Storia Dell'Aeronautica Militare [Divisione Formazione Superiore SGA-SAAM]

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    DIVISIONE FORMAZIONE SUPERIORE

    SGA/SAAM

    Storia

    dell'Aeronautica Militare

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    Dagli aerostieri alla vigilia del secondo conflitto mondiale

    Dai palloni allaffermazione del pi pesante

    La Grande Guerra e lintervento

    Il dopoguerra e la nascita della Regia Aeronautica

    La Coppa Schneider

    La Regia Aeronautica tra primati e trasvolate

    LAeronautica tra i due conflitti mondiali

    Dallo scoppio della 2 Guerra Mondiale alla Rinascita

    La Regia Aeronautica nella 2 Guerra Mondiale

    LAccademia Aeronautica da Livorno a Nisida

    LArmistizio e la Guerra di Liberazione

    La Regia Aeronaulica nella lotta clandestina

    Dal dopo guerra alla storia di oggi

    Nasce lAeronautica Militare

    Con la NATO arrivano gli aviogetti

    Dal G.91 alla storia pi recente

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    Lo stemma dellAeronautica

    Militare Italiana, sormontato

    dallaquila turrita, simbolo

    dei piloti militari, racchiude i

    distintivi di quattro squa-

    driglie che, nella 1^ Guerra

    Mondiale, si misero in luceper abilit, coraggio ed ero-

    ismo.

    Il Quadrifoglio riproduce il

    simbolo della 10^ Squadri-

    glia da bombardamento

    Caproni, anchessa impie-

    gata in audaci azioni belliche

    durante la Grande Guerra.

    Il cavallo alato con fiacco-

    la raffigura il distintivo

    dellimpavida 27^ Squadri-

    glia Aeroplani, erede della

    10^ Squadriglia Farman.

    Fu protagonista, nel primo

    conflitto mondiale, di nume-

    rose missioni di ricognizio-

    ne e di bombardamento.Accompagna lo stemma il

    cartiglio con il motto Virtute

    Siderum Tenus - con valo-

    re verso le stelle - che sin-

    tetizza il coraggio, la bravu-

    ra ed il sacrificio di tutti gli

    Av ia to ri it al ia ni . Da gl i

    aerostieri alla vigilia del se-

    condo conflitto mondiale Dai

    palloni allaffermazione del

    pi pesante

    Il Grifo Rampante rappre-

    senta linsegna della 91 ^

    Squadriglia da Caccia.

    Nota come Squadriglia de-

    gli assi, ebbe tra le sue file

    eroi come Francesco Barac-

    ca, Piccio, Ruffo e Ranza.

    Il celebre Leone di S. Mar-

    co fu adottato come emble-

    ma dalla 87^ Squadriglia

    Aeroplani, ribattezzata La

    Serenissima in omaggio

    alla citt di Venezia. E di

    questa squadriglia lepico

    volo su Vienna al comando

    di DAnnunzio.

    Lo stemma dellAeronautica Militare

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    Medaglie concesse alla Bandiera

    dell Aeronautica

    Croce di Cavaliere dellOrdine Militare dItaliaRoma,13 settembre 1991

    Croce di Cavaliere dell Ordine Militare di Savoia

    Roma, 28 aprile 1937

    Medaglia d Oro al Valor MilitareRoma, 4 giugno 1936

    Medaglia d Oro al Valor MilitareRoma, 31 gennaio 1949

    Medaglia d Oro al Valor AeronauticoRoma, 12 marzo 1973

    Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 5 giugno 1920

    Medaglia d Argento al Valor Militare

    Roma, 8 ottobre 1920

    Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 20 dicembre 1928

    Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 3 ottobre 1929

    Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 25 aprile 1932

    Croce di Guerra al Valor MilitareRoma, 11 marzo 1926

    Medaglia dOro Ai Benemeriti della Salute Pubblica

    Roma, 3 aprile 1981

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    Capi di Stato Maggiore

    dellAeronautica Militare

    Gen. D .A. P ier R uggero P ICCIO dal l gennaio 1926 al 6 febbr aio 1927

    Gen. S.A. Armando ARMANI dal 10 febbraio 1927 al 13 ottobre 1928

    Gen. B.A. Giuseppe VALLE dal 22 febbraio 1930 al 23 novembre 1933

    Gen. D.A. Antonio BOSIO dal 23 novembre 1933 al 22 marzo 1934

    Gen. S.A. Giuseppe VALLE dal 22 marzo 1934 al 10 novembre 1939

    G en . S . A. F ra nc es co P RI CO LO d al 10 n ov em br e 1 93 9 a l 1 5 n ov em br e 1 94 1

    Gen. S .A. R ino Corso FOUGIER dal 15 novem br e 1941 al 26 l ugl io 1943

    Gen. D.A. Renato SAN DALL dal 27 luglio 1943 al 18 giugno 1944

    Gen. D.A. Pietro PIACENTINI dal 19 giugno 1944 al l 11 dicembre 1944

    Gen. S .A. Mario A lMONE dal 13 dicembre 1944 al 25 febbraio 1951

    Gen. S.A. Aldo URBANI dal 25 febbraio 1951 al 10 novembre 1954

    Gen . S .A . Ferdinando RAFFAELLI dal 10 novembre 1954 a l 1 febb raio 1958

    Gen. S.A. Silvio NAPOLI dal 1 febbraio 1958 al 1 settembre 1961

    Gen. S.A. Aldo REMONDINO dal 1 set tembr e 1961 al 28 febbr ai o 1968

    Gen. S.A. Duilio S. FANALI dal 28 febbraio 1968 al 31 ottobre 1971

    G en. S .A . V inc enz o L UC ERT IN l d al 1 n ov em br e 1 97 1 a l 2 7 f eb br ai o 1 97 4

    Gen. S.A. Dino CIARLO dal 27 febbraio 1974 al 19 giugno 1977

    Gen. S.A. Al essandro METTIMANO d al 2 0 g iu gn o 1 97 7 a l 1 a pr il e 1 98 0

    Gen. S.A. Lamberto BARTOLUCCI dal 2 aprile 1980 al 12 ottobre 1983

    Gen. S .A. B asilio COTTONE dall 9 ottobre 1983 al 17 settembre 1986

    Gen. S.A. Franco P ISANO dal 18 set tembre 1986 al 15 apri le 1990

    Gen. S.A. Stelio NARDlNI dal 16 apri le 1990

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    Dagli Aerostieri alla

    vigilia del secondo

    conflitto mondiale

    (a sinistra)La prima esperienza sul campodegl i aerost ier i nel le colonie i tal iane del MarRosso.(sopra)I l tenente Dal Fabbro , al centro, che coni l capi tano Moris , ef fet tu la prima ascensionel ibera ut i l izzando un pal lone mil i tare dicostruz ion e i tal iana.

    mento del genio, il cui parco comprende due pal-

    loni da 550 metri cubi, l Africo e il Torricelli,

    un generatore di idrogeno e un verricello a vapo-

    re per la manovra del cavo di ascensione. Un ini-

    zio davvero modesto per quel la che sar la futu-

    ra arma azzurra!Nellestate di tre anni dopo la Sezione, grazie alla

    prima legge dello Stato relativa alla nuova spe-

    cialit, viene assorbita, insieme a tutti gli altri ser-

    vizi speciali del genio, dalla Compagnia speciali-

    sti, che ha subito modo di dimostrare sul campo

    le proprie capacit partecipando alla spedizione

    del generale Asinari di San Marzano nei posse-

    dimenti italiani sul Mar Rosso con tre aerostati -

    il Serrati, il Volta e il Lana - che vengono

    impiegati in ascensioni frenate di ricognizione.

    Per la prima volta nella storia fa la sua comparsa

    quello che sar poi il colore della forza armata.

    Una nappina azzurro cobalto viene infatti adotta-

    ta come distintivo di specialit e va a fregiare il

    copricapo del personale assegnato alla Compa-

    gnia che, nel 1889, subisce un ulteriore aggiu-

    stamento ordinativo diventando Brigata mista del

    genio, articolata in una Compagnia treno per il

    trasporto dei materiali in dotazione e una Com-

    pagnia specialisti. Questultima si impone nel-

    lestate del 1894 agli onori della cronaca con la

    prima ascensione libera di un pallone militare di

    costruzione italiana, il Generale Durand de la

    Penne, compiuta dal capitano Maurizio Moris e

    Dai palloni

    all'affermazione del "pi pesante"Il 28 Marzo 1923 fu fondata lAeronautica Milita-

    re Italiana come forza armata autonoma.

    Le sue origini risalgono, per, a qualche decen-

    nio prima quando, sullo scenario del potenziale

    bellico nazionale, fa il suo primo e ancor timido

    ingresso una nuova specialit il cui sviluppo

    legato, almeno per il momento, al pi leggerodellaria, a quei palloni, cio, grazie ai quali ardi-

    ti aeronautici avevano conquistato il cielo.

    Siamo nel 1884 per lesattezza e, agli ordini del

    tenente Alessandro Pecori Giraldi, viene costitu-

    ito a Roma - dapprima al Forte Tiburtino, quindi

    alla caserma di Castel SantAngelo - un Servizio

    aeronautico che, nel gennaio dellanno succes-

    sivo, diventa Sezione aerostatica del 3 Reggi-

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    dal tenente Cesare Dal Fabbro i quali, pi ani-

    mati da grande coraggio che sorretti da specifi-

    ca preparazione, si levano in volo dalla piazza

    darmi ai Prati di Castello (nei pressi dellattuale

    piazza Mazzini in Roma) per discendere poi, for-

    tunatamente senza incidenti, a qualche chilome-

    tro dalla capitale. Altri, in questi primi tentativi,

    saranno meno fortunati: la prima vittima un

    geniere di ventanni, Oreste Vacca, che il 15 giu-

    gno 1899 precipita su una riva del Tevere dopo

    essere rimasto aggrappato ad una delle funi di

    vincolo di un pallone strappato dal vento; la se-

    conda il capitano Arnaldo Ulivelli il cui pallone

    prende fuoco in volo, il 7 giugno 1907, dopo es-

    sere stato colpito da un fulmine.

    Nel novembre del 1894 il Ministero della Guerradecide di riunire in un unico reparto tutti i servizi

    di aeronautica: nasce cos la Brigata specialisti

    che nel 1909 diventer autonoma.

    I primi voli liberi con pallone, se da una parte ave-

    vano fatto gi ampiamente intravedere le grandi

    potenzialit del nuovo mezzo, dallaltro ne aveva-

    no anche evidenziato tutti i limiti, soprattutto in

    applicazioni militari, derivanti dal fatto che la loro

    traslazione orizzontale era affidata esclusivamen-

    te ai venti. La necessit di dotarli di un sistema

    autonomo di navigazione rappresenta dunque,

    agli inizi del secolo, il maggior problema tecnico

    alla cui soluzione vengono rivolti studi e ricerche

    che vedono seriamente impegnati anche gli uo-

    mini della Brigata. Questi sforzi si concretizzanonella realizzazione del primo dirigibile militare ita-

    liano, lN. 1, ideato, progettato e costruito dai ca-

    pitani Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni.

    Questo semirigido - di 2.500 m., rivestito di seta

    verniciata esternamente in alluminio, lungo 63

    metri e con un diametro di 10 alla sezione mae-

    stra - effettua durante il mese di ottobre del 1908

    quindici uscite, condotto in volo dagli stessi

    costruttori. Gli esperimenti si concludono proprio

    lultimo giorno del mese con il volo Vigna di Val-

    le-Anguillara-Roma e ritorno, per un totale di 80

    chilometri percorsi in unora e trentacinque mi-

    nuti. Per la prima volta nella storia un dirigibile

    vola, a 500 metri di quota, sulla capitale del Re-

    gno; un giornale lindomani titoler: Da Bracciano

    al Quirinale in 32 minuti.

    Esattamente un anno dopo lN. 1 bis parte da

    Vigna di Valle ed effettua, in 14 ore di volo senza

    scalo, una crociera di 470 chilometri nel corso

    della quale vengono sorvolate Napoli e Roma.

    Ma il progresso ormai incalza e, accanto agli studi

    sul pi leggero e alle relative realizzazioni do-

    vute nel nostro Paese ad uomini geniali come

    Almerigo da Schio, Enrico Forlanini (noto anche

    per aver legato il suo nome allideazione delleli-

    cottero), Domenico Piccoli o Celestino Usuelli,

    tanto per citarne alcuni, il nuovo secolo vede

    schiudersi un nuovo, decisivo capitolo nella sto-

    ria del volo. Il 17 dicembre 1903 un velivolo a

    motore realizzato da due fratelli, Orville e Wilbur

    Wright, si alza a tre metri da terra sulla spiaggia

    di Kitty Hawk e compie per dodici secondi un volo

    di trentasei metri... troppo modesto - dir poi lo

    stesso Orville - se paragonato a quello degli uc-

    celli, ma pur tuttavia il primo nella storia del mon-

    do.

    La grande impresa compiuta e, ovviamente,

    enorme lo scalpore che essa suscita ovunque.

    Gli Stati Uniti per primi, ma anche il Vecchio Con-

    tinente grazie soprattutto alla Francia, iniziano lacostruzione delle nuove macchine volanti. In Ita-

    lia ci si limita allacquisto da parte del Club degli

    aviatori del velivolo Wright n. 4 - costruito in Fran-

    cia e capace di una velocit di 58 chilometri lora

    con un carico utile di 120 chilogrammi - che in

    assoluto la prima macchina pi pesante in li-

    nea nel nostro esercito. Su di esso lo stesso

    Wilbur compie, il 15 aprile 1909, il primo di una

    lunga serie di voli circondato dallentusiasmo di

    una folla enorme convenuta per loccasione sul-

    laeroporto romano di Centocelle.

    Ben presto, per, anche nel nostro Paese sorgo-

    no le prime case costruttrici, certamente con

    strutture e metodologie ancora artigianali, ma che

    di fatto aprono la strada a quella che, di li a pochi

    anni, diventer una vera e propria industria aero-

    nautica. Nascono cos, nel 1909, il triplano di

    Aristide Faccioli sul quale, particolare curioso, il

    pilota manovra stando in piedi; il primo biplano

    I l dir igibi le P.1 esce dal l hangar da campoal lest ito in Libia.

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    Caproni, dellanno successivo, capostipite di una

    gloriosa serie di velivoli; i motori Anzani a raf-

    freddamento ad aria, uno dei quali viene montato

    sul Blriot con il quale il celebre costruttore com-

    pie la prima traversata della Manica; le costru-

    zioni aeronautiche di Franz Miller, di Mario

    Cobianchi, di tanti altri, noti e meno noti, la cui

    opera contribuir comunque al progresso del-

    laviazione.

    Insieme alle prime macchine, ecco anche i primi

    pilot i i taliani regolarmente brevettat i: i l

    sottotenente di vascello Mario Calderara, brevet-

    to di pilota di aeroplano n. 1, conseguito il 12 set-

    tembre 1909 per acclamazione durante il 1 Cir-

    cuito aereo internazionale di Brescia, e il tenente

    del genio Umberto Savoia, n. 2, entrambi adde-strati da Wilbur Wright durante la sua permanen-

    za romana.

    Il 1910 rappresenta un anno decisivo per le sorti

    della nuova specialit e segna storicamente il

    primo atto ufficiale del riconoscimento della vali-

    dit dellaeroplano come mezzo operativo e, quin-

    di, della nascita dellaviazione militare. Si orga-

    nizza a Centocelle la prima Scuola militare di

    aviazione; le nascenti forze aeree vengono rior-

    dinate e potenziate con la costituzione, agli ordi-

    ni di Maurizio Moris, ora tenente colonnello, del

    Battaglione specialisti autonomo del genio nel

    quale viene inserita la nuova Sezione aviazione,

    con sede a Torino, che viene posta sotto il co-

    mando del tenente colonnello Vittorio Cordero diMontezemolo; il Parlamento, soprattutto, ratifica

    ufficialmente limportanza dellaviazione appro-

    vando uno stanziamento, cospicuo per lepoca,

    di 10 milioni di lire per la costruzione di nove diri-

    gibili, lacquisto di 10 aeroplani e il pagamento

    delle indennit speciali spettanti a tutto il perso-

    nale del settore. Una materia, questultima, che

    sar pi compiutamente disciplinata lanno succes-

    sivo con il Regio Decreto n. 1265 del 25 settembre.

    Alla sua costituzione il Battaglione pu contare

    su una forza di otto piloti e altrettanti velivoli - tre

    Farman e cinque Blriot tutti dislocati a Centocelle

    -che rappresentano, insieme a due dirigibili e ad

    alcuni aerostati, tutta la nostra forza aerea. La

    quale, peraltro, ha ben presto la possibilit di di-

    mostrare ancora una volta sul campo le sue ca-

    pacit. Nel settembre del 1911 scoppia infatti il

    conflitto italo-turco per il possesso della Libia,

    dove, insieme a tre dirigibili e ad alcuni aerostati,

    viene inviata una flottiglia di aeroplani forte di cin-

    que piloti effettivi e sei di riserva, una trentina tra

    graduati e uomini di truppa e nove aerei -tre

    Nieuport, due Blriot, due Etrich e due Farman -

    tutti con motore da 50 HP.

    Questa esperienza, durata poco pi di un anno,

    ha assunto particolare rilevanza nella storia del-

    laeronautica, non solo italiana, in quanto ha co-

    stituito il primo caso al mondo di impiego bellico

    del pi pesante dellaria. Da allora nomi come

    quello di Piazza, Gavotti o Moizo, tanto per limi-

    tarci ai pi noti, sono ormai legati storicamente

    alla prima missione di ricognizione strategica, al

    primo bombardamento, al primo volo di guerra

    notturno, alla prima missione di aerocooperazione

    o alla prima concezione dellaviazione da caccia.

    Tutto ci, pi di ogni teoria, convince le autorit

    di governo che ormai impensabile trascurare la

    nuova specialit e gli atti ordinativi si susseguo-

    no per razionalizzarne e potenziarne lorganizza-

    zione. Il Regio Decreto 25 febbraio 1912 n. 182istituisce a Vigna di Valle la prima unit di quello

    che diventer il Servizio meteorologico dellaero-

    nautica: la Regia Stazione aerologica principale.

    Con la legge 27 giugno 1912 n. 698 viene istitu-

    ita, nellambito del Ministero della Guerra unor-

    ganizzazione aeronautica che - attraverso un

    Ufficio dispezione dei servizi aeronautici - si ar-

    ticola sul preesistente Battaglione specialisti di

    Roma (al quale viene affidato limpiego esclusivo

    di dirigibili e palloni), un Battaglione aviatori con

    sede a Torino e uno Stabilimento costruzioni ed

    esperienze, sempre nella capitale, alle cui dipen-

    denze viene posto il Cantiere sperimentale di Vi-

    gna di Valle. Contemporaneamente prende il via

    un programma di potenziamento che prevede -entro la primavera del 1913 - la costruzione di

    dieci dirigibili e la costituzione di dieci squadri-

    glie con 150 aeroplani.

    Anche lidroaviazione trova intanto applicazione

    Lentrata in l inea di t r imotori Ca proni ,apposi tamente concepi t i per i l bombardamento ,segn aron o un o dei salt i di qu alit pi si gn it icat i v i del la nostra aviaz ione durante la GrandeGuerra.

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    bilitate -6 su Blriot, 4 su Nieuport e 2 su Maurice

    Farman - oltre a 3 dirigibili: il P.4 (messo a dispo-

    sizione della Marina), lM. 1 e il P.5. A questi

    mezzi, facenti parte dell'Aeronautica dellEserci-

    to, si aggiungono quelli della Marina compren-

    denti 15 idrovolanti - 5 Curtiss, 4 Borel, 4 Albatros

    e 2 Brguet - e due dirigibili: lM.2 Citt di Ferrara

    e il V.1 Citt di Jesi. Un totale di unottantina tra

    aeroplani e idrovolanti, tutti di costruzione stra-

    niera, a fronte dei 1.150 velivoli della Francia, ad

    esempio, o dei 764 della Germania. i piloti di ae-

    roplano sono circa 130, di cui solo una cinquan-

    tina ai reparti mobilitati; gli specialisti, tra motoristi

    e montatori, poche unit di pi; gli ufficiali osser-

    vatori una ventina.

    Lattivit dei nostri reparti aerei inizia fin dal pri-mo giorno di guerra con ricognizioni fotografiche

    nella zona di Podgora effettuate dal tenente pilo-

    ta Gaetano Coniglio e dal tenente Andrea De

    Bratti, appartenente questultimo ad una specia-

    lit, losservazione, nata fin dal 1911 alla Scuola

    di Aviano dopo il positivo giudizio espresso dallo

    Stato Maggiore sulla prima partecipazione del

    mezzo aereo alle Grandi manovre dell Esercito.

    Il 25 maggio la prima azione di guerra vera e pro-

    pria: cinque velivoli del 3 Gruppo effettuano con

    esito positivo il bombardamento dei cantieri di

    Monfalcone.

    In questa prima fase, comunque, lattivit della

    nostra aviazione piuttosto limitata, soprattutto

    se confrontata con quella svolta dagli austriaci, ilcui livello di organizzazione e di addestramento

    sensibilmente superiore al nostro. In aggiunta

    a ci, si fa ben presto sentire lusura della guer-

    ra: gi nel mese di agosto, dopo solo tre mesi, la

    consistenza dellaeronautica dellEsercito si ridu-

    ce a otto squadriglie di aeroplani, con i Blriot

    praticamente scomparsi dalla scena.

    Nei mesi immediatamente successivi, grazie an-

    che agli aiuti francesi e ad una pi funzionale

    strutturazione dell'industria del settore, vengono

    L imp onente carico di bombe appeso al lanavicel la di un M.10 fotog rafato a Casarsa nellugl io d el 1917.

    in campo militare. Dopo i riusciti esperimenti di

    Guidoni, Crocco e Ginocchio, che avevano dato

    risultati concreti intorno al 1911, nellottobre del-

    lanno successivo viene costituita a Venezia la

    Sezione idroaeroplani, prima nellambito del Re-

    gio Esercito, poi, lanno successivo, in quello della

    Marina. Nel cominciare a porre concretamente

    le basi della sua organizzazione aeronautica mi-

    litare, negli stessi anni lItalia anche il primo

    paese, e per lungo tempo lunico, nel quale si

    sviluppa, grazie a Giulio Douhet, una vera e pro-

    pria dottrina del potere aereo e del suo impiego

    nel campo strategico, una dottrina che fa del do-

    minio dellaria la chiave di volta decisiva per il

    conseguimento della vittoria finale in un conflitto

    moderno.Il 1915, alla vigilia del nostro intervento in guerra,

    vede intanto configurarsi con maggior chiarezza

    unorganizzazione aeronautica sempre pi stac-

    cata dallArma del genio. Il Regio Decreto del 7

    gennaio di quellanno, poi convertito in legge nel

    1917, istituisce infatti il Corpo aeronautico mili-

    tare - dipendente dal Ministero della Guerra e

    articolato fondamentalmente su due Comandi,

    quattro Battaglioni, uno Stabilimento costruzioni

    aeronautiche, una Direzione tecnica dellaviazio-

    ne militare e un Istituto centrale aeronautico - il

    quale, insieme all'Ispettorato sommergibili e avia-

    zione che vedr ufficialmente la luce lanno suc-

    cessivo nellambito dello Stato Maggiore Marina,

    rappresenta il quadro di tutta la forza aerea na-zionale al momento in cui i colpi di pistola sparati

    a Sarajevo danno inizio a una terribile guerra.

    La grande Guerra e linterventoMalgrado la preziosa esperienza acquisita duran-

    te la Campagna di Libia e i successivi tentativi di

    dare una pi organica e funzionale definizione

    alla nuova arma, lo scoppio della Grande Guerra

    nellagosto del 1914 trova comunque le nostre

    forze aeree del tutto impreparate, scarse di mez-

    zi e di infrastrutture e senza un adeguato sup-

    porto di un industria di settore, la cui capacitproduttiva complessiva ancora limitata a pochis-

    sime macchine allanno. Neppure i mesi che tra-

    scorrono tra linizio delle ostilit e lintervento ita-

    liano sono sufficienti per modificare sostanzial-

    mente questa situazione.

    Il 24 maggio 1915, dunque, il nostro Paese si

    presenta sul teatro di guerra con una forza aerea

    di 15 squadriglie di aeroplani, di cui solo 12 mo-

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    acquisiti mezzi pi moderni e in numero tale da

    consentire di organizzare quattordici squadriglie

    da bombardamento e ricognizione. Lentrata in

    linea dei nuovi trimotori Caproni appositamente

    realizzati per il bombardamento e la costituzione

    della prima squadriglia da caccia segnano per la

    nostra aviazione un ulteriore e decisivo salto di

    qualit. La nuova specialit deve comunque se-

    gnare il passo fino alla primavera successiva, so-

    prattutto a causa della difficolt di installare armi

    efficaci sui velivoli. Nel 1915 i piloti sono ancora

    armati con una pistola, sia pure a tiro rapido, la

    cui utilizzazione evidentemente limitata all'even-

    tualit di atterraggio in territorio nemico.

    La situazione migliora decisamente con lentrata

    in linea del Nieuport Beb, un monoposto co-struito in Italia dalla Macchi, lo stesso con il qua-

    le, il 7 aprile 1916, il maggiore Francesco Barac-

    ca ottiene la prima vittoria della caccia italiana

    abbattendo un Brandenburg austriaco nel cielo

    di Medeuzza. Quando sar a sua volta abbattuto

    sul Montello le vittorie di questo asso ammon-

    teranno a 34.

    Nei quattro anni del conflitto le forze aeree svol-

    gono un ruolo determinante per la vittoria finale.

    Le operazioni si sviluppano in varie forme: dal-

    losservazione al bombardamento, dallappoggio

    alle forze di superficie allattacco, anche con razzi,

    a palloni drachen.

    La fantasia popolare, comunque, si appropria

    soprattutto delle imprese dei cacciatori, romanti-camente visti come la moderna versione degli

    antichi eroi cavallereschi.

    Nella battaglia del Piave del giugno del 1918 lim-

    piego della massa da caccia e di quella da bom-

    bardamento rappresenta lelemento determinan-

    te del ripiegamento del nemico che aveva sferra-

    to lultima offensiva. Il 9 agosto dello stesso anno

    dieci SVA dell87 Squadriglia nota come La Se-

    renissima compiono unimpresa senza prece-

    denti volando su Vienna sulla quale lanciano

    manifestini tricolore con un messaggio di Gabriele

    DAnnunzio. Il 24 ottobre comincia la battaglia di

    Vittorio Veneto dove, a fronte di unaviazione au-

    striaca ormai allo sbando, tutte le specialit del-

    laeronautica italiana partecipano attivamente al-

    lultima lotta prima della vittoria.

    Al momento dellarmistizio, il 4 novembre 1918,

    le forze aeree del nostro Paese comprendono:

    70 squadriglie di aeroplani e 5 dirigibili dellEser-

    cito; 45 squadriglie tra idrovolanti e aeroplani e

    15 dirigibili della Marina. Complessivamente i

    velivoli in linea sui fronti italiano, francese e gre-co-albanese sono 1.758, 26 i dirigibili. Malgrado

    tutto lo sforzo industriale era stato imponente: nel

    corso della guerra erano stati costruiti 11.986

    velivoli e prodotti 23.979 motori, 39.783 eliche,

    7.700 mitragliatrici, 512.400 bombe daereo e

    10.644 metri quadrati di lastre fotografiche. Le

    scuole di volo - 31 dellEsercito e 4 della Marina -

    avevano fornito ai reparti 5. 100 piloti (fra cui cir-

    ca 500 allievi per il servizio aereo degli Stati Uni-

    ti, detti anche i foggiani dalla scuola dove erano

    stati addestrati sui Caproni), 500 osservatori, 100

    mitraglieri e 5.000 specialisti. Al nome di Barac-

    ca si erano ben presto affiancati quelli di Scaroni,

    Piccio, Baracchini, Ruffo di Calabria e Ranza,

    tanto per citare linizio di un albo doro che, a fineconflitto, raggiunge le 43 unit se ci limitiamo a

    conteggiare solo gli aviatori accreditati di almeno

    cinque aerei abbattuti, duecento invece i prota-

    gonisti di un numero inferiore di vittorie. Gli avia-

    tori caduti in voli di guerra, in incidenti di volo o in

    (sopra) Gabriele DAnnunzio e i p i lot i del la Sereniss ima,protago nist i del l audace volo su Vienna.(a destra) Tre assi del la caccia i tal iana: I l colon nel loPicc io, i l maggiore Baracca e i l capi tano Ruf fo.

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    Divenne ben presto la pi famosa gara di veloci-

    t al mondo. La pubblicit di cui era oggetto il

    vincitore della manifestazione, infatti, crebbe dal-

    linizio di edizione in edizione e laereo vittorioso

    fu considerato lesempio probante della capacit

    aeronautica del paese al quale apparteneva. Si

    spiega cos linteresse diretto che, anche in ter-

    mini di cospicui investimenti, i governi delle na-

    zioni partecipanti manifestarono per la Coppa.

    La gara si svolse la prima volta nel 1913 e il pri-

    mo binomio vincente fu il francese Maurice

    Prvost su un monoplano Deperdussin spinto da

    un motore rotativo Gnme. Lanno successivo la

    vittoria arrise invece alla Gran Bretagna che si

    impose con Howard Pixton su Sopwith Tabloid,

    un biplano che avrebbe poi ispirato il velivolo mi-litare Sopwith "Pup".

    Dopo queste due edizioni, che si svolsero sulle

    acque del Principato di Monaco, la gara fu ovvia-

    mente sospesa durante gli anni della guerra, per

    essere quindi ripresa nel 1919 a Bournemouth in

    Inghilterra. Il percorso era di 370 chilometri e luni-

    co pilota che riusc a compierlo fu litaliano Gui-

    do Jannello che pilotava un S. 13. La vittoria, per,

    non fu omologata in quanto, a causa della fitta

    nebbia, non fu possibile confutare la decisione

    di uno dei giudici di gara che sostenne che il con-

    corrente italiano aveva saltato un pilone.

    Malgrado la squalifica di Jannello, lItalia fu co-

    munque riconosciuta come vincitrice morale, tan-

    to che ad essa fu affidata lorganizzazione dellasuccessiva edizione che si svolse a Venezia dove,

    addestramento erano stati 1.784. Il riconoscimen-

    to del valore dimostrato sul campo dagli apparte-

    nenti alla nostra aviazione si concretizza con la

    concessione di 24 medaglie doro al valor milita-

    re, pi una ad un ufficiale del Corpo aereo ameri-

    cano, di 1.890 dargento e di 1.312 di bronzo; il

    Corpo aeronautico militare italiano viene decora-

    to della Croce di cavaliere dellOrdine militare di

    Savoia e di due medaglie dargento al v.m..

    La Coppa SchneiderLa progressiva affermazione del mezzo aereo si

    accompagn fin dallinizio con tutta una serie di

    gare e concorsi che, al di l dellentusiasmo po-

    polare che seppero suscitare e degli aspetti pi

    propriamente propagandistici, rappresentarono in

    molti casi un fattore eccezionale di progresso del

    mezzo aereo.

    Fra tutte queste manifestazioni quella che, sen-

    za dubbio, ebbe la maggior risonanza internazio-

    nale e una pi sostanziale capacit di incidere

    sullo sviluppo aeronautico, fu la Coppa Schneider,

    ideata da un industriale, Jacques Schneider ap-

    punto, che, alle grandi risorse finanziarie, univa

    una grande passione per laviazione e doti non

    comuni di fantasia e di lungimiranza.

    Quando fu istituita, la Coppa avrebbe dovuto ave-

    re, nelle intenzioni del suo ideatore, soprattutto

    la funzione di incoraggiare lo studio e la ricercaper aumentare la capacit di galleggiamento e la

    stabilit in acqua degli idrovolanti. Di fatto essa

    Ripresa del l idrocorsa di Mario de Bernardi ,v inc i tore nel '26 del la Coppa Schnelder, mentredoppia un pi lone.

    I l marescial lo Francesco Agel lo davant i ai suoMC. 72 con cui con quist nel '34 i l primato dive lo ci t.

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    tra eliminazioni e ritiri, gareggi alla fine un solo

    concorrente, litaliano Luigi Bologna, che vinse

    con un S. 12.

    Lanno seguente la competizione si disput nuo-

    vamente a Venezia e vide la partecipazione di ben

    16 italiani e di un solo francese. Dopo le elimina-

    torie la vittoria arrise allitaliano Giovanni De Bri-ganti su M.7bis.

    Nel 1922 la gara assunse particolare importanza

    e interesse in quanto se uno dei nostri piloti aves-

    se ottenuto la terza vittoria consecutiva, la Cop-

    pa sarebbe stata definitivamente assegnata al-

    l'Italia. La lotta si svolse sulle acque del Golfo di

    Napoli e, dopo leliminazione dei francesi, rima-

    se circoscritta a tre italiani e allinglese Henry

    Biard. La vittoria and proprio a questultimo che

    pilotava un Supermarine Sea Lion spinto da un

    motore Napier da 450 CV.

    Lamericano David Rittenhouse fu il vincitore del-

    ledizione successiva - che si svolse nellisola di

    Wight e alla quale non parteciparono italiani - con

    un Curtiss Navy CR.3S Racer.

    Dopo un anno di interruzione decisa dagli ameri-cani che si rifiutarono di disputare la gara in as-

    senza di concorrenti stranieri, nel 1925 la coppa

    si svolse a Baltimora e sul podio sal lo statuni-

    tense James Doolittle su Curtiss Navy R.2C2. A

    questo punto si ripeteva per gli americani la stes-

    sa favorevole circostanza che si era presentata

    agli italiani qualche anno prima: la possibilit di

    aggiudicarsi definitivamente il trofeo.

    Grandissima era quindi lattesa quando, nel 1926

    a Norfolk, si classificarono per la finale tre italia-

    ni e tre americani. Pari allattesa fu per la delu-

    sione del folto pubblico presente quando, la mat-

    tina del 13 novembre, lidrocorsa M. 39 di Mario

    de Bernardi, dopo un appassionante duello con i

    Curtiss, tagli vittoriosamente il traguardo allamedia di 396,689 km/h.

    Nel 1927 la competizione ritorn in italia, ancora

    a Venezia, dove gli italiani furono messi fuori gara

    da una serie di incidenti ai motori. Alla fine la

    spunt linglese Sidney Webster su idrocorsa

    Supermarine 5.5. La delusione italiana fu mitiga-

    ta solo dal prestigioso record conquistato lanno

    successivo da de Bernardi il quale, con il Macchi

    M.52R (dove "R" sta appunto per record), supe-

    r primo al mondo il limite dei 500 km/h: per lesat-

    tezza 512,776.

    Ma la Schneider era di nuovo alle porte, sia pure

    con la cadenza biennale proposta dallItalia, e ad

    essa era ormai rivolto linteresse anche dei vari

    governi e in particolare del nostro che, attraverso

    queste gare, tendeva soprattutto a rafforzare ilconsenso interno e il prestigio allestero. Un con-

    corso bandito dal Ministero dellAeronautica vide

    scendere in lizza, in stretta collaborazione con la

    Scuola alta velocit nel frattempo costituita a

    Desenzano, ditte come la Fiat, la Macchi, la SIAI

    o la Piaggio, che affidarono i progetti per un nuo-

    vo idrocorsa a uomini come Rosatelli, Castoldi,

    Marchetti o Pegna.

    (sopra) Ferrarin, Masiero, Cappan ini eMaret to in tr ionto ad Osaka dopol incredibi le impresa por tata a termine.(a destra) Il Norge durante la primatrasvolata del Polo Art ico.

    Umberto Nobi le, fotogra-tato alla Baia del Re l11maggio 1926, prima del lapartenza per l ul t imatappa del la t rasvolata.

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    Malgrado ci, i risultati in coppa non furono per i

    colori italiani quelli sperati. Nelledizione del 1929

    svoltasi a Calshot, infatti, fu Henry Waghorn su

    Supermarine S.6 a spuntarla su Tommaso Dal

    Molin, il cui ormai vecchio M.52R nulla pot con-

    tro il ben pi potente idrocorsa britannico.

    Due anni dopo, infine, lInghilterra non si lasci

    sfuggire loccasione di aggiudicarsi definiti-

    vamente la Schneider vincendo, con John

    Boothman su S.6B, unedizione discussa e con-

    testata, per essere stata organizzata malgrado

    nessunaltra nazione avesse potuto assicurare la

    propria partecipazione.

    La delusione fu in ogni caso grande ovunque e,

    in Italia, essa fu almeno pari al desiderio di rival-

    sa. La Scuola di Desenzano divenne ben prestoReparto, il cui compito era quello di conquistare,

    prima di tutto, il primato di velocit. E quando

    Francesco Agello, il 23 ottobre 1934, raggiunse

    il limite - ancora imbattuto per idro con motore

    alternativo - di 709,209 chilometri di media con

    un Macchi Castoldi Mc.72, spinto da un motore

    Fiat da 3.100 CV, lorgoglio nazionale sembr

    essere appagato e il Reparto, assolto il suo com-

    pito, venne praticamente prima smobilitato e poi,

    nel giro di pochi anni, sciolto. Ancora una volta,

    soddisfatte le primarie esigenze di propaganda,

    si lasci che studi ed esperienze preziosissime

    e davanguardia cadessero nel vuoto senza la

    bench minima ricaduta sulla normale produzio-

    ne industriale, soprattutto in quel settore dei mo-tori che si sarebbe rivelato particolarmente ca-

    rente e limitativo per la nostra reale efficienza

    militare negli anni successivi.

    Il dopoguerra e la nascita della

    Regia AeronauticaLe esigenze belliche avevano avuto senza dub-

    bio leffetto di accelerare lo sviluppo della nuova

    arma aerea, del suo impiego - sia pure nella

    contrapposizione dottrinaria tra aviazione das-

    salto, di cui era sostenitore Amedeo Mecozzi, e

    aviazione strategica, propugnata gi da tempo dal

    Douhet - e, pi in generale, del progresso tecni-

    co del materiale di volo e dellaeroplano.

    A fronte di questi fermenti positivi, per la situa-

    zione economica della Nazione appare gravemen-

    te compromessa dai quarantuno mesi di conflit-

    to. Il che - unitamente alla mancanza di una reale

    volont politica in favore dellaviazione, relegata

    a rango subalterno da un Esercito e una Marina

    che, non dimentichiamo, erano ancora le uniche

    a esistere come forze armate indipedenti -provo-

    ca una vera e propria smobilitazione che, se fa

    segnare delle battute darresto, non pu per fer-

    mare il cammino di quella che ormai conside-

    rata larma del futuro. Non a caso, anche in que-

    sto periodo di crisi, gli aviatori sono comunque i

    protagonisti di imprese importanti e significative.

    Gi nei primi mesi del 1919 una missione milita-

    re italiana parte per lArgentina. Di essa fanno

    parte Antonio Locatelli e Luigi De Riseis. Il 2 lu-

    glio Locatelli decolla con uno SVA da Buenos

    Aires diretto in Cile: unimprovvisa tempesta

    scoppiata sulla Cordigliera delle Ande, sulle quali

    due mesi prima era caduto il pilota argentino

    Matienzo, rende impossibile questo primo tenta-tivo. Limpresa riesce il 30 luglio e viene ripetuta

    il 5 agosto sul percorso inverso dallo stesso

    Locatelli che copre i 1.500 chilometri di distanza

    in sette ore e mezzo, Nel volo di andata, sul pun-

    to approssimativo dove era caduto Matienzo,

    Locatelli lascia cadere una corona di fiori e una

    pergamena con le firme di tutte le donne italiane

    di Mendoza. De Riseis, dal canto suo, parte il 2

    agosto da Rio Lujan, nei dintorni di Buenos Aires,

    e, risalendo il Rio della Plata, raggiunge Asuncin,

    percorrendo la rotta inversa quattro giorni dopo.

    Il 12 maggio dello stesso anno, intanto, Mario

    Stoppani e Giuseppe Grassa partono da Torino

    con uno SVA 5 e uno SVA 9 e, in quattro ore,

    raggiungono Barcellona in tempo per linaugura-zione dellEsposizione mondiale aeronautica.

    Dopo alcune esibizioni acrobatiche nella stessa

    citt catalana e a Madrid, Stoppani rientra in Ita-

    lia con un volo senza scalo di 1.900 chilometri

    che si conclude sullaeroporto di Centocelle.

    Lopinione pubblica seguiva con grande interes-

    se queste gesta delle quali venivano colti so-

    prattutto gli aspetti di affermazione individuale e

    quelli tecnico-sportivi. Senza dubbio, per, lim-

    presa che pi dogni altra colp la fantasia della

    gente e che fu vista a livello di cultura popolare

    come una versione aggiornata del viaggio di Mar-

    co Polo, fu il volo Roma-Tokio. Unimpresa in-

    credibile per lepoca in cui si svolse e che, pi

    concretamente, ha costituito il primo esempio

    pratico delle enormi possibilit dellaeroplano e

    del suo impiego come moderno vettore di pace e

    di progresso tra i popoli. Tra il gennaio e il feb-

    braio dell 920, dunque, quattro trimotori Caproni

    partono isolatamente senza peraltro riuscire ad

    andare pi in l dellAsia Minore dove vengono

    bloccati da incidenti di vario genere. Nel marzo

    decollano ancora, questa volta in formazione, cin-

    que SVA agli ordini del capitano Mario Gordesco.

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    Anche questo tentativo non ha fortuna: lultimo

    dei cinque velivoli subisce un incidente irrepara-

    bile a Calcutta.

    Contro ogni previsione il successo arrise invece

    ad altri due piloti, Francesco Ferrarin e Guido

    Masiero, che il 14 febbraio erano decollati da

    Centocelle su due SVA con a bordo due giovani

    motoristi, Gino Cappannini e Roberto Maretto.

    Partiti in aggiunta alla missione ufficiale, con alle

    spalle appena sette giorni di tempo per organiz-

    zare il volo, con un bagaglio individuale che,

    come avrebbe poi scritto lo stesso Ferrarin, com-

    prende due chilogrammi di zucchero, una botti-

    glia di acqua di colonia, una camicia e un paio di

    mutande, i due arrivano in coppia fino ad Adalia

    per poi proseguire separatamente verso Tokio cheraggiungono insieme il 31 maggio e dove sono

    oggetto di eccezionali festeggiamenti che si pro-

    traggono per quarantadue giorni. In tre mesi e

    mezzo di viaggio i due hanno percorso circa

    18.000 chilometri per complessive 112 ore di volo

    alla media di circa 160 km/h. i due SVA, reduci

    dalla Grande Guerra, e sommariamente revisio-

    nati, erano dotati solo di strumenti per il controllo

    del motore: un contagiri, un termometro della tem-

    peratura dellacqua, un manometro della pressio-

    ne dellolio e un indicatore del livello del carbu-

    rante. Per la navigazione Ferrarin, che era stato

    il solo ad arrivare con lo stesso SVA con cui era

    partito, si era servito di una piccola bussola pre-

    levata da un caccia inglese Sopwith e di alcunepagine... strappate da un atlante. Per il pilotaggio

    nessuno strumento, nemmeno lindicatore di ve-

    locit.

    I tempi per dare alla nuova arma quellautonomia

    fino ad oggi mancatale si rivelano a questo punto

    maturi, se non sul piano strettamente militare, non

    vedendo lEsercito e la Marina di buon occhio il

    sorgere di una terza forza armata che avrebbe

    esercitato la sua competenza su quella compo-

    nente aerea che esse avevano sempre impiega-

    to in proprio, certamente su quello politico, i cui

    maggiori esponenti avevano invece colto gi da

    tempo le grandi possibilit offerte dalla carica di

    novit, modernit, progresso tecnico e tensione

    spirituale che circondava il mondo dellaviazio-

    ne. Il 24 gennaio 1923 viene istituito il Commis-

    sariato per laeronautica; il 28 marzo la Regia

    Aeronautica e, pochi mesi dopo, lAccademia

    Aeronautica. Il 4 novembre, quinto anniversario

    della vittoria, la nuova forza armata riceve, nelle

    mani del suo primo Comandante generale,

    lasso e medaglia doro Pier Ruggero Piccio, la

    bandiera di guerra. Il 30 agosto 1925 il Commis-

    sariato diventa Ministero.

    La Regia Aeronautica tra primati

    e trasvolateLa costituzione della Regia Aeronautica in forza

    armata autonoma d un nuovo impulso allo svi-

    luppo dellaviazione italiana che si ripropone ben

    presto allattenzione del mondo con altre impre-

    se eccezionali.

    Nel 1925 Francesco De Pinedo e il motorista Ernesto Campanelli volano per 370 ore su tre conti-

    nenti, percorrendo con lidrovolante S16ter

    Gennariello, 55.000 chilometri da Sesto

    Calende a Melbourne, a Tokio fino a Roma.

    Sempre De Pinedo, questa volta con Carlo Del

    Prete e con il motorista Carlo Zacchetti, compie

    nel 1927, a bordo dellS.55 Santa Maria, una

    crociera di 46.700 chilometri sul percorso Elmas-

    (sopra)LS16ter Gennariel lo, qui ripreso inf lot taggio su l Tevere, vol nel '25 con De Pinadoe Campanel l i su tre cont inent i .(sotto)Gli equipag gi della 2Croc iera atlantic aad Orbetel lo prim a del la t raversata. Al le lorospalle l'idrov olante S. 55X. Con lor ganizzazionedei vol i in formazione da un c ont inente al l al t ro,s i posero le bas i per un ser io addes t ramentocol let t ivo mod erno.

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    Porto Natal-Rio de Janeiro Buenos Aires-

    Asuncin-New York-Terranova-Lisbona-Roma.

    Lanno 1926 vede invece protagonista il dirigibile

    nella prima trasvolata del Polo Nord. Liniziativa

    ideata contemporaneamente dal celebre esplo-

    ratore Roald Amundsen e dal colonnello Umberto

    Nobile, direttore dello Stabilimento aeronautico

    di Roma.

    Amundsen, dopo aver tentato invano di raggiun-gere il Polo con degli aerei, aveva infatti rivolto la

    sua attenzione al pi leggero dellaria sollecitan-

    do lAero Club norvegese ad acquistare un diri-

    gibile. La scelta era caduta sullN.1 costruito in

    Italia da Nobile che viene acquistato grazie ai

    finanziamenti forniti da un amico dello stesso

    Amundsen, Lincoln El lsworth. La preparazione

    tecnica dellimpresa e lallestimento delle basi

    lungo il percorso vengono fatte dal governo ita-

    liano: lavventura ha inizio.

    Il dirigibile, battezzato Norge, parte il 10 aprile

    1926 da Ciampino agli ordini di Nobile. Giunto in

    Norvegia, e presi a bordo Amundsen ed Ellsworth

    alla Baia del Re, alle 9,50 dellil maggio parte per

    ultima tappa della trasvolata polare. Il giorno dopo,

    alle l ,30, sorvola il Polo Nord sul quale vengonolanciate tre bandiere: quella italiana, la norvege-

    se e, in onore del finanziatore dellimpresa, lame-

    ricana. 1114 alle 7,30 il Norge approda a Teller,

    in Alaska, dopo aver percorso 5.300 chilometri

    in 70 ore e 40 minuti.

    Trascorrono due anni e Nobile pronto con un

    nuovo dirigibile, gemello del primo, che viene

    chiamato Italia.

    La nuova spedizione composta da quattordici

    italiani, un cecoslovacco e uno svedese. Il 15

    aprile 1928 il dirigibile condotto da Nobile parte

    da Milano e, dopo un viaggio fortunoso, raggiun-

    ge la Baia del Re. Il 24 maggio alle 0,20 i l Polo

    raggiunto ancora una volta. Durante il viaggio di

    ritorno, dopo 131 ore di navigazione, la tragedia:

    il dirigibile perde improvvisamente quota e urta

    violentemente contro la banchisa. Dei sedici uo-mini a bordo uno muore nellurto, nove sono sbal-

    zati sui ghiacci e sei vengono trascinati via

    dallaeronave ormai squarciata: di questi ultimi

    non si sapr pi nulla. I superstiti, al riparo della

    celebre tenda rossa, resisteranno sul pack fino

    a quando la generosa corsa contro il tempo per

    salvarli, nella quale perdono la vita alcuni uomini

    tra i quali lo stesso Amundsen, non si conclude-

    r felicemente. I naufraghi sono avvistati da

    Umberto Maddalena, Nobile viene portato in sal-

    vo dal primo aereo che riesce a prendere terra,

    quello dello svedese Lundborg, gli altri dal rom-

    pighiaccio sovietico Krassin. Lavventura pola-

    re chiude definitivamente il discorso, nel nostro

    Paese, del pi leggero,, forse solo con un pic-

    colo anticipo sui tempi.Nel frattempo in Italia - dove nel 1927 era stato

    costituito a Guidonia un Centro studi ed espe-

    rienze dotato di sofisticati laboratori di ricerca e

    di apparecchiature davanguardia - si va facendo

    strada il progetto di effettuare lunghi raid con un

    numero consistente di aerei. Nascono cos le

    crociere collettive, di cui si fa energico sostenito-

    re Italo Balbo, Ministro dellAeronautica.

    Tre moment i del l im piego dei mezzo aereodurante la Campegna di Et iopia: mit ragl iamentodi po starloni avversarle, Ca. 133 schierat i sulcampo di Macal l in at tesa di u naz ione d ibom bardamento, ri fornimento dal c ielo di carnefresca al le l inee avan zate.

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    Il primo esperimento di navigazione aerea di mas-

    sa viene compiuto dal 26 maggio al 2 giugno del

    1928 nel Mediterraneo occidentale con una bri-

    gata e due stormi per un totale di 61 tra S.59bis

    ed S.55 sul percorso di 2.804 chilometri da

    Orbetello alla penisola iberica e ritorno.

    Un anno dopo dal 5 al 19 giugno, trentacinque

    S.55 volano per 4.667 chilometri effettuando la

    crociera del Mediterraneo orientale sul percorso

    Taranto-Atene-lstanbul-Varna-Odessa-Costanza

    con rientro ad Orbetello, un idroscalo che lanno

    successivo vedr nascere la Scuola di naviga-

    zione aerea dalto mare e i preparativi per la pri-

    ma traversata in formazione dellAtlantico dallIta-

    lia al Brasile.

    Dopo unaccurata e capillare organizzazione, lamattina del 17 dicembre 1930 alle 6,45, quattor-

    dici idrovolanti S.55A, due dei quali attrezzati ad

    officina, decollano da Orbetello, agli ordini di Italo

    Balbo. Il 15 gennaio 1931, dopo aver toccato

    Cartagena, Kenitra, Villa Cisneros, Bolama e poi,

    attraverso lAtlantico, Porto Natal e Bahia, in 61

    ore e mezzo di volo per 10.350 chilometri, la cro-

    ciera si conclude a Rio de Janeiro sollevando len-

    tusiasmo di tutto il mondo e, pi concretamente,

    aprendo di fatto la strada alle linee regolari tra i

    due continenti e ponendo le basi per un serio

    addestramento collettivo moderno.

    Il successo della 1 Crociera atlantica e il presti-

    gio che da essa deriva allancor giovane Aero-

    nautica, consente di mettere in piedi un progettoanalogo con cui celebrare degnamente il

    decennale della forza armata: la traversata del-

    lAtlantico fino agli Stati Uniti in occasione del-

    lEsposizione internazionale di Chicago e del-

    linaugurazione del monumento a Cristoforo Co-

    lombo. La preparazione tecnica, lorganizzazio-

    ne logistica, l'approntamento delle basi di appog-

    gio, tutto viene previsto e organizzato con una

    cura, se possibile, ancora maggiore dellesperien-

    za precedente. Sempre agli ordini di Balbo, il 1

    luglio 1933 otto squadriglie di ventiquattro S.55X,

    versione potenziata dell'ormai celebre idrovolan-

    te, decollano da Orbetello e, dopo varie tappe,

    raggiungono New York il giorno 19 in un clima di

    incredibile entusiasmo che ha il suo epilogo nel-

    la trionfale sfilata per Broadway.

    Se le crociere di massa hanno segnato il pas-

    saggio dal periodo romantico dellaviazione, dove

    tutto o quasi era affidato alliniziativa del singolo,

    a -quello moderno, fatto soprattutto di organiz-

    zazione e programmazione seria e meticolosa,

    non per questo esse hanno impedito che nello

    stesso periodo altri primati e imprese individuali

    arricchissero il gi blasonato albo doro della

    Regia Aeronautica.

    Nel 1928 Ferrarin e Del Prete avevano volato

    dallItalia al Brasile con un idrovolante 5.64, per-

    correndo 7.666 chilometri in 58 ore e 34 minuti e

    battendo i primati mondiali di durata e distanza in

    circuito chiuso. Gli stessi, dopo appena un mese,

    erano partiti da Montecelio e, dopo 51 ore di volo,

    senza scalo, avevano raggiunto in 7.188 chilo-

    metri Touros sulle coste del Brasile. I due primati

    erano stati migliorati due anni dopo da Maddalena

    e da Fausto Cecconi che con un S.64bis aveva-

    no percorso 8.188 chilometri in 67 ore e 13 mi-

    nuti.

    Nel 1934 il pilota Renato Donati conquista il pri-

    mato di altezza raggiungendo i 14.433 metri, ol-

    tre mille in pi del record precedente detenutodal francese Lemonine. Per limpresa viene op-

    portunamente adattato un velivolo Ca.113 trasfor-

    mandolo per le alte quote e dotandolo anche di

    un impianto di erogazione automatica di ossige-

    no. Dopo mesi di duro lavoro e di severo allena-

    mento Donati decide di tentare la mattina dell11

    aprile. Preparato laereo e indossata la tuta

    termoelettrica, alle 11,38 egli decolla. Secondo i

    calcoli la quota massima sarebbe stata raggiun-

    ta intorno a mezzogiorno; in realt laereo inizia a

    scendere solo alle 12,45. Dopo un brusco atter-

    raggio laereo, invece di fermarsi, comincia a gi-

    rare su se stesso con Donati che, svenuto al

    momento di toccare terra, non in condizioni di

    agire sui comandi. Lintervento sollecito dei mec-

    canici evita pi gravi conseguenze. Il pilota, ri-

    presi i sensi, apprende di aver battuto il primato.

    Un alt ro primatoancora Imbat tuto quel loconquis ta to nel1938 daicolonnel lo MarioPezzi con u n Ca.161bis.

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    Il 7 maggio 1937 il colonnello Mario Pezzi, co-

    mandante del Reparto alta quota costituito a

    Guidonia, raggiunge i 15.655 metri daltezza e

    poi, dopo essere stato superato dallinglese

    Adams, ritenta limpresa il 22 ottobre dell anno

    successivo su uno speciale Ca.161bis dotato di

    un motore Piaggio a doppio compressore e di una

    cabina stagna, antesignana delle moderne cabi-

    ne pressurizzate. 17.083 metri raggiunti costitu-

    iscono ancor oggi un primato imbattuto per veli-

    voli con motore a pistoni. Nel 1937, intanto, lequi-

    paggio formato da Cupini e Paradisi su 5.79 vin-

    ce la gara Istres-Damasco-Parigi. Un anno dopo

    Roma collegata con Rio de Janeiro da tre S.79

    della famosa Squadriglia dei sorci verdi in 24

    ore e 20 minuti di volo con una sola tappa inter-media a Dakar.

    Un susseguirsi, insomma, di imprese tra le quali

    la pi singolare resta quella compiuta nel 1933

    da Tito Falconi che vola da Saint Louis a Chicago

    in tre ore, sei minuti e trentasei secondi... a te-

    sta in gi.

    In una decina danni la Regia Aeronautica, in

    competizione con le altre nazioni industrialmen-

    te progredite, aveva guadagnato oltre cento pri-

    mati in varie categorie. Alla vigilia dellentrata in

    guerra, nel 1939, essa - sugli 84 primati previsti

    dalla Federazione aeronautica internazionale - ne

    deteneva ben 33, contro i 15 della Germania, 12

    della Francia, 11 degli Stati Uniti, 7 dellUnione

    Sovietica, 3 del Giappone, 2 dellInghilterra e ldella Cecoslovacchia.

    Le crociere, i raid, i primati avevano prodotto ef-

    fetti considerevoli, sia sul piano interno che al-

    lestero, in termini di prestigio e di crescita tecni-

    co-organizzativa, ma avevano anche evidenziato

    limiti che la mancanza di un dibattito interno se-

    rio e spregiudicato imped di cogliere. Al di l di

    ogni altra considerazione, l'affermazione dell'Ae-

    ronautica come nuova forza armata alla pari

    delle altre due, non costitu un elemento unifi-

    cante della nostra politica militare, ma, in luogo

    di unauspicabile maggior cooperazione tra le tre

    componenti, accentu di fatto la tendenza

    isolazionistica di ognuna di esse.

    Laeronautica tra i due conflitti

    mondial iDopo la conclusione della la Guerra Mondiale,

    lItalia fu impegnata nelle operazioni per la

    riconquista della Libia, che iniziarono nel 1922 e

    si conclusero solo dieci anni dopo. La repressio-

    ne della resistenza interna attuata attraverso la

    guerriglia fu infatti pi lunga ed estenuante del

    previsto, e il ruolo della Regia Aeronautica si ri-

    vel determinante soprattutto per lappoggio che

    essa forn alle truppe di superficie.

    Alle operazioni parteciparono praticamente sol-

    tanto bombardieri e ricognitori in quanto, non esi-

    stendo aviazione avversaria, non furono impie-

    gati reparti da caccia. Gli aerei utilizzati furono,

    allinizio, quelli residuati dalla Grande Guerra e,

    successivamente, i Ro.1, i Ca.73 e i Ca.101.

    Erano passati solo tre anni quando il governo fa-

    scista, approfittando con estremo tempismo del-

    la crisi del sistema di equilibri europei determi-

    nata dal ritorno della Germania nazista ad unapolitica di potenza, decise di giocare la carta del

    posto al sole: un modo per consolidare il potere

    e rispondere, come soluzione alla depressione

    in atto, a quelle aspettative che lo stesso regime

    aveva ingenerato nelle masse popolari.

    Inizi cos nel 1935, cogliendo a pretesto un pre-

    sunto attacco ad un presidio italiano, la campa-

    gna di Etiopia, uno dei pochi territori africani non

    ancora colonizzato. Lobiettivo era importante e

    grande fu quindi lo sforzo organizzativo e

    logistico. Solo per consentire una funzionale

    operativit delle forze aeree furono costruiti 83

    nuovi aeroporti: 29 in Eritrea e 54 in Somalia.

    La proporzione delle forze, la diversa qualit de-

    gli armamenti, lassenza di un'aviazione contrap-posta, la decisione del Negus, soprattutto, di af-

    frontare il nemico in campo aperto piuttosto che

    ricorrere a forme di guerriglia, tutto ci fece si

    che la guerra si risolse molto pi rapidamente

    del previsto: dopo soli sette mesi dalla dichiara-

    zione di guerra, infatti, le truppe italiane entrava-

    no vittoriose ad Addis Abeba e limpero riappariva

    sui colli fatali di Roma.

    La Regia Aeronautica aveva affrontato nella cam-

    pagna una prova impegnativa, sia per le difficolt

    ambientali e climatiche incontrate, sia per la

    vastit del territorio da controllare. Un ruolo es-

    senziale nella condotta delle operazioni fu svolto

    dallAeronautica nel campo della ricognizione, del

    trasporto e dellaerorifornimento. Ma non meno

    determinate fu, prima della caduta della capitale

    abissina e durante la successiva repressione

    della resistenza, limpiego del mezzo aereo in

    campo tattico, contro truppe e postazioni avver-

    sarie, e in campo strategico, con bombardamen-

    ti di fortificazioni, ponti, vie di comunicazione e

    centri abitati. Inizialmente i reparti operanti furo-

    no equipaggiati con Ro. 1, Ca.97, Ca. 101 e

    CR.20, ma ben presto questi aerei vennero so-

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    stituiti dai pi moderni Ro.37 e Ca.111 per la ri-

    cognizione, mentre il bombardamento utilizz i

    monoplani Ca.133 ed S.81.

    Era appena terminata la campagna etiopica che

    unaltra occasione si present al governo italiano

    per estendere la sua influenza fuori dai patri con-

    fini: dopo alcuni chiari segni premonitori, infatti

    era scoppiata in Spagna una durissima guerra

    civile che coinvolse ben presto alcune nazioni,

    tra le quali la nostra, e migliaia di volontari. Da

    una parte i democratici schierati a difesa di una

    Repubblica che, nelle lacerazioni interne e nel

    mancato sostegno delle grandi democrazie occi-

    dentali, sempre pi prudenti quando nel gioco

    entrava la Germania, aveva visto esaurirsi in mil-

    le contraddizioni la spinta propulsiva per ledifi-cazione di una societ nuova; dallaltra i genera-

    li, con a capo Franco, che contro questa Repub-

    blica proponevano un progetto di restaurazione

    di stampo nazionalista e reazionario. A sostegno

    di questi ultimi si schier lItalia che, appena do-

    dici giorni dopo il pronunciamento dei generali

    spagnoli, intervenne con nove trimotori S.81 - in-

    quadrati nel Tercio, la Legione straniera spa-

    gnola - che da Melilla assicurarono il potere ae-

    reo sufficiente per consentire lo sbarco delle trup-

    pe franchiste dal Marocco alla penisola iberica.

    Se nei primi mesi della guerra le forze aeree in

    campo non furono numerose, ben presto i con-

    tendenti vennero per riforniti di materiale mo-

    derno. La Regia Aeronautica partecip ai 32 mesidel conflitto con 730 velivoli: bombardieri S.81,

    S.79 e Br.20, caccia CR.32 e Ro.41, assaltatori

    Ba.65, ricognitori Ro.37, idrovolante Cant.Z.506

    e, sperimentalmente, anche i nuovi caccia mo-

    noplani G.50. Per lesigenza Operazioni militari

    in Spagna furono effettuati oltre 8.500 voli di guer-

    ra e conferite agli aviatori 56 medaglie doro al

    valor militare, di cui due ad ufficiali spagnoli.

    Senza entrare nel merito di unanalisi storico-po-

    litica delle vicende spagnole, lutilizzazione del-

    laviazione in questo teatro dette preziosi inse-

    gnamenti sullimpiego tecnico operativo del mez-

    zo aereo, soprattutto in ordine alla vulnerabilit

    delle formazioni da bombardamento in assenza

    di protezione della caccia.

    Si era appena chiuso con la vittoria del franchismo

    il conflitto spagnolo, che lItalia in armi era di nuo-

    vo sul piede della mobilitazione. Appena tre mesi

    dopo, infatti, il nostro governo decise, il 7 aprile

    1939, di occupare militarmente un territorio, lAl-

    bania, che dal 1927 era un protettorato italiano.

    Organizzata dal Ministero della Guerra, la spedi-

    zione, che altro non fu se non un velleitario tenta-

    tivo di Mussolini per arginare la penetrazione te-

    desca nei Balcani, si concluse con estrema rapi-

    dit, grazie soprattutto alla mancanza di una se-

    ria opposizione avversaria, piuttosto che alla bon-

    t di unorganizzazione che in realt fu messa in

    piedi in maniera quanto meno affrettata e appros-

    simativa.

    La Regia Aeronautica fu chiamata a partecipare

    con 261 aerei che, in una decina di giorni, effet-

    tuarono 1.800 ore di volo per azioni dimostrative,

    di spezzonamento e di protezione alle colonne

    terrestri, di ricognizione, aviosbarco e trasporto

    di personale e materiale.

    Se queste partecipazioni belliche avevano con-

    fermato il ruolo determinante ormai assunto in

    un conflitto moderno dallaviazione sia in campo

    tattico, sia in quello strategico, e si erano rivelatecome esperienze estremamente significative di

    impiego militare del mezzo aereo, esito altrettan-

    to positivo esse non ebbero, per il nostro Paese

    sul piano pi strettamente politico. A parte, ma

    non poco, il logoramento praticamente senza

    soste a cui furono sottoposte le nostre forze ar-

    mate e lo svuotamento delle casse dello Stato

    per le ingenti e sproporzionate risorse che que-

    ste campagne avevano assorbito, sottraendole a

    quello che avrebbe dovuto essere un normale e

    pi realistico potenziamento, tali esperienze

    ingenerarono nellopinione pubblica lillusione di

    una potenza militare certamente superiore alla

    realt e alle possibilit della Nazione, come gli

    eventi della 1 Guerra Mondiale avrebbero pre-sto messo impetuosamente a nudo.

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    Dallo scoppio della

    2 Guerra Mondiale

    alla Rinascita

    La Regia Aeronautica nella 2

    Guerra Mondiale

    I limiti di sviluppo di cui soffrirono nel loro com-plesso le forze armate italiane tra le due guerre

    mondiali non furono, fino ad un certo punto, un

    nostro fatto esclusivo. Mentre per negli altri pa-

    esi gli anni '35 e '36 segnarono, a fronte del pro-

    filarsi sempre pi evidente del riarmo tedesco, la

    svolta decisiva per colmare i ritardi accumulati

    grazie a stanziamenti per la difesa di ecceziona-

    le portata, in Italia nello stesso periodo le risorse

    vennero invece assorbite da una politica di po-

    tenza a breve respiro che trov in Etiopia e in

    Spagna le manifestazioni pi rilevanti. Se a que-

    sti ritardi, reali soprattutto per lEsercito e lAero-

    nautica, si aggiungono poi gli altri elementi di de-

    bolezza strutturale del nostro potenziale, il qua-

    dro che ne deriva non certo tale da spingere a

    condividere il troppo facile ottimismo di chi, al-

    lepoca, vagheggiava una guerra di breve durata,

    al termine della quale sedersi al tavolo della pace

    dalla parte dei vincitori.

    Su questi elementi di debolezza e sul peso reale

    che essi ebbero, mancano ancor oggi studi ade-guati e momenti di serio approfondimento critico

    tutto essendo per lo pi limitato alla ricostruzio-

    ne di singoli avvenimenti che, presi anche nel loro

    insieme, sono per staccati da quel pi ampio

    quadro di riferimento indispensabile per collegarli

    ed interpretarli correttamente. In tal modo tutto

    finisce quindi per trovare la sua ragione dessere

    nella generica individuazione di responsabilit, di

    volta in volta attribuite allincapacit della classe

    (sopra) Un S. M. 79 con un car ico di due s i lur i ,provato sp erimentalmente nel 1938 con scarsosuccesso : gl i equipaggi di questa special i tscrissero pagine di autent ico eroismo n el lalunga guerra comb at tuta sul Mediterraneo.(a lato)Uno d ei pi prest igio s i caccia d el la 1Guerra Mondiale fu senza dubb io i l Macchi MC.202 Folgore, entrato in l inea nel m aggio d ei1941: i primi repart i che operarono c on questamac ch ina fur on o il 1ed i l 4Sto rm o.

    Real izzato dal la Fiat , su u n pro get todel l ingegner Celest ino Rosatel l i , r isalente al1936, i l CR. 42 Falco fu prod ot to in circa 1.800esemplari f ino a tut to i l 1944. Estremamentemaneggevo le, ma lento e scarsamente armato,questo aereo fu im piegato in varie special i t e,t ranne in Russia, su tut t i i f ront i di guerra.

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    politica o allinettitudine di quella militare, allo stra-

    potere del nemico o addirittura allaccanirsi di un

    destino avverso.

    Anche se rilevante il pericolo di cadere in

    schematizzazioni e generalizzazioni approssima-

    tive - un pericolo peraltro altrettanto facile quanto

    quello di affastellare acriticamente tutto il passa-

    to in quanto tale nellesaltazione agiografica e

    indiscriminata della tradizione - non per pos-

    sibile non accennare, se non vogliamo fermarci

    ai singoli episodi o alle vicende puramente politi-

    che, a quegli elementi che pesavano in negativo

    sul nostro paese alla fine degli anni 30: larretra-

    tezza tecnologica dellindustria nazionale, ad

    esempio, o la relativa capacit di mobilitazione

    da essa messa in atto, la mancanza di materieprime o, per converso, quella di una chiara dot-

    trina militare, o ancora lincapacit del regime di

    comporre con coerenza la sua volont di perse-

    guire un certo tipo di politica insieme con lovvia

    necessit di indirizzare a questo fine risorse ben

    pi ampie di quanto avvenne. Si pensi, tanto per

    avere un pi concreto riscontro, che lItalia libe-

    rale aveva destinato a spese belliche, nel perio-

    do 1913-1919, il 76% delle uscite statali e i l 38%

    del reddito nazionale lordo, contro il 20% e il 6%

    rispettivamente del periodo 1939-1940.

    Ma torniamo agli avvenimenti. Dopo un breve

    periodo di neutralit, dunque, il 10 giugno 1940

    lItalia entra in guerra a fianco dellalleato tede-

    sco. Al momento della dichiarazione la RegiaAeronautica ancora in fase di riorganizzazione.

    Lattivit svolta negli anni precedenti, se da una

    parte era servita ad aumentare lesperienza pro-

    fessionale dei suoi piloti e tecnici, dallaltra ave-

    va provocato il logoramento e del personale e,

    soprattutto, del materiale di volo, peraltro

    depauperato dalle consistenti esportazioni impo-

    ste da ragioni valutarie.

    Complessivamente la forza armata pu contare

    su 23 stormi da bombardamento terrestre &rmati

    con velivoli Br. 20, Cant.Z 1007, S.79 ed 5.81; 2

    da bombardamento marittimo su Cant.Z.506; 6

    stormi da caccia terrestre montati su Cr.42, G.50,

    MC.200 e CR.32; 1 stormo assalto su Ca.310; 2

    gruppi da combattimento su Ba.88; una squadri-

    glia da caccia marittima su Ro.43 e 44; 37 unit

    da osservazione aerea su Ca.31 1 e Ro.37 per

    lEsercito e 19 da ricognizione su Cant.Z.501 per

    la Marina; 2 gruppi dellaviazione coloniale e 2

    squadriglie dellaviazione sahariana su Ca.309.

    Un totale di 1.332 velivoli da bombardamento,

    1.160 da caccia, combattimento e assalto, 497

    per lEsercito e 307 per la Marina, sparsi tra il

    territorio metropolitano, lAlbania, la Libia e le isole

    dellEgeo. gli aerei da trasporto, di ben 15 tipi di-

    versi, sono 114 di cui 25 in Africa orientale, dove

    sono presenti arlche 323 aerei da bombardamen-

    to, caccia e ricognizione.

    Lltalia, insomma, dispone di oltre 3.000 velivoli,

    ma di questi soltanto 1.796 efficienti e di pronto

    impiego e per di pi sparsi in uno scacchiere

    vastissimo, praticamente dalle Alpi allEquatore.

    Gli aerei pi moderni sono, tra i bombardieri, gli

    5.79, i Br.20 e i Cant. Z.506, e, per la caccia, i G.

    50, gli MC.200 e i CR.42, tutti gi operanti nella

    Guerra di Spagna ad eccezione degli ultimi due.

    Soltanto la caccia dispone di una certa aliquota

    di apparecchi di costruzione metallica, mentre

    quelli da bombardamento e da ricognizione sono

    a struttura mista o addirittura interamente in le-gno. Ma anche alcuni'velivoli che le valutazioni

    nazionali danno per moderni hanno caratteristi-

    che di volo e di armamento nettamente i~~feriori

    a quelle degli apparecchi tedeschi o britannici

    delle corrispondenti specialit. Un divario che

    molto spesso sar riequilibrato solo dal coraggio

    e dalle capacit dei nostri equipaggi.

    Con queste forze - che durante trentanove mesi

    di durissima guerra verranno rifornite di oltre

    8.000 macchine delle varie specialit, purtroppo

    insufficienti a colmare le perdite o a sostituire gli

    aerei sorpassati tecnicamente - la Regia Aero-

    nautica entra in campo ancora una volta per far

    fronte con valore e tenacia ai compiti che le sono

    stati assegnati. Le difficolt si rivelano prestoenormi e i risultati condizionati, oltre che dallo

    scarto tecnologico e dallinsufficienza delle risor-

    se, anche dalle caratteristiche proprie del con-

    flitto, e cio dalla vastita dello scacchiere e dalle

    distanze delle fonti di rifornimento, dalle diversi-

    t ambientali e climatiche dei vari teatri operativi,

    dalla durata stessa della guerra.

    Secondo un copione che sembra ricalcare quel-

    lo della 1 a Guerra Mondiale, le operazioni hanno

    inizio il giorno successivo a quello della dichiara-

    zione con voI, di ricognizione prima e con unazio-

    ne di bombardamento poi. A causa del le cattive

    condi.oni meteorologiche sul fronte francese,

    infatti, si deve aspettare il giorno 13 per effettua-

    re la prima operazione bellica vera e propria. Sono

    i Br.20 del 130 Stormo che durante la notte con-

    ducono un primo attacco su Tolone, poi ripetuto

    nella tarda mattinata. A questultima azione par-

    tecipano anche i CR.42 del 3 e 53 Stormo che

    vengono duramente impegnati dai nuovi e oen

    armati Dewoitine. Dieci giorni dopo, comunque,

    le operazioni contro la Francia si concludono, in

    un clima che crede ancora alla guerra lampo, con

    la firma dellarmistizio: a quel punto le perdite

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    dellAeronautica sono di 10 velivoli e 24 uomini.

    Contemporaneamente prendono avvio le opera-

    zioni in Africa settentrionale dove la Regia Aero-

    nautica sar duramente impegnata per lunghis-

    simi mesi. Dopo unavanzata che porta le nostre

    forze fino a Sidi el Barrani, la prima controffensiva

    inglese tra la fine del '40 e i primi mesi dell,anno

    successivo ci costringe al ripiegamento: gi in

    questa fase la forza armata subisce pesanti per-

    dite e un forte logoramento solo in parte com-

    pensati dallarrivo di nuovi mezzi, tra cui lo Junker

    87 Picchiatello, e del X Corpo aereo tedesco.

    In tal modo possibile sferrare unoffensiva che

    si conclude di fronte a Tobruk, mentre i nostrireparti in terra dAfrica iniziano a ricevere nel-

    laprile del '41 il primo aereo veramente

    competitivo, lM.C. 200 in linea fin dallinizio del-

    le ostilit.

    Alla seconda controffensiva degli inglesi nel no-

    vembre successivo, comunque, la situazione ita-

    liana in fatto di macchine ancora fortemente

    carente, tanto da costringere anche allimpiego

    dei CR.42 come assaltatori con bombe alari da

    50 e da 100 chili. DallItalia giungono intanto an-

    che i primi M.C.202, veloci e manovrieri anche

    se dotati di un volume di fuoco giudicato ancora

    insufficiente, il cui contributo non per ta:e da

    risolvere una situazione ormai compromessa. Gli

    inglesi insitono nellavanzata, che si esaurisce aSollum nei primi giorni del '42 e a farne le spese

    sono anche i "202".

    Nel Mediterraneo i nostri bombardieri e

    aerosiluranti contrastano con successo lazione

    della flotta inglese. Il conflitto intanto si allarga

    sempre pi. Alla fine del 1940 hanno inizio le

    operazioni in Grecia dove i nostri velivoli sono

    subito impegnati a contrastare e contenere la

    pressione nemica ed aiutare la difficile resisten-

    za delle truppe italiane. I nostri equipaggi sono

    sottoposti ad una continua e snervante attivit

    soprattutto per far fronte alla superiorit del ne-

    mico. Il 19 aprile 1941 ha inizio loffensiva italo-

    tedesca nella quale una forza aerea di circa 400

    velivoli si rivela determinante.

    Il 22 ottobre 1940, intanto, due stormi da bom-

    bardamento su Br. 20, uno stormo da caccia su

    CR. 42 e G. 50 e una squadriglia da ricognizione

    strategica su Cant.Z. 1007bis erano stati inviati

    in Belgio a costituire il Corpo aereo italiano. Lo

    scopo, dettato pi da motivi di prestigio politico

    che da realistiche esigenze belliche, quello di

    partecipare a fianco dei tedeschi allattacco con-

    tro llnghilterra. La mancanza di addestramentodegli equipaggi al volo strumentale (paradossal-

    mente la Scuola di volo senza visibi lit era stata

    sciolta proprio alla vigilia del conflitto!) e di ido-

    nee attrezzature radioelettriche abbreviano que-

    sta esperienza, tanto che nei primi giorni del gen-

    naio successivo le nostre unit vengono richia-

    mate e molti piloti inviati direttamente in Africa

    orientale, dove le nostre forze aeree conducono

    da tempo una battaglia a difesa delle nostre co-

    lonie, nella quale la distanza dalla madre patria

    accentua i gi gravi problemi della nostra mac-

    china logistica e rende estremamente difficoltosi

    i rifornimenti. In questo scacchiere vecchi veli-

    voli come i Ca. 133 e i CR. 32, affiancati da po-

    chi 5.79, 5.81 e CR.42, cercano di contrastare lasuperiorit di uomini e mezzi degli inglesi e la

    loro pi efficiente organizzazione, che consente

    malgrado il rinforzo di alcuni S.79 e di una cin-

    quantina di CR. 42 trasportati in volo con degli

    5.82, loccupazione dellintero territorio. A que-

    sto punto tutta laviazione italiana in quel settore

    distrutta; lultimo CR.42 ancora in grado di vo-

    lare compie alla fine di novembre 1941 lultima

    missione decollando verso Gondar nei cui din-

    torni viene abbattuto. Rimasto senza aerei, il per-

    sonale si organizza allora in Reparti azzurri che

    combattono accanto a quelli dellEsercito. Un dato

    documentato che testimonia della capacit dei

    nostri piloti che con coraggio e valore si erano

    opposti in maniera durissima alla controffensiva

    inglese, sono i 140 aerei nemici abbattuti in volo

    e gli 80 distrutti al suolo.

    Malta, nel frattempo, viene incessantemente

    martellata dalla nostra aviazione in un crescen-

    do di incursioni che alla fine indeboliranno e lo-

    goreranno le nostre possibilit offensive. Per nove

    mesi la flotta inglese non riesce a forzare il bloc-

    co aereo e lisola giunge quasi al collasso, sal-

    vandosi dalloccupazione solo per i pesanti im-

    Bombard ier iCant. Z.1007bisdurante unadel le miss ion iche, per lunghimesi ,Impegnaronola nos t raaviaz ione nel

    tentat ivo diconquistareMalta.

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    pegni imposti alle nostre forze dagli avvenimenti

    del Nord Africa. Quando nellestate del 1941 vie-

    ne deciso di mandare un Corpo di spedizione ita-

    liano in Russia lAeronautica partecipa con due

    gruppi, forniti a pi riprese di 51 M.C. 200,11,

    S.82, 3 Ca.133 e 32 Ca.312 a cui si aggiungono

    nel'42 altri M.C. 200, e alcuni M.C. 202 e Br.20.

    Dopo un ciclo molto duro, durante il quale il ne-

    mico peggiore era stato il micidiale inverno russo

    che aveva praticamente immobilizzato i nostri

    velivoli almeno fino a quando la proverbiale inge-

    gnosit dei nostri specialisti non era riuscita ad

    inventare degli efficaci riscaldatori per i motori,

    nel gennaio del 1943 i reparti vengono richiamati

    in patria.

    Nel Mediterraneo la nostra aviazione aveva con-tinuato gli attacchi ai convogli inglesi e in nume-

    rose e memorabili battaglie aveva inflitto loro per-

    dite notevoli. Nella battaglia di mezzo giugno si

    erano salvate solo due navi mercantili. Dal 12 al

    14 agosto si svolge una battaglia aeronavale, poi

    passata alla storia con il nome di battaglia di mez-

    zagosto, alla quale partecipano tutti i nostri

    aerosiluranti disponibili che riescono a colpire il

    convoglio e la scorta inglesi arrecando loro gravi

    danni. Nella prima met del 1942 in Africa set-

    tentrionale le truppe italo-tedesche - conquistata

    la superiorit aerea grazie al determinante con-

    tributo dei 202 del 3 e del 4 Stormo - effettua-

    no una travolgente avanzata fino ad EI Alamein

    che, in un primo momento, sembra volgere anostro favore le srti della campagna africana.

    Questa speranza viene subito vanificata dall'en-

    nesima controffensiva inglese, nella quale gli al-

    leati lanciano tutte le loro risorse.

    Ormai il destino della guerra appare segnato e a

    nulla serve che la nostra industria inizi a produr-

    re macchine finalmente competitive, tanto pi che

    la scarsit di mezzi e di materie prime non con-

    sente ancora quella produzione di serie che

    avrebbe forse fatto sentire il suo peso. Gli ultimi

    aerei ad entrare in linea sono gli M.C.205, i

    Re.2005 e i G.55, macchine veloci e ben armate

    che si affiancano ad altre come il Re.2002, il P.I

    08 o il Cant.Z.1018 di pi recente realizzazione.

    Le ultime battute contro lormai schiacciante su-

    periorit dellaviazione alleata, la nostra Aeronau-

    tica le gioca nei cieli della Tunisia prima e del-

    lItalia poi dopo lo sbarco alleato in Sicilia: anche

    in queste fasi i nostri reparti, pur nella ormai ge-

    nerale certezza di quello che sar lesito finale

    della guerra, si sacrificano in unestrema quanto

    inutile resistenza, con un ardimento che ricever

    anche il riconoscimento dello stesso nemico.

    LAccademia Aeronautica da

    Livorno a NisidaSolo pochi mesi dopo la costituzione della Regia

    Aeronautica come forza armata indipendente e

    in anticipo su tutte le altre nazioni, nacque a Li-

    vorno lAccademia Aeronautica che, sul piano

    organizzativo e didattico, si valse naturalmente

    dellesperienza acquisita in questo settore dagli

    altri due istituti di formazione esistenti, quello

    dellEsercito e quello della Marina, sia pure fina-

    lizzando programmi e materie a quegli aspetti ri-

    tenuti essenziali per lesercizio della professione

    di ufficiale aviatore.La scelta di Livorno come prima sede provvisoria

    non fu casuale: a parte le garanzie offerte dal-

    lantica e consolidata tradizione delllstituto e dalla

    sua eccellente organizzazione, era infatti convin-

    zione diffusa che le attivit e le problematiche

    della Marina e dellAeronautica presentassero

    molte analogie e avessero molti punti in comune.

    La durata dei corsi fu stabilita fin dall inizio in tre

    anni e, sempre dallinizio, una delle difficolt pi

    serie fu quella di reperire elementi idonei a svol-

    gere le funzioni di insegnanti e di istruttori per le

    materie professionali senza penalizzare i reparti

    operativi: un problema, questo, che lAccademia

    si sarebbe portato dietro fino ai giorni nostri.

    Il primo comandante del neonato istituto fu il ca-pitano di vascello Giulio Valli, un ufficiale di Mari-

    na che aveva gi esperienza di problemi

    aeronautici, essendo stato messo fin dal 1910 a

    disposizione di questa specialit nella quale, dopo

    aver preso parte alla Guerra di Libia, era stato tra

    laltro comandante dell Aviazione dell alto Adria-

    tico durante la la Guerra Mondiale. Ad esso si

    affiancarono ben presto altri ufficiali come Mario

    Ranieri, Aldo Urbani, Mario Boschi o Francesco

    Pricolo che, con il grado di tenente colonnello fu

    il primo comandante in seconda dellistituto.

    L'Accademia di Livorno

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    lievo Fausto Cecconi, primo nella classifica di

    merito del corso Aquila. Con la consegna della

    bandiera fu sancito ufficialmente linizio della vita

    autonoma e indi pendente dell'Accademia Aero-

    nautica.

    Il 1926 ebbe particolare importanza anche per

    altri motivi. In quellanno iniziarono alcuni corsi -

    il cui scopo era quello di integrare le eventuali,

    non improbabili, deficienze di reclutamento dei

    corsi normali - come quelli per ufficiali piloti di

    complemento e per sottufficiali piloti aspiranti alla

    nomina a sottotenente in servizio permanente, a

    quelli per sottufficiali di carriera per la nomina a

    sottotenente in s.p.e. del ruolo servizi. In quel-

    lanno, soprattutto, lAccademia lasci Livorno per

    raggiungere la prima sede indipendente dellasua storia.

    Lidea originaria di dotare il nuovo istituto di una

    propria sede non era infatti rimasta solo al livello

    di buoni propositi; si era analizzato il problema in

    tutti i suoi aspetti, cercando innanzitutto di indivi-

    duare una localit che garantisse condizioni me-

    teorologiche tali da non penalizare lattivit di volo,

    che fosse vicina ad una universit e che posse-

    desse un campo di aviazione. La scelta era ca-

    duta su Napoli e li o, per essere pi precisi, a

    Capodichino fu posta il 28 giugno 1926 la prima

    pietra del nuovo istituto.

    Laumento del numero degli allievi in relazione alle

    capacit ricettive di Livorno non consentirono,

    pe,r di attendere la fine dei lavori: sempre prov-visoriamente almeno nelle intenzioni, il 15 otto-

    bre, bandiera in testa, lAccademia Aeronautica

    si trasferi ufficialmente a Caserta dove occup

    lala occidentale della Reggia anvitelliana, som-

    mariamente adattata in tre mesi di lavoro alle

    nuve esigenze; il 10 dicembre, alla presenza del

    Sottosegretario per lAeronautica Italo Balbo,

    ebbe luogo linaugurazione; il 16 iniziarono rego-

    larmente i corsi con gli allievi del Drago a far da

    pinguini.

    Quando, due anni dopo, ledificio di Capodichino

    venne ultimato, ci si accorse della sua inadegua-

    tezza e lo si destin ad ospitare la meno impe-

    gnativa Scuola specialisti, mentre lAccademia

    prosegu i suoi corsi nella sede di Caserta, un

    edificio la cui ristrutturazione funzionale avrebbe

    sempre presentato non pochi problemi, soprat-

    tutto in relazione ai vincoli imposti dalla

    Sovraintendenza ai monumenti.

    Il trasferimento in terra campana port non po-

    che novit interne: fu rinnovato praticamente

    tutto il corpo docente, nel quale entrarono anche

    numerosi professori civili dellUniversit e del

    Politecnico di Napoli, mentre per alcune materie

    La Reggia di Caserta

    Il primo anno di corso era di esperimento nel

    senso che il comando si riservava di restituire

    alle famiglie quegli allievi che in questo periodo

    non avessero dato affidamento di buona riusci-ta. La posizione militare degli allievi si perfezio-

    nava quindi solo nel 20 anno, allatto del giura-

    mento. Il volo, escluso come attivit addestrativa

    durante i tre anni di corso, era limitato a dei voli

    di ambientamento che avevano il duplice scopo

    di consentire agli allievi di dimostrare la richiesta

    attitudine e di far conseguire loro, entro il periodo

    estivo ffa il 2 e il 3o anno, il brevetto di osserva-

    tore aereo. Al termine del 3 anno, finalmente,

    lallievo ormai sottotenente poteva iniziare le so-

    spirate esercitazioni al pilotaggio.

    Al primo concorso svoltosi nellottobre del 1923

    parteciparono 32 concorrenti, di essi 20 furono

    dichiarati vincitori e 18 completarono il primo anno

    dando vita al corso Aquila. Gli esami di ammis-sione al 2 anno determinarono per unulteriore

    selezione, per cui - allo scopo di integrare i 15

    allievi superstiti - venne deciso di bandire per lan-

    no successivo un concorso straordinario che

    consentisse di ammettere direttamente alla 1

    classe altri 9 allievi: in tal modo il corso Aquila

    divenne di 24 elementi che conseguirono tutti il

    grado di sottotenente.

    A questo primo nucleo si aggiunsero, nei primi

    tre anni dellAccademia Aeronautica poi designati

    come corsi fondatori, i 36 sottotenenti del Bo

    rea e i 35 del Centauro, che portarono a 95 gli

    ufficiali in servizio permanente effettivo che listi-

    tuto aveva prodotto per la forza armata e che fu-

    rono inseriti nel ruolo combattenti, il cui organico

    era allepoca di 38 colonnelli, 70 ten. colonnelli,134 maggiori, 420 capitani e 1.080 subalterni tra

    forza temporanea, complemento ed effettivi.

    Il 28 marzo 1926, terzo anniversario della costi-

    tuzione della forza armata, lAccademia ricevette

    la bandiera che il Re Vittorio Emanuele li conse-

    gn, nel corso di una solenne cerimonia, al co-

    mandante dellistituto, colonnello Giuseppe Val-

    le, dalle cui mani il vessillo pass a quelle dellal-

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    fondamentali furono istituite con decreto apposi-

    te cattedre; si decise, in analogia con una tradi-

    zione dellAccademia Navale, di conferire rego-

    larmente la sciabola doro allallievo classifica-

    tosi primo del proprio corso per tre anni conse-

    cutivi; lAccademia, infine, pot finalmente dispor-

    re a Capua di una propria scuola di volo che le

    avrebbe consentito di licenziare allievi gi muniti

    del brevetto di pilota militare.

    La nuova Scuola di pilotaggio per gli allievi del-

    lAccademia Aeronautica, come fu chiamata, ini-

    zi la sua attivit l8 agosto l 927 con l 2

    sottotenenti del`Aquila provenienti dalla di