Storia della Filosofia

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mario cina padova - 2013 Storia della Filosofia 2. I presocratici in 27 schede ____________________________________________ 17. Talete 18. Anassimandro 19. Anassimene 20. Eraclìto (1/3) 21. Eraclìto (2/3) 22. Eraclìto (3/3) 23. Pitagora e la Scuola Pitagorica (1/3) 24. Pitagora e la Scuola Pitagorica (2/3) 25. Pitagora e la Scuola Pitagorica (3/3) 26. Senòfane 27. Parmenide (1/2) 28. Parmenide (2/2) 29. Zenone 30. Gli Ionici di Mileto e i Pitagorici 31. Gli Eraclitei e la Scuola Eleatica 32. I fisici pluralisti 33. Empedocle 34. Anassagora 35. Democrito (1/9) 36. Democrito (2/9) 37. Democrito (3/9) 38. Democrito (4/9) 39. Democrito (5/9) 40. Democrito (6/9) 41. Democrito (7/9) 42. Democrito (8/9) 43. Democrito (9/9) ____________________________________________

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2. I presocratici in 27 schede

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mario cina – padova - 2013

Storia della Filosofia

2. I presocratici in 27 schede

____________________________________________

17. Talete

18. Anassimandro

19. Anassimene

20. Eraclìto (1/3)

21. Eraclìto (2/3)

22. Eraclìto (3/3)

23. Pitagora e la Scuola Pitagorica (1/3)

24. Pitagora e la Scuola Pitagorica (2/3)

25. Pitagora e la Scuola Pitagorica (3/3)

26. Senòfane

27. Parmenide (1/2)

28. Parmenide (2/2)

29. Zenone

30. Gli Ionici di Mileto e i Pitagorici

31. Gli Eraclitei e la Scuola Eleatica

32. I fisici pluralisti

33. Empedocle

34. Anassagora

35. Democrito (1/9)

36. Democrito (2/9)

37. Democrito (3/9)

38. Democrito (4/9)

39. Democrito (5/9)

40. Democrito (6/9)

41. Democrito (7/9)

42. Democrito (8/9)

43. Democrito (9/9)

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SCHEDA DI FILOSOFIA – 17 -

Talete

1. Nasce la Filosofia. Dice una frase tradizionalmente attribuita al filosofo inglese

Thomas Hobbes (1588-1679), che primum vivere, deinde philosophari (prima si pensi a

vivere, poi a fare della filosofia).

Una condizione di vita ricca e soddisfacente fu raggiunta più di due millenni fa a Mileto,

importante centro commerciale e culturale della Ionia, tant’è che i suoi abitanti avevano

tempo il tempo, e la mentalità, per fare filosofia.

E infatti proprio a Mileto nacque la Filosofia. Secondo Aristotele il primo filosofo fu

Talete (624-545 a.C. circa) a cui seguirono, sempre a Mileto, Anassimandro e

Anassimene.

La nascita della filosofia ha costituito una svolta risolutiva nel pensiero

dell’umanità che ha segnato in modo indelebile il destino

dell’Occidente e quindi del mondo intero.

I tre filosofi si impegnarono a trovare l’origine delle cose, l’origine del mondo. Questa

origine venne chiamata arché. Talete identifica l’archè nell’acqua.

2. Il ragionamento di Talete. Talete, come tutti i primi pensatori greci, non distingue

le cose in animate ed inanimate ma le considera tutte quante animate cioè dotate di vita

e chiama il tutto con il nome di realtà.

realtà = cose animate + cose inanimate

(Oggi diremmo con Einstein che “materia = energia” ed “energia = movimento”. In

questo senso, quindi, anche la materia inanimata è dotata di via).

Dunque, secondo Talete, la vita è presente in tutta la realtà:

a) vita = realtà.

Consegue che se c’è un archè nella vita lo stesso archè è presente nella realtà:

b) archè della vita = archè della realtà.

Il ragionamento di Talete, che fesso non era, continua così:

la vita dipende dall’acqua; la natura diventa fertile dopo la pioggia; i corpi sono dotati di

vita fino a quando sono impregnati di umore, ...

Ovvero dove c’è acqua c’è vita (che poi è quello che diciamo anche noi moderni).

Conclusione di Talete:

c) archè della vita = acqua

E quindi, per l’uguaglianza b),:

d) archè della realtà = acqua

2.500 anni fa, per la prima volta dalla nascita dell’uomo, l'ipotesi di

Talete, per quanto vaga e confusa, assicura un principio coerente,

razionale e reale alla genesi del mondo e supera il concetto arcaico di

una natura derivante dall’intervento divino.

Ricordiamo che Talete non rinnega gli Dei ma spiega razionalmente come gli Dei

hanno progettato il mondo.

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SCHEDA DI FILOSOFIA – 18 -

Anassimandro

1. La modernità di Anassimandro

Anassimandro, filosofo ionico (611-547/546a. C.), fu allievo di Talete e, dopo di lui, il

secondo dei filosofi. Però Anassimandro fu il primo di cui ci siano pervenuti gli scritti

(quello che sappiamo di Talete lo dobbiamo ad Aristotele), il primo ad utilizzare il termine

archè e il primo a disegnare la carta geografica del mondo conosciuto senza dimenticare

che ebbe delle intuizioni sorprendentemente moderne ed ancora attuali.

Per non farsi mancare nulla scrisse di Cosmogonia (origine del Cosmo), di Cosmologia

(descrizione del Cosmo) e della natura. Fu pure astronomo ed inventò finanche l'orologio

solare.

Insomma il Nostro era uno che si faceva notare.

2. Il ragionamento di Anassimandro

Per Anassimandro il principio delle cose, il principio della realtà, l’origine del tutto,

l’arché, non poteva essere l’acqua come pensava il suo maestro Talete. Infatti, l’acqua

era un elemento finito (limitato) e definito (determinato).

Non è possibile che da un elemento finito e definito abbiano avuto origine tutti gli altri

elementi dell’Universo, anch’essi finiti nelle dimensioni e definiti nella loro essenza e

qualità. La risposta è di tutta evidenza: l’archè non può essere che l’infinito.

Anassimandro chiamò l’infinito àpeiron che non significa aperitivo ma deriva

dal prefisso privativo a (= non) + pèras (= perimetro).

Per il Filosofo l'apeiron è dunque la mescolanza originaria indistinta, eterna e infinita di

tutte le cose ed è opposta al mondo reale che è definito nelle dimensioni e determinato

nelle qualità. L’àpeiron è immortale e indistruttibile e poiché anche gli dei lo sono,

discende che l’àpeiron è divino.

Ma come nascono le cose? L’àpeiron è animato da eterno movimento rotatorio che

produce la separazione dei contrari originariamente indistinti. Così si creano caldo e

freddo, secco e umido, .... A causa di queste separazioni si creano infiniti mondi che si

succedono in un ciclo eterno. Ad ogni mondo sono assegnati i tempi della nascita, durata

e morte secondo una legge cosmica dell’ingiustizia al pari dell’umanità che nasce, vive e

muore. La nascita crea ingiustizia perché rompe l’equilibrio dell’àpeiron.

Ricordiamo che lo stato iniziale dell’Universo è la materia infinita e indefinita (àpeiron).

Nell’unità c’è la perfezione. La nascita degli opposti, ossia della vita, rompe l’equilibrio

unitario, produce ingiustizia. L’equilibrio può essere ripristinato nella ricomposizione degli

opposti cioè con la loro sparizione e quindi con la loro morte.

Per le attuali ipotesi cosmogoniche lo stato iniziale dell’Universo, il

cosiddetto uovo cosmico, fu rotto da una inimmaginabile esplosione (big

bang) nella quale si crearono materia ed antimateria (gli opposti) e quindi il

nostro universo. Non si esclude che l’espansione dell’Universo si fermi e che

inizi un’inversione fino alla ricomposizione dell’uovo cosmico primordiale.

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SCHEDA DI FILOSOFIA – 19 -

Anassimene

1. Vita di Anassimene. Di lui si hanno poche notizie. Probabilmente nacque, a Mileto, il

586 a.C. e vi morì nel 528. Forse fu discepolo di Anassimandro e si occupò, oltre che di

filosofia, anche di astronomia e meteorologia.

Come filosofo naturalista, al pari di Talete e Anassimandro, andò alla ricerca di un

principio fisico a tutte le cose, l’arché, che ritenne di individuare nell’aria.

Sembra quindi che con lui la filosofia compia un passo indietro perché abbandona la

ricerca teorica condotta da Anassimandro (arché = àpeiron) e torna alla ricerca di un

principio materiale individuato nell’aria e non più nell’acqua come invece riteneva Talete.

Per Anassimene l'aria è il principio di tutto in quanto è principio della vita.

2. Il ragionamento di Anassimene. Anassimene è ritenuto inferiore rispetto ai due

predecessori perché non fu il primo dei Filosofi e perché compì un passo indietro rispetto

ad Anassimandro scegliendo la concretezza rispetto all’astrazione. Infatti.

a) Talete iniziò per primo la ricerca dell’arché anche se non lo chiamava con il nome di

arché;

b) Anassimandro introdusse per primo il concetto di astrazione immaginando un

elemento immaginario, l’àpeiron, come il principio del tutto;

c) Anassimene è ritornato alla fisicità trovando l’arché in un elemento concreto come

l'aria abbandonando il pensiero astratto.

Ma seguiamo il ragionamento di Anassimene.

Anassimene non si limitò a dire che l'aria era il principio di tutto, ma cercò, a differenza

di Talete con l’acqua, di spiegare il processo fisico:

egli ritenne che il processo con il quale l'aria si trasforma in tutte le altre cose era quello

della rarefazione e della condensazione.

Ricordiamo che Talete aveva dimostrato la presenza della vita nella materia inanimata

guardando al magnete ritenuto vivo in quanto attira il ferro. Allo stesso modo

Anassimene si servì della respirazione. Notò che l'aria usciva calda dalla bocca se la

bocca era larga mentre usciva fredda se la bocca era stretta. La qualità dell’aria (calda o

fredda) dipendeva dalla quantità emessa (bocca aperta o socchiusa).

Al di là di un certo livello di condensazione si ha l'acqua, e al di là di un certo livello di

rarefazione si ha il fuoco.

L'aria attraverso passaggi quantitativi può quindi trasformarsi in tutto.

Anassimene non è un filosofo brillante e forse è stato ripetitivo sia nelle

tematiche che nello stile, ma comunque è stato coerente e ha sempre

motivato coerentemente le sue asserzioni. Per primo ipotizzò che la qualità

derivasse dalla quantità, concetto poi ripreso dai Pitagorici.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 20 -

Eraclìto (1/3)

1. Eraclìto l’oscuro. Eraclìto nacque ad Efeso, presso Mileto, nel 540 a.C., e vi morì nel

476. È di famiglia aristocratica e nel suo libro “Sulla natura” traspare palesemente un

atteggiamento di disprezzo per la massa popolare e per l’umanità intera. Egli è un

filosofo difficile da comprendere tant’è che veniva spesso denominato "l'oscuro".

Aristotele considera negativa la sua qualità stilistica e Socrate afferma che per penetrare

nel senso dei suoi discorsi occorrerebbe essere dei "palombari".

Eraclìto doveva essere molto antipatico ma certamente fu un grande filosofo.

2. Filosofi e non-Filosofi. Tanto per cominciare Eraclìto divide gli uomini in due

categorie: i Filosofi e i non-Filosofi.

Filosofi sono coloro che conoscono la verità (Filosofia = Verità) in quanto sanno cogliere il

nocciolo segreto delle cose mentre i non–Filosofi, ossia la gran parte degli uomini, sono

coloro che, superficiali, sono incapaci di comprendere le leggi autentiche del mondo.

Gli uomini comuni sono i dormienti, i Filosofi sono gli svegli.

3. Panta rèi. A parere di Eraclìto tutto scorre (Panta rèi) al pari della corrente di un

fiume dove l’acqua non è mai la stessa. Tutto ciò che sembra statico, fermo, in realtà è

dinamico perché la materia cambia continuamente.

La vera forma delle cose è il divenire cosmico.

4. Il fuoco e il Lògos. Se tutto l’universo è un divenire allora anche il principio di tutto, l’arché,

deve essere un divenire e ciò non può essere che il fuoco. Infatti, il fuoco è un divenire continuo

perché è energia che si trasforma incessantemente: il fuoco si condensa e diventa acqua e poi terra

mentre la terra, rarefacendosi, si fa acqua e poi fuoco.

Per Eraclìto la razionalità dell’Universo, l’interdipendenza e l’inscindibilità degli opposti, la Ragione

cosmica, il Tutto confluisce nel Lògos.

Il Lògos è la legge universale di cui il Fuoco è soltanto il principio fisico.

5. L’unità dei contrari e L’Universo. Secondo Eraclìto i dormienti ritengono che un opposto

possa esistere senza l’altro: il bene può esistere senza il male e la vita potrebbe essere un porto

tranquillo. Ma i Filosofi sanno che questa è un’illusione e hanno compreso la legge segreta del

mondo dove i contrari esistono perché coesistono e si sostengono l’un l’altro: salute/malattia,

sazietà/fame, offesa/difesa,....

L’Universo è razionale, ha una sua logicità e si regge sulla coesistenza, sulla Unità degli opposti.

Ha torto Omero, che invoca la concordia tra gli dei e tra gli uomini, perché se la sua preghiera

venisse esaudita gli opposti cesserebbero di esistere e l’Universo sparirebbe.

L’Universo contiene l’insieme degli opposti ossia l’Unità dei contrari e quindi come Unità coincide

con Dio.

L’Universo-Dio non è stato creato, è sempre esistito ed esisterà sempre

nelle sue fasi alterne di produzione-distruzione.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 21 -

Eraclìto (2/3)

La grandezza di Eraclìto

Eraclìto è il filosofo della ricerca e con lui la ricerca filosofica chiarisce la sua natura e

i suoi presupposti. Le condizioni che rendono possibile la ricerca sono due.

Prima condizione: l'uomo deve guardare in se stesso: La ricerca interiore apre

all'uomo zone successive di profondità, che non si esauriscono mai: la ragione, la legge

ultima dell'io, appare continuamente al di là, in una profondità sempre più lontana e nello

stesso tempo sempre più intima.

La seconda condizione: la comunicazione fra gli uomini. L'uomo deve ricercare non

solo in se stesso ma anche negli altri.

Cosa accomuna il singolo agli altri?: Il pensiero, che appartiene a tutti.

Il pensiero, la ragione, l’intelligenza, il discorso, rappresenta la più profonda essenza

dell'uomo. Questa essenza costituisce il lògos.

Ogni uomo è parte dell’Universo e quindi partecipa al lògos universale che governa il

mondo mentre il lògos del singolo governa la mente del singolo.

L'uomo ha un’alternativa: essere sveglio o dormiente.

L’uomo sveglio: si apre, mediante la ricerca vigile che non si ferma alle apparenze, alla

comunicazione inter-umana, che rivela la realtà autentica del mondo oggettivo.

L’uomo dormiente: si chiude nel proprio pensiero isolato, in un mondo fittizio che non

ha comunicazione con gli altri. Il sonno è l'isolamento dell'individuo, la sua incapacità di

comprendere se stesso, gli altri ed il mondo.

Ma Eraclìto ha anche determinato qual è la legge che governa l’Universo.

La grande scoperta di Eraclìto è che l'unità del principio creatore non è un'unità identica e

non esclude la lotta, la discordia, l'opposizione.

Per intendere la legge suprema dell'essere, il lògos che lo costituisce e governa, bisogna

congiungere il completo e l'incompleto, il concorde e il discorde, l'armonico e il

dissonante, e rendersi conto che da tutti gli opposti scaturisce l'unità e dall'unità vengono

fuori gli opposti.

“La lotta è la regola del mondo e la guerra è comune generatrice e signora di

tutte le cose”.

L'armonia non è per Eraclìto la sintesi degli opposti, la conciliazione e l'annullamento

della loro opposizione; ma è l'unità che soggiace appunto all'opposizione e la rende

possibile. La tensione è un'unità (cioè un rapporto) che può esserci solo tra cose opposte

in quanto opposte. La conciliazione, la sintesi, l'annullerebbero.

L'unità propria del mondo è, secondo Eraclíto, una tensione di questo genere: non

annulla né concilia né supera il contrasto, ma lo fa essere, e lo fa intendere, come

contrasto.

Eraclìto è un filosofo tendenzialmente pessimista e amaro che ritiene sogno

o illusione ignorare la lotta e la discordia di cui tutte

le cose sono costituite e vivono.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 22 -

Eraclìto (3/3)

Il Divenire di Eraclìto nelle diverse culture

Il Divenire ha interessato tutte le culture. Riportiamo di seguito alcuni simboli che

rappresentano appunto il Divenire, il Movimento, nei diversi saperi.

Il termine svastica deriva dal sanscrito, ha diversi

significati e generalmente si intende come portafortuna.

I primi reperti risalgono al Neolitico e parecchi, risalenti all’epoca greco-romana, sono stati trovati in Italia.

Nelle culture e religioni orientali la svastica ha diversi significati; in particolare in ambito induista il simbolo

destrorso (卐) è associato con il Sole e con la ruota del

mondo che gira intorno ad un centro immobile e quindi rappresenta il perenne mutamento.

Il simbolo chiamato Tai Ji rappresenta il concetto degli opposti, appartiene alla antica filosofia cinese ed presente in due religioni, Taoismo e Confucianesimo,

secondo cui il mondo si regge su due principi: yin e yang.

Lo yin e yang sono opposti e l'uno non può esistere senza l'altro. Per esempio, il giorno non può esistere senza la

notte. Lo yin e lo yang diminuiscono e crescono, sono complementari, sono costantemente mantenuti in

equilibrio e si trasformano l'uno nell'altro.

La Triscele (Triskele o Triskell), conosciuta anche con il nome grecizzato di Triskelion, è una raffigurazione di

un essere con tre gambe. La figura fu adottata dai greci

come simbolo della Trinacria (Sicilia) ma questo simbolo è diffuso in tutta Europa. Nelle varie tradizioni mistiche e

religiose il triskell ha assunto molteplici significati tra cui il Passato, il Presente e il Futuro riuniti al centro in un

unico Grande ed Eterno Ciclo.

L’immagine raffigura il dio Indù Shiva la cui danza

cosmica è ciò tramite cui l'universo viene manifestato, preservato e infine riassorbito. Quando Shiva danza

l'Universo si dissolve e la sua energia diminuisce sempre di più fino a concentrarsi in un singolo punto, questo

punto lentamente si dissolve, lasciando solo un tenue suono, una vibrazione primitiva, di intensità sempre più

debole, che alla fine si annulla disperdendosi nel vuoto. E il vuoto rimane tale, fino al momento in cui il dio,

riprendendo la sua danza, decide di creare un nuovo

Universo ricominciando l’infinito ciclo cosmico.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 23 -

Pitagora e la Scuola Pitagorica (1/3)

1. Pitagora. Sulla vita di Pitagora si sa poco e niente. Presumibilmente nacque nel 571

a. C. a Samo, isola dell’antica Ionia, e morì nel 496 a Metaponto, allora importante città

della Magna Grecia, nel golfo di Taranto.

Pitagora fondò a Crotone una Scuola che raggiunse grande fama dal momento che

diffondeva una nuova visione della vita di tipo mistico e ascetico. La Scuola ottenne

anche un notevole potere politico.

Con Pitagora la Filosofia si sposta dalla Ionia alla Magna Grecia ed è qui che la Filosofia

compie un notevolissimo perfezionamento raggiungendo i vertici della phisis.

Ricordiamo che per primi erano stati i Filosofi della Ionia a far nascere quell’originale

movimento di pensiero che pose come oggetto di studio e di indagine la natura (esseri

animati e cose), in greco appunto physis.

Gli Ioni inventarono lo studio della natura, i Pitagorici lo perfezionarono.

2. La Scuola pitagorica. Pitagora non scrisse nulla, nemmeno quello che è passato alla

storia come il suo teorema, e neanche è possibile risalire ai singoli discepoli.

La Scuola, infatti, considerava la ricerca scientifica non un fine ma un mezzo per

raggiungere la purificazione e quindi la scienza era un bene comune a cui tutti

contribuivano e da cui tutti attingevano e questo spiega l’anonimia degli Studiosi.

La Scuola pitagorica, un vero e proprio Ordine religioso, era organizzata secondo precise

regole, gli adepti erano tenuti al segreto e quindi le conoscenze acquisite non erano

diffuse a differenza delle altre scuole filosofiche.

Gli iniziati che tradivano il segreto erano severamente puniti.

Il carattere di chiusura probabilmente contribuì all’implicazione

della Scuola in vicende politiche assai burrascose.

3. L’Arché pitagorico. I Pitagorici notarono che i fenomeni naturali erano traducibili in

rapporti numerici e rappresentabili in modo matematico.

Scoprirono leggi numeriche, dal cosmo alla gestazione, dalle stagioni alla musica per cui

dedussero che il numero è la sostanza delle cose, il principio del Tutto, l’Arché.

I Pitagorici si spinsero però a corrispondenze inesistenti tra numeri e fenomeni fino a

cedere in giochi arbitrari al limite del fantastico.

Oggi il numero è considerato un ente astratto,

per i Pitagorici fu un ente reale al pari dell’acqua per Talete.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 24 -

Pitagora e la Scuola Pitagorica (2/3)

1. La creazione scientifica della matematica. È presumibile che Pitagora abbia

attinto le sue conoscenze matematiche in Egitto ed in altri paesi orientali dove, si dice, si

sia recato. Ma egli apprese ciò che questi popoli gli potevano insegnare cioè il semplice

calcolo ripetitivo applicato a particolari fattispecie pratiche.

I Pitagorici invece svilupparono la matematica come scienza pura svincolandola dalla

pratica operativa e imponendo il rigore della dimostrazione di ogni asserzione.

I Pitagorici associavano il numero ad una grandezza geometrica tant’è che la loro

matematica può definirsi aritmo-geometria.

La dimostrazione matematica fu la norma della matematica greca e di ogni

altro sapere che si voglia organizzare scientificamente.

2. Il dualismo pitagorico. Abbiamo detto che secondo i Pitagorici il principio di tutte le

cose, l’Arché, è il numero. Ma se le cose sono numeri saranno numeri anche le cose tra

loro opposte. E poiché i numeri si dividono in pari e dispari appare logico associare i

numeri pari ad una parte dell’universo ed i numeri dispari alla parte opposta.

3 5 7

● ● ● ● ● ●

● ● ●

● ● ● ● ● ●

2 4 6

● ● ● ● ● ●

● ● ● ● ● ●

Da ciò deriva che il Pitagorismo è una Filosofia dualistica perché spiega la realtà sulla

contrapposizione di principio fra pari e dispari, fra illimitato e limitato.

I Pitagorici individuarono altre opposizioni: l’ordine, il bene, la perfezione stanno dalla

parte del dispari e del limitato mentre il disordine, il male e l’imperfezione stanno dalla

parte del pari e dell’illimitato.

Gli opposti sono conciliati dall’armonia e quindi dalla musica.

3. La crisi dell’aritmo-geometria. Se ad un numero finito corrisponde una precisa

grandezza geometrica, il Pitagorismo entrò in crisi con la scoperta dei numeri irrazionali

come ad es. la radice quadrata di 2 (=1,4142135623730950488016 ...).

Quale grandezza geometrica poteva essere associata ad un numero irrazionale? La

scoperta fu ritenuta talmente scandalosa che l’aritmetica e la geometria si separarono.

Questo fu l’esito del doloroso incontro dei Greci

con l’infinito matematico.

I numeri dispari hanno un termine (nell’esempio è il punto rosso che blocca la freccia) che ne completa

la figura, quindi hanno un limite. Consegue che il numero dispari è un’entità limitata.

limitata

I numeri pari non hanno un termine (nell’esempio

non c’è il punto rosso che blocca la freccia) che ne completa la figura, quindi non hanno un limite.

Consegue che il numero pari è un’entità illimitata.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 25 -

Pitagora e la Scuola Pitagorica (3/3)

1. L’Astronomia. I Pitagorici furono i primi a ritenere che la terra avesse forma sferica.

Infatti, la sfera, secondo le loro credenze, è un solido perfetto perché tutti i punti della

sua superficie sono equidistanti dal centro e quindi è l’immagine stessa dell’armonia.

Filolao, discepolo di Pitagora, ammise che la terra e tutti gli altri corpi celesti si

muovessero attorno a un punto centrale dell’Universo chiamato Hestia.

Ecfanto di Siracusa ritenne che la terra ruotasse attorno al proprio asse ed Aristarco fu

dell’avviso che la terra ruotasse intorno al sole.

La teoria di Aristarco fu purtroppo sommersa da quella di Aristotele e Tolomeo per cui era

il sole a girare attorno alla terra (ipotesi eliocentrica).

Per i Pitagorici l’intero universo doveva essere considerato un enorme strumento

musicale. L’idea non è poi tanto bislacca se si pensa che ...

Oggi gli scienziati hanno captato il rumore di fondo dell’universo.

2. La teoria sull’Uomo. Allo stesso modo in cui l’armonia musicale nasce dagli elementi

che compongono lo strumento, così l’anima umana risulta dalla composizione armonica

degli elementi che compongono il corpo fisico.

I Pitagorici erano sostenitori delle teorie orfiche dell'immortalità dell'anima e quindi

propugnavano la teoria della metempsicosi (reincarnazione). Quando l’uomo muore la

sua anima sopravvive e trasmigra in un altro corpo. L'anima è imprigionata nel corpo a

causa di una sua qualche colpa e continuerà a reincarnarsi finché non avrà pagato il

castigo di tale mancanza. Soltanto allora potrà finalmente congiungersi con "l'anima del

mondo", con Dio.

Contrariamente all’opinione del tempo, Alcmeone, medico di Crotone, pose l’organo della

vita spirituale dell’uomo, intelletto e mente, nel cervello e non nel cuore.

Per i Pitagorici il numero 4 era il simbolo della giustizia, essendo il primo numero uguale

al prodotto di due numeri uguali, 2 x 2, e anche la giustizia doveva cercare di restituire

"l'uguale all'uguale": ad uguali meriti uguali compensi e ad uguali colpe uguali pene.

3. Il contributo storico. Ai Pitagorici si deve la fondazione scientifica della matematica

(mathemàta = conoscenza numerica).

Inoltre ebbero l’intuizione, oggi alla base della scienza moderna, per cui la matematica è

lo strumento di interpretazione della realtà. Questa tesi passerà a Platone e da questi alla

scienza moderna.

Gli scienziati atei sono usi a dire che se Dio esistesse dovrebbe essere un matematico.

Cicerone ricorda come i Pitagorici citassero Pitagora con la frase “ipse dixit”.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 26 -

Senòfane

1. La Scuola Eleatica. Elea, oggi Ascea in provincia di Salerno, fu un'antica città della

Magna Grecia fondata da coloni greci provenienti dalla Ionia e in essa fu fondata la

Scuola filosofica detta Eleatica. Ancora oggi si discetta se il fondatore della Scuola sia

stato Senòfane o Parmenide.

La scuola Eleatica si differenzia da quella Ionica. Infatti, la Scuola Ionica aveva cercato il

Principio nella sostanza fisica delle cose (acqua, fuoco, ...) mentre la Scuola Eleatica

ritiene che le cose siano soltanto apparenza e che il Principio sia un Essere unico, eterno,

immutabile.

La realtà si può conoscere attraverso la ragione e mai attraverso i sensi.

2. Senófane, il picconatore. (570 a.C.–475 a.C.). Nacque a Colofone, polis prossima a

Mileto e Samo (Ionia), visse a lungo e fu un giramondo. Sostanzialmente egli fu un

teologo, forse il primo teologo perché affrontò il divino con la razionalità.

Egli era un ribelle, se la prese con tutti, anche con gli atleti (si chiese se fosse possibile

che erano più famosi dei sapienti), con Talete, Pitagora, Omero, Esiodo. In particolare

con Omero ed Esiodo che nei loro poemi avevano rappresentato gli dei con caratteristiche

e qualità umane (antropomorfismo). Senòfane riteneva che ci fosse una sola divinità

“che non somiglia agli uomini né per il corpo né per il pensiero”. Questa unica divinità è

l’Universo ed è eterno perché non nasce, non muore ed è sempre lo stesso.

Il Nostro era acido e tagliente. Empedocle gli fece osservare che era impossibile riuscire a

trovare un uomo sapiente. Senòfane gli rispose che “E' naturale, perché bisogna che sia

sapiente chi vuol riconoscere un sapiente”.

3. Il sapere umano. La conoscenza della divinità è incommensurabilmente superiore

rispetto a quello umano e gli uomini possono acquisire qualche certezza dopo aver

percorso un faticoso itinerario conoscitivo. Ma la divinità non aiuta gli uomini a conoscere

e questi rimangono i soli responsabili del loro sapere.

Ciò non toglie, però, che, pur nella loro notevole inferiorità, gli uomini possano acquisire

conoscenze via via migliori: "non è che in principio gli dèi abbiano rivelato tutte le cose ai

mortali; ma col tempo, ricercando, essi trovano il meglio".

La conseguenza necessaria di questa riflessione è che, procedendo per

opinioni, il sapere umano non potrà mai raggiungere certezze, ma solo, come

abbiamo già detto, opinioni (doxa) più accreditate di altre.

Per Senòfane l’arché era la Terra: “tutto viene dalla Terra; tutto ritorna alla Terra”.

Se l’Universo fosse nato significherebbe che prima non c’era e se non c’era

non poteva nascere perché dal nulla non nasce nulla.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 27 -

Parmenide (1/2)

1. Parmenide. (Elea, 515 a.C.–450 a.C.) Di lui e della sua vita non si hanno notizie

certe; forse fu discepolo di Senòfane, forse fu legislatore di Elea, forse vi fondò la Scuola

di Filosofia. Sicuramente fu autore di un’opera chiamata Poema sulla natura.

Se per Eraclìto tutto scorre, per Parmenide nulla può cambiare giacché la mutazione non

è possibile.

Dunque Eraclìto è il filosofo del “divenire” mentre Parmenide è il filosofo dell’”Essere”.

I due pensatori sono però uniti da una risoluta polemica contro il senso comune, contro

l’opinione corrente.

Eraclito critica duramente i “dormienti”, coloro cioè che si abbandonano alla opinione, che

non seguono la via rigorosa del lògos. Parmenide definisce “ciechi” coloro che si affidano

ai sensi, che non si rendono conto che l’unica via per penetrare la realtà oltre l’apparenza

è la via del pensiero.

Parmenide fece un ragionamento che comportò un enorme passo avanti verso

l'astrazione: egli notò, infatti, che tutti gli enti, ossia le cose, sono tra loro diversi, ma

hanno in comune il fatto di essere, di esistere.

Platone definì Parmenide “venerando e insieme terribile”.

2. La via della verità. L’Essere e il Non essere. Il tema costitutivo della filosofia di

Parmenide è il contrasto tra opinione (dòxa) e verità (alétheia). Per l’uomo esistono

soltanto due strade:

1. il sentiero dell’opinione, basato sui sensi, porta alla conoscenza dell’Essere apparente;

2. il sentiero della verità, basato sulla ragione, porta alla conoscenza dell’Essere vero.

La verità dice che solo l’Essere (cioè oggetti, ..., pensieri, ..., parole, ...) esiste mentre il

Non Essere, per definizione, non esiste e non può essere pensato.

Chiariamo meglio.

Il pensiero ed il linguaggio umano sono concepiti per definire l’Essere (le cose). Infatti:

a) l’Essere esiste perché lo concepisco e lo esprimo (si concretizza così il legame tra

essere, pensiero e linguaggio);

b) il Non Essere, per non esistere, non può essere concepito né espresso.

In altre parole: nel momento in cui si pensa al niente o al vuoto, questi diventano Essere

perché esistono in quanto io li penso.

Il pensiero non può essere vuoto, è sempre pensiero di qualche cosa, anche quando

questo qualche cosa è il vuoto stesso, il nulla.

Adesso si comprenderà meglio l’affermazione di Parmenide:

L’Essere è e non può non essere, il Non Essere non è e non può mai essere.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 28 -

Parmenide (2/2)

1. La logica di Parmenide. Quando Parmenide dice che “L’essere è e non può non

essere, il non essere non è e non può mai essere.”, egli formula, per la prima volta nella

storia dell’uomo, una legge fondamentale del pensiero che include il nucleo di due

principi di logica, il principio d’identità e il principio di non-contraddizione, principi

sviluppati successivamente.

Per il principio di identità se non c'è modo di distinguere due enti, allora i due enti

sono un solo ed identico ente (vedi poi G. Leibniz 1646-1716).

Il principio di non-contraddizione prevede che non possano essere validi

contemporaneamente un enunciato e il suo opposto, cioè l’enunciato ottenuto attraverso

la negazione del primo. (vedi poi Aristotele, 384-322 a.C, I. Kant, 1724-1804, Leibniz).

Applicando la sola logica, fondata sui sopraddetti principi,

Parmenide identifica gli attributi dell’Essere che viene definito:

ingenerato, imperituro, eterno, immutabile, immobile, unico, omogeneo, finito.

2. Ragione e opinione. Abbiamo già detto che Parmenide distingueva il sentiero

dell’opinione, basato sui sensi, e quindi sulle apparenze, dal sentiero della verità, basato

sulla ragione, l’unico sentiero che porta alla conoscenza dell’Essere vero.

Parmenide fu il primo filosofo ad asserire che la verità sul mondo deve essere cercata

mediante l’uso della ragione e non sulla base della percezione. Infatti, vedere, sentire,

toccare, odorare, gustare non producono verità ma soltanto opinioni.

3. Unità e molteplicità.

I primi filosofi furono immersi nella ricerca dell'elemento primordiale, il fondo di tutte le

cose, da cui tutte sono scaturite e di cui tutte sono costituite (arché). Per gli Ionici

l’arché aveva una concezione fisica (acqua, fuoco, ...), per i Pitagorici consisteva nel

numero. Parmenide supera Ionici e Pitagorici con una concezione filosofica dell'universo.

Egli osserva che l'acqua è, l'aria è, la terra è, tutto è, e quindi l'Essere è il principio delle

cose, è il vero arché.

Ma raggiunto questo concetto vero e profondo, ecco subito proporsi uno dei più assillanti

problemi della filosofia che in varie forme risorge nelle varie epoche della sua storia: il

problema dell'uno e del molteplice.

Abbiamo detto invero che la realtà dell'acqua è essere, dell'aria è essere, della terra è

essere, in che cosa dunque differiscono?

Si dirà che l'aria è un certo essere e l'acqua un certo altro essere?

Se Eraclito sostenne la molteplicità e varietà attestata dai sensi,

Parmenide nega ogni reale differenza e molteplicità e afferma che

nonostante le apparenze, realmente l'universo è un unico Essere.

Noi più prosaicamente diremmo che l’apparenza inganna.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 29 -

Zenone

1. Zenone di Elea, (489–431 a.C.). Discepolo di Parmenide, si assunse il compito di

difendere il pensiero del suo maestro. La difesa di Zenone non si basava sulla difesa

diretta del pensiero di Parmenide bensì tendeva a confutare le tesi avversarie ipotizzando

che fossero vere, applicandole ed arrivando però a conclusioni assurde.

Nasceva così quel metodo di “dimostrazione per assurdo” che, invece di

provare direttamente una data tesi, partendo da determinati principi, cerca di

provarla riducendo all’assurdo la tesi contraddittoria.

2. L'Essere di Parmenide. Secondo Parmenide l’Essere non è suddiviso in terra,

acqua, aria, persone, animali, ecc.; esso è una enorme massa sferica di sostanza

omogenea, isodensa, continua, indivisa, sempre identica, immobile, eterna. Esso riempie

tutto il cosmo e quindi costituisce il cosmo.

I nostri sensi invece percepiscono la realtà come un insieme di cose diverse come la terra, il

mare, l’aria, le persone, gli animali, gli alberi,..., cose che nascono, mutano, muoiono.

Uno degli attributi dell’Essere, secondo Parmenide, era l’unicità. L’Essere, dice il

filosofo, è Uno perché non possono esserci due Esseri come non possono esserci due

universi (la teoria dell’esistenza del multiverso è dei nostri giorni ...).

2. Una dimostrazione per assurdo. Zenone parte dall’ipotesi che ci sia più di un

Essere, ad esempio due. I due Esseri devono essere distinguibili e quindi devono essere

separati da un elemento intermedio. Ma tra l’elemento intermedio ed uno degli Esseri ci

potrà essere un altro elemento intermedio e cosi via all’infinito.

Per conseguenza un numero finito di Esseri (due) richiederebbe un numero infinito di

elementi di separazione. Ma come è possibile che esistano contemporaneamente un

numero finito ed un numero infinito? Questa è una palese contraddizione e quindi è

sbagliata l’ipotesi di partenza di due Esseri: l’Essere non può che essere uno e uno

soltanto come afferma Parmenide.

3. L’importanza di Zenone. Le dimostrazioni per assurdo di Zenone, i suoi paradossi,

hanno richiamato l’attenzione del pensiero filosofico scientifico sul problema dell’infinito,

della divisibilità, del moto, del rapporto tra fisica e matematica. Qualcuno ha definito

pseudo ragionamenti la logica di Zenone ma le sue argomentazioni costituiscono, ancora

oggi, difficili problemi di logica e di filosofia della scienza.

Bertrand Russell, logico, matematico e filosofo morto nel 1970, definisce i ragionamenti

di Zenone smisuratamente sottili e profondi e soltanto la stupidità dei filosofi venuti dopo

di lui proclamò che egli fosse null’altro che un ingegnoso giocoliere.

Zenone può a ragione definirsi come l’inventore della dialettica intesa come l’arte del

discutere chiedendo e rendendo ragione di quel che si dice allo scopo di stabilire la verità.

La dialettica è una delle più geniali scoperte dello spirito greco.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 30 -

Gli Ionici di Mileto e i Pitagorici

1. La Scuola Ionica

Fanno parte della Scuola Ionica i filosofi vissuti nella Ionia nel VI secolo a.C.

Questa Scuola si rivolge alla natura (physis) per studiare la realtà e per indagare

sull'origine unica di tutto ciò che è, cioè il principio originario di tutta la realtà, l’arché

(termine introdotto da Anassimandro). Di conseguenza i primi filosofi vennero chiamati

naturalisti.

L'arché è un elemento dotato di movimento (in quanto è segno di vita) ed ha carattere

divino e quindi la natura è un grande organismo vivente e animato.

Per Talete il principio è l'acqua, perché tutte le cose vive sono umide.

Per Anassimandro il principio è l'infinito (àpeiron, che significa indeterminato) perché,

se il principio avesse delle determinazioni, non potrebbe dare origine a cose tanto diverse

tra loro.

Per Anassimene il principio è l'aria, perché è l'elemento più mobile dell'universo e può

muoversi in tutte le direzioni.

2. La Scuola Pitagorica

Per i Pitagorici l'interesse per la matematica non appare dettato soltanto da finalità

pratiche. Per capire il mondo occorre trovare il numero, ovvero l'aspetto quantitativo

che è in esso.

Se gli Ionici si fermano alla ricerca di un principio qualitativo di unificazione della

natura, Pitagora afferma che il mondo presenta una struttura quantitativa e numerica.

Agli Ionici i Pitagorici si richiamarono per la teoria dei contrari: pari/dispari,

limitato/illimitato, uno/molteplice ecc., come espressione della contrarietà che domina

nella natura. Il numero non deve essere inteso solo in senso matematico e quantitativo,

ma anche in senso religioso e mistico: l'Uno è il principio del mondo, da cui derivano

tutte le cose, anche gli dei

L’Arché è il numero. La somiglianza fra le cose non deriva dall'acqua o dal fuoco

presente in esse, ma dal numero. Gli elementi del numero sono gli elementi di tutte le

cose: tutto l'universo è matematica.

I numeri sono cose reali, anzi la più reale delle cose, non sono entità astratte ma la

physis delle cose.

A differenza dei filosofi dell'antichità, che avevano posto la terra al centro dell'universo, il

pitagorico Filolao propose di porre al centro del cosmo un fuoco centrale, intorno al

quale ruotavano il Sole e i pianeti.

Aristarco di Samo propose di sostituire al fuoco il Sole, costituendo così il

primo modello di teoria eliocentrica della storia della scienza.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 31 -

Gli Eraclitei e la Scuola Eleatica

1. Eraclito. Eraclito distinse gli uomini tra dormienti e svegli.

Gli svegli erano i filosofi veri e propri che cercavano di vedere la realtà utilizzando la

ragione mentre i dormienti erano invece coloro che guardavano la natura facendosi

influenzare dai suoi aspetti più comuni.

Eraclito si occupò dell’essere notando che l’essere non è mai uguale a se stesso.

La natura è costituita da moltissimi enti che però sono soggetti alla corruzione e al

cambiamento, conseguentemente l’ESSERE si trasforma in NON ESSERE nel senso che

non è più quello di prima. Se l’essere è la tesi, il non essere è un’antitesi ma l’identità

resta la stessa.

Quindi questo cambiamento prese il nome di DIVENIRE (cioè cambiamento).

Il Divenire è governato dal LOGOS (ragione), che quindi assume un carattere divino.

Da una parte la realtà è un influire della vita dove tutto scorre e niente permane.

Eraclito spiegò che il divenire è dato dal principio di contraddizione in quanto evoluzione

dall’essere al non essere.

2. La Scuola Eleatica. La scuola eleatica mette in discussione tutta la filosofia

precedente dimostrando in modo efficace quanto limitato sia l’uomo.

Senòfane produce una critica rigorosa all’antropocentrismo religioso nel pensiero

greco. Il filosofo sostiene che “c’è una sola divinità, ed essa non somiglia agli uomini né

per il corpo né per il pensiero”.

Questa divinità è l’universo, un dio-tutto ed eterno; esso non nasce e non muore, è

immutabile: se nascesse allora non era; ma ciò che non è non può neanche nascere, né

può far nascere nulla.

Già in questa impostazione sia l’àpeiron di Anassimandro che la dialettica di Eraclito

vengono bocciate senza appello.

Sarà Parmenide a sviluppare questo aspetto. Secondo il filosofo esistono due vie, quella

della verità (alétheia) che si basa sulla ragione, e quella dell’opinione (dòxa) basata

sui sensi. La ragione è lo strumento del filosofo, in quanto cercatore della verità.

Ebbene, la ragione ci dice che “l’essere è, non può non essere” e viceversa. Questa tesi

basata sul principio di non contraddizione è alla base della sua critica e sembra

proprio derivare dal concetto panteistico di universo secondo Senòfane.

L’essere di Parmenide è dunque ingenerato, unico ed eterno; se nascesse ciò

implicherebbe il non essere (generandosi dal nulla); se fosse molteplice implicherebbe

intervalli di non essere; se non fosse eterno e quindi nel tempo implicherebbe il non

essere del passato e del futuro.

Zenone, effettuerà delle dimostrazioni efficaci della critica del maestro, attraverso i

paradossi.

La forza di Zenone sta nella sua dialettica, consistente l’ammettere ipoteticamente

l’affermazione dell’avversario per ricavarne conseguenze che la confutano.

La scuola eleatica mette in evidenza come esista una sfasatura tra piano logico-

matematico e piano fisico-reale; una critica potente, che porta ad una evoluzione

importante del pensiero greco.

Page 17: Storia della Filosofia

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 32 -

I fisici pluralisti

I filosofi che seguono l’Eleatismo sono detti “fisici pluralisti” in quanto ritengono che i

principi della natura siano molteplici come ad esempio le “radici” di Empedocle, i “semi”

di Anassagora e gli “atomi” di Democrito, tutti oggetti al plurale appunto.

Essi tentano la sintesi fra l'Eraclitismo e l'Eleatismo (Platone attuerà un secondo

tentativo) ovvero tra il divenire da una parte e l'essere immutabile dall'altra.

Da Eraclito e dalla scuola ionica essi accettano l'idea del divenire incessante delle cose, il

panta rei.

Da Parmenide accolgono invece il concetto dell'eternità ed immutabilità dell'Essere

“vero”.

Ma come questi filosofi conciliano le opposte affermazioni dell'eternità ed immutabilità di

fondo della natura e del divenire delle cose?

La questione è risolta genialmente introducendo nella natura sia

gli elementi (immutabili) e sia i loro composti (mutevoli).

Essi ritengono che la natura sia costituita da elementi eterni, ad esempio gli atomi, i quali

si uniscono tra di loro e danno origine a ciò che noi chiamiamo “nascita”, mentre

disunendosi provocano ciò che noi chiamiamo “morte”.

Nasce così il principio secondo cui, in natura, nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si

trasforma.

L'interpretazione secondo cui i fisici pluralisti rappresentino un tentativo di conciliare le

opposte esigenze del “divenire” e dell' “essere” risale ad Aristotele ed è divenuta classica

nella storiografia filosofica.

Qualche studioso attuale tende a respingerla, affermando che tra Eraclito e Parmenide

non c'è stata, storicamente, lotta di idee. In realtà, lo schema tradizionale:

a) spiega molto bene la continuità e lo sviluppo della problematica presocratica intorno

alla natura;

b) presuppone che, pur non essendoci stata battaglia esplicita tra Eraclito e Parmenide,

vi sia stata fra i loro discepoli.

Infatti, gli uni, gli eraclitei, parlavano del divenire e di una molteplicità dinamica di

opposti; gli altri, i seguaci di Parmenide, contestavano il movimento e la molteplicità.

Da notare che i fisici pluralisti teorizzarono per la prima volta quel modo di

concepire la meccanica della materia oggi accettata dalla fisica moderna,

ovvero una serie di elementi base che, combinati, formano tutte le

altre sostanze (mentre la permanenza dell'essere è testimoniata

dalla legge di conservazione dell'energia).

Page 18: Storia della Filosofia

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 33 -

Empedocle

1. Empedocle di Agrigento, (492–432 a.C.). Fu politico, medico, mago e

scienziato, dopo Parmenide fu il solo filosofo ad esporre le sue dottrine filosofiche

in versi.

Alla stregua di Parmenide per cui nulla può cambiare,

Empedocle ritiene che l’essere non può nascere né morire.

2. Gli elementi di Empedocle.

Empedocle vuole però spiegare l’apparenza della nascita e della morte e ritiene

che l’unione egli elementi è la nascita mentre la loro disunione è la morte. Gli

elementi (il nome elementi è dovuto a Platone, Empedocle usava il termine

radici) sono quattro e precisamente fuoco, acqua, terra e aria. Essi sono animati

da due forze opposte: Amore che tende ad unirli e Odio che tende a disunirli.

Amore e Odio sono i nomi che Empedocle dà a due forze cosmiche, di natura

divina, che si avvicendano dando luogo alle fasi del ciclo cosmico.

3. Il ciclo cosmico.

Prima fase: dominio assoluto di Amore, non c’è vita;

Seconda fase: contesa tra Amore e Odio, c’é vita;

Terza fase: dominio assoluto di Odio, non c’è vita;

Quarta fase: contesa tra Odio e Amore, c’é vita.

Dopo il ciclo ricomincia da capo.

Per Empedocle le due forze cosmiche, Amore e Odio, non coincidono con il Bene

e il Male ed è convinto, come Eraclito, che la divisione degli elementi costituisca il

mondo.

4. La conoscenza.

I quattro elementi e le due forze cosmiche sono posti anche alla base della

conoscenza umana. La conoscenza avviene con l’unione degli effluvi degli

elementi esterni con quelli interni dell’uomo.

La teoria dei quattro elementi ha permeato tutta la cultura antica

e medievale e lo stesso Freud (istinto di vita e di morte)

si richiama esplicitamente ad Empedocle.

Page 19: Storia della Filosofia

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 34 -

Anassagora

1. Anassagora (500–428 a.C.) nacque a Clazomene (Ionia) e fu il primo filosofo

a portare la filosofia ad Atene dove insegnò per trent’anni. Fu un uomo

straordinariamente dotto e amante della conoscenza.

Anassagora condivide il pensiero di Parmenide per il

quale nulla nasce e nulla perisce.

2. I semi di Anassagora.

Secondo Anassagora la nascita significa riunificazione e la morte separazione. Gli

elementi che si uniscono e si separano sono i semi (spèrmata).

I semi sono particelle piccolissime e invisibili di materia (sono infiniti e

infinitamente piccoli): ci sono i semi di oro, di pietra, di carne, di ossa, ... L’oro,

ad esempio, è costituito per la gran parte di semi di oro ma contiene anche semi

di tutte le altre sostanze e lo stesso accade per tutti gli altri corpi.

Anassagora dice che Tutto è in tutto e Tutte le cose sono in ogni cosa (nessun

elemento può esistere da solo). Una mela che io mangio diventa diverse parti del

mio corpo (carne, pelle, capelli) ma in realtà non subisce nessuna trasformazione

perché essa già contiene, anche se in piccola parte, i semi della carne, della

pelle, dei capelli. Aristotele chiama i semi omeomerie.

3. L’Intelligenza cosmica.

Esiste una forza che fa muovere i semi e li ordina. Questa forza è l’intelligenza

divina o Noùs.

La mente ordinatrice dell’universo ha sceverato i semi originariamente confusi

nel caos primordiale permettendo la formazione del nostro mondo.

4. La conoscenza.

Il principio essenziale della conoscenza è "Il simile conosce il dissimile". L'uomo

avverte le caratteristiche di un elemento solo perché viene a contatto con le sue

qualità contrarie. Se non ci fosse la gioia esisterebbe il dolore? Tali scambi sono

detti efflussi o effluvi.

Anassagora sostiene inoltre che l’umanità si sviluppa attraverso l’esperienza, la

memoria, il sapere e la tecnica.

Egli diceva, infatti, che l’uomo è il primo degli animali per il possesso e l’uso delle

mani. Capisce che il sapere può essere finalizzato tecnicamente nelle varie

attività umane; solo attraverso queste l’individuo si fa uomo dando origine alla

civiltà.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 35 -

Democrito (1/9)

1. Democrito

Una delle risposte della filosofia presocratica al problema della costituzione del

mondo fu l’atomismo. Leucippo di Mileto (sec. V a. C.) e Democrito (sec. V-IV

a.C.) tentarono di conciliare l'esigenza, già espressa da Parmenide, della

sostanziale immutabilità del reale con l'evidente mutamento continuo delle cose

e perciò ammisero che la realtà constasse di parti indivisibili, immutabili e

indistruttibili, diverse per forma e dimensioni, (a-tomi) e che queste,

combinandosi in vario numero e modo, dessero luogo agli oggetti complessi

mutabili di cui abbiamo esperienza quotidiana. Il mutamento derivava dalla

continua aggregazione e disaggregazione degli atomi, che, in quanto tali,

restavano sempre gli stessi. Non si conosce quasi niente di Leucippo e pertanto il

suo pensiero è assorbito in quello del discepolo Democrito. Questi nacque ad

Abdera (460 a.C.) e morì centenario. Cresciuto tra gli agi rinunciò ad una parte

dei suoi averi per dedicarsi agli studi e ai viaggi (Egitto, Etiopia, India). Egli

stesso dice: “Io sono, tra i miei contemporanei, quello che ha percorso la

maggior parte della Terra, facendo ricerca delle cose più strane; e vidi cieli e

terre numerosissime; e udii la maggior parte degli uomini dotti ...“.

Ad Atene venne a contatto con la cultura sofistico-socratica che arricchì le sue

conoscenze enciclopediche. Democrito incarnò la figura del sapiente

completamente assorto nella speculazione.

2. Rilevanza dell'atomismo.

Con l'atomismo ci troviamo di fronte ad una delle più vaste sintesi del pensiero

greco e ad una filosofia di grande peso storico. Di solito Democrito viene

presentato insieme agli ultimi presocratici (Empedocle ed Anassagora) anche se

è piuttosto un post-socratico in quanto contemporaneo non solo di Socrate, ma

anche dei suoi primi discepoli, ad esempio di Platone.

Infatti, l'atomismo sebbene sia prevalentemente dominato dal problema della

natura (ricerca appannaggio dei presocratici), si mostra aperto anche ai problemi

della morale, della storia, del linguaggio ecc., manifestando una tendenza

enciclopedica che risente della nuova cultura di tipo sofistico-socratica (filosofi

socratici).

Ancorché trascurato il pensiero di Democrito è importante per la

storia del pensiero filosofico e del pensiero scientifico tanto che egli è

considerato il primo filosofo greco a porsi “sulla direzione della strada

maestra della scienza occidentale moderna”.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 36 -

Democrito (2/9)

1. Democrito e la scuola eleatica.

Ricordiamo che secondo Parmenide esistono due vie, quella della verità

(alétheia) che si basa sulla ragione, e quella dell’opinione (dòxa) basata sui

sensi. Ebbene la distinzione eleatica fra apparenza e realtà rivive in tutta la sua

forza anche nell'atomismo. Democrito, sulla scia di Parmenide ritiene che l'occhio

del filosofo, spingendosi oltre la scena del mondo, debba cercare di raggiungere

la realtà “autentica” delle cose, conscio che “la verità dimora nel profondo”.

Questa convinzione si traduce in un'antitesi fra la conoscenza sensibile (cioè alla

portata dei nostri sensi), detta “oscura”, e la conoscenza razionale (ossia della

nostra ragione) detta “genuina”. Infatti, mentre i sensi si limitano a vagare alla

superficie delle cose, la conoscenza intellettuale riesce a cogliere l'essere vero del

mondo: gli atomi, il vuoto e il loro movimento.

2. Originalità di Democrito.

Mentre negli Eleati sensazione e pensiero rimangono divisi in due tronconi

incomunicabili, in Democrito sensibilità ed intelletto, esperienza e ragione, si

trovano in un rapporto di reciproca continuità ed implicanza. Infatti, secondo

l'atomismo, la conoscenza:

a) parte dalla constatazione delle cose attraverso i sensi;

b) si sviluppa mediante una libera elaborazione intellettuale e logica dei dati;

c) perviene ad una teoria che “spiega” ciò che i sensi si limitano a “mostrare”.

Questo non significa che in Democrito vi sia già lo schema metodologico della

scienza moderna. Anche negli atomisti il momento razionale della ricerca

sopravanza il momento sperimentale, in quanto in essi manca la nozione

galileiana di esperimento. Ciò non toglie che in Democrito si instauri una

collaborazione più stretta fra i sensi e il pensiero come testimoniato da Sesto

Empirico, il quale ci dice che gli atomisti, partendo dai dati “visibili” della

percezione, si aprono uno spiraglio su quelli “invisibili” dell'intelletto (= gli

atomi). Di conseguenza, diversamente dal razionalismo estremo degli Eleati,

secondo cui la ragione, senza tenere conto dei dati forniti dai sensi, anzi

ignorandoli, può arrivare a conoscere la verità.

l'atomismo ritiene che il compito dell'intelletto consista nel “dar

ragione” di ciò che i sensi si limitano ad attestare.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 37 -

Democrito (3/9)

1) Essere e non-essere per gli atomisti.

Con gli atomisti abbiamo una sorta di “fisicizzazione” del binomio eleatico di

essere e non-essere. Infatti, essi identificano l'essere con il pieno e il non-essere

con il vuoto. Il pieno è la materia, il vuoto è lo spazio in cui essa si muove.

La realtà: essere pieno = materia

non-essere vuoto = spazio

2) Gli atomi.

La materia è a sua volta costituita da un insieme di atomi, cioè di particelle

indecomponibili (secondo l'etimologia stessa di “a-tomo”, che in greco significa

“non-divisibile”). Ma come sono giunti, questi filosofi, all'idea dell'atomo? Non

certo su base sperimentale in senso moderno, essendo del tutto privi di

strumenti scientifici appropriati.

Il loro concetto è il frutto di una deduzione o postulazione razionale, che discende

da una riflessione sulla problematica della divisibilità all'infinito sollevata da

Zenone. Contro quest'ultimo, gli atomisti affermano che la divisibilità vale solo in

campo logico-matematico, ma non in quello reale.

Invero non è assolutamente possibile pensare di dividere all'infinito la realtà

materiale manifestata dai sensi, perché altrimenti, a furia di dividere la materia,

la realtà si dissolverebbe nel nulla e quindi dalla materia si passerebbe alla non-

materia.

Ma se al fondo della natura vi fosse il nulla, non si capirebbe come sarebbe

possibile il percorso inverso ossia come sarebbe possibile che dal nulla nasca la

materia.

Di conseguenza, secondo Democrito, se si vuole spiegare razionalmente ciò che

appare, si è obbligati ad ammettere che esistano dei costituenti ultimi della

materia, ossia delle particelle minime non ulteriormente decomponibili.

Per cui, dividere un pezzo di materia può solo voler dire separare gli

atomi che lo compongono, ma non certo dividere i singoli atomi.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 38 -

Democrito (4/9)

1. Il movimento degli atomi

Secondo Democrito il movimento delle particelle materiali si configura come un

loro volteggiare caotico in tutte le direzioni simile al moto del pulviscolo

atmosferico che si vede grazie ai raggi solari.

Come si può notare, tutta la teoria atomistica implica il postulato del

movimento originario degli atomi, pensati come semoventi.

Democrito ritiene che la materia abbia in se stessa la sua

causa motrice e che il movimento sia una proprietà

strutturale, e quindi eterna, di essa.

Di conseguenza, in Democrito il problema della causa del movimento non si pone

affatto, in quanto, all'interno del suo sistema, non ha senso chiedersi la causa del

movimento della materia, poiché data la materia ne segue il movimento, o

meglio, materia = movimento.

Il pensiero di Democrito è sorprendentemente “moderno” in quanto riferisce di

caos molecolare e di equivalenza tra massa (materia) ed energia (movimento).

Bisogna aspettare la fisica del ‘900 per arrivare alle conclusioni scientifiche

anticipate dal grande Filosofo.

Certo le sue congetture non avevano nessun fondamento scientifico e tuttavia

non si può non rimanere meravigliati di fronte alla potenza della ragione del

Greco.

2. L'infinità dei mondi

Analogamente alla Fisica, Democrito ebbe intuizioni geniali in Astronomia

presagendo l’infinità dei mondi.

Poiché gli atomi sono infiniti ed infinite sono le loro possibilità di combinazione,

egli ritenne che vi siano infiniti mondi che perpetuamente nascono e muoiono.

Esisteranno ad esempio mondi senz'acqua, e quindi privi di esseri viventi; oppure

mondi con più soli e con più lune, ma anche mondi analoghi al nostro.

Anche l'universo, preso nella sua totalità, risulta spazialmente infinito, poiché

non è pensabile ad un limite oltre il quale non si possa procedere.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 39 -

Democrito (5/9)

Materialismo, ateismo, meccanicismo. La sostanza materiale complessiva

dell'universo è eterna come il movimento. Essa non può né aumentare né diminuire,

perché altrimenti implicherebbe una creazione dal nulla o una dissoluzione nel nulla,

urtando contro il postulato eleatico, e atomista, secondo cui nulla viene dal nulla e

nulla toma al nulla.

Se per materialismo filosofico si intende la concezione secondo cui la materia

(insieme con il vuoto) costituisce l'unica sostanza e l'unica causa delle cose,

l'atomismo rappresenta la prima e radicale forma di materialismo dell'antichità.

Connesso a tale materialismo è l'ateismo.

Pur ammettendo in qualche modo gli dèi, Democrito ritiene che alla base del mondo

non vi sia alcuna Intelligenza (contro la teoria di un Noús ordinatore di Anassagora.

Parte integrante di tale materialismo ed ateismo è il meccanicismo.

Si dice finalistico o teleologico il metodo che spiega la realtà con le nozioni di

“fine”, “scopo”, “progetto divino” ecc.

Si dice meccanicistico o naturalistico il metodo che spiega le cose in virtù delle

“cause” naturali” che le producono, indipendentemente dallo scopo.

Per il finalismo comprendere un oggetto significa dunque chiedersi: “per

quale scopo o progetto esiste o funziona in quel modo?”.

Per il meccanicismo spiegare un oggetto significa invece chiedersi: “in

virtù di quale causa o legge di natura esiste o funziona in quel modo?”.

Ritenendo che le uniche realtà del mondo siano la materia, il movimento e le loro

leggi, gli atomisti sono stati i primi a voler interpretare la natura con la sola natura,

contrapponendo il concetto filosofico di “necessità meccanica” alle nozioni popolari di

“volontà degli dèi” o alle nozioni empedoclee ed anassagoree, giudicate ancora semi

mitiche, di “Amore e Discordia” e di “Noùs.

Il meccanicismo atomistico è pure, da quanto si è detto, un esempio di casualismo,

ossia di una teoria per la quale tutto ciò che avviene nell'universo presuppone un

sistema ben preciso di cause che lo abbia prodotto.

Per Leucippo: “nulla si produce senza ragione, ma tutto avviene per un

motivo ed in forza della necessità”.

Poiché alla base del mondo non esiste nessuna Forza intelligente e nessun progetto,

Democrito, afferma che tutto ciò che esiste è il frutto del caso e della necessità e

quindi il cosmo, pur essendo il frutto di cause naturali ben precise, opera al di fuori di

ogni programmazione o predeterminazione qualsiasi.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 40 -

Democrito (6/9)

Democrito e la scienza. Come si può notare, l'atomismo ha elaborato dottrine

e schemi di pensiero di rilevanza scientifica.

1°. In virtù di Democrito si è intuita, e tenuta viva attraverso i secoli, l'idea della

costituzione atomica della materia, che più tardi verrà ripresa, su base

sperimentale, dalla scienza.

2°. Democrito ha concepito la teoria secondo cui, per studiare adeguatamente la

natura, non bisogna chiedersi “lo scopo” dei fenomeni, bensì la loro “causa”,

difendendo così quella maniera causalistica di pensare che si identifica ancor oggi

con il metodo stesso della scienza. Come chiarisce ancora Bertrand Russell:

“Quando chiediamo “perché” riguardo ad un fatto, possiamo intendere ...”a quale

scopo sarà accaduto tale evento?” oppure: “Quali precedenti circostanze lo hanno

causato?”. La risposta alla prima domanda è una spiegazione teleologica, ossia

una spiegazione per mezzo delle cause finali; la risposta alla seconda domanda è

una spiegazione meccanicistica.... Gli atomisti posero la domanda meccanicistica

e dettero una risposta meccanicistica. I loro successori, fino al Rinascimento, si

interessarono di più alla domanda teleologica, e così spinsero la scienza in un

vicolo cieco.

3°. Democrito ha ritenuto che lo scienziato non debba prendere in

considerazione la qualità delle cose, bensì la loro struttura quantitativa e quindi

le loro proprietà oggettive, anticipando in tal maniera un tipico modo di

procedere della fisica moderna (si noti come l'idea secondo la quale i composti

materiali dipendono dalla configurazione e dai rapporti quantitativi fra gli atomi

fa di lui un lontano precursore delle formule di struttura della chimica moderna).

4°. In conseguenza dei punti precedenti, Democrito ha ridotto la natura a

oggettività meccanica, con l'esclusione di qualsiasi elemento mitico e

antropomorfico.

5°. Democrito ha sostenuto l'idea della pluralità dei mondi, elaborando un

modello di universo alternativo a quello aristotelico-tolemaico, fermo all'idea che

l'unico mondo esistente sia quello in cui viviamo.

6°. Riducendo la natura a pura oggettività meccanica, Democrito ha preparato la

via alla separazione tra scienza e filosofia, pur non sconoscendo il metodo

scientifico.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 41 -

Democrito (7/9)

1. L'anima e la conoscenza. Coerentemente con la sua visione dell'universo,

Democrito applica pure il modello materialistico all'uomo. Egli sostiene che

l'anima risulta anch'essa corporea, perché fatta di atomi “psichici”, di natura

ignea, mobile e sottile. L'anima è diffusa in tutto il corpo e le sue differenti

operazioni hanno sede in parti differenti del corpo.

Ad esempio il pensiero risiede nel cervello ed è quindi soggetto alle condizioni

fisiche che si verificano nell'organismo.

2. Ragione e comportamento. La morale di Democrito ha un tono elevato e si

esprime in sentenze, degne di quelle di Socrate. Fin dall'antichità, ciò ha

“stupito” parecchi studiosi fermi al pregiudizio secondo cui al materialismo in

metafisica debba per forza corrispondere l'edonismo in morale (dottrina secondo

cui l'unico ideale della vita sono i piaceri dei sensi).

La morale di Democrito è una forma di razionalismo morale, che

elegge la ragione a giudice e guida dell'esistenza e fa

dell'equilibrio e della misura il supremo ideale della condotta.

Per Democrito il bene più alto è la felicità, però questa non risiede nelle vanità

mondane, ma nell'interiorità dell'anima. Non sono la gloria e gli averi che

rendono felici, ma solo la giustizia e la ragione in quanto “fama e ricchezze senza

mente non sono beni utili”. Per gli uomini la gioia spirituale nasce dalla misura e

dalle proporzioni: “se si passa la misura, anche la cosa più gradevole ti diventa

sommamente sgradevole”.

L'etica del dovere è fondata sul “rispetto” verso se stessi: “Non devi aver rispetto

per gli altri uomini più che per te stesso, né agir male quando nessuno lo sappia

più che quando lo sappiano; ma devi avere per te stesso il massimo rispetto e

imporre alla tua anima questa legge: non fare ciò che non si deve fare”; “Il bene

non sta nel non compiere ingiustizie, ma nel non volerle”; “Una vita cattiva e

insipiente non è un vivere male, ma un lungo morire”; “Colui che fa ingiustizia è

più infelice di chi la soffre”. Un altro aspetto notevole dell'etica di Democrito è il

cosmopolitismo. “Per l'uomo saggio - egli dice - tutta la terra è praticabile,

perché la patria dell'anima eccellente è tutto il mondo”. Egli riconosce tuttavia il

valore dello stato e dice che niente è preferibile a un buon governo, giacché il

governo abbraccia tutto: se si mantiene, tutto si mantiene; se cade, tutto

perisce. E dichiara di preferire il vivere povero e libero in una democrazia,

piuttosto che ricco e servo in un'oligarchia.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 42 -

Democrito (8/9)

1. L'anticonformismo etico di Democrito

L'aspetto più importante dell’etica democritea risiede nel tentativo di

fondare la morale sull'interiorità della persona anziché

sui costumi della polis.

Analogamente a quanto avviene in Socrate, in Democrito il singolo rivendica una

sua autonomia critica nei confronti della società, o meglio dei modi di vita

correnti, proclamando la ragione ad unica guida del suo comportamento.

Non sembra pertinente vedere nell'etica democritea soltanto una manifestazione

di “individualismo”. Infatti, il carattere anticonformistico della morale e della vita

di Democrito esprime anche una tenace difesa dei valori della conoscenza, che si

concretizza in una rottura esplicita con un mondo basato sui valori del corpo, del

potere, della ricchezza e della violenza.

Una testimonianza ci dice ad esempio che egli preferisse trovare una sola

dimostrazione che divenire imperatore dei Persiani. Anche il rifiuto democriteo

del matrimonio e dei figli va interpretato in quest'ottica adeguata, in quanto

esprime la ricerca di quella libera disponibilità dell'uomo a se stesso che rende

possibile una totale dedizione al sapere.

E di ciò furono consapevoli gli antichi, i quali ammirarono questo filosofo per

l'eccezionale sete di sapere e la rara coerenza di vita.

2. La civiltà, il linguaggio e la religione. Nell'atomismo troviamo anche talune

riflessioni sulla civiltà, il linguaggio e la religione. Democrito, procedendo oltre

il mito, scruta attentamente l'origine della civiltà ed arriva a importanti

conclusioni prima trascurate dalla storiografia tradizionale.

Le conclusioni sono importanti perché:

1) rompono l'involucro mitico attraverso cui gli uomini avevano celato a se stessi

l'origine della civiltà;

2) fanno dell'uomo, delle sue tribolazioni e dei suoi sforzi, il soggetto della storia,

riconoscendolo al posto degli dèi, come artefice del proprio destino;

3) mostrano come la civiltà non sia il prodotto di una “decadenza” da una felice

età dell'oro, ma il risultato di una difficile “conquista” a partire da uno stato di

ferinità e disagio;

4) rispecchiano la concezione della storia come progresso da parte della cultura

ateniese del V secolo e dei ceti attivi che la stimolano e sostengono.

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SCHEDA DI FILOSOFIA - 43 -

Democrito (9/9)

1. “L’enciclopedismo” democriteo. Oltre agli argomenti citati, Democrito si è

occupato di moltissime altre questioni tanto che rappresenta una delle menti più

universali della filosofia antica. Il suo pensiero costituiva, infatti, una vera e

propria “enciclopedia del sapere”, che spaziava dalla matematica alla musica,

dalla biologia alla pittura, dalla medicina all'astronomia. Questa ricchezza di

visuale spiega pure come la sua filosofia possa venir considerata una

rielaborazione originale di tutto il sapere presocratico, con aperture alla

contemporanea problematica di tipo sofistico-socratico.

Per questa vastità di orizzonti Democrito è da porsi oggettivamente

accanto alle grandi sintesi filosofiche di Platone e di Aristotele, nei cui

confronti rappresenta una radicale “alternativa” di mentalità, di

metodi e di visione complessiva delle cose.

2. Democrito nella storia. L'atomismo è una delle filosofie più amate e odiate

della storia. Guardato con ammirazione da un lato e disprezzato dall'altro, esso

ha conosciuto una vicenda culturale assai significativa. L'atomismo ha subito ben

presto l'opposizione di Platone che lo ignora completamente e di Aristotele che, a

differenza di Platone, cita spesso gli atomisti manifestando un analogo e totale

dissenso, concependo il proprio pensiero come antitesi radicale ad essi.

Invece Epicuro riprenderà la dottrina democritea, rielaborando l'atomismo nelle

sue varie parti. Lucrezio nel De rerum natura esporrà in versi la visione

atomistica dell'essere.

Con il trionfo del Cristianesimo, l'atomismo verrà letteralmente “censurato” e

apparirà, ancor più della Sofistica, il “filone eretico” della cultura occidentale. In

esso si scorgerà, infatti, la filosofia atea per eccellenza. Soltanto con il

Rinascimento e l'età moderna l'atomismo sarà riscoperto e rivalutato e tornerà

ad ispirare filosofi e scienziati. Il nostro secolo ha compreso la rilevanza

oggettiva dell’atomismo.

B. Russell scrive: “Il mondo degli atomisti rimane logicamente possibile ed è più

vicino al mondo reale di quanto non lo sia il mondo di ogni altro filosofo antico”.

L. Geymonat afferma: “L'atomismo di Democrito, ripreso poi - se pure

sostanzialmente modificato - da Epicuro, costituisce il patrimonio più prezioso

che i Greci trasmisero, nel campo delle interpretazioni generali della natura, alle

epoche successive, ed ebbe una funzione determinante, nel XVI e XVII secolo,

per la formazione della scienza moderna”. E secondo K. Popper: “benché il

nome di Democrito sia raramente ricordato, la sua scienza al pari della sua

morale vive ancora con noi”.