storia culinaria lazio - ARSIAL · PER UNA STORIA PRODUTTIVA E CULINARIA DEL LAZIO di Valentina...

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PER UNA STORIA PRODUTTIVA E CULINARIA DEL LAZIO di Valentina Conti Dal Progetto "Salute & Gusto" a cucina laziale, riassunto di una gastronomia variegata ricca di apporti e preparazioni provenienti da varie zone delle regioni confinanti o di comunità di paesi lontani presenti nell’Urbe, come, ad esempio, quella ebraica, che ha lontane radici storiche, è rappresentata, in gran parte, da quella romana, nella quale tutte le specialità delle tradizioni culinarie della regione vengono convogliate nella gustosa semplicità e schiettezza di una cucina di estrazione popolare. E’ nota, infatti, la fortuna che incontrano nella Capitale e dintorni le frattaglie, le code dei bovini (celeberrima è la vaccinara), le zampe e le guance degli animali da macello, prova incontestabile dello scrupolo che i macellai laziali di un tempo mettevano nel recupero d’ogni parte commestibile delle bestie affidate alle loro cure. Lo stesso abbacchio al forno, re delle mense non solo pasquali, nasce come cibo dei pastori. Il persistere della cucina popolare e il diffondersi della stessa in tutte le classi sociali si può ritenere una delle conseguenze della storia del papato con cui per molti secoli si è identificata quella della città. I sapori del Lazio, cioè, appartengono, per dirla in breve, alla cultura delle campagne circostanti: sono tributari, per gli agnelli ed i formaggi, dei pastori L

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PER UNA STORIA PRODUTTIVA E CULINARIA DEL LAZIO

di Valentina Conti

Dal Progetto "Salute & Gusto"

a cucina laziale, riassunto di una gastronomia variegata ricca di apporti e preparazioni provenienti da varie zone delle regioni confinanti o di comunità di paesi lontani presenti nell’Urbe, come, ad

esempio, quella ebraica, che ha lontane radici storiche, è rappresentata, in gran parte, da quella romana, nella quale tutte le specialità delle tradizioni culinarie della regione vengono convogliate nella gustosa semplicità e schiettezza di una cucina di estrazione popolare. E’ nota, infatti, la fortuna che incontrano nella Capitale e dintorni le frattaglie, le code dei bovini (celeberrima è la vaccinara), le zampe e le guance degli animali da macello, prova incontestabile dello scrupolo che i macellai laziali di un tempo mettevano nel recupero d’ogni parte commestibile delle bestie affidate alle loro cure. Lo stesso abbacchio al forno, re delle mense non solo pasquali, nasce come cibo dei pastori. Il persistere della cucina popolare e il diffondersi della stessa in tutte le classi sociali si può ritenere una delle conseguenze della storia del papato con cui per molti secoli si è identificata quella della città. I sapori del Lazio, cioè, appartengono, per dirla in breve, alla cultura delle campagne circostanti: sono tributari, per gli agnelli ed i formaggi, dei pastori

L

abruzzesi; per l’olio ed il vino dei vicini Colli Albani e delle modeste alture sabine. Specialità legate anche alla produzione ortofrutticola delle campagne laziali, dove gli ortaggi sono particolari per sapori e rigogliosità. Nella letteratura dell’arte della cucina, già nel “Libro della cocina” di Anonimo Toscano troviamo riferimenti alla cucina romana come, ad esempio, le indicazioni per un pasticcio romano chiamato dal nostro autore “pastello”. Inoltre, dalla costa tirrenica meridionale, nella quale si apre un grande golfo che comprende le città di Terracina, Gaeta e Formia, derivano alcuni piatti marinari tipici, quali le "mazzancolle", che nel dialetto laziale indicano i gamberoni che vengono pescati in estate; le "sogliole gratinate"; la "zuppa di vongole" alla marinara. Ancora, la cucina della Maremma laziale risente di quella toscana, che nelle sue specialità è legata più all'entroterra che al mare. E, infine, dalla vicina Umbria derivano alcuni piatti ormai storicamente entrati a far parte della cucina laziale come gli "spaghetti alla carbonara", importati nel Lazio dai carbonari, dagli uomini cioè che fino ai primi decenni del Novecento si recavano nei boschi di questa terra a fare il carbone di legna.

LA CUCINA ROMANA, LA POPOLARITA’ A TAVOLA

La cucina romana vera e propria vanta una serie di piatti che si trovano nelle offerte di molte trattorie della Capitale, prime fra tutte quelle del quartiere di Trastevere. Tra essi ricordiamo i "pomodori interi ripieni" di riso crudo; i "gnocchi alla romana" col semolino (l'origine di questo piatto è molto discussa: sarebbe, infatti, un piatto di origine piemontese e non romano); gli "spaghetti alla carrettiera", così chiamati perché un tempo rappresentavano il piatto preferito dai carrettieri che portavano a Roma il vino dei castelli; le "lumache alla romana"; le "fettuccine alla romana" fatte rigorosamente in casa; la semplice "pasta ajo e ojo"; la "stracciatella", deliziosa minestra. Fra i piatti di carne dominano la "coda alla vaccinara", piatto singolare che ricorda nel nome gli antichi addetti alla scorticatura dei bovini, i "vaccinari"; i "saltimbocca alla romana"; lo "stufatino alla romana". Particolarmente saporito è, inoltre, il "pollo alla romana". Nel menù romano, ancora, non può mancare un fritto scelto, i "pezzetti", composto da cervella, animelle, fegato, carciofi,

zucchine, ricotta, mele, pere, fette di pane. Il "fritto misto" presenta invece fette di carne, costolettine d'abbacchio, verdure passate in padella. Fra le verdure spiccano i carciofi cucinati "alla romana", cioè imbottiti di aromi. Altre verdure usate sono i broccoli, i piselli e le fave. Fra i dessert, oltre alle varie focacce e pizze dolci, va ricordato il "budino di ricotta", le "fragole in aceto", le "fave alla romana", dolce tipico dei giorni dei morti. LA CIOCIARIA, L’INCONFONDIBILE SAPORE DI UNA TERRA

Molti sono i piatti, gli alimenti, le usanze assunte in Roma dalla Ciociaria, la zona che corrisponde all’incirca alla provincia di Frosinone e che deve il suo nome, di uso popolare, alle “ciocie”, le caratteristiche calzature di antichissima origine tipica dei contadini e dei pastori. Ricordiamo, ad esempio, la “provatura fritta”, una sorta di mozzarella il cui nome deriva da prova, l’assaggio del cacio fatto dai casari per controllarne la filatura della pasta. Questo piatto non è altro che la mozzarella fritta, frequentemente presente negli antipasti romani assieme alle frittate con la ricotta, insaporite da qualche erba aromatica, prima fra tutte la menta. Inoltre, tipica di questa zona è la frittata all’aglio che si fa solo in primavera, perché l’aglio deve essere freschissimo; il pancotto, la minestra fatta con pane raffermo; la zuppa di fagioli e cipolle e tutti i piatti a base di agnello (coratella di abbacchio, le animelle al prosciutto, la pajata fatta con le budelline ecc…); i “maccaruni”, tagliolini sottilissimi conditi con rigaglie di pollo al sugo; l' "agnellone garofolato", cotto in tegame steccato con vari ordori e lardo; le "coppiette ciociare". Fra gli ortaggi dominano i carciofi e le insalatine di vari tipi. Nei dolci domina la ricotta: ottimo è il budino alla ricotta insaporito con limone, cannella, rhum, scorza d’arancia e cedro canditi e la crostata di ricotta che pure prevede la cannella e la frutta candita. Fiorente è in questa zona l'allevamento dei bovini che forniscono latte vaccino; gli animali sono soprattutto bufali, con il cui latte si produce la notissima mozzarella, protetta da una denominazione di origine che si estende fino a Paestum. Fra i prodotti derivanti dai suini è da ricordare il prosciutto di Guarcino ed anche gli ovini in questa terra forniscono le loro specialità come, ad esempio, il “pecorino affumicato”, prodotto soprattutto a Guarcino e Vico nel Lazio, comuni ciociari di antica vocazione agricola.

VITERBO E IL SUO TERRITORIO, L’ESALTAZIONE DELLA VARIETA’

Un' altra cucina che si può individuare in quella laziale è quella che si è sviluppata nel territorio di Viterbo, centro agricolo-commerciale notevole, con qualche industria alimentare. Qui si coltivano, soprattutto, l’olivo, il frumento e la vite che dà prodotti molto pregiati come il vino di Montefiascone, il Gradoli e il Vignanello. Vaste aree sono occupate dalla coltivazione del frumento, mentre l'allevamento del bestiame ha minore importanza, anche se è florido per

quanto riguarda l'allevamento del maiale da cui si ricavano alcuni particolari salumi come la “scammarita”, un prodotto d'origine umbra che da tempo ha trovato cittadinanza nelle contrade del Viterbese. Appartiene al Viterbese la regione dei Monti Cimini, da sempre terra di castagne; nella stessa zona, altrettanto pregiate sono le nocciole che vengono coltivate nella varietà definita "tonda gentile romana", molto usate nell'industria dolciaria. Ma, i prodotti della zona sono molti: olio, vino (sulle rive del Lago di Bolsena si produce il celebre "Est! Est!! Est!!!"), formaggio pecorino e frutta con la quale un po' ovunque si confezionano marmellate artigianali. La cucina locale, pur partecipando di tutte le tradizioni romane e laziali, si caratterizza per un uso particolarmente diffuso di legumi ed ortaggi che vengono cucinati in vario modo sia come contorni che in forma di frittate. Presenti in tutto il Lazio con funzione caratterizzante, particolarmente apprezzate sono le “puntarelle”, un piatto storico formato da una varietà di cicoria, quella detta di Catalogna, le cui foglie tagliate a strisce sottili messe in acqua fredda si arricciano. L’altro ortaggio meritevole di menzione è il carciofo che viene cucinato “alla romana” (in tegame con aglio e menta) e “alla giudìa”, secondo una preparazione di tradizione ebraica. Fra i piatti provenienti da questa zona da ricordare, inoltre, le antiche “pizzacce”, frittate realizzate con uovo, farina e latte, sulle quali viene grattato del formaggio pecorino e che vengono spolverate con un velo di zucchero cannellato; la “zuppa casereccia”, zuppa alla contadina cucinata con i cosiddetti “quarantini”, fagioli della zona che maturano in circa quaranta giorni; l’ “imbracata”, zuppa di fagioli proveniente da antichi monasteri, arricchita da tagliatelle e cotenne; le “fettuccine alla burina”, condite con piselli, funghi secchi, prosciutto cotto e panna e le “olive di Montefiascone”. E, ancora, del lago di Bolsena, che prende il nome dall'antica omonima città etrusca, nell'arte della cucina, da ricordare le famose "anguille alla bisentina" che derivano il loro nome dalla Bisentina, un'isoletta che sorge in mezzo al Lago dove si pescano appunto ottime anguille. LA SABINA, INCROCIO DI TRADIZIONI DIVERSE

La Sabina è la zona del Lazio avente per capoluogo Rieti che comprende i Monti Sabini, la conca di Rieti, la media e bassa valle del Turano, parte delle valli del fiume Velino, del Salto, del Tevere e dell’Aniene. Quest’area offre un contributo individuabile nella gastronomia laziale e risente della vicinanza con l’Abruzzo, terra che ha fornito piatti e influenze. Del paese del Reatino sono tipici i ben noti “spaghetti o bucatini all’amatriciana” provenienti da Amatrice, un paese che fino a non moltissimi anni fa apparteneva alla provincia dell'Aquila, era cioè in Abruzzo, e adesso, invece, appartiene alla provincia di Rieti e la famosa mortadella di Amatrice: un salame crudo di carne di maiale ripetutamente passato alla macchina sino a ricavarne una pasta molto fine.

Quasi tutto il territorio della zona è produttivo: cereali (rinomato il grano di Rieti), olivi, vite, ma anche patate, barbabietole, alberi da frutto e foraggi che rendono possibile un notevole allevamento di bestiame. Ne consegue che nella gastronomia di questa terra si registra un intenso consumo di carne che viene cucinata spesso bollita e offerta in composizione mista molto ricca di ogni parte dell’animale. In alcuni locali il bollito misto prende il nome di “fregnacce”. In tutta la regione si mangia robusto e sapido e ovunque si incontrano sapori genuini e popolari. Qui si trovano ancora paste fatte a mano assolutamente straordinarie come i “ciufulitti”, una specie di rigatoni spesso conditi con rigaglie e pomodoro. Le minestre, invece, prima fra tutte la “pasta e ceci”, sono varie e sono legate agli ortaggi ed ai legumi. Mentre ricche e fantasiose sono le frittate e molto diffusi i formaggi tra i quali primeggiano il pecorino e le caciotte. Fra i latticini,la ricotta è quella che meglio si adatta agli usi della cucina, essendo innumerevoli le preparazioni che si prestano al suo impiego. In provincia di Rieti, inoltre, è da ricordare la raccolta del tartufo praticata da tempo immemorabile1. Come in tutte le campagne laziali anche in questa zona è presente la “pizza ricresciuta di Pasqua”, ereditata dalla vicina Umbria. Ma, c’è da dire che i prodotti dolciari locali sono pochi, non molto originali e sempre legati alle festività religiose. LATINA E IL SUO TERRITORIO, LA SEMPLICITA’ DEL GUSTO

La cucina di questa zona può essere suddivisa in due parti: cucina di terra e cucina di mare. Quella di terra propone i cibi tipici di tutta la regione senza particolari tradizioni, anche perché si tratta di una zona molto giovane. Ma, tutti i prodotti agricoli presenti nelle colture di questa terra concorrono a offrire piatti saporiti e genuini, poveri ma gustosi, piatti importati dalla Capitale la cui cucina domina su tutto il Lazio. Fra i prodotti tipici ricordiamo le eccellenti mozzarelle di Latina, il prosciutto di Bassiano, un borgo della provincia di Latina. Indiscussa l'eccellenza delle salsicce di Monte San Biagio e di altri paesi della provincia di Latina. Intensa è la produzione di formaggi, fra i quali è certamente il pecorino quello più diffuso e apprezzato. E, infine, ricordiamo le celebri olive di Gaeta anche per l'uso che se ne fa in cucina, oltre che per la possibilità di cibarsene come appetizers. Il pesce e i crostacei, invece, tra i quali dominano le aragoste, sono cucinati soprattutto alla brace, per conservarne la meravigliosa fragranza. Ottima la pasta cucinata in vario modo: alla pescatora, alle vongole, ai frutti di mare. Inoltre, in questa zona il gelato vanta una buona tradizione: una vera specialità è quello di marroni, che provengono in tutto il Lazio soprattutto dalla zona dei Monti Cimini. Fra i dolci popolari va nominata la “pizza dolce”, una torta ricca di sapori e calorie.

1 Ci sono dei documenti che risalgono addirittura al 1200 che testimoniano la presenza del prezioso tubero in questa

terra.