Stagione 2018/2019 Le relazioni tra gli uomini · testamento dell’uomo solo al comando di se...

55
Le relazioni tra gli uomini di nuovo insieme nell’avventura della vita 2018/2019

Transcript of Stagione 2018/2019 Le relazioni tra gli uomini · testamento dell’uomo solo al comando di se...

Stag

ione

201

8/20

19

Le relazioni tra gli uominidi nuovo insieme nell’avventura della vita

2018/2019

presenta

1

Le relazioni tra gli uominidi nuovo insieme nell’avventura della vita

7Apertura

Le rela

zioni

tra gl

i uomini

di nuo

vo in

sieme n

ell’av

ventu

ra dell

a vita

Premio In

terna

ziona

le

Il “Tea

tro N

udo”

di Tere

sa Pomodoro

X Edizio

ne

La Prim

a dell

a Prim

a alla

Scala

Stagio

ne 20

18/20

19

Una st

oria es

emplar

e.

Teresa,

l’anim

a di N

o’hma

Progra

mmazione

Spett

acolo Eve

nto: U

n Dono

alla

Città d

i Mila

no

Le domen

iche s

pecial

i di N

o’hma

Le stag

ioni di N

o’hma

10 an

ni di te

atro: il

futur

o

31 4553 57 63 6973

Armonie

e Su

oni

12

81 85 95

Apertura

Le relazioni tra gli uomini di nuovo insieme

nell’avventura della vita

6

7

Lo Spazio Teatro No’hmaapre la nuova Stagione 2018/2019 all’insegna di un tema cruciale

in questi nostri tempi: le relazioni tra gli uomini.

In un’epoca in cui rapporti, contatti, comunicazioni sono

sempre più virtuali, mediati da una tecnologia che solo

apparentemente avvicina, No’hma vuole mettere al centro della

sua programmazione quelle relazioni umane concrete, agite nella

realtà che continuano ad essere alla base di ogni costruzione di

un vero rapporto di umanità, di ogni avanzamento, sia scientifico

che tecnologico, sia artistico che culturale.

Tutta la Stagione di No’hma sarà percorsa da questo filo

conduttore, nel solco tracciato dalle ultime stagioni dedicate

all’energia e alla passione.

Sul palcoscenico del Teatro le relazioni umane prenderanno

corpo in spettacoli e rappresentazioni che daranno origine a

una stagione tesa ad esplorare le profondità e le complessità

dell’animo umano.

8

9

10

11

Le r

elaz

ioni

tra

gli

uom

ini

di n

uovo

insi

eme

nell’

avve

ntur

a d

ella

vita

“NO’HMA inaugura una nuova stagione che ha un solo unico interesse culturale comune all’attore, alla musica, ad ogni forma d’arte, alla costruzione scenica, allo spettatore, per partecipare ogni volta, collettivamente a un “rito culturale” in cui si riattualizza la presenza luminosa dell’anima che crea”.

Da Manifesto NO’HMA (2004)

12

13

Un lungo inverno che non finisce mai, stritola nella morsa le menti con la sua mano ferrata; le stagioni sci-volano via, si susseguono, eppure l’inverno perenne non molla la presa sull’uomo solo nel mondo: il suo sguardo appannato guarda oltre la brughiera ghiacciata, setaccia nella luce perlacea e piatta dell’orizzonte, forse implora un alito di tepore, forse ha memoria della vita che ger-moglia nell’abbraccio o nella lotta con gli altri uomini, perché non si è ancora sbiadito il ricordo del canto, della preghiera, del discorso quando sciolgono la neve, delle mani che si cercano e si stringono trasformando i pensieri di uomini solitari, pensieri anche di morte e di guerra, in grovigli di radici rigogliose; vi devono pure essere tracce nella stirpe, dentro ogni uomo solo, dell’esistenza condivisa che ha la potenza d’un sole ter-reno quando innesca la calda trama delle relazioni così che la nebbia gelata dell’inverno si alza come un sipario e la natura umana irrompe sulla scena, indossa di colpo colori smaglianti, le foglie sono di smeraldo, l’erba alta fa grandi onde nel vento e disperde promesse e destini per tutte le creature nel teatro della steppa.

14

15

Ma ora è solamente solo, l’uomo. Non più solitario. Si muove in un paesaggio che abbaglia per il nitore e la crudeltà, landa astratta, men-tale. Gli anni svaniscono sot-to un presente senza peso. L’uomo è solo in mezzo a una grande folla schiacciata dall’angoscia insostenibile

della solitudine, quel nemico da combattere perché po-trebbe rivelare tutto di noi. La folla è ovunque; si muove nel terrore della solitudine e con la missione di scon-giurarla ed estirparla per sempre. Nella folla si fugge spasmodicamente dagli altri, da se stessi, dalla paura della

morte, dalla parola da dire o ascoltare, dal pericolo di co-noscersi ridendo e soffren-do in solitudine e quindi di diventare qualcuno, imparare a nuotare e prendere il lar-go nella schiuma dei giorni. Ecco che occupa ogni luogo la folla, le strade, i vicoli, i pa-lazzi, i cinema, gli ospedali, le

università, i santuari, i negozi, le palestre, i treni, le navi, i sentieri, i ghiacciai, i mari e le isole… Presidia ogni angolo, anfratto, androne, di giorno e di notte, senza pause né rallentamenti, fa quadrato intorno all’uomo solo. Dove stava prima tutta questa folla? In casa, in fabbrica, in

chiesa, nelle taverne, dove? È uscita per assorbire il grido soffocato che pro-rompe da milioni e milioni di petti. Non è che la grande migrazione verso le metropoli, questa corsa bi-blica nella promiscuità del cemento, altro non è che l’esodo da inconfessabili

isolamenti? Le città come tanti collettivi di solitudini connesse e digitali, dove tutti condividono fianco a fianco, come una condan-na, l’inganno di bastare a se stessi, vagabondi tecno-logici senza padre e legge, nel far-west anemico delle conversazioni afasiche e

delle relazioni anonime, contraffatte come seni ri-fatti. Il tempo che divora se stesso, senza lasciare trac-cia del suo passaggio. L’in-verno perenne ci attanaglia nella grande folla, come morire di sete non già nel deserto, ma in mezzo a una terra verde imbevuta

di sorgenti e rivoli e fiumi e cascate. Nella folla cia-scuno vede unicamente se stesso, monadi senza porte e senza finestre; in mezzo agli altri, ma in una dispe-rante prigione di specchi.

Onnipotenti, eppure aggrappati al vuoto, gli

16

17

uomini soli gridano senza voce, spalancano la bocca ma nessuno li sente. La folla serve a questo appunto, un grido attira l’atten-zione, se gridano tutti l’urlo non si sente più, è rumore di fondo e l’angoscia si disperde nell’aria inquinata. Così la folla neutralizza gli istinti, stravolge la logica, fran-tuma bene e male nel mortaio dell’indifferenza, confonde le coscienze, e infatti è capace di qualsiasi crimine.

Eppure monta dal profondo come lava la memoria

della solitude, uomini di carne con gli occhi sbarrati dalla paura, ma non soli, consapevoli della propria e dell’altrui miseria; storie intime schierate a falange nel guado della vita. Il canto dei chassidim, i pii ebrei della diaspora… “Quando il rabbino danza, tutti i chassidim danzano con lui… Quando il rabbino canta, tutti i chassidim cantano con lui… Quando il rabbino piange, egli piange da solo” … Deve pur sopravvivere da qualche parte quello spazio interiore dotato di confini, che sono il vissuto, i bisogni, le aspirazioni, la separatezza dagli altri senza confusione e simbiosi. È quella fiducia di poter affrontare il mondo, è la so-litudine del solitario, consapevolezza di essere unici e preziosi, fondamento per riconoscere gli altri allo stesso modo.

18

19

Non è forse solitudine la vita? Viaggio che si compie nella lotta

con le tenebre che tutto sem-brano avvolgere, dal prima che è dietro di noi a ciò che è dopo di

noi, fino all’ultimo silenzio. È la condizione di Quasimodo, Ognuno

sta solo sul cuor della terra/trafitto da un raggio di sole:/ed è subito sera.

Esperienza originaria, ex-sistere, star fuori, uscire dal grembo per

essere gettati nella solitudine d’un’avventura irripetibile. Venire

alla luce e andare incontro al buio sono entrambe accompagnati dal segnale di una ferita lacerante: On entre, on crie – Et c’est la vie! – On baîlle, on sort – Et c’est la mort!, si entra, si grida, è la vita! Si ansima,

si esce: è la morte. L’intervallo tra questo duplice sospiro è appunto la vita come soffio che passa. Così

vivere significa imparare a mori-re e in questa lotta nessuno può

sostituirsi a un altro, si è dannata-mente soli. Non può che prove-

nire da qui la forza di trasformare il dolore in amore, il patimento in offerta, l’Io nel Noi; così come la solitudine fra gli ulivi fu dono per gli altri e lo spettro del naufragio di Conrad divenne la visione d’un

approdo. Com’è allora che alla solitude, linfa nella relazione tra gli

uomini, è subentrata la volgare e alienante autocelebrazione dell’Io?

«Contempla gli occhi che sembrano stelle, contempla le chiome degne di Bacco e di Apollo, e le guance levigate, le labbra scarlatte, il collo d’avorio, il candore del volto soffuso di rossore... Oh quanti inutili baci diede alla fonte ingannatrice!... Ignorava cosa fos-se quel che vedeva, ma ardeva per quell’immagine...».

Ovidio, Metamorfosi

20

21

Mimesi, travestimento, au-tismo e stordimento di Narciso tra i Narcisi, tra un selfie e l’altro. L’autoscatto come ritratto, riscatto e testamento dell’uomo solo al comando di se stesso. In-dividui che si pensano unici e irripetibili nel palcoscenico virtuale, uomini che han-no bisogno degli altri solo quando vedono affermata e confermata la loro unicità. Like! Vittime che mietono vittime, storditi dall’incanta-mento della propria bellez-za, abbacinati dalla propria cultura, dal prestigio sociale e dal potere, dalla propria intelligenza, dalla propria bontà e superiorità mora-le… Una piazza d’individui eccezionali, sempre online e sempre giovani, protagonisti di storie onanistiche desola-tamente senza storia, diffuse nella rete che fa eco all’ego; quasi un nuovo patto social, dove il narcisismo serve alla macchina collettiva del consumo delle cose. Narciso e carrello si confondono nel centro commerciale dell’auto-contemplazione

che sfama, ma asseta. Nell’e-manazione dell’Io egofono le immagini diventano vetrina sociale, corporeità edulco-rata, manipolata, aggiustata e infine irriconoscibile. È il selfie-world, il superpotere di massa di osservare il Me da fuori con disincanto e non più l’Io da dentro, con sofferenza e pianto; uomini appagati da se stessi e senza visioni, che non immaginano il mondo per evitare rovesci e colpe. Una genesi antropo-logica che avviene nella rete, ma senza rete e senza testi-moni, perché anche gli altri girano nel loro vortice, loro pure storditi dall’isolamento e dal caos, intenti non a co-noscere ma a farsi conosce-re, a rimontare la coscienza in assenza di Dio e di Car-tesio seguendo nuove istru-zioni: non più “vedo dunque sono”, ma “sono visto quindi esisto”. Domande da cesti-nare: Chi sono io? Altre da taggare: Per chi sono io? E gli specchi rifrangono l’ultima religione superstite: io sono Narciso e non avrò altro dio all’infuori di me.

Egomostri sempre in posa, connessi all’ egosistema delle monadi sradicate, eremiti di massa in esposizione digitale permanen-te, ogni giorno più schiavi e ogni giorno più convinti d’essere liberi.

È il selfismo dei nuovi sufi, che girano dan-zando intorno alla propria immagine, un’epi-demia che cresce come un’obesità interiore; è il ripiegamento in sé dell’energia vitale, sottratta all’investimento negli altri, che sono la nostra unica conferma d’umanità, la sola occasione di ricchezza e d’emozione;

«Languì a lungo d’amore non toccando più cibo né bevanda. A poco a poco la passione lo consu-mò, e un giorno vicino alla fonte ... reclinò sull’erba la testa sfinita, e la morte chiuse i suoi occhi che furono folli d’amore per sé. ... Piansero le Driadi, ed Eco rispose alle grida dolenti. Già avevano pre-parato il rogo, le fiaccole, la bara, ma il suo corpo non c’era più: trovarono dove prima giaceva, un fiore dal cuore di croco recinto di candide foglie».

Ovidio, Metamorfosi

gli altri sono coloro che ci tengono in vita, c’inchiodano davanti alla nostra tracotanza, ci assegnano un ruolo nel mondo spogliandoci di certezze e va-nità, sono quelli che ci inducono alla compassione, gli stessi che ci abbrut-tiscono fino a perdere la fisonomia nell’ira, come Achille davanti alle mura di Troia.

Rinunciare all’esperienza degli altri si-gnifica negare la sconfitta, la vertigine dell’amore, e ignorare il limite della morte. Un risparmio energetico dei sentimenti con cui la civiltà tecnolo-gica invita a spegnere le passioni la-ceranti, a staccare la spina del dolore, proprio mentre sollecita al consumo massimo di tutto il resto, a sostituire il grande gioco delle relazioni umane con il culto degli oggetti. Com’è potuto ac-cadere che nel teatro dell’esistenza l’al-tro sia diventato una presenza scomoda e disturbante? Il rischio è che poi sia troppo tardi per colmare la distanza tra verità e finzione, anche tra uomini e don-ne. Viene in mente Aleksej Aleksandrovič, quando si rende conto che ha perso Anna Karenina per sempre: “Adesso provava un sentimento simile a quello che proverebbe una persona che attraversasse tranquilla-mente un ponte sopra un abisso, accorgen-dosi improvvisamente che il ponte è inter-rotto e che sotto c’è il baratro. Il baratro era la vita vera, il ponte la vita artificiale, quella che Aleksej Aleksandrovič aveva vissuto”.

22

23

Noi, invece, celebriamo il Noi, l’in-canto potente di quell’umanità che si riconosce in un unico destino, che si prende per mano intrecciando le dita e attraversa il ponte sull’abisso, sfidan-do la cruda realtà. Il Teatro No’hma continua il suo viaggio di presidio nelle relazioni tra gli uomini e l’avventura di vivere, coglie e raccoglie le fragilità de-gli uomini soli nella folla, il loro bisogno ancestrale di rompere lo specchio e sentirsi parte di un individuo plurale, di specchiarsi negli occhi del fratello, respirare i pensieri del vicino, ricon-nettersi alle energie che accendono le insicurezze dei compagni di strada, ascoltare senza fretta una confessio-ne, abbandonarsi tra i singhiozzi e nel dolore dell’amore finito, ritrovare le vecchie parole, quindi riprendere il discorso lasciato in sospeso. Il Teatro No’hma coglie il narciso e lo consegna alla corrente del fiume Cefiso, sa che nulla va perduto, il vaticinio di Tiresia, il più grande di tutti gli indovini, echeggia ancora nella valle per chi sa ancora tendere l’orecchio alla voce del vento. Uno spazio, il nostro, che non si con-cede alla rete della modernità, perché non corre sui binari, né percorre le strade più trafficate o segue le rotte segnate sulla mappa. Batte piuttosto piste fuori mano, tratturi infestati di sterpi, percepisce fitti dialoghi nelle ba-racche sperdute dell’Africa, intercetta i pensieri dei mandriani di renne nella tundra artica che si scioglie, inghiotten-do nella melma le ipocrisie della nostra civiltà. Così il nostro teatro è sempre

nuovo, curioso, incosciente, incurante delle frontiere, ignaro delle barriere, ingordo di vita come un adolescente sventato. Uno spazio dove il tempo si ferma, perché alla bellezza, come all’infelicità, non s’addice la clessidra; accade, può accadere - ed è esperienza da togliere il fiato - che la scena diventi un’oasi, che di fronte alla commozione, laica e mistica insieme, ci si possa senti-re gruppo-persona e intuire l’esistenza d’una verità comune oltre e al di sopra. Insomma, che c’è infine una via d’uscita all’autismo della nostra epoca.

Questo è il tempo dello spirito, perché è il tempo della paura. Di una kantiana “fine di tutte le cose”. Infatti se è vero che non c’è mai stata un’epoca che non abbia creduto d’essere irrimedia-bilmente davanti a un abisso – “una lucida coscienza disperata di stare nel mezzo di una crisi decisiva è qualcosa di cronico nell’umanità” dice Walter Benjamin – nella nostra il senso della fine causato dai grandi mutamenti del Pianeta che si riscalda è cataclismatico, un fantasma terrificante che aleggia ed è per questo il grande rimosso del contemporaneo, perché è qualcosa che presuppone la conoscenza della morte e della colpa collettiva: parados-salmente proprio quando l’uomo vive nello stordimento egocentrico dell’on-nipotenza tecnologica e materialistica, sente tutta la precarietà della sua so-pravvivenza all’Antropocene, la prima era geologica da lui generata.

La fine del Senso e il senso della fine si com-penetrano. Il teatro è dunque il luogo dove provare a capire, a dare contenuto etico e spirituale a questo senso di disastro imminen-te. Perché è chiaro che nessuno può farcela da solo, ma unicamente recuperando la nuda vita in sintonia con gli altri, e insieme agli altri la sincronia con l’altrove. Il nostro teatro non rifugge il ruolo di cercare nuovi linguaggi per altri racconti, prova cioè a narrare l’invisibile che sta definendo le nostre vite.

Il No’hma allunga le sue lunghe antenne nel contemporaneo e percepisce segnali potenti provenire dai punti più disparati della terra. A partire da continenti solitari quant’altri mai, come l’Africa, l’alfa dell’umanità. Dove “tre deserti s’incaricano d’aggravare l’isolamento, frapponendo barriere”, scrive Joseph Ki-Zer-bo. “Eppure queste barriere naturali non sono state muraglie invalicabili”. Homo Sapiens si è messo in movimento proprio dall’Africa alla scoperta del Pianeta. La “nostra” storia è co-minciata nel continente più isolato, dove non sarebbe dovuta o potuta cominciare. Ad ac-cenderla è stato il grande bisogno di relazioni dei nostri antenati, che si sono incamminati in cerca di qualcuno con cui condividere i millen-ni. E ancora oggi quelli africani sono i popoli che sopravvivono con le relazioni e attraverso di esse umiliano qualsiasi teoria economica. Come sarebbe altrimenti possibile la vita nelle favelas di Bamako? Quale miracolo consente che dalle baracche di lamiera esca la musica che fa ancheggiare uomini e donne? Un in-treccio di relazioni che produce comunità, so-stentamento e anima. Nessun sistema politico o economico riesce a spiegare il sorriso dei bambini di Bamako e l’euforia di quei mercati da cui nessuno torna a mani vuote.

24

25

Anche quest’anno il Teatro No’hma attiva i suoi sensori nel mondo per agganciarsi al fluire del pensiero sotterraneo e portare al suo pubblico nuovi sguardi con cui scrutare l’orizzonte oltre la brughiera e oltre l’in-verno: sveleremo infatti come la folla delle solitudini comincia a disperdersi; come gli uomini si stiano ribellando alla repressione dei sentimenti, alla dittatura del superfluo, all’oblio dell’immaginario, quanto sia sempre più urgente il bisogno di riconnettersi alla parte più profonda di sé, e di condividerla, metterla in circolo, per ritrovarsi e infine rientrare nella propria pelle d’uomini.

26

27

28

29

Il “Teatro Nudo”di Teresa Pomodoro X edizione

Premio Internazionale

30

31

Alla sua decima edizione il Premio Internazionale dedicato al “Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro vi arriva con la stessa passione con la quale, dieci anni fa, è incominciato. È stato un percorso straordi-nario: decine di compagnie provenienti da tutto il mondo, centinaia di attori e teatranti ospitati a Mila-no nella sede, unica per la sua storia e la sua bellez-za, dello Spazio Teatro No’hma Teresa Pomodoro. Il palcoscenico di No’hma è nella sua lunga storia il luogo di elezione di innovazioni teatrali, di creazioni e di sperimentazioni, potendo peraltro contare su un pubblico raffinato, colto, competente.

Nei dieci anni appena trascorsi sono stati ospitati spettacoli originali che hanno portato sulla scena tradizioni e cultura dei paesi dei cinque continenti, rappresentazioni di teatro sperimentale prodotte nelle città più dinamiche dal punto di vista cultura-le e artistico. Tutto ciò ha reso Milano il luogo di elezione di chiunque produca teatro e lo faccia con innovazione, originalità e creatività.Anche per la Stagione 2018/2019 il Premio ha un programma di alto valore artistico e culturale e continuerà a volgere lo sguardo lontano, verso Pa-esi remoti, culture secolari, tradizioni e esperienze a noi ancora poco conosciute. Il Premio Internazio-nale dedicato al “Teatro Nudo” di Teresa Pomodo-ro nei dieci anni appena passati è stato tutto que-sto e, nel traguardo che rappresenta questo primo anno del prossimo decennio, si appresta a portare sul palcoscenico la più straordinaria e rappresenta-

32

33

tiva rassegna di quanto di più vivace, fervido, avanzato viene prodotto nei teatri del mondo.Il Premio Internazionale, presentato sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubbli-ca e con l’adesione del Ministero degli Affari Esteri, è patrocinato dal Comune di Milano e si avvale del Patronato della Regione Lombar-dia: si rinnova così, come avviene da molti anni anche il forte legame tra la città, il mondo na-zionale e internazionale e la realtà dello Spazio Teatro No’hma.

E per questa Stagione abbiamo l’occasione di ergere il nostro vessillo anche in un nuovo contesto. Con questa decima edizione il Pre-mio aderisce a “Italia, Culture, Africa - 2019”, programma di promozione integrata che il MAECI intende realizzare nel 2019 con i paesi dell’Africa sub- sahariana.

Obiettivo del programma è rafforzare l’impe-gno italiano in queste realtà territoriali, poten-ziando gli interventi di cooperazione culturale. In virtù del carattere internazionale che è pro-prio del Premio e l’alto valore culturale che da sempre riesce ad esprimere il nostro Teatro, non possiamo che essere partecipi in questa nuova ed affascinante avventura artistica e sociale.

Anche quest’anno, come già nel passato, lo Spazio Teatro No’hma ospiterà compagnie provenienti dall’area sub- sahariana. L’originali-tà della proposta della Stagione 2018/2019 sta però nella possibilità di interrelazione che si creerà tra la realtà di No’hma e gli eventi tea-trali che saranno ospitati, provenienti dai Paesi dell’area interessata. Alle rappresentazioni e performance partecipanti al Premio, potranno essere correlate esperienze e progetti relati-vi a scambi culturali tra artisti e maestranze provenienti dai Paesi selezionati, ovvero, con nostri rappresentanti che potranno diffondere e far conoscere la nostra cultura, esperienza, professionalità e “storia” in nuovi contesti.

34

35

È stata individuata una compagnia di teatro e danza del Delta del Niger, regione nige-riana alla foce del grande fiume africano, che porterà sul palcoscenico di No’hma uno spettacolo sugli Igbo e sugli Ikwerre, etnie tra le più ricche di cultura di tutta la zona.

In concorso ci sarà una rappresentazione proveniente dalla Costa d’Avorio e legata alla sua travagliata storia recente, messa in scena da una compagnia della capitale Abi-djan. Un’altra compagnia porterà sul palco di No’hma uno spettacolo sulle favolose maschere del Ghana. Ci saranno anche spettacoli provenienti dal Kenya, dal Mo-zambico e dal Togo. E altri ancora si vanno man mano aggiungendo.

Anche per la prossima Stagione, pertanto, il Premio offrirà l’occasione ad artisti e compagnie teatrali italiane e internazionali di inserirsi all’interno di un circuito artistico difficilmente accessibile soprattutto a chi proviene da realtà lontane, emarginate e senza risorse, allo scopo di sostenere uno scambio culturale che può così varcare confini e frontiere, in assenza di limiti e prescrizioni. Proprio le relazioni tra gli uo-mini, fil rouge della Stagione 2018/2019, ani-meranno il Premio che per questa edizione amplierà la sua offerta con un maggior numero di spettacoli. Alcuni provenienti da Israele e Australia mentre la maggior parte interesserà appunto i paesi dell’Africa sub- sahariana.

36

37

Una attenzione verso il continente africa-no peraltro è già stata testimoniata negli anni precedenti da spettacoli di compa-gnie provenienti dai paesi africani o con tematiche ad essi legate come ad esempio: Ddissababà Il nuovo fiore di Raffaele Masto (2017), Os meninos de ninguem/I bambini di nessuno, Teatro Avenida - Compagnia teatrale Mutumbela Gogo, Mozambico (2016), Opera Lamb, Takku Ligey Thea-tre, Senegal (2015), Le dune del Sahel di Raffaele Masto (2015), Calafrica di e con Manuela Valenti (2015), Bakhita La storia straordinaria di Madre Moretta di Teresa Pomodoro (2014), La voce dei tamburi concerto di Sinafrica (2012), Le guerre per il frutto del peccato con Paolo Rossi (2009).

Con il Premio Internazionale, No’hma onora l’originalità della proposta di Teresa Pomodoro, ispiratrice e anima di una concezione di teatro aperta alla contaminazione fra le diverse discipline artistiche, con l’ambizione di scoprire ciò che significa rappresentare temati-che normalmente escluse dalla scena, dando voce all’emarginazione, al degra-do, alle periferie, alle estraneità tra gli individui.

Con il Premio No’hma vuole contribuire alla crescita delle arti sceniche nel cuore della società, restituendo al teatro il suo valore di esperienza, occasione di cre-

scita e condivisione aperta a tutti i citta-dini. Il “Teatro Nudo” infatti è un teatro che esce dal ricatto dell’abbondanza e dell’ostentazione; è un teatro che non si piega all’apparenza, all’apparire, ai codici di una comunità ma che, nudo, si cala nei significati, nell’esplorazione dell’uo-mo e della società, con uno sguardo curioso e disincantato. La rappresentazione teatrale è conce-pita come coscienza collettiva, come un mezzo per stabilire un contatto con parti dimenticate di noi stessi per risve-gliare sentimenti di empatia e compren-sione verso l’altro.

Il Premio è tutto questo: l’esortazione a far luce nei luoghi oscuri del no-stro esse-re, abitati da indifferenza, egoismo, banalità, per promuovere quelle relazioni autentiche tra gli uomini che sono il vo-lano di ogni innovazione e ogni creazione. Un teatro che diventa, dunque, luogo di incontro fra esseri umani, tra linguaggi differenti e arte.

Il Premio in questi dieci anni è stato una straordinaria creazione culturale. E si ap-presta ad esserlo anche con la nuova Sta-gione, una vera e propria fucina nella quale si elaborano intuizioni creative, energia e aspirazioni degli uomini che superano i ristretti ambiti della geografia e varcano confini e frontiere, incuranti di limiti e pre-scrizioni. È il miracolo che scaturisce quando gli uo-mini riescono ad avere relazioni proficue e produttive che i teatranti rappresentano,

interpretano e mettono in scena per comunicarle

al mondo.

Per lo Spazio Teatro No’hma l’istituzione del Premio si aggiun-ge alla già poliedrica

attività che esso svolge sin dalla sua fondazione,

ma negli anni ne è diventata il “cuore”.

Alla fine di ogni Stagione, una Giuria Internazionale di Esperti composta

da esponenti di rilievo del mondo tea-trale internazionale e presieduta da Livia

Pomodoro, valuta gli spettacoli, assegnando un premio al vincitore.

La Giuria di questa X edizione sarà così composta: Lev Dodin (Direttore artistico Maly Teatr di San Pietroburgo, Russia), Peter Stein (regista, Germania), Stathis Li-vathinos (Direttore artistico Teatro Nazio-nale, Grecia), Enzo Moscato (autore e at-tore, Italia), Lluís Pasqual (regista, Spagna), Tadashi Suzuki (Direttore Suzuki Company of Toga, Giappone), Oskaras Korsunovas (regista, Lituania). Ad essi si aggiungono per la prima volta Muriel Mayette-Holtz (Di-rettrice dell’Accademia di Francia a Roma), Gabor Tompa (Presidente Unione Teatri d’Europa e Direttore del Teatro Ungherese di Cluj, Romania) e Fadel Jaïbi, (Direttore artistico Teatro Nazionale di Tunisi).

Nelle ultime quattro edizioni, alla Giuria Internazionale di Esperti è stata affiancata una Giuria di Spettatori: essi esprimono il loro giudizio sullo spettacolo e la loro pre-senza viene attestata attraverso il Passa-porto per la Cultura, consegnato ogni anno all’ingresso in teatro.

L’ideazione di questa Giuria ha dato anco-ra più rilievo allo Spazio Teatro No’hma e all’idea di teatro e di cultura di cui si fa portatore: i cittadini, infatti, sono chiamati a partecipare in forma attiva al teatro, di-ventando partecipi di questa manifestazio-ne culturale.

Sul sito del Teatro, www.nohma.org, si può ripercorrere questa formidabile storia.

38

39

Hanno partecipato al Premio Internazionale Il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro IX edizione:

LETTRE Á LA POULEDjungalo teatro, Francia - aquitania22 e 23 novembre 2017

FUSHIKADENasian stuDies group, giappone/italia17 e 18 gennaio 2018

RELUCTANTMaha, iran31 gennaio e 1 febbraio 2018

CARIÑOMarlene norDlinger, argentina14 e 15 febbraio 2018

BLACK STARSteatro Da garaDeM, portogallo28 febbraio e 1 marzo 2018

QUARTETVaVa steFanescu, roMania28 e 29 marzo 2018

THE MATTRESSDance coMpany aMalgaMa, grecia4 e 5 aprile 2018

LE GARÇON INCASSABLEcoMpagnie Du BreDin laurent Vacher, Francia2 e 3 maggio 2018

TRANS TRANS TRANCEoKt/Vilnius city theatre, lituania16 e 17 maggio 2018

ORIGINAL DRAWING SHOWKiM Mingyu, suD corea30 e 31 maggio 2018

ECLATS D’OMBREcoMeDie De l’est – centre DraMatique national colMar, Francia13 e 14 giugno 2018

NIDRAVATHWAMaDishaKti, inDia27 e 28 giugno 2018

40

41

42

43

Stagione 2018/2019Le relazioni tra gli uomini

di nuovo insieme nell’avventura della vita

44

45

Raggiunto e superato con forza ed entusiasmo il traguardo dei dieci anni, lo Spazio Teatro No’hma si accinge a mettere in scena una nuova Stagione. Dopo tanti anni, ancora sul palcoscenico, davanti al nostro pubblico, con nuovi spet-tacoli e rappresentazioni questa volta all’insegna di ciò che ha dato origine e linfa vitale a questo straordinario percorso: le relazioni tra gli uomini, cioè le relazioni tra quanti (teatranti, attori, registi, autori) fanno lo Spazio Teatro No’hma e tra questo e il suo pubblico.

Questa undicesima Stagione è dedicata proprio alle relazioni umane. Una scelta impegnativa, affascinante, per nulla scontata o banale perché le relazioni tra gli uomini sono una prerogativa di homo sapiens senza la quale non ci sarebbe sta-to sviluppo, non ci sarebbe stata arte e cultura.

Le relazioni, quando sono autentiche, sono una forza propulsiva che non ri-spetta confini e regole, una forza impossibile da ingabbiare, una forza che si manifesta in varie espressioni della vita: nella scienza, nella cultura, nell’arte... In una parola nella ricerca di un mondo e una società solidali nei quali regnino la condivisione e l’equità e ogni individuo possa esprimere e valorizzare la forza del suo essere; l’ “essere” proprio in relazione con gli altri.

In fin dei conti le relazioni umane sono il propellente che muove gli uomini, li spinge a mettersi in gioco, a confrontarsi stimolando la parte più creativa e fe-conda della loro essenza.

Se gli uomini fossero stati incapaci di relazioni non ci sarebbe stato nessun pro-gresso: non ci sarebbero state le grandi scoperte scientifiche, che necessitano di continuo dialogo e confronto speculativo, non ci sarebbero stati i grandi

46

47

avanzamenti nella medicina, non ci sarebbe stata la letteratura, che altro non è che la relazione tra scrittori e poeti e il loro pubblico. Che mondo sarebbe senza Ome-ro, senza Goethe, senza Tolstoj, senza Hugo?

Le relazioni umane e il continuo interesse che l’uomo pone nei confronti della relazione con l’al-tro essere umano, sono la forza propulsiva che spinge gli uomini a raggiungere traguardi impensabili, a porsi limiti apparentemente in-

valicabili. Senza relazioni il mondo sarebbe muto e immutabile e gli uomini privi di obiettivi, senza tra-guardi. In altre parole, il progresso si fermerebbe, saremmo un’uma-nità priva di consapevolezza, senza obiettivi e senza aneliti.

Ma le relazioni tra gli uomini non producono solo effetti positivi, hanno un lato oscuro, una deriva inquietante che nella storia ha mo-strato i suoi effetti.

L’odio, il desiderio di vendetta, il

bisogno di prevalere, l’ossessione della conquista sono anch’esse il prodotto di relazioni tra gli uo-mini.

Ecco perché le relazioni tra gli uo-mini sono relazioni in cui il fattore umano è fondamentale. Ciò che conta è l’uomo, ciò che mette nel-le sue relazioni, nei suoi rapporti, con quali altri uomini decide di svi-luppare relazioni. In ultima analisi la relazione eleva l’uomo al rango di assoluto protagonista del pro-gresso o della distruzione.

Dunque, è l’uomo il fattore discri-minante. È l’uomo che imprime il segno alla relazione che intrattiene con i suoi simili, con il mondo, con la natura.

Mettendo in scena le relazioni tra gli uomini lo Spazio Teatro No’hma si assume un impegno tutt’altro che banale, tutt’altro che solamente teatrale. No’hma, il suo pubblico, i teatranti delle compa-gnie che daranno vita alla prossima stagione hanno di fronte un com-pito che è profondamente civico,

un compito di civiltà e di pensiero universale che in questi nostri tempi assume una valenza cultu-rale enorme e che, promettiamo, possa rappresentare una luce in un cielo annebbiato, a volte, crepu-scolare che non vogliamo si oscuri per sempre.

Gestire le relazioni umane significa guidare il progredire dell’umanità verso quel futuro armonico che sogniamo per farlo divenire realtà.

48

49

50

51

La Primadella Primaalla Scala

52

53

Il tradizionale appuntamento della “Prima della Prima” della Scala anche quest’anno anticiperà la stagione scaligera la cui apertura sarà Attila di Giuseppe Verdi.Stefano Jacini come sempre guiderà il pubblico alla scoperta degli autori e del contesto che fecero nascere quest’opera.

Come sempre attraverso immagini inedite, curiosità e aneddoti, il pubblico sarà proiettato dentro e dietro le quinte di uno spettacolo assai particolare e poco rappresentato.

Un’occasione speciale, unica per conoscere un’opera poco nota ma di grande valore, per viverne la prospettiva storica e per comprendere gli elementi che la rendono ancora attuale, viva, seducente e misteriosa.

Un’occasione, al tempo stesso, per conoscere da vicino l’affascinante mondo dell’opera e del suo backstage.

54

55

Spettacolo EventoUn Dono alla Città di Milano

56

57

Il teatro è movimento. Per questo motivo No’hma rifugge dalla staticità, dalla routine, dalle abitudini, dai riti e ogni anno sposta il suo palcoscenico nella città, nei luoghi che sono i “luoghi della vita” e che, in varie epoche, ne hanno fatto la storia: siamo stati nella Basilica di Sant’Ambrogio, luogo di riflessioni e devozione, e successivamente abbiamo portato il teatro alle ex officine comunali di Via Amari, uno dei simboli della dedizione al lavoro dei milanesi. L’anno scorso, per la prima volta, No’hma ha deciso di utilizzare un grande spazio industriale in Via Meucci, a Crescenzago, in una zona di Mila-no che da ex periferia industriale si sta trasformando in un polo di servizi e cultura, una zona che vive una rivoluzione germogliata dal basso, costruita con la vita quotidiana e il la-voro dagli stessi cittadini che la abitano. Anche quest’anno No’hma migrerà alla volta di un luogo simbolico della nostra città. Un luogo che ha reso Milano un ganglio cruciale, non solo economico ma soprattutto sociale e culturale, nella nostra Regione, nel Paese e all’estero.Il “teatro” del resto è proprio questo: guardare oltre, a volte ben più in là di ciò che le stesse istituzioni riescono a com-

58

59

prendere, per cogliere l’essenza del nostro vivere quotidiano e raccontare in forma artistica le pulsioni, i desideri e le relazioni che muovono la società. Per questo motivo No’hma, che è un luogo nel quale si esprime la cultura della città, con il “Dono alla città di Milano” si trasferisce in quei quartieri che sono di volta in volta il cuore pulsante della comunità citta-dina che, per tradizione, è da sempre aperta ed in simbiosi con il mondo… così come nel-la filosofia di No’hma.

Questi luoghi diventano di volta in volta icona del “nuovo” che si fa strada e che trasfor-ma la città attraverso l’intrec-cio di relazioni tra gli uomini che la abitano e che ne sono partecipi. In questo modo il “teatro” accende i riflettori nei luoghi in cui la città vive ed è vissuta, li mostra al pubblico, li fa diventare simbolo di una metropoli che è una realtà vi-gorosa, pulsante di mutamenti inaspettati che spesso non si vedono finché non sono di-ventati palesi.

60

61

Armonie e Suoni

62

63

Musica e teatro sono un binomio inscindibile. Cosa sarebbe il teatro senza la “sua” colonna musicale, quella che accompagna ogni spetta-colo, quella che riporta alla mente epoche sto-riche, vicende del passato o drammi familiari o avventure di cui gli attori sul palco stanno raccontando?

E del resto la vita stessa è “teatro” e ogni epo-ca ha la sua colonna musicale, caratterizzata da armonie e suoni che la riportano immedia-tamente alla mente del pubblico, prima ancora che gli attori la esplicitino.

Ecco perché No’hma, anche nella stagione 2018/2019, dedica una sezione della sua pro-grammazione ad “Armonie e Suoni”, alla mu-sica che altro non è che un linguaggio, dunque un’espressione che facilita e promuove le rela-zioni tra gli uomini.

La musica in definitiva è la colonna sonora delle relazioni umane così come si sono arti-colate ed espresse nelle varie epoche storiche e come, ancora oggi, disegnano la società nella quale viviamo, e ci fa immaginare società e re-lazioni umane del futuro.

I momenti significativi della storia dell’uomo sono sempre associati a una armonia, a una musica, a una canzone, a una composizione. Ciò avviene in tutte le latitudini del mondo, ecco perché “Armonie e Suoni” porta a Mila-no sonorità provenienti da paesi lontani e da generi diversi, così da creare una commistione che ha rivelato quanto ci può essere di vicino, benché lontano, di conosciuto benché ignoto.

La musica indica in modo esemplare ciò che muove il mondo, segnando il ritmo dei tempi e delle geografie e, spesso, rappresentando il preludio dei grandi mutamenti sociali e delle rivoluzioni.

64

65

66

67

Le domenichespeciali diNo’hma

68

69

Il teatro è sorpresa, colpi di scena. Le “domeniche speciali” di No’hma sono proprio questo, rappresentano l’inatteso che irrompe sul palco-scenico, che spezza la ritualità, che infrange la staticità della program-mazione. Le “domeniche speciali” sono state un successo e No’hma anche nella Stagione 2018/2019 le proporrà al suo pubblico.

Con le “domeniche speciali” il teatro si riprende la sua funzione più originaria, quella di stupire, di offrire una chiave di lettura del mondo, delle cose della vita, delle relazioni che la compongono.

Una chiave di lettura che sembrava impossibile da individuare e che in-vece, sorprendentemente, quasi magicamente, si potrebbe dire, prende forma sul palco, nelle parole di un attore, in una scena, in un dialogo.

Le “domeniche speciali” di No’hma offrono al pubblico proprio questo, la capacità di esplorare la complessità delle relazioni umane e della vita che il loro intrecciarsi genera.

Con le “domeniche speciali” No’hma offre al suo pubblico la possibilità di esplorare sentimenti ed emozioni spesso occultate da tutto ciò che è previsto e, ormai, atteso.

Anche quest’anno, dunque, No’hma metterà in scena sorprese-spetta-colo che attingeranno alle varie espressioni della cultura, ma affrontate con un approccio lontano da qualunque ritualità, in modo da valorizzar-ne le valenze più profonde e significative.

Queste giornate speciali proporranno musica e attualità, letteratura, scienza, storia, poesia, memoria, cinema.

Insomma, No’hma presenta … l’imprevedibile in scena.

70

71

Le stagioni di No’hma

72

73

Per lo Spazio Teatro No’hma Teresa

Pomodoro si apre l’undicesima stagione. Dieci anni sono un passag-

gio simbolico, un “giro di boa” importan-te e questa undicesima stagione nasce su una sorta di eredità, quella del formidabile percorso artistico e culturale compiuto in questi anni.

Con la scorsa stagione No’hma ha conso-lidato il suo obiettivo di fondo, quello

che fa di questo spazio un luogo identificabile come eccellen-

za della cultura non

soltanto italia-na, ma di spessore in-

ternazionale, una fucina di idee che ha impresso un segno ormai assai

riconoscibile. L’ultimo tema che abbiamo affrontato è stato quello della passione come

fuoco della vita, quella passione che conduce gli individui al cuore dell’esistenza. Una tela adatta a rappresentare una sorta di chiusura di un ciclo, un percorso sui grandi temi del mondo, ma an-che nell’universo più insondabile della psiche

umana che interagisce in continuazione con il contesto sociale nel quale

l’uomo vive.

74

75

Con questo percorso No’hma ha caratterizza-to fortemente la propria posizione all’interno del panorama culturale contemporaneo na-zionale e internazionale, affrontando e propo-nendo al pubblico ogni anno, senza preconcetti e con grande profondità culturale, tematiche sempre diverse e affascinanti. Le riflessioni, i temi, le problematiche che abbiamo rappre-sentato non sono state mai banali, anzi spesso abbiamo precorso i tempi, abbiamo sollecitato a pensare e ad “andare oltre” la miope visione di breve periodo e di facile impatto.

Da questa grande eredità scaturisce la Stagio-ne di quest’anno, dedicata alle relazioni tra gli uomini, che ogni volta, in ogni epoca storica si rinnovano, mutano, assumono le sembianze dei tempi.

76

77

Relazioni che, altro non sono, che la struttura sulla quale cresce e si sviluppa la società che poi viene inglobata nella grande storia de-gli umani nel mondo.

No’hma stessa è in divenire, tutt’altro che un luogo chiuso e defi-nito, è di fatto un intreccio di relazioni. Percorrendo la sua storia, le stagioni passate, i nomi che hanno calcato il suo palcoscenico e quelli che hanno lavorato anche dietro le quinte, se ne può com-prendere l’essenza.

La nostra storia e il successo che l’ha accompagnata ci dimostrano che il nostro mondo ha sempre più bisogno di arte, cultura, tea-tro e il nostro futuro sarà senz’altro quello di offrirle attraverso il nostro Teatro. Lo faremo con le nostre modalità di sempre, quelle che ci hanno caratterizzato fino ad ora e che ci vengono, appunto, dal nostro passato: ospiteremo spettacoli, compagnie, attori che hanno un messaggio, che sanno rifuggire da quella ritualità che uc-cide la creatività. In una parola che sanno fare teatro parlando dei giorni nostri anche portando in scena rappresentazioni apparente-mente lontane dai nostri tempi.

Sul sito del Teatro, www.nohma.org, si può ripercorrere que-sta formidabile storia.

78

79

10anni di teatro: il futuro

80

81

Dieci anni di Teatro meritano un anniversario, ma No’hma non ama celebrare il passato, preferisce guardare al futuro. Certo, senza il passato non c’è futuro e noi sappiamo bene che è il passato che ci ha reso quello che siamo, un Te-atro innovativo, originale che in dieci anni ha ospitato de-cine di attori e di compagnie

provenienti da tutto il mondo. A tutti costoro, e al favoloso pubblico che in questi dieci anni ci ha seguito con compe-tenza e fedeltà, abbiamo volu-to dedicare la festa per la fine della stagione appena passata. Una festa che ha riempito, oltre al Teatro, la via Orcagna, la strada nella quale lo Spazio Teatro No’hma ha la sua sede.

Ora, con questo catalogo, stiamo già guardando al fu-turo. In queste pagine sono sintetizzati gli intenti della Stagione 2018/2019. Una stagione in continuità con il passato ma ricca di novità, di spettacoli originali, di musica proveniente da tutto il mondo e di sorprese. In questa stagione ci apriremo

a realtà che difficilmente riescono ad arrivare nei nostri circuiti culturali. Porteremo in Italia spettacoli prove-nienti da Israele, dall’Australia e dalle Coree, ma soprattutto ospiteremo molte compagnie provenienti dall’A-frica. Il teatro infatti è una forma di arte universale che si esprime ad ogni latitudine e non ha bisogno di una lin-

gua comune per parlare al pubblico. Il teatro è comunicazione al di là di qua-lunque barriera e di qualunque muro. Il teatro è una comunicazione che passa anche attraverso il linguaggio del corpo e non solo. Tra gli spettacoli selezionati per il Pre-mio Internazionale della scorsa stagio-ne, non a caso, ci sono due rappresen-

tazioni provenienti dalla Corea del Sud e dall’Iran che non avevano un testo e nonostante questo sono state tra le più espressive e di successo. Questo è il teatro che anche in questa Stagione troverà spazio sul nostro palcoscenico. Ma naturalmente non è solo questo: il teatro rappresenta la vita sulla scena e non è definibile in alcun modo.

82

83

Una storia esemplare.Teresa, l’anima di No’hma

84

85

Teresa Pomodoro è l’anima di No’hma. Dram-maturga e attrice di indiscusso talento, ha saputo

costruire, con una intuizione folgorante e una passione civile e intellettuale straordinaria, un

luogo di cultura come lo Spazio Teatro No’hma nel quale l’uomo possa riflettere sulla propria

condizione e sul presente.

La sua è una storia vissuta all’insegna della cultu-ra, dell’arte, del teatro. Gli anni della formazione a contatto con alcune delle personalità più illustri

del panorama culturale milanese, a partire dal maestro Giorgio Strehler, suscitano in Teresa il

desiderio di creare uno spazio di cultura assolu-tamente innovativo. L’ambizione di fondo è di dar vita ad un teatro libero e aperto, un’ esperienza posta al servizio del sociale, distante dalle stret-toie delle forme di cultura tradizionale. Il Teatro di Teresa, pertanto, è una sintesi riuscitissima di Pensiero e Sentimento, che ha trovato il proprio culmine nella creazione di Spazio Teatro No’hma

con la sua magnifica sede in un’ex palazzina per l’acqua potabile.

La poetica teatrale perseguita da Teresa è una luce che fende il buio della banalità e della gret-tezza contemporanee, alla ricerca di un futuro di solidarietà e speranza. Teresa ha infuso una

cultura raffinatissima nelle manifestazioni e negli spettacoli che hanno animato lo Spazio Teatro No’hma, promuovendo, caparbiamente, l’idea

rivoluzionaria di un teatro per tutti, senza limiti o barriere economiche.

Teresa ha portato il teatro tra gli ultimi con il suo “Teatro e Carcere” ad Opera e a San Vitto-re, mettendo in scena con attori detenuti spet-tacoli straordinari per significati e bellezza degli

allestimenti. Nella ferma convinzione che il

pubblico debba essere parte integrante della scena teatrale, Teresa ha promosso la realiz-zazione di laboratori cultural-teatrali presso la “Casa della Carità A.Abriani” di Milano. Particolarmente significativo, tra questi, è lo straordinario spettacolo messo in scena nel Parco di Ponte Lambro che ha visto protago-nisti gli ospiti Rom della Casa della Carità. Dal 2000, in collaborazione con Mons. Emilio De Scalzi, ha fatto rivivere nella splendida cornice della Basilica di Sant’Ambrogio, l’esal-tante e sofferta esperienza umana e religiosa di alcuni dei più grandi maestri di fede e di vita.L’inaugurazione di questo sodalizio è la memorabile performance “S.Agostino in S.Ambrogio tra biografia e parola” del 2004, seguita nel 2006 dal ciclo “Pensiero e Fede” dedicato ad alcune importanti personalità del pensiero laico che si sono interrogate sul le-game tra umano e divino. L’anno seguente, con le “Grandi Figure della Pace e della Solidarietà Umana”, Teresa ha proposto un’originale ricostruzione scenica e musicale destinata ad esaltare l’opera di tre grandi maestri di vita: Martin Luther King jr., Mohandas Karamchand Gandhi e Madre Teresa di Calcutta. Nel 2008 è la volta di tre grandi educatori, Don Lorenzo Milani, David Maria Turoldo e Don Primo Mazzolari. L’atti-vità di Teresa, dunque, è volta ad individuare nuove vie di comunicazione che possano esal-tare la dignità e il rispetto delle relazioni tra gli uomini.

Approfondisci la vita artistica di Teresa sul nostro sito, www.nohma.org.

86

87

Dai “Frammenti” di Teresa Pomodoro

zione alla pigrizia. A molti parrà che più giustamente e più validamente avrebbe potuto dire: sono tutti pa-

vidi. Si nascondono dietro costumi e opinioni. Ogni uomo in fondo sa benissimo di essere al mondo

solo per una volta, come un “unicum”, e che nessuna combinazione per quanto insolita, potrà mescolare insieme per una seconda volta quella molteplicità così bizzarramente variopinta nell’unità che egli è: lo sa, ma lo nascondeDagli incontri, dalle parole che abbiamo scambiato, donato e ricevuto in dono, dai versi dei poeti recitati, dalle note musicali, dal respiro che il luogo così animato e così vissuto insieme, hanno restituito, sono nati interessi, attenzio-ne, curiosità, sui libri, sugli argomenti, sugli scrittori, situazioni e personaggi, e infine si è giunti alla richiesta da parte dei detenuti dell’incremento e della cura della loro biblioteca in-terna, già egregiamente organizzata, per l’ottimo lavoro che vi svolgono il Bibliotecario, gli agenti addetti, gli edu-catori sociali.Al di sopra di tutto colpisce nella sua

realtà la sorprendente scoperta della inafferrabile grandezza del libro, conside-

rato non più oggetto, non più spazio a volte inaccessibile, non più creatura estranea, ma

elemento da rendere proprio, presenza im-portante alla pari dei sentimenti, dei pensieri, delle

speranze, delle esperienze.

Nell’aprirsi al libro, nel voler ma-terialmente possedere la pagina scritta che nella solitudine si carica di emozioni, di suggestioni, di giochi dell’intelletto, non si misura più il tempo, si sfugge all’irrigidi-mento e alla ripetizione delle opi-nioni oziose o faziose, per eserci-tarsi ad alimentare un dialogo che tiene avvinti, che si sviluppa con l’eccitazione del nuovo, e questo lavoro che abbiamo scelto di re-alizzare somiglia a quello di mani sapienti ed energiche nel tessere un arazzo annodando fili, tenen-doli l’uno con l’altro, sciogliendo nodi e facendo crescere colori e immagini, unendovi la calma e la pazienza che, trattandosi di una crescita fa pensare alla matura-zione dell’albero, nel suo risveglio sereno, vigoroso, calmo, privo di ansie, sia che lo scuota il vento, sia che lo incalzino le stagioni.

da Le quinte dell’anima. Esperienza di cultura nella casa di reclusione (Opera - 1997)

Scrive Rainer Maria Rilke in una lettera datata Monaco, 8 Novembre 1915: “Com’è possibile vivere, se non possiamo affatto penetrare gli elementi di questa vita? Se perpetua-mente siamo insufficienti nell’amare, nel decidere incerti e incapaci di fronte alla morte, come è possibile esistere?”. Muovendo da questi pensieri, un venerdì Santo, il 5 Aprile 1996, siamo entrati nella Casa di Reclusione di Opera, attori, musicisti, umanisti, scienziati e ci siamo rivolti ai de-tenuti, per “vivere” insieme quelle domande, per imparare ad avere cura della vita, per dare spazio alle profondità dei sentimenti, e ha avuto così inizio una grande “infinita” esperienza.

È stato tracciato un cammino, finalmente non estraneo, si è aperto uno spiraglio che induce ad un rovesciamento del pensiero, ad una trasformazione di ciò che siamo abi-tuati a chiamare destino e pensiamo ci venga unicamente da fuori, mentre invece davvero esso nasce da noi stessi. Giungere a tanta perfetta chiarezza è impossibile quando esperienze di vita precedente, condizioni del presente op-primono, deformano i giudizi, ci pongono nel torto della rabbia o del silenzio, ma in questo caso l’indicazione di un mutamento, per quanto possa rivelarsi lento, lungo, una crescita della vita, la riconsiderazione delle radici, il sorge-re di una volontà nuova, la ricerca di equilibrio, la tensione alla purezza, pure colma di tutti i difetti, tutto questo ha cercato di farsi strada e si è fatto sentire attraverso la viva-cità dei colloqui con i detenuti, attraverso i loro interventi costanti sempre appassionati, sempre tesi a scandagliare, a volte con toni di smarrimento, a volte con toni di sicu-

rezza, sempre con sofferenza, il rapporto tra sé e l’altro, tra gli effetti del proprio pensare e agire e le risposte esterne, del mondo fuori da sé. Di qui sono emerse le domande di una penetrazione maggiore nella conoscenza, le richieste di una adeguata preparazione a cogliere ele-menti di apertura alla varietà dei pro-blemi, anzi una sollecitazione urgente e pressante per una visione di più ampio respiro che distanzi nell’analisi ma tocchi le cose, le sappia far vivere, nella concretezza del quotidiano, nella più reale delle materialità, per non continuare a soggiacere alle angustie dei pregiudizi, alle convenzioni, agli errori coatti e ripetuti, al vuoto in cui c’è il pericolo di perdersi.A tutto questo, che ci veniva rivolto, abbiamo deciso di dare risposta molto convinta, ostinata, negli ambiti di un’azione che nella cultura e nel sociale trova il senso più profondo, la necessità stessa e la passione del suo agire. Si legge in “Schopenauer come educatore” nelle Opere di F. Nietzsche: “Un viaggiatore, che aveva visto molti paesi e popoli e più con-tinenti, e a cui fu chiesto quale qualità degli uomini avesse ritrovato ovunque, disse: essi hanno una inclina-

88

89

ATENA:

Poveri alberi! Vittime straziate dagli uomini! Come potrò riscattarvi... Gli uomini or-mai non mi riconoscono! Sono io, Atena, Minerva, Pallade, sono la dea della guerra e della pace, delle arti, delle industrie, della saggezza, operaia per eccellenza e inventri-ce di tutto ciò che è utile all’uomo. Ma tutto questo oggi non serve a nessuno! come voi alberi, anch’io sono roba inutile. Anch’io sono stata bruciata viva nella memoria e nel culto. Come voi, dolenti, innocenti creature massacrate dalla furia degli uomini!Le vostre vite e la vostra morte, alberi, voi nascete dalla scura terra, come io sono nata dalla testa pesante e dolorante di mio padre Zeus, che innamorato di mia madre Meti, la saggia, la trasformò in una mosca e la inghiottì. Così venni concepita ed Efe-sto fece il resto, spaccando con un’ascia la testa di Zeus per liberarlo dal dolore. In occasione della fondazione di Atene quando la cittadinanza fu chiamata a scegliere il dio tutelare, sbaragliai tutti i concorrenti, finanche Poseidone che fece dono agli ate-niesi dell’acqua scaturita da una roccia.Io, contando sulle donne che amano la cucina e la pace, e che nelle elezioni sono sempre più numerose degli uomini, piantai un ulivo, utile e prezioso, simbolo di pace e prosperità. Voi ora bruciate, povere anime, eh già, gli uomini credono che non ave-te sensibilità, ma voi soffrite il freddo, il caldo, la sete, la fame e loro se ne fregano! Tutto è stato dimenticato. Alberi, urlate la vostra rabbia, che il fuoco divori chi lo ha appiccato alle vostre antiche e fresche radici. Cosa credono questi squallidi di di-struggervi? Illusi! Follia, follia degli umani. Da una parte vi bruciano, poi si inventano ambientalisti, vogliono salvarvi, proteggervi e dimostrano di non aver capito niente. L’uomo deve proteggersi, voi sopravvivrete alla estinzione degli uomini. Tra le fiam-me, l’uomo ha decretato la sua fine! Urlate, ridete...

da La danza degli alberi (2008)

90

91

92

93

Programmazione

94

95

24 e 25 ore 21.00Concerto di apertura

8 ore 21.00Cerimonia di premiazioneIX edizione Premio Internazionale

14 e 15 ore 21.00Le relazioni tra gli uominiApertura

21 e 22 ore 21.00Premio Internazionale

28 e 29 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

ottobre

novembre

dicembre5 e 6 ore 21.00La Prima della Prima alla Scala

12 e 13 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

19 ore 21.00Un Dono alla Città di Milano

2018

20182018

96

97

gennaio febbraio

9 e 10 ore 21.00Premio Internazionale

16 e 17 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

23 e 24 ore 21.00

Armonie e suoni

30 e 31 ore 21.00

Premio Internazionale

6 e 7 ore 21.00Premio Internazionale

13 e 14 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

20 e 21ore 21.00Armonie e suoni

27 e 28 ore 21.00Premio Internazionale

2019 2019

98

99

marzoaprile

6 e 7 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

10 ore 17.00Le domeniche speciali di No’hma

13 e 14 ore 21.00Premio Internazionale

20 e 21ore 21.00

Armonie e suoni

27 e 28 ore 21.00

Premio Internazionale

3 e 4 ore 21.00Premio Internazionale

10 e 11 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

14 ore 17.00Le domeniche speciali di No’hma

17 e 18 ore 21.00Premio Internazionale

2019 2019

100

101

Nel corso della stagionepotranno verificarsi variazionie/o integrazioni alla programmazione.Sarà aggiornato consultando il nostro sitowww.nohma.org nella sezione calendario e tramite la nostra newsletter.

maggiogiugno

luglio

8 e 9 ore 21.00Premio Internazionale

11 e 12 ore 17.00Le domeniche speciali di No’hma

15 e 16 ore 21.00Premio Internazionale

22 e 23 ore 21.00Armonie e Suoni

29 e 30 ore 21.00Premio Internazionale

5 e 6 ore 21.00Premio Internazionale

9 ore 17.00Le domeniche speciali di No’hma

12 e 13 ore 21.00Armonie e Suoni

19 e 20 ore 21.00Premio Internazionale

26 e 27 ore 21.00Le relazioni tra gli uomini

3 e 4 ore 21.00Gran finale

2019 2019

2019

102

103

Via Andrea Orcagna 2 - 20131 Milanowww.nohma.org - [email protected]

Tel. 02 45485085 / 02 26688369Fax 02 26681932

La programmazione di No’hma potrà essere seguitaiscrivendosi alla newsletter dal sito

www.nohma.orgriceverete così comunicazioni inerenti agli spettacoli

Stag

ione

201

8/20

19

Le relazioni tra gli uominidi nuovo insieme nell’avventura della vita

2018/2019