Statuto Della Metafisica e Teoria Dell’Intelletto Nelle Opere Di Alberto Il Grande

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    Alessandra Beccarisi

    Statuto della metafisica e teoria dell’intellettonelle opere di Alberto il Grande

    La questione circa il soggetto della metafisica nelle opere di Alberto il Grandedivide la maggior parte degli specialisti di Alberto secondo due opposti orienta-menti. Per Beroald Thomassen1 la ricerca del domenicano sfocia inevitabilmen-te nella teologia, e d’accordo con lo studioso tedesco sembra essere anche Alainde Libera2, secondo il quale il Liber de causis et processu universitatis rappre-senta il complemento teologico alla metafisica di Alberto. Secondo entrambi ildiscorso intorno alla prima causa, fondamentale per Alberto, è un discorso suDio. L’ontologia è, per così dire, un prodotto secondario della speculazione al-bertina, perché l’essere è, scrive Alberto sulla scorta del Liber de causis, la pri-

    ma entità creata, da cui deriva la molteplicità del mondo.Jan Aertsen3 al contrario ritiene che la metafisica di Alberto sia soprattutto

    ontologia, poiché, proprio in quanto primum creatum, l’essere è il trascendenta-le per eccellenza e così Alberto secondo Zimmermann4 e Noone si guadagna iltitolo di Pre-tomista. Più precisamente Timothy Noone5, in un suo contributo an-cora inedito, parla di una «fascinating combination of different elements», da

    1 B. THOMASSEN, Metaphysik als Lebensform, Aschendorff, Münster 1985 («Beiträge zum Geschichteder Philosophie und Theologie des Mittelalters», 27), 82.

    2 A. DE LIBERA, Albert le Grand et la philosophie, Vrin, Paris 1990, 51.3 J.A. AERTSEN, Albertus Magnus und die mittelalterliche Philosophie, «Allgemeine Zeitschrift für die

    Philosophie», 21.2 (1996), 111-128, in particolare 124-125; dello stesso autore , Die Frage nach dem er- sten und Grundlegenden. Albert der Große und die Lehre von den Tranzendentalien, in W. SENNER / K. ELM / U. ENGEL  / I.W. FRANK  / U. HORST (Hrsg.),  Albertus Magnus. Zum Gedanken nach 800 Jahren: neueZugänge, Aspekte und Perspektiven, Akademie Verlag, Berlin 2001, 91-112, in particolare 104-107.

    4 A. ZIMMERMANN, Ontologie oder Metaphysik? Die Diskussion über den Gegenstand der Metaphysik im13. und 14. Jahrhundert, Brill, Leiden-Köln 1965 («Studien und Texte zur Geistesgeschichte des Mitte-lalters», 8), 223.

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    T. NOONE, Albert the Great’s Conception of Metaphycal Knowledge, in L. HONNEFELDER / R. WOOD /M. DREYER / M.A. ARIS (Hrsg.), Albertus Magnus und die Anfänge der Aristoteles-Rezeption im lateinischen Mittelalter, Aschendorff, Münster 2004 («Subsidia Albertina», 1), 685-704.

    «Quaestio», 5 (2005), 391-411

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    cui sarebbero poi derivati i futuri sviluppi della teologia tomista e scotista. Lasua tesi si fonda soprattutto su un passo del commento alla Physica di Alberto,in cui contro Averroè e d’accordo con Avicenna il domenicano afferma che il me-

    tafisico si occupa soltanto dell’essere. Non esclude però che il filosofo possa an-che studiare le sostanze separate, purché con questa espressione si intendanonon le intelligenze, ma piuttosto le sostanze separate per essenza e definizione6.Vale la pena di riportare il passo per intero:

    «Est autem et alia reprehensio, qua reprehendit Averroes Avicennam, minus congrua.Dicit enim Avicenna verum, cum dicit non idem esse quaesitum in aliqua scientia etsuppositum, deum autem est substantias sive formas separatas esse quaesitas in pri-ma philosophia et ideo non vere suppositas in ipsa et ideo non esse subiectum primaephilosophiae, quod nescio quare Averroes reprehendit, cum ipsum sit necessarium,quod dixit Avicenna. Scimus enim, quoniam ens est subiectum primae philosophiae,et divisiones et passiones entis esse, quae in prima philosophia tractantur, scilicet per se et per accidens et per potentiam et actum et unum et multa et separatum et non se-paratum. Et cum separatum sit differentia et passio entis, non potest esse subiectum.Et cum dicitur, quod metaphysicus est de separatis, non intelligitur de separatis hocmodo, sicut intelligentiae sunt separatae, sed intelligitur de his quae separata sunt per diffinitionem et esse. Haec autem sunt quae in quiditatibus simplicibus consideran-tur, sicut diximus in istius libri prooemio»7.

    Noone ritiene che Dio possa essere in qualche modo una sostanza separata, inquanto il domenicano lo denomina sia prima causa dell’essere, vero soggetto del-la metafisica, sia esse simplex. Per lo studioso americano, dunque, la metafisicadi Alberto è un’ontologia, che derivatamente è anche teologia.

    La netta contrapposizione tra le due prospettive (o Dio/prima causa o esse inquanto tale) appena delineate è sintomo della difficoltà e della complessità deitesti di Alberto, i quali effettivamente danno ragione sia all’una che all’altra po-sizione. È dunque condannata la filosofia del domenicano ad un irriducibile autaut? Carlos Steel e Andreas Speer 8 hanno proposto una diversa lettura della po-

    sizione di Alberto circa lo statuto della metafisica, individuando nel concetto di

    6 NOONE, Albert the Great’s Conception of Metaphysical Knowledge cit., 702: «In this program of me-taphysical knowledge, God is reached only as the cause of the subject studied by metaphysics (esse sim- plex). But in this second approach the term ‘cause’ is identified as a modification of ens/esse simplex withinthe creaturely order».

    7 ALBERTUS MAGNUS, Physica, I, 3, 18, ed. P. Hoßfeld, Aschendorff, Münster 1987-1993 («Alberti Ma-gni Opera Omnia», VI/1), 76,37-56.

    8 C. STEEL,  Der Adler und die Nachteule. Thomas und Albert über die Möglichkeit der Metaphysik,Aschendorff, Münster 2001 («Lectio Albertina», 4); A. SPEER, “Sapientia ordinatur ad contemplari” – Phi-

    losophie und Theologie im Spannungsfeld der Weisheit bei Albertus Magnus, in J. BRACHTENDORF (Hrsg.),Prudentia und Contemplatio, Ethik und Metaphysik im Mittelalter (Festschrift für Georg Wieland zum 65.Geburtstag), Ferdinand Schöning, Paderborn 2002, 199-221.

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    stigare i fondamenti ontologici della conoscenza scientifica, piuttosto che a svi-luppare una metafisica nel senso del suo scolaro Tommaso d’Aquino.

    I. La teoria dei tre universali ( Physica)

    Timothy Noone aveva ragione quando nel suo articolo St. Albert on the Subject of  Metaphysics and Demonstrating the Existence of God10, sottolineava l’importan-za del commento albertino alla Physica per la discussione sullo statuto della me-tafisica. Ed anche su altro punto aveva ragione Noone: quando Alberto parla diens separatum, intende soprattutto l’essere in quanto essere. Ma che cosa sia ve-ramente questo essere, rimane ancora tutto provare. Può essere preziosa per la

    nostra ricerca una puntualizzazione dello stesso Alberto, che nel passo prece-dentemente citato a pag. 112 recita: «Haec [cioè le substantiae separatae] autemsunt quae in quiditatibus simplicibus considerantur, sicut diximus in istius libriprooemio». Le sostanze separate sono investigate nelle (tramite) quiddità sem-plici, come abbiamo già detto nel proemio di questo libro, ovvero: per compren-dere cosa siano le sostanze separate, bisogna aver ben chiaro il concetto di sim- plex quiditas. È una pista che vale la pena di percorrere, perché conduce allascoperta di una nuova prospettiva, da cui guardare all’idea di metafisica secon-do Alberto:

    «Si enim accipiatur diffinitio substantiae, secundum quod substantia est, ipsa erit ab-strahens ab omni magnitudine et sensibilibus, et ideo dabitur diffinitio illa per quidi-tates simplices, quae simplicia concepta sunt intellectus. [...] Physicorum vero quidi-tas in eo, quod quiditas est in intellectu, quia omnis rei ratio per intelligibilia est. [...]Adhuc autem, cum prima simplex quiditas primum det esse, a quo fluit esse huius qui-ditatis in mensurato per quantitatem, a quo ulterius etiam profluit esse huius sensibi-lis distincti per quantitatem et distincti per formas activas et passivas, erit primumabsque dubio causa secundi et tertii, unde tam mathematica quam naturalia causan-tur a metaphysicis et accipiunt principia ab ipsis [...]»11.

    Da questo passo, a cui rinvia lo stesso Alberto, si possono ricavare quattro datiimportanti:

    1. La progressiva indipendenza dal movimento e dalla materia dei soggettidelle tre scienze viene spiegata da Alberto come una minore o maggiore sem-plicità della quiditas. Poiché una cosa è definita dalla propria quiddità, tanto più

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    T. NOONE

    , Albert the Great on the Subject of Metaphysics and Demonstrating the Existence of God,«Medieval Philosophy and Theology», 2 (1992), 31-52, in particolare 38-43.11 ALBERTUS MAGNUS, Physica, I, 1, 1, ed. Hoßfeld, 2,59-83.

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    essa è staccata dalle determinazioni, tanto più la sua quiddità è semplice, e vi-ceversa.

    2. La sostanza completamente astratta da qualsiasi determinazione spazio-

    temporale è definita da una quiddità assolutamente semplice, che è anche unsemplice concetto dell’intelletto («Et ideo dabitur diffinitio illa per quiditatessimplices, quae simplicia concepta sunt intellectus»).

    3. I concetti o intelligibilia sono secondo Alberto la ragione delle cose (ratiorei).

    4. La semplicità progressiva dei soggetti delle tre scienze e delle loro quidi-tates si fonda sul processo emanativo dell’essere dalla prima causa, secondo unoschema tipicamente neoplatonico, che Alberto desume dal Liber de causis.

    Analizziamo ora i quattro punti. Se la ragione della cosa, la sua definizione,è determinata dalla sua quiddità, e se esiste una scala di quiditates, che sono an-che concetti dell’intelletto, allora ne risulta che il mondo si manifesta come unastruttura ordinata secondo livelli intellettuali sempre più generali. In altre pa-role: alla domanda socratica “Che cos’è questo” Alberto offre differenti rispostea seconda del livello di intelligibilità o di esattezza che l’uomo vuole raggiunge-re: fisica, matematica e metafisica tendono tutte alla definizione di un fenome-no, ma i soggetti studiati sono ordinati secondo una maggiore o minore univer-salità, benchè ciascuna scienza in sé considerata sia assolutamente vera.

    Per questo fisica e matematica presuppongono necessariamente la metafisi-ca, in quanto è l’unica ad investigare i fondamenti ultimi, le quiddità assoluta-mente semplici, dell’universo. Parla qui forse Alberto anche di Dio? Secondo meno. Quando Alberto definisce la prima causa come prima simplex quiditas, esclu-de chiaramente qualsiasi argomentazione teologica.

     Prima simplex quiditas significa, se ho ben compreso le intenzioni di Alber-to, la quiddità assolutamente indeterminata, che è a fondamento dell’intelligibi-lità e dell’essere del mondo. E poiché esse et quiditas univocantur, come Alber-to sottolinea poche pagine dopo (4,81), la prima quiddità è anche l’essere puro

    e semplice, e può quindi a buon diritto essere soggetto della metafisica, senzachiamare in causa Dio come creatore dell’essere.Se e in che senso questo essere puro precontiene in sé la manifestazione sen-

    sibile dell’universo, e come l’investigazione delle quiditates determinate spazio-temporalmente conduca alla scoperta della prima quiddità assolutamente inde-terminata, sono questioni che affronterò tra breve.

    Per il momento è sufficiente chiarire, che quando Alberto parla di quiditasoppure, come nel passo seguente, di forma, intende un particolare modo, per co-sì dire, epistemologico, di considerare la sfera dell’essere. In gioco è infatti sem-

    pre la possibilità di definire un oggetto o un fenomeno, cioè la possibilità dellaconoscenza scientifica:

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    «Nomina autem formae varia sunt in communi secundum duos modos, scilicet secun-dum quod ipsa est finis motus et secundum quod ipsa est dans esse rei formatae. Se-cundum quod enim ipsa est finis motus, sic dicta est esse divinum et optimum et ap-

    petibile, secundum autem quod est dans esse, sic habet alia nomina. Diversificantur autem nomina prima secundum intentionem eius quod movetur ad ipsam. Potest enimforma accipi, secundum quod est finis intentionis et secundum quod est finis appeti-tus per intentionem directi. Et siquidem ipsa est finis intentionis, hoc est dupliciter,scilicet secundum relationem ad primam causam, cui in esse quodammodo se assimi-lat, quantum potest, et sic est divinum, et secundum quod est finis motus absolute, etsic dicit esse optimum, quia bonum est per se finis eius quod movetur ad ipsum. Se-cundum autem quod quietat appetitum imperfecti, sic est appetibile quiddam. Formaautem dicitur, eo quod distinguit et informat informitatem materiae, et species, se-cundum quod est dans esse et cognitionem rei, et ratio, secundum quod ab ea sumitur 

    vera rei diffinitio. Idea autem dicitur et paradigma et imago, secundum quod proceditab exemplari suo, quod habet in causa prima. Omnis enim forma, quae per esse est inmateria, prius fuit in motore primo, propter quod etiam ipse dicitur a Platone mundusarchetypus [...]. Si ergo consideretur foma in exemplari primo, dicitur idea. Si autemconsideretur ratio formae, ad quam omnis forma fit in materia illa, dicitur paradig-ma»12.

    Forma, come ratio rei, è ciò che permette la vera definizione di un oggetto, maAlberto nel proemio aveva anche stabilito che un oggetto è definito dalla sua qui-ditas. Ne risulta così l’equivalenza tra quiditas et forma, nel senso di “ciò chepermette la definizione”.

    Viene così posta in queste righe una teoria della forma che Alberto svilup-perà sia nel De intellectu et intelligibili che nella Metaphysica: la forma, o qui-ditas, intesa come ciò che permette la conoscenza, è anche ciò che dona l’esse-re alla cosa. Come ha giustamente fatto notare Georg Wieland13 questo dare es- se non ha un significato esistenziale, ma si riferisce piuttosto ad una struttura“quidditativa” ( washeitlicher Struktur) del mondo.

    Se dunque è vero, che tale struttura quidditativa è ciò che rende possibile la

    definizione di una cosa, e al contempo fonda l’essere della cosa stessa, ciò si-gnifica che l’interesse di Alberto per l’ontologia era orientato soprattutto al suoaspetto epistemologico. In altre parole: ad Alberto interessava la fondazione on-tologica della scienza.

    Una convincente dimostrazione di quanto affermo sono le argomentazioni on-tologiche in un’opera, come il De intellectu et intellegibili, che tratta soprattutto

    12 ALBERTUS MAGNUS, Physica, I, 3, 17, ed. Hoßfeld, 74,84-75,21.13

    G. WIELAND, Untersuchungen zum Seinsbegriff im Metaphysikkommentar Alberts des Grossen,Aschendorff, Münster 1971 («Beiträge zum Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters»,7), 27.

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    della conoscenza umana, dell’importanza della predisposizione umana alla co-noscenza nel contesto del commento alla Metaphysica e infine della spiegazio-ne di fenomeni biologici e fisici sulla base di una ben determinata struttura on-

    tica nel De animalibus.Queste opere verranno analizzate più avanti. Ora vorrei affrontare un altro

    problema. Secondo Alberto le forme disseminate nella materia, sono contenuteoriginariamente in un primo motore («Omnis forma, quae per esse est in mate-ria, prius fuit in motore primo»). È una tesi nota, ma che nel contesto della Phy- sica solleva due questioni: una di natura ontologica (lo stato della forma nel pri-mo motore e nella materia) ed un’altra di tipo epistemologico (il rapporto tra di-versi stati ontologici della forma e il concetto di ratio rei o quiditas, che per Al-berto è uno dei significati di forma).

    La soluzione di Alberto a tali problemi è la famosa teoria degli universali, chevorrei considerare però da una prospettiva inusuale.

    Nel primo capitolo del suo commento alla  Physica Alberto distingue l’uni- versale physicum dall’universale simpliciter. Quest’ultimo è la semplice quidditàdi una cosa, cioè la sua ratio o forma, come già detto. L’universale simpliciter èciò che l’uomo raggiunge durante il suo processo conoscitivo, quando dall’og-getto determinato e concreto astrae l’elemento intellegibile, che Alberto chiamaanche universale a re.

    Ora, abbiamo visto che la scintilla di intelligibilità presente (universale in re)in una cosa è la quiditas o forma, fluita da un principio originario e semplice ( sim- plex quiditas). Tale principio precontiene in sé tutto ciò che è determinato e con-tratto (ciò che per l’universo si squaderna, diceva Dante) ed è proprio questo prin-cipio che Alberto definisce come universale physicum o universale ante rem.

    Per la maggior parte degli studiosi Alberto è l’inventore della teoria dei tre sta-ti dell’universale, confondendo ciò che da Alberto è mantenuto chiaramente di-stinto, ovvero l’aspetto logico e quello epistemologico. L’universale a re è, infatti,il risultato di un processo di astrazione, mentre l’universale ante rem ed in re so-

    no due differenti livelli di una struttura ontica dell’universo, che è alla base delprocesso conoscitivo. È soprattutto a questo secondo aspetto, cioè a quello onto-logico, che Alberto si mostra interessato, tanto che nelle opere più tarde come il De intellectu et intelligibili e la Metaphysica, approfondisce il concetto di univer- sale physicum, cioè l’idea dello stato delle forme nella prima causa, introducen-do un quarto livello, ovvero quello della forma o essentia communicabilis.

    Dall’analisi della Physica la nostra discussione acquisisce così quattro nuo-vi elementi:

    1. L’intelligibilità del mondo si fonda su progressiva semplicità della quiditas.

    2. La quiddità è anche definita ratio rei o universale simpliciter o forma.3. Essa è colta dall’uomo durante un processo di astrazione.

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    4. La regolarità e legittimità del conoscere umano sono garantite da una pri-ma causa, denominata anche universale physicum o ante rem.

    Tale prima causa è tuttavia non soltanto condizione dell’intelligibilità del

    mondo, ma anche presupposto della regolarità dei fenomeni biologici, chimici efisici.

    II. La donnola e il serpente ( De animalibus)

    Nel libro XXI del De animalibus Alberto riportava il caso di una donnola, cheper immunizzarsi contro il veleno di un serpente, mangia un’erba medicamen-tosa, dimostrazione, scriveva ancora il domenicano, che anche gli animali, co-me gli uomini, possono apprendere attraverso l’esperienza14. Tuttavia mentre glianimali si limitano alla conoscenza del singolo evento, incapaci così di elevarsidal livello della pura sensorialità, a quello della comprensione, gli uomini alcontrario sono in grado di cogliere, dietro la molteplicità dell’esperienza, lastruttura intellegibile, che ne sta alla base. Sono in altre parole capaci di coglierel’universale.

    Tale privilegio si fonda su una struttura ontica dell’universo, costituita daquattro diversi livelli, che Alberto descrive dettagliatamente alla fine del libro

    XX, al fine di individuare i principii formali dei corpi animali. Tali principii so-no: la virtù della prima causa, la virtù dei cieli, la virtù dell’anima e le forme nel-la materia.

    Questa struttura risulta dall’attività della prima causa, che, come Alberto sot-tolinea, costituisce il fondamento e la condizione delle forze celesti e terrestri(«virtus ista est quasi fundamentum omnium aliarum»)15. Denominata ancheprima forma, la prima causa è semplice, universale e incessantemente attiva, egrazie a queste caratteristiche essa precontiene la molteplicità delle manifesta-zioni sensibili, che non sono altro che il risultato di un progressivo allontamen-

    to della forma dal primo principio16.La prima determinazione di questa inesausta attività è costituita dai movi-menti di rivoluzione dei pianeti, i cosiddetti peryodi, le cui forme, così come la

    14 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XXI, 1, 2, ed. H. Stadler, Aschendorff, Münster 1920 («Beiträ-ge zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters», 16), 1327,28-38.

    15 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 1, ed. Stadler, 1307,23-24.16 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 1, ed. Stadler, 1307,39-1308,3: «Omni autem eodem mo-

    do est intelligendum de forma primi motoris simplicis quod quidem praehabet et simpliciter habet in se

    omnem multitudinem secundorum: et quando determinatur, non determinatur per ea, quae inducunt no-vum esse, quod non sit ab ipsa, sed potius inducunt materialitatem et contingentiam et multiplicitatem,quae potius sunt recedentia ab esse vero, quam accedentia ad ipsum».

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    forma della prima causa, sono assolutamente semplici ed attivi. Queste formesono legate gerarchicamente le une alle altre a seconda della loro maggiore o mi-nore vicinanza alla causa prima, o in altre parole, a seconda della loro maggio-

    re o minore universalità. Si può infatti anche parlare di una progressiva deter-minazione della prima forma assolutamente semplice, senza dimenticare, però,che ogni livello superiore precontiene, tutto ciò che in modo maggiormente de-terminato si manifesta ad un livello inferiore. In questo senso ciascuna forma èun universale:

    «Et hoc est, quod dicitur, quod quaelibet intelligentia movens orbem est plena formis,sed superiores habent magis formas universales et inferiores magis determinatas etminus universales. Universales autem dico secundum quod universale est causa for-

    maliter praehabens et simpliciter habens ea, quae post ipsum sunt, non secundum am-bitum praedicationis»17.

    L’espressione «universale non secundum ambitum praedicationis» precisa chequeste forme non sono il risultato di un processo logico, dipendente dallo spiri-to umano, ma piuttosto lo stadio di una determinata struttura del mondo. In que-ste righe Alberto riprende, infatti, la differenza analizzata nel commento alla Physica tra universale simpliciter o universale a re e universale physicum o uni- versale ante rem. Qui come nella Physica definisce l’«universale non secundum

    ambitum praedicationis» come una causa, che ha formalmente in sé tutto ciò cheè causato18. Le forme universali sono, per così dire, le istruzioni per l’uso che re-golano i fenomeni fisici della vita sulla terra. Perciò Alberto è convinto che lostudio del movimento dei pianeti renda possibile all’uomo la previsione di even-ti futuri, in quanto questi non sono altro che la manifestazione sensibile delleforme dei cieli19.

    Ulteriore delimitazione della virtù della prima forma o prima causa sono iprincipii formali dei corpi, che, esattamente come nel caso degli stati fin qui ana-lizzati, sono contemporaneamente unitari e molteplici e rappresentano, ciascu-

    no di essi, una più o meno precisa immagine del mondo, a seconda della loro so-

    17 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 2, ed. Stadler, 1309,9-14.18 A proposito dell’influsso esercitato sulla cosiddetta Scuola di Colonia del concetto albertino di cau-

     sa praehabens rimando a M. RITA PAGNONI, A propos du néoplatonisme d’Albert le Grand. Aventures et mé- saventures de quelques textes d’Albert dans le Commentaire sur Proclus de Berthold de Moosburg, «Archi-ves de Philosophie», 43 (1980), 635-654.

    19 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 2, ed. Stadler, 1309,37-43: «Quod autem hic necessa-rium est sciri hoc est, quod forma peryodi est essentia simplex et actu et virtute multiplex, ut diximus, et

    est informans qualitates materiae generabilium secundum principium et incrementum et statum et decli-nationem et finem esse et vitae: et ideo astronomorum peritiores pronosticantur de inceptione et progres-su et fortuna et fine vitae, per studium quod ponunt in cognoscendo peryodum».

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    miglianza con una delle forme descritte fino ad ora. Tuttavia solo nell’uomo ilprincipio formale, che i teologi chiamano anche anima, si realizza compiuta-mente, poichè l’uomo possiede in sé la virtù della prima causa. In quanto intel-

    letto, infatti, l’uomo deriva direttamente dal primo principio, come Alberto, sul-la scorta di Aristotele, non manca di sottolineare nel XVI libro del De animali-bus. Come entità biologica, invece è il frutto di una «forma inchoata» come le al-tre entità dell’universo20. In virtù di questa doppia origine e grazie alla sua affi-nità elettiva con le forme intellettuali l’uomo possiede la capacità di «pronosti-care»21.

    L’ultimo e maggiormente determinato livello di questo processo è costituitodalla combinazione dei quattro elementi nella materia, di cui Alberto di nuovoevidenzia la dipendenza dalla prima causa attraverso la mediazione delle forzecelesti22.

    La totalità del mondo si mostra dunque come un fluire ben regolato della for-ma dalla prima causa, che Alberto intende nel senso dell’emanazione neoplato-nica, da cui egli deduce una costante attività e attualità, che si può rintracciaresino ai suoi effetti più lontani e determinati. L’incessante fluire del primo prin-cipio è infatti la condizione formale della regolarità dei fenomeni biologici, chi-mici e fisici perché gli influssi, che attraverso la mediazione dei movimenti eter-ni e costanti delle stelle e dei pianeti operano sulla terra, formano una rete di

    leggi e cause necessarie.La struttura formale dell’universo fino ad ora descritta è alla base anche del-la validità del conoscere umano, in quanto il principio verso cui tende tutto ciòche è in movimento, è, dice Alberto, la più perfetta delle forme. Da questa for-ma deriva, come già stabilito, la vera definizione di una cosa, che secondo Al-berto è propria del metodo scientifico23.

    20 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XVI, 1, 6-9, ed. Stadler, 1078-1089.21 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 3, ed. Stadler, 1313,6-12: «In hiis quatuor anima est yma-

    go mundi et probatur per hoc, quod anima praecipue hominis multum imitatur causam primam et intel-lectus caelestis et ideo etiam totus ordo caelestis sigillatur in ea in somniis et pronosticatur per somniade omnibus, quae causantur a motibus caelestibus. Cum igitur sic sit ymago caelestium virtutum et mo-tuum, non est mirum, quod valde multarum est virtutum et operationum».

    22 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XX, 2, 4, ed. Stadler, 1316,22-38: «Sed hoc maxime adverten-dum est, sicut saepius diximus, quod omnes istae qualitates elementales se habent ad virtutes luminumcaelestium sicut instrumenta [...] et virtutes intellectuum caelestium sunt sicut instrumenta causae pri-mae sive virtutis primae, quae procedit a causa prima operans in generatis et efficiens esse».

    23 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XI, 1, 2, ed. Stadler, 766,1-5: «Videmur autem in omnibus mo-bilibus ad formam, sicut diximus, quod causa prima, quae diffinitur esse illa, propter quam sint omnes

    aliae, sit eadem cum forma, a qua sumitur rei diffinitio vera in omnibus rebus illis, quarum generatio estsustentantio in esse vero per naturam, quae vere est forma rei» e ancora ALBERTUS MAGNUS, De animali-bus, XXI, 1, 2, ed. Stadler, 1328,8-11: «Ratio enim est vis animae discurrendo per experta ex memoriis

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    Considerando la causalità finale ed efficiente come varianti della causalitàformale, Alberto concepisce l’universo come un ordinato complesso di cause,che sono anche principii formali, ovvero forme.

    Per questo la donnola rimarrà per sempre legata alla singola esperienza, in-capace di cogliere, attraverso la problematizzazione del dato puntuale e finitonel tempo e nello spazio, l’intellegibilità di fondo. Dinanzi all’uomo al contrariola molteplicità del mondo si manifesta secondo livelli progressivi di intelligibi-lità. Nel momento in cui egli cerca di cogliere la definizione di un fenomeno,cioè l’universale, l’uomo ricostruisce la struttura ontica dell’universo, in quantoegli tende, per natura, a cercare una quiditas più semplice, cioè più precisa. Nonsolo: come immagine del mondo (imago mundi) ha già in sé i mezzi per poter co-

    noscere scientificamente il mondo. Se l’universo è effettivamente una strutturaordinata secondo quiddità più o meno determinate, e se l’uomo è parte di que-sta struttura, allora se ne deve necessariamente concludere, che l’intelletto, at-traverso cui egli conosce, non è altro che un livello del fluire della forma dallaprima causa24.

    Il fenomeno della conoscenza umana può essere dunque considerato da duepunti di vista: dal basso, attraverso l’investigazione delle forme determinate, checonduce inevitabilmente ad individuare una prima causa; oppure dall’alto, at-traverso l’analisi di un principio semplice e indeterminato, che garantisce l’in-

    telligibilità del mondo. A queste due diverse prospettive sono dedicate alcuneulteriori considerazioni.

    III. Il filosofo e il profeta ( De intellectu et intelligibili)

    Il De intellectu et intelligibili è costituito da due parti composte probabilmentein momenti diversi, e che trattano anche temi differenti: nella prima, Alberto siinterroga circa il contenuto, l’oggetto della conoscenza umana, nella seconda po-ne la questione circa una valutazione quantitativa e qualitativa della conoscen-

    accepta, per habitudinem localem aut sillogisticam, universale eliciens et ex illo principia artium et scien-tiarum per similes habitudines conferens».

    24 ALBERTUS MAGNUS, De animalibus, XXI, 1, 1, ed. Stadler, 1325,8-18: «Amplius solus homo ut su-perius probatum est, est ymago et similitudo mundi tam secundum animam quam secundum corpus: om-ne autem aliud animal deficit secundum plus vel minus et defectus est ex carentia alicuius ad perfectio-nem pertinentis. Patet igitur etiam ex isto, quod solus homo perfectissimum est omnium aliorum. In eoenim, in quo quodcumque animalium non habet simbolum cum hiis, quae universaliter causant mundum,

    in hoc non imprimitur ab illo: propter quod non imprimitur ab intelligentia nisi homo; nec est aliquod ani-malium, quod ita a caelo imprimatur sicut homo: propterea quod aequalitas complexionis eius magis in-ter omnia animalia accedit ad naturam caeli et aequalitatem».

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    za. In altre parole Alberto si propone di scoprire il cosa, come e quanto della co-noscenza umana.

    Il primo libro diviso in tre trattati, trasmette l’idea radicale di una scienza che

    può fare a meno dell’uomo e che per questo scandalizzò i contemporanei di Al-berto. È una tesi, che rinnovava la teoria, esposta nel commento alla  Physica,del triplice stato dell’universale, in quanto Alberto, introduceva il concetto diun’immutabile e univoca essentia o forma communicabilis come quarto e vero si-gnificato di universale.

    La teoria classica derivata da Avicenna si rivelava, infatti inadeguata a chia-rire il fenomeno della conoscenza scientifica. Essa poneva una frattura insana-bile tra la prima causa o forma assolutamente semplice e le forme determinatenella materia. Alberto osservava giustamente che se questa forma è semplice èanche assolutamente astratta. Si rivela di nessuna utilità al processo conosciti-vo umano. Un oggetto qualsiasi, infatti, deve contenere in sé, in qualche modoun elemento di intelligibilità per poter essere conoscibile e quindi rendere pos-sibile l’acquisizione della scienza igitur («per universalia praeexistentia etpraehabentia esse rerum nulla res cognoscitur: et sic inutiles sunt ad scientiasrerum»)25.

    Dopo la composizione del commento alla Physica, Alberto aveva intrapresola stesura del De animalibus e da buon aristotelico sapeva bene che la cono-

    scenza scientifica si fonda sull’esperimento e che l’esperimento a sua volta hasempre a che fare con entità determinate e concrete. Alberto era tuttavia ancheconsapevole, di quanto fosse necessaria una fondazione del sapere, che natural-mente non poteva essere ricercata nella dimensione spazio-temporale. Perciòcombinando elementi platonici e aristotelici, Alberto escogita un sistema, chetenga conto sia dell’esperienza empirica sia delle pretese dell’intelletto. Egliparte, infatti dalla considerazione che l’universo, così come si manifesta davan-ti ai nostri occhi, sia di per sé intellegibile. Ciò comporta, però, che ogni ele-mento dell’universo debba avere in sé, qualcosa che possa essere colto dall’in-

    telletto. Questo “qualcosa” non può certamente essere nella materia, deve per-ciò essere una forma, che, in quanto fine della generazione e corruzione, è defi-nita actus; ma in quanto è tutto l’essere della cosa, si chiama quiditas. Ora, cia-scuna quiddità propria, determinata e contratta («determinata, particularizata,propria quiditas») deve presupporre, secondo Alberto, un elemento universale,che sia contemporaneamente semplice, ma anche di per sé comunicabile(«communicabilis secundum aptitudinem»). In questo senso l’universale èun’essentia o forma communicabilis, che in quanto tale è soltanto nell’intelletto.

    25 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, I, 2, 5, ed. A. Borgnet, Parisiis 1891, 496b.

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    Ma se si considera l’universale in sé, cioè a prescindere dalla sua attitudine al-la comunicabilità, esso è un’entità assolutamente separata («essentia quaedamabsoluta in se ipsa»).

    Da ciò risulta, però, che non vi è alcuna sostanziale differenza tra i diversistati della forma. Si tratta piuttosto di una relatività dei punti di vista, da cui siricava che l’intelletto colto nell’atto del pensare, in realtà non pensa altro che sestesso:

    «Planum autem est ex his quae dicta sunt, quod intellectus non alia operatione siveactione intelligit suum intelligere, quam intelligendo sua intelligibilia: et quod intel-ligit se, quodlibet intelligibilium intelligendo. Cujus causam jam diximus, quia intel-lectus sonat lucem incorpoream naturae intellectualis, quae sive accipiatur in natura

    ipsa intellectuali, sive manans ab ipsa, sive recepta, sive terminata super intelligibi-le, non habet in se formalem aliquam differentiam. Si autem ad alia referantur illa,tunc differunt secundum ea ad quae referuntur»26.

    L’idea di un’essentia o forma communicabilis rappresenta dunque un progressonel quadro della teoria degli universali, che, ripeto, non fu sviluppata soltantonel contesto della logica. Come ha già osservato de Libera27, nel concetto di es-senza in sé semplice, ma comunicabile vengono a coincidere ontologia ed epi-stemologia. Ma non nel senso, come intende lo studioso francese, che qualsiasi

    essenza comunicabile è un universale, ma piuttosto nel senso che, per Albertol’essentia secundum aptitudinem è sia il risultato del tradizionale, già analizzatoprocesso di astrazione, sia il principio formale indipendente dalla materia chefonda ontologicamente le singole quiditates. Infatti, come Alberto sottolinea, tut-to l’essere della cosa deriva esclusivamente dalla forma, che per la sua opera-zione ha bisogno della materia se non per la determinazione dello stesso esseredella forma:

    «Nec est putandum inconveniens, quod forma dicitur totum esse rei: quia materia nihil

    est de esse rei, nec intenditur a natura: quia si esse posset forma in operatione sineipsa, numquam induceretur in materiam: sed quia hoc esse non potest, ideo requiri-tur materia non ad esse, sed ad ipsius esse determinationem. Hoc ergo ultimo consi-derata forma praedicatur de re cujus est forma, et sic separata per intellectum est uni-versale in intellectu: et ideo aptitudo suae communicabilitatis reducitur ad actum inintellectu separante ipsum ab individuantibus»28.

    26 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, I, 3, 1, ed. Borgnet, 499b.27 A. DE LIBERA, Théorie des universaux et réalisme logique chez Albert le Grand, «Revue des Sciences

    Philosophiquus et Theologiqus», 65 (1981), 55-74, in particolare 70-71: «On peut donc dire que toute es-sence communicable est un universel, quand même elle ne donnerait l’être qu’à un seul individu».28 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, I, 2, 2, ed. Borgnet, 493b.

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    La rielaborazione della teoria degli universali fu probabilmente motivata dallalettura del De intellectu di al-Færæbî, questione su cui tornerò tra breve. Al mo-mento vorrei sottolineare, che l’universale inteso come essenza intellettuale co-

    municabile, conserva la sua validità a prescindere da qualsiasi condizione par-ticolare. Poiché esso è univoco rispetto a tutte le essenze determinate, è anchesempre valido, indipendentemente dall’esistenza o meno dell’uomo concreto(anche perchè in quanto intelletto, l’uomo è universale). Solo in questo modo l’u-niversale può garantire una scienza perpetua e incorruttibile:

    «Ex dictis autem adhuc accipitur, quod cum universale sit in essentia rei secundumaptitudinem quam habet ad existendum in pluribus tota: et cum illa aptitudo aequali-ter sit respectu praeteritorum et praesentium et futurorum, quod universale quod est

    substantia rei, vel fundatur in ipsa substantia, univocum est respectu omnium praete-ritorum praesentium et futurorum.Adhuc autem cum sit de aptitudine essentiae quae est ante materiam et compositum,patet quod nullo existente homine particulari, adhuc est vera, homo est animal, ethujusmodi aliae locutiones.Ex his iterum intelligitur, quod licet destructis primis substantiis impossibile sit ali-quid aliorum remanere, tamen scientia perpetuorum est, et perpetua est et incorrup-tibilis: eo quod non fundatur nisi super aptitudinem communicabilitatis formae et es-sentiae, et ea quae sunt passiones et differentiae ipsius [...]»29.

    In altre parole: la fondazione della conoscenza scientifica non può prescindereper Alberto da una progressiva problematizzazione dell’esperienza empirica,che conduce sino alla scoperta di un’essenza semplice e indeterminata, attra-verso la riscoperta di un principio intellettuale proprio dell’uomo.

    Problematizzazione dell’esperienza empirica e fondazione del sapere scien-tifico sono temi che Alberto approfondisce a seconda delle esigenze del mo-mento o sulla base di nuovi testi: nel commento alla Physica egli era interessa-to soprattutto a fondare l’esattezza di una scienza che aveva come oggetto l’es-sere in movimento. Nel De animalibus Alberto intendeva invece garantire la re-

    golarità dei fenomeni biologici e chimici. Nella prima parte del trattato sull’in-telletto egli rinnova la teoria degli universali per offrire un fondamento più soli-do alla scienza, introducendo l’idea di uno stato intermedio della forma, con-temporaneamente unica e comunicabile. Tale soluzione, mettendo insieme lepretese di Aristotele con quelle di Platone, rappresenta la condizione indispen-sabile per una teoria della progressione del sapere, a cui Alberto dedica la se-conda parte del suo De intellectu.

    Anche qui tutta l’argomentazione ruota intorno al concetto di forma, vista ora

    29 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, I, 2, 3, ed. Borgnet, 494b-495a.

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    però da un punto di vista ontologico, in quanto il domenicano introduce l’ideadella forma del mondo (Forma mundi), centrale, come ha osservato Sturlese, nel De intellectu et intelligibili. Per comprendere questa dottrina è necessario bre-

    vemente richiamare alcuni elementi dottrinali già analizzati.Abbiamo visto come Alberto delinei una struttura del mondo divisa in quat-

    tro ordini (prima causa, forme celesti, immagine del mondo, forme nella mate-ria), in cui le forme di ogni ordine sono legate le une alle altre secondo una ge-rarchia dipendente da una maggiore o minore distanza dal primo principio. Tut-te queste forme sono contemporaneamente unitarie e molteplici, a seconda sevengano considerate in sé oppure negli effetti della loro attività e in questo sen-so sono, scrive Alberto, «universales non secundum ambitum praedicationis»,cioè non sono il risultato di un processo di astrazione. Nel commento alla Phy- sica aveva, infatti, ben distinto l’universale physicum o causa originaria dall’uni- versale simpliciter o quiddità determinata nella cosa (esse rei). Formulato diver-samente: Alberto aveva distinto ciò che fonda, da ciò che viene fondato. Inoltreal terzo ordine della struttura ontica delineata nel De animalibus è situato l’uo-mo, vera immagine dell’universo, poiché, come intelletto, deriva direttamentedalla prima causa («non imprimitur ab intelligentia nisi homo»).

    Nella prima parte del De intellectu et intelligibili Alberto introduce l’idea diun universale, che è sia il principio che fonda l’intellegibilità di una cosa, sia ilrisultato di un processo di astrazione. Tale principio, che come intelligibile o for-ma communicabilis è solo nell’intelletto, in sé considerato rinvia ad una entitàtotalmente semplice e astratta. Ma da dove deriva allora questa forma oppuredetto diversamente: su cosa si fonda veramente la conoscenza scientifica?

    La risposta a questa domanda si trova nella seconda parte del De intellectu,in cui Alberto scrive:

    «[...] sicut soli ex lumine sibi substantiali fontaliter convenit luces emittere in mun-dum, ita et multo magis intelligentiae agenti et maxime causae primae ex lumine suaesubstantiae convenit luces emittere, quae sunt formae omnium eorum, quae forman-

    tur. Et sic animae in suum universum membrorum convenit vitas emittere, quae tamenvitae secundum opera vitae specialia determinantur in membrum, licet in anima sintomnes illae vitae una vita indivisibilis in substantia multiplex secundum virtutem: itaintelligentiae primae convenit luces emittere in totum universum. Et ideo subtilioresPeripateticorum distinxerunt inter formas mundi et formas materiae, formas mundi vo-cantes universaliter relatas ad universum, formas autem materiae dicentes eas quaesunt dantes esse materiae. Formae igitur mundi sunt ab intelligentia ex hoc quod ipsaest intelligentia, et quando fiunt in anima, fiunt magis in anima ex parte illa qua fluunta forma mundi, quam ex parte illa qua per esse sunt in materia»30.

    30 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, II, 2, ed. Borgnet, 506a.

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    L’inesausta attività della prima causa consiste, lo abbiamo visto, in un interrot-to fluire di forme, che in quanto determinate e contratte nella materia, presie-dono alla generazione ed alla corruzione, rendendone anche possibile la cono-

    scenza («dantes esse materiae») ma in quanto semplici e indeteterminate rego-lano sotto forma di leggi generali questi processi. Per questo si può definire lastessa forma come forma nella materia o forma del mondo.

    Entrambe le prospettive vengono a coincidere nell’animo umano, nel mo-mento in cui l’uomo conosce scientificamente. A causa della sua posizione nel-la struttura del mondo, l’uomo ha sempre primariamente a che fare con l’espe-rienza sensibile, attraverso la quale egli può scoprire ciò che di intellegibile ènel mondo che lo circonda. In questo modo l’uomo coglie la definizione o quid-dità di una cosa, che come tale è puro intellegibile o universale. Se tuttavia l’uo-

    mo riflette sulla propria essenza intellettuale, sede per così dire degli intelligi-bili, deve necessariamente concludere che questi a sua volta presuppongono unprincipio ancora più semplice. Benché, infatti, l’intellegibile ( forma communi-cabilis) sia anche il risultato di un processo di astrazione, come universale rin-via più alla sua origine formale, che alle forme determinate nella materia.

    Le forme del mondo non sono dunque altro che regole del funzionamento del-l’universo, come afferma Sturlese31, che sono anche però principii della struttu-ra ontica del mondo. Quando l’uomo svolge un’attività scientifica, pensa secon-do regole (intelligibilia o formae) sempre più generali, regole che poi riflettonouna particolare costituzione dell’universo, costituzione che è, in definitiva, dinatura intellettuale (struttura di natura intellettuale significa: l’uomo conosce at-traverso forme, che sono concetti dell’intelletto, e le forme costituiscono la strut-tura del mondo).

    La struttura della realtà corrisponde così al progredire dell’intelletto nell’ac-quisizione del sapere, il cui oggetto è la stessa realtà. Parlo di “progressione del-l’intelletto”, perché l’uomo, come abbiamo visto, raggiunge progressivamenteuna conoscenza sempre più generale e quindi sempre più esatta, fino ad arriva-re al primo intelletto o prima causa.

    Alberto concepisce il progredire della conoscenza umana, come una scala diintelletti, che conduce dall’intelletto possibile sino all’intelletto divino. L’inter-pretazione di questa scala nel senso di una perfezione dell’uomo è nota. Per quanto mi riguarda penso piuttosto si tratti di una progressione della conoscen-za32, che sicuramente ha interessanti risvolti, come la profezia o la magia, masempre inclusi nel quadro della conoscenza scientifica.

    31

    L. STURLESE

    , “ Intelletto acquisito e divino”. La dottrina filosofica di Alberto il Grande sulla perfezionedella ragione umana, «Giornale critico della filosofia italiana», 82 [84] (2003), 161-189, in part. 179.32 Cfr. in proposito STURLESE, “ Intelletto acquisito e divino” cit., 161-189.

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    Nelle pagine del De intellectu et intelligibili Alberto descrive sulla base del-la dottrina avicenniana della subtilitas33 l’esperienza intellettuale di un uomo omeglio di uno scienziato, che attraverso lo studio e la ricerca raggiunge la defi-

    nizione di un fenomeno, («in effectu positus est omnium intelligibilium quaeipse est in potentia»)34 e cogliendola nella sua essenza, scopre in sé la proprianatura intellettuale («et sic adipiscitur homo suum proprium intellectum»)35.Come puro intelletto è però l’uomo una delle forme del mondo, e questo gli con-sente di comprendere le regole ( formae) che sottendono al movimento di rota-zione dei pianeti ( peryodi, come nel De animalibus), e dunque di prevedere glieventi futuri («in ipso efficitur sicut stellae coeli, et intellectus huic lumini bea-te et pure permixtus, peritissimus efficitur astrorum, et prognosticationum quaesunt in astris»)36. Cogliendosi come intelletto, l’uomo sa di essere anche una so-

    stanza semplice, perfetta e autonoma, in altre parole divina («substantia autemhabens esse divinum et operationem, non indiget aliquo [...]: stat igitur substan-tiata et formata in esse divino in esse perfecta»)37.

    Intesi come regole ontiche dell’universo, forma e universale sono gli elementiessenziali di una idea di scienza, in cui Alberto combina la necessità di una fon-dazione ontologia del sapere umano con il concetto di sostanzialità dell’intellet-to, sviluppato da al-Færæbî nel De intellectu:

    «Et sic substantia animae hominis uel homo cum eo per quod substantiatur, fit pro-

    pinquius ad intelligentiam agentem et sic est finis ultimus, et uita alia, scilicet quiaad ultimum acquiritur homini quiddem per quod substantiatur et acquiritur perfectioeius ultima, quod est ut agat in alteram aliam accionem per quam substancietur, et hecest intentio de vita alia»38.

    In questo passo al-Færæbî descrive il livello finale di una progressione del sape-re, che, come in Alberto, conduce l’uomo dall’esperienza empirica sino alla sco-perta della sostanzialità del suo intelletto.

    De Libera39 ritiene che il contributo maggiore di al-Færæbî alla speculazione

    33 Cfr. AVICENNA, Liber de anima seu sextus de naturalibus, V, 6, ed. S. VAN RIET, Brill, Leiden 1968,151,79; D. GUTAS,  Avicenna and the Aristotelian Tradition. Introduction to Reading Avicenna’s Philo- sophical Works, Brill, Leiden 1988 («Islamic Philosophy and Theology», 4); STURLESE, “ Intelletto acquisi-to e divino” cit., 172-173.

    34 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, II, 8, ed. A. Borgnet, 515a.35 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, II, 8, ed. Borgnet cit.36 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, II, 9, ed. Borgnet, 517a.37 ALBERTUS MAGNUS, De intellectu et intellegibili, II, 12, ed. Borgnet, 520b.38 Liber Alpharabi de intellectu et intellecto, ed. E. Gilson (in E. GILSON, Les sources grèco-arabes de

    l’aristotelisme avicennisant, «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age», 4 [1929], 5-149),123,307-312.39 A. DE LIBERA, La philosophie médiévale, PUF, Paris 1993, 402.

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    di Alberto siano soprattutto i concetti di forma mundi e forma materiae. Questoè vero solo in parte. Prima di tutto perché in al-Færæbî è presente soltanto l’e-spressione forma materiae, a cui egli contrappone le forme che non sono mai sta-

    te determinate. E in secondo luogo perché Alberto aveva già autonomamente svi-luppato una teoria di stati diversi della forma. Ciò che a mio parere Alberto re-cepì da al-Færæbî, fu l’idea, rivelatasi proficua, di uno stato intermedio della for-ma, che in quanto essenza comunicabile (essentia communicabilis) veniva a coin-cidere con il contenuto dell’intelletto umano, anzi era l’intelletto stesso40.

    Una spiegazione razionale del fenomeno della conoscenza umana è, dunque,al centro della speculazione sia di al-Færæbî che di Alberto, portata da entrambisino alle sue conseguenze più radicali: nel momento in cui l’uomo raggiunge, co-

    glie intellettualmente la prima causa o primo intelletto, si sostanzia in questo.Per Alberto l’attività del conoscere è soprattutto una scoperta della progressivaintelligibilità del mondo, i cui principi ontologici/formali non sono altro che leregole del suo pensare.

    IV. Transumptio et resolutio ( Metaphysica)

    A questa idea di scienza Alberto rimarrà fedele. La appena descritta progres-

    sione del sapere dalle quiddità determinate e contratte sino alla prima causa ditutto l’universo gioca un ruolo importante sia nella Metaphysica, che anche, vi-sta però da un’altra prospettiva, nel più tardo De causis et processu universitatis.

    È noto che il commento alla Metaphysica di Alberto si apre con la lode del-l’uomo e della sua capacità di comprendere scientificamente il mondo, ma benpoco apprezzato è il fatto che questa lode dipende da un’interpretazione dellametafisica, vista come fondazione del sapere scientifico41.

    All’inizio del contributo è stato evidenziato che la prima causa è rilevante in

    40 Liber Alpharabi de intellectu et intellecto, ed. Gilson, 118: «Cum enim acquiruntur in ea intellectaque ipsa abstrahit a materiis, tunc illa fiunt intellecta in effectu que, priusquam abstraherentur a suis ma-teriis, erant intellecta in potentia, sed cum abstrahuntur, fiunt intellecta in effectu et fiunt forme illi es-sencie. Ipsa enim essencia non fit intellectus in effectu nisi propter ea que sunt intellecta in effectu, sedhoc quod ipsa sunt intellecta in effectu et quod ipsa est intellectus in effectu, unum et idem est. Sensusenim huius nostre diccionis qua dicimus, quod ipsa est intelligens, non est aliud nisi quia intellecta fiuntformae illi ut ipsa sit ipsa eadem forma».

    41 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, I, 1, 1, ed. Geyer. Secondo de Libera la citazione di Ermete Tris-megisto proviene da Avicenna e non dal Corpus hermeticum e ciò rafforzerebbe un’interpretazione misti-co-teologica del pensiero di Alberto a svantaggio di una invece più razionale. Le ricerche di Dimitri Gu-

    tas hanno però distrutto il mito di un Avicenna ‘mistico’ facendo emergere i presupposti filosofici dellasua speculazione. In questo caso l’osservazione di de Libera contribuisce a rafforzare più che a indeboli-re un’interpretazione razionale della filosofia di Alberto.

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    un discorso filosofico soltanto in quanto è causa di tutto ciò che è e che si cono-sce, cioè in quanto massimo, nel senso di più generale, soggetto della cono-scenza umana.

    Da quanto detto fino ad ora appare chiaro ciò che Alberto intende con l’e-spressione «causa omnium scitorum et entium», e cioè la condizione e il fonda-mento della legittimità del conoscere. Che la fondazione della scienza sia l’inte-resse principale di Alberto, trova ampia conferma in numerosi passi della Me-taphysica, tra cui, per brevità, ne scelgo solo due.

    Il primo viene dal libro VII, dove al capitolo 4 del trattato primo si legge:«Qualiter quaestio de quiditate substantiae sensibili conducit ad notitiam pri-mae causae et ideo ab omnibus quaeritur». In questo capitolo Alberto riassumela progressione della conoscenza umana fin qui descritta, stabilendo che la quid-

    dità di una cosa in sé considerata ( secundum se accepta) possiede un essere im-materiale e semplice. Se tuttavia ci si interroga sull’origine e la causa di questoessere-immateriale, si deve necessariamente concludere l’esistenza di una pri-ma forma, che ne garantisce la validità per così dire scientifica. Per questo laquiddità di una cosa conduce alla scoperta della prima causa formale e per que-sto è da tutti investigata.

    «Sed forma substantialis et quiditas est essentia secundum se, non ab esse derivata,sed potius cuius actus est esse secundum substantiam. Et ideo non accipitur ut mate-

    rialis tantum, quia esse materiale accidit ei per hoc, quod est in materia, sed accipi-tur etiam secundum se, et sic habet esse immateriale et simplex. Et si quaeritur origohuius esse, quod forma secundum se accepta sic habet, non potes ad aliud referri, ni-si quod habet hoc, inquantum est radius quidam et lumen primae formae, quae est in-tellectus divinus.Adhuc autem forma substantialis per esse materiale non est intelligibilis, sed per seipsam et non per aliud sicut accidens. Cum igitur sit intelligibilis per se ipsam, opor-tet, quod hoc habeat, inquantum immixtum est ei lumen intellectus primi, a quo exit.Et sic iterum quiditas rei sensibilis conducit ad notitiam causae primae formalis»42.

    Alla domanda, come l’uomo possa raggiungere la conoscenza massima a partiredall’esperienza sensibile, Alberto risponde nel libro XI: il mondo è una struttu-ra intellegibile organizzata in forme progressivamente più generali e semplici, etutte queste forme, in quanto intellettuali, precontengono in sé tutto l’universo,sono cioè degli universales ante res43. Grazie a questa struttura l’uomo ricondu-ce ogni forma determinata per così dire al suo antecedente: vista dal basso, in-

    42 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, VII, 1, 4, ed. Geyer, 320,28-45.43

    ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, XI, 2, 12, ed. Geyer, 499,79-82: «Ita intellectus isti praehabet for-mas et species omnium, et ideo Plato dixit hanc speciem esse ideam et univesale, quod est ante res etpraehabet formas eorum».

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    fatti, le forme si risolvono una nell’altra fino ad arrivare ad una forma che è mas-simamente semplice e indeterminata44. Condizione indispensabile per questaprogressione, è che l’uomo si scopra come essenza intellettuale (intellectus adep-

    tus), comprendendo che l’intellegibile, ciò che conosce, non è altro che il suostesso intelletto45.

     Resolutio e Transumptio, così come il progressivo allontamento della formadal primo denotano la scoperta della progressiva intellegibilità del mondo, checorrisponde a sua volta ad una progressiva determinazione delle regole genera-li del mondo stesso. In questo senso risolvere l’universale significa raggiungereregole sempre più indeterminate e più generali dell’universo. A causa di questastruttura ontica e dell’innato desiderio di conoscenza, l’uomo è continuamentepungolato e spinto al raggiungimento di livelli sempre più profondi e fonda-mentali di conoscenza, (come un fisico che non si accontenta della semplice de-scrizione del fenomeno), fino al raggiungimento dell’origine e del fondamento ditutto ciò che conoscibile, e che per questo anche, è46.

    V. Conclusioni

    Da quanto detto sino ad ora si possono trarre le seguenti conclusioni:

    1. Con il concetto di ens in quantum ens Alberto intende non soltanto l’essedel Liber de causis, cioè il primum creatum, ma sia le quiddità determinate chela prima semplice quiddità, definita anche prima causa. Quando Alberto nella Metaphysica scrive che l’e sse in quantum primum creatum è il soggetto della me-tafisica, intende uno specifico significato di essere.

    2. La prima causa è dunque prima forma o regola suprema dell’universo, checausa, nel senso di fonda, tutte le altre forme determinate. In queste opere Dionon è mai preso in considerazione. Anche nel De causis et processu universitatis,

    44 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, XI, 2, 35, ed. Geyer, 527,37-46: «Est autem attendendum, quodordo istarum substantiarum talis est, quod semper superior est lux et forma inferioris usque ad motoremprimum, qui est lux et forma omnium. Et si quaelibet intelligentia resolvat lumen suum in id, quod est si-bi causa intelligendi et lux, sic adipiscitur superiorem et lumen eius et illam resolvendo venit in eam,quae est ante eam, et sic recurrit usque ad substantiam primam, et inferior omnibus est illa, quae est luxet forma intellectus nostri».

    45 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, XI, 2, 12, ed. Geyer, 498,33-37: «Et hoc fit, quando sicut per re-solutionem et transuptionem intelligibilis adeptus est seipsum, ita per resolutionem et transumptionemsui proprii luminis inventi per intelligibile adiscitur primum et purum intellectum».

    46 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, XI, 2, 35, ed. Geyer, 527,52-58: «Et cum omnes homines natura

    scire desiderent et illud desiderium naturale stet in fine et ratione et causa omnium intellectuum et in-telligibilium, pro certo stabit desiderium in scientia intellectus substantiae primae et propter adipiscen-dum desiderat scire alia et quando pervenitur ad ipsum, stat et habet finem felicitatis contemplativae».

  • 8/19/2019 Statuto Della Metafisica e Teoria Dell’Intelletto Nelle Opere Di Alberto Il Grande

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    Statuto della metafisica e teoria dell’intelletto nelle opere di Alberto il Grande 411

    opera che oggi non è stata commentata, Alberto approfondisce il rapporto tra pri-ma causa e mondo sensibile, introducendo i concetti di quod est e id, quod est.Mentre la prima causa è assolutamente semplice, tutto ciò che non è prima cau-

    sa consiste in una combinazione di elemento intellegibile ed essere. Ora, que-sto primo principio indeterminato non ha nulla a che fare con l’idea cristiana diDio, ma piuttosto è un principio che garantisce l’intelligibilità del mondo, cioègarantisce la possibilità di una conoscenza.

    3. Che Alberto utilizzi nelle sue opere filosofiche termini come theologia odivinus non è una prova che la sua filosofia sia in fin dei conti una teologia, mapiuttosto denotano semplicemente che essa (la filosofia) investiga principii sem-plici e assolutamente perfetti47.

    4. Metafisica per Alberto significa qualcosa di più che il compimento del de-

    siderio umano di conoscenza. È continua ricerca della possibilità di una cono-scenza scientifica, possibilità che viene investigata non soltanto nel commentoalla Metaphysica, ma anche in quello alla Physica, nel De animalibus e De in-tellectu et intelligibili. Alberto è profondamente convinto, che non soltanto il fi-losofo, ma anche lo scienziato debba conoscere i principi fondamentali dell’u-niverso, per poter risalire dal concreto e singolo fenomeno alla causa che lo haoriginato48. In questo senso si può dire che la metafisica è il paradigma dellascienza perfetta, e il metafisico è lo scienziato per eccellenza.

    5. Da ciò risulta che l’uomo è più che un semplice Träger der Metaphysik.

    Egli rappresenta piuttosto la condizione della manifestazione del mondo comeuniverso intellegibile, perché solo attraverso la scoperta di se stesso, cioè delproprio principio intellettuale, l’uomo ha accesso alla struttura ontica del mon-do, di cui originariamente è parte.

    47 ALBERTUS MAGNUS, Metaphy sica, I, 1, 3, ed. Geyer, 5,46-55: «Et primo modo dicunt ens in ista su-bici scientia et secundo causam et tertio modo deum, et hanc scientiam non a toto, sed a quadam sui par-te dignissima vocari divinam. Sed ego tales logicas convenientias in scientiis de rebus abhorreo, eo quodad multos deducunt errores. Distinctionem etiam non approbo propter rationes in praehabitis inductas.Nec denominatio ideo fit, quod divina dicitur. Omnia enim apud naturam omnium rerum manifestissimasunt divinissima et nobilissima et priora omnibus [...]».

    48 ALBERTUS MAGNUS, De sensu et sensato, I, 1, ed. A. Borgnet, Parisiis 1890, 2b; cfr. D. GOTTSCHALL,

     Konrad von Megenbergs Buch von den Natürlichen Dingen: Ein Dokument deutschsprachiger Albertus Ma- gnus-Rezeption im 14. Jahrhundert, Brill, Leiden-Boston 2004 («Studien und texte zur Geistesgeschich-te des Mittelalters», 83), 104.