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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO Docente Prof. Scuccimarra Lezione n. 1 II SEMESTRE A.A. 2012-2013

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 1

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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STORIA COSTITUZIONALE

I linguaggi politici della Modernità

Il linguaggio del repubblicanesimo

Il linguaggio della ragion di Stato

Il linguaggio dell’economia politica

Il liguaggio del giusnaturalismo

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STORIA COSTITUZIONALE

Il linguaggio del giusnaturalismo

Potere sovrano

Contratto

Individui liberi ed eguali

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STORIA COSTITUZIONALE

Il linguaggio del giusnaturalismo

…un dispositivo logico che prevede alla base gli

individui con i loro diritti e, proprio per la

salvaguardia di questi ultimi, un potere legittimo

da tutti voluto , che emani quelle leggi che, valide

per tutti e rese efficaci da una forza comune,

permettano la coesistenza pacifica degli uomini.

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STORIA COSTITUZIONALE

Il linguaggio del giusnaturalismo

Eguaglianza

Libertà

(indipendenza della volontà)

Potere (prodotto della volontà di tutti)

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STORIA COSTITUZIONALE

Il linguaggio del giusnaturalismo

Logica della rappresentanza politica:

riconoscere come propria la volontà di

un altro

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 2

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Chiedetevi innanzi tutto, Signori, che cosa intendano oggi con la

parola libertà un inglese, un francese, un abitante degli Stati Uniti

d’America. Il diritto di ciascuno di non essere sottoposto che alle

leggi, di non poter essere né arrestato, né detenuto, né messo a

morte, né maltrattato in alcun modo a causa dell’arbitrio di uno o

più individui. Il diritto di ciascuno di dire la sua opinione, di

scegliere la sua industria e di esercitarla, di disporre della sua

proprietà e anche di abusarne; di andare, di venire senza doverne

ottenere il permesso e senza render conto delle proprie intenzioni

e della propria condotta…

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Il diritto di ciascuno di riunirsi con altri individui sia per

conferire sui propri interessi, sia per professare il culto che

egli e i suoi associati preferiscono, sia semplicemente per

occupare le sue giornate o le sue ore nel modo più conforme

alle sue inclinazioni, alle sue fantasie. Il diritto, infine, di

ciascuno di influire sulla amministrazione del governo sia

nominando tutti o alcuni dei funzionari, sia mediante

rimostranze, petizioni, richieste che l’autorità sia più o meno

obbligata a prendere in considerazione…

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Paragonate ora a questa libertà quella degli antichi.

Essa consisteva nell’esercitare collettivamente ma direttamente

molte funzioni dell’intera sovranità, nel deliberare sulla piazza

pubblica sulla guerra e sulla pace, nel concludere con gli stranieri i

trattati di alleanza, nel votare le leggi, nel pronunciare i giudizi;

nell’esaminare i conti, la gestione dei magistrati, nel farli

comparire dinanzi a tutto il popolo, nel metterli sotto accusa, nel

condannarli o assolverli. Ma se questo era ciò che gli antichi

chiamavano libertà, essi ritenevano compatibile con questa libertà

collettiva l’assoggettamento completo dell’individuo all’autorità

dell’insieme…

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Non trovate presso di loro alcuno dei godimenti che abbiamo visto

far parte della libertà dei moderni. Tutte le azioni private sono

sottoposte a una sorveglianza severa. Nulla è accordato

all’indipendenza individuale né sotto il profilo delle opinioni, né

sotto quello dell’industria, né soprattutto sotto il profilo della

religione. (…) Nelle cose che a noi sembrano più utili l’autorità

del corpo sociale si interpone e impaccia la volontà degli

individui. (…) L’autorità si intromette anche nelle relazioni più

intime. (…) Le leggi regolano i costumi e poiché i costumi

concernono tutto non v’è nulla che le leggi non regolino.

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Così presso gli antichi l’individuo, sovrano quasi abitualmente negli

affari pubblici, è schiavo in tutti i suoi rapporti privati. Come cittadino

egli decide della pace e della guerra; come privato è limitato, osservato,

represso in tutti i suoi movimenti; come parte del corpo collettivo

interroga, destituisce, condanna, spoglia, esilia, manda a morte i suoi

magistrati o i suoi superiori; come sottoposto al corpo collettivo può a

sua volta essere privato della sua condizione, spogliato delle sue

dignità, bandito, messo a morte dalla volontà discrezionale dell’insieme

di cui fa parte. Presso i moderni, al contrario, l’individuo, indipendente

nella sua vita privata, persino negli Stati più liberi non è sovrano che in

apparenza. La sua sovranità è limitata, quasi sempre sospesa; e se, a

epoche fisse ma rare nelle quali è pur sempre circondato da precauzioni

e ostacoli, esercita questa sovranità, non lo fa che per abdicarvi.

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

(…) Noi non possiamo più godere della libertà degli antichi che si

fondava sulla partecipazione attiva e costante al potere collettivo. La

nostra libertà deve fondarsi sul pacifico godimento

dell’indipendenza privata. La parte che nell’antichità ciascuno aveva

nella sovranità nazionale non era affatto, come lo è oggi, una astratta

supposizione. La volontà di ciascuno aveva un’influenza reale:

l’esercizio di questa volontà era un piacere vivo e ripetuto. Di

conseguenza gli antichi erano disposti a fare molti sacrifici per

conservare i loro diritti politici e la loro partecipazione

all’amministrazione dello Stato. Ciascuno sentiva con orgoglio tutto

quello che valeva il suo suffragio e trovava, in questa coscienza

della sua personale importanza, un ampio consenso.

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Questo compenso non esiste più oggi per noi. Perduto nella

moltitudine, l’individuo non avverte quasi mai l’influenza che esercita.

Mai la sua volontà si imprime sull’insieme, niente prova, ai suoi occhi,

la sua cooperazione. L’esercizio dei diritti politici ci offre dunque ormai

soltanto una parte dei godimenti che vi trovavano gli antichi e in pari

tempo i progressi della civiltà, la tendenza commerciale dell’epoca, la

comunicazione dei popoli fra loro hanno moltiplicato e variato

all’infinito i mezzi della felicità privata.

Ne segue che dobbiamo essere attaccati assai più degli antichi alla

nostra indipendenza individuale; perché gli antichi, quando

sacrificavano questa indipendenza ai diritti politici, sacrificavano il

meno per ottenere il più; mentre facendo lo stesso noi daremmo il più

per ottenere il meno.

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B. Constant, Discorso sulla libertà degli antichi

paragonata a quella dei moderni (1819)

Il fine degli antichi era la divisione del potere

sociale fra tutti i cittadini di una stessa patria: era

questa che essi chiamavano libertà. Il fine dei

moderni è la sicurezza dei godimenti privati; ed

essi chiamano libertà le garanzie accordate dalle

istituzioni questi godimenti…

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 3

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito

(1806-7), Prefazione:

…Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto

mercé l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende

dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma

altrettanto decisamente come soggetto (…), ciò che è poi lo stesso,

è l’essere che in verità è effettuale, ma soltanto in quanto la

sostanza è il movimento del porre se stesso, o in quanto essa è la

mediazione del divenir-altro-da-sé con se stesso (…). Il vero è il

divenire di se stesso, il circolo che presuppone e ha all’inizio la

propria fine come proprio fine, e che solo mediante l’attuazione e

la propria fine è effettuale.

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G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito

(1806-7), Prefazione:

(…) Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto

l’essenza che si completa mediante il suo

sviluppo. Dell’Assoluto si deve dire che esso è

essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò

che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua

natura, nell’essere effettualità, soggetto o divenir-

se-stesso.

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G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito

(1806-7), Prefazione:

(…) Che il vero sia effettuale solo come sistema,

o che la sostanza sia essenzialmente Soggetto, ciò

è espresso in quella rappresentazione che enuncia

l’Assoluto come Spirito – elevatissimo concetto

appartenente all’Età moderna e alla sua religione.

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G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche

in compendio (1817):

Aufheben ha nella lingua un doppio senso: quello di conservare e

quello di far cessare, di porre un termine. Conservare ha

d’altronde un significato negativo, cioè per conservare qualcosa

bisogna che gli si tolga la sua immediatezza, che gli si sopprima la

sua esistenza, così che essa è sottomessa alle condizioni esterne.

In questo modo ciò che viene soppresso è nello stesso tempo

conservato, avendo perso solo la sua esistenza immediata, senza

essere per questo annientato. Sul piano semantico, le due

determinazioni di aufheben possono essere considerate significati

della stessa parola. E’ sorprendente che una lingua sia giunta a

usare una sola parola per due significati opposti.

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G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche

in compendio (1817):

(…) Una cosa è soppressa (superata) nella

misura in cui essa è realizzata in unità con il

suo opposto: in questa determinazione, la

Cosa superata appare come riflessa e può

essere designata come «momento»…

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G.W.F. Hegel, Scienza della logica (1812-16):

(…) La contraddizione (…) è la radice di ogni movimento e

vitalità; qualcosa si muove, ha un istinto e un’attività, solo in

quanto ha in se stesso una contraddizione. (…) La comune

esperienza riconosce che si dà una quantità di cose

contraddittorie, di contraddittorie disposizioni, ecc., la cui

contraddizione non sta semplicemente in una riflessione esteriore,

ma in loro stesse. E la contraddizione non è poi da prendere

semplicemente come un’anomalia che si mostri solo qua e là, ma è

il negativo nella sua determinazione essenziale, il principio di ogni

muoversi, muoversi che non consiste se non in un esplicarsi e

mostrarsi della contraddizione…

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Il sistema filosofico di Hegel:

Logica Idea in sé e per sé=

Puro pensiero (tesi)

Filosofia della natura Idea fuori di sé=

Natura (antitesi)

Filosofia dello spirito Idea che ritorna in sé=

Spirito (sintesi)

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Il sistema filosofico di Hegel:

Logica Dottrina dell’essere

Dottrina dell’essenza

Dottrina del concetto

Filosofia della natura Meccanica

Fisica

Organica

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Il sistema filosofico di Hegel:

Filosofia dello Spirito

Spirito soggettivo Antropologia

Fenomenologia

Psicologia

Spirito oggettivo Diritto

Moralità

Eticità

Spirito assoluto Arte

Religione

Filosofia

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Il sistema filosofico di Hegel:

Famiglia

Eticità Società civile

Stato

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G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto (1821):

Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire

che esso è il fine, e quelli sono i suoi strumenti.

Peraltro tale rapporto generale di fine a mezzo

non è in questo caso adeguato. Lo Stato non è

infatti una realtà astratta che si contrapponga ai

cittadini; bensì essi sono momento come nella

vita organica, in cui nessun membro è fine e

nessuno è mezzo, (§ 258 A)

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La filosofia della storia

L’astuzia della ragione

Si può chiamare astuzia della ragione il fatto che

quest’ultima faccia agire per sé le passioni e che quanto

le serve da strumento per tradursi in esistenza abbia da

ciò scapito e danno… (Hegel, Lezioni di filosofia della

storia, I, 97)

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La filosofia della storia

Gli individui cosmico-storici

Questi sono i grandi uomini della storia, quelli i cui propri fini

particolari contengono il sostanziale, che è volontà dello spirito del

mondo. Questo contenuto è la loro vera potenza, esso è nell’universale

istinto inconsapevole degli uomini. Essi sono spinti a ciò intimamente, e

non hanno altro modo di resistere a colui che ha assunto, nel proprio

interesse, l’esecuzione di un tale fine. I popoli piuttosto si uniscono

intorno alla sua bandiera: egli svela loro e reca in atto quel che era

impulso immanente della loro natura (Hegel, Lezioni di filosofia della

storia,)

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G.W.F. Hegel, Epistolario:

Ho visto l’imperatore – quest’Anima del

mondo – cavalcare in ricognizione

attraverso la città; è davvero una sensazione

meravigliosa vedere un tale individuo, che

concentrato qui in un punto, dritto su di un

cavallo, conquista il mondo intero e lo

domina (1806).

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G.W.F. Hegel, Epistolario:

Gli avvenimenti più universali (…) mi suscitano le più universali

considerazioni, che mi riportano nella sfera del pensiero i particolari singoli

e prossimi, per quanto questi possano interessare il sentimento. Io considero

che lo Spirito del mondo ha dato al tempo la parola d’ordine di avanzare;

un tale comando è obbedito; questo essere si avanza irresistibile come una

falange corazzata, in ordine chiuso, e con il movimento impercettibile del

sole, attraverso ogni ostacolo; innumerevoli truppe leggere si muovono

nell’uno e nell’altro senso, e la maggior parte di esse non sa neppure di che

si tratta e non fa che incassare colpi che provengono come da una mano

invisibile. Tutte le millanterie temporeggiatrici (…) a nulla servono; (…) Il

partito più sicuro (interiormente ed esteriormente) è quello di osservare

questo gigante che si avanza

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G.W.F. Hegel, Lezioni di filosofia della storia:

La bandiera dello spirito libero (…) è la bandiera sotto cui

serviamo e che teniamo alta. Il tempo, da allora fino a noi,

non ha avuto e non ha altra opera da compiere all’infuori di

quella di incorporare questo principio nel mondo (IV, 151)

…Sembra che allo spirito del mondo sia ora riuscito di

sbarazzarsi da ogni essenza estranea e oggettiva, e di

cogliersi infine come Spirito assoluto, di generare da sé ciò

che gli diviene oggettivo e, comportandosi con calma, di

tenerlo in suo potere.

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G.W.F. Hegel, Lezioni di filosofia della storia:

…Sin qui è giunto lo spirito del mondo. L’ultima

filosofia è il risultato di tutte le precedenti; nulla

è perduto, tutti i principi sono conservati. Questa

idea concreta è il risultato degli sforzi dello

spirito attraverso quasi 2500 anni (…) del suo più

serio lavoro per diventare oggettivo a se stesso e

per conoscersi: Tantae molis erat se ipsam

cognoscere mentem (parafrasi virgiliana).

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

…Sin qui è giunto lo spirito del mondo. L’ultima

filosofia è il risultato di tutte le precedenti; nulla

è perduto, tutti i principi sono conservati. Questa

idea concreta è il risultato degli sforzi dello

spirito attraverso quasi 2500 anni (…) del suo più

serio lavoro per diventare oggettivo a se stesso e

per conoscersi: Tantae molis erat se ipsam

cognoscere mentem (parafrasi virgiliana).

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

La filosofia, poiché è lo scandaglio del razionale,

appunto per ciò che è l’apprendimento di ciò ch’è

presente e reale, non la costruzione di un al di là, che sa

Dio dove dovrebbe essere, - o del quale di fatto si sa ben

dire dov’è, cioè nell’errore di un vuoto, unilaterale

raziocinare…

Ciò che è razionale è reale:

e ciò che è reale è razionale.

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

Quel che importa allora è conoscere, nella parvenza di ciò

ch’è temporale e transeunte, la sostanza che è immanente

e l’eterno che è presente. Poiché il razionale, che è

sinonimo dell’idea, allorché esso nella sua realtà entra in pari

tempo nell’esistenza esterna, vien fuori in un’infinita

ricchezza di forme, fenomeni e configurazioni, e circonda il

suo nucleo con la scorza variopinta nella quale la coscienza

dapprima dimora, che soltanto il concetto trapassa, per

trovare il polso interno e pur nelle configurazioni esterne

sentirlo ancora battere…

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

…Così, dunque, questo trattato, in quanto contiene la

scienza dello Stato, dev’essere null’altro, se non il

tentativo d’intendere e presentare lo Stato come cosa

razionale in sé. In quanto scritto filosofico, esso deve

restare molto lontano dal dover costruire uno Stato come

dev’essere; l’ammaestramento che può trovarsi in esso

non può giungere a insegnare allo Stato come deve

essere, ma, piuttosto, in quale modo esso deve esser

riconosciuto come universo etico.

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

…Intendere ciò che è, è il compito della filosofia,

poiché ciò che è, è la ragione. Del resto, per quel che

si riferisce all’individuo, ciascuno è, senz’altro,

figlio del suo tempo; e anche la filosofia è il proprio

tempo appreso col pensiero. E’ altrettanto folle

pensare che una qualche filosofia precorra il suo

mondo attuale, quanto che ogni individuo si lasci

indietro il suo tempo, e salti oltre…

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

Ciò che sta tra la ragione come spirito autocosciente, e la ragione come

realtà presente, ciò che differenzia quella ragione da questa ed in essa

non lascia trovare l’appagamento, è l’impaccio di qualche astrazione,

che non si è liberata, e non si è fatta concetto. Riconoscere la ragione

come la rosa, nella croce del presente, e quindi godere di questa – tale

riconoscimento razionale è la riconciliazione con la realtà, che la

filosofia consente a quelli, i quali hanno avvertito, una volta, l’interna

esigenza di comprendere e di mantenere, appunto, la libertà soggettiva

in ciò che è sostanziale, e al modo stesso, di stare nella libertà

soggettiva, non come in qualcosa di individuale e di accidentale, ma in

qualcosa che è in sé e per sé

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G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto (1821), Prefazione:

(…) Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come dev’essere

il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del

mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha

compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. Questo, che il

concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima

l’ideale appare di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso

costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in

forma di regno intellettuale. Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro,

allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si

lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia

il suo volo sul far del crepuscolo.

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Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 4

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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K. Marx, Tesi su Feuerbach:

Undicesima tesi

I filosofi hanno solo interpretato il

mondo in modi diversi; si tratta però

di mutarlo.

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K. Marx, L’ideologia tedesca

Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna

filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal

pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli

stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua criminosa

spregiudicatezza. Il primo volume di questa pubblicazione ha lo scopo

di smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono

considerate, di mostrare come esse altro non fanno che tener dietro, con

i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate di

questi filosofici esegeti rispecchino semplicemente la meschinità delle

reali condizioni tedesche. Essa ha lo scopo di mettere in ridicolo e di

toglier credito alla lotta filosofica con le ombre della realtà, che va a

genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco…

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K. Marx, L’ideologia tedesca

I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari, non

sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può

astrarre solo nell’immaginazione. Essi sono gli individui

reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di

vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti

quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi

presupposti sono dunque constatabili per via puramente

empirica.

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K. Marx, L’ideologia tedesca

Il primo presupposto di tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza di

individui umani viventi. Il primo dato di fatto da constatare è dunque

l’organizzazione fisica di questi individui e il loro rapporto, che ne consegue,

verso il resto della natura. Qui naturalmente non possiamo addentrarci

nell’esame né della costituzione fisica dell’uomo stesso, né delle condizioni

naturali trovate dagli uomini, come le condizioni geologiche, oro-idrografiche,

climatiche, e così via. Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi

naturali e dalle modifiche da esse subite nel corso della storia per l’azione degli

uomini.

Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la

religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli

animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un

progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica. Producendo i

loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa

vita materiale.

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K. Marx, L’ideologia tedesca

Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza

dipende prima di tutto dalla natura dei mezzi di sussistenza che

essi trovano e che debbono riprodurre. Questo modo di

produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione

dell’esistenza fisica degli individui; anzi, esso è già un modo

determinata dell’attività di questi individui, un modo determinato

di estrinsecare la loro vita, un modo di vita determinato. Come gli

individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono

coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che

producono quanto col modo come producono. Ciò che gli

individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della

loro produzione.

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K. Marx

Il compito della storia, una volta scomparso l’al di là della

verità, consiste quindi nello stabilire la verità dell’al di

qua. Compito della filosofia, che è al servizio della storia, è

lo smascheramento, dopo che la figura sacra

dell’estraneazione dell’uomo è già stata smascherata,

dell’autoestraneazione dell’uomo nelle figure non-sacre.

La critica del cielo si trasforma quindi nella critica della

terra, la critica della religione nella critica del diritto, la

critica della teologia nella critica della politica.

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K. Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

Il lato più profondo di Hegel sta nel fatto di

aver sentito come un contrasto la

separazione della società civile da quella

politica. Negativo è peraltro il fatto che egli

si accontenti di avere apparentemente

dissolto questo contrasto.

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K. Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

Per comportarsi quindi come un vero cittadino dello Stato, per

acquistare importanza ed efficacia politiche, egli deve uscire dalla sua

realtà civile, deve astrarsene e rientrare nella propria individualità,

abbandonando tutta questa organizzazione; l’unica esistenza infatti che

egli trova, per essere cittadino dello Stato, è la sua individualità nuda e

cruda, poiché l’esistenza dello Stato in quanto governo può fare a meno

dell’individuo, e la sua esistenza nella società civile prescinde da quella

dello Stato. Egli può essere cittadino dello Stato solo come individuo, e

in contrasto con queste uniche comunità sussistenti. La sua esistenza

come cittadino dello Stato è un’esistenza estranea alla sua esistenza

come uomo sociale, è cioè un’esistenza puramente individuale.

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K. Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

I droits de l’homme, cioè i diritti dell’uomo, sono come tali

distinti dai droits du citoyen, cioè dai diritti del cittadino. Ma

chi è l’homme distinto dal citoyen? Nessun altro fuorché il

membro della società borghese. Perché dunque il membro

della società borghese diventa un uomo, l’uomo

semplicemente, è perché i suoi diritti sono chiamati diritti

dell’uomo? Come ci spieghiamo questo fatto? Certo in base

al rapporto tra Stato politico e società borghese, cioè in base

alla natura dell’emancipazione (soltanto) politica.

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K. Marx, La questione ebraica (1844)

Lo Stato politico perfetto è per sua essenza la vita generica dell’uomo in

quanto specie, in opposizione alla sua vita materiale. Tutti i presupposti

di questa vita egoistica continuano a sussistere al di fuori della sfera

dello Stato, nella società borghese, ma come caratteristiche della società

civile. Là dove lo Stato politico ha raggiunto il suo vero sviluppo,

l’uomo conduce non soltanto nel pensiero, nella coscienza, ma nella

realtà, una doppia vita, una celeste e una terrena, la vita nella comunità

politica nella quale egli si considera come ente comunitario, e la vita

nella società borghese nella quale agisce come uomo privato, che

considera gli altri uomini come mezzi, degrada se stesso a mezzo e

diviene trastullo di forze estranee…

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K. Marx, La questione ebraica (1844)

Lo Stato politico si rapporta alla società civile nel modo

spiritualistico con cui il cielo si rapporta alla terra. Rispetto ad essa si

trova nel medesimo contrasto, e la sovrasta nel medesimo modo in

cui la religione sovrasta la limitatezza del mondo profano, cioè

dovendo insieme riconoscerla restaurarla e lasciarsi da essa

dominare. Nella sua realtà più immediata, nella società civile, l’uomo

è un essere profano. Qui, dove per sé e per gli altri vale come

individuo reale, egli è un fenomeno non vero. Viceversa, nello Stato,

dove l’uomo vale come ente generico, egli è il membro immaginario

di una sovranità immaginaria, è spogliato della sua reale vita

individuale e riempito di una universalità irreale…

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K. Marx, L’ideologia tedesca:

Il comunismo per noi non è uno stato di

cose che debba essere instaurato, un ideale

al quale la realtà dovrà conformarsi.

Chiamiamo comunismo il movimento reale

che abolisce lo stato di cose presente. Le

condizioni di questo movimento risultano

dal presupposto ora esistente.

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 5

II SEMESTRE

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K. Marx

Il compito della storia, una volta scomparso l’al di là della

verità, consiste quindi nello stabilire la verità dell’al di

qua. Compito della filosofia, che è al servizio della storia, è

lo smascheramento, dopo che la figura sacra

dell’estraneazione dell’uomo è già stata smascherata,

dell’autoestraneazione dell’uomo nelle figure non-sacre.

La critica del cielo si trasforma quindi nella critica della

terra, la critica della religione nella critica del diritto, la

critica della teologia nella critica della politica.

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K. Marx

Noi siamo i compagni filosofici del presente, senza esserne

i compagni storici. La filosofia tedesca è il prolungamento

ideale della storia tedesca… Ciò che presso i popoli

progrediti è lo sfacelo pratico delle condizioni politiche

moderne, è rappresentato in Germania, dove queste

condizioni non esistono neppure ora, anzitutto dallo

sfacelo critico del rispecchiamento filosofico di queste

condizioni. La filosofia tedesca del diritto e dello Stato è

l’unica storia tedesca che possa stare alla pari con la

situazione ufficiale del mondo moderno.

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K. Marx

Il popolo tedesco deve quindi confrontare questa sua storia di

sogno con le sue condizioni attuali, e sottomettere alla critica

non soltanto queste ultime, ma anche la loro astratta

continuazione. Il suo avvenire non può limitarsi né alla

negazione immediata delle sue condizioni reali, né alla

immediata realizzazione delle sue concezioni politiche e

giuridiche ideali, poiché esso già possiede nelle sue

concezioni ideali la negazione immediata delle sue

condizioni reali, ed ha già quasi vissuto anticipatamente,

vedendola concretamente nei popoli vicini, la realizzazione

immediata delle sue concezioni ideali.

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K. Marx

Questo modo di considerare le cose non è privo di

presupposti. Esso dipende dai presupposti reali, e non li

abbandona neppure un istante. I suoi presupposti sono gli

uomini, non però in una qualsiasi compiutezza o fissità

fantastica, ma nel loro reale… processo di sviluppo sotto

determinate condizioni. Non appena viene rappresentato

questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una

raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi,

pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di

soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.

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i

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 6

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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K. Marx, L’ideologia tedesca

La divisione del lavoro offre anche il primo esempio del

fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società

naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra

interesse particolare e interesse comune, fin tanto che

l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma

naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una

potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga,

invece di essere da lui dominata.

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K. Marx, L’ideologia tedesca

Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha un

sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e

dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o

critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere,

laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera

di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a

piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal

modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani

quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la

sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien

voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né

critico.

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K. Marx, L’ideologia tedesca

Questo fissarsi dell’attività sociale, questo consolidarsi del nostro proprio

prodotto in un potere obiettivo che ci sovrasta, che cresce fino a sfuggire al

nostro controllo, che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri

calcoli, è stato fino ad oggi uno dei momenti principali dello sviluppo

storico. Il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine

attraverso la cooperazione dei diversi individui, determinata nella divisione

del lavoro, appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è

volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come

una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno

donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al

contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la

quale è indipendente dal volere e dall’agire degli uomini e anzi dirige

questo volere e questo agire…

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Marx, Il Capitale

Di dove sorge dunque il carattere enigmatico del prodotto

di lavoro appena assume forma di merce? Evidentemente

proprio da tale forma. L’eguaglianza dei lavori umani

riceve la forma reale dell’eguale oggettività di valore dei

prodotti del lavoro, la misura del dispendio di forza-lavoro

umana mediante la sua durata temporale riceve la forma

della grandezza di valore dei prodotti del lavoro, infine i

rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle

determinazioni sociali dei loro lavori, ricevono la forma di

un rapporto sociale dei prodotti del lavoro.

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Marx, Il Capitale

L’arcano della forma merce consiste dunque semplicemente

nel fatto che tale forma, come uno specchio, restituisce agli

uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro proprio

lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei

prodotti di quel lavoro, come proprietà sociali naturali di

quelle cose, e quindi restituisce anche l’immagine del

rapporto sociale tra produttori e lavoro complessivo,

facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti

esistente al di fuori di essi produttori. Mediante questo quid

pro quo i prodotti del lavoro diventano merci, cose

sensibilmente soprasensibili, cioè cose sociali.

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Marx, Il Capitale

Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica

di un rapporto tra cose è soltanto il rapporto sociale

determinato che esiste fra gli uomini stessi. Quindi, per

trovare un’analogia, dobbiamo involarci nella regione

nebulosa del mondo religioso. Quivi, i prodotti del cervello

umano paiono figure indipendenti, dotate di vita propria, che

stanno in rapporto tra loro e in rapporto con gli uomini. Così,

nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umano.

Questo io chiamo il feticismo che s’appiccica ai prodotti del

lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è

inseparabile dalla produzione delle merci (I, I, 4)

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Marx, Il Capitale

In genere, la riflessione sulle forme della vita umana, e

quindi anche l’analisi scientifica di esse, prende una strada

opposta allo svolgimento reale. Comincia post festum e

quindi parte dai risultati belli e pronti del processo di

svolgimento. Le forme che danno ai prodotti del lavoro

l’impronta di merci, e quindi sono il presupposto della

circolazione delle merci, hanno già la solidità di forme

naturali della vita sociale, prima che gli uomini cerchino di

rendersi conto, non già del carattere storico di queste forme,

che per essi anzi sono ormai immutabili, ma del loro

contenuto (Vol. I, p. 107)

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i

Marx, Scritti giovanili

“Quando il proletariato annuncia il

dissolvimento dell’ordine finora esistente,

rivela solo il segreto della sua propria

esistenza, poiché esso il dissolvimento

effettivo di quest’ordine mondiale”.

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Marx, L’ideologia tedesca

Il comunismo per noi non è uno stato di

cose che debba essere instaurato, un ideale

al quale la realtà dovrà conformarsi.

Chiamiamo comunismo il movimento reale

che abolisce lo stato di cose presente. Le

condizioni di questo movimento risultano

dal presupposto ora esistente.

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Marx, Il Capitale

Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo: che

il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e

punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione; che la produzione è

solo produzione per il capitale, e non al contrario i mezzi di produzione

sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per

la società dei produttori. I limiti nei quali possono unicamente muoversi la

conservazione e l’autovalorizzazione del valore-capitale, che si fonda

sull’espropriazione e l’impoverimento della grande massa dei produttori,

questi limiti si trovano dunque continuamente in conflitto con i metodi di

produzione a cui il capitale deve ricorrere per raggiungere il suo scopo, e

che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione

come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive

sociali del lavoro.

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Marx, Il Capitale

Il mezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze

produttive sociali – viene permanentemente in conflitto

con il fine ristretto, la valorizzazione del capitale

esistente. Se il modo di produzione capitalistico è quindi

un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva

materiale e la creazione di un corrispondente mercato

mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante

tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione

sociali che gli corrispondono (Vol. III, p. 303).

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Marx, Il Capitale

Dato che la massa di lavoro vivo impiegato diminuisce

costantemente in rapporto alla massa di lavoro oggettivato da

essa messo in movimento (cioè ai mezzi di produzione

consumati produttivamente) anche la parte di questo lavoro

vivo che non è pagato e si oggettiva in plusvalore, dovrà

essere in proporzione costantemente decrescente rispetto al

valore del capitale complessivo impiegato. Questo rapporto

tra la massa del plusvalore e il valore del capitale

complessivo impiegato costituisce però il saggio del profitto,

che dovrà per conseguenza diminuire costantemente (Vol. III,

p. 261).

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Struttura e sovrastruttura

Avevo cominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e lo continuai

a Bruxelles, dove ero emigrato in seguito ad un decreto di espulsione

del sig. Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta

acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere

brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro

esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari,

indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che

corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze

produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione

costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale

sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla

quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.

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Struttura e sovrastruttura

Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in

generale, il processo sociale, politico e spirituale della

vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il

loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che

determina la loro coscienza. A un dato punto del loro

sviluppo, le forze produttive materiali della società

entrano in contraddizione con i rapporti di produzione

esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono

l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per

l’innanzi s’erano mosse.

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Struttura e sovrastruttura

La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della

coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata

all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini,

linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri,

lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora

come emanazione diretta del loro comportamento

materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione

spirituale quale essa si manifesta nel linguaggio della

politica, delle leggi, della morale, della religione, della

metafisica, ecc. di un popolo.

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i

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 7

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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Il concetto di ideologia in

Marx

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Le origini del concetto:

Antoine L.C. Destutt de Tracy, Sur la faculté de penser

(1796):

…Preferirei dunque di gran lunga che si adottasse il nome di

ideologia o scienza delle idee. E’ molto saggio che non si

presupponga niente di ciò che è dubbio o sconosciuto; essa non

rammenta allo spirito alcuna idea di causa. Il suo significato è

molto chiaro per tutti, se non si considera che quello della parola

francese idea; perché ognuno sa che cosa intende con un’idea,

sebbene pochi sappiano ciò che essa è. E’ rigorosamente esatto in

questa ipotesi; perché ideologia è la traduzione letterale di

scienza delle idee…

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Le origini del concetto:

…Ed è altrettanto esatto, se si fa riferimento all’etimologia greca della

parola idea: perché il verbo eido vuol dire, io vedo, io percepisco, io

percepisco attraverso la vista, e persino io so, io conosco. (…) Ora,

poiché di eido noi abbiamo fatto idea per esprimere una percezione in

generale, possiamo ben farne ideologia per esprimere la scienza che

tratta delle idee o percezioni. Questa parola ha un altro vantaggio ed è

che dando il nome di ideologia alla scienza che risulta dall’analisi delle

sensazioni, voi indicate allo stesso tempo il fine e il mezzo: e se la

vostra dottrina si trova a differire da quella di qualche altro filosofo che

coltiva la stessa scienza, la ragione la conosciamo prima: è che voi non

cercate la conoscenza dell’uomo che nelle analisi delle sue facoltà; vi

potete permettere di ignorare tutto ciò che non scoprirete…

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Antoine L.C. Destutt de Tracy Elements d’idéologie (1804)

Non si ha una conoscenza completa di un animale, se non si

conoscono le sue facoltà intellettuali. L’ideologia è una parte

della zoologia, ed è soprattutto nell’uomo che questa parte è

importante e merita di essere approfondita. …) Ho tentato di

offrire una descrizione esatta e circostanziata delle nostre

facoltà intellettuali, dei loro principali fenomeni, e delle loro

più rilevanti circostanze; in una parola dei veri e propri

elementi di ideologia. E senza soffermarmi sulle difficoltà

dell’impresa, non ne ho visto che l’utilità…

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Antoine L.C. Destutt de Tracy Elements d’idéologie, Introduction (1804)

A voi mi rivolgo, o giovani, e per voi soli scrivo. Non pretendo

affatto di dare degli insegnamenti a quelli che sanno già molte cose

e le sanno bene: a loro chiederei lumi invece di offrirgliene. E

quanto a coloro che le sanno male, vale a dire che avendo un gran

numero di conoscenze ne hanno tratto dei risultati falsi di cui si

credono molto sicuri, e a quelli sono attaccati da un lunga

abitudine, io sono ancor più lungi da presentar loro le mie idee;

poiché, come ha detto uno dei più grandi filosofi moderni; «Una

volta che gli uomini abbiano acquisito delle opinioni false e le

abbiano autenticamente registrate nei loro spiriti, è impossibile sia

parlare loro in modo intellegibile quanto scrivere in modo leggibile

su un foglio di carta già sporco di scrittura».

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Antoine L.C. Destutt de Tracy Elements d’idéologie, Introduction (1804)

Nulla di più giusto di questa osservazione di Hobbes. Forse vedremo presto

assieme la ragione di questo fatto; ma intanto la potete tenere per certa. Io sarei

altresì molto sorpreso se la vostra piccola esperienza personale, per quanto poco

estesa possa essere, non ve ne abbia già offerto la prova. Comunque sia, la prima

volta che a qualche vostro compagno accadrà di ostinarsi in una idea la quale a tutti

gli altri sembri assurda, osservatelo attentamente e vedrete che egli è in una

disposizione mentale tale che gli è impossibile comprendere le ragioni che a voi

altri sembrano chiarissime. E’ che quelle stesse idee si sono preventivamente messe

nella sua testa con tutt’altro ordine che quello con cui si sono messe nelle vostre; e

che sono congiunte a moltissime altre, le quali bisognerebbe smuovere dal posto

che tengono nella sua mente, volendo rettificare quelle in cui tanto si ostina. In

un’altra occasione gli concederete forse la rivincita. Ebbene amici miei è nello

stesso modo che ci attacca ad un falso sistema di filosofia e ad una falsa

combinazione in un gioco d’infanzia.

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Antoine L.C. Destutt de Tracy Elements d’idéologie, Introduction (1804)

E’ per preservarvi dall’una e dall’altro che in questo libro voglio non già

insegnarvi, ma farvi notare tutto quello che succede in voi medesimi quando

pensate, parlate e ragionate. Aver delle idee, esprimerle, combinarle sono tre

cose differenti, ma strettamente legate insieme. Queste tre operazioni si

trovano in ogni minima frase; e sono sì unite insieme, e si eseguono con tanta

prontezza e si rinnovano tante volte in un giorno, in un’ora, in un momento,

che quasi pare a prima vista cosa impossibile a comprendere come ciò possa

accadere in noi. Tuttavia vedrete presto che questo meccanismo non è così

complicato come potreste credere. Per vederlo chiarito è sufficiente esaminarlo

in dettaglio; e già sentirete che è necessario conoscerlo per essere certi di farsi

delle idee vere, di esprimerle con esattezza e di combinarle con giustezza; tre

condizioni senza le quali non si ragiona che a caso. Studiamo dunque assieme

la nostra intelligenza…

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Napoleone Bonaparte Discorso al Consiglio di Stato (1812)

E’ alla dottrina degli ideologi, a questa metafisica

ossessiva, che cerca in modo artificioso le cause

prime, e che su queste fondamenta vorrebbe

erigere la legislazione dei popoli, invece di

adattare le leggi alla conoscenza del cuore

umano e alle lezioni della storia, che vanno

attribuite tutte le disgrazie che si sono abbattute

sulla nostra amata Francia.

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K. Marx, L’ideologia tedesca:

Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc.,

ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un

determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni

che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La

coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall’essere

cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro

vita. Se nell’intera ideologia gli uomini appaiono capovolti come

in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo

storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli

oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico…

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K. Marx, L’ideologia tedesca:

…Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che

discende dal cielo alla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si

parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né

da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per

arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente

operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo

sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita.

Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono

necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita,

empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di

conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma

ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non

conservano oltre la parvenza dell’autonomia.

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Il concetto di ideologia

Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che

sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali

trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i

prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma

la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte

dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che

corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si

considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.

Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai

presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi

presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati

fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed

empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate.

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Il concetto di ideologia

Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso

muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo

istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche

modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo

di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto

condizioni determinate. Non appena viene rappresentato

questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una

raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi,

pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di

soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.

(L’ideologia tedesca, pp. 12 s.).

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K. Marx, L’ideologia tedesca:

Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti;

cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari

tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei

mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei

mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono

assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione

intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale

dei rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque

l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe

dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che

compongono la classe dominante posseggono tra l’altro anche la

coscienza, e quindi pensano…

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Il concetto di ideologia in Marx

1) Credenze illusorie o socialmente sconnesse,

che si considerano il fondamento della storia e

che distraendo gli uomini e le donne dalle loro

vere condizioni sociali (comprese le

determinazioni sociali delle loro idee), servono

a sorreggere un potere oppressivo.

Il contrario di ciò è una conoscenza esatta e

spregiudicata delle condizioni sociali materiali

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Il concetto di ideologia in Marx

2) Idee che esprimono direttamente gli

interessi materiali della classe sociale

dominante e che sono utili alla difesa del suo

dominio.

Il contrario di ciò è o la vera conoscenza

scientifica o la coscienza delle classi non

dominanti.

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Il concetto di ideologia in Marx

3) Tutte le forme concettuali in cui si combatte

la lotta di classe, compresa probabilmente l

valida coscienza di forze politicamente

rivoluzionarie. Il contrario di ciò è qualsiasi

concezione al momento non coinvolta nella

lotta.

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Il concetto di ideologia in Marx

4) Una non verità esistente, praticamente

fondata, dotata di conseguenze pratiche ed

infine interamente sopprimibile soltanto

attraverso la prassi. (Il Capitale, Analisi del

feticcio della merce);

Tratto da T. Eagleton, Ideologia,

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i

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 8

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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Per la critica dell’economia politica (1859):

Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in

rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in

rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di

sviluppo delle loro forze produttive materiali. (…) A un dato punto

del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano

in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i

rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica)

dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti,

da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro

catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il

cambiamento della base economica si sconvolge più o meno

rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.

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Per la critica dell’economia politica (1859):

(…) Una formazione sociale non perisce finché non si siano

sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e

superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che

siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali

della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non

quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose

dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le

condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno

sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico,

antico, feudale e borghese moderno possono essere designati

come epoche che marcano il progresso della formazione

economica della società.

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Il Capitale:

Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano

e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la

massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione,

dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che

sempre più s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso

meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale

diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e

sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione

del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro

involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ultima ora della

proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati. (…) La

produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttibilità di un processo

naturale, la propria negazione. E’ la negazione della negazione.

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F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

Secondo la concezione marxista della storia la produzione e riproduzione

della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di

più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce

quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere

l’unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta

insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i

diversi momenti della sovrastruttura – le forme politiche della lotta di

classe e i risultati di questa – costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa

dopo una battaglia vinta, ecc. – le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di

tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie

politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo

sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul

decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo

preponderante la forma. .

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F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

E’ un’azione reciproca di tutti questi momenti, in cui

alla fine il movimento economico si impone come

fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti

casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così

vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare

come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario,

applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe

certo più facile che risolvere una semplice equazione di

primo grado.

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F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni

assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma

anche quelli politici, ecc., anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli

uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva… Ma in secondo luogo la

storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di

molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una

gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze

che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da

cui scaturisce una risultante – l’avvenimento storico – che a sua volta può esser

considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo

non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato

da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così

la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed

essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento…

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i

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 9

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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F. Nietzsche:

Un grado, certo molto elevato, di cultura è raggiunto quando

l’uomo si libera dalle idee e dalle paure superstiziose e

religiose… Se egli è a questo grado di liberazione, gli resta

ancora da superare con la massima tensione della sua

riflessione la metafisica. Poi però è necessario un movimento

all’indietro: egli deve capire la giustificazione storica, come

pure quella psicologica di tali rappresentazioni, deve

riconoscere come sia di là venuto il maggior progresso

dell’umanità e come senza un tale movimento all’indietro, ci

si priverebbe dei migliori risultati finora ottenuti

dall’umanità.

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F. Nietzsche:

Che non ci sia verità; che non ci sia una

costituzione assoluta delle cose, una “cosa

in sé”; - ciò stesso è nichilismo, è anzi il

nichilismo estremo (Frammenti postumi

1887-88, pp. 13 s.).

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F. Nietzsche:

Quale che sia lo stato che questo mondo può raggiungere, deve averlo

già raggiunto, e non una ma infinite volte. Così questo attimo: esso era

già qui una volta e molte volte e parimenti ritornerà, tutte le forze

distribuite esattamente come ora; lo stesso avviene per l’attimo che ha

generato questo e per quello che sarà il figlio dell’attimo attuale. Uomo!

La tua vita intera, come una clessidra, sarà di nuovo capovolta, e sempre

di nuovo si vuoterà – un grande minuto di tempo frammezzo, finché

tutte le condizioni dalle quali tu sei divenuto, nel corso circolare

cosmico, si verificano di nuovo. E allora troverai di nuovo ogni dolore e

ogni piacere e ogni amico e nemico e ogni speranza e ogni errore e ogni

filo d’erba e ogni raggio di sole, la connessione totale di tutte le cose.

(Frammenti postumi, 1881).

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

Oggi i filosofi, partendo dallo spirito della

funzione, riflettono su come trasformare

l’umanità in un organismo – è l’opposto della mia

tendenza: il numero maggiore possibile di

organismi diversi e che si trasformano, i quali,

giunti alla loro maturità e putrefazione, lasciano

cadere il loro frutto: gli individui, dei quali certo

la maggior parte perisce; ma solo i pochi contano

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

La terra è divenuta piccola, e su di essa saltella l’ultimo

uomo, che rende piccola ogni cosa. La sua stirpe è

inestinguibile come quella degli scarafaggi; l’ultimo

uomo vivrà molto a lungo… Non si diventa ormai più né

poveri né ricchi: entrambe le cose costano troppa fatica.

Chi vuole ancora regnare? Chi vuole ancora obbedire?

Entrambe le cose sono troppo gravose. Nessun pastore e

un solo gregge! Ognuno vuole allo stesso modo, tutti

sono eguali: chi sente in maniera diversa se ne va

spontaneamente al manicomio.

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

Un tale spirito divenuto libero sta al centro del

tutto con un fatalismo gioioso e fiducioso, nella

fede che soltanto sia biasimevole quel che se ne

sta separato, che ogni cosa si redima e si affermi

nel tutto – egli non nega più. Ma una fede siffatta

è la più alta di tutte le fedi possibili: l’ho

battezzata col nome di Dioniso.

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F. Nietzsche, Ecce Homo:

Io conosco la mia sorte. Si legherà un giorno al

mio nome il ricordo (…) di una crisi, come non

ce ne fu un’altra simile sulla Terra, al più

profondo conflitto di coscienza, ad una decisione,

proclamata contro tutto ciò che sinora era stato

creduto, richiesto, consacrato. Io non sono un

uomo, sono una dinamite…

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F. Nietzsche, Ecce Homo:

Io contraddico come mai è stato contraddetto, e malgrado

ciò sono l’antitesi di uno spirito negatore… Con tutto ciò

sono necessariamente pure un uomo del destino. E infatti, se

la verità entra in lotta con la menzogna di millenni, avremo

di tali scuotimenti, tali convulsioni di terremoto che mai

erano state neppure sognate. Il concetto di politica è ora

entrato completamente in una guerra tra spiriti, tutte le forme

di dominio della vecchia società sono saltate in aria – esse

riposano tutte quante sulla menzogna; ci saranno guerre

come non ce ne sono state mai sulla terra. Solo da me

comincia sulla terra la grande politica.

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F. Nietzsche:

La mia opera ha tempo e non voglio essere per nulla

scambiato con ciò che il presente ha da risolvere come

proprio compito. Tra cinquant’anni, forse, alcuni (…)

avranno occhi per vedere ciò che da me è stato

compiuto. Ma al presente non è soltanto difficile, ma

assolutamente impossibile (…) parlare di me

pubblicamente senza rimanere illimitatamente dietro la

verità.

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F. Nietzsche, La volontà di potenza :

Ciò che racconto è la storia dei prossimi due secoli. Io

descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire:

l’avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere

raccontata; perché la necessità stessa è qui all’opera. Questo

futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia

dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono

già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove da

lungo tempo in una torturante tensione che cresce di decenni in

decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta,

precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine,

che non riflette più e ha paura di riflettere.

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F. Nietzsche, La volontà di potenza :

– Chi prende qui la parola non ha fatto, invece, altro

sinora che riflettere: come filosofo e solitario di istinto

che ha trovato il proprio vantaggio nello starsene

appartato ed estraneo, nel pazientare, nel differire; come

uno spirito che osa osare e tentare, e già si è smarrito una

volta in ogni labirinto del futuro; (…) che guarda

indietro quando racconta ciò che dovrà avvenire; come il

primo compiuto nichilista europeo, che però ha già

vissuto dentro di sé sino all’esaurimento il nichilismo

stesso, e lo ha dietro di sé, sotto di sé, fuori di sé.

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

Non sarebbe dunque per il movimento democratico una specie

di scopo, di redenzione e di giustificazione, il fatto che venisse

qualcuno a servirsi di esso, e che attraverso questa nuova (…)

configurazione della schiavitù (…) trovasse la sua strada quella

specie superiore di spiriti dominatori e cesarei, che su tutto ciò

si appoggerebbe, si sosterrebbe e potrebbe innalzarsi’ (…)

L’aspetto dell’attuale Europeo mi dà molte speranze: va

formandosi una audace razza dominatrice sulla base di una

massa estremamente intelligente… Le stesse condizioni che

favoriscono lo sviluppo dell’animale del gregge provocano

anche la formazione dell’animale capo.

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F. Nietzsche:

Chi ha conservato ed ha educato in sé una forte volontà,

e possiede al tempo stesso uno spirito ampio, gode di

possibilità più favorevoli che mai in precedenza. La

plasmabilità degli uomini è infatti diventata grandissima

in questa Europa democratica; uomini che imparano

facilmente e si adattano facilmente rappresentano la

regola: l’animale del gregge, per di più assai intelligente,

è preparato. Chi può comandare trova quelli che

debbono ubbidire.

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F. Nietzsche:

In tali condizioni, quali sono presentate alla nostra civiltà, di

movimenti eccessivi per il ritmo e per i mezzi spiegati, il centro di

gravità degli uomini si sposta… In questo caso il centro di gravità cade

necessariamente sui mediocri: la mediocrità, in quanto garanzia e

portatrice dell’avvenire, si consolida contro il dominio della plebe e

dell’eccentricità (per lo più collegate tra loro). Dal che sorge per gli

uomini di eccezione un nuovo avversario, o anche una nuova seduzione.

Posto che essi non si adattino alla plebe e non cantino le loro poesie per

compiacere all’istinto dei diseredati, dovranno essere necessariamente

«mediocri» e «solidi»… Ancora una volta (…) tutto quanto il mondo

completamente esaurito dell’ideale viene ad ottenere una pregiata

difesa… Risultato: la mediocrità acquista spirito, arguzia, genio, diventa

divertente, seduce…

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 9

II SEMESTRE

A.A. 2012-2013

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

In passato l’anima guardava al corpo con

disprezzo: e questo disprezzo era allora la

cosa più alta: - essa voleva il corpo

macilento, orrido, affamato. Pensava in tal

modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra.

Ma quest’anima era anch’essa macilenta,

orrida e affamata: e crudeltà era la voluttà di

quest’anima (pp. 6-7).

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F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra:

’Io’ dici tu, e sei orgoglioso di questa

parola. Ma la cosa ancora più grande,

cui tu non vuoi credere – il tuo corpo e

la sua grande ragione: essa non dice

‘io’, ma fa ‘io’ (p. 34).

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F. Nietzsche, Frammenti postumi:

Tutto ciò che entra nella coscienza costituisce

l’ultimo anello di una catena, di una chiusura.

Che un pensiero sia immediatamente causa di un

altro pensiero, è cosa solo apparente. I veri

avvenimenti concatenati si svolgono al di sotto

della nostra coscienza: le serie e successioni di

sentimenti, pensieri, eccetera, che si producono,

sono solo sintomi del vero accadere.

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F. Nietzsche, Frammenti postumi:

E anche quei piccolissimi esseri viventi che

costituiscono il nostro corpo (o meglio: del cui

cooperare ciò che chiamiamo corpo è la migliore

immagine) non sono per noi atomi spirituali, ma

qualcosa che cresce, lotta, si accresce e a sua

volta muore: sicché il loro numero muta in modo

variabile, e la nostra vita è, come qualunque vita,

in pari tempo, un continuo morire