Stare_in_questo_tempo_ebook

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AGESCI

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AGESCI collana tracce - metodo Progetto grafico e impaginazione: Paolo Marabotto Coordinamento editoriale: Stefania Cesaretti Collaborazione redazionale: Carla Giacomelli stampato su carta ecologica Incaricato del Comitato editoriale: Vittorio Pranzini ISBN 88-8054-752-6 atti del convegno di Bassano Romano (Viterbo) 18-20 ottobre 2002 AGESCI a cura di Rosa Calò e Francesco Chiulli edizioni scout agesci / nuova fiordaliso .

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La pubblicazione raccoglie i contributi

prodotti in occasione di un convegno

organizzato nel 2002 dall’Agesci sui temi

forti dell’educazione: la conoscenza dei

bisogni perché possa crearsi una relazio-

ne educativa, il linguaggio che essa

parla, l’urgenza di mettersi in rete con

altri soggetti sul territorio, i nodi di una

proposta metodologica quale è quella

dello scautismo.

Accompagna il testo un CD che contiene

tutto il materiale elaborato per i carre-

four e i laboratori del convegno.

Questa collana intende offrire ai capi delle diver-

se branche indicazioni metodologiche e sussidi pra-

tici per lasciare le tracce che servono ad orienta-

re il cammino scout dei loro ragazzi.

r 14,50

AG

ESCI• Stare in questo tem

po tra incroci di generazioni e rapporti di rete

AGESCI

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collana tracce - metodo

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Incaricato delComitato editoriale:Vittorio Pranzini

stampato sucarta ecologica

ISBN 88-8054-752-6

Grafica:Agenzia Image

Progetto grafico e impaginazione:Paolo Marabotto

Foto:Archivio Agesci, Paolo Ruffini,e i fotografi scout del campo nazionale E/G

Collaborazioneredazionale:Carla Giacomelli

Coordinamento editoriale:Stefania Cesaretti

© Nuova FiordalisoPiazza Pasquale Paoli, 1800186 Romahttp://www.fiordaliso.it

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AGESCI

Stare in questo tempotra incroci di generazioni e rapporti di rete

atti del convegno di Bassano Romano (Viterbo)18-20 ottobre 2002

a cura di Rosa Calò e Francesco Chiulli

edizioni scout agesci / nuova fiordaliso

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PRESENTAZIONE 7

INTRODUZIONEInvestire sull’educazione, investire sul futuro 11

PARTE PRIMALE VOCI DEL CONVEGNO

La voce dei ragazzi (Andrea Provini) 16

La voce dei presidenti del Comitato Centrale Agesci 22

La voce degli ospiti Le Associazioni giovanili: essere protagonisti, 26come vivono i giovani la partecipazione (tavola rotonda - Partecipano: Azione Cattolica/Giuseppe Notarstefano; Comunità di Sant’Egidio/Leonardo Palombi; Legambiente/Marco Fratoddi; Comunione e Liberazione/Martino Feyles; Agesci/Laura Galimberti - Coordinamento di Stefano Costa)

PARTE SECONDALE PISTE DI APPROFONDIMENTO

Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzoLa tesi (Laura Galimberti) 42La relazione dell’esperto (Stefano Ricci) 50Il dibattito 54

Il linguaggio della relazione educativaLa tesi (Francesco Chiulli) 56La relazione dell’esperto (Lisa Maggi) 64Il dibattito 68

I temi della riflessione metodologica oggi in AgesciLa tesi (Rosa Calò) 72La relazione dell’esperto (Rosa Calò) 84Il dibattito 86

INDICE

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Educare in reteLa tesi (Grazia Bellini) 90La relazione dell’esperto (Marianna Pacucci) 96Il dibattito 104

PARTE TERZACONCLUSIONI A PIÙ VOCI

Voci dal prato (Stefano Costa) 112Agesci in rete (Carla Degli Esposti) 114Le parole chiave del metodo (Rosa Calò) 116Congedo (Grazia Bellini) 122

In allegato, CD-ROM realizzato da Gianfranco Cannito per l’AGESCI (istruzioni per l’uso: cartella LEGGIMI).Contiene tutti i documenti e i materiali elaborati per il Convegno di Bassano Romano (VT) 18-20 ottobre 2002

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PRESENTAZIONE

Nell’ottobre del 2002 i quadri dell’Agesci si ritrovano a convegno per fare il punto sulla riflessione pedagogi-ca in atto nell’Associazione e confrontarsi su come rendere ancora avvincente la proposta educativa dello scauti-smo in tempi di profondo mutamento.

Il convegno mette a fuoco alcuni temi ricorrenti nel dibattito associativo e rende più salda la convinzione chestare in questo tempo per degli educatori significhi accettare di incrociare le giovani generazioni, stabilire con esselegami sempre nuovi e generatori di crescita per entrambi, e mettersi in rete per condividere progetti di cambia-mento, puntando sull’educazione.

Questa pubblicazione raccoglie tutti i contributi prodotti sia nella fase preparatoria che nel corso del conve-gno. Essa offre una visione organica dei temi dibattuti e riflette la complessità dei pensieri, delle esperienze e delledinamiche educative presenti nell’Agesci. Non ultimo, aprono prospettive ampie su ulteriori percorsi da seguirein futuro.

Tutti i temi convogliati nel convegno sono stati raccolti in quattro grandi piste di approfondimento, che quiriproponiamo in ugual modo:

1. Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo: è la pista che raccoglie le riflessioni sulla realtà dei ragazzi edei loro bisogni.

2. Il linguaggio della relazione educativa: richiama l’attenzione sull’efficacia comunicativa nel rapporto educati-vo e sulle peculiarità del linguaggio scout.

3. I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci: presenta una sintesi del dibattito in corso in associazione sualcuni nodi metodologici.

4. Educare in rete: pone con urgenza la questione di individuare alleanze e altri soggetti con cui interagire ecollaborare, per rendere meno sterile e frammentato l’intervento educativo.

Gli atti sono organizzati in tre grandi sezioni:

- nella prima sono raccolte le “voci” ascoltate durante il convegno: sono le voci sincere dei ragazzi, quelleufficiali dei Presidenti, quelle in dialogo degli ospiti che hanno partecipato alla tavola rotonda della giornata d’a-pertura;

- nella seconda sono raccolte alcune delle elaborazioni relative alle piste di approfondimento, in particolare: a) la tesi: si tratta dei documenti preparatori che fanno sintesi della riflessione maturata, propongono doman-

de e stimoli per il dibattito e la successiva elaborazioneb) la relazione dell’esperto: sono le riflessioni di alcune persone (esterne all’Associazione) che hanno aiutato a

riflettere sull’argomento della tesi, assicurando al dibattito una prospettiva più ampiac) il dibattito: gli stand, i laboratori, i carrefour. Si tratta delle forme in cui si è articolata la riflessione sulle piste

di approfondimento al convegno. Con la loro ricchezza hanno reso visibile la profondità del dibattito e dell’ela-borazione

7Presentazione

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- nella terza sono raccolte le conclusioni del convegno: fatte a più voci esprimono, da punti di vista differenti, emozioni, commenti, prospettive di lavoro per il futuro.

Parte integrante dell’opera è il cd-rom allegato, che contiene tutti i materiali prodotti, compresi i contributidegli animatori dei carrefour.

Nel consegnare questi atti a quanti si appassionano alle vite dei ragazzi e delle ragazze di oggi, esprimiamo ildesiderio che essi contribuiscano ad alimentare confronto e dibattito e a far crescere la “cultura del metodo” e piùin generale pedagogica di tutti i capi, in modo che questi possano vivere con maggiore consapevolezza il loroimpegno educativo.

Aprile 2004

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INTRODUZIONE

Investire sull’educazione, investire sul futuro

Lo scautismo ha quasi cento anni. Tanti ne sono passati da quando Robert Baden-Powell organizzò il primocampo scout in Inghilterra. Era il 1907.

Nel corso di un secolo lo scautismo si è diffuso nel mondo esercitando una forza attrattiva indiscussa su milio-ni di ragazzi e ragazze di ogni latitudine.

Per quanto altro tempo saprà esercitarla? Su quali richiami potrà giocare?La società in cui viviamo manifesta distrazione e disincanto sull’educazione. Dal nostro canto riteniamo non eludibile la domanda su quali cittadini vogliamo essere e accompagnare ad

essere. È per questa ragione che continuiamo a credere nell’educazione e a rivendicare per noi il compito dirichiamare e sostenere l’attenzione ai temi della crescita e della formazione delle giovani generazioni.

Crediamo che la nostra società abbia un grande bisogno di donne e uomini responsabili, attivi, protagonistidi cambiamento e “architetti” del proprio futuro. È questo bisogno che rende indispensabile l’educazione e fadello scautismo una strada da percorrere, un’avventura da far vivere, un gioco da far giocare ai nostri ragazzi.

Ma quelle intuizioni consolidate per decenni, sebbene ancora proponibili e spendibili, vanno ri-guardate allaluce dei mutamenti che la storia impone.

È un cammino di adeguamento che richiede discernimento ed equilibrio, fedeltà e apertura, capacità di inno-vazione conservando originalità e ricchezza della proposta.

In un mondo che cambia a ritmo vertiginoso e spesso non ci lascia la possibilità di tenere le briglie, lo scau-tismo può trovare terreno fertile sui bisogni più profondi e irrinunciabili del nostro essere uomini: il bisogno divivere con autenticità, nella piena libertà e in fraternità con gli altri esseri e con il mondo.

Da questo vogliamo partire e su questo vogliamo investire, perché un Paese che non investe sull’educazionenon ha futuro e sperpera le sue risorse più preziose.

L’educazione ha in sé la prospettiva di un tempo davanti a noi sempre nuovo e diverso per altri apporti chealtre donne ed altri uomini, che ora sono bambini e ragazzi, sapranno dare.

Educare è un’arte raffinata e difficile: è condurre dove non si è ancora stati, dove forse non arriveremo noi. Èquesto stare nel tempo che scorre e costruire un rapporto fra presente e futuro con quello strabismo necessarioche ogni educatore dovrebbe possedere, come diceva don Milani, che porta ad amare il futuro vivendo piena-mente il presente.

Ma perché quest’arte raffinata dia frutto occorre partire da alcuni punti fermi che determinano poi scelte nonsolo sul piano dei contenuti, ma anche dei metodi, dello stile, delle scelte politiche:

I giovani sono una risorsa. È riduttivo e fuorviante considerarli problema, oggetto solo di preoccupazione.Al contrario, essi hanno potenzialità, sono capaci e desiderosi di partecipare in modo attivo alla propria crescitaed alla vita della città.

Oggi però promuovere la cittadinanza dei nostri bambini, adolescenti e giovani esige che li si aiuti a diventa-re protagonisti delle proprie scelte e della propria vita, attori e non spettatori, esploratori attenti del tempo e delterritorio, appassionati della vita e della comunità in cui vivono.

Occorre “perdere del tempo”. Il tempo dell’educazione è un tempo lungo, che sfugge alla logica dell’e-conomia. È il tempo dell’accompagnare, del parlare, dello stare insieme e del condividere, senza la pretesa di sape-

11Introduzione

La storia nuova non nasce certo dove si scrivono le leggi,né dove i potenti programmano la spartizione dei beni della terra.

La Storia nuova nasce dove si sprigionano le forze sotterranee della vita,dove esplodono le invenzioni dello Spirito; là dove il margine diventerà frontiera.

C. Molari

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re tutto, di governare le scelte, di conoscere i più segreti pensieri. Esso richiede la discrezione ed il realismo di chisa e rispetta la distanza, terreno prezioso in cui maturano l’autonomia e la scelta, di chi sa non lasciare i vuoti natidal disinteresse o dalla distrazione.

Occorre che l’educazione non sia la risposta alle paure per le situazioni di disagio o ai comportamenti che cipreoccupano e neppure la prevenzione a questo, ma sia invece la cura “normale”, quotidiana per il modo in cuii nostri giovani crescono, la sollecitudine perché nel loro diventare grandi possano fare esperienza di ciò che dàsenso alla vita e maturare la capacità di scegliere.

Oggi sono necessari nuovi saperi che ancora non sappiamo e verso i quali siamo in misure diverse tuttiun po’ analfabeti: sono territori nuovi da esplorare, sono i saperi di cui parla Morin: 1) la conoscenza degli errorie delle illusioni; 2) la conoscenza pertinente, che aiuta a comprendere le relazioni fra le parti ed il tutto; 3) la condi-zione umana nel legame indissolubile tra l’unità e la diversità; 4) l’identità terrestre, la storia e il destino, ormai pla-netario del genere umano; 5) le incertezze, apprendendo “a navigare in un oceano di incertezze attraverso arci-pelaghi di certezze”, 6) la comprensione, la base dell’educazione alla pace, 7) l’etica del genere umano, la consapevo-lezza di una identità umana che è allo stesso tempo individuo, specie e società.

O forse è necessario recuperare un sapere più antico, dimenticato, offuscato dalla storia per ritornare a risco-prire il nostro essere creature, al di là delle innumerevoli incrostazioni del tempo, recuperare la nostra inizialeidentità e ri-imparare a vivere e a preservare la vita. Per tutti. Anche dopo di noi.

È necessario costruire un rapporto privilegiato con la famiglia. Non si può educare né senza né con-tro la famiglia. È necessario porsi invece al suo servizio. Tuttavia emergono situazioni di difficoltà della famigliastessa a gestire in solitudine alcuni momenti di crisi nella crescita dei figli. La diffusa paura per il mondo esterno,avvertito come minaccioso, favorisce comportamenti difensivi ed individualistici nella soluzione dei problemi,alcune contraddizioni nelle richieste e nelle proposte fatte ai ragazzi. Generici buoni sentimenti spesso si incro-ciano con una visione sostanzialmente egoistica della vita, la mancanza di una percezione globale di alcuni pro-blemi ostacola anche la capacità di proporre soluzioni globali.

È importante invece che la famiglia esca dalla latitanza e dall’idea dell’emergenza, per assumere consapevol-mente la regia dell’azione educativa confrontandosi sulle richieste, sulle attese e sulle aspirazioni, sui timori e sullepaure, sui possibili interventi, restituendo al dibattito sull’educazione la valenza alta della responsabilità del mondoadulto nei confronti dei più piccoli, insieme alla ricchezza del confronto, che nasce dalla condivisione di unaresponsabilità genitoriale, che sappia uscire dal privato e dall’emergenza e diventare progetto, speranza, futuro.

Occorre elaborare progetti educativi per inserirsi consapevolmente nel territorio come adulti educatori,non solo portatori di un metodo ma anche come cittadini attenti alle realtà giovanili, competenti in educazione,capaci di proporre politiche giovanili non solo legate al disagio e di inserirsi nel tessuto sociale per collaborarealla costruzione di soluzioni, suscitatori di attenzione e dibattito intorno ai temi dell’educazione. Adulti educato-ri capaci anche di progettare, nella città, i luoghi in cui avviare un progetto educativo, superando la logica dell’i-niziare dove si trova facile ospitalità.

È necessario costruirsi come adulti capaci di un’azione educativa efficace. Appare sempre più chia-ra la necessità di fare riferimento ad una formazione permanente, capace di articolare nell’oggi le tre scelte delPatto Associativo, attenta all’essere di capi adulti sempre più profondamente cristiani, più pienamente cittadini,più autenticamente scout. Una simile formazione, che non termina mai, non può che essere accompagnata esostenuta dalla comunità capi, che cura la vocazione educativa di ogni capo proprio nella sua declinazione nellarealtà del territorio che abita.

Occorre dirci quali adulti pensiamo per domani. È uno dei punti maggiormente equivoci perché spes-so non chiarito e non reso esplicito. Quale tipo di uomo e di donna abbiamo in mente quando parliamo di meteeducative e di necessità dell’educazione? Adulti paurosi di ogni diversità e di perdere qualcosa, nella condivisio-ne con altri, di diritti ed opportunità, sempre in gara con tutti, tristi ed abbronzati, oppure donne e uomini chehanno obiettivi alti, ai limiti del sogno, che sanno rischiare e anche perdere, farsi carico di persone e situazioni,avendo scoperto in questo la felicità dell’esserci, la ricchezza della strada, la bellezza della condivisione? Se sonoquesti gli adulti che pensiamo, allora sarà più chiaro anche che cosa proporre, e non saranno valori che richie-

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dono solo un’astratta condivisione, ma piuttosto virtù che invitano alla paziente pratica di ciò che si ricerca.

Occorre un bagaglio ed una prospettiva. Abbiamo un patrimonio di esperienza pedagogica, che riempieil nostro zaino di cose preziose. Siamo ricchi di tradizione, elaborazione pedagogica, strumenti ed esperienza.Tuttavia, come già hanno fatto altri capi prima di noi, ed è in questo la ricchezza maggiore del metodo scout,dobbiamo continuare ad esercitare la nostra responsabilità di educatori ed il nostro discernimento. Proprio per-ché ascoltiamo l’invito all’ask the boy, perché viviamo la complessità nella quale siamo immersi con i nostri ragaz-zi, perché viviamo le contraddizioni di questo mondo e non siamo cittadini di un altro pianeta, soprattutto per-ché da tanti anni giochiamo il grande gioco dello scautismo e lo amiamo come una risorsa preziosa, per tuttoquesto dobbiamo interrogarci su che cosa sia necessario cambiare, se questa è la necessità, perché il metodo con-tinui a rispondere ai bisogni dei ragazzi.

La nostra proposta educativa per molti aspetti è innovativa ed anticipatrice rispetto ad alcune letture delmondo di oggi, è una proposta di autonomia e libertà, di responsabilità e solidarietà, che trasmette valori propo-nendo esercizi di virtù quotidiane nello spirito della Legge e della Promessa. È una proposta da riscoprire nellasua originalità e semplicità, nella sua forza e ricchezza, per poterla rivisitare alla luce di quanto è cambiato.

Saremo capaci di modificare senza tradire il cuore della proposta di questo grande gioco avventuroso che pre-para alla vita facendo vivere la vita stessa?

Abbiamo preso il nostro zaino sulle spalle e ci siamo messi in cammino, consapevoli che le risposte spessosono difficili da trovare e nell’educazione, in particolare, sono complesse e impongono un’attenzione costante. Lastrada è stata lunga, ma sempre affascinante ed ha coinvolto un gran numero di adulti educatori; lo stile semprelo stesso: “ask the boy” e guarda il mondo con i suoi occhi.

Ci piace guardare alle pagine che seguono come ad una carta geografica, che attraversa luoghi noti e ci mostrapaesi nuovi e nuove strade. A Rosa Calò e Fabio Scanu, cui è spettato in questo viaggio, come Incaricati alMetodo negli anni 2000-2003, il faticoso compito di “sherpa” va il nostro ringraziamento e quello dell’interaAssociazione.

Manuela Benni e Sandro RepaciIncaricati Nazionali al Metodo e agli Interventi educativi Agesci

13Introduzione

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PARTE PRIMA

Le voci del convegno

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La voce dei ragazzi

La voce dei presidentidel Comitato Centrale Agesci

La voce degli ospiti

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“Ogni ragazzo, ogni ragazza sonocome mondi, differenti unodall’altro.”

“In un mondo puoi trovare unarosa bellissima protetta da unacampana di vetro.”

“In un altro ripide montagne conrocce aguzze e taglienti.”

“In un altro ancora oceaniprofondissimi, nel fondo dei qualipotremmo vedere paesaggiincantati.”

“Questi mondi a volte siriuniscono in gruppi, si sfiorano,incrociano le loro orbite… oppurese ne stanno lontani, a ruotarelentamente alla pallida luce dellestelle.”

Martina, 14 anni, scrive:“I giovani. Argomentointeressante. Tema alla moda.Ultimamente sembra che tuttivogliano dire la propria. Tuttitranne i giovani, che pare abbianosmesso di parlare.Abbiamo smesso di parlare? Noncredo. Chi non parlava primacontinua a non farlo ora. Chiparlava prima, continua a farlo,anche se ora ha smesso di esseregiovane. Perché noi giovani nonsiamo più quelli di una volta… eallora? Mi sembra sia nel naturaleordine delle cose: si nasce, sicresce, si muore. I giovani di ierierano bambini e i giovani di ierioggi sono adulti. È evidente chenon possiamo essere quelli di unavolta. E com’erano i giovani diuna volta? Come quelli della voltaprima? Ma una volta quando?Quando si faceva la guerra?Quando si faceva il ’68? Quandosi credeva in qualcosa? E chi velo dice che non crediamo più aniente?Ci raccontano che il mondointorno a noi è cambiato, che lasocietà è cambiata. Ma noi primanon c’eravamo, non siamo statinoi a cambiarli. I valori sonoscomparsi, ma non siamo stati noiad ucciderli. Intorno a noi i valorinon ci sono più o sono talmenteben nascosti che ètremendamente difficile trovarli.Lo sappiamo, ce ne accorgiamo.

E non facciamo altro che cercarli.Ed è difficile perché spesso nonsappiamo neanche come sonofatti. Ce li hanno raccontati, ce lihanno spiegati, ce li hannoinsegnati ma nella realtà non liabbiamo visti. E continuiamo acercarli come tanti DonChisciotte. La realtà ce li nega,ma noi non ci arrendiamo.A volte è una ricercainconsapevole. A volte stiamosolo male, senza sapere il perché.Sentiamo solo un grande vuoto

La voce dei ragazzi

Le voci del convegno 16

La voce dei ragazzi

Andrea Provini

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dentro. È un vuoto che spaventagli altri, un vuoto che spaventa i“grandi”. Incapaci di spiegare lostrano fenomeno dei “giovani”, igrandi si limitano alle definizioni:abulici, amorali, amorfi, anonimi,anoressici, apatici, apolitici…incapaci di essere eroi, incoscienti,irresponsabili… e qui mi fermo,anche se la lista potrebbecontinuare all’infinito. Poi c’èqualcuno, più ardito, che osaavanzare un’ipotesi: giustifichiamoi poveri irresponsabili giovani

perché la colpa è della società. I giovani giudicano. I giovanistanno zitti. I grandi giustificano.E i giovani restano zitti. Noigiovani restiamo in silenzio.Perché? Incapaci di parlare? E chedovremmo dire? Che dire dellapolitica? Che non ci crediamopiù? Che non vogliamo parlare dipolitici che fanno politicasparlando? Che dire deisentimenti, dei “veri” sentimenti?Che non riusciamo più a provarli?Che forse non li abbiamo maiprovati? Che nessuno sembraprovarli per noi? Tutti si limitanoad osservarci. Prego, osservare igiovani. E voi giovani, guardatevi.Parlate. Che dire? Non dobbiamogiustificarci e nessun altro puòfarlo. Siamo come siamo e nesiamo coscienti e responsabili.Non vogliamo giudicarci enessuno dovrebbe permettersi difarlo. Non sarebbe opportuno.Non sarebbe giusto. Va bene, nonabbiamo fatto la guerra, nonabbiamo fatto il ’68, ma noi nonc’eravamo e sarebbe anacronisticorifarlo oggi. Ci accusano di “nonfar niente”. E che dovremmo fare?Gli eroi? È vero, di eroi non sene vedono tanti in giro, ma nonsolo tra i giovani… intorno a noitutto sembra essere superficiale, enoi ci stiamo male. Noi soffriamo di depressioneancora prima di avere“diciottanni”. E non basta dire che

la colpa è della società. Forsebasterà ai grandi, che nonriescono a trovare né rimedi, néaltre spiegazioni. Ma a noi nonbasta. Noi cerchiamo di risolvere inostri problemi come possiamo.In silenzio, ma ci proviamo. E segli altri non possono aiutarci, nonimporta. Nessuno del resto glielochiede. Però chiediamo silenzio!Se le parole sono vuote, fannomolto male. Tutto è vuotointorno a noi, e questo “vuoto”

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ogni giorno diventa sempre piùpesante. È un vuoto che siespande e diventa impossibiletenerselo dentro. Qualcuno ognitanto esplode… Esplode insilenzio… Intorno a lui i “grandi”continuano a fare rumore. Inutilee assordante rumore.”

“Le strade verso il Regno che iragazzi percorrono sono a voltetortuose e faticose, piene di dubbie di incertezze, attraversate dafiumi in piena che portanolontano…”

“A volte invece diventano ampiee tranquille, traccia sicura su cuicamminare.”

Francesco, 15 anni, scrive: “.. sono un normale adolescente ecome buona parte dei normaliadolescenti sono in crisi rispettoalla religione.La mia crisi è cominciata circa unanno fa dopo la morte di miopadre e sicuramente andare a unascuola cattolica (Salesiani) non miaiuta.Buona parte dei miei amici è giàpassata per questa crisi ma io nonho ancora trovato risposte a ciòche chiedo: andando a messa inuscita (quando sono a casa non civado) trovo il cristianesimo pienodi contraddizioni (Marta vieneelogiata quando fa la scansafatichee lascia la sorella a lavorare) ma

anche di buoni propositi.Un'altra cosa mi infastidisce: imiei amici mi danno dell'ipocritaperché anche se ormaiparzialmente ateo (sono ancoraconvinto che Dio esiste e cheGesù era una bella persona) vadocomunque ad una associazionespiccatamente cattolica.”

Claudia, 15 anni, scrive:“Ogni vita ha un valoreinestimabile e per capire quellodella mia, c’ho messo un po’, anziun bel po’!In me c’è sempre stato un pizzicodi pessimismo e per questo hosempre giudicato errati tutti gliattimi vissuti senza sorridere,senza sapere che proprio quegliattimi mi avrebbero fattodiventare la ragazza che sonoadesso, così solare e raggiante.Infatti ora nel guardare la mia vitapassata, scorgo qualcosa didiverso, di più luminoso. Hocapito che perfino ciò chegiudicavo una tragedia, hacontribuito a formarmi comepersona, a farmi apprezzare ogniminima cosa.Mano a mano che si prosegue nelcammino della propria esistenza,si hanno incontri con molte realtàche ti fanno riflettere e ti mettonoin crisi e finisci col mettere indiscussione il tuo io. Penso chenella propria vita ognuno cerchiun punto fermo, un qualcosa a

cui affidare se stessi. Finalmentequesto qualcosa l’ho trovato: lamia fede.È il mio credo chequotidianamente mi fa scorgerenel passato e nel presente il sensodi ciò che mi è accaduto e di ciòche mi accade. È il mio credoche ora può farmi affermare consicurezza che siamo tutti deiprodigi, delle creature a cui ilSignore ha affidato una vita. Perquanto le certezze siano diventatedubbi, per quanto l’umanitàcontinui a soffrire, io credo che

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Lui è il solo che può far risorgeresperanze per un mondo di pace.Il mio presente è un susseguirsi disorprese, di colpi di scena, discelte che una 14enne qualsiasinon avrebbe mai fatto e mimeraviglio di come sono. Mimeraviglio di quante opere sonostate fatte in me e di come Luimi ha donato l’arte di amare e diperdonare sempre eincondizionatamente: che bello!!!Riesco ad avere un sorriso sullelabbra anche se mi trovo in unmomento difficile. So che

chiunque abbia bisogno di unaiuto può trovare supporto in mee soprattutto nel mio cuore. Il mio presente è gioioso, perchécon gioia affronto la quotidianità,con gioia vivo i miei dolori e congioia mi proietto verso il futuro.Ed è proprio nel mio futuro chetrovo solo Lui. È l’unica cosa incui ho veramente fiducia esperanza. Come potrei maisopravvivere senza la Sua manoche mi sorregge, senza il Suoamore che mi fa sentire unapersona completa. Potrebbe essere

un po’ pesante pensare ad una14enne che ha fiducia solo inDio, ma è così. Nel mio futurovedo solo me e la mia fede. Me,con la mia voglia di amare e didonare la mia vita agli altri.”

“Può essere difficile, per i ragazzi,riconoscere la propria identità diuomo e di donna, ci si puòritrovare confusi, impreparati…bisognosi di aiuto in questaricerca.”

Chiara, 15 anni, scrive:“Non so davvero come siasuccesso! Ma tutto d’un tratto hosentito una strana sensazione,come se non mi importasseniente all’infuori che lei. È vero, adirla così non sembra niente distrano, il problema è che… sonouna ragazza!Com’è successo non lo soneanche io: l’ho vista il mioprimo giorno di scuola allesuperiori e mi è stata subitosimpatica, poi un giorno mi sonosorpresa a ridere pensando allasua voce, immaginando un suobacio. Mi sono spaventata. Nonera possibile, tutto quello che mifaceva più ribrezzo stavaaccadendo a me… stavoscoprendomi lesbica! Forse loavevo saputo da sempre, forse eraper questo che provavo tantoribrezzo nel vedere ragazzeomosessuali, perché volevo celare

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a me stessa la mia vera identità eprendere la via più facile. Maguardando la sua bellezzaesteriore ed interiore tutto èvenuto a galla.Mi sono sentita morire. È tuttocosì difficile. Amare una personae non poterle confessare i tuoisentimenti. Sentire questo vuotoche dentro ti divora e che non tilascia vivere come vorresti. Averela paura d’essere scoperta daqualcuno a fantasticare su questecose. Non essere sicura dei tuoisentimenti, della tua sessualità.Volevo morire. Devo ammettereche morire mi sarebbe piaciutoveramente, non vedevo viad’uscita all’infuori di questa. Poidopo innumerevoli casini che sisono venuti a causare per la miaimpazienza di fare nuoveesperienze, ho capito che dovevoaspettare. Devo aspettare equando andrò via da qui tuttosarà diverso, incomincerò a viverela mia vita, a respirare ancora, aridere come sapevo fare prima.Perché oggi di ridere non ne hoproprio voglia. Ma come vorrei che qualcuno miaiutasse così vorrei aiutare tuttiquelli che si trovano nella miastessa situazione.”

“Essere compagni lungo ilsentiero è difficile, per gli adulti, avolte si rischia di noncomprendere, di valutare le cose

con punti di vista sbagliati… avolte essere troppo convinti dellenostre valutazioni ci porta aprendere posizioni sbagliate… e iragazzi soffrono per questi errorie indecisioni.”

Elena, 14 anni, scrive:“Ciao Avventura, qui è una caposquadriglia che ti scrive, avreibisogno di qualche dritta... nonper sapere come si fa il caposquadriglia, questo è già il miosecondo anno da capo, ma perricucire un rapporto rotto...Prima di raccontarti la mia storia,penso che sia meglio descrivermi:sono una ragazza abbastanzaestroversa, chiacchierona,simpatica, cocciuta, che va controcorrente, che dice le cose infaccia, innovativa e... basta, questesono le cose necessarie percapirmi. Ora devi sapere che daquest'anno ho cambiato il miocapo reparto: mentre, negli anniprecedenti, avevo un capo cheaveva fiducia in me, credeva nellemie potenzialità, mi incoraggiavaqualsiasi cosa io facessi, ora ne houno che è QUASI l'esattocontrario. Siamo sempre di ideediverse e così litighiamo spesso.Lui ODIA il fatto che io pensosempre con la mia testa, che hoidee nuove e che quando le cosenon mi vanno, lo dico chiaro etondo... ma penso che sia megliospiegare questo ultimo punto

perché lo sto facendo passarecome un "orco": intendevo chequando lui decide una cosa, nonsi può ASSOLUTAMENTEcambiare, lui ha deciso così e cosìsi deve fare, e a me questo nonva proprio giù. Tra noi è in atto,come si può dire..., una specie diGUERRA APERTA, nel senso checi diamo addosso per le più inutilisciocchezze, come, ad esempio,l'ordine delle squadriglie mentre sicammina, cosa si porta in uscitada mangiare, il modo di fare unaveglia d'armi... cose di questogenere, insomma! Devoammettere che come capo mi hadeluso in parte perché non mitratta come voglio essere trattata,cioè non mi incoraggia mai, non

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La voce dei ragazzi

La voce dei ragazzi

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ha fiducia in me, non crede in mee io non sono abituata, essendostata la “cocca” del capo deglianni scorsi... ora io continuo aparagonarli e mi accorgo diquanto sono stata trattata benenegli anni prima. Da due anniquesto mio capo attuale mi faprogressione personale e, mentreprima mi aprivo apertamente conlui e gli confidavo i miei problemipiù profondi, ora mi limito aparlare solo della squadrigliaperché deve sapere che rapportici sono lì, stop, altre cose nongliele dico. Anche lui sa che cisono dei problemi fra di noi, manon gliene importa molto, no no,sicuramente non mi crederai, maè così: quando iniziamo a parlare,

dovendoci dire moltissime cose, iltempo non basta mai e così luimi dice “CONTINUIAMO DOPO”ma quel dopo non c'è mai... ora,non sto esagerando, credimi, madall'inizio di quest'anno abbiamoincominciato a parlare per ben 4volte e... MAI UNA VOLTA CHEABBIAMO FINITO!!! Lui se lasvigna, come si suol dire... l'altracapo reparto dice che anche lui cisoffre, ma ne soffre solo il suoorgoglio perché vorrebbe che iolo considerassi il capo migliore,cosa che per me non è affattocosì, si, lo stimo e gli voglio bene(gliel'ho pure detto, ma ha fattole orecchie da mercante), ma nonpotrà mai prendere il posto delcapo precedente (con il mio ex-

capo reparto ho fatto tutto il miocammino scout, dal mio primoanno di branco, fino all'annoscorso...). Ora dimmi cosa possofare per te, io ho pensato di dirglidi non parlarci più, così nonscherzeremo insieme ma...ALMENO NON LITIGHEREMO!Troppo drastica? Io ne soffromolto, anche perché lui mi èstato vicino in un mio momento“no”, quando è morta una miacara amica ed io gli saròriconoscente a vita! Help me,please! Grazie fin d'ora, so chefarai il possibile.”

“In queste lettere c’è un po’ dellospirito e dei tanti modi di esseredei ragazzi che portano l’uniformeazzurra e il fazzolettone, leggendoquella rivista che ha un nomeevocativo: Avventura.”

“Tanti altri non hanno mai alzatola voce, non si sono mai fattisentire, ma nascondono dubbi,problemi, piccole cose chevorrebbero condividere…”

“Non resta che fare silenzio… edimparare ad ascoltare.”

“Allora forse potremo davverotrovare, insieme, un luogo daqualche parte, al di làdell’orizzonte, dove ci sia unmondo splendido e gioioso, unmondo dove sia bello vivere.”

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Benvenuti a tutti!Questa bellissima presentazioneha fatto entrare tutti in un climabello in cui avremo molto dalavorare ma anche molto dagodere del fatto che siamoinsieme. Credo che questo iniziofatto dai ragazzi della nostraassociazione ci abbia non soloaccolto ma anche dato lo stileche vorremmo avesse questoconvegno: ci sembrava quindi ilmodo migliore per incominciare.L’altra cosa bella, e molto umida,è questo tendone che ci faricordare il luogo in cuidecidiamo tutte le coseimportanti. Sapete che Braccianoadesso è chiuso per dei lavori, maquesto tendone ci fa sentire unpo’ su quel prato. Dandovi ilbenvenuto apriamo questoconvegno importante che ha avuto una storia lunga: è unariflessione incominciata più di treanni fa e noi siamo qui oggi pertirare le fila di un lavoro che si è articolato in molti modi, conil lavoro di molte persone,con alcune mozioni del ConsiglioGenerale che chiedevano diportare a sintesi in un convegnosia il lavoro del metodo sia quellodell’Agesci in rete. Più lontanoancora nel tempo abbiamo laroute delle comunità capi deipiani di Verteglia che dava nuoviimpegni, disegnava nuove

consapevolezze per le comunitàcapi e quindi teniamo il pensieroanche a questa route. Così cometeniamo il pensiero anche allariscrittura del Patto Associativofatta nel ’98. In questi eventi,diversi ma collegati, venivaridefinito anche il nostro impegnocome capi, la capacità di servirenel piccolo e di mantenere occhicapaci di uno sguardo più ampio;questo convegno quindi viene damolto lontano. Nella nostraAssociazione succede che magarii primi che ci hanno lavoratoforse non sono ancora qui. Noiche oggi ci lavoriamo ecerchiamo di fare una sintesi nonsaremo quelli che poi lerealizzeranno fra tre, quattro,cinque anni. È così nella nostraAssociazione: ognuno di noi ha lagenerosità di lavorare ad unpezzetto e il quadro complessivocerca di tenerlo nella mente ma può darsi che non lo vedaconcluso; così sono anche ipercorsi educativi che noifacciamo con i nostri ragazzi,hanno proprio le stessecaratteristiche. E, in sintesi, daquesta storia che abbiamo dietrodi noi, piccola nel senso che hotratteggiato ma piena di cosegrandi, abbiamo imparato che quando ci occupiamodell’educazione dei nostri ragazzisappiamo che dobbiamo

occuparci anche di quello che glista intorno, del contesto.

Sappiamo che il nostro compitocosì ben definito, così particolare,un compito educativo, hacaratteristiche tali che deve tenerpresente tutto l’ambito in cui ilragazzo cresce e vive e quindi ilnostro servizio finisce per forza eper generosità per occuparsianche di tante altre cose che ciriguardano in quanto riguardano inostri ragazzi; noi altrimenti ce nesaremmo occupati forse in mododiverso. Abbiamo tutti in questianni lavorato così, molto attenti aquello che stiamo facendo, moltocapaci di tenere l’occhio grandesulle realtà globali e complessive.

Nel nostro modo di agire inquesti anni e anche in questiultimi mesi siamo continuamentesollecitati a dare testimonianzaanche del nostro occhio grande,di dire il nostro pensiero suquestioni più generali, sulla storiache scorre, sul contesto in cui iragazzi vivono. Mi riferisco aquello che ci chiedono sulla pacee sulla guerra, mi riferisco agliimpegni dei nostri ragazzi chesono tornati da Sarajevo e che lasettimana scorsa hanno compiutoun gesto simbolico nella Piazza diMontecitorio, assumendosidavanti alla sede del Parlamento

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La voce dei presidenti Agesci

questo convegnoha avuto

una storia lunga

si è articolato in molti modi, conil lavoro di molte

persone

Capaci di uno sguardo più ampio

Grazia Bellini

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italiano l’impegno come cittadinicome cristiani e come scout diportare avanti questatestimonianza di fraternità. Miriferisco alla nostra presenza nellaTavola della pace, allapreparazione del Forum SocialeEuropeo, al nostro impegno neiseminari che riguardano l’attivitàdelle chiese cristiane in Europa, alconfronto con le altre associazioniche questa sera potremo godercianche un po’ in diretta, nel sensoche abbiamo qui con noi degliamici che ci aiuteranno ascambiarci idee su come èvariegato il mondo dei ragazzi.Siamo continuamente sollecitati atenere gli occhi sulla nostraesperienza quotidiana e

circoscritta e anche ad avere gliocchi grandi.Due convegni ci erano affidati dalConsiglio Generale; uno riferito aitemi su cui l’area metodo avevalavorato in questi tre anni: pensoal lavoro sui passaggi, sull’età deipassaggi e sul calo dei censiti, sullinguaggio della relazioneeducativa, sui temi metodologici

che sono oggi in discussione, sullasperimentazione, tutto il lavoroche ha portato alla stesura deimanuali, questa capacità che haavuto l’area metodo di lavoraresui temi propri e sui temitrasversali, curando sia quello chebisogna saper fare sia quello chequesto significa, in una preziosa

sintonia fra branche e settori. El’altro convegno che ci eraaffidato relativo all’Agesci in rete,al sistema di relazioni e contributiche l’Associazione in questi anniha stabilito o rinforzato nellediverse appartenenze forti in cuiabita: la chiesa, il nostro paese, ilmovimento scout e guide. I dueconvegni, dalla lettura della nostrastoria più recente, pur venuti dapercorsi diversi, ci è parso chefossero un unico convegno, un momento di riflessione in cuicontesto e metodo, linguaggi estoria, proposta e reti costituivanola complessità e la ricchezza delnostro servizio.

E rifletteremo su tutti questi temicon risorse nostre e di molti capiche su questi temi hanno lavoratoin vari ruoli nella nostraAssociazione e con risorse diamici ai quali abbiamo chiesto diessere presenti per contribuire conle loro domande, il loro pensiero,la loro esperienza.Oggi noi facciamo qui il puntodella strada, abbiamo tante coseda raccogliere, è stato un grandelavoro di gruppo e il materiale sucui lavorare è veramente molto.Oggi noi facciamo tesoro diquesto, ma quello che in realtàdobbiamo fare è tracciare per noistessi e per il nostro servizio unastrada davanti a noi. Buon lavoroa tutti.

23La voce dei presidenti del Comitato Centrale Agesci

un momento diriflessione in cuicontesto e metodo,linguaggi e storia,proposta e reticostituivano lacomplessità e laricchezza delnostro servizio

tenere l’occhio grande sulle realtà globali e complessive

ognuno di noi ha lagenerosità di lavorare ad un pezzetto

quando ci occupiamodell’educazione dei nostriragazzi sappiamo chedobbiamo occuparci anche diquello che gli sta intorno, del contesto

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Il percorso di come siamoarrivati al Convegno e degliobiettivi che ci prefiggiamo lo hagià tracciato Grazia; consentitemiperò, prima di dare qualcheattenzione da tenere in questoconvegno, di esprimere leconsiderazioni di chi, come me,ha preso questo treno delconvegno in corsa ma erapresente al momento dellapartenza e sa quindi da doveviene. Credo, che se rompiamo gliindugi, se non lo vediamo comeuno scotto da pagare alla caparbiavolontà del Co.Ce. piuttosto chedi qualche suo componente ma lovediamo come una veraopportunità di crescita, noipotremo trarre molti frutti daquesto convegno.

A. L’aver rimesso al centro dellanostra riflessione l’ascolto deiragazzi per leggerne i bisogniautentici e non quelli indotti, lacapacità di saper entrare inrelazione con loro, a confermadella nostra vocazione che lanostra missione, come si usa direoggi, è fare educazione.

B. Il coniugare, nel far questo, lariscoperta dei principi portanti(valori e metodologia) con laricerca e l’innovazione attraversola sperimentazione - il tempo cirichiama alla contestualizzazione -

a conferma che non si può maisentirsi arrivati.

C. La consapevolezza che lanostra azione può diventare piùefficace, che il mondo possiamofarlo divenire migliore di come loabbiamo trovato solo se nonsaremo soli a farlo, ma uniti atutti gli uomini di buona volontàche credono nel cambiamento esanno che per perseguirlo bisognaanche organizzarsi.

Essere qui oggi riuniti con questipropositi, credo che non sia cosadi poco conto, anche se la ribaltadei media è montata altrove, noisappiamo che è qui invece ilnostro presidio, anche se nellaribalta la parola prevenzione vieneusata per le guerre e la parolapunizione per i minori deviati.

OperativamenteRicorre molto la parola TEMPOnei nostri documenti, forse perchéper noi “il tempo“ è una sfida,abbiamo chiaro che esso è undono e una grazia che ci vengonoconcessi e che pertanto non vasprecato. “Testimoni nel tempo” è il nostroprogetto nazionale, “Stare inquesto tempo” il titolo delconvegno. Allora anche il tempo delconvegno va utilizzato al meglioavendo alcune attenzioni e

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La voce dei presidenti Agesci

Una vera opportunità di crescita

Lino Lacagnina

una veraopportunità di crescita

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avendo chiari gli obiettivi che colconvegno ci prefiggiamo.

1. È un occasione unica per noiquadri: è molto tempo che nonveniva fatto in associazione unconvegno che coinvolgesse cosìtanti quadri su un tema cosìtrasversale. Nonostante ciascunodi noi avrebbe molte occasioniper chiudere tante questioniaperte, per parlare con personeche non incontra facilmente aquattrocchi; è opportuno dare ilproprio contributo e concentrarsisu ciò per cui siamo qui oggi.

2. Davanti a un programma cosìfitto a una tavola imbandita dileccornie un altro aspetto datenere in considerazione è dicome non fare indigestione,soprattutto per non avere poi lanausea per i prossimi anni.

3. In quanto quadri una tensioneche dobbiamo avere è quella di: • fare sintesi di quanto acquisito• evidenziare le criticità • individuare nuove piste di lavoroe farle confluire nel prossimoProgetto nazionale.

4. Infine trovare il modo di farconfluire tutto questo nel vissutoordinario, nella quotidianità delnostro intervento educazionale ededucativo. Non va perso di vista proprio

questo aspetto, poiché questo èprima di tutto un luogo che cisiamo dati per la riflessione el’elaborazione, ma se ad esso nonsappiamo poi dare le gambe dellescelte e delle decisioni, sarebbesolo tempo sprecato eprovocherebbe solo un senso difrustrazione.

È necessario quindi che ciascunonel proprio livello realizzi i 3passaggi sopra accennati pertradurli poi in scelte, in decisionioperative.

I luoghi sono i Consigli di cuiquasi voi tutti fate parte a partiredal prossimo Consiglio generale,che ha al centro dei suoi lavoriproprio l’area metodo; un ambitoin cui invece far confluire lepriorità sarà il prossimo Progettonazionale.

Ecco con questa capacità divisione di insieme che è propriadei quadri e con questeprospettive future che auguriamoa tutti buon lavoro!

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La consapevolezza che la nostra azione può diventare piùefficace, che il mondo possiamo farlo divenire migliore dicome lo abbiamo trovato solo se non saremo soli a farlo, mauniti a tutti gli uomini di buona volontà che credono nelcambiamento e sanno che per perseguirlo bisogna ancheorganizzarsi.

per noi “il tempo“ è una sfida, un dono e unagrazia

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INTRODUZIONEQuando abbiamo incominciato a pensare a questoconvegno ci è sembrato importantissimo poterciconfrontare con altre cosiddette agenzie educative,con altre associazioni che operano sul territorio eche lavorano con i giovani per confrontarci, percapire se avevano gli stessi problemi che abbiamonoi, se leggono la realtà alla stessa maniera in cui laleggiamo noi, come la leggono, come la decifrano;per questo abbiamo pensato che non si potevaessere solo autoreferenziali e ci è sembratoopportuno, per la logica della rete, di cui stiamoparlando, poterli invitare, incontrare e scambiarcidelle idee. Passo quindi a presentare i nostri ospitiche sono: Martino Feyles di Comunione e Liberazione,Marco Fratoddi di Legambiente, Leonardo PalombiComunità di Sant’Egidio, Giuseppe Notarstefanodell’Azione Cattolica Italiana A.C.R., Laura Galimbertiper l’Agesci. Spesso parliamo o sentiamo descrivere i nostriragazzi in termini catastrofici, tutto ci sembra moltonegativo; queste generazioni sono educabili? Chepregi hanno, quali elementi positivi presentano sucui fare leva su cui poter puntare? Su quali aspettipositivi puntate? Ciò che più ci interessa non è unosguardo generale, ma quello che voi vivete nellevostre realtà associative.(Rosa Calò - Agesci)

AZIONE CATTOLICAGiuseppe Notarstefano Vorrei ringraziare l’Agesci perquesta occasione di confronto, credo che siapreziosissima, credo che la possibilità dello stile cheanche voi avete ricordato del fare rete, diconfrontarsi, sull’urgenza e sull’importanza del viverela scelta educativa sia un’occasione preziosa che ioho custodito e per questo ora ringrazio. Nelladomanda che ci è stata posta ci sono due punti:provo a percorrerli velocemente. Il primo: se èpossibile oggi educare. Credo che sia ancora

possibile, come ci ha ricordato tempo fa la letteradel Cardinale Martini, non solo sia possibile, ma siadoveroso, sia una urgenza di questo tempo, sia unmodo bello, alto e profetico per stare in questotempo e credo che la sfida educativa, la sfidapedagogica oggi sia anche una sfida antropologica,un po’ il porsi la domanda che tipo di persona, chevisione dell’uomo stiamo cercando di far venirefuori, stiamo cercando di promuovere. Quindi dietrola questione educativa c’è una questioneantropologica. Mi piacerebbe ricordare quello che ciha detto il Papa a proposito di questo, di questanuova umanità e della centralità dell’uomo. Laseconda parte della domanda voleva entrare sucome vediamo i ragazzi su come li percepiamocercando di avere un prospettiva positiva moltoaperta disponibile, tra l’altro dell’Agesci ho sempreapprezzato questo gusto per la vita per l’umanità.Credo che i ragazzi di oggi così come liconosciamo, così come li conosco da educatore, dapersona che vive insieme a loro, abbiano degliaspetti positivi: ne colgo tre pur con il rischio dellesemplificazioni, delle stereotipizzazioni, ma provo agiocare questo rischio. Il primo aspetto positivo:credo che i ragazzi siano disponibili al nuovo, sianoaperti alla novità, siano disponibili, si lascinoprovocare, si facciano incuriosire. Secondo aspettopositivo che colgo nei ragazzi di oggi è laconcretezza (forse un’eccessiva concretezza), vissutaanche fisicamente: un’attenzione più al come fare lecose che al perché farle, però credo che questoatteggiamento, questo carattere della concretezza siapositivo per l’educatore. La terza caratteristica concui disegnerei i giovani d’oggi è quella dell’abilità: iragazzi sanno fare, imparano a fare subito tantecose. Un aspetto invece che ritengo mancante è chei ragazzi non sono capaci di stupirsi: mi piacerebbeche come educatori ci inventassimo vie e percorsiper aiutarli a riscoprire lo stupore.

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Le associazioni giovanili:essere protagonisti,come vivono i giovani la partecipazionePARTECIPANO: Giuseppe Notarstefano, Azione Cattolica - Leonardo Palombi, Comunità Sant’EgidioMarco Fratoddi, Legambiente - Martino Feyles, Comunione e Liberazione - Laura Galimberti, AgesciINTRODUCE: Rosa Calò, Incaricata Nazionale al Metodo e agli Interventi EducativiCOORDINA: Stefano Costa, Caporedattore di Proposta Educativa

La voce degli ospiti

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Quale leva usiamo come Azione Cattolica Ragazzi?Credo che la leva più grande sia quelladell’esperienza: far fare ai ragazzi esperienza diassociazione, esperienza di dialogo, di incontro tragenerazioni, del lavorare per un progetto, di esserecapaci di dire si, di fare un percorso che chiedeun’adesione; addirittura far fare esperienza di Chiesa,di comunità cristiana, far fare esperienza di umanitàe far fare esperienza di incontro con il Signore.Credo che l’esperienza sia un po’ la leva chiave,esperienza da progettare insieme ai ragazzi, non soloda proporre ai ragazzi coinvolgendoli econdividendo, vivendo insieme a loro l’esperienza.

COORDINATORE

Stefano Costa Il mondo dei giovani oggi, come perogni generazione, ha aspetti di pregio, di qualità eanche aspetti negativi. La società attuale è moltopreoccupata dei lati negativi, dei fenomeni deldisagio, delle droghe leggere, del suicidio, tuttifenomeni realmente presenti, ma a causa di questi sifatica a vedere gli aspetti positivi dei ragazzi: lacarica ideale, ad esempio, che i nostri ragazzi hanno(come si spera avessimo noi quando avevamo laloro età), una carica radicale anche di tipoevangelico; su questo aspetto possono nascere spuntidi confronto.Uno degli obiettivi di questa tavola rotonda èesplorare, attraverso le singole chiavi di lettura diognuna delle associazioni che voi qui rappresentate,questi aspetti positivi dei ragazzi, i pregi dei ragazzidi oggi, come riuscite voi e noi come Agesci, araccoglierli e quindi a svilupparli. Questo era il primo degli interrogativi che volevamoaffrontare, vediamo quindi gli altri due. Il tema del futuro come parola magica per i giovanie, nello stesso tempo, come fonte di paura, diterrore, perché più indeterminato di come poteva

essere il nostro futuro. Anche su questo tema ciinteressa cogliere come le diverse associazioni fannoper aiutare questi ragazzi a costruire un futuro inautonomia, ben sapendo che i compiti di sviluppo,che per noi erano un traguardo abbastanzaraggiungibile, per loro oggi sono più difficilmenteconquistabili (un lavoro, una casa, una famiglia sonoobiettivi più difficili da raggiungere). Terzo tema è il problema del come accompagnaresenza sostituirsi, come essere vicini e sostenere,senza però creare dipendenza, favorendo invece lasuccessiva separazione.

COMUNITÀ DI SANT’EGIDIOLeonardo Palombi Anche io volevo ringraziarvi peressere qui questa sera per questo incontro dal titolomolto bello e molto ambizioso “Stare in questotempo” e lo dico con quella familiarità che ci vienedal fatto che siamo per certi versi associazionisorelle: molti di voi collaborano con molti di noi, adesempio a Roma alla mensa per i poveri, nelle variestazione di Roma; veniamo da storie molto diverse,parliamo in modo diverso, però credo ci sia davveroaffinità: siamo realtà che si interrogano staseradavanti al discorso del mondo dei giovani. Mi sono permesso di reinterpretare la primadomanda, più che parlare di pregi e difetti di unagenerazione, cosa sempre molto difficile, vorrei direquali sono i problemi di questa generazione, chesiamo chiamati ad affrontare. Certo questagenerazione è educabile e ha bisogno di essereeducata; in fondo i giovani sono figli del nostrotempo e del nostro mondo, sono così come ilmondo è, la generazione che li ha preceduti li havoluti così, ed i loro problemi in fondo nascono daquesto. I giovani si trovano a vivere in un mondocontemporaneo difficile, confuso e lo vivono comeuna generazione fragile, di quella fragilità che vienedal vivere in un mondo complesso in cui mancano

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Marco FratoddiStefano Costa Giuseppe Notarstefano Leonardo Palombi

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le risposte e mancano anche gli adulti (pensate atutti i discorsi sulla globalizzazione con tantiorientamenti incerti) un mondo grande e difficile,ma soprattutto un mondo con poche proposte, anzipochissime. Da ciò scaturisce il problema di unamancanza del senso della vita, una mancanza delsenso di vivere: i giovani ereditano un’idea di societàdel benessere di una società opulenta, ma insiemeereditano anche tutte le incertezze, tutte leinsicurezze di questa società perché sarà difficileaccedervi o mantenere una posizione: pensate allavoro, la crisi economica, il cattivo funzionamentodi tanti comparti della società a cominciare dallascuola. Un pensiero unico in cui in mercato,consumi, competitività ed efficienza purtroppohanno una loro forza che lascia ai margini il resto,ai margini dell’orizzonte quotidiano, penso peresempio alla caduta della solidarietà, alla cadutainternazionale della solidarietà e alla caduta anche dialcune esperienze, di alcuni slanci e non è colpa deigiovani. Ecco tante volte la domanda profonda deigiovani: allora perché vivere? Si può viveresolamente per i soldi, per il consumo, per ilbenessere? Si può vivere, diciamolo pure, solo per illavoro? È evidente che no! Ma le alternative sonomolto confuse. C’è poi un secondo problema: ladifficoltà ad affrontare un mondo globalizzato,perché la globalizzazione non è solo l’occasione dialcuni incontri no-global, la globalizzazione è unfatto ormai molto quotidiano che interroga leidentità di ognuno e che qualche volta spaventasoprattutto i giovani che la devono vivere spesso insolitudine. La globalizzazione genera paura, generaangosce, e chi le interpreta? La televisione, i giornali,quel minestrone in cui c’è di tutto e di più che èinternet? Non per parlar male di internet, ma perdire che uno degli obbiettivi educativi potrebbeprobabilmente essere quello di accompagnare igiovani in una chiave di lettura del nostro tempo e

del nostro mondo e arrivo così al terzo tema: ilvuoto della vita quotidiana. Effettivamente si èparlato molto male dei giovani, alcuni fatti dicronaca nera sono stati lo spunto, ma credo che inrealtà anche in questo i giovani sono figli di unvuoto e sapete nel vuoto si generano tante cose.Non sono mostri, i giovani, è mostruoso il vuotoche tante volte accompagna la vita di tutti e quindianche dei giovani: questo è il vero mostro con cuidobbiamo fare i conti. Allora in sintesi: unagenerazione fragile, figlia di un mondo senza grandiorientamenti e senza grandi battaglie ideali. Pensateall’Europa: questa Europa del benessere, ricca, unavecchia signora, un po’ una fortezza assediata, cheha poco da dire agli altri e molto da difendere; quelche le rimane del proprio benessere. In questo sensoi giovani sono anche una generazione povera equesto è molto importante, se noi guardiamo aigiovani con l’occhio del Vangelo, in fondo, è la cosapiù bella; una generazione povera, povera disicurezze, povera di certezze, forse anche povera dislanci perché nessuno glieli ha dati, ma comesempre siamo chiamati ad amare i poveri e inquesta povertà scopriamo di più invece le chance diquesta generazione.

LEGAMBIENTEMarco Fratoddi La mia non è una associazione diispirazione religiosa, ma neanche di ispirazionecompletamente laica: è un’associazione in cuiconvivono molte idee, molte posizioni politiche emolte sensibilità come il rapporto con la fede. Sonostupito e rassicurato dal trovare sul manifesto unafrase di Ligio Resta che è una persona che ancheper me rappresenta un punto di riferimentoformativo molto importante e che non trovo peròmolto citata nel mondo delle associazioni ecomunque degli addetti ai lavori dell’infanzia, ibambini, politiche per l’infanzia e quant’altro; credo

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La voce degli ospiti

Le associazionigiovanili:essere protagonisti,come vivono i giovanila partecipazione

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che Resta abbia uno sguardo molto originale suiproblemi di fronte ai quali ci troviamo. Finalmenteparliamo di pregi mettendo al centro delragionamento e della discussione i bambini; questa èun'altra cosa che trovo assolutamente interessantecome punto su cui ragionare insieme. Dei bambini edei ragazzi siamo abituati a parlare con terminispregiativi, deprezzati, perché esiste un problema diidentità per le bambine e i bambini di questagenerazione, però è anche vero che questi ragazzihanno molte marce, molte carte da giocare, moltefrecce al proprio arco e di tutto ciò, né a livello dimassmedia, né a livello di ragionamento comune, siparla molto: si cerca sempre di tutelare i bambini, diaiutarli di sostenerli di proteggerli, quando mai ci simette in testa di valorizzarne i pregi e diconsiderarli una risorsa? Credo che sia una cosa checi unisce molto: nel momento in cui abbiamofondato le “bande del cigno”, che sono l’associazionedei ragazzi di Legambiente, nata tre o quattro annifa, siamo partiti proprio con questa idea: valorizzareil punto di vista dei bambini e delle bambine, dimettere al centro di un nuovo modello di sviluppo ilvalore profondo della voce dei ragazzi e l’originalitàdel loro punto di vista. I giovani di oggi devono inqualche modo riscoprirsi: sarebbe un erroregeneralizzare, anche questa è una generazione checontiene molte differenze al suo interno, è difficiledire quali sono i pregi delle ragazze, dei ragazzi,degli under quattordici di oggi, perché ce ne sonoveramente di tanti caratteri diversi. Penso che ci siauna bambina o un bambino che noi possiamoimmaginare che abbia alcuni pregi, e qui mi rifaccioall’approccio di Mafra Gagliardi, una ricercatricesull’immaginario infantile; la bambina o il bambinoche io immagino ha alcuni pregi oltre naturalmentead alcuni problemi: fra questi pregi c’è sicuramentela sensibilità nei confronti dei problemidell’ambiente; cito ancora Mafra Gagliardi perché ha

fatto una ricerca sull’immaginario infantile dal qualeemerge proprio questo: dall’osservazione dei disegnidelle frasi dei bambini italiani emerge che dietro ladenuncia, la voglia di proteggere l’ambiente, non c’èla retorica o il desiderio di gratificare l’adulto perchéa scuola ti dicono che bisogna proteggere il verde,emerge che è vero, che veramente c’è questobisogno profondo radicato nelle bambine e neibambini, di ritrovare uno spazio pubblico salubre nelquale incontrarsi con gli amici; è un bisogno chespesso diventa un diritto che queste ragazze e questiragazzi trovano anche la forza di rivendicare, ecredo che questo sia un pregio. Negli ultimi diecianni, da quando è stata approvata la convenzione O. N. U. sui diritti dell’infanzia, è nata una certanuova onda di educatori che hanno provato amettere in condizione i giovanissimi di affermare ipropri diritti e questo diritto all’ambiente, al gioco,allo stare insieme nello spazio pubblico, non soltantoall’interno della famiglia, è un diritto che una certaparte degli adolescenti di questa generazione hannoimparato ad affermare attraverso forme moltodiverse: dal Consiglio Comunale dei ragazzi, allagiornata di volontariato, alla lettera al Sindaco, alleesperienze di progettazione partecipata. Credo chequesto sia un tratto positivo, forte di questagenerazione di giovanissimi, grazie anche a degliadulti che hanno costruito il contesto giusto, sonoriusciti ad individuare alcuni propri bisogni e poisono andati avanti: hanno cominciato a passare daldire al fare, dall’analisi alla proposta; credo che siaun tratto distintivo di questa generazione in positivo,che dobbiamo riconoscere e che spesso si manifestaanche all’interno della scuola, ma non solo. I bambini e le bambine hanno imparato adaffermare, tirare fuori, proiettare diritti e bisogni e atrasformarli in azione; sono certamente degliindividui educabili, ma anche qualcosa di più, pensoche siano anche educanti questi bambini, penso che

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una volta che entriamo in sintonia con loro (e non èfacilissimo; perché poi questi ragazzi usano nuovilinguaggi, perché si parlano sia a livello di linguaggioverbale, ma anche attraverso alcuni media nei qualinon è facile entrare, bisogna essere un po’ deglihacker per entrare in alcuni livelli di relazione fraragazzi e ragazze) però una volta che si crea ilcontesto giusto, escono fuori questi bisogni, esconofuori delle parole che sono trascinanti.

COMUNIONE E LIBERAZIONEMartino Feyles Il tema dell’educazione èsicuramente la preoccupazione educativa all’originedel movimento di Comunione e Liberazione: DonGiussani, che è il fondatore di questo movimento,andava ripetendo proprio agli inizi della nostrastoria una frase che diceva più o meno così “fateciandare in giro nudi ma non toglieteci la libertà dieducare” questo per dire come la preoccupazioneeducativa è sempre stata il punto principale delmovimento. Rispondo alla prima domanda “se questagenerazione è educabile?” certamente sì. Quando lodico penso e ho in mente le migliaia di giovani che,come me, nella sequela e nel rapporto con DonGiussani e con il movimento che ne è nato, hannoavuto ed hanno in continuazione una fonteeducativa, un punto educativo da seguire; quindisicuramente si. La seconda domanda “Su che cosapuntare? Quali sono i pregi e i difetti su che cosapuntare in questo problema dell’educazione?” Iosono d’accordo su quanto si diceva prima, che èrischioso generalizzare cercando quali sono i pregi ei difetti di una generazione, ogni persona ha i suoi,e le generalizzazioni perdono sempre qualcosa; peròc’è un punto che è comune a ogni generazione edè comune a tutti i giovani ed è quel puntooriginario che noi chiamiamo “cuore”, il punto cheè l’origine dell’umano, quell’insieme di esigenze di

evidenze che sono ciò che accomuna ognuno dinoi, quell’insieme di desideri che accomuna ognigenerazione ed ognuno di noi e che si declina inmodo diverso di generazione in generazione, dipersona in persona, ma è il punto che accomunache dà origine a tutto ciò che facciamo. Alloraeducare all’umano cioè educare su questi punti,educare il cuore alla posizione originaria, ovvero ilcuore come Dio lo ha creato, questo è il punto dipartenza e la premessa di qualsiasi tentativoeducativo. Educare necessariamente vuol direproporre una tradizione, non si può negare, è undato di fatto oggettivo: ognuno di noi nasce dentrouna tradizione. L’educazione anzitutto è la propostadi una tradizione, cioè di un passato, con questonon si vuole dire che qualsiasi tradizioneevidentemente ha un valore indiscutibile, peròinnanzitutto il punto di partenza che l’educazione èil punto di partenza di una tradizione. Unatradizione che però deve avere un’incidenzapresente: si può comunicare una tradizione, solo seè vissuta nel presente e questo per noi educatori ècomunicare la fede che abbiamo ricevuto. Unatradizione che è dentro il vissuto presente e allostesso tempo come conservazione del propriopassato. L’educazione deve essere critica: educarevuol dire dare gli strumenti anche di una critica.Ognuno di noi, nella sua storia, fa i conti con la suatradizione e diventa un problema la tradizione cheè stata ricevuta, un problema che ci mette aconfronto. L’educazione non può prescindere daquesto terzo elemento di critica perché se nodiventa una questione personale. Educare ungiovane a essere critico non significa renderlodubbioso o scettico, ma educarlo a darsi le ragionidi quello che vive della propria tradizione,dell’ipotesi che riceve dalla tradizione. Questo vuoldire un’educazione che insegni ai giovani ad esserecritici ovvero darsi le ragioni di quello che vive.

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COORDINATORE

Stefano Costa Passando la parola a Laura,sottolineo un aspetto che “in casa” viene facile, masu cui ci interessa molto l’esperienza delle altreassociazioni, che è l’aspetto pratico educativo: qualisono gli strumenti che voi usate, ed eventualmentese ci sono state delle modificazioni, non tanto deglistrumenti, quanto delle attenzioni da tenere oggi. Èimportante riuscire a calare la vostra esperienzaall’interno della nostra e quindi vi chiediamo didescrivere gli aspetti più pratici delle cose che fate eche proponete ai ragazzi.

AGESCILaura Galimberti Non intendo parlare dei ragazziin generale, ma dei rover e delle scolte dell’Agesci.Come sono i nostri ragazzi? Si possono dire dellecose in generale, ma sui nostri ragazzi possiamo diredelle cose specifiche. I ragazzi oggi sono comesempre, vorrei dire, e l’abbiamo sentito dalle lettereche abbiamo ascoltato dalla loro voce sia daCamminiamo Insieme sia da Avventura: i ragazzi sonosoli ed allo stesso tempo sono insieme, sono con glialtri, i ragazzi rifiutano la famiglia e cercano lafamiglia, i ragazzi sono concreti e sono virtuali,perché sappiamo tutti quanto spazio ha la virtualitànel loro mondo. Si diceva che i ragazzi sonodisponibili al nuovo, ma sappiamo anche quantiragazzi hanno paura del nuovo. Sono in un periododella vita in cui ci sono delle trasformazioni e quindisono pieni di contraddizioni. Non sono incapaci distupirsi, ma fanno più fatica e questo è uno dei loropunti deboli che in questo mondo, in modoparticolare, sono sottolineati. Per questo oggi nonsolo è possibile educare, ma è necessario, il compitoperò è delicato proprio perché figli di un mondosenza battaglie. La realtà che ci circonda ci dimostrache i ragazzi sono senza ideali, senza grandi slanci,ma proprio per questo molto influenzabili, molto

malleabili, anche molto docili. Per questoattualmente è molto delicata l’azione educativaperché la figura del maestro, del capo ha invece unaforte incidenza sui nostri ragazzi. Faccio fatica aparlare di aspetti negativi fra virgolette e vorreiparlare più di potenzialità perché mi sembra che inmezzo alle loro contraddizioni, questi ragazzi, difatto siano portatori di grandi potenzialità. Si dicevache notiamo il loro individualismo, la loro solitudine,ma io noto anche la loro grandissima voglia di starecon gli altri, di muoversi con gli altri, di trovarsi e diriunirsi. Li abbiamo visti riunirsi in occasione dellamarcia della pace, li abbiamo visti riunirsi a tutte lechiamate del Papa per ogni GMG e sono sempre dipiù questi ragazzi. Perché questo insieme invece èuna loro grande forza di cui non ci rendiamoabbastanza conto, non è soltanto far confusioneinsieme per il concerto, ma è il portare avantiun’idea insieme. Forse lo abbiamo dimenticato piùnoi adulti: se un uomo sogna da solo il sogno restaun sogno, ma se tanti uomini sognano la stessa cosaforse il mondo cambierà. Ecco forse questi ragazzi lo hanno più chiaro di noiquesto concetto. I ragazzi hanno paura dellaglobalizzazione o forse noi abbiamo paura perché lasua complessità ci spaventa. I ragazzi tutto sommatomi sembra che sono quelli che hanno giocato inpositivo, dal loro punto di vista, questaglobalizzazione, che hanno imparato a convivere conil loro compagno di banco che ha la pelle nera, maanche che la globalizzazione ha dato loro una nuovaspinta, un nuovo slancio ideale. Tutto sommato èvero che in questo mondo non ci sono più battaglie,ma altrove di battaglie ce ne sono moltissime equesti ragazzi hanno raccolto questi segnali e i loroorizzonti si sono veramente spostati più in là, in uncerto senso la globalizzazione ha dato loro questoslancio ideale di cambiare non più il loro Paese, maveramente il mondo che sta fuori dai loro confini.

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Vedo un forte interesse, da parte dei nostri ragazzi,attraverso le lettere di Camminiamo Insieme:dall’interesse sui temi della pace, un forte slancioproprio verso questi temi di ampio respiro, diandare la nei posti dove c’è da cambiare il mondo;il voler uscire dalle frontiere i ragazzi non soltantolo proclamano, ma vanno. Quindi non a caso leesperienze più interessanti che noi leggiamo deinostri clan e che sentiamo dalla loro voce sonoquelle al di fuori dei confini, sono a Sarajevo, sonoin Africa, sono in tutta l’Europa dell’Est, mentreforse qui non si sentono in grado di intervenire.Ritengo che delle grandissime potenzialità ci sono eche qualche volta siamo noi a dover andare dietroai loro slanci piuttosto che il contrario. Vorrei fare anoi la seconda domanda: sappiamo proporre deigrandi slanci e dei grandi orizzonti?

COORDINATORE

Stefano Costa Per riprendere il filo con tutti, adessoci interesserebbe affrontare il tema del costruire ilfuturo e del costruire l’autonomia. Come costruire lafutura autonomia di questi ragazzi, ovvero comeognuna delle nostre o delle vostre associazioni siadopera il più possibile nella pratica per questiragazzi? Partiamo dall’Associazione Cattolica:

AZIONE CATTOLICAGiuseppe Notarstefano Parlare di futuro a unagenerazione che è stata definita la generazione dellacontemporaneità, “istant generation” è la primadifficoltà e anche una scommessa. Una sfida dainterpretare con una dose non enfatica,ma sapiente, di profezia. Stiamo sperimentando il bisogno dimomenti, spazi, luoghi di compagnia peri ragazzi. Provocarli con proposte chesiano coinvolgenti e che li rendanoprotagonisti, che mobilitino la loro

fantasia, la creatività. Le esperienze più significativesono state proprio quelle esperienze in cui i ragazzisono stati i protagonisti, non da soli, ma protagonistiall’interno di un contesto educativo. La nostraassociazione si sta sempre più ripensando comeun’associazione unitaria, coglie questa sfida deldialogo fra le generazioni, del dialogo tra lecondizioni di vita, e al punto centrale di questa sfidatroviamo l’impegno, il servizio, la scelta, l’opzioneeducativa. In questo momento stiamo cercando divivere l’ascolto dei ragazzi, dai 6 ai 14 anni, maquesto vale anche per i preadolescenti: l’ascolto e ilcoinvolgimento; ascolto che deve essere un aprire leproprie porte, un sapersi far mettere anche indiscussione. Il problema non è consegnare e dare delle risposte,ma è provocare qualche domanda; far venire il gustodella ricerca, il gusto di porsi delle domande,condividere con loro un percorso di ricerca. Una esperienza molto bella che abbiamo lanciato inquesti ultimi anni è l’esperienza di partecipazione,l’équipe dei ragazzi; addirittura in alcune diocesistiamo sperimentando l’esperienza del consiglio deiragazzi: là dove c’è anche un’esperienza dipartecipazione e di democrazia (che è un altrovalore pedagogico) esiste un modo per cominciare acondividere con loro e a costruire il futurocoinvolgendoli, animando il loro protagonismo. Un protagonismo che anima il loro essere personeche hanno da dirsi delle cose, che hanno bisogno dinoi, che insieme a noi vogliono fare delle cose;allora la sfida educativa si muove all’interno di questi

tre punti: animare, far venir fuori tutto ilbuono, tutto quello che valgono oggi,non solo destinatari di una propostaeducativa, ma compagni in una relazioneeducativa. Un'altra via positiva che soche condividete con noi è il lavorareinsieme per progetti: penso ai laboratori

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Le associazionigiovanili:essere protagonisti,come vivono i giovanila partecipazione

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della pace, richiamando quella concretezza che è unpercorso bello, significativo e importante.

COMUNITÀ DI SANT’EGIDIOLeonardo Palombi Il problema dei giovani spessomi sembra sia quello di essere presi sul serio: holavorato molto con i giovani e ho sempre sentito ilrischio personale di essere didascalico, pedagogico,ma non educativo. Prenderli sul serio vuol dire anche accompagnarlidavanti a tutti i problemi della vita. C’è un fascino della globalizzazione tra i giovani, ilproblema è accompagnarli in un mondo cuiveramente non conosciamo le risposte: laglobalizzazione che rimane per tutti un fattocomplesso. Che cosa vuole dire dare un’anima allaglobalizzazione? Molto concretamente noi abbiamocreato il cosiddetto movimento del “paesed’arcobaleno” che raccoglie migliaia di adolescenti,giovani ragazzi in più di 30 paesi del mondo.Questo movimento è un modo di incominciare ascoprire insieme agli adolescenti, ai ragazzi qualisono i problemi del mondo per ragionare insieme suuna scala che sia veramente planetaria. Voglioleggervi il manifesto del paese dell’arcobaleno perchéè scritto dai ragazzi; lo hanno preparato insieme, intanti:“Siamo ragazzi di tutta la terra e vogliamo cambiareil mondo, come è adesso non ci piace, è pieno dicose belle, ma troppe persone soffrono per la fame,per la guerra, per un colore della pelle diversa,perché il forte vuole schiacciare il debole. Il nostropianeta è pieno di cose belle, ma sempre più sporco,pieno di rifiuti, l’aria è sempre più inquinata.Vogliamo un mondo più giusto e più umano, senzadivisione tra i popoli tra bianchi e neri, tra gialli escuri, tra ricchi e poveri, tra giovani e anziani. Noivogliamo costruire un mondo più pulito dovel’inquinamento non fa diventare le foreste gialle e

marrone l’acqua, dove c’è spazio per tutti i colori eper tutta la gente. Vogliamo vivere in pace, non cipiace crescere in un mondo con la guerra perché èstupida e pure chi ha vinto soffre e ha semprepaura. E vogliamo dire che è più importante salvarela terra che avere tanti soldi, ed è meglio unamaglietta e un paio di scarpe in meno, chepermettere che i bambini in tante parti del mondolavorino come schiavi. Siamo amici di tutti anche diquelli che nessuno vuole vicino, siamo amici deglianziani perché non è giusto che siano sempre dasoli, siamo amici di quei bambini che chiamiamodiversi perché sono come noi anche se non sannocorrere e parlare. Siamo amici degli stranieri, quelliche vogliono rimandare a casa loro anche se unacasa non ce l’hanno. Siamo amici della natura, amiciveri non quelli che bruciano i boschi e sporcano ilmare. Siamo tanti, ma non siamo tutti uguali, siamodi tanti colori e di tutte le età, ma non per farci laguerra; ci impegniamo a crescere insieme e nonlasciare che persone violente rubino l’infanzia aibambini. Sembra difficile ma è facile, siamo capaci difarne di tutti i colori: bianco puliamo il mondo,rosso amicizia e solidarietà, giallo il sole che ciunisce, verde su cui guidare, blu come la notte chenon deve fare più paura a nessuno, sono i colori delfuturo sono i colori di Dio, è il paesedell’arcobaleno”. L’ho voluta leggere per far capire il tipo di sforzoche facciamo: farli partecipare dei tanti problemi delmondo: al discorso sui bambini schiavi, al discorsosulla guerra, il tutto vissuto anche in un impegnomolto concreto. Condivido il fatto che le esperienzeall’estero siano fondamentali, lo sono anche perchéspesso il problema dei giovani è di vivere in unmondo che filtra tutto che dà surrogati, per questofacciamo incontri in particolare con i poveri, unmomento fondamentale, perché c’è bisogno diincontrare e di conoscere, non attraverso lo

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schermo, non attraverso una registrazione, diincontrare e di lavorare, c’è bisogno attraversoun’amicizia, una fedeltà con i poveri perché questo è anche quello che permette di farcrescere tanti interessi.

LEGAMBIENTEMarco Fratoddi Diciamo che il futuro per moltiragazzi è anche la passeggiata fuori dalla porta dicasa, quello è un pezzo di futuro che pone già unpo’ di problemi: lo dico a ragion veduta perchéabbiamo realizzato una ricerca qualche anno fa sulrapporto fra i ragazzi e la proiezione del territorio intermini di autonomia ed è risultato che è unapercentuale molto bassa intorno al 25% di circa15.000 under 14 di diverse città italiane, che si sentesicura di andare da solo nella propria città. Occorrequindi aiutare i ragazzi a vivere un’esperienza difuturo e autonomia anche in questa dimensione,anche nel rapporto del futuro immediato, che èquello del proprio tempo libero, che è anche oggipomeriggio, fermo restando che siamo parlandoanche di fasce di età diverse perché noi cioccupiamo degli under 14 e di bambini spessomolto piccoli. Accompagniamoli nella conquista del futuro, che èin qualche modo una riconquista della città e delterritorio. Penso che l’esperienza dell’associazionismodi bambini abbia soprattutto questo fine equest’utilità cioè quella di dimostrare che ci si puòriprendere tutti insieme lo spazio pubblico lo spaziocomune, che non bisogna aver paura di giocare apallone là dove qualcuno sostiene che è proibito(fermo restando che non si devono fare danni),comunque bisogna vivere attraverso l’esperienza digruppo la riconquista della realtà. Servono esperienze per dimostrare che non bisognaaver paura della realtà, del futuro e quindi dellospazio pubblico, perché in quella realtà si può

intervenire con le proprie mani, bisogna costruirealmeno questo, costruire insieme ai ragazzi delleesperienze a loro misura, perseguibili. La giornata divolontariato è lo spot e il seme, poi naturalmente siinnesta un processo più lungo, più ampio che, peresempio, come succede in molte “bande del cigno”,può portare alla costruzione di una giornata divolontariato. Quindi non solo “atto di presenza” auna iniziativa costruita dagli adulti del comune o delcircolo, ma fare esperienza insieme, costruire unagiornata di azione di cittadinanza che non è fine ase stessa, che non serve solo per pulire un giorno ilgiardino, ma serve per dimostrare in qualche modoal gruppo di ragazzi che insieme si può vincerequesta paura dell’ignoto, di questo spazio pubblicoche sta fuori scuola e fuori casa e che esistono deglistrumenti per farlo. Gli adulti svolgono una funzione straordinariamenteimportante perché accompagnano i ragazzi in questaesperienza a loro misura. Come “Puliamo il mondo”c’è “Cento strade per giocare”, spero la conosciateperché anche molti di voi scout partecipano aqueste nostre iniziative: riconquistare per un giornola piazza principale del quartiere o della città con igiochi di strada è un atto rivoluzionario, nel nostropiccolo, ma è un atto di grande significato che aiutaa vincere la paura delle macchine, che aiuta acostruire una cultura della area pubblica comequalcosa di proprio del quale ci si può appropriare.Quando l’ho vissuta io da adulto, l’organizzazione di“Cento strade per giocare” è stata un’esperienzastraordinaria, perché insieme ai bambini questaesperienza di riconquista della realtà la fanno anchegli adulti e spesso ci stupiamo anche noi. Fermare iltraffico a via dei Fori Imperiali è stata una delle cosedi cui vado più orgoglioso nella mia vita e quandoho visto togliere l’isola pedonale e vedere il fiume dimacchine bloccato ancora dal cerchio delle personeintorno a “mangiafuoco” io mi sono commosso

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perché non erano più le transenne a bloccare iltraffico, ma l’artista di strada, e insieme a me si sonocommossi anche gli automobilisti. Penso che sianoiniziative forti che restano dentro: occorre lanciarequesti messaggi lanciare queste immagini e poicontinuare a praticarli attraverso l’esperienza della“banda”, l’esperienza dell’associazionismo di bambiniche costruisce giornate di questo genere è un modoper vincere la paura del futuro perché ci fa vincerela paura dell’oggi e quindi è su questa scala, inqualche modo, che si incomincia ad intervenire, sidimostra qui ed ora che un altro mondo è possibile,perché si possono fare delle cose semplici che sonoanche una merenda in piazza laddove normalmentenon avremmo mai pensato di sostare.

COMUNIONE E LIBERAZIONEMartino Feyles Cercherò di rispondere alle domandefacendo anche qualche esemplificazione, come mi èstato chiesto. Dei giovani che io vedo tutti i giorniquello che mi colpisce è l’incertezza nei confronti delfuturo, la fragilità di fronte alla realtà: tutto quelloche è definitivo spaventa, basti pensare alle questionisentimentali, ad esempio; quest’incertezza esisteperché manca un’ipotesi nell’affrontare la realtà, si ècome sguarniti di fronte alla realtà. Per noi la fede èl’ipotesi interpretativa della realtà, l’ipotesi con cuiuno si rapporta con la realtà, che giudica la realtà.Gli strumenti educativi che noi usiamo sono lascuola di comunità, un incontro che facciamosettimanalmente nelle università o nelle scuole; sileggono i testi di Don Giussani, che è il fondatoredel movimento, testi che ripropongono la tradizionedella Chiesa mostrandola nella sua incidenza, conl’esperienza presente con la realtà con l’esperienza diognuno di noi. La scuola di comunità è proprio ilparagone della propria esperienza, ovvero il presente,quello che ognuno di noi vive giornalmente, con lafede, così come ci aiuta a capirlo Don Giussani.

Questo è il primo gesto educativo che noisettimanalmente facciamo, perché la tradizione deveessere dentro un vissuto presente, deve avereincidenza, pertinenza con la realtà di tutti i giorni.Poi abbiamo la “caritativa” che può andare ad aiutareun altro ragazzo nello studio o aiutare le suore etutte le più diverse caritative. L’educazione èintroduzione alla realtà totale e questo in un duplicesenso nel senso, di introdurre alla totalità della realtà,a tutti i fattori della realtà, portare a compimento latotalità della persona; per questo fra le cose che noifacciamo, una delle dimensioni che mi ha semprecolpito e impressionato è la dimensione culturale: noiorganizziamo tantissimi incontri sui temi piùdisparati: il problema dell’islam, la storicità deivangeli, la fede quindi come cultura, come ipotesiper giudicare tutto, qualsiasi cosa, qualsiasi aspettodel presente. Abbiamo allestito una mostra sullastoria dell’arte classica e paleocristiana, dalle statuegreche ai sarcofagi cristiani che è stata esposta al“meeting”; la cosa che mi ha colpito è questa: lapossibilità che uno a partire dalla fede dall’incontroche ha fatto con Cristo, possa giudicare quello chelui studia cioè il suo presente, il suo quotidiano, cheè studiare la storia dell’arte e che da questo vengafuori una cosa bella. La fede come ipotesiinterpretativa della realtà. Questo è quello a cuicerchiamo di educarci. Mi viene in mente comefrase, che potrebbe essere lo slogan di questoconcetto, una frase che ci diciamo spesso e che è diSan Paolo: “Vagliate tutto e trattenete ciò che vale”questo è lo sguardo a cui noi vogliamo educarci: ungiudizio su tutti gli aspetti della realtà a partire daquella storia che ci ha raggiunto che è l’incontro conCristo.

AGESCILaura Galimberti Non vorrei parlare di futuro, dicome noi insegniamo il futuro, perché noi non

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insegniamo niente, noi facciamo vivere il servizio,facciamo vivere la condivisione. E se abbiamovissuto la condivisione, da questo nasce la speranzache non ci sia più la povertà in un mondo futuro.Se abbiamo vissuto il servizio nasce nel futuro lasperanza delle pari opportunità con tutti, quindi nonpenso che dobbiamo insegnare nulla a questiragazzi. Faccio un esempio: ieri sera era la giornatamondiale della povertà e un giornale ha organizzatodi dormire fuori una notte per condividere lesofferenze con i senza casa. Guarda caso la metà deiragazzi era scout: i nostri ragazzi vivono questacondivisione, vivono gli spazi della città, così nascela tolleranza. Mi piace molto questo discorso diriacquistare la vivibilità dello spazio pubblico epenso che ci si possa interrogare anche come scout:ci lamentiamo spesso che i nostri ragazzi fannotroppa attività in città e poco fuori, però in questachiave può essere molto interessante la riscopertadegli spazi della città, mentre oggi quegli spazi sonovissuti con molta diffidenza dalle famiglie prima ditutto e quindi anche dai ragazzi. Viviamo lapreghiera e da questa nasce la fede.

COORDINATORE

Stefano Costa L’ultimo interrogativo su cui fermarciè una domanda che come educatori dovremmosempre porci: il ruolo dell’adulto fra “l’accompagnaree il sostenere e poi lasciare” questa difficoltàsicuramente nostra come adulti della separazione,diviene di conseguenza problematica anche per iragazzi: occorre saper essere vicini, ma saper ancherenderci lontani, ovvero a un certo punto saperciseparare. Per le associazioni che propongono uncammino molto forte, molto basato sulla relazione,questo aspetto è, a ogni età, un rischio. Noi comeeducatori sappiamo cosa significhi affettivamentesalutare un lupetto o una coccinella, uno dei nostriragazzi più grandi. È un rischio educativo che noi,

nel nostro metodo, abbiamo strumenti per trattare,affrontare e discutere. Quindi vorremmo sapere dallealtre associazioni, come lo pongono, come loaffrontano.

COMUNIONE E LIBERAZIONEMartino Feyles Per un adulto educare vuol direcomunicare se stesso, comunicare qual è l’ideale cheuno segue. L’ideale non è qualcosa che sta sullenuvole, ma vuol dire comunicare una modalità dirapporto con il reale, un metodo di approccio delreale, non proporre un certo sistema di idee, o unacerta dottrina, o un certo sistema di valori a cuiadeguarsi, anzitutto proporre un metodo di rapportocon il reale, cioè un metodo di conoscenza.Una proposta del genere ha un rischio educativoperché è puntare sulla libertà e questo comporta unrischio, un rischio educativo. Da una parte misembra che il pericolo in un rapporto educativo siala paura di preservare ad esempio un ragazzodall’impatto con la realtà cercare di tenerlo comesotto vuoto al riparo. Questo tentativo di preservare dall’impatto con larealtà è controproducente perché porta a due cose:o alla ribellione, perché viene sentito come unacostrizione un atteggiamento del genere, oppure nonconduce alla formazione di un personalità, perché seuno non impatta con la realtà, non viene mai fuoril’adulto; d’altra parte questo non vuol dire l’eccessoopposto, che è pensare che l’educazione possa essereun qualcosa di spontaneo e autonomamente unragazzo viene su da solo: così si è in balia delproprio sentimento dell’immediatezza, dell’istintività:quindi ci sono questi due poli e l’unica è puntaresulle libertà. Volevo finire leggendo una citazione deltesto Rischio educativo di Don Giussani: il nostrofondatore cominciava le sue lezioni con questa fraseche spiega che educare vuol dire puntare sul rischiodelle libertà di chi hai davanti: “non sono qui perché

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voi riteniate come vostre le idee che vi do io, maper insegnarvi un metodo vero per giudicare le coseche io vi dirò. E le cose che vi dirò sonoun’esperienza che è l’esito di un lungo passato(duemila anni)”. Ecco questo è lo spirito educativonel movimento di Comunione e Liberazione chepunta tutto sul rischio della libertà personale diognuno.

LEGAMBIENTEMarco Fratoddi Esiste sicuramente una questione diidentità per molte ragazze e ragazzi di questagenerazione ed è una questione legata alla mancanzadi adulti di riferimento in relazione ai quali costruireil proprio essere. Questo si vede sia nella scuola,anche se è un momento in cui anche gli stessiinsegnanti sono disorientati, e quindi stanchi,esauriti, sfibrati, alla relazione educativa diretta con ibambini, con gli alunni, ma si vede anche a casa,perché i papà e le mamme di questi anni su tantepiccole cose, anche semplici, non sanno che pesciprendere. Quindi in qualche modo l’assenza, latrasparenza degli adulti che stanno davanti ai ragazzirappresenta un problema per loro, quindi quando c’èl’esperienza dell’associazionismo del gruppo l’adultoè un punto di riferimento fondamentale. Esistesempre una tensione fortissima dal ragazzo versol’adulto che organizza il contesto del gruppo erappresenta sempre, anche quando non ne èconsapevole, un punto di riferimento per ilcomportamento anche per la sua solidità. Come sideve porre l’adulto che ha questa forteresponsabilità, l’adulto che organizza e che agli occhidei bambini è una figura particolare in questomomento di crisi di identità dei bambini? Mi rifaccioanche alle riflessioni di Mario Pollo sullo staredentro o fuori dal gruppo, quando lasciarlo in cheposizione porsi. Dipende anche un po’ dal “materialeumano” che si ha di fronte, una cosa che non va

fatta è porsi come generali con l’esercito al seguito.Per l’adulto è importante non strumentalizzare iragazzi, anche perché il gruppo si sfascia; la tenutadel gruppo è un cartina al tornasole rispetto allacorretta posizione dell’adulto nei loro confronti: sec’è bisogno di una bussola per vedere in cheposizione porsi è utile osservare molto il gruppo percapire se si sta sbagliando il profilo che si porge airagazzi. Anche quando si esce, quando si èraggiunto un livello di equilibrio autonomoall’interno del gruppo dei pari, secondo me una cosache non va fatta è comunque chiamarsi fuori deltutto: quello è il momento più importante perchénoi abbiamo la grandissima occasione, lagrandissima opportunità di osservare il gruppo deiragazzi, di drenare il loro punto di vista, di porci inun’ottica di ricerca. In questo senso penso che inqualche modo l’adulto non esce mai del tuttodall’esperienza dell’associazionismo infantile perchépuò porsi nella posizione privilegiata dell’osservatoree in questo modo inizia tutta una ricerca che serve eche è utile per capire quale segnali lanciano questiragazzi e su quali basi si vanno a costruireesperienze anche diverse da quella che si è vissutafino a quel momento.

COMUNITÀ DI SANT’EGIDIOLeonardo Palombi Io volevo partire dalla bellacitazione che avete messo sul vostro libro dei cantiriferito allo scriba saggio che estrae dal suo scrignocose nuove e cose antiche, che mi sembra riassumail problema della difficoltà di essere adulti con igiovani, pescando da una tradizione, daun’esperienza, da una storia, però anche con ilproblema di stare insieme semplicemente con igiovani, davanti al nuovo del mondo, al nuovo dellecose. Il problema dell’educatore non è che deveavere sempre qualcosa da dire su tutto, ma è ilsaper stare insieme che è anche un segreto di

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giovinezza: nella vita si è sempre un po’ educatorio educati. Anche tra noi il nuovo spaventa. Cosavuol dire essere giovani solamente dal punto divista dell’età? Chi ha deciso che gli anziani asessantacinque anni sono anziani? Lo deciseBismark, il cancelliere, in un tempo in cui glianziani erano il tre per cento della popolazione.Oggi, sapete meglio di me, che si dice chel’adolescenza dura fino ai venti, venticinqueaddirittura fino ai trentadue anni. Lo dico perevidenziare il problema di accompagnarsi e diaccompagnare i giovani in un rapporto di amiciziaè fondamentale anche perché tante volte gli adulti,i giovani li sopportano poco, ne hanno fastidio, nehanno paura: i giovani provocano in quel bello esalutare rapporto di contrapposizione econtraddizione. Si è educativi nel saper stareinsieme, nell’amicizia, davanti ai grandi fatti delmondo, per cui uno un po’ di risposte le ha, hadegli orientamenti; diceva Martin Luther King: “Ènella notte che brillano le stelle”; in fondo noiabbiamo degli orientamenti, abbiamo delle parole epoi la strada la facciamo insieme.

AZIONE CATTOLICAGiuseppe Notarstefano La riflessione che stiamofacendo in Associazione è restituire agli adulti unacentralità nella dimensione educativa. Per farequesto dobbiamo scegliere anche la via di farcicompagni di strada delle famiglie e dei genitori,stare accanto, non sostituendosi, ma collaborando,condividendo, stando insieme; questa è una viache stiamo iniziando a percorrere che è faticosa,ma importante. Questa è poi la via della reteeducativa, delle alleanze educative. Comeatteggiamento condivido quello di stare da adulti,da giovani, insieme ai ragazzi, provare a scambiarsil’umanità, scambiarsi il vissuto, provare araccontarsi l’esperienza, la vita quotidiana; credo

che l’esperienza educativa va ricentrata su questo edi questo sentiamo tutti un grande bisogno.

AGESCILaura Galimberti Sicuramente il ruolodell’educatore, dell’adulto oggi diventa critico perchéè cambiato il mondo esterno e questo si legaall’essere giovani dei nostri educatori ed ovviamenteal vivere gli stessi problemi, le stesse contraddizionidei loro ragazzi. Quindi enorme responsabilità unitaa alcune difficoltà oggettive, penso che siano alcunepiste; se ci sono delle assenze noi stimoliamo a fareun passo in più a non essere accondiscendenti aguardare sempre un altro aspetto delle cose. Primaqualcuno ha detto ci vuole della fantasia; io vorreisemplicemente richiamare questo “nell’essereeducatore oggi” quindi nell’accompagnare, sostenerepoi staccarsi, in tutto questo ci vuole della fantasia,guardare le cose da un altro punto di vista.

COORDINATORE

Stefano Costa In conclusione è stato interessantescoprire che, pur essendo associazioni anche moltodiverse, abbiamo tuttavia potuto raccogliere alcunipunti “metodologici” in comune. Innanzitutto il tema

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dell’esperienza: tutti ci siamo proposti e abbiamoproposto ai nostri ragazzi di fare delle esperienze ditoccare la realtà di buttarsi nella realtà: c’è chisottolinea la realtà più dura come Sant’Egidio, c’è chisottolinea la realtà quotidiana anche culturale comeComunione e Liberazione o chi invece si cura di piùdella realtà in senso di partecipazione cittadina comeLegambiente o chi, forse come noi, propone unpercorso globale come l’Azione Cattolica; però questoaspetto del far fare esperienza della realtà è undiscorso che accomuna tutti. L’altro tema è quello della condivisione: l’adulto conil bambino, l’adulto con il ragazzo, sempre di più,addirittura con una modificazione rispetto al passatoper l’Azione Cattolica che sta ridiscutendo il proprioassetto separato fra ragazzi ed adulti. È un tema interessante anche perché va verso unfuturo, un discorso di prospettiva. Mi sembra che come filone di base di questi aspettisi possano cogliere due chiavi: fiducia e valori:proponiamo delle cose chiare, abbiamo delle cosechiare in testa. Questo può essere uno dei segretidell’educazione dei ragazzi di oggi: avere chiaro ciòche proponiamo ai ragazzi. Come secondo punto, ilrispetto per la loro libertà, cogliendo anche la sfida

che questo significa; noi proponiamo valori e anchefiducia, che è tanta e tale, per cui noi pensiamo dicrescere insieme a loro; siamo convinti che facendoservizio con loro cresciamo anche noi. E quindi ilnostro modo di fare servizio non è quello dellascuola, dove io sono lì e ti insegno delle cose, tuimpari, ed io non imparo niente da te (anche se nonè sempre così), ma un ambiente in cui io cresco conte e guardo alla tua energia e alla tua spinta evolendo anche la tua innocenza, come ci dice Gesù,guardo con un po’ di invidia; questa invidia onostalgia mi serve per il resto della mia vita. Inultimo il tema dell’accompagnare: la serenitàdell’adulto consente un distacco tanto più possibile,quanto più io so vedere anche nell’altro unaricchezza che mi arricchisce.

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GLI OSPITI

Stefano Costa, Neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta. Caporedattore di Proposta Educativa

Marco Fratoddi, Redattore di Nuova Ecologia e giornalista. In Legambiente ha fondato il settore ragazzi

Giuseppe Notarstefano, Ricercatore in Statistica Economica, condirettore delquindicinale Segno nel mondo. È componente dellaPresidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana

Leonardo Palombi, Medico epidemiologo, professore presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata di Roma.Responsabile degli aiuti e progetti umanitari per i paesiin via di sviluppo nella Comunità di Sant’Egidio

Martino Feyles, Consulente esperto nell’ambito delle Politiche Giovanilipreso il Ministero della Pubblica Istruzione.Esponente di Comunione e Liberazione

Laura Galimberti, Architetto. Incaricata Nazionale Branca R/S e capo campo CFA

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PARTE SECONDA

Le piste di approfondimento

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Il segreto del nostrometodo è conoscere il ragazzo

Il linguaggio della relazione educativa

I temi della riflessionemetodologica oggi inAgesci

Educare in rete

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Le quantità si contendono lo spazio, le qualità si completano a vicenda.

(Bonhoeffer)

Nel rapporto educativo i poli sono sempre almeno due:

I ragazzi...sono capaci di mescolare normalità e trasgressione, di vivere senza problemi di coscienza fra ambientivitali con contenuti etici e norme di comportamentodiverse ma....

Ci parlano della voglia di muoversici parlano della voglia di conoscereci parlano della voglia di incontrare gli altri, senza paura, a cuore apertoSono pronti a fidarsi, mahanno bisogno di sentirsi capiti e accettatihanno bisogno di protagonismoSono disposti a compromettersisono disposti a giocarsisono disposti ad obbedire se questo li farà sentire “grandi”Cercano un’identitàcercano proposte chiare e appassionanticercano persone che abbiano qualcosa da dire e da dareChiedono di essere accompagnatichiedono di essere protagonisti della ricercachiedono che qualcuno parli loro con chiarezza e coraggio.

Cercano qualcosa che possa dare senso alla loro esi-stenza e per arrivare a questo sono disposti a mettersiin gioco, a volte in maniera discreta e quasi silenziosa,altre volte fino alle estreme conseguenze. Non tuttihanno i tatuaggi o i capelli colorati, ma spesso nonhanno più voglia di parlare.

A confrontarsi con loro?Vivono uno spirito di antagonismo e di contraddizio-ne: vogliono essere grandi (a 11/12 anni fumano laloro prima sigaretta), ma non in questo mondo deigrandi. Vogliono sentirsi accolti e capiti, ma spessoesprimono richieste concrete e solo per i beni mate-riali. Vogliono essere protagonisti, ma si siedono adaspettare.

Come appassionarli?Sono animati da una grande tensione ideale (pen-siamo alla partecipazione spontanea al G8 e allaMarcia della Pace) che molto spesso, però, risultapriva di solide radici ed è destinata a consumarsivelocemente (Servizio o fuochi di paglia?). Sonodisponibili a relazioni personali intense con chiincontrano sul cammino, ma fanno fatica a vivere lafedeltà.

Come costruire la loro felicità?Amano la notte perché gli adulti sono assenti. Lanotte possono sperare di non essere riconosciuti egiudicati: ritrovano un anonimato scelto e non subi-to. Di giorno temono di non esistere, nessuno liviene a cercare. Amano il fascino seducente dellanotte in cui è più facile stabilire un contatto, averetempi lunghi e liberi, non organizzati, programmati,definiti.

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Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo

La tesi

LauraGalimberti

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Cosa offriamo loro di giorno? Il mondo che li circonda li ha abituati allo zapping: iltelecomando è una diabolica scuola di leggerezza.Insegna a spostarsi in qualsiasi direzione e ad ognivelocità. Eppure il movimento è più fittizio che realeperché si rimane passivi di fronte alle immagini chescorrono, non si sviluppa alcuna voglia di approfondi-menti, forse neppure di emozioni. Nel supermarketdella vita, l’abbondanza può suscitare noia.L’intelligenza creativa è l’unica via di fuga.

Come sviluppare l’immaginazione?La paura della solitudine, l’ansia di essere accettati, diessere in empatia con gli altri e con il mondo sviluppasoprattutto nei giovani processi di dipendenza dasostanze e beni esterni: anche i nostri Clan vivono ilproblema del fumo, dell’alcool, delle corse in automo-bile e sin dalla branca L/C i ragazzi sono legati finoalla dipendenza a cellulari e computer.

Come proporre relazioni significative che riempiano ilvuoto affettivo? I ragazzi hanno nostalgia di esperienze vere. Di sco-prire gli altri e se stessi, di percorrere il viaggio dellaloro vita e trovare in fondo la loro Itaca. Proponeteloro di vivere la storia del tempo presente e risponderanno. Hanno paura delle emozioni, ma sono disponi-bili a lanciarsi lontano da casa.

Quali occasioni per esplorare il mondo che li circonda?Ci sono attività che piacciono perché sono “difficili” e,in un certo senso, appagano il bisogno dei giovani disfida, con se stessi e con gli altri, per affermare la pro-pria identità. I ragazzi non temono le difficoltà: leaccettano quando riescono a viverle non come impo-sizione, ma come sfida. Non cerchiamo di semplifica-re loro la vita, cerchiamo di renderla appassionante.

Cosa vuol dire autonomia? E carattere?In questa difficile ricerca i ragazzi non vogliono esseresemplici comparse e chiedono agli adulti di essereinterlocutori affidabili e capaci. Chiedono di essereaccettati per quello che sono, ma chiedono anche diessere aiutati a trovare una chiave, un’interpretazione,un metro per misurare il mondo. Tutti i bambini e gliadolescenti vorrebbero un capitano coraggioso capacedi guidarli e proteggerli. Trovano un capo scout.Quale testimonianza può offrire?

I Capi…Chi ascolta i ragazzi?

Chi sa interpretarne i silenzi, le contestazioni, le attenzioni, lepassioni? Chi si lascia coinvolgere o travolgere dai desideri dei giovani? Chi si abbandona all’inerzia o al decisionismo? Chi immagina (in condivisione, cogestione, co-involgimentoreciproco) strategie e percorsi? Abbiamo parlato dei ragazzi, ma in realtà abbiamo par-lato delle intuizioni e delle sensazioni che ogni capovive sulla propria pelle: il rapporto costante con i ragaz-zi lo predispone a questo.

Ma come interpretare i segni e soprattutto quali segni inter-pretare?Anche i capi sono giovani, alla ricerca spesso di unaloro identità, ma già con la coscienza, talvolta confu-

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sa, ma sempre sincera di aver scelto da che partestare e di voler condividere con i loro fratellini piùpiccoli questa scoperta. L’esperienza del capo èricca di motivazioni affettive e di implicazioni emo-tive che non devono farci dimenticare la necessitàdi leggere dietro i desideri dei nostri ragazzi. Ilbisogno che si cela dietro il desiderio. Non è il tele-fonino di cui hanno necessità, ma il possesso del-l’oggetto nasconde il bisogno di relazione con glialtri, la voglia di sentirsi uguali ai pari e nello stessotempo di emergere, la paura di trovarsi soli, “tagliatifuori”. L’arte del capo sa incontrare il bisogno, nonsolo soddisfare il desiderio.

La comunicazione e la relazione educativa sono effi-caci, ci dice già B.-P., quando sono radicati nei codicisimbolici e nei bisogni materiali dei ragazzi (“…ridere, lottare, mangiare…”). Quale scenario ha scel-to lo scautismo per avvicinarsi al mondo dei ragazzi?Non il bar, non l’agonismo, non il metrò, ma l’av-ventura. Metafora della vita e campo di esperienza. Possiamo chiederci se questa proposta corrispondeancora allo spirito dei ragazzi oggi, consapevoli cheuna risposta negativa ci porterebbe in una direzione,senz’altro valida, ma lontana dallo scautismo. Ci diceil prof. Massa che l’esperienza che il ragazzo, almenoper un verso della sua personalità sempre in conflit-to, non vuole, né ha mai voluto è l’avventura: essa èseparazione, rottura, distacco e abbandono. Ma cre-scere significa proprio essere capaci di separarsi, direndersi autonomi. Difficile e affascinante. Possiamo anche chiederci se questa proposta corri-sponde allo spirito dei capi. Se cioè giovani adultioggi siano affascinati dai nodi, dalla pionieristica, dalcammino. Si tratta di cogliere la potenzialità educati-va dello strumento, ma anche di saperlo padroneg-giare con passione. Non si può insegnare l’emozionese non vivendo in modo appassionato ciò che tra-smettiamo.

In merito allo stile e alle modalità della relazioneeducativa vogliamo ricordare altre parole del prof.Riccardo Massa: “Lo scautismo, in realtà, si configuratanto più efficacemente come una situazione educativaquanto più l’adulto non si pone come educatore, ma comeistruttore e come capo, come uno che guida i ragazzi a farescautismo per il solo piacere, il solo gusto di farlo, e chedeve quindi insegnargli le tecniche necessarie. Ma di fattoquesta è una situazione che assume una potente specificitàeducativa”. Cosa significa? Semplicemente che la seduzione eser-citata dal capo scout, componente fondamentale diogni pedagogia educativa, nasce dalla sua testimo-nianza, silenziosa, ma ferma, che sa vivere la trasgres-sione insieme al rispetto della norma, che sa trasmet-tere la passione insieme alla tecnica. Il fuoco di bivac-co, il bosco, la tenda, la trapper sono codici di unmetodo che contiene già in se stesso le proprie valen-ze educative.

Nel rimandare il tema della relazione capo-ragazzo aldocumento preparatorio sul linguaggio non possiamonon interrogarci sul nostro specifico metodologico:nello scautismo il metodo risponde a bisogni educativiprecisamente identificati. Ma il ragazzo nel suo profi-lo profondo è sempre identico? Abbiamo già vistocome il processo di crescita sia comunque complesso

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Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo

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e contraddittorio: i bisogni di scoperta e affermazionesono costitutivi dell’età dell’infanzia e della giovinezza,ma, a mutate condizioni storiche e sociali, corrispon-dono diverse domande e risposte educative possibili.

Un’analisi… anzi due

Qualche volta l’analisi aiuta e soprattutto può aiutareoggi, in un’epoca in cui il rapporto tra generazioniappare talvolta “capovolto” e la difficoltà di compren-sione dei reciproci ruoli genera insicurezza: mettere alprimo posto i bisogni del ragazzo, piuttosto che l’e-sperienza dell’educatore, fa sì che il rapporto tra i duedebba essere sempre contrattato, che i ruoli non sianomai definiti una volta per tutte e che la distanza ”tra-dizionale” tra le generazioni sia svanita. Si instauranorapporti spesso faticosi con caratteristiche che provo-cano disagio alle generazioni più mature, non solo aigenitori, ma anche ai capi e agli educatori.L’esperienza, in un mondo in continuo cambiamentotecnologico, non è vista più come guida autorevole. Ilfascino del “nuovo” non risparmia nessun aspettodella nostra vita. Le capacità cognitive dei piccoli si sono sviluppate inun modo sorprendente, ma ciò non significa che ibambini siano nel complesso più maturi.

Aiuta l’analisi dell’ambiente sociale e familiare in cuivivono i ragazzi e aiuta l’analisi delle nostre unità, l’os-servazione che i diversi punti di vistadell’Associazione possono fornire. Non per sostituire,ma solo per integrare, aiutare, completare l’osservazio-ne dei capi che restano gli unici titolari del rapportocon il ragazzo e pertanto custodi della lettura e del-l’interpretazione dei bisogni e delle risposte.

1 Chiediamo agli scritti del Dott. Nadio Delai, giàDirettore del Censis, di aiutarci ad individuare

lcune chiavi di lettura di comportamenti ricorrenti deigiovani spesso percepiti dagli adulti come “alieni”,cioè come soggetti che non si conoscono affatto, concui non si comunica, che risultano poco intelleggibili,spesso sfuggenti, talvolta irritanti. Il mondo giovanileesce dal silenzio della propria stanza/fortezza per fini-re sulle pagine dei giornali solo per eventi gravi edecisamente “rumorosi” (dall’omicidio dei genitori aisassi dai cavalcavia, tanto per citare). Premesso che ogni schema interpretativo è arbitrarioe sicuramente parziale, Delai propone tre chiavi chepossono essere così sinteticamente definite:

- la cancellazione del limite;- l’eclisse del padre;- la sospensione del tempo.

Sono letture critiche di realtà che continuamenteosserviamo anche nelle nostre unità e che perciò ciaiutano nel loro riconoscimento.

La cancellazione del limiteChe le limitazioni siano fortemente attenuate, se nonsempre cancellate del tutto è constatazione comune:poche le restrizioni economiche ai figli, attenuate lelimitazioni valoriali, cancellato ogni limite nelle aspira-zioni dei giovani e tramontato un sistema di autoritàforte. Il fenomeno non riguarda solo i giovani, masempre più ampiamente gli adolescenti e i bambini.

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Ciò non significa che oggi, al tempo stesso, non visiano “nuovi limiti” che un tempo non c'erano: adesempio nella realizzazione degli obiettivi di vita onel minor tempo libero, minori spazi aperti, verdiecc. Sono aspetti strettamente correlati con la fine oattenuazione dei limiti di cui si parla.Gli psicologi riscontrano un aumento delle depres-sioni. Vuol dire che quando “tutto è possibile e nullavietato” la responsabilità del successo risiede in totosulle spalle del bambino/giovane: è ovvio che, inmancanza dei risultati attesi (per lo più molto elevatie comunque standardizzati nella loro qualità), la“colpa” non può che essere attribuita ad insufficien-za. Da qui l’estrema fragilità di personalità giovanili(ma non solo) in perenne oscillazione tra fantasie dionnipotenza e realtà di depressione. Peraltro nella spinta verso la cancellazione del limitec’è un vero e proprio “concorso di colpa”: sonoinfatti più determinanti le attese e i comportamentifuori misura dei genitori nei confronti dei figli o ledomande e le aspettative dei figli nei confronti deigenitori, a cui viene portato in continuazione l’esem-pio dell’avere e dell’essere oltre misura, sperimentatodagli amici?Fin dalla prima adolescenza anche gli scout possonogodere di libertà quasi illimitate, se non in pochigruppi di frontiera, il problema dei costi delle attivitànon esiste, la cura del materiale è scarsissima, i desi-deri dei genitori proiettati sui figli sono immensi. E ifigli non si ribellano: caricati della responsabilità delsuccesso come di un basto, lo portano come inevita-bile. Se all’uscita prendo il raffreddore non vengo,perché l’interrogazione domani è più importante,come dice la mamma.

Difficile predicare la povertà, l’essenzialità, il servizio; o forse profetico?

L’eclisse del padreMolti psicologi e pedagogisti sottolineano come ormaiil riferimento fondamentale del mondo giovanile sia ilgruppo dei pari, a cui viene attribuita il 70% - 80%della socializzazione giovanile, con tutti i rischi con-nessi dei “comportamenti da branco” che ne derivano.La pronunciata dimensione “orizzontale” (tra pari)della socializzazione giovanile risulta erratica, soventeestremizzata, nel tentativo di costruire un senso a rap-porti che non sono più riferiti a figure paterne, con lequali magari scontrarsi, ma anche identificarsi (rice-vendone conseguentemente conferme autorevoli). I padri sono assenti non solo fisicamente (sempre piùnumerose nei nostri gruppi sono le famiglie composteda un solo genitore), ma come modello di riferimento,come figura cui contrapporsi per crescere. Anche nelle nostre unità ritroviamo accentuata lavoglia di orizzontalità, il confronto serrato e continuocon i coetanei, che rischia di diventare motivo diappiattimento e omologazione. La comunità non sicostruisce su obiettivi e attraverso le difficoltà dellastrada, ma fine a se stessa, attraverso la convivenza(pensiamo all’abusata “settimana comunitaria” deiClan). Il capo scout ha un ruolo preciso che non è quellogenitoriale, ma che comunque è finalizzato alla cre-scita del ragazzo. Un ruolo educativo.

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In una situazione esterna di crisi dell’autorità e della rego-la, quale senso può avere per noi parlare di autoeducazio-ne?

La sospensione del tempoLa sospensione del tempo non è un fenomeno dioggi, perché veniva già rilevato nella generazione pre-cedente (cioè quella dei giovani capi) rispetto a quellache a sua volta l’ha preceduta. Si deve perciò ipotizza-re un processo di lunga durata che, grazie a mutatecondizioni economiche e anche demografiche (comeil prolungamento della vita media), tende inevitabil-mente a procrastinare, di generazione in generazione,l’entrata nella vita adulta? Oggi si assiste ad una con-creta assunzione di responsabilità e di ingresso nellavita adulta dei giovani verso i 30 anni. A fronte di unosviluppo spesso precoce delle capacità cognitive assi-stiamo ad un rallentamento nella crescita affettiva enell’assunzione di responsabilità che parte sin da pic-coli. Sempre meno spesso i bambini sono lasciati soli,soprattutto nelle grandi città, a vivere l’esperienza delcortile, della strada, della difficoltà. A casa i ragazzi epoi i giovani vivono in maniera tanto protetta e age-vole da rendere difficile un distacco verso l’autonomia. Anche questa tendenza rappresenta il risultato con-vergente di due volontà o meglio non-volontà: quelladi non voler crescere del tutto da parte dei giovani e

quella dei genitori (e degli educatori?) di non voleresercitare un ruolo di tipo paterno, in favore di unruolo sin troppo materno (infinitamente paziente,accogliente, accondiscendente).

Le domande si presentano da sole: anche noi capi abbiamoassunto un atteggiamento genitoriale di accoglienza incon-dizionata e protezione?

Sappiamo dare fiducia ai ragazzi e aiutarli a svilupparel’autonomia? Sfruttiamo con consapevolezza il sistemadelle sestiglie, delle squadriglie e delle pattuglie? Se il tempo dell’esplorazione e dell’attesa, dellasospensione, può durare anni come proponiamo iltempo del noviziato? E le scelte della partenza a 20anni?

Una letturaLe tre chiavi di analisi proposte sono riportabili adun’unica modalità espressiva: tutte si manifestanoall’insegna di un’assenza, frutto di una gradualescomparsa: del limite, del padre, del tempo e quandogli oggetti, reali e contemporaneamente simbolici,scompaiono, diventa molto difficile sia contrapporsisia identificarsi. Diventare adulti da parte dei giovani sembra dunquerichiedere un esercizio senza oggetto, che assomigliastranamente ad un koan zen: superare il limite chenon c’è; combattere con un padre assente; darsi untempo che non esiste. Le indicazioni che ci vengono da questa lettura sot-tolineano il bisogno dei ragazzi di un “limite” che ènecessario per crescere e possono diventare utiliindicazioni metodologiche (limiti fissati per i passag-gi, gruppo dei pari/gruppo verticale, relazione edu-cativa…), ma anche piste per la crescita dei capi nelloro ruolo.Scopriamo senza sorpresa che gli elementi del meto-do hanno una sostanziale validità ed efficacia anche

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riferiti ai bisogni specifici dei ragazzi del nostrotempo: sono stabiliti e fissati limiti per esempio per ipassaggi, sono previste cerimonie, è sviluppato ilgruppo verticale rispetto al gruppo dei pari, è propo-sta la vita nella natura e l’esperienza della stradaquale verifica dei propri limiti, il capo è un adultocon cui confrontarsi, sono chieste scelte definite benprima dei 30 anni. Interroghiamoci: quali cerimonie e riti di passaggiosottolineano le discontinuità e i salti della crescita?Quali occasioni invece permettono ai ragazzi di ada-giarsi in un tempo senza confini e scopi? Quandol’avventura è vissuta come sfida, trasgressione delquotidiano, per mettersi alla prova? Quando lenostre attività sono una routine bene o male pro-grammata senza sale e pepe? Come i nostri ragazzivivono il conflitto, la separazione, il distacco?Quanto le squadriglie sono davvero autonome?Quando finisce il noviziato? Come le scelte dellapartenza assumono un sapore impegnativo per lavita, per tutta la nostra vita? Come sono vissute lerelazioni di potere, la leadership? Come è attuato il trapasso delle nozioni,nelle unità e negli staff? Il fine del nostro servizio è quello di aiutare i ragazzia crescere, ricordarlo ci può aiutare a scegliere lestrade e le attività giuste. Il mondo che abbiamo descritto è lo stesso per noicapi e per i nostri ragazzi: rendercene conto ci gui-derà nelle scelte e nelle relazioni. Anche presso gliadulti (genitori compresi insieme ai capi) c’è unavoglia non sopita di cancellazione del limite, di ricer-ca di orizzontalità, di sospensione del tempo. Non si può pensare di avere un mondo equilibrato(quello giovanile) basato sui “desideri” e un altromondo equilibrato (quello degli adulti) basato sulle“responsabilità”. Solo facendo riavvicinare e convivere desideri eresponsabilità per entrambe le generazioni possiamo

pensare di colmare la divaricazione tra mondo gio-vanile e mondo adulto. Si affaccia qui con prepotenza il tema di un rapportosempre più inestricabile con le famiglie. Componenteimprescindibile, ormai fino all’età R/S, e sempre piùspesso in conflitto latente con il metodo scout lafamiglia chiede di essere coinvolta dai capi unità.

Come viviamo questo rapporto? Come proponiamo la tra-sgressione? Come evitiamo il conflitto di ruoli? I bisogni deigiovani sono ancora di autonomia e riservatezza?

2 Anche l’analisi interna delle nostre unità ci aiutanella lettura dei bisogni dei ragazzi.

Quali canali sono oggi attivi o è possibile attivare inAssociazione per raccogliere informazioni e dati?

- Dati di censimento: raccolta costante ma principal-mente limitata ai dati anagrafici. - Osservatori: mirati da parte di Settori o Brancheper la lettura di situazioni specifiche. In generequesta possibilità è riservata ai Settori che, tramiteeventi periodici, posso disporre di un campionariocostante di riferimento (la Formazione Capi, ilSettore Specializzazioni e i cantieri). Gli altriSettori forniscono osservatori sporadici e una tan-tum (es. osservatorio sul calo dei censiti IMIE,

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eventi di branca…). - Raccolte Regionali: volte principalmente ad appro-fondire esigenze o riflessioni sorte all’interno delleRegioni stesse.

Si tratta sempre di raccolte non rigorose o scientifi-che, che comunque nascono per esigenze limitate.Presupposto di un’eventuale impostazione più siste-matica o rigorosa è comunque capire quali sono i“contenuti/obiettivi” della raccolta che si intendeeffettuare (cosa effettivamente vogliamo leggere). Sipuò comunque immaginare che i dati raccolti dadiverse prospettive vengano costantemente tenuti adisposizione dei diversi livelli associativi.

Cosa vogliamo proporre? Cosa cerchiamo? Come renderecondivisi e condivisibili i dati raccolti? Quali temi di inda-gine possono essere emergenti? Come arricchire tuttal’Associazione dell’enorme patrimonio e potenzialità diosservatorio dei ragazzi, fatto dai loro capi, che sono icampi di formazione capi?

Ricordiamo anche che il solo vero titolare del rappor-to educativo è il capo unità e che ogni osservatorio èalla fine un dato statistico per immaginare linee pro-grammatiche e non può mai sostituirsi alla competen-za, o meglio dire all’arte del capo. Quale formazione e competenza sono oggi nel bagaglio del

capo? Quali strumenti per leggere nel linguaggio dei ragaz-zi? Quale conoscenza del metodo per utilizzarlo in modoconsapevolmente rispondente ai bisogni?

Vorremmo però citare qui, perché molto significativaai fini dell’individuazione dei bisogni dei ragazzi,l’indagine sul calo dei censiti promossa dall’AreaMetodo che ha chiesto, personalmente, ai ragazziche hanno lasciato l’Associazione i motivi che lihanno spinti ad uscire. L’analisi ci illumina sui bisogni educativi. Le attività fuori sede risultano quelle preferite dai gio-vani che invece trovano noiose le riunioni in sede: unrilancio del gradimento della vita all’aria aperta, dellastrada, dell’avventura, della scoperta della natura e delcreato. Un desiderio che nasconde un bisogno diautenticità, di confronto con i propri limiti, di sfida edi avventura. I ragazzi che escono hanno spesso vissu-to molto poco di questa esperienza dello scautismo.Lo stesso vale per la dimensione del servizio. Si tratta di indicazioni importanti che interrogano ilnostro stile, il modo di fare le cose e di proporle, loscouting, oltre al tipo di attività che proponiamo airagazzi. Che interroga il livello di conoscenza e appli-cazione del metodo da parte dei capi: cosa fare?Come fare? E perché? Se i capi non sapranno rispon-dere a queste tre domande i ragazzi continueranno aduscire.

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Le piste di approfondimento

La relazione dell’esperto1

Quali identità oggi? La visione veicolata dai mezzi dicomunicazione di massa è spessoapocalittica: di una infanzia e ado-lescenza maltrattate, abusate maanche violente. Ci sono certamenteepisodi gravi di violenza, individua-le o collettiva, posti in essere dasoggetti ancora in formazione, chenon possono non preoccupare, maquesti episodi non sono affatto in-dicativi e rappresentativi di una pa-tologia diffusa. Occorre aver ben presente che cisono anche altre infanzie e altreadolescenze. Esse rappresentano,fortunatamente, la maggioranzadelle situazioni. Non vi è solo ilbambino abusato e violato, non so-lo il ragazzo delle baby–gang ma

anche quello impegnato nel volon-tariato; non solo il bambino stra-niero “lavavetri” ma anche quellobene integrato in classe; non solo ilbambino “problema” ma anchequello “normale”; non solo il bam-bino sfruttato ma anche quello cheabbastanza serenamente studia egioca; non solo il bambino che sof-fre le carenze affettive e le trascura-tezze dei suoi genitori ma anchequello amato, seguito, sostenuto,stimolato dalla sua famiglia. I ragazzi sono in crescita, perciò incontinuo mutamento: parliamo diidentità itineranti.

I dati statistici ci indicano un per-corso tra criticità e potenzialità, perarrivare, se è possibile, ad alcune

piste per rilevare e capire, poiorientare le azioni.

Innanzitutto: come è cambiatala famiglia? Sono in aumento: i matrimoni civili,i secondi matrimoni, l’età media alprimo figlio (il primo figlio di mediasi fa oltre i 29 anni). In aumento lenascite naturali, fuori dal matrimo-nio, le nuove famiglie, cioè i singolinon vedovi, i genitori soli non vedo-vi, le unioni libere e le famiglie rico-stituite. Diminuiscono le famiglienumerose e aumentano le famigliecon pochissimi componenti o uncomponente. Aumentano i bambinisenza fratelli e senza cugini. La so-cializzazione tra pari è affidata uni-camente all’esterno, in casa i bambi-ni si relazionano sempre con adulti(genitori e, spesso, nonni). Cresce il numero dei bambini da 0a 13 anni con ambedue i genitorioccupati e c’è una durata media al-l’anno di 150 gg. in cui i genitoristanno fuori di casa per questionidi lavoro. Sono le famiglie “pendo-lari”. Quando i genitori trovano iltempo di stare con i bambini? Iltempo è poco e anche per questo igenitori fanno fatica a dire dei “no”ai figli: cercano di non affrontareconflitti nei pochi minuti in cui so-no a casa, magari stanchi. Altri dati interessanti. Diminuisco-no numericamente i tentati suicidi.Per inciso sono molto più dellefemmine che dei maschietti, ma

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Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzobisogni, attese, ansie, desideri dei ragazzi oggi... come ce li manifestano loro, come sappiamo coglierli noi adulti

1.Sintesi della relazione tenuta

dal Dott. Stefano Ricci,consulente per

l’organizzazione dei serviziper l’infanzia e l’adolescenza

della Regione Marche e di altre regioni,

non rivista dall’autore.

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quelli che ci riescono sono i ma-schietti. In compenso c’è un au-mento dei tentati suicidi per la fa-scia di età più bassa 0-13 anni.E poi la delinquenza: i minori dianni 14, quindi non imputabili, de-nunciati alle procure per i minoren-ni sono in totale 8.332, i minorenniimputabili sono 35.000; è interes-sante notare che questi dati sulladevianza minorile in Italia sono trai più bassi in Europa, nonostantel’allarmismo dei media. E ancora gli stranieri: nell’annoscolastico 1989-1990 gli alunnistranieri non europei erano 8.600,nell’anno scolastico 1999-2000 era-no 68.000. Un aumento esponen-ziale che non possiamo non consi-derare.

Cercheremo di analizzare le diver-se fasce di età tenendo conto, peril termine dell’adolescenza, che laquinta indagine dell’IstitutoIARD“Franco Brambilla” del 2000 si èrivolta ai giovani tra i 15 e i… 32anni, ciò significa che è ormai ac-cettato che il periodo della realeassunzione di responsabilità dellavita adulta è salito ai trent’anni.Questo interessa soprattutto i gio-vani capi, ma anche l’età del Clan.Ci sono anche i piccoli da 0 a 7anni, perché i bambini che entra-no in Agesci non nascono il gior-no prima di venire in branco enon possiamo ignorare il loro pas-sato.

Anni 0-7Ampliamento del ruolo materno,c’è il rischio che i bimbi in questaetà comandino loro (avete presenteil film di Moretti?). Assistiamo aduna definizione precoce dell’identi-tà sociale, ma c’è contemporanea-mente una doppia tendenza diadultizzazione e bambinizzazione:spesso i bambini fino a 5 anni sonoi più bravi del mondo, sono i piùprecoci del mondo, ma stranamen-te appena il bimbo comincia ad an-dare a scuola diventa il più scemodi tutti. Un gioco elastico difficilis-simo da gestire. La TV occupa lamaggior parte del tempo dei bam-bini. Le mamme sono ossessionatedal problema della salute dei figli.

Una parola-pista: la relazione.

Anni 7-12 I ragazzi già da questa età hannoun rapporto conflittuale con il terri-torio che viene rimosso come con-testo di crescita. Fra le criticità se-gnaliamo la tendenza ad anticipare,bruciare i tempi, risultato delle an-sie precedenti e di un passaggioche comincia. Molti genitori pensa-no che quando i bambini dallaquinta elementare passano alla pri-ma media hanno finito il loro com-pito. Tra le potenzialità: l’immagi-nazione, che ancora c’è nonostantela televisione, l’incontrare gli altri eil fidarsi. A questa età i bambini sifidano ancora moltissimo.

Due parole-pista: dialogo e coin-volgimento.

Anni 12-16Lo sport, il gruppo e l’associazioni-smo sono elementi prevalenti dellacondizione. L’identità personale, ladiversità, la corporeità, il genereche comincia ad avere una forteconnotazione e importanza, il lin-guaggio e Dio. L’identità sociale ècaratterizzata dall’esperienza, lapartecipazione, e dalle regole di cuii ragazzi prendono coscienza. Poiverrà la sfida. Anche Internet oggicostruisce l’identità sociale. E intro-duce una criticità: l’omologazione,l’essere tutti eguali. Il drop out co-mincia adesso, tagliare e tagliarsifuori. La coscienza dell’essere grup-po può creare anche il gregge, an-nullare l’individualità. Comincia l’u-so dei beni e poi, più in là, anchel’abuso. La dimensione del rito èmolto importante a partire dai 12-13 anni. Lo scautismo conoscequesta dimensione ed è importantesaperla utilizzare bene. Tra le po-tenzialità: la conoscenza, l’avventu-ra, la creatività, la speranza che an-cora esiste, morte e speranza stan-no molto insieme. Una rete chenon è soltanto quella telematica,ma è una rete di rapporti che co-mincia a svilupparsi. E la voglia diintegrarsi che corrisponde al fidarsidell’infanzia. Alcune parole-pista: l’appassiona-re, l’ascolto, l’accompagnamento,

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lo stare vicino, e il dividere il pa-ne, il rispetto.

Anni 17–21È qui che io colgo meglio l’idea diidentità itineranti: una ricerca diidentità che però va avanti per dis-continuità. Un’identità personalecaratterizzata dal carattere e dallamusica, i ragazzi sentono tonnella-te e ore di musica. Caratterizzanoquesta età: la comunicazione, l’es-sere capiti, il senso, la fede. La reli-gione degli 8-11 anni, che diventaDio tra i 12 e 16 anni, poi diventa

fede, se diventa fede. Tra le critici-tà: l’uso che diventa abuso, la mer-cificazione; il gregge che diventabranco, la solitudine dentro albranco, e infine la dimensione dellaviolenza. Tra le potenzialità: il ri-schio, il superamento del limite farima con crescita, con lo sviluppodell’identità, accettare il rischio dicrescere è una sfida alla quale nonpossiamo toglierci. I ragazzi fannoesperienze anche estreme, sfidanola morte, come comprendiamoquesta dimensione nelle attivitàscout? Tra le potenzialità c’è anche

la comprensione, il protagonismo,il coraggio, il compromettersi, ilservizio.

Tre parole-pista: la proposta, ilpatto, la chiarezza.

Dopo i 21La dimensione dell’adulto comin-cia ad essere presente: il giovanediventa maggiorenne a 18 anni,guida l’automobile; è vero che poile scelte più importanti le fa moltopiù in là, ma per esempio in Agesciprende la Partenza a 21 anni, conun’assunzione di responsabilità. Sa-rebbe assurdo prendere la partenzaa 32 anni (visto che uno è giovanefino a 32 anni!), i capi quanti annidovrebbero avere? L’identità socialeè fatta di attese spesso disilluse, diimpegni a volte mancati, di una cit-tadinanza che deve prendere cor-po, con una criticità fatta di tensio-ni, di vorrei ma non posso.

Una nuova pista: il discernimento.

Alcuni temi prioritari:

Rapporto con le famiglieÈ un tema che ci interroga sempredi più. Non solo perché dobbiamoinformare i genitori su quello chefacciamo, ma perché è necessarioche gli obiettivi educativi sianocondivisi. Una proposta: aiutare lafamiglia a diventare regista, cioè a

Le piste di approfondimento52

La relazione dell’esperto Il segreto

del nostro metodo è conoscere il ragazzo

Page 54: Stare_in_questo_tempo_ebook

riprendersi una centralità “dietro lamacchina da presa”, dietro le quin-te dell’educazione dei figli. Il registaè quello che sa, che conosce, cheraccorda. Inutile programmare cen-tinaia di riunioni con i genitori, mauna sola in cui si possano discuterei “perché” dell’uscita di sopravvi-venza. Quali sono i rischi e le espe-rienze che fanno crescere? Ripensiamo anche noi a quello chenon abbiamo vissuto di avventuro-so prima dei 18 anni. Come genito-ri siamo in grado di accettarlo dainostri figli? “Abituati a vedere le coseanche dal punto di vista dell'altro...”.

Educare all’autonomiaI dati sul calo dei censiti ci fanno ri-flettere: i ragazzi escono in repartoo più tardi, cioè proprio quandocomincia l’età dell’autonomia e di-minuisce il supporto della famiglia.Proprio nel momento in cui vivia-mo la possibilità di vivere l’autono-mia non siamo più attrattivi? Se la crescita è un continuo supera-mento del limite, come la disconti-nuità può essere maggiormente va-lorizzata, accanto alla continuità,nell’educazione? “Guida da te la tuacanoa”.

Educare alla creativitàI giovani fanno tantissime esperien-ze e hanno molte occasioni ed op-portunità di fare (il sapere) maspesso c’è noia scipita. Il preconfe-zionato della nostra società rende

l’esistenza dei giovani poco interes-sante e insipida. Ma attenzione, lo-ro hanno una voglia forte di daresapore alla vita. E quindi vanno sti-molate le curiosità e le capacità distupirsi. Proprio per ridare sale esapore. “Quando la strada non c'è, in-ventala!”

Educare al discernimentoI giovani hanno tantissime possibi-lità di sapere, accedere a informa-zioni, utilizzare conoscenze... maspesso c’è deprivazione cognitiva: igiovani sono ignoranti perché nonhanno strumenti critici e non sonoin grado di discernere. Nel “rumoredi fondo” anche il bene si confondecon il male. “. . . le stelle sono là,molto al di sopra dei comignolidelle case... ”.

Educare al limiteI percorsi dei giovani oggi si snoda-no tra deserti e labirinti. Da unaparte il vuoto sconfinato di chi nonsa quale strada scegliere, non ha ri-ferimenti. La fragilità dei giovaninasce anche dall’avere troppe op-portunità e, non avendo capacità didiscernimento, non sapere quali so-no le piste da seguire. Eppure il de-serto è anche libertà e conoscenzadi sé molto forte. I labirinti sono lecostrizioni e i condizionamenti, maanche una sfida per trovare la pro-pria strada di liberazione e realizza-zione verso la felicità. Una sfida so-prattutto per i capi, in cui si con-

frontano guida e autoeducazione,proposta competente e possibilitàdi… competere. “Gioca, non stare aguardare”.

Saper ascoltareI ragazzi hanno loro linguaggi, co-dici. Non si tratta di essere giovani-listi e mimarli, ma di rimanereadulti e trovare un punto di incon-tro. Ascoltare la voce dei ragazzi si-gnifica trovare gli spazi per poterdialogare in maniera continua, nonsporadica una tantum. Vuol direcondividere e coinvolgere, averetempo e pazienza. Vuol dire nonaspettarsi risposte “da adulti”. Vuoldire leggere le espressioni del lin-guaggio non verbale e interpretarle.“Ask the boy”.

53Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo

Page 55: Stare_in_questo_tempo_ebook

Gli stand 2: il percorso “rosso”

Regione Friuli V. G.I CAMPETTI PICCOLE ORME

Regione PugliaI CAMPETTI DISQUADRIGLIA E DISPECIALITÀ

Regione SiciliaIL SENTIERO DEI DESIDERI

Nuova Fiordaliso e Centro StudiM. MazzaL'EDITORIA AL SERVIZIODEL METODO

I laboratori 3

Il convegno metodologicoannuale di branca (a cura dellaRegione Emilia Romagna)

AnimatoriBetty Fraracci, Lucio Amidi,Cinzia Pagnanini, Maria VittoriaSetti.

Gioco di ruolo per simulare ilfunzionamento delle strutturedella regione nelle decisioni.Simulazione di PATTUGLIA DIBRANCA, PATTUGLIAMETODO, CONSIGLIOREGIONALE.

I carrefour 4

Pista 1

ASK THE BOY: leggere ibisogni dei ragazzi oggi.

AnimatoreCesare Perrotta

Cosa è emersoRiscoprire il metodo nella suasemplicità e attualità proponendolo scautismo come “alternativa”alle tante proposte vissute dairagazzi oggi. Occorre viverlosenza annacquare le esperienze(perché vacanze di branco, campiestivi, route, oggi durano poco piùdi una settimana e non più i diecio anche quindici giorni di unavolta?), ricercando contatti sempremaggiori con le famiglie deiragazzi.

Due attenzioni prioritarie:

Lo scautismo non basta alloscautismo: occorre entrare in retecon chi ha capacità specifichemigliori delle nostre. Con chi sioccupa di formazione dellefamiglie, di politiche sociali legateal territorio, di studio deifenomeni giovanili.

I Capi. Nella difficoltà di“educare” e al tempo stesso diessere loro stessi in formazionehanno bisogno di percorsi chediano loro entusiasmo e

opportunità costanti di verifica.Devono poter cogliere nelladifficoltà di proporsi alle giovanigenerazioni una sfida da vincereattraverso la competenzametodologica e il riferimento aComunità Capi capaci di sceltecoraggiose, nelle quali confrontarsisu valori condivisi non soloempiricamente ma anche nelletraduzioni virtuose: negliatteggiamenti che dannotestimonianza delle sceltecompiute, pur nelle difficoltàlegate alla coerenza alle sceltestesse.

Le piste di approfondimento54

Il dibattito

Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo

2.L’area esposititva ha occupa-to il piazzale centrale della

struttura che ospitava ilConvegno. Sotto un grande

tendone, al cui ingressoerano collocati gli stand delleBranche e dei Settori, si sonosnodati, guidati da nastri di

colore diverso che correvanolungo i pannelli, gli spazi

espositivi delle regioni e deivari livelli associativi che

hanno proposto esperienzericonducibili alle quattro aree

tematiche del Convegno. Ipercorsi si intersecavano fraloro, per contiguità e poliva-lenze, a testimonianza che

l’educazione non può essereil frutto di sforzi esercitati inun’unica direzione, ma che è

nella complessità che sicostituiscono percorsi di cre-

scita.

3.Al Convegno, nel pomerig-gio di sabato, si sono tenuti

13 laboratori gestiti daRegioni, Zone, Gruppi, dalle

Branche e dai Settoridell’Area Metodo. Sono state“narrate” o fatte vivere diret-tamente ai partecipanti espe-rienze riconducibili alle quat-

tro aree tematiche delConvegno, delle quali è stata

riconosciuta la validità eriproducibilità. Quasi tutti i

laboratori erano collegati aglistand presenti nell’area espo-sitiva che ne hanno anticipa-to, presentato e pubblicizzato

i contenuti.

4.Al Convegno, nel pomerig-gio del sabato, si sono tenuti22 carrefour, pensati comespazi di approfondimentoteorico e di confronto sutemi specifici scaturenti dallepiste di approfondimento. Icarrefour sono stati animatida capi coinvolti a vario tito-lo nei temi specifici affrontatie sono risultati particolar-mente apprezzati per l’occa-sione oferta di analizzare indettaglio i contenuti deidocumenti preparatori delConvegno.

Page 56: Stare_in_questo_tempo_ebook

Pista 2

“CRESCETE EMOLTIPLICATEVI”: calo dei censiti fuori e dentrol’Agesci. (*)

AnimatoreAlberto Fantuzzo

Cosa è emersoPossibili percorsi

• Bisognerebbe tornare a fareattività per strada, tornare a farciconoscere… se veramente siamoconvinti della validità della nostraproposta educativa.

• Bisognerebbe trovare degliindicatori importanti per valutare laqualità della nostra proposta, questoci permetterebbe di fare delle analisipiù obiettive nel tempo…

• Utilizzare al meglio i dati deicensimenti a tutti i livelli. Es.:ritornarli ai capi gruppo, ai resp.di zona e regionali, già puliti, conevidenziati i fenomeni particolari.Ma a ognuno i propri, pochi dati(di diverso genere secondo illivello) ma immediatamenteleggibili e riutilizzabili.

• Il problema in ogni caso ha duegambe: una è come riattivare ladomanda (i ragazzi) l’altra è comesostenere la risposta (i capi). Nonsi può sostenere una senza l’altra.

(*) Su tale argomento è stato prodotto unallegato per il quale si rimanda alla sezioneAllegati su CD.

Pista 3

UNO E UNICO:l’interesse per ogni ragazzo piùche per la massa…

AnimatoreNellina Rapisarda

Cosa è emersoProposte

• Cambiare strategia dellaFormazione Capi, in particolarenei CFM, nei quali c’è forse pocaattenzione pedagogica.

• Un alleggerimento dellestrutture superiori a favore dellezone e delle Co.Ca. per laconoscenza e l’approfondimentometodologico. In particolareandrebbe fornito un sostegnoforte alla Comunità Capi, che è illuogo della formazionepermanente ma anche il luogo incui gli errori possono esserecompensati.

• Ripensare ai momenti, ai modi,ai tempi del cammino dellaformazione del capo proprio nelrispetto del cambiamento deitempi di crescita dei capi.

Pista 4

CHI SONO I NOSTRIRAGAZZI: l’analisi dell’ambientesociale e familiare in cui vivono iragazzi.

AnimatoreMimmo De Rosa

Cosa è emersoNessuna indicazione particolare,un po’ tutti hanno espresso parerefavorevole rispetto al camminoche l’Agesci sta facendo, ladirezione sembra quella giusta:rimettere al centro i ragazzi.

55Il segreto del nostro metodo è conoscere il ragazzo

Page 57: Stare_in_questo_tempo_ebook

“Il pianeta ha bisogno in tutti i sensidi reciproche comprensioni.

La comprensione è il mezzo e il fine della comunicazione umana”.

(E. Morin)

Capi e ragazzi: uomini e donne in relazione

Siamo in un tempo in cui il silenzio si riempie dichiasso e la “babele” dei linguaggi rischia di confon-dere. Noi vogliamo riappropriarci di parole ricche e suc-culente da restituire ai ragazzi perché sappiano direquel che vogliono e quel che temono, e manifestarecosì la loro dignità. Rimettiamo in comunicazione il mondo degli adulticon quello dei ragazzi, accogliendo in ciò responsabi-lità nuove. È urgente dare la parola ai ragazzi.Dare la parola non come tacere per aspettare che unsilenzio si riempia comunque, ma dare la parola comeoffrire, consegnare un segno capace di raccogliere epoi trasmettere il pensiero, la volontà, l’inquietudine, ilturbamento, la gioia, il disagio, il bisogno l’esperienza,per avere così da ascoltare frammenti di verità. O lacomunicazione fra le generazioni è un incontro in cuientrambe le visioni del mondo possono avere paridiritto di cittadinanza, o non potrà esserci speranzaalcuna di comprensione e fiducia. Allora il nostro sogno di educatori continua a persi-stere: generazioni diverse che non sono solo in vistal’una dell'altra, in contatto e talora in contrasto traloro. Generazioni diverse che invece cercano e talvol-ta trovano un’occasione di comunicazione più intima,più profonda, rispettando se stesse e le altre, senzasovrapporsi senza ostacolarsi, senza cambiar pelle,senza scimmiottare e senza perdere la loro identità.

Sogniamo che piccoli e grandi, genitori e figli, nonni enipoti, educatori e bambini, capi e ragazzi che voglio-no tentare di fare qualche “escursione” nel mondodell'altro, riescano a farlo andando insieme altrove, inun luogo in cui gli uni e gli altri siano stranieri, dovenon conta essere vecchi o giovani, padri, madri o figli,maestri e allievi, capi o ragazzi, perché “questo è unluogo nuovo sconosciuto per me adulto e per te bambino obambina e io non posso farti (solo) da guida ma anche esoprattutto fare esperienza assieme a te”.

Le condizioni della relazione educativa

UN CONTENUTO: fare esperienza assiemeLe esperienze vissute insieme non fanno altro checreare un linguaggio comune, dei codici comuni chenon rimangono vuoti, ma diventano “evocativi” e per-mettono, quindi, relazioni dense di significati.Un’esperienza è “evocativa” nel momento in cuiadulto e ragazzo colgono un senso di quanto vissutoe proposto.Le età che attraversano i nostri ragazzi, specie quellaadolescenziale, sono caratterizzate spesso da confusio-ne, depressione, sfiducia,… Di frequente gli adolescen-ti si difendono da questo disagio attraverso vie di fuga

Le piste di approfondimento56

Il linguaggio della relazione educativa

La tesi

FrancescoChiulli

Page 58: Stare_in_questo_tempo_ebook

piuttosto che comunicare. Tale disagio può essereconsiderato come elemento “rivelatore” della intensitàdel problema relazionale con l'altro. Come si può ridare vigore alla comunicazione ed allarelazione educativa? È forse questione di linguaggio?È forse il tempo di una PARLATA NUOVA?La Parlata Nuova è la capacità di una relazionenuova, autentica, non basata sulla subalternità delragazzo rispetto all’adulto. Essa richiede:

• La necessità di rimettere al centro della rela-zione il ragazzo, i suoi ritmi e le sue necessità, erigenerare la relazione educativa per fare propostesempre più incisive per loro crescita;

• La capacità di “assumere” il punto di vista del-l'altro, di trasformarsi, accogliendo l'altro dentro disé e le istanze esterne come fonte di cambiamen-to;• Parlata Nuova è poi la consapevolezza di poter-si giocare completamente attraverso una modali-tà comunicativa, che crea una relazione autenticatra ragazzi e adulti.

Così la relazione educativa non si riduce ad unmero problema di linguaggio ma è piuttosto un

diverso rapporto che lega gli uni agli altri. Al centrodella Parlata Nuova c’è questo nuovo modo di viveree intendere la relazione educativa tra adulto e ragaz-zo; esso richiede un uso intenzionale di tutti gli stru-menti del metodo scout. Ma la Parlata Nuova chemette insieme esperienze diverse e “tipiche” delloscautismo (l’imparare facendo, la vita comunitaria, laresponsabilità…) non sempre è “riconosciuta” in quel-lo che i Capi già fanno quotidianamente. Un’interazione di questo tipo presuppone in parallelola costruzione di un rapporto, di fiducia reciproca, diempatia, che è altro dalla simpatia o dall’essere dellastessa opinione! È piuttosto il desiderio di realizzareuna comunicazione profonda, finalizzato alla costru-zione di una relazione che restituisca qualità e forza allo“stare insieme” di ragazzi e Capi! Non è tanto un pro-blema di strumenti o di conoscenze, quanto di capaci-tà di saper coniugare i primi e di ritrovare il gusto disperimentare, nel quotidiano, l’azione educativa…

UN LINGUAGGIO: la narrazione, i riti, i simboliLo scautismo è davvero uno spazio in cui ci si puòNARRARE, se per narrazione intendiamo quel parti-colare modo di vivere le esperienze proposte ai ragaz-zi, che diviene storia comune. I ragazzi ci raccontanoqualcosa della loro vita e noi capi restituiamo loro,attraverso delle storie, un pezzo della nostra esperien-za. In questo gioco è importante tenere presente alcu-ne cose e fissare delle regole:

• I ragazzi non ci raccontano “tutto” della lorovita. I ragazzi possono parlarci di tutto, debbonosentirsi liberi di aprirsi con un adulto attendibilepronto ad ascoltarli ed aperto al confronto, debbo-no anche ricevere il massimo rispetto per la pro-pria riservatezza ed intimità, senza forzature, in unequilibrio fra invito ad aprirsi liberamente e consa-pevolezza della libertà di usare questo spazio. Iragazzi non ci dicono tutto della loro vita, ma non

57Il linguaggio della relazione educativa

Page 59: Stare_in_questo_tempo_ebook

deve essere l'adulto a porre limiti, mostrandosiinvece sempre disponibile al confronto.

• La narrazione deve esprimere contenuti educa-tivi. Siamo convinti cioè che non ogni narrazioneè utilizzabile a fini educativi. Non tutte le esperien-ze hanno infatti un contenuto educativo, quantun-que arricchiscano il nostro bagaglio. La narrazio-ne, la storia che costruiamo assieme ai nostriragazzi, deve avere contenuti formativi, che espri-ma cioè riferimenti valoriali precisi. Le esperienzeproposte dallo scautismo (dal gioco all’impresa,alla strada) non possono essere mai, perciò, occa-sionali o dettate da improvvisazione ma, al contra-rio, vanno progettate con cura affinché possano per-mettere al ragazzo di trarne un beneficio in termi-ni di crescita personale.

• Il racconto, all’interno della proposta educativascout, assume un ruolo preciso. Permette infattiall’educatore di proporre dei significati, lasciandolibero il ragazzo di coglierne autonomamente laprofondità e lo spessore: “è vero che narrando sirivela un significato senza commettere l’errore di defi-nirlo”.5 La narrazione educativa dello scautismo sifonda su un processo autoeducativo che lascia ilragazzo libero di cogliere i significati profondidelle esperienze proposte, senza veicolarne i con-tenuti. Ed è così per tutte le età: daiLupetti/Coccinelle ai Rover/Scolte.

Questo contrasta spesso con un modo di essere capi, checi vede preoccupati più della programmazione e degliorari che dell’attenzione alle piccole cose ed dello stilecon cui si vivono le esperienze. Se i ragazzi ci raccon-tano le loro esperienze, noi sappiamo ascoltarli?

Il linguaggio dello scautismo è poi quello, ricco ed emo-tivamente coinvolgente, dei RITI e dei SIMBOLI. Ilrito ha a che fare con il mondo dei valori, anzi, gliesperti definiscono il rito come un complesso di gesti

che danno significato al contatto con il “sacro” o con il“valore”. Riti, simboli e cerimonie, rientrano nella “cate-goria metodologica” del linguaggio simbolico. Quellivissuti all’interno dell’esperienza scout hanno, innanzitutto, una funzione metodologica: aiutano i ragazzi afissare i “contorni” delle esperienze (l’accettazione deicuccioli/novizi ‹ l’accoglienza, la Promessa ‹ l’impe-gno, i passaggi ‹ la crescita ecc. ). Ma hanno anche lafunzione di aiutarli a familiarizzare con il linguaggio delsacro, perché richiamano due realtà profonde:

• Riti e simboli rimandano “all’inconoscibilità”delle cose – non dicono ma suggeriscono, nondanno risposte concludenti, ma aprono all’inter-pretazione, alla ricerca, al mistero.

Spesso pensiamo che i riti (soprattutto quelli scout)definiscano i significati anziché offrirli in “controluce”:come possiamo riappropriarci del loro corretto uso meto-dologico?

• Il rito propone il “fare memoria” – la memoria èciò che ci aiuta a fissare le esperienze significativedella nostra esistenza e a costruire la nostra storia.I riti sono un “memoriale”, rendono vivo e presen-te l’intervento di Dio nella storia (la Messa ne èl’esempio lampante).

Le piste di approfondimento58

Il linguaggio della relazione educativa

La tesi

5. H. Arendt,

in M. Paolini e O. Ponte Di Pino,

Quaderno del Vajont, 1999Einaudi, Torino.

LA TESI

Page 60: Stare_in_questo_tempo_ebook

Come possiamo aiutare i ragazzi a fare memoria?Quali strumenti utilizzare (ad es. il quaderno di cac-cia, le cerimonie della P. P. , il racconto…)?

È proprio in questo contesto, mediante l’attivazio-ne di alcuni precisi meccanismi pedagogici (l’uti-lizzo del racconto, del simbolismo, dei riti), chel’esperienza scout diviene terreno fertile per la rice-zione, l’interpretazione e la trasmissione dellaParola La SPIRITUALITÀ è un’esperienza“densa” e profonda che lo scautismo cattolico, conil suo carisma, propone in modo peculiare airagazzi. Tale esperienza inizia con l’ascolto dellaParola di Dio e ad essa ritorna, trasformata dall’in-terpretazione e dalla trasmissione personale, vissutaall’interno di un particolare contesto.

Per questo l’esperienza spirituale non è un’attivitàisolata, frammentaria, ma un processo organico, ope-roso in ogni momento delle attività. In essa non c’èqualcuno che propone e un altro che riceve: adultoe ragazzo sono sullo stesso piano, vivono l’esperien-za! Il ruolo dell’educatore sta proprio nel permette-re il passaggio dall’esperienza al contenuto, per facili-tare l’interpretazione della vita, la formazione dicategorie e criteri di scelta per sé e per gli altri. Il

ragazzo deve trovare, dentro le esperienze vissute,lo spazio per un suo percorso unico ed autentico. Non c’è esperienza codificata metodologicamente ingrado di fare questo da sola; è la giusta interazionedi tutti gli strumenti metodologici e delle esperienzescout che lo permettono. L’esperienza del “gesto inter-rotto”6 che invita il ragazzo a proseguire la ricerca disenso dentro di sé, a chiudere il cerchio che partedall’esperienza, attraversa l’interpretazione e giungealla sintesi, è un importante esercizio di fiducia inDio e di fiducia reciproca tra ragazzo e capo. Anche nell’ambito della riflessione sulla spiritualitàscout emergono alcune questioni:

• C’è, ancora una volta, una questione di linguag-giodobbiamo chiederci quanto le esperienze che vivono iragazzi siano evocative, permettano cioè di rileggere glieventi per coglierne i significati profondi.

• Occorre offrire loro la possibilità di raccontarsi,di esprimere la ricaduta, la risonanza, dell’esperien-za (sia essa catechetica o meno) che hanno vissu-to. Questa “consegna-riconsegna” dell’esperienzapermette al bambino/ragazzo/giovane di avereuna visione globale, continua, delle esperienze checompongono la sua storia, inserita nella storia disalvezza del Popolo di Dio. Diamo al ragazzo la possibilità di raccontarsi, diriesprimere ciò che l’esperienza spirituale ha suscitatoin loro?

• Bisogna allenarsi a “dare la parola” al ragazzo,ottenendo e dando fiducia, affinché le relazioniall’interno dell’unità siano il segno dello stesso rap-porto che lega l’esperienza umana con la storia delDio-con-noi. Quali spazi di protagonismo nelle esperienze di fede enelle celebrazioni?

59Il linguaggio della relazione educativa

6. Espressione utilizzata perchiarire l’importanza diun’educazione capace diattendere dall’altro ilcompletamento di unanostra azione (cfr. F. Colombo, A. D’Aloia, V. Pranzini, Dagli 8 agli 11: una vita da bambino, Ed. Borla, 1990, pag. 60).

Page 61: Stare_in_questo_tempo_ebook

UN CONTESTO: lo scoutingL’educazione, dicono alcuni, è “finzione” nel senso chele esperienze che si vivono sono proposte all’internodi un ambiente “costruito ad arte” (un ambiente arte-fatto, nel senso migliore del termine), per farne delleesperienze educative. B.-P. per scouting (scautismo) intende “l'opera e le qua-lità dell'uomo del bosco, dell'esploratore”, egli afferma che“dando ai ragazzi elementi di vita di questi uomini, noimettiamo a loro disposizione un sistema di giochi e di atti-vità che va incontro ai loro desideri... . e al tempo stesso haun'efficacia educativa … lo scopo per cui noi offriamo unagamma così varia di specialità ad un livello elementare èquello di incitare i tipi più disparati dei ragazzi a provarea mettere mano a diversi tipi di lavoro, il capo attentopotrà rapidamente individuare, e quindi incoraggiare, laparticolare vocazione di ciascuno. E questa è la via miglio-re per sviluppare la personalità di ciascun ragazzo” 7. Lo scouting rappresenta dunque la “struttura connet-tiva” dell’esperienza scout capace di integrare, in untutto inscindibile, le esperienze concrete (giochi edattività… le opere) con la riflessione sulle stesse sti-molando la capacità di dedurre e agire (lo stile tipicodegli scout… le qualità). La costituzione di unambiente educativo efficace permette proprio dicreare quelle condizioni affinché il grande gioco delloscautismo non sia un gioco “senza rete”, ma possaintegrarsi in un contesto (fatto di azioni, relazioni,conoscenze…) che lo renda avvincente e significativo.E la ripetizione di queste esperienze permetterà lacostruzione di uno stile e di una mentalità: quella cheB.-P. chiamava “l’imparare facendo”. La finzione educativa non è pertanto legata alla“irrealtà” delle esperienze vissute (come se si fosse inun’isola felice), quanto al fatto che le situazioni che sivivono (ad es. l’esercizio della responsabilità da partedi un capo squadriglia) assumono significato solo inrelazione al contesto cui si riferiscono (la squadriglia,il reparto). Quella situazione diviene però, in qualche

modo, esemplare, anche se non direttamente ripropo-nibile, per la vita di tutti i giorni. E la ripetizione diqueste esperienze permetterà la costruzione di unostile e di una mentalità: quella che B.-P. chiamava“l’imparare facendo”. Curare la costruzione di questo contesto, significa abi-tuare il ragazzo a comprendere l’importanza dell’espe-rienza vissuta per quel determinato ambiente (… esse-re un buon capo squadriglia fa bene a quella squadri-glia ed a quel reparto) e così facendo a renderlocosciente dell’importanza che esse possono avere perla vita.

Nell’esperienza educativa scout si fanno una serie di“cose inutili”. Saper fare una legatura quadrata, lancia-re un grande urlo, raccogliere la sfida di un challenge,probabilmente saranno cose che i nostri ragazzi nonutilizzeranno mai nella vita di tutti i giorni! Che sensoha allora proporle e pretendere che vengano fattebene? Significa comprendere appieno il rapporto esi-stente tra l’attività (la legatura, il challenge…) ed il pro-getto educativo che la sostiene. È esperienza comune infatti che nello scautismo igesti e le attività che si fanno assumono un precisosignificato solo in relazione al contesto in cui si svol-gono. L’universo simbolico proposto dona un preciso

Le piste di approfondimento60

Il linguaggio della relazione educativa

La tesi

7. Da Suggerimenti

per l’educatore scout. Edito dalla

Nuova Fiordaliso nel 1999 con il titolo

Il libro dei Capi.

LA TESI

Page 62: Stare_in_questo_tempo_ebook

significato a gesti ed esperienze (la legatura rimandaalla competenza delle guide e degli esploratori, il gran-de urlo esprime l’impegno dei lupetti, il challenge lavoglia di avventura dei novizi…); pretendere che que-ste siano vissute intensamente permette alla nostraazione educativa di svolgere il suo compito. Questecose “inutili” assumono poi un significato esemplareper almeno due ordini di motivi:

• educano i ragazzi ad esprimere le loro qualità(l’e-ducere, che è poi la nostra precisa missione).Queste qualità saranno utili al di fuori dell’ambien-te educativo scout, nella vita di tutti i giorni quan-do ad ognuno sarà chiesto di esprimere la propriacompetenza, il proprio impegno od il proprio spi-rito di avventura;

• educare i ragazzi al senso estetico del saper-far-bene, del porre attenzione a ciò che fannoattribuendo così il giusto valore alle cose ed alleesperienze.

Sappiamo che, molto spesso, nei nostri progetti educativi siritrovano esclusivamente obiettivi “esterni” all’esperienzascout: “educazione alla cittadinanza attiva”, “educazioneall’accoglienza” e così via, mentre molto meno si pone atten-zione a migliorare una non corretta attenzione alle cose“inutili” (la competenza che si perde, lo spirito di avventu-

ra non vissuto…), perché queste possano portare i loro frut-ti. Qual è l’imparare che proponiamo ai nostri ragazzi?Attraverso quale fare?

Viviamo oggi in una realtà in cui sempre più spessodiventa fragile il nesso tra idealità ed esperienza, trasogno e prassi. Abbiamo di fronte uno scenario chemette in crisi i modi di pensare lo spazio, il tempo, lerelazioni, il senso delle cose, della nostra vita, creandodisorientamento, frammentazione, scomposizione. Loscautismo contrappone invece a questa visione, quellalegata al fare, all’impegno, al servizio per gli altri. È proprio facendo leva su quelli che B.-P. chiama gliistinti (che nel nostro linguaggio di oggi potremmotradurre come desideri) e sulla natura (… le attitudini)che si possono stimolare i ragazzi a “tirar fuori” tuttele proprie qualità indirizzandole nella giusta direzione.Nell’immagine dello scautismo, dunque, L’ABILITÀMANUALE è vista come un sapere legato ad un fare, edè una delle qualità costitutive della persona. Per noiscout, in particolare, competenza significa piena dis-ponibilità e capacità di rendersi utili in ogni circostan-za: “mi compete” in alternativa al “non mi interessa”. In tal senso possiamo definirla uno stile di vita ed uninvestimento etico a favore della promozione di noistessi e dell’ambiente in cui siamo chiamati ad opera-re. L’educazione alla competenza, così considerata, èoggi una grande sfida che contrasta alla superficialitàe all’improvvisazione, all’arroganza e al narcisismo, alvuoto valoriale ed esistenziale. È possibile pensare la competenza come ricomposi-zione critica della persona? Sì, a patto che:

• superiamo la concezione “aziendalistica”, cheintende la competenza come potenziamento dellerisorse della persona, in vista di un risultato orga-nizzativo (efficacia, efficienza);

• andiamo oltre la concezione che oggi la scuola

61Il linguaggio della relazione educativa

Page 63: Stare_in_questo_tempo_ebook

ha della competenza (affrontare i problemi, sce-gliere le soluzioni migliori, modificare e sostituirese necessario i dati di partenza), arricchendola diun valore aggiunto.

Questo valore aggiunto è la spendibilità della com-petenza in senso etico: capire, cioè, che la competen-za non è un di più, un optional, ma veicolo di valoried uno stile di vita, uno strumento che proietta nelfuturo, che crea legami ed immette in una relazionenon di opportunismo, ma di protagonismo, responsa-bilità, di gratuità, di servizio.

La figura del capo tra contraddizioni diadulto e virtù educative

La relazione educativa, per essere efficace e “seducen-te”, deve essere fondata sulla testimonianza dei valorie su una capacità di tradurre questi in gesti quotidia-ni: la mera enunciazione di principi morali o educati-vi, per quanto validi, disgiunta dalla testimonianzaconcreta degli stessi nel vissuto quotidiano rende iprincipi stessi inaccoglibili. Tra le difficoltà principaliche incontrano i Capi oggi, ne leggiamo due chehanno una particolare ricaduta sulla qualità dellanostra proposta educativa:

• i nostri giovani Capi, che per l’Associazionediventano adulti con la Partenza o comunque conl’ingresso in Co.Ca., si trovano in una fase dellaloro vita dominata dal desiderio di relazioni affetti-ve stabili e, spesso, dall’ansia di trovare una propriacollocazione nel mondo del lavoro. In questo qua-dro di forte instabilità viene chiesta loro un’assun-zione di responsabilità e di competenze che liporta a dirottare i loro interessi sugli altri, spessodistogliendoli da se stessi, con la conseguenza diperderli nel giro di pochi anni;

• una serie di fattori tipici della vita moderna, qualila progressiva “estraneità” della natura, i boschisempre più lontani e… recintati, la perdita di fami-liarità con la tecnica intesa come risoluzione diproblemi concreti, hanno contribuito a una pro-gressiva diminuzione delle competenze tecnichenei Capi e, conseguentemente, della capacità dispendere in campo educativo. Il risultato è labanalizzazione delle attività e l’instaurarsi di uncircolo vizioso per il quale molte attività cherichiedono competenze anche minime ma bendefinite, oggi non si fanno perché ritenute “perico-lose”.

Di fronte a queste dinamiche, che incidono significati-vamente sulla qualità della relazione educativa e dellostesso scautismo, vi sono alcune capacità, attenzioni,stili che debbono essere maturate. Le abbiamo chia-mate VIRTÙ EDUCATIVE:

- Divenire maestri del linguaggio – dare laparola ai ragazzi, ascoltarli, proporre loro un“gesto interrotto”, utilizzare il linguaggio deisimboli e dei riti. Utilizzare una Parlata Nuova!Nell’azione educativa i Capi sono chiamati adun lavoro che non soltanto si traduca nell’a-scolto attento dell’altro nella situazione data,ma sappia anche captare e decodificare l’onda

Le piste di approfondimento62

Il linguaggio della relazione educativa

La tesi

LA TESI

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lunga di ritorno - talora criptica - della storia divita delle persone;8

- Porsi nei confronti dei ragazzi come i primi“testimoni del fare” e più credibili “maestri dialfabeti tecnici” - da trasmettere agli altri sulcampo, nello spirito e nella tradizione scoutdell’imparare facendo che tanto più è praticataed utilizzata come risorsa per la costruzione dipercorsi di crescita e di autonomia tanto più siconsolida come intuizione pedagogica, ancoroggi vincente;- Ask the boy! Chiedi al ragazzo, ma (anche)chiedi al ragazzo che è in te! Chiedersi, comeCapi, non solo quali siano le cose “importanti”da proporre ai ragazzi, ma anche quali attese,quali interrogativi sostengono le loro pulsioni.Guardarsi, come diceva B.-P. , come “capi-ragazzi”.

Alla ricerca dell’equilibrio tra relazioneeducativa e autoeducazione

La relazione educativa può essere, per davvero, lospazio per un rinnovato protagonismo del ragazzo.Può divenire, in sintesi, esperienza di autoeducazione.

Ciò accade nella misura in cui il Capo acquisisce con-sapevolezza delle potenzialità in essa racchiuse e offreconsistenti spazi e tempi di autonomia ed elaborazio-ne. Ogni educatore attraverso questa relazione espri-me insieme l’atto del “prendersi cura del suo educan-do”, ma anche il progetto emancipativo che desidera perl’altro! Lasciamoci accompagnare da alcune “parolemaestre”:

• La relazione educativa si fonda sulla comunica-zione. In questo senso appare fondamentale darela parola ai ragazzi come segno dell’incontro gene-razionale e come modalità per restituire forza achi non ce l’ha.

• La comunicazione non è fatta solo di linguaparlata ma si nutre e si compone di un ricco lin-guaggio che utilizza sapientemente gli strumentimetodologici, in particolare la narrazione ed ilsimbolismo. Solo così può crearsi una ParlataNuova.

• I ragazzi devono essere stimolati a raccontarsi,a narrare le proprie esperienze. Anche nell’ambitodella proposta di fede, deve esserci l’abitudine adesprimersi per “riconsegnare” le esperienze ecogliere ciò che veramente tocca il cuore.

• L’ambiente educativo permette la costruzionedi una relazione vera solo se in questo ci si puògiocare completamente. Un ambiente educativoscout “fatto ad arte” è tale se permette, al suointerno, lo svolgimento di tutte quelle esperienzetipiche finalizzate allo svolgimento della propostaeducativa con il metodo scout. Solo così è possibi-le valorizzare appieno le potenzialità educative diquel particolare contesto che è lo scouting.

63Il linguaggio della relazione educativa

8. Cfr. la relazione tenuta daBruno Schettini, professoreassociato di PedagogiaGenerale e Sociale presso laFacoltà di Psicologia dellaSeconda Università degliStudi di Napoli, al convegnoE/G dell’ottobre 2001.

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Relazione significa stareinsieme

“Stare insieme” per la specie homosapiens è una condizione fondamen-tale. Noi siamo una specie che sicaratterizza per essere socialmen-te connotata. Il che vuol dire cheuna specie come questa si realizzacome gruppo, ma anche come sin-golo individuo nella misura in cuiognuno di noi stabilisce delle rela-zioni produttive con il gruppo.Questo è così determinante cheladdove non va in porto non c’è lapossibilità per l’individuo di rag-giungere una identità normale. Lapatologia quella seria, psicologicanasce laddove l’individuo per unasua sofferenza implode, e quindiquesta energia invece di riuscire ametterla al servizio di una relazione,implode e diventa l’inizio di unmalessere che può diventare unamalattia mentale. Ecco, questa spe-cie è una specie socialmente conno-tata, quindi non c’è possibilità dimaturazione né individuale né digruppo se non ci sono le condizio-ni di una relazione produttiva. L’iodeve potersi espandere, deve poter-si esprimere attraverso una relazio-ne. L’altra caratteristica che potrebbeessere oggetto di riflessione oggi èche è una specie candidata al suc-cesso. Che cosa vuol dire? Che ècostruita biogeneticamente per poter-si esprimere solo quando nella rela-

zione vive l’esperienza di successo.Tutte le volte che un’esperienza, unintervento, viene percepito comefallimentare si traduce in un “disin-vestimento” di energie da quelcompito. Ecco io credo che biso-gnerebbe aiutare le persone a farequello che possono fare “al meglio”perché questo poi diventa una gra-tificazione che mette in moto unmeccanismo di ripetizione, quindidi disponibilità a ripetere. Una spe-cie candidata al successo, è qualco-sa che bisognerebbe tenere presen-te quando si educa. Sicuramenteper chi educa conoscere questimeccanismi vuol dire poter domi-nare, quindi poter creare le condi-zioni che favoriscono l’espressionedell’individuo. Tradotto in chiaveeducativa, noi non ci esprimiamoper quello che siamo, per comesiamo costruiti, per quella che è lanostra dotazione biogenetica, perquello che è anche il percorso edu-cativo precedente ma ci esprimia-mo solo in relazione a quello chepercepiamo di essere capaci difare.

Ripartiredall’autoimmagine

Partiamo da quello che si chiamaconcetto di sé. Ci muoviamo infunzione dell’immagine che abbia-mo di noi. Questo aspetto della per-sonalità dell’individuo è stato

Le piste di approfondimento64

Il linguaggio della relazione educativa

La relazione dell’esperto9

9. Sintesi della relazione tenuta

dalla Professoressa Lisa Maggi, Psicologa chelavora presso l’UniversitàSalesiana di Roma, non

rivista dall’autrice.

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oggetto di grandissimi investimenticome studio, proprio per poterlidominare. Il “luogo” dove si incon-tra l’autoimmagine è l’immagineche ci viene dall’altro, una strutturamolto complessa che, però, andreb-be conosciuta dall’educatore. Comeeducatori ne va presa una parte:l’immagine di sé competente in unospecifico campo. Quindi se l’educa-tore scout ha un campo operativo,ha un ambito sul quale vuole opera-re, potrebbe estrapolare dall’imma-gine di sé, l’immagine di sé adegua-to rispetto all’esperienza e lavoraresu quello. Sicuramente ogni parte,ogni tassello dell’immagine di sé sirinforza e va a sostenere il tutto!Noi non possiamo arrivare allastruttura centrale dell’io perché ècomplessa, risponde a tante azioni erelazioni che non è possibile domi-narla tutta. Però può essere raggiun-ta all’interno di quelli che chiamia-mo ruoli: l’identità di sé come stu-dente, come figlio, come genitore,come capo scout, come insegnante.E tutte le volte che nella relazionel’educatore riesce a far sentire l’altrocapace di esprimersi in quel ruolo,pur con i limiti con i problemi e ledifficoltà, l’altro si sente capace diinvestire. Se investe ottimizza le suepossibilità! L’uomo è costruito inmodo tale che se avrà le opportuni-tà giuste, se avrà i supporti giusti, seavrà le relazioni giuste, se entrerà indinamiche di comunicazione che loaiutano ad avere sicurezza di se si

esprimerà. Se non succede questo,quella particolare capacità, quellaparticolare ricchezza, non arriverà acompimento. E questo soprattuttoper chi lavora con gli adolescenti èimportantissimo.

“Rinforzi” positivi enegativi

Nella pedagogia moderna fino anon molto tempo fa, a livello edu-cativo, si diceva che il “rinforzonegativo” era la strategia vincente.Oggi sappiamo che i rinforzo nega-tivo come il rinforzo “positivo” (eper rinforzo positivo si intende ilsuccesso di un’operazione), servo-no solo per permettere di noninvestire in ambiti sbagliati: il bam-bino non tocca la cosa calda e nonsoffre, e questo rinforzo serve aquello che si chiama adattamentodella specie. Dire “potrebbe fare dipiù” è come dire “non sono statocapace di fargli di più”, visto cheavevo la responsabilità, il ruolo, l’etàper aiutarlo ad esprimersi al meglio.Cioè un soggetto in formazione,ovviamente, non domina al meglioi suoi processi, quindi non ha nean-che un’identità forte, così radicatada poter essere in contrapposizioneal mondo e, dunque, è pericolosoperdere la misura del rinforzo posi-tivo e negativo. Anzi, io mi permet-terei di dire che va fatto solo quellopositivo, quello negativo andrebbe

65Il linguaggio della relazione educativa

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dosato veramente molto, proprioperché va ad erodere quel meccani-smo complesso che è l’ottenereenergie, tutte le volte che il ragazzo“vince” ottiene energie, tutte levolte che “perde” disinveste ener-gie, è un investimento che siccomenon paga non deve essere ripetuto. Allora, la chiave di lettura di questastruttura dinamica che è il “sé”, vasotto l’etichetta di autoefficacia: noiinvestiamo e operiamo quando inun campo ci sentiamo efficaci, cioècapaci di modificare la realtà cosìcome l’ambiente si aspetta e cosìcome noi che viviamo in quell’am-biente desideriamo che ci vengariconosciuto. Ora l’autoefficacia dàcome costrutto la possibilità all’e-ducatore di fare un’operazioneintenzionale: tutte le volte che iovoglio avere di più, intenzionalmen-te aumento la reazione con l’altronella linea di dargli l’immagine diuna migliore autoefficacia di sé,cioè tutte le volte che voglio che ciprovi io devo fargli arrivare il mes-saggio che lo leggo capace di farce-la, non che sono certo che ce lafarà.

Sostenere l’autoefficacia

Questo, viene considerato oggi unodei meccanismi più interessanti per-ché per certi versi corrisponde a unmeccanismo di difesa, cioè a una diquelle strategie che servono all’io

per avere un rapporto con l’am-biente più ad attivo. Certamentefare un discorso di sostegno all’au-toefficacia è sul piano educativo èuna delle esperienze vincenti.Oggi lo si considera vincente inquasi tutti i campi della relazioneumana, dallo sport alla sanità. Ecco,in educazione credo sia il costruttoprincipe, l’educatore che opera inautoefficacia, cioè che non giudicama ricerca quali siano le strategieche immettono l’altro nella condi-zione di sentirsi più competente,riesce a ottenere i maggiori risultati.Parlare di autoefficacia non vuoldire parlare della panacea di tutti imali, vuol dire parlare professional-mente e scientificamente di utilizzoottimale di quelle conquiste che civengono da investimenti importan-ti nello studio del sistema psicologi-co. Sul piano per esempio dell’og-gettività, spesso l’educatore paga ilcosto emotivo di non esser certo diquello che fa, della scelta delle stra-tegie, della capacità di valutare, delrischio di valutare; ecco un educa-tore che domina meglio questi pro-cessi è più sicuro, quindi è piùobbiettivo, e la sua serenità diventaanche qualità della relazione.

Promuovere l’identità e la saggezza

Uno dei primi convegni importantisul cervello, che prese la caratteristi-

Le piste di approfondimento66

La relazione dell’esperto Il linguaggio

della relazione educativa

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ca poi di un percorso di riflessioneanche psicoeducativa, terminò conquesta immagine: il cervello e tuttociò che si muove intorno a questaricchezza neuronale, che è anche laparte psicologica, è paragonabile aun’infiorescenza, a un fiore, ecostruita in modo tale che se percaso va in mano ad un ottimo giar-diniere, essendo di buonissima qua-lità, sicuramente ne verrà fuori unasplendida infiorescenza. Ma èanche vero che se la piantina non èdi eccelsa qualità, è una piantina diquelle che si vendono al supermer-cato, però cade in mano ad unbravo giardiniere, che comunque saquali interventi fare, non diventeràcertamente una infiorescenza daesposizione, ma diventerà un’ottimapianta, che darà soddisfazione a chil’ha comprata. E gli stessi paragonipossono essere fatti al contrario.Quindi l’interazione tra le ricchezzedell’individuo e quelle che sono lecapacità di chi la deve promuoveresi traduce in uno spazio ecceziona-le per la promozione dell’identità.Chiunque fa questo deve ricordarsiche ha un potere enorme, maggio-re della stessa dotazione genetica, ilche può sembrare quasi blasfemo,superiore a quella che è la ricchez-za che quell’individuo si porta nelsuo patrimonio; però corre anche ilrischio immane di distruggerla!Oggi parlando di autoefficacia, siparla in educazione di un approc-cio, che per anni non è stato mai

accostato all’educare: quello dellasaggezza. La saggezza è quella doteultima, quella ricchezza massimache esprime la specie, o un singoloindividuo, quando questo individuoriesce a mettere insieme traducen-dole: le proprie capacità di risolverei problemi, la propria dotazioneintellettiva e la propria ricchezzaemotiva. Se curiamo la qualità dellerelazioni e se mettiamo all’internodi questo progetto, come puntoutopico, di sostenere in tutti il rag-giungimento, a livelli ovviamentepersonali, della saggezza, cioè lacapacità di mettere insieme le pro-prie ricchezze intellettuali e la pro-pria ricchezza emotivo–affettiva,probabilmente avendo personesagge avremmo una società piùsaggia. Credo che se non facciamoquesto, tantissimo impegno, tantis-simo coinvolgimento, può non tro-vare l’alveo giusto. Parlare di sag-gezza a dei capi scout potrebbesembrare fuori luogo, invece credoche voi potete promuovere la sag-gezza, dando modelli di saggezza,ma soprattutto sostenendo strategiedi relazioni che portano alla saggez-za: e questo è uno dei più grandicontenuti dell’educare oggi.

67Il linguaggio della relazione educativa

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Gli stand: il percorso “verde”

Regione AbruzzoLA NATURA AMBIENTEPRIVILEGIATO DELLAPEDAGOGIA SCOUT

Regione CampaniaLA NATURA COMEAMBIENTE EDUCATIVO Presentazione di esperienze,attività e percorsi nella natura.

Regione Emilia RomagnaQUATTRO PASSI NELTEMPO… NEI TEMPI…Le relazioni del tempo, dei tempicon il metodo scout.

Regione Trentino Alto AdigeNON VI CHIAMO PIÙ SERVIMA AMICI

Regione ToscanaIL LABIRINTO

Regione PugliaIL LINGUAGGIO DEIBAMBINI, CREATIVITÀ ELABORIOSITÀ

Settore SpecializzazioniBASI APERTE

I laboratori

LA RELAZIONE(nel nuovo progetto della Regione Abruzzo)

AnimatoriGermana Aceto, AnnamariaGalassi, Carla Di Sante, AlfredoChiantini

L’obiettivo era ribadire che larelazione ha un ruolo centrale inogni progettazione educativa,attraverso un gioco di ruolo suibisogni di persona, di figurepresenti nell’Associazione eintorno ad essa (capi, ragazzi,quadri, famiglia, parrocchia,territorio), la verifica e la messa incomune di quanto elaborato nelgioco. Il gioco ha dimostrato lapossibilità di lavorare insiemeattraverso un legame, fatto anchedi fatica, che ci porti a costruireprogetti concreti. Sono emersenuove ipotesi di lavoro sul ruolodi quadro per individuare dellemodalità che riescano a farprendere consapevolezza che iquadri sono promotori ecostruttori di relazioni.

LA VALENZA EDUCATIVADEL NODO(a cura della Regione Campania)

AnimatoreMarco Berruti

La tesi del laboratorio: la natura èvista come sfondo delle nostre attivitàe non più vissuta a pieno comerisorsa educativa è stata affrontatadai partecipanti con un giocoiniziale (riconoscimento di foglie),ed i gruppi di lavoro ne hannopoi esaminato i vari aspetti(competenza dei capi, scoutingcome strumento educativo, luoghiove può essere acquisita lacompetenza da parte dei capi,necessità di una rielaborazionemetodologica). I partecipantihanno fatto emergere la necessitàdi un cambiamento dellamentalità dei capi circal’importanza della competenzatecnica, un recupero dellospecifico di B.-P., l’utilizzo dellerisorse disponibili ma spesso nonriconosciute (capi a disposizione,stages del settore Specializzazioniecc…) per rivitalizzare laconoscenza dello scouting.

Le piste di approfondimento68

Il linguaggio della relazione educativa

Il dibattito

Page 70: Stare_in_questo_tempo_ebook

GIOCHIAMO IL MONDO(a cura della Regione Veneto)

AnimatoreFlavio Brunello

Si è basato su un gioco diispirazione L/C sulla caduta dellaTorre di Babele e ricomposizione.È stato presentato il decalogodella mondialità. Sono stateverificate ipotesi di riproducibilitànei CFM e taratura per le fascedi età, in maniera da favorire unapproccio organico, legato cioèallo specifico della branca, deltema della mondialità.

BASI APERTE (a cura del SettoreSpecializzazioni)

AnimatoreSergio Cametti

È stata fatta una presentazionedel progetto del SettoreSpecializzazioni (accoglienza diclassi di scuole elementari emedie nelle basi scout del Settoredurante la settimana della culturascientifica e tecnologica)e unapresentazione delle fasidell’attuazione: progettazione coni professori, esecuzione con iragazzi e verifica congiunta. Èstata distribuita ladocumentazione finale. Sonoemerse molte domande sullaespansibilità a singoli gruppi dellamodalità di attività consimili conle scuole.

LA GESTIONE DEI CONFLITTI (a cura del Settore PaceNonviolenza Solidarietà)

AnimatoriPattuglia PNS

Dinamiche di ruolo nella gestionedei conflitti. Durante l’accoglienzadei partecipanti è stata fatta unasimulazione di discriminazione, esi è poi passati alla reazione aiconflitti, poi alla simulazione diun conflitto, alla condivisionedelle soluzioni e schema di PatPatford. Sono stati forniti aipartecipanti strumenti e unabibliografia. Come contributo deipartecipanti è emersa unaesperienza di CFA realizzato inPuglia durante il quale la staff halavorato molto sull’ascolto attivo.Si suggerisce che il percorso fattopuò essere riproposto conopportune varianti comelaboratorio per capi al campoE/G.

69Il linguaggio della relazione educativa

Page 71: Stare_in_questo_tempo_ebook

I carrefour

Pista 1

LO SCOUTING: l’ambiente fatto “ad arte” perl’avventura scout.

AnimatoriFrancesco ChiulliCarmelo Di Mauro

Cosa è emersoAll’Area Metodo e/o ComitatoCentrale suggeriamo unintervento sullo scouting, perchiarire ogni dubbio sul suo realesignificato.

Pista 2

NARRARE L’ESPERIENZA:ascoltare, raccontare, fare storia comune.

AnimatoriLaura Lammadon Andrea Lotterio Andrea Vecci

Cosa è emersoNon sono state fatte integrazionidirette sul testo ma sono emerse leseguenti considerazioni:

• definizione del luogo/contestoin cui si svolge la relazioneeducativa

• maggiore significatività edefinizione delle virtù educative

• intenzionalità educativa:sottolinearla meglio

• “obiettivi esterni” così come èespresso sembra: bisognasalvaguardare lo scouting daqualcosa che lo “contamina”dall’esterno

• attenzione alla narrazione anchefra adulti: in Co.Ca, staff, zona,regione

• il racconto: la sua valenza anchenelle branche E/G ed R/S

Pista 3

SPIRITUALITÀ: l’esperienza scout terreno fertileper l’incontro con la Parola.

AnimatoriLorenzo Marzona Sabrina De CianniRosaria Facchinetti

Cosa è emerso1. Fare memoria delle riflessioniassociative di questi ultimi 10-15anni sullo specifica campo dellaeducazione alla fede (convegniGiona, Sentiero Fede, …)

2. Sviluppare una riflessionemetodologica che parta dalle dueidee di sintesi del capitoloprecedente per individuarepercorsi anche operativi disviluppo della metodologia scoutnell’area dell’educazione alla fede

3. Censire e collegare in rete tuttele varie iniziative che a livellolocale vengono realizzate perrispondere alle esigenza personalied educative dei capi nell’area“fede”

4. Analizzare in collaborazionecon le altre agenzie educative ilcontesto specifico dei capi di oggirelativamente all’area “fede”

5. Dare spazio nei vari eventinazionali, regionali ed anche dizona a proposte significative ecoinvolgenti di spiritualità scout

Pista 4

COMPETENZA: saper fare per saper essere.

AnimatoriGiandomenico PulaAlessandra Bizzarri

Cosa è emersoSi è cercato di collegare l’argomen-to osservandolo, con la lente diingrandimento di ogni singolabranca, con l’attenzione sia airagazzi che ai capi. In particolare siè considerata in questo processoanche la branca L/C in quantoluogo di “iniziazione” al camminodi competenza e quindi necessaria-mente in continuità con le propo-ste effettuate successivamente inE/G e R/S (unitarietà).

Le piste di approfondimento70

Il linguaggio della relazione educativa

Il dibattito

Page 72: Stare_in_questo_tempo_ebook

Si è ritenuto necessario orientare ilfuturo attraverso un più attentorecupero dello scouting intesocome competenza tecnica. Loscouting quindi come strumentofacilitante il rapporto con la realtà:la conoscenza delle tecniche delloscouting può aiutare a “cavarsela inogni circostanza” anche quandol’ambiente non è quello di vita ditutti i giorni (…). La competenza tecnica intesacome lo stile del “gusto a far benele cose”, da qualcuno definitocome lo “spirito scout”. Una competenza non staccata olontana dalla quotidianità, poichénecessaria a “realizzazioni utili econcrete”. Da qui, comp. intesacome strumento per meglio serviree non soltanto pensando al servi-zio in R/S. Questo strumentometodologico è stato valutatocome facilitatore dello spirito dicogestione nelle unità e quindiutile al protagonismo dei ragazzi. La competenza infine intesa comepossibilità di realizzazioni delleattese dei progetti futuri, dei sogni. La competenza delle tecnichedello scouting in ultimo valutatatroppo carente nella realtà dei capie quindi, “a caduta”, con il rischiodi una proposta blanda nei con-fronti dei ragazzi (con conseguenteperdita o appiattimento dello spiri-to scout a cui si è fatto cenno inprecedenza).

Pista 5

IL SIMBOLISMO NEL-L’ESPERIENZA SCOUT (*)

AnimatoriSalvatore SettineriLucina Spaccia

Cosa è emersoIl tema era decisamente affascinan-te e le suggestioni con cuiSalvatore ha introdotto la discus-sione sono state particolarmenteefficaci. Riassumendo:

• Il pensare simbolico nasce dalleesperienze che capitano alsoggetto

• Nel simbolo c’è del sentimentoe dell’irrazionale, del “mistero”.

• È necessario chiarire ladifferenza che esiste tra il simboloe il segno. Il simbolo racchiude insé due o più significati cheevocano nel tempo dei significatiprofondi e radicati, poiché nelsimbolo è contenuto unsentimento. Il segno è qualcosa dipiù concreto e definito, es. ildistintivo, anche se alcuni segni sicaricano di significati simbolici, es.il percorso che attende il ragazzoper raggiungere la tappa.

• Molti segni fanno parte dellatradizione e si ripetono neiGruppi poiché amiamo latradizione e la trasmettiamo, èimportante fare chiarezza tra i

segni della tradizione e i simboli iquali, essendo segni dei tempi sievolvono.

• L’esperienza simbolica è anchericordare per cui è importante peri Gruppi nuovi avere deiriferimenti storici che possanopermettere di creare questolegame.

• I simboli evocano significatidiversi nella grande collettività (es.l’unità), nella piccola collettività(es. la squadriglia), nella persona.

• Il simbolo ha bisogno di essereritualizzato, ma il rito deve esserevissuto con “stile” e “solennità”

• Il rapporto Capo-ragazzo.Essendo il capo un modelloprimario di riferimento è essostesso, per il ragazzo, un simbolocarico di significati. La suarelazione con il ragazzo siimpregna di simboli legati alvissuto e alla testimonianza delcapo. Riflettere su questa valenzadella relazione educativa è moltoimportante.

• Non caricare di significati unsimbolo per non rischiare diinflazionare il significato simbolicoe non percepirlo più.

(*) Su tale argomento è stato prodotto un alle-gato per il quale si rimanda alla sezione Allegatisu CD.

71Il linguaggio della relazione educativa

Page 73: Stare_in_questo_tempo_ebook

Qual è la via?“Viandante, non c’è via, la via si fa con l’andare”

(A. Machado)

La forza intrinseca del metodo e la consapevolezza del capo

I temi della riflessione metodologica, approfonditi inquesti anni, non sono nuovi. Già in passato si sonoimposti all’attenzione associativa, perché fanno riferi-mento ad elementi che sorreggono il nostro Metodoe ci interrogano, costantemente nel tempo, sull’effica-cia degli strumenti essenziali dello scautismo.L’indagine sul calo dei censiti, condotta recentemente,ed il costante abbandono nelle unità di una buonapercentuale dei ragazzi, ogni anno del loro percorso, enon solo nella fase dei passaggi - che ipotizzavamopiù a “rischio” -, hanno richiamato con forza l’atten-zione sulla nostra capacità di lettura dei bisogni deiragazzi, sulla necessità di osservare costantemente ecapire i mutamenti sociali, sull’adeguatezza dellanostra proposta, della competenza metodologica edella capacità educativa dei capi.

In cosa individuare la ragione dell’insuccesso che spessosembra appesantire il nostro servizio?

Ci siamo così interrogati su cosa occorre sapere incampo educativo, sui cambiamenti avvenuti negliarchi della vita umana, sui nuovi bisogni educativi,sulla capacità di risposta del metodo scout e di noicapi a tali bisogni, sulle difficoltà di proposta che siriscontrano nei momenti di passaggio da una fase dicrescita all’altra, in definitiva sull’attualità dello scautismo. Il dibattito è stato ricco di implicazioni e prospettive. I

temi su cui ci siamo soffermati maggiormente sonostati: la durata dell’arco della proposta scout; la capa-cità di educare alle scelte ed alla responsabilità; la per-sonalizzazione e la flessibilità dei percorsi di crescita,la routine e la banalizzazione dei riti di passaggio; ilprecocismo ed il ritardo nei passaggi; il raccordo del-l’esperienza di vita in una comunità verticale con quel-la di una comunità orizzontale; il rapporto tra il cam-mino comunitario e quello personale; la conoscenza el’uso sapiente ed efficace del linguaggio simbolico. Su alcuni di questi temi la riflessione si è notevolmen-te approfondita e sedimentata, su altri è ancora incorso. Nella ricerca delle ragioni dei problemi legatialla nostra azione educativa non abbiamo trascuratodi considerare alcune variabili determinanti:

- la “questione capi”, che mette in luce una sem-pre maggiore difficoltà nel fronteggiare l’impegnoeducativo da parte di adulti;- la “questione socio-culturale”, che pone il pro-blema del disorientamento a cui ci espone ilmondo di oggi ed in cui cogliamo, in modo piùgenerale, una crisi del rapporto educativo.

Tuttavia siamo sempre più convinti che occorre resti-tuire al Metodo ed ai suoi elementi strutturali laforza originaria d’impatto positivo sui ragazzi, risco-

Le piste di approfondimento72

I temi della riflessionemetodologica oggi in Agesci

La tesi

LA T

ESI

Rosa Calò

Page 74: Stare_in_questo_tempo_ebook

prirne la ricchezza e l’originalità, spesso appannateda abitudinarietà e malinteso senso di fedeltà allatradizione. Di fronte all’incalzare dei mutamenti della realtàsociale (in cui bisogna fare i conti con la mobilitàsociale, la frantumazione familiare, il moltiplicarsi deicentri vitali, il secolarismo e la crisi di fede, la crisi del-l’associazionismo e della partecipazione politica)diventa quindi necessario per noi educatori ri-guarda-re questi elementi basilari, per salvaguardare le intui-zioni originarie dello scautismo, e ridefinire da unlato i profili della nostra identità, che si radica nell’e-sperienza vitale della natura e dello scouting, della vitacomunitaria, del gioco e dell’avventura, della fantasia edell’ imparare facendo, e capire dall’altro cosa va rivi-sto negli strumenti e nelle modalità di relazione coni ragazzi.

Ha ancora oggi possibilità di successo lo scautismo, in unmondo “pieno di lustrini e richiami seducenti”?

Siamo convinti di sì! Il metodo scout ha una forzaintrinseca che lo rende vincente, perché risponde aibisogni vitali primari di crescita dei ragazzi.Non siamo solo noi a dirlo. Spesso però corriamo il rischio di non saper leggere i

loro bisogni e di ridurre questo bel grande gioco aduna ripetizione di azioni prive di senso, che disattiva-no la forza degli strumenti che usiamo e facilitano losmarrimento della carica entusiastica che è nel nucleodi questa proposta educativa. Scegliere di educare con lo scautismo è di per séuna scelta di campo, è già una dichiarazione delmodello di persona su cui scommettiamo, è unaopzione che contiene in sé una scelta valoriale: attra-verso graduali esercizi di vita vissuta nell’autonomia,nella libertà e nella solidarietà, nella responsabilità enel protagonismo si cresce come uomini e donnecapaci di aprirsi al mondo. Il metodo, tuttavia, per quanto intrinsecamente forteda solo non dà risultati: ha bisogno di capi che losappiano usare con intenzionalità e consapevolezza,che sappiano trovare risposte originali alle situazionisempre nuove che via via si presentano. Se il metodo è la strada attraverso cui arriviamo aduna meta, abbiamo bisogno di buoni camminatori,per arrivare a destinazione senza perderci, guardando-ci attorno, incrociando bisogni e intessendo relazioni,attrezzandoci ad affrontare gli imprevisti. Dobbiamo,perciò, ridirci oggi con ancora più forza, lucidità ecoraggio con quale bagaglio e con quale spiritoaffrontare questa strada, perché ci conduca là dovesperiamo, per molto altro tempo ancora e perché ciinsegni a dire parole significative e a compiere azioniforti per questo nostro tempo.

I cicli vitali: l’arco temporale e glisviluppi della proposta e dellapermanenza nelle branche

Il punto di partenzaÈ questo un argomento di cui si è parlato tanto neglianni caldi della riflessione ed elaborazione delDocumento sulla Progressione Personale Unitaria.

73I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

Page 75: Stare_in_questo_tempo_ebook

Gli stadi dell’età evolutiva oggi sono gli stessi del passato?

Le indagini sociologiche ci dicono che c’è bisogno diosservare con una logica complessiva i fenomeni dipassaggio da una età all’altra. Il vecchio schema dellacrescita lineare viene messo in discussione, perchérisulta profondamente alterata la combinazione deitempi di raggiungimento delle diverse soglie di età.C’è bisogno di una profonda ridefinizione della condi-zione giovanile e dei fenomeni ad essa collegati. Cisono tante condizioni giovanili, tanti percorsi verso lavita adulta, tanti modi di vivere queste fasi del ciclo divita. (cfr. Rapporto Istituto IARD “Franco Brambilla”,2000) Partendo da queste considerazioni abbiamo ripresola questione delle età dei passaggi, da sempre puntocruciale e spesso debole della nostra proposta meto-dologica. Dopo una prima fase di raccolta, selezioneed elaborazione dei principali materiali prodotti inassociazione negli ultimi 20 anni, siamo passati avalutare la necessità di percorrere nuove soluzioni esperimentazioni educative e metodologiche. Intanto col nostro lavoro di riflessione abbiamoaffrontato alcune questioni sostanziali:

• La nostra proposta si snoda lungo un percorsodi 12 anni:

è un periodo di tempo sufficiente? Si può cominciareprima? Si deve finire dopo? A 20/21 anni le scelte fortisono mature? E siamo sicuri che lo siano per sempre?. . . ese i ragazzi prendessero la Partenza a 18 anni?

• Nella nostra proposta s’intersecano momenti diforte orizzontalità (Consiglio/A, Alta sq. ,Consiglio Capi, Noviziato) con la verticalità tipicadell’unità scout (il branco, il reparto, la comunitàR/S) e quella del piccolo gruppo (Sestiglia,Squadriglia, Pattuglia):

come valutare l’impatto di queste scelte strutturali e stru-mentali? La squadriglia è comunque fortemente problema-

tica: sempre più nella vita dei nostri reparti si riscontrauna forte tendenza a limare o limitare la verticalità e adiminuire, quasi eliminare, le occasioni di reale autonomia.

• Lungo il percorso Promessa-Partenza (13 anni):è meglio che la Progressione Personale si concretizzi nellebranche, con la ripetizione del ciclo a spirale oppure sia unsolo percorso a scala di progressive competenze acquisite ericonosciute?

• La progressione è personale:Se e quale rapporto può esserci fra la proposta personaliz-zata (PP) ed il passaggio anagrafico di tipo scolastico?Quale rapporto numerico tra capi e ragazzi? Esiste unrapporto numerico ottimale?

La progressione personale unitaria come lented’ingrandimentoUn utile approccio a tali questioni ci è sembratopotesse avvenire attraverso la riconsiderazione dellaPPU, alla luce della quale abbiamo ripensato alcuniaspetti del metodo scout: i passaggi, i riti, la verticalitàe l’orizzontalità nella comunità, l’equilibrio tra cammi-no personale e quello comunitario. Lungi dal fareun’operazione riduttiva di tali elementi, abbiamo inte-so piuttosto collegarli e inquadrarli sotto una lente

Le piste di approfondimento74

I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

La tesi

LA TESI

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che ci aiutasse a guardare in modo organico e appro-fondito le questioni. Tale operazione ci ha consentito di portare l’attenzio-ne su uno strumento caduto in disuso, forse “tradito”dalla sua complessità e difficoltà di applicazione, e pro-muovere su di esso una maggiore consapevolezza.Con l’aiuto degli IMIE regionali abbiamo così rilevato:

- le difficoltà di ordine generale che oggi si riscon-trano nell’utilizzo di questo strumento: la comples-sità e la difficoltà di applicazione, il turn over deicapi e l’eccessivo frazionamento del cammino delragazzo, la difficoltà nella scansione temporale delpercorso, l’incapacità di dare fiducia ai ragazzi, dileggere i loro bisogni e trovare un linguaggio ade-guato per farvi fronte- i nodi di applicazione degli strumenti metodolo-gici, legati alle tre fasi della progressione di crescita(scoperta, competenza, responsabilità), consideratinel percorso unitario e di branca.

È stato avviato anche uno studio dei tempi di perma-nenza in branca, rispetto ai quali abbiamo scopertonelle regioni un quadro estremamente diversificato diesperienze. Nella pratica educativa c’è molta varietà dicomportamento e di scelte rispetto alla propostaregolamentare.

Quali allora le ragioni di queste scelte? Quale progetto lesottende? È sostenibile un’ipotesi di distribuzione diversa degli annidi permanenza in branca?

Trovare una risposta a queste domande ci aiuta nonsolo a confrontarci sulla durata complessiva dell’arcodella proposta educativa e della sua efficacia, ma anchead approfondire le questioni legate a tale durata.

La riflessione sviluppata su questi temi ha reso neces-sario un aggiornamento del Documento di Sintesisulla PPU del ’90, a cui rimandiamo per l’approfondi-mento. Qui richiamiamo soltanto alcuni elementi damettere a fuoco, riprendere e valorizzare:

Gli sfondi integratoriAbbiamo richiamato l’indispensabilità di uno sfondointegratore (vedi documento preparatorio “Il linguag-gio della relazione educativa” ) e la possibilità edopportunità di leggere, parallelamente in ogni branca,quelli tipici di ciascuna: sfondo fantastico (L/C),avventura (E/G), strada/servizio (R/S) come un per-corso progressivo, personale e collettivo, di responsa-bilità individuate, accettate ed esercitate in risposta abisogni individuali e comunitari.

I cicli vitaliGli archi d’età che scandiscono la nostra esistenza(infanzia, fanciullezza, adolescenza, giovinezza,…)sembrano non essere più netti e definiti come nel pas-sato. Non abbiamo garanzie che ci consentano di sud-dividere in modo corretto ed oggettivo la vita in fasced’età. Con cautela, anche, dobbiamo parlare di etàevolutiva, riferendoci agli anni dei ragazzi che sononelle nostre unità. È ormai dato acquisito che di “evo-lutivo c’è tutta la fase di vita di un uomo e che ognifase ha una storia non chiusa in sé, è dinamicamente

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proiettata in avanti, manifesta bisogni e nutre tensioni,matura esperienze di crescita in continuazione, senzasoluzioni di continuità. È tuttavia importante per cia-scuno di noi vivere bene questi momenti della propriavita per crescere ed acquisire una consapevolezzasempre maggiore della propria presenza nella realtà edel rapporto con gli altri. Ogni cosa ha il suo tempo.

Ingrandimenti richiamati dalla riflessione sullaPPUI Passaggi:Essi sono significativi momenti di progressione perso-nale: tappe vissute e condivise che siglano l’afferma-zione di un nuovo stato nel percorso personale delragazzo. Servono anche a scandire i tempi dellacomunità nel volgere delle sue stagioni. Essi sonomomenti rituali in cui si dà visibilità ad una scelta,espressa con un linguaggio carico di significati per ilsingolo e la comunità. Hanno necessariamente una forte carica educativa, secoinvolgono i ragazzi e non diventano un fatto orga-nizzativo dei capi. Spesso tuttavia li banalizziamoattraverso meccanismi di vuota routine e li irrigidiamocon criteri anagrafico-scolastici.

Il cammino personale e comunitario:Il cammino di crescita di ciascun ragazzo si situa inun contesto di relazioni, che sono decisive nella for-mazione della sua identità di persona matura. Nelloscautismo le due dimensioni, quella del singolo equella comunitaria, hanno molta importanza. Ogniragazzo diventa adulto nel contesto di una comunità,ogni comunità cresce grazie al cammino dei singoli. Ma come legare i due percorsi lungo i quali si crescee si diventa adulti? Pensiamo che un legame possacrearsi se:

- si individuano delle regole fondamentali, chiareed esigibili

- sono chiari gli obiettivi dei singoli e della comu-nità.

Alla luce di queste regole si può stabilisce un nesso traautonomia (percorso individuale) e solidarietà (vitacomunitaria). Regole chiare permettono, infatti, allepersone di avere un riferimento comune, che vienepoi declinato all’interno del gruppo e dal singolo.

Le comunità verticali ed orizzontaliL’esperienza della comunità verticale è uno dei puntiforza della nostra associazione. Essa è un fondamenta-le esercizio di responsabilità, attraverso la gestione el’assunzione di rischi in situazioni progressivamentepiù complesse e offre la grande opportunità di vivereriti sociali. A fronte di una società che propone soprattutto occa-sioni per vivere la dimensione orizzontale (di età o dimerito, pensiamo alla scuola o alle squadre sportive) enon verticale come una volta (incontri in cortile),occorre rivalutare le occasioni di verticalità, oggimancanti. All’interno dell’unità garantiamo la verticalità? E comela rapportiamo all’esperienza delle strutture orizzonta-li?Come ridare significato ai momenti di orizzontalità?

Le piste di approfondimento76

I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

La tesi LA

TESI

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Quale destino per il Noviziato? Quale rapporto tracomunità orizzontale e verticale? Cosa sostiene la ver-ticalità a livello pedagogico?Come appoggiare l’esperienza verticale, pur di frontea difficoltà di permanenza in unità?

La flessibilità e personalizzazionePer lungo tempo abbiamo pensato che il modomigliore per salvaguardare l’integrità della nostra pro-posta fosse quella di alzare rigide frontiere che per-mettessero di identificare con chiarezza chi era “den-tro” e chi era “fuori”.

Ne è scaturito un atteggiamento radicale: se la propo-sta non è accolta nella sua interezza – con i suoitempi, riti e ritmi - si deve lasciare l’Associazione; nonè possibile alcuna forma di mediazione.

D’altra parte introdurre forme nuove – più elastiche -di partecipazione alla vita dell’associazione non è unpercorso esente da rischi; la proposta potrebbe perde-re i suoi contorni e risultare annacquata, potrebbefacilmente confondersi con altre proposte sfumate epiù “self-service” in cui ciascuno prende solo ciò chepiù gli piace, potrebbe perdere in completezza eavvallare un certo relativismo.

Come rendere più permeabili e valicabili le nostre frontieresenza per questo perdere la nostra specificità, diluire la pro-posta o trasformare l’offerta educativa in un supermercatoanonimo? Certo non è un’esplorazione facile. Bisogna evita-re forme di troppo rapida esclusione ma anche la banaliz-zazione del rapporto educativo.

Se la completezza della proposta e del metodo scoutnon consente un “mordi e fuggi”, la strada per unaflessibilità intelligente passa probabilmente per lapersonalizzazione del percorso di crescita all’inter-no del rapporto singolo - educatore e singolo -comunità. Una personalizzazione che deve probabil-mente prevedere forme di flessibilità nei passaggi,recuperando anche una partecipazione non continuae coniugando esperienze dentro e fuoridell’Associazione. La flessibilità permette di assumerele parzialità come un inizio, come un valore e a parti-re da questa costruire percorsi educativi e di crescita.

È necessario tener conto delle diverse realtà in cui i ragaz-zi vivono, oltre quella scout. Ma in quale misura?

La riflessione sui cambiamenti in corso ci aiuterà inqualche modo ad evitare i rischi della precocizzazio-ne, quella tendenza presente in molte realtà per cui, difronte alla difficoltà di interessare i bambini ed i ragaz-zi, si tende a ridurre piuttosto che a personalizzare itempi di crescita. La PPU è incentrata sui tempi di crescita del ragazzoe la flessibilità, ancora di più, può favorire una mag-giore attenzione al singolo, attenzione prestata nonsolo al momento del passaggio ma garantita costante-mente nel rapporto di scambio reciproco tra l’adultoed il ragazzo lungo tutta l’esperienza scout, fino allaPartenza, momento in cui già riconosciamo, nellarealtà concreta di oggi, un momento di flessibilità. Ilconcetto della flessibilità, allora, va approfondito allaluce delle risorse e dei limiti di ognuno, giocati e

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spesi tra vita associativa e vita sociale, alla luce delprocesso di scambio tra realtà verticali e realtà oriz-zontali, del rapporto singolo – educatore e singolo –comunità.

Metodo ed educazione alla responsabilità

Una considerazione a parte meritano due temi suiquali ci siamo soffermati con maggiore ampiezza e sucui la riflessione è in corso: si tratta di educare allaresponsabilità e dell’uso dei riti nello scautismo,momenti simbolici, questi, fortemente legati all’eserci-zio della responsabilità. Richiamiamo qui solo alcuneconsiderazioni, rimandando al documento CICLIVITALI ED ETÀ DEI PASSAGGI ed altri allegatiper approfondire le questioni.

I ritiIl rito è la celebrazione di un evento che riguarda ilsingolo ragazzo. Egli deve sentirlo come il suomomento, quello in cui è riconosciuto dalla comunitàcome diverso da prima. Esso segna un passaggio vero, una separazione da ciòche si lascia e che si è superato. È un’occasione sim-bolica per visualizzare e comunicare un traguardoraggiunto o superato. I riti siglano le scansioni vitali fisse dando carichisociali sopportabili; segnano cioè un riconosciutoesercizio di responsabilità. Oggi c’è una grave perdita dei riti di passaggio: apartire dalla famiglia vengono confusi, senza scansionie senza corrispondente esercizio reale di responsabili-tà, i segni di questi “passaggi”: le chiavi di casa, gliorari di rientro, il tipo di consumi personali, i toni direlazione,…Nello scautismo i riti sono importanti: anzi esso nefa uno degli elementi privilegiati del suo linguaggio.

(cfr. “Il linguaggio della relazione educativa”). Tuttavia ci sono forti rischi di banalizzazione e ridu-zione a momenti folcloristici- emotivi. Siamo convintiche occorre maggiore consapevolezza dei moltepliciriti che scandiscono la quotidianità e il tempo condi-viso nella vita scout; il nostro compito di adulti èprenderci cura dei giovani proprio attraverso la ritua-lizzazione – trasmissione, la testimonianza, la condivi-sione di senso, in luoghi e momenti concreti di vitacomune. È per questo che il capo deve tenere benpresenti gli universi di senso e di identità a cuiappartengono segni, simboli, riti e azioni della pro-posta scout. Questa consapevolezza dà al capo laresponsabilità di governo, di sostegno e guida, affin-ché i ragazzi, a cui peraltro questa dimensione piace,diventino veri attori del rito stesso.

Quali tecniche usiamo nei riti per sottolineare il passo dasimbolizzare (es. : la Promessa, le tappe, la firma dellaCarta di Clan, i passaggi di branca, ecc. …)?

Cerimonie, segni e simboli sono ambientati e strutturati uti-lizzando tecniche di cui il capo è consapevole e bravo gesto-re?

Quale differenza tra riti “usuali” (totem, nomina caposestiglia e squadriglia, formazione sestiglie e squadriglie,ecc. …) e riti di progressione personale? Cosa va ritualiz-

Le piste di approfondimento78

I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

La tesi

LA TESI

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zato? Bisogna farlo sempre e comunque?È necessaria una ripresa ed un esercizio responsa-bile ed intenzionale dei riti, che siano non soloautoreferenziali ma coerentemente sociali, condivisi ericonosciuti dalla microsocietà di appartenenza. Dobbiamo dare dignità a rituali affinché siano tra-smissione di metodo, cioè di quel modo possibile difare le cose.

Piste di lavoro:

• Possiamo consolidare e radicare più fortemen-te il percorso verso la responsabilità adulta, farsì che sia reale e vera l’esperienza di “eserciziodi responsabilità possibile” -tutta quella possibi-le- nei vari stadi della PP; è questo che il ritosociale sancisce;

• Possiamo maggiormente rendere consapevolel’utilizzo del linguaggio simbolico, soprattuttoperdere la brutta abitudine di “spiegare” i simboli;recuperiamo quindi tutta la ricchezza dellacomunicazione simbolica a partire dal linguaggioverbale.

• Possiamo sperimentare riti sociali formalizzati,definiti nei loro tempi, modalità, forma e riti socialipersonalizzati, quelli che sono su misura per ogni

singola persona e comunque sapendo recuperaresempre la memoria di ciò che si è vissuto;dovremmo anche provare a cimentarci con pas-saggi non anagrafici ma che seguono coerente-mente la PPU.

Educare alla responsabilitàIn un contesto che deresponsabilizza come educare allaresponsabilità? L’esercizio continuo della responsabili-tà è la strada verso l’autonomia ed il discernimento.È il percorso individuale di scoperta di sé e deglialtri, è il cammino verso la consapevolezza delle pro-prie azioni. È sinonimo di libertà, quella vera. I capi, talvolta un po’ insicuri o impauriti, diventanorigidi ed iperpropositivi, senza lasciare spazio allasperimentazione di vissuti da parte dei ragazzi, chefiniscono per annoiarsi o adeguarsi. La responsabilitàsi esercita a livello personale e di gruppo.

Come rilanciare ai capi l’amore per le esperienze fonda-mentali di educazione alla responsabilità?È possibile vivere la responsabilità, bisogna però pre-pararvisi. Proponiamo anche a noi degli allenamenti,studiamo degli esercizi di responsabilità costruendodelle scale di gradualità e mettendole alla prova.Impegniamoci a capire come i più piccoli immagina-no queste scale di gradualità e facciamone una speri-mentazione.

Quali tipi di responsabilità possono esserci?Partendo dal presupposto che negoziare non è dis-cutere, chiediamoci quali negoziazioni si possonofare e quali no. Spesso lasciamo prevalere “la vitad’emergenza”: proviamo a seguire piuttosto unapista che non si lasci perturbare dai fatti contingenti.Abbiamo la forza di essere fedeli (leali) nel tempoalla scelta, al progetto, non curandoci delle notizieche si susseguono? Impariamo ad andare in profondità nelle cose, nelle

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situazioni, ponendo argine al modo negativo di vive-re, che salta da un’emergenza all’altra senza alcunaprogettualità e senza essere fedeli ad un obiettivoscelto.

Piste di lavoro:

• Rimettiamo a fuoco i momenti del Metodo cheaiutano i ragazzi ad assumere atteggiamenti estili responsabili (uscite, campi, missioni, squadri-glia, servizio, etc...)

• Educhiamo al servizio (con un termine più“laico” diciamo civismo) attraverso l’eserciziodella responsabilità e dell’autonomia; il primoesercizio di responsabilità parte dal sapere in piùche i più grandi posseggono rispetto ai più pic-coli. Il vero esercizio di responsabilità si haquando si incoraggia l’uso di un linguaggio cheè più “dei piccoli” o la partecipazione allaresponsabilità dell’adulto (CDA, ConsiglioCapi,…)

• Usiamo i riti coniugandoli con l’esercizio dellaresponsabilità. Attraverso il rito una comunitàriconosce il singolo come parte attiva e affidabiledi sé: ne riconosce le competenze, le capacità, illavoro reale, e con questo rinforza la consapevo-lezza del soggetto che cresce

• Ci sono dei gradi successivi, sopportabili percoscienza e livello di crescita (adultità), che lasingola persona percorre come un viaggiodurante il quale acquisisce e prende padronanzadel corredo di cose necessarie ad affrontare perquel tratto specifico di esperienza; la padronanzadi competenze non è un dato meccanico anagra-fico, deve essere elaborato a livello personale edè rinforzato da un “esame” (inizialmente moltoaccompagnato) della responsabilità individualerealizzata e testimoniata.

Un indispensabile atteggiamento mentale e la necessaria competenzametodologica

La progettualitàA conclusione di quanto fin qui detto, ci sembraimportante ribadire la necessità di coltivare la dispo-sizione mentale alla progettualità: il costante eserci-zio di individuazione di mete da raggiungere, di limitida riconoscere e superare, di risorse da valorizzare, dirischi da affrontare, attraverso le esperienze da vivereper gradi sempre più impegnativi di consapevolezza,conduce ad acquisire quell’autonomia e responsabilitàche consentiranno di poter guidare la propria canoa. La progettualità aiuta a fare sintesi, ad estrarre dalcaos e dalla frammentazione la propria esistenza, acontenere e ad orientare, se non tutto, gli elementiessenziali della propria vita; senza incasellare tutto macon l’attenzione a dare una traiettoria, una prospettivae a ricomporre la propria identità in un crescendo diassunzione di responsabilità ed autonomia. Strumento attraverso cui esercitare la responsabilità èla stesura, la gestione e la realizzazione del progettopersonale, che prende forma diversa in relazione aisoggetti interessati, alla loro età, ai loro vissuti.Tramite questo incontrano e possono armonizzarsi

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I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

La tesi

LA

TE

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da un lato la tensione autoeducativa del ragazzo edall’altra il rapporto capo-ragazzo. Il progetto è strumento potente a far superare diffi-coltà e sconfitte: grazie ad esso il ragazzo preparauna mappa dei rischi che gli si possono presentare esi attrezza ad affrontarli, facendo leva sulle sue risor-se e tenendo conto dei suoi limiti. Grazie ad esso,ancora, i ragazzi fanno esperienza di resistenza alledifficoltà e così si allenano, attraverso il servizio, aresistere anche al peso dei più piccoli, ai loro biso-gni differenti. Esso è perciò fondamentale per faci-litare e realizzare una integrazione tra bisogniindividuali e bisogni collettivi. Non è realizzabile un progetto personale senza unreferente con cui “fare i conti”, che si ponga in dia-logo e con cui fare insieme il bilancio di sé. Il capo,per sua stessa definizione, è il garante di un proget-to, è colui che chiede conto del contratto (progetto)ed è anche colui che accompagna con fiducia,sostiene nei momenti difficili e che invita, poi, ariprovare. È lui per primo fedele e leale al progettoche ha per sé e che condivide nel suo servizio.

Il bagaglio metodologico dei capiAccennavamo in apertura ad una “questione capi”.L’analisi condotta dalla Formazione Capi in questi

anni sui bisogni formativi evidenzia una grande diffi-coltà, soprattutto dei giovani capi, a fare propri iconcetti basilari del Metodo, ad usarlo con intenzio-nalità, a progettare, a scindere le tradizioni di grup-po dalle proposte regolamentari, a superare la ripeti-tività e la standardizzazione, a conoscere ed applica-re lo scout-ing con creatività, a vivere il tirocinio nelproprio staff, ad avere una conoscenza aggiornatasulla realtà del mondo giovanile e piena consapevo-lezza dell’unitarietà della proposta, in rapporto allaPPU in prospettiva della Partenza. La consapevolezza metodologica del capo è unaspetto decisivo nel successo dello scautismo. Piùin generale la qualità della nostra proposta passaattraverso la competenza educativa e metodologi-ca del capo.Ma come costruire questo bagaglio? Come sostener-lo e ampliarlo? Cosa fa parte di questo bagaglio?Dove si costruisce? Quali passi per crescere nellacompetenza e nell’uso intenzionale del metodo?Il processo educativo è qualcosa di sempre nuovo emai uguale a se stesso, perciò richiede un bagaglioattrezzato e continuamente aggiornato, in grado diaffrontare gli imprevisti e sperimentare rispostecreative e tuttavia fedeli al nucleo originario delmetodo. Oltre all’iter istituzionale, il bagaglio metodologicodel capo trova spessore e aggiornamento nell’e-sperienza educativa di gruppo. In particolare si è rivelato nodo cruciale, alla portatadi tutti e con tempi diversamente gestibili, il trapass-so delle nozioni: esso è la linfa vitale del perpetuarsidello scautismo serio. L’arte del capo è fatta principalmente di “apprendi-mento in bottega”, esperienza diretta, tirocinio, tra-passo nozioni, studio, ma se non è corroborata damotivazioni, sensibilità educativa, scintilla creativa,ottimismo e fiducia si riduce a tecnica educativa. Sono questi gli ingredienti di base di cui si nutrono

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quelle virtù educative di cui abbiamo parlato altrove(cfr. “Il linguaggio della relazione educativa”). Solo grazie a questa arte il capo sarà capace di pro-porre senza sconti gli elementi permanenti delMetodo (senso di responsabilità, dimensione avven-tura, contatto con la natura, gioco di squadra, acqui-sizione di competenze, spirito di servizio, gusto del-l’essenziale e della ricerca), resistendo all’adattamen-to ai costumi dominanti. Solo grazie a questa arte il capo può far sì che glielementi del Metodo incarnino una proposta forteed esigente, evitando la dispersione in un ammassodi esperienze più o meno soddisfacenti. La prospet-tiva non può che diventare quella del “capo strabi-co”, che con un occhio guarda alla società in cam-biamento e con l’altro al ragazzo e ai suoi bisogni,per proporre il bene, il bello, la fedeltà. Questo implica continua informazione e formazione“tecnica”. È la condizione necessaria e sufficiente perché possaavere successo una proposta educativa che, attraver-so particolari ambientazioni, consente di fare espe-rienze e di apprendere e di vivere valori esportabilinella vita “fuori dall’associazione”: la responsabilità,il protagonismo, l’autonomia, la condivisione, lasolidarietà, la gestione dei conflitti, la capacità dicavarsela, l’approccio creativo al mondo, il divertirsifacendo, la relazione intergenerazionale.

Piste di lavoro:

- Riorganizzare e sperimentare il trapasso nozio-ni affinché non sia più un’impresa trascurata:

- Trovare nuove modalità di gestione del turnover dei capi in Comunità Capi.

- La Co.Ca. è custode delle nozioni e luogo incui si sviluppano conoscenze: come metaboliz-zarle e tramandarle?

- Come e quando aggiornarle? Co.Ca. = momen-to interbranca?

- Campi di aggiornamento metodologico: comevalorizzarli al meglio?

- Gli staff di unità: quale direzione dei capi unitàrispetto agli aiuti?

Siamo convinti che, al di là di tutto, tornare a par-lare di problemi educativi in Co.Ca., in staff, negliincontri per capi sia la strategia vincente, oltre chel’impegno più urgente.

Le piste di approfondimento82

I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

La tesi

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A mo’ di conclusione

Ci pare importante sottolineare, in chiusura, alcuneriflessioni:

• Lo scautismo è un modello che di per séeduca: l’attenzione sul “come” si diventa adulti,tramite questa esperienza, rilancia l’idea delmetodo come strumento educativo in sé.

Imparare ad imparare, a fare continuamente esercizidi scelta e di responsabilità, ad esercitare le virtù

nello spirito della Legge e della Promessa sono unmodo unico ed originale di educare. La pedagogiaattuale scommette sui percorsi da seguire piuttostoche sui principi da inculcare. Da questo punto divista lo scautismo, pur vecchio di cento anni, èancora attualissimo, perché si propone come “eser-cizio di virtù”. Se su questo siamo tutti convinti, piuttosto lo sforzoè capire cosa cambia e cosa resta fermo, cosa varibadito fermamente senza “transigere” e cosa inve-ce può essere modificato senza tradire le intuizionioriginarie. In questo gioco di scoperta di ciò che èfondante e ciò che è di contorno si risolve la partitatra fedeltà alla tradizione e spinta all’innovazione,sollecitata dall’evolversi del tempo e della società.

• Lo scautismo per quanto di per sé educante èsempre un’esperienza che si situa in una relazio-ne: quella capo-ragazzo. La qualità di questarelazione è proporzionale alla qualità della pro-posta, che è tutta nella capacità di usare inten-zionalmente il metodo.

• In un contesto come quello attuale lo scauti-smo è in controtendenza, appare superato. Main questa inattualità è la sua forza: l’ottimismocome approccio all’esistenza, la fiducia in sé enegli altri, gli spazi di protagonismo offerti airagazzi sono elementi dirompenti in una societàche tende ad espropriare, a sospettare, a negare.

• Lo scautismo è una scuola di progettualità: èun’esperienza educativa che si costruisce nelsapiente equilibrio tra occasioni da vivere, valo-rizzazione di risorse umane, superamento dilimiti, incroci di relazioni, espressione di bisognie tensioni, giocati in contesti vitali unici; tuttoquesto, però, ha bisogno di essere armonizzatoda una intenzionalità e guidato da un fine.

83I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

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“Qual è la via? Viandante non c’è via.La via si fa con l’andare”.Abbiamo voluto aprire il documen-to preparatorio del convegno con leparole del poeta Machado, per sot-tolineare il modo con cui abbiamolavorato in questi anni sulla rifles-sione metodologica. L’elaborazionesul metodo è andata costruendosinel tempo raggiungendo puntifermi che tuttavia non sono definiti-vamente chiusi. Nel sintetizzare i passaggi principa-li, riteniamo sia utile partire dallariaffermazione del valore intrinsecoche ha il nostro metodo. Sceglieredi educare con lo scautismo è fareuna scelta di campo. In questi anni, di fronte ai cambia-menti sociali, alla perdita di punti diriferimento valoriali, al senso diincertezza diffuso, ci siamo chiestise il metodo scout sia ancoraattuale. Dal confronto con pedago-gisti e psicologi esterni all’Associa-zione abbiamo avuto la confermache il nostro metodo è una risorsadi grande valore educativo. Lapedagogia odierna dà molto peso alcome educare. Educare con loscautismo è già una scelta dicampo, perché educare alla respon-sabilità e all’autonomia, alla libertà ealla solidarietà, attraverso il loroesercizio concreto e le esperienze divita vissuta, riflette una scelta impli-cita di valori che vengono trasferitiattraverso i “buoni comportamenti”. Molto peso nel successo della

nostra proposta hanno due variabi-li: quella dei “capi” e quella del“contesto socio-culturale”, che conle loro “resistenze” spesso ne com-promettono l’efficacia. Il Progetto Nazionale ci chiede diriscoprire la ricchezza e di metterein luce l’originalità del metodoscout, spesso occultate da un malin-teso senso di fedeltà alle radici. Un nodo, dunque, da sciogliereriguarda il rapporto fra innovazio-ne e fedeltà alle radici: cosa signi-fica per noi fedeltà alle radici?Cosa è la tradizione? Qual è ilnucleo originario della propostada salvaguardare e cosa, invece,può essere cambiato e adeguato aitempi? Cosa va rivisto negli stru-menti e nelle modalità di relazionecon i ragazzi? Come ci attrezzia-mo, di fronte ad un mondo “pienodi lustrini e richiami seducenti?”,per essere “competitivi” e non per-denti?

In questi anni abbiamo lavorato sualcuni temi, partendo da alcunedomande:

• Gli stadi dell’età evolutivasono sempre gli stessi?

• Come ci poniamo di frontealla dilatazione dell’età adole-scenziale?

• C’è una riflessione sul temadella Partenza, legata alla diffi-coltà che ha un ventenne nelfare delle scelte importanti. Il

percorso educativo che propo-niamo dura circa 12 anni. È suf-ficiente a far diventare i nostriragazzi e ragazze Uomini eDonne capaci di guidare da solila propria canoa?

• Come proponiamo e viviamo ipassaggi? Spesso li riduciamo ariti vuoti, obsoleti, lasciandopassare i ragazzi “a scaglioni”nelle nostre unità. È sostenibilequesto modo di proporli?

• Come rendere veramente per-sonale il percorso di ciascunragazzo? Sembra che nel tempoabbiamo perso il senso di uncammino che è unico, massifi-cando la nostra proposta e per-dendo il senso della singolaritàdella relazione educativa e della

Le piste di approfondimento84

I temi della riflessionemetodologica oggi in Agesci

La relazione dell’esperto1

0

10.In assenza del relatore hasintetizzato i contenuti deldocumento preparatorio “I

temi della riflessionemetodologica oggi inAgesci” Rosa Calò,

Incaricata Nazionale alMetodo e agli Interventi

Educativi.

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mediazione tra il cammino delsingolo e quello della comunità.

La Progressione Personale Uni-taria ci è apparsa una specialelente di ingrandimento, attraversola quale osservare in profondità eripensare i temi della nostra rifles-sione. Infatti la PPU abbraccia il tema deipassaggi, della personalizzazione edella flessibilità, del linguaggio sim-bolico, del rapporto tra percorsopersonale e percorso comunitario;recupera il discorso sulla verticalità,una dimensione spesso non garanti-ta e rispettata nei nostri gruppi,ritenuto necessario per rilanciare lariflessione sulla PPU, per ripensaree approfondire tali questioni. D’altro canto le regioni chiedevano

di riprendere in considerazionequesto strumento poco utilizzato,giudicato troppo rigido e comples-so da applicare, tradito dal turnover dei capi, dalla mancata fiducianel ragazzo e quindi dalla scarsapropensione ad affidargli delleresponsabilità, dalla difficoltà apadroneggiare un linguaggio ade-guato a comunicare con i più gio-vani. La riflessione sviluppatasi ha con-dotto alla riscrittura delDocumento sulla PPU del ’90. Centrali sono risultate alcune atten-zioni che abbiamo recuperato neldocumento:

- l’importanza degli sfondi inte-gratori ovvero gli ambienti divita in cui l’attività educativaavviene

- l’attenzione alla competenza,cui non si fa alcun riferimentonel testo del ‘90

- la necessità di rendere più evi-dente in tutto il documento,come una sorta di filo condutto-re, la finalità a cui è orientato ilcammino di crescita di ogniragazzo, il suo essereUomo/Donna della Partenza.

Abbiamo infine estrapolato gliaspetti applicativi, disseminati nelvecchio documento, con l’intentodi allegarli successivamente alla finedel testo contenente i principi gene-rali.

Ai Consiglieri Generali sarà affidatoil compito di decidere come verran-no integrati al documento base e sucome e su cosa si lavorerà nelleregioni nei mesi futuri.

Oltre alla Progressione PersonaleUnitaria che fa da collante di tuttiquesti problemi, abbiamo ripreso iltema dei riti e dell’educare allaresponsabilità, che pur richiamatinella riflessione sulla PPU meritanouno spazio di approfondimentoautonomo. Per chiudere la presentazione dellequestioni al centro della nostrariflessione crediamo sia necessarioribadire la necessità di rafforzare lanostra azione progettuale, che ciconsente di capire meglio comearmonizzare il percorso autoeduca-tivo del ragazzo da un lato e la rela-zione capo-ragazzo dall’altro. Chiudiamo questo veloce riepilogocon una considerazione che riman-da alla “questione capi”: non è pos-sibile affrontare una riflessione sulmetodo senza fare riferimentoanche alla figura del capo e alla suacompetenza, al suo bagaglio meto-dologico, fatto non solo di “compe-tenza tecnica”. Quella che B.-P.chiama arte del capo è un misto disensibilità educativa (virtù educati-ve), testimonianza, competenze econoscenze metodologiche, unmiscuglio sapiente, un’arte che dob-biamo fare nostra e di cui dobbia-mo “rubare” i segreti.

85I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

Page 87: Stare_in_questo_tempo_ebook

Gli stand: il percorso “rosso”

Regione Friuli V. G. I CAMPETTI PICCOLE ORME

Regione PugliaI CAMPETTI DI SQUADRI-GLIA E DI SPECIALITÀ

Regione SiciliaIL SENTIERO DEI DESIDERI

Nuova Fiordaliso e Centro StudiM. MazzaL'EDITORIA AL SERVIZIODEL METODO

I laboratori

Il noviziato (a cura della Regione Veneto) AnimatoriEmanuela Schiavini e Andrea Menegazzi Il laboratorio ha presentato unametodologia di lavoro praticabileper poter offrire ai ragazzi la pos-sibilità di vivere il momento delnoviziato anche quando il nume-ro dei ragazzi stessi od il numerodei capi non permette la costitu-zione di un “noviziato normale”.Solitamente in una situazione didifficoltà le Co.Ca. scelgono di farpassare i ragazzi direttamente dalreparto al clan, facendo perdereai novizi mancati quel momentodi scoperta dei valori fondamen-tali della Branca R/S. L’idea di lavoro che la RegioneVeneto ha proposto a queinoviziati in difficoltà per ilnumero dei capi e/o per ilnumero dei ragazzi vieneadottata da altri gruppi in Italia,quindi il problema noncircoscritto ad una Zona, ad unGruppo, ma è abbastanza diffusoa livello nazionale.Sostanzialmente sono statiindividuati i punti positivi enegativi della proposta da tutti ipartecipanti; tra i positivi sonoemersi il buon lavoro di staff,l’importanza di offrire comunque

ai ragazzi di vivere il noviziatoed il confronto con il clan; tra inegativi sono emersi la difficoltàdi fare comunità con numeripiccoli, l’uso degli strumenti e lamancanza di diarchia nelnoviziato. Verrà fornito via e-mail il materiale che la pattugliaR/S del Veneto ha elaboratonegli ultimi anni agli interessatiper continuare il confronto.

Il Nuovo Sentiero (a cura della Branca E/G)AnimatoriFrancesca Matteuzzi, Claudia CremonesiLa sperimentazione sul Sentiero inBranca E/G: lo stato dell’arte, leprospettive future e uno spazio peril confronto.

Le piste di approfondimento86

I temi della riflessionemetodologica oggi in Agesci

Il dibattito

Page 88: Stare_in_questo_tempo_ebook

I carrefour

Pista 1

FEDELI AL METODO: quali luoghi e modalità per lariflessione sul metodo. AnimatoreGiuseppe FinocchiettiCosa è emersol’interiorità della persona, qualeprimo luogo interno di riflessionesul metodo; la Co.Ca. è un altroluogo privilegiato anche se non l’u-nico; anche in Co.Ca. occorregarantire una verticalità necessariaper un reale trapasso nozioni

• nel passaggio su “l’arte del capo”,occorrerebbe evidenziare il riferi-mento al cammino di ricerca inte-riore, di crescita nella fedeltà

•… e ancora il concetto di umiltà,in svariati sensi: (1) di non sentirsiarrivati, (2) dell’emittente nel tra-passo nozioni, (3) istituzionale(accettare il compito delle struttu-re), (4) delle decisioni comuni(tutto è perfettibile, ma intanto siresta fedeli alle regole)

• per essere fedeli, bisogna cono-scere, e l’ambito dei campi scuola èstrategico; a tutti i livelli occorreche il metodo sia centrale e si inse-gni

• Maggiore leggerezza … Il caposvolge un servizio adeguato semeno pressato, se aiutato anche daaltri fratelli maggiori …. Uno deilivelli del “patto fra le generazioni”.Ciascuno non è vincente sull’altroma dona (saggezza – disponibilitàdi tempo …).

87I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

Page 89: Stare_in_questo_tempo_ebook

Pista 2

SCAUTISMO CENT’ANNIDOPO: punti di forza, punti di debolezza. AnimatorePiero GavinelliCosa è emersonelle 4 tesi è stata colta una ten-denza e battezzata con il termine"Ansia Aziendale": Il tempo, ilrisultato e le risorse davanti a tutto.

• non siamo capaci di parlare nellestrutture di problemi educativi. èimportante il tempo che dedichia-

mo ai nostri ragazzi; saper perderetempo, relazionarsi con i ragazzi

• difficoltà a proporre Uscite diSq., difficoltà a recuperare bambi-ni per i branchi, ecc.: dobbiamoscendere un po'? Oppure la fedel-tà al Metodo come risorsa e noncome limite?

• il Metodo scout come risorsa emesso a conoscenza delle famiglie.

• i temi del convegno riguardano iragazzi ma sembra un convegnosui capi, nei nostri interventi parlia-mo per lo più di capi e non di

ragazzi.

• forse c'è bisogno di una maggiorcompetenza pedagogica (inserirenella Fo.Ca.?)

• l'Avventura per noi oggi è "Starein questo tempo", dobbiamoconoscere i nostri ragazzi; parten-do da questo vengono fuori leparole chiave

• il Metodo serve; dobbiamo torna-re alla semplicità della proposta,forse riflettiamo troppo su defini-zioni e ridefinizioni pedagogichedel metodo

Le piste di approfondimento88

I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

Il dibattito

Page 90: Stare_in_questo_tempo_ebook

• i 16enni e 17enni hanno bisognodi trasgressione/Avventura.Sappiamo ancora far viverel'Avventura, fare palestra diAvventura?

• dobbiamo essere sereni nellenostre proposte. Calo dei censiti:ansia di prestazione nelle Co.Ca.Ricordare e ripassare il messaggioche la Co.Ca. è di sostegno al capoche non riesce a rispondere alleesigenze dei propri ragazzi.

Punti di forza:1) facciamo una proposta educati-va che va dai 7 anni ai 21 anni;educhiamo con un Progetto, le Co.Ca. devono far conoscere ai geni-tori il Progetto educativo sui lorofigli2) la Progressione Personale che cicaratterizza, non facciamo educa-zione di massa3) la verticalità (con i giusti dosag-gi previsti nel metodo) e la respon-sabilità4) lo scautismo è un ambiente"protetto" che ti permette di potersbagliare senza essere additato,anzi, interviene la correzione fra-terna che ti ridà fiducia e ti spronaad andare avanti facendo del “pro-prio meglio”.

Pista 3

LA FIGURA DEL CAPO: tra contraddizioni di adulto evirtù educative. (*)AnimatoriDina TufanoSandro RepaciCosa è emersoGli intervenuti hanno portato ladiscussione sulla persona del capo,cercando di capire, al di là dellescelte valoriali che ci si aspetta dalui, quale sia la sua reale situazionedi partenza, quali siano le esigenzeda soddisfare per consentirgli unaserena integrazione tra vita, fede eservizio e le condizioni per affron-tare un percorso di formazione cheabbia il carattere della continuità.

Pista 4

CRESCERE LUNGO IL SENTIERO SCOUT: la P.P.U. AnimatoriCommissione PPU:Marilina Laforgia Adriano MeucciCosa è emersoÈ emersa “l’urgenza” di rimettereal centro della riflessione metodo-logica la PPU, insieme ad unacerta preoccupazione circa i tempidestinati al lavoro sul documento:si teme che non permettano unconfronto ampio e la valorizzazio-ne del contributo di tutti.

(*) Su tale argomento è stato prodotto un alle-gato per il quale si rimanda alla sezione Allegatisu CD.

89I temi della riflessione metodologica oggi in Agesci

Page 91: Stare_in_questo_tempo_ebook

L’educazione autentica, insistiamo, non si fa da A verso B o da A su B, ma da A con B,

attraverso la mediazione del mondo. (P. Freire)

Educare dentro la storia: la cittadinanza e l’impegno civile e politico nei documenti dell’Agesci

Una attenta lettura dei documenti prodottidall’Associazione sin dalla sua nascita evidenzia comela sua storia sia una storia legata profondamente aquella del Paese con una sapiente e costante premuraa mai annacquare o diluire la propria vocazione edu-cativa. Presenza nella storia dei territori locali ecostante aggiornamento della propria proposta educa-tiva: sono queste in fondo le due grandi tracce su cuisi è dipanata l’avventura della associazione, tra loro incontinua connessione, in una ricerca di sintesi mairaggiunta e sempre dialettica. Nel ’74, all’atto della fondazione dell’Agesci, il PattoAssociativo indicava tra le tre scelte fondanti il pattotra i capi quella politica dichiarando in sintesi: l’educazione educativa è di per sé un’azione politica;essa non è neutrale, ma si sviluppa attraverso l’assun-zione di responsabilità ed un impegno concreto incampo educativo; si educa alla libertà e ci si dichiaraalternativi ai modelli che avviliscono e strumentalizza-no la persona umana, contro ogni forma di violenzapalese o occulta. Prioritaria la scelta di privilegiare l’in-tervento nelle realtà di emarginazione e sfruttamento. Negli anni successivi questi temi trovano una concretaattuazione in numerosi documenti (legalità, pace, edu-cazione non emarginante, impegno nella solidarietàinternazionale, obiezione di coscienza) e prese diposizione. Il Consiglio Generale del 1985 dà manda-

to al Comitato centrale di formare un gruppo di lavo-ro con lo scopo di approfondire le tematiche relativeall’impegno e alla presenza politica e civile dei Capi edell’Associazione. Nell’anno successivo si propone unaprima sintesi approvando il documento “Impegno epresenza politica, civile ed ecclesiale dei capi e dell’as-sociazione”. “È proprio del tipo di educazione che lo scautismopropone il presupporre un SISTEMA DI RELAZIO-NI entro il quale il destinatario dell’educazione è inse-rito ed al cui interno lo stesso rapporto educativoviene vissuto. Da questa RETE DI RAPPORTI… l’a-zione educativa non può prescindere perché contri-buisce a caratterizzarla nella sua dimensione “sistema-tica”, proprio per il fatto di collocarsi all’interno di unsistema che agisce – tutto insieme - sull’evoluzionedella persona… In tal senso non occorrono necessa-riamente attività specifiche quanto piuttosto unaMENTALITÀ che porti l’attenzione al territorio nelprogrammare tutta l’attività scout. Non si tratta diinventare nuovi campi d’azione, anche se questo puòavvenire, quanto invece continuare a fare il nostromestiere di capi con gli occhi di un po’ più aperti suquesta dimensione, così da saper colorare tutte lenostre attività con i colori più opportuni”. Nel Consiglio Generale dell’ ‘88 si conclude il per-corso avviato nel ‘85 con l’approvazione del docu-

Le piste di approfondimento90

Educare in rete

La tesi

LA T

ESI

GraziaBellini

Page 92: Stare_in_questo_tempo_ebook

mento “Impegno politico e civile” ancora oggi digrande attualità. Il documento si articola su tre para-grafi:

- la pista personale che ribadisce l’impegno diognuno a giocare la dimensione politica nella pro-spettiva della cittadinanza attiva, della dimensioneetica e laica dell’impegno politico;- la pista associativa, che approfondisce la valenzapolitica del fare educazione, la presenza e il ruolopolitico dell’Associazione (la Comunità Capi pro-tagonista all’interno del territorio e le relazioniesterne fanno parte integrante dell’azione educati-va) e le prese di posizione.- Ed infine una riflessione sull’impegno politicodiretto dei capi e quadri che si concluderà con ledue mozioni 30 e 31 del Consiglio Generale del’93, e la lettera di Capo scout e Capo guida nel’95.

Utile infine l’allegato 1 del Consiglio Generale ‘91 su“l’educazione non emarginante” che propone faun’ampia sintesi del lavoro svolto in associazione,indicando piste e orientamenti ancora oggi di profon-da attualità.

Per arrivare in anni più recenti sono particolarmentericche di riferimenti le tesi preparatorie della Routenazionale delle Comunità Capi dei Piani di Verteglia

del ’97. Vi riproponiamo alcuni passaggi. Comunità di Capi nel territorio:“la consapevolezza e l’elaborazione educativa che ilgruppo di educatori scout matura comportano…unacompetenza che può condurre all’impegno diretto disingoli capi in altri campi di intervento sociale o nel-l’amministrazione pubblica o nei partiti”Qualità della proposta educativa come impegno politico:“sia i valori, ma innanzitutto le esperienze ed il climaproposti nella vita scout comportano una formazioneall’esercizio della cittadinanza, ma questo richiede unaqualità della proposta educativa non sempre facile daottenere nella attuale situazione sociale e culturale,nella quale i capi stessi sono incerti e faticano ad uti-lizzare il metodo come esperienza effettivamente edu-cativa”. Non solo educazione: contatti e prese di posizione, autono-mia e responsabilità di capi e quadri:“la sensibilità e l’esperienza educativa comportano unapprofondimento della capacità critica di lettura dellasituazione dei ragazzi e dei giovani, delle politichemesse in atto in riferimento a loro ma anche a tutti glialtri settori della vita sociale che vanno ad incideresulle opportunità e sui valori loro proposti. Questorichiede una progressiva assunzione di responsabilitàdei capi singoli e delle varie espressioni delle associa-zioni…. ”

Il nuovo Patto Associativo approvato nel ‘98:“La scelta politica è impegno irrinunciabile che ciqualifica in quanto cittadini, inseriti in un contestosociale che richiede una partecipazione attiva eresponsabile alla gestione del bene comune”.

“Ci impegniamo pertanto a qualificare la nostra sceltaeducativa in senso alternativo ai quei modelli di com-portamento della società attuale che avviliscono estrumentalizzano la persona, come il prevalere delleimmagine sulla sostanza, le spinte al consumismo, il

91Educare in rete

Page 93: Stare_in_questo_tempo_ebook

mito del successo ad ogni costo che si traduce spessoin competitività esasperata”.

“L’Agesci, consapevole di essere una realtà del mondogiovanile, sente la responsabilità di dare voce a chinon ha voce e di intervenire su tematiche educative epolitiche giovanili sia con giudizi pubblici che conazioni concrete. Collabora con tutti coloro chemostrano di concordare sugli scopi da perseguire esui mezzi da usare…”.

Infine il Progetto Nazionale del 2000 dichiara: “lavera frontiera oggi, deve essere la riscoperta del ruolopolitico del capo e delle comunità capi, come opera-tori di cambiamento. Crediamo importante che latutela della legalità sia anche la tutela dei diritti umani.Tra questi riconosciamo come fondamentale il dirittoad una cittadinanza vera, vissuta pienamente da ognipersona, per poter garantire a tutti la possibilità dipartecipare, lavorare, crescere, formarsi… Per questoci impegniamo sulle frontiere delle nuove povertà,pronti a condividere percorsi di liberazione, per affer-mare il diritto di ognuno a progettare e costruire ilsuo futuro”. Sono solo passaggi e appunti utili a ripensare il per-corso di questi anni: ai documenti citati –che andreb-bero riletti con cura – vanno aggiunte le tante rifles-sioni e i documenti elaborati dalle Regioni e le rela-zioni del Comitato Centrale di questi anni in prepa-razione dei Consigli Generali, di cui riportiamo alcunipassaggi:

1999: ”Gli scenari che si sono aperti forse prefigu-rano una nuova stagione di impegno politico per lanostra associazione, in forme nuove ma fedele a quan-to maturato in questi anni, senza fughe in avanti maimpegnati a far sì che le nostre comunità locali diven-tino per i bambini e le bambine comunità accoglienti,comunità adulte che diano loro la possibilità di cre-scere in serenità. L’anno scorso nella relazione del

Comitato Centrale scrivevamo che occorreva darevoce a chi voce oggi non ha, farci portavoce della ric-chezza ma pure del disagio che l’infanzia e l’adole-scenza comunica alla comunità degli adulti. Ci pare sipossa fare un passo in avanti: dare voce sì ma anchedare forma a questa voce, ai bisogni, ai desideri che iragazzi e le ragazze esprimono. ”

2000: ”Diventa necessario in questo secolo impa-rare a vivere insieme per dare nuovo significato aparole come libertà, democrazia, uguaglianza di opportu-nità e diritti, giustizia. B. P. molti anni fa richiamava alasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamotrovato, don Milani pochi anni fa diceva che “ lascuola siede fra passato e futuro e deve averli presentientrambi”. Sono declinazioni diverse, ancora vere pernoi, dell’importanza di educare, donne e uomini capa-ci di scegliere, di contribuire alla costruzione dellacittà, capaci di sogno individuali e collettivi, capaci digratuità, non solo di scambio……. …. . Nell’orizzonte cristiano l’impegno del servizio nelmondo esplicita la dimensione regale attraverso laquale ogni credente si impegna a rispondere alla pro-pria vocazione originale e a spendersi per i fratellidovunque essi siano. Anzi, emulando Gesù, ponendo-si vicino agli ultimi e ai più bisognosi. Questa è la baseforte su cui costruire la solidità vera di un capo. ”

Le piste di approfondimento92

Educare in rete

La tesi

LA TESI

Page 94: Stare_in_questo_tempo_ebook

2001: ”In questa età in cui tutto sembra essererimesso in discussione, in cui il tempo, e dentro que-sto gli spazi, le relazioni, i significati, chiedono unosforzo di definizione che aiuti a comporre una fram-mentazione che spaventa, il rischio è scivolare versouna “psicosi da accerchiamento” o verso quel maleoscuro che il cardinale Martini, nell’omelia della festadi S. Ambrogio indicava nella “pubblica accidia”. Èuna rinuncia all’esserci qui ed ora; una rinuncia sulpiano politico, etico ed esistenziale, che non è nostra,non ci appartiene, e tradisce la grazia pasquale che ciè stata donata. In virtù di questa, per fedeltà all’oggiche ci viene donato, è importante invece cogliere lesfide e stare nel dibattito, nella problematicità, senzaessere prigionieri né di questo né della presunzione odella ricerca di infallibilità. Uniamo il nostro pensiero,con lealtà e fermezza, a quello degli altri, cercandoconsonanze ma senza pretenderle aprioristicamenteda nessuno, non certo in virtù di sigle o di etichette,ma piuttosto intorno a idee e proposte. Una presenzapolitica che ci chiama ad un esercizio della cittadinan-za responsabile, capace di pensiero critico, …. capacedi scegliere. . ciò che unisce nella costruzione dellacittà di tutti e di ognuno. ”

2002: ”In questa contrazione del tempo e dellospazio per cui le cose, le persone, si fanno più vicine e

più leggibile la loro interdipendenza siamo in contem-plazione delle prime due parole della preghiera cheGesù ci ha insegnato:” Padre nostro…” Siamo fermi aqueste due parole che ci sconvolgono oggi in modonuovo: la prima ci regala come fratelli tutti gli uominie le donne del pianeta, di tutti i tempi, di ogni popoloe nazione, perché il Signore li ha assunti come figli.La seconda, “ nostro”, si allarga oltre il nostro di fami-glia, di storia, di popolo, persino di Chiesa. È il “nostro” di ognuno di noi, di tutti. La contemplazionedi questo mistero ha fermato i nostri pensieri, discorsie scelte, in uno spazio profondo in cui si intravedeuna strada nuova, già annunciata e promessa, manuova perché non ancora percorsa, una strada che sicostruisce con l’andare. Anche la lettura del tempo e degli avvenimenti ècomplessa, ma non possiamo prescindere dalla storiain cui viviamo, come se potessimo o volessimo sce-gliere un luogo dell’educazione protetto, sterilizzato,avulso, diverso dalla strada, che è il luogo del nostroessere cristiani, cittadini, scout. ”

Verso la promozione di una cultura della rete: l’Agesci in rete

Il punto“L’Agesci non è un’isola” è la premessa al prospetto“L’Agesci in rete” presentato al Consiglio Generale2001. Si tratta di un’affermazione certo non nuova, mache sottolinea con forza proprio la rete di relazioninella quale l’associazione vive e le responsabilità eprospettive che ne derivano. Viviamo molteplici appartenenze: la Chiesa, la Città, ilMovimento mondiale scout e guide. Vivere questeappartenenze cercando di portare il nostro contributo,di ascoltare e dire, di collaborare e chiedere, di riceve-re e proporre, riteniamo sia un modo non solo formaledi abitare le molteplici famiglie di cui facciamo parte.

93Educare in rete

Page 95: Stare_in_questo_tempo_ebook

Abbiamo anche nel Patto Associativo l’impegno deicapi a vivere con pienezza la scelta di cristiani, cittadi-ni e capi scout. Tutto questo ci impegna sia a livellopersonale che come associazione ad una cura di que-ste relazioni, di queste reti, ad una presenza nellanostra città e nel nostro paese, nella chiesa e nel movi-mento scout che abbia voce e sappia proporre e chie-dere, mettendo a disposizione, con umiltà ma ancheconsapevoli della sua ricchezza, l’esperienza che abbia-mo maturato in ciò che riguarda l’educazione ed ilmondo dei giovani, e perciò anche nelle scelte chedeterminano la fisionomia del mondo in cui noi e inostri ragazzi viviamo.La nostra testimonianza di capi e il vincolo della fra-ternità evangelica ci portano ad ampliare l’ambito dell’ICare, spesso ricordato; che cosa ci riguarda? Tutto ciòche ha a che fare con i giovani, ma anche con gliuomini e le donne del pianeta, con la loro fame, con iloro diritti, con la cura del creato… È un elenco lungocome la vita. Sono tutti gli ambiti in cui possiamo“lasciare il mondo un po’ migliore”.La rete allora diventa anche la cura e la ricerca deicompagni di strada, di quelli che condividono tratti dicammino, alcuni obiettivi, magari un sogno.Un’alleanza fra uomini e donne di buona volontà cheattraversa i gruppi precostituiti e che abbiamo incon-trato, come un regalo, sulle strade del nostro servizio.

Nell’impegno a costruire una città degli uomini amisura di bambine e bambini, accogliente e cosmopo-lita, non siamo soli. La legislazione di questi anni hadavvero promosso ed incentivato una azione coordi-nata e rispettosa di tutte le realtà sui territori. Bastiricordare la legge 285 e il “Piano d’azione per l’infan-zia”, la legge di riforma delle adozioni internazionali,la “Carta contro lo sfruttamento del lavoro minorile”,la legge di riforma dei servizi sociali…Una legislazione finalmente promozionale attenta astimolare nei territori una rete che vede presenti

amministrazioni locali e realtà del terzo settore, in unrapporto fecondo e di rispetto. Accanto a questa positiva produzione legislativa, negliultimi anni, si sono sviluppati sempre più, a livellonazionale e locale, i “punti – forza” delle reti di societàcivile: Banca Etica, Transfair, il Forum del terzo setto-re, le consulte tematiche, gli osservatori, le riviste disettore, i centri studi… Un processo inaspettato e cheper certi versi ha dell’incredibile.

Ma la costruzione delle reti è un’operazione assaicomplessa: non chiede più tempo ma un approccioed una cultura di presenza sul territorio diverse. Farerete significa partecipare alla costruzione di “tessuto

Le piste di approfondimento94

Educare in rete

La tesi

LA TESI

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sociale”, di cittadinanza attiva e di quella qualità dellavita e di quel bene-essere da tutti auspicato. Essa vivesolo se fondata da soggetti sociali maturi e accoglienti,con una identità e una missione definita e riconosciu-ta. La rete vive di amicizia, di innovazione, sperimen-tazione e coprogettazione; ha insomma bisogno discambi autentici e di relazioni simmetriche... e di unpo’ di organizzazione.

Alcuni interrogativi e i nodi dasciogliere

• Come stare nelle reti?

• Quali i settori e le priorità da individuare? • La scelta dello sviluppo si misura sulle nuove tipolo-gie urbane che vedono la presenza giovanile nelleperiferie delle città o piuttosto sui “centri storici”?Restando ferma e forte la scelta del sostegno alla par-rocchia, oggi in alcune realtà di periferia non saràopportuno avviare una strategia di alleanze più artico-lata con associazioni, scuole ed enti locali?• Dove nella nostra città decidiamo di aprire unnuovo gruppo?• Come la zona si può strutturare come una presenzaviva nella città e nella Chiesa sui temi legati all’educa-zione?• Quale scambio e condivisione intorno ai nostriProgetti educativi?• Quale rete di rapporto costruire con le altre realtà diterzo settore affinché sul territorio si costruisca unpatto per l’educazione? Come interagire con le realtàpiù strutturate - cooperative sociali, enti, fondazioni,comunità - affinché la premura per i più piccoli diven-ti la vera priorità di un territorio? • Come sostenere l’apertura delle reti locali alle tema-tiche della globalizzazione e della solidarietà interna-zionale?• La costruzione delle reti sul territorio: quali compe-tenze e risorse? Quali i compagni di strada?Per una globalizzazione dei diritti: quale percorsoverso un’economia per la solidarietà? Quali reti inter-nazionali? Quale coinvolgimento del movimentomondiale scout e guide?• Quale lo scenario europeo (libro bianco sulla gio-ventù, carta ecumenica, dibattito sul ruolodell’Europa, ecc. )• I protocolli firmati dall’Agesci: verifica e riprogetta-zione.

95Educare in rete

Page 97: Stare_in_questo_tempo_ebook

Perché vale la pena imparare a ri-dire la propria esperienza educativa

Schema della relazione

1. L’esigenza della rete: non solouna modaa. il riconoscimento di apparte-nere ad un territoriob. la consapevolezza di essereparte di un sistema complessodi relazioni orizzontali e verti-calic. la presa di coscienza dellapropria povertà, ma anche delproprio essere risorsa d. il bisogno di ripensare la logi-ca educativa nella prospettivadel “con” e non solo del “per”e. la disponibilità a conferma-re/rinnovare la propria identitàin una logica di protagoni-smo/condivisionef. la capacità di vivere il croceviap u b b l i c o / p r i v a t o ,tradizione/innovazione con lavolontà di riformulare le coordi-nate del proprio impegno.

2. I “prerequisiti” per mettersi inrete: non solo “ho bisogno di”, ma“mi impegno per”a. valorizzazione dell’identitàattraverso la logica dell’alteritàb. il ritrovarsi in un’etica dellariconoscenza e del dono

c. la scoperta laboriosa dellareciprocitàd. il bilancio dinamico fra debitie crediti educativie. la disponibilità alla costruzio-ne di un “noi” che non sia solola somma delle diverse indivi-dualità f. una diversa considerazionedella relazione spazio/tempo.

3. Le “regole” per costruire reti edu-cative efficacia. la rete educativa: non un’a-nomalia, ma un paradigma perl’esperienza della solidarietàsocialeb. un investimento in cui l’effica-cia vale più dell’efficienza, ildivenire più dell’essere e del farec. possibili livelli di interazione ela scelta di una priorità nellacostruzione di una diversagrammatica relazionale d. la mediazione fra informalitàe istituzionalizzazione: l’ “utopiaconcreta” della comunità edu-cante.

4. Un esempio concreto di rete edu-cativa: la banca educativaa. non una struttura, ma unmetodob. perché vale la pena prenderein prestito metafore dal mondoeconomicoc. una possibile risposta al quesi-to “chi educherà gli educatori”?d. forme esperienziali privilegia-

te: costruire una nuova identitàeducativa attraverso la forma-zione di un “lessico” condiviso

Di reti, intese come strumento chefaciliti le comunicazioni all’internodella società complessa – ridondan-te fino all’ingorgo per l’eccesso delleinformazioni e degli scambi circo-lanti fra le varie parti sociali –, siparla ormai diffusamente da anni,dando per scontati alcuni assunti difondo che in definitiva nessuno sipreoccupa mai di verificare attenta-mente.

- Il primo di essi vuole che la retesia adoperata per connettere sog-getti distanti fra loro, intendendocon questo termine non solo laseparazione fisica che intercorre frainterlocutori differenti, ma anche ladiversa interpretazione dei ruolisociali e un particolare modo diintendere l’appartenenza ad unarealtà – territoriale o istituzionaleche sia -.

- Il secondo privilegia la possibilitàdi utilizzare la mediazione informa-tica, ritenendo che la velocità e lapossibilità di accesso e utilizzoormai diffuso di tale tecnologia pos-sano contrarre e velocizzare la tem-poralità necessaria a costruire unaqualsivoglia relazione.

- Il terzo implicitamente indica che,nonostante si viva in un contestoculturale fortemente individualizza-to ed egocentrico, comunque qua-

Le piste di approfondimento96

Educare in rete

La relazione dell’esperto11

11. Sintesi della relazione tenuta

dalla Professoressa Marianna Acucci,

non rivista dall’autrice.

Page 98: Stare_in_questo_tempo_ebook

lunque soggetto riesca spontanea-mente a sviluppare interesse o adavvertire l’esigenza di stabilire con-tatti con altre realtà – simili o diffe-renti -, accettando la prospettiva/ilrischio di cercare una stabilizzazio-ne degli scambi.

Se le affermazioni anzidette hannoindubbiamente una loro legittima-zione culturale e concreto riscontronell’esperienza quotidiana, si di-mentica che tuttavia esse rappre-sentano solo un aspetto di una real-tà complessa, ibrida, ambivalente,contraddittoria; inoltre, per certiversi, esse finiscono con l’essere iso-morfe e adattive rispetto ad unasituazione dominante che pure vor-rebbero contribuire a rimuovere. Il che significa che c’è il rischioniente affatto remoto di parlare direti in modo convenzionale e con-formista, assumendosi la responsa-bilità di sponsorizzare, sia pureinvolontariamente, prospettive ideo-logiche di tipo statico e conservati-vo, che forse non aiutano a pensa-re positivamente che ogni realtà èsempre suscettibile di interventiche la rendano qualitativamentemigliore. Proprio per non intrappolarsi invisioni anguste e stereotipate, puòessere opportuno provare a riflette-re sulle logiche di rete guardando lecose da un punto di vista differente,anche perché si deve tenere presen-te che in questa particolare riflessio-

ne ci si impegna non solo a parlaredi reti, ma di reti educative: il chepostula delle esigenze e dei vincolipeculiari e per certi versi inediti.

1. L’esigenza della rete: non solouna moda

Sicuramente mettersi in rete non èsoltanto una moda, ma un’esigenza.Il vero problema, però, è ripartiredall’idea che essa non è un’espe-rienza utile soltanto quando sivogliono superare i confini di un’ap-partenenza ritenuta troppo limitata,ma al contrario se si desidera e siritiene importante valorizzare inmodo più opportuno la propriaappartenenza ad un territorio con-creto. Per questo motivo, non necessaria-mente si accetta di entrare in questaprospettiva comunicativa per ope-rare una sorta di bypass rispettoall’evidente crisi delle relazioni fac-cia-a-faccia che tradizionalmentecontribuivano a comporre il tessutodi una comunità ambientale; ma losi fa perché si vuole assumere finoin fondo la consapevolezza di esse-re parte di un sistema complessodi relazioni orizzontali e verticali,che hanno bisogno di nuovi investi-menti e risorse energetiche. La rete a cui vogliamo fare riferi-mento non è costruita a ridosso dinavigatori solitari che cercano con-tatti più o meno occasionali e ravvi-

cinati con soggetti estranei alla loroquotidianità; è invece il risultato diuno sforzo permanente per ricono-scersi pur nella pluralità delleappartenenze sociali e culturali, purnella determinazione di una diversi-ficazione dei territori vissuti e utiliz-zati nella propria personale esisten-za, come protagonisti di una ricercadi identità che non può che esserecondivisa, se vuole risultare durevo-le. Intraprendere questo impegno nonè un fatto automatico o casuale;chiede un’intenzionalità determina-ta, lungimirante, pronta a intravede-re i benefici possibili di questa deci-sione ben al di là di tutto ciò cheimmediatamente può essere perce-pito come problematico o non red-ditizio. La spinta a muoversi in questa dire-zione non può che venire da un’au-toriflessione, da una lettura criticadella propria esperienza educativa,nell’ambito della quale si attui lapresa di coscienza della propriapovertà, ma anche del proprioessere risorsa. Le due cose non devono mai esse-re disgiunte: sentirsi carenti e fragiliè l’unico modo per aprirsi all’ideache si ha bisogno del contributodegli altri per allargare il proprioorizzonte, arricchire la propria ope-ratività, che quello dell’autosuffi-cienza è ormai un mito da mandarein soffitta, laddove si percepisconoonestamente tutte le difficoltà del-

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l’azione educativa; dall’altro latoperò, se ci si ferma a questa consi-derazione, si rischia di avere un rap-porto strumentale e opportunisticocon gli altri, stabilendo logiche didipendenza, di delega, di parassiti-smo pedagogico che, oltre ad esse-re moralmente sanzionabili, sonoormai del tutto inefficaci, vista lapluralità dei soggetti e delle identitàche intervengono nella realizzazio-ne di ogni processo educativo. Allo stesso modo, chi si avvertecome risorsa ma non come povero,può avere la tentazione di assumereuna posizione monopolistica chenon tiene conto della pluralità delleopzioni e delle azioni formative edel bisogno di “generare una nuovagenerazione” facendo riferimento edando significato alla molteplicitàdi ambiti esperienziali in cui i ragaz-zi oggi vivono abitualmente.Tentare di ristabilire fittiziamenteun’omogeneità pedagogica peraltrocostituisce, attualmente, un vero eproprio pericolo. Si entra nella rete educativa, dun-que, quando si comprendono alcu-ne istanze di fondo:

a. La propria posizione non è asso-lutizzabile, ma costituisce comun-que un punto prospettico interes-sante per comprendere intera-mente il sistema cartograficoche orienta i processi educativinell’ambito di un territorio.

b.L’esigenza di ripensare il proprio

stile educativo chiede un bilan-ciamento fra la prospettiva del“con” e quella del “per”. Anchein questo caso l’una senza l’altra èincompleta e poco produttiva.D’altronde perché voler crearealternative fra il percorso e lameta?

c. Può essere opportuno, di frontealla lettura di nuovi bisogni edu-cativi e all’assunzione delle sfideche esse pongono al mondo degliadulti, la disponibilità tanto aconfermare, quanto a rinnovarela propria identità pedagogica,ma è difficile mediare queste dueistanze, se non si attua anche unapositiva equilibratura tra la logi-ca del protagonismo e quelladella condivisione.

d. I tempi chiedono a chiunque viveun impegno educativo (genitori,insegnanti, catechisti, animatoridi gruppo…) di porsi al croceviafra pubblico e privato, fra tradi-zione e innovazione sapendoche occorrerà riformulare lecoordinate della propria azioneattribuendo ad essa un valoresociale.

2. I “prerequisiti” per mettersi inrete: non solo “ho bisogno di”, ma“mi impegno per”

La rete educativa costituisce dun-que un punto di partenza, una

scommessa per rilanciare e integra-re le presenze educative di un terri-torio, ma è allo stesso tempo ilpunto di approdo di un camminoautoformativo in cui si sono attua-te importanti conversioni culturali.Peraltro, non si devono mai dareper scontate certe acquisizioni,anche perché è inevitabile che cia-scuno viva il proprio ruolo educati-vo con una certa dose di spontanei-tà, che può dare all’apprendimentopedagogico derivante dall’esperien-za una capacità di autoriflessioneun po’ approssimativa. Né bisognadimenticare che le generazioniadulte provengono prevalentemen-te da una prassi educativa autocen-trata e privatistica, in cui era assen-te il riconoscimento di una molte-plicità di presenze e di stili operati-vi. I punti fermi per maturare la deci-sione di formare una rete educativa(o anche solo di parteciparvi) sonoi seguenti:

a. La consapevolezza che si puòvalorizzare realmente la propriaidentità soltanto attraverso lalogica dell’alterità. Non è que-

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La relazione dell’esperto Educare in rete

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stione solo di disponibilità perso-nale; è in gioco la possibilità diriconoscere e intercettare gli altrisoggetti educativi, anche se simuovono nello scenario territo-riale in modo informale, moleco-lare, poco intenzionale (bastipensare alle famiglie) o manife-stando una forma di istituziona-lizzazione esclusiva, statica, rigi-da. Le barriere invisibili peraltrosono sempre più subdole di quel-le evidenti.

b.La volontà di riconoscersi inun’etica della riconoscenza e deldono come caratteristica portan-te della vita sociale, nonostante levistose forme di degrado e dilacerazione che si possono quoti-dianamente riscontrare. Se è veroche in molti contesti tendono aprevalere l’anonimato e l’indivi-dualismo, è altrettanto certo che,nonostante tutto, ogni territoriovive in qualche modo la tensionea divenire (o tornare ad essere)una comunità, attivando strategiein cui lo scambio sociale possarivelarsi gratificante e produttivo.

c. La scoperta che la reciprocità è

un valore che chiede inevitabil-mente un atteggiamento dilaboriosità; è un processo e nonun prodotto, che merita investi-menti accorti e mirati e implicaforme di imprenditorialità rela-zionale unite ad un alto tasso digenerosità sociale. Fare il primopasso, certamente, non è tutto,ma è fondamentale; essere capacidi animare conta più che averequalcosa da dire; vivere confrontie conflitti è condizione essenzialeper crescere.

d.La capacità di rileggere la propriaprassi educativa alla luce di unbilancio dinamico fra debiti ecrediti educativi: ognuno è inevi-tabilmente radicato nei contribu-ti formativi che ha ricevuto,anche se nel tempo ha usurato lamemoria di legami e appartenen-ze, ma può richiamarli nella pro-pria esperienza solo se avverte l’e-sigenza di renderli intelligibili efruibili per gli altri.

e. La disponibilità alla costruzionedi un “noi” che non sia solo lasomma delle diverse individua-lità. È forse la scommessa piùimpegnativa: passare da una con-cezione statica del pluralismoeducativo che chiede tolleranza,ad una visione dinamica cheporta alla ricerca di un’identitàcondivisa. Ma questo implicaanche comprendere la distanzache intercorre fra diversità e diffe-

renza e una competenza specificanel convertire le prime nelleseconde.

f. Una diversa considerazionedella relazione spazio/tempo.Mentre in genere nelle relazionieducative si tende a far coincide-re le due cose, nello scambio congli altri educatori occorre farsicarico della possibile divaricazio-ne di queste due dimensioni etentare una connessione signifi-cativa pur sapendo che essa èmolto difficile da realizzare.

Questi atteggiamenti, di per sé nonimmediati e spontanei nella prassiculturale odierna, diventano ancorapiù impegnativi nella rete educativa,perché in essa gli scambi avvengo-no in rapporto ad un bene immate-riale, che non è facile identificare inmodo condiviso.Inoltre occorre tenere presente cheper molti adulti l’educazione è unambito esperienziale implicito – senon criptato – che non si è disponi-bili a manifestare per non correre ilrischio di vedere “smascherata” lapropria identità e il rapporto più omeno coerente fra questa e la pras-si quotidiana. Accettare di ri-dire la propria per-sonale esperienza e imparare a farloin modo costruttivo non è semplice,neppure quando si può contare suuna convergenza ideale di fondo edi forme di evidente solidarietà.D’altro canto però questa è la

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“fame” vera degli educatori, qualeche sia l’ambito e il ruolo in cui essioperano. Perché questa fame sia evidenziatanell’ambito di una rete educativacon onestà e umiltà, ma anchesenza creare problematici comples-si di inferiorità, è importante checiascuno possa essere messo incondizione di pensare e di afferma-re che vuole vivere questa esperien-za non perché “ha bisogno di…”,ma perché sceglie di “impegnarsiper…”.D’altronde solo in questo modo sipuò evitare la tentazione di pian-gersi addosso e finalizzare ogniscambio di informazione e collabo-razione alla prospettiva di tenderead una meta. Che è molto più cheunire le forze per risolvere problemio per centrare obiettivi particolari.Da questo punto di vista la reteeducativa non è una scelta strate-gica, ma una scelta di valore.

3. Le “regole” per costruire retieducative efficaci

Nelle reti, di qualsiasi tipo essesiano, conta molto la flessibilità: ègaranzia di salvaguardia per la liber-tà nell’interpretazione del proprioruolo, per un’effettiva disponibilitàad attivare scambi basati sulla reci-procità, per la valorizzazione diforme concrete di protagonismo. Molte reti però tendono ad avere

una durata modesta e soprattuttoun’attivazione selettiva o formale,proprio perché è difficile individua-re regole condivise che consentanodi mediare le esigenze individualiinsieme alla funzionalità e persi-stenza della rete stessa. Anche la rete educativa vive le stes-se difficoltà, amplificata dal fattoche la maggior parte dei contestiterritoriali ha confini mobili, appar-tenenze plurime, un’identificazionealquanto labile dei ruoli e delle fun-zioni presenti e/o operanti al lorointerno. Chi è davvero in grado diriconoscere tutte le presenze forma-tive di un territorio, formali e infor-mali, continue e intermittenti, espli-cite e implicite?Per queste ragioni, è possibile che larete educativa venga percepitacome un’anomalia: se non è eviden-te il valore sociale dell’educazione,se ciascun soggetto preferisce “blin-dare” la propria proposta per nonmetterla in discussione al cospettodegli altri, se il tentativo di condivi-dere percorsi educativi viene consi-derato una perdita di tempo e unacomplicazione, la rete educativa èdestinata ad avere vita breve egrama. Paradossalmente, però, proprioquesti elementi di debolezza strut-turale e culturale rendono la reteeducativa paradigmatica per l’e-sperienza della solidarietà sociale.In definitiva ogni esperienza di soli-darietà sociale contiene un cromo-

soma di tipo educativo e, viceversa,ogni esperienza educativa nasce ematura anche in quanto forma disolidarietà sociale. Il legame fra educazione è solidarie-tà sociale, inoltre, suggerisce chenella rete ogni investimento si giu-stifica se dimostra che l’efficaciavale più dell’efficienza, il divenirepiù dell’essere e del fare. Alla tentazione tipica del nostrotempo, che spinge a calcolare acosa serve un’esperienza – soprat-tutto se comporta un coinvolgi-mento di tipo relazionale -, la reteeducativa risponde provocatoria-mente con la domanda: “cosa cam-bia grazie a questa esperienza?”. Èquesta la prima regola da tenerepresente nella costruzione di unarete educativa.Su di essa si articolano quattro pos-sibili livelli di interazione: cono-scitivo, progettuale, decisionale eoperativo. Ognuno di essi deveessere attentamente valorizzato nel-l’ambito di una circolarità che dàconsistenza e funzionalità a ciascunelemento (è la seconda regola darispettare), ma è quasi inevitabile

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La relazione dell’esperto Educare in rete

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che si operi la scelta di una priorità,di un’accentuazione, da cui dipen-dono ipotesi specifiche di costru-zione di una particolare grammati-ca relazionale fra i membri dellarete stessa. La centratura sull’una o sull’altradimensione comporta inevitabil-mente vantaggi e svantaggi; quelche conta è che si assuma in meritouna responsabilità condivisa, ancheper affrontare in modo realistico elungimirante gli effetti perversi delmodello utilizzato. È anche oppor-tuno che la selezione di una moda-lità concreta di interazione derivinon da valutazioni di ordine ideolo-gico, ma da un’accorta lettura dellasituazione in cui si opera, delle esi-genze avanzate sia dagli educatoriche dai destinatari dell’azione edu-cativa, dalle risorse presenti nelloscenario educativo ambientale. Infine, la terza regola: muovendosinell’ambito di una continua media-zione fra informalità e istituziona-lizzazione delle relazioni fra i sog-getti educativi, la rete educativamira a realizzare l’“utopia concreta”della comunità educante. Il che

equivale a dire che il suo destino ècessare di esistere e di operarequando si saranno verificate le con-dizioni perché chi vive in un terri-torio possa riconoscersi e agire libe-ramente come parte di una comu-nità che mette l’educazione fra ivalori portanti della prassi socialeordinaria.

4. Un esempio concreto di reteeducativa: la banca educativa

La rete educativa è un’esperienzacaratterizzata da punti di riferimen-to comuni, ma è anche un processoaperto, che può essere orientato inmodo creativo. Ogni realtà deveimparare a generare una propriainterpretazione al riguardo, attra-verso un processo di personalizza-zione che aiuta a creare benessererelazionale e a costruire forme diinterazione efficaci. Rispetto alla pluralità un po’ disper-siva delle esperienze correnti, cipermettiamo di proporne una cheha il merito di non essere tanto unastruttura, quanto un metodo: labanca educativa. Può meravigliare questo prendere aprestito un’immagine propria delmondo economico, ma è sembratauna metafora opportuna per ricor-dare che

– l’educazione è un valore socialeche va messo in circolazione per

aumentarne il potere d’acquisto;

– il ritrovarsi nelle leggi del merca-to può, in fondo, agevolare lo sfor-zo di rendere questa esperienza unpo’ più competitiva;

– la scelta dell’azionariato diffuso,nella prassi educativa, contribuiscead arricchire di senso quanto ordi-nariamente si realizza;

– vale la pena per la generazionedegli adulti provvedere all’accumu-lazione di un patrimonio pedagogi-co da mettere al servizio di tutti eda trasmettere alle nuove genera-zioni.

Il compito della banca educativaconsiste nel supportare la formazio-ne di una rete educativa territoriale,rispondendo alle seguenti esigenze:

a. la necessità di poter disporre dioccasioni di raccordo fra glieducatori, che siano sufficiente-mente flessibili da non costringe-re ad una burocratizzazione dellaprogettazione e della prassi edu-cativa, ma anche abbastanzadeterminate, così da favorire unacrescita della consapevolezza edella corresponsabilità fra quantivivono in prima persona l’impe-gno educativo;

b. la possibilità di produrre e con-dividere la conoscenza deibisogni e delle disponibilità for-mative di un’area, ma ancor piùquella di attivare forme di pro-

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gettualità aperte all’innovazioneculturale e al recupero di tradi-zioni educative che rischianooggi di usurarsi per la mancanzadi un ripensamento serio deiloro contenuti portanti e per laconcorrenza di nuove mediazio-ni che risultano più efficienti, manon necessariamente anche piùefficaci;

c. la messa in opera, attraverso unasintonia derivante dalla valorizza-zione di varie sensibilità creative,di un sistema di crediti e prestitiche, rendendo evidente il valoresociale dell’educazione, offre lapossibilità di praticare una for-mazione permanente ma allostesso tempo mirata di quantivivono un ruolo educativo; que-sto scambio consente inoltre direalizzare confronti fra generazio-ni, istituzioni, ruoli che potrebbe-

ro non incontrarsi mai su terrenicomuni o vivere il confronto inmodo pregiudiziale o conflittuale;

d. l’agevolazione di forme di prota-gonismo anche fra coloro chesono portatori di bisogni educati-vi e non vogliono essere ridotti alruolo di destinatari passivi diinterventi progettati e realizzati inambiti estranei ai loro mondi vita-li: in particolare ci si è resi contodi quanto sia importante restitui-re la parola ai giovani, perchépossano esplicitare attese e dispo-nibilità e soprattutto si sentanoresponsabili di se stessi, dei lorocoetanei e del mondo adulto, inun impegno di crescita più consa-pevole e responsabile.

La creazione di una banca educati-va si motiva su una scommessa pre-cisa: la possibilità di applicare la

razionalità sistemica propria dellaprogettazione sociale alla razionali-tà implicita dei mondi vitali, ricono-scendo in essi la presenza di un’in-tenzionalità pedagogica orientataprimariamente alla generazioneconsapevole delle nuove generazio-ni, ma anche in vario modo alla for-mazione permanente degli adulti. La banca educativa è sostanzial-mente uno strumento di orienta-mento degli investimenti educatividelle famiglie, delle associazioni,delle scuole, delle parrocchie, ecc.,

Le piste di approfondimento102

Informazioni - Reperimento- Condivisione

Relazioni - responsabilizzazione- integrazione

Formazione - sviluppo competenze- rinforzo dell’identità nell’interpretazione dei ruoli educativi

Progettazione - valorizzazione delle risorse- apertura all’innovazione socioculturale

Esperienze - messa a fuoco delle procedure metodologiche, decisionali, operative

- verifica/valutazione/consolidamento

La relazione dell’esperto Educare in rete

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rafforzandone l’intenzionalità econtribuendo alla loro capacità diaffrontare in modo dinamico ecreativo le tensioni che attraversanolo scenario educativo ambientale, larelazione fra le generazioni, il pro-cesso di costruzione dell’identitàgiovanile. Il suo impegno permanente di “curadella comunità educativa”è sicura-mente un livello più esigente di ani-mazione sociale rispetto al tradizio-nale apporto di “cura nella comuni-tà educativa” offerto dalle singole

agenzie formative, ma ne vale lapena, se si vuole consolidare l’esi-stenza e aprirsi all’inedito che ogniprocesso educativo inevitabilmentecomporta. Come funziona una banca educati-va? Fondamentalmente attraversocinque impegni.Al di là dei tempi e dei ritmi con cuila banca educativa assolve ai suoiimpegni, è fondamentale che sidetermini gradualmente una rela-zione strategica fra i cinque ambitifunzionali ora richiamati, perchéogni dimensione possa supportare erinforzare le altre, con un evidenterisparmio di energie e un arricchi-mento dei risultati conseguiti. Nonbasta però costruire uno schemaformale; il modello operativo dellabanca educativa deve essere sostan-ziato di attenzioni e mediazionimolto concrete. Fra le diverse forme di presenza e diattivazione attualmente in fase disperimentazione, almeno una meri-ta di essere suggerita, perché è forsequella più facilmente duplicabile: laredazione, da parte dei diversi sog-getti che condividono l’esperienzadella banca educativa, di una sortadi dizionario che evidenzi, attraver-so la messa a fuoco di un lessicocondiviso, lo sforzo di realizzareun’identità convergente, corale. È un impegno, questo, alquantolaborioso, ma costringe gli educato-ri a “ridire” il proprio vissuto, cer-candone il senso più autentico,

chiarendolo a se stessi, condividen-dolo con gli altri. È un impulsoautoformativo in cui si sceglie dimettersi in gioco rileggendo critica-mente le attitudini, le competenze, icriteri interpretativi, i problemipedagogici con cui un contesto ter-ritoriale o istituzionale si misuraquotidianamente. È un modo dicrescere attraverso il contributo ditutti: quel che si produce, alla fine,vale quanto il processo che si è atti-vato. È un’offerta generosa perquanti vivono un apprendistatoeducativo spesso carente di punti diriferimento. È l’espressione di un“supplemento d’anima” per chiintuisce la ricchezza inesauribile diogni relazione educativa.

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Gli stand: il percorso “viola”

Settore InternazionaleINTERCULTURALITÀMANGIA CON LA TESTACOMBATTI LA FAMEMAKRAMÈ 2004

Regione LiguriaCAPITOLO SULLA SCELTAPOLITICA: GLOBALIZZAZIO-NEPROGETTO JARMINA: STO-RIA DELL'INTERVENTO AGESCI IN EX-JUGOSLAVIA

Regione MarcheINTERNAZIONALE: L'ESPE-RIENZA DELLA REGIONEMARCHE NEI BALCANI

Regione SiciliaIL DOVERE DELLA SCEMENZACOSTRUIAMO LA NOSTRACITTÀ IDEALEEDUCARE ALLA LEGALITÀ

Regione Trentino-Alto AdigeESPERIENZA DISOLIDARIETÀ VISSUTA TRAVARIE ASSOCIAZIONI SCOUT

Area MetodoRAGAZZI CORAGGIOSI

Regione VenetoESPERIENZE DI PROTEZIO-NE CIVILE

I laboratori

Educare alla pace e alla non violenza(a cura della Regione Calabria)AnimatoriCarmelo Tronfio, Nadia VaccariniCosa è emersoIl progetto si è rivelato un ottimoesperimento di lavoro in rete conaltri soggetti sociali (SCUOLA),dimostrando come realtà educativediverse possono concorrere, ognu-na con il suo specifico, a comuniobiettivi educativi. La scelta deltema molto sentita dai capi cala-bresi, ha dimostrato come il meto-do scout tradotto per applicazioniin ambiente di tipo scolasticopossa far maturare nuove sensibili-tà nei giovani su temi di cosìampia valenza sociale. Il responsa-bile del progetto ed una insegnantehanno raccontato l’esperienza cosìper come si è realizzata inCalabria. L’esperienza si è dimo-strata riproducibile in tutte quellerealtà dove la sensibilità a questotema è forte e dove le altre agenzieeducative sono disponibili a met-tersi in rete.

La campagna per la messa albando delle mine antipersona: iperché di una “scelta politica” (a cura della Regione Marche)AnimatoriLaura Barchisi (IMIE Marche) eCarlo Testa (Emergency Roma)Cosa è emersoEsperienza di una campagna pro-mossa da Emergency e sostenutadall’Agesci Marche. Incontro conun volontario di Emergency. Èstato simulato un campo minato,con illustrazione dei vari tipi dimine, loro conseguenze, loro uso,produzione, commercializzazione.Presentazione in estrema sintesidel Trattato di Ottawa (messa albando delle mine nel mondo).Lettura da un libro di testimonian-ze sugli effetti delle mine e le ulti-me nel mondo. Sono emerse possi-bilità di lavoro per la sensibilizza-zione dei i ragazzi (E/G e R/S),grazie alla testimonianza dei mem-bri di Emergency che hanno vissu-to esperienze dirette di assistenza avittime civili della guerra.

Le piste di approfondimento104

Educare in rete

Il dibattito

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Educare alla legalità,cittadinanza, impegno civile (a cura della Regione Sicilia) AnimatoriGiuseppe La Porta, Enzo Madonna, Anna Di Marco, Marika ScaccoCosa è emersoIl laboratorio ha avuto come asseportante iniziato una proiezioneaudiovisiva, intercalata da testimo-nianze di attività svolte da gruppiscout della Sicilia:• Fondo Micciulla per l’educazionealla legalità (L. 109/94)• Programma Gioventù perl’Europa (finanziamenti per attivitàgiovanili)• L. 285/97 progetti integrati delPalermo 10 per l’educazione in rete• Botteghe del mondo e commer-cio equo e solidale.Sono emerse nuove ipotesi di lavo-ro in relazione a:– Impegno nel territorio, quartierie scuole– Attività per sensibilizzare e atti-vare una consapevolezza politicadei capi– Fare in modo che le esperienzesiano visibili sia in Associazioneche all’esterno– Implementare la conoscenza e lafruibilità delle informazioni– Creare delle reti istituzionali a“copertura” delle reti locali– Pensare all’uso di nuovi strumen-

ti di lavoro per una creazione direte senza preconcetti o limitazio-ni.

Progetto Nisida (a cura della Regione Campania) AnimatoriGaetano Fiore e il Clan del Gruppo Roma- LidoCosa è emersoÈ stata raccontata l'esperienza inrete dell'Agesci Zona Napoli conservizi dell'area penale minoriledella Campania e il Comune diNapoli, per la realizzazione di atti-vità in stile scout di rovers e scoltecon i minori dell'area penale nell'i-solotto di Nisida. È seguito unmomento di confronto ed elabora-zione sulla metodologia scout conminori a rischio. Il Clan “Uragano” del gruppoRoma-Lido, che come altri dueClan ha fatto la sua route estiva aNisida, ha raccontato brevementela sua esperienza, utilizzandoanche dei cartelloni di verificascritti assieme ai ragazzi di Nisida.I partecipanti hanno portato l’espe-rienza di Clan di Gela, che presta-no servizio in case di accoglienzaper minori a rischio. La proposta lìè stata fatta direttamente dalComune, e la stipula dell’accordo èstata immediata. Un gruppo dicapi ha formato una cooperativa eci lavora anche professionalmente(part time). Come nuova ipotesi di

lavoro è emersa la necessità di uncontatto/accordo al livello nazio-nale con il ministero dellaGiustizia, che potrebbe agevolareanche il lavoro locale.

Mangia con la testa,combatti la fame (a cura del Settore Internazionale)Animatore Alessandra SilviCosa è emersoIl laboratorio ha presentato il temadel 2003 per il Thinking Day.Campagna FAO WAGGGS suldiritto al cibo, una corretta alimen-tazione, eccetera. Si è iniziato conun gioco sulle sigle scout e noncon relativo profilo. Sono seguiti • Presentazione dellaRappresentanza WAGGGS pressola FAO ed esempi del lavoro svol-to. Protocollo FAO – FIS.• Proposta della RappresentanzaWAGGGS e della FIS per ilThinking Day 2003: “Mangia con latesta, combatti la fame!”.• Esempio di lavoro sulla nutrizio-ne da fare con i ragazzi tratto dalCD della FAO.• Gioco della torta da suddividereper continenti in rapporto alnumero popolazione – risorse ali-mentari.Dai partecipanti sono emerse leseguenti esperienze da valorizzare• Ci sono zone (Veneto) che per gli

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eventi di Zona usano prodotti delcommercio equo e solidale• Alcune cooperative stanno stu-diando come introdurre i prodottidel commercio equo e solidale • Contatti con le Associazioni diconsumatori per un consumo ali-mentare più attento e rispettoso

Benché programmati non si sono tenu-ti, per insufficiente numero di iscritti, ilaboratori su:Giochi di ruolo nell'incontro conl'altro (a cura del Settore AnimazioneInternazionale): “Passaggi” - gioco sulla problemati-ca dei rifugiati; “Lo scambio” -multiculturalità, appartenenza,comunicazione. Ragazzi coraggiosi: il diritto allostudio e all’educazione per tutti(a cura dell’Area Metodo):Illustrazione del Programma di stu-dio multiculturale per l’anno 2003che si rivolge a ragazzi italiani,israeliani e palestinesi perché comenoi, Sara Agar, Maria, Tommy eJianbing possano studiare uncomune futuro di pace. Solidarietà e impegno civile(a cura del Settore EPC):Gioco interattivo che attraversouna esperienza di solidarietà trami-te un intervento di protezione civi-le.

I carrefour

Pista 1

ACCOGLIENZA DI RAGAZZIDI ALTRE CULTURE: percorsi interculturaliAnimatoridon Imad Twal eAngela Quaini Cosa è emersoIl carrefour trattava dell'accoglien-za di ragazzi di altre religioni, fran-camente la prima osservazione èstata che non c'è informazione escambio sulle esperienze che sisono fatte o che sono in atto, nonc'è neanche chiarezza sui bisogni,quanti sono i ragazzi censiti nellenostre unità che appartengono adaltre confessioni religiose? quindi lanecessità di avere informazioni escambio. La seconda osservazione è che iltema è molto complesso e necessi-terebbe di approfondimenti e indi-cazioni per evitare spontaneismiche creano solo confusione. Nelgruppo eravamo 10 circa. Con noic'era Padre Imad che ci ha portatola sua esperienza di minoranza,con tutto quello che ne consegue. L'interesse è stato decisamentealto ma necessiterebbero tempi piùadeguati e una maggior prepara-zione per affrontare un tema cosìcomplesso che mette in gioco con-vinzioni e paure personali.

Pista 2

PROTAGONISMO E DIRITTOALLA CITTADINANZA: dalla Convenzione ONU allepolitiche per l’infanziaAnimatoriAnna LucchelliLara PaolettiCosa è emerso• I partecipanti al convegno nonhanno mostrato interesse per ilcarrefour: questo significa che sultema dei diritti all’infanzia e adole-scenza siamo ancora alla fase che“dobbiamo sensibilizzarci”? urge unlavoro sull’argomento.

• Facciamo un Jamboree inThailandia sui diritti e doveri deiragazzi: quale riflessione c’è statafinora e quali ricadute ci si aspettasui ragazzi e l’Associazione?

Le piste di approfondimento106

Il dibattito

Educare in rete

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Pista 3

SCAUTISMO E REALTÀMARGINALI (*)AnimatorePiero PolimeniCosa è emersoa) L’osservazione è di un capo vene-to “capitato” per caso e per curiositàa questo carrefour: “In Veneto,ambiente che generalmente favori-sce il nostro movimento, esiste un’e-mergenza-ricchezza e non un’emer-genza-povertà.Ambedue, pur se con caratteristichediverse, convergono nell’emergenza-marginalità. È dunque fondante, perla nostra Associazione, approfondirecon ogni mezzo questa tematicaperché dallo studio delle sue com-plessità deve venir fuori una mag-giore preparazione (intenzionalitàeducativa) verso aspetti che oggi,mentre appaiono lontani dallenostre realtà, sono invece le duefacce della stessa medaglia. Archi eVenezia sono molto più vicine diquanto non sembrino, ma i capi diqueste due realtà, a territorio invertito,si troverebbero di fronte ad emer-genze forse, oggi, insuperabili”.

b) Il tracciato, che diventa esigenzadiffusa, si riassume nell’assunto su Illinguaggio dellarelazione educativa(carrefour di “Il linguaggio della rela-zione educativa” - Narrare l’espe-rienza: ascoltare, raccontare, farestoria comune.

Pista 4

TRA AUTOREFERENZIALITÀE ORIZZONTI APERTI: l’Agesci, le istituzioni e le altreforme associativeAnimatoreAlessandro PaciCosa è emerso• Il territorio influenza negativa-mente l’educazione dei giovani, imass media (televisione, modeecc…) propongono uno stile divita contrario ai valori della propo-sta scout.

• Il capo educatore è una personapositiva e capace, ma con limiti ditempo (volontariato) e spesso conla preoccupazione di assestare defi-nitivamente la propria vita (lavoro,affetti ecc…).

• Il ragazzo è sempre più “multiset-toriale” vive e si comporta inmodo diverso a seconda del luogoin cui vive (scuola, famiglia, scout,amici ecc…). vive la scuola condifficoltà (anche per chi ha un pro-fitto alto) e ne percepisce uno spi-rito di competitività e arrivismo.

• Il capo si trova ad affrontare unadifficoltà, anche considerato iltempo con cui lavora con i ragazzi(circa 4 ore settimanali). Il proble-ma quindi non è “solo” metodolo-gico (magari lo fosse!!) ma è piùprofondo e complicato; si tratta diintervenire in profondità e con

grande disponibilità sul vissuto deiragazzi, su i suoi punti di riferi-mento, per migliorare l’interventoeducativo.

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(*) Su tale argomento è stato prodottoun allegato per il quale si rimanda allasezione Allegati su CD.

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Pista 5

LE ASSOCIAZIONI STRANIEREa cura del Settore Internazionale

SOPPRESSO

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UN’ALLEANZA CON LAFAMIGLIA PERL’EDUCAZIONE (*)AnimatoreLuisa GiuliariCosa è emerso• Riconoscerci reciprocamentecome “educatori”• creare alleanza• zone d’ombra: - la situazione della famiglia oggi - le famiglie “disgregate” e noi:quale progetto?- tocca a noi dare sostegno allafamiglia? - le famiglie provenienti da altreculture- la nostra “autosufficienza”: possia-mo davvero educare da soli?

Priorità di lavoro:

Il rapporto con la famiglia risultaimprescindibile se si vuole educare.All’Area Metodo si può suggeriredi porre questo tema all’attenzionedei capi nelle varie occasioni diformazione e di progettazione edu-cativa. Urgente può essere la conoscenzadella realtà delle famiglie straniereche accettano il cammino scoutdei figli, come pure il maturare laconsapevolezza della reciprocainterazione educativa.

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RAPPORTO CON LA STORIAE CON LE SFIDE DELL’OGGI: la scelta politica come servizio alnostro paese (*)AnimatoreRiccardo Della Rocca Cosa è emersoIl tema del carrefour “Rapportocon la storia e con le sfide dell’og-gi: la scelta politica come servizioal nostro Paese” non può esseresolo all’attenzione della BrancaR/S ma deve trasversalmente inte-ressare tutto il percorso educativo;a detta di molti occorre fare atten-zione a fenomeni di qualunquismoe di disinteresse che attraversa lar-ghe fasce di capi e di quadridell’Associazione.

Le piste di approfondimento108

Il dibattito

Educare in rete

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AMBIENTE, RISORSE EUMANITÀ:il mondo è un dono cheabbiamo ricevuto in eredità dainostri figli (*)AnimatoreFranco La FerlaCosa è emerso1. Pochi; molto sensibili e attenti;con una metodologia ancora daapprofondireLa consapevolezza di quantopotrebbe essere innovato in termi-ni metodologici va però incremen-tata, in quanto si oscilla ancora frastili parascolastici o da movimentoambientalista, cogliendo poco lepotenzialità assolutamente singola-ri del metodo scout

2. Ambiente, risorse e umanità: iprincipali temi culturali emersi- Antropocentrismo/biocentrismo. - Il concetto di sviluppo sostenibile. - Ambiente e creato. - Ambiente come sistema. - Reti di soggetti che agiscono. - Pensare globale, agire locale.

3. Educazione allo sviluppo soste-nibile: attenzioni per l’Agesci - Scautismo in rete per l’ambiente. - Non si parte da zero.L’approfondimento pedagogico emetodologico sull’educazione allosviluppo sostenibile ha una lungastoria in Agesci. - Gli scout visti come predatoridell’ambiente. Serve una massicciainiezione di buon scouting. - Reti informatiche.

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PER UN’ECONOMIA ETICA ESOLIDALEAnimatoreGabriele GiugliettiCosa è emersoDeve diventare patrimonio cultura-le ma anche agire concreto quantoproposto da commercio equo efinanza/banca etica. Siamo ancorafermi alla buona volontà dei singo-li. Non esiste una sistematica attivi-tà per far conoscere e condividerequeste tematiche, per farle viverecontribuendo concretamente alnostro fare associazione, al nostroessere nella storia

(*) Su tale argomento è stato prodotto un alle-gato per il quale si rimanda alla sezione Allegatisu CD.

109Educare in rete

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PARTE TERZA

Conclusionia più voci

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PARTE TERZA

Conclusionia più voci

Voci dal pratoAgesci in reteLe parole chiave del metodoCongedo

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Critiche e dubbiLa tavola rotonda fra le Associazioni che educanogiovani è sembrata poco approfondita e con pococonfronto sugli aspetti più prettamente metodologici. Più in generale è stato detto che il rischio è quello diparlarsi addosso senza poi stringere. C’è chi si aspetta-va più evidente l’apporto delle branche e chi avrebbevoluto più spiritualità.

ApprezzamentiÈ stata notata da tutti la grande partecipazione dicapi, una sensazione generale di qualità, il sentirsi“associazione”. È stato apprezzato… …che si parlasse di “rete” non solo come elemento

politico o di immagine, ma anche come elementoeducativo e metodologico. …gli incontri con gli esperti, che ci hanno invitati ariappropriarci del nostro metodo. … una occasione importante per vedere le differenzefra lo scautismo del sud e quello del nord e per cono-scere esperienze di scautismo di frontiera. …che il convegno sia stato a 360° e che siano statetrattate tutte le sfaccettature della questione; è statoanche percepito il gran lavoro di preparazione. … affrontare con coraggio la flessibilità del metodoper creare un migliore percorso educativo. … la corrispondenza fra le questioni trattate e le esi-genze rilevate dai capi e dai ragazzi. . . gli spunti di approfondimento e riflessione per una

Conclusioni a più voci112

Voci dal pratoInterviste in presa direttaa cura di Stefano Costa, Caporedattore di Proposta Educativa

Conclusioni a più voci

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formazione capi permanente a cura delle Zone chenon rischi di essere un doppione di temi già svolti neiCFM e CFA.

Speranze e invitiÈ necessario fare un lavoro di sintesi ed è stata espres-sa preoccupazione per i tempi del percorso che dalConvegno debbono portare al Consiglio Generale:quali saranno gli spazi del confronto? Come passaredalle idee alle azioni? È stata vista spesso la necessitàdi una stretta integrazione con il percorso diFormazione Capi. Occorre equilibrio fra leggerezza del metodo (rischio diautomaticità eccessiva e di scarsa intenzionalità nell’ap-plicazione) e senso di complessità (rischio di paralisi).

Nodi centrali: cogliere i bisogni, capire i linguaggi, starevicini, dare tempo, accompagnare, delicatezza dell’edu-care, importanza dell’aspetto relazionale, non dare, néai capi né ai ragazzi, risposte certe, ma la capacità diporsi domande e trovare soluzioni adeguate…

Qui il compito è un altro: scoprire soluzioni, rapporti, con-nessioni, variabili sempre nuove, costruire dei prototipi cheprefigurino il corso degli eventi; indicare dei modelli invi-tanti, che insegnino all’uomo come può essere uomo; inven-tare l’uomo interiore. Robert Musil

113Le voci dal prato

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Ho fatto parte della commissione Agesci in rete chesi è occupata di istruire i lavori di questo convegno eha analizzato le varie possibilità di intendere la retenell’Agesci. Mi sembra opportuno ricordare in questabreve sintesi conclusiva del convegno che la riflessio-ne sulla rete nasceva da una proposta fatta dalConsiglio Generale proprio in base ad un’esigenzasentita da tutta l’Associazione. E questo convegnoper quadri è stato perciò il luogo giusto per dibatterequesta tematica perché siete voi, responsabili diZona, responsabili regionali assieme agli incaricatialle branche e ai settori, quelli che avete la responsa-bilità da Statuto di mantenere i rapporti e le relazio-ni con l’esterno, e quindi, di intessere reti. Ecco devoconstatare che il numero dei partecipanti a questatesi non è stato molto elevato e penso che in sede diverifica e di progettazione futura si dovrà prenderein considerazione anche questo dato. È certo che chiha partecipato ha mostrato molto interesse sia allarelazione della dott. Pacucci, sia ai carrefour delpomeriggio. In breve, cosa ha detto la sociologa?Dopo aver affrontato le varie accezioni della parolarete e i differenti atteggiamenti di chi tenta dicostruire una rete, la dott. Pacucci ha focalizzato unparticolare tipo di rete: la rete educativa. Noi scoutabbiamo la convinzione di essere molto bravi; sì ,siamo bravi, sappiamo fare tutto: noi ci occupiamodi ambiente, di scuola, di famiglia, di protezione civi-le, di pronto soccorso….. e così quando entriamo inrelazione con istituzioni, enti, gruppi di persone cheinvece si occupano solo di uno di questi ambiti noici sentiamo superiori e facciamo molta fatica a crea-re una vera rete. Quando vogliamo progettare in retecon soggetti diversi da noi dobbiamo in qualchemodo spogliarci della nostra autosufficienza, farcipoveri, eliminare i pregiudizi - ha detto la relatrice -perché solo così riusciremo veramente ad entrare incontatto con loro. Non dobbiamo avere paura diperdere la nostra identità, anzi, la metteremo in

luce ancora di più e potremo agire in maniera effica-ce sul territorio dentro il quale siamo immersi.Perché è proprio così, ognuno di noi vive immersonella società e anche lo scautismo non può viverefuori della società, fuori della realtà, soprattutto fuoridalla storia e noi che siamo i quadri di questaAssociazione dobbiamo essere convinti di questotestimoniarlo a tutti gli altri capi. E cosa ci chiede oggi la storia? Quali sono le emer-genze dell’oggi? All’interno dei carrefour si è discus-

Conclusioni a più voci114

Agesci in reteCarla Degli Esposti della commissione Agesci in rete

Conclusioni a più voci

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so molto e proverò a fornire qualche spunto di rifles-sione. Si è parlato di famiglia. Dobbiamo o vogliamo creareuna rete con la famiglia. Ma, un attimo, con qualefamiglia? Che tipi di famiglie hanno i nostri ragaz-zi? Si dice che la famiglia sia il luogo deputato pereccellenza a fare educazione, ma è ancora vero?L’esperienza ci insegna che molte famiglie deleganoad altri questo compito, e allora come si può fare aintessere relazioni con i genitori? Che spazio dare

loro? Saremmo disposti anche a coinvolgerli nellastesura del progetto educativo di gruppo per alcuneparti? Potrebbe essere un punto di partenza per ilfuturo, per aprirci verso orizzonti nuovi. Si è parlato di autoreferenzialità. Quando le cose inAssociazione non vanno per il verso giusto subitopensiamo che è tutta colpa di come applichiamo ilmetodo: non lo conosciamo abbastanza, e allora cimettiamo a studiare, produciamo pubblicazioni eorganizziamo incontri,convegni nella Zona, nellaregione. Ci ritroviamo dopo qualche tempo e dicia-mo ancora che siamo inadeguati e ricominciamo aorganizzare incontri…Nella mia lunga e variegata esperienza associativa hoconstatato che spesso i nostri discorsi si ripetono eci avvolgiamo un po’ su noi stessi senza andare vera-mente avanti e sono arrivata a una conclusione chedesidero socializzare con voi qui al termine di questoconvegno; credo che la strategia vincente per ilfuturo della nostra Associazione sia quella di avereil coraggio di costruire delle reti, reti vere che ciaiutino a coprire tutti quegli ambiti della relazioneeducativa che noi comunque non saremmo in gradodi coprire. Nel territorio possiamo trovare spazi,associazioni, istituzioni, che ci diano la possibilità diinteragire e di migliorare noi come capi, per miglio-rare a cascata il territorio, e far sì che i ragazzi den-tro a quel territorio diventino anche essi soggettiattivi del cambiamento. A questo può portare la rete.E questo può fare paura. In un carrefour qualcunoha espresso questo timore, che c’è sempre paura difare politica, e mettersi in rete può portare a prende-re delle posizioni politiche che l’Associazione, forsenon vuole prendere o non può prendere. Dobbiamodare risposta a questi interrogativi, ma soprattuttodobbiamo uscire da questa nostra autoreferenzialità. Non abbiamo paura di cadere nelle maglie della rete,la rete ci sostiene, la rete può rendere più efficace lanostra proposta educativa.

115Agesci in rete

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Ma allora è proprio lì, nello stare nel tempo, nell’essere sem-pre in relazione ad altre età e ad altre epoche che il nodo

dell’infanzia si scioglie. È in una relazione e in un inter-esse,in uno “stare fra” che va letto e misurato; ed è proprio lì che

vanno cercate ragioni e dimensioni del malessere, in untempo e in un terreno comuni dove le generazioni dipendonole une dalle altre, in una reciprocità che definisce il loro esse-re “diverse” e ribadisce il loro essere in comune, in uno scam-

bio insopprimibile.

(da L’infanzia ferita di E. Resta, ed. Laterza)

Attraverso il filtro di queste parole proviamo a racco-gliere le riflessioni più forti di questo convegno. Abbiamo aggregato i pensieri espressi dai partecipantiintorno alle parole-chiave su cui si sono sviluppate lequattro piste di approfondimento: i ragazzi, il linguag-gio, il metodo, la rete.Il confronto e l’approfondimento sui temi in discussio-ne ci hanno lasciato molte suggestioni, che dovrannoora tradursi in un percorso lineare di impegni e azioni.Vi proponiamo qui una sintesi essenziale dei principaliorientamenti emersi dai lavori.Nel confronto con le altre associazioni si sono raffor-zate le convinzioni che:- l’educazione è una sfida antropologica che investe l’i-dea che abbiamo dell’uomo e della donna oggi, standoin questo tempo e in questa realtà. Per noi questa ideapunta sulla libertà della persona;- abbiamo bisogno di trovare risposte al problema dellostare insieme, con le nostre diversità, di fronte al nododella vita e ai grandi fatti degli uomini; di camminareinsieme su delle parole guida e degli orientamenti con-divisi;- abbiamo altri compagni di viaggio che parlano un lin-guaggio simile al nostro, perché come noi propongonoai ragazzi e ai giovani di oggi:

• l’esperienza della realtà, sia pure in ambiti diversi• l’esperienza della condivisione di esperienze e dell’ac-compagnamento, in cui adulti insieme a ragazziguardano al futuro, immaginano prospettive e siarricchiscono a vicenda• l’esperienza del crescere insieme riponendo fiducial’uno nell’altro.

Siamo chiamati a creare alleanze per mettere al cen-tro i temi dell’educazione e produrre cambiamento.

1. I ragazzi

“Sono un argomento interessante” i ragazzi, dice ironica-mente Martina, una guida che scrive ad Avventura.Parlare dei ragazzi non è semplice: il rischio per noiadulti è che essi restino solo un argomento su cui limi-tarci a dare delle definizioni, tanto varie quanto asfitti-che perché chiuse in luoghi comuni.L’altro rischio è quello di avvicinarci alla realtà giovanilecon un approccio esclusivamente sentimentale.Come possiamo, noi adulti, colmare il vuoto che spes-so essi avvertono di avere intorno e non essere noi pro-prio quei “grandi che continuano a fare rumore”?Come aiutarli a crescere, seguendone il continuo muta-mento, e far sì che le loro identità itineranti possanotrovare qualche punto di riferimento? Come importarcene di loro, incoraggiarli a pensare conla loro testa e arginare la profonda solitudine e la note-vole fragilità che manifestano?Crediamo che la vera avventura sia oggi quella di“Stare in questo tempo”, conoscere e accompagnarcialle giovani generazioni. La grande sfida è quella di“inter-venire” in profondità e con grande disponibilitàall’ascolto nel vissuto dei ragazzi, facendosene carico.Ma come?Stefano Ricci nel suo intervento ci ha suggerito alcune

Conclusioni a più voci116

Le parole chiave del metodoRosa Calò Incaricata Nazionale al Metodo e agli Interventi Educativi

Conclusioni a più voci

Page 118: Stare_in_questo_tempo_ebook

azioni da fare in rapporto alle diverse fasi d’età: impara-re a metterci in relazione; dialogare e coinvolgere;appassionare, ascoltare, accompagnare, stare vicino,dividere il pane, rispettare; fare una proposta, stabiliteun patto, essere chiari; discernere.Il nostro impegno dovrà spendersi per:

- aiutare i ragazzi a vivere l’Avventura: essa è un’e-sperienza fondamentale per loro; rendiamo attraen-te e accattivante il nostro scautismo, tornando aridare spazio a questa dimensione essenziale,- imparare a vivere le esperienze insieme: osservia-moli leggendo con loro queste esperienze, imparia-mo a perdere tempo trovando spazi per dialogarein maniera continua, con pazienza, facendoli parlaredi sé, imparando a leggere il loro linguaggio e inter-pretarlo,- stimolare la creatività e la fantasia, sulle qualiperaltro anche i capi difettano,- imparare a riconoscere le priorità e le differenzetipiche di ogni fascia d’età, avendo chiaro il rappor-to tra lo sviluppo della precocità e la dilatazionedell’adolescenza,- chiarire come armonizzare autoeducazione enecessità di guida.

Dobbiamo essere sereni nelle nostre proposte. Lenostre Comunità Capi spesso si lasciano prenderedall’ansia di prestazione; non sempre l’abbandonodei ragazzi è da leggere in chiave negativa. Tra le proposte raccolte nei gruppi di lavoro nericordiamo qualcuna: tornare a fare attività per stra-da e farci conoscere, utilizzare al meglio i dati deicensimenti a tutti i livelli e trovare degli indicatoriimportanti per valutare la qualità della nostra propo-sta; rilanciare il messaggio che la Co.Ca. ha il compi-to di sostenere e aiutare il capo che non riesce arispondere adeguatamente alle esigenze dei propriragazzi. Investire le Zone e le Co.Ca. del compito di

far conoscere e approfondire il metodo. In particola-re andrebbe fornito un sostegno forte alla ComunitàCapi, che è il luogo della formazione permanentema anche il luogo in cui gli errori possono esserecompensati; coltivare una maggiore attenzione peda-gogica in particolare nei CFM.Resta in ogni caso il problema di attrarre i ragazzi daun lato e sostenere la risposta dei capi dall’altro. Nonsi può guardare l’ uno senza considerare l’altro.

2. Il linguaggio

Desideravamo un convegno in cui parlare dei ragazzima è emerso con forza il discorso sui capi, sulla fragilitàdella loro testimonianza, sulla necessaria solidità dellaloro preparazione. L’autonomia a cui vogliamo avviare e portare i nostriragazzi parla il linguaggio dell’esperienza di un’av-ventura condivisa tra ragazzi e capi, in cui il servizio,il fare insieme, la testimonianza dell’adulto diventa-no fondanti.È su questi elementi che si radica il successo della rela-zione educativa, che - ancora una volta abbiamo ascol-tato - deve dare valore:

- Allo stare insieme per costruire un “patto” con iragazzi e stabilire relazioni produttive perché l’io siespanda, in una formazione dinamica di sé.- Al dare fiducia ai ragazzi, ritenendoli capaci difarcela.- All’accompagnare come fratelli maggiori sostenen-doli con fantasia, aiutandoli a fare sintesi di espe-rienze diverse e contraddittorie, recuperando noiadulti l’attenzione piena per la loro vita.- Al fare percepire il senso del limite, sperimentandosie crescendo attraverso l’avventura e il rischio. Unagrande responsabilità dei capi quando la famiglia èassente.

117Le parole chiave del metodo

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E in tutto questo non possiamo dimenticare che:• La crescita passa attraverso l’identificazionedei modelli prima, la competenza e la qualitàaffettiva dopo.• Una relazione sfidante e avvincente richiedenon solo ricchi modelli formativi ma anche uninvestimento nella comunicazione efficace.Spesso siamo educatori “selvaggi” e poco“intenzionali”.• La relazione educativa non è mai astratta masituata in un contesto, che di volta in volta cam-bia le carte in tavola e perciò ci deve trovarepronti a saperlo leggere e a trovare le strategiepiù adeguate a viverlo.

Nella comunicazione efficace dobbiamo saper parlarevari linguaggi. Abbiamo ricordato che quelli più impor-tanti per lo scautismo sono:

Il linguaggio simbolicoOccorre restituire ai segni, ai simboli e ai riti, cheviviamo nell’esperienza scout, quei significati che ren-dono un linguaggio pieno, denso di senso, significanteun vissuto.La dimensione simbolica è fondamentale nella vita:viverla significa aprirsi al sentimento, alla dimensionenon unicamente razionale dell’esistenza, al mistero. L’arte del capo esige che si conoscano non solo i signi-ficati delle parole (segno, simbolo, rito, cerimonia…)ma anche la capacità di saper “parlare” questo linguag-gio in maniera corretta nella dinamica educativa (rap-porto tra i segni della tradizione e i simboli che muta-no, diversità di significato evocati nella grande, piccolacomunità o nelle singole persone, lo “stile” e la “solen-nità” con cui vivere i riti, il sovraccarico di significati el’uso inflazionato); richiede, ancora, attenzione nel valo-rizzare il senso della memoria e del legame con il pas-sato che l’esperienza simbolica fa vivere.Lo stesso rapporto capo–ragazzo ha valore simbolico:

il capo, come modello primario di riferimento, è per ilragazzo un simbolo carico di significati; la sua relazionecon il ragazzo si impregna di simboli legati al vissuto ealla testimonianza. Riflettere su questa valenza dellarelazione educativa è molto importante.

Il linguaggio dello scoutingPer scouting B.-P. intende “l'opera e le qualità dell'uo-mo del bosco, dell'esploratore”. È un linguaggio che icapi parlano sempre meno con ragazzi, mettendo incrisi quella miscela educativa avvincente che è lo scau-tismo, in cui le qualità, che possiamo comprenderebene riferendoci al concetto di spirito scout, sonoinscindibilmente legate alle opere, cioè alle attività, alfare, all’operare con competenza. Ricordiamo alcune riflessioni emerse. Lo scouting èuno strumento che facilita il rapporto con la realtà: la conoscenza delle tecniche dello scautismo può aiuta-re a “cavarsela in ogni circostanza”, anche quando l’am-biente di vita non è quello di tutti i giorni. La compe-tenza tecnica è il “gusto di far bene le cose”, da qualcu-no definito come lo “spirito scout”; è la possibilità direalizzare attese, progetti futuri, sogni; non è staccata olontana dalla quotidianità, poiché necessaria a “realizza-zioni utili e concrete”. Essa diventa strumento permeglio servire. In questa prospettiva è da curare il processo di crescitanella competenza, a cominciare dall’“iniziazione” inbranca L/C e continuare successivamente nelle altrebranche, dando unitarietà al cammino. È il linguaggio sul quale costruire lo spirito di cogestio-ne nelle unità e quindi il protagonismo dei ragazzi.

Il linguaggio della narrazioneAbbiamo sottolineato la necessità di recuperare lavalenza educativa del racconto anche nelle brancheE/G ed R/S, di conservare spazi di narrazione anchetra adulti in Co.Ca., in staff, in Zona e regione, di cura-re con la massima attenzione l’intenzionalità educativa,

Conclusioni a più voci118

Conclusioni a più voci Le parole chiave

del metodo

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di avere chiaro il contesto in cui si svolge la relazioneeducativa e di quali connotati si sostanzino le “virtùeducative”.La considerazione, tuttavia, di fondo che va ribaditacon forza è che per poter narrare e narrarsi dobbiamoesporci alla vita, viverla nelle sue esperienze molteplici,anche rischiando di sbagliare.

Il linguaggio della spiritualitàC’è richiesta di proposte significative e coinvolgenti dispiritualità scout. È una dimensione su cui è urgentesviluppare una riflessione che individui percorsi concre-ti di educazione nella fede, attraverso gli strumenti delmetodo scout, recuperando il pensiero e l’esperienzaassociativa degli ultimi 15 anni in questo campo (con-vegni Giona, Sentiero Fede, …); censendo e collegandoin rete tutte le iniziative attinenti all’“area fede”; analiz-zando, in collaborazione con le altre agenzie educative,il contesto specifico in cui oggi vivono i capi in riferi-mento a questo aspetto.

3. Il metodo

Le idee più importanti, diceva un noto filosofo, sonoquelle che riguardano il metodo, perché indicano lastrada per arrivare al cuore delle cose. Ma qual è per noi il cuore delle cose? Abbiamo biso-gno di ridirci, con molta semplicità, dove sta l’essenzadella nostra proposta e riscoprire il metodo come unarisorsa. Siamo tutti convinti che il metodo sia ancoravalido, ma dobbiamo maturare una diversa consapevo-lezza e competenza pedagogica. È come essere di fronte ad un tesoro di cui non cono-sciamo pienamente il valore e che perciò non riuscia-mo ad apprezzare. Le prospettive di vita che questotesoro può aprirci sono insospettate. Molto della potenza del nostro intervento educativo ènel metodo. La forza del metodo cresce:

- sul terreno del dibattito, del confronto, della for-mazione di una cultura associativa: bisogna innesca-re questo processo nei luoghi associativi, a comin-ciare dalle Comunità Capi, spazio in cui questo pas-saggio è decisivo; - attraverso un capo solido, un capo che sappia speri-mentare quotidianamente, di fronte ad una realtàsempre nuova, gli strumenti del metodo e usarliintenzionalmente, sapendoli applicare: ciò richiedevolontà di investire del tempo, di scandagliare inprofondità nelle motivazioni al servizio e nelle risor-se possedute.

Abbiamo tanti punti–forza: una proposta educativaampia, un approccio progettuale, l’attenzione al singoloragazzo, il proporre una dimensione di verticalità e l’as-sunzione di responsabilità; offriamo un ambiente “pro-tetto” che permette di poter sbagliare e comunque diricevere fiducia e andare avanti facendo del “propriomeglio”.Ancora una volta abbiamo ribadito l’importanza dellaverticalità, della dimensione comunitaria nella crescitapersonale (contro il rischio di individualizzare troppo),degli sfondi integratori (ambienti che consentano si sta-bilisca la relazione educativa), della valorizzazione dellafrattura, del salto nel processo di crescita (passaggi),come momento di preparazione alla vita.Abbiamo tuttavia bisogno di approfondire la nostra rifles-sione su:

• La PPU, definita come un meccanismo a lentacombustione, nello sforzo di renderlo semprepiù strumento capace di fare crescere secondole specificità e le differenze di ognuno.Strumento peraltro su cui non solo i capi maanche le famiglie devono sapere qualcosa. C’èuna proposta di aggiornamento del documento,su cui bisogna promuovere ampio dibattito etrovare poi le traduzioni applicative.Rimandiamo al documento per approfondire itemi.

119Le parole chiave del metodo

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• Lo scouting per capirne il significato al di là diogni definizione riduttiva.• Come riappropriarci della dimensione deltempo e come porci di fronte ad una nuovaconcezione dello spazio (mobilità) per far vivereesperienze significative.• L’identità di genere: richiede un necessarioapprofondimento in relazione al rilancio delladimensione avventura.

Luoghi e modalità di riflessione sul metodoSi è molto discusso sulla persona del capo per com-prendere, al di là delle scelte valoriali che ci si aspettada lui, quale sia la sua reale situazione di partenza, qualisiano le esigenze da soddisfare per consentirgli unaserena integrazione tra vita, fede e servizio e le condi-zioni per affrontare un percorso di formazione cheabbia il carattere della continuità.Nella difficoltà di “educare” e al tempo stesso di esserein formazione il capo ha bisogno di percorsi che glidiano entusiasmo e opportunità costanti di verifica.Deve poter cogliere nella difficoltà di proporsi alle gio-vani generazioni una sfida da vincere, attraverso lacompetenza metodologica e il riferimento a ComunitàCapi capaci di scelte coraggiose, nelle quali confrontarsisu valori condivisi e nelle traduzioni virtuose ovveronegli atteggiamenti che danno testimonianza delle scel-ta compiute, pur nelle difficoltà legate alla coerenza allescelte stesse.Il primo luogo di riflessione sul metodo è proprio l’inte-riorità del capo; il cammino di ricerca interiore, di cre-scita nella fedeltà sono elementi costitutivi dell’arte delcapo, accanto all’umiltà di non sentirsi mai arrivati, alladisponibilità al trapasso nozioni, ad accogliere le deci-sioni comuni (tutto è perfettibile ma intanto si restafedeli alle regole), ad accettare il servizio nelle strutture.La fedeltà al metodo richiede conoscenza: a tutti i livel-li occorre che il metodo sia centrale e lo si “trapassi”.La Co.Ca. è un luogo privilegiato, anche se non l’unico,

per garantire un reale trapasso di nozioni; ma perchéciò avvenga deve esserci verticalità.Il capo svolge un servizio adeguato se meno pressato,se aiutato anche da altri fratelli maggiori. Anche questoè “patto fra le generazioni”: ciascuno non è vincentesull’altro ma dona (saggezza – disponibilità di tempo) avantaggio di una maggiore leggerezza nel servizio.

4. La rete

In questo convegno, infine, abbiamo rafforzato la con-sapevolezza che oggi l’educazione è di rete, non bastapiù il “fascino” del capo solitario.È urgente costruire la rete educativa collaborando conchi ha competenze migliori delle nostre, confrontarsiper poi rilanciare con gli strumenti del nostro metodopercorsi di crescita sempre più efficaci. La differenza dilinguaggio e delle attenzioni tematiche dei soggetti inrete non può che arricchire questo confronto. La diversità dei progetti e delle priorità ci chiama adesercitare la capacità di discernimento, mai di chiusura. Tra le sfide dell’oggi appare chiaro che il mettersi inrete è decisivo per dare concretezza alla “scelta politicacome servizio al nostro paese”. Questo impegno nonpuò essere solo portato all’attenzione della branca R/Sma deve trasversalmente interessare tutto il percorsoeducativo; a detta di molti occorre fare attenzione afenomeni di qualunquismo e di disinteresse che attra-versa larghe fasce di capi e di quadri dell’Associazione.

Occorre dunque mettersi in rete per:collaborare con la famigliaNelle retri educative appare un soggetto trascurato. È

Conclusioni a più voci120

Conclusioni a più voci Le parole chiave

del metodo

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indispensabile riconoscerci reciprocamente come “edu-catori” e stabilire alleanze con essa. Spieghiamo loro iperché della nostra proposta e costruiamo con loro l’i-dentità dei ragazzi. promuovere i diritti dell’infanzia e dell’adolescenzaÈ stato completamente ignorato il tema dei diritti del-l’infanzia e l’adolescenza. Ce ne chiediamo la ragione.Siamo ancora alla fase in cui “dobbiamo sensibilizzar-ci”? Eppure attraverso il Jamboree in Thailandia abbia-mo lanciato l’attenzione sui diritti e doveri dei ragazzi.Quale riflessione e quali ricadute ci saranno?Con maggiore determinazione dobbiamo parlare diattuazione e promozione dei diritti dei bambini e nonsolo in termini di tutela.accogliere ragazzi di altre culture e religioniC’è bisogno di assicurare maggiore informazione escambio sulle esperienze che si sono fatte o che sonoin atto, avere chiarezza sui bisogni, su quanti sono iragazzi censiti nelle nostre unità che appartengono adaltre confessioni religiose. Il tema è molto complesso enecessiterebbe di approfondimenti e indicazioni perevitare spontaneismi che creano solo confusione.L'interesse è alto ma richiede altri incontri e una mag-gior preparazione per affrontare un tema che mette ingioco convinzioni e paure personali.affrontare le realtà marginaliÈ fondante, per la nostra Associazione, approfondirecon ogni mezzo questa tematica perché dallo studiodella sua complessità deve venir fuori una maggioreattenzione e preparazione (intenzionalità educativa)verso aspetti che oggi, mentre appaiono lontani dallenostre realtà, sono invece le due facce della stessamedaglia. “Archi e Venezia sono molto più vicine diquanto non sembrino, ma i capi di queste due realtà, a

territorio invertito, si troverebbero di fronte ad emergen-ze probabilmente, oggi, insuperabili”.L’esigenza diffusa, il tracciato che la guida, è quella dinarrare l’esperienza: nell’ascoltare, nel raccontare, nelfare storia comune si trovano le ragioni e le modalitàper affrontare queste emergenze. sostenere uno sviluppo ecocompatibileL’Agesci deve mettersi in rete per l’ambiente ed impe-gnarsi per un’educazione allo sviluppo sostenibile.L’approfondimento pedagogico e metodologico sull’e-ducazione allo sviluppo sostenibile ha una lunga storiain Agesci. Non partiamo da zero. Dobbiamo tuttaviaincrementare la consapevolezza sulle potenzialità asso-lutamente singolari del metodo scout, che non hamolto da spartire con stili parascolastici o da movimen-to ambientalista. Serve una massiccia iniezione dibuono scouting per superare l’immagine degli scoutpredatori dell’ambiente.promuovere la giustiziaQuanto proposto da commercio equo e finanza eticadeve diventare patrimonio culturale ma anche agireconcreto. Siamo ancora fermi alla buona volontà deisingoli. Non esiste una sistematica attività per far cono-scere e condividere queste tematiche, per farle viverecontribuendo concretamente al nostro fare associazio-ne, al nostro essere nella storia.

Fin qui alcune delle riflessioni e delle indicazioni piùgenerali emerse dal convegno. Le sfide sono tante el’impegno richiesto per vincerle sarà notevole. Se abbia-mo scelto di accompagnare le giovani generazioni perlasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamotrovato, non possiamo sottrarci a quanto dice il vecchiosociologo Edgard Morin:“È necessario che tutti coloro che hanno il compito di educaresi portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo”.

È un invito da non eludere.

121Le parole chiave del metodo

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Sono stati giorni intensi, di lavoro, di idee, di presen-ze, e non vogliamo qui, né potremmo, sintetizzaretanta ricchezza. Ma nel concludere questo convegnovorrei fare solo alcune brevi considerazioni: sui ragaz-zi, sul contributo dell’Agesci alla vita del nostro Paese,sul significato di alcune presenze. Rispetto ai ragazzi sentiamo circolare, in questi mesi,più o meno esplicitamente, una sorta di pensiero stri-sciante, che sembra dire che i ragazzi sono fonte dipreoccupazione, stanno venendo su un po’ male, c’èqualcosa che si è rotto, che non funziona più benecome prima, e il modo per intervenire è quello diinsegnargli dei valori e punirli, perché se avrannopaura degli esiti delle loro azioni non faranno più lecose che noi non vogliamo che facciano. Ho un po’semplificato, ma è un pensiero che gira. Non è così.Pensiamo l’esatto opposto. E non solo lo pensiamo,ma lo abbiamo sperimentato, abbiamo visto che ogniragazzo ha davvero almeno il cinque per cento dibuono, ed è vero che su questo 5% possiamo contareper costruire un dialogo, un percorso di crescita,un’assunzione di responsabilità. Sappiamo che i nostriragazzi nelle difficoltà in cui si trovano sono una risor-sa e su questa loro potenzialità, su questa loro ric-chezza, sappiamo di trovare l’alleato migliore per quelche loro dovranno fare; non è certo che facendoglipaura li convinceremo a non fare tutte le cose chefanno paura a noi. È piuttosto convincendoli dellabellezza della vita e facendogliela assaggiare, facendo-gliela gustare, la bellezza, il sapore, e la ricchezza dellerelazioni. Questo proviamo a fare, con la nostra testi-monianza di servizio, di presenza a fianco dei ragazzi.Ma in questo tempo credo che il nostro contributo sianon solo la nostra azione educativa ma anche ilcomunicare la nostra riflessione pedagogica e il nostroorientamento di pensiero, per invertire questa tenden-za e questa opinione sui ragazzi. Nei luoghi in cuisiamo nelle scuole che frequentano i nostri figli, nelleparrocchie in cui stiamo, nei consigli parrocchiali in

cui dobbiamo andare, nei consigli diocesani, nei con-sigli di quartiere, dove si discute delle politiche giova-nili. Cosa abbiamo da dire sulle politiche giovanili?Guardiamo quale immagine di ragazzo portano consé, e verifichiamo che sia questa immagine vera deinostri ragazzi come risorsa, capaci di essere protago-nisti, anche loro, accompagnati da noi, della loro pro-pria crescita ed educazione, futuri cittadini e futuri cri-stiani, già ora però persone, da subito persone contutta la ricchezza che questo vuol dire. Credo cheportare questo pensiero sia un contributo importante,sia un servizio ai nostri ragazzi, oltre che alla verità,mi sembra in questo caso. Noi avevamo pensato a questo Convegno come unacosa importante, per noi ma anche per chi si occupadi giovani a vario titolo, perciò abbiamo invitato aquesto Convegno i rappresentanti del nostro paeseche hanno l’incarico di governare alcuni settori, ave-vamo invitato il Ministro della Pubblica Istruzione,l’On. Moratti, il Sottosegretario l’On. Aprea, il

Conclusioni a più voci122

CongedoGrazia Bellini Presidente del Comitato Centrale Agesci

Conclusioni a più voci

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Sottosegretario del Ministero del Lavoro l’On. Sestini,perché ha la delega alle politiche giovanili. L’Agesci daalcuni anni ha scelto di impegnarsi nei settori in cuisiamo più competenti e che hanno a che fare con l’e-ducazione, in questa veste abbiamo accettato di farparte di commissioni del Ministero della PubblicaIstruzione, per esempio. Non abbiamo avuto rispostaa questi inviti e nemmeno per esempio l’offerta, comepure avevamo chiesto, che qualche rappresentante delMinistro fosse con noi, se il Ministro fosse stato impe-gnato. Ci dispiace molto di questa assenza delle istitu-zioni e ad un Convegno come questo, in cui un’asso-ciazione come l’Agesci si fa domande su come struttu-rare oggi più efficacemente il proprio servizio educati-vo, che è certamente il nostro contributo politico allacrescita di questo Paese, avremmo voluto che ci fosse-ro. Noi comunque manteniamo questa volontà e dis-ponibilità a servire il nostro Paese anche in questomodo, e continuiamo a cercare le occasioni per l’in-contro ed il confronto. Noi non siamo né vogliamo

essere un movimento, siamo dei cittadini che nei luo-ghi in cui abitano, e nei luoghi in cui sono a contattocon gli altri, portano il loro contributo di pensiero.Quindi noi continueremo a cercare di essere in rela-zione, perché per noi nessuna strada è chiusa fino ache abbiamo cuore per continuare a provarla. Un’ultima considerazione su alcune presenze di capie capo che negli ultimi anni hanno fatto serviziocome quadri nazionali in Associazione e che abbia-mo voluto invitare: sono per noi il segno di quanticontributi abbiano portato alle riflessioni che in questigiorni ci siamo scambiati e a questo momento di sin-tesi. Quanto lavoro di coordinamento, di condivisionesia necessario ogni volta che l’Associazione riflette inmodo complesso su elementi fondanti del nostro ser-vizio di educatori. Li ringraziamo per la generosità delloro contributo e per aver accolto questo invito alConvegno. Sappiamo che le strade spesso si incrocia-no e siamo grati per l’incontro di questi giorni. Dobbiamo anche dire che, a proposito della rete, cen’è una che ci sta molto a cuore ed è la rete dei nostrifratelli, delle nostre sorelle che sono nel mondo piùlontani da noi. Quelli che noi in questi anni abbiamoincontrato, di cui conosciamo volti e nomi, ed altriche immaginiamo con loro. La presenza per noi, ditestimoni, di religiosi, in questo Convegno, voleva direanche questo: la nostra volontà di far sì che la nostrarete di fraternità internazionale, nel movimento guidae nel movimento scout sia in primo luogo una rete dipace. Noi vorremmo che in questa vicinanza ci fossela possibilità di costruire una comune volontà di pace,pensiamo che se non si riesce a colorare in questomodo veramente la rete della fraternità rischi didiventare molto fragile. Per questo abbiamo chiesto a padre Don Imad Twaldi chiudere questo appuntamento di congedo, reci-proco, che però è anche un appuntamento per le coseimportanti che sappiamo che ognuno di noi continue-rà a portare avanti.

123Congedo

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collana traccerivolta a Capi e Assistenti Ecclesiastici

serie arte scout:Cerimonie scout, Mario Sica,pp. 180, ill. b/nDanze Giungla, Enrico Calvo,pp. 48, ill. b/nL’avventura dello scautismo, Mauro Del Giudice eFlaviana Robbiati,pp. 144, ill. b/nRaccontare ai ragazzi, Anna Contardi,pp. 76

serie atti e regolamenti Agesci:Le specialità dei Lupetti e delle Coccinelle, AA.VV.Agesci, pp. 64 + poster specialitàRegolamenti, Agesci,pp. 52Regolamento Metodologico, Agesci,pp. 52Statuto - Patto Associativo, Agesci, pp. 48

serie dibattiti:Paolo è in branco, Leonello Giorgetti, pp. 88

serie esplorazione e natura:Dalla natura all’ambiente, Franco La Ferla,pp. 324, ill. b/n

serie gioco:Giocare con l’ambiente 1, Enrico Calvo, pp. 242, ill. b/nGiocare con l’ambiente 2, Enrico Calvo, pp. 274, ill. b/nGrandi Giochi per Esploratori e Guide, Mario Sica, pp. 240Grandi Giochi per Lupetti e Coccinelle, Mario Sica, pp. 204Prevenire giocando, Agesci - Settore E.P.C., pp. 192, ill. b/nUn gioco tira l’altro, Vittore Scaroni, pp. 240, ill. b/n

serie metodo:Il Bosco, Agesci – Branca Lupetti e Coccinelle, pp. 144, disegni b/nIl Consiglio degli Anziani, Agesci – Branca Lupetti eCoccinelle, pp. 40, ill. b/nLa Giungla, Federico Colombo e Enrico Calvo,pp. 360, ill. b/nLe storie di Mowgli, Rudyard Kipling, pp. 240Legge scout, legge di libertà, Federica Frattini e Carla Bettinelli, pp. 196 + pieghevoleManuale della Branca Esploratori e Guide, Agesci – Branca Esploratori e Guide, pp. 272, ill. b/nManuale della Branca Lupetti e Coccinelle, Agesci – Branca Lupetti e Coccinelle, pp. 100Manuale della Branca Rover e Scolte, Agesci – Branca Rover e Scolte, pp. 312, ill. b/n Scautismo, umanesimo cristiano, Agesci, a cura di PaoloAlacevich, pp. 64, ill. b/n e coloriSimbolismo scout, Vittorio Pranzini e Salvatore Settineri,pp. 176, ill. b/nSussidio “Piccole Orme”, Agesci - Branca Lupetti e Coccinelle, pp. 40

serie pedagogia scout:Educazione ambientale: l’esperienza dello scautismo,Maria Luisa Bottani, pp. 144Pedagogia scout, Piero Bertolini e Vittorio Pranzini,pp. 176Saggi critici sullo scautismo, Riccardo Massa, pp. 200

serie radici:Agesci: quale dimensione ecclesiale?, AA.VV. Agesci, pp. 64B.-P. e la grande avventura dello Scautismo, FulvioJanovitz, pp. 128, ill. b/nDocumenti pontifici sullo scautismo, Giovanni Morello e Francesco Pieri, pp. 376Gli intrepidi, Piet J. Kroonenberg,pp. 80, ill. b/nGuidismo, una proposta per la vita, Cecilia GennariSantori Lodoli, Anna Maria Mezzaroma, AnnaSignorini Bertolini, Dolly Tommasi, Paola SemenzatoTrevisan, pp. 288, ill. b/nKandersteg 1926, Mario Sica, pp. 100, ill. b/nLe Aquile Randagie, Vittorio Cagnoni e Carlo Verga, pp. 192, ill. b/nMASCI: una storia da ricordare, Paola Dal Toso,pp. 128Qui comincia l’avventura scout, Mario Sica, pp. 48, ill. b/n

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Storia dello scautismo in Italia, Mario Sica, pp. 402 + inserto fotograficoStoria dello scautismo nel mondo, Domenico Sorrentino, pp. 416, ill. b/nTappe, Pierre Delsuc, pp. 424, ill. b/n

serie spiritualità:Appunti per una spiritualità scout, Giovanni Catti,pp. 88, ill. b/nCatechesi sugli Atti degli Apostoli, Gruppo Assistenti Ecclesiastici Agesci Piemonte, pp. 80Catechesi sul Vangelo di Luca, Gruppo Assistenti Ecclesiastici Agesci Piemonte, pp. 80Catechesi sul Vangelo di Marco, Gruppo Assistenti Ecclesiastici Agesci Piemonte, pp. 80Catechesi sul Vangelo di Giovanni, Gruppo Assistenti Ecclesiastici Agesci Piemonte, pp. 100Catechesi sul Vangelo di Matteo, Gruppo Assistenti Ecclesiastici Agesci Piemonte, pp. 76Fare strada con la Bibbia, Claudio e Laura Gentili, pp. 200Foulards Blancs, V. Cagnoni, E. Dalmastri, C. Sarno, pp. 32Giocare nella squadra di Dio, Pedro Olea, pp. 176Incontrare Francesco, Carla Cipolletti, pp. 56, ill. b/nLe multinazionali del cuore, Laura e Claudio Gentili, pp. 192Per star bene in famiglia, Claudio e Laura Gentili, pp. 94Perfetta letizia, Agesci – Branca L/C, a cura di don Antonio Napolioni, pp. 116Pregare in vacanza, Lucina Spaccia, pp. 96, ill. b/nPreghiere Scout – momenti dello spirito, a cura di donGiorgio Basadonna, pp. 64, ill. colori

Sentiero fede 1, Il Progetto e Le Schede, AA.VV.Agesci, pp. 360Sentiero fede 2, Gli Strumenti e Le Schede, AA.VV.Agesci, pp. 380Testimoni di Pasqua, Lucina Spaccia, pp. 80, ill. b/n

Nella stessa collana:80 voglia di…bisogni, valori e sogni di adolescenti scout,Agesci, a cura di Rosa Calò, pp. 152, ill. b/n

Fuori collana:Guide e Scouts al Giubileo del 2000, a cura di VittorioPranzini, Guido Palombi, Stefania Cesarettipp. 64 a colori + mappa monumentale di RomaPreghiere Scout – momenti dello spirito, a cura di donGiorgio Basadonna, pp. 64, ill. coloriScautismo in cartolina – dalle origini agli anni Settanta, inItalia e all’estero, a cura di Vittorio Pranzinipp. 112, ill. a coloriA History of the International Catholic Conference ofScouting 1920 – 2002, di Domenico Sorrentino, pp. 416

Inoltre si consiglia di leggere le opere di Baden-Powellinserite nella collana i libri di B.-P.Manuale dei Lupetti - Scautismo per ragazzi - Giochiscout - Guida da te la tua canoa - Il libro dei Capi -Giocare il Gioco - L’educazione non finisce mai - Taccuino- La strada verso il successo - La mia vita come un’avven-tura

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Finito di stampare nel mese di aprile 2004da SO.GRA.RO. S.p.A. - via Ignazio Pettinengo, 39 - Roma

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La pubblicazione raccoglie i contributi

prodotti in occasione di un convegno

organizzato nel 2002 dall’Agesci sui temi

forti dell’educazione: la conoscenza dei

bisogni perché possa crearsi una relazio-

ne educativa, il linguaggio che essa

parla, l’urgenza di mettersi in rete con

altri soggetti sul territorio, i nodi di una

proposta metodologica quale è quella

dello scautismo.

Accompagna il testo un CD che contiene

tutto il materiale elaborato per i carre-

four e i laboratori del convegno.

Questa collana intende offrire ai capi delle diver-

se branche indicazioni metodologiche e sussidi pra-

tici per lasciare le tracce che servono ad orienta-

re il cammino scout dei loro ragazzi.

AG

ESCI• Stare in questo tem

po tra incroci di generazioni e rapporti di rete

AGESCI