Storia delle Innondazioni accadute l’anno 1748 e 1750 ... · proprio paese natale che resse a...

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Storia delle Innondazioni accadute l’anno 1748 e 1750 nella Giurisdizione di Pergine di Simon Pietro Bartolamei Copia fatta nell’anno 1915 P. Leonardo Pintèr

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Storia delle Innondazioni accadute

l’anno 1748 e 1750 nella Giurisdizione di Pergine

di Simon Pietro Bartolamei

Copia fatta nell’anno 1915 P. Leonardo Pintèr

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La Fersina e le inondazioni nel Perginese

Simon Pietro Bartolamei

Simon Pietro Bartolamei1 nacque a Pergine il 16 novembre 1709 da Simon Pietro, letterato, erudito e professore a Mantova e Anna Gentili. Cominciò gli studi a Trento presso il Collegio dei Gesuiti e, terminati i corsi di Umanità e retorica in terra tedesca, si trasferì a Bologna dove conseguì la laurea in diritto il 2 giugno 1731. Ritornato a Pergine esercitò l’avvocatura dedicandosi al contempo agli studi storici e letterari confluiti in diverse opere manoscritte2 sulle vicende del proprio paese natale che resse a più riprese in qualità di sindaco nel 1734, 1743, 1744 e 1750. Appassionato di archeologia, interpretò epigrafi e antichi documenti comunali, trascrivendoli nel 1743 nei quattro volumi delle “Ragioni della Magnifica Comunità di Pergine”, ancora oggi conservati presso l’Archivio storico del Comune di Pergine Valsugana e la Biblioteca comunale di Trento.

Fu autore della trattazione numismatica De Tridentinorum Veronensium Maranensiumque monetarum specibus et valore, pubblicata nel 1749.

Morì nel 1763 lasciando incompleti molti scritti di storia patria e di diritto civile, rimasti in possesso del figlio Gaetano , vice commissario della giurisdizione di Pergine.

Benché da taluni non sia ritenuto uno storico sempre sincero e obiettivo, soprattutto a proposito di vicende documentate in atti antichi, per le quali fu accusato di essere addirittura un falsario3, non vi è motivo di dubitare della veridicità del racconto relativo alle inondazioni, coeve al suo tempo e ben note in tutta la loro drammaticità ai suoi concittadini. Gli eventi risultano del resto documentati con toni e dettagli analoghi in altre fonti, in particolare il cronologio dei frati del convento francescano di Pergine4e dal libro dei sindaci della comunità di Pergine5.

Padre Leonardo Pinter

p. Leonardo Pinter (Pintèr) da: Biblioteca San Bernardino, Trento, ms. 871, I Francescani a Trento, v. II, anno 1948-49, p. 427 30/VIII. Dopo un mese di degenza nella nostra infermeria causa un tumore al fegato morì il confratello p. Leonardo Pintèr. Nato a Pergine il 7/II/1879, vestì l’abito il 21/II/1894 e il 26/II dell’anno seguente professò e il 31/I/1901 emise i voti solenni. Consacrato sacerdote l’11/IV/1903

1 Per approfondimenti sulla figura di Simone Pietro Bartolomei, si vedano: BCT, ms. 520 “Notizie biografiche di tre letterati della Casa Bartolommei di Pergine”; P. DE ALESSANDRINI, Memorie di Pergine e del Perginese, Borgo 1890, pp. 177-178; N. Forenza (a cura di), Pergine e la Fersina, Trento 1987; S. PIATTI , Pergine. Un viaggio nella sua storia, Pergine Valsugana (TN) 1998, pp. 917-920. 2 L’elenco completo delle opere conosciute di Simon Pietro Bartolomei, conservate presso diversi istituti trentini, italiani e tedeschi è stato redatto da Gabriele Wright, Bibliographia Simonis Petri Bartolomei, in Romania Occidentalis, vol. III, parte II, Gerbrunn bei Würzburg, pp. 182-184. Sulla base del ms. anonimo n. 520 conservato presso la Biblioteca comunale di Trento, Agostino Panizza ha elencato le opere attribuibili all’autore nel contributo Simon Pietro Bartolomei il giovane e i Mocheni del secolo passato, in Ser Paolo. Almanacco Trentino per l’anno 1886, pp. 98-101. 3 S. PIATTI , Pergine. Un viaggio nella sua storia, op. cit., pp. 918-926. Salvatore Piatti si soffermare a dimostrare l’infondatezza del presunto documento del 1166 relativo, confezionato a suo avviso dal Bartolomei per puro virtuosismo per attirare su di sé l’attenzione degli storici contemporanei con l’invenzione di una vicenda storica eclatante e prendersi gioco di autorevoli studiosi quali p. Bonelli e l’abate Tartarotti. Un altro falso sarebbe il documento del 1212, inventato dal Bartolomei per mettere in ridicolo la popolazione mochena. 4 ACPF, “Cronaca del convento dall’anno 1739 al 1776”. 5 ACP, Libro dei sindaci, n. 93.

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si mise al lavoro dedicando le sue forze alle varie congregazioni del TOF. Fu per qualche tempo cappellano all’ospedale Maddalena di Trieste. Zelò poi in modo speciale la propaganda per il culto della Madonna delle Grazie di Arco mediante medaglie, immagini e cartoline. Fu per qualche anno a Napoli direttore del TOF a Santa Chiara (1926-1929). Valente missionario e eserciziante. Sempre attivo ed operoso finché la malattia lo costrinse a letto. La morte non lo trovò impreparato e rassegnato al volere di Dio tranquillamente spirò assistito dai confratelli e dal nipote don Adolfo Spalt parroco di Nomi. Fu sepolto nel nostro cimitero. R.I.P.

Il manoscritto

La descrizione del Bartolomei era in origine allegata come legenda e ad illustrazione di una

mappa del borgo “redatta dallo stesso Bartolomei e conservata presso l’Archivio storico del Comune di Pergine Valsugana alla segnatura V, .. L’originale del documento non è stato ritrovato tra le carte dell’archivio ed il suo contenuto è al momento noto da una copia redatta nel 1915 dal francescano Leonardo Pinter sulla base dell’originale di proprietà di Giulio Rizzoli.

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Storia delle Innondazioni accadute l’anno 1748 e 1750 nella Giurisdizione di Pergine Scritta al meglio fu possibile da me Simon Pietro Bartolamei, aggiuntovi una carta topografica d’una parte di codesta Giurisdizione in cui sono delineate le rovine caggionate dalla Fersina l’anno 1686, e quelle caggionate pure da detta Fersina, e Rivi in essa influenti nelli anni 1748 e 1750.

Li mesi di Maggio, Giugno, e Luglio fino alli venti di detto mese dell’anno 1748 furono assai piovosi: il principio d’Agosto fu pure alquanto da dirotte pioggie intorbidito; ma la notte delli tredici circa le due della vegnente mattina si sentì nel Borgo di Pergine una leggera scossa di tremuoto, ed io stesso, dimorando in Falesina6 nel Casino di Cristel Motter vicino alla Chiesa la ho sentita assai forte, poiché il ponticello, ed il letto, in cui giacevo, venivano talmente scossi, che credevo, che qualche furioso vento schiantasse il Casino, non sovvenendomi allora, che ciò potesse essere l’effetto d’un tremuoto. Ma ritornato a casa mia in Pergine, veggendo, che la torre del fornello della stuffa stava appoggiata al muro, compresi, che il scuotimento della notte delli tredici era stato non un vento; ma il tremuoto e che vero era ciò, che alcuni dicevano, che il tremuoto nella notte delli tredici sentito avevano.

Li diecisette alle ore tre doppo pranzo si vidde il cielo ingombrato di nuvoloni assai oscuri, ed una grande nebbia sopra il monte hochvars, sopra il Confernos cioè Campo Fornace, e sopra la montagna Fruebech7 e la mattina delli dieciotto alle ore cinque e mezza osservai il cielo sopra detti monti coperto da nuvoloni neri e assai rossicci, e così durò sino le otto di mattina. E questi furono i fenomini, che precedettero una dirottissima, e mai interrotta pioggia di otto ore circa, da cui procedette la ruvinosa innondazione, che qui imprendo a descrivere.

Alle ore otto di mattina incominciò una leggera pioggia: sul mezzo giorno si fece assai grande, e così andò crescendo senza interruzione alcuna sino alle quattro ore doppo pranzo. Alle quattro poi pervenuta all’eccesso la pioggia, e vie più sempre crescendo senza intervallo alcuno, pareva, che il cielo non più versasse acqua a goccie, ma a fiumi; non v’era coperto che stagnasse, ne camere, in cui per il soffitto l’acqua non penetrasse. Anche la terra ormai da tant’acqua saziata, e quasi a forza riempiuta la rigettava da suoi meati in abbondanza; poiché nelle stesse cucine di Falesina, nelle Stalle e volti a pian terra sgorgava dalla terra l’acqua in copia, come io stesso colli propri occhi viddi. Onde a formare le nostre rovine il cielo e la terra, pareva che congiurato avessero. In questa guisa piovette fino all’ave maria di sera8. Ma pocco doppo cioè sull’imbrunirsi, alla pioggia, che assai più maggiore fatta s’aveva, s’unì un vento tanto violento che sembrava voler atterrare fino li monti; poiché sradicò alberi d’ogni sorta, anche di radici copiose muniti, ruvinò le Selve stesse come si vidde da poi nella montagna sotto del Spier9, ove al presente in una parte di quella non si vede, che la nuda selce.

Sull’imbrunire addunque, essendo al sommo eccesso cresciuta la pioggia, e questa così continuando si accrebbero talmente le acque de Rivi, che nella Fersina10 sboccano, e la Fersina stessa, che copersero tutte le ghiare.

Ma il rinforzo maggiore a queste acque fu gli somministrato dal Rivo Rigolor11; poiché ed il furioso, la dirottissima pioggia; e l’acqua che dalla terra sgorgava avendo distaccato alcuni pezzi di selva, e questi colle loro radici e terra essendo stati12 portati nel Rigolor, si attraversarono, e costruirono fortuitamente una alta e forte barricata, o sia serraglia in detto Rigolor nella parte ove è 6 Falesina: abitato sito alle pendici del monte Orno a circa km dal borgo di Pergine 7 hochvars … Fruebech: si fa riferimento alla Montagna Granda. 8 Cioè fino alla 17, ora in cui 9 si tratta dello Spiez 10 il torrente Fersina, detta popolarmente la Fersina nasce … per affluire nel fiume Adige dopo aver percorso la valle dei Mocheni, nota come valle del Fersina, l’abitato di Pergine Valsugana, la periferia del civezzanese, Ponte Alto, Trento 11 il rio Rigolor nasce sul è affluente del torrente Fersina all’altezza dell’abitato di Canezza. 12 stati: aggiunto nell’interlinea.

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più ristretto; e da questa essendo state l’acqua del Rivo, e quelle, che da laterali monti e rivi in quello influiscono per lungo tempo trattenute, fino che ad una smisurata altezza crebbero.

Finalmente spezzato l’ostacolo, a furore si andarono a gettare nella Fersina, tirando seco ed arbori ed una prodigiosa quantità di grossi macigni, mediocri, e minuta ghiaia.

Questo Rivo nel sboccare gettò a terra tutte le case ed Edifici, cioè di Fucine molini e seghe che di là di Canezza13 nella sboccatura del Rigolor giacevano, ed una fucina la più14 alla Fersina vicina sotto alle sue rovine sotterò conducendo nella Fersina quasi tutte le mobilie, che in dette case ed edifici ritrovavansi.

Avendosi così il Rigolor alla Fersina unito schiantò la forte Rosta posta sotto alla Chiesa di Canezza, che alle prime case di parapetto faceva, indi il mulino e casa di Cristel Morel a quella attaccato, e poco vi mancò, che quasi tutta la Villa di Canezza non perisse, se quella gente con bravura indicibile per il spazio di tre giorni e notti non si avesse difesa.

Ingrossata di tal maniera, come disse, l’acqua della Fersina andava scorrendo verso il monticello detto il Crozzo di Canezza, che sta dirimpetto al monte Busnech: ivi pervenuta perché la lingua di questo monticello gli muta la direzione e perché ivi per escire da quel passo alquanto stretto conviene che con maggior impeto esca, si portò con tanto impeto e perpendicolarmente nella Rosta, che fa fronte al mulino attaccato quasi alla lingua del monte di Sedelle15, che doppo alcune ore la scompaginò.

E qui è da notarsi, che la quantità dell’acqua era tanta, che le Roste sorpassava non solo; ma ben anche quelle16 superava al di sopra di quattro piedi e più, nella parte però attaccata al monte di Sedelle, come da legni e fecci galleggianti rimaste sul scoglio attaccato al molino si vidde.

Ma che dirò del rumore parte dal combattimento de furiosi venti, parte dalla caduta della pioggia, parte dalla precipitosa discesa delle acque de Rivi, e parte dalli urti delli arbori su de pendii agitati da venti, parte dal rotolamento de Macigni, parte dal rovesciamento di case ed edifici, parte dalli arietamenti delle legne e travi, che dal torrente rapiti od andavano se stessi urtando, o qualche opposto ostacolo, caggionato? Io non ho sentimenti ne frasi adequate per esprimerlo. Solo posso dire che pareva, che tutti i circongiacenti i monti andassero in rovina.

Era una parte delle Roste ovvero Arche cuoprente il molino posto appresso le medeme, ed il monte, vecchia, e forse anche malamente lavorata, quale, come si disse, fu dalli violenti e continui urti della Fersina e legne da questa condotte, circa le undici ore tedesche di notte, scompaginata, ed affatto in lunghezza di circa 20 pertiche atterrata. Quindi l’acqua per la breccia entrando a furia, ritrovato il molino, che gli faceva opposizione, e che per la sua fermezza non potè essere atterrato, empitolo di ghiaia e postolo sotto a quella fino a un terzo della sua altezza, in tre parti si divise. Non soffocò però ne altrimenti in quello uccise persona alcuna; poiché il molinaro Giovanni Carlino detto Secco preveduto il pericolo, pocchi momenti avanti avendo caricato un mulo de mobili, presi secco i piccioli figliuoli colla moglie fuggito si era.

Divisasi addunque l’acqua per la breccia sortita, in tre parti, una prese il vado della Roggia grande17 verso Pergine, l’altra innondò ed inghiarò gli Prati dal mulino fino al Stradone che porta in Canezza, e dal mulino in giù fino all’edificio del Lottone18 e d’indi si portò nel predetto stradone: la terza parte gettata a terra la Pontara, che porta sul ponte per andare in Canezza si fece strada dietro alle Roste per i prati ed andò in parte a sboccare sul stradone per mezzo alla fucina del Rame detta al Lottone, e parte seguendo il suo corso per i prati verso Pergine entrò nella strada detta anticamente Crosara19 che dal ponte di Serso20 incominciando conduce direttamente verso le paludi 13 Canezza: attuale frazione del Comune di Pergine Valsugana dista … presenza di mulini ed altri opifici che sfruttavano la forza motrice dell’acqua del torrente. 14 Nel testo originale segue (vicina). 15 monte di Sedelle: sovrastante l’abitato di Zivignago 16 Segue (sorpassava) depennato. 17 Si tratta del canale macinante che attraversava il paese 18 fucina dell’Otton in prossimità dell’abitato di Zivignago in cui veniva fuso il rame. 19 Nella legenda a corredo della mappa, il Bartolomei riferisce a proposito della via Crosara: “Via detta Crosara, che va a riferire su in cima ai Prati detti del Bagno e per la quale si va in Castello. Si noti che su questa strada vi è un termine

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della Peschiera posta dietro il monte del Castello21 e per quale scesco il monticello di Sant Pietro si va in Castello predetto.

Finalmente l’altra mettà della Fersina non potendo tutta per la breccia escire si contenne bensì nel suo vaso; ma sotto le chiesure di Serso urtando in un Penello o sia sporto di legname e sassi fabricato, appartenente alli Fratelli Casapiccola di Serso e che difendeva un loro Vignaletto, da quello ripercossa fu gettata nella Rosta che fiancheggiava il prato Valdagni posto pocco sopra il monticello in faccia la Pontara di Serso, della quale gettatane a terra circa pertiche 50, ed in detto prato entrata, e copertolo d’una prodigiosa quantità di materia d’ogni sorta, non che di grossi macigni si condusse in parte verso il stradone, parte scorrendo dirittamente giù per i prati verso le Fornaci, un’altra porzione sul stradone uscita si unì a quel grande ramo, che portavasi dietro la Parroccchiale22, e finalmente un’altra parte si congionse alli altri rami giù al stradone vicini.

Essendosi addunque il ramo passato dietro alle roste, in più parti diviso condusse via, vallonò, e devastò quasi tutti Prati dalle roste fiancheggiati fino alla strada, che dalle case di Zivignago appresso alla Fucina detta del Lotton passando si porta verso settentrione, e finisce al ponte di Serso.

Questo ramo e quello che scorse per il stradone fecero ruvine indicibili; imperocché devastarono gli prati, sradicarono gli morari23 in quelli situati, gettarono a terra gli muri de fondi, strapparono, e sotterrarono gli Alni24, che copiosi nel stradone si ritrovavano ed una gratissima ombra a passaggieri somministravano; atterrati i muri, che circondavano il Broilo, orti e corrtile al Loton, ne devastarono la superficie, condussero seco per lungo tratto gli pomari in piedi, che di frutta carichi erano, innondarono ed inghiararono la Fucina e Case del predetto Loton, essendovi rimasto il sedimento nelli appartamenti a pian terra alto due piedi e più: condussero via tutte le fratte, che sul stradone verso mattina, o sia a mano sinistra situate erano; copersero di ghiaia li prati laterali, ed incavarono in più parti il stradone, ove vallonandolo, ed ove la ghiaia ammassando: e sotterarono per la mettà della sua altezza una casetta tra il molino Lener e la strada posta.

Il ramo poi che seguitò la roggia grande, sormontando l’alveo di quella, inghiarò i prati annessi, innondò le case vicine alla Roggia poste; incavò la strada che in Zivignago conduce e fece anch’esso i suoi danni, limando i prati sotto Zivignago.

Arrivato il ramo che seguitò la roggia al monticello posto sul spiazzo per cui passa l’acqua de fossi delle paludi dietro Castello situate, incontrò l’acque del Rivo di Vignola25, che anch’esse copiosissime ogni cosa opposta schiantando, in compagnia delle acque de slavini del monte Horn verso Pergine dietro Castello scorrevano.

Qui amendue queste acque unitesi, ritrovato il muro, che fa fronte al prato Alberti, che gl’impediva di scorrere per i prati verso contrada tedesca26, di molto si alzarono e retrocedendo verso la segha Lenera o sia Wolchenstain sollevarono quelle borre, e quei roveri che su que’ spiazzi giacevano, e fecero su medesimi spiazzi o nelle paludi come un lago. Ma crescendo via più per l’accessione dell’acqua quel medesimo lago, il muro più non resse al grande peso; onde quello cadendo, tutta quell’acqua e quella che e dalla Fersina e dalli Rivi di Vignola e dal Horn continuava a venire, entrò per i prati detti anticamente del Bagno. Qui pure questo grande ramo fu ingrossato da un altro; imperrocchè staccatasi dal stradone una parte di quell’acqua attraversò la roggia e al

di pietra che divide la Regola di Pergine da quella di Serso e tirando in giù verso Costasavina va a riferire ad un altro termine posto su la strada segnata N.° 15: dal detto termine a questo passava anticamente, cioè fino all’anno 1686 una strada che separava le sud-te Regole, questa ****.La strada poi, che tagliava quella detta Crosara nella parte superiore verso gli Piazzoli fu per incuria dei Borghesi in parte chiusa ed occupata dalli Possessori degli aderenti fondi come tutt’ora si vede: questa sboccava su la strada che da Serso porta al Lotone”. 20 abitato 21 La zona coincide con l’attuale abitato di Fontanabotte, noto anche come drio castello. 22 la chiesa parrocchiale di Pergine, dedicata alla Natività di Maria. 23 gelsi 24 ontani, detti popolarmente auni. 25 26 Il quartiere del Marcadel in contrapposizione a via Maier, contrada ‘taliana.

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disopra del molino Bertoni, e al di sotto, ed entrata nei prati si congiunse coll’acqua che dicemmo; e scorse verso Pergine. Ma arrivata un poco al di sotto della Fucina Ferraria di Gerolamo Prada si divise in due parti: una parte venne per la strada, che dalli prati sbocca tedesca appresso alla fontana superiore, e l’altra scorrendo a destra i prati Silli e Lupi atterrò una parte del muro dell’orto Grandi, per dove entrata di nuovo si suddivise, passando una parte per il cortile consortale Amech, Martini, e Grandi, e l’altra distrutto il muro del cortile di Giovanni Ghirardi fornaro passò per il di lui portico, e sboccarono amendue questi rami nella contrada che porta sul mercatello dirimpetto alla Casa Reggia Minerale ed a quella del Sig.r Antonio Grandi, ed indi unitisi si conginsero al ramo che dalli prati per la strada scorreva. Onde costituita una molla d’acqua assai grande, ne potendo essere dalla contrada capita senza di molto alzarsi, nello stesso punto dell’unione precedente si disunì portandosi una parte per la strada del Tegazzo27, e l’altra per contrada tedesca; la prima passando dietro al Palazzo Wolchenstain pervenne nella piazzola di S.t Elisabetta e l’altra per mezzo a casa Cerra. I danni e ruvine che questi rami caggionarono, furono assai grandi, poiché i prati detti dei Bagni furono inghiarati e vallonati, gli muri laterali della strada, che dalli prati sbocca alla fontana superiore per la maggior parte atterrati, la detta strada incavata ove piedi 9 ove 8 ove 5, le case Grandi, Amech, Martini, e Ghirardi innondate e limate, la contrada tedesca verso la parte superiore vallonata alla profondità ove di due, ove di tre, ove di quattro piedi; da casa Fontanari in giù fu di molto alzata da ghiaia e sassoni; fu pure vallonanata la strada posta dietro il palazzo Wolchenstain, e tutte le case di contrada tedesca a sinistra ed a destra poste, innondate, e le caneve empite. Anzi tanta era l’acqua, che entrava per le case, che quella uscir doveva nelle contrade laterali verso settrentrione e mattina: cadde anche una parte del muro delli28 orti attaccati alla strada verso mattina, osia orientale. Anche alcune case verso il Tegazzo fino alla casa Andreati furono dalla grande mole del acqua non capita dalla contrada innondate: anzi entratavi l’acqua gettò a terra i muri de cortili, ed andiede a guastare gli orti posti di sotto fino a casa Gulielmi, quale fu pure innondata e dalla parte della strada e dalla parte delli orti: Casa Spitzera fu pure dall’acqua visitata, colle case poste alla Fontana di mezzo<.>

Ma ritorniamo al ramo che passò per contrada tedesca. Questo pervenuto su la piazzetta posta tra casa Cerra, Alberti e Lazeri, e come si disse, avendo ivi fatta una grande deposizione di materie si divise in due parti, una scorse nella piazza della Dogana29, e l’altra proseguì verso la Fontana di Mezzo. Ove unitasi col ramo, che scorreva per la piazzetta di S.t Elisabetta, e sotto i Portici, scorse per contrada Italiana verso l’osteria Mottesi. Pervenuto questo ramo per mezzo a Casa Rusca ed indi a casa Monte, fu impinguato dalle acque, che dal Tegazzo in larga copia per le androne di questo nome, e da quelle, che scendevano per la Pontara in fondo Pergine. Onde unitamente scorrendo e conducendo seco e da sopra Pergine e dal Tegazzo grande quantità di ghiaia (poiché l’impeto della pioggia, e dell’acqua congiontasi aveva sul Tegazzo fatto tre grandi valloni) alzarono detta contrada di ben tre piedi; si che empite le caneve ed appartamenti a pian terra di limo, e ghiaia, le case di codesta contrada corsero l’istessa sorte delle case della contrada superiore. Ne furono bastevoli a trattenere l’impeto, e la gravità dell’acqua le porte chiuse; poiché quantunque l’acqua seguisse la linea radente, con tutto ciò una parte furono da cardini levate, parte aperte mediante la piegatura, o scavezzatura de catenazzi, e parte nella parte inferiore frante e fracassate.

Arrivato che fu questo ramo pocco sopra l’osteria Mottesi, si divise, scorrendo una parte verso il Palù30, e l’altra per la Piazza delle Oche giù per la strada e prati delle Garberie. Questi due rami scavarono di molto le strade per cui passarono. Il ramo che scorreva verso il Palù, essendo arrivato al prato Ippoliti detto il Paradiso, si divise parimenti in due parti, una seguì fra posta al prato del Paradiso, ed i Sacchi, che non meno delle altre fu vallonata, l’altra si portò per i spiazzi sopra la sega Carli nel Palù ed indi nel Lago di sant Cristoforo.

27 Quartiere ai piedi del castello 28 Corretto su degli. 29 Ovvero piazza Municipio, giacché la dogana era situata al piano terra della casa comunale. 30 La zona paludosa verso il lago di S. Cristoforo, come era chiamato comunemente fino all’Ottocento il lago di Caldonazzo.

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Il ramo scorrente per la strada delle Garberie limati i prati laterali, e gettata a terra una parte de muri di quelli si portò nelle Palludi e Campi posti al Piede della Campagna di Susà31, quali parte inghiarate, parte limate all’altezza di due piedi circa seguendo il Fosso si portò anch’esso nel Palù ed indi nel Lago di S.t Cristoforo. Nel Fosso però, ne nelle Palludi l’acqua tutta non vi era capita; poiché allagò anche i campi di là dal Fosso verso Susà e col suo sedimento limoso di molto la loro superficie alzò.

Ma il ramo formato dalle acque, che dalle case nella contrada verso settentrione usciva portatosi in Piazza della Dogana, ove con quello unitosi, che da contrada tedesca scorreva in detta Piazza, doppo averla allagata si divise in due parti; una progredì per la contradella posta a mattina verso sant’ Rocco32 e l’altra scorse per la strada posta tra l’orto Carli, e quello olim Anfertaller nella Piazza delle Oche, ove poi si congionsero col ramo che da contrada italiana procedeva, e scorreva nelle palludi poste sotto alle Garbarie.

Da questi rami furono innondate le case poste sulla Piazza delle Oche: la contrada che da Piazza della Dogana porta in Borgo nuovo, o sia di s. ta Margarita33 fu un pocco allagata; ma senza danno delle case, poiché il sedimento fermatosi nella Contrada arrivava ad un solo mezzo piede.

Abbiamo lasciato il grande ramo, che per il stradone, in Canezza conducente, scorreva, sul’ stradone predetto, ove viene intersecato dalla strada detta Crosara: ora al meglio, che potrò, mi sforzerò di seguirlo. Questo essendo assai grande, non contento del stradone entrò nelli Orti e Prati laterali, gli devastò, ed empì di ghiaia: lateralmente poi del stradone atterrò da fondamenti il molino Wolchenstain, pose sotto alla ghiaia fino alla metà dell’altezza la Casetta Andermarchel o sia Laus ora Aichner, e quella appartenente alli fratelli Hos, le altre le inghiarò anch’esse, ma non più, che all’altezza di due piedi e mezzo: ed il stradone dal Molino Bertoni fino a Casa Paoli fu alzato ove piedi dieci, ove otto, ove cinque. Arrivato poi al Capitello Pincegher34, ed atterratolo, si divise in due parti; una si condusse verso il Mercatello, e la maggior parte seguitò il suo corso dietro la Parocchiale, rovesciando i muri del prato Wolchenstain a settentrione posto e parte di quelli del Brolo Montel posto a mattina; e del Brolo della Canonica, e del Prato Rosa, non che quelli del prato Wolchenstain giacente sopra il Convento de P.P. Riformati35. Ma lasciamolo, e corriamo dietro al ramo, che sul Mercatello si portava. Questi scorrendo per la contrada, che dal capitello Pincegher conduce al Mercatello, doppo di quello e le circongiacenti case allagato; le camere, portici, ed appartamenti a pian terra empito (avendo anzi sul Mercatello lasciato un sedimento d’un piede e mezzo) si divise in tre parti: una entrata nel Cemeterio innondò la Parocchiale, Canonica, orto e Brolo di quella, e sboccò sul stradone nel grande ramo, un altra entrando per la porta di casa Bertoni, scorse per i prati sottoposti, ed uscita dalla porta giù in fondo de medemi nella contrada di Borgo nuovo, empite le cantine, allagati i appartamenti a pian terra, passò parte per la stradella opposta ne prati delle Garberie, e parte allagate le case ed orti posti su la contrada di Borgo nuovo a mano sinistra, entrò ne predetti prati delle Garberie, ed indi dalle Palludi per il Fosso nel Palù grande. La terza parte scorse per la strada posta tra il Cemeterio, e Casa Bertoni, ed andò ad unirsi al ramo del stradone, che dietro la Parrocchiale scorreva, avendo però nel suo corso empite, ed inghiarate le case su la contradella poste.

Se poi ci portiamo ad osservare il ramo, che dietro le roste passando, lo abbiamo lasciato su la strada Crosara, lo vediamo qui a dividersi in due parti: una gettato a terra una porzione del Prato Alberti posto sotto alla predetta strada, entrò per que’ prati, ed inghiarati in parte, ed in parte vallonati profondamente gli prati Alberti, delli P.P. Agostiniani e Gesuiti di Trento, Leporini e Salvadori, atterrata una parte di muro di detto ultimo prato giù in fondo posta, sboccò sul stradone, e si unì a quel grosso ramo, che per quello scorreva. L’altra parte scorrendo per la strada posta a

31 Susà. Abitato sul conoide della Marzola. 32 Chiesa di S. Rocco in piazza delle Oche 33 attuale via Pennella 34 Nella legenda il Bartolomei riferisce che il “Capitello Pincegher [era] posto su in capo la contrada che dal mercatello porta in Canezza”. 35 convento dei padri francescani eretto nel 16 6

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destra del Prato Salvadori verso settentrione, e scavatala al altezza di piedi dieci, gettata a terra la maggior parte de muri ed alberi de prati aderenti, arrivò un pocco sopra la strada che da Serso conduce al Capitello Pincegher, ove divisosi in tre parti, una attraversato il Prato Moar, e la detta strada, devastò il Campo Valdagni, ed il Campo Amech, e gettato a terra il muro di quello posto su la strada che dalla Parocchiale porta verso Vigalzano36, e attraversata anche questa strada, rotto il muro del Campo Amech posto sotto detta strada si portò pallante giù per que campi e Prati, inghiarando e vallonando, e devastando il tutto. Indi escito, doppo aver atterrati i muri de campi posti sopra e sotto la strada che passa tra il Convento, campo Alpruni e Mottesi, scorse per i campi attaccati al stradone posto dietro il Convento, gli vallonò, e limò, uscendo poi dal Campo Carli nel Prato Altempurgher, doppo aver fatto in quello eguali rovine, sboccò nel stradone Imperiale, che a Trento conduce. La seconda parte di questo ramo, parte seguendo la strada, che da Serso conduce al Capitello Pincegher si unì al grosso ramo del stradone scorrente dietro la Parocchiale: e parte entrata nel prato Wolchenstain posto sotto la strada, doppo averlo inghiarato e devastato, attraversata la strada, che dalla Parocchiale a Vigalzano conduce, gettati a terra i muri del Prato Rosa, ed inghiaratolo, scorrè per il prato del Beneficio di Santa Barbara in quello Wolchenstain, ed urtando di perpendicolo in quella parte del muro del Convento de PP.RR. di S.t Francesco, che è posta tra l’angolare capitello della Concezione esterno, e l’interno di Sant Francesco37, lo atterrò. Così entrata nella selva, Brolo, ed orto del Convento, doppo aver il tutto posto sotto acqua col convento stesso, ed alzatone la superficie col suo sedimento per ben due piedi, ruppe una grande parte di muro posto sul stradone Imperiale, che bene sarà stata della lunghezza di pertiche trenta, ed uscì sul predetto stradone in faccia di Costasavina38.

La terza parte seguendo la strada, che attraversa la strada, che dalla Parocchiale a Vigalzano conduce, si portò assai profondamente incavandola, nel stradone Imperiale sotto al Convento.

Ma ci conviene ritornare sulli spiazzi di santa Margarita. I<l> ramo grande che detto abbiamo, scorreva dietro la Parocchiale, avendo detti spiazzi parte assai profondamente incavati e parte di ghiaia alzati pocco sopra la Chiesa di Santa Margarita si divise, ed una parte scorré39 per la strada dietro l’ospitale40 nelle Palludi; ed indi per il Fosso si votò nel Palù grande: un’altra parte spezzata la porta dell’Ospitale, e quello inghiaratolo si portò per i prati sotto l’ospitale nel Fosso, e per quello nel Palù grande, avendo lasciato nel suo corso sopra que prati parte ghiaia, più in giù sabbia pura, e vicino al Fosso limo. In Borgo nuovo non entrò, che pocca acqua; poiché i abitanti di quello accorsi a tempo si diffesero con un buon riparo. La terza parte poi di detto ramo, lasciata a sinistra la chiesa di Santa Margarita progredì per il stradone, distruggendo, e sradicando mori in buona quantità su detti spiazzi, e stradone posti, non che innondando la predetta Chiesa di Santa Margarita, e quella de Padri Riformati. Pervenuta alla Cappella del Crocefisso41 si staccò dal grosso ramo una parte, che seguendo la strada di Costasavina, inghiarata quella, ed i prati laterali posti a mattina, entrò parte per il prato dell’oglio, e parte per la strada nel piccolo Fosso, ed indi seguendo le falde della campagna di Costasavina, per i prati e campi si scaricò di sopra alle Fornaci nella Roggia di Roncogno. La parte maggiore, cioè il grosso di questo Ramo, seguendo il stradone Imperiale che porta a Trento, ove fu ingrossato da que Rami, che detto abbiamo, essersi in cotesto stradone, travasati, si portò in fondo di detto stradone, ed ove esso muta direzione, cioè giù in fondo al Prato Altempurgher fatta una grande cava, si portò nei prati verso occidente, e giù per la strada, che alle Fornaci conduce, e quelli devastando, sboccò nella Roggia di Roncogno42, alcuni passi sopra le Fornaci.

36 Vigalzano 37 notizie su questi capitelli (della Concezione e di S. Francesco) 38 Costasavina 39 scorrè: scritto nell’interlinea. 40 ospitale 41 42 roncogno. Le fornaci congiungono il borgo all’abitato di Roncogno

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La mettà poi della Fersina, che entrata nel Prato Valdagni, abbiamo osservato scorrere in parte per i43 Prati e Campi verso le Fornaci, tenne queste precise strade. Si condusse dietro il Monticello in fronte di Serso posto, ed ivi tagliata la strada Crosara in due punti, entrò per due parti in que prati sottoposti, indi un ramo passato nella strada, che da Serso conduce a Pergine, e poi da questa con frattura de muri entra nelli Campi giacenti a mano destra, cioè verso settentrione, ed indi ne prati scorrendo, e da questi nella strada, che dalla Parocchiale porta a Vigalzano, si innoltrò poi giù per il prato Ognibeni, sboccando nella strada che finisce al Capitello Longhin, e da quella avvanzatosi sulla strada Imperiale, parte radde i campi attaccati alle ghiaie a mano manca, ed una parte la strada Imperiale seguendo, si portò nel solito vaso della Fersina in faccia al Ponte. L’altro Ramo poi oltrepassata la strada crosara si divise in due parti, una parte del medesimo entrata essendo per una strada che conduce nelli Prati Pintarelli, Bartolomei, Alpruni e Campi Gentili detti dell’Agnesa, doppo avergli dato il guasto con valli e deposizione di grandissima quantità di ghiara, si portò nella strada, che dal ponte di Serso conduce al capitello Pincegher, situato sopra il Brolo Montel, e da quella passando nei campi sotto alla strada posti, devastò il Campo Gerio, poi unitosi al ramo, che guastò gli campi Amech, e da quello poi distaccatosi, verso settentrione scorrendo, poi ad occidente volgendosi, distrusse gli fondi per cui passò: poi passato di là del Campo Mottesi, e tagliata la strada posta sopra il Convento, scorse per i campi Anfertaller ed altri posti dietro al Convento: per quali fatto un grande vallone, e parte di molta ghiaia copertigli, si portò giù per il prato Montel nella strada Imperiale, e da quella per i prati e campi posti in faccia alle Fornaci, sboccò nella Roggia di Roncogno pocchi passi lontano dalle case delle Fornaci. Il secondo ramo poi dirittamente scorrendo, si congionse con quello, che abbiamo detto aver avuto il suo sbocco sul stradone Imperiale attacco al Capitello Longhin<.>

Ora alle Fornaci essendosi uniti tanti rami d’aqua, corrosero, e condussero seco gli fondi lateralmente posti; allargando il vaso della Roggia ove 40, ove 50 pertiche: scavarono altresì il suo letto ben dieci piedi, e così facendo fino che si votarono nel vaso solito della Fersina sotto Roncogno, distruggendo il tutto; danno a spettatori una facie funesta della violenza di questo gigantesco torrente; parendo ora non più il vaso d’una Roggia; ma il letto d’un Fiume.

In quest’occasione slavinarono le chiesure della campagna di Roncogno per molto tratto, ed in molti luoghi fino ai confini di Zivezzano nel monte Celva essistenti, e sradicata fu una grande parte delle Ischie sotto Roncogno.

Il danno da questa innondazione caggionato ascese a milla fiorini. Li abitanti del Borgo da tanta violenza in tempo di notte sorpresi, restarono con spavento e confusione: quelli che a pian terra abitavano ne loro letti giacendo venivano dall’aqua in alto sollevati e per le loro camere quasi in Barca condotti. Per Pergine e per ciascheduno di questi rami passarono travi, scandole, casse, Botti, ed altri utensili, presi in Caneza, dalle scompaginate Roste, dal caduto molino Wolchenstain. Niuno però perì, eccettuatene qualche paio di bovi, vache, e pecore nelle stalle soffocate.

Quest’è la storia dell’innondazione delli 18 Agosto dell’anno 1748. E quantunque gli giorni seguenti fossero sereni, l’aqua seguitò a scorrere per il Borgo e

Campagna, ad intervalli però di tempo, per cinque giorni e più. Li mori, ed altri arbori d’ogni sorta schiantati e rapiti dall’aqua furono innumerabili.

In quest’occasione anche il Rivo di Costasavina fece le sue ruvine44; imperocchè inghiarò le case poste in fondo la villa, condusse muchi tali di materie, che da quelli facilmente si entrava per le finestre de primi appartamenti; e devastò alcuni fondi.

Avendosi addunque la Fersina colla distruzione della Rosta couprente il molino di Giovanni Carlin detto Secco aperto una strada, per cui passare a piacere nella campagna, e nel Borgo stesso, si pensò con una forte rosta di chiudere quella Breccia. Quindi si diede mano a costruire una forte Cavalattata, o sia una linea di Cavaletti longa 80 passi circa, per coprire il lavoriero, che far si doveva della nuova rosta, quale terminata, cavate con grandissime fatiche e spese le fondamenta, si cominciò la rosta, avendosi avuto moltissima pena in ritrovare il legname sufficiente; si travagliò 43 Segue campi depennato. 44 ruine: corretto da rovine.

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addunque alla costruzione di quella, da scelti lavoratori e da buon numero d’altri manuali fino li ultimi del mese d’Ottobre, e fu anche ad una competente altezza elevata. Quando, ecco! avendosi l’ultimi giorni d’ottobre del predetto anno 1748 il tempo fatto assai piovoso, e così perseverando gli primi giorni di novembre, eccettuatine il secondo, che fu solamente ingrombato da nuvoloni, talmente si gonfiò la Fersina, che alli sette di detto mese verso sera avendo la alta cavalettata inghiarata ed indi quella sormontatata, e di poi anche per la grande45 alzata de condotte materie quella affatto sotterrata, passò al di sopra della principiata, e competentemente elevata rosta e gettatasi in faccia al molino, si diramò in que’ medesimi rami, che nel agosto antecedente diramata si era.

L’altra metà poi, che nel suo solito letto si contenne, entrò per la frattura al Prato Valdagni, ove anch’essa diramatasi, seguì le antecedenti strade. Onde dato un nuovo guasto alla campagna, si votò nella Roggia di Roncogno.

Non in tutto però questi due grandi rami, si può dire, abbiano seguito le primiere vie; poiché parte del ramo passato per il stradone, che in Canezza conduce, venne per i prati de’ Bagni, e delle Mole a visitare il Borgo: ma non passò però alcun ramo per il Mercatello, ne per l’orto Grandi; perché appresso al capitello Pincegher fino al Brolo Montel gli abitanti del Mercatello, e della contrada di sopra costruito avevano una linea di cavaletti, che pure al dì d’oggi si ritrova, e perché il ramo scorrente per il detto stradone arrivato alla strada crosara, e ritrovata un’inclinazione verso il Prato de P.P. Agostiniani, una parte del di cui muro sotto l’angolo orientale al stradone attacato dalla precedente innondazione era stato atterrato per quella entrò nel detto Prato, e scorrendo per il primiero Vallone, che quella tavola de Prati taglia, sboccò giù in fondo al Prato Salvadori sul stradone. Per l’orto Grandi non ne entrò perché quella breccia con un assai forte muro era stata chiusa.

Li rami scorsi per il Borgo non poterono il danno alle case reccare, che recarono l’antecedente volta; poiché gli Padroni di queste dalle cose passate ammaestrati, e dal timore resi provvidi, munite le avevano con ben intesi ripari, si chè pocca l’aqua fu, che ne primi appartamenti potè entrare, e non tante furone le caneve d’aqua empite. Quindi come nell’Agosto passato gli rami scorsi per il Borgo si portarono parte dirittamente nel Palù grande, e parte per la piazza delle Ocche passando, giù per la strada del Garbarie in quelle in fondo poste Palludi, e da quelle nel Palù grande.

La furia di quest’aqua durò bene per dieci giorni, ma interpollatamente, di maniera che più, o meno pioveva, o con ripari se la divertiva, od altrove da qualche attraversato Arbore, o sassone gettata veniva.

Fu però da osservarsi, che il danno caggionato alle campagne da questa seconda innondazione fu di gran lunga maggiore del primo, per una assai maggior quantità di materie in questa seconda volta condotte, dalle quali non solo empiti furono molti valloni dalla antecedente innondazione fatti; ma inn’oltre ne rimase sparsa una grandissima quantità ne fondi aderenti pria non devastati e nelli spiazzi e strade, per quali li rami d’aqua passarono. E questa fu la seconda innondazione seguita li sette novembre del 1748.

Passata questa seconda grande borrasca, si travagliò al finimento della Rosta, ed a fare il nuovo riparo al Prato Valdagni e li padroni de fondi adoperando, ed impiegando operai di codesta Giurisdizione, ed un grande numero de Ferestieri, come di Lavarone, di Primiero, di Canale46, di Fieme, e d’altri Luoghi, con gravissima spesa intrapresero il disghiaramento de loro fondi e case, ed il ristauramento delli muri scompaginati e rovesciati; perché speravano di essere ormai da simile flagello liberi, e di fatto l’opera era quasi compiuta, se pocchi fondi si eccettuano. Ma essendo stato il Giugno, Luglio, ed Agosto dell’anno 1750 assai piovoso: e specialmente la Domenica, che fu li 13 Agosto, avendo tutto il giorno piovvuto a dismisura, la Fersina verso le sette ore di sera era diventata assai grande, che quasi tutto il suo vaso cuopriva, o sia tutte le ghiaie; ma però scorreva sotto il Ponte delle Roste senza intoppo: con tutto ciò per buona precauzione essendo stato fatto tagliar il Ponte dal Magco Michel Martinelli sindico Fersinale, pareva, che nulla temer si dovesse. 45 Segue altezza depennato. 46 Canal San Bovo, nella valle del Vanoi

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Ma perché spesse volte accade, che il pericolo sia più da vicino, di quello che la sagacità umana stima, massime ne torrenti per un ripido declivio assai precipitosi, i quali nel scendere dall’alto al basso con grande inpeto condur seco sogliono una sterminata quantità di materia: così a noi addivenne; imperoché la pioggia vi è più a furia cadendo, o come noi diciamo a secchi versati, circa le ore dieci di sera, restatane una grande parte nel suo vaso, con l’altra parte sormontò la rosta nuova di fronte al molino di Giovanni Carlino, come si disse, di nuovo fabbricata, scavezzandole le colomelle di Larice altrimenti dette ucchie, e qui in due rami divisasi, un picciolo scorrendo per la roggia de molini e per i Prati aderenti, pervenne al Loton, ove innondato quell’edificio, e case, su la strada, che da Zivignago al Loton conduce si suddivise, un ramo seguendo la roggia, ed uno scorrendo per la strada, che dietro castello, ed anche in Castello conduce, e pervenne alla segha Lener, o sia Wolchenstain. Questi due rami però non condussero ghiaia; poiché la rosta nuova più alta essendo del letto Fersinale, non potè l’aqua sormontata rapirne fuori seco, bensì prendendone una buona quantità essistente sul spiazzo e prato aderente ad Molino Carlino, la quale in parte era stata ivi condotta dalle due antecedenti innondazioni, ed in parte portata fuori dal molino, all’arche due volte se lo disghiarò, la strascinò seco giù per que prati sottogiacenti, lì in parte anche devastò in un altra forma, cioè con rapirli quella superficie di terra, che doppo averli appianati, le fatiche umane v’avevano sparso sopra avvanti quest’ultima innondazione.

L’altro ramo dietro le roste per il vaso nella prima innondazione fattosi scorrendo, si votò sopra que’ Prati, e ritrovando la superficie, ed anche più a basso il fondo, molle, e con facilità amovibile; poiché la terra dalle umane fatiche e diligenze sopra la appianata ghiaia e sassi condotta, non si era ancor bene con quella incorporata, ne l’erba seminata aveva per anche le sue radici a sufficienza gettato, di nuovo gli vallonò; siche avendosi l’aqua ritrovato le primiere vie, per quelle scorse, ed andò a sboccare nella Roggia di Roncogno.

Questa volta però non scorse per il stradone verso settentrione attaccato al Convento, ne passò alcun ramo per i prati posti sopra detto Convento, quantunque ne atterrasse le mura, che gli fiancheggiavano dalla parte orientale, cioè dalla parte dello stradone, o sia spiazzi di santa Margarita, e gettasse a terra un pezzo di muro del orto Montel, e tutto il muro del prato Wolchenstain di nuovo costruito essistente in faccia al predetto orto Montel, e del Prato Rosa posto di fronte alla Parrochiale. Ne pure ne scorse per tutta la lunghezza del stradone, che da Pergine in Caneza47 conduce; poiché arrivata parte dell’aqua un pocco al di sopra del molino Grillo, cioè ove la strada Crosara taglia il detto stradone, e ritrovato un fondo declivio verso il Prato de Padri Agostiniani per quello entrata uscì in fondo al Prato Salvadori sul predetto stradone, e si portò su i spiazzi di Santa Margarita. E quantunque per la strada settentrionale attaccata al Prato Salvadori fosse scorso un grosso ramo d’aqua, questo per mezzo la segha Paoli in parte si diffuse nel Prato de P.P. Gesuiti, e Salvadori, portandosi obliquamente nel vallone seccante tutti que prati, ed ivi a quel ramo si congionse.

La porzione che per quella strada si contenne, arrivata vicino alla strada, che da Serso al Capitello Pincegher conduce, e ritrovata una grande declinazione nel terreno verso settentrione, si condusse nel Prato Moar, ed ivi passata la strada, si portò nel Campo Valdagni, e da quello nei Campi Amech, cioè per quel vallone, che la prima volta si aperse, e quello seguì, portandosi ne Campi dietro il Convento posti per il Vallone più al stradone vicino, e da quelli nel Prato Altenpurgher indi, atterrato il muro giù in fondo posto di detto prato, che di nuovo più forte del primo rifabricato era, si votò nel stradone Imperiale seguendo le traccie delle due antecedenti volte. Il Mercatello pure ne fu libero, perché dalla Cavalettata diffeso, e perché l’acqua esciva in fondo il Prato Salvadori, non già giù per il stradone, e dirittamente scorreva tra l’orto Montel, ed il Prato Wolchenstain. L’aqua, che restò nel vaso della Fersina non potè questa volta entrare nel Prato Valdagni, perché munito di nuova forte Pennellata; ma penetrata qualche pocca per detta Pennellata, cioè tra mezzo le assi, de quali verso il letto del Fersina munita era, e tra mezzo il muro con grossissimi macigni fabbricato (talmente che un paio di Bovi appena uno di questi condurre

47 Corretto da Canezza.

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poteva) in due parti lo scompaginò, disfece il grosso ed alto terrapieno al di dietro postovi, e sollevò fuori alcuni di que macigni, restando le assi intatte, e ve’ gli lasciò una pertica e più discosti dal muro sul terreno. E questo fu un effetto del Pennello Casapiccola di là dalla Fersina posto, che rigettando la Fersina per linea obliqua bensì, ma più alla perpendicolare l’angolo retto formante vicina, che alla linea delle roste, che dicemmo linea sopra di cui cade la perpendicolare, fece, che l’aqua con grandissimo impeto portata venisse nella Pennellata nuova, e nelle assi che la cuoprivano, da quali communicato l’urto alli macigni, che il muro formavano secondo le leggi Fisiche, e da questi al terrapieno, convenne che questo e quello scompaginati, e levati fuori venissero.

Seguitò addunque l’aqua rimasta nel suo vaso, al suo solito letto, corrodendo il terreno sotto i Grezzati posto, o sia posto sotto le chiesure di Serso, e ne fecero di queste e di quelle cadere e slavinare nel suo vaso qualche buona quantità.

Ma ritorniamo al picciolo ramo, che l’asciato abbiamo su li Spiazzi attaccati alle Palludi delle Peschiera, cioè essistenti sopra i Prati del Bagno.

Le dirottissime pioggie cadute avvanti li 13, come quella istessa delli 13 Agosto 1750 avevano talmente inzuppata la terra, che non riceveva più aqua alcuna. Onde dal monte di Vignola,48 ed opposto di Canzana scorrendo gli Rivi in copia nel Rivo di Vignola, talmente lo gonfiarono, che sormontato il solito letto, come fece li 18 Agosto 1748, e strascinando seco in copia grandi macigni, che dalli due laterali monti rotolavano al basso, mutata la sua antica direzione, che verso il Lago di Levico aveva, si istradò tutto verso il Borgo di Pergine, sradicando e devastando tutto ciò che dalla strage del 1748 intatto ancor rimaneva. Onde coperto il Lasiz, e parte di quelle Fratte, e della strada Imperiale, e del Prato olim Prati, detto ora Pra’ longo del Castello, di grandi e smisurate pietre, ed il rimanente di sassi e ghiaia minuta, vallonata parte della strada Imperiale e le altre strade vicinali ancora, colli prati del maso Lener dietro al Tegazzo posto non che innondate le Palludi dietro Castello, venne questa grande e precipitosa molle d’aqua ad unirsi col piccolo ramo della Fersina fermato su i spiazzi attaccati ai Prati del Bagno: ed ivi ritrovato, come la prima volta, l’ostacolo del muro fronteggiante il Prato Alberti detto anticamente del Bagno, qual muro più grosso di prima era stato rifabricato, alzatosi l’aqua, e verso Zivignago retrocedendo, finalmente per il suo grande peso gettò il muro del predetto Prato Alberti per terra. Per quella breccia entrata, pallante per i prati verso contrada Tedesca scorse, ed atterrò i sopravanzati muri alle due prime innondazioni, e gli rifabricati dapoi, che furono il muro del Prato Cerra ed una parte del muro del Prato Alberti, al primo confinante.

Perché poi la strada che dalli prati verso la Fontana superiore e verso contrada Tedesca conduce riusciva angusta per capire tanta quantità d’aqua; quindi una parte di questo grande ramo si votò su ‘l Prato Alberti pocco49 al di sotto del Prato Cerra, come fece un’altra parte ancor un pocco al di sotto vicino alla Fontana Superiore scorrendo amendue per il detto prato, inghiariandolo, verso oriente. E qui unitesi atterrarono il muro posto in fronte alla strada, che porta dietro al Palazzo Wolchenstain verso la Piazzetta di Sant Elisabetta, il quale in questa parte si ritrovava più debile per avere a pian terra una fenestra quadrata alta due piedi e mezzo, da feriata munita, per cui nella strada scolavano le aque de Prati e delle rive poste sotto al Castello, e perché il detto prato qui era alquanto più basso delle altre sue parti.

Ma il ramo nella strada rimasto, avendo quella assai profondamente incavata, e ritrovato il muro della facciata50 orientale della Casa Amech debile e fracido, lo gettò a terra. Indi proseguito alquanto rovesciò il Portone settentrionale del Prato Alberti, che verso il Mercatello guardava, gli suoi pilastri, ed arco, ed una buona linea di muro su la strada, al Tegazzo conducente, posto. E qui questo ramo di nuovo diramatosi, una parte entrò per la breccia del Portone nel Prato Alberti ad unirsi alli altri due, un’altra parte atterrata la facciata che stava di fronte al aqua, della Casetta

48 Segue talmente lo gonfiarono depennato. 49 Segue sotto depennato. 50 Segue Amech depennato.

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Wolchenstain nel angolo alla fontana posta, con una parte del muro del cortile a quella annesso, entrò in detto cortile, empiendolo col Palazzo ed orti d’aqua, limo, e ghiaia d’ogni sorte.

La rimanente aqua, che per la contrada verso il Tegazzo scorreva, arrivata alla strada orientale, che dietro al Palazzo Wolchenstain nella Piazzetta di Sant Elisabetta conduce, si unì a quella, che esciva dal prato Alberti, ed assieme scorsero nella Piazzetta, e sotto ai Portici, rovesciando gli rimasti muri delli orti a terra, e due facciate della prima casetta, ove principiano detti portici, aderente al cortile Spitzer, ed a detta piazzetta.

Essendo anche questa volta detto ramo per la sua grande quantità d’acqua arrivato appresso casa Andreati sul Tegazzo; e però penetrata l’acqua per quelle case e cortili, gettati a terra i muri di quelli, scorse per i orti contigui nel cortile di Casa Gulielmi. La piena maggiore però di detto ramo scorse per la contrada Tedesca, che da segni lasciati si ritrovò essere stata alta quasi cinque piedi tra il Palazzo Wolchenstain e Casa Bartolomei, e così progredendo parte passò per la piazza della Dogana nelle due strade, che portano a S.t Rocco, e nella Piazza delle ocche e parte unitasi col ramo, che dalla Piazzetta di S.t Elisabetta, e da sotto i Portici veniva, scorse per la contrada Italiana, che ingrossata dalli Rivi del Tegazzo, che in copia v’influivano, arrivò all’osteria Mottesi in fondo Pergine; ivi si divise, andandone una parte nel Palù per le vie di prima, e l’altra per la Piazza delle Ocche nella strada delle Garberie, scaricandosi parimenti nel Palù grande per gli suoi primieri canali.

Ma diamo un occhiata all’acqua, che detto abbiamo, entrata nel cortile Wolchenstain. Questa avendo ritrovato il Portone del cortile posto sulla strada Tedesca, chiuso, talmente si alzò che sormontava gli capitelli delle51 Porte di detto Palazzo Wolchenstain. Finalmente doppo aversi tutte le cantine, appartamenti a pian terra, cortile a mattina posto, colli orti empiti d’acqua e di limo non potendo più il portone reggere al grande peso collaterale dell’acqua cotanto inalzata, gettate da cardini le porte di legno, ed anche laceratele in parte, uscì come un fulmine dal cortile nella contrada Tedesca, conducendo seco quaranta carra di borelli di pezzo, che in detto cortile ammuchiati si ritrovavano. Così si congiunse al ramo che per detta contrada scorreva.

Le case patirono di nuovo gravissimi danni, poiché furono inghiarate, empite le cantine d’acqua, e di limo, essendo arrivato il sedimento nelle miei due cantine all’altezza di piedi quattro e mezzo. Gli appartamenti a’ pian terra anch’essi guastati ed allagati: dalle case l’acqua veniva nelle due contrade rigurgitata. Contrata52 Tedesca, quale doppo la seconda innondazione seguita li sette Novembre 1748 era stata quasi tutta selciata con grosse pietre, da Casa Bartolomei in giù fu di nuovo vallonata. La roggia, che per detta contrada scorre fu nudata de suoi belli profili di pietra, e del suo selciato, che nel fondo gli era stato fatto doppo l’ultima innondazione. Contrada Italiana, che altresioera stata dalla ghiaia purgata, e ridotta in una forma migliore di prima, fu di nuovo con altra ghiaia ricoperta, e così53 parte della piazza della Dogana ancora.

Li rivi del Tegazzo non furono meno dannosi della prima volta. Il vino fu in grande quantità dalle Botti versato. Il danno recato nelle mobilie fu assai

maggiore di prima. Il terrore però de Borghesi ed abitanti non fu tanto grande; perché già avezzi a simili spettacoli nelle due54 antecedenti innondazioni. Quanto poi sia l’alzamento delle materie condotte su i spiazzi di Santa Margarita, e così quanto sia stata elevata la superficie di quelli, se lo può conoscere dalla bassezza della porta del ospitale, dalla fondezza della chiesa di santa Margarita, dal piano del Cemeterio de P.P. Riformati, e dalla superficie de prati dietro al Palazzo Alberti giacenti; imperoché questi prati, il solaro della porta dell’ospitale, il Cemeterio de Padri, il piano della chiesa di santa Margarita avevano l’istesso livello delli spiazzi, ne si scendeva nel Cemeterio de Padri, ne nella Chiesa di Santa Margarita, però per la porta maggiore, per gradini, come ora, ne per entrare ne Prati posti dietro il Palazzo Alberti, si scendeva in giù; ma si andava dai spiazzi in quelli per un piano continuato.

51 Segue delle depennato 52 Contrata: corretto da Contrada. 53 Segue dalla depennato. 54 Segue prime depennato.

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Ripigliando il grande ramo, che su i predetti spiazzi lasciato abbiamo. Esso fatta nuova stragge nei mori in detti spiazzi posti, parte prese la strada dietro l’ospitale, parte gettata a terra la porta del Ospitale, ed inghiaratine di nuovo gli appartamenti bassi, uscì nei prati sottoposti: parte gettato a terra un pezzo di muro del prato ora Carli, posto sotto alla chiesa di santa Margarita, entrò in quello, e nelli altri posti più in giù, ed inghiaratigli, si unì giù in fondo al ramo scorso per la porta del ospistale ed a quello progredito per la strada dietro al Ospitale, e così tutti uniti per le Palludi si votarono nel Palù grande. Parte poi prese la strada di Costasavina; e la parte maggiore scorse per il Stradone Imperiale, e si uni al ramo, che usciva dal prato Altenpurgher che detto abbiamo, essersi rovesciato nella Roggia di Roncogno, avendo fatto le primiere vie.

L’acqua rimasta nel solito suo letto, cioè nel solito vaso della Fersina, pervenuta giù in fondo la Pontara di Serso incontrò l’aqua del Rivo di d:to Serso.

Questo Rivo ha il suo principio in Piné, uscendo assai scarso e povero d’aqua dal Lago di Miola, indi per mezzo ai campi di Prada portatosi, ove somministra l’aqua ad un molino ed ad un Follo, passa tra mezzo due ristretti scogli, da quella gente Kovel chiamati: Precipitatosi poi da quelli in una bassa valle, per quella circa un millio e mezzo scorrendo, ed alcuni edifici in quella essistenti bagnando, volge la sua direzione verso mezzo giorno, prendendo il corso per un’assai ristretta valle. Questa ha il suo principio nella valle pria detta (che altresi di Santa Caterina si chiama da un antica Chiesa di santa Caterina, in capo à quella verso occidente situata) ove a settentrione principiando doppo alcune picciole tortuosità finisce verso mezzogiorno nel vaso della Fersina; ritrovandosi anche in questa valle alcuni edifici. Questo rivo quantunque sia perenne, non suole però portare molta aqua, se non allorché piove; imperoche all’ora scaricandosi in quello gli monti opposti per la lunghezza di cinque miglia circa gonfiano tal volta di molto questo Rivo. Ora avendo anche in Pine a secchi rovesciati piovuto, crebbe talmente quest’aqua, che atterò dieci in undici edifici longo il suo corso situati, quantunque sul macigno edificati si ritrovassero, conducendo tutto il legname e mobilie, in quello essistenti, nella Fersina.

Anzi la quantità, e la violenza di quest’aqua fù tale, che scompaginati fino gli monti laterali, e rovesciati alcuni scogli, dal molino delle Bracenighe fino alla Fersina allargò quella valle d’un terzo, ed eguagliò il suo letto al fondo del Vignale Gentili, con inghiararlo colle chiesure annesse; onde si può dire, che abbia levato il suo letto per mezzo al detto vignale di piedi dodici, e più. Ingrossato addunque a dismisura questo rivo, arrivato che fu al di sopra dei vignali essistenti sopra la chiesa di sant Giorgio di Serso, si divise in due rami. Un ramo giù per i vignali precipitandosi, ed in Serso avendo alcune case inghiarato, postosi indi su la strada maestra, arrivato ove la Pontara di Serso sul piano delle chiesure finisce, con allargare e profondare il lavino, che su in capo a detta Pontara incomincia, si gettò nella fersina di fronte al monticello opposto. Il ramo maggiore, tutto l’opposto distruggende, scorse per il suo solito letto nella Fersina perpendicolarmente. Onde a quella unitosi, e con grande impeto nella Pennellata opposta cacciandola, ne atterrò di quella pertiche 60 circa; quindi essendosi qui la Fersina divisa, ed andatane parte per il suo55 solito letto, una grande parte di quella ad una porzione del Rivo unita entrando per la breccia inghiarò e devastò tutti i prati e campi aderenti. Qui poi di nuovo suddivisasi, una parte si gettò in un avallone aderente alla strada, che da Serso conduce a Pergine, ove a quel ramo della Fersina si congionse. Un altra parte scorse per la strada, che dal ponte di Serso porta sul stradone divisorio tra il Borgo di Pergine, e le Gastaldie di Madrano e quella, e quello devastati, ed inghiarati pure gli prati aderenti, cioè il prato Gulielmi, e Carli, e gli campi più in giù situati, e li prati ancora fino al stradone Imperiale, si votò nel medemo stradone, parte sboccando per la strada attaccata al capitello Longhin, e parte per i prati a destra, cioè a settentrione posti.

Il terzo ramo poi dietro la pennellata scorrendo, diede il guasto ed inghiarò tutti i fondi sotto giacenti, e finalmente sboccò nella strada che dal Ponte di Serso sulla strada che a Vigalzano, e sul stradone divisorio conduce, dieci pertiche circa al di sopra dell’intersecazione di dette due strade: e qui si unì a quel ramo, che dicemmo, esser scorso per detta strada. Tosto che calò l’aqua, si diede

55 Segue corso depennato.

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mano a rifare e ancor più alzare la rosta nuova sopra il molino Carlin dalla Fersina sormontata, e fu con grandissima spesa terminata verso il fine del mese d’ottobre dell’anno predetto 1750.

E questa fu un innondazione assai più dannosa che le altre due; poiché non solo devasto una grande quantità de Fondi lasciati intatti dalle due precedenti; ma ancora aprì de slavini, che mai furono, come quello sopra Serso, quelli nella valle di Serso, e tant’altri sotto li masi di Sant’Orsola, avendone poi altri di molto allargati come nella predetta montagna di sant’Orsola ed in Frassilongo, e sotto Falesina ancora, ove ne fece pure un nuovo sotto al maso Taller detto Agnelin, conducendo grande tratto di bosco nella Fersina.

Ma le56 ruvine, che caggionò nei masi di Costarefol, sopra Mala situati; queste si furono lagrimevoli; imperoché dalla violenza della pioggia slavinando un grande gravone di sassi sopra detti masi essistente, ne diroccò le abitazioni, parte ne schiantò, sepelì sotto le rovine quatro in cinque Persone colli animali, ed indi assieme colle rovine le condusse nella Fersina: una testa di quelle con un braccio (come si vuol credere) furono indi ritrovate nella campagna bassa di Costasavina tutti spolpati, e di poi sepeliti nel cemeterio di questa Parochiale.

Avanti di chiudere questa storia, penso, che non sarà discaro ai Posteri, che qui aggionga duo o tre miei osservazioni queste stesse innondazioni concernenti.

La prima si è, che tanto il giorno dietro alla prima innondazione, quanto alla terza sgorgarono e scaturirono fontane fuori dalle vene delle selci, e durarono per sette otto giorni, come io viddi in Falesina escire fuori d’un scoglio posto sotto alla strada, che conduce nella montagna nella montagna Gruebech o sia montagna grande quaranta pertiche circa di là del ultimo maso appartenente alli Laneri di Falesina, qual Fontana era si abbondante che avrebbe fatto girare una ruota da molino.

La seconda si è, che il sedimento ritrovato nelle Caneve ed appartamenti a pian terra, era glutinoso e cretoso di color piutosto gialo scuro e biggio: e che stato esposto al sole per un anno, poi condotto ne campi, gli rese molto fecondi, e sparso mezzo asciuto su le ghiaie, in quell’anno stesso produsse erba in quantità.

La terza fu, che essendo la strada posta a settentrione del prato Salvadori, dalla prima innondazione scavata alla profondità di dieci piedi, osservai il muro del Prato dei P.P. Gesuiti, che era stato tre volte alzato, avendovi ritrovato alla profondità di nove piedi il bucco per cui nel prato veniva condotta l’aqua per adaquarlo: e nel mio prato, che sta quasi di fronte a quello, avendo fatto scavare una grande fossa parimenti dieci piedi profonda per sepelirvi sassi e ghiaia, ritrovai sie sollari di diversa sorte di terreno, nel fondo vi era un solaio di ghiaia alta due piedi, poi un solaio di buona terra alta pure due piedi circa; indi un altro sollaio di ghiaia alta un piede, poi uno di terra parimente un piede scarso alto: seguiva uno di ghiaia alto un piede, e mezzo scarso: ne veniva indi uno di terra di piedi due scarsi, la superficie poi era ghiarosa bensì, ma di pocca terra coperta.

Osservai ancora nella costruzione del muro fabricato dai P.P. Riformati del nostro Convento di Pergine per chiudere la breccia della parte verso Caneza, che vicino al Capitello della Immacolata Concezione sotto al muro della breccia alla profondità57 di sei piedi circa si ritrovò un muro antico grosso quatro piedi. Da quali cose si comprende che il piano della nostra campagna sotto e sopra Pergine deve essere stato anticamente assai basso, e che il Borgo, e Chiesa di santa Margarita (la quale è antichissima) sia stato come sopra una piccola eminenza, cioè sopra un piano elevato.

Si deduce ancora, che la nostra campagna deve essere stata inghiarata più volte ne tempi e secoli transandati; altrimenti non si ritroverebbero tanti sollai diversi di terra e ghiaia. In’oltre, che il Borgo58 sia stato fabricato sopra d’un piano più alto del piano della Fersina, pare cosa molto probabile anche da ciò: Che essendovi stata la valle da Palù in fuori già dal Diluvio universale in qua, vi deve per conseguenza anche da allora in qua esservi stata la Fersina: essendovi stata la Fersina, non è verisimile, che i Edificatori del Borgo di Pergine siano stati tanto goffi e spensierati che abbiano voluto piantare una Popolazione in faccia ad un torrente, e nello stesso piano.

56 Segue ruine depennato. 57 Segue circa depennato. 58 Segue di Pergine depennato.

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Questa è la storia delle due innondazioni dell’anno 1748, e di quella del 1750, nella più breve à me per messa, e schiettamente descritta: in cui non ho inserito ogni cosa minuta; ma le più rimarchevoli ed interressanti.

Essa servirà à Posteri per memoria; accioché se mai in qualche anno piovoso accadesse qualche pioggia straordinaria mente dirotta, anche di pocche ore, non ponghino la loro speranza e sicurezza nelle Arche o siano Roste; ma indi latamente il Borgo, e ciascheduno la propria casa con cavaletti, argini, e ripari difenda, se da ogni rovina e danno vonno preservarsi.

Sappiano, che la Fersina, il Rivo di Vignola, e que’ del monte Horn sono nostri potenti e quasi domestici Nemici; siche quantunque da l’un o l’altro si possa essere diffesi, non lo siamo però da tutti. Ho detto “si possa essere sicuri” ma in realtà non si è, avendoci l’esperienza fatto conoscere, che le arche sono più fragili di quello si supponeva, e che l’alzata del letto de Torrenti, ed il diluvio precipitoso de Rivi, Valli, e slavini sanno far sormontare le aque sopra i loro ripari, ed in un tratto distruggerli ancora. Vigilanza addunque e senno in riparare, e continue fervorose preghiere al Sig.r Iddio, accioche benedica le gravi spese, che facciamo nelli Argini, quelli colla sua divina forza fortifichi, e noi da simili disgrazie per l’infinita sua misericordia presservi.

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Motivi per la costruzione d’un Ponte stabile su la Fersina per andare a Trento portati all’Eccelsa Superiorità di Trento dal Sigr Giacomo Bartolomei Cancelliere di Pergine Sopraintendente Fersinale nel Gennaro 1687 cavati dalle memorie, che lasciò in Casa sua

Un Ponte stabile da farsi su la Fersina per andare a Trento è necessariissimo per quatro rilevanti motivi.

Primo per comune Beneficio de Passaggieri ne tempi che il Torrente Fersina s’ingrossa, perché le Persone e Merci non pericolino, come più volte, à loro danno hanno sperimentato con morte di Persone; perdita delle merci, e carettoni inghiarati nel passarlo.

2do: Perché in simili influenze d’aque quelli delle tre Gastaldie di Madrano e Consorti, Serso, Viarago, sant Orsola, Portolo, e Caneza non possono passare senza l’erezione di questo in aiutare e diffendere il Borgo e sua Campagna.

3o: Perché dato l’attacco di qualche incendio nel Borgo in tempi di simili influenze, servirebbe questo di commodità alle tre dette Gastaldie, che costituiscono tre delle nove parti della Giurisdizione a poter venire à coaggiovarvi alla diffesa.

4to: l’utile publico indi ne risulterebbe per il rimanente commercio.

Trascritta dal manoscritto che sembra autografo, col permesso del proprietario dello stesso Sr Giulio de Rizzoli, nel mese di Maggio 1915.

Assieme al permesso di trascrizione il proprietario mi concesse di far della copia qual’uso ne voglia, sia per stamparlo, donarlo, ecc. Pergine. 20 Maggio 1915.

P. Leonardo Pintèr O.F.M.

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Altezza Reverendissima Noi umilissimi supplicanti abbiamo fino ora contribuito al Nostro S.r Arciprete annualmente

per ciascheduna famiglia un Casato o carentani tre in danaro per recognizione d’un Predicatore tedesco nelle sole domeniche di quaresima.

Presentemente per noi riesce non solo non necessaria la predica tedesca, ma ben anche affatto superflua; sì perché tutti delle nostre ville intendono e parlano l’italiano; ma anche ciascheduno, se si porta in Pergine ascolta assai più volentieri il Predicatore italiano, il che è notorio e l’esperienza lo dimostra.

Quindi è, che tutti unitamente bramiamo, e supplichiamo l’Altezza Vostra Reverendissima compiacersi e farci la grazia di poter esser in avvenire per sempre dispensati dalla suddetta contribuzione al Nostro S.r Arciprete mediante una congrua ricompensa da stabilirsi dall’Altezza Vostra Reverendissima mediante la quale e noi restiamo assolti, e l’istesso nostro Sig.r Arciprete dispensato dall’obbligo di mantenere detto Predicatore, altresì per noi solo destinato, e della ecc. Dell’Altezza Vostra Reverendissima Umilissimi obbligatissimi e Fedelissimi servi e sudditi Le Ville ossia vicinie di Pallù, Fierozzo, Frassilongo, Fallesina, Roveda e Vignola della Giurisdizione di Pergine.

Le supplicanti ville si dispensano dall’indicata contribuzione, con che però ogni famiglia in esse esistente, paghi una volta per sempre troni due da esser rascossi dai rispettivi Giurati e depositati nelle mani del Parroco di Pergine fra il termine di due mesi, onde Egli poi abbia ad investire tutto quel denaro in favore di quella Canonica. Ciò fatto si dichiara assolto il Parroco in perpetuo dalla provvisione del predicatore tedesco Segnato li 23 Giugno 1792 Zambaiti Vicario Generale

Concordare cum suo Originali excistenti in Canonica Pergini Attestor, et apposito meo parrocchiali sigillo fidem facio

2 Iulii 1792 Pergini S.S. Ioannes Baptista de Mersi Arciprete Decano Foraneo

Copiato a Falesina da un documento esistente in quella Canonica nel Marzo 1915

P. Leonardo Pintèr O.F M

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N 1 Rivo Rigolor N 2 Edifici e case condotte via dal Rigolor li 19 Agosto 1748 3. Ghiare della Fersina alzatesi notabilmente 4. Parte o siano parte delle Rive del Busnech condotte via li 18 Agosto e 7 Novembre 1748 5. Brolo al Loton distrutto. 6. Prati distrutti nelle innondazioni del 1748 7. Cassone rifatto, ossia fatto di nuovo l’anno 1750 8 Rimanente lingua del monte sotto sedele, ma anche questa in parte franta e distrutta nelle

due innondazioni dell’anno 1748 9. Prati nella maggior parte condotti via dal torrente nelle due innondazioni del 1748 ed in

quella del 1750 10 Stradone pure inghiarato e vallonato dalle predette tre innondazioni, così pure il triangolo

de’ prati tra il N 10 e il stradone M 11 Strada che dal ponte di Serso porta al Lotone guastasta anche questa 12 Prati e Campi ai Piazzoli inghiarati e vallonati 13 Via detta Crosara, che va a riferire su in cima ai Prati detti del Bagno e per la quale si va in

Castello. Si noti che su questa strada vi è un termine di pietra che divide la Regola di Pergine da quella di Serso e tirando in giù verso Costasavina va a riferire ad un altro termine posto su la strada segnata N.° 15: dal detto termine a questo passava anticamente, cioè fino all’anno 1686 una strada che separava le sud-te Regole, questa ****

La strada poi, che tagliava quella detta Crosara nella parte superiore verso gli Piazzoli fu per incuria dei Borghesi in parte chiusa ed occupata dalli Possessori degli aderenti fondi come tutt’ora si vede: questa sboccava su la strada che da Serso porta al Lotone

14. Primo Prati e Campi illesi, ma le altre tre parti furono inghiariate tutte tre le volte dalle tre innondazioni 1748, e 1750

15 Strada, che dal ponte di Serso conduce nella contrada sopra il Mercatello. 16 e 17 Prati devastati e vallonati, distrutto affatto il Molino per mezzo la lettera M. secunda, e

sottratte per metà le due case poste all’incontro verso Serso. 18 Prati e Campi per metà distrutti. 19 Campi illesi 20 Campi distrutti e vallonati. 21 Prati e Campi illesi nelle innondazioni del 1748, ma guasti poi per metà in quella del 1750 22 Prati illesi l’anno 1748, guastati poi in parte l’anno 1750 23 Prati inghiaiati tutte tre le volte. 24 Strada che dal Mercatello porta di là dalla Fersina in più parti vallonata tutte tre le volte. 25 Prati per mettà condotti via e parte vallonati nell’ innondazione delli 18 Agosto 1748 26 Prato limato nell’ innondazione 1748, 18 Agosto. 27 Strada e Spiazzo che porta in Zivignago inghiarato li 18 Agosto 1748 28 Monticello 29 Prati limati li 18 Agosto 1748 parte dalla Fersina, e parte dal Rivo di Vignola. 30 Prati parte inghiarati ma pocco, e parte limati, essendovi passato per quelli un grande ramo

di Fersina e di Rivo di Vignola tutte tre le volte. 31 Prati stati in grande pericolo, ma che furono sfasciati da muri dalle parti delle due strade. 32 L’uno prato, per cui passò un ramo d’acqua, e lo inghiarò avendovi condotto via seco il

muro sopra il Palazzo Wolchenstain nell’ innondazione del 1750. 32 Altro orto Grandi nell’innondazione delli 18 Agosto 1748 guastato avendovi l’acqua

condotti via i muri nella parte superiore 33 Maso Alberti. 34 Strada di Pergine per cui passò un ramo di Fersina e di Rivo di Vignola tutte tre le volte,

avendo gettato a terra gli muri degli orti aderenti e quelli limati.

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35 Muro del cortile Wolchenstain gettato a terra con parte della Facciata verso oriente estivo della Casetta Wolchenstain alla Fontana e di parte della Facciata della Casa Amech verso oriente invernale dall’innondazione 1750

36 Cortile Wolchenstain in cui vi fu l’acqua alta la prima volta mezzo passo, e la terza piedi cinque e mezzo.

37 Roggia, che scorre per Pergine 38 Contrada per cui passò un grande ramo di Fersina, e quasi tutto il Rivo di Vignola tutte tre le

volte, essendo stata parte inghiarata, e parte profondamente vallonata empite le case d’acqua nelli appartamenti a piano terra, inghiarate, e limate.

39 altra contrada per cui scorrete l’acqua, che per di dietro usciva dalle case 40 Contrada sopra il Mercatello per cui passò un ramo di Fersina li 18 Agosto 1748, che limò

tutto il Mercatello, e le case di quello. 41 Mercatello 42 Piazza per cui vi scorrè un ramo d’acqua tutte tre le volte ed in parte fu vallonata ed

inghiarata. 43 Strada del Spiazzo alle oche per cui pure vi scorrè un ramo d’acqua li 18 Agosto 1748, e

nell’Agosto 1750 44 Contrada di Borgo nuovo, o sia Borgo di S. ta Margarita limata un poco li 18 Agosto 1748, e

nel 1750. 45 Strada alle Beccarie illesa 46 Casa Carli limata un poco 47 Orto Ghebel limato assai 48 Chiesa di S.t Rocco stata in pericolo 49 Piazza delle Oche inferiore per cui passò un grande ramo d’acqua portatavi dalle contrade,

inghiarata e vallonata da tutte tre le innondazioni 50 Prati limati 51 Strada che porta al Molino Terra nuova 52 Prato Baruchelli intatto 53 Strada che dall’Ospitale porta a Susà e Costasavina detta via longa 54 Spiazzi e pascoli innondati dalle tre innondazioni 55 Monticello 56 Spiazzi e strada che porta al Palù vallonata dalle tre innondazioni 57 Casa Mottesi con orto limato 58 Strada, che porta al Capitello di Sacco 59 Casa comunale 60 Ospitale inghiarato all’altezza di tre piedi in tutte tre le innondazioni 61 Chiesa di S. Margarita stata in grave pericolo 62 Cappella del Crocefisso stata in pericolo 63 Via che porta a Costasavina 64 Prati inghiarati e casa Beneficiale di S-ta Barbara stata in grave pericolo 65 Convento e Giardino de Padri riformati di S.t Francesco inghiarato li 18 Agosto 1748 avendo

l’acqua gettato a terra il muro che dal Capitello della Concezzione arriva al Capitello di S.t Francesco, ed una parte di sotto nel sboccare verso il numero 65.

66 Stradone e spiazzi inghiarati, e vallonati tutte tre le volte per quali si va a Trento 67 Strada inghiarata li 18 Agosto 1748 68 Campi inghiarati e vallonati tutte tre le volte 69 Prati inghiarati e vallonati tutte tre le volte 70 Campi inghiarati e vallonati tutte tre le volte 71 Strada che porta nel stradone 72 72 Stradone, che è il confine della Regola di Pergine verso la Gastaldia di Madrano vallonato

tutte tre le volte, chiamato via Paolina

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73 Prati e Campi inghiarati li ** Agosto 1750 74 Brolo della Canonica verso il 66 privato d’una parte di muro li 18 Agosto 1748. La

Canonica col Cimitero e Chiesa furono in quella innondazione limati. 75 Strada per cui passò un ramo d’acqua passatavi dal Mercatello 76 Cortile e Prato Bertoni limato per cui vi passò un ramo d’acqua li 18 Agosto 1748 77 Prati limati. 78 Prati stati in pericolo tutte tre le volte 79 Spiazzi comunali innondati tutte tre le volte 80 Prato Mottesi illeso, ma stato in pericolo 81 Prato Ippoliti detto il Paradiso stato in pericolo 82 Prati illesi 83 Strada che porta al Palù, e a Canale 84 Prato Eccher illeso 85 Strada vallonata 86 Strada che porta a Susà, detta di Piazara 87 Strada che porta a Susà, detta di Pomarolo 88 Prato Carli illeso, ma limato verso il fosso 89 Molino Perotti 90 Prati limati 91 Strada detta via morta 92 Palludi limate 93 Fosso per cui scorsero le acque delli Rami della Fersina, e Rivo di Vignola e si votarono

parte nel Palù e parte nella Rozza di Roncogno 94 Campi limati dalle tre innondazioni 95 Chiesure al piede della Campana di Susà intatte 96 Casa delle Garbarie e strada che porta a Susà: detta via Giesia 97 Strada sotti i Prati delle Garbarie, quali furono limati altra 97 strada che porta a Costasavina 98 Strada che porta a Costasavina e Capitello Vinciguerra 99 Strada che porta ai Graberi 100 Villa di Costasavina 101 Strada che porta a Roncogno 102 Prati dell’oglio limati 103 Strada per i Prati e Campi, che porta alle Fornaci altra 103 che porta alle Fornaci e a Costasavina 104 Case delle Fornaci altro 104 Campi e Prati condotti via nelle tre innondazioni 105 Roggia di Roncogno unitasi ad un grande ramo della Fersina, e alle di Lei rovine. 106 Rivo di Costasavina, che inghiarò le case li 18 Agosto 1748 107 Campi di Camperdon in parte condotti via dalle innondazioni 108 Prati inghiarati 109 Ischie di Roncogno condotte via nelle tre innondazioni e specialmente l’anno 1750 110 Villa di Roncogno 111 Capitello del Longhin 112 Campi illesi 113 Campi illesi 114 Campi limati 115 Campi inghiarati da tutte tre le innondazioni altri prati 115 inghiarati e vallonati da tutte tre le innondazioni 116 Prati inghiarati tutte tre le volte. 117 Campi e Chiesure dette al Tavolon in parte corrosi, e condotti via in tutte tre le innondazioni

Page 23: Storia delle Innondazioni accadute l’anno 1748 e 1750 ... · proprio paese natale che resse a più riprese in qualità di sindaco nel 1734, 1743, 1744 e 1750. Appassionato di archeologia,

118 Strada che dal Stradone porta al Ponte di Serso 119 Chiesure di Roncogno, e slavini caggionati dalla Fersina in tutte tre le innondazioni 120 Villa detta Costa 121 Villa detta Vigalzano 122 Lago della Costa 123 Villa detta Casalino 124 Lago detto Putrido 125 Villa di Madrano 126 Prati inghiarati da tutte tre le innondazioni 127 Prato illeso su un macigno e 128 Campo posto su un macigno opposto (atti a fabbricarvi sopra un ponte stabile per andare a Trento) 129 Prati condotti via nell’innondazione 1750 130 Monte detto Cimirlo 131 Monte di Celva 132 Civezzano 133 Casa Lazeri 134 Casa Bertolini 136 Casa Cerra 137 Casa Ippoliti 138 Casa Gulielmi 139 Casa Gentili olim Lenera 140 Palazzo Alberti 141 Casa olim Ambrosi 142 Casa Reggia minerale 143 Casa Valdagni 144 Casa olim Anfertallera 145 Casa Bertoni 146 Casa Alberti 147 Casa Silli 148 Chiesa di S-t Carlo 149 Chiesa del SS-mo nome di Gesù o sia di S.t Antonio Abbate 150 Rivo di Vignola 151 Vallar 152 Castello 153 Chiesa di S.t Pietro 154 Slavino nuovo fatto nell’innondazione del 1748, e 1750 155 Capitello Pincegher posto su in capo la contrada che dal mercatello porta in Canezza 156 Penello che addrizzò e gettò la Fersina nelle Arche O, ove atterrate entrò una parte della

Fersina ed innondò le campagne, le inghiarò e vallonò; ma specialmente coperse il Prato Valdagni di smisurati sassoni nell’innondazione 18 Agosto 1748