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STORIA E TERRITORIO 1

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STORIA E TERRITORIO

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Direttore

Rossano PazzagliUniversità degli Studi del Molise

Comitato scientifico

Giuliana BiagioliUniversità di Pisa

Gabriel Jover AvellàUniversitat de Girona

Francesco MinecciaUniversità del Salento

Claudio SaragosaUniversità degli Studi di Firenze

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STORIA E TERRITORIO

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. . .

— Cesare Pavese, La luna e i falò

La collana Storia e territorio raccoglie studi storici sulle ri-sorse, le vocazioni e le potenzialità dei contesti regionalie locali, molte volte ingiustamente marginalizzati dal mo-dello di sviluppo contemporaneo, ricerche originali che sicollocano nel solco di un necessario passaggio culturale:riportare il territorio al centro dei processi di trasformazio-ne economica e sociale, leggere il patrimonio territorialecome prodotto storico che l’incessante incontro tra uomoe natura sedimenta nelle comunità locali, ridare forza edignità ai luoghi come orizzonti identitari secondo unalogica glocale. Il rapporto città–campagna, il paesaggio, leistituzioni e la famiglia, i sistemi economici e infrastrut-turali rappresentano i temi di fondo, affrontati sul lungoperiodo dal medioevo all’età contemporanea con approc-ci che spesso travalicano i confini disciplinari, superandola frammentazione della conoscenza e prefigurando unpensiero del territorio come fondamento unitario dellerelazioni tra locale e globale, tra identità e integrazione.

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Giuseppe Campagna

Monte Scuderi e la Valle degli Eremiti

Storia di un microcosmo siciliano

Prefazione diFederico Martino

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Copyright © MMXIVARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

isbn 978-88-548-7210-3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio 2014

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Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei.

Thomas de Aquino

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Indice

13 Prefazione 15 Introduzione

17 Capitolo I Il Monte Scuderi

1.1. Il Monte, 17 – 1.2. Attività minerarie, 36 – 1.3. La produzione della neve, 58 – 1.4. Il bosco e l’incolto, 65

79 Capitolo II La Valle degli Eremiti

2.1. La Valle della Santissima Trinità, 79 – 2.2. La chiesa della Santissima Trinità, 89

123 Appendice Documentaria 197 Bibliografia e Fonti 225 Indice dei nomi e dei luoghi

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Ringraziamenti

Un sentito ringraziamento a Domenica De Luca Mastroeni che per la passione mostrata verso la conservazione dei preziosi manoscritti dei suoi antenati ha permesso in larga parte che questo lavoro potesse giungere a compimento.

Ringrazio inoltre i professori Federico Martino, Giuseppe Restifo, Paolo De Luca e Francesco Paolo Tocco, la dottoressa Rosaria Stra-cuzzi, l’architetto Giuseppe Canneti e Carlo Gregorio per la disponibi-lità dimostrata.

Un ringraziamento a Luigi Caminiti e alla sua famiglia per la genti-le concessione di poter pubblicare le immagini relative all’eremo della Santissima Trinità1.

Un profondo ringraziamento alla mia famiglia e a tutti i miei amici e colleghi per il sostegno e l’incoraggiamento a proseguire sulla strada della ricerca storica.

1 N. B. Tutte le foto relative all’eremo della Santissima Trinità sono state effettuate per con-cessione della famiglia Caminiti proprietaria del luogo, se ne fa dunque divieto di qualsiasi riproduzione per volontà della famiglia.

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Abbreviazioni

ASM = Archivio di Stato di Messina ASP = Archivio di Stato di Palermo ADM = Archivio Ducal Medinaceli, Toledo AGC = Archivio Generale dell’Ordine Carmelitano, Roma APF = Archivio Parrocchiale Arcipretura di Fiumedinisi CPDM = Collezione Privata De Luca Mastroeni, Roccalumera

Misure e monete di Sicilia Misure lineari Grandi spazi: miglio (m. 1486,84) Piccoli spazi: canna (m. 2,064) = 8 palmi (1palmo = m. 0,258) = 12 onze Misure di superficie Salma (mq 22.310) = 16 tumoli (1 tumolo = mq 1394,43) Aratato (quantità di terra arabile in una masseria) = 12 salme (variabile da luogo a luogo) Misure di capacità Aridi: salma (l. 275,0888) = 16 tumoli (l. 17,193) = 16 mondelli Liquidi: botte = l. 483 (Messina) Esisteva anche la quartara = 16 quartucci; 2,5 quartare = 1 barile Per l’olio si usava il cafiso = l. 11,82 (Messina) Misure di peso Cantaro (Kg. 79,342) = 100 rotoli Rotolo (g. 793,42) = 30 onze (1 onza = g. 26,447) Monete Onza ponderis generalis (moneta di conto) = 30 tarì 1 tarì = 20 grani 1 grano = 6 denari o piccoli

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Prefazione

Non sempre ricostruire la “Storia” di un territorio è compito degli storici. Per citare solo un esempio, l’America Settentrionale esce dalla sfera d’interesse di naturalisti ed etnologi, per entrare nel mirino degli storici, solo col secolo XVII.

Ben diverso è il caso del Vecchio Continente e, in particolare, dell’Italia e della Sicilia. Qui, a partire dall’Età del Bronzo, la storia dell’ambiente naturale si intreccia sempre più con vasti processi di an-tropizzazione che modificano e plasmano la Natura. Questa chiave di lettura, contenuta, ad esempio, negli studi di Emilio Sereni sul pae-saggio agrario, è ormai divenuta patrimonio comune.

Il libro di Giuseppe Campagna non si sottrae a tale ispirazione e ri-costruisce le vicende di una porzione del territorio messinese alla luce della interazione tra comunità umana organizzata e ambiente naturale.

Senza omettere le non molte – e assai problematiche – notizie rela-tive all’epoca antica e agli enigmatici resti archeologici, la ricostru-zione si sviluppa prevalentemente intorno ai secoli basso-medievali ed all’Età Moderna. La scelta è resa necessaria dalle fonti, letterarie e do-cumentarie, attualmente disponibili. Ma il lavoro non costituisce la semplice rassegna di testi editi e inediti (anche se molti di questi ulti-mi sono utilmente pubblicati in appendice).

Piuttosto, cronache e documenti costituiscono il fondamento su cui poggia l’analisi delle attività produttive legate al Monte Scuderi e dell’importanza che assunsero nella vita economica e sociale dell’Isola. Luogo in cui veniva praticata la pastorizia e di cui venivano sfruttate le risorse boschive, il Monte fu anche sede di attività minera-rie di una certa importanza, che erano spesso affidate a mano d’opera specializzata “immigrata”. Né va trascurato il guadagno che si ricava-va dal singolare commercio derivante dallo stoccaggio della neve nei

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14 Prefazione

mesi invernali e dalla sua vendita, durante l’estate, per la produzione di gelati.

È intuitivo, dunque, lo stretto legame tra uomo e ambiente, che spiega le trasformazioni arrecate nei secoli (ad es. con la deforestazio-ne) al territorio e al suo paesaggio.

Ma il rapporto fra uomo e ambiente è sempre biunivoco e lo Scude-ri, a sua volta, influì sulla comunità umana che lo utilizzava a proprio vantaggio. Da mero fornitore di risorse, divenne anche suggeritore di “miti”. Tutti i luoghi dai quali gli uomini traggono sostentamento e ricchezza finiscono con l’assumere connotati “divini”. A maggior ra-gione i monti, sempre ritenuti luogo di residenza degli Dei. Lo Scuderi non fa eccezione e il libro narra le diverse forme di “numinosità” che attorno ad esso si svilupparono.

La principale traccia del divino era colta dagli antichi nella grande frattura che marca i connotati della montagna: essa sarebbe stata il ri-sultato del terremoto che scosse il Globo al momento della morte del Figlio dell’Uomo. Nella valle apertasi in quella circostanza, i cristiani del Medioevo edificarono un eremo di cui Giuseppe Campagna, sulla scorta dei documenti, segue le vicende. Ma, poiché gli uomini sono fatti anche (e soprattutto) di carne, queste vicende lasciarono presto il piano dell’ascesi spirituale e si svilupparono, prevalentemente, su quello di materiali interessi che ruotavano attorno al patrimonio della chiesetta della Santissima Trinità.

Il libro si chiude, dunque, con la narrazione delle prosaiche contro-versie giudiziarie, seguite all’incameramento dei beni ecclesiastici do-po l’Unità Nazionale, e delle beghe tra un arciprete e alcuni privati.

Il Medioevo era finito e la Modernità arrivava a grandi passi. E, a nostro avviso, non era affatto un male.

Federico Martino Università degli Studi di Messina

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Introduzione

Monte o piuttosto colle, che sollevasi di sopra i Nettunii, altrimenti Peloriadi, i quali, come altrove si è detto, stendonsi fra Messina e Taormina da setten-trione ad oriente con lunga giogaia. Se ne estende alquanto declive il supre-mo vertice, per una pianura circoscritta in circa un miglio, abbondante in erbe e piante ai botanici, ed opportune alla manipolazione dei farmaci. Quasi nel centro è una tortuosa, profonda, impenetrabile fossa, con acque forse che ne scorrono nell’imo, come si apprende dal mormorio. Sono scoscesi i lati del poggio e poco adatti alla coltura, ma vestiti di fecondi pascoli per nutrimento delle greggie e bagnati da gorghi di acqua, che vi scaturisce una fonte. Si osservano del pari vestigia di fabbriche e sepolcreti, monumenti di tempi antichi; e stimano, esservi dei magazzini, destinati forse a molire a vento, ma oppressi in ruine.1 Così l’abate catanese Vito Maria Amico nel suo Lexicon Topo-

graphicum Siculum del 1757 descriveva un monte della catena dei Pe-loritani a sud di Messina che: «Dicesi Scuderio, corrottamente anche Spraverio e da alcuni Saturnio2».

Da sempre oggetto di particolare attenzione per le sue ricchezze na-turalistiche e mineralogiche, attirò la curiosità di diversi autori nei se-coli scorsi, che di esso ci hanno tramandato varie descrizioni. Diverse le leggende di tesori nascosti nelle sue viscere che fiorirono tra la po-polazione, propiziate certamente dal ricordo delle attività minerarie che si svolgevano nel suo comprensorio, interessante la presenza di piante ed erbe rare che suscitarono spesso l’attenzione dei botanici, ed inoltre sul suo pianoro fu praticata la produzione del ghiacchio tramite l’attività instancabile dei nivaroli.

1 AMICO V. M., Dizionario topografico della Sicilia; tradotto dal latino ed annotato da

Gioacchino Di Marzo, Palermo 1855, pp. 481-482. 2 Ibidem.

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16 Introduzione

Prosegue l’abate Amico: «Indi succede la Valle degli Eremiti, ed un eremo fondato un tempo sotto l’invocazione della Santissima Trini-tà, e quasi incute orrore lo scoscendimento dalla parte rivolta a Messi-na3». Eremo abitato dal XVI secolo dall’ordine Carmelitano, fino alla soppressione del 1652, da parte di Innocenzo X, delle piccole case re-ligiose della penisola italiana e delle isole adiacenti.

Un microcosmo, quello dello Scuderi e della Valle degli Eremiti, attorno al quale gravitavano i tre piccoli centri ionici di Itàla, Alì e Fiumedinisi ma delle cui ricchezze naturalistiche, botaniche, idriche e soprattutto minerarie usufruì spesso anche Messina.

Dunque una ricerca microstorica che si prefigge una ricostruzione minuziosa – mediante lo studio di fonti bibliografiche e soprattutto ar-chivistiche – della vita materiale, religiosa e sociale legata al com-prensorio dello Scuderi e della Valle della Santissima Trinità durante il periodo medievale e moderno, e che ci consentirà, partendo dal par-ticolare, di esaminare problemi di più ampio respiro della storia sici-liana.

Figura 1. G. Delisle - Carte de l’isle et royaume de Sicilie (1726) - particolare.

3 Ibidem.

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Capitolo I

Il Monte Scuderi

1.1. Il Monte «Tra i colli s’alza in alto il Monte Nettunio, secondo che lo chiama

Solino, il quale hoggi è detto Spreverio, e dalla sua cima non solamen-te si vede il mar Tirreno, e l’Adriatico, ma nel mezo della cima ha una profondissima, e larghissima bocca, d’onde escono grandissimi ven-ti1». Con queste parole Tommaso Fazello nel De rebus Siculis decades duae ci traccia la descrizione del nostro monte2, si rifà all’opera di Caio Giulio Solino autore romano del III secolo d.C. il quale nell’opera Collectanea rerum memorabilium, nota anche nel medioevo con i titoli di Polyhistor e più raramente di De mirabili-bus mundi così avrebbe trattato del Monte Scuderi: «Laudant alios montes duos Nebroden et Neptunium. Et Neptunio specula est in pe-lagus Tuscum et Hadriaticum3».

Mi pare difficile identificare con certezza il Monte Nettunio di cui parla il Solino con lo Scuderi, vista anche la possibilità che si tratti del Monte di Dinnammare, dato che spesso le antiche denominazioni dei due rilievi montuosi venivano confuse come ben vediamo da uo passo del Lexicon Topographicum Siculum di Vito Amico nel quale al Din-nammare viene dato anche il nome di Saturnio che invece con più fre-quenza veniva attribuito allo Scuderi:

1 FAZELLO T., Le due Deche dell’Historia di Sicilia del R.P.M. Tommaso Fazello divise in venti libri. Tradotte dal latino in lingua toscana dal R.P.M. Remigio Fiorentino dell’istesso ordine, Palermo 1728, p. 45.

2 ID., De Rebus Siculis Decades Duae, Liber Secundus, Palermo 1560. 3 MOMMSEN T. (a cura di), C. Iulii Solini Collectanea rerum memorabilium, Berlino 1864,

p. 55.

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18 Monte Scuderi e la Valle degli Eremiti

Bimaris: monte, volgarmente Dinnammari, dagli antichi Saturnio, sulla spiaggia di Messina, così detto perchè dalla sua alta vedetta, secondo alcuni sovraneggia, due mari, il Tirreno ed il Jonio. È parere però di altri dirsi Din-namari, o monte delle damme, perchè le sue parti selvose e scoscese abbon-dano in damme. Da Diodoro poi è detto Calcidico, Dimmari dal Fazello. Af-ferma Briezio essere rivolto al Peloro, ma lo è verso mezzogiorno il nostro Nettunio; il Peloro, sollevasi a nord-ovest. I fiumi altronde separanli, quan-tunque sembrano unirsi. Dove un’antica vedetta, fabbricarono gli abitanti una chiesa alla beata Vergine, che ancor si rimane, con somma pietà frequentata.4 Anche il messinese Francesco Maurolico nel suo Rerum Sicanica-

rum Compendium del 1562 attribuisce al Dinnammare il nome di Net-tunio, passando poi alla citazione del Monte Scuderi: «Iuxta Messa-nam ad austrum duo sunt montes: Neptunius, specula utriusque maris, qui vulgo Dinnammari dicitur: et Cautericus remotior, et cavernosus, quem vulgo Montem Scuderium vocitant: ad aquilonem quoque inter montana Ciccia Mons editior, unde, et Aeolium mare, et Mamertinum fretum prospectatur5».

Diverse notizie ci vengono fornite sul nostro monte nella Messana Illustrata del gesuita peloritano Placido Samperi, l’opera composta nel decennio 1645-1654 impegnò l’autore fino alla morte tanto da non consentirgli una definitiva revisione, rimasta pertanto inedita, la Mes-sana circolò ampiamente manoscritta per quasi un secolo costituendo una insostituibile ed inesauribile fonte di notizie e documenti per i cul-tori delle memorie storiche cittadine. Solo nel 1742 venne finalmente data alle stampe a cura e a spese delle autorità comunali6.

Così si esprime il Samperi: «Habemus enim in agro nostro mamer-tino montem etiam num Saturnum appellatum, seu Chronium, ubi an-tiquissimae Urbis reliquiae nuncupatus, circa Urbis partem meridiona-lem, de quo Octavius Caietanus: Terremotu qui in Christi morte exti-tit, interscissus Mons Saturnius Messanam inter, et Tauromenium7».

4 AMICO V. M., Dizionario topografico della Sicilia; tradotto dal latino ed annotato da

Gioacchino Di Marzo, Palermo 1855, p. 144. 5 MAUROLICO F., Rerum Sicanicarum Compendium, Messina 1562, p. 9. 6 LIPARI G., Biobibliografia di Placido Samperi, in SAMPERI P., Iconologia della gloriosa

Vergine madre di Dio Maria protettrice di Messina, Messina 1644, Rist. anastatica, Messina 1991, p. LXVI.

7 SAMPERI P., Messana S.P.Q.R. Regumque decreto nobilis exemplaris et Regni Siciliae caput duodecim titulis illustrata, I, Messina 1742, p. 28.