storia dell'ammoniaca

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SCUOLA INTERUNIVERSITARIA DI SPECIALIZZAZIONE

PER L’INSEGNAMENTO SECONDARIA

STORIA DELLA CHIMICA

LA FISSAZIONE DELL’AZOTO

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Nel corso dell’Ottocento cresceva rapidamente la popolazione mondiale e la

richiesta di alimenti che potevano essere ottenuti con coltivazioni agricole

intensive; l’aumento delle colture intensive stava impoverendo la fertilità dei suoli

in quanto le piante per crescere hanno bisogno di azoto che viene sottratto al

terreno.

Justus von Liebig (1803-1873), nella metà dell’Ottocento, aveva chiarito che la

fertilità dei terreni poteva essere reintegrata se fossero stati addizionati con

sostanze azotate.

Uno dei composti azotati che Liebig indicò come possibile fertilizzante fu il nitrato

di sodio; il Cile era ricco di giacimenti di nitrato di sodio di origine biologica

(guano) localizzati principalmente lungo le coste, incominciò così lo sfruttamento

dei giacimenti, non certo illimitati, di nitrati la cui esportazione stava facendo la

fortuna economica del Cile. La dipendenza dai nitrati cileni, costosi e distanti

migliaia di chilometri, rallentava lo sviluppo economico e agricolo europeo.

Oltre che come concime i nitrati erano importanti per la fabbricazione degli

esplosivi, dalla polvere da sparo ai più potenti esplosivi organici, come il tritolo, e

per la produzione dell’acido nitrico richiesti dalla nascente industria delle sintesi

organiche di coloranti e medicinali.

In quegli anni grazie agli studi di J. Von Liebig in Europa si assiste alla nascita della

chimica dei fertilizzanti.

Nel 1850 nacque l'industria dei perfosfati minerali e qualche anno dopo quella dei

sali potassici e inoltre sotto la spinta del mondo socio-economico nasce una

comunità scientifica la cui attività era mirata allo ottenimento di composti azotati

dalla sorgente naturale illimitata, l’atmosfera si incominciò a parlare “fissazione

dell’azoto”.

Cavendish fu il primo che riuscì, nel 1781, a fissare l’azoto atmosferico.

Il suo processo consisteva nel fare attraversare l’aria da un arco elettrico ad alto

voltaggio ottenendo ossidi d’azoto:

N2(g) + O2(g) ↔2NO(g).

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la reazione è una reazione di equilibrio la cui velocità è apprezzabile solo ad

altissima temperatura, ma in queste condizioni l’equilibrio è spostato a sinistra,

con la conseguenza che si ottengono basse rese, a 2850 °C si ottiene solo il 3%

di NO.

Da un punto di vista commerciale questo processo, potè essere applicato solo

dopo il 1880 quando furono realizzate le fornaci ad arco che consentivano di

ottenere elevate temperature sopra i 2000°C, il limite fino a quel periodo nella

costruzione di fornaci, era dato dai refrattari utilizzati.

Il processo di fissazione dell’azoto con arco elettrico richiedeva grandi quantità di

energia, risultava quindi molto dispendioso e la sua applicazione si ebbe solo

dove si stava sviluppando l’industria idroelettrica che poteva disporre di grandi

quantità di energia a basso costo che permise di sfruttare in maniera

remunerativa un processo che invece era molto oneroso in termini di energia.

L’applicazione di questo processo si ebbe per quanto sopra, principalmente in

Norvegia, dove l'incontro fra Birkeland (1867-1917), scienziato di chiara fama, e

S. Eyde, ingegnere interessato ai processi elettrochimici, riuscirono ad ottimizzare

il processo di Cavendish grazie alla realizzazione di un forno costituito da un arco

voltaico deformato grazie alla applicazione di un forte campo magnetico, le

temperature che questo forno riusciva a raggiungere erano di 6300°C e prese il

nome di 'sole di Birkeland'. La prima fabbrica cominciò a funzionare nel maggio

1905 a Notodden, in Norvegia, con una potenzialità di acido nitrico puro di una

tonnellata e mezza al giorno.

Nello stesso periodo venne sviluppato un altro processo di fissazione dell'azoto

per mezzo dell'arco elettrico.

N. Caro ed A. Frank riuscirono a fissare l’azoto atmosferico ottenendo un

composto simile ad una pietra per questo detto lime-nitrogen che venne utilizzato

come fertilizzante, il composto che avevano ottenuto era la calciocianammide

(CaCN2).

Il metodo impiegava come materie prime azoto puro e il carburo di calcio, che fu

uno dei primi composti preparati su scala industriale con l’utilizzo di fornaci

elettriche, esso veniva ottenuto bruciando in forno elettrico a 2000°C calce viva e

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antracite. Sino ad allora, Il carburo di calcio serviva per la produzione di acetilene,

impiegato per l'illuminazione, sostituito nel 1910 dalla introduzione del filamento

di tungsteno nelle lampade a incandescenza.

Nella preparazione della calciocianammide, un flusso di azoto puro attraversava

del carburo di calcio riscaldato ad alta temperatura (1.000 °C), si otteneva un

composto azotato che Rohte, un altro studioso del processo, riconobbe essere

calciocianammide, Caro infatti inizialmente riteneva di aver ottenuto un cianuro.

Il processo avveniva secondo le seguenti reazioni:

CaC2 + N2 → CaCN2 + C

Successivamente la calciocianammide veniva fatta reagire con acqua per

ottenere ammoniaca secondo la reazione:

CaCN2+3H2O → 2NH3+ CaCO3

Un altro processo importante apparve agli inizi del secolo: l'ossidazione catalitica

dell'ammoniaca, e la sua trasformazione in acido nitrico. Le reazioni erano note da

tempo, ma le condizioni con cui ottenere un'alta resa in acido nitrico erano

piuttosto elusive, e sfuggirono a ogni "presa" industriale fino al 1900, quando uno

dei fondatori della teoria della catalisi, Wilhelm Ostwald (1853-1932), ne iniziò lo

studio. Nel 1902 vennero presi i brevetti, e il primo impianto fu eretto nel 1908

nella cokeria di Gerthe nella Ruhr; alla vigilia della guerra forniva circa 250 t di

acido nitrico al giorno. La posizione di questo processo nel problema della

fissazione dell'azoto fu assolutamente centrale:

da una parte apriva la strada verso l'acido nitrico ai metodi sintetici che, come

quello della calciocianamide, davano azoto fissato sotto forma di ammoniaca;

dall'altra permetteva una parziale rimozione del problema stesso della fissazione,

in quanto ovunque nel mondo civilizzato erano potenzialmente disponibili enormi

quantità di ammoniaca, di solito come solfato d'ammonio nelle acque di lavaggio

del gas di cokeria. Quale delle due strade dovesse essere seguita dipendeva

evidentemente dai costi di produzione dell'ammoniaca. Solo le necessità belliche

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riuscirono comunque a imporre il processo Ostwald, in quanto la disponibilità del

nitro del Cile lo rendeva ancora poco appetibile in tempo di pace.

Il processo Ostwald fece sviluppare i processi di sintesi dell’ammoniaca e

principalmente la comunità scientifica si poneva il problema sulla sua sintesi

diretta cioè dai suoi elementi, azoto e idrogeno.

La reazione di sintesi dell’ammoniaca dai suoi elementi fu studiata sin dalla metà

del 1800 ma i lavori più interessanti si ebbero alla fine del 1800. Nel 1901 Henri

Louis Le Châtelier (1850–1936) tentò di produrre ammoniaca sottoponendo una

miscela azoto-idrogeno alla pressione di 200 atm e alla temperature di 600 °C

all’interno di una bomba in acciaio. La presenza, però, di ossigeno come

contaminante provocò una violenta esplosione che causò l’abbandono del

tentativo di sintetizzare l’ammoniaca.

Nei primi anni del ‘900 nello specialissimo clima culturale della Germania

imperiale, la sintesi diretta dell'ammoniaca dagli elementi, divenne una realtà

scientifica, tecnica e industriale.

Uno dei principale scienziati che portarono alla sintesi dell’ammoniaca fu Fritz

Haber (1868-1934) chimico fisico tedesco, che vinse il premio Nobel per la

chimica nel 1918 proprio per la scoperta del processo di sintesi per la produzione

di ammoniaca a partire dai suoi componenti base, azoto e idrogeno.

F. Haber iniziò i sui studi sulla reazione tra azoto e idrogeno per dare ammoniaca

sotto la spinta di due imprenditori i signori Margulies che l’ho avevano interpellato

come consulente ponendogli come quesito: se dia qualche probabilità di successo

la ricerca di un metallo, la cui capacità di formare idruri con azoto e idrogeno,

possa essere applicata alla preparazione dell'ammoniaca.

A monte di una possibile risposta sul meccanismo di intervento e sulla natura di

uno specifico catalizzatore, Haber si pose il problema di determinare le costanti

dell'equilibrio della reazione:

N2+3H2↔2NH3

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sappiamo infatti che la presenza di un catalizzatore non può avere altro effetto

(se l'ha) che quello di accelerare il raggiungimento di determinate proporzioni tra

reagenti e prodotti. Se ad una certa temperatura la frazione di NH3 presente nella

miscela d'equilibrio è molto bassa, non c'è catalizzatore che possa intercedere a

favore dell'industriale. Haber quindi ha privilegiato questo aspetto della

questione, cercando, prima di tutto, una risposta di valore tecnico, attraverso la

determinazione dell'ordine di grandezza della costante d'equilibrio della reazione.

Nella determinazione della costante di equilibrio Haber lavorò a pressione

ambiente, rinunciando a lavorare ad alte pressioni per evidenti ragioni di

semplicità operativa; i risultati furono del tutto deludenti: a 1020 °C solo

ventiquattro molecole su centomila non si decompongono.

In conclusione a pressione atmosferica e ad alte temperature nessun

catalizzatore può ottenere più che tracce di ammoniaca dalle miscele di gas

contemporaneamente anche ad alte pressioni il punto di equilibrio rimane

costantemente sfavorevole se si opera a temperature normali.

Nel 1906 Nernst formulò il suo teorema che offriva la possibilità, a lungo cercata,

di calcolare le costanti di equilibrio di una reazione a qualsiasi temperatura.

Per confermare le sue teoria Nernst paragonò i suoi calcoli ai valori delle costanti

di equilibrio ricavate da Haber notando che le costanti d’equilibrio della reazione

di sintesi dell'ammoniaca erano assai lontani da quelli calcolati nella sua teoria.

Nernst si accinse allora a verificare l'esattezza dei valori forniti da Haber e scelse

di lavorare ad alte pressioni (circa 50 atmosfere), per favorire la formazione di

maggiori quantità di NH3 e diminuire così l'errore sperimentale nella

determinazione del prodotto di reazione. Al termine delle esperienze la situazione

per quanto riguarda la percentuale di NH3 formata a 1000 °C era la seguente:

teoria di Nernst: 0,0045%

misure di Nernst: 0,0032%

misure di Haber: 0,0120%

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I risultati di Nernst erano quattro volte più pessimisti di quelli di Haber. Questi fu

informato della discrepanza con una lettera di Nernst nell'autunno del 1906.

Haber allora ripetè i suoi esperimenti ed aiutato da tecniche analitiche più precise

ricavò una percentuale di 0,0048% in accordo alle teorie di Nernst e ammise di

aver sbagliato il calcolo della costante di equilibrio alla riunione del 1907 della

società di chimica-fisica tedesca, la Bunsen Gesellschaft.

Haber e Nernst erano perfettamente consci del importanza in termini di risvolti

economici della loro discussione, e dal loro sforzo congiunto Haber fu trascinato a

mettere a punto nel 1908 un apparecchio dimostrativo, che con un catalizzatore a

base di uranio, e operando a 550° e 200 atmosfere, permetteva di ottenere una

miscela gassosa così ricca in ammoniaca che questa poteva essere liquefatta per

semplice raffreddamento. La Basf fu subito contattata, ma i dirigenti della grande

impresa che si recarono a Karlsruhe per assistere a una dimostrazione di Haber

erano alquanto scettici. Carl Bosch (1874-1940) non si fermò nemmeno

abbastanza a lungo per vedere funzionare l'apparecchio di Haber, ma Alwin

Mittasch (1869-1953) rimase, e potè constatare la "facilità" della sintesi. Nel 1910

cominciò a funzionare un impianto pilota a Ludwigshafen, e nel 1913, con il

superamento di grandi difficoltà ingegneristiche, e dopo l'esplorazione di centinaia

di catalizzatori da parte di Mittasch, fu aperto lo stabilimento di Oppau, in cui

operavano giganteschi reattori del peso di 8 t. Durante la guerra la Basf costruì un

secondo impianto a Leuna, con una produzione complessiva al termine del

conflitto di 95.000 t di azoto fissato, circa la metà del consumo tedesco.

La sintesi dell’ammoniaca costituì un passo fondamentale per la produzione di

fertilizzanti azotati e quindi per un enorme aumento della produzione alimentare

con le ovvie conseguenze benefiche per miliardi di uomini.

I nitrati prodotti coi nuovi metodi tuttavia avevano un uso importantissimo per la

produzione di esplosivi. Una possibilità che fu sfruttata fino in fondo dalla

Germania durante la Prima Guerra Mondiale. Le industrie BASF che sfruttarono la

scoperta di Haber ebbero infatti un ruolo importante nel ritardare la sconfitta degli

imperi centrali nel conflitto ’15-’18.