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1 Prof. G. Mantovani Dip.to di Fisica della Università di Perugia APPUNTI PER UN BREVE CORSO DI STORIA DELLA FISICA Anno Accad. 2005-2006 S.S.I.S.S. Progetto Lauree Scientifiche

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Prof. G. Mantovani

Dip.to di Fisica della Università di Perugia

APPUNTI PER UN BREVE CORSO DI STORIA DELLA FISICA

Anno Accad. 2005-2006

S.S.I.S.S.

Progetto Lauree Scientifiche

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La Fisica è sempre stata ed è certamente la scienza “fondamentale” dal momento che il suo fine principale è quello di comprendere i fenomeni fondamentali della natura e dell’universo che ci circonda, cercando di pervenire alla formulazione di leggi e teorie, che inquadrano in modo matematico rigoroso tutti i fenomeni osservati, ma anche sono in grado di prevederne di nuovi . Tutte le altre scienze utilizzano di fatto la conoscenza di tali leggi fondamentali. E la stessa fisica oggi conosce diramazioni più applicative, che in molti casi sconfinano nella tecnologia vera e propria.

Dunque la fisica nasce con l’uomo e con le prime osservazioni dei fenomeni fatte fin dall’antichità e dal desiderio di trovare leggi generali, spiegazioni dei fenomeni e possibilità di previsione. E anche la tecnologia nasce con l’uomo per soddisfare le sue primarie necessità.

Ma quando nasce la vera “scienza fisica” ? Oggi siamo convinti che il vero atteggiamento scientifico moderno è legato al nome di Galileo e quindi occorre arrivare fino al secolo XVII!!

Cerchiamo dunque di fare una breve e sintentica cronistoria: 3300 AC Civiltà dell’Egitto e della Mesopotamia. Varie tecnologie erano già in uso: metallurgia, ceramica, tessitura,irrigazione, allevamento, scrittura, alimentazione ecc Le prime scienze furono l’astronomia e la matematica, tuttavia con scarsi riscontri “pratici”. Gli egizi in matematica arrivarono alle frazioni. In astronomia alla definizione del giorno e di un calendario. Più evoluti furono i babilonesi , con una astronomia già molto matematicizzata, le prime descrizioni del sistema solare e del moto di alcuni pianeti e della luna. E le posizioni dei vari astri nel cielo (effemeridi). Essi ebbero notevole influenza sui greci. VI sec AC

E’ il secolo della Scuola di Mileto (Talete, Anassimandro e Anassimene). Qui ha inizio la “scoperta della natura”, del naturale verso il soprannaturale. E la ricerca di un principio, di un archè. Per Talete, l’acqua. Per Anassimandro il famoso Apeiron, un fluido indeterminato. Per Anassimene l’aria. Ed è anche il secolo di Pitagora, quindi notevole sviluppo di matematica e geometria. V sec AC E’ il secolo di Parmenide, Zenone,Democrito. Si scoprono i numeri irrazionali (diagonale/lato del quadrato) . Si esplora il problema della continuità nello spazio e nel tempo e il concetto di infinito. Si introducono le dimostrazioni per assurdo. E con Democrito si introduce per la prima volta il concetto di atomo, il principio di conservazione della materia, il determinismo.

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IV sec AC E’ il secolo di Platone ed Aristotele, ma anche di Eudosso matematico e astronomo famoso per la teoria delle proporzioni . Platone è ben noto per il suo mondo delle idee. Aristotele fu il primo vero padre della scienza fisica, la “scienza aristotelica” che durerà in pratica fino all’era moderna. Aristotele osserva il CHE e si chiede il PERCHE’ dei fenomeni osservati (esperienza e scienza), dal particolare all’universale. Introduce il sillogismo e la deduzione da principi primi, ossia da alcuni assiomi propri di ciascuna scienza , con alcuni di essi comuni a tutte le scienze. Però la filosofia ossia la metafisica è per A. la “regina” di tutte le scienze , mentre alla matematica sono affidati solo gli aspetti “quantitativi”, e quindi non è considerata una vera e propria scienza della natura. Senza addentrarci nei particolari, possiamo dire che la fisica di A. è essenzialmente una dottrina del movimento, che tiene conto sia della composizione dei corpi che del mezzo in cui il moto avviene . E’ poi ben nota la visione secondo cui i quattro elementi fondamentali (terra, acqua,aria e fuoco) derivano dalle quattro combinazioni degli opposti (caldo e freddo, secco e umido). Il IV sec AC è anche il secolo della espansione macedone ed è caratterizzato dal grande impulso della matematica che porterà principalmente i nomi di Euclide (geometria euclidea), Archimede e Apollonio, entrando così nel secolo successivo. III sec AC Ad Archimede, vero genio dell’antichità, si deve un metodo per il calcolo di superfici e volumi. Ma nella fisica egli è ben noto per la leva e per la statica dei fluidi . Il famoso EUREKA fu pronunciato quando trovò il modo di appurare se la corona del Re Gerone fosse di oro puro o no immergendola in un recipiente pieno d’acqua e poi pesando la quantità d’acqua che veniva sospinta fuori. Abbiamo poi il celebre matematico Apollonio ed Aristarco, astronomo cui si deve il primo modello eliocentrico del sistema solare. II e I sec. AC E’ il periodo ellenistico, in cui Roma entra in contatto con la cultura greca assorbendola. La scienza sopravvive in alcuni manuali ma in generale conosce una decadenza che è ben rappresentata per es. dalla “superficialità” del De Rerum Natura di Tito Livio , pur nella sua grandezza letteraria. Da ricordare comunque l’astronomo Ipparco. I sec DC Questo “avvilimento” della scienza si accentua ancor più nella Roma imperiale ed è ben rappresentato dagli scritti di Plinio il Vecchio (Storia naturale) o da quelli di Seneca.

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II sec DC Questo secolo conosce una rinascita della scienza ellenistica dominato dalla figura di Tolomeo. Da ricordare anche Galeno per la medicina. Il sistema astronomico tolemaico è ispirato ad Aristotele : i cieli sono sferici e composti di etere , la terra è sferica ed immobile e tutti i corpi tendono a cadere verso il suo centro. Tolomeo affronta il problema di ricondurre tutti i moti irregolari dei pianeti osservati a combinazioni di moti circolari uniformi , ma è costretto per spiegare i fenomeni ad introdurre anche moti non uniformi con implicazioni e “reazioni” filosofiche. Il suo modello è contenuto nel famoso ALMAGESTO, che contiene anche un primo tentativo di spiegare le cause dei moti osservati.

Come tutti gli astronomi (almeno fino al ‘600) Tolomeo fu anche astrologo, e si occupò di geografia, acustica, musica, ottica (fenomeni di riflessione e rifrazione). III sec. DC A partire da questo secolo con la diffusione del Cristianesimo la scienza antica arretra dal momento che essa può al più servire a comprendere meglio l’armonia del creato e la grandezza del Creatore. La geometria, la musica, l’astronomia devono essere viste in quest’ottica . L’idea anche matematica di infinito trova qui una giusta collocazione. Si sviluppa molto l’alchimia. Nel V sec. sono da ricordare le figure di Boezio e Cassiodoro e nel VI sec quelle di Filipono e di Simplicio, al quale Galileo, nel suo Dialogo sui massimi sistemi, farà impersonare il rappresentante della scienza aristotelica. Medioevo L’espansione degli arabi nel VII sec farà allentare i legami tra Oriente ed Occidente e la cultura scientifica langue miseramente. E’ solo nell’intorno dell’anno 1000 che il papa Silvestro II viene in contatto con la scienza araba e la diffonde. E nel sec. XII la cultura occidentale si riappropria della scienza classica . Vengono tradotte opere scientifiche greche dall’arabo nonchè i commenti alla scienza greca dei famosi Avicenna ed Averroè, che erano vissuti intorno all’anno 1000. XIII sec DC E’ in questo secolo che inizia il declino del progetto universale chiesa-impero con la nascita di unità politiche sempre più autonome fino alle città e ai comuni. Ed anche nascono le prime celebri Università (Bologna, Padova Parigi ecc ) nelle quali sono rappresentate le famose quattro Facoltà : teologia, diritto, medicina e arti liberali. Aristotele, Tolomeo e Galeno vengono riscoperti e incomincia a delinearsi il problema del rapporto tra la scienza aristotelica della natura e la teologia . Per Aristotele infatti il mondo è eterno (creazione??) , l’anima essenza del corpo non può sopravvivere al corpo ( vita eterna??), l’accidente non può essere separato dalla sostanza (transustanziazione??) , i processi naturali sono regolari e inalterabili (miracoli??) . In particolare Alberto Magno e Tommaso , entrambi Santi, contribuirono a Parigi alla rinascita e riaffermazione della scienza aristotelica. Suscitando peraltro la reazione degli agostiniani neoplatonici , tra cui Bonaventura da Bagnoregio, che portò nel 1277 ad una famosa condanna delle Tesi aristoteliche da parte del Vescovo di Parigi.

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In effetti qualche storico scorge in questa condanna il momento di effettivo inizio della scienza moderna, dal momento che alcune delle tesi aristoteliche confutate avrebbero rappresentato di fatto dei veri e propri ostacoli allo sviluppo successivo della scienza . Tale condanna però rappresentò un estremo tentativo di evitare l’autonomia e il progressivo distacco della scienza naturale dalla religione, che poi in realtà continuò anche dopo la condanna. XIV sec DC Questo secolo segna la svolta definitiva nella separazione tra filosofia, scienza e teologia e rinuncia all’ideale di unità del sapere.

Iniziatore di questo processo è considerato DunsScoto . Nel 1346 il papa Clemente VI esortò l’Università di Parigi ad attenersi alla filosofia aristotelica rielaborata da Tommaso e la scienza aristotelica venne accettata come descrizione del nostro mondo reale, uno degli infiniti mondi che Dio avrebbe potuto creare. Da qui scaturì anche una ricerca intesa ad “immaginare” altri possibili mondi.

E’ in questo secolo che specialmente ad Oxford si sviluppò lo studio della cinematica , ossia la descrizione del movimento nello spazio e nel tempo che prescinde dalle cause del moto stesso. Per la prima volta si definisce il concetto di velocità istantanea come aspetto intensivo del moto. In assenza del calcolo infinitesimale essa veniva concepita come lo spazio descritto in un certo intervallo di tempo, assumendo che il corpo si muova di moto uniforme con la velocità posseduta nell’istante considerato. Una grandezza non presente nella fisica aristotelica, nella quale non si concepiva un rapporto tra grandezze non omogenee come spazio e tempo. Fu per la prima volta descritto il moto uniformemente accelerato pervenendo al noto Teorema di Heyterbury che affermava che “ in un moto uniformemente accelerato lo spazio percorso dal corpo in un certo intervallo di tempo T è pari a quello percorso con velocità uniforme uguale a quella posseduta dal corpo al tempo T/2 “ Esso si applicava anche alla caduta dei gravi. Si riconobbe anche che lo spazio percorso dal corpo in successivi uguali intervalli di tempo T corrispondeva alla serie dei numeri dispari 1,3,5 ecc Buridano poi introdusse per la prima volta l’idea di impetus, che sarebbe la forza propulsiva che viene trasmessa quando si lancia un proiettile e che sarebbe proporzionale alla velocità iniziale e alla quantità di materia . Dunque un vero e proprio impulso pari alla quantità di moto mv , che però secondo Buridano rimarrebbe contenuto nel corpo se non ci fosse la resistenza del mezzo. Un corpo in caduta libera acquista continuamente impetus dalla gravità e per questo aumenta continuamente la sua velocità. Come si vede siamo ancora lontani dalla...verità! Comunque la fisica inglese si diffuse anche nelle università di Bologna,Padova e Pavia. C’e’ da osservare che le scienze osservative non ebbero grande sviluppo nel 300 , con qualche modesta eccezione, anche perché il 300 in effetti fu un secolo di grande crisi , con varie pestilenze, guerre (la famosa Guerra dei cent’anni) e devastazioni , calo della popolazione e della produzione agricola, diffusione di numerose eresie ecc

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XV sec DC E’ un secolo di ripresa anche se qualcuno vi rileva un arretramento della evoluzione scientifica, dovuto ad una forte ripresa della cultura classica . Si ha il passaggio dai Comuni alle Signorie e con esso l’arrivo dell’umanesimo e del Rinascimento. In particolare Platone venne ripreso dagli umanisti in contrasto con la cultura scolastica aristotelica. Basta citare i nomi di Marsilio Ficino a Firenze e Lorenzo Valla a Pavia.

Il recupero di Platone però favorì un recupero della matematica alla ricerca delle riposte armonie numeriche del cosmo.

Il 400 vide però anche un crescente interesse per le tecnologie collegate all’attività di pittori, scultori , inventori di macchine ed il collegamento dell’arte con la scienza, ben rappresentate dalle figure di Leonardo da Vinci e di Leon Battista Alberti .

In tutte le corti dei signori vennero costituiti centri di ricerca scientifica e tecnologica. Il legame tra scienza, tecnologia e matematica , la trattazione in forma matematica dei problemi tecnici concreti, la formulazione di teorie matematiche dei processi si fa risalire a Leonardo per poi sfociare in Galileo. XVI sec DC E’ questo il secolo in cui si realizza pienamente la fine del medioevo, con il tramonto dei suoi ideali universalistici, ed inizia l’era della scienza moderna. Peraltro è il secolo della riforma protestante. Ed ancorchè non nasca la scienza moderna vera e propria con una nuova mentalità scientifica, si prende però coscienza dei limiti della cultura classica. E’ il secolo della rivoluzione copernicana. Copernico (1473-1543) parte dallo studio dell’Almagesto di Tolomeo ed anche da un approfondimento e riscoperta della astronomia greca, in cui già si era formulata l’ipotesi che la Terra non fosse ferma al centro dell’universo. Nasce così il sistema copernicano con il “De revolutionibus” la cui struttura è parallela a quella dell’Almagesto, essendo i fenomeni da descrivere gli stessi. Ma Copernico si preoccupò anche di non irritare troppo l’autorità religiosa e la cultura dominante. L’idea che sia la Terra a muoversi e che sia invece il Sole il centro del moto planetario , spiegando così l’alternarsi delle stagioni, e che poi la Terra ruoti su se stessa per spiegare l’alternarsi dei giorni, e che l’atmosfera terrestre ruoti insieme alla terra tutt’uno con essa con tutto il suo contenuto, anche se presentata come quasi un artifizio di calcolo che non intaccava la biblica centralità della terra, era destinata a prevalere. Il sistema copernicano era certamente più elegante, semplice e simmetrico di quello tolemaico e non richiedeva il ricorso agli artifici asimmetrici di Tolomeo , di cui si è detto, e come appare intuitivo a noi oggi che sappiamo che il sistema copernicano è quello vero e , dopo Newton, ne conosciamo anche il perché. Il nuovo sistema si diffuse abbastanza rapidamente, anche se dapprima fu considerato appunto solo come un nuovo sistema di calcolo astronomico. Le implicazioni filosofiche non furono subito ben chiare, anche se si sviluppò una certa discussione pro e contro soprattutto al di fuori dell’ambiente degli astronomi.

L’astronomia ebbe anche notevoli sviluppi osservativi. Per es. il danese Ticho Brahe osservando le proprietà di una nuova stella mai vista prima introdusse un elemento probante per concepire un universo in continuo divenire, ossia non immutabile e perfetto come voleva la scienza antica. Egli anche negò l’esistenza delle sfere cristalline concepite dall’astronomia greca , quando fu chiaro che le comete fino ad allora considerate fenomeni atmosferici , in realtà provenivano dal cosmo e quindi avrebbero dovuto attraversare tali involucri di materia.

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Va detto che il 500 fu un secolo molto importante anche per la medicina (con Fallopio, Fracastoro e tanti altri) e per le scienze osservative naturali, in particolare la botanica. Molto coltivata fu anche la cosiddetta magia naturale ( da non confondere con la stregoneria) ossia lo studio della virtù delle piante e delle pietre, dei fenomeni magnetici, delle illusioni ottiche e di congegni meccanici straordinari, nonché delle simpatie ed antipatie tra gli oggetti naturali. Sono famosi i nomi di Dalla Porta e Cardano, il quale con i suoi studi sul magnetismo terrestre rappresenta in certo qual modo la transizione verso un vero e proprio metodo sperimentale, stabilendo un certo legame di “filiazione” tra la scienza moderna del 600 e la magia del rinascimento. Molto coltivate anche l’astrologia e l’alchimia (Paracelso).

In conclusione due sono le vie maestre con cui la cultura rinascimentale si avvìa alla scienza moderna: 1-crescente interesse per l’osservazione della natura e dei suoi fenomeni 2-tendenza verso una trattazione esatta dei fenomeni in chiave di leggi rigorose e matematiche. Del resto la matematica ha fatto notevoli passi nel 500, arrivando alla soluzione delle equazioni di 3. e 4. grado. Da ricordare il nome di Tartaglia, che formulò una teoria balistica che seppure risultata nel seguito erronea, costituisce un esempio significativo del punto 2 di cui sopra. XVII sec DC E’ il secolo della rivoluzione scientifica. In questo secolo poi si realizza una netta distinzione tra la società europea del Nord , più fluida e dinamica, di influsso protestante e quella del Sud , dominato dalla Spagna e dal Papato. In un certo senso l’opera di Galileo rappresenta proprio l’ultimo atto della vicenda culturale umanistico-rinascimentale. Il passaggio definitivo dalla cultura antica a quella moderna è sancito dal definitivo abbandono del dualismo cielo-terra. Si fa strada l’idea di una visione unitaria dell’universo , in cui le stesse leggi fisiche devono valere per i fenomeni terrestri e per quelli astronomici. Tale processo inizia con Keplero, passando per Galileo per finalmente arrivare a Newton.

Keplero (1571-1630) elaborò i dati di T. Brahe e arrivò a formulare matematicamente nelle famose Tre leggi che sintetizzavano perfettamente tutte le osservazioni sul moto dei pianeti. Le richiamiamo:

1- I pianeti descrivono orbite ellittiche, di cui il sole occupa uno dei fuochi. 2- Le orbite vengono descritte in modo tale che il raggio vettore descrive aree uguali in

tempi uguali. 3- Il quadrato del periodo di rivoluzione è proporzionale al cubo del semiasse maggiore

dell’orbita.

Con la prima legge si abbandona definitivamente l’idea del moto circolare perfetto dell’astronomia tolemaica. Keplero si pose anche il problema, risolto poi da Newton, delle cause del moto e della variazione di velocità , ipotizzandone in forze di natura magnetica, secondo le nuove teorie sopra citate.

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Galileo

Galileo Galilei ( 1564- 1642), considerato il padre della scienza moderna, occupò una cattedra a Pisa dal 1589 al ‘92 e si dedicò anzitutto allo studio del moto (De motu) , sotto l’influenza della fisica antica, in particolare di Archimede. Egli distingue i moti in naturali

( che avvengono spontaneamente per effetto della gravità del corpo e delle proprietà del mezzo, per es. anche un pezzo di legno che risale in acqua) e violenti ( che richiedono un agente esterno, un impetus, come un sasso o un proiettile lanciato in aria ) E’ però ancora convinto, in questa fase, che per mantenere la velocità di un corpo l’impetus deve essere mantenuto , così come crede ancora che i corpi più pesanti debbano cadere più velocemente e che i moti di caduta tendano a divenire di velocità uniforme allorché cessa l’effetto che li sosteneva fermi.

Dal 1592 G. si trasferisce a Padova. Ed è qui che a partire dal 1600 inizia quella sperimentazione per cui è divenuto famoso (provando e riprovando...) Esperimentò sui piani inclinati , sulla caduta dei gravi, sui pendoli. Famoso è l’esperimento della caduta di sfere di massa diversa dalla torre di Pisa che raggiungevano il suolo contemporaneamente. Solo più tardi però in seguito a vari esperimenti e calcoli arrivò a stabilire la legge S = ½ gt**2. E anche la legge del pendolo in relazione al quale leggenda vuole che abbia osservato il moto oscillatorio della grande lampada del duomo di Pisa. Dai suoi scritti si deduce che ebbe notevole difficoltà a stabilire che nel moto di caduta libera la velocità aumenta con il tempo , soprattutto perché aveva notevole difficoltà ad interpretare il passaggio iniziale dalla quiete al moto. Nel frattempo usò anche il suo famoso cannocchiale e a partire dal 1609 si dedica totalmente all’astronomia pubblicando il Nuncius sidereus , in cui descrive tra l’altro la struttura della galassia, le monti e valli lunari, quattro dei satelliti di Giove , le fasi di Venere e le macchie solari. Ogni osservazione costituiva in effetti un colpo inferto alla visione di un mondo celeste perfetto. Acquistò subito grande notorietà e fu richiamato a Firenze dai Medici cui aveva dedicato i satelliti di Giove. In astronomia egli si impegnò a sostegno del sistema copernicano. In una famosa lettera a Madama Cristina di Lorena egli osò affermare che la Bibbia non à un testo scientifico perché insegna “come si vadia al cielo e non come vadia il cielo” . Il cardinale Bellarmino dichiarò che il sistema copernicano doveva essere considerato solo una teoria matematica , che non implicava di spostare il centro dell’universo dalla terra al sole e lo ammonì. Nel 1632 sotto il pontificato di Urbano VIII, che gli era amico, G. pubblicò il Dialogo

sui due massimi sistemi, nel quale compaiono i celebri personaggi il copernicano Salviati e l’aristotelico Simplicio e Sagredo. E’ in quest’opera che viene enunciato per la prima volta il Principio d’inerzia . Ossia che in assenza di forze il moto di un corpo continua con velocità costante o se è in quiete resta in quiete. Ovviamente Simplicio è soccombente. Il Dialogo fu condannato , G. fu processato e costretto all’abiura e in seguito rimase agli arresti nella sua villa di Arcetri, dove morì cieco nel 1642. Nel 1638 pubblica infine i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove

scienze ( ossia movimento dei proiettili e resistenza dei materiali) , soprattutto importanti perchè viene approfondita la teoria dei moti accelerati, viene affrontato il problema della variazione continua della velocità nel tempo incluso il passaggio dallo stato di quiete allo stato di moto. Viene enunciata anche la legge di caduta dei gravi (tutti i corpi in assenza di attrito cadono con la stessa velocità e toccano il suolo allo stesso tempo) . A questo proposito si potrebbe citare il famoso paradosso: Consideriamo un corpo leggero 1 che cade con velocità v1 e uno pesante 2 che cade con velocità v2. Se per assurdo si ipotizza che sia v2>v1 e si considera il corpo 3 composto

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dall’unione di 1+2 dovrebbe essere v3>v2>v1 ovvero v2>v3>v1 ?? L’intrigo si risolve solo assumendo v2=v1.

Galileo è considerato il padre della scienza moderna soprattutto per averci insegnato il cosiddetto Metodo galileiano, che consiste nell’analizzare i fenomeni fisici variando le condizioni osservative per isolare gli elementi (grandezze fisiche) rilevanti e pervenire alla formulazione di teorie che devono essere sottoposte a verifica sperimentale. Tali elementi devono essere definiti quantitativamente ossia misurati e la teoria deve prevedere relazioni matematiche precise tra i risultati delle misure. Dunque anche matematicizzazione della scienza. (vedi Appendice 1)

Nel 600 visse anche Cartesio, rappresentante insigne della visione meccanicistica dell’universo in movimento continuo , in cui un ruolo fondamentale è giocato dal principio di inerzia e dagli urti che modificano le traiettorie dei corpi. Egli enunciò una teoria dei vortici per spiegare molti fenomeni. Per es. il sole sarebbe al centro di un vortice , da cui si irradia la pressione luminosa che colpisce i nostri occhi. Anche gravità e magnetismo sarebbero spiegati da vortici. Però Cartesio non fu uno sperimentatore e non verificò le sue teorie. Nel frattempo anche gli strumenti matematici stavano facendo enormi progressi. Ricordiamo i nomi di cavalieri (Teorema di Cavalieri), Torricelli, Cartesio con la geometria analitica, Fermat, Pascal per procedere sempre più verso il calcolo infinitesimale con Newton, Leibniz , Bernouilli e L’Hopital. E progressi enormi venivano fatti anche nella strumentazione. Vennero costruiti telescopi giganti che consentirono le osservazioni di Cassinis, Roemer e Halley. Il microscopio con le osservazioni anatomiche di Malpighi. Ma anche termometri, barometri, orologi, pompe da vuoto risalgono al secolo XVII. La fisica sperimentale fece enormi progressi con gli esperimenti sui fluidi ( Torricelli, Pascal), le leggi sui gas (Boyle), l’ottica (spettri ottici e prisma di Newton) per arrivare con Huygens nel 1690 alla ipotesi ondulatoria della luce. Naturalmente anche le altre scienze fecero passi da gigante, la chimica in particolare. Newton Fu in effetti Newton (1643-1727) a realizzare la prima grande sintesi scientifica , la prima grande unificazione dei fenomeni fisici (gravità e moti planetari, terra e cielo ) e la meccanica divenne la regina delle scienze fisiche. La sua opera più celebre è Philosophiae

naturalis PRINCIPIA mathematica, spesso chiamata semplicemente i Principia (1687), in cui N. sintetizza i famosi tre principi della meccanica classica. Egli stabilisce la relazione tra impulso di una forza e la variazione della quantità di moto . Studia i moti circolari, introducendo la forza centripeta e così facendo intuisce la prima grande unificazione dei fenomeni fisici ipotizzando una forza attrattiva , la gravitazione, proporzionale alla massa dei corpi, che spiega sia la caduta dei gravi sia i moti dei pianeti intorno al sole che ubbidiscono alle tre leggi di Keplero (aneddoto della mela). Egli dimostra che per poter soddisfare alla prima legge di Keplero (orbite ellittiche) la forza deve dipendere da 1/R**2 . Affronta il problema , risolto compiutamente solo dal calcolo integrale (Teorema di Gauss) , di dimostrare che una sfera di materia esercita la sua forza attrattiva come se tutta la massa fosse concentrata nel centro. In questo dunque fu un precursore.

In una opera seguente (Optics), meno teorica e più osservativa dei Principia, N. si occupa anche di altri fenomeni : elettricità, magnetismo,ottica ecc Un grosso problema posto dai Principia è quello della gravitazione vista come azione a distanza anziché per contatto. In effetti il concetto fisico di forza era scaturito in Newton considerando l’ interazione per contatto tra corpi in cui si conserva la quantità di moto (Terzo principio della dinamica) . Arrivò dunque a ipotizzare una specie di etere fluido

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che trasporterebbe la forza. Oggi noi sappiamo che il problema viene risolto sia nella relatività generale che nelle altre teorie delle interazioni fondamentali attuali considerando “campi fisici “, che sono vere modificazioni dello spazio sia vuoto che pieno di materia. (vedi Appendice 2) Sec. XVIII e XIX I secoli XVIII e XIX vedono la diffusione del Newtonianesimo in tutta Europa. Perticolarmente in Francia si sviluppa la Meccanica Razionale, soprattutto con Euler Bernouilli, D’Alembert . Anche l’analisi matematica si sviluppò enormemente e divenne sempre più legata alla meccanica analitica, che raggiunse il massimo sviluppo con Lagrange. Risale al 1746 la scoperta del primo condensatore elettrico , la bottiglia di Leyda, in grado di produrre scariche assai scenografiche per quei tempi. A cavallo del 1800 vissero alcuni grandi fisici come Carnot, Coulomb, Cavendish, Volta e Galvani. E’ con questi ultimi che la scienza italiana si riprende dopo decenni di declino. Galvani è noto per i suoi studi sulla elettricità animale, in particolare la famosa rana.

Volta a Pavia contestò le conclusioni di Galvani sull’elettricità della rana, ipotizzando che essa derivasse piuttosto dai conduttori metallici usati negli esperimenti. Volta scoprì poi l’elettricità di contatto tra metalli e costruì la pila nell’anno 1800.

Il secolo XIX è caratterizzato da un grandissimo sviluppo della scienza soprattutto nelle università tedesche.

Alla fine del 700 circa risale l’inizio ( con Lavoisier) del grande sviluppo della chimica e della sua sempre maggiore separazione dalla fisica. Ma anche tutte le altre scienze diventano sempre più indipendenti venendo così a perdersi quel carattere di unitarietà che era stato presente dall’aristotelismo fino all’ epoca moderna. A cavallo del 1800 operano nomi illustri della fisica: Lagrange e Laplace nell’astronomia; Coulomb nello studio delle forze elettriche e magnetiche; Malus in ottica, con un modello corpuscolare della luce; Fresnel in ottica ma con una teoria ondulatoria, contrapposta a quella di Malus; Young in ottica, con la natura trasversale delle onde luminose; Poisson che dimostrò la necessità di un etere rigido per la propagazione di tali onde trasversali. Nel XIX secolo assistiamo ad una rinascita della fisica inglese con Stokes, Faraday, Oersted e Ampere ben noti per aver legato i loro nomi a fondamentali leggi dell’elettromagnetismo. Fu Faraday ad introdurre per la prima volta il termine “campo magnetico” nel 1845. E fu proprio intorno alla metà del secolo XIX che venne finalmente messo a fuoco il concetto fisico di ENERGIA e il principio di conservazione della medesima, che costituisce oggi uno dei principi fondamentali di tutte le teorie fisiche. Questo grazie a Bernouilli, Joule, Helmoltz e Mayer. Il principio acquistò centralità di ruolo con lo sviluppo della Termodinamica con i suoi Principi e i problemi relativi alle macchine termiche. In questo campo dominano i nomi di Kelvin, Carnot, Clausius e Clapeyron . Fu Clausius nel 1865 ad enunciare “L’energia dell’universo è costante. L’entropia dell’universo tende ad una valore massimo” In fatti l’energia nelle sue varie forme si conserva ma tende a degradarsi sotto forma di calore, ossia energia disordinata meno idonea ad ottenere lavoro utile.

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Maxwell Nella seconda metà del sec. XIX si colloca anche l’opera di Maxwell sull’elettromagnetismo , che realizzò una sintesi unitaria di tutti i fenomeni elettromagnetici nelle sue celebri Quattro equazioni , attraverso le quali si stabilì anche la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto e la natura elettromagnetica trasversale delle onde luminose, la cui velocità precedentemente misurata coincideva perfettamente con quella prevista da Maxwell. Comunque quella di Maxwell è la sintesi di contributi di famosi fisici quali Poynting e Larmor in Inghilterra, Gauss e Weber in Germania, Lorentz in Olanda e molti altri. Una volta stabilite le equazioni delle onde elettromagnetiche fu proprio Lorentz a porre subito il problema dell’etere , ossia dell’ipotetico mezzo elastico dalle proprietà abbastanza contraddittorie in cui tali onde eventualmente si propagano. Rigido e immobile esso dovrebbe riempire lo spazio vuoto, ma essere di fatto invisibile e irrivelabile. Iniziarono i tentativi di rivelare il moto della terra rispetto all’etere (vento d’etere) che culminarono nel celebre esperimento di Michelson e Morley (1887) che avrebbe dovuto mettere in evidenza con un sistema ad interferenza che la velocità della luce era diversa in due direzioni ortogonali , una parallela al moto della terra in rotazione rispetto all’etere, l’altra ortogonale alla prima. L’esito fu negativo, ossia sembrava che la velocità della luce fosse la stessa nelle due direzioni. Fu proprio Lorentz che, per spiegare questo risultato inatteso, ipotizzò che i regoli spaziali e temporali del sistema in moto rispetto all’etere si deformino in maniera tale che, nonostante il moto relativo della terra rispetto all’etere , è come se la luce dovesse percorrere in entrambi i sistemi spazi uguali in tempi uguali . E stabilì le celebri formule che portano il suo nome e che poi furono accolte nella Teoria della Relatività ristretta di Einstein.

Alla seconda metà del XIX sec risalgono anche gli importantissimi sviluppi delle teorie cinetiche molecolari collegate alla termodinamica e alla struttura della materia con i nomi di Clausius, Maxwell stesso e Boltzmann in particolare. Boltzmann si suicidò nel 1906 si dice anche per essere divenuto bersaglio di coloro che opponevano alla sua visione atomistica-meccanicistica una scienza non modellistica ispirata alla termodinamica. Fu poi merito di Van der Wals l’intuizione che i diversi stati della materia si differenziavano in primis per il diverso grado di legame molecolare, una visione oggi considerata ovvia ma che non lo era allora, perchè intorno all’anno 1900 erano ancora ben pochi coloro che “osavano” dire di credere negli atomi e nelle molecole.

Si dovrebbe anche fare un cenno all’enorme sviluppo che ebbero nel sec. XIX tutte le altre scienze , la matematica in primis nella geometria descrittiva, l’algebra (Galois), l’analisi (Lagrange, Cauchy, Dirichelet, Riemann..) la teoria dei numeri reali (Weierstrass, Cantor, Dedekind, Kronecker..) le geometrie non euclidee (Lobaceski, Klein..) la teoria degli insiemi, la logica matematica e il sempre più stretto rapporto tra matematica e fisica teorica (teorie dei potenziali, calcolo vettoriale, numeri complessi..) . Poi la chimica , sia inorganica che organica, l’elettrochimica, la chimica fisica con l’ applicazione della termodinamica alle reazioni chimiche e lo studio delle soluzioni elettrolitiche . E quindi la biologia, la fisiologia, l’evoluzionismo, con tutti i problemi anche filosofici ad esso connessi.

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XX secolo Entriamo così nel XX secolo e la storia della fisica è da questo momento in certo senso anche scandita dal premio NOBEL per la Fisica che fu attribuito per la prima volta nel 1901 a Roentgen per la sua scoperta dei raggi X.

In generale possiamo dire che nel XX sec. le scienze della natura, e la fisica in particolare, hanno assunto dimensioni ed importanza tali da determinare le condizioni di vita, la storia e il progresso del genere umano in ogni campo.

Al tempo stesso però alcuni presupposti concettuali, alcune certezze , sono venuti meno e sono stati messi in discussione.

Si incominciò nel 1905 con la Teoria della relatività ristretta di Einstein (1879-1955) (vedi Appendice 3), nella quale al fine di estendere il principio di relatività (ossia di invarianza delle leggi fisiche e della descrizione dei fenomeni rispetto a osservatori in moto traslatorio uniforme gli uni rispetto agli altri) anche all’ elettromagnetismo, si dovette procedere ad una profonda revisione delle grandezze fisiche fondamentali spazio e tempo . Affinché la velocità della luce misurata sia invariante ( come provato dalla non esistenza del vento d’etere nell’esperimento di Michelson e Morley) è necessario che le misure di intervalli spaziali e temporali siano diverse per i due osservatori in moto relativo e ubbidiscano alle trasformazioni di Lorentz. Quindi non esistono misure assolute di tali grandezze e di quelle derivate e si deve rinunciare allo spazio e tempo assoluti della fisica classica. Questa conclusione, insieme con il principio di indeterminazione della meccanica ondulatoria, di cui diremo nel seguito, ci fa comprendere come le due principali teorie fisiche del XX sec. , che poi sono state alla base della prodigiosa estensione della nostra conoscenza dell’atomo e del nucleo che seguiranno, sono anche all’origine di inaspettate incertezze e limiti posti alla nostra conoscenza della realtà vera e oggettiva , ammesso che essa esista. Come si è già detto, ancora alla fine dell’800 la visione atomistico-molecolare, che pure era supportata da proprietà della materia già note come dilatazione termica, soluzioni ecc dovette vincere le forti resistenze degli anti-atomisti (per es. Ostwald) . Questo avvenne di fatto solo agli inizi del XX sec . Ad Einstein si deve anche una teoria cinetico molecolare della diffusione di materia nei liquidi, della pressione osmotica e del moto browniano, che si inquadra in questa visione molecolare. E anche numerose determinazioni precise e incrociate del numero di Avogadro confermarono sempre più il modello. La realtà atomica fu presto al centro dell’attenzione. Roentgen aveva scoperto i raggi X nel 1895, gli elettroni (raggi catodici) erano stati messi in evidenza nei tubi a gas rarefatti da Crookes ma riconosciuti come tali ( e il rapporto e/m misurato) da Thompson nel 1897. Becquerel e i coniugi Curie avevano scoperto la radioattività naturale fin dal 1896 ma fu soprattutto Rutherford nel 1902 a distinguere le tre componenti α, β e γ, con i raggi γ simili ma più penetranti dei raggi X. Così si pose il problema della struttura dell’atomo.

Balmer, Rydberg e Ritz studiavano nel frattempo gli spettri luminosi a righe emessi da diverse sostanze determinando alcune famose formule empiriche, in cui comparivano coppie di numeri interi, per il momento senza alcuna spiegazione teorica. Il primo modello atomico di Thompson (1904) ipotizzava una carica positiva distribuita in una specie di panettone in cui elettroni negativi erano l’uvetta. Fu Rutherford nel 1911 a proporre un modello planetario dove la carica positiva era concentrata in un nucleo di dimensioni 10**5 volte inferiore a quelle dell’atomo. Nel frattempo per altra strada (studio della radiazione elettromagnetica del corpo nero (Planck e altri) e dell’effetto fotoelettronico ( Einstein) si era affermata l’ ipotesi teorica che vedeva l’energia elettromagnetica costituita e trasportata da quanti di valore elementare hv

così introducendo per la prima volta nella fisica una discontinuità in contrasto con la visione classica “natura non facit saltus”.

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A questo punto (1913) Bohr propose il suo modello quantistico di atomo nel quale gli elettroni possono occupare solo orbite ben precise (stati stazionari) ed è con i salti degli elettroni da un’orbita all’altra che vengono emessi o assorbiti i quanti di energia elm. , così spiegando sia gli spettri a righe che la struttura a quanti della radiazione. Fu subito chiaro che nessuna teoria classica era in grado di spiegare questi fatti (in fisica classica un elettrone orbitante perde continuamente energia) ed era perciò necessaria una nuova meccanica valida nel mondo subatomico , che però non contraddicesse i risultati della meccanica classica. La duplice natura ondulatoria e corpuscolare della luce (quanti o fotoni) fu approfondita da DeBroglie ed estesa a tutte le particelle , in ciò supportato da ampie prove sperimentali (1923). L’ipotesi ondulatoria applicata agli elettroni atomici consentiva di interpretare le orbite stazionarie come quelle in grado di ospitare una onda stazionaria di una certa λ. La meccanica ondulatoria in seguito sviluppata da Schroedinger introduceva una funzione d’onda ψ associata alle particelle che doveva soddisfare la sua celebre equazione, che applicata al caso più semplice dell’atomo di idrogeno era in grado di spiegare perfettamente gli stati stazionari e lo spettro a righe emesso da questa sostanza. A Born si deve poi la successiva interpretazione della funzione d’onda come funzione di probabilità che ancora oggi è accettata dai fisici. Il comportamento probabilistico e non deterministico delle particelle elementari fu connesso (1927) da Heisenberg al suo famoso Principio di indeterminazione , secondo il quale non è possibile conoscere esattamente e contemporaneamente posizione e velocità di una particella. La duplice natura ondulatoria e corpuscolare delle particelle , che si integrano però senza mai presentarsi insieme, va sotto il nome di Principio di complementarità (Bohr). E’ intuibile facilmente il grosso impatto filosofico di tali principi . C’è da chiedersi se la meccanica ondulatoria è solo un nostro modo di conoscere e descrivere la realtà subatomica e la realtà vera è invece deterministica . E’ quanto hanno sempre auspicato grandi fisici come Planck, Schroedinger e Einstein medesimi , ma il problema epistemologico è in effetti tuttora aperto. La fisica nucleare inizia con la scoperta della radioattività naturale a cavallo del secolo e i nipoti di M.me Curie , i coniugi Joliot, nel 1934 scoprirono la radioattività artificiale ossia la possibilità di produrre mediante irraggiamento con radiazione naturale α, β e γ isotopi radioattivi da nuclei normalmente non radioattivi. Fermi (vedi Appendice 4) e i suoi collaboratori ebbero l’idea di usare come proiettili piuttosto i neutroni, nel frattempo scoperti da Chadwick (1932) come componenti del nucleo atomico. I neutroni lenti, anche per il fatto di essere neutri e perciò non respinti dalla carica positiva del nucleo, hanno una elevata sezione d’urto di interazione. Soprattutto il nucleo più pesante conosciuto, l’ uranio, si rivelò molto adatto come bersaglio. In effetti furono poi i tedeschi Hahn e Strassmann (1939) a dimostrare che gli isotopi prodotti in questi bombardamenti avevano una massa circa ½ di quella dell’uranio , ossia che aveva luogo una vera fissione e Mittner e Fritsch elaborarono poi una teoria della fissione. In questo processo la massa dei due nuclei prodotti è un poco inferiore a quella del nucleo padre e viene liberata una notevole quantità di energia in virtù della formula relativistica di Einstein E= mc**2. Inoltre vengono emessi due neutroni che danno inizio ad una reazione a catena e perciò ad una moltiplicazione dell’energia prodotta, che può dare luogo ad una vera e propria bomba. Questa idea trapelò tra gli scienziati ed è rimasta famosa la lettera scritta da Einstein a Roosvelt nel 1939, in cui lo ammonisce che la Germania poteva tentare questa strada. L’impegno che ne seguì non fu immediato, infatti solo nel 1942 partì il progetto Manhattan il cui responsabile scientifico fu R. Oppenheimer. La prima bomba sperimentale scoppiò il 16.7.1945 ad Alamogordo, seguirono Hiroshima e Nagasaki con le ben note conseguenze. Nel decennio che seguì fu sviluppata da USA e URSS anche la bomba a fusione, ancora più potente, perché anche nella fusione di nuclei leggeri ( per es. D in He) si ha la trasmutazione di una piccola massa in una enorme energia e la possibilità di una reazione a catena. La differenza tra fissione e fusione è ben nota: nel primo caso la reazione a catena

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può essere controllata e si sono potuti realizzare i reattori nucleari per la produzione di energia pacifica e la sperimentazione , nel secondo caso grandi ingegni si stanno ancora impegnando per trovare la strada per una reazione di fusione controllata con prospettive incerte nonostante i grandi progressi tecnologici realizzati e il grande impegno internazionale. La seconda metà del XX sec. è caratterizzata da studi sempre più profondi e impegnativi del nucleo atomico e dei suoi costituenti , utilizzando sia la radiazione cosmica che gli acceleratori di particelle sempre più potenti e costosi, uniti a rivelatori sempre più sofisticati e alle enormi possibilità di calcolo veloce che si sono realizzate soprattutto negli ultimi 20 anni con i supercomputers. Questo ha portato a grandi avanzamenti sia nelle teorie dei costituenti elementari ( per es. il modello a quark e il modello standard) sia nelle teorie dell’ origine e sviluppo dell’ universo con l’astrofisica, due aspetti- quello dell’infinitamente grande e quello dell’infinitamente piccolo- che si sono rivelati strettamente connessi . Ma molti sono i problemi ancora aperti e le conferme sperimentali cui i fisici stanno lavorando.

Grandi progressi sono stati fatti sempre nella seconda metà del sec. XX anche in altri settori della fisica quali Fisica dello stato solido (Transistor e circuiti integrati, Calcolatori elettronici, Superconduttività), Fisica delle basse temperature. Laser. Ferromagnetismo Fisica del plasma ecc Riprendendo il discorso dei premi Nobel va notato che essi sono stati attribuiti spesso con un certo ritardo rispetto alle scoperte cui si riferiscono. I coniugi Curie lo ebbero nel 1903 . Michelson lo ebbe nel 1907. VanderWals nel 1910. Mentre il 1909 è l’anno di G.Marconi per le radioonde. Il 1911 a Wien, per le sue famose leggi sulla radiazione termica che portarono in seguito alla teoria dei quanti con Max Planck, premio Nobel nel 1918. Einstein prese il premio nel 1921 ma non per la relatività per avere studiato e interpretato quantisticamente l’effetto fotoelettrico.

Nel 1922 a Bohr per il suo modello dell’atomo di idrogeno e dell’emissione di quanti da parte degli atomi.

Nel 1923 a Millikan, per la misura della carica elettrica elementare dell’elettrone. Nel 1925 a Franck e Hertz per un celebre esperimento che confermava l’esistenza di stati quantici negli atomi.

Nel 1927 a Compton per l’effetto Compton (diffusione di fotoni sugli atomi) e a Wilson per la sua celebre camera a nebbia in cui per la prima volta si poterono osservare le traccie lasciate dalle particelle elementari cariche.

Nel 1929 a DeBroglie per la sua teoria ondulatoria delle particelle elementari. Nel 1932 e 33 a Heisenberg, Schroedinger e Dirac i padri fondatori della meccanica

quantistica. Nel 1935 a Chadwick per la scoperta del neutrone nel nucleo atomico. Nel 1936 a Anderson per la scoperta del positrone, l’antiparticella dell’elettrone

prevista da Dirac. Nel 1938 a Fermi per la scoperta della radioattività artificiale indotta da neutroni lenti.

Nel 1939 a Lawrence che costruì il primo acceleratore di particelle, il Ciclotrone per protoni. Nel 1945 a Pauli per il famoso “Principio di esclusione” in base al quale due particelle

uguali di spin semintero non possono occupare la stessa posizione nella struttura dell’atomo. Nel 1948 a Blackett per i suoi studi della radiazione cosmica. Nel 1949 a Yukawa per la sua teoria delle forze nucleari mediate dal mesone pi-greco.

Nel 1950 a Powell per i suoi studi delle reazioni nucleari con la tecnica delle emulsioni fotografiche.

Nel 1954 (!) a Max Born, per la sua interpretazione probabilistica della funzione d’onda quantistica.

Nel 1956 a Shockley e altri per il transistor. Nel 1957 a Lee e Yang per la scoperta della non-conservazione della parità nel decadimento β

dovuto alla cosiddetta interazione debole.

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Nel 1959 a Segre e Chamberlain per la scoperta dell’antiprotone. Nel 1960 a Glaser per la camera a bolle a idrogeno, uno strumento che ha dominato la

fisica delle particelle nelle due decadi successive. Nel 1961 a Hofstadter per i suoi studi della struttura nucleare con fasci di elettroni a Stanford.

Nel 1963 a Wigner, teorico delle simmetrie nella fisica delle particelle, e a Meyer e Jensen per il modello a shell del nucleo atomico.

Il 1964 è l’anno della elettronica quantistica e laser con Townes, Basov e Mikailovich. Il 1965 l’anno della elettrodinamica quantistica con Feynman. Nel 1968 ad Alvarez per gli studi in camera a bolle degli stati risonanti del nucleone con fasci di particelle accelerate. Nel 1969 a Gellmann teorico delle particelle elementari. Nel 1970 alla fisica del plasma (Alfven) e al ferromagnetismo (Néel) Il 1972, 1973 e 1974 sono gli anni della superconduttività con numerosi insigniti. Nel 1976 a S. Ting e B. Richter per la scoperta della particella J-ψ.

Dal 1977 in poi i premi Nobel sono stati equamente distribuiti tra fisica fondamentale, astrofisica e fisica applicata. Il 1984 è l’anno di Rubbia (scoperta dei Bosoni vettoriali W e Z) , il 2002 l’anno di Giacconi per l’astronomia a raggi X, portando così a cinque il numero dei Nobel fisici italiani. La fisica italiana dal dopoguerra ad oggi

Durante il fascismo , prescindendo dal gruppo di Fermi a Roma e dai suoi studi sulla

fissione indotta da neutroni lenti, già richiamata, studi di fisica teorica e sperimentale venivano svolti in Italia in diversi istituti universitari da alcuni valenti professori e va ricordata in particolare per es. la tradizione di studi di Ottica a Firenze.

Tuttavia la grande ripresa della fisica in Italia nel dopoguerra è legata soprattutto alla Scuola romana erede di Enrico Fermi , con E. Amaldi e G. Bernardini che fondarono il primo Centro di fisica nucleare e delle particelle, divenuto nel 1951 l’Istituto Naz. di fisica Nucleare, in collaborazione con colleghi delle Università di Torino, Padova e Milano: un istituto autonomo rispetto al CNR che per molti anni continuò a gestire gli altri rami della fisica.

Il primo grande progetto dell’ Istituto furono i Laboratori dell’ Elettrosincrotrone di Frascati, inaugurato nel 1959 e la partecipazione nella creazione del CERN di Ginevra . L’ Infn si è poi molto ingrandito negli anni creando Sezioni autonome in 20 sedi universitarie (tra cui Perugia) e fondando due ulteriori Laboratori dedicati alla fisica del nucleo con diversi acceleratori specifici ( Legnaro e Catania) e il Lab. del Gran Sasso dedicato alla fisica sotterranea senza acceleratori (in particolare la fisica del neutrino). Anche i Lab di Frascati si sono evoluti sostituendo nel tempo l’acceleratore iniziale con nuove macchine , essenzialmente collisionatori per elettroni, tra cui Adone e Dafne , che funziona tuttora. Tuttavia a partire dagli anni 60 il grosso della fisica sperimentale delle particelle con acceleratori viene svolto dall’ Infn soprattutto nei grandi laboratori internazionali situati all’estero. Primo fra tutti il CERN di Ginevra , di cui l’Italia è stato membro e fondatore dal 1954 e che attualmente sta portando a termine l’ambizioso progetto LHC , ma poi anche a Fermilab (Chicago), SLAC (Stanford) e Desy (Amburgo) . Istituti e laboratori specifici sono anche stati creati nel tempo per alcuni diversi rami della fisica , per es. l’Istituto di fisica della Materia, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia, l’Istituto di Ottica applicata, il Laboratorio della luce di Sincrotrone di Trieste.

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Appendice 1 VITA E OPERE DI GALILEO GALILEI

1- LA VITA

Galileo Galilei nasce a Pisa il 15 febbraio del 1564, dal fiorentino Vincenzo Galilei e da Giulia degli Ammannati. Nel 1574 la famiglia lascia Pisa e si trasferisce a Firenze. Nel 1581, Galileo si immatricola all'Universita' di Pisa per studiare medicina, seguendo il desiderio del padre. Durante gli studi, si appassiona alla fisica e nel 1583 formula la teoria dell'isocronismo del pendolo, intuito osservando le oscillazioni di una lampada nella Cattedrale di Pisa. Nel 1585 ritorna a Firenze senza aver completato gli studi, e comincia a dedicarsi alla fisica e alla matematica, dando anche lezioni private. Nel 1586 inventa la bilancia idrostatica. Nel 1588 ottiene una cattedra di matematica all'Universita' di Pisa, che mantiene fino al 1592. E' in questo periodo che si interessa al movimento dei corpi in caduta e scrive "De Motu". Nel 1591, il padre Vincenzo muore lasciandolo alla guida della famiglia. Nel 1592, Galileo ottiene una cattedra di matematica (geometria e astronomia) all'Universita' di Padova, dove rimarra' fino al 1610. E' in questo periodo che comincia ad orientarsi verso la teoria copernicana del moto planetario. Nel 1599 conosce Marina Gamba, che gli dara' tre figli: Maria Celeste, Arcangela e Vincenzio. Nel 1602 conduce alcuni esperimenti sul pendolo, durante uno studio sul moto accelerato. Nel 1606 inventa il termoscopio, un termometro primitivo. Negli anni successivi si dedica a studi di idrostatica e sulla resistenza dei materiali, costruisce la sua bilancia idrostatica e scopre il moto parabolico dei proiettili. Nel 1604, Galileo osserva una supernova comparsa in cielo durante l'autunno. Nel 1609, mentre Keplero pubblica la sua "Nuova astronomia", che contiene le prime due leggi del moto planetario, Galileo comincia ad interessarsi ad un nuovo strumento, costruito in Olanda: il telescopio. Fino a quel momento le osservazioni astronomiche erano state compiute ad occhio nudo. Dopo avergli apportato dei miglioramenti, ne presenta al Senato di Venezia un esemplare, al quale da' il nome di "perspicillum". A Padova, con il nuovo strumento, Galileo compie una serie di osservazioni della Luna nel dicembre 1609, e il 7 gennaio 1610 osserva delle "piccole stelle" luminose vicine a Giove. Nel marzo 1610, rivela nel "Sidereus Nuncius" che si tratta di 4 satelliti di Giove, che poi battezza Astri Medicei in onore di Cosimo II de' Medici, Gran Duca di Toscana. Soltanto in seguito, su suggerimento di Keplero, i satelliti prenderanno i nomi con i quali sono conosciuti oggi: Europa, Io, Ganimede e Callisto. La scoperta di un centro del moto che non fosse la Terra comincia a minare alla base la teoria tolemaica del cosmo. Nel luglio dello stesso anno, Galileo osserva Saturno al telescopio: non riuscendo con il suo strumento a distinguerne gli anelli, che all'epoca non erano conosciuti, egli crede che sia composto di tre corpi celesti distinti e

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gli da' il nome di Saturno tricorporeo. Mentre in tutta Europa altri astronomi (tra cui Keplero) osservano i satelliti di Giove, Galileo, tornato a Firenze, osserva le fasi di Venere e le macchie solari. Nel 1611, lo scienziato viene ammesso all'Accademia dei Lincei. Negli anni successivi, si accende una disputa intorno alle sue scoperte; l'interpretazione che ne da' lo scienziato confuta la teoria tolemaica del moto, adottata ufficalmente nel mondo scientifico e religioso dell'epoca, e conferma invece la teoria copernicana. L'inquisizione bolla come eretica questa teoria e proibisce formalmente a Galileo di appoggiarla. Il testo "De Revolutionibus Orbium Coelestium" di Copernico viene messo all'indice. Nell'aprile del 1630, Galileo termina di scrivere il "Dialogo sui due massimi sistemi del mondo", nel quale le teorie copernicana e tolemaica vengono messe a confronto; in seguito concorda con il Vaticano alcune modifiche per poter far stampare l'opera, ma decide poi di farla stampare a Firenze, nel 1632. Papa Urbano VIII, esaminato il "Dialogo", ne proibisce la distribuzione e fa istituire dall'Inquisizione un processo contro Galileo. Lo scienziato, già anziano e malato, viene chiamato a Roma nel 1633, dove viene processato e gli viene richiesto di abbandonare la teoria copernicana. Imprigionato e minacciato di tortura, Galileo viene costretto ad abiurare pubblicamente e viene condannato alla prigione a vita, ma poi gli viene concesso di scontare la pena nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze. Nel luglio dello stesso anno, comincia a scrivere il "Discorso intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e ai movimenti locali". Muore, malato e ormai cieco, l'8 gennaio 1642, nella casa di Arcetri. 2-OSSERVAZIONI E ESPERIMENTI DI GALILEO Le osservazioni astronomiche di Galileo sono state di fondamentale importanza nell'affermarsi della Teoria Copernicana I suoi studi di meccanica e termologia sono stati importanti non soltanto per le nuove conoscenze e la tecnologia che ne e' derivata, ma anche perché hanno chiarito al mondo scientifico la natura matematica che sta alla base di tutti i fenomeni fisici, e hanno sottolineato l'importanza di un'indagine che fosse anche quantitativa. a-La Luna La Luna, anche osservata ad occhio nudo, presenta delle strutture superficiali: mari, altipiani e crateri. Nella cosmologia aristotelica, per la quale tutti i corpi celesti appartenevano al regno della perfezione e pertanto non potevano

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avere irregolarità , l'apparenza della Luna rappresentava un problema. Le regioni scure sulla sua superficie venivano spiegate nel Medioevo come variazioni della densita' lunare da un punto all'altro, le quali avrebbero dato alla Luna, anche se perfettamente sferica, l'apparenza che ha. L'avvento del telescopio fece crollare definitivamente il concetto di perfezione degli oggetti celesti. Con il suo cannocchiale, Galileo osservo' non solo i "mari" della Luna, quei grandi avvallamenti che ad occhio nudo apparivano come regioni scure sulla sua superficie, ma anche molte regioni di dimensioni minori, contornate da righe scure. Egli noto' che la larghezza di queste linee cambiava al variare delle fasi lunari, cioe' dell'angolo di incidenza della luce del Sole. Galileo concluse quindi che esse sono ombre e che la superficie lunare ha montagne e crateri. La Luna, dunque, non e' sferica ne' perfetta. b- I satelliti di Giove I quattro maggiori satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) sono piuttosto luminosi, soprattuto quando il pianeta e' in opposizione, ma ad occhio nudo non sono osservabili perche' la luminosita' di Giove li nasconde. Il primo a scoprirli fu Galileo, che sul finire del 1609, mentre concludeva le sue osservazioni della Luna al cannocchiale, noto' dapprima tre e poi quattro "stelline" vicine al pianeta. Dopo averle osservate per diverse settimane, l'astronomo noto' che esse sembravano seguire Giove nel suo moto attraverso il cielo, cambiando pero' posizione sia tra loro che rispetto al pianeta. Nel gennaio del 1610, Galileo giunse alla conclusione che non si trattava di stelle, bensi' di quattro "lune" che ruotano attorno a Giove, come la Luna attorno alla Terra. Egli annuncio' la sua scoperta nell'opera che lo rese famoso, il "Sidereus Nuncius", pubblicato a Venezia nel marzo 1610. Questa scoperta fu di fondamentale importanza per l'imporsi della teoria copernicana del moto planetario. Nella cosmologia aristotelica vi era un unico centro del moto (la Terra), attorno al quale ruotavano tutt i corpi celesti. Copernico sosteneva invece che fosse la Terra a muoversi attorno al Sole, e la Luna attorno alla Terra, cioe' che ci fossero due centri del motto. Il fatto che anche Giove possedesse dei satelliti, cioe' che fosse anch'esso un centro del moto, se non era una conferma della teoria copernicana, confutava pero' quella tolemaica. c-Saturno Secondo la cosmologia aristotelica, tutti i corpi celesti erano sferici e perfetti, ma le prime osservazioni di Saturno al telescopio costituirono una vera sorpresa. Dopo aver pubblicato il "Sidereus Nuncius", Galileo continuo' ad osservare il cielo al cannocchiale nella speranza di fare nuove scoperte. Nel luglio del 1610, osservo' Saturno quando era in opposizione. Il suo strumento non era abbastanza potente per distinguere gli anelli, ed essi gli apparirono come dei rigonfiamenti laterali del pianeta. Egli interpreto' cosi' questo aspetto: "....Saturno non e' un astro singolo, ma e' composto di tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano ne' si muovono l'uno rispetto

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all'altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale e' tre volte piu' grande degli altri due...." Lo scienziato dette cosi' al pianeta il nome di "Saturno tricorporeo". In seguito, egli osservo' anche che i corpi laterali erano scomparsi; infatti, durante il moto di Saturno nella sua orbita, il piano degli anelli cambia direzione rispetto alla Terra: quando essi si presentavano di taglio, non potevano essere visti al cannocchiale. In seguito, altri astronomi confermarono lo strano aspetto di Saturno e le sue variazione, ma fu solo nel 1659 che l'astronomo Christiaan Huygens lo spiego' con la presenza di un anello attorno al pianeta. d-Le fasi di Venere Il pianeta Venere, nella sua rivoluzione intorno al Sole, viene illuminato in modo da formare, come la Luna intorno alla Terra, delle fasi. Galileo lo verifico' con le osservazioni al cannocchiale, e scrisse: "Cynthiae figuras aemulatur mater amorum" (la madre degli amori, Venere) imita le configurazioni di Cinzia (la Luna). Le fasi di Venere falsificavano il sistema tolemaico e provavano che Venere ruota attorno al Sole, come previsto dal sistema copernicano. e-Le macchie solari Le macchie solari sono regioni scure, di forma irregolare e variabile, sulla superficie del Sole. Sono visibili anche ad occhio nudo, sebbene l'osservazione diretta del Sole sia molto pericolosa. Le prime osservazioni delle macchie solari ad occhio nudo sono dovute ai Cinesi e risalgono almeno al 28 a.C.mentre non e' no` in Occidente. Il loro studio sistematico comincio' subito dopo l'introduzione del telescopio in astronomia, da parte di Galileo, nel 1609. Lo scienziato compi' una delle prime osservazioni delle macchie, insieme a Thomas Herriot, Johannes e David Fabricius e Christoph Scheiner. Il fatto che il Sole presentasse delle irregolarita' sulla sua superficie e che il suo apsetto variasse nel tempo, era anch'esso una prova a sfavore della teoria tolemaica, secondo la quale ogni cosa appartenente al regno celeste era perfetta e immutabile.

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f-Isocronismo del pendolo Galileo era molto interessato ad un approccio di tipo matematico alla questione del moto; egli incomincio' fin da giovane ad analizzare criticamente la fisica aristotelica che gli era stata insegnata, attraverso la sperimentazione diretta sugli oggetti del proprio studio. Si dice che Galileo intraprese lo studio del moto del pendolo nel 1581, dopo aver osservato il moto di oscillazione di una lampada sospesa nella Cattedrale di Pisa, citta' nella quale compi' gli studi universitari. Egli si accorse che il periodo di oscillazione di un pendolo e' indipendente dalla sua ampiezza, fenomeno detto "isocronismo" del pendolo, e cerco' di trovare le relazioni tra la lunghezza e il peso del pendolo e il suo periodo. In realta', un pendolo e' strettamente isocrono soltanto se le sue oscillazioni sono di piccola ampiezza, come fu scoperto da Huygens pochi decenni piu' tardi. Un pendolo pote' quindi essere usato come strumento per misurare gli intervalli di tempo, trovando applicazione per esempio in medicina, come misuratore delle pulsazioni cardiache. Molti anni piu' tardi, nel 1641, Galileo propose l'utilizzo del pendolo come meccanismo regolatore degli orologi, e ne abbozzo' un progetto. Tuttavia, ormai vecchio e cieco, non riusci' a realizzarlo, e l'orologio a pendolo venne costruito solo nel 1657, da Christiaan Huygens. g-Moto dei gravi Galileo studio' la fisica aristotelica all'universita' di Pisa, ma comincio' subito ad analizzarla criticamente. Mentre gli aristotelici avevano un approccio di tipo qualitativo e filosofico nei confronti del mondo fisico, il quale veniva descritto per categorie e mai sottoposto a verifiche sperimentali, lo scienziato cerco' di sviluppare un metodo di indagine quantitatvo e matematico. Uno degli oggetti di indagine di Galileo riguardo' il moto dei corpi materiali (detti "gravi"), in particolare quello dei corpi in caduta libera. Secondo la fisica aristotelica, il moto di un corpo e' determinato dalle forze alle quali e' soggetto; per un corpo in caduta, esse sarebbero il suo peso e la resistenza dell'aria. Quindi, secondo questa visione, un corpo lasciato cadere da una determinata altezza raggiungerebbe il suolo tanto piu' velocemente quanto maggiore e' il suo peso. Galileo comincio' ad investigare criticamente questa ipotesi, come fecero prima di lui Giuseppe Moletti e Benedetto Varchi, i quali constatarono che corpi dello stesso materiale ma diverso peso, lasciati cadere dalla stessa altezza, raggiungono il suolo nello stesso tempo. Lo scienziato pensava dapprima che i corpi cadessero con una velocita' uniforme caratteristica, che dipendeva non dal loro peso, bensi' da una proprieta' intrinseca detta gravita' specifica. Durante gli anni in cui insegnava matematica all'Universita' di Pisa (dal 1589 al 1592), egli comincio' ad esporre questa sua prima teoria sul moto dei gravi nel libro "De Motu", che pero' non

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pubblico' mai. Nei vent'anni successivi, Galileo fece altri esperimenti ed arrivo' alla conclusione che tutti i corpi nel vuoto (cioe' non soggetti alla resistenza dell'aria o di un altro mezzo materiale) cadono con accelerazione uniforme, indipendentemente dal materiale di cui sono composti, dal loro peso o dalla loro forma, e che la distanza che essi percorrono durante la caduta e' proporzionale al quadrato del tempo impiegato per percorrerla. h-Moto dei proiettili Nel "Dialogo intorno a Due Nuove Scienze", Galileo affronta il problema del moto dei proiettili. Prima di Galileo, si credeva che un corpo lanciato in direzione orizzontale, per esempio un proiettile sparato da un cannone, si muovesse in direzione orizzontale fino a quando non perdeva il suo "impeto", dopodiche' cadeva verso terra, seguqndo una traiettoria curvilinea che pero' non era ancora conosciuta. Galileo si accorse, durante lo studio del moto dei proiettili, che essi non sono soggetti soltanto alla forza che li spinge in direzione orizzontale, bensi'a nche alla forza di gravita', che li attira verso il basso. La prima componente agisce come una forza inerziale, nel senso che il corpo ad essa soggetto percorre una distanza in orizzontale che e' proporzionale al tempo impiegato per percorrerla. La seconda invece provoca un moto uniformemente accelerato, cioe' la distanza percorsa in verticale e' proporzionale al quadrato del tempo impiegato a percorrerla. Galileo dimostro' che la combinazione dei due moti orizzontale e verticale risulta nel moto del proiettile lungo un arco di parabola. i-La teoria delle maree Galileo cerco' di spiegare il fenomeno delle maree non tramite l'influenza gravitazionale della Luna, dato che la teoria della gravitazione universale non era stata ancora formulata, bensi' in modo puramente dinamico, nell'ambito della teoria copernicana del moto degli astri. Allo stesso modo in cui il moto dell'acqua all'interno di un vaso e' condizionato dal moto del vaso stesso, cosi' il moto degli oceani, secondo l'interpretazione galileiana, sarebbe condizionato dal moto della Terra. Secondo lo scienziato, nel suo moto combinato di rotazione e rivoluzione, la Terra sarebbe soggetta a rallentamenti ed accelerazioni periodiche del proprio moto di rotazione, con periodo di 12 ore. A causa della propria inerzia, i mari si solleverebbero perche' "lasciati indietro" dalla Terra sottostante o viceversa. Questa teoria non e' corretta: la causa reale delle maree e' l'attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra. Tuttavia, anche se a volte fu in errore, Galileo cerco' di spiegare per mezzo dell'osservazione e della matematica i fenomeni osservati in natura, al posto di accettare l'interpretazione aprioristica della filosofia aristotelica. Questo rappresento' un passo avanti nella costruzione della scienza moderna.

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APPENDICE 2 VITA E OPERE DI NEWTON Isaac Newton fu un uomo dal carattere spigoloso ed intransigente, la cui capacità intellettuale fu tuttavia una delle maggiori di quelle che mai si furono applicate ai problemi della filosofia naturale. Se Galileo ebbe il grande merito di introdurre il metodo del pensiero scientifico moderno e si trovò al centro di una tragica controversia con il potere ecclesiastico, Newton visse la sua maturità in una liberalissima Inghilterra anglicana, ove nelle si discuteva di politica senza tema di repressione ed il potere dello Stato pontificio era ovviamente molto minore che in Toscana. Lo scienziato applicò la propria innata e stupefacente abilità in molti campi ed a lui è dovuto forse lo strumento concettuale forse più potente che l’uomo abbia mai potuto adoperare, ossia il cosiddetto calcolo infinitesimale. La stessa ideazione del calcolo trascinò tuttavia lo scienziato ed i suoi allievi in una spiacevolissima controversia con Leibniz il quale era pervenuto in maniera indipendente a conclusioni simili; attraverso questi metodi matematici infatti si può trattare in modo naturale e semplice alcuni aspetti dell’oggetto più seducente al quale l’uomo abbia mai rivolto il proprio pensiero, ossia l’infinito.

1- LA VITA La vita di Newton (1642-1727) si svolse in una Inghilterra in pieno fermento intellettuale e politico, in particolare nell’anno della nascita dello scienziato erano in corso aspre battaglie fra il re Carlo I Stuart ed i parlamentari puritani guidati da Oliver Cromwell che si conclusero nel 1648 con la vittoria di questi ultimi e l’inizio della dittatura di Cromwell, in cui ebbero luogo epurazioni dei cattolici irlandesi e scozzesi e nacquero molte sette di ispirazione calvinista. Alla morte di Cromwell tuttavia venne riportata sul trono la dinastia degli Stuart che regnò dal 1660 al 1688 con Carlo II e Giacomo II; quest’ultimo venne poi destituito senza spargimenti di sangue nel 1689 nell’ambito della cosiddetta Glorious Revolution. Dal 1689 in poi il potere parlamentare si rafforzò e l’Inghilterra entrò in un periodo di prosperità economica e di libertà culturale. In Francia si affermò quello stato assoluto retto dai re Luigi XIII e XIV che era stato teorizzato da pensatori come Thomas Hobbes, Jean Bodin e Jacques Bossuet. Nel 1648 si concluse la Guerra dei trent’anni che aveva funestato l’Europa a partire dal 1618 con l’episodio della defenestrazione di Praga. Isaac Newton nacque a Woolsthorpe, nel Lincolnshire il 25 dicembre 1642 (secondo il calendario giuliano) da una famiglia di proprietari terrieri e non conobbe mai il padre, chiamato pure lui Isaac, morto combattendo per il re Carlo I. Giovanotto timido e riservato ebbe un rapporto abbastanza travagliato con la madre Hanna Ayscough Newton la quale alternava periodi

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di completo abbandono del figlio con altri di attenzioni continue; il giovane Isaac sviluppò pertanto un carattere difficile e nella sua vita fu tormentato da numerosi periodi di profonda depressione e di gravi complessi di inferiorità che lo rendevano estremamente sospettoso con chiunque gli stesse intorno. In particolare, la madre si risposò con un uomo molto più anziano di lei e se ne andò a vivere senza il piccolo quando questi aveva appena un paio d’anni, lasciandolo alle cure della nonna. Questo accadde nel 1645 quando infuriava ovunque la guerra civile fra seguaci del re e seguaci del parlamento. Pure, se ebbe un’infanzia non facilissima e non brillò particolarmente nei primi anni di scuola, la sua vita fu piena di riconoscimenti e di onori, come mai uno scienziato avrebbe potuto aspirare prima di lui. Comunque, il bambino aveva sviluppato un forte attaccamento alla religione, anche grazie alla figura di uno zio, un fratello di sua madre, pastore anglicano, il quale concepiva la guerra civile in termini allegorici contrapponendo la figura del re, visto come un difensore della fede, in contrasto con i parlamentari di matrice puritana. La fede risultò essere un punto fermo di grande importanza per tutta la vita del tormentato studioso, il quale si immerse, specie negli ultimi anni di vita, in approfondite analisi “scientifiche” dei testi sacri in modo da scovarvi segni da interpretare o verità nascoste. Il giovane compì comunque molto in fretta gli studi secondari e giunse nel 1661 presso il Trinity College, che già allora godeva di una grande reputazione in tutta l’Inghilterra; nello stesso anno, veniva rimesso sul trono Carlo II, anche grazie al disfavore prodotto dalle repressive leggi puritane introdotte dopo la vittoria dei parlamentari. Il giovane dovette tuttavia abbandonare Cambridge per la famosa pestilenza del 1665 (il famoso incendio di Londra è dell’anno successivo) e, rifugiatosi in campagna, si trovò libero di meditare sulle questioni naturali e diede alla luce in questo periodo gran parte delle sue scoperte più brillanti. L’aneddoto della mela cadutagli addosso e che gli avrebbe suggerito la legge di gravitazione universale è apocrifo, ma quello che è certo è che in questo periodo egli si stava interessando al moto di caduta dei corpi ed iniziò a considerare il moto di rivoluzione della luna intorno alla terra come caso limite di un vero e proprio moto di caduta. Newton entrò ben presto nel corpo docente dell’università di Cambridge ed ebbe una carriera a dir poco fulminante e, come vedremo, ciascuna delle numerose scoperte che fece sarebbe bastata da sola ad assicurargli un posto di rilievo nella storia della scienza. In particolare, nel 1672 il fisico neppure trentenne venne nominato membro della Royal Society di Londra dal re Carlo II e questa era un’onorificenza grandissima, ma la negativa impressione dovuta in massima parte alle critiche di Robert Hooke che suscitarono le teorie relative all’ottica che egli propose turbarono il già difficile carattere di Newton ed egli rassegnò ben presto le proprie dimissioni; si ripropose inoltre di non pubblicare più le proprie ricerche. In questo periodo tuttavia, si riconciliò finalmente con la madre la quale morì dopo poco tempo. Intanto, egli divenne un importante professore universitario a Cambridge ed in questi anni egli sviluppò e mise in forma sistematica i fondamentali risultati conseguiti nella giovinezza, da 23 a 25 anni, ma non pubblicò

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nulla, anche se considerava tempo sprecato qualunque attività che non fosse collegata agli studi che svolgeva negandosi il sonno e dimenticandosi a volte perfino di mangiare. Pare che egli fosse la classica immagine di professore distratto: impegnato nelle sue congetture egli era praticamente inetto ad affrontare qualunque problema pratico riguardante la sua casa o la sua stessa esistenza. In [Gamow] è riportato un curioso aneddoto a lui riferito, ossia che egli praticò un foro nella porta di casa per permettere alla sua gatta di entrare ed uscire a suo piacimento; quando la gatta ebbe dei gattini praticò nella porta ulteriori fori in numero pari a quello dei gattini… Comunque sia, giunto intorno all’età di 50 anni, nel 1689 egli divenne dapprima deputato nella rappresentanza dell’Università di Cambridge, poi nel 1696 divenne ispettore e successivamente direttore generale della Zecca e si trasferì in veste di alto funzionario a Londra, ove diventò sir nel 1705 e divenne sempre più ricco e coperto di onori; non compì più scoperte fondamentali, ma fu responsabile della condanna al patibolo un buon numero di falsari… Egli morì il 20 marzo 1727 ed il suo funerale, a cui assistette pure un incredulo Voltaire, si svolse in pompa magna ed Isaac Newton fu inumato nella cattedrale di Westminster accanto alle salme dei grandi d’Inghilterra. 2-LE OPERE

a- Ottica Nel 1664, ancora studente, Newton lesse un’opera dei fisici inglesi Robert Boyle e Robert Hooke riguardante l’ottica e la luce e condensò le sue riflessioni filosofiche e le sue osservazioni nelle Quaestiones quaedam philosophiae (Alcune questioni di filosofia). Occupandosi del fenomeno della rifrazione della luce in un prisma di vetro, effettuò nell’arco di alcuni anni una serie di esperimenti che lo condussero alla formulazione di ipotesi teoriche sulla natura del colore, supportate dalla matematizzazione dei risultati sperimentali: scoprì che la luce bianca si compone di più colori (che si dispiegano nell’arcobaleno e nello spettro), e che le diverse componenti monocromatiche vengono rifratte secondo angoli diversi quando incidono sulla superficie di separazione di due mezzi trasparenti. Inoltre collegò queste scoperte associando l’indice di rifrazione ai colori primari e scoprì alcuni fenomeni di interferenza della luce. Nel 1666 scrisse il breve trattato Of Colours (Dei colori), nel quale articolò le ipotesi sui colori già formulate nelle Quaestiones. Nel 1670, con il corso universitario di ottica (Lectiones opticae), approfondì ulteriormente i risultati delle ricerche precedenti. L'anno successivo Newton presentò ufficialmente alla Royal Society le sue teorie sulla luce e il colore, tuttavia la pubblicazione compendiosa e succinta delle sue teorie provocò critiche ostili e lettere polemiche, a cui Newton rispose sulle riviste scientifiche. Le osservazioni sulla relazione tra la matematizzazione dei risultati e le osservazioni sperimentali di ricerca ottica esposte nel suo sunto erano state espunte soprattutto a cagione delle violente critiche di Hooke, mentre lo scetticismo di Christiaan Huygens e il fallimento della ripetizione degli esperimenti newtoniani sulla rifrazione, compiuta da Edme Mariotte (1681), gli provocarono per molto tempo l’ostilità degli scienziati europei. In questo

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clima, Newton rimandò la pubblicazione di Opticks, che fu terminato nel 1692.

b- Matematica

In matematica pare che Newton fosse autodidatta; le sue conoscenze progredirono grazie allo studio degli scritti di John Wallis, di Cartesio e della scuola olandese. Newton contribuì a tutti i campi della matematica noti all’epoca, ma è particolarmente famoso per aver fornito le soluzioni ai problemi di geometria analitica del tempo. Newton inoltre introdusse il "metodo delle flussioni" e il "metodo inverso delle flussioni", ovvero il calcolo differenziale e integrale, utilizzando il termine "flussione" poiché immaginò che una quantità "fluisse" da una grandezza a un’altra. Le flussioni venivano espresse algebricamente, come i differenziali, ma Newton utilizzò ampiamente (in modo particolare nei Principia) analoghe dimostrazioni geometriche, che considerava più chiare e rigorose. Gli studi newtoniani di matematica rimasero celati fino al 1704, quando egli pubblicò, in appendice a Opticks, due opuscoli che ne riassumevano le scoperte; ciò provocò un’accesa controversia con Leibniz circa la priorità dell’invenzione del calcolo infinitesimale. I contrasti, che proseguirono anche dopo la sua morte, coinvolsero anche le posizioni dei due pensatori in materia di fisica e metafisica. Le lezioni universitarie di matematica che Newton tenne dal 1673 al 1683 furono pubblicate nel 1707.

c- Meccanica e gravitazione

Secondo un aneddoto ormai leggendario, tra il 1665 e il 1666 Newton comprese che il moto della Luna e di una mela erano riconducibili alla medesima forza vedendo cadere una mela nel suo frutteto: egli calcolò la forza necessaria a mantenere la Luna nella sua orbita e la confrontò con la forza che spinge un oggetto verso terra; calcolò anche la forza centripeta necessaria a trattenere una pietra in una fionda e il rapporto tra la lunghezza e il periodo di oscillazione di un pendolo. Queste prime osservazioni non vennero sfruttate da Newton, nonostante egli si fosse occupato di astronomia e dei problemi relativi al moto dei pianeti. Tuttavia, la corrispondenza tenuta con Hooke (1679-1680) riportò Newton al problema della traiettoria di un corpo soggetto a una forza di tipo centrale (inversamente proporzionale al quadrato della distanza); egli pensò che questa traiettoria fosse un’ellisse e nell'agosto 1684 comunicò a Edmund Halley la conclusione cui era pervenuto. L'interesse manifestato dall'astronomo, indusse Newton a dimostrare nuovamente il risultato, poi a redigere un breve trattato di meccanica, e infine i Principia, composti da tre libri. Il primo libro getta le basi della meccanica e identifica nella gravitazione il meccanismo che controlla il moto dei corpi celesti, il secondo espone la teoria dei fluidi e il terzo applica alla meccanica celeste la legge di gravitazione esposta nel primo. Gli studi di Newton sulla meccanica e la gravitazione vennero ampliati e approfonditi da altri studiosi; la loro validità, che rimase invariata fino al XIX secolo, venne limitata solo con la nascita della teoria quantistica e degli studi sulla relatività.

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d- Alchimia e chimica

Newton lasciò numerosi manoscritti di alchimia. Nelle queries poste in appendice a Opticks e nel saggio Sulla natura degli acidi (1710), pubblicò una teoria (incompleta) dell’affinità chimica, non rivelando le sue letture di alchimia, di cui si seppe solo un secolo dopo la sua morte. Pubblicazioni Le lettere di ottica vennero stampate dal 1672 al 1676. Successivamente lo studioso non pubblicò più nulla prima dei Principia, pubblicati in latino nel 1687 e rivisti nel 1713. Seguì, nel 1704, Opticks, di cui nel 1706 apparve un’edizione rivista in latino. Gli scritti postumi comprendono: Cronologia emendata dei regni antichi (1728), Sistema del mondo (1728), la prima bozza del terzo libro dei Principia e Osservazioni sulle profezie di Daniele e dell’Apocalisse di san Giovanni (1733).

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APPENDICE 3 VITA E OPERE DI EINSTEIN

1- LA VITA

Albert Einstein nacque il 14 marzo 1879, da genitori ebrei nella città tedesca di Ulm, nel Württemberg. La famiglia si trasferì poi a Monaco ed è nella città bavarese che si svolse la vita dello scienziato dal primo al quindicesimo anno di età. Il padre era proprietario di una piccola industria elettrochimica, ed era un "Ottimista inguaribile"; era un uomo che non si preoccupava del denaro, amava la campagna e la cultura classica. La madre era particolarmente equilibrata ed attiva, era in grado di superare persino con umorismo le disastrose avventure economiche dell’azienda familiare. Anche lei, come tutti nella famiglia Einstein, amava la cultura, l’arte e in particolare la musica. L’atmosfera nella quale visse il giovane Albert non prevedeva però una forma di istruzione religiosa e per questo maturò in lui un profondo distacco da ogni forma di religione rilevata. Sembra strano ma Einstein non fu un bravo scolaro, infatti, sua madre scrivendo ad un’amica diceva: "Non so cosa faremo di Albert, per ora non impara un granché…". Non imparava perché, sin dalle prime classi inferiori, Albert si era rifiutato di studiare a memoria qualsiasi cosa; ciò cui si dedicò con vera passione fu lo studio del violino, un interesse che lo accompagnerà sino alla tarda vecchiaia. Nonostante gli scarsi progressi agli studi, Albert aveva avuto in dono dalla vita una virtù semplice e stimolante: la capacità di "meravigliarsi"; infatti sosteneva che "dietro le cose doveva esserci un ché di profondamente nascosto". Nel 1889 si iscrisse al Gymnasium di Monaco che non frequentò fino alla fine perché preferì raggiungere la sua famiglia a Milano. Abbandonò la cittadinanza tedesca e si trasferì in Svizzera, dove tentò l’esame per l’ammissione al politecnico di Zurigo, ma fu bocciato per la sua impreparazione in tutte le materie fatta eccezione della matematica. Il preside del politecnico, che intuì le sue particolari doti, gli consigliò di frequentare un corso preparatorio, che gli permise di evitare un nuovo esame di ammissione. Si iscrisse così al Politecnico e per mantenersi durante gli studi aiutava gli studenti meno dotati a preparare gli esami. Al politecnico incontrò Mileva Maritsch, una ragazza di origini serbe, come lui studentessa di matematica e fisica e, contro il volere dei genitori, decisero di sposarsi. Mileva si accorse di essere incinta e ritornò presso la sua famiglia dove nacque una bambina della quale si persero presto le tracce e che probabilmente morì nella prima infanzia. Tornata a Zurigo Mileva non riuscì a superare gli esami finali. Einstein dopo il diploma non ottenne il posto di assistente che gli era stato offerto per via di alcune divergenze con un professore di Zurigo. Per circa due anni si adattò a fare diversi lavori come quello di precettore, che gli risultò particolarmente odioso. Nel 1902, grazie ad una raccomandazione, riuscì a trovare un impiego stabile all’Ufficio Brevetti di Berna. Sembra strano che un grande scienziato come Einstein svolse un lavoro così inadeguato alle sue capacità , ma lui stesso sosteneva che se avesse avuto un posto all’Università non si sarebbe potuto dedicare appieno alla ricerca. In questo periodo infatti maturarono in lui le idee che rivoluzionarono le leggi della fisica classica. Nel 1905 pubblicò quattro scritti di fondamentale importanza, fra cui uno sull’elettrodinamica dei corpi in movimento. Nello stesso anno ottenne la libera docenza all’Università di Berna e nel 1909 fu nominato professore di fisica teorica presso l’Università di Zurigo; l’anno successivo fu chiamato alla medesima cattedra presso l’Università di Praga e nel 1913 si trasferì a Berlino, ricoprendo la cattedra di fisica all’Accademia Prussiana delle Scienze. Costretto dalle persecuzioni antisemite naziste nel 1933 Einstein si trasferì negli Stati Uniti dove divenne professore all’Institute for Advanced Studies di Princeton, assumendo nel 1941 la cittadinanza Americana.

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Nel 1945 si ritirò dall’attività accademica; in questo periodo si dedicò al tentativo di elaborare una teoria unitaria generale del campo che unificasse la teoria del campo elettromagnetico e di quello gravitazionale. Benché questo sforzo di elaborazione teorica non giunse a risultati conclusivi, esso resta un punto basilare di riferimento per la scienza e la filosofia e uno dei punti più alti raggiunti dal pensiero scientifico di tutti i tempi. Morì alle 7.15 del mattino del 18 Aprile 1955 all’ospedale di Princeton.

2- EINSTEIN E LA GUERRA

Nel 1933, quando Hitler assunse il potere in Germania, Albert Einstein diede le dimissioni dall’Accademia di Prussia e si stabilì a Princeton, nel New Jersey, a causa dell’ondata antisemita provocata dall’intolleranza nazista. Albert Einstein aveva già 60 anni quando nel 1939 scoppiò il secondo conflitto mondiale ed è in quello stesso anno che il fisico Bohr, giunto in America, annunciava che a Berlino gli scienziati Hahn e Strassman avevano scoperto la "scissione nucleare". Il 2 Agosto allora Einstein insieme ad un gruppo di scienziati, temendo che se Hitler fosse riuscito a costruire per primo la bomba atomica l’avrebbe usata per porre il mondo ai suoi piedi, scrisse una lettera indirizzata al Presidente degli Stati Uniti Franklin Roosvelt chiedendo l’interessamento del governo americano alle ricerche nucleari. Roosvelt però non si limitò a prevenire la costruzione della bomba atomica da parte di Hitler ma riunì nel deserto di Los Alamos un gruppo di fisici che riuscirono nell’intento. Il 5 e 6 Agosto del 1945 l’America infatti, nonostante il Giappone si trovasse in serie difficoltà e senza possibilità di riscossa, bombardò le città di Hiroshima e Nagasaki mettendo fine alla guerra ma mietendo centinaia di migliaia di vittime ingiustificatamente. Paradossalmente colui che mise in moto la terribile macchina della bomba atomica era lo stesso uomo che aveva affermato: "Il mio pacifismo è un sentimento istintivo, un sentimento che mi domina perché l’assassinio dell’uomo mi ispira disgusto. Il mio atteggiamento non deriva da qualche teoria intellettuale, ma si fonda sulla mia profonda avversione per ogni specie di crudeltà e di odio." Ecco perché Einstein, fino alla sua morte, non dimenticò mai quella lettera e non si stancò di ripetere: "Se avessi saputo… non avrei mai scritto quella lettera" e per la stessa ragione nel 1955, in collaborazione con il filosofo inglese Bertrand Russell ed altre menti del tempo, concepì il MANIFESTO sottoriportato per sensibilizzare gli scienziati del mondo intero riguardo i pericoli di una guerra nucleare. 3-IL MANIFESTO Nella tragica situazione che si pone all'umanità, pensiamo che gli scienziati dovrebbero

riunirsi per valutare i pericoli che sono sorti come risultato dello sviluppo delle armi di

distruzione di massa, e discutere una deliberazione nello spirito del documento allegato.

In quest'occasione noi non parliamo come membri di questa o quella nazione,

continente o fede, ma come esseri umani, membri della specie Uomo, della quale è in

dubbio la continuità dell'esistenza […]. Dobbiamo imparare a pensare in un modo

nuovo. Dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere fatti per dare

la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché tali passi non esistono più; la

domanda che dobbiamo porci è: quali passi debbono essere fatti per evitare una

contesa militare la cui conclusione sarebbe disastrosa per tutte le parti? […].

Non c'è dubbio che in una guerra con bombe-H diverse grandi città

verrebbero rase al suolo. Ma questo sarebbe uno dei disastri minori

da fronteggiare. [...]. Oggi noi sappiamo, specialmente dopo il test di Bikini,

che le bombe nucleari possono distribuire gradualmente distruzione

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sopra un'area molto più grande di quanto si fosse supposto. [...]. Oggi

si può costruire una bomba che sarà 2500 volte più potente di

quella che distrusse Hiroshima. Questa bomba, se esplodesse

vicino al suolo o sott'acqua, invierebbe particelle radioattive

nell'atmosfera. […]. Nessuno sa per quale grande estensione

queste particelle radioattive mortali potrebbero diffondersi, ma le

autorità più qualificate sono unanimi nell'affermare che una guerra

con le bombe-H potrebbe molto probabilmente segnare la fine della

razza umana […]. Il termine "genere umano" suona vago e astratto. La

gente si rende poco conto, nell'immaginazione, che il pericolo è loro, dei

loro figli, dei loro nipoti, e non solo per l'umanità vagamente concepita […].

Qualsiasi accordo di non usare la bomba-H sia stato raggiunto in tempo di

pace non sarebbe più considerato vincolante in tempo di guerra, e ambedue le

parti si metterebbero al lavoro per costruire bombe-H non appena la guerra

scoppiasse […]. Sebbene un accordo per rinunciare alle armi nucleari, come parte di

una riduzione degli armamenti, non permetterebbe una soluzione finale, esso

risulterebbe utile per alcuni scopi importanti. Primo: ogni accordo fra l'Est e l'Ovest

è rivolto verso il bene, in quanto tende a diminuire la tensione. Secondo: […]

diminuirebbe il timore di un attacco improvviso alla Pearl Harbour, che

attualmente mantiene ambedue i blocchi in uno stato di angoscia

nervosa […]. Abbiamo di fronte a noi, se lo scegliamo, un progresso

continuo in felicità, conoscenza e saggezza. Sceglieremo invece

la morte, perché non possiamo dimenticare i nostri litigi? Ci

appelliamo da esseri umani agli esseri umani: ricordate

la vostra umanità e dimenticate il resto […].

Invitiamo questo Congresso, e attraverso di esso gli

scienziati di tutto il mondo e il grande pubblico, a

sottoscrivere la seguente deliberazione: "In previsione del

fatto che in qualsiasi futura guerra mondiale verranno

sicuramente impiegate le armi nucleari, […] esortiamo i governi del

mondo a rendersi conto, e a riconoscere pubblicamente, che i loro

scopi non possono essere favoriti da una guerra mondiale, e, di

conseguenza, li esortiamo a trovare mezzi pacifici per la sistemazione di

tutti gli argomenti di contesa tra loro".

Max Born, Percy W. Bridgman, Albert Einstein,

Leon Infeld, J.F. Joliot-Curie, H.J. Muller, Linus Pauling, Cecil F. Powell,

J. Rotblat, Bertrand Russell, Hideki Yukawa.

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4-ANEDDOTICA EINSTENIANA a-Quando Einstein sbarcò negli Stati Uniti, come tutti gli emigrati, ricevette un modulo da compilare. Fra le molte domande cui bisognava rispondere ce n’era una che chiedeva: "A quale razza appartieni?" E lui rispose: "A quella umana!" b-Einstein era solito usare banconote di grosso valore come segnalibri. Non portava mai i calzini. Indossava una maglietta con l’effigie di Paperino. Si presentava all’università in cui insegnava infagottato in pantaloni sformati e in un maglione giallo da " venditore di birra". Einstein usava sempre portare una penna infilata nel collo del maglione.

c-Einstein aveva ereditato dalla madre l’amore per la musica. Non tutti pensano che fosse un buon violinista, ma quel che è certo è che il violino occupava un posto significativo nella sua vita. Diede concerti a profitto di una delle numerose organizzazioni umanitarie da lui sostenute. Durante i suoi lunghi viaggi amava unirsi con i musicisti che incontrava per suonare in trio o in quartetto.

d-I suoi genitori temevano che fosse anormale: infatti riuscì a parlare bene solo a nove anni.Einstein fu espulso dalla scuola di Zurigo con la motivazione che studiava solo ciò che voleva.Sembra che suo padre Hermann avesse una spiccata preferenza per la matematica, ma lasciò gli studi perché suo padre doveva badare ad una famiglia numerosa: forse le capacità del padre si svilupparono nel figlio.

5-L’OPERA

Nel 1905 E. pubblicò tre studi teorici. Il primo e più importante studio che conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, che fornisce una descrizione corretta del moto delle particelle ad alte velocità prossime a quelle della luce. I due famosi postulati della relatività ristretta stabiliscono che la velocità della luce nel vuoto è costante in tutti i sistemi di riferimento inerziali e che le leggi della fisica devono essere le stesse in tali sistemi. E. era al corrente del risultato negativo dell’esperimento di Michelson e Mrley ma non dell’ opera di Lorentz , per cui di fatto ritrovò le famose leggi di trasformazione di Lorentz da solo. Mentre le leggi della meccanica classica dovevano essere rivedute con la nuova teoria quelle dell’elettromagnetismo ( le leggi di Maxwell) rimanevano valide. Conseguenza delle teoria era anche l’equivalenza tra massa ed energia espressa dalla famosa relazione E=mc

Il secondo studio, relativo al moto browniano, destinato a confermare l’esistenza ancora discussa degli atomi. Sulla base della teoria cinetica dimostrò che esso era dovuto alle collisioni caotiche tra gli atomi stessi.

Il terzo studio, sull’interpretazione dell’effetto fotoelettrico, avanzava l’ipotesi della propagazione della luce mediante quanti ( fotoni ) discreti di energia E= h ν, dove h è la costante di Plance e ν la frequenza della luce ; quest’ ultimo studio gli valse il premio Nobel nel 1921.

Nel 1916 pubblicò la memoria: I fondamenti della teoria della Relatività generale, frutto di

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oltre dieci anni di studio. Questo lavoro è considerato dal fisico stesso il suo maggior contributo scientifico e si inserisce nella sua ricerca rivolta alla geometrizzazione della fisica.

Esso partiva dal principio di equivalenza tra accelerazione e campo gravitazionale e descriveva, facendo ampio uso del calcolo tensoriale , i campi gravitazionali come deformazioni dello spazio . In seguito si dedicò ai modelli cosmologici e a tentativi di grande unificazione di tutte le forze fondamentali della natura, senza tuttavia approdare a risultati concreti.

6-LE CITAZIONI

"Whoever undertakes to set himself up as judge in the field of Truth and Knowledge is shipwrecked by the laughter of the gods." "I do not believe in immortality of the individual, and I consider ethics to be an exclusively human concern with no superhuman authority behind it." "I want to know how God created this world. I am not interested in this or that phenomenon, in the spectrum of this or that element. I want to know His thoughts, the rest are details." "God is subtle, but he is not malicious." "God does not play dice with the world." "Science without religion is lame, religion without science is blind” "Do not pride yourself on the few great men who, over the centuries, have been born on your earth through no merit of yours. Reflect, rather, on how you treated them at the time and how you have followed their teachings." "Nature shows us only the tail of the lion. But I do not doubt that the lion belongs to it even though he cannot at once reveal himself because of his enormous size" "Above stands the marble smile of implacable Nature which has endowed us more with longing than with intellectual capacity" "One has been endowed with just enough intelligence to be able to see clearly how utterly inadequate that intelligence is when confronted with what exists. If such humility could be conveyed to everybody, the world of human activities would be more appealing."

"Politics is a pendulum whose swings between anarchy and tyranny are fueled by perennially rejuvenated illusions." "It is a mistake often made in this country to measure things by the amount of money they cost." "Do not worry about your difficulties in mathematics; I can assure you that mine are still greater." "The more success the quantum theory has, the sillier it looks. How nonphysicists would scoff if they were able to follow the odd course of developments!" "A practical profession is a salvation for a man of my type; an academic career compels a young man to scientific production, and only strong characters can resist the temptation of superficial analysis."

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APPENDICE 4 VITA E OPERA DI FERMI Enrico Fermi è stato uno dei grandi geni universali che

dimostrano le enormi possibilità dell’uomo di comprendere e modificare la natura; al contempo ha contribuito in modo eccezionale alla rinascita della scienza in Italia lasciando attraverso i suoi

allievi un patrimonio culturale che ancora dà i suoi frutti. Il recente centenario della sua nascita è stata una occasione per ricordarne la figura e l’opera, in una vicenda umana che ha intersecato e contribuito a determinare la storia del XX secolo. Fermi nasce il 29 settembre 1901 a Roma, da una famiglia di origini piacentine priva di tradizioni scientifiche. La sua passione per le scienze naturali, e in particolare per la fisica, si sviluppa in modo del tutto indipendente, solo stimolata e guidata negli anni del liceo da un amico di famiglia, l'ingegnere Adolfo Amidei, che, riconosciute le eccezionali capacità intellettuali del giovane, ne indirizza le letture, e gli suggerisce di tentare l'esame di ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Terminati gli studi liceali a Roma, Fermi entra dunque nell'ottobre 1918 nella prestigiosa scuola pisana, presentando alla prova di ammissione un elaborato sulle caratteristiche della propagazione del suono alla cui autenticità i commissari si rifiutano inizialmente di credere, dato il livello di conoscenza della fisica e di controllo del formalismo matematico di cui vi si dà prova. Gli studi alla Normale non presentano particolari difficoltà per il giovane Fermi, che prosegue intanto l'individuale percorso di autodidatta studiando per proprio conto (sui testi originali in lingua straniera, perché nulla di tutto ciò esiste al momento in italiano) la nuova fisica che è emersa attorno alle teorie della relatività e dei quanti. Nell'Italia di quegli anni le nuove teorie scientifiche sono del tutto assenti dall'insegnamento universitario, e solo qualche matematico di prestigio e interessato alle applicazioni alla fisica, come Tullio Levi-Civita, è al corrente di quanto si sta muovendo negli ambienti internazionali più avanzati in materia di fisica teorica. Fermi si costruisce quindi da solo, tra il 1919 e il 1922, una solida competenza su tutto lo spettro delle questioni della “nuova fisica”, dalla relatività alla meccanica statistica alla teoria dei quanti nelle sue varie applicazioni, al punto che già a partire dal 1920 viene invitato dal direttore dell’Istituto di Fisica di Pisa Luigi Puccianti a tenere un ciclo di seminari sulla fisica quantistica. Ancora prima di laurearsi, Fermi pubblica i suoi primi lavori scientifici importanti, tra cui un contributo alla teoria della relatività generale in cui introduce un particolare sistema di coordinate che diventeranno note nella letteratura successiva come “coordinate di Fermi”, inizio di una lunga serie di idee scientifiche cui il suo nome resterà legato.

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A Pisa Fermi stringe amicizia con Franco Rasetti e mantiene i contatti scientifici con l’amico e compagno di studi liceali Enrico Persico. Intanto, sviluppa in parallelo alle eccezionali competenze in fisica teorica un genuino gusto per la ricerca sperimentale, acquisendo insieme a Rasetti, nel laboratorio dell’Istituto messo a loro disposizione da Puccianti, un’eccellente conoscenza delle tecniche di indagine sulla diffrazione dei raggi X. Su questo argomento svolge il lavoro per la tesi di laurea, che discute nel luglio 1922. Dopo la laurea Fermi rientra a Roma ed entra in contatto con il direttore dell'Istituto di Fisica Orso Mario Corbino. Questi riesce a far ottenere a Fermi una borsa di studio di perfezionamento all'estero, che Fermi utilizza per trascorrere sei mesi del 1923 presso l'Istituto di Max Born a Gottinga. Nonostante Gottinga sia all'epoca probabilmente la più interessante fucina delle nuove idee che di lì a poco sfoceranno nella formulazione finale della meccanica quantistica, Fermi non vi si trova particolarmente a suo agio. Giudica eccessivamente formali e vuote di senso fisico le ipotesi teoriche intorno a cui lavorano Born, Heisenberg, Jordan e Pauli, e lavora piuttosto isolato su alcuni problemi di meccanica analitica e di meccanica statistica (gli invarianti adiabatici e il problema ergodico). Molto più stimolante sul piano intellettuale, e fecondo di risultati scientifici, è per Fermi il secondo periodo trascorso all'estero un anno più tardi, grazie ad una borsa della fondazione Rockefeller. Tra il settembre e il dicembre del 1924 Fermi soggiorna a Leida, presso l'istituto diretto da Paul Ehrenfest, trovandovi un ambiente assai più congeniale con cui entra immediatamente in risonanza sul piano scientifico. Tra il 1923 e il 1925 Fermi pubblica importanti contributi alla teoria dei quanti, che troveranno il loro coronamento all'inizio del 1926 nella formulazione della statistica antisimmetrica che porta il suo nome. In questo lavoro fondamentale Fermi porta a maturazione idee che già aveva cominciato a sviluppare a Leida sulla meccanica statistica di un sistema di particelle identiche, introducendo nella descrizione la regola di selezione ipotizzata da Pauli all'inizio del 1925 (il “principio di esclusione”) in modo da costruire una soddisfacente teoria del comportamento di quelle particelle che si chiameranno da allora “fermioni”. Pochi mesi dopo, in modo indipendente, la stessa teoria sarà elaborata da Paul Adrien Maurice Dirac. Intanto le iniziative lungimiranti di Orso Mario Corbino per svecchiare il panorama della fisica italiana danno i primi frutti. Nel 1926 Corbino riesce a far mettere a concorso una cattedra di fisica teorica a Roma (la prima con questo nome in Italia), che Fermi vince installandosi all'istituto romano di via Panisperna, professore ordinario all'età di venticinque anni! Nel settembre dell'anno successivo si tiene a Como un grande convegno

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internazionale di fisica in occasione delle celebrazioni voltiane, in cui la dimostrazione, fatta da Sommerfeld e altri, della efficacia della nuova statistica quantistica per la comprensione di tutta una serie di problemi fino allora insolubili sancisce la reputazione internazionale di Fermi. All’istituto di via Panisperna comincia a raccogliersi attorno a Fermi (e a Franco Rasetti, che Corbino chiama come suo assistente all'inizio del 1927) un gruppo selezionato di giovani promettenti, a cominciare da Edoardo Amaldi e Emilio Segrè. Tra la fine degli anni venti e l'inizio del decennio successivo il gruppo dei “ragazzi di via Panisperna” si attrezza per passare dallo studio dei fenomeni di spettroscopia atomica e molecolare alle indagini sulle proprietà del nucleo atomico, che Corbino individua in un celebre discorso del 1929 come la nuova frontiera della ricerca in fisica, dopo che il consolidamento della meccanica quantistica permette di poter ritenere risolte almeno in linea di principio le questioni legate alla struttura atomica. La nuova linea di ricerca è resa possibile anche dalla crescente statura scientifica di Fermi, che trova adeguato riconoscimento a livello istituzionale. Nel 1929 Fermi è l'unico fisico designato a far parte della nuova Accademia Reale d'Italia, e nella doppia veste di Accademico d'Italia e di segretario del comitato per la fisica del CNR può in qualche misura orientare finanziamenti ed energie verso i nuovi settori di ricerca. Un momento importante in questa direzione è costituito dal primo Congresso Internazionale di Fisica Nucleare, che si tiene a Roma nel settembre del 1931, di cui Fermi è l'anima organizzatrice e l'ispiratore scientifico. Al congresso vengono posti sul tappeto i principali problemi aperti della fisica nucleare, che cominceranno a trovare soluzione a partire dall'”anno mirabile” 1932, con la scoperta del neutrone. In questa direzione Fermi dà quello che resta forse il suo principale contributo alla fisica, formulando nell'autunno del 1933 la teoria del decadimento beta. In essa Fermi riprende l'ipotesi del neutrino, avanzata già da un paio d'anni da Pauli per mantenere la validità della conservazione dell’energia nel processo, e utilizza l'idea che protone e neutrone siano due stati differenti dello stesso “oggetto fondamentale”, aggiungendo l'ipotesi radicale che l'elettrone non preesista nel nucleo prima di esserne espulso, ma venga creato, insieme al neutrino, nel processo di decadimento contestualmente alla trasformazione di un neutrone in protone “in modo analogo alla formazione di un quanto di luce che accompagna un salto quantico di un atomo”. Il tutto viene descritto adattando all'interazione responsabile del decadimento radioattivo il formalismo, messo a punto da Dirac nella teoria quantistica della radiazione, degli operatori di creazione e distruzione. È interessante notare che il lavoro, inizialmente inviato alla rivista “Nature”, fu da questa rifiutato perché “troppo astratto e lontano dalla realtà fisica”, e pubblicato in altra sede.

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Il 1934 è l'anno in cui le ricerche di fisica nucleare a via Panisperna raggiungono i risultati più sensazionali, dopo la scoperta da parte di Frédèric Joliot e Irène Curie della radioattività artificiale. Il gruppo di Fermi scopre dapprima la radioattività indotta dai neutroni, che si rivelano proiettili assai più efficaci delle particelle alfa usate nel laboratorio parigino, e in rapida successione le singolari proprietà dei neutroni lenti, mancando di poco l’individuazione del processo della fissione nucleare. Intanto, la situazione in Italia comincia a dare preoccupanti segni di deterioramento. Mentre tutti i più importanti laboratori esteri cominciano a dotarsi delle nuove macchine acceleratrici, fondamentali per produrre sorgenti controllate ed intense di “proiettili” per bombardare i nuclei, i tentativi di Fermi di ottenere i fondi necessari per la costruzione di un laboratorio nazionale per la fisica adeguatamente equipaggiato vanno incontro a ripetuti insuccessi. Per qualche anno Fermi resiste alle numerose offerte di varie università americane, ma quando nel 1938 la promulgazione delle leggi razziali minaccia direttamente la sua famiglia (la moglie, Laura Capon, è di famiglia ebrea), prende definitivamente la decisione di abbandonare l’Italia. L'occasione è offerta dalla assegnazione del premio Nobel per la fisica, per il lavoro sulla radioattività artificiale e sui neutroni lenti. Nel dicembre 1938 Fermi ritira il premio a Stoccolma e da lì si imbarca con la famiglia per gli Stati Uniti, verso la Columbia University a New York. Ufficialmente, si reca in America per tenere un ciclo di lezioni, ma gli amici sanno che non ha alcuna intenzione di ritornare. La scoperta della fissione nucleare e lo scoppio della guerra pongono drammaticamente all'ordine del giorno la questione del possibile utilizzo a fini militari dell'energia nucleare. Per la sua esperienza nella fisica dei neutroni, Fermi diventa il leader naturale del gruppo incaricato di portare a termine la prima fase del progetto che porterà alla bomba, la realizzazione di una reazione a catena autosostenuta e controllata. Il lavoro, coperto dal segreto militare, viene svolto in uno scantinato dell'università di Chicago designato col nome in codice di Metallurgical Laboratory. Nel dicembre 1942, la prima reazione di fissione a catena controllata della storia viene innescata nel reattore costruito sotto la direzione di Fermi. Parte il progetto Manhattan, in cui Fermi svolge un ruolo di primo piano, come esperto di reattori nucleari, come consulente generale sulle questioni teoriche, e infine come membro del ristretto gruppo di scienziati (oltre a Fermi ne facevano parte Robert Oppenheimer, Ernest Lawrence e Arthur Compton) incaricato di esprimere pareri tecnici sull’utilizzo dell'arma nucleare. Nell’agosto del 1944 Fermi si trasferisce stabilmente nel villaggio-laboratorio di Los Alamos, seguendo tutta la fase della messa a punto della bomba atomica, assistendo nel

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luglio del 1945 alla prima esplosione nucleare nel deserto di Alamogordo. Alla fine della guerra Fermi torna a Chicago, e ricomincia ad occuparsi di problemi di fisica fondamentale, nel mutato panorama intellettuale generato dalla scoperta delle proprietà delle nuove particelle subnucleari e dai problemi dell'elettrodinamica quantistica. In questi anni si forma intorno a lui un nutrito gruppo di studenti, tra cui figura un buon numero di futuri premi Nobel. Continua a svolgere funzioni importanti di consulente scientifico per il governo americano. Fermi, in qualità di membro del General Advisory Committee, si schiera in modo molto deciso contro lo sviluppo di ricerche per la realizzazione di un ordigno termonucleare, ma quando contro il parere suo e dei suoi colleghi vince la linea opposta sostenuta da Teller, accetta di collaborare alle ricerche, sviluppando con il matematico Stan Ulam una parte importante dell'elaborazione teorica necessaria. È nell'ambito di queste ricerche che Fermi sviluppa l'interesse per le possibilità aperte dai nuovi calcolatori elettronici, e nei primi anni cinquanta sempre in collaborazione con Ulam svolge un lavoro fondamentale e pionieristico di utilizzo del computer come strumento di simulazione per ricostruire le proprietà del comportamento di sistemi dinamici non lineari, la cui evoluzione non si è in grado di descrivere con un trattamento analitico. Fermi torna due volte in Italia. Nel 1949 partecipa ad un'importante conferenza sui raggi cosmici a Como, seguita da un ciclo di lezioni a Roma e Milano, e nel 1954 tiene alla scuola estiva della Società Italiana di Fisica a Varenna un memorabile corso sulla fisica dei pioni e dei nucleoni. Di ritorno a Chicago da questo ultimo viaggio, viene operato per un tumore maligno allo stomaco, ma sopravvive solo poche settimane all'intervento; si spegne il 29 novembre del 1954. BIBLIOGRAFIA

1- G. Gamow Biography of physics – Hutchinson (1962) 2- R.S. Cohen Physical sciences and history of physics – Reidel (1984) 3- R. Maiocchi Storia delle Scienze ..- Nuova Italia (1995)