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Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com 1 Newsletter n. 28 - 20 luglio 2010 NEWSLETTER N. 28 DEL 13/19 LUGLIO 2010 a cura di Guida al Diritto ANTEPRIMA EDITORIALE Un difficile e necessario riequilibrio del Csm nel solco delle indicazioni del Consiglio d’Europa DI SERGIO LORUSSO ONLINE LE SENTENZE DEL GIORNO - ADOZIONI DI MINORI Se il legale non partecipa a un atto processo nullo quando c’è pregiudizio Corte di cassazione - Sezione I civile - sentenza 19 luglio 2010 n. 16870 LE SENTENZE DEL GIORNO - SANITA’ Esclusa la concussione se la mazzetta al primario è ”spontanea” Corte di cassazione - Sezione V - Sentenza 16 aprile-19 luglio 2010 n.28110 IN PRIMO PIANO - L’AGENDA NORMATIVA a cura di Lex24 CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO Novità, conferme e opportunità di una novella legislativa attesa da quasi 100 anni CIRCOLAZIONE STRADALE Via libera di Montecitorio, Ddl al Senato per il sì definitivo CASSAZIONE CIVILE - La condanna al guidatore si estende alla compagnia CASSAZIONE CIVILE - Suoceri possono riottene- re la casa anche se assegnata alla nuora con figli CASSAZIONE PENALE - L’ignoranza della norma non scusa l’extracomunitario CASSAZIONE PENALE - Affitto giusto ai clande- stini CASSAZIONE PENALE - Bancarotta per acquisto di quote fuori mercato Dichiarazione giudiziale di paternità: rimborsi e risarcimenti L’impugnazione speciale: opposizione tardiva a convalida di sfratto AVVOCATI24 Il nuovo processo amministrativo di MAURO PISAPIA PROFESSIONI & IMPRESA24 Nuova circolare del Cnf sul servizio di interrogazio- ne del ricorsi presso la Corte di Cassazione IL MERITO ONLINE Coincidenza del progetto con l’oggetto sociale e nullità del contratto di FRANCESCO D’AMORA - Avvocato DOCUMENTAZIONE Da Repertorio24 Gazzetta Ufficiale

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1Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

NEWSLETTER N. 28 DEL 13/19 LUGLIO 2010

a cura di Guida al Diritto

ANTEPRIMA

EDITORIALEUn difficile e necessario riequilibrio del Csm nelsolco delle indicazioni del Consiglio d’EuropaDI SERGIO LORUSSO

ONLINE

LE SENTENZE DEL GIORNO ­ ADOZIONI DIMINORISe il legale non partecipa a un atto processo nulloquando c’è pregiudizioCorte di cassazione ­ Sezione I civile ­ sentenza 19 luglio 2010n. 16870

LE SENTENZE DEL GIORNO ­ SANITA’Esclusa la concussione se la mazzetta al primarioè ”spontanea”Corte di cassazione ­ Sezione V ­ Sentenza 16 aprile­19 luglio2010 n.28110

IN PRIMO PIANO ­ L’AGENDA NORMATIVA

a cura di Lex24

CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVONovità, conferme e opportunità di una novellalegislativa attesa da quasi 100 anni

CIRCOLAZIONE STRADALEVia libera di Montecitorio, Ddl al Senato per il sìdefinitivo

CASSAZIONE CIVILE ­ La condanna al guidatoresi estende alla compagnia

CASSAZIONE CIVILE ­ Suoceri possono riottene­re la casa anche se assegnata alla nuora con figli

CASSAZIONE PENALE ­ L’ignoranza della normanon scusa l’extracomunitario

CASSAZIONE PENALE ­ Affitto giusto ai clande­stini

CASSAZIONE PENALE ­ Bancarotta per acquistodi quote fuori mercato

Dichiarazione giudiziale di paternità: rimborsi erisarcimenti

L’impugnazione speciale: opposizione tardiva aconvalida di sfratto

AVVOCATI24Il nuovo processo amministrativodi MAURO PISAPIA

PROFESSIONI & IMPRESA24Nuova circolare del Cnf sul servizio di interrogazio­ne del ricorsi presso la Corte di Cassazione

IL MERITO ONLINECoincidenza del progetto con l’oggetto sociale enullità del contrattodi FRANCESCO D’AMORA ­ Avvocato

DOCUMENTAZIONEDa Repertorio24Gazzetta Ufficiale

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 20102

EDITORIALE

GUIDA AL DIRITTO N. 30del 24 luglio 2010, pagina 10

UN DIFFICILE E NECESSARIO RIEQUILIBRIO DELCSM NEL SOLCO DELLE INDICAZIONI DELCONSIGLIO D’EUROPA

DI SERGIO LORUSSO ­ Ordinario di Diritto processuale penale edocente di Organizzazione della giustizia penale italiana e compa­rata presso l’Università degli studi di Foggia

S trutturato dalla nostra Costituzione come organo di autogo­verno della magistratura, per reagire alle pesanti interferenzedel potere politico nel ventennio fascista, il Consiglio superio­re della magistratura si trova oggi a fare i conti con le prassianomale che la sua attuazione ha prodotto, favorendo l’affer­mazione all’interno dell’Associazione nazionale magistrati dicorrenti in grado di condizionare le elezioni della componentetogata e, con esse, il suo funzionamento.In questi giorni si è proceduto al suo rinnovo, mentre lacompagine governativa annuncia per settembre una riformadella giustizia destinata a incidere anche sugli assetti ordina­mentali del Csm e degli uffici del pubblico ministero, che comeil primo scontano l’horror hereditatis di uno Stato autoritariofortemente presente nelle questioni giudiziarie.È quindi opportuno interrogarsi sulla tenuta del modello diCsm adottato nel 1948 e sugli eventuali correttivi prospettabiliper un organo rimasto strutturalmente inalterato nel corsodegli anni (gli interventi legislativi hanno inciso per lo più suimeccanismi elettorali e sul numero complessivo dei compo­nenti), nonostante la progressiva assunzione di un ruolo e difunzioni ben più ampi e incisivi rispetto alle intenzioni dei Padricostituenti, tanto da essere additato quale Terza Camera,protagonista di fatto della scena politico­istituzionale.L’esercizio di poteri d’iniziativa e di esternazione su temi caldidella politica giudiziaria, talora mediante procedure atipiche enon formalizzate, come nel caso delle cosiddette pratiche atutela, ne è la dimostrazione.Le proposte governative trapelate si limitano a tracciare mec­canismi alternativi di designazione dei componenti togati ­ unsorteggio per individuare i magistrati eleggibili, al fine di libe­rarli dal peso delle correnti ­ di incerta costituzionalità, inge­nerando la sensazione che si cerchi una via breve per raggiun­gere gli auspicati risultati, eludendo più impegnative modifichedi sistema. La soluzione prescelta dalla nostra Carta fonda­mentale fu il frutto di un compromesso tra i sostenitori di unCsm costituito esclusivamente da magistrati e i fautori di unacomposizione paritaria laici­togati.Ma non è solo quest’aspetto a incidere sulla funzionalità delConsiglio e a favorirne la deriva correntizia, più volte stigma­tizzata dal Presidente della Repubblica che del Csm costituisce

il vertice. I membri togati, difatti, non di rado si saldano conquelli laici ­ la cui elezione com’è noto avviene grazie a unaccordo parlamentare tra maggioranza e opposizione ­ ideolo­gicamente affini, rendendo pressoché ineludibile la politicizza­zione del Consiglio.Le esperienze maturate in altri Paesi occidentali, reduci daomologhe esperienze autoritarie (Spagna, Portogallo, Grecia),e le indicazioni provenienti dall’Europa possono offrire inte­ressanti spunti di riflessione.Se infatti è stata la Francia, all’indomani dell’ultimo conflittomondiale, a prevedere in Costituzione un organo di autogo­verno ­ attualmente composto da otto membri laici (sei dinomina parlamentare e due presidenziale) e da sette togati ­articolato in sezioni distinte per giudici e magistrati, le espe­rienze post­dittatoriali di Grecia, Spagna e Portogallo hannocondotto ­ nel corso degli anni Settanta del secolo scorso ­all’istituzione di organi di autogoverno costituzionalizzati la cuicomposizione è varia: tutti togati (e individuati per sorteggio)nel primo caso, a maggioranza togata (tredici su ventuno) nelsecondo, sostanzialmente paritaria (otto togati su diciassette)nel terzo.La Carta europea sullo statuto dei giudici adottata dai rappre­sentanti degli Stati membri del Consiglio d’Europa nel luglio1998, nel delineare un modello­tipo di Consiglio di giustizia,fornisce poi precise indicazioni su struttura (organo indipen­dente dal potere esecutivo e da quello legislativo), compiti(decisioni relative alla carriera dei giudici) e composizione(garanzia che almeno la metà dei membri sia costituita dagiudici eletti dai loro colleghi) dell’organo di autogoverno. Purtrattandosi di un atto privo di valore normativo, costituisceun’importante traccia della quale tener conto.Da quanto detto emerge l’opportunità non soltanto di rivede­re il rapporto di proporzione laici­togati, magari equiparando­ne la componente elettiva ­ la presenza dei tre membri didiritto, due dei quali espressione della magistratura, assicure­rebbe comunque una preponderanza dei togati ­ ma anche diaffidare a terzi la scelta dei membri laici (o di una parte di essi),o quantomeno l’individuazione di una rosa di candidati. Sipotrebbe pensare a un coinvolgimento del Consiglio nazionaleforense (per gli avvocati) e del Consiglio universitario naziona­le (per i professori universitari), previo parere ­ rispettivamen­te ­ dei presidenti degli Ordini degli avvocati e dei presidi dellefacoltà di giurisprudenza. Modifiche che presupporrebberolarghe intese, difficilmente praticabili in questa fase concitatadella politica italiana, ma che servirebbero a riequilibrare unorgano di vitale importanza negli equilibri istituzionali, troppospesso nell’occhio del ciclone.

Membri eletti al Consiglio superiore della magistratura percomponente

Risultato delle elezioni che si sono svolte il 4 e 5 luglio 2010Movimento per la giustizia

Paolo Carfì, Nello Nappi, Roberto RossiUnicost

Pina Casella, Alberto Liguori, Mariano Sciacca, Giovanna DiRosa, Paolo Auriemma, Riccardo Fuzio

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3Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

Magistratura indipendenteTommaso Virga, Alessandro Pepe, Antonello Racanelli

Magistratura democraticaFranco Cassano, Francesco Vigorito, Vittorio Borraccetti

Eletto indipendentePaolo Corder

SENTENZA DEL GIORNO ­ ADOZIONE DI MI­NORI

Se il legale non partecipa a un atto processo nulloquando c’è pregiudizio

Corte di cassazione ­ Sezione I civile ­ sentenza 19 luglio 2010 n.16870

La ritardata costituzione del difensore del minore o la mancataassistenza del legale a uno o più atti rende nullo il procedimen­to solo quando l’interessato riesce a dimostrare di aver subitoun reale pregiudizio. Lo ha chiarito la Cassazione con la sen­tenza 16870/2010 secondo la quale alla ritardata costituzionedel difensore del minore ”in tanto può può conseguire ladichiarazione della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e ditutti quelli successivi, in quanto la parte interessata alleghi edimostri il reale pregiudizio che la tardiva costituzione o lamancata partecipazione all’atto ha comportato per la propriaeffettiva tutela giurisdizionale”

SENTENZA DEL GIORNO ­ SANITA’

Esclusa la concussione se la mazzetta al primario è”spontanea”

Corte di cassazione ­ Sezione V ­ Sentenza 16 aprile­19 luglio2010 n.28110

Non commette reato di concussione il primario che intascamazzette dal padre di un bambino malato di tumore se ildenaro gli viene dato spontaneamente e non esiste un suddi­tanza psicologica. La Cassazione con la sentenza 28110 silimita a confermare una condanna per corruzione a carico delprimario di un ospedale oncologico che prometteva al padredi un piccolo paziente un’assistenza personale e garantiva iltrasferimento presso strutture ospedaliere più adeguate.”Trattamento di riguardo” che scattava puntualmente ognivolta che l’uomo pagava 5 milioni di lire con assegno, soldi che,benché non esplicitamente richiesti, venivano ”intascati senzabattere ciglio”. A questo andavano aggiunte circa 250 mila lireversati a titolo di visita privata anche se svolta in orari dilavoro presso strutture pubbliche. Sostanziose ”mance” che illuminare aveva smesso di prendere solo quando il padre delragazzo aveva finito i soldi proprio quando per l’aggravarsidelle sue condizioni il giovane paziente era stato trasferito

all’ospedale oncologico di Milano. Sul professionista i giudiciusano però una mano più leggera, rispetto al reato originaria­mente ipotizzato della concussione, perché a parere degliermellini non esisteva uno stato di ”fragilità psicologica” delpadre rispetto al primario che curava suo figlio. Secondo laCorte di piazza Cavour, il reato di concussione scatta quandoil pubblico ufficiale, abusando dei suoi poteri e della sua quali­tà, mette in atto un condizionamento psicologico. Per la su­prema corte il primario non ha avuto nei confronti del genito­re nessun comportamento induttivo o costrittivo. E’ stato ­spiegano i giudici ­ il padre del ragazzo a contattarlo e a darglispontaneamente dei soldi per istaurare con lui ”un rapportoprivilegiato” come lui stesso aveva ammesso. Irrilevante, se­condo il collegio, ai fini della concussione, che due trasferi­menti, al Cotugno e al Cardarelli di Napoli c’erano stati solo inseguito al versamento di denaro accettato senza alcun imba­razzo.

PRIMO PIANO ­ L’AGENDA NORMATIVA

La calda estate delle riforme: manovra e codice am­ministrativo

Roma, 15 luglio 2010 ­ Navette parlamentari in grande attivitànelle ultime settimane prima della pausa estiva. L’agenda delledue Camere è fitta di impegni per la valutazione e il voto diprovvedimenti che il governo vorrebbe vedere approvati en­tro fine mese. È il caso del codice della strada, il cui esame èiniziato a Montecitorio nel maggio 2009 e dovrebbe incassareora il placet del Senato; così come esiste l’urgenza di converti­re in legge le disposizioni del decreto n. 78/2010, la cosiddetta”manovra estiva”, entro il 31 luglio. Tempi più lunghi, invece,per il Ddl sulle intercettazioni telefoniche, telematiche e am­bientali sul quale è al lavoro la commissione Giustizia dellaCamera.Tra i ”grandi” provvedimenti già approvati in questo inizioestate conquista un posto d’onore il codice amministrativo,pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale come Dlgs n. 104/2010.

A CURA DI LEX24

CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Novità, conferme e opportunità di una novella legisla­tiva attesa da quasi 100 anniDamiano Lipani, Francesca Sbrana, www.lex24.ilsole24ore.com, 14luglio 2010

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2010 è stato pubbli­cato il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 ­ “Attuazione dell’art. 44della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governoper il riordino del processo amministrativo”.

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 20104

Il D.Lgs. n. 104/2010 – composto di due articoli – porta inallegato il Codice del Processo Amministrativo, a sua voltacorredato di tre allegati.Il provvedimento è già stato denominato dagli interpreti come“Codice del Processo Amministrativo”, sulla scia delle recentiriforme normative ispirate dalla necessità di raccogliere eregolamentare in un unico testo tutta la normativa legata aduna determinata materia.Stiamo parlando della tendenza a sistematizzare materie com­plesse e talvolta contraddittorie, a causa della sovrapposizionedi leggi intervenuta nel corso del tempo, che – a partire dal2000, con il D.Lgs. n. 267/2000 (non a caso definito “TestoUnico degli Enti Locali”) – ha dato origine alla predisposizionedi “Testi Unici”, denominati dagli interpreti “Codici”.E così, dopo il “Codice per le Espropriazioni” (D.P.R. n. 327/2001), il “Codice per l’Edilizia” (D.P.R. n. 380/2001), il “Codicedei Contratti Pubblici” (D.Lgs. n. 163/2006) ed altri, assistiamoalla nascita del “Codice del Processo Amministrativo”; ad esso– ancora neonato – auguriamo un destino diverso da quellodegli altri Testi Unici, destinati a soffrire – nel pur breve tempodella loro vita – di numerosi rimaneggiamenti ed integrazioni,che ne mostrano l’intrinseca senescenza rispetto alle effettiveesigenze (ed esperienze) degli operatori del settore.Basti pensare ai tre correttivi del citato D.Lgs. n. 163/2006,che ne hanno più volte cambiato il volto, in ossequio ad unacorrelativa produzione di norme da parte del Legislatore co­munitario e, soprattutto, ad un corposo intervento della giuri­sprudenza di Bruxelles.La normativa in commento, infatti, pur destinata a regolamen­tare la procedura innanzi alla Giustizia amministrativa dome­stica, è comunque inserita in un “sistema globale comunita­rio”, per cui, in particolare per la materie di competenzacosiddetta “esclusiva” (ad esempio l’ambiente, i rifiuti, la con­trattualistica pubblica in fase di gara, gli aiuti comunitari, ecc.),sarà sempre più esposta ad un pubblico di operatori e fruitoriche trascende i confini nazionali.Dal che, sarà inevitabile e probabilmente non lontano neltempo un confronto con le norme e la giurisprudenza comu­nitarie, che costituirà l’immediato banco di prova della effetti­va portata innovatrice e sistematica del Codice del ProcessoAmministrativo e della sua autorevolezza nel regolamentareuna procedura che investe materie così delicate e complesse.La genesi della normativaMa lasciando al futuro il giudizio sulla innovatività e completez­za della normativa, vogliamo ora ricordarne la genesi.L’emanazione del D.Lgs. n. 156/2010 avviene in attuazionedella delega conferita al Governo dall’art. 44 della legge n.69/2009.Così, allo scadere del termine concesso dalla legge delega (4luglio 2010), dopo oltre un anno di studi, verifiche, approfon­dimenti scientifici, finalmente il Codice ha visto la luce.La struttura del Codice del Processo AmministrativoIl Codice del Processo Amministrativo ricalca la struttura deglialtri Codici vigenti: è composto da 137 articoli, suddivisi incinque libri e ciascuno di essi ulteriormente suddiviso in capi;

esso ­ come detto ­ costituisce l’“Allegato 1” al D.Lgs. n.104/2010.Vediamo più in dettaglio la struttura interna del Codice: ilLibro Primo contiene le “Disposizioni Generali”, il secondo lenorme sul “Processo Amministrativo di Primo Grado”, il ter­zo quelle relative alle “Impugnazioni”, il quarto si occupa di“Ottemperanza e Riti Speciali” ed, infine, il quinto contiene le“Norme Finali”.Il Codice e gli altri Allegati, di cui si dirà in prosieguo, perespressa disposizione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 104/2010 entre­ranno in vigore a partire dal 16 settembre 2010. Con ciò, laripresa delle attività della giustizia amministrativa, dopo lasospensione feriale dei termini, avverrà all’insegna della novellalegislativa.Vi sono, inoltre, altri tre allegati, di natura per così dire“applicativa” e di coordinamento, suddivisi in titoli; l’“Allegato2” è intitolato “Norme di attuazione” e reca la regolamenta­zione delle attività di segreteria, gestione dei fascicoli, fissazio­ne delle udienze, norme sulle spese di giustizia, ma anche ­ edecco l’aspetto innovativo ­ le disposizioni sul “processo tele­matico”; l’“Allegato 3” reca le “Norme transitorie”: in parti­colare, si occupa dei ricorsi pendenti da oltre cinque anni;l’“Allegato 4” porta “Norme di coordinamento e abrogazio­ni”, disciplinando ­ quindi ­ la delicata fase di transizione fra il“vecchio” ed il “nuovo” processo.Le “disposizioni generali” del nuovo Codice: elementi essen­ziali e aspetti innovativiE’ bene premettere che il presente lavoro di commento silimiterà a svolgere considerazioni di massima sulle “Disposi­zioni generali” del Codice, cercando di coglierne gli elementiessenziali e di evidenziare alcuni aspetti innovativi nelle normestrettamente procedurali, senza entrare in approccio direttocon le singole norme. Esse, infatti, andranno più opportuna­mente valutate dopo un periodo di prima applicazione, persaggiarne l’efficacia precettiva.Peraltro, la stessa legge delega prevede che il Codice possaessere soggetto a modifiche ed adattamenti, a due anni dal­l’emanazione. Tale tecnica, che opera per mezzo di “decreticorrettivi” (o “integrativi”), rende ancora più simile il Codicedel Processo Amministrativo ai tanti Testi Unici che lo hannopreceduto e fa intendere che lo stesso Legislatore, pur sen­tendo l’esigenza di sistematizzare la materia, ha tenuto benpresente l’insegnamento dell’esperienza precedente, ove il“fattore tempo” e la produzione giurisprudenziale ha talmentepesato sui Testi Unici da costringere a modificare radicalmentele norme. In questo caso, la modifica è astrattamente previstasin dalla “nascita” del Codice, al fine di poter adeguare lostrumento normativo alle esigenze che verranno rivelate dal­l’applicazione pratica e dalla giurisprudenza(1).Le linee guida contenute nella legge delega miravano a conno­tare la formulazione del Codice con un taglio “operativo”,rivolto in modo particolare alla riorganizzazione del processoamministrativo, sì da renderlo innanzitutto più veloce e dagarantire l’efficacia del sistema di giustizia amministrativa nelsuo complesso.

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5Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

In proposito è bene sottolineare subito la delusione deglioperatori del settore per la mancata previsione di “sezionistralcio” per lo smaltimento del carico giudiziario. Il temadell’enorme numero di contenziosi pendenti non ancora defi­niti, dunque, resta ancora aperto e costituirà probabilmentemateria per un decreto integrativo o correttivo, qualora lecondizioni di salute della Finanza pubblica consentano in futu­ro di costituire le auspicate “sezioni stralcio”.Ma, a prescindere dalla nota negativa, gli effetti dettati dallelinee guida sembrano essere evidenti sin dalle prime normedel Codice, ove si sintetizzano i tratti salienti del nuovo voltodella giustizia amministrativa.Uno sguardo al Diritto europeoEd ecco che l’art. 1 evidenzia e confessa formalmente che losguardo del nuovo processo amministrativo è volto ancheall’Europa: “La giurisdizione amministrativa assicura una tutelapiena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e delDiritto europeo.”La ragionevole durata del processoL’art. 2, comma 2, memore dei ripetuti strali comunitari che sisono abbattuti sull’Italia a causa della lentezza della giustizia,offrendo un quadro di non buona efficienza, sottolinea lanecessità di tenere conto dei principi della cosiddetta LeggePinto, sulla ragionevole durata dei processi: “Il Giudice ammi­nistrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragio­nevole durata del processo.”Sul punto, si ritiene interessante notare un recente sviluppodella giurisprudenza comunitaria, per ora circoscritto alla ma­teria delle espropriazioni per pubblica utilità: nella sentenzaZuccalà contro Stato italiano (requête n. 72746/01) del 19gennaio 2010 la dodicesima Sezione della Corte Europea deiDiritti dell’Uomo concede alla parte attrice un indennizzo per“danni morali”, computato con criteri di equità, nonostanteed in via ulteriore rispetto all’indennizzo già percepito attra­verso la procedura prevista dalla Legge Pinto. Tale pronuncia,seguita da altre nella medesima materia, ha probabilmenteconvinto il Legislatore ad accentuare l’allarme per le intuibiliconseguenze derivanti dall’estensione di tale interpretazionenel complessivo panorama di prolungata durata dei processiamministrativi.La semplificazioneL’art. 3, invece, pone l’accento sul principio ispiratore dellenorme di semplificazione.Quasi rispondendo alla atavica domanda se la lunghezza degliatti e dei provvedimenti processuali sia direttamente propor­zionale alla comprensibilità degli stessi, al comma 2 precisa: “IlGiudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sinteti­ca.”La sintesi, ovviamente, non deve andare a discapito della ne­cessità di motivazione, ribadita al comma 1 del medesimo art.3, ma deve guidare ed ispirare la redazione della motivazionestessa.E’ altresì interessante notare che l’art. 3 non pone alcunadifferenza fra le diverse tipologie di provvedimento; essa, infat­ti, si riferisce a “Ogni provvedimento decisorio del Giudice”.

Ciò non significa che si vogliano “appiattire” o “appianare” lecaratteristiche strutturali ed ontologiche dei vari provvedi­menti, rendendoli tutti simili sotto l’egida del principio disintesi. Piuttosto, il Legislatore sembra voler ribadire che ­tenuto debitamente conto delle peculiarità dei diversi attidecisori ­ la norma ispiratrice sulla semplificazione deve guida­re la redazione di ogni provvedimento.Per comprendere la portata sistematica dell’opera svolta dairedattori della norma, occorre considerare innanzitutto lastoria del processo amministrativo: esso è stato sinora cele­brato in base a norme risalenti ad un passato che sembrasempre più distante.Pensiamo alle origini, con il R.D. n. 642/1907, sino alla sistema­zione ad opera del R.D. n. 1054/1924. Solo dopo un lungo“salto temporale”, in un’epoca in cui erano stati profonda­mente rivisti gli schemi di interazione tra l’Amministrazione egli utenti della giustizia, lo schema del processo amministrativofu sistematizzato con la legge n. 1034/1971.Dopo altri trent’anni, essendo cambiato nuovamente il rap­porto fra l’Amministrazione ed il cittadino, quindi il Dirittoamministrativo sostanziale, si ritenne maturo il tempo permodificare nuovamente anche il processo amministrativo: edecco la legge n. 205/2000.Il panorama processuale, inoltre, veniva completato da unaserie di norme settoriali derivanti da leggi speciali che, normal­mente, andavano ad incidere sulla tempistica del processo(basti pensare, ad esempio, alle procedure acceleratorie previ­ste dalle leggi in materia elettorale o in materia di assegnazio­ne dei contratti pubblici, ecc.).Il lavoro di “codificazione” è stato effettuato da una Commis­sione istituita dal Presidente del Consiglio di Stato, alla qualehanno collaborato magistrati e professionisti provenienti dalmondo universitario e dalla carriera forense. Successivamen­te, il testo della Commissione è stato rivisto alla luce di alcuneindicazioni provenienti dal Ministro dell’Economia e Finanze,tese a non accentuare o introdurre istituti che potessero ­anche indirettamente o in tempi non brevi ­ comportare unaggravio di oneri per lo Stato.In tale quadro storico, possiamo scorgere i riferimenti delneonato Codice all’insegnamento della sentenza della CorteCostituzionale n. 500/1999, ove ­ per la prima volta e con unadecisione del tutto inaspettata ­ si prevedeva il diritto delcittadino di ottenere dall’Amministrazione un risarcimentoper il danno da interesse legittimo. Posti sullo stesso pianol’Amministrazione e l’utente della giustizia amministrativa, sicomprende meglio la genesi di diverse norme del Codice incui le parti sono chiamate a collaborare ed a produrre ognimigliore sforzo (e l’esortazione appare volta soprattutto al­l’Amministrazione) per consentire un rapido, chiaro ed effica­ce svolgimento del processo. Insomma, in una parola, unprocesso più “giusto”.Tuttavia, l’insegnamento della Corte Costituzionale è statointerpretato anche nel senso di restituire all’Amministrazioneed al cittadino il loro ruolo, e le rispettive garanzie di in(ter)di­pendenza, come delineati dalla Carta costituzionale. Si ricono­

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sce e si garantisce, infatti, al cittadino il diritto ad un processo“giusto” (nel senso in cui è stato definito sopra), ma si garanti­sce anche all’Amministrazione di poter gestire il potere nel­l’ottica di tripartizione che la Costituzione ha affermato.Gli atti di natura politica emanati dal GovernoAttraverso tale chiave di lettura, dunque, si potrebbe interpre­tare l’art. 7, comma 1, laddove esclude dall’applicazione dellanorma – sottraendoli alla giustizia amministrativa – gli atti dinatura politica emanati dal Governo: “Sono devolute alla giuri­sdizione amministrativa le controversie, nelle quali si facciaquestione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indi­cate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o ilmancato esercizio del potere amministrativo, riguardantiprovvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibilianche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in esse­re da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli attio provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del pote­re politico.”L’ambito di applicazione soggettiva del Codice...Proseguiamo il commento all’art. 7, in quanto esso contienealtri principi generali che costituiranno l’ “imprinting” dell’inte­ro Codice.E’ importante osservare che il comma 2 definisce in sensoassai ampio l’ambito di applicazione soggettiva del Codice:“Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, siintendono anche i soggetti ad esse equiparati, o comunquetenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrati­vo.”In tal modo, viene estesa la disciplina del processo amministra­tivo a tutti i soggetti cui sono applicabili le norme sul procedi­mento amministrativo. E’ facile vedere in tale disposizione unadefinizione tautologica maldestramente celata, ma per conver­so, bisogna dare atto al Legislatore che tale definizione è lamigliore allo scopo di riassumere tutte le categorie di destina­tari, senza dimenticarne alcuna. Inoltre, essa sembra porrel’accento non tanto sulla nozione di “soggetto Amministrazio­ne”, quanto su quella di “atto di competenza dell’Amministra­zione”, con una visione più moderna ed al passo con i tempi,che tiene conto della devoluzione dei poteri dell’Amministra­zione a soggetti che ­ pur spendendo poteri amministrativi ­non sono storicamente definibili come “Amministrazione”(2).... e l’ambito oggettivoI commi 3 e 4 dell’art. 7 circoscrivono l’ambito oggettivo diapplicazione della norma, prevedendo che: “(3) La giurisdizio­ne amministrativa si articola in giurisdizione generale di legitti­mità, esclusiva ed estesa al merito. (4) Sono attribuite allagiurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativole controversie relative ad atti, provvedimenti o omissionidelle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative alrisarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e aglialtri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte invia autonoma.”Notiamo che il Legislatore, in questo caso, non si è spinto cosìcoraggiosamente oltre gli schemi della cosiddetta “pregiudizia­le amministrativa”: infatti, come si preciserà in seguito, nel

determinare il risarcimento il Giudice valuta tutte le circostan­ze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti e,comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebberopotuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraversol’esperimento degli strumenti di tutela previsti, tra tali ultimipotendo astrattamente rientrare anche l’azione di annulla­mento del provvedimento lesivo.In tale ambito, la auspicata portata semplificatrice del Codice èstata, in realtà, disattesa.Le azioni previste dal Codice sono quattro e possono esserecumulate tra loro: 1) azione di annullamento; 2) azione dicondanna; 3) azione risarcitoria e 4) azione avverso il silenziodell’Amministrazione.In caso di cumulo di azioni – magari assoggettate a riti diversi –l’art. 32 del Codice prevede la prevalenza del rito ordinario, adeccezione di: “... quanto previsto dai Capi I e II del Titolo V delLibro IV.”(3).La norma, inoltre, prevede il potere del Giudice di qualificarel’azione proposta “... in base ai suoi elementi sostanziali ...” e didisporre d’ufficio la conversione delle azioni “... sussistendonei presupposti.” Non è ben chiaro, tuttavia, attraverso qualeprovvedimento il Giudice possa disporre tale conversione,ovvero ordinare alle parti di eseguire un qualche adempimen­to.L’azione risarcitoriaMentre le prime due e l’ultima tipologia di azioni corrispondo­no a modelli già sperimentati, l’azione risarcitoria viene disci­plinata ex novo dall’articolo 30 del Codice.Rispetto a quanto previsto nella versione originaria del Codi­ce, le modifiche governative hanno limitato la portata del­l’azione al termine ­ decadenziale ­ di 120 giorni “... decorren­te dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla cono­scenza del provvedimento se il danno deriva direttamente daquesto...” o la hanno del tutto esclusa nel caso di “...danni chesi sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, ancheattraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti ...”Il comma 2 dell’art. 30 contiene la definizione delle lineeessenziali dell’azione risarcitoria e prevede che può essererichiesto il risarcimento “... del danno ingiusto derivante dall’il­legittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancatoesercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclu­siva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno dalesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previstidall’art. 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarci­mento del danno in forma specifica.”L’azione avverso il silenzio dell’AmministrazioneL’azione avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione e ladeclaratoria di nullità traggono origine dalle previsioni di cuiagli articoli 2, 21 octies e nonies della legge n. 241/1990 esuccessive modifiche ed integrazioni.L’azione avverso il silenzio dell’Amministrazione è disciplinatadall’art. 31 del Codice, il quale prevede che “...l’azione puòessere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, co­munque, non oltre un anno dalla scadenza del termine diconclusione del procedimento.”; tuttavia ­ a differenza del­

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l’azione risarcitoria ­ il termine non è sanzionato a pena didecadenza, anzi, il Codice prevede che “...E’ fatta salva lariproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove nericorrano i presupposti.”.E’ comunque opportuno considerare che la portata di taleazione è limitata ai casi in cui il silenzio serbato dall’Ammini­strazione investa attività di natura vincolata ­ e quindi non visono margini di discrezionalità ­ ed inoltre non occorra espe­rire attività istruttoria.Per quanto concerne l’azione di accertamento delle nullitàpreviste dalla legge l’art. 31 prevede che: “ ... La domanda voltaall’accertamento delle nullità previste dalla legge si proponeentro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullitàdell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente oessere rilevata d’ufficio dal Giudice.”Le norme di rinvioIl Codice non dimentica le norme di rinvio: gli articoli 38 e 39del Codice disciplinano – rispettivamente – il “rinvio interno”e quello “esterno”.Il “rinvio interno” prevede che le disposizioni relative al pro­cesso di primo grado si applichino anche alle impugnazioni edai riti speciali.Il “rinvio esterno” richiama le norme del Codice di ProceduraCivile per quanto non disciplinato dal Codice del ProcessoAmministrativo, in quanto compatibili; inoltre, coglie l’occasio­ne per precisare che “...Le notificazioni degli atti del processoamministrativo sono comunque disciplinate dal codice di pro­cedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazionedegli atti giudiziari in materia civile.”Il richiamo al Codice di Procedura Civile è effettuato anche intema di spese processuali, dall’art. 26 del Codice del ProcessoAmministrativo.L’art. 48 del Codice riporta la disciplina della trasposizione alTribunale Amministrativo Regionale dei ricorsi straordinariinnanzi al Capo dello Stato, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n.1199/1971.Tale norma prevede che qualora: “...la parte nei cui confrontisia stato proposto ricorso straordinario ...proponga opposi­zione, il giudizio segue dinanzi al tribunale amministrativo re­gionale, se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessan­ta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione, depositanella relativa segreteria l’atto di costituzione in giudizio, dan­done avviso mediante notificazione alle altre parti.” Nel casodi trasposizione del giudizio, le pronunce cautelari adottatenell’ambito del ricorso straordinario perdono efficacia entrosessanta giorni dal deposito della costituzione in giudizio, mapossono essere riproposte innanzi al Tribunale Amministrati­vo.Domande cautelari e mezzi istruttoriPer quanto concerne gli altri aspetti innovativi contenuti nellibro secondo del Codice, un’attenzione particolare meritanosenz’altro le domande cautelari ed i mezzi istruttori.Il Codice prevede tre tipologie di provvedimenti cautelari:l’ordinanza collegiale (art. 55), quella monocratica ­ presiden­ziale (art. 56) e quella ante causam (art. 61).

In questa varietà si legge la portata innovativa del Codice,laddove disciplina provvedimenti nati timidamente da pronun­ce giurisprudenziali ­ in particolare comunitarie ­ risalenti aglianni novanta e che hanno ricevuto una compiuta veste norma­tiva solo con l’ultima legge di riforma del processo ammini­strativo.Ai provvedimenti cautelari monocratici ed a quelli collegialiassunti in corso di causa, si aggiunge il genus del provvedimen­to presidenziale­monocratico ante causam, il quale va a tutela­re situazioni in cui “In caso di eccezionale gravità ed urgenza,tale da non consentire neppure la previa notificazione delricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie condecreto presidenziale, il soggetto legittimato al ricorso puòproporre istanza per l’adozione delle misure interinali e prov­visorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorren­te per la proposizione del ricorso di merito e della domandacautelare in corso di causa”. Il Presidente o un magistrato dalui delegato, accertato il perfezionamento della notificazione,decide con decreto, il quale ­ ove di accoglimento ­ perde lasua efficacia se nei quindici giorni dalla relativa emanazionenon venga notificato il ricorso con domanda cautelare, dadepositare poi nei successivi cinque giorni. In ogni caso, lamisura cautelare concessa ante causam perde effetto con ildecorso di sessanta giorni dalla relativa emissione, salva l’emis­sione di nuove misure cautelari in corso di causa.E’ stato poi espressamente previsto che, in caso di accogli­mento della domanda cautelare in corso di causa, il Giudice ètenuto a fissare l’udienza di merito; tale previsione consente diaffermare che – dopo una lunga battaglia per la sua legittima­zione – la fase cautelare è stata ricondotta a fase autonoma,ma incidentale del giudizio.Essa, infatti, oltre ad assolvere la funzione che le è propria ditutelare situazioni di precarietà, si pone come un vero eproprio “giudizio nel giudizio”, con norme ad hoc in merito siaalla esecuzione delle misure ordinate dal Giudice (art. 58), siaalle spese (art. 57), sia ­ infine ­ al prosieguo del giudizio (art.60).Per quanto attiene l’aspetto istruttorio si rileva che, con lacodificazione, nel processo amministrativo entrano i mezzi diprova tipici del processo civile, tanto che alcuni critici avevanosuggerito ­ in una più ampia ottica di riforma ­ la soppressionedella giurisdizione civile a favore di quella amministrativa, rite­nuta più efficiente. Si tratta, ovviamente, di considerazioni che­ ove mai diventassero realtà ­ saranno molto lontane nelfuturo.Il “nuovo” processo amministrativo, dunque, apre le sue portealla testimonianza scritta (di recente acquisizione anche per ilprocesso civile), amplia lo spettro di applicabilità della consu­lenza tecnica e disciplina la figura ­ peculiare del processoamministrativo ­ dei “verificatori”.I verificatori ­ secondo la lettura dell’art. 66 del Codice ­ sonoorganismi che devono provvedere alla verifica di dati e situa­zioni, rendendo poi una relazione sulla base dei quesiti postidal Giudice.Diversa è la figura del consulente tecnico, disciplinata dall’art.

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67: esso, infatti, è un esperto della materia, cui è demandatanon la semplice verifica di fatti e documenti, ma soprattuttol’elaborazione di valutazioni peritali.I riti specialiIl libro quarto, come detto, è dedicato ai “riti speciali”: vi sono­ rispetto al passato ­ conferme ed abrogazioni.Vediamo quali sono i riti speciali disciplinati dal Codice.Si tratta della disciplina dei seguenti giudizi: di ottemperanza(titolo primo), di accesso ai documenti amministrativi (titolosecondo), di impugnazione del silenzio serbato dall’Ammini­strazione (titolo terzo), del procedimento di ingiunzione (tito­lo quarto), dei riti abbreviati relativi alle speciali controversieidentificate dall’art. 119(4) (titolo quinto) e dei procedimentiin materia elettorale (titolo sesto)(5).Nel complesso, tali norme contengono aspetti acceleratori eforme di tutela anticipata, in via cautelare, tali da rendereeffettiva la portata del giudizio e delle pronunce del Giudiceamministrativo in tali materie.In materia di riti speciali sarebbe opportuno commentare lenorme stabilite per ciascun rito, ma appare più interessantedifferire questo commento ad una successiva analisi, che tengaconto anche delle prime indicazioni provenienti dall’applicazio­ne pratica.E’ tuttavia interessante notare che è stata confermata undisciplina di favore per le infrastrutture cosiddette strategiche,di cui alla “Legge Obiettivo” (legge n. 443/2001 e successivemodifiche ed integrazioni); tali opere sono protagoniste del­l’art. 125 del Codice, il quale prevede l’estensione della disci­plina speciale anche alle procedure di progettazione ed appro­vazione ­ oltre che alla fase di realizzazione ­ delle opere, manon solo, la norma comprende anche le attività di espropria­zione, occupazione d’urgenza e di asservimento (derogando,così, alla disciplina del D.P.R. n. 327/2001). La norma in com­mento, innanzitutto, prevede che in fase cautelare debba te­nersi conto ­ ai fini della pronuncia ­ “...delle probabili conse­guenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi chepossono essere lesi, nonché del preminente interesse naziona­le alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accogli­mento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabili­tà del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comun­que comparato con quello del soggetto aggiudicatore allacelere prosecuzione delle procedure.” Inoltre, con previsionedi taglio estremamente conservativo e di favor per l’operapubblica – della cui legittimità si dibatterà senz’altro lungamen­te – il comma 2 recita: “Ferma restando l’applicazione degliarticoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati lasospensione o l’annullamento dell’affidamento non comportala caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento deldanno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.”, ilche equivale a dire che il Codice ha creato una procedura di“appalto speciale” per le infrastrutture strategiche, regola­mentando non solo l’aspetto processuale, ma anche quellosostanziale dell’aggiudicazione del contratto.Proseguendo l’analisi del Codice in tema di riti speciali consta­tiamo che sono stati abrogati alcuni riti: il ricorso preventivo al

Consiglio di Stato, quello di diniego di iscrizione o di cancella­zione dai registri generali delle organizzazioni di volontariato edelle associazioni di promozione sociale, nonché il rito relati­vo ai provvedimenti di trasferimento o destinazione d’ufficiodei magistrati ordinari a sedi disagiate.Norme finali: la disciplina della materia di giurisdizione esclusi­va...Il libro quinto contiene le cosiddette “Norme finali”.In particolare, ci occuperemo degli articoli 133 e 134 recanti,rispettivamente, la disciplina delle materie di giurisdizioneesclusiva e quella delle materie di giurisdizione estesa al meri­to.Riteniamo utile riportare i lunghi elenchi contenuti in questenorme, a testimonianza del lavoro sistematico e puntuale svol­to dalla Commissione che ha predisposto il Codice.In tema di giurisdizione esclusiva, il Codice chiarisce innanzi­tutto quali sono le controversie esclusivamente devolute allacognizione del Giudice amministrativo: nell’elenco, che occupal’intero art. 133, troviamo numerose conferme rispetto allerecenti elaborazioni giurisprudenziali, in materie assai eteroge­nee.Abbiamo, quindi giurisdizione esclusiva nei seguenti casi: 1)risarcimento del danno per l’inosservanza del termine di con­clusione del procedimento; 2) formazione, conclusione edesecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedi­mento amministrativo e accordi fra pubbliche amministrazioni;3) dichiarazione di inizio attività; 4) determinazione e corre­sponsione dell’indennizzo per revoca del provvedimento am­ministrativo; 5) nullità del provvedimento amministrativoadottato in violazione del giudicato; 6) diritto di accesso agliatti; 7) atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessionedi beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernentiindennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite aitribunali delle acque pubbliche; 8) pubblici servizi e concessio­ni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità,canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimentiadottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di unpubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovveroancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed allavigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferen­ti alla vigilanza su credito, assicurazioni, mercato mobiliare,servizio farmaceutico, trasporti, telecomunicazioni e servizi dipubblica utilità; 9) diritto a chiedere e ottenere l’uso delletecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubblicheamministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali; 10) lecontroversie: 10 a) relative a procedure di affidamento dipubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunquetenuti all’applicazione dei procedimenti di evidenza pubblica,ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizio­ne esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto aseguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzionialternative; 10 b) relative al divieto di rinnovo tacito dei con­tratti pubblici di lavori, servizi, forniture, alla clausola di revi­sione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo neicontratti ad esecuzione continuata o periodica, nonché quelle

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relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento deiprezzi; 11) atti e i provvedimenti delle pubbliche amministra­zioni in materia urbanistica ed edilizia, ferme restando le giuri­sdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e delCommissario per gli usi civici; 12) atti, provvedimenti, accordie comportamenti riconducibili all’esercizio di un pubblico po­tere in materia di espropriazione per pubblica utilità, fermarestando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle ri­guardanti la determinazione e la corresponsione delle indenni­tà; 13) i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilitàdelle invenzioni industriali; 14) i rapporti di lavoro del perso­nale in regime di diritto pubblico; 15) tutti i provvedimenti,anche sanzionatori, adottati dalla Banca d’Italia, dallaCO.N.SO.B., dalle Autorità Amministrative Indipendenti e dal­l’I.S.V.A.P.; 16) i provvedimenti in materia di comunicazionielettroniche, compresi quelli relativi all’imposizione di servitù;17) le sanzioni amministrative ed i provvedimenti adottatidall’organismo di regolazione competente in materia di infra­strutture ferroviarie di cui all’art. 37 del D.Lgs. n. 188/2003;18) le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alleprocedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazioneconcernenti la produzione di energia, ivi comprese quelleinerenti gli impianti e le infrastrutture energetiche; 19) leordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte lesituazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5 comma 1della L. n. 225/1992 e le controversie comunque attinenti allagestione del ciclo dei rifiuti; 19) i provvedimenti emanati dalSindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumitàpubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale,d’igiene pubblica; 20) i provvedimenti relativi alla disciplina o aldivieto dell’esercizio d’industrie insalubri o pericolose; 21) attie provvedimenti adottati in materia di danno ambientale, leordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimen­to del danno ambientale; 22) l’applicazione del prelievo sup­plementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero­caseari;23) i provvedimenti in materia di passaporti; 24) le controver­sie tra lo Stato e i suoi creditori riguardanti l’interpretazionedei contratti aventi per oggetto i titoli di Stato; 25) gli atti delComitato Olimpico Nazionale Italiano o delle Federazionisportive non riservate agli organi di giustizia sportiva....e quella della materia di giurisdizione estesa al meritoL’art. 134, per quanto concerne le materie di giurisdizioneestesa al merito, prevede che il Giudice eserciti una cognizio­ne estesa al merito nelle controversie afferenti: a) l’attuazionedelle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nel­l’ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV; b) gli atti e leoperazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizioneamministrativa; c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione édevoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo; d) lecontestazioni sui confini degli enti territoriali; e) il diniego dirilascio di nulla osta cinematografico di cui all’art. 8 della L. 21novembre 1962 n. 161.Il successivo art. 135 si occupa della competenza funzionaledel Tribunale Amministrativo del Lazio, specificando quali ma­terie sono ad esso devolute.

La disciplina transitoriaRiteniamo utile concludere con un breve riferimento alla disci­plina transitoria, contenuta nell’allegato 3.Il titolo primo, articolo 1, come anticipato in precedenza,presenta la disciplina dei ricorsi pendenti da oltre cinque anni.In merito, la norma prevede che – nel termine di 180 giornidalla data di entrata in vigore del Codice – le parti devonopresentare una nuova istanza, sottoscritta anche dal difensore,per i ricorsi in cui non è stata ancora fissata l’udienza didiscussione: in mancanza, il ricorso verrà dichiarato perento.Altro argomento assai interessante è quello relativo all’appli­cazione della disciplina previgente ai processi in corso, conte­nuto negli articoli 2 e 3 dell’allegato 3.L’art. 2 prevede che: “Per i termini che sono in corso alla datadi entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazio­ne le norme previgenti.”L’art. 3, in ordine ai giudizi di appello, prevede che i termini didecadenza per la proposizione di eccezioni – fissato dal secon­do comma dell’art. 101 del Codice – non si applichino aiprocessi per i quali sia stato eseguito il deposito dell’appelloprima dell’entrata in vigore del Codice.Dall’esame delle norme citate e dalla attenta ricognizionedell’elenco delle norme abrogate, dunque, possiamo conclu­dere che il nuovo processo amministrativo sarà applicabile atutti i giudizi in corso alla data di entrata in vigore del Codice.Gli avvocati, i magistrati, gli operatori della giustizia, dunque,avranno tempo solo un’estate per adeguare la modulistica, glischemi ed il flusso procedurale e per mettersi in regola con lenuove norme.Si preannuncia, dunque, un periodo intenso, in cui sarà oppor­tuno investire una parte delle proprie risorse per adeguarsialle novità, in modo da partecipare da protagonisti al banco diprova del Codice del Processo Amministrativo.­­­­1) In tal senso, P. de Lise “Verso il Codice del ProcessoAmministrativo”, Roma 21 aprile 2010, pubblicato sul sito:www.giustizia­amministrativa.it “La peculiarità di questo testoè che esso mostra la propensione a costituire una raccoltanormativa che funga non tanto da “punto di arrivo”, ma da“punto di partenza” per la giurisprudenza successiva. Nelsenso che si sono messe a frutto le conquiste giurisprudenzia­li, codificandole in un testo che da un lato valga a risolvereproblemi che vanno al di là di quanto sia consentito agliinterventi giurisprudenziali e, dall’altro, fornisca una base soli­da, ma al contempo flessibile e aperta, per ulteriori conquistedella giurisprudenza. ... si tratta di uno schema di provvedi­mento legislativo e non di un provvedimento legislativo, e chedunque esso, per sua natura, è suscettibile di modifiche”.2) Basti pensare, ad esempio, alla delega dei poteri espropriati­vi a soggetti terzi rispetto all’Amministrazione, come previstoespressamente dall’art. 6 del D.P.R. n. 327/2001.3) L’art. 119 del Codice indica i giudizi in cui non si applica ilrito ordinario, in caso di cumulo delle azioni, bensì quellospeciale disciplinato dal Codice e dalle norme di settore: “... iprovvedimenti a) concernenti le procedure di affidamento di

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pubblici lavori, servizi e forniture; b) adottati dalle Autoritàamministrative indipendenti, con esclusione dei rapporti con idipendenti; c) relativi alle procedure di privatizzazione o didismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativialla costituzione, modificazione o soppressione di società,aziende e istituzioni da parte degli Enti locali; d) di nomina,adottati previa delibera del Consiglio dei ministri; e) di sciogli­mento di Enti locali e quelli connessi concernenti la formazio­ne e il funzionamento degli organi; f) relativi alle procedure dioccupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecu­zione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimentidi espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codicedella proprietà industriale; g) del Comitato olimpico nazionaleitaliano o delle Federazioni sportive; h) le ordinanze adottatein tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5comma 1, della L. 24 febbraio 1992 n. 225, e i consequenzialiprovvedimenti commissariali; i) il rapporto di lavoro del per­sonale dei servizi di informazione per la sicurezza, ai sensidell’art. 22, della Legge 3 agosto 2007 n. 124; l) le controversiecomunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dellapubblica amministrazione in materia di impianti di generazionedi energia elettrica di cui al D.L. n. 7/2002, convertito dallaLegge n. 55/2003, comprese quelle concernenti la produzionedi energia da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti diimportazione, le centrali termoelettriche superiori a 400 MWnonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto nella retedi trasmissione nazionale; m) della commissione centrale perla definizione e applicazione delle speciali misure di protezioneper i collaboratori e testimoni di giustizia.”4) Cfr. nota 3.5) La norma – come precisato dall’art. 126 del Codice – siriferisce ai contenziosi in materia elettorale relativi alle elezio­ni di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo; sonoescluse, quindi, le controversie elettorali relative alle elezionipolitiche.

CIRCOLAZIONE STRADALE

Guida al Diritto ­ IN PRIMO PIANO 15.07.2010

Via libera di Montecitorio, Ddl al Senato per il sì defi­nitivo

Ora è tutto nelle mani del Senato. Dopo due anni di lavoroparlamentare sembra che le nuove norme sulla sicurezza stra­dale stiano finalmente per divenire legge e prima del grandeesodo di agosto.Il nuovo testo dell’AC 44 e abbinati è stato approvato all’una­nimità dalla commissione Trasporti della Camera in sede legi­slativa, ovvero senza dover passare per il voto dell’Aula, e orava al Senato. A Palazzo Madama, salvo sorprese, il testo do­vrebbe ottenere il via libera definitivo in brevissimo tempo.Sulla celerità dell’iter vigila anche il ministro delle Infrastruttu­re, Altero Matteoli, che oltre a esprimere il proprio «compia­

cimento per il lavoro svolto» auspica di «poter avere per laseconda metà dell’estate la vigenza del nuovo Codice».Il provvedimento, infatti, licenziato una prima volta a luglio2009 a Montecitorio, ritorna a Palazzo Madama dove fu inte­grato dai senatori con alcune modifiche poi recepite dallastessa Camera.Il testo conferma l’impianto sanzionatorio nei confronti di chiguida in stato di ebbrezza. Per chi ha conseguito la patente dameno di tre anni e per i guidatori professionisti viene intro­dotta la norma ’zero alcol’ che vieta anche un sorso di birraprima di mettersi al volante. Le sanzioni vengono poi aumen­tate per tutti i guidatori trovati ubriachi al volante. Vietataanche la vendita di alcolici nei locali pubblici dalle tre fino allesei del mattino, con possibilità di deroga solo per il Ferragostoe Capodanno. I locali, inoltre, dovranno istallare strumenti perrilevare volontariamente il tasso alcolico. Vietato anche lavendita di superalcolici negli autogrill dalle 22 della sera alle seidel mattino. >QA0>Tra le novità previste dal testo c’è la «guida accompagnata»per i minori che abbiano compiuto 17 anni e siano titolari delpatentino in modo da consentire loro di esercitarsi alla guidacon l’assistenza di un adulto.Fa discutere, invece, l’ipotesi di estendere la possibilità diguidare oltre gli 80 anni, anche se solo dopo il superamento diuna visita medica. Criticata anche la norma che stabilisce dopo3 infrazioni gravi il ritiro della patente.Previste nuove norme per le minicar, vere e proprie piccoleautovetture omologate come motorini. Vengono decuplicatele sanzioni per chi produce o commercializza minicar chesuperano i 45 km/h (da 1000 a 4000 euro); per le officine chetruccano i motocicli (da 779 a 3119 euro); per chi le guida (da389 a 1559 euro). Inoltre, diviene obbligatorio l’uso dellecinture. Le innovazioni più interessanti appaiono la targa per­sonale e la riduzione a 90 giorni della notifica per le violazionidel codice della strada, rispetto ai 150 giorni in vigore.Al Senato il testo sarà presentato dal relatore Angelo MariaCicolani del Pdl. Probabile che venga approvato in tempi rapidia meno che non si voglia dare il via a un ulteriore ping­pongtra i due rami del Parlamento.

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CASSAZIONE CIVILE ­ La condanna al guidatore siestende alla compagnia

Il Sole­24 Ore ­ NORME E TRIBUTI 14.07.2010 ­ pag: 37

Il modello di constatazione amichevole può essere usato di­rettamente dal danneggiato come prova contro l’assicurazionedell’automobilista che ha provocato l’incidente. Lo ha deciso laCorte di cassazione con la sentenza n. 16376 depositata il 13luglio. Alla Cassazione era stato chiesto di ribaltare il verdettodi merito con il quale era stata respinta l’estensione all’assicu­

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ratore della condanna pronunciata nei confronti dell’automo­bilista che aveva provocato l’incidente.Il ricorso è stato accolto sulla base di un principio di dirittoche stabilisce come nel giudizio promosso dal danneggiato neiconfronti dell’assicuratore la confessione resa dal responsabiledel danno e proprietario del veicolo assicurato «non possonodare luogo a un differenziato giudizio di responsabilità conriferimento al rapporto tra responsabile e danneggiato, da unlato, e a quello tra danneggiato e assicuratore dall’altro. Esse,liberamente apprezzate dal giudice, devono essere oggetto diuna valutazione unitaria nei confronti di tutti e ciascuno deilitisconsorti». Inoltre la stessa sentenza sottolinea la ripartizio­ne dell’onere della prova in caso di tamponamento spiegandoche la collisione di un veicolo con quello che lo precedeobbliga il conducente del primo a dimostrare che la responsa­bilità dell’incidente va addebitata a cause di forza maggiore ecomunque a lui non imputabili.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile ­ Sentenza del13 luglio 2010, n. 16376

Risarcimento danni da incidente stradale

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONETERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. MICHELE VARRONE ­ Presidente ­

Dott. MAURIZIO MASSERA ­ Consigliere ­Dott. ALBERTO TALEVI ­ Consigliere ­

Dott. ADELAIDE AMENDOLA ­ Rel. Consigliere ­Dott. RAFFAELE FRASCA ­ Consigliere ­

ha pronunciato la seguenteSENTENZAsul ricorso 25695­2006 proposto da:Do. Mo. (...), Ma. Pa. (...) in proprio ed in qualità di genitriceesercente la potestà sul figlio minore Do. Mo., elettivamentedomiciliati in Ro., Via Va. Ch. (...), presso lo studio dell’avvoca­to Ce. Fo., rappresentati e difesi dagli avvocati Mi. Sc., Gi. Fr.Ra. giusta delega a margine del ricorso;­ ricorrenti ­controRiunione Adriatica di Sicurtà S.P.A. (...) in persona dei legalirappresentanti Dr.ssa Ri. Mi. e Dr. An. Ce., elettivamentedomiciliata in Ro., Via Pa. (...), presso lo studio dell’avvocatoGi. Sp., che la rappresenta e difende giusta delega in calce alcontroricorso;­ controricorrente ­nonché controGi. De. Ga.;­ intimato ­avverso la sentenza n. 1719/2005 del tribunale di SANTA

MARIA CAPUA VETERE, I SEZIONE CIVILE, emessa il 5/7/2005, depositata il 25/08/2005, R.G.N. 3885/2001;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del11/05/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;udito il P.M. In persona del Sostituto Procuratore GeneraleDott. EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE che ha con­cluso per il rigetto del ricorso che ha concluso per l’accogli­mento p.q.r. del ricorso.SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon citazione del giugno 1999 Do. Mo. e Ma. Pa., quest’ultimain proprio e nella qualità di genitore esercente la potestàgenitoriale sul figlio Do. Mo., convenivano in giudizio innanzi alGiudice di Pace di Santa Maria Capua Vetere Gi. De. Ga. eRAS Ass.ni s.p.a., chiedendo di essere risarciti dei danni fisicisubiti in occasione di un incidente verificatosi il 10 maggio1998, allorché l’autovettura sulla quale viaggiavano era stataviolentemente tamponata da una Mecedes Benz di proprietàdi Gi. De. Ga. e dallo stesso condotta.Resisteva la sola società assicuratrice che contestava l’avversapretesa.Con sentenza del 21 novembre 2000 il giudice adito rigettavala domanda.Proponevano appello i soccombenti e il Tribunale di SantaMaria Capua Vetere, in data 25 agosto 2005, in parziale rifor­ma della impugnata sentenza, dichiarava che la responsabilitàdel sinistro era da ascrivere, al 50%, a Gi. De. Ga., per l’effettocondannandolo al risarcimento dei danni in favore di Do. Mo.e di Ma. Pa., nella misura, quanto al primo, di Euro 3.093,29 (dicui Euro 618,86, a titolo di danno morale), e, quanto allaseconda, di Euro 200,00, oltre svalutazione e interessi dal fattoal soddisfo; rigettava la domanda proposta da Ma. Pa., qualegenitore esercente la potestà genitoriale sul minore Do. Mo.;compensava integralmente tra le parti le spese di lite.Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazioneDo. Mo. e Ma. Pa., in proprio e nella qualità, formulandoquattro motivi e notificando l’atto a RAS s.p.a. e a Gi. De. Ga.Solo la prima ha notificato controricorso, illustrato anche damemoria.MOTIVI DELLA DECISIONE1 Col primo motivo gli impugnanti denunciano violazionedell’art. 1917 cod. civ., mancanza e insufficienza della motiva­zione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, peravere il giudice di merito rigettato la domanda proposta neiconfronti di RAS, sul presupposto della mancanza di elementidi prova ulteriori, rispetto alle dichiarazioni contenute nelmodello CAI, senza considerare che la stessa compagnia assi­curatrice non aveva mai negato la collisione tra i due veicoli,limitandosi a contestare la responsabilità esclusiva del suoassicurato, e che in ogni caso, ritenuto provato il sinistrostradale tra i soggetti indicati nel modulo, la condanna andavasenz’altro estesa all’assicuratore, tenuto a tenere indenne l’as­sicurato ex art. 1917 cod. civ. di quanto lo stesso sia tenuto apagare a terzi.1.2 Le critiche sono fondate.L’opinione secondo cui la confessione del danneggiante assicu­

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rato farebbe piena prova nel rapporto tra questi e il danneg­giato, mentre potrebbe essere liberamente apprezzata dal giu­dice nel diverso rapporto tra assicurato ed assicuratore (sulpresupposto che non in tutti i casi in cui è necessaria lapartecipazione al giudizio di una pluralità di parti ex art. 102cod. proc. civ., sussisterebbe anche la necessità che la senten­za sia unica per tutte), è stata expressis verbis disattesa dalleSezioni Unite di questa Corte che, affrontando funditus ilproblema della efficacia probatoria delle dichiarazioni del liti­sconsorte responsabile del sinistro, hanno segnatamente evi­denziato che l’accertamento dei due rapporti in cui questi ècoinvolto ­ quello col danneggiato, sorto dal fatto illecito, equello, di origine contrattuale, con l’assicuratore ­ non puòche essere ”unico e uniforme per tutti e tre i soggetti coinvoltinel processo” (Cass. civ., sez. unite, 5 maggio 2006, n.10311).L’approdo esegetico si è giovato del rilievo che nella giurispru­denza di legittimità, sin dagli anni ottanta (Cass. sez un. nn.5218 e 5219 del 1983), è costante l’affermazione che la leggen. 990 del 1969, prevedendo l’azione diretta del danneggiatocontro l’assicuratore, e limitando le eccezioni che questi glipuò opporre (art. 18 legge n. 990 del 1969), ha creato, accan­to ai due innanzi indicati, un terzo rapporto che, ”sul presup­posto del primo e in attuazione del secondo”, obbliga ex legel’assicuratore verso il soggetto leso: di talché questi, allorchéagisce in giudizio, non chiede che l’assicuratore sia condannatoad adempiere in suo favore l’obbligo contrattualmente assuntonei confronti dell’assicurato, ma fa valere un diritto suo pro­prio.In tale contesto, e con particolare riguardo dichiarazioni con­fessorie rese dal presunto responsabile, siano o meno conte­nute nel cosiddetto CID, le sezioni unite hanno quindi negatoche, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge n.990 del 1969, possa, in base ad esse, pervenirsi a decisionidifferenziate, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneg­giato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro. Inparticolare, precisato che dichiarazioni confessorie sono soloquelle in cui siano ammessi fatti che, ”valutati alla stregua delleregole in materia”, possano portare alla condanna del sogget­to che le ha rese (e non quindi le mere assunzioni di responsa­bilità o di colpa), hanno affermato che l’eventuale confessione,contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistrosottoscritto dal responsabile del danno proprietario del veico­lo assicurato e ­ come tale ­ litisconsorte necessario, non havalore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente,ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, in applica­zione della regola racchiusa nell’art. 2733, terzo comma, cod.civ., secondo cui, in caso di litisconsorzio necessario, la capaci­tà probatoria della confessione resa da alcuni soltanto deilitisconsorti è, per l’appunto, affidata alla prudente valutazionedel giudice (confr. Cass. civ., sez. unite, 5 maggio 2006, n.10311; Cass. civ., sez. 3°, 25 gennaio 2008, n. 1680).Peraltro, posto che litisconsorzio necessario sussiste solo traproprietario del veicolo, nel quale si identifica il responsabiledel danno di cui parla l’articolo 23 della legge 24 dicembre1969, n. 990, e assicuratore, mentre non sussiste, a norma

dell’articolo 2054, terzo comma, cod. civ., tra conducente eassicuratore medesimo, ovvero tra conducente e proprietario,le affermazioni confessorie sottoscritte dal primo nel modellodi constatazione vanno liberamente apprezzate nei confrontidell’assicuratore e del proprietario del veicolo, mentre fannopiena prova nei confronti del confitente secondo gli artt. 2733,secondo comma, 2734 e 2735 cod. civ. (Cass. civ., 7 maggio2007, n. 10304).1.3 Ora, pacifico che nella fattispecie il CID era stato sotto­scritto dal responsabile del danno ­ e cioè dal guidatore pro­prietario del mezzo, litisconsorte necessario della compagniaassicuratrice ­ non poteva il giudice di merito valutare inmaniera difforme le dichiarazioni dallo stesso rese, così acco­gliendo la domanda risarcitoria proposta dai danneggiati neiconfronti dell’uno e rigettandola invece nei confronti dell’altro.La violazione dei principi in materia di efficacia probatoria dellaconfessione come innanzi ricostruiti impone la cassazione, sulpunto, della sentenza impugnata.2.1 Col secondo mezzo i ricorrenti lamentano vizi motivazio­nali con riferimento alla ritenuta operatività della presunzionedi pari responsabilità nella causazione dell’incidente di cui alsecondo comma dell’art. 2054 cod. civ., senza considerare chenel modulo di constatazione amichevole del sinistro risultavamarcata la casella 8, relativa al tamponamento e che lo stessofiduciario della compagnia assicuratrice aveva riferito di unurto da tergo di notevole entità (doc. n. 4 del fascicolo disecondo grado).2.2 Anche tali censure sono fondate.Il Tribunale, affermata la responsabilità di Gi. De. Ga. sulla basedel rilievo che lo stesso non solo aveva sottoscritto il CID, maneppure si era presentato a rendere l’interrogatorio formaledeferitogli, ha ritenuto di dover fare applicazione della presun­zione di concorso di colpa di cui all’art. 2054 cod. civ., inragione della mancanza della benché minima descrizione dellemodalità del sinistro.Trattasi tuttavia di rilievo puramente assertivo, per giunta incontrasto con le non contestate risultanze del CID, nel qualela dinamica dell’incidente è chiaramente descritta in termini ditamponamento. La decisione contraddice pertanto il principiodi diritto, del tutto pacifico nella giurisprudenza di questaCorte (ex plurimis Cass., n. 3282/2006; Cass., n. 1144 4/98;Cass., n. 8 917/95; Cass., n. 5672/90; Cass., n. 3343/90), e dalquale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui, per il dispo­sto dell’art. 149, comma 1, C.d.S. (T.U. del D.L. 30 aprile 1992,n. 285), sostanzialmente riproduttivo dell’art. 107 C.d.S. previ­gente, il conducente deve essere in grado di garantire in ognicaso l’arresto tempestivo del mezzo, evitando collisioni con ilveicolo che precede, per cui l’avvenuta collisione pone a suocarico una presunzione de facto di inosservanza della distanzadi sicurezza, con conseguente inapplicabilità della presunzionedi pari colpa di cui all’art. 2054, comma secondo, cod. civ., eonere del guidatore di dimostrare che il mancato, tempestivoarresto del mezzo e il successivo impatto sono stati determi­nati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (confr.Cass. civ. 21 settembre 2007, n. 19493).

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Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere cassataanche in relazione a tale motivo.3.1 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loroevidente connessione, i successivi due motivi di ricorso.Col terzo mezzo deducono gli impugnanti vizio motivazionalecon riferimento alla disposta liquidazione in via equitativa deldanno patito da Ma. Pa. nella misura di Euro 200 soltanto, ivicomprese le spese mediche, dimenticando che la relazione delconsulente di parte, dott. Ro., aveva riconosciuto alla stessaun danno biologico nella misura del 2%, una invalidità tempo­ranea totale di giorni 30 e parziale di giorni 15. Il giudice dimerito avrebbe poi ingiustificatamente ignorato il rapportoospedaliero del minore Do. Pa.3.2 Con il quarto motivo lamentano violazione dell’art. 2697cod. civ., per avere il giudice d’appello negato al guidatore delveicolo Do. Mo. il danno patrimoniale, sull’assunto che lostesso dovesse ritenersi non provato, laddove l’infortunatoaveva documentalmente dimostrato che, a causa delle lesioniriportate, non aveva potuto eseguire i lavori di ristrutturazio­ne commissionatigli da un cliente e riscuotere le somme asse­gnate a titolo di contributo. Aggiunge che la disposta compen­sazione delle spese di causa è del tutto illogica.3.3 Le doglianze non hanno pregio.Nel determinare l’ammontare del risarcimento spettante agliattori, ha affermato il giudice a quo, per quanto qui interessa:a) relativamente al guidatore dell’autovettura, Do. Mo., chenon era emerso alcun rapporto di consequenzialità tra ilsinistro per cui è causa e il mancato incarico ad effettuarelavori di ristrutturazione; b) quanto a Ma. Pa., che, tenutoconto del concorso di colpa di cui all’art. 2054 cod. civ., leandava equitativamente riconosciuta la somma di Euro 200,00,di cui Euro 40,00 per spese mediche; c) infine, quanto alminore Do. Mo., che nulla poteva essergli attribuito, nonessendo stata prodotta certificazione medica di sorta, sulla cuibase liquidare il danno.3.4 Ciò posto, le contestazioni relative al mancato riconosci­mento del pregiudizio subito da Do. Mo. per effetto dell’im­possibilità di espletare un incarico professionale si risolvono inuna sollecitazione alla rilettura del materiale istruttorio pre­clusa in sede di legittimità.Quanto poi agli altri rilievi critici, essi, nella parte in cui richia­mano le pretese, difformi conclusioni del perito o documenta­zione ospedaliera asseritamente ignorata dal decidente, difet­tano, a tacer d’altro, di autosufficienza. Si ricorda in propositoche la parte che, deducendo un vizio di motivazione, si duoledi carenze o lacune nella decisione del giudice di merito cheabbia basato il proprio convincimento disattendendo le risul­tanze degli accertamenti tecnici eseguiti, siano essi d’ufficio odi parte, o di documenti prodotti, non può limitarsi a censureapodittiche di erroneità o di inadeguatezza della motivazioneo anche di omesso approfondimento di determinati temi diindagine, ma, per il principio di autosufficienza del ricorso percassazione e del carattere di giudizio a critica vincolata di talemezzo di impugnazione, è tenuta ad indicare, riportandole peresteso, le pertinenti parti della consulenza ritenute erronea­

mente disattese o i documenti asseritamente non valutati, inmodo da consentire al giudice di legittimità (cui non è dato diesaminare direttamente gli atti se non in presenza di errores inprocedendo) di effettuare, preliminarmente, al fine di perveni­re ad una soluzione della controversia differente da quellaadottata dal giudice di merito, il controllo della decisività dellarisultanza non valutata o pretesamente valutata in modo erro­neo o insufficiente (Cass. civ., 3 novembre 2004, n. 21090).3.5 Infine, quanto alla compensazione delle spese di causa, lecontestazioni dei ricorrenti non tengono conto del fatto chenei giudizi ai quali, ratione temporis, non si applica la legge 28dicembre 2005, n. 263, che, modificando l’art. 92 cod. proc.civ., ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare le ragionidella compensazione delle spese di lite, la decisione di provve­dere in tal senso non è censurabile in sede di legittimità, salvo icasi di mancanza assoluta di motivazione ­ integrando siffattaipotesi gli estremi della violazione di legge di cui all’art. 92 cod.proc. civ. (confr. Cass. civ. 19 novembre 2007, n. 23993) ­ovvero di enunciazione di ragioni palesemente e macroscopi­camente illogiche, idonee cioè a inficiare, per la loro inconsi­stenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativodella volontà decisionale (Cass. civ., 11 febbraio 2008, n.3218): fattispecie tutte che qui non ricorrono.4 In definitiva, il primo e il secondo motivo di ricorso devonoessere accolti; il terzo e il quarto rigettati, solo precisandosi,per scrupolo di completezza, che le somme liquidate a Do.Mo. e a Ma. Pa. in proprio potranno subire variazioni in sede dirinvio, a seguito dell’eventuale riformulazione del giudizio diresponsabilità sull’eziologia dell’incidente.La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazioneai due motivi accolti e rinviata, anche per le spese, al Tribunaledi Santa Maria Capua Vetere in diversa composizione, che siatterrà al seguente principio di diritto: nel giudizio promossodal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsa­bilità civile da circolazione stradale, le dichiarazioni confesso­rie rese dal responsabile del danno, proprietario del veicoloassicurato, chiamato in causa quale litisconsorte necessario,non possono dar luogo a un differenziato giudizio di responsa­bilità, con riferimento al rapporto tra responsabile e danneg­giato, da un lato, e a quello tra danneggiato ed assicuratoredall’altro. Esse, liberamente apprezzate dal giudice, devonoessere oggetto di una valutazione unitaria nei confronti di tuttie ciascuno dei litisconsorti.Il giudice di rinvio dovrà inoltre motivare tenendo conto chel’avvenuta collisione di un veicolo con quello che lo precedepone a carico del conducente una presunzione de facto diinosservanza della distanza di sicurezza, con la conseguenzache, non potendosi applicare la presunzione di pari colpa dicui all’art. 2054, comma secondo, cod. civ., egli resta gravatodall’onere di dare la prova liberatoria, dimostrando che ilmancato tempestivo arresto dell’automezzo e la conseguentecollisione sono stati determinati da cause in tutto o in parte alui non imputabili.P.Q.M.La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;

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rigetta il terzo e il quarto; cassa in relazione ai motivi accolti erinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunaledi Santa Maria Capua Vetere in diversa composizione.Riferimenti:Legge© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati

DIRITTO DI FAMIGLIA

CASSAZIONE CIVILE ­ Suoceri possono riottenerela casa anche se assegnata alla nuora con figli

Corte di cassazione ­ Sezione III civile ­ Sentenza 7 luglio 2010 n.15986

I suoceri possono chiedere alla nuora la restituzione della casaconcessa in comodato a lei e al figlio, e adibita ad abitazionefamiliare, anche se dopo la separazione l’immobile è statoassegnato alla donna affidataria dei figli. Lo ha affermato laterza sezione civile della Cassazione con la sentenza 15986/2010 secondo la quale la fattispecie integra il cosiddetto co­modato precario, caratterizzato dalla circostanza che la deter­minazione del termine di efficacia del vincolo è rimesso in viapotestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà dimanifestarla con la semplice richiesta di restituzione del bene,senza che, ha specificato la Cassazione, assuma rilievo ”lacircostanza che l’immobile sia stato adibito a usofamiliare e sia stato assegnato, in sede di separazione traconiugi, all’affidatario dei figli

IMMIGRAZIONE

CASSAZIONE PENALE ­ L’ignoranza della normanon scusa l’extracomunitario

L’extracomunitario non può invocare l’ignoranza della leggeitaliana, come esimente, a prescindere dal suo livello culturalee di scolarizzazione. Lo ha stabilito la Cassazione (n. 26799/10depositata in cancelleria il 12 luglio scorso) dichiarando inam­missibile il ricorso di un extracomunitario condannato dalTribunale di Reggio Calabria, prima, e dalla Corte di appello,poi, per ricettazione e commercio abusivo.

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CASSAZIONE PENALE ­ Affitto giusto ai clandestini

MILANOAffittare a clandestini a 50, 60 euro si può. Non costituisce

favoreggiamento. Almeno per la Cassazione che, con la sen­tenza n. 27543 depositata ieri, ha fornito alcune indicazionisulla fisionomia del reato accogliendo il ricorso di un uomoche si era visto condannare dalla Corte d’appello di Napoliper avere subaffittato lo stabile di cui era locatore a 16 cittadi­ni extracomunitari privi di permesso di soggiorno. La sanzioneera stata di tre mesi di reclusione e 3mila euro di multa, dopoche era stata messa in evidenza la destinazione dell’immobile acall center, la qualità di locatario dell’imputato, la causale delversamento mensile delle somme di denaro (50, 60 euroappunto) da parte degli stranieri e la consapevolezza da partedell’uomo della loro condizione di clandestinità.La Cassazione, però, ha accolto l’impugnazione della difesa,ricordando innanzitutto che, perché possa essere contestato ilreato di favoreggiamento, non basta che l’imputato abbia favo­rito la permanenza nel territorio dello Stato di immigraticlandestini mettendo a loro disposizione alloggi in affitto. Ser­ve anche il dolo specifico, rappresentato dall’obiettivo di trar­re un ingiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadinistranieri che si realizza quando vengono imposte ai clandestinicondizioni particolarmente onerose.L’invito della Cassazione ai giudici è perciò quello di accertarecon attenzione se dalla firma del contratto si è voluto trarreun indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello stra­niero che si trova nella posizione di contraente debole, impo­nendogli condizioni particolarmente difficili se non impossibilida sostenere.La pronuncia messa sotto esame, invece, si è limitata a darerilevanza alla sola destinazione dell’immobile, evitando qualsia­si indagine sulle condizioni e clausole del contratto che l’impu­tato aveva siglato con i 16 immigrati clandestini quando invecel’affitto, vista la zona di collocazione dell’immobile, potevaanche essere considerato congruo.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corte di cassazione,Sezione prima penale Sentenza15 luglio 2010, n. 27543

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEPRIMA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. SEVERO CHIEFFI ­ Presidente ­

Dott. UMBERTO GIORDANO ­ Consigliere ­Dott. MASSIMO VECCHIO ­ Consigliere ­Dott. RAFFAELE CAPOZZI ­ Consigliere ­

Dott. MARGHERITA CASSANO ­ Rel. Consigliere ­ha pronunciato la seguente

SENTENZAsul ricorso proposto da:1) Fa. Hu. N. IL (...)avverso la sentenza n. 4045/2008 CORTE APPELLO di NA­POLI, del 26/05/2009 visti gli atti, la sentenza e il ricorso

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15Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2010 la relazionefatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA CASSANOUdito il Procuratore Generale in persona del Dott. A. Giala­nella che ha concluso per l’annullamento con rinvio dellasentenza impugnataUdito, per la parte civile, l’AvvUdit il difensore Avv. Sa. che ha chiesto l’annullamento senzarinvio della sentenza impugnata.Ritenuto in fatto.1. Il 28 novembre 2007 il Tribunale di Napoli, in composizionemonocratica, assolveva, perché il fatto non sussiste, Fa. Hu. dalreato previsto dall’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 a luicontestato per avere, al fine di trarne profitto, subaffittato lostabile di cui era locatario a sedici cittadini extracomunitariprivi di documenti e di permesso di soggiorno, così favorendola loro permanenza sul territorio dello Stato in violazionedelle norme in materia di immigrazione. Il giudice di primogrado fondava la sua decisione sulla considerazione che lasomma di cinquanta­sessanta euro, mensilmente corrispostada ciascun cittadino extracomunitario all’imputato, non potevaessere considerata gravosa, tenuto conto dell’ubicazione del­l’immobile.2. Il 26 maggio 2009 la Corte d’appello di Napoli, investitadell’impugnazione del pubblico ministero, in riforma della sen­tenza di primo grado, dichiarava l’imputato colpevole del reatoascrittogli e, previa concessione delle circostanze attenuantigeneriche, lo condannava alla pena di tre mesi di reclusione etremila euro di multa, mettendo in rilievo la destinazionedell’immobile a call center, la qualità di locatario dell’imputato,la causale del versamento mensile delle somme di denaro daparte degli stranieri e la consapevolezza, da parte del ricorren­te, della loro condizione di clandestinità.3. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassa­zione, tramite il difensore di fiducia, l’imputato, il quale lamen­ta: a) travisamento delle risultanze processuali alla luce dellatestimonianza resa dall’agente di p.g. Gi. Ba. An., da cui emer­geva che il secondo piano dell’immobile ove dimoravano icittadini stranieri era adibito ad hotel, mentre il primo pianoera destinato a call center, b) erronea applicazione della leggepenale, in quanto, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.12, quinto comma, d.lgs. n. 298 del 1998, è necessario il dolospecifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallacondizione di illegalità dei cittadini stranieri mediante l’imposi­zione di condizioni particolarmente onerose.Osserva in diritto.Il primo motivo di ricorso, avente carattere logicamente preli­minare ed assorbente rispetto all’altro, è fondato.1. Ai fini della configurazione del reato di favoreggiamentodella permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clan­destini previsto dall’art. 12, comma quinto, d.lgs. n. 286 del1998 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplinadell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero),non è sufficiente che l’agente abbia favorito la permanenza nelterritorio dello Stato di immigrati clandestini, mettendo a lorodisposizione unità abitative in locazione, ma è necessario che

ricorra il dolo specifico. Esso è costituito dal fine di trarre uningiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadini stranieri,che si realizza quando l’agente, approfittando di tale stato,imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitantidal rapporto sinallagmatico (Cass., Sez. I, 23 ottobre 2003, n.46070, rv. 226477).Di conseguenza, se da un punto di vista obiettivo la concessio­ne in locazione a cittadini extracomunitari clandestini di localiad uso di abitazione è idonea ad integrare la condotta tipicadel reato, non necessariamente lo è dal punto di vista soggetti­vo, dovendosi accertare in concreto se dalla stipula del con­tratto si sia inteso trarre indebito vantaggio dalla condizione diillegalità dello straniero che si trova nella posizione di contra­ente debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitantidall’equilibrio del rapporto sinallagmatico (Cass., Sez. I, 16ottobre 2003, n. 46066, rv. 226476).2. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazionedei principi sinora esposti, in quanto, ai fini dell’affermazione dipenale responsabilità dell’imputato, si è basata esclusivamentesulla destinazione dell’immobile, omettendo qualsiasi indaginein ordine alle condizioni e alle clausole del contratto di loca­zione concluso con i cittadini extracomunitari clandestini.S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata eil rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’ap­pello di Napoli che, ai sensi dell’art. 627, terzo comma, c.p.p.,si uniformerà ai principi di diritto in precedenza enunciati.P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio adaltra sezione della Corte d’appello di Napoli.

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PRECEDENTI PRONUNCE

Corte di Cassazione Sezione 1 Penale ­ Sentenza del 7maggio 2009, n. 19171

Massima

SICUREZZA PUBBLICA ­ STRANIERI ­ Locazione di alloggio astranieri privi di titolo di soggiorno ­ Necessità del dolo specifico ­Ingiusto profitto ­ Nozione.

Nel reato previsto dall’art. 12, comma quinto bis, D.Lgs. n. 286del 1998 (t.u. della disciplina dell’immigrazione), come intro­dotto dalla novella del D.L. n. 92 del 2008 conv. con modd.dalla L. n. 125 del 2008, la condotta del dare alloggio a titolooneroso ad uno straniero privo del titolo di soggiorno e delcedere a questi in locazione un immobile sono entrambequalificate dal dolo specifico, costituito dal fine di trarre uningiusto profitto, che si realizza allorché l’equilibrio delle pre­stazioni sia fortemente alterato in favore del titolare dell’im­mobile, con sfruttamento della precaria condizione dello stra­niero irregolare.

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 201016

Repertorio24PUBBLICAZIONECED, Cassazione, 2009Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24Il Sole 24 Ore, Ventiquattrore Avvocato Contratti, 2009, Monogr. 4,pg. 77, annotata da L. BastiaLa Tribuna, Rivista Penale, 2010, 2, pg. 216La Sentenza è stata ulteriormente massimata e pubblicata in:Giuffré, Cassazione Penale, 2009, 11, pg. 4387Riferimenti:Legge Giurisprudenza© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati

Corte di Cassazione Sezione 1 Penale ­ Sentenza del 15febbraio 2006, n. 5887

Massima

SICUREZZA PUBBLICA ­ STRANIERI ­ Favoreggiamento a fine diingiusto profitto della permanenza di stranieri irregolari nel territo­rio dello Stato ­ Cessione di locali ad uso abitativo a titolo dicomodato senza termine di durata ­ Configurabilità del reato ­Sussistenza.

Ai fini della configurabilità del reato di favoreggiamento dellapermanenza di stranieri nel territorio dello Stato al fine ditrarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità in cuiessi si trova (art. 12 comma quinto D.Lgs. 25 luglio 1998 n.286), può costituire finalità di ingiusto profitto anche quellache si realizza con la cessione ad uso abitativo di locali median­te stipulazione non di normali e regolari contratti di locazione,ma di contratti di comodato senza termine di durata, nullarilevando in contrario la misura asseritamente equa del com­penso pattuito.Repertorio24PUBBLICAZIONECED, Cassazione, 2006La Massima è stata ulteriormente pubblicata in:Giuffré, Cassazione Penale, 2007, 5, pg. 2126

FALLIMENTO

Il Sole­24 Ore ­ NORME E TRIBUTI ­ 16.07.2010 ­ pag: 31

CASSAZIONE PENALE ­ Bancarotta per acquisto diquote fuori mercato

Risponde di bancarotta l’amministratore di una società in crisi­che acquista partecipazioni a un prezzo superiore a quello dimercato. lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 27610depositata il 15 di luglio. La Corte ha così confermato lacondanna inflitta al manager di una Srl che aveva fatto acquista­re alla società quote di una altra società a un valore nettamen­te superiore a quello, assai scarso, attribuito alle stesse dal

mercato.La Corte sottolinea che in questo modo si è provocato unpesante aggravamento della situazione patrimoniale della Srlperché all’esborsodi denaro «non corrispose dunque un’equi­pollente integrazione della sfera patrimoniale della societàfallita».

Corte di cassazione, 5 Sezione penale Sentenza 15luglio 2010, n. 27610

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEQuinta Sezione penale

composta dagli Ill.mi Signori:Dr. Renato Luigi Calabrese, Presidente

Dr. Alfonso Amato, ConsigliereDr. Pietro Dubolino, Consigliere

Dr. Vito Scalera, ConsigliereDr. Gian Giacomo Sandrelli, Consigliere

ha pronunciato la seguenteSENTENZAnel ricorso presentato daRe. Vo., nato il (...)avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento del16.1.2009sentita la Relazione svolta dal Cons. Gian Giacomo SandrelliSentite le Requisitorie del PG. (nella persona del Cons. Gioac­chino Izzo), che ha chiesto rigettarsi il ricorsoIn fatto.Re. Vo. è imputato di bancarotta fraudolenta patrimoniale edocumentale (aggravata dal danno di rilevante entità) in rela­zione al fallimento di srl. A. Cr.: per detto addebito è statocondannato dal tribunale di Rovereto il 31.12.2007, decisioneche la Corte d’Appello di Trento ha confermato il 16.1.2009.La condotta censurata consiste, in sintesi, nell’aver indotto A.Cr. Srl. ad acquistare le quote (Er. Srl., capogruppo del noverosocietario a base famigliare), con pagamento del prezzo incontanti a favore dei soci titolari della partecipazione (tra cuianche il Re. Vo. ed i suoi famigliari), il cui valore era nettamen­te inferiore al prezzo corrisposto dalla società, già gravata dauna situazione di decozione.Il ricorso della difesa del Re. Vo. lamenta (in un indistintomotivo):­ carenza e contraddittorietà della motivazione poiché riscon­tra il delitto anche in mancanza di effettivo danno per ilpatrimonio della fallita, dal momento che la provvista finanzia­ria, utilizzata dalla A. Cr. per pagare le quote ai soci le quote diEr., provenne dall’esterno; forse, a ben vedere, le risultanzeattestano la natura simulata dell’intera manovra, con esito didanno nullo;­ la carenza di motivazione circa l’effettivo contributo reso dalricorrente al disegno fraudolento, non essendovi prova che leoperazioni bancarie siano state effettuate dallo stesso.In diritto.

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17Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

Il ricorso è infondato.La decisione della Corte tridentina rileva l’ingiustificato depau­peramento del patrimonio della fallita per la semplice ragioneche la partecipazione in Er., acquistata a considerevole prezzopresso i soci, che la detenevano, nulla o ben poco valeva.All’esborso del denaro non corrispose, dunque, equipollenteintegrazione della sfera patrimoniale della società fallita.L’apporto di denaro da Mi. ad A. Cr. ­ indicato dal ricorrentequale apporto di ricchezza proveniente dall’esterno alla socie­tà fallita ­ non porta a concludere che l’operazione si risolsesenza danno per quest’ultimo organismo, bensì che vi fu unregolamento compensativo tra i due enti, a seguito del quale èdel tutto ragionevole presumere anche l’estinzione di un cre­dito maturato verso la debitrice Mi., con perdita, quindi, diattività patrimoniale. Ove così non fosse, l’ipotesi è unicamen­te quella che A. Cr. spese il denaro che le era pervenuto(come la sentenza della Corte d’appello segnala) e che si eraconfuso con il suo patrimonio, creando una passività verso lafinanziatrice Mi.. In ogni caso l’esborso del denaro per soddi­sfare gli acquirenti delle quote societari cagionò diminuzionedel patrimonio societario della fallita, senza utilità per la stessa.Né l’ipotesi che l’operazione si sia tradotta in una mera appa­renza negoziale, come lascia intendere il ricorrente (senza,peraltro, giungere a compiuta dimostrazione dell’assunto)contrasta con la realità dei mezzi di pagamento da una societàalle mani dei soci, il che attesta trasferimento effettivo diricchezza (cfr. i rilievi di Sent., pag. 5).Certamente, non è consentito alludere ­ quale provvista su cuii soci possono legittimamente rivalersi ­ al pregresso versa­mento in c/capitale, effettuato dai soci di A. Cr. srl.Infatti, in tema di versamento dei soci in c/capitale, l’apporto indiscorso rappresenta accredito di denaro indisponibile ai soci,in quanto conferimento di capitale di rischio, che non generapretesa esigibile dai soci nei confronti della società, potendoinvece esser loro restituiti soltanto per effetto dello sciogli­mento della società. La compensazione dell’asserito debitosocietario verso i soci, che si giovi di detta provvista è, dun­que, operazione che concreta distrazione fraudolenta. Inoltre,perché alla data in discorso il capitale era comunque eliso daperdite.Anche la seconda doglianza non ha pregio: a pag. 7 e ss. laCorte tridentina si sofferma ad evidenziare il ruolo attivo ed ilcontributo effettivo reso dal Re. Vo. alla realizzazione deltrapasso di denaro. Azione conclusa nella consapevolezza di­scendente alla sua qualifica di amministratore pro tempore e,dunque, ragionevolmente a giorno della situazione finanziariadella società nella sua qualità di titolare del potere gestorio.La motivazione della pronuncia impugnata non risulta né ca­rente né illogica.Pertanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alpagamento delle spese processuali.P.Q.M.rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dellespese processuali.

Riviste de Il Sole 24 Ore ­ La redazione di Lex24 se­gnala questa settimana

Dichiarazione giudiziale di paternità: rimborsi e risar­cimentidi Maria Cristina Campagnoli, Ventiquattrore Avvocato ­ N. 7/2010 ­ Pag. 8

La sentenza di accertamento della filiazione naturale attribui­sce, con efficacia retroattiva, uno “status” che conferisce imedesimi diritti spettanti al figlio legittimo. Obbligo di rim­borsare “pro quota” il genitore che abbia integralmente prov­veduto al mantenimento.la QUESTIONEPremesse le osservazioni generali in materia di dichiarazionegiudiziale di paternità, quali sono le conseguenze economichein capo al genitore e al figlio? E ancora, come opera il dirittodel minore al risarcimento del danno?l’INTRODUZIONECome noto, l’azione per la dichiarazione giudiziale di paterni­tà (ovvero anche di maternità) (art. 269, comma 1, c.c.) è lostrumento giuridico mediante il quale il soggetto nato fuoridal matrimonio può conseguire lo status di figlio naturaleindipendentemente da un atto di volontà del padre o dellamadre. L’istituto de quo si presenta, infatti, così ridefinito aopera della riforma del diritto di famiglia che, “conformando­si” al principio di uguaglianza tra figli legittimi (nati nel matri­monio) e naturali (nati fuori dal matrimonio), ha eliminato idivieti presenti nel previgente regime, ampliandone l’ambitodi esperibilità.le NORMECodice civileArtt. 143, 147, 261, 269, 277la FATTISPECIELa dichiarazione giudiziale di paternità e maternitàDisciplina di riferimento e profili generaliPremessa la “funzione” dell’azione in esame, ai sensi e per glieffetti di cui al citato art. 269 c.c., la paternità e la maternitànaturali possono in ogni caso essere giudizialmente dichiaratenelle ipotesi in cui ne sia ammesso il riconoscimento e larelativa prova potrà essere data con ogni mezzo, sebbene lasola dichiarazione della madre nonché l’esistenza di rapportitra quest’ultima e il preteso padre all’epoca del concepimen­to non dimostrino, di per sé, la conseguente maternità. Delresto, la dichiarazione in parola tende non solo ad accertare ipresupposti di fatto e di diritto ma, anche, la costituzione delcorrispondente titolo di stato, dovendo essere consideratafattispecie integrativa della filiazione in quanto necessaria perdarle certezza giuridica erga omnes e per consentirle di pro­durre tutti i suoi effetti.Trattandosi, pertanto, di un accertamento fondato sulla ricor­renza di circostanze capaci di motivare lo stato di figlio natu­rale, preme comunque evidenziare come a seguito della no­

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 201018

vella del 1975 l’azione de qua risulti estensivamente ammessa,essendo state abolite quelle presunzioni legali che, espressa­mente previste, limitavano la ricerca della paternità; sarà,quindi, il giudice, avvalendosi dei diversi mezzi forniti dal pro­gresso scientifico, a valutare secondo il proprio libero convin­cimento l’esistenza o meno del rapporto di filiazione anche inforza di prove indiziarie, purché gravi, precise e concordanti.La prova della filiazioneL’accertamento giudiziale della filiazione non incontra, pertan­to, ostacoli di sorta in ordine alla prova non tollerando sur­rettizie limitazioni, giacché codesta dimostrazione potrà esse­re raggiunta in qualunque modo, seppure lecitamente acquisi­to. Grande importanza è, poi, oggi riconosciuta alle proveematologiche e genetiche che consentono di acclarare lapaternità con un’attendibilità superiore al 99%.Si ritiene, difatti, che siffatte prove non abbiano carattereeccezionale, bensì dignità pari a ogni altro mezzo, non poten­do reputarsi subordinate al previo esperimento della provastorica. Inoltre, la parte (che, come si vedrà, potrà essereanche un parente collaterale del preteso genitore ormai de­funto) resta libera di sottrarsi ai prelievi necessari per l’espe­rimento probatorio, ma dalle motivazioni del diniego il giudi­ce potrà trarre elementi di decisione. Ovviamente, il conve­nuto ha sempre la possibilità di fornire prova contraria, com­provando tanto il riscontro di altri rapporti carnali della ma­dre, quanto la precisa collocazione di questi al tempo delconcepimento, o ancora, dimostrando l’incompatibilità dellecaratteristiche del gruppo sanguigno del preteso figlio conquello dell’asserito genitore.La competenza a statuireA ogni modo, l’autorità funzionalmente competente per ma­teria è il Tribunale ordinario, eccezion fatta per l’ipotesi in cuil’azione sia stata promossa allo scopo di far accertare il rap­porto di filiazione tra il preteso genitore e un soggetto mino­re, ove al contrario la competenza spetterà al Tribunale per iminorenni.Competente per territorio, è, invece, comunemente conside­rato l’ufficio giudiziario del luogo di residenza del genitoreconvenuto e, ciò, secondo i principi generali in materia digiudizi aventi natura contenziosa.La legittimazione attiva e passivaAi fini della dichiarazione giudiziale in parola e ai sensi dell’art.270 c.c., la legittimazione attiva è attribuita al figlio, al quale èconsentito esercitare la relativa azione in qualsiasi momento,considerato che il Legislatore ­ privilegiando il c.d. favor veri­tatis ­ ha inteso attribuirle natura imprescrittibile. Il tutto,nonostante il successivo art. 273 c.c. preveda espressamenteuna serie di sostituzioni processali nella rappresentanza dicolui che non si trovi in condizione d’agire; pertanto, il giudi­zio ex art. 269 c.c. potrà essere promosso dal genitore eser­cente la potestà ovvero dal tutore nell’interesse del minore.Diversamente e, per ciò che attiene la legittimazione passiva,l’art. 276 c.c. indica che la domanda deve essere proposta neiconfronti del genitore o dei suoi eredi, salva la possibilità diintervento accordata a chiunque ne abbia interesse.

Gli effetti della sentenzaNaturalmente, il provvedimento che dichiara la filiazione na­turale produce le medesime conseguenze del riconoscimen­to, implicando tutti i doveri propri dello status filiationis,compreso quello del mantenimento (art. 261 c.c.). La senten­za, infatti, ha natura dichiarativa, così che gli effetti scaturentidalla stessa operano ex tunc, trattandosi di accertare solouna condizione già preesistente, costituita dall’evento procre­ativo. Siffatto accertamento produce, altresì, l’obbligo di rim­borsare pro quota le spese sopportate da chi abbia provve­duto al “sostentamento” del figlio fino alla pronuncia giudizia­le.Infine e, contestualmente, è consentito al giudicante assume­re ogni “disposizione” ritenuta utile per la tutela degli interes­si del minore (art. 277 c.c.).Dichiarazione giudiziale, decorrenza dell’obbligo di manteni­mento e rimborso delle spese unilateralmente sopportateOrbene, il dettato normativo ex artt. 261 e 277 c.c. ­ peral­tro, in linea con gli argomenti addotti da buona parte dellagiurisprudenza di legittimità ­ individua nell’assunzione dellostatus genitoriale il momento di decorrenza degli oneri, aloro volta, contemplati dagli artt. 147 e 148 c.c., nonché dal­l’art. 30, comma 1, Cost., che, con una disposizione di imme­diato valore precettivo, stabilisce il dovere e il diritto dei ge­nitori di mantenere, istruire ed educare i figli anche se natifuori dal matrimonio.Non a caso, l’assunzione delle c.d. “responsabilità genitoriali”,scaturendo dal semplice evento nascita, incomberanno a pre­scindere dall’accertamento della filiazione, con la conseguen­za che il genitore naturale non potrà sottrarsi alle sue obbli­gazioni nei confronti del figlio anche se tardivamente ricono­sciuto.Pertanto, qualora l’onere di mantenimento sia stato intera­mente sopportato da uno solo dei genitori, quest’ultimo avràfacoltà di agire avverso l’altro onde ottenerne il rimborso, dadeterminarsi in proporzione alle rispettive sostanze e capaci­tà di lavoro, professionale o casalingo, di ciascuno, in conside­razione non solo dei redditi effettivi ma, pure, delle assodatepotenzialità reddituali.la GIURISPRUDENZAIl rimborso in favore del genitore adempiente: modalità eazioneNon di rado è difficile, comunque, la ricostruzione analiticadegli esborsi unilateralmente sostenuti a beneficio della prole,ragion per cui ­ come correttamente sostenuto ­ la relativaliquidazione dovrà avvenire in via equitativa in forza di deter­minati parametri, quali la soddisfazione delle esigenze alimen­tari, abitative e scolastiche, il tutto sulla base di un rapportodi solidarietà fra condebitori (art. 1299 c.c.) e su specificadomanda di parte, attenendo codesta pronuncia alla definizio­ne di legami pregressi, non incidenti sull’interesse superioredel minore. Diversamente la condanna del genitore naturaleal mero pagamento del contributo periodico non presuppor­rà alcuna richiesta, trattandosi di potere assumibile ex officio.A ogni modo e, per giurisprudenza costante, si ritiene, tutta­

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via, che la domanda di rimborso delle spese sostenute per ilmantenimento del figlio può essere promossa in uno con ladomanda di accertamento della paternità naturale, formulatanella qualità di genitore esercente la potestà.Difatti, se è vero che l’obbligo di mantenimento ha fonte lega­le e sorge automaticamente, nondimeno è altrettanto veroche lo stesso diviene coercibile solo a seguito della sentenzache abbia accertato la paternità (o la maternità) naturale,stante l’incertezza che precede detto istante. Conseguente­mente, se il predetto diritto può essere fatto utilmente valeresolo con la pronuncia giudiziale di riconoscimento, sarà apartire da tale data che inizierà a decorrere l’ordinaria pre­scrizione decennale, ossia il termine entro il quale il genitoreche abbia anticipato le somme necessarie per il “sostenta­mento” del figlio potrà agire per ottenere il rimborso di unaquota di esse.Il diritto del minore al risarcimento del danno quale azioneautonoma e successivaInfine, se la filiazione è giudizialmente dichiarata ovvero ilriconoscimento è tardivo viene in evidenza anche la questio­ne della lesione dei diritti del minore, decisamente più artico­lata di quella concernente il diritto al rimborso delle spese.Invero, il riconoscimento tardivo o giudizialmente conseguitopuò ledere i diritti della prole sotto un duplice profilo: perchéla priva per un lasso di tempo, più o meno consistente, diquella agiatezza e di quel tenore di vita che il genitore assenteavrebbe potuto garantirgli e perché la “spoglia” del diritto aricevere cura, istruzione ed educazione. Del resto, la funzio­ne genitoriale, nel suo complesso, è una funzione tipicamenteduale che non consente una compensazione quantitativa tra­mite un maggior sforzo dell’unico genitore presente, dal mo­mento che un’equilibrata crescita del minore medesimo ne­cessita ­ di regola ­ dell’apporto di entrambe le “parti”, trat­tandosi oltretutto di prestazioni infungibili che non possono,certamente, esaurirsi con un unico versamento, seppuremaggiorato degli interessi.DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ ED EFFET­TI DELLA SENTENZATribunale de L’Aquila 6 giugno 2007La dichiarazione giudiziale di paternità produce gli effetti delriconoscimento e ciò determina, a carico del genitore, tutti idoveri derivanti dalla procreazione legittima, incluso quellodel mantenimento del figlio, gravante in solido su entrambi igenitori a decorrere dal momento della nascita; di conse­guenza, in base alla disciplina dell’obbligazione solidale, il geni­tore che abbia sostenuto il mantenimento del figlio fino alladichiarazione di paternità ha diritto di regresso nei confrontidell’altro. (Lex24&Repertorio24)Cassazione civ., Sez. I, 4 maggio 2000, n. 5586La sentenza di accertamento della filiazione naturale pone acarico del genitore tutti i doveri propri della procreazionelegittima compreso quello del mantenimento; tale obbligazio­ne decorre dalla data della nascita e la stessa decorrenza hal’obbligo di rimborsare pro quota l’altro genitore che abbiaprovveduto integralmente al mantenimento del figlio; mentre

la condanna al rimborso di detta quota presuppone la do­manda di parte, attenendo alla definizione di rapporti pre­gressi tra debitori solidali, la necessità della domanda nonricorre in ordine ai provvedimenti da adottare per il periodosuccessivo alla proposizione dell’azione avendo il giudice ilpotere di adottare d’ufficio i provvedimenti opportuni per ilmantenimento del minore. (In applicazione di tali principi laS.C. ha cassato la decisione di merito che, in assenza di do­manda dell’altro genitore, aveva fissato la decorrenza dell’as­segno di mantenimento dalla data della sentenza di primogrado e, decidendo nel merito, ha dichiarato l’obbligo di cor­rispondere il mantenimento dalla data del ricorso introdutti­vo del giudizio). (Guida al Diritto, 2000, 25, 56)Cassazione civ., Sez. I, 14 agosto 1998, n. 8042La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce glistessi effetti del riconoscimento e implica pertanto tutti idoveri propri della procreazione legittima, compreso quellodi mantenimento; tale obbligo di mantenimento, non avendonatura alimentare, è a carico del genitore a seguito della di­chiarazione giudiziale di paternità naturale a decorrere dallanascita del figlio e non dal giorno della domanda giudiziale,con la conseguenza che dalla stessa data decorre anche l’ob­bligo di rimborsare pro quota l’altro genitore che abbia inte­gralmente provveduto al mantenimento del figlio fino allapronuncia del giudice. (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. I, 24 marzo 1994, n. 2907La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce glieffetti del riconoscimento (art. 277 c.c.), e, quindi, a normadell’art. 261 c.c., implica tutti i doveri propri della procreazio­ne legittima, compreso quello del mantenimento, ex art. 148c.c., con la stessa decorrenza dell’assunzione dello statusgenitoriale, cioè a partire dalla nascita del figlio; ne consegueche, ove a detto mantenimento abbia integralmente provve­duto l’altro genitore, come si verifica anche quando questiabbia svolto attività lavorativa per riceverne quale corrispetti­vo “in natura” l’ospitalità e l’assistenza del figlio, si deve rico­noscere a tale genitore adempiente il diritto di agire. (CedCassazione)Cassazione civ., Sez. I, 2 marzo 1994, n. 2065La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce, aisensi dell’art. 278 c.c., gli stessi effetti del riconoscimento, percui pone a carico del genitore, fin dalla nascita del figlio, tutti idoveri inerenti al rapporto di filiazione legittima (art. 261c.c.), compresi quelli di mantenimento, educazione e istruzio­ne. Ne consegue che l’altro genitore, che abbia subito perintero il carico del mantenimento, ha il diritto di ottenere ilrimborso pro quota di dette spese anche per il periodo ante­riore alla proposizione dell’azione per la dichiarazione giudi­ziale della paternità o maternità naturale con riguardo alladecorrenza fatta valere con la domanda. (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. I, 26 giugno 1987, n. 5619La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce, aisensi dell’art. 278 c.c., gli stessi effetti del riconoscimento, percui pone a carico del genitore, fin dalla nascita del figlio, tutti idoveri inerenti al rapporto di filiazione legittima (art. 261

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c.c.), compresi quelli di mantenimento, educazione e istruzio­ne; pertanto, il genitore che ha provveduto al mantenimentodel figlio ha diritto di ripetere la quota delle relative spese neiconfronti del soggetto del quale è stata accertata la paternitào la maternità naturale, in applicazione analogica dell’art.1299 c.c., che prevede il regresso tra condebitori solidaliquando l’obbligazione sia stata adempiuta da uno solo di essi,alla stregua del principio che si trae dall’art. 148 (richiamatodall’art. 261 c.c. per la filiazione naturale) che, prevedendol’azione giudiziaria contro il genitore inadempiente, postula ildiritto di quello adempiente di agire in regresso nei confrontidell’altro. (Ced Cassazione)DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ E MANTE­NIMENTOCassazione civ., Sez. I, 26 maggio 2004, n. 10124In tema di riconoscimento di figlio naturale, il diritto al rim­borso delle spese sostenute, spettante al genitore che haallevato il figlio nei confronti del genitore che procede al rico­noscimento, non è utilmente esercitabile se non dal giornodel riconoscimento stesso (soltanto il riconoscimento com­portando, ex art. 261 c.c., gli effetti tipici connessi dalla leggeallo status giuridico di figlio naturale), con la conseguenza chedetto giorno segna altresì il dies a quo della decorrenza dellaprescrizione del diritto stesso. (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. I, 1° ottobre 1999, n. 10861In materia di dichiarazione giudiziale di paternità e maternitànaturale, il rimborso delle spese spettanti al genitore che haprovveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancor­ché trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento im­putabile anche all’altro genitore, ha natura in senso lato in­dennitaria, essendo diretta a indennizzare il genitore, che hariconosciuto il figlio, a causa degli esborsi sostenuti da soloper il mantenimento della prole; poiché è principio generale(desumibile da varie norme, quali ad esempio gli art. 379,comma 2, 2054, 2047 c.c.) che l’equità costituisca criterio divalutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabili­tà extracontrattuale ma anche quando la legge si riferisca ingenere a indennizzi o indennità, il giudice di merito può utiliz­zare il criterio equitativo per determinare le somme dovute atitolo di rimborso. (Ced Cassazione)DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ E RIMBOR­SITribunale di Lodi 23 giugno 2008, n. 426La sentenza di accertamento della filiazione naturale ha natu­ra meramente dichiarativa, in quanto il diritto del fìglio natu­rale a essere mantenuto, istruito ed educato da entrambi igenitori sussiste sin dal momento della nascita, con la conse­guenza che il genitore, il quale abbia provveduto, medio tem­pore, al mantenimento del figlio, anche per la parte di perti­nenza del genitore giudizialmente dichiarato ha il diritto alrimborso pro quota delle spese sostenute, azionabile solo dalmomento del passaggio in giudicato della pronuncia di accer­tamento. (Il Merito, 2008)Tribunale di Torino, Sez. VIII, 31 marzo 2008, n. 2774Per il combinato disposto degli artt. 261, 147 e 148 c.c., sui

genitori naturali grava l’obbligazione di adempiere al manteni­mento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e se­condo la capacità di lavoro professionale e casalingo. Ne con­segue che il genitore che abbia adempiuto all’obbligo di man­tenimento dei figli anche per la quota incidente sull’altro geni­tore è legittimato ad agire contro quest’ultimo per consegui­re il rimborso della quota per tutto il periodo decorrentedalla nascita del figlio ­ e non soltanto per il periodo successi­vo alla domanda, come previsto dall’art. 445 c.c. per la diver­sa ipotesi dell’obbligo alimentare ­ in applicazione analogicadell’art. 1299 c.c., che prevede il regresso tra i condebitorisolidali quando l’obbligazione sia stata adempiuta da uno solodi essi. (Il Sole 24 ore, Quotidiano, 2008, 200, 17)Cassazione civ., Sez. I, 2 febbraio 2006, n. 2328L’obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 c.c.)sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qual­sivoglia domanda, sicché nell’ipotesi in cui al momento dellanascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenu­to perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, nonviene meno l’obbligo dell’altro genitore per il periodo ante­riore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternitào maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il dirittodel figlio naturale a essere mantenuto, istruito ed educato neiconfronti di entrambi i genitori. Conseguentemente, il genito­re naturale, dichiarato tale con provvedimento del giudice,non può sottrarsi alla sua obbligazione nei confronti del figlioper la quota posta a suo carico, ma è tenuto a provvedere sindal momento della nascita, attesa la natura dichiarativa dellapronuncia che accerta la filiazione naturale. Il diritto al rim­borso pro quota delle spese sostenute dalla nascita del figlio,spettante al genitore che lo ha allevato, non è tuttavia util­mente esercitabile se non dal momento della sentenza diaccertamento della filiazione naturale, con la conseguenzache detto momento segna altresì il dies a quo della decorren­za della prescrizione del diritto stesso. (Rigetta, App. Roma, 5Luglio 2002) (Lex24&Repertorio24)Corte d’Appello di Milano 5 febbraio 2002Il genitore naturale ha l’obbligo di provvedere in proporzionealle proprie sostanze al mantenimento del figlio sin dalla na­scita di quest’ultimo ancorché il rapporto di filiazione sia sta­to successivamente accertato con sentenza. (Lex24&Reper­torio24)Cassazione civ., Sez. I, 22 novembre 2000, n. 15063Il riconoscimento del figlio naturale comporta l’assunzione ditutti i diritti e doveri propri della procreazione legittima, ivicompreso l’obbligo di mantenimento, che, per il suo caratte­re essenzialmente patrimoniale, esula dallo stretto contenutodella potestà genitoriale, e in relazione al quale, pertanto, nonrileva, come, invece, avviene con riguardo a quest’ultima, anorma dell’art. 317 bis c.c., la circostanza che i genitori sianoo no conviventi, incombendo detto obbligo su entrambi, inquanto nascente dal fatto stesso della procreazione. Ne con­segue che, nell’ipotesi in cui al mantenimento abbia provvedu­to, integralmente o comunque al di là delle proprie sostanze,uno soltanto dei genitori, a lui spetta il diritto di agire in re­

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gresso, per il recupero della quota del genitore inadempiente,secondo le regole generali del rapporto tra condebitori soli­dali, come si desume, in particolare, dall’art. 148 c.c., richia­mato dall’art. 261 c.c., che prevede l’azione giudiziaria controil genitore inadempiente, e senza, pertanto, che sia configura­bile un caso di gestione di affari altrui. L’obbligo in esame, nonavendo natura alimentare, e decorrendo dalla nascita, dallastessa data deve essere rimborsato pro quota. (Ced Cassa­zione)Tribunale di Cagliari 13 marzo 1997Nell’ipotesi in cui entrambi i genitori abbiano riconosciuto ilfiglio, l’obbligo legale di mantenimento è a carico di tutti edue in proporzione delle rispettive sostanze e capacità dilavoro e di guadagno. E poiché l’obbligo di mantenimentograva su entrambi, deve ritenersi che il genitore che adempiaa tale obbligo anche per la quota incidente sull’altro genitoreponga in essere una gestione d’affari produttiva degli effetti dicui all’art. 2031 c.c. e sia pertanto legittimato ad agire perottenere il rimborso di tale quota per tutto il periodo decor­rente dalla nascita del figlio e non dalla data della domanda.(Lex24&Repertorio24)Cassazione civ., Sez. I, 28 giugno 1994, n. 6217L’obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 c.c.)sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qual­sivoglia domanda. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui al mo­mento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo deigenitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mante­nimento, non viene meno l’obbligo dell’altro genitore per ilperiodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudizialedi paternità o maternità naturale. Pertanto, una volta interve­nuta siffatta pronuncia, egli deve corrispondere al genitoreche ha riconosciuto il figlio, in proprio, le somme versate chequesti ha anticipato per far fronte, da solo, al mantenimento,mentre, per il periodo successivo, è tenuto a provvedere almantenimento del figlio minore versando all’altro genitore,quale esercente la potestà, l’assegno mensile posto a suocarico. (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. I, 23 gennaio 1993, n. 791L’obbligo di mantenimento, non avendo natura di obbligoalimentare, è a carico del genitore a seguito della dichiarazio­ne giudiziale di paternità naturale a decorrere dalla nascita delfiglio e non dal giorno della domanda giudiziale; ne consegueche dalla stessa data decorre anche l’obbligo di rimborsarepro quota l’altro genitore, il quale abbia integralmente prov­veduto al mantenimento del figlio fino alla pronuncia del giu­dice. (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. I, 20 aprile 1991, n. 4273Entrambi i genitori sono coobbligati solidali nei confronti delfiglio naturale per tutto quanto gli è dovuto per il suo mante­nimento: pertanto il genitore convivente con il figlio naturale,cui ha prestato l’intero mantenimento, ha diritto di regressonei confronti dell’altro genitore; il genitore che agisce in giudi­zio contro l’altro genitore per ottenere il mantenimento peril figlio naturale agisce in nome e nell’interesse proprio; ilgenitore, quando agisce all’esclusivo scopo di ottenere il man­

tenimento per il figlio naturale, dà inizio a un normale proce­dimento contenzioso tra due persone maggiorenni, che ha aoggetto una prestazione patrimoniale e si deve concluderecon una sentenza: un procedimento dunque che per questomotivo (e non già per il motivo meramente formale di nonessere menzionato nell’art. 38, disp. att. c.c.) non può cherientrare nella competenza del giudice civile ordinario; il tri­bunale per i minorenni non ha una competenza generale inmateria di figli naturali corrispondente a quella che ha il tribu­nale ordinario in materia di figli legittimi dopo la separazionee il divorzio. (Lex24&Repertorio24)DICHIARAZIONE O RICONOSCIMENTO DI PATERNITÀE RISARCIMENTO DANNITribunale di Trani 27 settembre 2007, n. 959La domanda di risarcimento del danno esistenziale conse­guente al mancato riconoscimento del figlio naturale va riget­tata ove sfornita di prova, in quanto, premesso che la leggenon prevede l’obbligatorietà del riconoscimento del figlionaturale, il figlio ha l’onere di provare che, benché alla soddi­sfazione dei suoi bisogni avesse provveduto la sola madre,quest’ultima non è riuscita a garantirgli un diverso tenore divita, che altrimenti sarebbe stato raggiunto attraverso la rego­lare corresponsione dell’assegno di mantenimento da partedel padre. D’altra parte ­ anche in considerazione dell’elevatolasso di tempo fatto decorrere dal diretto interessato per larichiesta di risarcimento del danno derivante dal mancatoriconoscimento e mantenimento (ventiquattro anni) ­ nonpuò affatto presumersi che la prova del danno esistenziale siain re ipsa, ovvero che derivi, automaticamente, dal solo man­cato riconoscimento. Infatti, non può essere risarcito un dan­no che prescinda completamente dalla prospettazione e di­mostrazione di una qualche conseguenza negativa in capo allavittima, in quanto disancorare il risarcimento del danno dal­l’accertamento dell’esistenza di un qualche riflesso negativo,di carattere personale e patrimoniale nella sfera del soggettoleso, significa costruire una categoria di danno “automatico”,direttamente innescato da un fatto illecito senza che vi siadimostrazione alcuna della modificazione in peius, della vitadella vittima. (Lex24&Repertorio24)Tribunale di Venezia, Sez. III, 30 giugno 2004, n. 1292Posto che l’assistenza morale e materiale tra familiari e, inparticolare, del genitore al figlio, corrisponde a un interessemeritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, il pre­giudizio all’attività di realizzazione della persona, che conse­gue alla violazione di essa, deve essere risarcito distintamentedal danno patrimoniale, biologico e morale cagionati dallamedesima condotta. (Lex24&Repertorio24)Tribunale di Venezia 30 giugno 2004Ritenuto che il rapporto di genitura non si esaurisce nell’attoprocreativo, ma implica inderogabilmente, anche per postula­to costituzionale, il dovere di guidare la prole lungo il suo,peraltro non agevole, cammino di sviluppo psicofisico e dimaturazione, il genitore naturale che non ha mai (fin dallanascita del figlio) in alcun modo prestato a quest’ultimo unabenché minima assistenza materiale, morale, affettiva e psico­

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logica, rifiutandosi, malgrado i reiterati e sofferti tentativi delfiglio di avere con lui anche sporadici rapporti d’alcun generee, perfino, di incontrarlo, provocandogli per ciò, pur nell’as­senza, in atto, di apprezzabili effetti patologici d’ordine fisico,un non trascurabile danno esistenziale, scaturito dalla carenzatotale, ininterrotta e consolidata di qualsiasi rapporto affetti­vo, deve al figlio il risarcimento, in via equitativa, del dannoesistenziale arrecatogli. (Lex24&Repertorio24)Cassazione civ., Sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713Poiché l’art. 2043 c.c., correlato agli artt. 2 ss. Cost., va ne­cessariamente esteso fino a ricomprendere il risarcimentonon solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti idanni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realiz­zatrici della persona umana, la lesione di diritti di rilevanzacostituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fattoin sé della lesione (danno evento) indipendentemente dalleeventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comporta­re (danno conseguenza). (Nella specie, in applicazione di taleprincipio la S.C. ha confermato la decisione di merito cheaveva riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, liquida­to in via equitativa, del figlio naturale in conseguenza dellacondotta del genitore, tale riconosciuto a seguito di dichiara­zione giudiziale, che per anni aveva ostinatamente rifiutato dicorrispondere al figlio i mezzi di sussistenza con conseguente“lesione in sé” di fondamentali diritti della persona inerentialla qualità di figlio e di minore). (Ced Cassazione)Cassazione civ., Sez. III, 2 marzo 1994, n. 2038Poiché il genitore ha l’obbligo di concorrere al mantenimentodel figlio fin dalla nascita di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 261c.c., ancorché la procreazione naturale sia stata successiva­mente accertata con sentenza, il figlio naturale, che è titolaredel correlativo diritto al mantenimento nei confronti del geni­tore, qualora tale mantenimento venga a cessare per la mor­te del genitore stesso, della quale sia responsabile, per fattoillecito, un terzo, ha diritto jure proprio nei confronti di que­st’ultimo al risarcimento del danno, consistente, nel pregiudi­zio economico per la cessazione del mantenimento, dal gior­no in cui si è verificato tale danno e non dalla data in cui consentenza, avente natura dichiarativa, è stata accertata la pro­creazione naturale. (Ced Cassazione)la DOTTRINAPer ulteriori approfondimenti dottrinali­ FERRANDO, «La filiazione naturale e la legittimazione», inTrattato di diritto privato, Utet, 1997, 99;­ FERRANDO, «Filiazione legittima e naturale», in Digesto,Utet, 1992, 295;­ MAJELLO, «La filiazione naturale», in Istituzioni di dirittoprivato, Utet, 2005, 232;­ UBALDI, «La filiazione naturale. Il riconoscimento del figlionaturale», in Tratt. dir. fam., Giuffrè, 2002, 282;­ VERCELLONE, La filiazione, Utet, 1987, 81;­ VIOLANTE, I rapporti di filiazione e le azioni di stato, Simo­ne, 1983.le CONCLUSIONIIn sintesi e pur rispettando il principio della verifica del “dan­

no conseguenza”, non può farsi a meno di rilevare che l’as­senza volontaria di un genitore dal percorso di crescita delfiglio è un atto illecito in contrasto con i doveri genitoriali,determinante, in ogni caso, la privazione di una fondamentalerelazione familiare e del conseguente diritto a ricevere l’ap­porto educativo e di cura personale costituzionalmente ga­rantito.

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Roberto Masoni, Immobili & Diritto, N. 6/2010 ­ Pag. 34

L’impugnazione speciale: opposizione tardiva a con­valida di sfratto

Tribunale di Salerno, sent. 19 marzo 2010, Sez. I ­ Est. ScarpaIl caso deciso dalla pronuncia in oggetto concerneva opposi­zione tardiva alla convalida dello sfratto proposta da partedella conduttrice di un immobile diverso dall’abitazione fonda­ta sul presupposto della mancata conoscenza dell’intimazione( della conseguente impossibilità di comparizione in udienza)per irregolarità di notificazione dell’atto, la quale sarebbe risul­tata doppiamente viziata;in quanto effettuata nel luogo indicato come domicilio elettoin contratto, in tal modo ponendosi in palese contrasto con ildisposto dell’art. 660, comma 1, cod. proc. civ., e poi, quantoalla successiva notificazione eseguita tramite servizio postale,perché compiuta in difetto dell’invio a opera dell’ufficiale giudi­ziario dell’avviso di effettuata notificazione ai sensi dell’ultimocomma dell’art. 660 cod. proc. civ.Il tribunale salernitano ha constatato la fondatezza dell’ecce­zioni sollevate dall’opponente, perciò l’irregolarità della notifi­ca e l’ammissibilità dell’opposizione.Tuttavia, lo stesso ha evidenziato che la ricorrente, nel merito,”nulla avesse obiettato nel ricorso in opposizione circa lamorosità intimata ”, ulteriormente sottolineando che, il rime­dio proposto contro l’ordinanza di convalida, strutturalmentedipanantesi in due fasi (rescindente e rescissoria) (1), ”nonpossa esaurirsi in una denuncia di irregolarità” della notifica eche ”ove non sia accompagnato da contestazioni sulla pretesacreditoria del locatore”, non è atto a produrre alcun risultatoutile per l’opponente (2). Sicché giocoforza è la declaratoriad’inammissibilità del rimedio.Lo strumento di difesa attivato dalla ricorrente nel procedi­mento deciso dal tribunale salernitano è l’opposizione dopo laconvalida o cosiddetta opposizione tardiva (art. 668 cod. proc.civ.).Formalmente si tratta dell’unico strumento rimediale previstodal codice di rito e di cui gode la parte che abbia subitoun’illegittima convalida di sfratto.Sinteticamente lo stesso è esperibile quando l’assenza dell’inti­mato dall’udienza non sia stato determinato da sua condottaconsapevole e volontaria, ma piuttosto causata da situazionipatologiche e impedienti; quali, l’irregolarità della notifica del­

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l’intimazione per convalida ascrivibile a caso fortuito o forzamaggiore, ovvero, ovvero, a impossibilità di comparizione inudienza per caso fortuito o forza maggiore.Abbiamo anticipato che l’opposizione in discorso rappresentasolo apparentemente l’unico rimedio esperibile da chi abbiasubito la convalida dello sfratto o della licenza. Dato che unagiurisprudenza ben consolidata consente all’intimato di oppor­si allo sfratto convalidato mercè proposizione dell’appello,tutte le volte in cui l’ordinanza sia stata pronunciata in assenzadi un presupposto legale di ammissibilità del procedimentospeciale (3).Restano in ogni caso esperibili le impugnazioni straordinarieche sono state estese all’ordinanza di convalida dello sfratto edi licenza per effetto di ripetuti interventi additivi della CorteCostituzionale (4).Natura giuridica del rimedio: teorie a confrontoLa pronuncia salernitana, rara avis in materia, ha precisato cheil giudizio introdotto ai sensi dell’art. 668 cod. proc. civ. ”hanatura di mezzo di impugnazione speciale, che si articola inuna duplice fase, rescindente e rescissoria”.L’importante affermazione, anche alla luce di una recente pro­nunzia nomofilattica passata completamente sotto silenzio (5),sollecita una riflessione sulla vexata oltre che annosa (e, comesi vedrà, non ancora del tutto risolta) quaestio iuris concer­nente la natura giuridica del giudizio di opposizione tardiva aconvalida.Il codice di rito vigente (sul punto riproduttivo della formulagià presente nell’art. 40 del R.D. n. 1531/1936) non precisa sela cosiddetta opposizione tardiva costituisca un mezzo di im­pugnazione, concesso al convenuto­intimato per l’eliminazio­ne del provvedimento di convalida, oppure se essa, diversa­mente, permetta la riapertura del giudizio di primo grado,inducendo un effetto analogo a quello dell’opposizione tempe­stiva ex art. 667 cod. proc. civ.L’incertezza ha così suscitato un ventaglio variegato di opinioni(6).Da una parte, quanti, soprattutto in passato, hanno ritenutoche l’opposizione in discorso non abbia natura giuridica diimpugnazione, dando piuttosto luogo alla riapertura della pri­ma fase del procedimento per convalida di sfratto; dall’altro,quanti opinano che si tratti di un’impugnazione ordinaria; altri,infine, propendono per l’impugnazione straordinaria.1. Una prima tesi ha ricondotto l’istituto nel quadro dell’oppo­sizione tempestiva all’intimazione, escludendo però la naturaimpugnatoria.In proposito, si è osservato che tale opposizione non è pro­priamente un’impugnazione, dato che non dà luogo a una fasedi gravame, ma determina la riapertura della fase di primacognizione e, se valida e ammissibile, toglie al provvedimentoopposto il suo carattere decisorio, facendolo regredire a me­ro ordine esecutivo, equiparabile, per gli effetti, all’ordinanzadi rilascio di cui all’art.665. Si avrebbe così pur sempre un titolo esecutivo, ma,perché possa aversi giudicato, occorrerebbe una decisioneresa in virtù di cognizione piena (7).

Si tratterebbe di un caso di ”reviviscenza o di non consunzio­ne del potere dell’intimato di sollecitare una decisione giuri­sdizionale sulle questioni che altrimenti sarebbero precluse ”(8).Si giunge a questa ricostruzione valorizzando esclusivamentetaluni passaggi letterali evincibili dall’art. 668 cod. proc. civ.; daun canto, la circostanza che la rubrica della disposizione nor­mativa si riferisca alla ”opposizione dopo la convalida” e nondi opposizione ”alla o contro la convalida” (9), come pure ilfatto che l’opposizione sia rivolta contro l’intimazione (10).2. Autorevole dottrina ha affermato, invece, isolatamente, chel’opposizione tardiva sarebbe configurabile alla stregua di unmezzo di impugna­ zione straordinario, equiparabile all’oppo­sizione tardiva a decreto ingiuntivo di cui all’art. 650 cod. proc.civ. (11).3. Secondo altra impostazione, maggiormente seguita, l’oppo­sizione tardiva sarebbe invece uno speciale mezzo di impugna­zione introduttivo di un nuovo procedimento di primo grado.In particolare, l’opposizione tardiva ex art. 668, al pari dell’op­posizione tardiva ex art. 650, tende a rescindere un provvedi­mento giurisdizionale dichiarativo di un diritto contro l’oppo­nente, per sostituirlo con un provvedimento giurisdizionaledichiarativo, pronunciato in forma di sentenza e favorevoleall’opponente (12).Sempre nell’ottica di questa sistematica, si è ulteriormenteprecisato che l’opposizione in oggetto si caratterizza per unaduplicità di fasi, rescindente e rescissoria (13).Valutazione criticaSe solo si considerano i principi generali in tema di impugna­zione dei provvedimenti giurisdizionali, potrà emergere la cor­retta natura giuridica dell’opposizione in discorso, fondata­mente qualificabile alla stregua di un’impugnazione speciale.La funzione del rimedio consiste, anzitutto, nell’eliminazionedi un provvedimento giurisdizionale di convalida, di ”rescissio­ne ”.In termini generali, l’opposizione tardiva impedisce il formarsidel giudicato, che si sostanzia solo una volta decorsi diecigiorni dall’esecuzione dell’ordinanza di convalida, cosicché lastessa impedisce al provvedimento di divenire ”incontroverti­bile”, come in materia di impugnazioni.L’ordinanza di convalida di sfratto diventa ”incontrovertibile ”quando il gravame non sia stato proposto tempestivamente inforza del principio di necessità o necessarietà delle impugna­zioni.E’, d’altro canto, caratteristico della materia delle impugnazio­ni il subentro della decadenza dalla proponibilità del mezzoquando la parte abbia lasciato inutilmente decorrere il terminesenza attivarsi.Questo effetto è riscontrabile, identicamente, nell’opposizio­ne tardiva a convalida quando siano decorsi dieci giorni dal­l’esecuzione del provvedimento senza gravame, sicchè l’ordi­nanza, come riconosce la giurisprudenza (14), passa in giudica­to.Infine, la proposizione dell’opposizione non sospende automa­ticamente l’esecuzione del provvedimento di convalida, occor­

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rendo, invece, un provvedimento di sospensione ad hoc (15).La stesso effetto è verificabile quando venga impugnata unasentenza, per sospendere la quale è richiesto un appositoprovvedimento inibitorio (art. 283 cod. proc. civ.).In forza di queste considerazioni, l’opposizione tardiva apparepreferibilmente qualificabile alla stregua di un’impugnazioneordinaria, introduttiva di un giudizio di primo grado, similmen­te all’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (art. 650 cod.proc. civ.), di cui sono richiamate le modalità di opposizione.La natura giuridica nella giurisprudenzaSulla qualificazione giuridica del mezzo, la Corte Suprema nonha ancora assunto univoca posizione.Nelle massime si riscontrano taluni cenni alla natura ”impu­gnatoria ” del mezzo, con la precisazione che, laddove ilmezzo non venga proposto, l’ordinanza di convalida acquistanatura di sentenza definitiva, perché ”il provvedimento di con­valida della licenza per finita locazione o dell’intimazione disfratto, emanato ai sensi dell’art. 663 cod. proc. civ. in caso dimancata comparizione o di mancata opposizione, dell’intima­to, è impugnabile soltanto con l’opposizione tardiva previstadall’art. 668 cod. proc. civ.;in mancanza di tale impugnazione, pur avendo, per espressadisposizione di legge, la forma esteriore di ordinanza, acquistatuttavia la natura e il contenuto sostanziale di sentenza passatain cosa giudicata per tutto quanto attiene alla risoluzione delrapporto locatizio e ai presupposti formali e sostanziali dellarisoluzione stessa” (16).In tempi più recenti, grazie a una pregevole e approfonditapronuncia della terza Sezione civile, la Corte Suprema hapreso preciso partito, precisando meglio la natura giuridicadell’opposizione tardiva a convalida e propendendo per lanatura impugnatoria speciale del rimedio.Si è insegnato così che: ”poiché il giudizio di opposizionetardiva ex art. 668 cod. proc. civ., ha natura di mezzo diimpugnazione speciale, che si articola in una duplice fase,rescindente e rescissoria, nella seconda della quale oggetto delgiudizio di merito è il diritto azionato con l’originaria intima­zione di licenza o di sfratto del locatore, il quale assume laveste sostanziale di attore, nel giudizio di merito, soggetto alrito di cui all’art. 447­bis cod. proc. civ., che si instaura conl’apertura della fase rescissoria, il locatore medesimo non puòproporre domande nuove, ma tutt’al più modificare la propriadomanda, ove ricorrano le condizioni di cui all’art. 420, com­ma 1 cod. proc. civ.” (17).Secondo la Corte, il rimedio previsto dall’art. 668 cod. proc.civ. costituisce un’impugnazione ordinaria, con duplicazione difasi che si svolgono innanzi al medesimo giudice dell’opposi­zione a convalida; una prima fase è rescindente (”volta fardichiarare la nullità dell’ordinanza e a revocarla”) e una (even­tuale) è rescissoria (nella quale accertare ”la fondatezza omeno della pretesa azionata con il procedimento speciale dallocatore”).L’apparente univocità dell’orien­ tamento nomofilattico è sta­to recentemente posto in discussione da una pronuncia del2009 che si è posta in consapevole contrasto con la pregressa

giurisprudenza.La più recente decisione di legittimità (18) ha riconosciutocarattere ”ibrido del procedimento ”, secondo schemi con­cettuali usualmente seguiti per definire l’opposizione a ingiun­zione.Nonostante il tenore poco perspicuo della massima ufficiale,la pronunzia ha chiarito che l’opposizione in discorso ”purpresentando sotto alcuni profili i caratteri dell’impugnativa, haessenzialmente funzione di rimessione in termini nell’opposi­zione all’intimazione e determina l’insorgere di una situazioneprocessuale analoga a quella conseguente alla proposizionedell’opposizione tempestiva nel corso del procedimento diconvalida”.Viene in tal modo riesumato quell’orientamento dottrinale,già in precedenza ricordato, il quale riteneva che l’opposizioneex art. 668 cod. proc. civ. costituisse null’altro che un’opposi­zione alla convalida di sfratto per la quale ”l’intimato vienerimesso in termini nell’opposizione ”.Il pensiero della Corte appare vieppiù chiaro laddove si leggel’affermazione secondo la quale l’opposizione tardiva a convali­da ”deve essere inclusa a pieno titolo nell’ambito dei procedi­menti di sfratto”.Sospensione feriale dei termini processualiDall’affermazione contenuta nella pronuncia del 2009, secon­do cui l’opposizione dopo la convalida costituisce null’altroche un’opposizione alla convalida dello sfratto (per il quale”l’intimato viene rimesso in termini nell’opposizione”), si traeun logico corollario; quello secondo cui allo stesso è inapplica­bile la sospensione feriale dei termini processuali, di cui all’art.92 dell’Ordinamento Giudiziario (19) (sia pure solo con ri­guardo alla prima fase del procedimento che è finalizzato allasospensione dell’esecuzione della convalida).A opposta conclusione era invece pervenuta una precedentepronuncia sempre della terza Sezione (20), la quale avevaconfigurato il giudizio ex art. 668 cod. proc. civ. alla stregua di”un mezzo di impugnazione del provvedimento di convalida(che) dà luogo a un procedimento di primo grado”. A esso, inquantomezzo di impugnazione (e non fase prosecutoria delprocedimento di sfratto), sarebbe conseguenzialmente inappli­cabile l’art. 92 O.G. concernente i ”procedimenti di sfratto”.Come è emerso nitidamente nella decisione del 2009 (21),l’esatta qualificazione giuridica del rimedio oppositorio puòindurre dirimenti effetti processuali in punto tempestività del­l’opposizione dato che la stessa è proponibile non oltre ”diecigiorni dall’inizio dell’esecuzione ”. In modo particolare, ciòrileva laddove il primo atto di esecuzione (22) e la successivaopposizione tardiva siano stati compiuti durante il periodoestivo di sospensione dei termini processuali, dal 1° agosto al15 settembre di ogni anno.

IL CODICE DI PROCEDURA CIVILEArt. 668 ­ Opposizione dopo la convalida

LA GIURISPRUDENZA CITATALEGITTIMITA’

Cass. civ. 8 giugno 1961, n. 1318

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25Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

Cass. civ. 8 giugno 1961, n. 1318Cass. civ. 11 gennaio 1967, n. 114Cass. civ. 28 luglio 1975, n. 2908

Cass. civ. 27 novembre 1975, n. 3978Cass. civ., Sez. Unite, 3 aprile 1989, n. 1610

Cass. civ. 16 maggio 1997, n. 4366Cass. civ. 21 gennaio 2000, n. 677

Cass. civ. 26 ottobre 2001, n. 13310Cass. civ. 29 ottobre 2001, n. 13419

Cass. civ. 21 novembre 2001, n. 14720Cass. civ. 21 novembre 2002, n. 14702

Cass. civ. 6 luglio 2006, n. 15353Cass. civ. 4 giugno 2009, n. 12880

MERITOTrib. Patti 22 febbraio 2007_____(1) Appare discusso se le due fasi in cui si articola il procedi­mento di opposizione tardiva a convalida possano essere og­getto di unica contestuale decisione ]Di Marzio, ”Il processolocatizio” (Di Marzio­Di Mauro), Milano 2007, 955; Masoni, ”Ilprocesso”, Le locazioni (Grasselli­Masoni), Padova 2007, 547.In giurisprudenza, Trib. Patti 22 febbraio 2007, Immobili &Diritto, 2007, 9, 64 con nota adesiva di Carrato), ovvero, se ilgiudice debba annullare l’ordinanza di convalida con sentenzanon definitiva (Trisorio Liuzzi, ”Tutela giurisdizionale delle lo­cazioni”, Napoli 2005, 372) per far poi proseguire il giudizioper la decisione di merito.(2) Questo passaggio della decisione sembra riecheggiare lesavie parole di Satta (”Commentario al codice di proceduracivile”, Milano 1959­68, IV, I, 145), il quale scriveva che: ”l’op­posizione (tardiva: n.d.a.)deve introdurre motivi di merito cheescludano la convalida della licenza. I motivi formali (nullità delprocedimento) non sono sufficienti a concretare l’opposizionepoiché il procedimento speciale è ormai fuori questione”.(3) Ex multis, Cass. n. 14702/2002. Da ultimo, si veda laseguente massima: ”la convalida di sfratto può essere impu­gnata con il mezzo ordinario dell’appello se pronunciata indifetto dei suoi elementi tipici. Tali elementi sono, da un lato, ipresupposti particolari del provvedimento di convalida (indica­ti nell’art. 663, commi 1 e 3, cod. proc. civ., e cioè la mancatacomparizione, la mancata contestazione e la dichiarata persi­stenza della morosità, sicché l’intimato non deve limitarsi acomparire ma deve anche opporsi alla convalida), dall’altro,quelli generali dell’azione, cioè la giurisdizione, la competenza,la capacità processuale dell’intimante e la corretta evocazionein giudizio. Il giudice, quindi, deve rifiutare la convalida nonsolo quando ricorrono i presupposti particolari già indicati, maanche allorché riscontri la mancanza dei presupposti generalidell’azione. Deriva, da quanto precede, pertanto, che il prov­vedimento di convalida, emanato in assenza di questi ultimi,che siano tuttora attuali, è sostanzialmente equiparabile a unasentenza ed è, pertanto, appellabile, a prescindere dall’atteg­giamento in concreto mantenuto dall’intimato comparso”(Cass. 6 luglio 2006, n. 15353/2006, Giust. civ. 2007, 2493).(4) In argomento v. amplius, Masoni, op. cit., 573 ss.

(5) Ci riferiamo a Cass. n. 12880/2009, su cui si tornerà inprosieguo.(6) Su tali divergenti opinioni della dottrina si rinvia, riassunti­vamente, a Masoni, op. cit., 521.(7)Così testualmente, Giudiceandrea, ”Convalida di sfratto(Procedimento per)”, Noviss. Dig., Torino 1959, IV, 798;Lazza­ro­Preden­Varrone, ”Il procedimento per convalida di sfrat­to”, Milano 1978, 294­295; Bucci­Crescenzi, ”Il procedimentoper convalida di sfratto”, Padova 1990, 153­154; Giorgetti,”L’emendatio libelli nell’opposizione tardiva alla convalida”,Giust. civ., I, 2002, 2250­2251, secondo cui, il procedimento inoggetto rappresenterebbe ”un giudizio nuovo e autonomo”.(8)Lazzaro­Preden­Varrone, op. cit., 294, i quali sottolineano ilparallelismo con l’istituto della remissione in termine del con­tumace.(9) La teorica dimentica peraltro di ricordare le presenza delprovvedimento di convalida, il quale, per riportare la posizionedel convenuto­opponente all’antecedente situazione giuridica,deve necessariamente essere tolto di mezzo e rescisso.(10) Lazzaro­Preden­Varrone, op. cit., 295. Per Porreca, ”Ilprocedimento per convalida di sfratto”, Torino 2006, 219­220,la norma ”esprime, come l’art. 184­bis cod. proc. civ., il piùgenerale principio della rimessione in termini che, nonostantenon abbia una generale formulazione nel nostro ordinamentoprocessuale, deve considerarsi sempre più parte integrante diuna lettura costituzionalmente orientata delle norme”.(11) Mandrioli, ”Diritto processuale civile”, Torino 2009, III,71.(12) Garbagnati, ”I procedimenti di ingiunzione e per convali­da di sfratto”, Milano 1979, 340; Preden, ”Sfratto (procedi­mento per convalida di)”,Enc. Dir., XIII, 1990, 452, nota 179,melius re perpensa; Trisorio Liuzzi, op. cit, 366; Carrato, ”Lelocazioni e il processo”,Le locazioni nella pratica del contrattoe del processo (Carrato­Scarpa), Milano 2005, 658, che loqualifica mezzo di impugnazione ”speciale”; Frasca, ”Il procedi­mento per convalida di fratto”, Torino 2001, 458, ritienepreferibile attribuire al mezzo ”una qualificazione variabile”,potendo lo stesso assumere connotazione di mezzo di impu­gnazione ordinario, ovvero, di mezzo di impugnazione straor­dinario (tutte le volte in cui l’ordinanza di convalida sia passatain cosa giudicata, ma non sia ancora iniziata l’esecuzione), inconcorso con l’appello.(13) Proto Pisani, Il procedimento per convalida di sfratto, Riv.trim. dir. proc. civ., 1988, 1379.(14) Ex multis, Cass. n. 1318/1961; Cass. n. 2908/1975 e su cuiinfra.(15) Garbagnati, op. cit., 339; Frasca, op. cit., 457.(16) Cass. n. 1318/1961. Sul giudicato in tal modo formatosi,Cass. n. 114/1967; Cass. n. 2908/1975; Cass. n. 3978/1975,Foro it. 1976, I, 305; Cass. n. 4366/1997 e Cass. n. 14720/2001, che, entrambe, genericamente, si riferiscono alla ”impu­gnabilità” del provvedimento mediante opposizione tardiva(17) Cass. n. 13419/2001, Rass. loc. cond., 2002, 405, con notaadesiva di Carrato, ”Riflessioni essenziali sulla struttura delprocedimento di opposizione tardiva a convalida di sfratto”;

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Giust. civ. 2002, I, 2541; Foro it. 2002, I, 1467.(18) Cass. n. 12880/2009.(19)L’art. 92 dell’O.G. tra l’altro, dispone l’inapplicabilità dellasospensione feriale dei termini ai procedimenti di sfratto.(20) Cass. n. 677/2000, Rass. loc. cond. 2000, 611, precisò conchiarezza che ”l’opposizione tardiva di cui all’art. 668 cod.proc. civ., sebbene si risolva in un mezzo di impugnazione delprovvedimento di convalida, dà luogo a un procedimento diprimo grado”.(21) La pronuncia nomofilattica del 2009 ha confermato lapronunzia gravata la quale aveva ritenuto inammissibile l’oppo­sizione perché tardivamente avanzata.(22) E’ divenuto pacifico, per effetto della riforma delle proce­dure esecutive realizzata nel 2006, che il momento d’iniziodell’esecuzione oggi coincide con la notifica del preavviso dirilascio (art. 608 cod. proc. civ.) (in tema, pacificamente,Maso­ni, op. cit., 540). In passato, l’individuazione di tale momentoera oggetto di vivace dibattito che si è alfine concluso con unintervento risolutivo delle sezioni unite che lo ha fissato nelmomento del primo accesso dell’ufficiale giudiziario per pro­cedere al rilascio coatto (Cass., Sez. Unite, n. 1610/1989, Foroit. 1989, I, 2168; Giust. civ. 1989, I, 2428, con nota di Lascaro,”Decorrenza del termine per proporre opposizione tardiva aconvalida di sfratto”; Cass. n. 13310/2001; Cass. n. 12880/2009).Riferimenti:Legge Giurisprudenza

AVVOCATI24

Il nuovo processo amministrativo

di Mauro Pisapia, Avvocato ­ Studio legale Lombardi, Molinari eAssociati

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 7 luglio 2010 n.156 il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, contenente ilCodice del processo amministrativo, redatto in attuazionedell’art. 44 della Legge 18 giugno 2009 n. 69, con cui era stataaffidata al governo la delega per il riordino di tale processo.Deve subito sottolinearsi come la creazione del Codice ­ cheentrerà in vigore a far data dal 16 settembre 2010 ­ abbiaconsentito di raccogliere in un unico ed organico corpo nor­mativo una serie di norme di natura processuale via via intro­dotte nel corso degli anni attraverso variegate disposizionispeciali. Si pensi, ad esempio, alle norme ­ e segnatamentel’art. 3, comma 2 bis, D.L. n. 245/2005, così come modificatoin sede di conversione dalla legge n. 21/2006 ­ che hannoattribuito al T.A.R. del Lazio, sede di Roma, la competenzafunzionale in ordine ai provvedimenti commissariali in situa­zioni dichiarate di emergenza ai sensi dell’art. 5, comma 1,legge n. 225/1992, vicende queste ora disciplinate dall’art. 135del Codice. Oppure alle disposizioni in tema di ricorso sul

silenzio di cui alla legge n. 241/1990, ora regolamentato dagliartt. 31 e 117 del Codice. Ed ancora, alle norme riguardantile impugnazioni nell’ambito degli appalti pubblici, già discipli­nate dalla legge n. 205/2000, dal D.Lgs. n. 163/2006 e dal re­centissimo D.Lgs. n. 53/2010, norme ora “assorbite” negliartt. 119 e seguenti del Codice.Il testo definitivamente approvato risulta essere per la veritàuna versione alquanto rimaneggiata della bozza a suo tempolicenziata dalla qualificata Commissione nominata dal Presi­dente del Consiglio di Stato con decreto 23 luglio 2009.Il Codice contempla quattro azioni, che possono essere traloro cumulate: l’azione “classica” di annullamento, l’azione dicondanna, nell’ambito della quale è prevista pure l’azione dirisarcimento danni, e l’azione avverso il silenzio. Rispetto allabozza della Commissione, nella versione definitiva del Codicesono state espunte l’azione di accertamento e quella diadempimento.Con riguardo in particolare all’azione di risarcimento danni,deve sottolinearsi come, per la sua proposizione, il Codicefissi un termine ridotto di 120 giorni (cfr. art. 30), decorrentedal momento in cui il fatto si è verificato ovvero dalla cono­scenza del provvedimento, se il danno deriva direttamente daesso. Si è in tal modo trasformato (surrettiziamente) il termi­ne di prescrizione quinquennale, tuttora applicabile innanzi algiudice ordinario, in un termine di decadenza.Nel Codice vengono confermati, oltre al giudizio di ottempe­ranza (artt. 112 e ss.), alcuni riti speciali, come quelli in mate­ria di accesso agli atti (art. 116), di silenzio (artt. 31 e 117) diappalti pubblici, autorità amministrative indipendenti e proce­dure di privatizzazione (artt. 119 e ss.) e le impugnative inmateria elettorale (artt. 130 e ss.).Interessante è il richiamo alla necessaria sinteticità degli attisia del giudice sia delle parti (art. 3), nonché la codificazionedel principio, affermato di recente in termini pressoché co­stanti dalla giurisprudenza amministrativa dopo una serie diorientamenti contrastanti, che la procura rilasciata per agire econtraddire davanti al giudice deve intendersi conferita ancheper proporre motivi aggiunti e ricorso incidentale, salvo chenon sia diversamente stabilito nella procura medesima. Si è inaltre parole ritenuto opportuno prevedere espressamentenel Codice, anche al fine di facilitare l’effettivo utilizzo del­l’istituto dei motivi aggiunti, la regola che, se nel mandato nonviene indicato altrimenti, è sufficiente una sola procura alle litiper consentire al difensore di proporre, oltre al ricorso in­troduttivo del giudizio, pure le ulteriori censure avverso nuo­vi provvedimenti eventualmente intervenuti nell’ambito dellaprocedura amministrativa già impugnata con il gravame origi­nario.Di particolare rilievo appare la novità introdotta al fine dimigliorare la fase istruttoria del giudizio e rappresentata dallapossibilità di ammettere la prova testimoniale eventualmenterichiesta dalle parti, prova da assumersi esclusivamente informa scritta.Altrettanto importante ai fini istruttori è la possibilità per ilgiudice di ordinare, evidentemente anche in mancanza di una

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specifica domanda di parte, l’esecuzione di una verificazioneovvero di una consulenza tecnica.Trattasi di elementi che consentono di avvicinare maggior­mente il processo amministrativo a quello civile.Novità sono state introdotte pure con riguardo alla fase cau­telare. In particolare, la relativa Camera di Consiglio, che puòtenersi solo ove il ricorrente abbia depositato apposita istan­za di fissazione, non può essere fissata prima di venti giornidal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultimanotificazione. Inoltre, occorre che siano decorsi almeno diecigiorni dal deposito del ricorso e le parti possono depositarememorie e documenti solo fino a due giorni liberi prima dellaCamera di Consiglio già fissata. Va poi sottolineato che l’ordi­nanza con cui è disposta la misura cautelare deve fissare ladata di discussione del ricorso nel merito.Modifiche rispetto al passato hanno riguardato pure i terminiper il deposito dei documenti e delle memorie in vista del­l’udienza di merito. In particolare le parti possono produrredocumenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza ememorie sino a trenta giorni liberi. A ciò aggiungasi che ilCodice ha previsto pure la possibilità di depositare scrittidifensivi di replica sino a venti giorni liberi prima della discus­sione.Quelle appena tratteggiate rappresentano solo alcune dellenovità introdotte dal codice, sulla cui tenuta e validità si po­tranno esprimere giudizi solo al termine di un adeguato peri­odo di rodaggio.14/07/2010

PROFESSIONI & IMPRESA24

Nuova circolare del Cnf sul servizio di interrogazionedei ricorsi presso la Corte di cassazione

Rinnovato il il Protocollo di intesa tra il Consiglio nazionaleforense e la Corte Suprema di cassazione, per la consultazio­ne on line, riservata agli avvocati, dello stato dei ricorsi inCassazione, sia civili che penali. Lo annuncia la circolare delCnf n. 20­C/2010, diramata il 5 luglio scorso, ove vengonodettagliate importanti novità nei servizi di consultazione qualiad esempio: l’accesso, la ricerca e l’interrogazione dei ricorsianche penali (finora il servizio era attivo solo per quelli civili);inoltre sono state ampliate le categorie di professionisti chepotranno accedere, comprendendovi l’avvocatura dello statoe gli avvocati Inps.Per l’interrogazione delle banche dati sarà necessario esserein possesso di un certificato di autenticazione rilasciato dauna Certification authority riconosciuta dal Cnipa e disporredi un dispositivo di autenticazione (lettore Smart card o Busi­ness key) da collegare al proprio computer.L’accesso è consentito dal web link dedicato dal sito istituzio­nale del Cnf, seguendo il percorso “Area Avvocati”­> “Cortedi Cassazione”­> “Accesso al servizio di interrogazione datidei ricorsi in cassazione”; oppure dal link diretto https://cas­

sazione.consiglionazionaleforense.it. Eventuali problemi po­tranno essere segnalati con una mail indirizzata a cnf@lute­ch.itIn allegato alla circolare è stato predisposto un manuale congli screenshot del percorso.©RIPRODUZIONE

IL MERITO ON­LINE ­ PENALE

Coincidenza del progetto con l’oggetto sociale e nulli­tà del contratto

di Francesco D’Amora ­ Avvocato

AvvocatoTribunale di Bergamo 20 maggio 2010, n. 416, GiudiceDott.ssa Bertoncini(art. 69 D.Lgs. n. 276/2003)Il progetto (programma di lavoro o fase di esso) non indivi­dua l’oggetto dell’obbligazione, che deve piuttosto ravvisarsinella prestazione dell’opera, ma rappresenta il parametrooggettivo al quale il prestatore deve conformare la prestazio­ne in funzione della realizzazione dell’interesse dell’imprendi­tore. In quest’ottica, la prestazione non si identifica con ilprogramma di lavoro, ma si pone in relazione ad un progettoriguardante l’organizzazione aziendale ed il risultato, non po­tendo coincidere genericamente con l’oggetto sociale dellasocietà datrice di lavoro. In tal caso, si configura la nullità delcontratto a progetto e la conseguente riconversione del me­desimo in contratto di lavoro subordinato ab origine ex art.69 del D.Lgs. n. 276/2003.Il fattoIl lavoratore adiva il Tribunale di Bergamo chiedendo dichia­rarsi la nullità del contratto di lavoro a progetto intercorsocon la datrice di lavoro e la conseguente riconversione delmedesimo in un rapporto di lavoro subordinato a tempoindeterminato, con riammissione in servizio e pagamentodelle differenze retributive medio tempore maturate.A fondamento di tali pretese, il lavoratore deduceva di averlavorato con contratto a progetto avente ad oggetto “il tra­sporto e la consegna di prodotti editoriali, nonché il ritirodegli stessi dai punti vendita e lo scarico del prodotto stes­so”.Il ricorrente chiariva, poi, che le sue mansioni specifiche era­no consistite nella consegna di giornali presso punti venditapreventivamente individuati nel contratto stesso, senza margi­ni di autonomia e sulla base di orari pressoché prestabiliti.Inoltre, il lavoratore deduceva di aver utilizzato per le conse­gne un furgoncino messo a disposizione dal datore di lavoro,il quale, peraltro, gli aveva operato nel corso del rapportodelle trattenute a titolo di risarcimento dei danni riportati,trattenute che si manifestavano come esercizio del poteredisciplinare, analogamente alle multe con cui i dipendenti

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venivano sanzionati laddove non riuscissero a terminare ilgiro ed a riconsegnare i resi.Si costituiva in giudizio la resistente, la quale dava previamen­te atto che il contratto ex adverso impugnato era stato og­getto di certificazione da parte della Commissione di certifi­cazione dei contratti di lavoro e di appalto istituita pressol’Università degli Studi di Modena e di Reggio Emilia, essendo­si in presenza di un progetto definito e con assunzione delrischio imprenditoriale, desumibile proprio dalla possibilitàper il collaboratore di essere multato e concludendo per ilrigetto del ricorso.La causa veniva decisa alla prima udienza, essendo documen­talmente istruita, con accoglimento del ricorso.Il contratto a progetto e l’interpretazione sposata dal Tribu­nale di BergamoL’indeterminatezza delle espressioni utilizzate dal legislatorenella definizione della fattispecie del contratto a progetto hadeterminato non poche difficoltà ermenutiche e, consegue­mente, diversi indirizzi dottrinali e giurisprudenziali nella rico­struzione della fattispecie del contratto a progetto.Nella sentenza in commento, il Giudice del merito ha sposa­to quella corrente interpretativa che ricostruisce il contrattoa progetto non come un tertium genus tra la subordinazionee l’autonomia, ma come una forma di lavoro autonomo che sirisolve in una prestazione d’opera coordinata e continuativa,prevalentemente personale, riconducibile ad un progetto,programma di lavoro o fase di esso.Secondo tale orientamento, in particolare, il progetto nonindividua l’oggetto dell’obbligazione, che deve piuttosto ravvi­sarsi nella prestazione dell’opera, ma rappresenta il parame­tro oggettivo attorno al quale il prestatore deve conformarela prestazione, in funzione della realizzazione dell’interessedel datore di lavoro.In altri termini, il progetto non rappresenta un catalogo delleoperazioni che il collaboratore deve porre in essere nell’ese­cuzione del contratto, ma un punto di riferimento oggettivoche deve ispirare tutta l’attività posta in essere dal prestatore,sempre nel perseguimento degli obiettivi del committente.Secondo questa ricostruzione, la prestazione non si identificacon il progetto, ma si deve mettere in relazione al progetto,che deve essere inteso non come il risultato conseguenteall’adempimento dell’obbligazione, ma come il risultato cuitende l’organizzazione aziendale.Tale interpretazione trova, peraltro, riscontro nella circolareministeriale 8 gennaio 2004, n. 1, secondo cui “il progettoconsiste in un’attività ben identificabile e funzionalmente col­legata ad un risultato finale cui il collaboratore partecipa”,mentre il programma di lavoro o la fase di esso si distinguono“per la produzione di un risultato solo parziale destinato adessere integrato, in vista del risultato finale, da altre lavorazio­ni o risultati”.La stessa circolare ministeriale definisce poi il progetto come“mera modalità organizzativa della prestazione lavorativa”.Ciò conferma, secondo tale ricostruzione, che il progetto o ilprogramma di lavoro o la fase di esso altro non sono che un

particolare ed individuato segmento dell’attività aziendale incui si inserisce la prestazione del lavoratore a progetto.Il progetto, tuttavia, proprio per soddisfare i criteri di specifi­cità che gli sono propri, non può semplicemente coinciderecon l’oggetto sociale della datrice di lavoro, come stabilito dauna corrente giurisprudenziale di merito (Trib. Torino5.4.2005; Trib. Torino 16.5.2006; Trib. Ravenna 25.10.2005;Trib. Monza 23.1.2009), che ha previsto, in tal caso, l’attuazio­ne di una presunzione di subordinazione, salvo prova contra­ria.Sulla scorta di questa premessa, il giudicante ha verificatocome la piena coincidenza tre il progetto e l’oggetto socialedella committente (“autotrasporto di merci per conto terzi”)fosse altresì accompagnata dalla sussistenza degli altri indicipresuntivi della subordinazione.In particolare, sussisteva:(i) eterodirezione, in quanto vi era una analitica indicazione ditutti i punti vendita in cui il ricorrente doveva recarsi;(ii) vincolo di orario, in quanto nel contratto era stabilita lafascia oraria in cui il lavoratore doveva essere presso il ma­gazzino della convenuta per il ritiro dei prodotti editoriali e larestituzione dei resi;(iii) potere di controllo, in quanto il ricorrente si era vistotrattenere alcune somme nel corso del rapporto a titolo dirisarcimento per mancati resi, a mo’ di multa;(iv) assenza di rischio imprenditoriale: in quanto il lavoratoreera inserito nella struttura organizzativa del datore di lavoro,limitandosi a consegnare i giornali con materiale ed istruzionifornite dalla convenuta, senza assunzione di alcun rischio esenza costituzione di un’autonoma organizzazione o fornituradi proprio know­how;(v) continuità della prestazione, poiché il lavoratore avevamesso a disposizione del datore di lavoro tutte le proprieenergie lavorative.Peraltro, anche il carattere elementare e ripetitivo delle man­sioni affidate ha comportato per il giudicante, ad avviso dellaSuprema Corte, la necessità di indagare gli altri indici presun­tivi della subordinazione. Ed infatti “nel caso in cui la presta­zione dedotta in contratto sia estremamente elementare,ripetitiva e predeterminata nella sua modalità di esecuzione,e, al fine della qualificazione del rapporto di lavoro come au­tonomo o subordinato, il criterio rappresentato dalll’assog­gettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo,organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolarecontesto, significativo, occorre, ai detti fini, far ricorso a crite­ri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rap­porto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamen­tazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minimaorganizzazione imprenditoriale (anche con riferimento alsoggetto tenuto alla prestazione degli strumenti occorrenti) ela sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione incapo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomi­tanza di altri rapporti di lavoro” (Cass. 5.5.2004, n. 8569, ilcui orientamento è richiamato da Cass. 21.1.2009, n. 1536).Nel caso sotteso alla sentenza in commento, infatti, il caratte­

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re elementare delle mansioni svolte, oltre che la presenzadegli indici presuntivi della subordinazione sopra richiamati,hanno indotto il giudice del lavoro a concludere per la nullitàdel contratto a pregetto, a nulla rilevando la circostanza che ilcontratto di lavoro fosse stato certificato ai sensi dell’art. 79del D.Lgs. n. 276/2003, in quanto, gli effetti di inopponibilitàinter partes del contratto certificato “permangono, ancheverso i terzi, fino al momento in cui non sia stato accolto,con sentenza di merito, uno dei ricorsi di merito di cui all’art.80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”.Il primo comma dell’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce,appunto, che “nei confronti dell’atto di certificazione, le partie i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato aprodurre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autoritàgiudiziaria di cui all’art. 413 c.p.c., per erronea qualificazionedel contratto oppure per difformità tra il programma nego­ziale certificato e la sua successiva attuazione”, con il solovincolo di rivolgersi preliminarmente alla Commissione dicertificazione che ha adottato l’atto di certificazione (cosaperaltro avvenuta nella fattispecie in commento).Il giudice ha dunque concluso, riconvertendo il contratto aprogetto, per la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempoindeterminato con la convenuta e alla conseguente reintegradel lavoratore alle dipendenze del precedente datore di lavo­ro.in collaborazionecon LEX24La Cassazione ha pubblicato in casi simili­ Corte di Cassazione, 05.05.2004, Sezione L , Competenza Civi­le, Sentenza, n. 8569­ Corte di Cassazione, 05.05.2004, Sezione L , Competenza Civi­le, Sentenza, n. 8569­ Corte di Cassazione, 05.05.2004, Sezione L , Competenza Civi­le, Sentenza, n. 8569­ Corte di Cassazione, 21.01.2009, Sezione L, Competenza Civile,Sentenza, n. 1536­ Corte di Cassazione, 21.01.2009, Sezione L, Competenza Civile,Sentenza, n. 1536­ Corte di Cassazione, 21.01.2009, Sezione L, Competenza Civile,Sentenza, n. 1536

DA REPERTORIO24

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile ­ Sentenza del 8luglio 2010, n. 16151

Massima redazionale

AVVOCATI ­ FUNZIONI DI DIFENSORE ­ FUNZIONI DI TESTE ­CONCILIABILITÀ.

Non esiste un’incompatibilità tra l’esercizio delle funzioni didifensore e quelle di teste nell’ambito del medesimo giudizio,

se non nei limiti della contestualità. Non vi è infatti una basenormativa per sostenere che un difensore, che abbia resotestimonianza in un processo, in una fase in cui non svolgeva ilsuo ruolo di difensore costituito, non possa assumere la vestedi difensore successivamente alla testimonianza resa, ovverol’esatto contrario, e cioè che un difensore, cessata tale qualità,non possa assumere la qualità di testimone nello stesso pro­cesso. Il problema diventa quindi deontologico ed è in base aqueste regole che occorre individuare in quali casi il munusdifensivo non possa conciliarsi con l’ufficio di testimone.

Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile ­ Sentenzadel 13 luglio 2010, n. 16349

Massima redazionale

AVVOCATI ­ COMPORTAMENTI NON CONFORMI ALLA DIGNITÀE AL DECORO PROFESSIONALE ­ SANZIONE DISCIPLINARE.

È legittima la sanzione disciplinare per comportamenti nonconformi alla dignità e al decoro professionale, per l’avvocatoche invia una raccomandata a un collega definendo una pro­nuncia «sgangherata opinione di un giudice».Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Corte di Cassazione Sezione 2 Penale ­ Sentenza del14 luglio 2010, n. 27178

Massima redazionale

TRUFFE ­ AUTO CON FINTO SPECCHIETTO ­ SEQUESTRO.

L’auto con finto specchietto che si rompe al semplice passag­gio di altro veicolo, utilizzata come mezzo per truffare i citta­dini va sequestrata, perché si tratta di un bene potenzialmentefinalizzato alla reiterazione del reato.Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Corte di Cassazione Sezione 3 Penale ­ Sentenza del 8luglio 2010, n. 26138

Massima redazionale

REATI TRIBUTARI ­ EMISSIONE DI FATTURE INESISTENTI ­EMISSIONE DI FATTURA ANTERIORE ALL’ESECUZIONE DEI LA­

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 201030

VORI.

È punibile per emissione di fatture inesistenti l’imprenditoreche emette una fattura anteriore all’esecuzione dei lavori real­mente effettuati e sui quali ha regolarmente pagato le tasse.L’evasione d’imposta, infatti, non è elemento costitutivo dellafattispecie incriminatrice del delitto di emissione di fatttureper operazioni inesistenti, ma configura un elemento del dolospecifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agen­te, in quanto per integrare il reato è sufficiente che l’emittentedi fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasionedelle imposte sul reddito o sul valore aggiunto, ma non ancheche il terzo consegua effettivamente l’evasione. Il delitto puni­sce, dunque, la divergenza tra realtà commerciale e quelladocumentale.Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Corte Costituzionale ­ Sentenza del 8 luglio 2010, n.249

Massima redazionale

SICUREZZA ­ STRANIERI ­ AGGRAVANTE DELLA CLANDESTINI­TÀ ­ REATO DI CLANDESTINITÀ.

L’aggravante della clandestinità, prevista dal decreto sicurezza,discrimina gli extracomunitari rispetto ai cittadini italiani ecomunitari. È infatti in netto contrasto con l’articolo 3 dellaCostituzione, che non tollera irragionevoli diversità di tratta­mento, ritenere più gravi i comportamenti degli stranieri irre­golari rispetto a identiche condotte poste in essere da cittadi­ni italiani e comunitari. La norma censurata si basa sulla pre­sunzione generale e assoluta della maggiore pericolosità del­l’immigrato irregolare, con conseguenze sulle sanzioni che glivengono imposte qualunque sia la norma penale che vieneviolata. Una contraddizione resa ancora più evidente dal fattoche, con la modifica introdotta dall’articolo 1 comma 1 dellalegge 94 del 2009, è stata esclusa l’applicabilità dell’aggravanteper i cittadini di Paesi appartenenti all’Unione europea, neppu­re nell’ipotesi più grave di inottemperanza a un provvedimentodi allontanamento. La natura già discriminatoria dell’aggravan­te è stata accentuata dalle modifiche legislative che hannotrasformato in reato l’ingresso e il soggiorno illegale nel terri­torio, punito in precedenza come un illecito amministrativo.L’inasprimento delle pene ha posto le premesse per possibiliduplicazioni o moltiplicazioni sanzionatorie, tutte originatedalla qualità acquisita con un’unica violazione delle leggi sul­l’immigrazione, ormai oggetto di autonoma penalizzazione, etuttavia priva di qualsivoglia collegamento con i precetti penaliin ipotesi violati dal soggetto interessato. L’aggravante è dun­que in contrasto anche con l’articolo 25 della Carta, cheprevede che un soggetto debba essere sanzionato per le con­

dotte tenute e non per le sue qualità personali. In conclusione,il giudizio di pericolosità di un soggetto deve essere il risultatodi valutazioni fatte caso per caso e non può essere dedottoautomaticamente.Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Tribunale Parma Civile ­ Sentenza del 30 giugno 2010

Massima redazionale

CENTRALE RISCHI ­ SEGNALAZIONE DELLA SOFFERENZA ­PRESUPPOSTI ­ VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELLA SITUAZIO­NE DEL CLIENTE ­ NECESSITÀ ­ ACCERTAMENTO DELLA NATU­RA NON TRANSITORIA DELLA DIFFICOLTÀ ­ NECESSITÀ ­ ESI­STENZA DI UN PIANO DI RISANAMENTO ­ FORMULAZIONE DIOFFERTE ATTENDIBILI ­ ILLEGITTIMITÀ DELLA SEGNALAZIONE.

In considerazione del principio in base al quale la segnalazionedella sofferenza alla centrale rischi può aver luogo solamenteall’esito di una valutazione della complessiva situazione patri­moniale del cliente che coinvolga tutti i suoi rapporti con ilcircuito bancario e dunque della natura realmente non transi­toria della difficoltà che ha determinato la sofferenza, deveconsiderarsi illegittima la segnalazione di un soggetto che, purrisentendo della crisi economica in atto, si sia attivato perripianare le proprie passività formulando in più riprese offertedi pagamento idonee allo scopo.Repertorio24PUBBLICAZIONECentro studi giuridici di Mantova, www.Ilcaso.it, 2010, pg. 2295, pt.I

Corte d’Appello Torino Civile Sentenza del 15 giugno2010

Massima redazionale

FALLIMENTO ­ STATO DI INSOLVENZA ­ MANCATO PAGAMEN­TO DI UN DEBITO DI MODESTO IMPORTO ­ RILEVANZA ­ FAT­TISPECIE.

Il mancato pagamento di un credito di modesto importo puòintegrare un’ipotesi non già di mero ed occasionale inadempi­mento, bensì di vera e propria incapacità del debitore “disoddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”, così comeprevisto dall’articolo 5, legge fallimentare.Repertorio24PUBBLICAZIONECentro studi giuridici di Mantova, www.Ilcaso.it, 2010, pg. 2291,pt. I

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31Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

Tribunale Amministrativo Regionale Liguria ­ GenovaSezione 1 Sentenza del 5 luglio 2010, n. 5565

Massima redazionale

EDILIZIA ­ COSTRUZIONI ­ DISTANZE.

Le distanze dal confine stradale da rispettare nelle nuovecostruzioni non possono essere inferiori al limite di 30 metriper le autostrade. Il divieto imposto dalla legge non va intesorestrittivamente al solo scopo di prevenire l’esistenza di osta­coli sul manto stradale, ma è connesso all’esigenza di assicura­re una fascia di rispetto utilizzabile dal concessionario perl’esecuzione dei lavori che dovessero rendersi necessari. Per­tanto, deve essere bocciato il ricorso contro il diniego diapprovazione di un progetto edilizio per la realizzazione di trebox auto interrati, con il quale si sostiene che la regola dei 30metri non va applicata nel caso in cui la strada si trovi a unnotevole dislivello rispetto al terreno sotto il quale sonodestinati i garage.

Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

Tribunale Amministrativo Regionale Liguria ­ GenovaSezione 1 ­ Sentenza del 5 luglio 2010, n. 5565

Massima redazionale

Diritto urbanistico ­ Vincolo stradale ­ Finalità ­ Sicurezza dellacircolazione ­ Impianto di cantieri e deposito di materiali ­ Opererealizzate a livello della sede stradale, non emergenti dal suolo ­Rispetto delle distanze ­ Obbligo.

Il divieto di costruire ad una certa distanza dalla sede stradalenon deve essere inteso restrittivamente, e cioè come previstoal solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materialiemergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la loroprossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza deltraffico ed alla sua incolumità delle persone, ma è connessoalla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispettoutilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzio­ne dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito dimateriali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vinco­li limitativi connessi con la presenza di costruzioni, sicché ledistanze previste dalla normativa vanno rispettate anche conriferimento ad opere che non superino il livello della sedestradale (Cass., II, 1.6.1995, n. 6118; Cons. di St., IV,18.10.2002, n. 5716; id., 25.9.2002, n. 4927; T.A.R. Campania­Salerno, II, 9.4.2009, n. 1383). (Amb.Dir.)Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24

Tribunale Amministrativo Regionale Liguria ­ Genova Sezione1Sentenza del 5 luglio 2010, n. 5565

Distanze; diniego di approvazione del progetto edilizio per larealizzazione dei box auto; violazione della distanza minima di30 metri dalla sede autostradale imposta dal D.P.R. n. 495 del1992; impugnazione del provvedimento; asserita inapplicabilitàdella normativa attesa la realizzazione interrata dei manufatti;infondatezza della doglianza; necessità di prevenire l’esistenzadi ostacoli sul manto autostradale e concedere, all’occorren­za, una fascia di rispetto utilizzabile per l’esecuzione dei lavori.­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­Il gravame esperito avverso il diniego di approvazione di unprogetto edilizio per la realizzazione di tre box auto interrati epertinenziali, è privo di fondamento laddove parte ricorrentene lamenti l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dilegge sostenendo che l’applicazione del CdS, invocato dall’am­ministrazione resistente a sostegno del diniego per effettodella rilevata violazione della distanza di 30 metri dal confinedell’autostrada, non possa trovare applicazione nel caso in cui,come in quello di specie, la strada si trovi ad un notevoledislivello rispetto al terreno sotto il quale siano destinati asorgere i box auto. Ebbene la doglianza è priva di pregio inquanto, in applicazione dell’art. 1 del D.P.R. n. 495 del 1992, ledistanze dal confine stradale, da rispettare nelle nuove costru­zioni, nelle demolizioni integrali conseguenti alle ricostruzionio negli ampliamenti, non possono essere inferiori al limite di30 metri per le autostrade. Il divieto imposto dalla normativain esame non va inteso restrittivamente al solo scopo diprevenire l’esistenza di ostacoli sul manto stradale essendo,piuttosto, connesso all’esigenza di assicurare una fascia dirispetto utilizzabile, ove se ne ravvisi la necessità, dal conces­sionario per l’esecuzione dei lavori che dovessero rendersinecessari.Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24

Tribunale Amministrativo Regionale SICILIA ­ Paler­mo Sezione 3 ­ Sentenza del 6 luglio 2010, n. 8268

Massima redazionale

APPALTI ­ REQUISITI DI PARTECIPAZIONE ­ ASSENZA DELLECAUSE DI ESCLUSIONE DI CUI ALL’ART. 75, D.P.R. N. 554/1999 ­SOGGETTI TENUTI ALLA DICHIARAZIONE ­ INSTITORE.

L’institore è titolare di una posizione corrispondente a quelladi un vero e proprio amministratore, munito di poteri dirappresentanza, di conseguenza deve anche essere annoveratofra i soggetti tenuti alla dichiarazione di assenza delle cause diesclusione di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999. Inoltre,

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Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 201032

non è solo il rapporto che, in concreto, i singoli rappresentatiavranno con la p.a. a determinare l’obbligo di dimostrare ilpossesso dei requisiti di moralità ma tale obbligo sorge dallanecessità di dovere dimostrare l’affidabilità dell’intera impresache entrerà in rapporto con l’amministrazione. Diversamente,non avrebbe alcun senso l’obbligo imposto ai soggetti cessatidalla carica di dimostrare i requisiti di moralità atteso che glistessi non hanno più modo di entrare in contatto con lastazione appaltante. Peraltro, conta la titolarità del potere enon anche il suo concreto esercizio tanto più quando lostesso statuto abilita il soggetto a sostituire in qualsiasi mo­mento e per qualsiasi atto il titolare principale della rappresen­tanza senza intermediazione o investitura ulteriore e, sostan­zialmente, senza controllo sulla effettività dell’impedimento edella assenza.Repertorio24PUBBLICAZIONEAvv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2010

Tribunale Amministrativo Regionale Lazio ­ RomaSentenza del 1 luglio 2010, n. 22062

Massima redazionale

GARE ­ CLAUSOLA DELLA LEX SPECIALIS ­ MANCATO RISPET­TO ­ ESCLUSIONE DALLA GARA.

Il mancato rispetto della clausola della lex specialis che richie­de l’autentica della firma digitale apposta sulla polizza fideius­soria fa scattare l’esclusione dalla gara. Il provvedimento diespulsione costituisce infatti atto vincolato rispetto alla clau­sola del disciplinare di gara che indica le modalità di presenta­zione dei documenti a pena di esclusione, in quanto in sededi aggiudicazione di contratti con la Pubblica amministrazione,la stazione appaltante è tenuta ad applicare in modo rigorosoed incondizionato le clausole inserite nella lex specialis relati­ve ai requisiti, formali e sostanziali, di partecipazione ovveroalle cause di esclusione, in quanto il formalismo che caratte­rizza la disciplina delle procedure di gara risponde, per unverso, a esigenze pratiche di certezza e celerità e, per altroverso, alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione am­ministrativa e la parità di condizioni tra i ricorrenti. In altritermini, i formalismi richiesti espressamente e tassativamentedalle prescrizioni di gara costituiscono lo strumento tipicocon il quale si rende trasparente, tramite procedimentalizza­zione, la discrezionalità amministrativa e si pongono tutti iconcorrenti sullo stesso piano partecipativo, richiedendo loroun eguale impegno di diligenza, attenzione e rispetto verso leclausole dei bandi e dei capitolati. Non occorre, allora, inter­rogarsi sulla ratio della clausola relativa alla firma digitale,come affermato dalla parte ricorrente, ovvero se essa abbiauna valenza sostanziale o solo formale, in quanto, in presenzadi una espressa comminatoria di esclusione della domanda dipartecipazione alla gara, in conseguenza del mancato rispetto

della sopra indicata prescrizione, non è consentito al giudiceamministrativo di sovrapporre le proprie valutazioni a quelledell’amministrazione, dato che il cosiddetto criterio teleologi­co ha un valore esclusivamente suppletivo rispetto a quelloformale, nel senso che può essere utilizzato solo nel caso incui una determinata formalità non sia prevista espressamentea pena di esclusione.>?Repertorio24PUBBLICAZIONEIl Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.com, 2010

GAZZETTA UFFICIALE

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 166 del19­7­2010

DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010, n. 110Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redattodal notaio, a norma dell’articolo 65 della legge 18 giugno 2009,n. 69.

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 165 del17­7­2010

LEGGE 12 luglio 2010, n. 109Disposizioni per l’ammissione dei soggetti fabici nelle Forzearmate e di polizia.DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN­ZE 8 luglio 2010Misura e modalità di versamento all’Istituto di vigilanza delleassicurazioni private, del contributo dovuto per l’anno 2010dagli intermediari di assicurazione e riassicurazione e dai peritiassicurativi.

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 164 del16­7­2010DECRETO MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO25 giugno 2010Disciplina relativa al fondo di compensazione degli oneri delservizio postale universale ­ esercizio 2009.DECRETO MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVER­SITA’ E DELLA RICERCA 15 giugno 2010Recepimento dell’Accordo sancito in sede di Conferenza Sta­to­Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano il 29aprile 2010, riguardante il primo anno di attuazione ­ annoscolastico e formativo 2010­2011 ­ dei percorsi di istruzione eformazione professionale, a norma dell’articolo 27, comma 2,del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. (Suppl. Ordi­nario n. 157)

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 163 del15­7­2010

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33Newsletter n. 28 ­ 20 luglio 2010

LEGGE 2 luglio 2010, n. 108Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Eu­ropa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsaviail 16 maggio 2005, nonchè norme di adeguamento dell’ordina­mento interno.CIRCOLARE PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRIDIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA 13 maggio2010, n. 7Contrattazione integrativa. Indirizzi applicativi del decreto le­gislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 162 del14­7­2010

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MI­NISTRI 2 luglio 2010Disposizioni urgenti di protezione civile.DECRETO MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO23 giugno 2010Dati relativi al numero delle imprese, all’indice di occupazionee al valore aggiunto per i settori individuati ai commi 1 e 2dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21settembre 1995, n. 472.

Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 161 del13­7­2010LEGGE 24 giugno 2010, n. 107Misure per il riconoscimento dei diritti alle persone sordocie­che.