-stero dell’ Agricoltura, Industria e Commercio per la descrizione dei vitigni coltivati nelle varie regioni italiane. Questo questionario, che aveva per oggetto le foglie, i tralci, i grappoli, gli acini, i vinacciuòli ed alcuni caratteri fenologici e tecnologici, venne distribuito alle Commissioni ampelografi che provinciali perché descrivessero i vitigni dei territori di loro pertinenza.

21PRESENTAZIONE

3.2 Descrizione dei vitigni e delle uveOriginale del questionario manoscritto per il rilevamento dei caratteri dell’uva Alionza, compilato dalla Commissione ampelografi ca della provincia di Bologna.[1870?], ms., 2 cc., 310 x 210 mm.(ANA Arch. Stor., Comm. ampelografi ca 6.3)

La descrizione dell’uva Alionza da parte della Commissione ampelografi ca bolo-gnese compare in questa scheda che riporta sinteticamente l’indicazione dell’area bolognese interessata dalla presenza del vitigno e le principali caratteristiche ampelografi che e fenologiche del medesimo.

3.3 Saggi originali di fi totipia ampelografi caImpronte su carta di due foglie di vite (cv. Bottona e Angela)(ANA Arch. Stor., Comm. ampelografi ca 6.3)

Questo procedimento, già adottato fi no dal XVI secolo da Ulisse Aldrovandi e, nell’Ottocento, anche da Giorgio Gallesio, consisteva nel cospargere di nerofumo sciolto in olio la pagina inferiore di foglie tipiche che venivano poi stampate su fogli di carta assorbente in modo da lasciarvi una fedele impronta del margine e delle nervature. Attualmente sono più semplici e rapide da eseguire le fotocopie, l’eliocopie e le fotografi e digitali.

3.23.1

22 PRESENTAZIONE

3.6

3.5

3.3

3.7

23PRESENTAZIONE

3.4 Giuseppe Acerbi, Delle viti italiane, o sia materiali per servire alla classifi cazione, monografi a e inonimia preceduti dal tentativo di una classifi cazione geoponica delle vitiMilano, per G. Silvestri, 1825(ANA L.6.9)

Giuseppe Acerbi (1773-1846), diplomatico, e archeologo, pubblicò, nel 1825 una monografi a ampelografi ca allo scopo di ordinare con criteri “geoponici”, cioè agro-nomici e applicativi, i numerosi vitigni allora coltivati in Italia. Con quest’opera, purtroppo priva di illustrazioni, l’Acerbi precorse in modo originale e innovativo i metodi tassonomici poi adottati per la classifi cazione del germoplasma viticolo.

3.5 Girolamo Molon, Ampelografi aMilano, U. Hoepli, 1906(BRI 4/A MAN. 170)

Girolamo Molon, Professore nell’Università di Milano e autore di numerosi manuali pratici di Pomologia e di Ampelografi a, descrisse, sul fi nire del XIX secolo, una numerosa serie di uve da tavola e da vino, di portinnesti e di ibridi produttori diretti.

3.6 Alphonse Mas, Victor Pulliat, Le vignoble, ou histoire, culture et description avec planches coloriées des vignes à raisins de table et a raisins de cuve les plus generalment connuesParis, P. Masson, 1878-1879(ANA G. 3. 16 / 3)

Avvalendosi della collaborazione di numerosi specialisti anche italiani (De Rova-senda, Barone Mendola, Carlo Bianconcini, ecc.) gli ampelografi francesi Alfonso Mas e Vittorio Pulliat pubblicarono una grossa opera ampelografi ca corredata da suggestive tavole a colori fra le quali anche quella della varietà di uva bolognese Allionza descritta nel questionario per il rilevamento dei caratteri dei vitigni della Commissione ampelografi ca della provincia di Bologna.

3.7 Jean Baptiste François Rozier, Cours complet d’agriculture theori-que, pratique, economique et de medicine rurale et veterinaire: ou Dictionnaire universel d’agriculture, par une société d’agricul-teursA’ Paris, Rue et Hotel Serpente, 1781-1805(ANA N. 6. 2 / 10)

Medico e botanico francese del XVIII secolo il Rozier compilò nove dei dodici volumi di quest’opera naturalistica ricca di suggestive calcografi e, alcune delle quali di soggetto ampelografi co. Fra queste fi gura il disegno del grappolo, dei fi ori e della caratteristica foglia laciniata del vitigno Cioutat, verosimilmente riconducibile allo Chasselas Cioutat.

24 PRESENTAZIONE

3.8 R. Manzella, Tipologia degli acini d’uva in «Guida all’ampelografi a italiana» tav. XVII(PER NAP B. 7)

Questa grande tavola tassonomica eseguita da R. Manzella su disegno del fi orentino G. Lein, fa parte di un catalogo ampelografi co eseguito per documentare in modo sistematico e con la corrispondente terminologia tassonomica, i diversi organi (foglie, tralci, grappoli, acini, vinacciòli) delle varietà coltivate di vite. Il cata-logo era destinato a servire alla grande iniziativa programmata dallo speciale Comitato ampelografi co del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio in vista della ricostituzione post-fi llosserica del germoplasma viticolo nazionale.

3.9 Filippo Re, Annali dell’Agricoltura del Regno d’ItaliaMilano, dalla tipografi a di Giovanni Silvestri, 1812(PER NAP A. 5-15)

In questi Annali compilati dal cav. Filippo Re, segretario della Società Agraria della Provincia di Bologna e professore di agri-coltura nell’Università di Bologna, pub-blicati a Milano (in 22 volumi) dal 1809 al 1814, compare un “Catalogo delle piante coltivate nell’orto agrario della RealeUniversità di Bolo-gna nell’anno 1812”; tra queste un lungo elenco di uve bian-che e nere coltivate nel bolognese.

3.8

3.9

25PRESENTAZIONE

Vetrina 4. Il Consorzio viticoltori

Dai documenti conservati nell’Archivio storico dell’Accademia e dalle “memorie” si può osservare come la coltivazione della vite nel bolognese non fosse fi no al XIX secolo tra le attività agricole princi-pali. In pianura, territorio tradizionalmente considerato poco vocato per la vite, essa si coltivava quasi esclusivamente nei fi lari alberati. Inoltre non si curava particolarmente la vinifi cazione per ottenere un prodotto di qualità; ad esempio per la pigiatura non si separavano i grappoli sani da quelli ammuffi ti e questo portava ad avere vini di scarsa qualità e poco serbevoli.

Consapevole di questi grossi limiti, la Società Agraria del Dipar-timento del Reno nel 1875 ispirò la formazione di un Consorzio di viticoltori (2) presieduto da Filippo Bianconcini (1) e costituito da noti nomi della Bologna agraria (3) con lo scopo di aggiornare gli agricol-tori e di migliorare la qualità delle produzioni. Il consorzio promosse un’esposizione di uve bolognesi (4;5) che però non ebbe luogo per la scarsa partecipazione dei viticoltori (6). Il Consorzio ebbe vita breve e non riuscì a coinvolgere adeguatamente i viticoltori locali. Soltanto nella seconda metà del Novecento, nel bolognese si organizzarono Consorzi e Cantine sociali per promuovere la produzione e la com-mercializzazione di vini di qualità.

Di particolare interesse è la ultrasecolare “Vite del Fantini”, il cui DNA non sembra corrispondere a quello di alcuna varietà locale conosciuta.

4.1 Filippo Bianconcini, Cenni sulla coltivazione della vite nella pianura bolognese, in «Annali della Società Agraria provinciale di Bologna in continuazione delle Memorie», XIII, 1875, pp. 2-15, 25 cm.(PER NAP F5;E5 1-22)

Filippo Bianconcini fu promotore e Presidente del Consorzio viticoltori bolognesi. In questa sua “memoria” letta alla Società Agraria di Bologna il 30 marzo 1873, egli tocca vari argomenti che ritroviamo in molti autori posteriori, fornendo anche calcoli economici di convenienza.Egli scrive che la coltivazione della vite in alberata appoggiata a sostegni vivi, pre-valentemente gelsi per l’allevamento del baco da seta, è ottima in pianura purché i gelsi siano molto potati per ridurre l’ombreggiamento delle viti; non è invece consigliabile che tra un fi lare e l’altro si coltivi la canapa in quanto le due colture hanno esigenze nutrizionali diverse e si danneggiano reciprocamente. Meglio allora fare un vigneto specializzato.Bianconcini offrì la sua esperienza al Consorzio che aveva proprio tra i suoi obiettivi anche quello di migliorare le tecniche viticole del bolognese.

26 PRESENTAZIONE

4.2

4.1

4.4

4.3

27PRESENTAZIONE

4.2 Circolare del Consorzio di viticoltori bolognesi con sede nella resi-denza della Società Agraria, 24 maggio 1875Ds, 2 cc., 310x210 mm.(ANA Arch. stor., Consorsio di viticoltori 17.1)

La Società Agraria, consapevole del fatto che la produzione vinicola bolognese era molto al di sotto delle proprie potenzialità sia qualitative che quantitative, pro-mosse nel 1875 la costituzione di un Consorzio di viticoltori bolognesi. Il presidente Filippo Bianconcini con la circolare esposta analizza sinteticamente le ragioni dei modesti risultati e li individua nelle “norme puramente empiriche, le quali se fi n qui hanno potuto bastare ad una produzione solo idonea all’uopo dell’interno con-sumo, tornano troppo insuffi cienti a creare un’industria veramente profi cua per il commercio dei vini”. Il Consorzio si prefi ggeva innanzi tutto lo scopo di individuare, tra le troppo numerose varietà coltivate, quelle più idonee ad una produzione di qualità; inoltre di aiutare i viticoltori a scegliere gli ambienti pedoclimatici più adatti e le tecniche di coltivazione ed enologiche più aggiornate ed effi caci.

4.3 Elenco dei componenti il Consorzio di viticoltura[1875], ms., 2 cc., 310x210 mm.(ANA Arch. stor., Consorsio di viticoltori 17.1)

Il documento contiene l’elenco dei viticoltori aderenti al Consorzio Viticoltori. Oltre al Presidente Filippo Biaconcini, vi fi gurano nomi noti della Bologna agraria.

4.4 Modulo delle domande dell’Esposizione di Uve della Provincia bo-lognese nell’autunno del 1875, Ms., 4 cc., 310x210 mm.(ANA Arch. stor., Consorzio di viticoltori 17.1)

Modulo predisposto dal Consorzio per la richiesta da parte dei viticoltori di parte-cipare alla “Esposizione delle uve” programmata per il 1875. I viticoltori dovevano dare indicazioni sulle varietà coltivate che intendevano portare alla mostra e sui metodi di coltivazione al fi ne di elaborare una ricerca sullo stato reale della viti-coltura bolognese. Le risposte, unite alle notizie raccolte dalla Commissione ampelografi ca e “ordinate e studiate in appresso insieme a quelle delle future esposizioni, servano a formare un manuale pratico di Ampelografi a bolognese”.Il modulo compilato si riferisce al vitigno autoctono “Negrettino” molto diffuso nell’Ottocento e le cui caratteristiche sono simili a quelle della varietà “Canina”.

4.5 Manifesto dell’esposizione di uve della Provincia bologneseBologna, tip. Cenerelli, 1875(ANA Arch. stor., Consorsio di viticoltori 17.1)Riproduzione

Il manifesto pubblicizza l’esposizione di uve bolognesi che si sarebbe dovu-ta tenere nell’autunno 1875, organizzata dalla Commissione ampelografi ca del Consorzio Viticoltori bolognesi. Il fi ne principale di detta esposizione era quello

28 PRESENTAZIONE

di raccogliere in modo positivo ed esatto al possibile le notizie tecniche e de-scrittive più importanti intorno alle uve e di formare quasi un inventario… per poi venire mano mano con opportuni studi comparativi a una buona e defi nitiva scelta senza la quale non si può ragionevolmente sperare sorga presto l’edifi zio dell’industria vinicola.

4.6 Manifesto di revoca della mostraBologna, tip. Cenerelli, 1875(ANA Arch. stor., Consorsio di viticoltori 17.1)Riproduzione

Purtroppo l’iniziativa della “mostra delle uve” non ebbe successo e, visti i pochissimi aderenti all’esposizione, fu necessario “rimandarla all’anno successivo”. Di fatto l’evento non fu più riproposto.I viticoltori bolognesi non avevano capito l’obiettivo del Consorzio Viticoltori bolognesi per migliorare la qualità dei vini locali per farne un’industria e un commercio che andasse al di là del consumo famigliare, iniziativa che avrebbe contribuito al bilancio agricolo. Si dovrà giungere agli anni Settanta del Novecento perché si costituisse un “Consorzio dei vini dei Colli Bolognesi” che ha raggiunto gli obiettivi proposti gene-rosamente ma inutilmente dal Bianconcini e dal suo Consorzio cento anni prima.

4.7 Alphonse Mas, Victor Pulliat, Le vignoble, ou histoire, culture et description avec planches coloriées des vignes à raisins de table et a raisins de cuve les plus generalment connuesParis, P. Masson, 1878-1879(ANA G. 3. 16 / 2)

Nel testo “Le Vignoble”, enciclopedia francese che raccoglie notizie e tavole illustrate delle più importanti varietà europee del tempo, sono illustrati diversi vitigni italiani. Gli autori Mas e Pulliat citano Carlo Bianconcini, con il quale intrattenevano una fi tta cor-rispondenza e dal quale avevano ricevuto un elenco dei vitigni coltivati nel bolognese. La tavola esposta illustra la varietà Canina, la cui segnalazione non era però pervenuta

4.64.5

29PRESENTAZIONE

al Puillat da Bianconcini. Gli stessi autori francesi ritenevano che la Canina potesse essere un sino-nimo con cui si identifi cava una varietà nota al tempo con il nome di Negrettino.

4.8 Vite del Fantini

Luigi Fantini fu un appassionato cultore di storia bolognese e un profondo conoscitore del territorio collinare e montano bolognese che percorse infa-ticabilmente. Sua l’opera “Antichi edifi ci della montagna bolognese”: un documento-inventario di edifi ci e borghi molti dei quali oggi scomparsi. Du-rante le sue perlustrazioni nelle colline di Pianoro, nel 1964, il Fantini scoprì una vite antichissima, sicuramente ultracentenaria. La pianta, ha un gran-dissimo, unico ceppo (9) e si estende ancora con le sue branche per una trentina di metri (8). Abbando-nata e dimenticata per decenni la “Vite del Fantini” è stata recuperata da Stefano Galli; oggi gode di ottima salute ed è una delle emer-genze più curiose del territorio. La pianta non è innestata ed è quindi una rarità. Studi ampelografi ci sono stati fatti per capire a quale varietà potesse appartenere. In un primo tempo si parlò di Negrettino; pare invece che si tratti di una varietà distinta, che è stata iscritta nel 2008 al “registro nazionale delle varietà di vite” come P n° 350. (Pianoro 350).

4.9 Vite del Fantini: ceppo

Il ceppo, a portamento quasi orizzontale, ha prodotto tralci che, toccando il suolo, hanno radicato. Si è costituita così una pianta lunghissima che per moltissimi anni è stata riversa sul terreno e che soltanto in tempi recenti è stata sostenuta da un’impalcatura.

4.7

4.94.8

30 PRESENTAZIONE

GLOSSARIO

ACINO: frutto (bacca) della vite.ALBANA: antico vitigno bolognese.ALBERATA: antico sistema di allevamento della vite la cui chioma è sostenuta da altri

alberi (gelsi, olmi, fruttiferi, ecc.) disposti in fi lare.Albero: pianta arborea di grande sviluppo ed età.ALIONZA: antico vitigno bolognese. AMPELOGRAFIA: branca della Pomologia che si occupa della sistematica caratterizza-

zione e descrizione dei diversi vitigni. ANGELA: antico vitigno bolognese. ANTICRITTOGAMICO: fi tofarmaco destinato alla lotta contro le Crittogame. ARBUSTO: pianta arborea di modesto sviluppo.BARZEMINA: antico vitigno bolognese.BOTTONA: antico vitigno bolognese. BRUMESTA: antico vitigno bolognese.CANINA: antico vitigno bolognese.CENTURIAZIONE: Pianifi cazione territoriale romana che suddivideva il territorio in lotti

(centurie, m 710 x 710). Da essa, tramite la viabilità, i fi lari e i fossi, furono ricavati i campi rettangolari della sistemazione idraulico-agraria della piantata padana.

CESPO: insieme di rami e di foglie che si dipartono da un’unica radice formando una specie di ciuffo.

CHASSELAS: antico vitigno francese. Una sua sottovarietà (Ch. Cioutat) si distingue per le caratteristiche foglie profondamente laciniate e con lobi stretti e allungati.

CLASSIFICAZIONE GEOPONICA : classifi cazione agraria. CLONE: entità tassonomica subordinata alla cultivar (v.).CONIDIO: spora fungina asessuata.CONIDIOFORO: ifa fungina recante i conidi (v.).COVRA: antico vitigno bolognese.CRAMBO: cfr. Oidio.CRITTOGAMA: vegetale caratterizzato dall’assenza di fi ori (funghi, licheni, alghe,

batteri, ecc.), in contrapposizione ai vegetali con fi ori evidenti (Fanerogame).CROMOTIPIA: stampa a colori. CULTIVAR: varietà coltivata.DNA: acido desossiribonucleico; supporto delle informazioni genetiche di un orga-

nismo animale o vegetale.DRIZZAGNO: rettifi ca del corso di un fi ume o torrente.DUNA: monticello di sabbia formato dal vento nei terreni costieri sabbiosi.FILLOSSERA (Philloxera vastatrix): insetto parassita della vite, introdotto in Francia

dall’America sul fi nire del XIX secolo e quindi negli altri paesi viticoli europei, Italia compresa (1879). Comparsa inizialmente in Piemonte e Liguria, fu per la prima volta segnalata in Emilia Romagna (Imolese) nel 1892. Il ciclo biologico della Fillossera è complesso e prevede forme alate e forme attere. Risultati vani i vari sistemi di lotta inizialmente sperimentati (iniezioni di fi tofarmaci nel terreno, irrigazione dei vigneti, ecc.), la Fillossera è stata effi cacemente

31PRESENTAZIONE

combattuta innestando i vitigni europei su portinnesti di origine americana e sui relativi ibridi, approfi ttando del fatto che le radici di questi vitigni resistono ai micidiali attacchi di questo insetto.

FITOFAGO: nome generico attribuito agli animali inferiori (acari, afi di, insetti) che parassitizzano i vegetali.

FIOCINE: buccia dell’acino.FITOTIPIA: metodo di raffi gurazione delle foglie consistente nel cospargere di nerofumo

la loro pagina inferiore e nello stamparla poi su un foglio di carta assorbente.GALLETTA: antico vitigno bolognese.GERMOPLASMA: complesso dei biotipi (specie, cultivar, cloni) che compongono il pa-

trimonio genetico delle piante coltivate.GRAPPOLO: infruttescenza della vite, composta dal rachide, dai peduncoli e dagli

acini che, nel loro insieme, conferiscono al grappolo una conformazione com-patta o spargola, conica o alata, della quale l’Ampelografi a (v.) tiene conto nella descrizione dei diversi vitigni.

GRASPO (v. raspo): porzione del grappolo formata dal rachide e dai peduncoli.GRILLA: antico vitigno bolognese.IFA: fi lamento formato da microscopiche cellule cilindriche allineate a formare il

micelio dei Funghi. INSETTICIDA: fi tofarmaco destinato alla lotta contro gli insetti dannosi.LAMBRUSCA: antico vitigno bolognese.LITOGRAFIA: metodo di stampa di immagini incise con un particolare procedimento

chimico su lastre di pietra.MACERO: invaso di acqua stagnante destinato alla macerazione della canapa.MALIGIA: antico vitigno bolognese.MAPPA: raffi gurazione cartografi ca di un territorio.MEZZADRIA: vecchio contratto agrario in base al quale i prodotti di un fondo venivano di-

visi in parti uguali tra il proprietario della terra e il mezzadro che la coltivava.MICELIO: Complesso delle microscopiche ife (v.) che costituiscono l’apparato vege-

tativo dei funghi.MOSTO: succo d’uva spremuto dai grappoli di vite per pigiatura o torchiatura.NEGRETTINO: antico vitigno bolognese.NESTO (sin: epibionte): porzione aerea di un pianta geneticamente bimembre perché

innestata.OIDIO (Uncinula necator o Oidium tuckeri. Crambo): fungo microscopico noto fi no

dall’antichità, colpisce tutti gli organi verdi della vite. I danni più immediati sono particolarmente gravi sui grappoli e sulle foglie, mentre gli attacchi sui tralci si ripercuotono sulla vigoria della pianta negli anni successivi. L’Oidio si combatte con trattamenti pulverulenti a base di zolfo, iniziando all’epoca del germogliamento.

OSSICLORURO: anticrittogamico usato per difendere le viti dalla Peronospora.PAMPINI: foglie di vite.PARADISA: antico vitigno bolognese.PEDUNCOLO (sin. pedicello): porzione del grappolo dalla quale pende un acino d’uva.PERONOSPORA (Plasmopara viticola): fungo microscopico scoperto nel 1879, è, ancora

oggi, la causa di una delle peggiori malattie della vite. PIANTATA: fi lare di alberi inframezzati da viti.

32 PRESENTAZIONE

Finito di stampare nel mese di settembre 2010presso la Tipolito Tamari snc in Bologna

POLTIGLIA BORDOLESE: preparato allestito mescolando acqua, calce e solfato di rame usato fi n dal XIX secolo per difendere le viti dalla Peronospora.

PORTINNESTO (soggetto): porzione basale di pianta innestata e quindi bimembre. In Viticoltura i portinnesti hanno assunto, agli inizi del XX secolo, una importanza risolutiva nella lotta contro la Fillossera.

RACHIDE: asse principale del raspo.RASPO (sin. graspo): parte del grappolo composta dal rachide e dai pedicelli.RICETTACOLO FIORALE: parte del fi ore recante i sepali, i petali e gli organi sessuali. SOGGETTO: portainnesto.STRETTOJO (sin. torchio): dispositivo per spremere l’uva ed estrarne il mosto.TASSONOMIA: sistema di classifi cazione e descrizione di entità organiche animali o

vegetali quali Famiglie, Generi, Specie, Varietà e Cloni. TOMBA: terrapieno.TRALCIO: ramo di vite. TREMARINA: antico vitigno bolognese.UVA D’ORO: antico vitigno bolognese.VIGNA: vigneto specializzato.VIGNETO: appezzamento coltivato a vite (v. specializzato) oppure a vite e piante

erbacee (v. consociato). VINACCIÒLO: seme di vite.VITIGNO: cultivar o clone di vite.